di orizzonti, la carezza degli incontri e grandini di
rabbie. C'è oscurità e saggezza, amore e offesa, la
fame e la grazia. C'è la mente che può danzare
come le nuvole nel cielo o come fiamme, la forza di
una convinzione e la fragilità dei corpi. «In definitiva - scrive Nichiren - tutti i fenomeni, fino all'ultimo granello di polvere, sono contenuti nella nostra vita; le nove montagne e gli otto mari sono racchiusi nel nostro corpo; il sole, la luna e le miriadi di stelle si trovano nella nostra vita. Tuttavia
noi siamo come il cieco che non vede le immagini
riflesse in uno specchio o come il neonato che non
teme l'acqua e il fuoco» (Gli inviati mongoli,
RSND, 1, 561). Anche se ce ne dimentichiamo,
anche se non siamo capaci di vederlo sempre,
ognuno di noi è degno di rispetto. Perché è un
universo. Stessa origine, stessa pasta, stessa
possibilità infinita. I giorni però non sono sempre
limpidi come un pensiero limpido o belli come parole belle. A volte capita che qualcuno ferisca la
mia debolezza, la mia sacralità. Non so perché lo
fa, ma accade. Accade di non sentirsi capiti,
compresi, accettati, accade di vedere cose che
non si vorrebbero vedere, ascoltare parole che
non si vorrebbe ascoltare. Nonso perché: perché
pensi così male, o giudichi tanto, o mi colpisci nei punti che danno più dolore. Né perché ti ostini a
non vedere la mia bellezza, la mia generosità, la
mia ragione. Èun dolore preciso quello che acceca
in ogni conflitto, litigio, alzata di voce. Lo conoscono tutti, perché in ogni universo c'è anche
quel dolore, quella chiusura, quel taglio. Il male
esiste, quello che mi provocano gli altri, quello che
provoco io magari senza accorgermene, e spesso non si sa che farne. Diventa prepotentemente il centro delle cose. Riduce tutto, stelle, maree e sorrisi a un grumo incomposto che pesa. Pesa e fa
male. Quando mio figlio mi scarica addosso la sua
rabbia, quando una compagna di fede mi opprime
di giudizi, quando una persona mi condanna,
pensa che sto sbagliando e io no, non lo penso
proprio. Quando vedo nell'altro solo la sua arroganza, il suo torto, le sue bugie e i suoi errori. Si aprono ferite, incrinature di dubbi e difese.
Separazioni. Ed è difficile, davvero difficile
rispettare chi mi appare come una minaccia al
bene, al senso di giustizia, al mio desiderio di
essere felice. Non ci sono ricette facili per risolvere
i conflitti. Schemi comportamentali fissi da seguire,
strategie infallibili, ragioni assolute. C'è un essere
umano di fronte a me che forse soffre e che
sicuramente mi fa soffrire. C'è una relazione da cui
non traggo gioia, ma che mi provoca dolore. Che
farne? Della guerra che si scatena nelle cellule e
nei pensieri? Forse c'è da prendere in braccio quel
male e provare a farne qualcosa, ma come? Come,
se non so da dove proviene e perché, se non ci
vedo bagliori, opportunità di progredire e creare qualcosa di bello, di vero, di sano?
Rispettare la vita di ogni persona è una pratica
severa, cercare la sua Buddità, crederci con tutto il
cuore. Esercitarsi a vedere la sua bellezza e
nominarla. Èuna pratica che richiede fede. Fede che nella sua mente, nella sua vita, nella sua storia
ci sia una luce potente, vasta, meravigliosa. Al di
là dei limiti presenti, delle brutture che vedo, dei
difetti o degli errori. Al di là dei miei dubbi sulle sue
potenzialità. Se è vero che siamo stessa pasta, stessa origine, stessa possibilità infinita. Ogni vita è perfetta e meravigliosa, ogni vita può trasformarsi e trasformare tutto in un istante, è
questa la visione che da Shakyamuni, da Nichiren,
da Toda ci arriva intatta e rivoluzionaria. E quando
lo scordo, quando non riesco a vedere quella
meraviglia, tutto diventa spoglio e privo di valore.
Tutto viene limitato dalla mia mente che non ce la
fa proprio a credere nella Buddità di chi mi sta di
fronte. Non crede che quella persona potrà farcela,
capire, amare. Mi concentro sullasua stupidità, la sua collera, la sua violenza, enumero le sue oscurità senza capire l'utilità della sua presenza, mi riempio di tristezza, a volte di rassegnazione. Ed
è questa cecità, io credo, a farci arrendevoli,
meschini, a portarci a naufragare nel pessimismo
che non vede possibilità di luce per questa
persona, questo tempo, questo paese, questo mondo o questo governo. Che ci fa rimanere
rintanati nel lamento, nel gusto di sentirci vittime
scorza dei sentimenti che mi annebbiano la vita di
rancore, se buco quella coltre densa con la fede e
la sento dentro la bellezza di mio figlio, della mia amica, di quella persona che non so perché mi
provoca dolore, se mi concentro e imparo a
percepire la forza e la preziosità della sua vita,
allora, di solito, è la gioia ad accompagnarmi. Èla
serenità. E non non se
si ferma alle circostanze,
ne lascia influenzare. Ho fiducia che tutto possa
cambiare. E faccio Daimoku per assaporare
meglio quella fiducia, per liberare la mia vita dalla
paura di quello che puoi fare o farmi, dalla facilità
che ho di concentrarmi sulle mostruosità degli altri.
Non è tapparsi gli occhi
Non è un'illusione, non è tapparsi gli occhi di
fronte ai pericoli o al male. Nichiren non lo fece.
persone avrebbe avuto contro se
avesse osato dire l'infinita potenzialità della vita. Non assecondò il governo, il potere, non seguì il desiderio semplice ma pericoloso di essere amati e onorati a ogni costo. Scelse la via più difficile non
smettendo mai di credere che prima o poi gli
esseri umani avrebbero potuto trasformare ogni
inferno una pura terra tranquilla.
in Senza alzare
nessuna arma se non quella della parola e del
coraggio. Perché rispettare profondamente ogni
singola vita non o temere i
vuol dire evitare
conflitti, ma agirli fino in fondo, con l'animo pulito.
Senza tacere, sottostare a compromessi, senza
evitare gli ostacoli o il giudizio degli altri, senza
l'illusione o la pretesa che tutti ci vogliano bene.
Rispettarti significa dire quello che penso con la
fiducia che tu possa ascoltarmi, spostarti o
spostarmi dalla fissità che ci fa ostili. Se non
adesso, poi. Se non accade subito, accadrà.
Significa non arrendersi. Non lasciare che questa
fiducia si spenga. Che si spenga la speranza.
Il male -quello che mi fai, quello che incontro se -
c'è, e c'è, posso guardarlo con chiarezza, toccarlo, abbracciarlo e andare oltre. Non lasciare che mi ricatti, mi fermi, tolga gioia o faccia terrore. Fa parte di me quel male, è nella mia vita come nella
tua. Lo combatto non permettendo che divenga il
centro delle mie giornate, che offuschi con
vendette,parole cattive o cattive emozioni, la mia
voglia di vivere e avere fiducia negli altri. Lo
combatto cercando ogni istante di pulirmi dalla
vigliaccheria che mi fa scappare, dall'illusione di
essere superiore o inferiore, dall'arroganza di
pensare che si giochi tutto sul misero piano del
torto o della ragione. C'è sempre in gioco molto di più. Di fronte al male che fai o che sento, di fronte
a ogni conflitto, c'è in gioco la mia fede che può
crescere o impantanarsi e regredire, c'è in gioco la possibilità che ho di rivoluzionare me stessa e il mondo.
A volte il male può essere un maestro
I conflitti non sono di per sé un male, nulla lo è
perché abbiamo sempre la possibilità di
trasformare. Penso a Shakyamuni, contro cui
Devadatta si rivoltò attentando più volte alla sua
vita. A Nichiren perseguitato da Hei no Saemon, condannato a morte e osteggiato per tutta l'esistenza. A Makiguchi chiuso in carcere per salvaguardare la purezza degli insegnamenti
buddisti nel Giappone del secolo scorso. Non si
fecero fermare dalla paura, dal dubbio di non
potercela fare, non permisero che gli accadimenti
generassero nel loro cuore sentimenti ostili di odio,
rabbia o rancore. Continuarono a lottare contro il
male che si stava manifestando con la stessa
compassione verso tutti gli esseri viventi, lo stesso
amore. E a volte mi sembra di intuire che tanta
della loro forza derivasse proprio dalla fiducia
infinita che avevano nelle potenzialità dell'essere
umano. Tanta di quella fiducia da esserne protetti,
salvati.
«La condizione vitale raggiunta dal Budda è tale
che nulla e nessuno può fargli del male», scrive
Ikeda nel secondo volume de La saggezza del
Sutra del Loto, dove parla a lungo di come
Shakyamuni lottò con Devadatta, senza armi,
offese o desiderio di supremazia, senza temerlo il
male. «Il potere della mistica Legge permette di cambiare i cattivi amici in buoni amici: l'ichinen
della fede cambia le sofferenze in gioia, in buone
occasioni per il nostro progresso. Nichiren
Daishonin afferma: "Devadatta provò più di ogni
altro la validità degli insegnamenti di Shakyamuni.
Anche in questa epoca non sono gli amici, bensì i
nemici quelli che aiutano una persona a
progredire". Per conseguire la Buddità dobbiamo
sconfiggere il nostro male interno e il mezzo pratico
per farlo è combattere e sconfiggere il male
esterno. Il male, visto come una funzione per
purificare la nostra vita e conseguire la Buddità,
può essere considerato un maestro» (La saggezza
del Sutra del Loto, vol. 2, p. 162). Èproprio perché Shakyamuni predice a Devadatta che raggiungerà
l'Illuminazione che il Sutra del Loto può dirsi un
insegnamento universale, perché è in grado di
condurre tutti all'Illuminazione, compresi gli
icchantika, comprese persone malvagie se
le
abbracciano la fede. Anche una persona cattiva è
un universo perfetto dove risiede la Buddità, anche
tu che mi offendi o mi fai soffrire. Così come un
Budda ha dentro di sé il male, lo stesso male che
conosco e conosci tu. Perché è un essere umano.
Semplicemente un meraviglioso essere umano che riesce a fare qualcosa di prezioso anche del
male, a trasformarlo. Magari per scoprire il proprio
coraggio, per fare i conti coi sentimenti negativi
che nascono, per svelare il potere della fede e
raccontare agli altri, a tutti gli altri, quanto la
pratica del rispetto sia gioia che svela e ci svela la