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internazionale di sociologia di Varna nel 1970): i giovani

vengono esclusi di fatto da diritti, decisioni, poteri; vengono


isolati e neutralizzati. E un concetto fortemente ideologizzato,
col quale Marcuse assegna alla protesta sessantottesca un ruolo
strategico all'interno di un processo di cambiamento di portata
storica globale. Oggi, caduta tale ipotesi, con la crisi dei vari
spazi di partecipazione aperti negli anni '70, i giovani finiscono
col perdere stima di sé, castano in un senso di inutilità,
riducono la loro presenza «politica» ai singoli problemi, alla
soddisfazione dei propri bisogni esistenziali, alimentando una
vera e propria cultura dell'emarginazione.
— Frammentarietà: la società complessa e secolarizzata non
offre più un punto di riferimento centrale, né efficaci processi
di socializzazione controllati dalle tradizionali agenzie
educative. Il vissuto dei giovani viene così privatizzato e
frammentato, senza memoria né futuro. Viene meno una
coscienza collettiva, a vantaggio del piccolo gruppo e
dell'individuo (il «riflusso»). Le esperienze del presente, per lo
più vissute attraverso appartenenze eterogenee se non
conflittuali, non riescono a costruire in unità di senso una
storia di vita. Tuttavia questa ricerca di senso, di ragioni per
vivere, permane, magari più drammatica, e si esprime più nelle
relazioni interpersonali che nei classici luoghi istituzionali.
— Cambiamento culturale: c'è una rivoluzione silenziosa in
atto da parte dei giovani? Forse è un'ipotesi ottimista,
sostenuta soprattutto da chi, usando delicate analisi del
profondo, vede la possibilità di un cambio delle opzioni di
fondo su tempi assai lunghi. Dopo la fine della stagione
centrata sulla soddisfazione dei bisogni primari, il post-
sessantotto sarebbe caratterizzato da valori nuovi (post-
materialistici, post-borghesi, espressivi), capaci di rendere
praticabile l'utopia sottostante le stesse istanze politiche del '68.
Probabilmente questa posizione nasconde una riedizione
della tradizionale concezione funzionalista, per cui i giovani
gestiscono quasi fisiologicamente la transizione, per la
freschezza tipica della propria generazione.
— Eccedenza delle opportunità e adattamento: attorno ai
giovani si moltiplicano le opportunità, le proposte per com-
prendere la propria realtà e cercarvi una realizzazione per-
sonale percorrendo itinerari diversi. I giovani infatti, sentendo
il bisogno di fare esperienze diverse senza coinvolgersi
totalmente in nessuna di esse, finiscono col rinunciare a grandi
ideali per convivere con la precarietà. Si adattano, cioè cercano
le soluzioni possibili anche se nor. sono quelle ottimali,
investendo risorse vitali nel tempo iibero, nell'amicizia e
nell'affettività, nelle attività espressive, negli hobbies, nel
volontariato ecc. Convivendo con la precarietà, senza opzioni
fondamentali né gerarchia di valori e di norme, si rischia di
cadere in ùn certo pragmatismo, in atteggiamenti labili ed
eclettici, che possono sfociare persino in pericolose
dissociazioni interiori.
— Lotta per l'identità: il conflitto sociale ha ceduto il posto a
un conflitto nel modo di definire bisogni e identità, un conflitto
sulla qualità della vita, sul valore del corpo e della natura. Il
giovane esprime tale esigenza di identità, di autorealizzazione
anche col silenzio, con .'indifferenza, la rassegnazione alla
mediocrità, la mancanza di progetti, il vivere alla giornata e col
rifiuto di chiare scelte di valore e di itinerari prefabbricati o
troppo formalizzati18.
Se i «giovani del '90» sono una generazione che non ha
fretta, che sa che non si può avere tutto in una volta e tende
perciò a rinviare i grandi progetti, se il passaggio all'età adulta
è ritardato e il confronto e il conflhto generazionale cedono il
campo all'omologazione, urgono vere politiche giovanili,
nell'ambito delle quali anche il ruolo

18
I condizionamenti socio-culturali conducono i giovani oggi a una ,ier.r.:à debole,
attraverso diverse situazioni: l'inconsistenza personale prodotta dal c.nsunismo e dalle
mode, la ricerca esasperata di gratificazioni affettive, la dipendenti di gruppo Protettivo, la
disaffezione dal lavoro, il disimpegno socio-politico, la rel,.jio;::à frammentata e
soggettivizzata, l'indecisione o la stagnazione davanti alle scelte li \-:a. (Cfr. s- De Pieri,
Identificazione, in DPG 427-432).

della Chiesa può essere valorizzato. Una.politica giov; ,m" le che


dovrebbe recuperare le fasce deboli e marginali, va" lorizzare le
esperienze associative e di volontariato, l ,re" vedere interventi
mirati per i vari ambiti di vita della P°" polazione giovanile
media, sostenere le famiglie. Un in< er" vento che ripensi
radicalmente l'intero complesso dei pro" blemi connessi al
rapporto di equità tra le generazioi'1 • Guardare dentro la
condizione giovanile è possibile so; lp dall'interno di tutto il
contesto sociale, in cui gli asp 1'^1 strutturali, temperamentali e
relazionali fanno emergt-'re sempre più chiaramente una
domanda di educazione e p 1"0; mozione dei giovani, da attuare
nei loro stessi ambk'atl di vita. Un dialogo sui punti di incontro
tra pastorale vanile, osservatori e progetti delle diverse
istituzioni, ^cr~ vizio di pastorale giovanile delle comunità
ecclesiali, è qu;in" to mai necessario e urgente.

1.3 La religiosità giovanile: approccio psicologico

L'adolescenza è il periodo di metamorfosi fisica ed ei',0~


zionale durante il quale il giovane è in ricerca: una ricei' ca
interiore per scoprire chi è, una ricerca esteriore per sl~ tuare il
proprio posto nella vita, una ricerca dell'altro con cui
relazionarsi e soddisfare il bisogno di intimità. Pen*a~ tori e
autori di diversa estrazione hanno da tempo descrii to questo
periodo della vita come tempo di crisi o di secon^ 3 nascita. Ma
occorre ricordare che questa transizione è i a~ ratterizzata dal

2
divario tra la maturazione sessuale e un'a" na e la mancanza di
preparazione fisica, emozionale e ciale per poter vivere le
responsabilità connesse sia alla tenziale procreazione sia
all'inserimento adulto nell'ambi^11" te sociale. La meta
educativa è raggiungere una positi
va
19
Cfr. CENSIS, Identità giovanile tra omologazione, devianza e impegno sociali ■ ln NPG 7 (1993)
12-16; nonché, ad esempio, A. Cavalli - A. De Lillo (cur.), Giovani il"" 90, op. cit., p. 237.

integrazione tra identità dell'io e interdipendenza con l'altro;


conflitti e riadattamenti vanno affrontati e gestiti sempre in
questa prospettiva che integra fattori biologici e fattori sociali.
Molti psicologi20 suddividono questo vasto ambito di sviluppo
in tre sottoperiodi:
— la prima adolescenza: dalla fase prepuberale all'inizio della
pubertà;
— la media adolescenza: ambivalente inizio dell'esplorazione
sessuale, tra ribellione agli adulti e obbedienza al gruppo;
— la tarda adolescenza: alle prese col proprio futuro. Si
preparano le scelte del «giovane adulto». Completata la
maturazione fisica, è ben integrato e capace delle responsabilità
di intimità e relazione che la vita adulta gli presenta.
In questa fase si sviluppa gradualmente un pensiero capace
di maggiore oggettività e Nazionalità, di generalizzare e
astrarre; si evidenzia (secondo alcuni studiosi) la differen-
ziazione prevalentemente teoretica o pratica dell'intelligenza
del ragazzo; emergono elementi di soggettivismo ed egocen-
trismo cognitivo che si combinano con la capacità di afferrare
l'oggettività del reale dando il via a possibili creazioni
artistiche e poetiche. Queste trasformazioni concorrono alla
riorganizzazione della personalità del giovane, che necessita
infatti di motivazioni forti, unificanti i suoi bisogni, tra cui c'è
spazio anche per un ideale astratto, per valori che en-
tusiasmino al punto anche da aderirvi razionalmente21.
La forte ricerca della propria identità personale, nel con-
fronto non privo di conflitti con gli altri, nella tensione
all'autonomia pur attraverso la sperimentazione di diverse
immagini di sé (come delle maschere), deve maturare nella
consapevolezza della necessità di un progetto per la vita, in cui
il senso dell'io venga sostenuto e rinnovato da obiettivi a lunga
scadenza.

20
Cfr. T. Lidz, La persona umana, Astrolabio, Roma 1971.
21
Cfr. G. Lutte, Elementi di psicologia del fanciullo, in Aa.vv., Educare, voi. II,
Pas-Verlag, Roma-Zurich 1962, pp. 313-385; nonché G. W. Allport, Psicologia della
Personalità, Las, Roma 1977 (la ed. 1968), pp. 108-109.

L'instabilità emotiva, l'appartenenza sociale (famiglia,


scuola, coetanei), il processo di emancipazione morale com-
pletano il quadro della psicologia giovanile in cui vogliamo
verificare la presenza di uno specifico bisogno e atteggiamento
religioso.

3\
Lo sviluppo della religiosità. Adolescenza e giovinezza si
pongono al crocevia tra i due mondi stabili dell'infanzia e
dell'età adulta, anche come tempo di crisi religiosa e morale, di
profonda trasformazione, dagli esiti spesso definitivi. Per un
giovane credente, è il tempo del si o del no alla rivelazione
oggettiva, alla persona di Gesù Cristo. Anche se non è difficile
osservare che crisi e dubbi sono iniziati già da tempo.
L'atto di fede richiede, pertanto, che il Qualcuno da credere
si sia manifestato e sia incontrabile attraverso segni oggettivi e
attuali, che il giovane sia anche, dal punto di vista soggettivo,
disponibile alla fede, e che l'azione della grazia operi su questi
due piani: oggettivo e soggettivo.
Sul piano soggettivo, occorrono in particolare tre fattori.
1) Il senso del sacro, che può manifestarsi come attrattiva e
fascino, come distanza dal Trascendente, come timore e fuga.
Dio viene meno rappresentato in sembianze antropomorfiche,
e la religione diviene più personale. Nell'adolescente, il culto
dell'eroe, il senso simbolico religioso, il bisogno di assoluto, la
sete di giustizia ecc. mostrano un senso del sacro legato
all'impulsività biologica che lo caratterizza e al peso degli
influssi educativi e ambientali ricevuti in precedenza. Una
sensibilità in passato sfruttata fino all'eccesso dagli educatori e
dagli autori di spiritualità giovanile. Oggi tutto ciò si attenua, o
tende a scomparire? E come rivitalizzare il senso simbolico
necessario a interpretare la vita nella sua profondità?
2) La vita morale: tutti gli psicologi riconoscono agli ado-
lescenti intense aspirazioni morali, in tensione verso la propria
immagine ideale, ma anche il desiderio di soddisfare
imperativi sociali che l'educazione e la cultura dell'ambiente
impongono loro. Il giovane tende a sopravvalutarsi, vivere un
rapporto di rifiuto e amore verso la legge, con un'ambiguità
che si proietta anche sul rapporto col vangelo. Dopo le fasi
dell'anomia, dell'eteronomia e della socionomia, egli può
indirizzarsi decisivamente verso la maturità dell'autonomia
morale del credente. Ma pericolosamente oggi gli si
propongono nuove spinte all'amoralità, nella «notte etica» che
caratterizza la cultura contemporanea: quanto e come i giovani
sapranno resistere?
c) II bisogno di salvezza: riconoscersi nello stato di peccatore è
sempre fondamentale per l'atto di fede. Quando un giovane
giunge sinceramente alla crisi di conversione, ciò coincide in
genere con il riconoscimento del proprio orgoglio ed egoismo.
L'esperienza dell'illusione e del fallimento è delicata e
particolare, ma può anche preparare a una conversione
profonda. \
Un atteggiamento religioso più personale e maturo spesso
non viene raggiunto perché lo sforzo e gli stimoli che ca-
ratterizzano concretamente l'esperienza dei singoli giovani

4
sono insufficienti, ed essi rimangono a livelli assai inferiori di
sviluppo religioso. Anche perché gli interventi educativi non
tengono adeguatamente conto di dimensioni essenziali
all'elaborazione di una concezione della vita umana aperta alla
fede, come:
— la tensione della libertà verso la responsabilità, che
l'adolescente vive con l'idealismo e l'incertezza che insieme
caratterizzano chi sviluppa la capacità di pensare per ipotesi;
— lo sviluppo del mondo dei valori in senso trascendente,
vissuto dal giovane soprattutto a livello intellettuale e
attraverso la ricerca di sempre maggior comprensione di sé, del
rapporto con gli altri, di quello con l'Altro;
— il legame tra la dimensione della psicologia del profondo
e il sistema di rapporti interpersonali, in cui il gruppo dei pari
può offrire opportunità formative che evitano il pericolo
dell'isolamento adolescenziale;
— la tensione tra corporeità ed educabilità, che pone il giovane
in mezzo alla scoperta di potenzialità ed esperienze che lo
attirano potentemente e la necessità di un riferimento
educativo non sempre facile da accettare22.
Nell'adolescente il bisogno di intimità, cioè di comuni-
cazione profonda con gli altri, la scoperta della sessualità come
capacità e bisogno di amare e di essere amato, e la sicurezza
come superamento dei sensi di colpa devono integrarsi per una
maturazione effettiva e feconda. Perciò è sempre necessario
conoscere e rispettare i bisogni adolescenziali, per favorire una
crescita integrata e armonica.
Con adeguati interventi, la giovinezza può essere il tempo
della conversione (non ancora della maturità di fede), di crisi
esplicite e implicite, spesso piccole e quotidiane ma che
preparano quelle grandi e decisive. Alcuni elementi emergono
come particolarmente caratterizzanti la conversione del
giovane: il desiderio della felicità prevale sul desiderio del
vero; l'oggetto dell'atto di fede è conosciuto complessivamente,
con una consegna personale di sé poco dettagliata; ne consegue
una nuova visione delle cose e una decisione morale, che segna
così in maniera decisiva, anche se non definitiva,
l'orientamento della vita.
Analizzando più specificamente le fasi della maturazione
religiosa giovanile, dai 16 ai 20 anni è il tempo dell'ap-
profondimento intellettuale e di una prima stabilizzazione
delle trasformazioni e delle crisi tipicamente adolescenziali.
Crescono il realismo e la socializzazione, l'intelligenza si libera
gradualmente dai condizionamenti sensibili e li ordina a una
maturazione che, tuttavia, conserva alcune tensioni, quali: uno
stato di dubbio e di insicurezza profonda, uno stato di
riflessione e di approfondimento intellettuale, uno stato di
decisione e di impegno nella direzione scelta.

5\
L'adolescenza è l'età provvidenziale di un possibile pas-
saggio spirituale verso una fede più individualizzata, riflessiva
e responsabile, attraverso modi caratteristici del-

22
Cfr. A. Arto, Adolescenza, in DPG 34-36.

l'età: l'accesso a una fede personale riflessa, la scoperta di sé e


della propria vocazione personale, dentro la trama delle
relazioni sociali, la scoperta e l'impegno nell'amore di amicizia.
Viceversa, l'evoluzione verso un abbandono della vita di
fede è rivelata dal fatto che l'adolescente sfugge, co-
scientemente o di fatto, i segni della fede (Parola, Chiesa,
sacramenti, testimonianze); si chiude nella durezza del cuore,
nell'orgoglio del pensiero, nella sufficienza di sé, con una
volontà di indipendenza che lo imprigiona nella sua
soggettività; si lascia andare coscientemente a scelte morali che
lo collocano effettivamente al di fuori della morale della
Chiesa.
Dai 20 ai 30 anni la fine della giovinezza (o giovinezza
adulta) è una lunga tappa di purificazione, per passare dagli
entusiasmi e dalle immaginazioni eccessive, alla fedeltà e
all'oggettività, dal possesso di sé all'abbandono di sé, nella
paternità/responsabilità creatrice. Ha scritto opportunamente
P. Babin: «Il giovane adulto è simile al fanciullo di 7-9 anni. Ha
perso le esuberanze un po' folli di un soggettivismo infantile e
adolescente, e non ha ancora la stabilità un po' triste dell'adulto
che ha misurato il reale, sa ciò che è e ciò che resiste, conosce
l'altro, che cosa ce se ne deve attendere, e quanto costa l'amare.
Il giovane adulto ha il vigore della fede, l'audacia della
speranza; comincia ad apprendere la fedeltà e il sapore della
croce. E sulla strada in cui si scopre che "non vi è amore più
grande che dare la vita per quelli che si amano"»23.

1.4 La religiosità giovanile: approccio sociologico

La seconda metà del XX secolo è caratterizzata da crescenti


fenomeni di crisi e cambiamento strutturale e culturale. Nel
1976, al primo convegno ecclesiale italiano su

23
P. Babin, I giovani e la fede, Edizioni Paoline, Roma 19653, p. 160.

«Evangelizzazione e promozione umana», il sociologo G. De


Rita osservava alcuni elementi: una crescente interrelazione a
livello internazionale, una trasformazione intensa della
struttura economica con forte sbilanciamento sul terziario
sempre più avanzato, conseguenti trasformazioni strutturali
come quelle legate all'emigrazione e alle alterazioni della
convivenza collettiva, una profonda modifica dei
comportamenti individuali e collettivi (il benessere e il
consumismo, coi loro riflessi sulle persone e sulle famiglie),

6
fino alla complessa vicenda del potere (sviluppo e crisi del
sistema partitico, regionalismi e nazionalismi, intrecci con
l'economia ecc.)24.
Già il Vaticano II aveva osservato: «Le condizioni di vita
dell'uomo moderno, sotto l'aspetto sociale e culturale, sono
profondamente cambiate, così che è lecito parlare di una nuova
epoca della storia umana» (GS 54). Si tratta di una «nuova
epoca», una «nuova cultura» in continuo mutamento e
definizione, tanto da influenzare in maniera fortemente
problematica anche il mondo giovanile e frantumarlo in una
molteplicità di mondi e tipologie. Ma in cosa consiste il nuovo?

La secolarizzazione. Volendo sviluppare queste riflessioni


in vista dell'elaborazione di un modello di pastorale giovanile,
è necessario fermarci soprattutto sul tema della
secolarizzazione25, per coglierne la forte ambiguità26. La
24
Cfr. G. De Rita, Tensioni e speranze della società italiana di oggi, in CEI, Evan-
gelizzazione e promozione umana. Atti del convegno ecclesiale. Roma, 30 ottobre - 4 no-
vembre 1976, Ave, Roma 1977, pp. 106-107.
25
Una scheda di primo approccio sintetico a questo tema è offerta da B. Mondin,
Secolarizzazione, in B. Seveso - L. Pacomio, Enciclopedia di pastorale, voi. I, Piemme,
Casale Monferrato 1992, pp. 287-297 (d'ora in poi citata come EdP).
26
Per S. Burgalassi la secolarizzazione si presenta come «rottura del quadro di va-
lori totalizzanti tradizionalmente integrati nella cultura italiana e derivati sostanzial-
mente dalla mediazione operata dalla religione-di-chiesa» (è più una de-sacralizzazione);
per G. E. Rusconi si tratta di un fenomeno globale, non solo specificamente religioso:
«L'insieme dei mutamenti della scala dei valori, nell'universo simbolico, negli strumenti
espressivo-operativi, intervenuti nella coscienza collettiva, e quindi nel comportamen-
to, in coincidenza con i mutamenti strutturali del sorgere e dello svilupparsi del capita-
lismo borghese». G. Milanesi - M. Aletti, Psicologia della religione, Ldc, Torino-Leumann
19773, pp. 201-221, citando questi due autori, notano che un discorso religioso si apre
riscoperta dell'autonomia del profano, delle realtà terrestri, di
ciò che è mondano e secolare (cfr. GS 36), determina
complessivamente una nuova visione dell'uomo, più dinamica
ed esistenziale, più «situata» nel tempo e nello spazio in cui
l'uomo è chiamato a progettarsi e realizzarsi, senza per questo
escludere automaticamente il riferimento a Dio. L'uomo
conquista, alla luce delle coordinate culturali del nostro tempo,
una libertà e una creatività che non tolgono però la coscienza
dei limiti in cui vive il suo impegno di liberazione, di
superamento dell'alienazione che può renderlo ogni giorno
meno uomo. Ne conseguono un senso di responsabilità e di
partecipazione e una tensione al futuro, per cui l'uomo guarda
alla storia come allo spazio in cui esprimersi e costruire, pur
sapendo di non poterla dominare e guidare pienamente.
Soprattutto negli anni '70 mólti giovani hanno accolto e
sviluppato queste suggestioni, facendo esperienza quotidiana
della secolarizzazione, ma anche delle frustrazioni e delle crisi
che derivano dall'infrangersi, ben presto, dei miti che
propagava. La cultura secolarizzata, profondamente legata alla
società industriale e all'enfasi del progresso razionale e
tecnologico, riduce il sapere a una forma scientifica che
vanifica il ruolo delle ideologie religiose e politiche. La gratuità
e la spontaneità cedono il campo al primato dell'efficienza e
della razionalizzazione, a una ricerca di emancipazione che —
di fatto — ha portato l'uomo solamente a nuove schiavitù e a
brucianti disillusioni, all'est come all'ovest, spingendo

7\
soprattutto i giovani a cercare, in ogni modo, una nuova
qualità della vita.

e si sviluppa per i giovani quando essi si impegnano nella progressiva selezione di valori
intorno al nucleo del proprio progetto di sé, verificandoli nella vita quotidiana, personale
e sociale. Il processo motivazionale risulta quindi decisivo, per la costruzione di
personalità integrate intorno al fatto religioso. Un approccio di natura più sociologica al
tema della secolarizzazione, corredato di ampia documentazione bibliografica, è quello di
E. Rosanna, Secolarizzazione o transfunzionalizzazione della religione?, Pas-Ve«ag, Roma-Zurich
1973. Cfr. anche G. Milanesi - J. Bajzek, Sociologia della religio-ne, Ldc, Torino-Leumann 1990.

Davanti al problema del posto di Dio in una società che


sembra capace di farne a meno o addirittura di manipolarne
l'immagine per scopi consumistici, è necessario mettere bene in
guardia dai rischi dell'antropocentrismo immanentista, della
relativizzazione storica della rivelazione cristiana, della critica
dissacrante delle istituzioni ecclesiali, del rifiuto del linguaggio
sacramentale come antiquato ed esotico. Queste tensioni sono
superabili proprio con la riscoperta dei grandi problemi
esistenziali e soprattutto la testimonianza di una «salvezza già
visibile e palpabile a livello umano e storico» 27, che porterà alla
demitizzazione dei falsi assoluti (scienza, storia, progresso e
modernità non riescono infatti da soli a rendere umano il
mondo).

Domanda ed esperienza religiosa. «Domanda di vita»,


«ricerca di senso»28 (per usare i linguaggi più diffusi), magari
presenti in maniera confusa e frammentata, sono le tensioni
che animano chi vuole liberarsi dai pesi ingombranti di un
collettivismo e di ideologie e prassi disumanizzanti. Intorno
alla persona, realtà da ricostruire nella sua complessità e
pienezza, si esplorano e ricercano valori nuovi, identità e
modelli che offrano la possibilità di una realizzazione più
autentica della propria esistenza individuale. Dentro la crisi e
la delusione per l'infrangersi delle grandi speranze i giovani
guardano alla loro vita quotidiana con realismo disincantato
più che con la capacità di sognare che ci si aspetterebbe da loro.
La sofferta riscoperta della soggettività contiene certamente
una istanza di tipo religioso, come dimostrato anche dalle
diverse esperienze di risveglio religioso che fioriscono negli
ultimi anni nei vari contesti, superando il so-

27
J. Gevaert, Mondo secolarizzato e vita di fede, in Aa.vv., Giro di boa per la pasto-
rale, Ldc, Torino-Leumann 1976, p. 18.
28
Un'analisi di filosofia dell'educazione particolarmente attuale in tema di ricerca
di senso è quella di C. Nanni, L'educazione tra crisi e ricerca di senso, Las, Roma 1986,
che analizza la crisi dei principali sistemi di significato sul piano oggettivo, soggettivo
ed etico, propone le vie della ragione, della libertà, del valore e dell'impegno per la
rigenerazione della responsabilità etica e di una corrispondente intenzionalità educativa.

spetto, la diffidenza e il disprezzo radicalizzatisi in precedenza,


che occorrerebbe analizzare approfonditamente. A parte le
forme più radicali e integriste, la religiosità più diffusa nel

8
panorama giovanile emergente da recenti ricerche mostra uno
scarso dinamismo, in quanto non sufficientemente integrata e
centrale nel sistema di significato dei giovani stessi. E una
religiosità superficiale, periferica, laica, soggettivistica,
disintegrata: «Non è la religione della crisi, perché non la
esprime e non la legittima (sempre che si riesca a dire di che
crisi si tratta); ma non è neppure la religione della transizione,
perché di transizione non ce n'è o ce n'è poca. E la religione di
una generazione che, piuttosto povera di memoria storica, si
trova a gestire un quotidiano complesso e contraddittorio,
senza punti di riferimento sicuri, e non riesce non vuole correre
troppi rischi affidandosi a progetti complessivi o a utopie
improbabili»29.
La religiosità «laica»30 cresce anche per la crisi di credibilità
degli interlocutori tradizionali; nei praticanti permangono
atteggiamenti di devozione e ritualismo, mentre nella nostra
società pluralista sono incontrabili sempre più diverse offerte
religiose.
La socializzazione religiosa è sempre più selettiva: si diventa
cristiani «in pochi e in privato»; è spesso una religione del «fai
da te». Il soggettivismo può condurre piut-

29
G. Milanesi (ed.), Oggi credono così. Indagine multidisciplinare sulla domanda re-
ligiosa dei giovani italiani. 1. I risultati, Ldc, Torino-Leumann 1981, p. 395. Trenti ri-
cerca le radici culturali della contestazione espressa od occulta nell'esistenzialismo, nella
riflessione e nella prassi marxista, nella mentalità radicale e nel fenomeno del riflusso,
in tutta la sua ambiguità: cfr. Z. Trenti, Giovani e proposta cristiana, Ldc, Torino-Leumann
1985, pp. 34-36.
30
I più diffusi valori di riferimento sono raggruppabili in tre sfere: valori relativi
alla persona (libertà, autonomia, autenticità, comunicazione, responsabilità, coscien-
za, equilibrio...), valori espressi nei rapporti interpersonali (famiglia, amore, amicizia,
dialogo, gruppo, sessualità...), valori di solidarietà, condivisione, partecipazione, ser-
vizio. Il problema decisivo è comunque la realizzazione personale, che fa rifiutare valo-
ri precostituiti, modelli imposti, valori assoluti. (Cfr. G. Villata, Quale catechesi per
'giovani?, Ldc, Torino-Leumann 1992, pp. 54-56). Una ricerca specifica è stata effet-
tuata sul valore della pace per i giovani: cfr. R. Mion, La pace parla giovane? Ricerca
sulla pace presso i giovani dai 15 ai 21 anni, in G. Milanesi (cur.), I giovani e la pace,
Las, Roma 1986, pp. 119-154.

tosto a un atteggiamento di disinteresse, a una psicolo-


gizzazione della religione con l'adesione a esperienze che
danno un senso di compensazione, ma può favorire anche —
attraverso l'incontro con significative proposte educative —
una nuova domanda di protagonismo responsabile da parte
dei giovani. Se prima si criticava la potente socializzazione
religiosa per l'incapacità di portare a una maturazione interiore
della fede, oggi l'esperienza religiosa soggettiva è diffusa, ma
ormai priva di spessore comunitario.
Ne consegue che all'attuale esperienza religiosa*1 possono
darsi molteplici significati. Si può considerare religioso il
vissuto esplicitamente canalizzato nella prassi delle istituzioni
che oggettivamente offrono una religione da credere e
praticare; religioso è pure l'orizzonte di valori e scelte che
orientano verso un «Altro» il sistema personale di significato,
in cui si prende appunto coscienza del proprio «bisogno

9\
religioso»; sempre religioso è il bisogno di significato che però
abbia almeno un'apertura implicita al trascendente, che si
caratterizzi cioè come invocazione che solo il trascendente può
colmare adeguatamente.
In quest'ultimo senso, la «domanda religiosa» — anche se
non tematizzata ed espressa formalmente — è certamente
presente nel mondo giovanile che, scoprendo quanto la vita sia
seria e impegnativa, avverte l'esigenza di valori capaci di
riempirla e orientarla a qualcosa di grande. La prospettiva
religiosa rischia di perdere la sua radicalità di contenuti e di
indicazioni, quando è troppo valutata in base alle attese
umane.

31
Cfr. V. Orlando, Religione, in DPG 808-818. A. Godin, Psicologia delle esperienze
religiose, Queriniana, Brescia 1983, analizza criticamente le forti esperienze di Dio che, nelle
conversioni improvvise, nelle esperienze di pienezza, nelle esperienze carismatiche o di
eccitamento in chiave sociopolitica, si vorrebbero troppo spesso ravvisare. La fede assolve
una necessaria funzione di critica delle illusioni e di trasformazione dei desideri, alla luce
della novità evangelica e della realtà in cui sempre si incarna in maniera originale ed
efficace, proprio perché sofferta conquista rispetto all'itinerario di bisogni e desideri
umani.

te analisi sul vissuto religioso dei giovani. La terza in-


dagine Iard Giovani anni 90 ha raggruppato gli atteggiamenti
che i giovani intervistati hanno verso la religione in cinque
categorie, risultanti dall'incrocio di diversi tipi di risposta: i
due poli opposti dei «devoti» (23,9 per cento di credenti,
religiosi e praticanti) e dei «laici» (18,2 per cento che non
credono, non considerano importante la religione, non
frequentano la Messa); per il resto credenza, esperienza e
pratica si combinano variamente, dando luogo a forme di
ritualismo (20,8 per cento), individualismo (9,4 per cento
religiosi ma non praticanti) e opportunismo (credono, senza
religiosità e pratica)32; mentre complessivamente si definiscono
credenti per l'80 per cento.
Quanto ai contenuti, si va da una fede accolta radicalmente
alla critica di contenuta centrali. Non basta la norma, occorre
cercarne il valorepdal consenso si passa alla ricerca del
confronto. Verso la Chiesa permane una certa fiducia, ma
critica, esigente, selettiva.
La variabile età e la vicenda educativa hanno un notevole
peso. Nella preadolescenza si pongono generalmente
un'istruzione religiosa sistematica e intensa, il completamento
dell'iniziazione sacramentale e forti sollecitazioni a un ulteriore
impegno in gruppi e itinerari formativi. Nel-Vadolescenza il calo
è notevolissimo: in Italia, nonostante la stragrande
maggioranza incontri l'insegnamento della religione cattolica a
scuola, solo dal 20 al 30 per cento continua a praticare, un 7-8
per cento partecipa alla vita di gruppi e associazioni cattoliche
(per lo più animati da leader che non sempre esprimono la
quotidianità del cammino della Chiesa locale).

10
La massa è spesso definita come «lontani», soprattutto in
base ai dati della frequenza domenicale e, nei paesi missionari,
dei sacramenti dell'iniziazione cristiana. All'interno di questo
primo cerchio si possono comunque distinguere tipi diversi: i
lontani che mantengono una sensibilità eti-

32
Cft. A. Cavalli - A. De Lillo (cur.), Giovani anni 90, op. cit., pp. 83-92, 110-113.

ca, i lontani che trattano il messaggio cristiano come generico


pensiero religioso, i lontani che non si riconoscono più nella
Chiesa. Molti di loro non hanno vissuto il travaglio di un
abbandono, perché sono nati in un ambiente ormai incapace di
trasmettere valori e cultura cristiani33.
Un secondo cerchio può essere rappresentato dai giovani
che hanno una religiosità «leggera», cioè non preoccupata della
conoscenza organica del mistero cristiano né della ^pratica
coerente e totale della vita cristiana, senza crisi né entusiasmi.
Sono emotivamente provocati da qualche incontro, da qualche
esperienza, da un bisogno personale, da una curiosità... ma
senza giungere a un'adesione stabile a Cristo.
In terzo luogo, i «praticanti», che però non riescono a
liberare tutte le energie della vita cristiana che pur praticano
con regolarità (se l'80 per cento dei giovani italiani si definisce
credente e il 45 per cento cattolico, il 25 per cento frequenta
domenicalmente e il 41 per cento ritiene che tralasciare la
Messa domenicale non sia peccato: cfr. rapporti Iard).
Finalmente, nel quarto cerchio, ci sono anche i giovani
«impegnati» che vivono la fede come scoperta permanente, in
uno sforzo di riflessione e coerenza che li coinvolge anche in
iniziative di apostolato e testimonianza, soprattutto attraverso
la mediazione di gruppi e istituzioni.
Dietro queste tipologie, come abbiamo accennato, possono
riconoscersi diversi modi di concepire l'esperienza religiosa;
specie davanti alle tensioni emergenti, dagli anni '70
soprattutto, nel mondo giovanile, le scelte religiose finiscono
infatti col rappresentare: per alcuni un'alternativa di comodo,
una risposta al bisogno di sicurezza che altrimenti spingerebbe
alla fuga e alla rinuncia all'impegno; per altri l'alternativa
totalizzante che motiva a un nuovo coinvolgimento nella
storia, a un diverso modo di gestir-

33
Cfr. J. E. Vecchi, Pastorale giovanile. Una sfida per la comunità ecclesiale, Ldc, Torino-
Leumann 1992, p. 23.

la; per altri ancora, in risposta alla domanda di una nuova


qualità della vita, l'impegno religioso si evolve in «esperienze
più articolate, in cui la fede diventa valore massimo nell'ordine
dei significati, ma non tale da svuotare il senso e l'autonomia
delle scelte nell'ambito del profano (cultura, politica,
professione ecc.)»34.

\
11
Diversi studi di sociologia religiosa hanno cercato di ana-
lizzare l'appartenenza religiosa ed ecclesiale dei giovani,
rispetto alla quale fungono da principali indici la credenza
religiosa, la pratica religiosa, l'immagine di Chiesa, l'immagine
del sacerdote, la moralità giovanile ecc. Emerge
complessivamente il fatto della crisi religiosa: solo una mi-
noranza di giovani inquadra il proprio modello di credenza in
quello ufficiale, tendendo piuttosto a essere una chiesa-a-sé,
soggettivizzando l'approccio ai contenuti della fede, giustificati
in ciò dalla mancanza di un'adeguata educazione e istruzione
religiosa. La pratica domenicale dei giovani risente di diverse
variabili: l'età, il sesso (meglio le ragazze), le zone geografiche a
diversa tradizione religiosa e pastorale (meglio nei paesi al di
sotto dei 10.000 abitanti), il livello di studi, la permanenza o
meno in famiglia e soprattutto la partecipazione ad
aggregazioni religiose giovanili35.
34
G. Milanesi, Per una lettura sociologica della religiosità dei giovani, in Facoltà Teo-
logica dell'Italia Settentrionale, Condizione giovanile e annuncio della fede, La Scuola,
Brescia 1979, p. 30; cfr. anche G. Milanesi - M. Aletti, Psicologia della religione, op.
cit., pp. 201-221.
35
Cfr. G. Ambrosio, Giovani ed appartenenza ecclesiale, in Facoltà Teologica del-
l'Italia Settentrionale, Condizione giovanile, op. cit., pp. 33-60. «Una prima fase di di-
stacco sembra prodursi già nel primo periodo adolescenziale, prima del termine della
scolarità obbligatoria. Già dagli 11 ai 15 anni si attua una caduta rapida e precoce della
pratica religiosa. [...] Una seconda fase di distacco si attua nella fascia d'età 16-20 an-
ni- Più che di caduta, qui si può parlare di una progressiva usura della pratica domeni-
cale, con spostamento graduale dalla pratica regolare a quella stagionale e da questa
aUa non pratica. In questa fase sembrano centrali il problema della credenza, il deside-
rio di autenticità, le difficoltà di tradurre in pratica gli obblighi morali derivanti dal
magistero ecclesiastico, percepiti come inautentici, la vacuità delle proposte culturali-
religiose. Una terza fase si colloca tra i 20 e i 25 anni di età. Si tratta di una vera e
Pr°P'ia crisi religiosa che rischia di essere definitiva, nel senso di totale distacco e/o
te ■ religiosa, poiché i problemi della fase precedente, non risolti positivamen-
i si trovano aggravati per la diversa collocazione sociale (cambiamento di status, con
rnserimento nell'ambiente professionale; cambiamento di stato civile, col matrimonio)»
(pp 45_46)
Ricerche ulteriori sull'immagine di Chiesa e di sacerdote
presente nella coscienza giovanile mostrano forti resistenze
critiche, tuttavia forse, soprattutto in determinate fasce, in via
di correzione nel tempo: i giovani riconoscono sempre più alla
Chiesa di doversi impegnare soprattutto nell'annuncio della
Parola di Dio, nel servizio ai poveri, e solo subordinatamente
nell'educazione morale dei giovani. La distanza si fa ancora
maggiore a livello socioculturale, nella frattura del quadro di
valori etici tradizionalmente proposti dalla Chiesa: crisi della
famiglia e dell'etica sessuale, edonismo e relativismo morale,
ricerca travagliata di un nuovo umanesimo su frontiere
insolite, distacco dall'impegno civile e politico... impegnano in
specifici approfondimenti studiosi e operatori pastorali. In una
situazione sociale globalmente complessa, la situazione gio-
vanile appare ambigua, anche per la settorialità delle ricerche;
tuttavia emerge abbastanza lo slittamento progressivo di
buona parte della gioventù italiana dal modulo tradizionale di
appartenenza ecclesiale verso moduli o forme innovative,
critico-propositive. Essi vogliono una Chiesa fortemente

12
impegnata per l'uomo nella sua globalità: «una chiesa-
comunità che assuma veramente i valori personalistico-
comunitari, in contrapposizione all'individualismo
particolaristico; una chiesa-comunità che auto-ritativamente
offra modelli di condivisione e di partecipazione, in
contrapposizione ai modelli autoritari e verti-cistici; una
chiesa-comunità che accetti la "ricerca" quotidiana, provvisoria,
in contrapposizione a "definizioni" prefabbricate e
totalizzanti»36.
Un'interessante ricerca condotta in Italia alcuni anni fa da E.
Rosanna ha avuto come oggetto specifico il tema della
riconciliazione: i criteri orientativi della condotta morale dei
giovani di 18-19 anni, il loro senso dello sbaglio umano e del
peccato religioso, la riconciliazione umana e religiosa, il
sacramento della riconciliazione. Il campione, for-

36
Ibid., p. 59.

mato in gran maggioranza da studenti cha hanno rapporti


abbastanza precisi con luoghi educativi ecclesiali, è stato
oggetto di interviste in profondità. Tra le principali conclusioni
emerge «la tendenza a emarginare il concetto di peccato come
categoria interpretativa della realtà, la difficoltà di
istituzionalizzare l'esigenza umano-religiosa del perdono, la
dispersione della prassi celebrativa» 37, non senza spiragli per
una più incisiva e adeguata educazione morale, che compensi
la tendenza all'individualismo intimistico e proponga il
riferimento trascendente con immagini e forme autenticamente
evangeliche e vivibili.

1J Le sfide dei giovani alla comunità ecclesiale

Guardando il problema dall'iHterno della comunità ec-


clesiale, considerata come soggetto dell'evangelizzazione e
dell'educazione della fede38, possiamo condividere l'af-
fermazione fatta da R. Tonelli sin dal 1977: «siamo oggi in un
tempo felice, impegnativo e problematico del dialogo tra i
giovani e l'esperienza cristiana mediata dalle comunità
ecclesiali»39. Seppur con l'affanno e le note di drammaticità che
spesso accompagnano chi vive in una condizione frammentata
e alienante, i giovani invocano una rinnovata proposta di
speranza, ragioni per vivere, progetti su cui scommettere il
proprio impegno, strade verso un'esperienza religiosa magari
non ancora percepita, ma certo possibile. Purché la comunità
cristiana metta da parte pregiudizi, stereotipi, preclusioni
(d'altronde vicendevoli) che impediscono l'incontro tra giovani
e Chiesa.

\
13
Troppe volte la domanda religiosa non diventa domanda di
religione e tanto meno vissuto religioso autentico, esperienza
di fede e di appartenenza ecclesiale, soprattut-

p y^-^" ^osanna> Quale riconciliazione per i giovani?, Ldc, Torino-Leumann 1985,

Il Cfr. EN 14, RdC Cap. I, CT 14-19.


R- Tonelli, Pastorale giovanile, op. cit., p. 45.

to oggi che non esiste più una solida forma di iniziazione


cristiana per i giovani40. E quando i giovani arrivano a
un'opzione di fede, non è altrettanto facile farne conseguire
una coerente prassi morale, troppo spesso impedita dal
soggettivismo, per giungere cosi a una pericolosa dissociazione
tra la fede e la vita41.
P. Babin sottolineava già nel 1961 la necessità di un incontro
dei giovani con i segni della fede, con la testimonianza dei
cristiani, con le parole e i gesti della Chiesa: «Anche nei paesi
cristiani in cui tali segni esistono e in cui la Chiesa occupa un
buon posto (parrocchia, culto, stampa, scuole cattoliche ecc.),
non è difficile costatare, in numerosi settori della vita, l'assenza
dei segni della fede. Certo, non è in alcun modo desiderabile,
per nessun motivo, che la televisione, lo sport, l'officina,
cessando di essere attività profane, siano un giorno
"clericalizzate", ma in tutti questi strati profondi del nostro
mondo moderno, quale testimonianza è resa al vangelo dai
discepoli di Cristo? Un marxista dichiarava: "Noi non
cerchiamo di sapere se Cristo è esistito; per noi questa non è
nemmeno una questione da porre. La sola questione è: dove
sono i cristiani? che fanno i cristiani?"»42.
Appaiono «senza segni dall'alto» soprattutto i giovani
dell'ambiente operaio-tecnico. Più spesso, i segni umani che
annunziano Dio possono essere insufficienti, falsi o deformati...
fino a rendere inefficaci gli stessi segni storici della rivelazione:
solo attraverso la vita attuale della Chiesa, le parole e i segni
della pasqua di Cristo possono avere consistenza per l'uomo.
Anche le testimonianze offerte so-

40
Tonelli non si limita ad analizzare le cause di tale crisi dell'iniziazione cristiana
dei giovani, ma cerca di proporre nuovi modelli formativi, in cui si attivi un'autentica
traditio-redditio della fede, si coinvolga la comunità come soggetto fondamentale del-
l'iniziazione, che va proposta attraverso esperienze concrete e ambienti adeguati in cui
viverle (cfr. R. Tonelli, Iniziazione cristiana, in DPG 460-467). I giovani d'oggi non
sono passati attraverso i tradizionali luoghi di socializzazione religiosa, e quindi non
hanno neppure avuto modo di scontrarsi con modelli rigidi di religiosità, disponendosi
a una minore aggressività verso la Chiesa.
41
Cfr. RdC 53 e EN 20.
42
P. Babin, I giovani e la fede, op. cit., p. 30.

no parziali e quindi incapaci di una presa incisiva e globale


sulla vita dei giovani. La pastorale e l'annuncio finiscono così
col manifestare forme di infedeltà ai valori dell'incarnazione:
infedeltà al linguaggio biblico, al mordente storico dell'evento
di Gesù Cristo, alla potenza di trasformazione umana della sua

14
pasqua; o di infedeltà ai valori della trascendenza, alla qualità
spirituale ed eterna della presenza di Dio nel mondo.
Perché l'appassionato impegno della Chiesa per annunciare
la buona notizia di Gesù dentro la vita dei giovani spesso
produce solo indifferenza? Eppure i giovani cercano la vita, da
una parte, e la Chiesa annuncia il Signore della vita, troppo
spesso da tutt'altra parte, senza che le loro strade si incrocino.
Quali sono i principali problemi che impediscono un
fecondòincontro tra il bisogno religioso dei giovani e l'offerta
oh vangelo ed esperienza cristiana da parte della comunità
credente?
Assumendo come paradigma la struttura classica di ogni
comunicazione, sullo sfondo della fondamentale natura dia-
logica della rivelazione e della fede, la parola, il segno, il
simbolo, il sacramento, con cui la Chiesa cerca di attuare la sua
missione di mediatrice storica e culturale della salvezza,
appaiono spesso impediti da molteplici fattori, come da veri e
propri «disturbi comunicativi».
Offerta di salvezza e risposta dell'uomo si rivestono sempre
di una visibilità umana, linguistica, culturale, che è perciò
campo aperto a interferenze e inadeguatezze. Sviluppando una
lettura autenticamente pastorale e impegnata della condizione
giovanile, giungiamo così a mettere in verifica l'evento stesso
dell'evangelizzazione dei giovani, la prassi pastorale che vi
soggiace. Per stimolare ciascuno a calibrare queste
provocazioni in rapporto alla propria realtà e per meglio
orientare la successiva ricerca di criteri e obiettivi pastorali.

Il problema del messaggio. Una vera ed efficace comu-


nicazione tra due soggetti avviene quando e nella misura in cui
esiste una coincidenza, almeno parziale, tra quanto trasmesso
dall'uno e quanto inteso e decodificato dall'altro. Si può dare
dunque anche una comunicazione senza messaggio, quando i
flussi di andata e ritorno, di proposta e ricezione non si
incontrano. E questo avviene fin troppo spesso tra proposta
ecclesiale (per quanto teologicamente corretta) e accoglienza
nell'universo culturale o personale giovanile, specie nel
contesto di cambiamento e pluralismo jn cui oggi viviamo,
specie quando occorre fare il faticoso cammino della
inculturazione, specie quando i codici utilizzati non sono
condivisi.
Nell'evangelizzazione ciò si verifica ogni volta che si fa
riferimento a modelli antropologici diversi, senza accorgersene
e senza lavorare per colmare questa distanza culturale. Non è
difficile infatti verificare quanto siano diversi per i giovani e
per la Chiesa: il rapporto passato -presente - futuro; il rapporto
tra oggettività e soggettività (ad esempio, parlando di coerenza
a chi è soggettivisticamente frammentato); la funzione della
corporeità, della festa, del dolore, dell'amore; il richiamo a

\
15
eventi ed esperienze di peso assai diverso per persone di
culture o generazioni diverse; il modo di comprendere il
mistero di Dio, tra categorie teologiche, necessariamente
veritative, e linguaggio corrente invece fortemente relativista e
problematizzante.

Il problema del senso. Ogni comunicazione è vera quando


è mossa da uno scopo che, nella personale ricerca di senso (da
quello categoriale a quello globale, decisivo per la maturità
della persona), si caratterizza come fortemente autonomo,
dunque apparentemente distante da una fede che è donata.
Come comporre l'iniziativa e la progettualità dell'uomo con
l'accoglienza di un vangelo che non è certamente frutto della
sua ricerca? Come salvare la legittima autonomia di tante scelte
dell'uomo e il ruolo della fede come ragione ultima del suo
essere e agire? Come passare dalla produzione di significati e
risposte parziali a un senso globale che tuttavia rispetti e salvi
sia l'autonomia del soggetto sia l'influsso della fede come
orizzonte ulteriore?
La tradizionale prassi pastorale ha scelto spesso soluzioni
deduttive; la secolarizzazione ha poi spinto alla svolta an-
tropologica in pastorale e catechesi, rischiando di ridurre la
fede a orizzonte talmente ultimo da essere ininfluente sulla
vita. Oggi dobbiamo ricercare le vie per un'evangelizzazione
che offra la fede come corretta interpretazione e compimento
della personale ricerca di senso che anima il cuore dell'uomo.
Un'evangelizzazione che non tema di interpretare la domanda
di vita anche alla luce della croce, segno emblematico della
radicale novità offerta dalla fede.
L'intenzione che spinge i cristiani ad annunciare il vangelo
può incontrarsi con la passione per la vita che anima il cuore di
ogni uomo? E quale riferimento alla vita è tale da rispettare la
verità, la pienezza, il mistero dell'esperienza cristiana? Sono
domande aperte, che l'evangelizzatore, il credente animato
dalla carità educativa di Cristo non deve affrettarsi a risolvere
superficialmente, col rischio di parlare di Dio in maniera non
più significativa e vitale.

Il problema del linguaggio. La comunicazione della fede


avviene necessariamente tramite dei segni, cioè con una data
struttura linguistica, che deve essere capace di rendere
presente e incontrabile una realtà più profonda e nascosta.
Come parlare di Dio in modo da rispettare la sua ineffabilità? 43.
Il vero linguaggio è l'esperienza viva della comunità dei
credenti, chiamata a essere meno opaca pos-

43
Eliminare il falso « scandalo » di un linguaggio involuto, astratto, stereotipo, che n°n dice
nulla, perché gli uomini capiscano realmente lo scandalo di Cristo crocifisso: « immagine
di Dio che mette in crisi le concezioni umane di un dio-denaro, di un dio-accesso, di un
dio-prestigio, di un dio-abbellimento culturale. L'annuncio cristiano non è riconducibile a

16
un codice di principi morali » (R. Fabris, Paolo evangelizzatore eJ'fa(s.tore; Cittadella, Assisi
1982, pp. 46-47). Un'analisi accurata delle esigenze e delle 1 facoltà di un'efficace
comunicazione religiosa è svolta da C. Molari, Il linguaggio del-catecbesi, Edizioni Paoline,
Roma 1987.

sibile e a far parlare Gesù, la grande Parola di Dio, il messaggio


atteso e sempre incarnabile nella domanda di senso di ogni
uomo, di ogni giovane. Le opere, i documenti di Cristo sono le
esperienze, le testimonianze di carità che scaturiscono dai
credenti.
Il richiamo al primato della testimonianza, tra i tanti mezzi
dell'evangelizzazione, è chiaro e indiscusso: «L'uomo
contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri,
o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni»44. Dietro
questa nota di buon senso pastorale si cela un dato teologico
fondamentale: le parole umane, per quanto elaborate, sono
inadeguate a esprimere la bellezza dell'esperienza cristiana, la
radicalità e la credibilità dell'appello all'amore che ha Dio per
soggetto e la libertà umana per interlocutore. L'unica parola
possibile è Gesù di Nazareth, reso visibile senso della vita dei
credenti e delle loro comunità.
Quale esperienza può farsi messaggio? Rifacendoci al
vangelo, scegliamo un testo particolarmente eloquente:
«Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare
delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi
discepoli: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne
un altro?". Gesù rispose: "Andate e riferite a Giovanni ciò che
voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi
camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi

44
Paolo VI, EN 41; cfr. anche EN 21: «(La Buona Novella) deve essere anzitutto
proclamata mediante la testimonianza. Ecco: un cristiano o un gruppo di cristiani, in seno
alla comunità d'uomini nella quale vivono, manifestano capacità di comprensione e di
accoglimento, comunione di vita e di destino con gli altri, solidarietà negli sforzi di tutti
per tutto ciò che è nobile e buono. Ecco: essi irradiano, inoltre, in maniera molto semplice e
spontanea, la fede in alcuni valori che sono al di là dei valori correnti, e la speranza in
qualche cosa che non si vede, e che non si oserebbe immaginare. Allora con tale
testimonianza senza parole, questi cristiani fanno salire nel cuore di coloro che li vedono
vivere, domande irresistibili: perché sono cosi? Perché vivono in tal modo? Che cosa o chi
li ispira? Perché sono in mezzo a noi? Ebbene, una tale testimonianza è già una
proclamazione silenziosa, ma molto forte ed efficace della Buona Novella. Vi è qui un
gesto iniziale di evangelizzazione. Forse tali domande saranno le prime che si porranno
molti non cristiani, siano essi persone a cui il Cristo non era mai stato annunziato,
battezzati non praticanti, individui che vivono nella cristianità, ma secondo principi per
nulla cristiani, oppure persone che cercano, non senza sofferenza, qualche cosa o
Qualcuno che essi presagiscono senza poterlo nominare».

riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la


buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me"» (Mt
11,2-6).
La risposta di Cristo sulla domanda relativa alla sua identità
messianica è nelle opere, nei miracoli, nella vita nuova che
scaturisce dalla sua presenza (cfr., ad esempio, Le 4,16-21;
24,19; At 2,22), non solo nell'incontro dei contemporanei con il
Gesù storico, ma anche nel suo prolungamento mistico e
sacramentale nella Chiesa, chiamata a compiere il miracolo
della carità, della solidarietà, della giustizia e della pace, anche

\
17
attraverso la presenza umile e preziosa dei suoi educatori.
Esperienze di un'umanità rinnovata, salvata, che certo
richiedono comprensione e contemplazione dell'evento che le
muove e le sostiene.
Un profeta dei nostri tempi^un maestro di sensibilità
educativa come Jean Vanier, riconosce la necessità di guardare
al malessere dei giovani destrutturati di questo tempo con
attenzione e profondità: «c'è una disperazione nascosta nelle
infrastrutture dell'essere»45, per cui i giovani non ritrovano i
valori morali se non attraverso un'esperienza spirituale, che la
Chiesa deve poter offrire, mostrando il volto del Padre
misericordioso che va incontro al figlio quando è ancora per
strada (cfr. Le 15,11-32), donandogli una comunità che lo
sostenga, un adulto che lo ami e gli insegni con fiducia a darsi
agli altri, a scoprire la preghiera, la Chiesa, il bisogno di
crescere ancora.
L'approccio esperienziale, che approfondiremo tra i criteri
della pastorale giovanile, è dunque un'esigenza insita nella
evangelizzazione, ove il compito di produrre esperienze capaci
di farsi messaggio e quello di elaborare il messaggio a partire
dall'esperienza restano impegni non facili) per il rischio di
produrre esperienze che si consumano m sé o solamente
messaggi freddi e astratti. Su questo si

45
J. Vanier, Giovani d'oggi: sfida alla Chiesa, Messaggero, Padova 1987, p. 17. An-?] u.n
grande teologo come K. Rahner testimonia la necessità di dialogare con i pro-temi reali
posti dai giovani, imparando a condurli gradualmente alle soglie del mistero ctlstiano: cfr.
K. Rahner, Ai giovani rispondo così..., Città nuova, Roma 1984.

misura ogni giorno la sensibilità e la creatività degli operatori.

Il problema del luogo. Ogni comunicazione avviene in un


preciso contesto spazio-temporale; quindi anche quella relativa
alla fede si mostra fragile, bisognosa di precisi processi di
identificazione. Infatti, in riferimento alla storia e alle
situazioni, un segno, una parola può avere diversi significati,
tra i quali si è certi di cogliere quello giusto solo grazie al
supporto di un luogo di identificazione46, che nel nostro caso
deve essere la comunità ecclesiale. Si instaura una
comunicazione portatrice di messaggio solo con chi si
identifica affettivamente col contesto vitale in cui la
comunicazione sta avvenendo.
Nel pluralismo che ha soppiantato l'omogeneità culturale
dei decenni passati, soprattutto le agenzie formative e culturali
appaiono in crisi; modelli di comportamento e sistemi di valori
diversi e perfino alternativi coesistono indifferentemente,
lasciando semmai un'egemonia di fatto alle dinamiche
economiche e della comunicazione sociale.
La crisi dei luoghi formativi ha a volte travolto anche le
comunità cristiane, nelle quali infatti è divenuta sempre più
difficile una comunicazione della fede, che eviti i disturbi

18
denunciati finora. Davanti a tale crisi, molti giovani hanno
cercato nel gruppo un nuovo spazio di identificazione,
rischiando però di perdere oggettività e storicità del messaggio
accolto, quando il rapporto gruppo-Chiesa non è correttamente
impostato47.
46
« Nel caso della evangelizzazione, si richiedono istituzioni capaci di farsi luogo
di produzione di un sistema di simboli (un "linguaggio"), che articoli in unità la sog-
gettività della persona credente, l'oggettività dell'evento evangelizzato e il tessuto an-
che istituzionale della comunità ecclesiale che di questo evento è testimone nella sua
storia, cultura e vita» (R. Tonelli, Pastorale giovanile, op. cit., p. 57).
47
Alla comunità ecclesiale manca per lo più la cosiddetta prospettiva sincronica
(identificazione affettiva del significato corretto), ai gruppi manca invece la prospetti-
va diacronica (lo spessore storico-culturale che, offrendo tutta la gamma dei possibili
significati e il loro sviluppo, ne garantisce l'oggettività). La parrocchia, ad esempio,
può conservare la sua significatività per la pastorale giovanile, pur nella varietà di of-
ferte ecclesiali oggi disponibili, nella misura in cui sa attivare dinamiche relazionali e
di gruppo adeguate alle esigenze dei giovani.

J] problema del rapporto. In ogni comunicazione la tra-


smissione del contenuto-messaggio è sempre accompagnata da
una particolare relazione tra emittente e ricevente, tra
animatore e giovani. E questa la «metacomunicazione» crie
influisce decisivamente nel qualificare, spiegare, valutare o
smentire il contenuto stesso. La buona evangelizzazione non è
data solo dalla qualità dei contenuti e dalla loro
organizzazione, ma è più spesso in crisi la relazione tra adulti,
comunità ecclesiale e giovani. I contenuti non passano, perché
è fragile la relazione. La pastorale giovanile in genere comincia
dal dono di una compagnia, che rompe l'interiore solitudine di
chi vive e ama senza riuscire a crescere, per sperimentare
l'avventura della comunità, dell'affidarsi a un fratello
maggiore, del generare nuove forme di dialogo che aprono ai
valori e alla verità.
Quando nella pastorale giovanile esistono difficoltà di
messaggio, di contenuti, di significatività, la comunicazione è
disturbata; il sostegno di strutture comunicative e di relazioni
capaci di favorire l'identificazione dei giovani rende questi
disturbi meno preoccupanti, più gestibili.
In sintesi, potremmo rappresentare globalmente le sfide
emergenti dalla realtà giovanile analizzata e interpretata con
cuore di educatori cristiani, come «il problema della strada». Al
di là del gioco verbale che si potrebbe fare sull'equivalenza
terminologica «strada - metodo»48, tale da giustificare
l'insistente richiesta di metodi per una più efficace pastorale
giovanile, l'ottica va certamente spostata dall'efficienza alla
mentalità, e quindi alla qualità. E in gioco la ricostruzione, o
meglio la promozione e lo sviluppo di una trama di rapporti e
di flussi di comunicazione che hanno come sfondo e contenuto
la vita quoti-

48
Methodeitx, tnéthodos, methodeùo, indicano anche nel vocabolario biblico l'andar dietro
a qualcosa, il modo di procedere, l'intenzionalità caratteristica di un procedimento abile.
Fino a mettere in guardia dal suo cattivo uso, come procedimento malizioso per far cadere
in errore: cfr. Ef 4,14; 6,11.

\
19
diana, nel suo dinamismo di problemi e di speranze. Solo una
Chiesa pellegrina con l'uomo, al passo dei giovani e sul
sentiero tracciato da Dio, può dare l'orientamento che meglio
scateni le energie di bene, la progettualità creatu-ralmente
posta in ogni uomo e prorompente nella sua giovinezza.

20
La strada racconta
Modelli di ieri e di oggi

Non meravigli eccessivamente la presenza di un excursus


storico sulla realtà dei giovala' all'interno della Rivelazione
biblica e dei principali passaggi della conseguente vicenda
ecclesiale. Non vuol essere affatto un puro esercizio di
erudizione, né tanto meno una ridondanza di fonti da
confrontare nello studio, bensì un'occasione di ascolto vivo di
ciò che è necessario conoscere per comprendere genesi e
significati di fenomeni attuali e addestrarsi così a discernere il
nuovo che avanza. Anche in questo caso l'immagine della
strada e l'atteggiamento spirituale del viandante sono di
grande aiuto: esiste una linearità provvidenziale degli eventi
storici, sulla cui traiettoria il credente si pone non con
fatalismo, ma con senso di profonda fedeltà alla tradizione,
luogo teologico della Parola di Dio e del suo rinnovarsi e la
vita e la prassi comunitaria.
Se la Bibbia, come notava E. Charpentier 1, è l'album della
famiglia di Dio, il diario della nostra perenne giovinezza,
possiamo imparare anche noi a ragionare con le categorie di
Dio: il futuro sta già dietro di noi e il passato

1
Cfr. E. Charpentier, Giovinezza perenne del Vecchio Testamento, Edizioni Paoli-ne>
Catania 1975, pp. 13-26.

ci oltrepassa in avanti. Ricercare modelli del passato consente


di avere una più profonda visione, una vera prospettiva di ciò
a cui siamo chiamati, oggi e domani.

2.1 I giovani nella Bibbia

L'Antico Testamento. Il termine ebraico più comune per


indicare il giovane è na'ar, che la traduzione greca rende con
paìs. Basta dare uno sguardo alla concordanza biblica per
notare gli aspetti della giovinezza più sottolineati: la bellezza
dei giovani, la loro forza in guerra; la giovinezza come tempo
della gioia e dell'amore; il periodo dell'immaturità e

21
2

dell'inesperienza; il tempo in cui apprendere le buone


abitudini, la purezza, nella correzione come nella gioia. I
giovani sono lo splendore del popolo, della famiglia; a essi si
aprono prospettive stupende: i giovani avranno visioni
profetiche (GÌ 3,1) e onore presso gli anziani; la giovinezza è
punto di partenza della disponibilità nella fede e richiamo alla
fedeltà nell'alleanza («fin dalla giovinezza»), nella libertà che
può farne, a seconda dell'uso, motivo di vergogna o di vanto.
In diversi passi dell'Antico Testamento i giovani svolgono,
sorprendentemente, un ruolo di primo piano: Dio sceglie
spesso per la sua opera di salvezza i piccoli, i giovani 2. Non
mancano, infatti, nella Bibbia protagonisti di giovane età. La
gioventù dei Patriarchi è spesso presentata secondo il genere
letterario dell'infanzia del grande personaggio: origini umili ed
elementi negativi vengono evidenziati in funzione del loro
positivo superamento. Gia-

2
«La gioventù, per l'autore sacro, non è un problema ma solo una età della vita,
perfettamente abilitata a instaurare un autentico rapporto interpersonale con Dio creatore
e redentore, anche all'interno di una cultura, quella semitica, prevalentemente geron-
tocratica» (M. Gioia (cur.), Igiovani nella Bibbia, Dehoniane, Roma 1988, p. 8, che raccoglie
una serie di interessanti studi da cui vengono riprese parte delle indicazioni che seguono).
«Meglio un giovane povero e intelligente che un re vecchio e stolto, incapace ormai di
controllarsi. Il giovane può uscire di prigione anche se è poveraccio e regnare al posto del
vecchio. Tutta la gente sta dalla parte del giovane» (Qo 4,13-15)-

cobbe è astuto e furbo, capace di prevalere con ogni mezzo;


Giuseppe passa dall'antipatia di chi sembra voler dominare gli
altri alla sofferenza di una vita che ricomincia nel timor di Dio;
Mose nasce nella persecuzione e attraverso una paradossale
vicenda giovanile si dispone a vivere la propria vocazione.
Il giovane Davide (cfr. ISam 16,1-23) sa suonare e can tare, è
forte e coraggioso, abile nelle armi, saggio di paro le, di
bell'aspetto, soprattutto è sempre definito come un «ragazzo»,
del quale spesso si dice che «il Signore è con lui». La bellezza,
il fascino, il coraggio lo portano lonta no, superando diversi
Golia, vincendo la gelosia e la diffidenza del re Saul, rivelando
il suo protagonismo, il suo talento, i suoi profondi sentimenti.
Particolarmente significativa è l'amicizia tra Gionatà e Davide:
in ISam 18,1-4 nasce un amore che è sancito da\un vero e
proprio patto, spinto fino all'identificazione reciproca. In ogni
situazione difficile Gionata fa di tutto per salvare l'amico
(ISam 19,1-7; 20,1-42), e lo riconosce come re anche se proprio a
suo svantaggio. Davide corrisponde a tale amore, con l'in-
tensità di un vero amore coniugale, con dolori simili a quelli
del parto.
Nel libro di Daniele brilla la testimonianza dei «giovani
israeliti di stirpe reale o di famiglia nobile, senza difet ti, di
bell'aspetto, dotati di ogni scienza, educati, intelligenti e tali da
poter stare nella reggia» (Dn 1,3-4): Anania, Azaria e Misaele

22
cantano nella fornace ardente, dan do voce alla lode del creato
(Dn 3,24-90; cfr. Sai 8,3) nei confronti del Dio degli dèi. Nella
storia della salvezza non Rancano alcune figure di ragazze: la
regina Ester, la fanciulla schiava della moglie di Naaman il
Siro (cfr. 2Re 5), due esempi di come Dio sa servirsi di chi è
debole, fino al culmine teologico-spirituale nella giovane Maria
di Nazareth.
Sono poi i libri poetici e sapienziali a testimoniarci i principali
contenuti della pedagogia attuata nel popolo di Israele. Cantico
dei cantici è un grande messaggio di speranza,
di fiducia nell'amore sponsale tra due giovani 3; il libro dei
Proverbi ci descrive molti aspetti del rapporto di grande
tenerezza spirituale dei genitori verso i figli: se questi ultimi
seguiranno gli insegnamenti del padre e della madre
riceveranno la gloriosa corona di alloro come per i vincitori
delle gare sportive4. Commenta al proposito il Siracide: «Agli
occhi dello stolto l'educazione è come una ca-

rne un braccialetto attorno ai polsi».


Molti altri passi si soffermano sugli atteggiamenti che
segnano le relazioni tra i giovani e i loro genitori o educatori:
4 buon esempio, consigli, ammonizioni, rimproveri, rispetto,
obbedienza, insegnamenti paterni. L'istruzione comprende il
rimprovero e qualche volta anche il castigo, e il lasciarsi
educare comporta sempre una certa dose di umiltà docile (cfr.
Pro 15,32). Sull'esempio di quanto avviene nei confronti del
Signore, fondamento di ogni autorità e fonte di ogni crescita
(cfr. Pro 3,11-12)5. Nel libro

3
« Rabbi Jonathan, ricordando che la tradizione biblica attribuisce a Salomone almeno
tre volumi (Cantico, Proverbi e Qohelet), affermava: "Quando un uomo è giovane, canta
canzoni d'amore (Cantico); quando diventa adulto, enuncia massime di vita (Proverbi);
quando diventa vecchio, parla della vanità delle cose (Qohelet)" (Cantico Rabba 1,10)» (op.
cit., in V. Mannucci, II cantico d'amore di giovani, in M. Gioia [cur.], I giovani nella Bibbia, op.
cit., p. 61).
4
Cfr. M. Cimosa, Pastorale giovanile (Bibbia 1), in DPG 680.
5
Dopo l'educazione infantile affidata essenzialmente alla madre, il piccolo israelita
passava gran parte del suo tempo a giocare in strada; usciti dalla fanciullezza i ma schi
erano quindi affidati soprattutto al padre, per l'insegnamento religioso e delle tradizioni,
per la formazione professionale (i mestieri erano ordinariamente ereditari e le tecniche si
trasmettevano nella bottega familiare). Il giovane ebreo aveva anche altre occasioni per
istruirsi: nelle carovane e presso i pozzi udiva cantare le grandi cose operate da Jhwh, alle
porte del villaggio assisteva alle discussioni degli anziani, alle transazioni commerciali e
giudiziarie; andava coi genitori ai santuari ove udiva la proclamazione dell'alleanza e
dove nasceranno le prime scuole, dopo i 13 anni frequentava direttamente la sinagoga. Le
femmine invece restavano con la madre, che le preparava a essere spose e madri, donne
di casa. Cfr. R. De Vaux, Le istituzioni dell'Antico Testamento, Marietti, Casale 1964, pp. 58-
60. I limiti e la fisionomia del presente volume impediscono di ampliare la ricerca al pur
interessante raffronto con la pedagogia giovanile greca, romana e di altre civiltà antiche.
Per cogliere comunque continuità e originalità della cultura ebraico-cristiana in materia, è
sufficiente vedere A. Schnapp, L'immagine dei giovani nella città greca, in G. Levi - J.C.
Schmitt (cur.), Storia dei giovani 1. Dall'antichità all'età moderna, Laterza, Bari 1994, pp. 3-53,
che presenta i principali elementi della paideia funzionale alla formazione dei cittadini
greci: distinzione in clasdel Siracide l'invito all'ascolto è ancor più

23
2

costante e accorato: l'obbedienza è garanzia di salvezza per i


figli, è un giogo soave, ricco di buoni frutti (cfr. Sir 6,18-32). Ne
consegue una minuziosa disciplina del desiderio, resa possibi-
le soprattutto dal timore e dalla ricerca della volontà di Dio,
attraverso lo studio della legge. Non dimentichiamo, infine,
che il quarto comandamento del decalogo (Es 20,12; Dt 5,16),
sui rapporti tra giovani e anziani nell'antica società israelitica,
è l'unico precetto con una motivazione positiva, la promessa di
una lunga vita, che nella tradizione sapienziale abbraccia il
complesso della relazione pedagogica e religiosa tra padre e
figlio.

27 Nuovo Testamento. Cresce negli scritti neotestamentari


l'attenzione al mondo giovanile, anche se l'interesse degli
autori sacri è più per i giovani concreti che appaiono nella
vicenda evangelica, che non per la giovinezza come
condizione. I giovani sono anche assai presenti nella comunità
primitiva, sia come gruppo sia con nomi precisi.
I termini usati, per lo più sinonimi: neanìas, neanìskos,
neòteroi, néos..., non aiutano a delimitare l'età, essendo pre-
valente il riferimento al criterio sociale del potere e della
responsabilità. Néos indica l'età del ragazzo o del giovane, al
massimo fino ai 30 anni, o più ancora la classe dei giovani in
contrapposizione agli anziani, con una nota specifica
sull'immaturità del loro temperamento, o la facilità con cui il
giovane può essere influenzato dal male o edu-

si di età, pederastia ed efebia, dimensione bellica e sportiva, valore della caccia e delle
gare, l'affidamento a personaggi mitici, la partecipazione alla vita sociale, l'educazione del
corpo coniugata all'educazione dello spirito (attraverso musica e poesia), i riti di
iniziazione specificamente previsti anche per le fanciulle. Analogamente per la civiltà
fontana, cfr. A. Fraschetti, limonio romano, in G. Levi - J. C. Schmitt (cur.), Storia "f1 giovani
1, op. cit., pp. 55-100: il mito di Romolo e Remo e i riti Lupercalia da essi envati, l'episodio
degli Orazi e Curiazi e le istituzioni iniziatiche sviluppatesi sulla ase di qualche aspetto
della leggenda, la delimitazione dell'adolescenza (dai 15 ai 30 ni) e della giovinezza (dai
30 ai 45) senza tener troppo conto dei reali cicli biologici, jeVanta8gio di considerazioni
giuridiche e sociali, il rito della vestizione della toga viri-e il seguente tirocinio ecc. Per un
raffronto tra la pedagogia ebraica e quella egiziana Miorientale, cfr. anche F. Gioia,
Pedagogia ebraica dalle origini all'èra volgare, Ca-' Assisi-Roma 1977, che riporta un'appendice
abbondante di testi.

24
cato al bene. Avendo anche il significato di «nuovo», aggettivo
contrapposto a vecchio, nel Nuovo Testamento indica il
ringiovanimento che, in Cristo uomo nuovo, è offerto a ogni
uomo. Diventare bambini, farsi nuovi in Cristo6.
Gesù stesso è, in un certo senso, un Messia giovane! Egli non
ha ancora «cinquant'anni», eppure ha già «visto Abramo» (Gv
8,57). Fin da bambino suscita stupore e fa pen sare (Le 2,51-52) e
addirittura propone un bambino, un piccolo, come modello di
candidato del Regno (Me 10,13s).
La giovinezza di Gesù si colloca, in un grande silenzio, tra due
importanti cerniere temporali: quella che chiude la fanciullezza
(«...quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore,
fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino
cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era
sopra di lui»: Le 2,39-40), quella che segna la fine della vita
nascosta a Nazareth e l'inizio della missione («Gesù aveva circa
trentanni quando incominciò il suo ministero»: Le 3,23). E una
situazione caratterizzata dalla grande immersione di Gesù
giovane nella cultura del suo ambiente, dalla condivisione della
vita di una famiglia provata dalla sofferenza e dalla precarietà,
proprio a causa del mistero racchiuso in quel ragazzo. Egli,
destinatario di un progetto educativo tradizionale per una
famiglia ebrea, assimila l'impeto e la franchezza dei galilei,
imparando l'attenzione ai lontani, ai dimenticati, ai poveri.
Particolarmente importante è l'episodio narrato in Le 2,41-50:
Gesù dodicenne al tempio. Nella continuità con le tradizioni
religiose fondamentali di Israele (a tredici anni

6
Cfr. J. Behm, Néos - ananéo, in GLNT VII, 889-906. In genere il giovane vale più per
quello che potrà essere, piuttosto che per quello che è. Lo sguardo di fede dilata gli orizzonti
e consente di vedere nel giovane una benedizione di Dio, un simbolo della sua fedeltà alle
promesse, che nelle mani di Dio diventa protagonista della storia della salvezza. Un vicino
campo semantico, assai più vasto e significativo sul piano teologico, è quello di « fanciullo -
bambino - figlio »: téknon: fanciullo; paidìon e paìs: bambino e fanciullo, ma anche servo,
schiavo; népios, uios: figlio, maschio, discepolo. Generalmente si parla più di bambini e di
figli che di giovani in senso stretto.

25
per i maschi era previsto il passaggio all'età maggiore), emerge
anche una radicale novità: Gesù nel tempio compie un primo
gesto di emancipazione dalla famiglia, sembra in ascolto ma in
realtà stupisce con la sua sapienza. Espressa nella prima frase
di Gesù riportata dai vangeli: «Perché mi cercavate? Non
sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?».
Ciò che è decisivo e caratteristico è il rapporto esclusivo di
Gesù con il Padre, rispetto al quale anche l'apparente
trasgressione — abbandonare i genitori per restare nel tempio
— diventa segno di superiore obbedienza.
Altre indicazioni sulla giovinezza di Gesù: la sua bellezza e
amabilità («cresceva in sapienza, età e grazia»: Le 2,52), pur
senza appartenere al ceto più colto della società («Come mai
costui conosce le Scritture senza avere studiato?»: Gv 7,15); la
sua attenzione straordinaria all'uomo e alle cose, fino a fare del
mondo una parabola, una metafora aperta sul mistero di Dio e
dell'uomo; il suo condividere la sorte dell'uomo impegnato nel
lavoro e nella fatica («il carpentiere»: Me 6,3); la scelta di vivere
l'amore nella verginità completa, senza fidanzarsi né sposarsi.
In sintesi, nella sua giovinezza, Gesù ha fatto la scelta di
incarnarsi nella quotidianità, mostrandone il valore prezioso, il
significato messianico e salvifico da egli stesso posto in essa;
non per rimpicciolire Dio né per rimpicciolire l'uomo, ma per
rivelare la novità del loro incontro. Niente è inadatto a essere
lievitato dalla grazia messianica. «Il "vangelo" della sua
giovinezza non è altra cosa rispetto al ké-rigma del crocifisso e
del risorto: ne è parte costitutiva. A chi entra in questa ulteriore
prospettiva, e a chi almeno ha il desiderio di entrarvi, ciò che
riusciamo a conoscere del giovane Gesù rivela che la
giovinezza è una stagione del cuore, in ogni età, e che la scelta
messianica nel quotidiano è sempre possibile»7.

„J L- Di Pinto, Il giovane Gesù: il Vangelo dell'infanzia, in M. Gioia (cur.), I giovani "e«*


Bibbia, op. cit, p. 224.

Gesù e i giovani: pur vivendo in una società che non faceva


gran caso ai giovani, Gesù non mostra alcuna idea preconcetta
sul valore o meno delle persone e delle loro categorie o età.
Sono comunque i ragazzi e i giovani che osannano a Cristo, che
spesso li accoglie e li benedice. Marco sottolinea, in prossimità
agli annunci della passione, l'attenzione di Gesù verso i
bambini, visti come modello del discepolo del Regno e come
segno da accogliere (Me $33-37.42; 10,13-16)8.
Nei vangeli appaiono anche concretamente dei ragazzi: il
ragazzo vestito di un lenzuolo che scappa davanti all'arresto di
Gesù (Me 14,51-52), il ragazzo che ha cinque pani e due pesci
(Gv 6,9), i due sposi (certo giovani) di Cana (Gv 2,1-11), i
ragazzi guariti o resuscitati da Gesù, soprattutto il giovane
ricco (Me 10,17-31; Mt 19,16-30; Le 18,18-30), al quale le
esigenze evangeliche radicali vengono proposte attraverso un
intenso incontro interpersonale, di amore, con Cristo. Gesù fa

26
riferimento ai giovani anche nel suo insegnamento: nelle
parabole delle dieci vergini (Mt 25,1-13), dei due figli chiamati
a lavorare nella vigna (Mt 21,28-32), del figliol prodigo (Le
15,11-32), dei vignaioli che uccidono il figlio del proprietario
(Mt 21,38-44).
Per conoscere il posto dei giovani nella nascente vita ec-
clesiale guardiamo innanzitutto a san Paolo. Abbiamo diverse
informazioni sulla sua giovinezza: il Saulo giovane,
tumultuoso, in collera verso i cristiani, fulminato da Cristo
sulla via di Damasco, leale e schietto anche nella profonda
autocritica che fa di sé in At 26,9-13, istruito nelle Scritture alla
scuola di Gamaliele, animato da un appassionato senso
religioso. Possiamo affermare che anche da vecchio egli ha un
cuore giovanile: la giovinezza è una faticosa conquista dello
spirito (cfr. Fil 3,7-15). Spirito combattivo, immagini sportive,
proiezione al futuro, sorpren-

8
Su questo tema si vedano gli interessantissimi spunti di K. Rahner, Per una teologia
dell'infanzia, in Presenza pastorale 3 (1969) 206-218.

dono in un vecchio di circa 60 anni messo in prigione per


Cristo. E la fede a rendere possibile una tale giovinezza
spirituale, spinta in una donazione sempre più radicale alla
causa del vangelo. Si può rilevare anche la presenza di alcuni
giovani vicino a Paolo: forse ha esigito troppo nei confronti di
Marco, certo ha una predilezione per Timoteo, «vero figlio
nella fede» (lTm 1,2), che certamente era molto giovane
(«Nessuno disprezzi la tua giovinezza»: lTm 4,12) e che egli
cerca di far maturare anche nelle qualità umane e nella cura
delle piccole cose.
Non dimentichiamo infine che nella sua prima lettera
Giovanni ricorda come virtù giovanile il coraggio della lotta
contro il male: «Scrivo a voi, giovani, perché avete vinto il
maligno... ho scritto a voi," giovani, perché siete forti, e la
parola di Dio dimora in vo\e avete vinto il maligno» (lGv 2,13-
14)9, e che nell'Apocalisse perfino la Gerusalemme celeste,
sposa dell'Agnello, è presentata come fanciulla (Ap 21,2.9).

2.2 La pedagogia di Dio

Attingendo a simili considerazioni di teologia biblica e in


vista della costruzione di una criteriologia catechetico-
pastorale, è assai utile ricercare nella Sacra Scrittura le costanti
dello stile con cui Dio stesso si è fatto educatore del suo
popolo. I documenti recenti della Chiesa e molteplici

9
Cfr. C. Bissoli, Pastorale giovanile (Bibbia 2), in DPG 685. Nella Chiesa primitiva, 1
educazione cristiana certamente avveniva in continuità con la tradizione biblica espressa
dai libri sapienziali: lo confermano le tavole domestiche contenute in diverse epistole. Un
passo assai significativo è quello di Ef 6,1-4: la responsabilità educativa

\
27
ci genitori va esercitata nella scia dell'amore e della grazia che vengono dal Signore.
Vuanto alla possibile esistenza di un servizio specifico di pastorale rivolta ai giovani tà
cornun
ità cristiana primitiva, l'analisi dei diversi testi non ne esclude la possibili-|j t' ^u.r ne'
quadro della vita globale della comunità, in cui l'ascolto e la preghiera, la urgia e ]a
fraternità certamente avevano grande significato anche per l'educazione
elle
giovani generazioni.

interventi di pastori e specialisti10 hanno illuminato ade-


guatamente il tema, che qui possiamo quindi richiamare in
maniera più sintetica. La Parola di Dio è infatti non solo il
contenuto dell'annuncio e dell'educazione della fede, ma anche
la norma e il metodo del loro attuarsi secondo la stessa
sapienza divina, consentendo così realmente alla grazia dello
Spirito di agire da protagonista della vita ecclesiale, che
prolunga la storia della salvezza. 4 Già nell'Antico Testamento
non mancano testi che rivelano la tenerezza con cui Dio si
prende cura del suo popolo: «Egli lo trovò in una terra deserta,
in una landa di ululati solitari. Lo educò, ne ebbe cura, lo
allevò, lo custodì come pupilla del suo occhio» (Dt 32,10).
Perfino il deserto diventa luogo di fidanzamento e
rigenerazione di un'autentica relazione di amore e fedeltà (cfr.
Os 2,16s).

Una chiave di lettura. Tra le molteplici immagini intorno


alle quali si potrebbero raccogliere le caratteristiche della
pedagogia di Dio, possono aiutarci, nella loro successione,
quella del seme, della vigna, della città.
L'iniziativa potente e benevola di Dio si manifesta come un
piccolo seme, un granello di senapa (Mt 13,31-32), un seme
gettato a piene mani (Mt 13,3-9), il seme della Parola che crea e
plasma la vita (cfr. Gn 1), un seme che germoglia e cresce anche
se il contadino dorme (Me 4,26-29). E il segno che anche per
l'azione diretta e potente del Signore, in principio è la Parola,
che va annunciata coraggiosamente, con fiducia, consapevoli
che al seme è richiesto di morire per portare veramente frutto
(Gv 12,24).

10
Particolare attenzione è stata dedicata dall'arcivescovo di Milano, cardinale Mar tini,
a questa priorità pastorale, proposta alla sua diocesi attraverso le lettere del trien nio 1987-
1990: cfr. C. M. Martini, Dio educa Usuo popolo, Centro ambrosiano, Milano 1987; Id.,
itinerari educativi, Centro ambrosiano, Milano 1988; Id. Educare ancora, Centro ambrosiano,
Milano 1989. Per avviare uno studio sistematico sul tema, cfr. C. Bissoli, Pedagogia di Dio,
in J. Gevaert (cur.), Dizionario di catechetica, Ldc, Torino-Leumann 1986, pp. 493-494; e Id.,
Bibbia e educazione. Contributo storico-critico a una teologia dell'educazione, Las, Roma 1981.

Il seme gettato e fiorito genera quindi un albero, una vite,


magari un'intera vigna, la vigna del Signore. Questa è
l'umanità, il popolo di Dio, la Chiesa: «Il mio diletto possedeva
una vigna sopra un fertile colle. Egli l'aveva vangata e
sgombrata dai sassi e vi aveva piantato scelte viti... aspettò che
producesse uva, ma essa fece uva selvatica» (Is 5,1-2). E la
fatica dell'educazione, che non è risparmiata neppure al
Signore: Gesù stesso sperimenterà il fallimento educativo
davanti al rinnegamento di Pietro, al tradimento di Giuda, al
sonno dei discepoli. Ma educare è comunque possibile. La
vigna diventerà un deserto (Is 5,5-7), e la momentanea

28
correzione prepara un nuovo inizio, segno della pazienza e
della fedeltà di Dio al suo progetto, salvifico ed educativo. E un
richiamo forte alla certezza di fede che deve animate la Chiesa
in ogni tempo: «è Lui che fa crescere» (lCor^3,6); d'altronde al
centro della vigna è il Signore stesso la vera vite cui rimanere
attaccati vitalmente per portare frutto (Gv 15). Lo Spirito Santo
che guida la Chiesa nel tempo è alla perenne ricerca di «un
popolo che faccia fruttificare» (Mt 21,33-44) il seme del Regno
sparso a piene mani. Un popolo diverso dai «vignaioli omicidi»
che cercano il proprio profitto. La pedagogia della vigna radica
nella storia e nel territorio, esige prudenza e fiducia, esclude
ogni tentazione di contarsi, di proclamare risultati definitivi,
per vivere in tensione verso il futuro che Dio donerà. Anche
quando il terreno è arido e non risparmia prove e sofferenza,
quando il buon grano sembra soffocato dalla zizzania (Mt
13,24-30) che un nemico continua a seminare in ogni tempo.
Le immagini agricole si evolvono, di pari passo con la storia
di Israele: alla tenda dei nomadi segue il tempo delia città. Il
profeta Isaia presenta la «città forte» come traguardo del
cammino del «popolo giusto che si mantiene •ic^e>>- Nella città
del Signore avrà pace sicura «perché .Signore è una roccia
eterna» (Is 26,1-6). Gerusalemme, Cltta della pace, è il luogo in
cui si rivelerà la gloria di Dio, elia pasqua del Figlio e della sua
Chiesa; alla luce della città santa cammineranno tutti i popoli,
verso un destino di alleanza eterna e universale (Is 60). La
Chiesa prefigura l'esperienza della Gerusalemme celeste (Eb
12,22; LG 48), la città che scende «dal cielo, da Dio, pronta
come una sposa adorna per il suo sposo» (Ap 21,2): la Chiesa
nel mondo è questa città che Dio ha scelto di sposare. La realtà
umana tutta intera, personale e sociale, passata e futura,
impastata di peccato e di amore, è la sterile che avrà pna
discendenza, la peccatrice che non dovrà più arrossire, la
creatura sposata dal suo Creatore, la città splendente di gemme
materiali e spirituali (cfr. Is 54).
«Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà
più detta Devastata, ma tu sarai chiamata mio compiacimento
e la tua terra, Sposata, perché il Signore si compiacerà di te e la
tua terra avrà uno sposo. Si, come un giovane sposa una
vergine, così ti sposerà il tuo architetto; come gioisce lo sposo
per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te» (Is 62,4-5). Il piccolo
seme è cresciuto in risposta a un appello che lo porta lontano,
nella fedeltà della pedagogia di Dio, sapiente vignaiolo
dell'universo. «Lo Spirito e la Sposa dicono: "Vieni"! » (Ap
22,17): la rivelazione scritta si chiude con una chiamata rivolta
alla storia, alla Chiesa, a ogni credente, perché, nella fatica
della crescita, maturino un rapporto adulto con Dio,
un'alleanza nuziale, fino a generare nuovi figli alla vita. Se «la
Gerusalemme di lassù è libera ed è la nostra madre» (Gal 4,26),
questa maternità si attua nel tempo attraverso il coinvol-
gimento reale di tutto l'umano creato da Dio. La pedagogia

\
29
divina si rivela così essenzialmente come pedagogia del-
l'incarnazione, e potrebbe essere tranquillamente ripresentata
anche come pedagogia del cammino e della strada.

Conseguenze pastorali. Guardando a Gesù educatore11 si


impara a curare una formazione integrale dell'uomo, vi-

11
Cfr. M. Simoncelli, Lineamenti di storia della pedagogia, in Aa.vv., Educare, voi. I, Pas-
Verlag, Zurich 1962, pp. 46-47.

sto secondo l'antropologia biblica e cristiana, di ogni uomo,


anche del bambino e della donna, in un rapporto improntato
alla carità e nella docilità al Maestro e allo Spirito. Altri
elementi che vengono spesso rimarcati, nella lettura
pedagogica del vangelo, sono l'imitazione e sequela di Cristo, il
modo di rapportarsi di Gesù con bambini e giovani, la
chiamata alla perfezione sulla misura dell'uomo nuovo in
Cristo. Ne risulta complessivamente la proposta di un processo
educativo personale e comunitario, graduale e progressivo,
non privo di momenti di rottura e conflittualità, energico,
progettuale e liberante, inserito nella storia e realizzato da
Cristo, nello Spirito, con l'aiuto di molteplici collaboratori.
Si noti che tale pretesa di sistematicità deve essere mitigata
dalla prudenza esegetica con cui vanno trattate fonti
eterogenee e spesso frammentarie, dalla sensibilità er-
meneutica con cui i contenuti di fede vanno saggiamente tenuti
distinti dalle circostanze culturali in cui si inseriscono, dalla
correttezza epistemologica con cui si tiene conto dello spazio
specifico delle scienze umane in campo educativo. Paolo parla
comunque dell'«educazione e disciplina del Signore» (Ef 6,4),
ma rimandando complessivamente al risvolto più
propriamente pastorale di tutta l'economia salvifica rivelata12.
Il documento-base della CEI del 1970, nel suo primo
capitolo, volto a impostare il rinnovamento postconciliare della
catechesi sulla teologia della rivelazione rivisitata dalla Dei
Verbum, presenta la pedagogia di Dio come fonte di criteri
essenziali a guidare l'azione della Chiesa: eventi e parole
intimamente connessi, gradualità, storicità, cristo-centrismo,
inculturazione e condiscendenza linguistica (cfr.

H. Kohler, Teologia dell'educazione, La Scuola, Brescia 1971, imposta il suo "aio sui rapporti
tra pedagogia e teologia, sull'unitaria missione di insegnare, predi-Or^!6 kattezzare affidata da
Cristo risorto ai suoi discepoli: l'educazione quindi non Vo ^Cr Se stessa 'a fede, che è dono
precedente a ogni intervento educati-alla .uest* ha il compito di rendere cosciente la fede,
capace di applicare il vangelo

RdC 15)13. È ancora una volta una logica pastorale ricca e


articolata, basata sull'incarnazione e sulla sua esigenza perenne
di storicità dell'annuncio e dell'esperienza di fede. La legge
della fedeltà a Dio e fedeltà all'uomo ne è il riflesso
metodologico necessario (cfr. RdC 160). Con linguaggio ancor
più tecnico, si esprime il Direttorio catechistico generale:

30
jf «Nella storia della rivelazione Dio ha agito secondo una
metodologia pedagogica, rivelando il suo disegno di
salvezza in modo profetico e con figure nell'antica alleanza,
preparando la venuta del Figlio suo, che ha sancito e
perfezionato la nuova alleanza (cfr. Eb 12,2).
Ora che la rivelazione è conclusa, la Chiesa deve comuni-
care ai catechizzandi tutto il mistero della nostra salvezza in
Cristo. Memore tuttavia della pedagogia divina, anch'essa
agisce in modo analogo, tale tuttavia da salvaguardare le
ulteriori esigenze del suo annuncio. Si preoccupa cioè che
questo si adatti alle capacità di chi riceve la catechesi, senza
essere adulterato né mutilato» (n. 33).

E Giovanni Paolo II, nella Catechesi tradendae, presenta la


pedagogia divina come criterio autorevole per verificare
l'utilizzabilità di qualsiasi genere di tecniche educative:
«Ora, vi è anche una pedagogia della fede, e non si parle-
rà mai abbastanza di quel che una tale pedagogia della fede
può arrecare alla catechesi. E normale, infatti, adattare in
favore dell'educazione della fede le tecniche sperimentate e
perfezionate dell'educazione in quanto tale. Occorre, tutta-

13
II Catechismo della Chiesa cattolica riprende questi contenuti, con ampiezza di
significati: al n. 53, introducendo la prima parte, al n. 122 (anche l'Antico Testamento è
testimonianza della divina pedagogia dell'amore salvifico), al n. 684 (lo Spirito Santo
culmine della pedagogia della condiscendenza divina), al n. 708 (nel dono della Legge,
pedagogo a Cristo), al n. 1145 (per cui il significato dei sacramenti si radica nella creazione
e nella cultura umana, si precisa negli eventi dell'antica alleanza e si rivela piena mente in
Cristo), al n. 1610 (in ordine al matrimonio), al n. 1950 (legge morale com e pedagogia di
Dio), al n. 1964 (la legge antica è pedagogia delle realtà future) e al n. 2339 (dominio di sé,
pedagogia per la libertà umana).

via, tener conto in ogni istante della fondamentale originali-


tà della fede. Quando si parla della pedagogia della fede,
non si tratta di trasmettere un sapere umano, anche se il più
elevato; si tratta di comunicare nella sua integrità la
Rivelazione di Dio. Ora, Dio medesimo, nel corso della
storia sacra e soprattutto nel vangelo, si è servito di una
pedagogia, che deve restare come modello per la pedagogia
della fede. Una tecnica non ha valore, nella catechesi, se non
nella misura in cui si pone al servizio della trasmissione
della fede e dell'educazione alla fede; in caso contrario non
ha alcun valore» (n. 58).

23 Le lezioni della storia


Sto
L'epoca dei Padri. Il popolo nuovo dei redenti in Cristo, pur
condividendo destino e ritmi naturali di ogni altro popolo,
possiede una nota particolare di giovinezza, datagli dalla
sequela di Cristo, che spinge l'uomo in un cammino, in una
crescita che non si limita a un'età particolare, ma segna tutta la
vita.

\
31
Dunque non si può cercare una pastorale giovanile in senso
proprio nei Padri: essi vedono l'uomo nella sua interezza ed è
in questa unità che si trova la forza di spinta che sin da giovane
prende tutto l'uomo. Per questo i Padri nelle biografie dei santi
sottolineano le loro virtù cardinali sin dal tempo della
giovinezza.
Come per l'educazione dell'epoca ellenistica, finalizzata alla
formazione dell'uomo adulto, anche per i Padri è importante
crescere, più in fretta possibile (le età «bambine»
corrispondono alle prime fasi della storia biblica, negative
perché precedenti all'avvento di Cristo). Ma non tftancanQ
segnali in controtendenza: «Ireneo di Lione stabilisce il
rapporto tra Cristo, il bambino e il giovane: "Cristo ha
attraversato tutte le età, si è fatto bambino con i arnbini per
santificare i bambini; giovane con i giovani, oiftendo loro il
proprio esempio" (Adv Haer., II, 22,4).
"Fanciullo" esprime un'idea teologica, così in alcuni Padri del
IV secolo. Rappresenta la vita della Chiesa, primavera della
vita eterna (Clemente AL, Ped. I, 5,204)»14.
San Gregorio Magno, nella Regola pastorale, fa aprire il cuore
dei giovani alla speranza, ricordando al pastore che
l'esortazione rivolta a essi deve anche essere caratterizzata da
severità e dolcezza insieme, e soprattutto dalla coerente
testimonianza del pastore stesso15.
Sulla base di un chiaro influsso dell'educazione giudaica, la
prima formazione dei giovani avviene in famiglia. L'insistenza
sull'ascolto della Parola biblica, la frequente pratica del canto e
della preghiera salmica, spesso legata ai momenti conviviali, e
l'importanza data ai rapporti coi genitori, codificati nei testi
sacri, costituiscono lo sfondo su cui i Padri inseriscono più
puntuali indicazioni sulla vita della famiglia e sull'educazione
dei figli. Vengono precisati i ruoli, si raccomanda attenzione
alla dimensione corporale come a quella spirituale e
intellettuale. L'influsso della famiglia è minore negli
adolescenti e giovani, rispetto ai fanciulli. Essi infatti sono
ritenuti inclini alla concupiscenza e i Padri mettono in guardia
contro l'abitudine al male. Le adolescenti e le giovani sono
educate con maggior rigore dei maschi e, vivendo molto in
famiglia, devono conservare la verginità fino al matrimonio16.
Dopo la famiglia, viene la scuola (primaria, secondaria e
retorica): il problema fondamentale della pedagogia cristiana,
all'epoca dei Padri, è porre il rapporto tra maestro e discepolo
dentro la centralità della salvezza portata da Cristo. Il conflitto
tra paganesimo e cristianesimo verte dunque più sul fine
dell'educazione, che sui mezzi e le strutture, che la Chiesa
infatti assume senza troppi mutamenti dalla scuola pagana.
Limitando l'analisi alla scuola di retorica, rivolta propriamente
ai giovani, incontriamo con-

32
14
O. Pasquato, Pastorale giovanile (storia-1), in DPG Supplemento, Ldc, Torino-
Leumann 1992, p. 89.
15
Cfr. san Gregorio Magno, Reg. past., 3,1.27.
16
Cfr. O. Pasquato, Pastorale giovanile (storia-1), in DPG Supplemento, p. 93.

creti strumenti formativi, sia desunti dagli usi pagani sia


originalmente cristiani.
— La lettura «a voce alta», sia per i benefici fisici, sia per
l'educazione dello spirito umano a un'armonia, che ben presto
veniva espressa anche nella liturgia.
— Il canto: «l'allegria dell'assemblea cristiana, e la presenza
del Cristo era il canto dell'assemblea»17, col gusto per le
immagini di ascesi e di armonia cosmica proprie dei brani
biblici, fino a fare del canto liturgico il grande sacrificio
spirituale di lode al Signore.
— Lo studio della Scrittura porta i giovani a una lettura
analitica, a una vera esegesi dei testi, per scegliere e raccogliere
ciò che è più degno di nota, per dare così nuova sostanza e
significato cristiano alle tematiche della vita quotidiana che
nelle discussioni pagane appassionavano i giovani (es.
l'amicizia, la brevità deUa vita, il disprezzo della gloria e delle
ricchezze...).
— La comune formazione filosofica: si guardi ad esempio il
Discorso ai giovani di Basilio18. Frequente era in questo ambito il
ricorso alla tecnica dello sviluppo delle immagini: un vero e
proprio addestramento al passaggio dal visibile all'invisibile,
utilissimo per la creatività liturgica e la sistemazione teologica
(il centone, il gioco dell'o-stomachion, gli acrostici e i carmina
figurata)19.
— La teologia del lavoro, assai più sentita nei Padri che non
in noi oggi, portava a vedere nel lavoro una delle forze
maggiori per l'acquisizione dei valori spirituali, come anche le
varie regole monastiche pre-benedettine attestano. Girolamo
più volte nelle sue lettere consiglia di educare i giovani
attraverso il lavoro quotidiano, non rispar-

7
A. Quacquarelli, Pastorale giovanile (storia-1), in DPG 702. 18 San Basilio, Orai, adoi, a cura
di M. Naldini, Firenze 1984. Per lui la formazione classica ha la funzione di preparare allo
studio delle verità cristiane, purché gli autori classici vengano scelti in base alla loro
coerenza con le virtù e i precetti cristiani e alla loro capacità di preparare il giovane alla
lettura della Bibbia. È un interessante esempio di valorizzazione della cultura profana in
vista dell'educazione cristiana integrale dei giovani.
Cfr. A. Quacquarelli, Pastorale giovanile (storia-1), in DPG 703.

miando indicazioni concrete e motivazioni: per non cadere nel


vizio, per procurarsi i mezzi necessari per il vivere quotidiano,
perché lo spirito così sia più vigilante. Basilio fonda la sua
pastorale su lavoro, giustizia e carità; in particolare il lavoro
serve ad apprendere uno stile di vita, ad aiutare i bisognosi, a
collaborare con l'opera di Dio creatore.
Lo sport è da sempre un ambito tipico dell'impegno e della
formazione dei giovani. I Padri lo osteggiano non tan-Jo per le
nudità o i pericoli di omosessualità, quanto per la dimensione
di spettacolo e di professionismo, per la violenza cui si assiste
nei circhi e negli anfiteatri, ove lo sport perde ben presto il suo

\
33
valore educativo. L'idolatria, il mancato rispetto della vita, le
tentazioni per la fragilità psicofisica del giovane, costituiscono
un freno alla frequentazione degli spettacoli, del teatro e delle
danze da parte dei giovani, cui vengono proposte in alternativa
celebrazioni liturgiche con aspetti coreografici attraenti.
Le presunte contestazioni ecclesiali verso il servizio militare
sono invece da attribuirsi solo a una minoranza di credenti (si
veda in questo quadro il martirio dei soldati Massimiliano e
Marcello): il concilio di Arles nel 314 respinge anche l'obiezione
di coscienza in tempo di pace. Il tema del soldato e dell'atleta,
già accennati, si intrecciano e culminano in quello del giovane
martire. La dimensione giovanile attraversa tutta la realtà del
martirio, sia perché non pochi martiri sono giovani 20, sia perché
i giovani si lasciano attrarre dai martiri.
Al di là di questi momenti e spazi di educazione ordinaria
del fanciullo e del giovane, è la pastorale organica della
comunità ecclesiale a incidere anche sulla realtà giovanile:
— il mistero celebrato nella liturgia e spiegato nella ca-
techesi sta alla base della spiritualità dei Padri;

20 Nei caso d; Artemas — martire a Pozzuoli sulla fine del III sec, che, giovane catechista
dei suoi condiscepoli e di ciò accusato, viene condannato a essere ucciso a colpi di stilo
dagli stessi compagni — anche i carnefici sono, purtroppo, dei giovani (Bibl. Sanct. II, pp.
484-485), cit., da O. Pasquato, Pastorale giovanile (storia-1), in DPG Supplemento, p. 111.

— la Chiesa locale, comunità eucaristica presieduta dal


vescovo, è il luogo della formazione e della creatività, che
coinvolge i giovani con naturalezza ed efficacia;
— il catecumenato21 soprattutto, istituzione di per sé
destinata agli adulti, ospita di fatto non pochi giovani che,
confrontandosi con le domande iniziali per verificare la sin-
cerità della loro conversione e la disponibilità a un impegno di
ascolto e rinnovamento, possono vincere la propria volubilità.
Col sostegno dei garanti, dei padrini e dei genitori. Il decadere
di un catecumenato lungo e impegnativo, nel IV secolo, porta
anche a un crescente disinteresse dei genitori per l'educazione
cristiana dei figli e a una minore incisività della pastorale
organica sui giovani.
Quanto all'eucaristia, è curioso ricordare come le omelie dei
Padri notassero spesso la irrequietezza, la scompostezza e la
volubilità, ma anchè'da freschezza, creatività, spontaneità dei
giovani. Nell'assemblea liturgica i giovani vengono formati
dalla Parola di Dio e da una sua applicazione attenta alla
condotta di vita: i grandi predicatori (Origene, Agostino,
Cesario...) sanno adattarsi alle singole categorie di persone e
parlano con vivacità ai giovani. Le preghiere di intercessione, il
bacio di pace, il canto, la liturgia eucaristica sono ulteriori
occasioni di educazione e catechesi.
La comunità cristiana antica non mancava di formare i
giovani alle diverse vocazioni. Dalla cultura e dal diritto

34
21
Le tappe del catecumenato nel III-IV secolo: 1. proclamazione del kerigma che chiama alla
conversione e alla fede; 2. primo esame sulle motivazioni della richiesta del battesimo e
sulle condizioni di vita del candidato; 3. catecumenato propriamente detto: preparazione
remota al battesimo, attraverso le istruzioni del catechista e la partecipazione alla liturgia
della Parola (tre anni, secondo Ippolito di Roma, che poi diventano alcune settimane, dal
IV sec); 4. secondo esame e iscrizione del nome; 5. preparazione immediata, con le
catechesi quaresimali: insegnamento dottrinale, iniziazione morale e spirituale, atti rituali
(scrutini, esorcismi e traditio-redditio del simbolo e del Padre nostro); 6. Pasqua: rinuncia
a Satana e adesione a Cristo, battesimo; 7. catechesi mistagogica (quasi nel segno della
pedagogia attiva): memoria dei riti vissuti, teologia biblica dei sacramenti, affronto di
alcune difficoltà teologiche. Cfr. M. Duja-jler, Breve storia del catecumenato, Ldc, Torino-
Leumann 1984, pp. 68-70; J. Danie-La catechesi nei primi secoli, Ldc, Torino-Leumann 1982,
pp. 57-202. Cfr. anche • Etchegaray Cruz, Storia della catechesi, Edizioni Paoline, Roma
1983, pp. 132-147.

romano i cristiani assumono la prassi del fidanzamento,


sottolineandovi motivazioni spirituali e orientamenti di
educazione alla virtù, non senza mostrare una certa preferenza
per la verginità rispetto al matrimonio.
In questo quadro i maestri cristiani influiscono sempre di
più sulle scuole pagane, fino a dar vita a vere e proprie scuole
cristiane, inizialmente private, poi — dal III secolo — sempre
più controllate dai vescovi: Giustino a Roma, Panteno ad
Alessandria, seguito da Clemente Al. e Origene. Questi ultimi
riescono a fondere in sé l'essere educatore, maestro profano e
cristiano22. Già dal secolo IV si profila la scuola monastica, ove
si imparte solo l'istruzione religiosa essenzialmente a futuri
monaci. Entrata in crisi in Oriente, rifiorisce in Occidente con
Eusebio di Vercelli, Cesario di Arles, Agostino, Cassiodoro.
La. formazione dei giovani alla vita religiosa è caratterizzata da
un certo rigorismo; il voto pubblico di verginità per le ragazze
è segnato dal «velarsi». Pur senza un preciso progetto, il
sorgere del fenomeno monastico diffonde il dialogo del
monaco coi giovani bisognosi di consiglio sulla propria scelta
vocazionale; nasce il «padre spirituale» che aiuta i giovani a
crescere anche sul piano psicologico e umano. Da Ambrogio
possiamo attingere informazioni più specifiche sulle vergini
consacrate e sulla loro formazione. Per Benedetto la vita
monastica è formatrice dall'entrata alla morte del monaco,
nell'apprendimento della perfezione, alla sequela di Cristo,
nello studio quotidiano, per l'osservanza della Regola.
La formazione alla vita sacerdotale: sull'esempio di Cristo
stesso e degli apostoli, sono i vescovi i primi educatori dei
propri collaboratori. Già dalla metà del II secolo i chierici
frequentano, insieme ai laici, le scuole catechistiche, ben presto
sotto la direzione dell'arcidiacono. Il primo testo
appositamente scritto per la formazione dei chierici e

22
Non paia esagerato apprezzare la coincidenza con le tre caratteristiche del catechista
proposte oggi da RdC 186-188: educatore, insegnante, testimone.

il De officiis minìstrorum di Ambrogio. Fino alla precisazione di


una sequenza di ordini inferiori e superiori da ricevere, e
all'esperienza del «monastero di chierici in casa del vescovo»
che Agostino istituisce a Ippona nel 39623. Il concilio di Toledo,
nel 527, riassume quindi il cammino precedente: vista
l'incostanza degli adolescenti, si raccomanda di esaminare

\
35
attentamente tra i fanciulli i soggetti idonei al sacerdozio, di
riservare loro un ambiente distinto e un responsabile
«probatissimo».
In sintesi, non possiamo parlare di una vera e propria
pastorale giovanile nella Chiesa antica 24, che tuttavia presenta
diverse linee di interesse verso i giovani: il ruolo della famiglia,
la centralità della liturgia anche come fatto educativo, lo sforzo
di inculturazione della fede nei confronti dei valori della
cultura classica, la previsione di specifici interventi formativi in
vista deFmatrimonio, della vita religiosa e sacerdotale.

Un lungo Medioevo. Tra il VI e il XV secolo, pur con una


certa confusione terminologica e concettuale nell'in-dividuare
le diverse fasce di età e nel comprendere le leggi della crescita,
e tenendo conto che la vicenda della pastorale giovanile in
questi lunghi secoli coincide sostanzialmente con la storia della
pedagogia nella sua globalità, esistono alcune esperienze che è
bene ricordare.
La pastorale sacramentale dei fanciulli: ormai la Chiesa
raccomanda il battesimo dei bambini appena nati e il lun-

23
Per un approfondimento della pastorale giovanile di sant'Agostino, cfr. O. Pa- squato,
S. Agostino d'Ippona, in DPG 950-959. Alcuni elementi: l'influsso dell'esperienza personale
della giovinezza di Agostino, il ruolo del maestro umano e del maestro interiore, la
metodologia catechistica del De catecbizandis rudibus, le sue iniziative scori n e e 'e relazioni
epistolari con i giovani, sullo sfondo di una pastorale animata ^carità di Cristo.
eorn ^' ^*ross'> ^ secolo IV e i suoi sviluppi, in EdP, voi. I, pp. 42-53, che nota •e 'a pastorale
patristica nel suo insieme si caratterizzi come itinerario catecumena-cont' 6110 a tUtt' *n cn'ave di
evangelizzazione, come tensione al recupero penitenziale den 111110 dei battezzati, come
predicazione e catechesi permanente lungo tutte le fasi lin„ Vlta' con una chiara
concentrazione cristologico-ecclesiale e forte prevalenza di faggio liturgico.

go catecumenato non ha più ragion d'essere, soprattutto come


struttura pastorale globale. Già dal secolo V la confermazione
viene differita rispetto al battesimo, ma questa prassi si
generalizza quando il battesimo è dato ai neonati e cresce
l'esigenza di una formazione nella fede. Solo nel secolo XII i
libri liturgici sanciscono questa distinzione; dopo il concilio
Lateranense IV del 1215, essa viene impartita tra i 4 e i 7 anni,
seppur con una grande varietà éi situazioni concrete. Quanto
all'eucaristia, si riconosce sempre di più la necessità che il
bambino abbia una certa consapevolezza del sacramento: si
esige un minimo di catechesi, stabilendo l'obbligo annuale a
partire dall'età di 12 anni. Finché la prassi della penitenza ha
carattere pubblico (fino al VI secolo), i giovani vengono
praticamente esentati, mentre con la diffusione della
confessione individuale e sotto l'influsso monastico vengono
date indicazioni specifiche per quanto concerne i fanciulli (cfr. i
libri penitenziali). Sempre il concilio Lateranense IV, ribaltando
completamente la struttura antica dell'iniziazione cristiana,
premette la penitenza all'eucaristia. La diffusa mancanza di
istruzione religiosa trova un sussidio nei formulari per l'esame
di coscienza e, verso la fine del Medioevo, nei libretti per la
confessione privata in latino o in volgare.

36
Nel contesto di chrìstianitas, in assenza di interventi specifici
e articolati, luogo educativo primario resta la famiglia, allargata
anche alla parentela spirituale: padrini e madrine, che da
garanti della conversione diventano supplenti dei genitori
nell'educazione cristiana. A essa spetta condurre i figli alla
pratica religiosa e, mediando il magistero degli ecclesiastici,
insegnare le preghiere e le formule della fede, tanto che nei
secoli XII-XIII si moltiplicano anche i libretti edificanti e i
manuali per sostenere tale sforzo dei genitori, definiti «veri
pastori della famiglia», e dei padrini. Un ruolo particolarmente
positivo ha l'uso della lingua volgare, nella quale avviene la
prima trasmissione della fede.
Chiesa e Impero collaborano sempre di più per l'educazione
dei giovani. La formazione alla vita monastica, nelle regole del
secolo VI, è dominata dal primato della formazione spirituale,
sull'esempio di monaci santi. Gregorio Magno offre linee di
una pedagogia chiara e realista, sottolineando l'impegno degli
educatori e l'importanza dei buoni esempi. La politica
scolastica di Carlo Magno dà impulso alle scuole monastiche e
delle cattedrali, ove si recano a studiare anche i figli dei
benefattori, ma dall'inizio del secolo XII le scuole monastiche si
chiudono sulla formazione liturgica e spirituale dei futuri
monaci. E interessante ricordare che esistono informazioni
anche sulle tecniche didattiche (come gli indovinelli per una
sintesi del programma), sulle punizioni ecc.25.
Formazione alla vita clericale: è sempre stata questione di
pedagogia oltre che di istruzione, ed è perciò interessante
esaminare la vicenda delle Scuole presbiterali (presso le pievi
rurali) ed episcopali (presso le cattedrali). Sorgono nel secolo
VI26, con il carattere di studio della Bibbia, di convivenza con il
parroco o il vescovo (o un suo delegato), di discernimento della
vocazione. Dal secolo Vili si aprono anche ai laici e a un
programma profano, accanto a quello sacro. La crisi
dell'impero carolingio provoca la decadenza della scuola, fino
alla ripresa segnata dal concilio Lateranense III (1179), che
assegna presso ogni scuola cattedrale un beneficio a un
maestro per l'istruzione dei chierici e degli scolari poveri,
mentre tutti possono essere autorizzati ad aprire scuole.
Sorgono così le prime università, con grande spazio per la
teologia. Nei secoli XIV-XV sorgono collegi ecclesiastici per la
vita comune dei chierici, preludio dell'istituzione dei seminari
da parte del concilio di Trento. Il contenuto della formazione
presbiterale e ridotto alla capacità di amministrare
regolarmente i sacramenti, di leggere i testi, di spiegare il
Simbolo e il Pa-

26 n^' Pasclual:0> Pastorale giovanile (storia-2), in DPG 714. alla con


cilio di Toledo nel 527
istituisce la scuola episcopale per giovani destinati vita ecclesiastica, e il concilio di Vaison
0
nel 529 dà il via alla scuola presbiterale P^rocchiale.

ter, senza una vera spiritualità della pastorale, senza creatività.

\
37
Formazione alla vita laicale: inizialmente i giovani frequentano
le medesime scuole per monaci e chierici, fino all'inizio del
secolo IX, quando si pensa alle scuole pubbliche (nel senso che,
pur essendo gestite dalla Chiesa, tutti vi possono accedere).
L'elemento decisivo è il rapporto tra scolari e maestro, che è
educatore e professore per tutta la formazione del giovane. Pur
senza costituire materia specifica di insegnamento, la religione
è ben presente all'interno delle nascenti scuole (con l'uso dei
salmi, con il canto ecc.), introducendo così alla sacra disciplina,
alla doc-trina spiritualis, alla divina scientia, che ha nella Scrittura
la fonte ultima. I giovani aristocratici non frequentano le
suddette scuole, ma ricevono un'accurata educazione in
privato da parte di un precettore (spesso chierico o monaco).
Anche per essi il salterio è il primo libro di lettura e magari
anche di preghiera quotidiana. Nell'VIII secolo i laici entrano in
crisi circa la propria identità, fino alla nascita dell'orbo
laicorum, la cui filosofia educativa è ben espressa negli Specchi
dei principi e degli aristocratici, per mezzo dei quali venivano
presentati ai giovani i modelli formativi cui ispirarsi27.
Considerando la pastorale medievale nel suo insieme possiamo
evidenziare i seguenti punti.
— Aumentano pievi e parrocchie, e la chiesa parrocchiale
costituisce il nuovo ambiente vitale in cui tutti, grandi e piccoli,
imparano a vivere cristianamente l'esperienza quotidiana.
— La crisi del catecumenato impoverisce la vita pasto-

27
Pasquato individua quattro fasi in rapporto all'insegnamento medievale:
1. fase creativa (sec. Vili): la riforma di Carlo Magno coniuga le arti liberali classi-
che con la cultura cristiana;
3) fase di stabilizzazione (sec. IX);
4) fase di declino (fine sec. IX - fine sec. X);
4. fase di rinascenza (fine sec. X - sec. XII), con una trasformazione nella struttura,
organizzazione, metodi ecc., con la nascita delle università. Cfr. O. Pasquato, Pastora-
le giovanile (storia-2), in DPG 720.

rale, che esige nuove forme di controllo e stimolo all'azione e


alla vita del clero, impegnato ancora contro la persistenza del
paganesimo nelle credenze e nelle esperienze popolari ed esso
stesso limitato da un basso livello culturale.
— Carlo Magno pone mano anche a una riforma della
liturgia, resa ormai troppo distante dai fedeli, non solo a causa
della lingua latina, ma senza troppo successo, per cui la pietà
popolare si orienta verso fonti diverse dall'eucaristia e si perde
una risorsa fondamentale per la crescita della fede nei fanciulli
e nei giovani.
— E vivo il bisogno della predicazione e della catechesi, per
le quali si fa attingere sempre più al Pater, al Credo e alle altre
formule della fede, più che alla Scrittura (si diffondono
comunque «omeliarii» patristici e carolingi). Gli ordini
mendicanti suppliscono efficacemente alle carenze del clero,
usando nelle loro grandi predicazioni un linguaggio semplice e
chiaro, la lingua parlata, che ha grande successo tra la gente.

38
— Dal secolo XIII al Rinascimento anche la catechesi tende a
diminuire, nonostante vengano editi prontuari catechistici per i
sacerdoti. La spiritualità di fatto proposta ai laici è di tipo
monastico, intessuta di devozioni non sempre ben fondate.
Potere politico e religioso collaborano per porre fine a ogni
residuo di paganesimo, specie combattendo magie e
stregonerie. L'evangelizzazione, in regime di cristianità, è
supportata da frequenti costrizioni, che rivelano presto la loro
inefficacia pastorale.
— Iniziali esperienze di inculturazione nella fede, l'uso dell :
immagine in chiave pedagogico-didattica, l'offerta di feste
popolari cristiane «che inculcavano intuitivamente le verità
fondamentali della fede, assicuravano una interpretazione
cristiana della vita e conducevano spontaneamente alla
liturgia»28, i pellegrinaggi ai luoghi mariani, il culto dei santi, le
prime rappresentazioni sacre ecc., completano il quadro di una
pastorale popolare variamente ar-

8
L. Csonka, Storia della catechesi, in Aa.vv., Educare, op. cit., voi. Ili, p. 91.

ticolata nei suoi legami con l'ambiente sociale, con aspetti


positivi e negativi, di cui non è facile valutare l'incidenza sulle
giovani generazioni.

Secoli XVI-XIX: dal catechismo all'oratorio. Un periodo


intenso, tenuto insieme dal costante riferimento agli
orientamenti pastorali del concilio di Trento e dei successivi
concili locali, il periodo cui si devono due grandi strumenti di
educazione religiosa dei giovani: il catechismo e l'oratorio.
U umanesimo crea un nuovo clima culturale, di interesse per
la cultura antica più che per la Scrittura e la teologia, che si
accompagna a un certo decadimento di zelo e spiritualità del
clero, alla crisi generale di formazione religiosa e moralità,
spingendo la Chiesa a sviluppare la sua preoccupazione per
l'educazione cristiana di fanciulli e giovani. Lo dimostrano
anche diverse fonti del Magistero, tra le quali ricordiamo la
terza parte del decreto di riforma del concilio Lateranense V
(1514), il canone VI di riforma del concilio di Trento (1563), fino
allo schema di costituzione di un catechismo unico del concilio
Vaticano I (1870).
Sul piano più specifico dell'educazione giovanile, vale la
pena citare l'iniziativa della «Casa giocosa» di Vittorino da
Feltre, per il quale la persona deve essere educata
armoniosamente, in un clima di confidenza e di occupazioni
piacevoli e serie insieme; i Colloqui di Erasmo, ove l'educazione
dei giovani alla pietà autentica chiede di essere concretizzata
attraverso il culto e l'osservanza dei precetti, nel rispetto con
cui l'educatore guarda al giovane e all'impostazione
soprannaturale della sua vita.
L'insistenza post-tridentina sui doveri di vescovi e parroci di
curare l'istruzione religiosa del popolo e dei piccoli, porta a

\
39
una ripresa della catechesi sistematica. Anche sulla spinta della
teologia positiva e dei catechismi di Erasmo, in ambito cattolico
spiccano la costituzione della Compagnia della dottrina
cristiana di Castellino da Castello (t 1566), la composizione di
numerosi nuovi catechismi, spesso in funzione antiprotestante
e perciò ricchi di riferimenti biblici e patristici e strutturati in
funzione pastorale (nel secolo XVI: P. Canisio, Catechismo
romano «adparochos», E. Auger, R. Bellarmino, G. Astete, J. M.
Ripalda ecc.), l'impulso dato da san Carlo Borromeo alle scuole
di dottrina cristiana.
Nel periodo della Riforma l'insegnamento religioso per la
gioventù riceve forma parrocchiale e scolastica organizzata,
anche grazie ai nuovi testi e alle norme emanate in materia, ove
tuttavia si parla prevalentemente di adulti o di bambini. Fino
alla moltiplicazione di opere catechistiche nelle singole diocesi,
nei secoli XVII-XVIII (ricordiamo M. Casati, J. B. Bossuet, C.
Fleury... in cui non mancano motivi di interessante
rinnovamento in chiave storica e pedagogica)29. Dal punta di
vista metodologico, l'educazione religiosa risente degK
sviluppi di grandi scuole di spiritualità: il ritorno alla vita
interiore attraverso lo studio diretto della Parola di Dio e la
purificazione, di cui gli esercizi spirituali di sant'Ignazio di
Loyola, le vie ascetica e mistica tracciate da santa Teresa
d'Avila e san Giovanni della Croce sono modelli fecondissimi.
Nell'ambiente italiano prevale l'accento dell'azione, della vita
concreta, in cui praticare gli aspetti più positivi della vita
cristiana: è il filone che da san Francesco e santa Caterina
conduce a san Filippo Neri e a tutto il movimento del «Divin
Amore» di Teatini e Barnabiti.
Congregazioni come i Dottrinari (fondati dal Ven. C. de Bus
nel 1592) e i Chierici regolari (detti Scolopi, fondati da san
Giuseppe Calasanzio) e altre, sorte tra il XVI e il XIX secolo,
testimoniano il ruolo rilevante dei religio-S1 nella pastorale e
nell'educazione dei giovani. Attraver-So l'insegnamento
scolastico, la predicazione e le pubblicazioni a essa funzionali,
le missioni popolari nelle diver-

29
TI
si h presentazione completa e accurata di questa stagione dei grandi catechismi
rito ln ^' ^ra^°> Lineamenti ài storia della catechesi e dei catechismi. Dal tempo delle me "lieta degli
imperialismi (1450-1870), Ldc, Torino-Leumann 1991.

se impostazioni diffuse da tanti ordini religiosi a esse dediti, gli


esercizi spirituali e le altre realizzazioni dei Gesuiti ecc. Dalla
metà del secolo XVII si moltiplicano le Congregazioni laicali,
maschili e femminili, caratterizzate da una concezione della
vita consacrata più marcatamente diretta all'apostolato e alla
formazione umana e cristiana.
Intanto, nei secoli XVII-XIX non mancano diversi fenomeni
culturali capaci di influire in vario modo sull'educazione e la
pastorale dei giovani: le controversie con gli eretici, il
razionalismo, il giansenismo che accentua l'austerità e svaluta

40
la vita sacramentale, il romanticismo e il recupero di senso
storico, l'assolutismo degli Stati che favorisce il fenomeno delle
Chiese nazionali, l'illuminismo e il progresso delle scienze
anche pedagogiche, fino alla restaurazione cattolica.
U illuminismo aiuta ad affiancare al metodo deduttivo quello
induttivo, mentre si introducono nell'insegnamento della
religione anche accorgimenti pedagogici e didattici. Nel secolo
XIX, dopo la crisi rivoluzionaria e l'avventura napoleonica, la
Chiesa si impegna in una vasta opera di ricostruzione
pastorale, mettendo in nuova luce l'aspetto biblico-storico-
salvifico della fede cristiana e l'esigenza di un maggiore
contatto con le esigenze della realtà dei destinatari.
Oltre alle scuole domenicali di dottrina, l'esigenza di
istruzione e formazione religiosa dei giovani motiva alla
creazione di nuove esperienze, che vanno nella direzione degli
oratori: l'attività pastorale spontanea e generosa di san Filippo
Neri30 in mezzo a schiere di ragazzi; le scuo-
30
« Tra i detti o aforismi più comuni, che animavano la sua metodologia pastorale, i
contemporanei di Filippo ricordano i seguenti:
5) Figlioli, state fermi se potete.
6) Scrupoli e malinconie, fuori di casa mia.
7) Figlioli miei, fuggite le occasioni di peccato, fuggitele!
8) Figlioli, state allegri, state allegri, voglio che non facciate peccati.
9) Purché non facciano peccati, nel resto sopporterei che mi tagliassero la leg" a
addosso.
10) Non bisogna lasciare gli esercizi devoti, ma se si vuole andare a spasso, p rlI° si
adempiano questi, poi si vada.
11) Non vi caricate di troppe devozioni, ma intraprendetene poche e perseverata in
esse» (A. Favale, S. Filippo Neri, in DPG 987).

le della dottrina cristiana xese obbligatorie da san Carlo


Borromeo; la fondazione di tanti oratori da parte del cardinale
Federico Borromeo (a partire dal 1606) 31; l'educazione alla
santità testimoniata con ottimismo e proposta con
amorevolezza e comprensione da san Francesco di Sa-les; lo
sviluppo di una sensibilità pedagogica sulla linea tracciata dal
seminario di San Sulpizio (ove è prevista una classe separata
per i ragazzi che hanno già ricevuto la prima comunione) e dai
Fratelli delle scuole cristiane fondati da san Giovanni B. De La
Salle; e anche gli impulsi al rinnovamento teologico-spirituale
(il corpo mistico: cfr. A. Moh-ler e J. H. Newman), a
un'educazione più liturgica (P. Gué-ranger), sacramentale (san
Giovanni M. Vianney) e sociale (le Conferenze di san Vincenzo
de' Paoli).
Sono tracce di un impegno "culminato, nel secolo XIX, negli
oratori festivi e quotidianìSche san Giovanni Bosco potenzia e
diffonde in maniera ineguagliabile. Soprattutto aggiungendo
una percezione appassionata e profetica della realtà umana e
sociale della condizione giovanile, che nei periodi precedenti
emergeva con grande fatica.
Fermando brevemente l'attenzione su questo grande «santo
dei giovani», il cui impegno si situa in un tempo di profonde
trasformazioni (1830-1880), colpiscono la sua costante
attenzione ai bisogni giovanili, specie dei più «abbandonati e

\
41
pericolanti», l'elaborazione pratica prima che teorica di
un'articolata proposta educativo-pastorale, il coinvolgimento
di molteplici risorse e iniziative a sostegno della diffusione del
suo progetto32. Con lui i capisaldi delT oratorio si consolidano:
la dottrina cristiana, la modale popolare, pratiche di devozione
e pietà, spazio per il dlvertimento come occasione ascetico-
spirituale.
Don Bosco ha del giovane una visione serena e positi- Va: e
l'essere capace di cogliere il nuovo, il bello, la gioia,
"-ir. G. Vecchio. Per una storia dell'oratorio a Milano e in Lombardia, in Aa.'
acare
59-78.
997-1003; J. E. Vecchi, Pastora-
giovani alla fede, Ancora, Milano 1990, pp le »;„ r' J- M-
Prellezo, S. Giovanni Bosco, in DPG Sfornile, 0p. cit., pp. 59-73.

gli stimoli che lo portano a una più viva coscienza di sé e del


mondo, gli interrogativi dell'esistenza che oggi chiamiamo
problemi di senso. Il giovane è strutturalmente, per Don Bosco,
un «essere mistico», destinato obiettivamente all'incontro con
Dio. Per questo egli crede nella forza educativa dell'esperienza
religiosa, fatta di riflessione, preghiera e sacramenti, impegno
nella vita33.
Nel centenario della morte del Santo educatore, Gio vanni
Paolo II ha inviato ai Salesiani e, indirettamente, a tutti i
giovani e ai loro educatori, la lettera luvenum pa-tris, ove
mostra la grande carità pastorale di Don Bosco, che fonda la
sua opera educativa sulla ragione, la religione, l'amorevolezza:

« Per lui educare comporta uno speciale atteggiamento


dell'educatore e un complesso di procedimenti, fondati su
convinzioni di ragione e di fede, che guidano l'azione
pedagogica. Al centro della sua visione sta la "carità
pastorale", che egli così descrive: "La pratica del sistema
preventivo è tutta poggiata sopra le parole di san Paolo che
dice: 'La carità è benigna e paziente; soffre tutto, ma spera
tutto e sostiene qualunque disturbo' ". Essa inclina ad
amare il giovane, qualunque sia lo stato in cui si trova, per
portarlo alla pienezza di umanità che si è rivelata in Cristo,
per dargli la coscienza e la possibilità di vivere da onesto
cittadino come figlio di Dio. Essa fa intuire e alimenta le
energie che il santo riassu-

33
Cfr. J. E. Vecchi, Pastorale giovanile, op. cit., pp. 66-67. Il programma educativo e
pastorale di Don Bosco mira sia alla formazione dell'uomo che a quella del cristia no: «Due
grandi aspetti caratterizzano questa visione. Per farla diventare programma anche per i
.giovani, don Bosco li esprimeva in formule semplici ma chiare:
— buon cristiano e onesto cittadino;
— salute, sapienza, santità;
— evangelizzazione e civilizzazione;
— studio e pietà;
— bene dell'umanità e della religione;
— avviare i giovani sul sentiero della virtù e renderli abili a guadagnarsi onesta mente
il pane della vita;
— lavoro a prò delle anime e della civile società;
— diventare la consolazione dei parenti, l'onore della patria, buoni cittadini in ra per
essere poi un giorno fortunati abitatori del cielo» (Ibid., p. 84).

42
me nel trinomio ormai celebre della formula: "ragione, reli-
gione, amorevolezza"»34.

Il XX secolo, prima del Vaticano II. Il contesto socio-


pastorale, tra la fine dell'800 e il primo quarto del XX secolo, è
caratterizzato dall'industrializzazione e dall'urbanizzazione,
che trasformano le istituzioni e le dinamiche sociali,
proiettando sull'uomo preoccupazioni economiche e materiali
che gradualmente lo distolgono dai valori dello spirito.
Tuttavia la giovinezza è ancora vissuta essenzialmente in
famiglia, fondamentale luogo educativo e di preparazione alle
responsabilità adulte connesse al lavoro, al matrimonio,
all'inserimento nella società; è una giovinezza breve e
fortemente controllata dai meccanismi di socializzazione e
apprendimento pipici di quella società. Lo sviluppo della
scuola e anche di associazioni educative volte a impegnare il
residuo tempo degli adolescenti, non toglie il ruolo-guida
dell'adulto educatore.
Questo medesimo schema è assunto, con finalità e spirito
ben diversi, dai regimi che inquadrano in organizzazioni
fortemente politiche e ideologiche masse giovanili,
materialmente protagoniste delle spinte rivoluzionarie e di
mutamento sociale che agitano gli anni tra il 1920 e il 1940. Uno
strumento preciso di tale omologazione culturale è la divisione
dei giovani in classi omogenee per età, livello, condizione
sociale.
Sul piano più propriamente culturale, il modernismo porta
ai dogmi della Chiesa la sfida del confronto con l'esperienza, il
positivismo critica la scientificità del metodo teologico,
l'esistenzialismo semina un'interpretazione sempre

54 rifranto H'0^1™ ^ao'° ^' Iuvenum patris, Lettera del 31 gennaio 1988, 9. Per un con-Bosco.
cretto con le fonti salesiane, si guardino tre documenti fondamentali di Don ziuij0'-
Jt^istema Preventivo nella educazione della gioventù (1877), i Ricordi confìden-stupenj Ktt0ri (1871 e
1886) e la Lettera
da Roma (10 maggio 1884). In quest'ultimo Sc° rich'° tes'0' sognando l'incontro con
uno dei primi giovani dell'oratorio, Don Bonetto Iarrial grandi valori pedagogici su cui ha
fondato tutta la sua opera: familiarità, nell a vita J ■ ,aza> carità di sacerdoti ed educatori che
si immedesimano pienamente 1 giovani, amando ciò che essi amano.

più immanente e terrena della vita. In ambito educativo si


moltiplicano i fermenti: di psicologia e sociologia in senso
positivista, di una nuova pedagogia idealistica (esempio con G.
Gentile in Italia) che centra l'attenzione sul divenire del
soggetto, sulla sua autoeducazione, dell'attivismo pedagogico,
con importanti sviluppi catechetici nei congressi di Vienna e di
Monaco.
L'istruzione religiosa riceve nuovo impulso dal catechi smo
di Pio X e dall'enciclica Acerbo nimis del 1905, che esige anche
per i giovani corsi speciali di religione. La Chiesa si inserisce in
tale situazione non solo riorganizzando e regolando, ad
esempio nel Codice di diritto canonico del 1917, le consuete
attività pastorali rivolte ai ragazzi (istruzione catechistica,
iniziazione cristiana, scuole cattoliche, assistenza agli

\
43
svantaggiati ecc.), ma promuovendo una vera e propria rete
associativa, incentrata sull'Azione cattolica, cui viene di fatto
affidata la formazione umana e spirituale dei giovani chiamati
a una nuova presenza cristiana nella società35.
Negli anni '30, sulla scia del pontificato di Pio XI 36, si afferma
la teologia e l'identità dell'Azione cattolica, in cui si incarna il
modello di Chiesa corpo mistico, messa alla prova degli
incontri/scontri con il fascismo, che hanno a oggetto proprio la
questione dell'educazione giovanile. Gli anni '40 coinvolgono
quindi nella tragedia della guerra e nella paziente opera di
preparazione e ricostruzione di una nuova presenza cattolica,
che l'Azione cattolica compie nel paese che esce fortemente
mutato dalla fine del conflitto. Negli anni '50, anticipati già dai
grandi raduni dei giovani dell'Azione cattolica italiana nel '48,
«epifania» delle

35
All'ombra dell'Azione cattolica va registrata in questi anni anche la nascita del-
lo scautismo cattolico che, dopo la fatica per essere accolto nonostante le accuse di « na'
turalismo protestante» e dopo la soppressione a opera del fascismo, riprende attivi'
e sviluppo nel secondo dopoguerra: cfr. M. Sica, Storia dello scautismo in Italia, La Nuov8
Italia, Firenze 1973.
36
La sua enciclica Divini Ulius Magistri, del 1929, restò per molti decenni punt
di riferimento in materia di educazione, necessariamente ordinata al fine ultimo, P~j
cui « non può darsi adeguata e perfetta educazione se non l'educazione cristiana » ( n-
masse giovanili aggregate da leaders significativi come Luigi
Gedda e Carlo Carretto, matura la grave crisi che segnerà il
declino di una pastorale giovanile per generarne, non senza
fatica, una nuova37.
Il modello di giovane che veniva proposto era quello del
giovane deciso, fortemente legato alla Chiesa, cresciuto alla
scuola dell'obbligatoria direzione spirituale e decisamente
partecipe dell'impegno apostolico. Solo col passare del tempo
si aggiunge una più chiara dimensione laicale e secolare, di
apertura al mondo. Il legame tra educazione della volontà e
spazio della fede, della cultura religiosa che la illumina e la
sostiene, è molto chiaro: senza base religiosa non vi può essere
carattere, moralità, rettitudine.
Sullo sfondo di una matura e costante attenzione alla vita
politica e pastorale, i protagonisti di tale eccezionale stagione
di fervore giovanile sanno dare un'impronta nitida al cammino
associativo, fondato su una robusta spiritualità cristiana,
alimentata dalla vita di pietà e dai temi che all'epoca
preludevano inconsapevolmente al rinnovamento conciliare:
studio positivo del dato rivelato, rinnovamento kerigmatico,
ecclesiologia del corpo mistico, vocazione alla santità,
apostolato e maggiore attenzione alla realtà dei destinatari. Si
elaborano così linee di catechesi, seppur definita «cultura
religiosa», e di pedagogia38 che, nel continuo rinnovamento
metodologico e contenutistico e nella mediazione viva di veri
educatori e testimoni, hanno inciso fortemente su intere
generazioni di giovani cattolici, tra i quali sono cresciuti i
quadri della società civile ed ecclesiale del dopoguerra.
Tuttavia, questa mobilitazione non è sufficiente a fre-

44
lan Cfr. G. De Antonellis, Storia dell'Azione Cattolica dal 1867 a oggi, Rizzoli, Mi-0 1987; L.
Ferrari, Una storia dell'Azione Cattolica, Marietti, Genova 1989; G. For-8°n|. L'Azione
Cattolica Italiana, Ancora, Milano 1988. (.^1 . analitica rassegna dei protagonisti e delle
idee dominanti la pastorale cate-Ha .ca Haliana nel XX secolo è in S. Riva, La pedagogia
religiosa del novecento in Ita-t0fn ntoruanum-La Scuola, Roma-Brescia 1972, ove l'ampio
panorama è raccolto in-'nfine componenti teologiche, alla pedagogia attiva, al servizio
della persona e — ~~ ai centri catechistici più attivi del momento.

nare la sotterranea erosione che la fede cristiana subisce a


causa delle trasformazioni socioculturali in atto e delle con-
seguenti difficoltà per un'effettiva evangelizzazione delle
coscienze e delle volontà. Si tenta una riconquista, ma privi-
legiando ancora la sacramentalizzazione e la socializzazione,
senza approfondire personalmente ragioni della crisi e possibili
spazi di creatività, cadendo in atteggiamenti difensivi,
di conservazione e di polemica verso il tempo presente39. w
Le radici del presente. Un quadro sintetico, elaborato da D.
Sigalini40, suggerisce alcune osservazioni sulla prassi pastorale
degli ultimi decenni.
Nell'immediato dopoguerra, il sistema sociale cerca un nuovo
assetto e i giovani partecipano a tale processo senza proprie
strategie di cambiamento, il mondo religioso si mantiene fedele
ai valori tradizionali e i giovani non sono assolutamente una
questione. Soprattutto l'Azione cattolica si presenta come
struttura portante dell'impegno educativo della Chiesa verso i
giovani. Oratorio, patronato, scuola cattolica, parrocchia,
collegi: tutti convergono naturalmente in una prassi che è
orientata dalla tradizione più che da progetti. Le mediazioni
caratteristiche dell'intervento educativo nei confronti dei
giovani sono l'adunanza, la conferenza, la campagna annuale,
gli esercizi spirituali e i ritiri, l'uscita (in ambito scout), le
iniziative estive, il raggio (Gioventù studentesca), le leve del
lavoro (iniziativa delle Acli) ecc. Il tutto in un modello di
comunicazione della fede di tipo chiaramente deduttivo.

39
Cfr. J. Moingt, La transmission de la foi, in Etudes 1 (1975) 110-113.
40
Cfr. D. Sigalini, Pastorale giovanile (storia-4), in DPG Supplemento, pp. 122-127-
G. Ambrosio, La prassi di pastorale giovanile e il dibattito degli ultimi venti anni, in Aa.w-,
Educare i giovani alla fede, op. cit., pp. 81-95, esprime opportunamente disagio per 1»
carenza di dibattito recente su una prassi di pastorale giovanile d'altronde frammenta-
ta e spesso generica, dunque bisognosa di interventi ben più creativi e incisivi. Noi
basta indulgere giovanilisticamente e sociologicamente a una pura adeguazione del
vita ecclesiale alla condizione giovanile. È piuttosto urgente una seria riflessione teologico
pastorale che produca e verifichi progetti, studi, scelte di contenuto e di metodo- N
quattro anni successivi a tale intervento, possiamo dire che questo si è comincia' 0
fare con più decisione e diffusione.

Gli anni '45-'60 sono però, nel mondo occidentale, anche il


tempo della industrializzazione e del «miracolo economico»,
della «guerra fredda» e del suo graduale superamento. I
tentativi di inquadrare nuovamente il mondo giovanile
falliscono presto ed emerge la stanchezza davanti alle
contrapposizioni ideologiche nette. «Nasce una generazione
tranquilla, con tendenza a migliorare la propria vita privata,
che coglie nel lavoro più che il significato etico e sociale,
l'aspetto positivista di strumento di benessere. Si assimilano
rapidamente modelli di atteggiamenti adulti e si ripiega

\
45
precocemente su valori di sicurezza e di comfort. Un'immagine
diffusa parlava dei giovani delle tre M: matrimonio, mestiere,
macchina»41.
Il contesto internazionale si fa, grazie ai mass-media, più
vicino e influente: nell'Europa dell'est i sistemi marxisti
controllano tutti i processigli educazione e socializzazione. Nel
sud del mondo cresce il divario economico, per la rapida
decolonizzazione, la forte natalità, la dipendenza dai
macrosistemi economici mondiali ecc. A cavallo degli anni '60
si manifestano nuove pressanti urgenze: necessità di maggior
movimento, di rinnovamento, di superamento di una certa
stagnazione culturale. I grandi problemi mondiali del
sottosviluppo, dell'oppressione dei poveri e dei paesi del terzo
mondo, la guerra del Vietnam, la discriminazione razziale... si
impongono all'attenzione del mondo giovanile. Nascono
nuove forme di impegno politico, di azione collettiva, che
nell'America latina spingono a fare del popolo il protagonista
delle trasformazioni sociali e dei movimenti di liberazione.
In ambito ecclesiale, il Concilio che si conclude42 e la

42 J- E. Vecchi, Pastorale giovanile, op. cit., p. 13.


un ^ ^dri conciliari rivolgono, l'8 dicembre 1965, alla chiusura del Vaticano II,
m SSa a
che ^ ^'° diverse categorie dell'umanità, tra cui i giovani: «...perché siete voi
do Vt,accin8ete a ricevere la fiaccola dalle mani dei vostri maggiori e a vivere nel mon-
ta,, fomento delle più gigantesche trasformazioni della sua storia. Siete voi che,
me
Tiaesfr ^° dell'esempio e dell'insegnamento dei vostri genitori e dei vostri
re
lei, L rv P Parate a formare la società di domani: voi vi salverete o perirete con Chiesa, per
quattro anni, ha lavorato per ringiovanire il suo volto, per meglio

contestazione che comincia, mettono la pastorale giovanile in


subbuglio: entusiasmo e coinvolgimento, una sorta di
illuminismo pastorale che affretta l'impegno e l'assunzione di
responsabilità, il passaggio dall'adunanza al gruppo, l'opzione
per ciò che la fede ha di più essenziale (il vangelo, più che lo
sport, il gioco, la mediazione educativa), il rinnovamento
liturgico, la nuova coscienza missionaria che matura nella
Chiesa sfidata dalla secolarizzazione ecc. rendono il precedente
modello di pastorale giovanile non più vivibile.
L'associazionismo tradizionale, salvo qualche eccezione, si
dissolve, essendosi rivelato incapace di rispondere alle nuove
istanze giovanili. Una sintesi efficace e matura dei fermenti
positivi racchiusi in questa stagione si ha finalmente nel 1970,
con il documento-base del nuovo progetto catechistico italiano:
// rinnovamento della catechesi, che mette esplicitamente a tema
di ogni pastorale delle giovani generazioni l'obiettivo delTin-

rispondere al disegno del suo Fondatore, la Vita vera, il Cristo eternamente giovane. E alla
fine di questa imponente "revisione di vita" essa si volge verso di voi. È per voi,
soprattutto per voi, giovani, che essa ha acceso, con il suo Concilio, una luce: luce che
rischiara l'avvenire, il vostro avvenire. La Chiesa si preoccupa che questa società che voi
costituirete rispetti la dignità, la libertà, il diritto delle persone: e queste persone, siete voi
stessi. Essa si preoccupa soprattutto che questa società permetta di diffondere il suo tesoro
sempre antico e sempre nuovo: la fede, e che le vostre anime possano attingere
liberamente alla sua chiarezza benefica. Essa è sicura che troverete una tale forza e una
tale gioia che non sarete neppure tentati, come alcuni dei vostri padri, di cedere alla
seduzione delle filosofie dell'egoismo e del piacere, o a quelle della disperazione e del

46
nulla; e che di fronte all'ateismo, fenomeno di rilassatezza e di vecchiaia, saprete affermare
la vostra fede nella vita e in ciò che dà un significato alla vita: la certezza dell'esistenza di
un Dio giusto e buono. Ed è in nome di Dio e di suo figlio Gesù che vi esortiamo ad
allargare i vostri cuori alle dimensioni del mondo, ad ascoltare l'appello dei vostri fratelli e
a mettere coraggiosamente al loro servizio le vostre giovani energie. Lottate contro ogni
egoismo; rifiutate di dar libero corso agli istinti di violenza e di odio che provocano le
guerre e i loro cortei di miseria. Siate generosi, puri, rispettosi, sinceri. E costruite
nell'entusiasmo un mondo migliore di quello dei vostri maggiori. La Chiesa vi guarda con
fiducia e con amore. Ricca di un lungo passato sempre vivo in lei, e camminando verso la
perfezione umana nel tempo e verso i destini ultimi della storia e della vita, essa è la vera
giovinezza del mondo. Essa possiede ciò che fa la forza e la bellezza dei giovani; la
capacità di rallegrarsi per ciò che comincia, di darsi con generosità, di rinnovarsi e di
ripartire per nuove conquiste. Guardatela e troverete in lei il v0 del Cristo, il vero eroe,
umile e saggio, il profeta della verità e dell'amore, il cornp 9 gno e amico dei giovani. Ed è
in nome del Cristo che vi salutiamo, vi esortia e vi benediciamo».

tegrazione fede-vita e l'esigenza di un nuovo linguaggio


educativo e pastorale43.
La contestazione che segna i primi anni '70 è caratterizzata
dall'approdo alla politica, non senza le ingenuità con cui i
giovani credono a un facile cambiamento del sistema. Le
grandi associazioni lasciano il posto a una frantumazione in
piccoli gruppi spontanei, più aderenti al contingente e animati
da forti slanci ideali. Un entusiasmo spesso privo di
formazione e maturazione profonde, che costringe
all'appiattimento dentro al singolo gruppo, assolu-tizzando
singoli aspetti dell'esperienza cristiana, in assenza di chiare
direttive ecclesiali che sostengano e orientino il processo di
rinnovamento.
Il nuovo mito dei giovani tramonta ben presto: negli anni 70-
77 la risposta agli adulti è solo ironia e frantumazione in
gruppi violenti. I modelli di pastorale giovanile si moltiplicano
per una crescente elaborazione culturale e per le molteplici
ispirazioni e vocazioni che emergono. Ogni movimento
purtroppo tende ad assolutizzare il suo modo di fare pastorale,
espropriando di fatto le comunità parrocchiali del loro compito
di interagire col mondo giovanile e progettarvi un comune
servizio educativo. Le grandi associazioni riprendono efficacia
di proposta e si cercano nuovi modelli, come l'animazione
culturale44 e il recupero della dimensione educativa di ogni
catechesi e pastorale di adolescenti e giovani.
A cavallo degli anni '80, i giovani appaiono completa-

, ^3 L. Serenthà, Problemi teologici della catechesi per i giovani, in Facoltà Teologica ejl Italia
Settentrionale, Condizione giovanile, op. cit., pp. 105-110, individua tre fasi e I ev°luzione della
catechesi giovanile. La prima, intorno al Concilio (cfr. P. Babin a ta) tenta un nuovo
accostamento tra annuncio tradizionale della fede e condizioni c°logiche e pedagogiche da
curare maggiormente; la seconda (di area esistenzialista la ^, er'fn2'a'e: cfr. la rivista Lumen
Vitae, M. Van Caster, J. Gevaert ecc.) rilegge neuf.e az'°ne a partire dall'esperienza umana e
dalla secolarizzazione, in chiave erme-la '?a ^ tempo della contestazione
dell'insegnamento della religione nella scuola); man^Za (negli anni 70) dà la prevalenza agli
influssi sociologici e politici che pongono
44 :?Prattutto al problema ecclesiologico. 'ale ■ ln ta
' senso soprattutto l'opera del
gruppo legato alla rivista Note di pasto-■ Canile, edita dalla Ldc.

mente diversi da quelli di pochi anni prima. L'accelerazione dei


cambiamenti mondiali, strutturali e culturali, crea intorno ai
giovani un clima in cui essi esprimono la voglia di vivere e di
star bene, ma senza cambiare il mondo. Il disagio maggiore è la
mancanza di identità, davanti all'eccesso di offerte ambigue e

\
47
alle poche indicazioni chiare per vagliarle. La risposta
pastorale attuale è caratterizzata da molti elementi, che
approfondiremo ulteriormente nei capitoli seguenti: il ruolo
collaudato e incisivo delle proposte associative, la
radicalizzazione del confronto tra differenti modelli educativi,
soprattutto nell'ambito dei movimenti, che faticano a dialogare
e collaborare anche per eventi concreti, il diffondersi di forme
di promozione e coordinamento ufficiale della pastorale
giovanile, nelle diocesi e presso le conferenze episcopali, i
catechismi dei giovani, il tentativo di superare la dispersione
con un nuovo lavoro di progettazione ecclesiale, la sempre più
diffusa e concreta esperienza del volontariato.
Occorre attendere gli orientamenti pastorali della Chiesa
italiana per gli anni '90, per vedere esplicitamente in pro-
gramma l'avvio di «una organica, intelligente e coraggiosa
pastorale giovanile» in tutte le diocesi, al fine di educare i
giovani al vangelo della carità45.

2.4 I modelli recenti

Preoccupandoci di conoscere il fenomeno, la prassi della


pastorale giovanile, al culmine della sintetica ricognizione
storica fatta fin qui, occorre individuare le principali risposte
che la comunità cristiana ha cercato di dare negli ultimi anni
alle sfide educative che le vengono mosse dal-

45
Cfr. CEI, Evangelizzazione e testimonianza della carità, 1990, nn. 44-46. N°P mancano in
questi ultimi anni rassegne sulle esperienze e gli studi di pastorale g10^,*. le in Italia: cfr. G.
Costa, Pastorale giovanile in Italia. Un dossier, La Roccia, Roma \" • G. Villata, Giovani,
religione e vita quotidiana. Da un approccio sociologico a un Pr0&. pastorale, Piemme, Casale
Monferrato 1983, e i nn. di NPG 6 (1993) e 2 (1994)la realtà giovanile. Non è
difficile, in tal senso, sintetizzare i diversi elementi e ricostruire
dei modelli operativi, legati e orientati alla prassi pastorale, in
cui tuttavia si riflette molto spesso il pluralismo teologico e
culturale caratteristico del nostro tempo. E un'operazione
delicata e preziosa: guardare le scelte e le forme con cui si cerca
di dare risposta alle attese del mondo giovanile e, nello stesso
tempo, verificare l'efficacia e i limiti di tali modelli.
La rigida contrapposizione tra un modello antropologico e
uno kerigmatico, che ha segnato profondamente la storia della
catechesi e della pastorale fino a qualche tempo fa, ha ceduto il
posto a una situazione più fluida e complessa, in cui l'annuncio
di fede e l'approccio all'esperienza umana si combinano in
varia maniera.
In alcuni contesti pastorali più delimitati, come ad esempio
nell'area italiana, operano modelli organici e coerenti di
pastorale giovanile, soprattutto nell'ambito di associazioni e
movimenti ecclesiali a carattere educativo. Li teniamo sullo
sfondo di una ricostruzione che cercherà di essere più
oggettiva e universale, sempre orientata dalla preoccupazione
per l'educazione alla fede che diventa criterio di
interpretazione e confronto. Emergono cosi come delle matrici
di fondo, che ispirano di fatto altri progetti.

48
Assumiamo per questa operazione la metodologia di analisi
proposta da R. Tonelli46, che considera come principali
indicatori di una determinata proposta di pastorale giovanile:
— l'identificazione concreta dell'autore, del contesto, dei
destinatari e dell'influsso del modello in esame (se ri-
conducibile a una proposta precisa),
l'obiettivo: quale integrazione tra fede e realizzazio- ne
personale, nella maturazione umana e cristiana del giovane,

Se
rnt>lT ^' Tonelli, Pastorale giovanile, op. cit., pp. 63ss. La stessa impostazione, giCo) lcata
nella matrice di analisi (quale uomo, chi è il cristiano, itinerario metodolo-&°van 7ainPUata
nello spettro di modelli raccolti, è sviluppata in R. Tonelli, Pastorale Ue (modelli), in DPG
687-694; e in G. Villata, op. cit., pp. 103-116.

\
49
— il giudizio sull'oggi, sulla cultura e sui valori del tempo in
cui il modello si colloca,
— l'orientamento metodologico globale e le concrete scelte
legate alla prassi educativa,
— l'immagine di Chiesa e la specifica modalità di rapporto
Chiesa-mondo,
— la prassi associativa, l'esperienza di gruppo,
— l'orizzonte culturale in cui viene accostata la rivelazione
(dimensione teologica), la visione di uomo (dim. antropologica) e
della sua educazione (dim. pedagogica),
— avviando anche una valutazione delle sfide cui il modello
reagisce e della coerenza con cui ne scaturiscono obiettivo e
metodo della sua proposta.
Seguendo, seppur per sommi capi, lo sviluppo storico recente
della pastorale giovanile, soprattutto nella Chiesa italiana del
post-concilio, R. Tonelli individua tre modelli principali:
12) Il modello più chiaramente legato alla tradizione catechistica
e pastorale anche precedente al Vaticano II è quello definibile
come veritativo, o storico-oggettivo: in esso l'integrazione tra la
fede e la vita è sbilanciata e garantita dall'adesione al dato
rivelato, che perciò esige di essere proposto il più oggettivamente
possibile.
13) La sensibilità esistenzialista soggiace invece a un secondo
modello, maggiormente preoccupato di assicurare condizioni
educative e comunicative atte a promuovere e conseguire
l'autorealizzazione della persona. Dopo le spinte contestative e
partecipative del post-concilio, è un più maturo personalismo
cristiano a farne motivo di riflessione ed elaborazione sul campo.
14) Infine, in reazione alla disgregazione del tessuto cristiano
operata dal secolarismo e dal soggettivismo, un terzo modello è
ricostruibile intorno al primato dell'esperienza comunitaria:
l'appartenenza al gruppo e alla Chiesa è contenuto e metodo di
evangelizzazione del mondo giovanile, con una gamma di esiti
specifici che sono sotto gli occhi di tutti.

108

50
Anche se le forme concretamente incontratali, le «pastorali
giovanili» vissute sono assai diversificate e numerose (modelli
dottrinali, oggettivi, educativi, religioso-monastici, carismatici,
comunitario-politici, spiritualisti, catecumenali, di frontiera
ecc.), cerchiamo di semplificare l'analisi intorno alle idee madri
della centralità della verità, della persona, della comunità. Per
intuire e affermare sin da ora che solo nell'armonizzazione
dinamica di queste polarità, magari anche nell'interdipendenza
concreta tra esperienze e gruppi che legittimamente
sottolineano questa o quella opzione, sta la chiave di volta di
quella pastorale giovanile organica e unitaria che la Chiesa
nella sua interezza intende promuovere.

Al centro la verità. Sulla base di una forte sottolineatura


dell'iniziativa di Dio e del &uo progetto salvifico, l'obiettivo
dell'educazione dei giovani alla fede è, in molte esperienze,
l'accoglienza oggettiva di tali doni. Nel progetto di Dio è posta
con certezza la realizzazione personale di ogni giovane, al
quale dunque si propone la centralità dell'annuncio
catechistico, della pratica sacramentale e della conseguente
coerenza di vita. L'uomo è infatti strutturalmente uditore della
Parola, con accentuazione però della fides quae sul
coinvolgimento personale del soggetto.
Il giudizio sulla cultura moderna, globalmente non cristiana
(per il pluralismo, la secolarizzazione, il permissivismo, il
soggettivismo...), è assai negativo e, piuttosto che modificare
tale realtà nelle sue radici, è preferibile creare alternative
cristiane, anche in spirito di aperta contrapposizione.
L'orientamento metodologico prevalente si può pertanto
definire «discendente»: l'iniziativa di Dio raggiunge l'uo-^o
attraverso la rivelazione oggettiva, la sua attualizzatone
sacramentale e la risposta morale del credente, sulla tnea della
struttura dei catechismi classici.
Un itinerario oggettivo e deduttivo, razionale, la cui efficacia è
affidata in gran parte al ruolo delle istituzioni educative, ai
modelli normativi che vengono proposti da esse all'imitazione
del giovane, alle certezze e alle tradizioni che lo
accompagnano.
Il rapporto Chiesa-mondo soggiacente a questa impo-
stazione è funzionalista e dualista: contrapposizione e dif-
fidenza, con un giudizio negativo sulla storia e il rifugio in una
visione escatologica della salvezza, a discapito del-P/mpegno
sociale, considerato solo funzionalmente all'orizzonte dei
valori religiosi.
L'immagine di Chiesa rischia di essere astratta: una Chiesa
di massa, in cui c'è spazio per ogni tipo di giovane. L'identità
cristiana è però netta e consolidata, anche in contrapposizione
con i «lontani», con gli «altri». Si privilegia un rapporto
educativo e pastorale di tipo individualistico, si guarda più al
tessuto associativo che alla dinamica di gruppo, entrambi
funzionali alla trasmissione di valori e contenuti oggettivi. Per
costruire quest'uomo «dell'oggettività» la metodologia
adeguata è offerta dalla «pedagogia del consenso», che
privilegia un'etica chiaramente etero-noma e riduce il rapporto
educativo a semplice conformismo.
Dopo gli entusiasmi degli anni '60-'70 e le successive
brucianti crisi, oggi si va riscoprendo la tradizione catechistica
e dell'oggettività, recuperando la dimensione veritativa
dell'esperienza cristiana, contro il troppo esperien-zialismo e il
soggettivismo che hanno caratterizzato le proposte educative
rivolte recentemente ai giovani. Viene attivata come una nuova
dialettica nei confronti delle sapienze umane, rispetto alle quali
si afferma con coraggio la centralità di Gesù Cristo come
evento dell'autorivelazione di Dio e progetto normativo per la
vita del giovane47.

47
Cfr. in tal senso l'esperienza del Catechismo per i giovani della CEI, Non dì solo pane,
Roma 1979, e la riflessione più ampia condotta in tal senso da G. Angelini. Pastorale
giovanile e prassi complessiva della Chiesa, in Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale,
Condizione giovanile, op. cit., pp. 61-92: la Chiesa deve certo essere attenta alle concrete
condizioni dei giovani nelle diverse società, ma senza ridurre il vangelo

Le mediazioni umane nel processo di educazione alla fede


richiedono un cammino lungo, rispetto al quale si riscopre
l'efficacia diretta dei mezzi soprannaturali, spirituali, come la
preghiera e la pratica sacramentale. Conseguentemente,
l'educazione sarebbe solo propedeutica all'evangelizzazione e
la ripresa associativa connessa a queste idee esprime un
marcato ecclesiocentrismo che dà più netta identità a gruppi e
movimenti.

Al centro la persona. Negli ultimi decenni, soprattutto


negli anni '70, il mondo giovanile ha vissuto la fede come un
fatto praticamente marginale rispetto al proprio orizzonte di
significato. Davanti alla crescente frattura fra esperienza di
fede ed esperienza umana, alcune realtà ecclesiali guardano
all'esistenza del soggetto come al luogo principale della
maturazione di fecfe,. L'uomo, per questa corrente, è definito
dalla sua progettualità, dalla forza interiore che lo spinge a
trasformarsi nel e con il mondo. Anche la teologia della
rivelazione ne risulta condizionata, per cui la prassi storica è il
luogo in cui l'uomo realizza se stesso operando per un mondo
più giusto, ove può riconoscere Dio, significato ultimo del suo
impegno. La fede è dunque l'interpretazione definitiva
dell'esperienza umana, che funge da precomprensione
indispensabile alla stessa lettura della Bibbia. Siamo in piena
«svolta antropologi-

all'interpretazione della loro esperienza e cultura, per restituire piuttosto «univocità alla
verità cristiana, o meglio all'annuncio del vangelo, di fronte alla coscienza del gio vane» (p.
89). Occorre quindi aggiornare le formule catechistiche e attivare una più chiara ed

52
efficace comunicazione nella Chiesa, non chiusa intimisticamente in se stessa, ma
missionariamente aperta sul mondo. Creando concrete forme di servizio educativo ai
giovani e alla loro capacità di crescere verso una fede matura, dovrebbe «essere esplicita la
preoccupazione di evidenziare l'ulteriorità della decisione della fede rispetto alla generica
ricerca dell'umanizzazione dell'uomo... La realizzazione di un tale mo-. 0 di pastorale
2
giovanile esige — com'è ovvio — che siano realizzate molte condi- J°ni cne 0ggi non sj danno
Pensiamo ad esempio alla assenza di modelli di catechesi
e
guati, all'impreparazione dei sacerdoti, all'evanescenza della comunità adulta» (pp.
"92). Più recentemente il dibattito sull'istanza veritativa nella catechesi ha accom-Wgnato e
chiarito il senso della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, j, "tre dal punto di
vista più specificamente morale va segnalato il forte richiamo al- ucazione ai valori oggettivi
contenuto nell'enciclica Veritatis splendor.

ca», precisata nell'approccio ermeneutico e in quello critico-


politico, che comunque lasciano in primo piano la respon-
sabilità progettuale della persona.
L'obiettivo pastorale è quello di ridare all'esperienza di fede
significato per la vita. L'atto educativo mira a far prendere
coscienza della necessità di un progetto di realizzazione
personale, per il quale la fede offre un prezioso contributo.
Dunque, un'impostazione più marcatamente soggettiva.
Preoccupato di elaborare un progetto ben situato nell'oggi,
questo modello assume e accetta, nel suo rapporto con il
contesto, i fenomeni della secolarizzazione, della spinta alla
partecipazione, della centralità della persona, con ottimismo a
volte anche ingenuo.
La metodologia favorisce l'induzione: problematizzando
l'esperienza storica, le situazioni soggettive, si cerca una
risposta alle domande concrete per farle maturare in domanda
di fede. Le parole d'ordine sono: gradualità, progressività,
esistenzialità, significatività, rispetto dei ritmi giovanili... col
rischio di subordinare la proposta all'esperienza. Prevale la
prassi sulla riflessione razionale. Si indebolisce l'appartenenza
ecclesiale e l'identità cristiana è vissuta spesso in termini
conflittuali.
Frequente è la sottolineatura dell'insegnamento della
Gaudium et spes, per cui la Chiesa è nel mondo e per il mondo,
con il servizio della testimonianza della salvezza, quale
fermento della comunità umana di cui condivide il cammino
terreno. Tale ecclesiologia porta a un'apertura notevole nei
confronti dei giovani, di tutti i giovani, incontrati nella
concretezza della loro esperienza quotidiana. A essi però non si
riesce a offrire una modalità chiara di appartenenza alla Chiesa
e al mondo nello stesso tempo.
L'esperienza di gruppo, vissuta soprattutto nelle realtà di
base, è molto importante anche in questo modello, m a
soprattutto come spazio di autorealizzazione e di parteci-
pazione, valorizzando la funzione formativa del gruppo e
curandone molto la dinamica interna.
Rivelandosi forse come il frutto più originale della stagione
conciliare, questo modello è stato spesso venato di una certa
polemica verso la pastorale tradizionale, correndo il rischio di
ridursi a un fatto politico o psicologico più che pastorale. Col
tempo, questa impostazione ha acquistato realismo ed
equilibrio, intorno alla forte preoccupazione educativa, al
primato dell'esperienza, all'accentuazione comunitaria, alla
ricerca di «domande» rispetto alle quali suscitare una ricerca di
fede, soprattutto dopo la caduta di tensione politica e il forte
ritorno al privato. Si elaborano anche progetti di spiritualità e
itinerari per piccoli gruppi, in cui possa essere vissuta
l'ecclesialità.
Le esperienze riconducibili a questa area sono proba-
bilmente le più diffuse nel contesto italiano degli ultimi anni: la
nuova progettualità formativa dell'Azione cattolica per ragazzi
e giovani, l'impegno dello scautismo cattolico dell'Agesci48, le
due principali aggregazioni cattoliche italiane ne sono una
testimonianza più direttamente verificabile, oltre alla variegata
concretizzazione rappresentata da numerosissimi gruppi
parrocchiali e spontanei.

Al centro la comunità. Una forte esperienza comunitaria


consente al giovane di identificarsi con una comunità cristiana
impegnata, trovare così sostegno alla sua crescita e
interiorizzare i contenuti della proposta di fede. Da sempre,
nella tradizione cristiana, l'annuncio è un invito a condividere
un'esperienza, a far parte di una comunità. Questa forma di
credibilità per connaturalità più che per approccio razionale
appare molto adatta ai giovani contemporanei, che trovano in
tale incontro un nuovo senso per la propria vita, diventando
capaci di testimonianza anch'essi- Constatando che le strutture
ecclesiali tradizionali sembrano per lo più incapaci di offrire tale
esperienza, si Cerasi ^ 4gescl L'Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani, nata
e

nel 1974 dalla ^ ^sc* (Associazione Scout Cattolici Italiani, l'associazione maschile nata nel e
Agi (Associazione Guide Italiane, l'associazione femminile, fondata nel 1944).
cano luoghi diversi per sperimentare la fraternità cristiana.
Poiché la fede totalizza l'esperienza umana, chi vive con
questa sensibilità rifiuta le tendenze culturali dominanti,
rispetto alle quali occorre creare contesti in cui si sperimentino
valori alternativi. Anche la risposta all'iniziativa di Dio è
entrare in un rapporto nuovo, di cui l'esperienza di gruppo è
efficace strumento educativo.
Il metodo non può essere che quello della costruzione oli un
diffuso tessuto comunitario, basato su gruppi primari,
fortemente omogenei, in cui si eserciti il controllo sul dissenso
interno e si alimenti una differenziazione verso l'esterno. La
prospettiva kerigmatica e il forte coinvolgimento dei neofiti
contribuiscono a limitare il pluralismo. La lettura della Bibbia e
la preghiera vanno prevalentemente in direzioni mistiche e,
insieme a un linguaggio di gruppo, contribuiscono
all'assolutizzazione della propria esperienza di fede e di
Chiesa.

54
Il rapporto Chiesa-mondo è visto come luogo del cam-
biamento, attraverso la creazione di strutture alternative in cui
l'impegno politico, non esente da forme di integrismo, acquista
senso ed efficacia. L'immagine di Chiesa è di tipo elitario: per i
giovani che accettano la proposta, l'identità cristiana è forte e
sicura, totalizzante, sperimentata concretamente attraverso
l'appartenenza a un gruppo/comunità, o meglio a un
«movimento», caratterizzato dalla circolazione di valori
comuni e dalla forte condivisione di esperienze, dal frequente
riferimento a vertici culturali o strutturali, dalla conflittualità in
cui spesso cade il rapporto con altri gruppi e movimenti.
E questo il modello più recente, rapidamente consolidato in
questi ultimi anni, impegnato a superare i limiti di un
esperienzialismo troppo basato sui bisogni dei giovani e
troppo poco fedele al radicalismo evangelico, e cosi reagire al
relativismo e al pluralismo con una nuova capacità di proposta
esplicita e globale di cristianesimo per i giovani.
L'attuazione concreta si è colorata di diverse tendenze: una più
carismatica (con frequente rifugio nella comunità, nella fede,
nella preghiera), spesso sviluppatasi in chiave comunitario-
monastica (specie nello stile di vita e di rapporti), e una
tendenza più comunitario-politica, maggiormente attenta alla
storia e alle possibilità di intervento attivo dei cristiani in essa.
La nuova qualità di vita sperimentata nella comunità dei
credenti si offre con decisione come progetto per l'intera
convivenza umana.
Possiamo ricondurre a questa tipologia le «forti proposte»49
di cui il movimento di Comunione e Liberazione è un tipico
esempio, sia sul versante dell'impegno sociopolitico sia in
direzione marcatamente spirituale, con le forme di
consacrazione maturate in esso.
Sul piano più propriamente kerigmatico e spirituale ri-
scontriamo la forte crescita, su scala mondiale, dei gruppi
carismatici, neocatecumenali, deK< rinnovamento nello Spi-
rito», rispetto ai quali però l'analisi dei vari indicatori risulta
più difficoltosa50. Certa è l'accentuazione degli aspetti
comunitari dell'esperienza cristiana, generata dall'incontro con
Dio, il totalmente Altro, nel cui dono di salvezza l'uomo ritrova
tutto se stesso. In ciò si risolvono anche la pedagogia e il
metodo, semplice e totalizzante, di questi movimenti.
Una versione particolare del modello comunitario-politico è
cresciuta nel contesto storico e culturale della teologia della
liberazione, divenuta punto di riferimento anche per
esperienze vissute fuori dell'America latina: se l'uomo è creato
a immagine di Dio, la sua dignità costituisce il valore da
liberare e promuovere con ogni intervento educativo, dentro
un più vasto processo di cambiamento, nel segno della
solidarietà. Tale impegno storico per la co-
^ Cfr. R. Tonelli, Pastorale giovanile (modelli), in DPG 688-689. , Cfr. A. Favale, Movimenti
ecclesiali contemporanei, Las, Roma 1982. Analoga gassificazione viene proposta da G.
van m
Milanesi, Per una lettura sociologica della religiosità Vìl^? '' Facoltà Teologica dell'Italia
Settentrionale, Condizione giovanile, op. cit., ,.P- -'-31, che individua sei modelli: quello
ufficiale della religione di Chiesa preconci-|Qare' quello ufficiale post-conciliare, quello
carismatico, quello religioso-politico, quel-P°utico-religioso, quello della religiosità
popolare.

struzione della nuova civiltà dell'amore è segno e inizio del


Regno di Dio e caratterizza l'identità e la missione del cristiano.
La pastorale avviene dunque nella prassi storica, trasformata,
liberata in ciò che ha di ingiusto e alienante dalla progettualità
caratteristica della fede e della verità evangelica, di cui si
scopre sempre più la valenza politica, all'esterno e all'interno
della comunità ecclesiale. Soprattutto la Conferenza di Puebla
ha rilanciato la pastorale giovanile in America latina, a partire
dall'affermazione della verità su Cristo, sulla missione della
Chiesa e sull'uomo: «La Chiesa confida nei giovani. Sono la sua
speranza. La Chiesa vede nella gioventù dell'America latina un
vero potenziale per il presente e il futuro della sua evan-
gelizzazione. Vedendovi veramente una fonte di dinamismo
del corpo sociale, e specialmente del corpo ecclesiale, la Chiesa
compie una scelta preferenziale per i giovani, in ordine alla sua
missione evangelizzatrice nell'America latina» (1186)51.
Si tratta, quindi, di una pastorale giovanile che deve tener
conto della realtà sociale dei giovani del continente, valorizzare
ogni ambito pastorale e ogni movimento in interazione fra loro,
che deve essere «un vero processo di educazione nella fede che
porti alla propria conversione e a un impegno evangelizzatore»
(1193), presentando il Cristo vivo, alimentando una spiritualità
autentica e apostolica, formando all'azione sociopolitica e alla
promozione umana, usando linguaggio e pedagogia adeguati,
stimolando la creatività e la generosità vocazionale. Una
pastorale della gioia e della speranza.

La fatica della sintesi. Quando le Chiese particolari de-


dicano esplicita attenzione alla pastorale giovanile, impe-
gnandosi nel discernimento delle linee emergenti dalla pras-

51
Cfr. CELAM, L'evangelizzazione nel presente e nel futuro dell'America La tina' Emi,
Bologna 1979, 1182-1205; CELAM, Elementos para un directorio de Pastorali* venil organica,
Bogotà 1982.

si e nell'orientamento di nuovi progetti, si misurano con la


fatica di dialogare coi fermenti del momento senza lasciarsi
intrappolare da essi. Si apre anche in ciò una strada, su cui far
incontrare quotidianamente fede nella verità, esigenze della
persona e appartenenza alla comunità ecclesiale: quasi una
sfida delle sfide, cui alcune Chiese hanno cercato di dare una
risposta, non senza difficoltà.
Il Sinodo nazionale tedesco del 1973, ad esempio, ha
approvato un documento su Scopi e compiti della pastorale
giovanile^2, ove la maggiore attenzione non viene data alle

56
cause e ai rimedi circa la marginalizzazione dei gruppi
giovanili dalla Chiesa, dalla catechesi e dai sacramenti, né ci si
sofferma sui principali luoghi di vita del giovane (famiglia e
scuola), ma si guarda al lavoro giovanile (espressione coniata
in luogo di pastorale giovanile, per evitare di far sentire il
giovane oggetto^,di un'azione ecclesiale-clericale) come parte
integrante dell'impegno umano per dare un senso al
mutamento sociale. Dando però l'impressione — nota G.
Angelini — di una «resa acritica e irresponsabile alla "nuova
cultura" giovanile». Espressamente si finisce con l'osservare
che le proposte e i programmi religiosi in senso stretto non
hanno alcun carattere di priorità, che invece riveste la vita di
gruppo nel tessuto dei rapporti e delle azioni sociali. E questa
veramente «pastorale» giovanile, cioè autorealizzazione della
Chiesa nell'orientamento educativo delle attese giovanili verso
i valori del Regno?
Nel 1991 sono state elaborate, nell'ambito della Com-
missione di pastorale della Conferenza episcopale tedesca,
nuove Linee direttive per la pastorale giovanile"'"': si guarda aUa
realtà del mondo giovanile, coi suoi mutamenti (nuova realtà
della famiglia, crescente individualismo, maturazione non
sempre armonica, pluralismo di valori, difficol-

G A ^'P.ortato m traduzione da Regno-documenti 3 (1974) 88-94, e commentato da ■ felini,


Pastorale giovanile, op. cit., pp. 81-85. « NPG 2 (1993) 61-68.

tà nella ricerca del senso, religiosità selettiva), per indicare


obiettivi educativi e pastorali attenti alla globalità della vita del
giovane da evangelizzare e da educare alla preghiera e
all'azione, nei diversi luoghi e forme concrete di attuazione
della pastorale giovanile.
Analogamente si può dire dell'opera di J. F. Six, Les jeu-nes,
Vavenìr et la foi, elaborato per il Service Incroyance-Foi della
Chiesa francese: la marginalità dei giovani creerebbe una
nuova loro cultura che la Chiesa deve accogliere, sublimando
lo sradicamento giovanile come distacco cristiano,
legittimandolo come realtà che non si dovrebbe correggere,
ma, secondo questa discussa opinione, ammirare!
La Conferenza episcopale spagnola ha recentemente pub-
blicato un sintetico ed efficace documento di Orientamenti per la
pastorale giovanile5*, organizzati intorno a quattro nuclei:
fondamenti e opzioni, elementi del progetto che si intende
realizzare, profilo dell'animatore e linee operative. La
definizione stessa di pastorale giovanile (n. 15) mette insieme i
poli della salvezza in Cristo, della vita come vocazione nella
Chiesa, dei giovani alla ricerca del senso della vita. Senza
elaborare nuove metodologie, gli orientamenti rispettano e
promuovono il protagonismo dei giovani, soggetti di
educazione ed evangelizzazione, richiamano la presenza della
Chiesa nel loro mondo per evangelizzarlo dal di dentro, e
puntualizzano anche in questo campo l'opzione preferenziale
per i giovani poveri, l'obiettivo di una spiritualità per
l'integrazione fede-vita, la necessità di un coordinamento degli
sforzi. Si delinea quindi un vero itinerario educativo, in cui
particolare valore assumono una tappa missionaria, una tappa
catecumenale e una pastorale.
In un panorama complesso ed eterogeneo, che continue-
remo a esplorare nelle pagine che seguono, quest'ulti^ 0
contributo, seppur appena accennato, appare significati'
vamente equilibrato e incisivo.

54
In NPG 9(1992) 52-62.
2.5 L'esempio ài Giovanni Paolo II

Ragionare oggi di pastorale giovanile è assai diverso rispetto


al passato anche recente, non c'è più quel senso di frustrazione
e incomprensione che assaliva chi esplorava solitario sentieri
impervi e sconsigliati dai benpensanti sostenitori della
pastorale tradizionale, di massa. Non credo che il merito della
rinnovata attenzione alla piena cittadinanza dei giovani nella
comunità ecclesiale vada all'aumentata bibliografia sul tema; e
tale consapevolezza è ben chiara anche nello scrivere queste
pagine. Piuttosto il cambiamento va ricercato nell'ordine dei
fatti, anzi di quegli eventi carichi di portata rivelatrice che la
storia della salvezza continua a donarci. Il magistero e il
ministero di Giovanni Paolo II, autentico maestro di pastorale
giovanile, è uno di questi eventi che segnano la vita della
Chiesa in questo trapasso di millennio.
Occorrerebbero molti volumi solo per ricordare i gesti
compiuti e i messaggi rivolti ai giovani dal Papa, nelle ripetute
occasioni di incontro che egli stesso ha cercato e suscitato,
dando il «la» di un dialogo dal ritmo crescente, sempre più
appassionato e coinvolgente. Ora anche i mass-media se ne
accorgono e, ciò che più conta, tutta la Chiesa ha compreso che
non può più attardarsi a congetturare sulla pastorale giovanile,
deve piuttosto rischiare, perché i giovani la attendono, ne
desiderano la presenza viva, la testimonianza, la parola.

La lettera ai giovani. Nel 1985, in occasione dell'anno


internazionale della gioventù, Giovanni Paolo II ha indirizzato
un'ampia e significativa lettera apostolica Ai gio-Van\ e alle
giovani del mondo, in cui sono ripresi i temi centrali del suo
magistero mostrandone con vivacità e freschez-^ linguaggio
l'efficacia pedagogica e pastorale nei conienti del mondo
giovanile, interlocutore privilegiato del-a sua missione
pastorale.
documento, che non ha una struttura interna parti-
colarmente evidente, ma sembra quasi una lunga e appas-
sionata conversazione con i giovani, è dominato da una

58

23643
16�
costante fiducia nella giovinezza e nelle sue potenzialità, e
sviluppa per larga parte il commento all'episodio evangelico
dell'incontro di Gesù con il giovane ricco (cfr. Me 10,17-22; Mt
19,16-22; Le 18,18-23), ripreso successivamente dal Papa anche
in altri importanti documenti, come l'enciclica Veritatis
splendor.
f Richiamando qui i principali contenuti, innanzitutto no-
tiamo l'affermazione che, se l'uomo è la grande via della
Chiesa, la giovinezza ha grande importanza per l'umanità
stessa, per il suo futuro, di cui è la principale speranza. In tal
senso, il colloquio di Gesù col giovane ricco è paradigma
dettagliato della ricerca di significato e di vita che anima ogni
giovane e del dono di una chiamata singolare alla sequela e
all'amore da parte di Cristo. Le domande dei giovani
esprimono proprio la ricchezza della loro particolare stagione
di vita.
Il progetto di uomo rivelato da Cristo è offerto con coraggio
e in pienezza ai giovani: l'uomo è creato a immagine di Dio,
che è amore, verità e bene assoluto. In lui l'uomo trova il suo
destino definitivo, nonostante e al di là della morte, e il motivo
di ogni impegno autenticamente umano. La verità e la sapienza
che scaturiscono dai comandamenti, accolti nella coscienza,
hanno un nome e un volto: «Gesù, fissatolo, lo amò».
Solo l'esperienza dell'incontro con Cristo muove alla se-
quela, al cammino nello spirito delle beatitudini, all'acco-
glienza di una chiamata particolare per l'edificazione del
Regno. La vita, come esperienza e come progetto, è il luogo di
questa avventura, da vivere come dono e nella liberta.
Il battesimo, la cresima, l'eucaristia, la penitenza e la
direzione spirituale, la Chiesa costituiscono le risorse cui
attingere per una vera esperienza dell'amore umano e divino e
del colloquio con Dio, che dà anche ai più forti sentimenti
umani un autentico carattere sponsale. Il Papa le propone con
decisione e schiettezza. E con altrettanta sti ma riconosce che i
talenti individuali, le competenze, le responsabilità in ordine
alla propria autoeducazione presentano concretamente la
giovinezza come crescita. Concludendo con un commento al
brano di lGv 2,13ss., il Papa invita i giovani a riconoscere la
forza posta in essi dallo Spirito, per la lotta contro il male e per
l'umanizzazione del mondo.

Le giornate mondiali della gioventù. Con l'istituzione e il


suo personale contributo alla preparazione e alla celebrazione
delle giornate mondiali della gioventù, Giovanni Paolo II ha
rinnovato radicalmente una pastorale giovanile che forse
temeva definitivamente superati i tempi dei grandi raduni
giovanili nazionali e mondiali, in cui sacerdoti e vescovi sono
tornati a ^ssere in vivo dialogo con i giovani del nostro tempo.
Carisma personale e coraggio, sistematicità e convinzione, ma
anche chiarezza di idee quanto alla bontà della proposta
evangelica, sono le ragioni di un successo che non si è affatto
esaurito55.
La tabella allegata riporta in espressioni sintetiche i contenuti
salienti dei messaggi del Papa per le prime dieci giornate
mondiali della gioventù (1986-1995). Ne emergono alcune
indicazioni chiare, innanzitutto sulla logica che, di fatto, egli
sempre rispetta nel suo rivolgersi ai giovani: mostra di
conoscere la loro realtà, la loro sensibilità, la loro vita, per
calare così con maggior profondità e vitalità l'annuncio del
vangelo (ne basta una frase per generare una proposta), per
delineare infine sentieri di impegno e di conversione, personale
e comunitaria. Come un «vedere -

k Anche la complessa mobilitazione strutturale e organizzativa esigita dalle cele-^azioni


biennali delle Giornate mondiali della gioventù col Papa (a Roma, Buenos Ai- es> Santiago
di Compostela, Cszestochowa, Denver, Manila), è un dato positivo da trascurare. Il
Pontificio consiglio per i laici ha potenziato la sua sezione per i gio-. l< creato una apposita
Fondazione « Gioventù Chiesa Speranza » e una rivista a rag-1 ° mo,ndiale. Nelle Chiese
nazionali 1' appuntamento della Giornata mondiale stimola che uzlone di sussidi per
cammini di fede, l'attivazione di strutture di comunione ne 'jCfscntano la conoscenza e la
collaborazione tra comunità e gruppi diversi, un ge-ale fervore pastorale.

giudicare - agire» praticato senza schematismi o forzature, ma


per consapevole necessità di dialogo pedagogico.
Lo sguardo sui giovani è altamente positivo, seppur non privo
di realismo. Chi fa pastorale giovanile deve essere «innamorato
dei giovani», perchè essi si «innamorino di Cristo». Speranza,
ricerca, desiderio di una società più giusta, bisogno di essere
ascoltati e amati, ricchezza e scoperta, fame della verità,
dialogo con la Chiesa, autenticità... ma anche il rischio
dell'indifferenza e della violenza, tristezza e vuoto nel cuore,
fascino delle mode e dell'edonismo, nostalgia di ideali, false
forme di libertà, droga, delinquenza, erotismo... innanzitutto
bisogna conoscere e accogliere tutta la realtà di questi giovani.
L'approccio è sempre situato nel tempo e nello spazio, il Papa
infatti coglie i segni dei tempi e li ripropone alla meditazione e
al protagonismo dei giovani: la fine del millennio, i
cambiamenti all'est, i 500 anni dell'America ecc.
I contenuti evangelici sono chiari, fondamentali, presentati
con semplicità ma anche con un linguaggio caldo, stimolante,
che provoca al confronto personale con la Parola. Il
cristocentrismo è dominante, e intorno a Cristo via, verità e
vita, ruotano gli altri grandi temi della fede: Dio amore, la fede
e l'ascolto di Maria, la Chiesa, la figliolanza divina nello Spirito
Santo, la missionarietà. E costante la preoccupazione per
l'integrazione fede-vita, la vita nuova è sempre l'obiettivo da
raggiungere e sperimentare quotidianamente.
Gli impegni proposti ai giovani, per concretizzare man mano il
loro cammino di conversione, sono altrettanto radicali: la vita
come vocazione, la promozione umana, l'imitazione di Cristo e
una sua più profonda scoperta, fino alla comunione ecclesiale,
alla vera libertà e alla responsabilità per l'annuncio del vangelo

60
agli altri giovani. Se volessimo una categoria riassuntiva, che
faccia da sfondo * tutto ciò, non sarebbe difficile riconoscerla
nella propost* di «costruire la civiltà dell'amore», proposta
priva di so' ciologismo come pure di sentimentalismo,
piuttosto invito capace di incarnare storicamente il mistero del
Regno inaugurato da Cristo e attuato dai credenti, specie dai
giovani.

L'educatore dei giovani. Giovanni Paolo II preferisce


parlare dei giovani e ai giovani, piuttosto che teorizzare sulla
pastorale giovanile, sui suoi criteri e metodi. Tuttavia nel suo
magistero non mancano indicazioni di natura pedagogica.
Proclamando sin dagli inizi del pontificato che «Gesù Cristo è
la via principale della Chiesa» (RH 13) e che «l'uomo è la prima
strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua
missione: egli è la prima e fondamentale via della Chiesa» (RH
14), il Papa ricorda all'intera comunità dei credentj^la necessità
di conoscere la situazione, le domande e i bisogni dell'uomo,
per servire il suo vero bene rivelandogli la vocazione di figlio
di Dio e aiutandolo ad attuare la maturità della sua libertà nel
servizio. Una sensibilità educativa specificata nella Catechesi
tradendae, che rimarca il rapporto tra catechesi ed
evangelizzazione, il suo legame con l'esperienza e la sua
necessaria dimensione ecclesiale.
L'attenzione più forte al tema dell'educazione è però
significativamente espressa dal Santo Padre nell'ambito dei
suoi interventi sulla famiglia: «il compito dell'educazione
affonda le radici nella primordiale vocazione dei coniugi a
partecipare all'opera creatrice di Dio» (FC 36), prolungando
così il servizio alla vita nel diritto-dovere educativo che essi
hanno in quanto genitori. L'amore paterno e materno appare
come sorgente, anima e norma dell'azione educativa concreta,
esperienza indispensabile per formare i figli ai valori essenziali
della vita umana e alla loro graduale maturazione cristiana ed
ecclesiale, «al punto che la stessa vita di famiglia diventa
itinerario di fede e in qualche mo-,p lniziazione cristiana e
scuola della sequela di Cristo»
j-1 39). Giovanni Paolo II è ancor più chiaro e incisivo ella
recente Lettera alle famiglie:
La pastorale di Giovanni Paolo II
-----------
LO SGUARDO SUI GIOVANI L'ANNUNCIO DEL VANGELO LA PROPOSTA DI VITA NUOVA

1-1986 La comunità dei giovani di lutti i continenti... è la Chiesa. Le Guardiamo a Cristo, Gesù di Nazaret che viene a Gerusalemme. ...si apre una prospettiva nuova nella storia dell
Benedetto colui che viene generazioni che si rinnovano hanno sempre più bisogno di Il suo mistero pasquale: incarnazione e redenzione. Il Dio della prospettiva della morte a quella della VITA. Cr
nel nome del Signore! SPERANZA. Vita. ciascuno la sua chiamata: -Seguimi-. La sfida de
CHIESE LOCALI VITA COME VOCAZIONE
CRISTOCENTRISMO, APPROCCIO KERIGMATICO. Mt 21,9
II-1987 A coloro che cercano Dio con cuore sincero e vogliono costruire DIO È AMORE. Crescere in umanità, a partire dai valori dello s
Noi abbiamo una nuova società più giusta e fraterna, nelle nuove circostanze e Accogliere il suo dono di comunione, attende la nostra testimonianza di amore, di sol
creduto all'amore problemi... che ci rende figli di Dio e fratelli nel medesimo Spirito. Capacità e competenza delle giovani generazion
che Dio Giovani: una fase di speciale responsabilità e speranza, di crescita lGv 4,16 per rispondere ai nuovi problemi, per il bene in
ha per noi... della persona, di progetti di vita... il bisogno di sentirsi ascoltati e dell'uomo.
BUENOS AIRES amati. PROMOZIONE UMANA
Rischi dell'edonismo, dell'egoismo, dell'indifferenza e della
violenza...
III-1988 Fate quello che Il mondo è scosso da varie crisi, perde il senso della vita. Anno Mariano: IN ASCOLTO DI MARIA. Un progetto di vita basato su Cristo. Una vita c
egli vi dirà Tristezza, vuoto nel cuore, disperazione... pongono ai giovani gli Imparare a dire SÌ a Gesù, alla sua Parola, ai suoi progetti alla luce del vangelo. Imitazione della vita di M
CHIESE LOCALI interrogativi fondamentali. Come andare contro le mode e le e comandamenti. mariana (rosario). IMITAZIONE DI CRISTO E
opinioni dominanti? Cosa vuol dire credere e amare Dio: LA FEDE.
Un sublime modello di donna.
Gv2,5
IV-1989 Cristo via. Essere giovani è una singolare ricchezza, un'età di importanti La scoperta personale di Gesù Cristo è la più bella avventura della Nuova, più matura e PIÙ PROFONDA SCOPE
verità e vita scoperte. vita: propria vita.
SANTIAGO DI Giovani al bivio, senza sapere dove andare... Giovani affamati Cercarlo sempre più: preghiera, sacramenti, Pa
Cristo VIA, col suo Vangelo, i suoi comportamenti. Cristo
COMPOSTELA della verità... magistero...
VERITÀ, con la sua Parola. Cristo VITA, morto e risorto per noi.
Giovani animati da grande desiderio di bellezza, da grandi Portare Cristo agli altri. Portare il vangelo di Cristo nel terzo millennio
speranze... Gv 14,6 nuova civiltà.
Il mondo oggi è terra di missione, secolarizzata, pagana. Giovani: apostoli ed evangelizzatori del mondo
coraggio di parlare di Cristo, con lo stile di vita

1 1—'---------------------------------------------------------,--------------_____________
-------------------------
_
/ V-1990 1 Io sono la I giovani hanno tante cose da dire alla Chiesa... dialogo. La Il tema della CHIESA. Giovani, siate tralci vivi nella CHIESA, in com
vite, voi i tralci! Chiesa ha bisogno dei giovani: autenticità, voglia di f crescere, Tra Cristo e la Chiesa esiste un vincolo organico assai stretto e vite: nel battesimo, nell'eucaristia, nella riconci
CHIESE LOCALI freschezza. Numerosi giovani stanno riscoprendo la Chiesa... e profondo: la Chiesa è il mistero di Cristo vivente ed operante in preghiera.
cercano di più. mezzo a noi. L'immagine della vigna. Gv 15,5 Assumersi un impegno nella comunità ecclesia
Associazioni, movimenti, comunità ecclesiali giovanili. Vocazioni specifiche. Scoprire anche la Chiesa
parrocchiale.
VI-1991 Avete ricevuto Profondi cambiamenti che stanno avvenendo nel mondo, specie Alcune verità essenziali dell'insegnamento evangelico: ... per alimentare la vostra fede e dare impulso
uno spirito dafigli! all'est. la chiamata a diventare FIGLI DI DIO IN CRISTO NELLO Forti nella fede, per costruire la civiltà della ve
CZESTOCHOWA Alle soglie del 2000 il mondo cerca le vie per una convivenza più SPIRITO SANTO. Volate ad alla quota, verso mete degne dei figli
solidale. Accogliere lo Spirito Santo. fraterno. LIBERTÀ interiore ed esteriore. Affid
Giovani: nostalgia di alti ideali, anelito all'unità, costruzione di La santità è l'essenziale eredità dei figli di Dio. testimonianza di fede davanti al mondo.
una società più giusta. Quante false forme di libertà conducono La liberazione integrale, dal peccato ed anche esteriore
alla schiavitù. Rom 8,15
VII-1992 I giovani del mondo vogliono rinvigorire il proprio sì a Cristo e Lo Spirito che ci ha resi figli di Dio ci spinge all'evangelizzazione. Cristo vi affida la missione di comunicare agli a
Andate in tutlo il alla Chiesa. La Chiesa è per sua natura missionari» salvezza, partecipando alla costruzione del Regn
mondo e predicate il Le terre di missione si trovano in tutto il mondo: nuova Perché Cristo è la vera risposta .adeattese e alle domande Cristo, con la testimonianza della vita, con l'im
vangelo evangelizzazione. coraggio di parlare di Cristo in ogni ambiente.
dell'uomo.
II mondo dei giovani è terra di missione: crisi dei valori, Trasmettere alle generazioni future l'eredità de
CHIESE LOCALI
dubbio, consumismo, droga, delinquenza, erotismo..!
Nuove sfide alla pastorale giovanile. Il Signore non mancherà di accompagnarvi nella MISSIONE. Me
Guardare anche alla storia dei popoli (es. 500 anni America
latina).
16,15

vm-1993 Il bisogno di una nuova -unità- nel mondo si incontra con la Sono venuto perché abbiano la VITA e l'abbiano in abbondanza! Scoprire la VITA NUOVA in Cristo e irradiarla
Perché abbiano la vita... domanda di VITA che riempie il cuore di ogni uomo. Il giovane Gesù è la via per entrare nella vita, nella vita stessa di Dio, dell'esperienza umana, attraverso il dono di sé
attraverso i sacramenti e la vita nuova Gv 10,10 Fare un -censimento- dei luoghi, delle persone
DENVER scopre che -tutto dentro di noi ci spinge oltre noi stessi-. Attenti
presente come sorgente di vita.
ai profeti ingannatori e ai falsi maestri di vita...
IX-X-1994/5 lo Il desiderio di vedere il Signore abita sempre il cuore dell'uomo. All'indomani della Risurrezione, la missione per la nuova Accogliere la VOCAZIONE MISSIONARIA e f
mando voi... Inquietudini, speranze, incertezze dell'attuale stagione storica, evangelizzazione: il vangelo deve farsi comunicazione e speranza, di fede, di amore, costruttori di pace,
MANILA molte tentazioni e seduzioni... occorre diventare uomini nuovi. missione, di pace e riconciliazione. nuova evangelizzazione.
La gioia della Pasqua, fonte della missione.
Gv 20.21

62
«L'educatore è una persona che "genera" in senso spiri-
tuale. In questa prospettiva, l'educazione può essere consi-
derata un vero e proprio apostolato. E una comunicazione
vitale, che non solo costruisce un rapporto profondo tra edu-
catore ed educando, ma li fa partecipare entrambi alla verità
e all'amore, traguardo finale a cui è chiamato ogni uomo da
parte di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo»56.

/" ...............
Sviluppando le potenzialità insite nella teologia e spiritualità
\
del matrimonio, l'uomo condivide il dono della maternità fatto
alla sposa, ed entrambi i genitori educano attraverso
un'elargizione di vita, che determina un dinamismo di
reciprocità in cui anch'essi, genitori-educatori, vengono a loro
volta educati. A questa fase, modellata sulla paterna e materna
pedagogia di Dio, segue la fase dell'autoeducazione in cui il
giovane, fondato sulle solide radici esistenziali ricevute dalla
famiglia, continua da protagonista il suo cammino, in dialogo
con la Chiesa, nell'orizzonte della «civiltà dell'amore».
L'integralità di tale progetto formativo, connotato da una
evidente tensione vocazionale e apostolica57, è salvaguardata e
proposta con convinzione anche per itinerari specifici come
quello della formazione sacerdotale (cfr. Pastores àabo vobis), è
sottesa alle considerazioni di educazione morale espresse nella
Ve-ritatis splendor, ed è testimoniata con passione ai giovani
negli interventi già citati.
Per il Santo Padre, i giovani non sono solamente «oggetto
della sollecitudine pastorale della Chiesa», ma veri
«protagonisti dell'evangelizzazione e artefici del rinnovamento
sociale»: «in tanti paesi del mondo essi rappresentano la metà
dell'intera popolazione e, spesso, la metà nu-
56
Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie, 2 febbraio 1994, n. 16.

37
Già nei suoi studi sull'attuazione del Vaticano II, il Papa mostra una concezW ne
dell'apostolato come connotazione essenziale dell'essere cristiano, vocazione e ^ sione per
tutti e per ciascuno, dunque anche per i giovani. Con la conseguente esig di formazione
per tutti, chiamati ad acquisire la maturità della propria vocazione ne^
Chiesa: cfr. K. Wojtyla, Alle fonti del rinnovamento. Studio sull'attuazione del
Co» Vaticano Secondo, Vaticana, Città del Vaticano 1981.

126
merica dello stesso popolo di Dio che in quei paesi vive... già
sotto questo aspetto i giovani costituiscono una forza
eccezionale e sono una grande sfida per l'avvenire della
Chiesa» (CfL 45). A essi perciò il Papa chiede ripetuta-niente di
essere apostoli degli altri giovani.

2.6 Gli scenari futuri

La funzione della memoria, nella vita della Chiesa, è quella


di preparare la comunità e chi la guida a guardare con più
lungimiranza in avanti. Sapendo da dove si è venuti e
ricordando la strada percorsa, le difficoltà superate e gli
incontri che hanno rallegrato il cammino, il futuro non è più
motivo di paura, maduogo della speranza.

Futurologia pastorale. La giovane teologia pastorale va


perciò scoprendo anche una sua nuova branca: la futurologia
pastorale58, esigita soprattutto dalla complessità elevata e dal
rapido mutamento tipici delle società moderne, ove le scelte e
le azioni pastorali spesso non hanno il tempo di sedimentarsi e
incidere in profondità. Dando vita a una versione particolare
del percorso classico della riflessione teologico-pratica, essa si
preoccupa di elaborare una prognosi delle sfide più rilevanti
per il futuro59, di rinnovare l'utopia cristiana come via verso il
nuovo, di pianificare modelli di azione coerenti con tali
premesse.
I giovani sono certamente una validissima «cartina al
tornasole» del cambiamento che la Chiesa deve intuire e

.58 Per ampliare queste riflessioni, cfr. P. M. Zulehner, Teologia pastorale 4. Futu-1992*"
fastora^e' ^a Chiesa in cammino verso la società ài domani, Queriniana, Brescia
■ 59 T
ni 1- \soc'0'°gii impegnati soprattutto nella diagnosi e nella prognosi, vedono una Validi* ci'
SV U
^ PP' a Dreve e medio termine: la scomparsa progressiva delle forme sa-£ al d f e^Perienza
religiosa (con la creazione però di nuovi idoli, di una religione che Posso' r' delle religioni),
0
l'aggravarsi delle tensioni dentro le istituzioni religiose (che desi f ancne uscirne purificate
e rafforzate), la proliferazione della religiosità extraec-cit ae' ^el'e sette ecc., l'espansione del
secolarismo (cfr. G. Milanesi - J. Bajzek, op. PP- 139-146).

preparare, come luogo in cui possa compiersi la verità del


disegno di Dio. La ricerca della pace mondiale nel crocevia
delle conflittualità locali e del mercato delle armi è una prima
grande ansia dei popoli, una minaccia verso le giovani
generazioni, ancor oggi troppo spesso vittime inermi di orrori,
genocidi, violenze inaudite per il livello di «civiltà» raggiunto
dall'uomo contemporaneo. La sfida dell'ambiente, connessa al
problema demografico e all'esigenza ^di risorse alimentari e
produttive che siano disponibili e sufficienti per tutti, con un
po' meno sperequazione di oggi, appassiona i giovani, che
aderiscono a movimenti ecologici in ogni paese. Un risvolto
particolarmente inquietante di questo fronte scientifico è il
progresso della genetica, coi grandi problemi di bioetica che

64
già rischiano di trovare l'opinione pubblica distratta o
assuefatta. Altre spinte vengono dal movimento femminista,
da quello degli omosessuali, da ogni tentativo di smontare e
ricostruire i ruoli sociali, rendendo magmatica la convivenza e
spesso vanificando anche le più legittime aspirazioni di
promozione umana. L'informatizzazione procede a velocità
stupefacente: siamo già nella società post-industriale, ma cosa
significherà vivere, crescere, essere giovani e credenti nella «so-
cietà virtuale?». E con quali conseguenze sul rapporto del-
l'uomo con il lavoro, sul realismo e la fedeltà della comu-
nicazione?
Il cristianesimo ha ancora una parola da dire anche per
questo futuro, al quale spesso si preferisce non pensare. Anzi,
ha «la Parola», seppur assediata da religioni e mistiche di ogni
estrazione culturale, spesso di tono sincreti-sta e avvenirista
(basti ricordare la «New Age»). La Parola, attraverso la
testimonianza gioiosa e coraggiosa dei credenti, indica alla
pace il sentiero della giustizia e della misericordia evangelica,
al problema ambientale prospetta l'armonia del disegno
creaturale in cui anche il rapporto tra i sessi è chiamato a una
pienezza di significato sempre proponibile e raggiungibile.
Davanti alle innovazioni tecnologiche e al ruolo dei mass-
media, da tempo la Chiesa esprime interesse, ma fino a che
punto potrà spingersi? Uno scenario provocatorio:

«Qualcuno ipotizza e progetta già la pastorale giovanile


del 2005, immaginando il futuro di allora nel seguente
modo.
I giovani che vogliono fare un cammino umano e di fede
hanno a loro disposizione un luogo d'incontro che equivale a
un centro operativo, a una stazione trasmittente, a un nodo di
comunicazioni e di servizi: il centro di un vasto sistema di
interrelazioni e di circolazione di messaggi.
In esso funzionano alcuni telefoni, il maggior numero pos-
sibile, che ricevono chiamate urgenti, domande di aiuto, ri-
chieste di consigli da parte di giovani che si trovano in situa-
zioni diverse: emigranti, in cerca di lavoro, sulla via della dro-
ga, desiderosi di dialogare su questioni religiose, con problemi
scolastici o di rapporti familiari, assetati di spiritualità, con la
voglia di impegnarsi nel proprio ambiente o in qualche altra
parte del mondo.
Ai telefoni lavorano giovani e adulti impegnati nella solu-
zione dei problemi: formano équipes di dialogo a distanza,
preparano incontri e attività per chi li richiede.
Una memoria organizza i dati relativi alle disponibilità e i
punti di appoggio per i diversi servizi ufficiali o privati, pro-
fessionali o familiari; raccoglie nomi, risultati parziali o totali di
ognuna delle soluzioni tentate, nuove vie da percorrere,
persone che possono essere coinvolte in ognuna delle varie fasi
e operazioni, nuovi fronti o gruppi da contattare.

65
II centro dispone di una videoteca ben fornita di temi umani
e religiosi. Gruppi di giovani la usano per "educare ed evan-
gelizzare", nelle sedi più diverse, secondo possibilità e do-
mande: scuole, famiglie, sedi di quartieri, gruppi giovanili.
Serve anche per preparare l'Eucaristia e talvolta per intro-
durre un'omelia. Il televisore, su grande schermo, entra in
Chiesa, così come la luce elettrica, il riscaldamento o gli im-
pianti per il suono.
Un altro gruppo di giovani si dedica allo spettacolo: porta ln
ambienti giovanili e popolari rappresentazioni che intrat-
tengono, divertono e fanno riflettere. Si diffondono sempre più
le arti espressive per comunicare, avverandosi quanto nel 1988
si era previsto: in un certo momento del prossimo decennio
l'arte sostituirà lo sport come attività dominante nei momenti di
riposo della società. Passeremo dal calcio al balletto. Ci sarà
una lotta feroce tra arte e sport per l'occupazione del tempo
libero (cfr. J. Naisbitt - P. Aburdene, Mega-trends 2 0 0 0 ,
Rizzoli, Milano 1990, 86) »60.

Tornando alla prassi, alla pastorale concreta, più che so-


gnare a occhi aperti, è urgente ritrovare le ragioni profonde
della speranza, per formarvi le coscienze e attingervi criteri di
azione, per rinnovare uomini, parole, luoghi e strutture. E in
fondo la via della formazione permanente, già additata e
battuta da molti, via che esige maggiore incisività simbolica,
creazione di stili di vita realmente alternativi, maggior stima
dell'azione politica e delle sue interconnessioni con la vita
ecclesiale.

Un dialogo mondiale. Mentre Giovanni Paolo II sta ani-


mando la preparazione del giubileo del 2000, mobilitando tutti
alla nuova evangelizzazione, l'apertura al futuro si può anche
imparare gradualmente, cominciando col vincere campanilismi
anacronistici, chiusure ed estraneità che troppo spesso
affliggono e immiseriscono l'esperienza delle comunità
cristiane. Sentendosi Chiesa universale e guardando se, per
caso, nella realtà del vicino, o anche del popolo lontano, non si
stiano già verificando fenomeni e sperimentando ipotesi di
lavoro che — presto o tardi — r1' guarderanno anche noi.
La situazione mondiale è caratterizzata dalla compre; senza
di contesti socioculturali diversi e complessi: alcun1 segnati
dall'abbondanza dei beni materiali, altri dall'i10' poverimento
inarrestabile. Contesti in cui è forte la Pre senza di altre
religioni, saldamente innestate nella cultura

60
J. E. Vecchi, Pastorale giovanile, op. cit., p. 307.

e nella vita sociale dei popoli, ove lo spazio per la Chiesa è


proporzionale al suo impegno di servizio agli ultimi. Altrove
sono in atto rapidi processi di decolonizzazione, rispetto ai

66
quali una nuova proposta educativa e culturale è generalmente
in ritardo (purtroppo, proprio dove i giovani sono più
numerosi e bisognosi). Intere nazioni e comunità sociali stanno
vivendo un nuovo inizio, dopo il crollo dei regimi totalitari, e
diverse sono le condizioni per lo sviluppo della religiosità.
Crescono i particolarismi etnici, intorno all'esaltazione di valori
umani e sociali, spesso anche religiosi.
In Europa, ad esempio, oggi esistono tante «gioventù»:
differenze di condizioni di vita, di mentalità e cultura, di
caratteristiche e atteggiamenti della personalità rispondono
non solo a diversi contesti, ma^anche alla varietà di mondi
giovanili nei medesimi paesi. La modernizzazione crescente ha
imposto ulteriori trasformazioni che, viceversa, vanno nella
direzione di una crescente omologazione: dal-
l'industrializzazione del secolo scorso, essere giovani significa
prepararsi e qualificarsi per il lavoro e la professione futura. La
gioventù modernizzata è spinta alla socializzazione e alla
qualificazione, all'indipendenza e all'autonomia senza le quali
è impossibile l'adattamento a una società complessa. Il calo
numerico e gli altri problemi emergenti dalle diverse indagini
rendono l'adolescenza una fase autonoma della vita, che pure
si manifesta in forme diverse nei vari paesi europei61.
In America latina, i documenti ecclesiali guardano alla
gioventù come a un «nuovo corpo sociale», all'interno del
quale è comunque possibile riconoscere l'esistenza di si-
tuazioni assai diverse, spesso senza collegamenti tra loro
uicapaci di generare un chiara coscienza collettiva: «la
poventù contadina, quella dell'ambiente urbano "popo-
e
> gli studenti e universitari, i giovani lavoratori, la

61
Cf
eriche S M Munchmeier, Le differenti «gioventù» d' Europa, in NPG 7 (1993) 18-29; ■ "ubner-
Funk, Quo vadis, gioventù d' Europa?, in NPG 9 (1993) 38-52.

gioventù in situazioni critiche diverse, la gioventù indigena»62.


I «nuovi bisogni» pertanto non possono caratterizzare la
maggioranza dei giovani, alle prese drammaticamente con
istanze assai più basilari. Davanti alla povertà e alla
consapevolezza delle sue cause strutturali, maturano prese di
posizione divergenti sia nella società che nella Chiesa, la quale
può spendere ancora un forte potenziale di autorevolezza
morale e spirituale nei confronti del popolo.
I documenti di Puebla parlano di «scelta preferenziale per i
giovani»63 premettendo alcuni rilievi sulla situazione della
gioventù: gioventù come atteggiamento della vita, non solo
come età cronologica (1167); stagione caratterizzata
dall'anticonformismo, dallo spirito di rischio, dalla capacità
creativa, dall'aspirazione alla libertà, dall'autenticità e dalla
semplicità (1168); la gioventù può dare dinamismo rinnovatore
all'intera società, purché sia accolta dagli adulti, e non sia
disorientata dal conflitto generazionale, dalla civiltà dei

67
consumi, da droga e sessualismo, dall'ateismo, da
manipolazioni negli ambiti della politica e del tempo libero
(1170-1172). Luogo educativo primario è la famiglia e
particolare attenzione va data alla gioventù femminile (1173-
1174); in America latina i giovani soffrono differenziazioni
sociali fortissime, sia nel rapporto con la cultura e il lavoro, sia
negli atteggiamenti verso la società e la vita; «non pochi hanno
scoperto la gioia dell'incontro con Cristo, nonostante le molte e
dure esigenze della sua croce» (1177). La Chiesa deve
abbandonare ogni sfiducia e incoerenza verso i giovani, che
d'altronde spesso guardano a essa come spazio di libertà e
strumento di contestazione (1178-1180).
Gli anni che vanno da Puebla all'ultima conferenza ai Santo
Domingo (1992) sono densi di avvenimenti e trasformazioni,
nella Chiesa come nella società latinoamett-

62
J. E. Vecchi, Pastorale giovanile, op. cit., p. 19.
63
CELAM, L'evangelizzazione nel presente e nel futuro dell' America Latina, &
Bologna 1979, nn. 1166-1205.

cana, di cui rimangono segni emblematici autentici martiri


della fede e della solidarietà con gli ultimi. Una scelta di campo
assunta dal papa Giovanni Paolo II e presentata a tutta la
Chiesa nell'enciclica Sollicitudo rei socialis (n 47)64.
La pastorale giovanile si va muovendo su questo sfondo. Ne
è stato un segno il congresso dei giovani latinoamericani
tenuto a Cochabamba (Bolivia) nel gennaio 1992 e culminato
nella formulazione di documenti chiari e provocatori, che
rispondono a precise domande: Chi siamo? In chi crediamo?
Quale nuova America latina vogliamo? Cosa ci impegniamo a
fare?65. Nel cammino verso il terzo millennio di fede cristiana,
la Chiesa latinoamericana ha ribadito a Santo Domingo
l'opzione per i giovani, impegnandosi a concretizzarlarin una
pastorale giovanile organica, che sappia valorizzare tutti i
processi positivi sviluppatisi a partire da Puebla66.
In Africa, la popolazione giovanile supera enormemente
quella adulta ed è il soggetto di fenomeni macrosociali come
l'esodo rurale e l'urbanizzazione incontrollata, che costringono
comunque la maggioranza a vivere nella precarietà di salute,
educazione, lavoro, esistenza. Giovani che arrivano dai villaggi
alle città in cerca di lavoro per sopravvivere, tra cui le frange
dei lavoratori, dei vagabondi; giovani delle aree rurali
fortemente depresse ma ancora attente ai valori della fede e
delle religioni tradizionali; gli studenti, che si frammentano in
sottogruppi.
Si tratta veramente di un mondo in stato di emergenza, sia
negativa che positiva, ove la rapida decolonizzazione na
scatenato energie a volte incontrollate, a volte maturate in
servizio educativo, culturale, assistenziale. Il recente Sinodo
dei vescovi per l'Africa ha posto l'accento soprat-

68
ln
^fC 7 (1992) 13-22.
VaK . IV Conferenza Generale dell'Episcopato latino-americano, Opzione per i gio

6j Cfr. L. A. Gallo, Il lungo cammino verso la «terra nuova», in NPG 7 (1992) 4-12. Cfr. D.
Sigalini, «Giovani, con Cristo costruiamo una nuova America Latina»,
r-
m NPG 1 (1993) 110-111.
66 ,

tutto sul problema di una urgente e corretta inculturazio-ne del


vangelo e dell'esperienza cristiana, in un costante lavoro di
evangelizzazione e insieme di promozione umana.
La situazione dell'Asia è molto più eterogenea e complessa: il
Giappone ripercorre, quanto a sviluppo economico e culturale,
la situazione occidentale, pur sviluppandola in maniera
originale sul piano dei valori e della religiosità; altri paesi
stanno vivendo un processo di industrializzazione e sviluppo
che pone rapidamente problemi formativi ed educativi.
Situazione specifica, sul piano della povertà e dei problemi che
pone in senso pastorale, è quella dell'India, ove ben il 60 per
cento della popolazione ha meno di 24 anni, e la maggioranza
dei giovani ancora lavora nell'agricoltura, senza però maturare
per questo consapevolezza del proprio ruolo sociale.
Nei grandi agglomerati urbani hanno forte presa le mode
importate dall'Occidente, mentre nell'ambito familiare e sociale
delle aree rurali resistono i costumi della tradizione. La
disparità tra le classi pone anche in questo contesto problemi di
giustizia sociale e di coscientizzazione. Un caso a parte è
rappresentato, quanto a religiosità e cultura cristiana, dalle
Filippine, una vera «testa di ponte» della presenza della Chiesa
nel continente più popoloso e meno evangelizzato del pianeta.
Sapendo che questi cenni sono insufficienti a rappresentare
adeguatamente sia la ricchezza, sia la drammaticità delle
prospettive che si aprono sul futuro dei giovani e del loro
incontro con la fede cristiana, il cammino continua, animato
dalla speranza di chi ricorda sempre le promesse del Signore:
«Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose
antiche! Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia,
non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada...» (Is
43,18-19).
Fatti per camminare
Educare per obiettivi

69
L'immersione appassionata e non acritica nei diversi livelli
di lettura del mondo giovanile, tanto in prospettiva sincronica
che diacronica, esige, a questo punto del percorso, una più
evidente scelta di campo, che possa sciogliere un nodo centrale
della problematica pastorale e catechetica. Prima di interrogare
sistematicamente rivelazione e teologia, al fine di raccogliere i
criteri su cui imbastire una nuova progettualità di pastorale
giovanile, dobbiamo riappropriarci del peculiare carisma rac-
chiuso nel compito educativo affidato dal Signore alla sua
Chiesa.
Lo impone l'esistenza stessa di giovani da iniziare al mistero
di Cristo, a gesti e linguaggi per viverlo appieno, nelle
coordinate spazio-temporali e socio-culturali in cui la Prov-
videnza ci ha posti. Vedremo dunque che fare educazione non
è un optional per la comunità ecclesiale, ma è servizio aU uomo
anche quando assume la forma della catechesi, e conduce alla
fede nella misura in cui si incarna quotidianamente. Vedremo
l'originale approccio educativo racchiu-So nello stile
dell'animazione. Rifletteremo sulla necessa-ri.a gradualità di
obiettivi attraverso i quali elaborare coi Rovani un progetto di
vita centrato su Cristo Signore. È anche questo un contributo
necessario a comprendere come la logica del cammino informi
di sé ogni autentico intervento educativo1.

3.1 La carità dell'educazione

Carità è dare Gesù Cristo, anche nelle forme esigenti del-


l'impegno sociale e politico, della solidarietà con gli ultimi,
sentendo la caritas non come delega a specialisti ma come fatto
parrocchiale e perciò pienamente ecclesiale. Per essere
veramente testimoni di carità, occorre stare sulla strada, agli
incroci e sulle banchine delle stazioni, non nel chiuso di asettici
luoghi ecclesiali: solo cosi possiamo vedere il nostro prossimo,
il povero e il «nuovo povero» che tendono naturalmente a
essere invisibili e che tuttavia attendono un gesto di
compassione (cfr. Le 10,29-37). Per operare una carità che crei
condizioni di legalità e di giustizia (cfr. Dt 32,4; Sai 118),
cominciando col «bonificare» i nostri stessi schemi mentali e
stili di comportamento, spesso tentati di difendere privilegi e
cercare scorciatoie.
Carità è anche dire Gesù Cristo2: la carità della verità che
diventa vita, che rimette in piedi l'uomo senza senso. Questo
esige il coraggio di verificare la qualità della nostra
comunicazione religiosa, spesso vuota di messaggio perché
incapace di sintonizzarsi e interagire con la mentalità e il
linguaggio di destinatari immersi in un mondo tanto diverso
da quello del sacro. Un terreno d'incontro esiste, è la comune

70
passione per la vita, di cui il Regno è fonte e culmine, e su
questo tema è possibile e urgente parlare non solo il linguaggio
della strada, ma un linguaggio che, pur essendo
profondamente incarnato, sia anche religi0'
stI
1
Un accostamento sintetico e particolarmente efficace all'educazione come ^1
e parabola del Regno è quello di J. M. Petitclerc, Educare oggi per domani, Ldc, i°r
Leumann 1989. en.
2
ETC esordisce proprio con l'affermare che, secondo il principio della dupHsa del
pane della Parola e del pane della eucaristia-carità, la Chiesa «è chiamata a ^ piere
l'annuncio del vangelo come primo e fondamentale atto di carità verso 1ce
11
(n. 1).

so, cioè «buchi» l'esistente, lo illumini e lo trasformi. Un


linguaggio cui non sia estranea la dimensione della poesia,
della creatività, dell'arte e... del silenzio.
Punto di incontro tra il dire e il fare è la carità dell'educazione:
prima di «educare i giovani al vangelo della carità» (l'obiettivo
alto proposto dalla CEI in ETC 44-46), è infatti necessario
rivitalizzare la paternità e maternità, la fecondità delle nostre
comunità3, chiamate a dare vita, a dare l'anima (animare), a
educare (e-ducere, trar fuori, valorizzare e promuovere) ogni
uomo. I giovani, che oggi per un verso sono più flessibili e
meno ostili, ma pur sempre «orfani» di un'autentica paternità
spirituale. E anche gli adulti, che domandano, magari
timidamente, forme di incontro e aggregazione che vincano la
solitudine, opportunità di ascolto che ridiano la parola sui
problemi della vita, risposte sperimentabili hvtontesti di
accoglienza e relazione significativa.
In genere l'educazione religiosa e la catechesi vengono
ascritte, nelle sistematizzazioni della pastorale, all'ambito del
servizio della Parola. Non stupisca quindi questa sottolineatura
diaconale, perché il bisogno di carità educativa emerge
drammaticamente anche all'interno delle nostre comunità, tra
gli operatori pastorali: quando percepiamo la stanchezza e il
pessimismo, lo scoraggiamento di alcuni fratelli, quando
sperimentiamo personalmente queste condizioni, allora si
misurano l'intelligenza, la finezza e la profondità della nostra
carità.

Tra bisogni e itinerari. Nel giovane maturano e affiora lo


bisogni diversi, di carattere bio-psicologico, sociale, am-
bientale, bisogni sempre più relativizzati e confusi tra lo- r°> dei
quali si perde di vista il senso globale, per una nuo- Va qualità
della vita. I comportamenti giovanili sembrano

UrgeJj^.RdC 200 affermava che prima dei catechismi e dei catechisti, sarebbe stato
'l)1El«gnannnC-Vare mentantà e testimonianza delle comunità; ETC 26, citando CfL 34, °ggi a
«rifare il tessuto cristiano della comunità ecclesiale».

guidati da motivazioni e suggestioni culturali caratteristiche


della società attuale, specie nel mondo occidentale: in-
dividualismo e soggettivismo, edonismo, egualitarismo, li-
bertarismo, prevalere del sentimento sul pensiero. Ne risulta

71
un rapporto difficile dei giovani con i loro ambienti di vita:
alcuni si autoemarginano, alcuni cercano qualche forma di
adattamento individuale, alcuni si integrano passivamente ecc.
4 II territorio, e le agenzie di socializzazione che lo costi-
tuiscono, la Chiesa locale con le sue diverse forme di presenza
pastorale (nella scuola, nel mondo del lavoro, nei gruppi di
amici, nel tempo libero, nelle parrocchie e nelle associazioni
cattoliche), non possono solo rilevare o generare i bisogni, ma
devono poterli trasformare in domanda educativa, offrendo
stimoli e servizi più adeguati, attivando una vera
comunicazione con i giovani. Essi devono poter sentire
l'ambiente e la Chiesa in cui vivono, come un supporto alla
loro domanda educativa, come un luogo in cui questa può
trovare risposta. L'emergenza giovani domanda di essere presa
in carico da tutta la collettività, impegnata solidalmente in un
«patto educativo» che non miri solamente a curare le patologie,
ma le prevenga creando contesti positivi per il dialogo con le
domande giovanili.
I giovani rappresentano una risorsa sociale, purché i bisogni
e le urgenze che caratterizzano la loro vita abbiano la
possibilità di essere ascoltati e di incidere nel processo di
cambiamento sociale. Emergono come delle tensioni verso il
futuro4.
Dalla marginalità, dal prendere coscienza della possibile o
reale condizione di marginalità, può nascere una domanda di
partecipazione, di appartenenza, di responsabilità, fino a un
vero e proprio protagonismo. Dalla frammentazione, accettata
in ciò che può avere di positivo, p u0 nascere una domanda di
riflessione interiore, di riscopet' ta della propria personalità,
per dare unità e significato al-

4
Cfr. G. Milanesi, I giovani nella società complessa, op. cit., pp. 141-153la propria
esperienza. Dalla crisi dei valori che ha impoverito l'identità
dei giovani e il loro cammino all'autorealizzazione, può
nascere la domanda di soddisfare nuovi bisogni, di esprimersi,
di creare, verso una ricostruzione della propria identità.
Dalla mancanza del tempo, dovuta alla noia e al presen-
tismo, può nascere una nuova consapevolezza del valore del
tempo, individuale e sociale, fino a una riconquista della
propria storia e del futuro, in termini di progetto.
L'esperienza ha già dimostrato che non basta rispondere con
la creazione di luoghi, strutture, contenitori spesso vuoti di
valori e significati autorevoli, che possano dare senso a una
vita complessa e frantumata. Dentro le politiche giovanili e
scolastiche, si apre uno spazio privilegiato per la pastorale, che
deve offrire itinerari che valorizzino l'interiorità, la spiritualità
come nucleo di integrazione della personalità.
Scorrendo la storia del popolo cristiano e del suo pere-
grinare nella fede, non possiamo misconoscere la creatività con

72
cui si sono susseguite opzioni educative e mentalità pastorali
che hanno generato veri e propri itinerari di fede. Si tratta di
un patrimonio prezioso, cui attingere con fedeltà e libertà per
rigenerare una nuova carità educativa. L'esempio del Rito
dell'iniziazione cristiana degli adulti è, in tal senso,
paradigmatico: la realtà di secolarizzazione e post-
cristianesimo che preoccupa oggi la Chiesa ha sapientemente
mosso al confronto con la stagione delle origini, per ispirare
una nuova missionarietà. La lezione del catecumenato antico si
è rivelata assai utile, seppur bisognosa di aggiornamenti e
adattamenti: realisticamente si guarda a formare «anche coloro
che, pur già battezzati, non hanno ricevuto alcuna educazione
né catechistica né Sacramentale»5, riconoscendo che la prassi
pastorale di toera sacramentalizzazione non incide nella vita.
L'intui-

Jione^ni' ^~'t0 dell'iniziazione cristiana degli adulti, Vaticana, Roma 1978, Presentala
Conferenza episcopale italiana, p. 11.

73
zione de II rinnovamento della catechesi circa la necessità di una
catechesi permanente (n. 134) si concretizza nell'offerta di un
itinerario integrale, appunto di tipo catecu-menale,
differenziabile concretamente in rapporto alle situazioni
specifiche.
Nel capitolo precedente abbiamo visto come la fantasia
pastorale della comunità cristiana abbia dato vita anche ad altre
esperienze, sviluppate sul fecondo humus della pedagogia stessa
di Dio. Il cardinale Martini, nel piano pastorale già citato, si è
concretamente occupato degli itinerari educativi che i credenti
devono percorrere secondo il disegno di Dio. Innanzitutto il
grande itinerario biblico, dal quale si impara a fare i conti con le
molteplici vie di Dio, attraverso una lettura meditativa, orante
ed ecclesiale della Scrittura: «Soggetto attivo e promotore del
grande itinerario educativo dell'umanità è dunque Dio Padre,
Figlio e Spirito Santo. Sotto di lui e in comunione con lui
soggetto educativo è la Chiesa di Gesù, e in lei ogni altro
soggetto autorizzato e sottomesso allo Spirito d'amore» 6. Come
la virtù teologale dell'amore cristiano ha nel mistero trinitario la
sua sorgente e la sua norma, ugualmente la sua espressione
educativa è riflesso dell'amore eterno di Dio.
Viene quindi ribadita l'attualità dell'itinerario sacramentale
che, facendo unità tra Parola, sacramento e vicenda umana,
rende possibile vivere la vita nella sua dimensione pasquale. Su
tale base si può e si deve percorrere anche l'itinerario spirituale
e morale riassumibile nell'invito « Diventa ciò che sei! »,
facendo attenzione alle virtù teologali ma anche a quelle
cardinali che le completano e incarnano. Itinerari di educazione
alla fede sono anche l'anno liturgico, pedagogia di attesa e
compimento e di nutrimento quotidiano della vita spirituale; la
dimensione catecu-menale propria dell'iniziazione cristiana e di
ogni pastorale che seriamente voglia condurre alla maturità di
fede
l'intera comunità; le forme specializzate di educazione cristiana
attuate nella vita monastica o nei seminari.
In tale molteplicità di gesti e iniziative, si esprime ma non si
risolve la dimensione pedagogica del ministero pastorale nei
confronti dei giovani. Se la Chiesa è necessariamente
testimonianza della carità che scaturisce dal vangelo (cfr. ETC
27-28), è infatti la sua stessa immagine a essere messa in
questione, la sua maturità di comunità adulta, capace o meno
di proporsi come generatrice di nuovi figli all'esperienza di
Cristo7.
E poi, in che misura si può distinguere l'educazione alla fede
dall'educazione senza attributi specifici? Nell'azione di genitori
ed educatori — si chiede G. Angelini 8 — si può separare un
momento che miri alla fede e uno che miri alla maturità
umana?
Quante difficoltà concrete incontra il compito educativo
nell'esperienza quotidiana: il primato della persona sembra
difficilmente compatibile con l'oggettività delle norme morali;
formazione ed educazione vengono usati come sinonimi con
grave confusione nei significati; permangono «luoghi comuni»
sull'educazione come puro «trarre fuori» (e-ducere),
sull'attivismo esperienziale di certa autoeducazione,
sull'educazione come socializzazione, apprendimento
culturale, sul rapporto di reciprocità tra educatore ed
educando.
Proprio l'accennata interpretazione della carità come gesto
che promuove e come annuncio che libera, può riconciliare
posizioni altrimenti in facile contrasto.
Su questa base diventa comprensibile anche il senso e la
necessità dell'autorità (auctoritas: capacità di far cresce-rf)> di
cui non può fare a meno ogni vero rapporto educalo, in cui
l'attenzione al giovane educando non è pura

re■ ."■ F- G. Brambilla, Lìnee teologiche per la pastorale giovanile, in Aa.vv., Educa-
&>ovani alla fede, op. cit., pp. 99-102. Presi, i r Angelini, Educazione alla fede nella
cultura contemporanea, in Aa.vv., // pp 9 V® educatore, Piemme - Centro ambrosiano, Casale
Monferrato-Milano 1989,

accondiscendenza, ma espressione di paternità, prolunga-


mento del dono della vita, offerta di modelli e valori.
Se l'uomo è fatto per camminare, questo non implica che
necessariamente ogni esperienza sia per lui formativa e
arricchente; la piena occupazione del tempo libero dei ragazzi,
saccheggiato da mille diverse attività non sempre liberamente
scelte e soprattutto prive di uno spazio di identificazione
personale, lo conferma drasticamente. L'attivismo senza un
progetto, Pesperienzialismo senza conti-^nuità e coerenza, non
incidono sulla qualità della vita.
L'apprendimento culturale autentico, la socializzazione
rispettosa della verità e della libertà, hanno bisogno di un'at-
tenta integrazione simbolica di vissuti e significati altrimenti

75
scollegati e ininfluenti: si rivela il limite del solo sapere posi-
tivo, che non tocca e non qualifica la coscienza del soggetto.

3.2 L'educabilità della fede

L'integralità dell'autentico fatto educativo è la chiave di


lettura dell'insegnamento della Chiesa in materia, come il
concilio Vaticano II e numerosi documenti successivi
testimoniano eloquentemente. «La vera educazione deve
promuovere la formazione della persona umana sia in vista del
suo fine ultimo sia per il bene delle varie società, di cui l'uomo
è membro e in cui, divenuto adulto, avrà missioni da svolgere»
(GE 1).
Più specificamente, parliamo di educazione cristiana
quando la maturità propria della persona umana è ricercata e
conseguita contestualmente alla conoscenza, esperienza e
coscienza del mistero della salvezza, al fine di imparare ad
adorare Dio in spirito e verità, e vivere la vita dell'uomo
nuovo, dell'uomo perfetto, misurato sulla statura della
pienezza di Cristo9.

9
Cfr. GE 2, sullo sfondo della più articolata e incisiva proposta antropologi 0^ GS 22.
L'intenzionalità tipica dell'educazione è la promozione della personalità, a

D'altronde, l'esperienza di fede è costitutivamente aper ta,


bisognosa di fondarsi su un'autentica esperienza umana che,
illuminata dalla Parola, dono gratuito di Dio, si apre a una
novità insospettata di vita. Si delinea un primo itinerario
assolutamente radicale: l'uomo che si apre al rapporto con
l'altro, con l'Assoluto, che è il totalmente Altro, procede
esistenzialmente verso le soglie della religiosità e della
credenza; ma solo aprendosi alla rivelazione-conoscenza di
Gesù di Nazareth, del suo vangelo e della sua pasqua, può
dirsi ed essere cristiano. Per tornare con una intenzionalità
nuova, appunto «spirituale», alla realtà e alla storia che
verificano la significatività della sua stessa esperienza di fede10.
Cercando di dare spazio adeguato all'umano nel divenire
dell'esperienza cristiana, scartiamo le soluzioni su-
perficialmente dualiste, venatie di antropocentrismo o di
soprannaturalismo, e scegliamo la strada segnata dall'evento
dell'incarnazione, e dalla duplice fedeltà, a Dio e all'uomo11.

Il vangelo dell'educazione. È ormai patrimonio comune


definire la catechesi e la pastorale giovanile indistintamente
come «educazione alla fede» o della fede, o nella fede.
Evidentemente si suppone un concetto dinamico di fede, non
tanto intesa come deposito di verità immutabi-

verso una relazionalità significativa che rispetti il protagonismo dell'educando, chiamato a


diventare persona libera e responsabile, capace di dare senso alla vita nella scoperta dei
suoi grandi valori. «In questo lavoro di ricerca di identità, non sembra senza significato,
umano e culturale, una viva e ragionata apertura all'orizzonte e alla vita 01 fede» (C.
Nanni, Educazione, in DPG 279).
Cfr. G. Moioli, Esperienza cristiana, in S. De Fiores - T. Goffi (cur.), Nuovo dizionario dì
spiritualità, Edizioni Paoline, Roma 1979, pp. 536-542, che sottolinea come t^cljIstlano vive la
propria attualità storica come memoria e presenza, contemporanei-
j,?, Svenimento di Cristo, rispetto al quale si giustifica l'identificazione della vita et j
es
Perienza cristiana come vita ed esperienza « nello Spirito », come vita spirituale. s . n.
160 de 11 rinnovamento della catechesi riconcilia, con questa formula di grande
V enza pastorale, istanze antropologiche e kerigmatiche dell'immediato post-Concilio, sto i
ln ut
d tivi e deduttivi, provocando il fervore di riflessione e sperimentazione pa-•fion C^e ^a
c
°ndotto, attraverso gli ultimi decenni, a prospettive più feconde di ar-2zazione reale tra
evangelizzazione ed educazione.

li, quanto come disposizione soggettiva nei confronti della


Parola e della vita che ne promana.
La fede stessa, fondandosi sulla rivelazione, accoglie un
contenuto salvifico trascendente, il mistero di Dio in Cristo,
incarnato in un segno storico, concreto. Se dunque la
rivelazione assume la vita quotidiana come strumento
espressivo, il rapporto tra educazione e fede deve essere
necessariamente molto stretto.
Diversamente, si cade in una dipendenza gerarchica del-
l'educazione dalla fede e dalla teologia (e viceversa), o in una
separazione dialettica che crea un abisso incolmabile tra i due
ambiti. L'ineffabilità del contenuto comporterebbe, in tal caso,
l'impossibilità di educare alla fede.
La trasmissione della fede, nonostante la crisi delle sicurezze
ereditate dal passato, in cui la socializzazione religiosa
avveniva senza apparenti difficoltà, è oggi sempre necessaria e
possibile per la natura stessa della fede. Perché la fede ha un
contenuto oggettivo che esige di essere manifestato, confessato,
da chi lo ha accolto; perché l'accoglienza della buona notizia
imprime un dinamismo missionario alla fede stessa, secondo la
logica della tradìtìo-redditio12.
Introducendo inoltre la categoria della sacramentalità, si
riconcilia in Cristo il visibile e il mistero, la fede come dono e la
sua educabilità, seppur secondo precisi criteri: non si dà
educazione diretta e immediata della fede, che rimane un
dono, nel misterioso dialogo tra Dio e l'uomo; tale radicalità
ammette e anzi esige delle mediazioni umane, storiche, che
attivano il dialogo salvifico e predispongono alla libera
accoglienza del dono; l'iniziativa della grazia ha una propria
specifica potenza educativa, che condiziona e giudica ogni
comunicazione educativa.
La fides qua è educabile, seppur in maniera indiretta, nella
scia della potenza educativa della grazia stessa. Me* diando
l'iniziativa e l'opera costante di Dio, tutto ciò che

12
Cfr. J. Moingt, ha transmission de la fot, op. cit, pp. 108-110.

la Chiesa fa è educativo, poiché tende a dare all'uomo co-


scienza del suo essere e del suo destino, risvegliando energie
positive, e facendogli scoprire quanto di buono, di nobile e di
eterno ha posto il Creatore in lui.
Ne consegue, sul piano più propriamente pastorale, la
complementarità di un approccio veritativo attento alla co-

77
noscenza dei contenuti oggettivi della fede e del loro lin-
guaggio, di un approccio celebrativo ove si apprende per
esperienza diretta, per connaturalità, e di un approccio vitale,
legato al modo di progettarsi e di esistere, ove lo spazio di
intervento educativo coincide con la vita intera13.
Si esige un'educazione autentica, cioè liberante e uma-
nizzante, capace di sintonizzarsi con il processo di uma-
nizzazione offerto dalla fede, che rimane al tempo stesso dono
e compito14. La mediazione di tale incontro avviene attraverso
il caratteristico processo di identificazione con cui si riconosce
come significativa la testimonianza di chi si impegna
nelFeducare alla fede e si finisce con l'affidargli la propria vita.
L'educatore sperimenta così una par-

13
Una ricostruzione sintetica del dibattito intorno al rapporto tra educazione ed
evangelizzazione, nella definizione di una pedagogia religiosa, è contenuto in G. An-
gelini, Pastorale giovanile, op. cìt., pp. 61-98 (con ampia bibliografia), ove si raccoman-
da una distinzione tra il servizio educativo che le comunità cristiane devono offrire
ai giovani e il più preciso ed essenziale servizio della testimonianza e dell'annuncio del-
la fede.
14
G. Groppo, Promozione integrale, in J. Vecchi - J. M. Prellezo (cur.), Progetto
educativo pastorale. Elementi modulari, Las, Roma 1984, pp. 113-131, parla di promo-
zione integrale umano-cristiana, le cui componenti fondamentali sono:
— la capacità di costruirsi un progetto di vita autenticamente umano che unifichi
organicamente le aspirazioni della persona (affermazione di sé, rispetto e accoglienza,
Possesso della verità e del valore, costruzione di un mondo più giusto e più umano,
realizzazione di una personalità armonica e integrata),
il possesso dei tratti positivi della personalità (pro-attività, amore oblativo, sapiente
creatività, integrazione),
nella prospettiva ontologica della vita di grazia donata al cristiano, vissuta nei
namismi di fede speranza e carità, la cui creatività segna anche la maturità umana del
credente.
«Questo stile di vita del cristiano maturo non è altro che l'espressione di un'integrate ne totale
della personalità a livello soprannaturale. Natura e soprannatura sono in-mente
armonizzate, non solo sul piano statico, ma anche su quello dinamico. L'o- n are da cristiano
(e quindi anche da uomo) è diventato per la persona qualcosa di 'utt 1 e'/ac^e> gioioso,
perché vissuto come valore in una personalità unitaria, dove le» i n v'ta naturale è di fatto
ordinata, anche operativamente, a quella soprannatura-
"Ubid., pp. 130-131).

ticolare paternità: la sua passione per la vita e la sua testi-


monianza generano nuova vita, nell'offerta di ragioni per
vivere. Ne consegue anche l'impegno di creare condizioni
sociali che favoriscano il confronto con i valori e i modelli
educativi: una pastorale giovanile che voglia veramente edu-
care alla fede deve lavorare sul contesto globale, strutturale,
collettivo in cui i giovani stessi sono immersi.
Sorregge questa istanza l'esempio della pedagogia di Dio,
protagonista dell'economia salvifica, anche nell'oggi della
Chiesa, in cui lo Spirito di Cristo spinge a un'opera di edu-
cazione dell'umanità che non è una manifestazione opzionale
della carità, ma è il cuore stesso della sua missione: superando
le false antinomie create assolutizzando prospettive e modelli
parziali, essa testimonia la continuità tra responsabilità
generativa, dovere di educare, apertura alla conoscenza di Dio,
iniziazione al mistero di Cristo e vita secondo lo Spirito.
La missione della Chiesa è l'annuncio del vangelo, e a esso è
finalizzata anche tutta la sua opera educativa, fino al punto che
la Chiesa evangelizza educando, poiché l'evangelizzazione non
avviene nella sola consegna di verità, ma piuttosto è un modo
di assumere e rinnovare in Cristo la totalità della vita.
Annunciando cosi il caratteristico «vangelo dell'educazione»,
anch'esso centrato sulla carità.

La pedagogia della fede. La fede ha una chiara funzione


strutturante nei confronti dell'identità, del progetto di sé, dello
sviluppo della personalità del soggetto15, che incontra nella
religione un alveo culturale, una tradizione viva, una memoria
che lo aiuta a comprendere eventi e segni della propria vita.
A tal fine, è bene riconoscere che esiste una dinamica

15
Cfr. Z. Trenti, Giovani e proposta cristiana, op. cit., p. 154, che si rifa a J. Colombi, Al
servìzio della fede, Ldc, Torino-Leumann 1970, voi. 2, p. 338: «Una qualunque verità non ha
possibilità di venir accolta, e cioè integrata nella vita personale, se non è in rapporto con lo
slancio vitale che stimola l'adolescente alla costruzione
della
propria personalità».

pedagogica speciricaa della fede, che oggi inizia con l'operare


una nuova sensiibilizzazione all'esperienza religiosa, altrimenti
ignorata d al giovane, affinché ne colga l'importanza per
l'esistenza© e la cultura umana. Occorre quindi curare
soprattutto 1'" interiorizzazione: passaggio da una fede ricevuta
a una fe-de scelta, da un comportamento religioso a un
atteggiamento di desiderio che, nel confronto con
l'autorevolezza della proposta e di chi la testimonia, liberi gli
orizzonti veri della vita. Infine, occorre una certa
assolutizzazione: L'uomo non è appagato senza l'incontro con
l'assoluto, ira base al quale e in vista del quale opera una
gerarchizzazione dei valori, integrandoli armonicamente
intorno a una motivazione profonda.
L'impegno educativo è certamente funzionale alla co-
struzione di una fede adulta, da alimentare e sostenere fino al
momento di rit irarsi per cfeu/e spazio alla libertà e al-
l'autonomia del giovane divenuto adulto. Una fede è adulta
quando, attraverso una conoscenza organica dei contenuti
della fede e la pratica coerente della vita cristiana, sa fare i
conti anche con la morte come radicale definizione della
propria identità (nel silenzio dell'interiorità e della fede) e
come pienezza di speranza, di fiducia nella vita (nel distacco
dalle cose e dalle persone, nella solidarietà e nell'amore).
«Diventa quindi fede adulta solo quando ciò che è stato
ricevuto, nello scambio di una testimonianza di vita, viene
riconquistato personalmente»16. E importante che tutto questo,
chi si impegna per educare i giovani alla fede, lo sappia.
Catechizzare non basta, occorre veramente educare, ma con
alcuni precisi accenti17 che qualificano come cristiana la
pedagogia in atto:
— educazione positiva della libertà, sapendo suggerire
piuttosto che imporre, chiamare ciascuno per nome, insegnare
ad aprirsi agli altri,

79
* R. Tonelli, Educare alla fede è generare alla vita, in NPG 1 (1991) 27. Cfr. P. Babin, I
giovani e la fede, op. cit., pp. 311-350.

— educazione dell'attenzione alla scala dei valori, alla


carità, a far spazio a tutti,
— educazione al senso cristiano dell'evento, da accogliere
come provvidenziale, e interpretare anche nel fallimento,
— educazione all'universale, con slancio missionario au-
tentico,
— educazione a una vita comunitaria e sociale,
— educazione all'amore personale di Gesù,
j— educazione a un'ascesi di povertà spirituale e di carità.
TSfella complessità dell'atto educativo, per meglio iden-
tificare la possibilità e la modalità di un'educazione della fede,
G. Angelini18 distingue tre livelli di coinvolgimento
antropologico: quello psicolpgico-affettivo, quello culturale e
quello etico-religioso. E a questo terzo livello che il soggetto
dispone liberamente e totalmente di sé davanti all'istanza di
Dio. Ed è il momento della libertà, culmine della vicenda
educativa, tuttavia sempre raggiungibile in qualche misura a
ogni età. I giovani, in particolare, soffrono la turbolenza
emotiva che li spinge alla conflittualità/dipendenza rispetto ai
genitori, godono di un'apparente emancipazione culturale
alimentata a consumi e risorse appositamente prodotti per loro
dal mercato. La stessa pastorale giovanile fa spesso leva, anche
inconsapevolmente, su questi fattori, senza aiutare
adeguatamente i giovani a recuperare memoria storica e
dialogo con gli adulti. L'educazione religiosa potrebbe in ciò
assumere una maggiore connotazione etica, creando rapporti
educativi che abilitino la coscienza a un giudizio sensato e
critico sulla realtà, sul vero e sul bene19.
L'educazione giovanile è il decisivo terreno di incontro per
una comunicazione della fede che abbia le note della coscienza
della verità, della comunione, dell'essenzialità, della
missionarietà, della radicalità, della gratuità e del-

18
Cfr. G. Angelini, Educazione alla fede, op. cit.
15
Cfr. F. G. Brambilla, Linee teologiche per la pastorale giovanile, op. cit., p. 10''

'umiltà20, note che possono assicurare ulteriormente la ri-


orlCiliazione della sensibilità pedagogica con quella più
pacatamente veritativa.

3 } Pastorale giovanile e animazione

Nell'ambito del presente capitolo, che va acquistando


carattere di cerniera tra la fase fenomenologica e critica e quella
più propriamente criteriologica e strategica, è opportuno fare
alcune rapide precisazioni intorno a un'altra parola-chiave
della pastorale giovanile, diffusa in Italia e non solo:
«l'animazione»21.
La scelta dell'animazione. Tutti oggi parlano frequen-
temente di animazione, alla luce ^ diverse tendenze culturali:
animazione teatrale o espressiva, animazione socioculturale e
in rapporto al mondo del volontariato, animazione culturale,
animazione del tempo libero e delle vacanze, animazione come
insieme di tecniche e strumenti per il lavoro di gruppo.
Più che un'attività particolare, essa indica una qualità
dell'agire umano, che esprime in gesti concreti un vero amore
alla vita, la promozione dell'uomo nella verità e nella libertà. E
una scommessa sull'uomo e sulla vita, fonte di speranza per il
futuro dell'umanità, che si traduce in un modello formativo
che, oggi sempre di più, viene assumendo specifica valenza
educativa: «L'animazione è un'attività educativa, e quindi
intenzionale e metodica, che mira

20
Cfr. F. Lambiasi, Comunicare la fede nella condivisione, in ACI-Settore Giova-113^°Se nuove
e cose ant c e
' h - Comunicare la fede ai giovani oggi, Ave, Roma 1994, pp.
. 21 A conferma dell'intima connessione tra approccio educativo e scelta dell'animatone, si
veda M. Pollo, Educazione come animazione. Vociperun dizionario 1. Iconcet- 5i> Ldc, Torino-
Leumann 1991. Dello stesso autore cfr. anche la voce Animazione, in t, G 54-55, sviluppata
più ampiamente in Id., L'animazione culturale dei giovani. Ldc, Morino-Leumann 1986, e in
R. Tonelli, Pastorale giovanile e animazione, Ldc, Torino-Leumann 1986.

a offrire alle persone la capacità di rendersi coscienti di fronte


ai processi formativi a cui sono soggette nella vita sociale e di
metterle in grado di intervenire su di essi, in modo attivo e
partecipe, orientandoli verso quegli obiettivi che esse
ritengono necessari alla loro evoluzione e crescita umana»22.
Sgombrando il campo da una frequente obiezione, si noti
che l'animazione culturale è un modo del tutto particolare di fare
educazione e formazione, con attenzione a soggetti e luoghi
altrimenti trascurati. L'animazione si è guadagnata credibilità
sul campo, dimostrando che «è possibile educare in ogni
contesto, in ogni età della vita dell'uomo e in ogni luogo,
purché esista un minimo di condizioni di libertà»23, aiutando a
riconoscere valenza educativa a istituzioni e attività che prima
erano poste al di fuori dei confini dell'educazione
classicamente intesa.
Dire animazione culturale piuttosto che educazione significa
rinunciare dichiaratamente alla pretesa neutralità circa la
concezione dell'uomo e del senso della vita. E per questo, nel
pluralismo odierno, appare categoria più consona a un
intervento pastorale, di educazione nella fede e alla fede. La
pastorale giovanile diventa animazione quando non si lascia
limitare dagli ambiti istituzionali, quando fa leva sul
volontariato di animatori e giovani, quando aiuta le persone a
realizzarsi anche nell'accoglienza di contenuti e modelli
originali, magari controcorrente.
Un segno particolare dello spirito cristiano con cui si può
valorizzare l'animazione giovanile è quello della solidarietà
verso le persone vittime del disagio, della devianza, del-
l'emarginazione: qui si manifesta massimamente il valore

81
educativo dell'amore alla vita e della fede nell'uomo, fatto per
rialzarsi e camminare, nella riconquista della gioia e della
libertà.
Animazione non significa affatto indifferenza valoriale

22
M. Pollo, Animazione, in DPG 58.
23
M. Pollo, Educazione come animazione, op. cit., p. 16.

e culturale, ma mediazione di una precisa antropologia che


guarda all'uomo come sistema non determinato, aperto,
chiamato a progettarsi e progettare, nel dialogo con la cultura
sociale e in un tessuto di comunicazione, rapporti e significati.
Più puntualmente, possiamo enucleare quindi alcuni obiettivi
dell'animazione:
— abilitare il giovane a costruire se stesso all'interno
dell'avventura di senso che, dall'origine dell'uomo, percorre
instancabilmente il mondo e che è racchiusa anche in ogni
frammento di vita;
— aiutare le persone ad approfondire l'identità vocazionale
personale, dentro la storia, il presente e la cultura,
emancipandosi dalle dipendenze;
— mantenere viva la carità e il senso pastorale con cui si
guarda al sociale come luogo della solidarietà e dell'esercizio di
tante forme di responsabilità;
— liberare nella vita dell'uomo l'invocazione della tra-
scendenza, di una speranza totale.
A tal fine l'animazione esige un metodo che impone, in-
nanzitutto, di accogliere incondizionatamente i soggetti
educativi e il loro mondo, tutte le loro esperienze e interessi,
anche nella loro complessità. Motivare fondamentali scelte
personali a favore dei giovani e della loro evange-
lizzazione/educazione, attuando una relazione educativa in
chiave di comunicazione esistenziale. Inserire gradualmente in
una prassi, fatta di rapporti educativi e organizzazione di
ambienti, in cui il gruppo appare luogo privilegiato di
esperienza educativa. Portare avanti, infine, piani concreti di
azione, attraverso l'uso originale di alcune tecniche e strumenti
formativi.
L'animazione ha, forse senza saperlo, radici antiche e nobili:
guardando a Don Bosco, nel quale la santità si pla sma come
santità educativa (cfr. JP 5), si può imparare una ricchissima
carità pedagogica, caratterizzata dalla predile- 2lone per i
giovani, dalla fiducia negli ultimi, da un amore "Manifestato
apertamente al giovane affinché si senta stipato e impari a
donarsi anche lui gratuitamente. Una ca-

rità pastorale che si traduce in gesti concreti: il saper incontrare


i ragazzi, facendo il primo passo e diventando così sacramento
della presenza di Cristo, appassionata dell'uomo; la
preoccupazione per predisporre un ambiente capace di offrire
ai giovani esperienze positive; accoglienza personale, espressa
con gesti sensibili di accettazione; un rapporto personale che
aiuta la crescita, l'accompagnamento sereno e prolungato, che
esige responsabilità paterna matura.
Non mancano voci comunque critiche24 nei confronti di
questa scelta di linguaggio e di metodo, in quanto ri-schierebbe
di non articolare compiutamente l'iniziazione comunitaria e la
riformulazione culturale del messaggio cristiano, l'approccio
antropologico e la sua verità nell'evento di Cristo. E problema
complesso e reale, sfida che ci accompagna ancora nella ricerca
di criteri e nel disegnare una proposta di itinerario.

La progettualità pastorale. L'interesse e l'impegno della


Chiesa per l'educazione e l'animazione hanno radici profonde,
nella Parola di Dio e nella riflessione teologica. La Chiesa
stessa è, per sua vocazione, in continuo divenire, è un progetto
aperto, a servizio del disegno d'amore di Dio, a servizio del
Regno.
Dovendo determinare obiettivi e criteri teologici dell'azione
pastorale, ci avviamo gradualmente verso la definizione
dell'obiettivo globale della pastorale giovanile. U traguardo
dell'intera missione pastorale della Chiesa è certamente la
salvezza, ma dietro a questa categoria biblico-teologica si
nascondono molte interpretazioni possibili, sfumature che
mettono in questione non tanto il termine, quanto l'identità
sostanziale dell'essere e vivere da cristiani nel mondo,
chiamando in causa anche la cristologia e 1 ecclesiologia.

24
Cfr. G. F. Brambilla, Linee teologiche per la pastorale giovanile, op- <&•> ^ 112-113.

83
Per orientare un progetto pastorale efficace, cerchiamo di
metter da parte le accezioni riduttive di salvezza, troppo
spesso rinviata alla vita eterna e alla visione beatifica di Dio,
caratterizzata da un rigido dualismo natura/sopranatura e dal
conseguente disprezzo di ciò che non è specificamente
religioso, da un ultraterrenismo che rende irrilevante
l'impegno nella storia, da un individualismo che ha sviluppato
un senso di salvezza privata piuttosto che comunitaria.
Nel panorama delle molteplici «salvezze» mondane e sto-
riche offerte dalla cultura contemporanea, qual è lo specifico
della salvezza cristiana? Il Catechismo della Chiesa Cattolica
abbonda di riferimenti ed esplicitazioni, tra cui particolarmente
efficaci sono quelle a commento del terzo articolo del Credo,
ove l'incarnazione del Verbo «per noi uomini e per la nostra
salvezza» è spiegata con quattro ragioni: per salvarci
riconciliandoci con Dio, perché noi così conoscessimo l'amore
di Dio, per essere nostro modello di santità, perché
diventassimo partecipi della natura divina (cfr. CCC 456-460).
Il n. 9 della Evangelii nuntiandi contribuisce a chiarire questa
visione unitaria, in cui il dono di Dio è visto sia come
«liberazione da tutto ciò che opprime l'uomo», sia e soprattutto
come «liberazione dal peccato e dal maligno, nella gioia di
conoscere Dio e di essere conosciuti da lui, di vederlo, di
abbandonarsi a lui». In vista della liberazione dal peccato e
della piena comunione con Dio, il processo di salvezza
attraversa anche momenti inferiori, graduali, relativi alle
diverse dimensioni dell'esistenza umana, come la liberazione
dalle strutture di oppressione e la coscien-^zzazione per una
maggiore responsabilità di sé. . Tale impegno concreto e storico
nel presente fa sì che a salvezza si faccia strada nel tempo, come
qualcosa di già reale anche se non ancora pienamente compiuto:
la testimonianza con cui il cristiano anticipa e annuncia il
futuro eua salvezza nel presente, trasforma quest'ultimo in ter-
ni
di impegno (già) e di speranza (non ancora).
Una nota specifica di questa tensione nella storia e verso il
futuro è la dialettica persona/comunità. La salvezza infatti è
costruire nel tempo la comunione degli uomini con Dio e tra
loro, in vista della sua realizzazione definitiva. La mediazione
sacramentale della Chiesa non toglie la risposta, la decisione
intima e personale di ciascuno, ma la accoglie in un grembo
comunitario che le dà senso autenticamente cristiano.
Precisato questo orientamento teologico, pastorale e ani-
mazione possono utilmente combinarsi: la prima cerca la
salvezza totale dell'uomo attraverso la maturazione della fede
e la crescita della Chiesa; la seconda offre dinamismi di
personalizzazione, crescita della coscienza e della libertà;
entrambe sono a servizio di un progetto. Riconoscere
convergenti il progetto di Dio e il progetto dell'uomo è

84
esattamente il compito, la fatica educativa e pastorale, che lo
Spirito continua a suscitare nella comunità e nei suoi membri
più sensibili.
La certezza che lo Spirito di Dio spinge l'uomo e la storia
alla trascendenza, alla comunione con Dio, proietta la persona,
la sua irripetibilità, verso orizzonti senza limiti. L'animazione
pastorale, o la pastorale educativa, non cerca così di
socializzare intorno a freddi asserti o dati comportamentali, ma
può illuminare nel cuore dei giovani il mistero che si portano
dentro, per abilitarli a una risposta generosa 25. Senza togliere la
novità, l'alterità, il di più di senso che la dimensione
kerigmatica dell'agire ecclesiale, risonanza degli appelli stessi
di Dio, offre e impone. Come ad Abramo, il progetto di
salvezza domanda sempre fede e disponibilità: «Vattene dal
tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il
paese che io ti indicherò» (Gn 12,1). Tra situazione di partenza
e traguardi da raggiungere, c'è la fatica del cammino, che
impone di educare non col solo evocare mete ultime, ma nel
propor-re quotidianamente obiettivi praticabili.

25
Cfr. M. Pollo - R. Tonelli, Animazione, in J. Vecchi - J. M. Prellezo (cur.). ?t° getto
educativo pastorale, op. cit., pp. 304-309.
3.4 Verso un progetto di vita cristiana

Dentro una Chiesa che si impegna consapevolmente a darsi


un vero progetto educativo-pastorale a servizio dei giovani,
occorre attivare diverse attenzioni26. Innanzitutto, la chiarezza
sulla matura decisione di fede verso cui si è in cammino, che
non può dipendere solo dall'esperienza personale, ma anzi
esige un senso di insufficienza della propria libertà, chiamata a
consegnarsi al bene e al vero. Si esige una pedagogia della
motivazione, che discerna e promuova i bisogni autentici e
costruisca gradualmente un sistema di significati e di valori,
aperto alla dimensione etica e religiosa.
L'educazione alla fede deve quindi mostrare la sua capacità
di interpretazione dell'esistenza umana, senza manipolare la
specificità del messaggio rivelato, ma riconciliando
frontalmente fede e cultura (cfr. EN 20). Non tutto è catechesi,
anche se purtroppo non tutta la catechesi è sempre significativa
per la vita dei giovani. Occorre una catechesi che abiliti a
giudizi di fede sulla situazione storica, una catechesi perciò
sinceramente rispettosa della storicità stessa del cristianesimo e
dell'appartenenza ecclesiale.

Fede e vita come progetto. Per elaborare itinerari di fede


sufficientemente strutturati, la comunità ecclesiale fa memoria
della sua migliore tradizione, seleziona una gamma di
proposte differenziate, adeguabili liberamente nella concreta

85
decisione pastorale, per offrire comunque a ogni giovane la
possibilità di accedere a un'assunzione personale e pubblica
della fede, a una riappropriazione coscien-j- e del battesimo, a
un progetto di vita cristiana. La plura- lta degli aiuti e dei luoghi
educativi, a questo punto, non istituisce più un problema ma
una ricchezza.
etiche dal versante del soggetto, integrare l'esperienza

'24. 1 / , ^' ^' BrambiUa, Linee teologiche per la pastorale giovanile, op. cit., pp.

86
di fede nella scoperta e nella costruzione della propria per-
sonalità è compito impegnativo ed entusiasmante. Spesso è
proprio il vissuto religioso, dapprima emotivo poi più cosciente
e impegnativo, a sollecitare la domanda sul senso unificante la
propria vita, la domanda vocazionale27.

Si parla di progetto di vita in molti sensi: impostazione,


orientamento, risposta di senso, nucleo dell'identità, in sieme
dei valori, direzione di sviluppo ecc. Prevale dunque il
dinamismo, la disposizione pro-attiva del soggetto, che
promuove i bisogni di crescita e di sviluppo di sé in un
quadro positivo di riferimento che rinforza la motivazione
del soggetto stesso a crescere e realizzarsi 28. Proprio la
spinta motivazionale si pone al centro di una visione della
personalità particolarmente importante anche nella matu-
razione di un vero atteggiamento religioso29.

:
27
28
S.Per
Pagani,
un primo
Vita diorientamento
fede e integrazione
in questa
di sé, inproblematica
ACI-Settore giovani,
specificamente
Cose nuove,
psicologie»
op. cit.,
cfr. 91-112,
pp. A. Ronco, esplora
introduzione
il linguaggio
alla psicologia
del sapere 1. cristiano,
Psicologia ildinamica,
linguaggio
Las,della
Roma teologia
19/o
fondamentale
pp. 26-47. come supporto a una più matura integrazione sapienziale tra esperienza . J(
29
Non entriamo,
umana e fede cristiana, cui nonin questa
possonosede, nell'interessante
mancare dibattito che
le note dell'alterità, anima
della la psico
storicità, del
re
già della
desiderio religione,
e della sull'esistenza o meno di uno specifico bisogno, o motivo, ^3odin e
fecondità.
altri pari»"di bisogni di significato, dietro i quali sarebbe rintracciabile una ricerca di ^if'
Allport, A. Ronco e altri affermano chiaramente che la religiosità è un motivo loS

ol
^^. rio e specifico, quello di comprendere le ragioni totali e profonde della realtà, e ^
S. Freud
ne il centroe i integratore
sociologisti dellalo negano radicalmente.
personalità. Per meglio A. Vergote, A. Godin
comprendere e altri jiarlan Psicote
le caratteristici*
Diventare educatore. RIntroduzione
—...........--------alla psico-pedagogia, Edizioni Paoline, Rom156 Y TJlCt
j g9 ^jjj,
- - - -CI------------------------ o-----------------o------------- >------- —-----------------
religiosità
già come risposta
della religione, al bisogno di significato,
Ldc, Torino-Leumann 19773, pp. cfr. G. Milanesi
223-237. Cfr. anche - M.l«Aletti,
l9

L'esperienza educativa, oltre ai contributi scientifici più


compatibili con l'antropologia cristiana, ci dice che l'at-
teggiamento religioso, dal punto di vista psicologico, è in-
fatti quello di chi ha dato risposta positiva e soddisfacente
al problema del senso globale e ultimo della vita, fon-
damento dell'impegno morale e dell'appartenenza a gruppi
e comunità. Le componenti principali di tale atteggiamento
sono pertanto quella motivazionale (o intenziona
le) e quella conoscitiva che la sorregge e la alimenta con un
coerente orizzonte di significato. Le altre componenti, come
l'emotività, le osservanze, le strutture sociali, il com-
portamento morale, le dottrine ecc. hanno diversa rilevanza
nelle successive fasi di sviluppo e possono contribuire po-
sitivamente alla maturazione della religiosità se non ven-
gono esasperate, come purtroppo è avvenuto frequentemente
nella prassi educativa e pastorale.
Il progetto di vita deve quindi essere generale, impegnato e
perseverante, anche a prezzo di coerenti rinunce, dedito al
rapporto con le persone più che con le cose, nello stile del dono
di sé e soprattutto nella relazione con un «Tu totale», incontrato
storicamente sia per l'incarnazione di Dio sia per l'umanità del
soggetto.
L'adolescenza è proprio il memento cruciale dello sviluppo
di quella maturità conoscitiva e motivazionale, sociale e morale,
che permette di porsi il problema del senso ultimo della vita, di
esplorare le possibili risposte e magari avviare la rielaborazione
personale della religiosità come nuovo centro unificante la vita
del giovane.

Educare al progetto. Chiarito il traguardo pedagogico, si


può provare a delineare le fasi della sua graduale costruzione,
sintetizzando il contributo di diversi psicologi e pe-dago gisti:
fiducia e stima di sé, graduale passaggio dalla dipendenza
all'autonomia, spirito di iniziativa e di gioco, senso del lavoro e
dell'industriosità, ricerca della propria identità (combinazione
di immagine reale, ideale e prospettica), scelta di nuova
socializzazione, fase della creativitàa
30
.
Purtroppo molti giovani non hanno un io protagonista k forte,
una adeguata conoscenza di sé e della realtà, non auno scelto un
principio ispiratore della vita, o non han-110 beneficiato dei
tempi di maturazione necessari, e ap-

30 e -
L?„_, '-"Mesi proposta da M. Bernardini, Giovarti e progetto di vita, Ldc, Torino-Uma*n 1986,
pp. 24-25.

prodano non a veri progetti, ma a forme di progetto «im-


pulsivo», di «non progetto», egocentrico, fondato sul principio
del piacere, incompatibile con la fede cristiana.
Tra i molteplici progetti-uomo presenti nella cultura con-
temporanea (consumistico, collettivistico o marxista, radicale-
libertario, personalista ecc.), quello cristiano garantisce
particolarmente l'unità della persona. Lo attestano diversi
elementi della dottrina cristiana. L'uomo è il *suo cuore, nella
ricchezza di senso che questa immagine ha per l'antropologia
biblica31, culminante nella beatitudine dei puri di cuore, che
vedranno Dio (Mt 5,8). La durezza di cuore impedisce di
credere (Le 24,13) e perciò di crescere, di camminare verso la
fede. E sottintesa la priorità dell'ascolto, di cui Maria è modello
sempre attuale (cfr. Le 2,19.51). Nella struttura della persona
anche il corpo è segno di integralità, e anch'esso è soggetto al
disegno di Dio: con il corpo si fa anche il bene, si compiono le
opere della giustizia e della carità; il corpo offre il più alto lin-
guaggio al mistero dell'amore, quello sponsale (cfr. Cantico dei
cantici; Ef 5,22-33; ICor 6,20).
Il primato di Cristo detta però il più decisivo criterio di
unificazione della persona umana (cfr. Gv 1,1-3; ICor 8,6; Col
1,15-18; Ef l,3ss.): il cristocentrismo determina una nuova
creazione dell'uomo, oltre che del mondo. «Cristo è il modello,
il prototipo, l'esemplare, il primogenito: ognuno di noi è stato
come calato dentro la forma che è Gesù: per questo ogni uomo,
anche il più malconcio, porta in sé questa somiglianza con
Cristo»32. È la linea biblico-teologica reinterpretata in chiave
moderna dal personalismo comunitario di E. Mounier, che
sottolinea la costitutiva relazionalità dell'uomo.
Lavorare educativamente perché ogni giovane conquisti
faticosamente ma nella gioia il suo personale progetto
31 l5
Cfr. Dt 6,4-9; ISam 16,7; 2Sam 7,3; Pro 16,9; Ger 31,33-34; Mt '
10.11.18-20. .. &
32
G. Grampa, L'unità della persona nella rivelazione e nella tradizione cnstia >
R/S Servire 3 (1991) 19.

di vita significa guardare all'uomo secondo il progetto d' Dio,


ultimamente come «uomo spirituale», abitato e dato dallo
Spirito di Gesù. È ipotesi di lavoro che andre mo
concretizzando tra breve. Dichiarando sin da ora, con C.
Nanni33, che per incarnare un'idea di uomo, specie così alta e
affascinante, in precisi obiettivi educativi e didattici, sarà
impensabile e impossibile ogni rigido dedut-tivismo.
Dall'idea di uomo sarà necessario passare sapientemente
all'uomo-educando reale, rispetto al quale certo rimangono
chiari valori e obiettivi ultimi da raggiungere, mentre la
decisione educativa concreta resta connotata dal rischio,
dall'avventura che, giorno dopo giorno, nell'eserci-io concreto
della progettazione, è chiesto all'educatore di vivere
responsabilmente34. Qon l'ulteriore avvertenza, comprensibile e
condivisibile dopo quanto detto, di comporre e subordinare gli
itinerari educativi ai singoli valori della libertà, della
responsabilità, della solidarietà, dell'amore, della
partecipazione e dell'impegno sociale e politico, della
comunicazione e del dialogo ecc. (i tanti «educare a...» che
spesso caratterizzano le progettazioni pastorali), in funzione di
un obiettivo globale unificante: educare a essere persone
significative, per le quali scelta e vita di fede fanno da elemento
coagulante e determinante gni altra esperienza.
Cfr. C. Nanni, Uomo, in J. Vecchi - J. M. Prellezo (cur.), Progetto educativo pa-
-'34 ' op. cit, pp. 110-112.
k • A- Cazzaniga, Educazione alla vita spirituale. Scelta di fede e cammino vocaziona-
vv
li '> Educare i giovani alla fede, op. cit., pp. 181-184, richiama la necessità
rrlentoS'5e.tt,are ai giovani la ricerca della propria vocazione, offrendo un accompagna-
Rente P ' > ^a proposta di regole di vita e di un itinerario di conversione perma-
S lritua e

ne Hi ' conduca al riconoscimento del primato di Dio e della libertà della sua azio-
1
grazia.

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