Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
ossiacetilenica
Pubblicato nel 2013
IIS Progress s.r.l., Gruppo Istituto Italiano della Saldatura
Lungobisagno Istria, 15 16141 Genova (Italia)
Telefono (010)83411
Fax (010)8367780
www.iisprogress.it
1. GENERALITÀ
Nel novembre 1895 il chimico francese Le Châtelier scoprì che la combustione di quantità uguali
di gas acetilene e di ossigeno puro produceva una fiamma la cui temperatura era più elevata di
quelle ottenute fino a quel momento.
Da questa realtà si sviluppò in pochi anni un processo di saldatura autogena per fusione chiamato
saldatura ossiacetilenica (Figura 1.1).
Nella combustione con l'ossigeno l'acetilene, pur non avendo tra i gas disponibili per la saldatura
il massimo potere calorifico, fornisce una potenza termica notevolmente superiore a quella delle
altre fiamme ossigas (metano, propano, butano, idrogeno, gas di città).
Per la temperatura ottenibile (di circa 3100°C), quella ossiacetilenica è la sola fiamma che rende
possibile la saldatura delle leghe ferrose con materiale d'apporto omologo al materiale base.
1
Saldatura con fiamma ossiacetilenica
La combustione degli altri gas, con o senza ossigeno, o risulta eccessivamente pericolosa (come
nel caso dell’idrogeno) oppure consente di raggiungere temperature idonee solamente per la sal-
dobrasatura. Le fiamme ossipropanica e ossimetanica vengono invece vantaggiosamente impe-
gnate nell'ossitaglio ed in operazioni di riscaldo, asciugatura, pre- e post-riscaldo (Figura 1.2).
La tabella 1.1 riporta le caratteristiche principali delle combustioni con differenti tipi di gas.
La saldatura ossiacetilenica al giorno d'oggi è sempre meno applicata nelle costruzioni importanti,
a causa della limitata produttività e dell’elevato apporto termico, che causa cicli termici blandi con
conseguenti decadimenti di alcune significative proprietà della giunzione ed elevate deformazioni.
Bisogna infine osservare che il processo ossiacetilenico, utilizzando una sorgente termica di im-
piego assai versatile come la fiamma, permette facilmente l'esecuzione di saldature nei casi in cui
l'accessibilità risulti considerevolmente compromessa da ostacoli che si possono trovare nelle
vicinanze del giunto. Inoltre, il basso costo dell'apparecchiatura rispetto a quello dei processi
MAG e TIG concorre a rendere questo processo ancora interessante in certi casi particolari, per
piccole officine e per lavori di manutenzione, dove non sia disponibile l'energia elettrica e nel set-
Tipo di fiamma Combustibile Temperatura massima raggiunta tore della distribuzione del
Ossimetanica Metano CH4 2730°C gas in ambito cittadino.
Ossipropanica Propano C3H8 2730°C In conclusione, la saldatu-
Ossibutanica Butano C4H10 2830°C ra ossiacetilenica mantie-
Ossietilenica Etilene C2H4 2840 ne ancora oggi un certo
Ossiacetilenica Acetilene C2H2 3100°C campo di applicazione,
anche se in progressiva
Tabella 1.1 - Tipi di fiamma in uso industriale
riduzione.
2
Caratteristiche della fiamma ossiacetilenica
La fiamma ossiacetilenica è l’effetto della combustione tra acetilene (formula chimica C2H2 – figu-
ra 2.1) e l'ossigeno, che giungono separatamente al cannello dal quale escono insieme dopo es-
sersi intimamente mescolati (la formazione della miscela acetilene-ossigeno è favorita dalla spe-
ciale forma del cannello, che verrà descritta più avanti).
All'uscita del cannello avviene la combustione con una fiamma che è la più adatta a soddisfare le
principali esigenze della fusione di un metallo e della sua protezione allo stato fuso dalla contami-
nazione atmosferica.
Analizzando la geometria di una fiamma correttamente regolata (Figura 2.2), si possono distin-
guere differenti zone, ciascuna delle quali ha proprietà particolarmente significative ai fini delle
caratteristiche del processo.
La combustione, infatti, dà inizialmente luogo alla formazione di ossido di carbonio e di idrogeno e
allo sviluppo di una certa quantità di calore secondo la reazione cosiddetta di combustione prima-
ria, che genera una prima quantità di calore, indicata come q':
C2H2 + O2 → 2 CO + H2 + q'
I prodotti di questa prima reazione chimica non sono i prodotti finali della combustione: ciò è do-
vuto al fatto che la quantità di ossigeno fornita al cannello è inferiore a quella necessaria per bru-
ciare completamente l'acetilene. La combustione descritta prende perciò il nome di combustione
primaria: essa avviene su una superficie a forma di cono, situata in prossimità della punta del
cannello chiamata dardo.
Figura 2.1 - Struttura atomica dell’aceti- Figura 2.2 - Zone di funzionamento della fiamma
lene ossiacetilenica
3
Saldatura con fiamma ossiacetilenica
Poiché i prodotti finali della combustione primaria sono ancora combustibili e si trovano ad alta
temperatura, essi completano spontaneamente la loro combustione a spese di altro ossigeno, che
non è fornito dall'impianto di saldatura, ma viene preso dall'aria circostante. Ne segue che imme-
diatamente a valle del dardo si stabilisce una zona avida di ossigeno; questa è chiamata zona
riducente ed in essa avviene la combustione secondaria che completa l'ossidazione dei prodotti
della reazione primaria con ulteriore sviluppo di calore (q" e q"'), secondo le due reazioni:
CO + ½O2 → 2CO2 + q"
H2 + ½O2 → H2O + q"'
La presenza della zona riducente determina anche la possibilità di utilizzare la fiamma ossiacetile-
nica senza alcuna forma di protezione dall’ossigeno, trovandosi il bagno di saldatura e l’eventuale
materiale d’apporto in una atmosfera riducente; si noti inoltre che tra i prodotti della combustione
si trova anche vapor d’acqua, che tuttavia può essere ritenuto non particolarmente pericoloso gra-
zie ai cicli termici particolarmente blandi che si realizzano con questo processo1.
Lo sviluppo di calore mantiene i prodotti finali della combustione ad alta temperatura: ciò dà luogo
ad una considerevole luminosità dei gas e dei vapori prodotti, che dura per un certo spazio fino a
quando svanisce a causa della caduta di temperatura. L'area luminosa che circonda il dardo (a
sua volta ancora più luminoso) viene chiamata pennacchio .
1
L’idrogeno, qualora risulti intrappolato nel bagno di saldatura, può provocare lo sviluppo di porosità e, nel caso in cui
siano presenti fenomeni di tempra, cricche a freddo.
4
Caratteristiche della fiamma ossiacetilenica
Quando l'ossigeno è insufficiente per completare la combustione primaria, l'acetilene deve procu-
rarsi ossigeno dalla circostante atmosfera. Considerando tuttavia il breve tempo disponibile (i gas
fluiscono dal cannello ad alta velocità: circa 100 m/s), una combustione completa è praticamente
impossibile. Rimane perciò una certa quantità di gas in combustione: tenendo presente che l'ace-
tilene è formato da idrogeno e carbonio, quella parte di quest'ultimo che non viene bruciata rima-
ne libera nella fiamma e tende a passare nel bagno lambito dalla stessa. Per questa circostanza
la fiamma prende allora il nome di carburante: a valle del dardo appare una pennacchio più este-
so, talvolta di colore rossastro
(Figura 2.4).
Inoltre, è da notarsi in questo
caso un marcato effetto ridu-
Figura 2.4 - Fiamma carburante
cente della fiamma, che può
rendere questa regolazione preferita in alcune applicazioni.
Sulla base delle proprietà fisiche della fiamma ossiacetilenica, è possibile comprendere alcuni dei
vantaggi e/o caratteristiche fondamentali che rendono questa sorgente di energia adatta alle ap-
plicazioni di saldatura.
Come già accennato, infatti, la fiamma ossiacetilenica consente il raggiungimento di temperature
sufficientemente elevate per ottenere una corretta fusione dei metalli da saldare; in particolare, la
distribuzione delle temperature risulta particolarmente conveniente, in quanto il valore massimo
(dell'ordine di 3100°C) viene raggiunto poco a valle della punta del dardo, cioè in corrispondenza
del bagno in saldatura (Figura 2.6).
Il dardo è circondato dalla zona riducente e dal pennacchio che si estende considerevolmente;
5
Saldatura con fiamma ossiacetilenica
immediatamente a valle del dardo, la presenza di una zona avida di ossigeno manifesta proprietà
riducenti ed ha perciò azione disossidante rispetto al metallo portato a fusione (bagno di fusione).
Queste caratteristiche, tuttavia, richiedono che il volume d'ossigeno fornito sia pari a quello dell'a-
cetilene: in caso contrario, la fiamma tende ad ossidare o carburare il bagno di fusione. Fortunata-
mente, quando questi funzionamenti anomali si manifestano, l'aspetto della fiamma cambia consi-
derevolmente, per cui il saldatore esperto può eliminare prontamente l'inconveniente mediante
una facile regolazione della portata d'ossigeno o d'acetilene.
6
Apparecchiatura
3. APPARECCHIATURA
La figura 3.1 illustra lo schema di una postazione singola di saldatura ossiacetilenica: in essa si
distinguono le bombole dell'ossigeno e dell'acetilene, i riduttori di pressione di questi, le valvole di
sicurezza, il cannello e l'economizzatore.
La figura 3.2 mostra invece alcuni esempi di postazione fissa, ove l’alimentazione può essere ot-
tenuta con fasci o batterie di bombole, o in alternativa da un generatore di acetilene e da un gasi-
ficatore di ossigeno liquido.
Queste apparecchiature sono (per complessità) e pericolosità estremamente delicate, e, conside-
rando il decrescente impiego di questo processo di saldatura, sempre più rare.
I requisiti generali per i sistemi di distribuzione dell’acetilene per saldatura sono riportati nella nor-
ma UNI EN ISO 14113:1999 - Apparecchiature per saldatura a gas - Tubi flessibili di gomma e di
plastica per gas compressi o liquefatti fino alla pressione massima di progetto di 450 bar.
7
Saldatura con fiamma ossiacetilenica
2
Se si sceglie una valvola di sovrappressione, il gas evacuato deve essere scaricato in una zona sicura.
8
Apparecchiatura
3.1. Ossigeno
L'ossigeno è indispensabile per una perfetta combustione: solo fornendolo al cannello insieme al
combustibile, in rapporto volumetrico praticamente unitario, è possibile ottenere alte temperature
di fiamma.
E' prodotto industrialmente mediante distillazione frazionata dell'aria liquida ed è fornito in bombo-
le d'acciaio ad una pressione generalmente di 200 bar, oppure in forma liquida.
9
Saldatura con fiamma ossiacetilenica
Poiché grasso ed olio possono infiammarsi spontaneamente ed esplodere a contatto con l'ossige-
no puro sotto pressione, essi non devono mai essere usati in alcuna parte dell'apparecchiatura e
particolarmente sulle filettature dei riduttori.
Perdite di ossigeno possono essere rivelate mediante l'applicazione di una soluzione saponosa.
Non bisogna mai impiegare una fiamma libera per la ricerca di eventuali fughe.
Nel caso di ossigeno in bombola, è necessario che questa si disposta in posizione verticale, op-
portunamente fissata (ad esempio con catenelle) e lontana da fonti di calore, per cautelarsi contro
aumenti di pressione con conseguente pericolo di gravi esplosioni.
3.2. Acetilene
L'acetilene è un idrocarburo non saturo della serie aciclica, che non si trova in natura, ma prodot-
to per reazione tra acqua e carburo di calcio oppure dall'etilene ricavato dal petrolio3.
L’acetilene puro è praticamente inodore; il caratteristico odore agliaceo che spesso si avverte è
infatti dovuto all’idrogeno fosforato (PH3), presente come impurezza.
E' un gas instabile che tende a decomporsi con una forte reazione esotermica, cioè che genera
calore, tanto più violentemente quanto maggiore è la sua pressione.
Il diagramma riportato nella figura 3.4 mostra il campo di infiammabilità della miscela ossigeno -
acetilene, da cui si evince la grande pericolosità di questo gas: se infatti a pressione ambiente il
limite di infiammabilità è compreso tra il 3 ed i 78%, a circa 1,5 bar si possono avere reazioni di
decomposizione caratterizzate da grande sviluppo di energia, che, in casi particolari (ambienti
chiusi o tubi) potrebbe dare luogo ad
onde di pressione che si propagano
con velocità dell’ordine del km/s, assu-
mendo carattere di esplosione (per
questo motivo le norme stabiliscono a
1,5 bar la pressione massima alla quali
l’acetilene possa essere prodotto ed
usato).
L’acetilene è infatti una sostanza forte-
mente endotermica che si trova, alla
temperatura ambiente, in equilibrio in-
stabile. non appena l’aumento di tem-
peratura permette di raggiungere la
viscosità ambientale che lo tiene in tale
Figura 3.4 - Campo di infiammabilità della miscela ossi-
stato, esso tende a passare a forme più geno - acetilene
3
L’acetilene fu preparato per la prima volta da Davy nel 1836 per azione dell’idrogeno sul carburo di potassio(C2K2) e nel
1860 da Bertheolot per sintesi di carbonio ed idrogeno sotto l’effetto dell’arco elettrico.
10
Apparecchiatura
stabili, trasformandosi nei suoi polimeri4 (componenti ottenuti per somma di più molecole uguali,
come il benzolo - C6H6) oppure decomponendosi in C ed H25.
La combustione dell’acetilene è comunque stabile nella saldatura purché la portata del gas sia
regolata in modo da ottenere all’equilibrio tra velocità di uscita dei gas dal cannello e velocità di
combustione. Poiché lo stato liquido dell’acetilene è ritenuto particolarmente pericoloso, l’acetile-
ne viene conservato disciolto all’interno di bombole o (sempre più raramente) si ricava diretta-
mente per attacco del carburo di calcio con acqua all’interno di apparecchi gasogeni.
Figura 3.5 - Contenuto di una bombola con acetilene disciolto (valori medi)
4
La polimerizzazione avviene in particolari condizioni di temperatura e di pressione, e può essere facilitata dalla presen-
za di opportuni catalizzatori.
5
La decomposizione dell’acetilene produce circa 243 J/mole, ed è fortemente influenzata dallo stato fisico della sostan-
za.
11
Saldatura con fiamma ossiacetilenica
Le bombole possono avere diversa capacità; sono comuni bombole della capacità di 4÷6 m3 di
acetilene disciolta (valori riferiti alla pressione atmosferica).
Sulla base della normativa europea UNI EN 1089-3:2005 - “Bombole trasportabili per gas - Identi-
ficazione della bombola (escluso GPL) - Parte 3: Codificazione del colore” il colore identificativo
dell’ogiva è l’amaranto6, indicativa di gas infiammabili7. La stessa normativa prescrive le indicazio-
ni che devono essere riportate sull’ogiva della bombola, come indicato nella figura 3.6.
La quantità di acetilene disciolta in una bombola non può essere determinata dalla lettura di pres-
sione sul manometro di alta pressione poiché il gas è disciolto. Il metodo per determinare la quan-
tità di gas contenuto in una bombola consiste nel pesarla e nel sottrarre da questo peso la tara
della bombola, che è stampigliata sulla bombola stessa (sez. 7 di figura 3.6); tenendo conto del
peso specifici dell’acetilene (1,1 g/dm3), si può calcolare il contenuto della valvola in litri sulla base
della formula:
(Pbombola − Tara)
Volume contenuto ⎡dm3 ⎤ =
⎢⎣ ⎥⎦ 1,1
6
Insieme al colore si trova, sempre sull’ogiva, una lettera N, che indica che la colorazione in uso fa riferimento alla
“nuova” normativa europea e non più alle precedenti normative nazionali, in uso fino al 31/12/2004.
7
Si noti che l’unica indicazione vincolante relativa al contenuto delle bombole di gas è l’etichetta. La colorazione della
parte superiore delle bombole serve come ulteriore informazione, parzialmente sulle proprietà dei gas (infiammabili,
comburenti, tossici, ecc.). Essa è necessaria per il riconoscimento anche quando l’etichetta, per esempio ad una certa
distanza, non risulta leggibile.
12
Apparecchiatura
Ad esempio, una bombola contenente 6 m3 (cioè 6000 litri) di gas può fornire portate fino a 1200
litri all'ora, mentre per ottenere portate maggiori si devono mettere più bombole in parallelo.
− Generazione per caduta d’acqua. L’acqua viene fatta cadere su una griglia per gravità, e-
ventualmente con uno spruzzatore; la calce attraversa le maglie della griglia e viene raccol-
ta sotto forma di calce secca o pastosa, mentre l’acetilene inonda l’ambiente di reazione
(Figura 3.8).
13
Saldatura con fiamma ossiacetilenica
14
Apparecchiatura
Nel caso si utilizzino bombole, queste devono essere immagazzinate e usate sempre in posizione
verticale o quasi verticale; se fossero usate in posizione molto inclinata o orizzontale insieme al
gas uscirebbe l'acetone, creando nella bombola un vuoto che si riempirebbe di acetilene gassosa
in pressione con pericolo di esplosione. Inoltre, qualora si faccia uso di tubazioni non metalliche,
questi devono essere adeguatamente resistenti ai solventi acetone e dimetilformammide (DMF),
come richiesto dalla UNI EN 29539 (ISO 9539).
Si ricorda inoltre che devono assolutamente essere evitati gli urti e l'esposizione al sole o ad altre
fonti di calore, che farebbero aumentare la pressione interna.
L'acetilene e l'ossigeno sono contenuti nelle bombole a pressione considerevolmente più alta di
quella richiesta per il funzionamento del cannello. Perciò è necessario che la pressione venga
ridotta e mantenuta costante al valore opportuno indipendentemente dalla portata di gas necessa-
ria. Questa funzione è svolta dal riduttore di pressione, rappresentato nella figura 3.10.
I riduttori di pressione sono caratterizzati dal tipo di gas per il quale ne previsto l'impiego, dalla
massima pressione che possono sopportare e dalla massima portata. Essi devono:
− fornire una pressione a valle sufficientemente costante, nonostante le variazioni di portata e
la variazione di pressione nella bombola (che progressivamente si scarica durante l'utilizza-
zione del gas);
− consentire la regolazione della pressione al valore desiderato (fornito attraverso la manopo-
la di comando);
− avere buone caratteristiche di sicurezza (tenuta, robustezza, semplicità d’uso, ecc.).
Completano i riduttori due manometri, uno a monte della valvola (per misurare la pressione del
gas contenuto nella bombola) ed uno a valle (per misurare la pressione di utilizzazione).
Dal punto di vista normativo, i riduttori di pressione sono fabbricati in accordo alla norma interna-
zionale UNI EN ISO 2503:2000
“Apparecchiature per saldatura
a gas - Riduttori di pressione
per bombole di gas usati nella
saldatura, nel taglio e nei pro-
cedimenti connessi fino a 300
bar”. Tale norma riporta i requi-
siti di fabbricazione e prova, al
classificazione in base alle pro-
prietà fisiche e le caratteristiche
di marcatura dei riduttori di
pressione.
Figura 3.10 - Riduttore di pressione (gas acetilene)
15
Saldatura con fiamma ossiacetilenica
0 2 1,5
1 4 5
0 ÷ 300 (riferito alla
Ossigeno 2 pressione massima di 6 15
(e altri gas compressi) riempimento della bom-
sino a 300 bar 3 bola a 15°C) 10 30
4 12,5 40
5 20 50
1 0,8 1
Acetilene 25
2 < 1,5 5
Tabella 3.1.- Classificazione dei riduttori per ossigeno ed acetilene (UNI EN ISO 2503)
La tabella 3.1 riporta un estratto della norma per quanto riguarda la classificazione per l’impiego
con gas ossigeno ed acetilene. Si noti in particolare che la classe 2 dei riduttori per acetilene pre-
vede una portata massima di 5 m3/h, anche se si sconsiglia di utilizzare portate superiori a 1 m3/h
per i motivi già accennati precedentemente.
3.3.1. Funzionamento
La figura 3.11 mostra lo schema funzionale di un riduttore di pressione.
Esso è costituito da una camera a bassa pressione (lato cannello) ed una a alta pressione (lato
linea gas), messe in comunicazione da un ago, a sua volta comandato da una membrana contra-
stata da una molla. Quando il si apre il rubinetto del gas sul cannello, viene a generarsi una de-
pressione nella camera a bassa pressione del riduttore che provoca una flessione della membra-
na, caricata dalla molla, verso il basso; ciò causa l'apertura della valvola tra la camera ad alta e
quella a bassa pressione del riduttore ed assicura la portata del gas. Inversamente vanno le cose
quando si chiude il rubinetto sul cannello.
16
Apparecchiatura
gas in condizioni adiabatiche, che può portare il gas a temperature notevolmente inferiori agli 0°C
per effetto di salti di pressione di qualche decina di bar.
Tale riduzione di temperatura è da temersi particolarmente nel caso dell’ossigeno, a causa sia
dell’elevato salto di pressione sia della possibile presenza di acqua come impurezza nel gas, che
viste le temperature, potrebbe ghiacciare in corrispondenza dell’ago del riduttore. Come conse-
guenza si può avere un funzionamento estremamente irregolare del riduttore con conseguente
irregolare funzionamento della fiamma.
Questo fenomeno è andato scomparendo con gli anni, visti i progressi nella tecnologia di produ-
zione ed messa in bombole dei gas. In ogni caso esso è risolvibile riscaldando il gas attraverso
uno scambiatore gas/acqua da porsi tra bombole e riduttore o utilizzando due riduttori in serie per
ridurre il salto di pressione; è ovviamente sconsigliato sgelare i riduttori utilizzando la fiamma, che
potrebbe provocare danni al riduttore stesso se non addirittura incendi, e si consiglia invece l’uso
di acqua o panni caldi.
Infine è da ricordare che buona norma di sicurezza svitare sempre la vite di regolazione (portando
a zero la pressione nella camera di bassa pressione) ad ogni arresto prolungato di lavoro.
Nella maggioranza delle applicazioni, le pressioni di acetilene ed ossigeno possono essere anche
molto differenti tra loro (anche di qualche ordine di grandezza). Ciò può provocare ritorni della
miscela acetilene/ossigeno nella condotta a pressione inferiore; considerando inoltre che tale ri-
torno parte dal cannello, è possibile considerare che tale ritroso sia accompagnato dalla combu-
stione della miscela (è il cosiddetto “ritorno di fiamma”).
17
Saldatura con fiamma ossiacetilenica
18
Apparecchiatura
La corretta verifica e manutenzione sistematica delle valvole di sicurezza è essenziale per la sicu-
rezza dell'operatore e dell'impianto e per evitare gravi pericoli di esplosioni o incendi.
I requisiti che devono essere rispettati dai dispositivi di sicurezza sono riportati nella norma UNI
EN 730-1:2006 “Attrezzature per la saldatura a gas - Dispositivi di sicurezza - Parte 1: Dispositivi
con valvola antiritorno di fiamma”.
3.5. Economizzatore
19
Saldatura con fiamma ossiacetilenica
3.7. Cannello
E' l'apparecchio cui giungono il gas combustibile e quello comburente e dentro il quale avviene la
loro intima miscelazione, necessaria per consentire una regolare combustione all'uscita della pun-
ta. Lo svolgimento di queste funzioni e la necessità della massima maneggevolezza (in modo da
non stancare il saldatore) ne richiedono un'adeguata costruzione.
A seconda delle pressione dei gas per il funzionamento del cannello, si distinguono cannelli a
bassa pressione (più comuni) e ad alta pressione.
20
Apparecchiatura
I cannelli ad alta pressione sono alimentati da ossigeno ed acetilene alla stessa pressione
(0,5÷0,75 bar). Quest'ultimo tipo di cannello è più semplice, ha una fiamma molto stabile e non
praticamente soggetto a ritorni di fiamma, perché l'acetilene compressa scorre nei suoi condotti a
velocità e pressioni notevoli;
L'inconveniente principale è quello di richiedere acetilene ad alta pressione, cioè un impianto di
erogazione dell'acetilene di maggiore pericolosità intrinseca.
21
Saldatura con fiamma ossiacetilenica
22
Tecniche operative di saldatura, preparazione dei lembi e applicazioni
Le tecniche operatorie utilizzate con il procedimento ossiacetilenico sono differenti in base alla
posizione di saldatura in cui si opera. Conseguentemente, anche i parametri di saldatura sono
diversi.
Indipendentemente dalle tecniche dalle posizioni, è comunque importante che la punta della e-
ventuale bacchetta ed il bagno fuso siano mantenute sempre dentro la zona protettrice della fiam-
ma (zona riducente).
23
Saldatura con fiamma ossiacetilenica
24
Tecniche operative di saldatura, preparazione dei lembi e applicazioni
Finche lo spessore è sottile (s < 3 mm) si opera in modo analogo alla saldatura a spingere in pia-
no e l’esecuzione non presenta particolari difficoltà; la preparazione è a lembi retti.
A cominciare da 4 ÷ 5 mm e per spessori maggiori la saldatura diventa alquanto difficoltosa, per-
ché oltre alle normali preoccupazioni del saldatore (penetrazione, fusione dei lembi, aspetto ester-
no, regolazione della fiamma) vi è una notevole massa di metallo fuso che tende a staccarsi dal
lembo superiore lasciandovi un solco ed a colare sul lembo inferiore, provocando incollature e
generando un sovrametallo irregolare ed eccessivo.
Per questo motivo, in tale campo di spessori il processo di saldatura alla fiamma ossiacetilenica è
anch’essa da ritenersi in disuso, vista la possibilità di utilizzare altri processi di saldatura sicura-
mente più affidabili.
Nel caso della saldatura ad arco, l’apporto termico specifico viene calcolato con riferimento ai pa-
rametri elettrici e come rapporto tra la potenza elettrica impiegata (in W) e la velocità di saldatura.
Parimenti, nel caso della saldatura ossiacetilenica, la potenza termica può essere calcolata con
buona approssimazione facendo riferimento al potere calorifico inferiore dell’acetilene (Hi) dell’a-
cetilene, assumendo una combustione perfetta.
Di conseguenza, essendo Hi pari a 36 kJ/dm3, l’apporto termico specifico (Q1) può essere calcola-
to in base alla relazione seguente:
P ⋅H i 36 ⋅ P ⎡ kJ ⎤
Q 1 = = ⎢ mm ⎥
v sald v sald ⎣ ⎦
Le preparazioni dei lembi per la saldatura ossiacetilenica possono essere a lembi retti o a V, co-
me indicato di seguito.
26
Tecniche operative di saldatura, preparazione dei lembi e applicazioni
4.3.2. Preparazione a V
La preparazione a V può essere utilizzata per spessori superiori a 6 mm, anche se l'uso della sal-
datura ossiacetilenica per spessori superiori a 8 mm deve ritenersi del tutto eccezionale.
− Per spessori "s" compresi fra 3 e 6 mm (solo per saldatura da a spingere), l'angolo di aper-
tura del cianfrino deve essere almeno 80°, la spalla 0 mm e la distanza tra i lembi compre-
sa tra s/4 e (s/4 + 1) mm;
− per spessori "s" compresi fra 6 e 12 mm (solo per saldatura a tirare) l'angolo di apertura del
cianfrino deve essere compreso tra 60° e 70°, la spalla 0 mm e la distanza tra i lembi come
sopra.
Considerando la già citata pericolosità dei gas impiegati nella saldatura alla fiamma ossiacetileni-
ca, è necessario prevedere particolari procedure di funzionamento del cannello, ed anche consi-
derare eventuali inconvenienti che si possano verificare, onde procedere repentinamente all’arre-
sto del processo e ad eventuali azioni correttive.
27
Saldatura con fiamma ossiacetilenica
28
Applicazioni
5. APPLICAZIONI
Considerando le caratteristiche della sorgente termica (ed in particolare la bassa concentrazione
dell’energia), si evince facilmente che il processo di saldatura alla fiamma ossiacetilenica è gene-
ralmente limitato all’esecuzione di giunti tra elementi di limitato spessore (6 o 8 mm al massimo),
anche in considerazione degli elevati apporti termici, che su spessori superiori ai 2 mm possono
superare facilmente i 10 kJ/mm, con le conseguenti implicazioni in termini metallurgici e meccani-
ci (tensioni e deformazioni di saldatura).
La possibilità di avere la sorgente termica separata dal metallo d’apporto e la buona controllabilità
del bagno rendono il processo particolarmente utile nei casi in cui non sia possibile eseguire la
solcatura e la successiva ripresa al rovescio (ad esempio nel caso di giunti di tubi di piccolo dia-
metro, e, naturalmente, di spessore limitato). Infatti, al saldatore è consentita una gestione della
sorgente termica tranquilla e metodica, adattabile alle circostanze per ogni tratto del giunto, senza
necessità di continui e tempestivi interventi (dovuti al pericolo di incipienti sfondamenti, più carat-
teristici della saldatura con elettrodi rivestiti), che
sempre conducono ad irregolarità più o meno evi-
denti al rovescio del giunto (come riprese difettose,
sgocciolamenti, porosità, mancanze di penetrazio-
ne locali ).
Bisogna infine osservare che il processo ossiacetileni-
co, utilizzando una sorgente termica di impiego assai
versatile come la fiamma, permette facilmente l'ese-
cuzione di saldature nei casi in cui l'accessibilità risulti
considerevolmente compromessa da ostacoli che si
possono trovare nelle vicinanze del giunto.
Figura 5.1 - Saldatura di un tubo con fiamma
ossiacetilenica
29
Saldatura con fiamma ossiacetilenica
La ridotta potenza termica della fiamma ossiacetilenica può dare luogo fenomeni di ingrossamen-
to del grano. Esso si verifica principalmente nella zona termicamente alterata del materiale base,
a seguito della relativamente lunga permanenza ad elevata temperatura e del lento raffreddamen-
to della zona circostante il giunto, dovute alla modesta velocità di saldatura. Un ingrossamento
del grano è, in un certo senso, inevitabile con un procedimento "lento" come quello ossiacetileni-
co, ma può manifestarsi in modo più o meno accettabile a seconda dell'abilità operativa del salda-
tore. L'ingrossamento del grano riduce, come noto, la tenacità del giunto. Esso risulta particolar-
mente temibile negli acciai a grano fine (quali quelli dei tubi per servizio a bassa temperatura, per
cui l'uso del procedimento ossiacetilenico è sostanzialmente sconsigliabile) e in quelli basso-
legati (quali quelli al Mo e al Cr-Mo, per caldaie, per cui una verifica della tenacità dei giunti, con
prove a percentuale, appare auspicabile in questo caso).
Conseguentemente, i materiali su cui si può applicare il processo sono oggi limitati principalmente
alle tubazioni in acciaio al carbonio e basso-legato (con un limite massimo rappresentato dall’ac-
ciaio 1,25 Cr - 0,5 Mo). Per altri materiali, quali acciai al Cr-Mo più legati, legati, acciai inossidabili
al Cr e Cr-Ni, alluminio e sue leghe, rame e sue leghe, ecc., i procedimenti con protezione di gas
inerte (TIG e MIG) hanno sostituito completamente l'applicazione del procedimento ossiacetileni-
co. Infine, il processo è molto utilizzato per le applicazioni di brasatura, dove la “dolcezza” della
fiamma e le sue caratteristiche riducenti si prestano particolarmente per le caratteristiche della
brasatura stessa8.
La saldatura deve ristabilire senza soluzioni la continuità del metallo di base, ed ottenere nel giun-
to saldato proprietà metallurgiche e meccaniche ad esso corrispondenti.
Tali proprietà possono essere più o meno importanti a seconda della funzione della saldatura
(saldatura di semplice collegamento o di resistenza) e pertanto la loro classificazione (come sem-
plici imperfezioni oppure come difetti, e quindi non accettabili) è compito dell’addetto all’ispezione
che si basa su criteri di accettabilità, previsti per il componente dal progettista, dalla norma di pro-
dotto o dal codice di fabbricazione.
In ogni caso, le imperfezioni di saldatura possono essere legate a problemi metallurgici (come nel
caso delle cricche a caldo o a freddo) o di carattere operativo, cioè legate alla combinazione tra
processo di saldatura, condizioni operative di lavoro e capacità del saldatore.
Il processo di saldatura di saldatura con la fiamma ossiacetilenica, per le sue caratteristiche, può
dar luogo principalmente a mancanze di fusione ed irregolarità di maglia. Altri difetti sono possibi-
li, ma sono da imputarsi a carenze operative del saldatore9.
8
Per queste applicazioni si rimanda alla pubblicazione dedicata alla brasatura e saldobrasatura.
9
Si ricorda che la qualità finale della saldatura è legata a diversi fattori, tra cui sicuramente la capacità del saldatore è da
ritenersi uno dei più significativi. Conseguentemente si richiede generalmente la qualifica del saldatore, ottenuta gene-
ralmente in accordo alla norma UNI EN 287-1: 2007 “Prove di qualificazione dei saldatori - Saldatura per fusione -
Parte 1: Acciai” o, in alternativa, in accordo alla Divisone IX del Codice ASME, ove applicabili.
30
Applicazioni
solidi, ma ad alta temperatura e quindi ricoperti di ossido; i lembi compiono quindi una funzione
assai simile a quella di una lingottiera, e non vi è collegamento.
L’incollatura bianca è invece un interposizione di uno strato sottile di ossido portato a fusione, fra
due strati di metallo; le caratteristiche di coesione, benché migliori dell’incollatura nera, sono pur
sempre alquanto deficienti rispetto a quelle della saldatura corretta.
Più raramente, in congiunzione con l’incollatura si possono verificare mancanze di penetrazione
al vertice, come rappresentato ad esempio nella figura 5.2.
Queste imperfezioni possono dipendere da un cattivo maneggio del cannello (dardo troppo lonta-
no ed esposizione del punto da fondere all’azione non più riduttrice del pennacchio) o da potenza
inadatta del cannello e si può produrre anche alla ripresa dopo un arresto, se non si ha cura di
riprendere indietro il cordone di circa 1 cm per assicurare la corretta rifusione del tratto preceden-
temente depositato.
Una possibile soluzione al problema può essere anche l’incremento della distanza tra i lembi o
dell’angolo di apertura del cianfrino, quando prevista.
31
Saldatura con fiamma ossiacetilenica
Come accennato all’inizio del capitolo, il processo di saldatura alla fiamma ossiacetilenica è appli-
cato al caso degli acciai basso-legati. A tali materiali sono dedicate le due normative attualmente
in uso.
La classificazione europea è trattata dalla UNI EN 12536: 2001 “Bacchette per la saldatura a gas
di acciai non legati e di acciai resistenti allo scorrimento a caldo”, che prevede un simbolo costitui-
to dalla lettera identificativa del processo (una “O”), seguito da un numero romano che si riferisce
alla composizione chimica e al comportamento in saldatura (Tabella 5.1).
Comportamento
Compo sizione chimica
Simbolo
Porosità**
Fluidità**
Spruzzi**
C Si Mn P* *S Mo Ni Cr
OZ Nessun requisito specificato
OI 0,03÷0,12 0,02÷0,20 0,35÷0,65 0,03 0,025 - - A A A
O II 0,03÷0,20 0,05÷0,25 0,50÷1,20 0,025 0,025 - - M M A
O III 0,05÷0,15 0,05÷0,25 0,95÷1,25 0,02 0,02 - 0,35÷0,80 B B B
O IV 0,8÷0,15 0,10÷0,25 0,90÷1,2 0,02 0,02 0,45÷0,65 B B B
OV 0,10÷0,15 0,10÷0,25 0,80÷1,2 0,02 0,02 0,45÷0,65 0,80÷1,20 B B B
O VI 0,03÷0,10 0,10÷0,25 0,40÷0,70 0,02 0,02 0,90÷1,20 2,00÷2,20 B B B
Note:
* Valori massimi
** A = Alta; M = Media; B = Bassa
La classificazione AWS A 5.2: 2007 “Specification for carbon and low-alloy steel rods for oxyfuel
gas welding” utilizza anch’essa una codifica alfanumerica, caratterizzata da un R (lettera indicati-
va della bacchetta - in inglese rod), seguita da un numero riferito al carico di rottura del deposito,
misurato con trazione longitudinale ed espresso in kPSi. La tabella 5.2 riporta le caratteristiche
meccaniche, mentre la tabella 8 si riferisce alla composizione chimica.
R60 60 410 20
R65 65 450 16
32
Applicazioni
Composizione chimica*
Simbolo
C Mn Si P S Cu Cr Ni Mo Al
R45 0,08 0,5 0,1 0,035 0,04 0,3 0,2 0,3 0,2 0,02
R60 0,15 0,9÷1,4 0,1÷0,35 0,035 0,035 0,3 0,2 0,3 0,2 0,02
R65 0,15 0,9÷1,6 0,1÷0,7 0,035 0,035 0,3 0,4 0,3 0,2 0,02
R100 0,18÷0,23 0,7÷0,9 0,2÷0,35 0,025 0,025 0,15 0,4÷0,6 0,4÷0,7 0,2÷0,25 0,02
RXXX-G Nessun requisito specificato
* Ove è indicato un solo valore, ci si riferisce al valore massimo
Tabella 5.3 - Classificazione delle bacchette per la saldatura (AWS A 5.2) – Composizione chimica
33
Saldatura con fiamma ossiacetilenica
34