Sei sulla pagina 1di 41

SOCIETA’ DI MASSA

Per società di massa s’intende una società (come odierna) nella quale si è diffusa una produzione
di massa, ovvero un prodotto che un tempo era elitario comincia a essere disponibile per tutti e
viene prodotto in serie per soddisfare la richiesta. L’immagine simbolo di questo periodo è la
fabbrica: nasce nel 1913 una nuova società imprenditoriale, il “fordismo” che deve il suo nome a
H.Ford che nella sua fabbrica automobilistica a Detroit introduce per la prima volta la catena di
montaggio, un metodo per produrre di più e ridurre le pause. L’idea nasce da F. Taylor che nel
1911 scrisse “I principi di organizzazione scientifica del lavoro” una proposta teorica per ridurre il
lavoro. Il Fordismo è dunque un’applicazione pratica del Taylorismo. Se da una parte la catena di
montaggio semplificava la produzione in serie, dall’altra rendeva il lavoro alienante e ripetitivo.
”Massa” è un termine che può avere molti usi: al plurale intende le classi popolari subalterne, le
masse operaie; al singolare, intende e assume una connotazione negativa, in particolare nel
linguaggio politico e sociologico, perché “massa” si oppone a “èlite”, “massa” quindi sono i più che
si oppongono ai pochi. La massa è un insieme omogeneo dove gli individui scompaiono rispetto al
gruppo. Nel 1830 Ortega y Gasset scrive la “Ribellione delle masse” in cui spiega che la massa si
oppone alla nobiltà perché il nobile conduce una vita coraggiosa poiché tende a superare se
stesso, invece chi appartiene alla massa è invece senza slancio, inerme, non tende a migliorare.

II RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Uniforma i modelli di vita: la spinta della società di massa porta a un processo di radicale
trasformazione sociale ed economica, si ha un aumento de prezzi e i mercati soddisfano ogni tipo
di domanda. La vita quotidiana cambia così come la qualità della vita; i mezzi di comunicazione
diventano a disposizione di tutti e assumono una grande importanza i giornali. In economia
assume un ruolo importante il settore terziario, ovvero quella parte che riguarda i servizi : sanità,
banche, scuole, l’istruzione si amplia per vincere l’analfabetismo.

I RIVOLUZIONE II RIVOLUZIONE III RIVOLUZIONE


(1770 - 1870) (1870 - 1945) (1945 - …)
• prevale la tecnica E’ più scientifica : le scoperte La scienza diventa
sono frutto del singolo collettiva, equipe
• la principale fonte d’energia La fonte d’energia è il petrolio Nasce internet e il
è il carbone e l’elettricità computer
• emerge il settore tessile Le metropoli si modernizzano Energia : atomo
• nasce società industriale La modalità di produzione è La catena di
la fabbrica con l’impiego montaggio è
• il simbolo è la macchina della catena di montaggio superata dalla
a vapore Il simbolo è la macchina produzione snella
e il supermercato Nasce la società
la società globale
Il simbolo è il
computer
CARATTERI DELLA SOCIETA’ DI MASSA
- La maggioranza degli individui vive in agglomerati urbani a stretto contatto tra di loro ma il
rapporto è impersonale e anonimo.
- gli uomini entrano in contatto con maggiori frequenza
- il grosso della popolazione esce dalla dimensione dell’autoconsumismo per diventare produttore
e consumatore dei beni di mercato.
Nascono i partiti di massa a difesa degli operai: questi si organizzano in sezioni e circoli per
raccogliere consensi popolari. Uno dei primi è quello tedesco SPD (socialista).
GUSTAV LE BON Intellettuale esponente del positivismo, crede che la scienza sia l’unico
strumento per indagare la realtà, nel 1895 scrive “La psicologia delle folle” nella quale cerca di
studiare la psicologia delle masse. La sua opera venne letta anche da Hitler e Mussolini per
comprendere come governare e comandare le masse. Le Bon analizza cosa muove l’uomo
all’interno delle masse, una dimensione nuova che deve essere indagata. Esamina quindi il modo
in cui l’avvento delle folle sta modificando la vita sociale e indaga sull’origine e sul modo di
manifestarsi di una delle caratteristiche principali delle folle, ovvero la dimensione irrazionale:
l’individuo nella folla è spinto da istinti razionali perché perde la sua identità ed è più
suggestionabile perché si muove inconsciamente perché trascinato dal numero. E’ il gruppo che
scatena l’emergere d’istinti irrazionali ed incontrollabili. Secondo Le Bon con l’avvento della folla
avviene un arresto del processo evolutivo e l’individuo regredisce a una fase infantile ed è
condizionabile perché perde la capacità intellettiva. La folla quindi è portata a imitare un capo, che
viene visto come un padre e dunque una guida da seguire. Egli inoltre sostiene che l’integrazione
delle folle nelle classi dirigenti è un fatto negativo, poiché esse sono adatte all’azione mentre in
questo modo le si rende più potenti. Non avendo capacità intellettiva, esse diventano distruttive
per la società. Il predominio delle folle porta quindi al disordine. Avendo una natura istintiva e
mancando di capacità critica, esse sono poco inclini a seguire le leggi; non hanno un’idea propria,
ma sono portate a seguire le proposte di altri. Per questo che vuole comandarle deve
comprendere la psicologia, poiché esse si governano non facendo presa sulla ragione, ma
piuttosto sull’istinto.

ETA’ GIOLITTIANA

Questo termine indica il periodo in cui la vita politica italiana ha visto come protagonista ed è stata
influenzata da Giovanni Giolitti, dal 1901 al 1914. Alla fine dell’800 si ebbe quella che gli storici
chiamano “crisi di fine secolo” poiché vi furono molti disordini sociali, quando a regnare era
Umberto I che poi venne assassinato da Gaetano Bresci nel 1900, anarchico, per rivendicare le
stragi di Milano. Divenne re Vittorio Emanuele III che non rivendicò la morte del padre ma si dedicò
a riformare il paese. Nel 1901 nomina come presidente del consiglio un esponente del partito
liberale progressista Zanardelli che a sua volta nomina come ministro degli interni Giolitti. Quando
nel 1903, Zanardelli si dimette chiedendo che possa essere eletto al suo posto Giolitti.
L’eta giolittiana è contrassegnata dal decollo industriale dell’Italia. I progressi più evidenti si hanno
nell’industria siderurgica (Terni, l’Ilva di Piombino), nell’industria elettrica (in molte città verrà
introdotta l’elettricità), al nord nascono le industrie meccaniche automobilistiche (Fiat,Lancia,Alfa),
l’industria dolciaria e tessile. Le industrie si svilupparono principalmente nell’area che venne
chiamata “Triangolo industriale” tra Genova, Milano, e Torino. Questo portò alla fondazione di
sindacati. Ciò che ha favorito lo sviluppo:
• l’industria venne aiutata dall’intervento dello stato, che oltre a ciò ha incentivato anche il
progresso dei mezzi pubblici
• scelta di una politica di protezionismo, con l’imposizione di tasse su prodotti esteri favorendo la
produzione italiana anche se ciò danneggio molto le industrie del sud Italia perché era più
arretrato ed era legato ai prodotti esteri
• contributo notevole esercitato dalle banche che finanziavano le industrie. Nascono le banche
miste che svolgevano sia funzione di banche d’affari sia la funzione economica.
Vi è quindi un miglioramento della vita nelle grandi città (in campo medico, le condizioni igieniche,
elettricità, istruzione). D’altra parte però si accentua il divario tra nord e sud che determinerà l’inizio
dell’emigrazione verso i paesi esteri alla ricerca di lavoro. Ciò pero ebbe anche un risvolto positivo
poiché gli emigrati mandavano una parte dei soldi, le rimesse degli emigrati, ai parenti rimasti a
casa, e molte famiglie si salvarono proprio grazie a questo. Giolitti ha capito che ha in Italia c’è
bisogno di modernizzare le istituzioni con la partecipazione delle masse alla vita dello stato,
coinvolgendo i partiti; il più importante era quello socialista (nato a Genova nel 1892) di stampo
Marxista all’interno del quale vi erano due correnti diverse:
1. RIFORMISTI il principale esponente era Filippo Turati, ritenevano che per cambiare la società
bisognasse passare attraverso graduali riforme.
2. MASSIMALISTI guidati da Lazzari e Mussolini, erano invece i rivoluzionari: non volevano
tradire l’idea di base e pensavano che l’unica via per cambiare la società fosse la rivoluzione,
senza scendere a patti con i borghesi.

POLITICA ESTERA
L’Italia dalla seconda metà dell’800 aveva iniziato a intraprendere una politica coloniale : con
Depressi si ha la prima fase di espansione in Eritrea che vide la prima sconfitta italiana nella
battaglia di Dogali nel 1882. Anche il secondo tentativo di espansione in Etiopia e in Eritrea fallì
dopo la sconfitta nel 1896 a Adua sotto il governo Crispi. Giolitti cambia obbiettivo e decide di
dirigersi verso la Libia: quello inoltre era un momento favorevole perché il governo italiano aveva
riconosciuto il dominio francese in Maroco e ciò dava il diritto all’Italia di conquistare la Libia. Nel
1911 l’Italia dichiara guerra alla Turchia che governava al tempo la Libia. Fu una campagna
militare molto faticosa: inizialmente gli italiani, riescono a conquistare la città ma la resistenza turca
è più forte di quanto si pensasse. Non riuscendo a conquistare la Libia occupò l’arcipelago del
Dodecaneso ne Mar Egeo. Trovandosi tra due fuochi, la Turchia accettò nel 1912 la pace di
Losanna con la quale riconobbe il governo italiano in Libia. Giolitti voleva accontentare sia
l’ambiente finanziario, sia i nazionalisti, sia l’opinione pubblica che vedevano nel colonialismo una
valvola di sfogo per l’emigrazione oltre a una possibilità per accrescere l’economia. La Libia era
stata presentata come un paese ricco di risorse ma si mostrerà una grande delusione, tanto che
Salvemini la definire “scatolone di sabbia”. Ciò causerà anche il declino del prestigio di Giolitti.

L’azione di governo di Giolitti venne chiamata del doppio volto poiché guardava sia
all’avanzamento della classe borghese sia delle masse. Dai suoi critici visto anche come il fatto
che al Nord si dimostrò corrotto e conservatore. Ebbe un atteggiamento neutrale in caso di
disordine sociale: lo stato, per Giolitti, doveva mantenersi neutrale e garantire l’ordine senza
prendere le parti di nessuno. Anche perché egli credeva che il malcontento delle masse fosse una
conseguenza di un’azione sbagliata di governo, per questo non intervenne in caso di sciopero.

IMPORTANTI RIFORME
• orario di lavoro diminuito
• cassa nazionale per invalidità e vecchiaia
• provvedimenti per tutelare la maternità
• provvedimenti per tutelare il lavoro minorile
• statalizzazione delle ferrovie
• statalizzazione de sistema assicurativo e assicurazioni sulla vita

SUFFRAGIO UNIVERSALE
Tra le riforme attuate da Giolitti una delle più importanti è il suffragio universale maschile: nel 1912
viene proposta una legge elettorale che consentiva di votale a tutti i cittadini maschi. Il diritto di
voto venne esteso a tutti i cittadini maschi con più di trent’anni mentre coloro che avevano compito
servizio militare e possedevano la licenza militare potevano votare già a 21 anni. Ciò aveva potuto
allargare la base politica dello stato. Giolitti dunque si rende conto che per cambiare l’Italia deve
dialogare con i partiti e chiede a Turati di entrare a far parte del governo ma questo si rifiutò perché
sarebbe stato come tradire il partito. I cattolici non votavano però dal 1870, anno della presa di
Porta Pia che il papa Pio IX aveva interpretato come un oltraggio e aveva vietato ai cattolici nel
1874 con il “Non expedit”. Viene poi attenuato, quando venne permesso ai cattolici nel 1904 di
votare i liberali, ma non potevano fondare un partito cattolico. Nel 1913 Giolitti stipula un accordo
con il presidente dell’unione cattolica Filippo Gentiloni detto “Patto Gentiloni che prevedeva la
promessa da parte dei cattolici di votare i liberali, in cambio questi avrebbero attivato una politica
filoclericale a tutela del matrimonio.
Questo patto permise a Giolitti di avere la maggioranza in parlamento.

FINE DELL’ETA’ GIOLITTIANA


La guerra in Libia aveva diminuito il prestigio di Giolitti che si dimette a causa delle critiche. Il re è
costretto a nominare primo ministro Antonio Salandra, un politico conservatore che attua una
strategia diversa non più una politica aperta, e ciò causerà lo scoppio di manifestazioni, “Settimana
Rossa”. Giolitti viene quindi rieletto ma la scena internazionale cambierà.
- BARBAGALLO: Afferma che questa definizione (età giolittiana) rischia di nascondere le svolte
sociali dell’epoca come il mondo operaio, la borghesia imprenditrice.
- SALVEMINI: Nel periodo di Giolitti lo definisce “ministro della malavita” perché aveva favorito il
clientelismo nel Sud. Lo definisce un “conservatore paternalista”ovvero un esponente di una
classe corrotta, anche se poi ritratterà le sue tesi.
- CROCE: E’ un filosofo idealista. Esalta il realismo politico di Giolitti e sostiene che la sua qualità
migliore fu il buon senso perché ha saputo con le giuste maniere affrontare i problemi al
momento opportuno.
- DE ROSA: E’ uno storico contemporaneo cattolico che sostiene che nonostante la sua
importanza, non ha avuto lungimiranza politica perché non ha favorito la nascita di un partito
cattolico.

Lettura pag. 25
Nel discorso parlamentare del 1901 Giolitti evidenzia il rapporto che deve avere lo stato con il
mondo del lavoro e dei conflitti sociali : esso deve mantenersi neutrale, capire i punti in cui deve
intervenire e far si che il popolo non odi lo stato. Egli dichiara che nel governo periste ancora la
tendenza a considerare come pericolose le associazioni dei lavoratori che invece dovrebbe essere
un tutore imparziale e ciò fa si che esse diventino nemiche dello stato stesso. Giolitti spiega, però,
che è un errore credere che il salario basso giovi allo stato ed al progresso industriale, un operaio
mal nutrito è sempre più debole sia fisicamente sia intellettualmente. Quando lo stato interviene
per maniere i salari bassi commette:
• un errore economico perché turba il funzionamento della legge economica offerta - domanda
• un’ingiustizia perché manca del suo dovere d’imparzialità tra cittadini
• un errore politico perché rende nemiche dello stato quelle classi che costituiscono la
maggioranza del paese.
In caso di sciopero il governo ha il dovere d’intervenire qualora venisse ostacolata la libertà del
lavoro e le istituzioni devono tutelare queste classi popolari, perché nessuno può impedire che
esse influenzino l’economia e la politica.

PRIMA GUERRA MONDIALE

E’ vista da alcuni storici come il vero inizio del 900 perché segna la fine del mondo borghese, in
quanto fa crollare i quattro grandi imperi europei dell’ottocento: Ottomano, Russo, Austro -
Ungarico e Tedesco.
Le cause sono di varia natura: prossime (immediate, che hanno scatenato la guerra) e remote
(che hanno portato alla guerra). Sono di carattere politico, economico, ideologico e socio -
economico.

POLITICHE
• Contrasto tra gli stati europei per il predominio in Europa: antagonismo e competizione tra le
grandi potenze europee, in particolare l’antico contrasto tra Francia e Germania
- nel 1870/71 vi fu la guerra Franco - Prussiana in cui la Prussia aveva sconfitto e umiliato la
Francia nella battaglia di Sedan e nel 1871 viene proclamato a Versailles l’impero tedesco.
Viene chiamato “Revanscismo”: la Francia ha desiderio di rivincita perché la Germania le aveva
sottratto l’Alsazia e la Lorena
- Vi è rivalità tra Austria e Russia che si contendono la zona balcanica
- Germania e Gran Bretagna sono in competizione per il colonialismo
• Malcontento delle varie nazionalità de vogliono l’indipendenza : paesi Slavi, Serbia, Italia che
rivuole il Trentino e Venezia Giulia.
• Divisione dell’Europa in due blocchi contrapposti di alleanze :
- un’antica alleanza formata nel 1882 chiamata “Triplice Alleanza” tra Germani, Austria, Italia.
- nel 1907 si era formata la “Triplice Intesa” composta da Francia,Gran Bretagna e Russia sulla
base di una grande forza economica.
ECONOMICHE
Imperialismo e colonialismo: vi era la gara per accaparrarsi le materie prime e territori appetibili
- Gara di Imperialisti - in particolare vi è rivalità economica e coloniale tra Gran Bretagna e
Germania. Molti stati adottano una politica militarista e vi è la corsa agli armamenti.

IDEOLOGICHE
Vi è un dilagante nazionalismo e di conseguenza un dilagante razzismo e darwinismo. La gente
inizia ad avere fiducia nella guerra portata avanti dal nazionalismo che sfocia nel razzismo poiché
non si voleva nessuna divisione interna per difendere l’identità nazionale. Si parla anche di
“darwinismo” perché gli stati lottano per la sopravvivenza del più forte sul più debole.

GERMANIA
Verso la fine dell’800 si assiste all’ascesa economica della Germania e il cancelliere Otto Von
Bismarck (artefice dell’unificazione Tedesca) aveva due obbiettivi in politica estera: mantenere
l’equilibrio in Europa e isolare diplomaticamente la Francia facendo in modo che non avesse
alleati. Nella seconda metà dell’800 si registra la penetrazione economica tedesca in Austria e
Turchia fino a Bagdad (si voleva collegare Costantinopoli al Golfo Persico). Nel 1888 Bismarck
firma un trattato difensivo con la Russia detto “trattato di contrassicurazione” per fare in modo che,
in caso di eventuale guerra con la Francia, la Russia non si sarebbe alleata con essa. Nello stesso
anno viene letto un nuovo Kaiser, Guglielmo II, nipote della regina Vittoria d’Inghilterra, un uomo
molto ambizioso che voleva fare una grande potenza della Germania. Prova molta invidia nei
confronti della Gran Bretagna e vuole che la Germania adatti una politica espansiva e competitiva
con l’Inghilterra (ad esempio comincia ad incentivare le industrie per costruire una flotta potente
tanto quella inglese). Viene attuata la “Wetpolitik” (politica mondiale) che aveva lo scopo di creare
un grande impero coloniale che potesse rivaleggiare con quelli delle altre grandi potenze. Nel 1890
Bismarck viene congedato perché visto come una figura troppo ingombrante e da qui a pochi anni
Guglielmo II farà delle scelte politiche e internazionali disastrose che faranno cadere tutto quello
che di buono aveva costruito Bismarck (la Francia troverà un alleato).
A mettere in crisi il sistema bismarkiano due fattori principali:
• la scelta di una politica aggressiva di Guglielmo II
• la difficoltà della Germania di tenere uniti i maggiori alleati (impero austro - ungarico e Russia).
Il primo errore di Guglielmo fu quello di non rinnovare il patto di contrassicurazione che portò la
Russia a cercarsi un’alleanza : nel 1891 vi è un primo accordo franco/russo che nel 1894 si
trasforma in alleanza militare. Nel frattempo Francia e Inghilterra si riavvicinano e cercano di
regolamentare i loro rapporti coloniali e nel 1904 si uniscono in un alleanza militare chiamata
“Intesa Cordiale”. Nel 1907 Inghilterra e Russia stabilizzano i loro contrasti in Asia e stringono un
alleanza. Nasce così la Triplice Intesa che coinvolge Inghilterra -Russia -Francia.

Le tensioni nei balcani rappresentano un altro grande fattore d’instabilità. L’impero austro -
ungarico doveva affrontare forti rivendicazioni nazionalistiche, in particolare la Serbia, che stava
sempre assumendo violenza etnica. La Serbia voleva creare un ampio stato slavo, una grande
Serbia, che comprendesse anche gli Slavi del Sud (Sloveni - Croati - Bosniaci). A questo progetto
si opponeva quello dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austro - ungarico, che
proponeva di modificare l’impero a impronta dualistica creando un terzo polo, quello slavo.

GUERRE BALCANICHE
La zona balcanica era controllata per lo più da Grecia, Serbia, Bulgaria e Montenegro che
cercavano di distaccarsi da questo impero. Vi furono due guerre balcaniche:
1. la prima dal 1912-1913 : vede le zone balcaniche allearsi nella Lega Balcanica per spartirsi
alcuni territori della Macedonia. L’alleanza riesce a sconfiggere i turchi e li sottopone a una
pace gravosa ( ha il carattere di uno scontro tra civiltà, cristiani contro ortodossi)
2. la seconda si scatena nel 1913 tra gli alleati della Lega Balcanica,in quanto la Bulgaria era
insoddisfatta delle spartizioni territoriali fatte quindi si ribella ma viene sconfitta - ha una
valenza fortemente nazionalistica si sono sperimentate le prime forme di pulizia etnica.
La Serbia ne esce ancora più potente e diventa la spina nel fianco dell’impero austro - ungarico.

CRISI MAROCCHINE
Un altro prodromo dello scontro furono le due crisi marocchine: il Marocco era un paese
indipendente e oggetto di mire espansionistiche (soprattutto di Francia e Germania). La Germania
lo sceglie per far sì che essa diventasse più potente per contrastare la Francia:
• la prima crisi è del 1905: il Marocco sarebbe dovuto diventare un protettorato francese e ciò
causò lo scontento del Kaiser Guglielmo II che ne approfitta per mettere sotto pressione la
Francia; quindi sbarca a Tangheri, e proclama appoggio incondizionato dicendo che il suo
destino dovesse essere deciso in una conferenza (tentativo di provocazione verso la Francia che
poi fallirà).
• la seconda si verificò nel 1911 quando Guglielmo II invia una flotta al largo della costa di Aghir, in
Tunisia, come provocazione ma alla fine si risolse con un nulla di fatto.

Nel 1905 la Germania già aveva iniziato a ragionare su come attaccare la Francia e la Russia;
aveva già escogitato la tattica del “blitzkrieg” “guerra lampo” con la quale voleva sconfiggere la
Francia in poche settimane. Il piano venne ideato dal generale tedesco Alfred Von Schliffen (esso
infatti si chiamava “Piano Schliffen”): l’esercito tedesco prima avrebbe attaccato la Francia
passando per il Belgio neutrale e dopo si sarebbe spostato sul fronte russo.
Il capo di stato maggiore Von Molke si rende conto che la guerra sarebbe stata lunga, difficile e
spossante, non risolvibile in un?unica battaglia e anche il vincitore sarebbe uscito logorato,
sarebbe stata una guerra di nazioni che “si fanno a pezzi”. Von Bernardi, un generale, sosteneva
che la guerra fosse necessaria biologicamente, in quanto legge necessaria per determinare quali
sono le nazioni superiori. Il desiderio di pace ha reso le nazione “anemiche”, cioè deboli, e il
declino del coraggio politico porta le nazioni a non essere coraggiose.

Il pretesto che porterà allo scoppio della guerra sarà l’assassinio da parte di Gavrilo Princip
( studente serbo - bosniaco) dell’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando a Sarajevo il 28 giugno
1914. L’arciduca e la moglie erano a Sarajevo in visita ufficiale : già alla mattina erano state
lanciate delle bombe sul corteo austriaco ma questo primo tentativo d’uccisione fallisce, poi per
caso, Princip si trova davanti l’arciduca e gli spara. Il 28 giugno era un giorno particolare in quanto
era sia festa nazionale (San Tito) sia perché nel 1914 ricorreva il 525° anniversario delle battaglie
combattute in Kosovo contro i turchi, dalle quali inizia il nazionalismo serbo.
L’organizzazione irredentista “mano nera”, di cui faceva parte Princip, venne fondata nel 1911 a
Belgrado e aveva come nome originario “unione o morte”: il suo scopo era quello di liberare la
Serbia dall’ingerenza austriaca e creare un grande stato serbo. L’Austria ritenne responsabile non
solo questa organizzazione ma l’intero governo di Belgrado. L’attentato di Sarajevo crea un effetto
domino, un precipitare di eventi, tra i quali l’attivarsi delle alleanze e la guerra da li a pochi mesi.
La relazione Austria - Serbia non si limita a questi due paesi ma si coinvolgono praticamente tutti i
paesi europei. L’Austria è appoggiata in qualsiasi cosa dalla Germania, e sia gli austriaci che i
tedeschi erano convinti che la Russia sarebbe intervenuta e così anche Francia ed Inghilterra.
Un altro fattore d’attrito tra Austria e Serbia è l’annessione della Bosnia-Erzegovina nel 1908 da
parte dell’Austria.
Dopo l’attentato tutti si aspettavano una risposta dura da parte dell’Austria che inviò alla Serbia il
23 luglio 1914 un ultimatum costituito da dure condizioni:
• arresto dei sospetti
• censura della stampa nazionalistica
• intervento dei poliziotti austriaci per collaborare con quelli slavi nella conduzione delle indagini
L’ultimatum non fu accettato dalla Serbia, ciò fornì il pretesto all’Austria di dichiarare guerra alla
Serbia il 28 luglio 1914. Si mise in moto tutto il meccanismo delle alleanze e diventò una questione
europea.
La Russia, vista come protettrice degli slavi, il 30 luglio 1914 iniziò la mobilitazione delle truppe; il
1° agosto la Germania dichiara guerra alla Russia; il 3 agosto la Francia dichiara guerra alla
Germania; il 4 agosto la Gran Bretagna entra al fianco della Francia e poi anche il Giappone si
allea con l’intesa perché voleva strappare le colonie tedesche in Asia.

Inizialmente la guerra si combatte su già fronti:


• fronte occidentale - Germania / Francia e Gran Bretagna
• fronte orientale - Germania e Austria / Russia
• forte balcanico - Austria / Serbia
• fronte estremo orientale - Giappone / colonie tedesche in Asia
• fronte atlantico - Germania / Gran Bretagna
• fronte meridionale - Italia (a fianco della Triplice Intesa) nella zona Carso

Sul fronte occidentale la guerra diventa di posizione (di trincea) e di logoramento sul fiume Marna
(lo scopo finale è logorare l’avversario umanamente ed economicamente): la tecnica tedesca
consiste nell’andare oltre la trincea e intraprendere una guerra sottomarina - ad esempio nel 1917
un sommergibile tedesco affondò un transatlantico britannico chiamato Lusitania che trasportava
alcuni civili americani (causerà l’entrata in guerra degli USA). Le battaglie più importanti e
sanguinose che si combatterà sul fronte occidentale furono la battaglia si Sedun, a pochi chilometri
da Parigi, e la Somme nel 1916.
Sul fronte orientale si ricordano le battaglie di Tannenberg (1914, vincono i tedeschi contro i Russi)
e di Laghimasuri (1914, stesso esito della battaglia di Tannenberg).

ENTRATA IN GUERRA DELL’ITALIA


La classe politica si divide in due schieramenti : interventisti e neutralisti. All’inizio l’Italia si dichiara
neutrale nonostante facesse parte della Triplice Alleanza - questo atteggiamento era legittimato
perché la Triplice Alleanza era un patto difensivo e in questo caso era stata l’Austria ad attaccare.
Mentre i socialisti europei avevano aderito al nazionalismo, in Italia si era più legati al pacifismo, in
quanto vedevano nella guerra una guerra imprenditoriale.
- NEUTRALISTI - vasto schieramento politico che comprendeva i liberali di Giolitti (per lui l’Italia
non era pronta per entrare in guerra - la neutralità era una posizione di forza e non di debolezza -
può partecipare ai trattati di pace e chiedere delle concessioni territoriali), i socialisti e maggior
parte del cattolici. (più forti in parlamento)
- INTERVENTISTI - (uno dei primi fu D’Annunzio) i sindacati rivoluzionari (speravano in una
riscossa dell’Italia per far crollare il vecchio capitalismo, aprendo la via alla rivoluzione), i liberali
di destra ( aspirazione nazionalistica - volevano che l’Italia diventasse una grande potenza), i
democratici (credono che la guerra sia una conclusione del Risorgimento e quindi sia un mezzo
per liberale l’Italia dall’Austria e dalla Germania), gli irredentisti (vendicavano le terre irredente),
gli ambienti giornalistici. (più forti nelle piazze)
L’Italia entrerà in guerra nel maggio del 1915 al fianco della Triplice Intesa con Francia e Gran
Bretagna; questa decisione venne presa dalla sola monarchia non considerando l’opinione del
parlamento. Nell’aprile del 1915 ci fu all’insaputa del parlamento un accordo chiedevano che l’Italia
intervenisse nella guerra a fianco dell’Intesa in cambio delle terre irredente che voleva. (Trento,
Trieste, parte della Dalmazia e dell’Istria)
Gli italiano combatterono nella zona del Carso, del Veneto e del Friuli sul fronte meridionale.

IL 1917 COSTITUI’ UN PERIODO DI SVOLTA:


1. Russia fuori dal conflitto - cade il regime dello Zar e viene instaurato il governo provvisorio. I
contrasti interni sono troppo forti per cui la Russia è costretta ad abbandonare la guerre e cede
alla Germania territori molto importanti col Brest-Litovsk (1918), trattato di pace stipulato tra
Russia e impero centrale.
2. Intervento degli USA - la prospettiva della guerra a lungo termine prevedeva un indebolimento
economico, nel febbraio del 1917 i tedeschi intensificarono la guerra sottomarina per bloccare i
rifornimenti degli altri paesi e indebolirli economicamente. Gli USA entrano in guerra,
abbandonando la loro politica d’isolamento, dopo l’affondamento del Lusitania, in nome della
democrazia ma anche fattori economici come il libero commercio sui mari. I soldati americani
andarono a supportare quelli anglo-francesi portandoli alla vittoria.
3. Disfatta di Caporetto - dopo l’uscita della Russia il fronte orientale si era spostato in quello
meridionale - le truppe pesche e austriache sfondano le linee italiane e invadono il fronte
italiano arrivando al villaggio di Caporetto. Gli italiani riescono a bloccarli e la linea di
resistenza si arresta sul Piave diventando una guerra di difesa patriottica.
Dopo la disfatta di Caporetto con l’Austria il generale Cadorna, molto rigido, viene sostituito da
Diaz, più comprensivo, adottando un atteggiamento più morbido. Le motivazioni della disfatta di
sono : l’impreparazione dell’esercito, e i soldati esausti. L’esercito italiano sconfigge a Vittorio
Veneto gli austriaci, e a villa Giusti, nel 1918 si firma l’armistizio che sancisce la vittoria italiana
sull’Austria.

TRATTATI DI PACE
I trattati di pace vengono sottoscritti dai ministri dei paesi vincitori nel gennaio 1919 : Clemenceau
(francese), Wilson (americano), Lloyd (inglese) e il ministro degli esteri Orlando per l’Italia.
Nel 1918 Wilson aveva presentato i 14 punti su come ricostruire l’Europa futura, i 14 punti di
Wilson, basato su principi democratici:
• autodeterminazione dei popoli che decidono da chi essere governati
• libertà di commercio sui mari
• difesa di tutti i principi democratici
Viene poi indicato che sarebbe nata un’assemblea internazionale chiamata società delle Nazioni
che avrebbe dovuto risolvere qualsiasi dilemma internazionale per evitare un’altra guerra. Essa
però ha dei punti deboli:
• gli USA, i principali premonitori non ne facevano parte
• i paesi sconfitti non vengono accolti.

La Francia voleva punire la Germania ritenuta responsabile della guerra e aveva il desiderio di
rivincita; la Gran Bretagna non voleva distruggerla altrimenti la Francia sarebbe diventata troppo
forte. Serve un accordo tra Francia e Gran Bretagna, Wilson, nei confronti del 14 punti, vuole
esprimere gli interessi degli Stati Uniti: libertà di commercio sul mare e risoluzione dei problemi
internazionali con trattative di pace. L’obbiettivo è quello di non punire fortemente gli stati sconfitti e
nel delineare i confini, si doveva tenere conto delle nazioni nate nuove lì accanto. La posizione che
prevalse fu quella di Clemenceau. Wilson era più favorevole a una pace democratica che però non
viene ben vista da Francia e Gran Bretagna perché sarebbero state indebolite. Dai vincitori la
Germania è considerata la responsabile morale della guerra perché sostenne che avrebbe
appoggiato l’Austria in ogni caso. Tra il ’19 e il ’21 si tenne la conferenza di Pace di Versailles nella
quale vennero stipulati i trattati di pace:
1. “Trattato di Versailles” - con la Germania
2. “Saint - Germain” - con l’Austria
3. “Se’vres” - con la Turchia
4. “Neully” - con la Bulgaria
5. “Triamon” - con l’Ungheria

Bisognava tener conto della nuova geografia dell’Europa, in quanto dio la guerra erano crollati i
grandi imperi storici. Si doveva tenere sotto controllo il potere delle altre nazioni e cercare di
contenere la Rivoluzione Russa poiché rischiava di contagiare tutta Europa portando allo scoppio
di rivolte sul modello bolscevico/russo/comunista.
Si vengono a formare nuovi stati: la Turchia, l’Austria, la Romania, la Bulgaria, la Jugoslavia, la
Cecoslovacchia,(ricostruita a danni della Germania : si forma il corridoio polacco per permettere
l’accesso al mare attraverso la città di Danzica), le repubbliche Baltiche (Estonia, Lettonia,
Lituania) che avevano lo scopo di isolare la Russia sovietica con il “cordone sanitario”, formato dai
governi anticomunisti con la Russia.
Il trattato di pace di Versailles è definito “Diktat” venne imposto alla Germania (che doveva
assumersi la totale responsabilità della guerra secondo la clausola di colpevolezza) considerata la
vera responsabile della guerra. e’ una pace punitiva dove le condizioni non possono essere trattate
ma accettate con lo scopo di umiliare e indebolire la Germania.
Queste condizioni prevedevano:
• mutilazioni territoriali importanti - vengono restituite l’Alsazia e la Lorena alla Francia che può
inoltre usufruire dei bacini della Ruhr e della Saar
• riparazioni di guerra - dal punto di vista militare doveva essere privata del servizio, della marina e
di ogni forza aerea; dal punto di vista economico doveva risarcire gli altri paesi vincitori
attraverso le “riparazioni” per i danni della guerra.
L’entità di questa somma sarà stabilita negli anni 20, una cifra enorme che avrebbe distrutto
l’economia tedesca. La Germania non riesce a pagare questo debito e chiede di poter distribuire
questa somma. Dunque, poi, chiede prestiti agli USA (con Dawes) ma con la crisi del ’29 di Wall
Street l’economia tedesca sarà devastata.

RIVOLUZIONE RUSSA

Per tutto l’800 la Russia fu uno stato profondamente arretrato dal punto di vista economico e
politico. Gli Zar esercitavano un potere assoluto senza il controllo di nessun parlamento. Era uno
stato multinazionale e la stragrande maggioranza della popolazione viveva nelle campagne e in
piccoli villaggi. Il paese era gestito secondo un regime feudale (esisteva ancora la servitù della
gleba, abolita solo con lo Zar Alessandro II) e l’economia era puramente agricola. Due erano le
grandi città : Mosca e San Pietroburgo. La Russia uscì dalla guerra abbandonando l’Intesa nel
1917. Molti storici come Hobsbawm, sostengono che le rivoluzioni sono figlie della guerra e che
specialmente la fu quella russa.
La guerra del 1914 ha cambiato il mondo, le frontiere, imperi e regimi antichi, agendo in profondità
e mutando tutto: finita la guerra vi era la percezione che il vecchio mondo e la vecchia società
fossero destinati alla rovina. Nel 1918 in tutta Europa si svilupparono vari moti rivoluzionari : tutto
nacque nel 1917 con la Rivoluzione Russa che verrà presa come modello dalle successive.
Le rivoluzioni furono due :
• nel 1905
• nel 1917 - rivoluzione di Febbraio (Marzo)
- rivoluzione di Ottobre (Novembre)

1905
In quest’anno la Russia uscì clamorosamente sconfitta dalla guerra del 1904 con il Giappone per il
controllo di alcune parti in Corea. La guerra aggravò le già misere condizioni di vita del proletariato
e dei contadini, accendendo dunque le tensioni già presenti all’interno del Paese. Nel gennaio del
1905 venne organizzata a San Pietroburgo una manifestazione popolare pacifica che si diresse
verso il Palazzo d’Inverno (sede dello Zar) per chiedere miglioramenti delle condizioni di vita e
riforme politiche. L’esercito aprì il fuoco sulla folla provocando migliaia di morti e per questo motivo
la giornata è ricordata come “Domenica di sangue”. Questo fatto provocò in tutto il Paese scioperi
e rivolte, persino l’esercito si ribellò (corazzata Potemkin). Contadini, militari e operai iniziarono a
organizzarsi in consigli popolari d’ispirazione socialista, i SOVIET (consiglio in cui c’erano i
rappresentanti delle varie categorie di lavoratori), e per placare le rivolte lo Zar Nicola II promise
libertà politiche e l’elezione di un parlamento, la DUMA.

Nel corso del 900 si vennero a formare dei partiti di orientamento politico che tenteranno di
contrastare lo Zar:
- Partito dei cadetti - ispirazione liberale
- Partito social rivoluzionario
- Partito degli operai - social democratico
C’erano due correnti nel partito :
1. MENSCEVICHI (minoranza) esponente MARTOV
Sostenevano che si dovesse collaborare con la borghesia e arrivare al potere attraverso le
elezioni
2. BOLSCEVICHI (maggioranza) esponete LENIN
Presa rivoluzionaria del potere per giungere all’abolizione della proprietà privata (comunismo)
1917
23 FEBBRAIO 1917 (8 MARZO) Molte operaie celebrarono la festa della donna; a esse si unì lo
sciopero generale degli operai della fabbrica Putilov. L’esercito mandato a sopprimere le
manifestazioni si allea con gli operai. Lo Zar Nicola II venne costretto ad abdicare prima in favore
del fratello Michele ma successivamente la dinastia Romanov cadde - venne instaurato un
governo provvisorio fatto inizialmente dall’aristocratico L’Vov e poi da social rivoluzionario
Kerenskij, un governo però molto debole e destinato a crollare.
Intanto nell’aprile del 1917 rientrò dall’esilio in Svizzera Lenin, il principale esponente della
corrente bolscevica che presento ai suoi compagni di partito le cosiddette “Tesi d’aprile” un
programma politico che prevedeva:
• abbattere il governo provvisorio (la repubblica parlamentare) ed affidare tutto il potere ai soviet,
senza passare attraverso la fase repubblicana borghese
• confiscare le terre per distribuirle ai contadini e uscita immediata dalla guerra
• controllo della produzione industriale da parte dei consigli di fabbrica (soviet)

OTTOBRE 1917
Nell’ottobre 1917 i bolscevichi decisero di realizzare la tesi rivoluzionaria e di prendere il potere
assaltandoPalazzo d’Inverno, sede del governo provvisorio. Tutto ciò avvenne senza spargimento
di sangue perché i capi del governo erano gia scappati. Il nuovo organo governativo il Consiglio
dei Commissari del popolo, presieduto da Lenin, decise per l’abolizione della proprietà privata e
indisse le elezioni per una nuova Assemblea Costituente per dare alla Russia una costituzione.
Lenin era convinto di aver l’appoggio dei contadini e degli operai, ma nelle elezioni i bolscevichi
non risultarono maggioritari, parecchi voti andarono ai social rivoluzionari e ai menscevichi. A
questo punto Lenin compie un nuovo atto di forza facendo sciogliere l’assemblea costituente e
instaurando la dittatura dei bolscevichi, quindi del partito comunista. Scoppiò in Russia una guerra
civile che durò dal 1918 al 1920 che vide contrapporsi le ARMATE BIANCHE, costituite dalle forze
che si opponevano ai bolscevichi (come filozaristi e piccoli proprietari) appoggiate dalle potenze
occidentali per paura che la rivoluzione si diffondesse le resto d’Europa, e le ARMATE ROSSE
costituite da bolscevichi guidati da un fedele amico di Lenin, Lev Trockij. Fu una guerra
sanguinosa che vide la vittoria del bolscevichi. Durante la guerra civile Lenin aveva emanato il “
Comunismo di guerra”, un insieme di provvedimenti sociali ed economici per esercitare un maggior
controllo sulle risorse (es. decide di mandare gli operai nelle campagne per requisire i viveri per
sfamare l’esercito) che avrebbero dovuto essere provvisori, ma nel ’21 vi fu una grande carestia e
Lenin dovette emanare la NEP (nuova politica economica) con la quale introdusse nelle campagne
un’economia di mercato, Lenin dovette rallentare il cammino verso il socialismo, che consentiva ai
contadini di vendere una parte delle loro eccedenze. Ciò portò alla formazione di una nuova classe
di contadini ricchi chiamati “Kulaki”.
Nel 1922 tutte le regioni dell’ex impero si riuniscono in un’unica repubblica chiamata URSS
(unione delle repubbliche socialiste sovietiche). Nel 1924 Lenin morì e diventò suo successore,
segretario del partito comunista sovietico Stalin, che diventerà dittatore incontrastato sino al 1953.

STALINISMO

E’ una delle forme di totalitarismo più spietato : Stalin una volta preso il potere adotta delle misure
per fare della Russia una potenza economica che possa competere con le altre potenze europee.
Era convinto che per formare la nuova società industrializzare la Russia e il compito di
modernizzare il paese spettava alla classe operaia. Nel partito vi erano due schieramenti (quello di
Trockij e quello di Stalin) che solo Lenin era riuscito a tenere insieme, che divergevano su punti
fondamentali:
• gestione del partito
• gestione economica - NEP
• valutazione internazionale del ruolo della rivoluzione
TROCKIJ portava avanti l’idea della “rivoluzione permanente” per lui la Russia doveva sviluppare
ed esportare la rivoluzione in occidente. Credeva nella gestione autoritaria del potere e del partito;
era contro la NEP perché sosteneva che favoriva commercianti e contadini a danno degli operai.
Bisognava accelerare il processo d’industrializzazione.

STALIN era convinto del “socialismo in un solo paese” secondo lui si doveva potenziare il
socialismo in tempi brevi, far diventare la Russia un paese industrializzato e dopodiché esportare il
socialismo in occidente. Credeva inoltre nella liberà di commercio perché essa poteva risaldare
l’alleanza tra partito e contadini.

POLITICA DI STALIN

• INDUSTRIALIZZAZIONE FORZATA - Nel 1927 il paese conobbe una grave crisi economica :
Stalin quindi adotta la linea politica di Trockij e abolisce la NEP accusandola di aver favorito le
campagne, i commerci e la piccola industria a scapito della grande industria e del proletariato
urbano. Stalin decide di procedere per tappe forzate verso un’industrializzazione del Paese nel
più breve tempo possibile e di realizzare il controllo completo dell’economia da parte dello stato.
L’obbiettivo dell’industrializzazione fu perseguito senza badare ai costi umani e socio -
economici. Venne portata avanti attraverso la realizzazione di piani quinquennali (piani di lavoro
di 5 anni, che stabiliva gli obbiettivi per la crescita industriale) : il primo venne attuato nel 1928, il
secondo nel 1933 e il terzo nel 1937 ma venne abbandonato a causa della guerra. Si privilegiava
lo sviluppo dell’industria pesante e gli investimenti necessari si ottennero comprimendo e
razionando i beni di consumo. Gli operai vennero sottoposti a ritmi di lavoro pesantissimi e i
contadini vennero reclutati dalle campagne per lavorare nelle fabbriche. Vennero realizzati
attraverso una propaganda molto abile - la figura simbolica di questo è Stachanov, un minatore
che aveva superato la produzione giornaliera del carbone, viene preso come modello.

• COLLETTIVAZIONE FORZATA DELLE CAMPAGNE - In questi anni anche l’agricoltura venne


totalmente riorganizzata e piegata alla necessità delle industrie : lo stato assunse il pieno
controllo delle campagne espropriando i Kulaki, e tutti i contadini vennero costretti ad entrare a
fare parte delle aziende agricole collettive dello stato.
Vi erano i KOLKOZ, che erano aziende nelle quali i contadini usavano collettivamente la terra che
però restava allo stato, ma potevano possedere piccoli appezzamenti ad uso privato , e i
SOVCHOZ, aziende statali in cui i contadini erano dei veri e propri dipendenti. Poiché i Kulaki si
opposero agli espropri, Stalin decise di eliminarli fisicamente e di deportare tutti coloro che si
opponevano alla linea del partito ne GULAG (i deportati lavoravano in condizioni disumane, afflitti
dal freddo, dalla fame e dalle malattie) “amministrazione centrale e statale di campi per la
rieducazione e il lavoro”.
Ogni opposizione a Stalin veniva brutalmente stroncata. Gli anni tra il 1935 e il 1938 sono
conosciuti come gli anni delle grandi purghe : vennero condannati e giustiziati e deportati tutti
coloro che si opponevano al partito.

TOTALITARISMO E CULTO DEL CAPO


Un sistema totalitario è una dittatura fondata sul controllo non solo della vita politica ed economica
dello stato, ma anche della cultura, delle altri, della vita privata degli individui. Lo stato impone la
propria ideologia, vi è un unico partito ed esercita il monopolio dei mezzi di comunicazione di
massa, ricorrendo anche alla censura. Un altro elemento tipico dello stato totalitario è il capo e la
propaganda.

CRISI DEL DOPO GUERRA 1919-1920

L’Europa uscita dalla guerra è devastata dal punto di vista economico, morale e demografico. In
Italia i “Trattati di Pace” hanno creato una diffusa insoddisfazione, un malcontento di base.
Autodeterminazione dei popoli e principio di nazionalità: popolazione mista come quella della
Jugoslavia. L’influenza “spagnola”, che partì dalla Cina e dall’America, aveva contagiato gran parte
del mondo : era una febbre molto alta che, se non curata a dovere, portava alla morte. Morirono,
infatti, circa 22’000’000 persone.
L’Europa affronta, anche una grave crisi economica. Prime strutture produttive, la guerra aveva
mobilitato le aziende per produrre continuamente rifornimenti bellici, finita la guerra però queste
aziende si trovano a riconvertire la produzione industriale che avevano prima dello scoppio della
guerra, però non hanno abbastanza soldi per fare questo cambiamento quindi falliscono e sono
costrette a chiudere, aumentano così i licenziamenti, la disoccupazione e i salari molto bassi. A
questo punto, molti paesi cercavano del denaro da altri paesi esteri e s’indebitavano, chiedevano
denaro per poter sopravvivere. Anche la stampa della carta moneta aumenta, ciò aumenta
l’inflazione e svaluta notevolmente il valore della moneta; in questo momento storico il ceto medio
è quello che soffre maggiormente.
Chi aveva combattuto in guerra era consapevole di aver combattuto una guerra non di tutti i giorni,
molti reduci fanno fatica a riadattarsi alla vita da civili, alla quotidianità, sono delusi perché le
premesse non sono state mantenute. G.Mosse diceva “il mito dell’esperienza di guerra”: mischia
lutto e socialità della guerra, i veterani di guerra hanno visto la morte in faccia, il soldato e anche il
caduto sono socializzati. Il reduce torna a casa con questa percezione psicologica che non gli
permette di inserirsi nella vita di tutti i giorni. Inoltre sono delusi perché le promesse, riguardo le
terre irredente, non sono state mantenute.

TENSIONI SOCIALI
Nel biennio ’19-’21 in tutta Europa si creano movimenti di protesta : la rivoluzione russa è un
modello, un mito da seguir, “Fare come in Russia”, in molte zone dell’Europa gli operai si armano,
agitazioni popolari che fanno temere, nei paesi con tradizione democratica non radicata, il
“contagio” della Rivoluzione. Il 1919 è un anno fondamentale: Lenin fonda “La terza internazionale
Comintern” (terza comunista) che diventa il modello da seguire per tutte le lotte operaie che
avrebbero dovuto coordinare la lotta comunista in tutta Europa.
Nel 1919 - 1929 “Biennio Rosso”
Moltissime rivolte a livello popolare, esempio dei soviet in Germania e in Ungheria.
In Germania: Berlino è teatro di scontri nelle piazze. L’estrema sinistra organizza queste
insurrezioni, la “Lega di Spartaco” (Rose Luxemburg) viene repressa nel sangue dal partito social -
democratico costituito dai “FREIKORPS” i corpi franchi, i quali sono il primo gruppo militare di
reduci di guerra che non avevano deposto le armi, e contribuirono alla repressione del movimento
di sciopero dello spartachismo (corpi SS).
In Ungheria: il governo della sinistra verrà soppiantato da uno di destra. Nel Marzo del ’19 la
Repubblica dei socialisti e comunisti guidati da Bela Kum.

SITUAZIONE ITALIANA
Trattato di Versailles, situazione complicata in seguito al patto di Londra. All’Italia spetta l’Istria, la
Dalmazia, tranne la città di Fiume. La Jugoslavia rivendica la Dalmazia abitata gia da popolazioni
slave. La Repubblica italiana rappresentata dal ministro Orlando e Sommino che mantengono un
atteggiamento incerto: per Wilson il patto di Londra non aveva nessun valore. Inoltre la città di
Fiume richiede la cittadinanza italiana e cerca di far valere il patto di Londra a Versailles. Gli alleati
non volevano accontentare l’Italia ma, allo stesso tempo, nemmeno scontentare la Jugoslavia:
l’Italia, commettendo un grave errore, decide di abbandonare la delegazione (errore politico).
Da qui, in tutta Italia comincia a circolare un motto popolare di scontento “Vittoria mutilata), proprio
perché le promesse del patto di Londra non sono state mantenute e la città di Fiume è il punto di
contenimento.
In quel periodo D’Annunzio, nazionalista, accusa il governo d’incapacità, decide di occupare la
città di Fiume per circa un anno e mezzo. Tutto si risolve nel 1920 quando torna al governo Giolitti
e risolve la questione di Fiume e costringe D’Annunzio ad andare via dalla città. Nello stesso anno
Giolitti firma con la Jugoslavia il trattato di Rapallo dove : al territorio jugoslavo viene data la
Dalmazia eccetto la città di Zara e all’Italia viene concessa l’Istria. La città di Fiume, però, viene
proclamata “città libera”. La situazione economica dell’Italia è molto grave e devastata, nel ’19 e
nel ’20 si assiste al Biennio Rosso, vengono occupate fabbriche e si da’ il via a molti scioperi. Sale
il debito publico e l’inflazione.
FASCISMO

Emilio Gentile “Fascismo: storia e interpretazione”


Elementi essenziali per la definizione di fascismo, la definizione che Gentile propone si basa sulla
correlazione tra : dimensione organizzata, dimensione culturale e dimensione istituzionale.
LA DIMENSIONE ORGANIZZATA: è un movimento di massa con aggregazione interclassista in
cui prevalgono nei quadri dirigenti e tra i militanti giovani appartenenti ai ceti medi organizzati in
forma di “partito milizia”. Si ritiene, investito di una missione di rigenerazione nazionale,si
considera in uno stato di guerra contro gli avversari politici, mira a conquistare il potere usando il
terrore creando un nuovo regime, distruggendo la democrazia parlamentare.
LA DIMENSIONE CULTURALE:
1. Una cultura fondata sul pensiero mitico e sul senso tragico e ottimistico della vita, concepita
come manifestazione della volontà di potenza sul mito della giovinezza.
2. Un’ideologia che si proclama anti-materialista, anti-individualista, anti-liberale, anti-
democratica, anti-marxista; espressa attraverso un nuovo stile politico e attraverso miti, i
simboli, riti di una religione laica per la creazione di un’uomo nuovo.
3. Una concezione totalitaria della politica come esperienza integrale e rivoluzione continua per
realizzare attraverso lo stato totalitario la funzione dell’individuo e delle masse nell’unità mistica
della nazione, adottando misure di discriminazione e persecuzione contro coloro che sono
considerati al di fuori della comunità.
4. Un’etica civile fondato sulla subordinazione assoluta del cittadino allo stato
LA DIMENSIONE ISTITUZIONALE: un apparato di polizia che previene, controlla e reprime anche,
con il ricorso al terrore organizzato, il dissenso e l’opposizione. Un partito unico che ha la funzione
di assicurare attraverso una propria milizia la difesa armata del proprio regime.
Un sistema politico fondato sulla simbiosi tra il partito e lo stato che è ordinato secondo una
gerarchia di funzioni dominata dall’alto e sovrastata dalla figura del capo, che è investito di
sacralità carismatica (il duce).
Un’organizzazione corporativa dell’economia che sopprime la libertà sindacale e amplia la sfera di
intervento dello Stato. Una politica estera ispirata alla ricerca della potenza e dalla grandezza
nazionale.

IL DOPOGUERRA E L’AVVENTO DEL FASCISMO


L’Italia era uscita vittoriosamente dalla Grande Guerra, ma usciva dal conflitto prostrata
moralmente ed economicamente. Per questo motivo la società italiana visse un periodo di forti
tensioni sociali e politiche; ciò causò un alto tasso di licenziamenti e disoccupazione. Aumentò
l’inflazione e di conseguenza aumentò il prezzo dei beni alimentari (caro-viveri). La guerra aveva
tolto le braccia alla terra e ciò determinò la diminuzione della produzione agricola; salì a dismisura
il deficit dello stato e appariva impossibile una ripresa economica. In Italia vi era una forte
conflittualità permanente nelle campagne, infatti, nel Sud del paese vi furono degli assalti, delle
occupazioni delle terre incolte da parte dei contadini ex combattenti.
Nel centro-Nord del paese la struttura economico-produttiva dell’agricoltura era incentrata sulla
Mezzadria e sulla piccola proprietà. Questa forma di conduzione agricola trovava la propria
rappresentanza sindacale nelle organizzazioni cattoliche “Leghe Bianche”.
Nella bassa padana prevalevano le “Leghe Rosse” ovvero le organizzazioni sindacali socialiste. Le
due leghe avevano obbiettivi profondamente diversi: per i cattolici si trattava di dare la terra ai
contadini, per i socialisti l’obbiettivo era la “socializzazione della terra” che i contadini avrebbero
gestito in comune. Entrambe le leghe si trovavano in lotta contro la proprietà terriera.
IL BIENNIO ROSSO
Tra il 1919 e il 1920 città e campagne furono attraversate da uno scontro sociale talmente intenso
da venire chiamato come “Biennio Rosso”, il cui culmine fu l’occupazione di oltre 600 fabbriche.
Sorsero i primi “Consigli di fabbrica” sull’esempio dei soviet e trovarono ispirazione nel gruppo
“ordine nuovo”, periodico marxista fondato da Gramsci, Tasca e Togliatti : animavano l’ala
rivoluzionaria del Partito socialista.
Giolitti era tornato al governo nel 1920, il quale non rispose con la forza alle insurrezioni ma
sceglieva di giungere ad un accordo. Gli industriali, però, temevano che il partito socialista avrebbe
portato alla rivoluzione.

NASCONO I FASCI ITALIANI DI COMBATTIMENTO


Nell’autunno del 1920, il movimento operaio si affievolì ma si assistette ad una controffensiva della
classe imprenditoriale, così avvenne anche nelle campagne dove i proprietari agrari intendevano
arginare le invasioni di terre. Questa controffensiva trovò sostegno nel movimento fascista. I fasci
italiani di combattimento nacquero il 23 marzo 1919 “Documento di San Sepolcro” a Milano, a
opera di Benito Mussolini, il quale voleva tradurre in movimento politico l’esperienza
dell’interventismo. Da principio il movimento, in chiave anti-partitica e anti-parlamentare, fu
composto in prevalenza da ex combattenti e basò il suo consenso sul risentimento di costoro per il
difficile reinserimento nella vita civile e sul diffuso disagio dei ceti medi, che non trovavano nelle
forze presenti in Parlamento una rappresentanza adeguata per i propri interessi.
Nel programma politico pesavano tanto le rivendicazioni nazionalistiche quanto le aspirazioni
degne della sinistra più radicale, come l’affidamento della gestione delle industrie agli operai. Al
forte anti-clericalismo faceva seguito una netta preferenza istituzionale per la repubblica.

L’ASCESA DEL FASCISMO 1920-1921


I fasci italiani di combattimento parteciparono alle elezioni del ’19 ma ottennero scarsissimi
risultati. Mussolini, quindi, orientò la sua politica verso destra, in senso antisocialista e anti-
popolare, con l’obbiettivo di conquistare il potere. Mussolini operò sul piano legale della politica
parlamentare e su quello illegale della violenza extraparlamentare. I fasci italiani di combattimento
si organizzarono secondo una struttura paramilitare, sotto la guida dei capi chiamati RAS : essi
praticavano la via dell’azione violenta contro la sinistra e le opposizioni. Si saldavano all’ambizione
politica di Mussolini, e la paura rivoluzionaria della borghesia urbana e dei proprietari terrieri, che
trovò sfoghi e protezione presso “Le camicie nere”. Nel 1920 i fasci furono i protagonisti della
scena sociale e politica italiana.

LO SQUADRISMO
La pratica dello “squadrismo” si consolidò presto : gruppi di fascisti armati di bastoni, coltelli e
pistole compivano spedizioni punitive nella città, nei paesi e nelle campagne italiane (in particolare
nel Nord). Questi gruppi trovarono frequenti complicità: come l’appoggio aperto nella magistratura
e nelle forze dell’ordine e ricevettero il sostegno economico degli industriali e dei proprietari rurali.
Nato come fenomeno urbano, il fascismo acquistò presto una forte connotazione agraria. Il
movimento fascista giocava su due “fronti” : da una parte era incarnato dall’anima battagliera degli
squadristi e una più istituzionale e disponibile impersonata da Mussolini.
- collaboratore del liberalismo in affanno
1921-1922: da Giolitti a Facta

INGRESSO DEI FASCISTI IN PARLAMENTO


Giolitti cercò di strumentalizzare la violenza fascista per indebolire l’opposizione socialista e
cattolica. Lo scopo era ristabilire la mancata stabilità e la governabilità del Paese, a patto che lo
squadrismo si sarebbe placato. Tale operazione culminò nelle elezioni del maggio 1921, il
cosiddetto “Blocco nazionale” (35 seggi fascisti). Ciò non permise a Giolitti di controllare
direttamente il Parlamento per cui si dimise.

L’ESORDIO DEL PARTITO COMUNISTA IN ITALIA


Le elezioni di maggio videro l’esordio del partito comunista d’Italia, in cui confluirono “l’ordine
nuovo” di Gramsci e quello ortodosso di Bordiga. La sinistra estrema del PSI partito socialista
italiano) chiedeva l’espulsione dei riformisti dal partito e dal gruppo parlamentare. L’ala comunista
si trovò però, in posizione minoritaria, contrastata dai riformisti di Turati e dai massimalisti di
Serrati, pur essendo ammiratori della rivoluzione bolscevica.
Il gruppo di Gramsci e Bordiga decise di uscire dal PSI, in questo modo la sinistra italiana si
indebolì in un momento in cui i fasci stavano crescendo.

IL PATTO DI PACIFICAZIONE
A Giolitti successe, nel luglio del ’21, Bonomi che fu da mediatore tra la sinistra e il movimento
fascista. Infatti, il 3 agosto fu firmato un Patto di Pacificazione per porre termine a tutte le violenze.
A Roma, nel novembre 1921, i fasci italiani di combattimento si trasformarono in partito nazionale
fascista, dove Mussolini fu sempre il leader. Il programma del nuovo partito chiedeva: la
restaurazione delle autorità dello stato, proclamava il rispetto delle tradizioni e della famiglia e
esaltava il superiore interesse della patria.
1922: il partito nazionale fascista garante dell’ordine
Nel febbraio del ’22 cadde il governo Bonomi e ad esso subentrò Facta, intanto i fascisti cercavano
l’ingresso al potere. Per questo la violenza squadrista aumentò in tutta la penisola e in particolare
modo nel settentrione. Di conseguenza venne proclamato uno sciopero generale che fallì. L’ala
riformista guidata da Turati e Matteotti costituì il partito socialista unitario; costoro avrebbero
cercato di impedire l’ascesa fascista ma non ci riuscirono.

LA MARCIA SU ROMA
Nell’autunno del ’22 il governo Facta era debole e in tale frangente Mussolini seppe presentarsi
come l’uomo giusto al momento giusto. Il partito nazionale fascista si dotò di un’impostazione
liberista (e di solidarietà nei confronti dell’esercito). Mussolini aveva in mente un’azione di forza
dimostrativa: esso prevedeva, per il 28 ottobre 1922, la mobilitazione e l’accentramento verso
Roma di numerose squadre fasciste provenienti da tutta Italia. La marcia su Roma aveva
l’obbiettivo dell’inserimento di una dittatura.

MUSSOLINI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO


Nonostante Facta aveva dato le dimissioni proclamò Roma in “stato d’assedio” e ciò comportava il
pieno potere dell’esercito. Il 30 ottobre Vittorio Emanuele III conferì a Mussolini l’incarico di formare
un nuovo governo di coalizioni (pur essendo il PNF minoritario in parlamento). Della nuova
compagine di governo facevano parte i fascisti ma anche nazionalisti, liberali e popolari. Il governo
prevedeva dei tecnici come Gentile per l’istruzione. Il nuovo ministro ottenne la fiducia in
parlamento Mussolini, in un primo momento si riservò il ministro degli Esteri e dell’Interno, aveva
realizzato l’obbiettivo della conquista del potere. Il governo di Mussolini godeva di un’ampia
maggioranza parlamentare e poteva dedicarsi a ristabilire la pace sociale, vennero frenati i
fenomeni di squadrismo più estremi, venne attuata una politica antisindacale, e gli agrari vennero
placati con la rinuncia alla riforma della terra.
Nel dicembre del 1922 nacque il gran consiglio del fascismo che avrebbe dovuto stabilire una
stretta operativa tra partito e governo, ma in realtà limita il potere di quest’ultimo.
Nel gennaio del ’23 fu creata la Milizia Volontaria per la sicurezza Nazionale rappresentava un
passo verso la legalizzazione dell’esercito privato del partito. Nel luglio del ’23, la stampa
nazionale viene messa a tacere. Per ottenere la maggioranza in parlamento, il partito fascista,
attuò la riforma (Legge Acerbo) del sistema elettorale: questa prevedeva il “premio di
maggioranze” (maggioranza ottenuta con almeno il 25% dei voti)

LE ELEZIONI DEL 1924 E L’ASSASSINIO DI MATTEOTTI


La campagna elettorale fu segnata da intimidazioni e violenze contro tutti gli oppositori, infatti il 6
aprile 1924 ottenne il successo alle elezioni, ottenne il 65% e 374 seggi (di cui 227 solo fascisti).
Successo che durante la ratifica parlamentare del voto, Matteotti denunciò con un discorso alla
Camera l’estrema violenza durante la campagna elettorale fascista e ne contestò l’esito chiedendo
l’annullamento. Pochi giorni dopo, però, il parlamentare socialista viene rapito e assassinato.
Le opposizioni al partito fascista decisero di non rientrare in parlamento fino a che non fosse
ripristinata la legalità e sciolta la milizia.
Il Re voleva le dimissioni di Mussolini, ma l’intervento del Re stesso non avvenne mai.
IL DISCORSO DI MUSSOLINI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI (3 GENNAIO 1925)
Il giorno dopo il discorso i circoli e le sedi dei partiti d’opposizione furono attaccati, i direttori dei
giornali vennero sostituiti e fu represso ogni dissenso. Mussolini avviò un processo di
smantellamento dello stato liberale, consolidato prevalentemente il regime fascista.
Il sindacato autorizzato divenne solo quello fascista; IL 20 novembre 1925 il senato approvò una
legge contro le associazioni segrete, in particolare modo della Massoneria, il 27/11 viene introdotti
in tutti gli uffici il saluto romano fascista. Il 24/12 fu approvata una fondamentale modifica dello
Statuto Albertino : il presidente del consiglio si trasforma in “capo del governo” in questo modo si
compiva il processo di svuotamento dei compiti del parlamento attuato da Mussolini.
Nel gennaio del ’26 nel capo del governo confluiscono tutti i poteri (esecutivo, legislativo e
amministrativo) - cancellazione della divisione dei poteri. Viene sostituita la figura del sindaco con
quella del potestà.

LE “LEGGI FASCISTISSIME”
Tra il 1925 e il 1926 vennero arditi 4 attentati alla vita di Mussolini, tutti e 4 fallirono e il loro
verificarsi rese ancora più semplice il passaggio alla dittatura. Il consiglio dei ministri approvò una
serie di provvedimenti per la sicurezza del regime fascista e per la “difesa dello stato”. I partiti
d’opposizione furono tutti sabotati, il partito fascista era di fatto l’unico la cui attività fosse
permessa. La stampa libera fu posta a rigidi controlli culturali o addirittura soppressa (come il
giornale socialista “Avanti). Fu instituito il confino di polizia che consisteva nell’obbligo di dimorare
in una determinata località. Contava dalla propria residenza e in genere isolata. Venne introdotta la
pena di morte per chiunque attentasse al re, alla regina, al principe e al capo del governo; fu
creata una potente polizia politica denominata OVRA. Venne poi istituito il Tribunale Speciale per
la difesa dello stato; esso applicava le norme del codice penale militare di guerra e alle sue
sentenze non era possibile presentare appello.
E infine i “fuoriusciti”, chi aveva lasciato il paese per sfuggire al regime o alle sue condanne,
vennero colpiti con la confisca dei beni e la perdita della nazionalità. Questi provvedimenti
rimasero noti come “Leggi Fascistissime”. Mussolini concentrò nella sua persona ogni potere :
l’Italia si avviava alla dittatura.

IL FASCISMO AL POTERE : GLI ANNI TRENTA


1. IL FASCISMO ENTRA NELLA VITA DEGLI ITALIANI
Salito al potere, Mussolini si dedicò alla “Fascistizzazione dello stato”. Il 9 dicembre 1928 il “Gran
Consiglio del Fascismo” venne trasformato in organo costituzionale, che superò il dualismo tra
partito e governo. Nella figura di Mussolini convergevano le funzioni di capo del partito, capo del
governo e capo degli italiani. Dal 1925 lo stato fascista disciplinò la vita quotidiana dei cittadini,
cercando il consenso tra i lavoratori, i giovani e le donne.
Il duce tentò di acquisire la fiducia della classe lavorativa tramite la promulgazione della Carta del
lavoro (1927), tramite di essa prende forma lo “Stato Corporativo”, basato su un solo sindacato
che unisse il partito ai lavoratori. Vennero istituiti l’OND (opera nazionale del dopolavoro), l’INFAIL
(istituto nazionale fascista assicurazioni e infortuni sul lavoro) e l’INFPS (istituto nazionale fascista
della provvidenza sociale). Mussolini puntò anche alla formazione dei giovani e soprattutto anche
all’acquisizione del consenso da parte delle donne, esse furono oggetto di incentivi per
l’incremento delle nascite e di una politica di assistenza sociale e sanitaria.
2. IL CONCORDATO TRA STATO E CHIESA
Mussolini cercò un’avvicinamento con la chiesa, culminato nell’ 11/02/1929 con la firma dei patti
Lateranensi. I patti erano suddivisi in 3 parti : un trattato, una convenzione finanziaria e un
concordato.
- nel trattato si stabilisce il reciproco riconoscimento dello Stato e della chiesa
- nella convenzione finanziaria si stabilì un indennizzo per i papi
- nel concordato si regolavano questioni circa i rapporti tra Stato e chiesa e della vita civile.
Nel 1931 in poi scoppiarono forti contrasti tra lo Stato e la chiesa.
3. LA POLITICA ECONOMICA DEL REGIME
La politica economica fascista attraversò 4 fasi:
- 1° fase (1922-1925) caratterizzata da liberalismo
- 2° fase segnata dalla lotta all’inflazione
- 3° fase fu segnata dalla depressione dell’economia mondiale (crollo di Wall Street nel ’29) e in
Italia essa venne arginata da un massiccio intervento dello Stato. In questa fase prese forma
l’IMI (istituto mobiliare italiano) che sosteneva le industrie (IRI) con il compito di salvare banche
e industrie sull’orlo del fallimento. L’IRI (istituto per la ricostruzione industriale) diede l’avvio
all’industria di stato; in questo periodo, nel 1934, nacquero le corporazioni. Con la nascita della
“Camera dei fasci e delle corporazioni”, nel 19/05/1939, al posto della Camera dei Deputati si
pose fine a ogni criterio elettivo e all’istituzione parlamentare in quanto emblema della
democrazia rappresentativa.
- 4° fase a seguito delle dimissioni del regime compiute in campo internazionale, fu determinata
dalla scelta dell’autarchia e dall’aumento delle spese per gli armamenti.
4. LE OPERE PUBBLICHE DEL FASCISMO
“Battaglia del grano” e “Bonifica integrale”. Il regime intraprese un’ampia campagna di lavori
pubblici, soprattutto nel settore agricolo. Esso decise di incentrare la produzione cerealicola
(“battaglia del grano”) e di imporre dazi sulle importazioni dei cerali.
la “bonifica integrale”, invece, riguardava il recupero di vasti terreni paludosi inutilizzati, da renderli
abitabili e coltivabili.
5. CAPO STATO TOTALITARIO E PARTITO DEL FASCISMO
Mussolini era duce e “uomo nuovo” che raccordava popolo, partito e Stato. Il fascismo mirava alla
costruzione di uno stato totalitario fondato nella figura del capo : riuscì a creare una massa
omogenea che esprimeva la sua volontà unitaria attraverso il duce e il partito fascista. L’idea
totalitaria di Mussolini si scontò contro la resistenza che monarchia e chiesa esprimevano con la
loro presenza. Il vertice del sistema repressivo era costituito dal Tribunale Speciale per la difesa
dello Stato. A fronte di questa offensiva molti oppositori del fascismo furono costretti all’esilio.
6. LA “RIVOLUZIONE CULTURALE” DEL FASCISMO
Il regime si pose l’obbiettivo di una “Rivoluzione culturale” allo scopo di fascistizzare in profondità
gli italiani. Il ministro della pubblica istituzione Gentile si propose come pensatore del regime
nascente, promuovendo il fascismo quale motore della rigenerazione morale e politica degli italiani
(“Manifesto degli intellettuali fascisti” 1925). Il primo oggetto di questa campagna fu la scuola; il
regime riservò ai mezzi di comunicazione di massa il compito di passare ogni giorno l’opinione del
fascismo. Per ciò esercitò un rigido controllo sulla stampa e la radio, altri strumenti per plasmare e
diffondere messaggi tra le masse e impose i propri criteri in tutti i settori culturali tra cui il cinema,
fino all’istituzione del “Ministero della cultura popolare” nel 1937.
7. IMPERIALISMO E IMPRESA D’ETIOPIA
In campo coloniale il regime consolidò le precedenti conquiste e guardavano anche a possibili
nuove acquisizioni territoriali. Mussolini optò per l’Etiopia; l’invasione prese avvio il 3/10/1935. La
reazione della Società delle Nazioni, di cui l’Etiopia era membro, fu solo deboli sanzioni
economiche che favorivano l’avvicinamento dell’Italia alla Germania di Hitler.
La guerra prese il profilo della guerra totale quando il comando dell’operazioni passò da De Bono
a Badoglio. Mussolini autorizzò l’uso dei gas e il ricorso massiccio a bombardamenti aerei,
deportazioni e rappresaglie che fecero vincere l’esercito italiano nel maggio del 1936.
Con questa guerra Mussolini lasciò la democrazia per avvicinarsi a Hitler, inoltre con la guerra
vennero introdotte motivazioni ideologiche nei conflitti fra gli stati : con la proclamazione
dell’impero (9/05/1936) Mussolini presenta l’espansione come un esito naturale del destino d’Italia.
L’Italia di Mussolini trovò nella Germania un alleato che non si oppose, come l’Inghilterra, alla
conquista in Etiopia.
Hitler siglò “Asse Roma-Berlino” nell’ottobre del 1936. Germania e Italia sostennero l’insurrezione
contro il governo socialista in Spagna e firmarono con il Giappone il Patto di Anticomintern
(1936-1937)
8. LA POLITICA RAZZIALE NELL’ITALIA FASCISTA
L’Italia fascista sentì il bisogno di giustificare la propria aggressività in politica estera con il “mito
della razza civilizzatrice”, che portava progresso e ordine in terre selvagge. In questa fase il
pensiero di Mussolini e Hitler confluì nell’antisemitismo. Al “Manifesto della razza”, 15 luglio 1938,
seguirono leggi razziali (1° settembre 1938) analoghe a quelle tedesche che dettero inizio alla
persecuzione anti ebraica. Gli ebrei italiani furono privati dei diritti di cittadinanza e divennero
nemico comune da perseguitare, proprio come gli oppositori politici.

INTERPRETAZIONE DEL FASCISMO


Il fascismo non seppe mai dare una definizione di sé; Mussolini dice: “Il fascismo fu ed è
azione”,come se richiamasse una matrice irrazionale, come se fosse un movimento irrazionale
delle masse. Ma questa definizione è riduttiva; alcuni storici, intellettuali hanno cercato di dare
un’interpretazione globale. Quando s’intende “fascismo” s’intende quello italiano o tutte le altre
dittature e regimi autoritari?
Uno dei principali storici dei fascismo Renzo De Felice propende a considerare fascismi solo
quello italiano e tedesco. Il fascismo è stato oggetto di ricerca anche dai contemporanei e le prime
interpretazioni sono degli anni ’20. Quando poi negli anni ’30 Hitler prende il potere in Germania (le
prime interpretazioni di fascismo vengono date da storici italiani) il fenomeno interpretato divenne
internazionale; i primi a definirlo internazionale furono i marxisti perché lo identificano come la
reazione della borghesia capitalistica all’avanzata del proletariato: il fascismo sarebbe un prodotto
del capitalismo. I liberali, invece, sostengono il fascismo come “malattia morale”.
Benedetto Croce intende il fascismo come una sorta di smarrimento della coscienza creata dalla
crisi post-bellica.
Nel 1938 Angelo Tasca scrive “Nascita e avvento del fascismo” e per la prima volta si rende contro
che per attuare una ricerca sul fascismo bisogna fare una ricerca storica completa: definire il
fascismo è scriverne la sua storia.
De Felice considera il fascismo “un’espressione dei ceti medi” e lo divide in due fasi:
• Rivoluzionario - fascismo come movimento (fasci di combattimento) 19/29
• Autoritario - regime fascista 30
Il fascismo secondo quest’analisi si è sviluppato in breve tempo nel periodo della crisi del
dopoguerra. Secondo De Felice va analizzato secondo 3 elementi principali:
1. ELEMENTO GEOGRAFICO-CRONOLOGICO come fenomeno
europeo(Italia,Germani,Polonia e Ungheria).
2. BASE SOCIALE fascismo trova adesione nella piccola borghesia - la crisi post bellica crea
una crisi economica e sociale ma anche morale che crea frustrazione e desiderio di rivincita.
3. POLITICO-IDEOLOGICA fascismo come prodotto di un élite piccolo borghese che elaborò
un’ideologia rivoluzionaria/nazionalistica.

NAZISMO
COSA ACCADE IN GERMANIA DOPO LA PRIMA GUERRA MONDIALE?
In Germania abbiamo una grave situazione di crisi sociale, politica ed economica. Dopo la Russia,
la Germania fu la nazione più toccata dai fermenti rivoluzionari. La monarchia cadde per motivi
insurrezionali scaturiti dall’ammutinamento dei marinai della flotta Kiel, ai quali si unirono gli operai
della città. Insieme diedero vita a consigli rivoluzionari ispirati ai soviet.
Anche Berlino e Monaco insorsero il 9 novembre 1918 venne proclamata la Repubblica. Si
diffonde il motto della “pugnalata alla schiena”, in quanto si pensava che la Germania aveva
ancora la forza di combattere, e molti si sentivano traditi (la febbre rivoluzionaria aveva costretto la
Germania alla resa).
I social democratici costituirono un governo provvisorio retto da Ebert, esponente del Partito
socialdemocratico (SPD) che rifiutava l’ipotesi rivoluzionaria e mirava a democratizzare il paese.
Guglielmo II, intanto, era fuggito in Olanda. Il governo dovette affrontare i socialrivoluzionari, che si
erano stretti nella Lega di Spartaco e avevano come obbiettivo di instaurare una repubblica
socialista di stampo sovietico.
Gli spartachisti fondarono il partito comunista tedesco (KPD), che aveva come leader Rosa
Luxembourg. Per opporsi a soluzioni di stampo sovietico il SPD dovette appoggiarsi ai militari, i
“Freikorps” (corpi franchi), formati da soldati che si erano rifiutati di abbandonare le armi ed erano
comandati da ufficiali nazionalisti, che repressero i tentativi rivoluzionari.
In particolare si ricorda la sollevazione stroncata durante la cosiddetta “settimana di sangue”, dopo
la quale la Luxembourg e altri esponenti del partito vennero arrestati e fucilati.
Successivamente vennero indette le elezione per l’Assemblea costituente, tenutesi a suffragio
universali nella città di Weimar (da cui prende il nome la Repubblica). L’11 agosto 191 l’Assemblea
presenta la Costituzione della “Repubblica di Weimar”, votata dai socialdemocratici.

PRINCIPI CARDINE DELLA REPUBBLICA DI WEIMAR


E’ una costituzione moderna ispirata ai principi della democrazia borghese e prende la forma di
uno stato federale, che riconosce l’autonomia ai vari territori. Il Presidente della Repubblica ha
ampi poteri, 7 anni di mandato, è eletto col suffragio universale. Col suffragio universale
propriamente viene eletto anche il Parlamento. Abbiamo poi un Cancelliere (capo del governo) e
dei ministri, che sono responsabili davanti al Presidente e al Parlamento.
La Repubblica di Weimar ebbe da subito problemi di governabilità, data la fragilità istituzionale, la
frammentazione delle forze politiche. Il SPD dovette allearsi forzatamente con il Centro cattolico,
ma facevano fatica a governare insieme.
Si formarono quindi delle coalizioni non compatte, accomunate solo dall’avversione a ogni
restaurazione imperiale o autoritaria.
particolarmente votati erano la destra conservatrice e autoritaria e il Partito comunista. Insomma si
registrò un’elevata instabilità di governo, che portò alla caduta della Repubblica nel ’33.
Nasce nel ’19 il Partito tedesco dei lavoratori, che poi viene chiamato Partito nazionalsocialista
tedesco dei lavoratori o NSDAP, cui si unisce Adolf Hitler (caporale di origine austriaca che aveva
combattuto nell’esercito tedesco durante la Prima guerra mondiale): egli diventerà ben presto il
capo del partito “nazista” (abbreviazione).
Il NSDAP era un partito antidemocratico, ha come simbolo la svastica (croce uncinata), si serviva
della violenza nella lotta politica, e aveva come obbiettivo principale quello di combattere il trattato
di Versailles e passare l’umiliazione che ne era derivata, facendo leva sul forte sentimento
nazionale tedesco.
C’è quindi questo desiderio di “revenche” (nazionalismo revanscista e una forte avversità verso la
classe politica repubblicana, considerata responsabile della firma del trattato di pace, che stabiliva
le durissime condizioni a carico degli sconfitti, ad esempio la smilitarizzazione lungo il Reno e le
riparazioni di guerra (somma che la Germania avrebbe dovuto pagare come risarcimento dei danni
inflitti alle potenze vincitrici), il risentimento generato dal trattato di Versailles contribuì all’avanzata
dello schieramento nazionalista e antidemocratico di destra, ma essendo molto frammentato non
poteva andare al governo, che viene invece assunto dal Centro cattolico.
Ricordiamo che nel 1920 Hitler aveva pronunciato il proprio programma elettorale (Discorso di
Monaco), visto come atto di nascita del Partito Nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi (Nazismo)
in cui esponeva l’obiettivo di voler creare una grande Germania che unisse tutti coloro che
parlavano e amano sangue tedesco, oltre a volere abrogare il Diktat di Versailles, a chiedere il
cosiddetto “spazio vitale” per risollevare l’economia tedesca.

Nel 1921-1923 i governi che si succedono alla guida della Repubblica di Weimar riescono a
pagare le prime rate delle riparazione delle spese di guerre: non volendo esasperare i cittadini con
troppe tasse, aumentarono la stampa di carta moneta, con la conseguente svalutazione del marco.
Nel 1923 Francia e Belgio non ricevono la rata annuale delle spese di guerra ed inviano un
esercito per occupare la ricca e industrializzata regione della Ruhr.
La crisi della Ruhr rappresenta il tracollo dell’economia tedesca.
Intanto il governo della Repubblica è presieduto da Stresemann (destra moderata) convinto che il
recupero della Germania possa avvenire solo dopo un accordo con le potenze vincitrici; i gruppi di
desta lo accusano di debolezza e tradimento.
Sempre nel ’23, a Monaco col partito Nazionalsocialista Hitler cerca di prendere il potere con la
forza. Il complotto venne represso e Hitler fu condannato a cinque anni di carcere, durante i quali
scrive la propria autobiografia politica “Mein Kampf” (1925), cioè “La mia battaglia”, dove
perfeziona il programma politico del Nazionalsocialismo:
1. risentimento per la sconfitta tedesca nel primo confitto mondiale
2. rifiuto delle clausole del Diktat di Versailles
3. espansione in Europa (chiedere terre per realizzare lo spazio vitale)
4. nazionalismo-Pangermanesimo-il Volke (popolo-nazione) è legato non alla Kultur (cultura) ma
al sangue-razza
5. gerarchie delle razze: la razza ariana (tedesca) è intesa come costruttrice di cultura; la razza
slava è inferiore, non ha una sua patria, è dispersa, è priva di sentimenti; la razza ebrea è
maledetta, è da sopprimere.
6. militarismo ed apologia della guerra.
Nel 1924 prosegue la strategia Stresemann e l’accordo con le potenze vincitrici viene travolto
grazie al piano Dawes (dal nome del ministro USA): la Germania torna in possesso della Ruhr e
riceve finanziamenti, prestiti dagli USA, cos’ che l’economia tedesca potesse riprendersi e tornare
a sostenere le spese di guerra.
Nel 1925 vengono indette nuove presidenziali. Il paese svolta decisamente a destra e viene eletto
Presidente della Repubblica il maresciallo Hindenburg definito “simbolo vivente del passato
imperiale”.
Nel 1926 si mostra il doppio volto del Nazismo, in quanto c’era da un lato un partito presente in
Parlamento e dall’altro lato uno squadrismo (SA - squadre d’assalto; SS - squadre di protezione)
Hitler si è ovviamente ispirato alla situazione italiano dove lo stesso doppio volto volto di
squadrismo (violenze) e parlamentarismo era già presente nella politica di Mussolini.
Nel 1929 abbiamo il crollo economico degli Usa (crollo Borsa Wall Street) e ciò fa sentire i suoi
effetti in tutt’Europa, soprattutto in Germania (crolla il progetto del Piano Dawes).
Terminati i prestiti, l’economia torna debolissima. I tedeschi perdono ogni fiducia nel governo e il
Nazismo fa leva proprio sulla sfiducia politica e sulla frustrazione di alta borghesia, piccoli
risparmiatori e disoccupati.
Nel 1930 vi sono nuove elezioni. Il partito nazista ottiene più del 18% dei voti e alle elezione del
’32 è il primo partito tedesco. E’ però da ricordare che il clima in cui si era svolta la campagna
elettorale era da guerra civile.
Nel 1933 Hitler vinse alle elezioni e ottenne da Hindenburg la nomina di Cancelliere, Primo
Ministro e Capo del governo.
Il governo presieduto da Hitler era stato voluto dai conservatori per inglobare e strumentalizzare il
NSDAP, che godeva del sostegno di vari strati della popolazione. A questo punto gli eventi
precipitarono: le squadre incendiano la sede del Reichstag (23 febbraio 1933). L’attentato venne
attribuito ai comunisti e Hitler usò l’arma del complotto. Il Parlamento dichiara lo stato d’emergenza
e attribuisce tutti i poteri al Capo del governo. Questo segna la fine della Repubblica di Weimar e
l’inizio del TOTALITARISMO NAZISTA.
La Germani uscì della Società delle Nazioni, lo Stato venne strutturato in senso centralistico,
furono incarcerati e uccisi gli oppositori politici e i collaboratori scomodi (“Notte dei lunghi coltelli”).
Viene poi creatala “Polizia segreta di Stato” detta Gestapo.
Nel 1934 muore Hindenburg e Hitler diventa Presidente della Repubblica e capo dell’esercito.
Hitler è ora Capo di partito, Capo del governo e Capo di stato (capo = Fuhrer): fusione tra stato e
partito, tipica del totalitarismo.
Ricordiamo nel ’33 i primi atti politici del totalitarismo teso al controllo dello stato e della società:
• dichiarati fuori legge tutti i partiti
• chiusi tutti i giornali delle opposizioni
• imprigionati o uccisi tutti i dissidenti
• creato il primo campo di concentramento a Dachau per i prigionieri politici
• vengono bruciati i testi di autori ebrei

IL CONTROLLO NAZISTA DELLA SOCITA’ E “NAZIFICAZIONE” DEL PAESE


Il primo obiettivo del nazismo era il controllo e il dominio sui tedeschi, ed era necessaria la pace
sociale e la collaborazione tra le diverse classi. Hitler aveva bisogno, per realizzare il suo
programma politico, di forgiare i giovani nel corpo e nella mente: fu quindi creata la “Gioventù
hitleriana”. Intanto vennero eliminati il diritto di sciopero e i sindacati, quindi si procedette alla
“deproletarizzazione” della classe operaia attraverso la creazione del Fronte tedesco del lavoro, in
cui erano rappresentati sia i padroni che gli operai. Per quanto riguarda il tempo libero si prende
come esempio il modello fascista e si mira al controllo e all’integrazione delle masse.
Inoltre, per quanto riguarda la propaganda si cercava di conformare le menti dei cittadini al regimi
attraverso l’uso dei media (stampa, radio, cinema). Si raggiunge un’irregimentazione della scuola,
del lavoro e del tempo libero.

N.B la gerarchia militare, dominata dall’aristocrazia terriera,guardava con disprezzo i nazisti, così
come molti lavoratori davano segni di resistenza. Anche la comunità cattolica si opponeva alla
“nazificazione” del paese.

EIN VOLK, EIN REICH, EIN FUHRER


Hitler sapeva che la società tedesca poteva essere piegata sola dalla forza dei miti, perché questi
avrebbero spinto le masse verso l’obiettivo di una grande e compatta comunità, in cerca del
cosiddetto “spazio vitale”. Le parole d’ordine erano:
- REICH
- VOLK
- FUHRER
Già presenti nel “Mein Kampf”
• la razza è il motore della storia, non più la nazione
• le razze più forti avevano una missione da compiere ed erano meritevoli di dominare le altre
• comunità razziale - era tale per natura
• comunità dei cittadini - di questa si faceva parte per libera adesione

IL REICH
Obiettivo del nazismo era creare una “Grande Germania” comprendente tutti gli appartenenti alla
razza ariana (discendeva dai primi indoeuropei). L’espansione dell’impero era giustificata dalla
necessaria ricerca di uno spazio vitale per la razza superiore e dominatrice. In particolare Hitler
mirava ad espandersi in oriente alla conquista dei territori degli slavi (popoli inferiori)

IL VOLK
Il Volk di Hitler era una “comunità di popolo” senza classi, unita dal sangue e dal suolo, formata da
individui sani. Gli ebrei, visti come popolo senza terra, si trovano in fondo alla gerarchia razziale. Il
15 settembre 1935 vengono promulgate le leggi di Norimberga: esse negavano agli ebrei la
cittadinanza del Reich, li escludevano al voto, dalle professioni e dagli uffici pubblici, impedivano i
matrimoni tra ebrei e non ebrei.
Gli ebrei minacciavano di decadenza la civiltà europea, per questo Hitler attua prima una politica di
persecuzione, di repressione e infine di sterminio. Diventarono sempre più frequenti le violenze
organizzate, che culminarono nella “Notte dei cristalli” nel ’38.

IL FUHRER
Mito del capo indiscusso e carismatico, fonte di ogni diritto, colui che esprimeva la volontà del
popolo, che ha un rapport diretto col “suo” popolo, il mito del Fuhrer fu il più solido e duraturo.

1934
POLITICA INTERNA - aumento della produzione industriale, sopratutto quella bellica
POLITICA ESTERA - accordo con l’Inghilterra che concede la ricostruzione della flotta tedesca,
purché resti numericamente inferiore a quella inglese. Francia e Inghilterra non cercano di fermare
la Germania perché ritengono che in Europa il vero pericolo sia ancora l’URSS di Stalin
1935
Prime discriminazioni sugli ebrei con le leggi di Norimberga
Inizio della politica di riarma in Germania per preparare una guerra che garantisse al III Reich la
conquista dello spazio vitale in Europa.
1938
Istituzione dei lager di Mauthausen e Flassenburg
“Notte delle vetrine” (o “dei cristalli”) - si riferisce alle numerose vetrine dei negozi ebrei e varate
delle sinagoghe distrutte - molti furono arrestati e/o uccisi.
1940
istituzione del lager di Auschwitz (il più grande centro di sterminio), dove gli ebrei venivano
eliminati fisicamente e sfruttati.
1941-1942
Hitler pianifica la “soluzione finali” della questione ebraica (sterminare questa razza) e i campi di
sterminio si attrezzano sempre di più (camere a gas, forni crematori).

CAUSE DEL NAZISMO


L’ideologia nazista è la manifestazione più estrema del nazionalismo, la cui politica è improntata
sull’affermazione nazionale e sulla discriminazione coloniale di popoli considerati inferiori.
Le ragioni che portano all’affermazione e al dominio del regime sono diverse e tutte intrecciate tra
loro.
Le principali sono:
1. Crisi economica - si manifesta in Germania a partire dal 1930 e determina un aumento
considerevole dei prezzi e del costo della vita, in particolare incise la crisi di Wall Street e la
fine dei prestiti americani;
2. Crisi sociale - in seguito alla crisi economica, centinaia di migliaia di disoccupati e
impoverimento dei piccoli proprietari agricoli e della piccola borghesia;
3. Crisi politica - dovuta all’impossibilità di un accordo per formare forti maggioranze di governo a
cause della frammentazione (forte disaccordo sul da farsi tra i partiti) delle forze politiche che
sedevano in Parlamento. Senza maggioranze forti, tutte le decisioni più importanti per il paese
non potevano essere prese, determinando incertezza e paralisi;
4. Risentimenti storici - maturati in seguito alle condizioni di pace imposte dalle potenze vincitrici
alla Germania per aver scatenato la guerra. Le umiliazioni subite con la sconfitta della prima
guerra mondiale hanno alimentato quindi l’ideologia di rivalsa storica. Secondo lo storico
Bracher la Germani soffriva di uno storico complesso di inferiorità, si sentiva l’ultima arrivata fra
gli stati europei e quindi non aveva la possibilità di crearsi un impero nonostante avesse
aspirazioni egemoniche.
5. Motivazioni psicologiche - dettate dal clima di incertezza dominate, che facevano desiderare a
molti un cambiamento drastico, anche di tipo autoritario;
6. Motivazioni politiche - c’era la paura che i principi e i metodi della rivoluzione Russa
prendessero piede anche in Germania, già toccata dal comunismo rivoluzionario del 1919
(Lenin e la Terza Internazionale Kommintern)

CRISI DEL ’29 e DEPRESSIONE ANNI ’30

Nell’ascesa del Nazismo la crisi ha influenzato molto poiché quando la crisi scoppiò nella sola
dimensione mondiale e europea, la Germania piombò nuovamente nella crisi e nella
disoccupazione.
Finita la prima guerra mondiale in Europa un periodo di forte instabilità politica ed economica
anche le nazioni vincitrici in realtà sono devastate e logorate dalla guerra, mentre si assiste
all’ascesa del Giappone, degli USA e del Sud America.
Gli USA vivono quelli che vengono chiamati “anni ruggenti” poiché furono anni di grande progresso
e prosperità (anni ’20) in cui si definisce il modello di vita americano. Gli USA diventano grandi
esportatori mondiali e il dollaro diventa la moneta mondiale. Vi è un grande aumento della
produttività grazie al grande consumismo di massa, aumentarono di conseguenza i servizi e i beni
di consumo, che circolano con maggiore facilità: elettrodomestici, automobili, radio accessibili a
tante famiglie grazie all’introduzione del pagamento rateale.
Vi è un grande ottimismo e fiducia, la prospettiva di facili guadagni intensifica l’attività della borsa
di Wall Street. Si verifica il fenomeno della “speculazione finanziaria”, la borsa assume un ritmo
frenetico: i titoli iniziano a crescere di prezzo e nasce l’illusione ottimistica di un guadagno e un
arricchimento illimitato (“bolla finanziaria” - fase di mercato caratterizzata da aumenti ingiustificati
di prezzi di beni e servi dovuti alla crescita esponenziale della domanda limitata nel tempo).
L’economia degli USA era molto legata a quella europea: le banche private americane avevano
finanziato con prestiti le nazioni europee uscite dalla guerra per la loro ripresa economica. A loro
volta le nazioni europee investivano in capitali americani. I capitali investiti in Europa dagli USA
servivano a incentivare l’esportazione americana. Sono sistemi economici (quello europeo e
americano) complementari. Questa complementarietà si incrina nel ’28 quando alcune banche
americane dirotteranno i capitali non più nei prestiti europei ma in operazioni in borsa -
diminuiscono così finanziamenti in Europa e di conseguenza diminuisce il suo potere d’acquisto
dei prodotti americani. Le esportazioni americane diminuiscono. Il mercato interno americano non
è in grado di assorbire la produzione che prima trovava collocazione nei mercati europei. In questo
modo il mercato si saturò e il 24 ottobre 1929 avviene quello che viene ricordato come “Giovedì
nero” durante il quale vennero vendute 13 milioni di azioni alle quali se ne aggiunsero 16 milioni
nei giorni successivi. La corsa alle vendite determinò una precipitosa caduta dei prezzi dei titoli,
distruggendo i risparmi e i guadagni di migliaia di persone.
Il crollo della borsa spinse gli USA ad assumere una politica protezionista, coloro che avevano
investito in banca persero i loro averi: non potendo sostenere le spese, si erano indebitati e non
potendo restituire i soldi, anche le banche entrarono in crisi. Le banche non potevano più
concedere i crediti alle aziende che di conseguenza sono costrette a chiudere, i salari
diminuiscono, aumentano i licenziamenti e la domanda diminuisce.

Conseguenze storiche:
1. Il vecchio ordine liberale europeo crolla definitivamente
2. Crisi democrazia e ascesa dei regimi totalitari
3. Isolamento economico dell’URSS
4. Crisi della fiducia nella democrazia
5. Alleanza tra fascismi (Italia, Germania e Giappone)
6. Depressione economica crea il malcontento in Germania e favorisce l’ascesa del Nazismo

NEW DEAL Come gli Stati Uniti escono dalla crisi


Nel 1932 alle elezioni presidenziali vince Roosevelt, democratico, che inaugura il New Deal:
l’economia americana era in uno stato di paralisi dovuta alle scelte economiche del repubblicano
Hoover - aveva scelto di seguire le idee liberiste che considerava la libera iniziativa e il libero
commercio - il mercato si auto regola - Secondo Smith il mercato si regolerebbe secondo la
strategia sella “mano invisibile” (la situazione economica si autoregola senza l’intervento dello
stato). Roosevelt cambiò strategia, scegliendo quella interventista: il programma di Roosevelt
viene chiamato “Programma dei 100 giorni”. Egli mette al lavoro un gruppo di esperti chiamati
“brain trust” che gli consigliarono di attuare una scelta economica che puntava all’intervento
statalista in senso economico: il governo doveva promuovere un programma di investimenti per
dare rilancio all’economia riattivando la domanda, ovvero dare nuovamente la possibilità all’ uomo
americano di comprare, riaccendendo la dialettica tra domanda (acquisto) e offerta (produzione) -
devono iniziare a stimolarsi a vicenda - bisogna creare nuovi posti di lavoro finanziando una serie
di lavori pubblici e distribuire nuovi salari così da dare la possibilità all’operaio di poter acquistare
rimettendo così in moto i consumi.

TOTALITARISMO
Quando si parla di “regime autoritario” dell’800 il concetto è molto diverso dal “regime totalitario”
poiché quest’ultimi sono regimi di massa e la coinvolgono nell’ideologia, nell’unione e il capo viene
visto come una guida.
Il termine sta a indicare un sistema politico che si oppone al modello liberale - questo rispetta i
diritti fondamentali dell’uomo, al contrario quello totalitario sostituisce al sistema parlamentare una
dittatura a partito unico. I primi ad usare l’aggettivo “totalitario” furono gli intellettuali italiani
antifascisti nel 1925 che avevano intuito i veri obiettivi di Mussolini. Egli stesso non aveva rifiutato
queste accuse e nel 1925 disse: “la nostra feroce volontà totalitaria”.
In Germania viene usato dai nazisti per disegnare sé stessi. Quando il nazismo si impone negli
anni ’30, molti tedeschi fuggirono e il termine “totalitarismo” entra a far parte del linguaggio
storiografico, in particolare grazie a Hanna Arendt che scrive nel 1951 “Le origini del fascismo” e a
Frank Neumann. La Arendt definisce totalitari solo in Nazismo e lo Stalinismo, mentre il Fascismo
sarebbe un “totalitarismo imperfetto” perché non è riuscito a controllare la Chiesa e la monarchia
che rimangono poteri autonomia. Questa lettura della Arendt è contestata da Emilio Gentile, che
afferma che negare il carattere totalitario del fascismo significava “trascurare il grandioso sforzo
messo in atto da Mussolini per plasmare l’individuo e le masse, attraverso una rivoluzione
antropologica per rigenerare l’essere umano e creare l’uomo nuovo”.
Uno degli oppositori del Fascismo è Giovanni Amendola che aveva capito che lo scopo del
Fascismo era quello di plasmare le coscienze.

CARATTERI DEL TOTALITARISMO:


1. Un’ideologia, un corpo ufficiale di dottrina che abbraccia ogni aspetto vitale della vita umana.
Questa ideologia è proiettata verso uno stadio finale e perfetto dell’umanità.
2. Un partito unico di massa guidato da un solo uomo: il dittatore, il capo.
3. Un sistema di terrore sia fisico che psichico realizzato attraverso il controllo esercitato dal
partito e dalla polizia segreta in funzione dei suoi leader, diretto non solo verso i nemici ma
anche contro classi della popolazione scelte arbitrariamente.
4. Un monopolio quasi completo e tecnologicamente condizionato di tutti i mezzi di
comunicazione di massa (stampa, radio, cinema) nelle mani del partito.
5. Un controllo centralizzato dell’intera economia attraverso il coordinamento burocratico di
attività imprenditoriali - corporativismo.

SECONDA GUERRA MONDIALE


CAUSE
Tutti gli storici concordano sul fatto che la 2° Guerra Mondiale fu scatenata da paesi aggressori
come la Germania nazista, l’Italia fascista e il Giappone. Il maggior responsabile fu Hitler e la sua
politica d’espansione che prevedeva tre obiettivi: la distruzione dell’assetto europeo dopo
Versailles, ottenere spazio vitale a est e fondare una Germania basata sulla purezza della razza.

R.Overy è uno storico inglese che scrisse “Le origini della Seconda guerra mondiale” in cui divide
le cause in cause generali e decisioni riguardo i singoli eventi. Bisogna comprendere il rapporto tra
il contesto generale e le decisioni prese di conseguenza.

G.Schreiber si chiede se la Prima guerra mondiale contiene in sé già i fattori che portarono alla
Seconda guerra mondiale. Di ereditario c’è la politica revisionistica delle tre potenze e l’adozione
della politica espansionistica. Non è corretto però considerare solo le cause ereditare: il creare un
ordine mondiale da parte di Hitler basato sulla razza è un elemento nuovo.

J.Taylor nel 1971 scrisse “Le origini della Seconda guerra mondiale” e sostiene che la Seconda
guerra mondiale non è frutto esclusivamente di una premeditazione da parte di Hitler ma è anche il
risultato di errori diplomatici da parte di Francia e Gran Bretagna che aggravano le già condizioni
d’instabilità (trattato di Versailles).

Per comprendere come si arriva alla guerra bisogna partire dagli anni ’30:
1. La crisi del ’29 ha alterato i rapporti tra gli stati e gli stati scelgono di reagire alla crisi adottando
misure come l’autarchia, il protezionismo e la strada del riarmo per creare occupazione.
2. Nel 1931 il Giappone invade la regione del Machuria, un’invasione dettata da esigenze
economiche: questo territorio molto ricco avrebbe consentito al Giappone di ottenere nuove
risorse e nuovi sbocchi per l’economia.
3. Nel 1935/36 invasione italiana dell’Etiopia: Mussolini adotta una politica espansionistica che
guardava non solo l’Africa ma anche la zona mediterranea e adriatica-balcanica.
4. Nel 1936-1939 si verifica la guerra civile spagnola caratterizzata da una grande violenza. E’
stata scatenata dalla vittoria dal fronte popolare (anarchici, socialisti, democratici) che volevano
instaurare una repubblica socialista e democratica. Il governo socialista non era ben visto dalla
società reale, ecclesiastica e militare. Vogliono prendere il potere rovesciando il governo -
Francisco Franco guida la “Falange” - Si arriva lo scontro che sarà vinto da Franco grazie
all’apporto militare da parte di Mussolini e Hitler, mentre i repubblicani erano sostenuti da
partigiani e socialisti europei - Franco instaura una dittatura - famoso è il bombardamento di
Guernica da parte dell’aviazione tedesca.
5. Mire espansionistiche di Hitler: hanno come obiettivo quello di destabilizzare l’assetto europeo
e dare prestigio alla Germania, realizzando una grande Germania su base razziale. Decide di
invadere la Renania con l’esercito che secondo le condizioni del Diktat doveva rimanere
simitarizzata. Rimilitarizzazione della Renania aveva come scopo quello di ottone recluti e
nuovo potenziale bellico. Nonostante ciò, non venne ostacolato da Francia e Inghilterra perché
erano convinte di evitare la guerra e riuscire a mantenere la pace
6. Nel 1938 Hitler annette l’Austria: Hitler bramava l’Austria sia perché era di origini austriache sia
per le affinità linguistiche e l’aumento della capacità produttiva tedesca.
Un’altra mira espansionistica della Germania era la Cecoslovacchia, considerata importante dal
punto di vista economico. In questa vi era poi una regione abitata dai tedeschi, la regione dei
Sudeti. Questo dunque era un ottimo pretesto, e Hitler era pronto ad invadere questa regione,
Gran Bretagna e Francia si mobilitarono e a Monaco indissero una conferenza, alla quale però la
Cecoslovacchia non era stata ammessa. Come mediatore venne scelto Mussolini. Si decide di
cedere a Hitler i Sudeti e successivamente, nel ’39, l’intera Cecoslovacchia (Accordo di Monaco
1938) cos’ da evitare la guerra (l’integrità cecoslovacca non era prioritaria). Mussolini venne visto
come artefice della pace.
Gran Bretagna e Francia acconsentirono per non istigare Hitler alla guerra; adottarono la strategia
politica dell’APPEASEMENT ovvero “acquiescienza, distensione” ideata inizialmente dall’inglese
Chamberiam e dopo dalla Francia, in quanto consideravano più pericolosa l’URSS di Stalin.
- Molti storici vedono la conferenza di Monaco come un punto di non ritorno. Nel ’39 la
Cecoslovacchia sarà occupata interamente. Un’altra pretesa di Hitler era la Polonia, in
particolare il corridoio polacco ma Gran Bretagna e Francia diventeranno più intelligenti e si
interesseranno all’indipendenza polacca, difendendola.
Nell’agosto del ’39 venne firmato un patto segreto tra il ministro tedesco e quello russo chiamato
“Ribbentrov-Molotov”, una sorta di patto di non-aggressione. Le motivazioni di questo patto erano
sia economiche: la Russia aveva bisogno di materie prime fornitele dalla Germania, mentre Hitler
aveva bisogno che la Russia non si mobilitasse. In questo momento il patto era utile a entrambe
ma entrambe sapevano che lo scontro era inevitabile e che Hitler avrebbe tentato d’invadere
anche la Russia.
Oltre al patto di non-aggressione, era previsto un protocollo segreto sulla spartizione della Polonia.

ALLEANZE ANNI ’30


• Il primo avvicinamento avviene nel 1936 quando Roma e Berlino si accordano, in un accordo
molto vago e su base ideologica (Asse Roma-Berlino)
• Nel novembre 1936 “Patto Antikominter” tra Giappone e Germani in funzione anticomunista e
antisovietica. Nel 1937 vi aderirà anche l’Italia.
• Nel maggio 1939 “Patto d’Acciaio” tra Roma e Berlino che prevedeva aiuto militare reciproco
• Nel 1939 “Patto Tripartito” alleanza militare tra Germania-Italia-Giappone.

1° FASE DELLA GUERRA


La guerra scoppiò il 1° settembre 1939 quando Hitler invase la Polonia, determinando l’entrata in
guerra il 3 settembre di Francia e Regno Unito, l’Italia per il momento si dichiara neutrale. Nel
frattempo l’URSS invade la parte orientale della Polonia, che verrà spartita tra Germania e Russia.
Hitler mise in pratica la tattica del “Blitzkrieg”, adoperando sia i mezzi terreni che l’aviazione - la
Polonia cedette in poco tempo. Subito dopo l’URSS conquistò la Finlandia e le Rupubbliche
Baltiche e la Germania invase Danimarca e Norvegia assicurandosi porti per la sua flotta e basi
aeree.
Ne seguì un periodo di congelamento in cui non si combattè, definito “drole de guerre” o
“phonewar”.
Hitler puntò poi verso la Francia. Questa possedeva sul fronte orientale una fortificazione militare
chiamata “linea Maginot”, non potendo superarla, l’esercito tedesco passò attraverso il Belgo e
l’Olanda neutrale. La Francia capitolò dopo poco tempo e sarà divisa in due parti: quella nord
annessa al Terzo Reich e la parte meridionale affidata al governo collaborazionista di Petain e
Vichy secondo l’armistizio francese- tedesco. Il 10 giugno dal balcone di Palazzo Venezia a Roma,
mussolini annunciò l’entrata in guerra dell’Italia, spinto dalle vittorie di Hitler, nonostante sapesse
dell’impreparazione militare italiana.
Piegata la Francia, l’obiettivo si spostò verso il Regno Unito: Hitler avrebbe voluto un pace di
compromesso con il Regno Unito ma il primo ministro inglese, Churchill, vi si oppose. Hitler allora
ideò il “Piano Leone Marino” che prevedeva l’invasione delle isole britanniche attraverso il canale
della Manica. Inizialmente fu una guerra aerea: era necessario sfiancare le difese inglesi con
massicci bombardamenti, ma gli attacchi tedeschi della “Luftwaffe” vennero contrastati
efficacemente dal “Raf” inglese. Il Regno Unito riuscirà a respingere l’aggressione nazista e
rimarrà l’unica nazione europea a non cadere. Hitler decise d’intraprendere contro l’Inghilterra una
guerra sottomarina che mirava a bloccare i rifornimenti che giungevano dal Commonwealth e dagli
Stati Uniti dando inizio alla Battaglia dell’Atlantico.
Per ottenere una posizione egemonica nel bacino del Mediterraneo e nell’area balcanica,
Mussolini portava avanti quella che doveva essere per l’Italia una “guerra parallela” a quella
tedesca. Dopo qualche successo iniziale, le truppe italiane subirono, sul fronte del Mediterraneo e
in Africa, pesanti sconfitte: persero l’Eritrea, la Somalia e l’Etiopia a causa dell’intervento inglese,
superiore sia nella preparazione sia nella flotta. Nel settembre del 1940 venne l’Asse Roma-
Berlino-Tokyo (Patto Tripartito) e nell’ottobre dello stesso anno Mussolini, senza avvertire Hitler
invase la Grecia. La resistenza greca e l’intervento inglese costrinsero Mussolini a chiedere aiuto a
Hitler che s’impadronì della zona balcanica (Jugoslavia smembrata in Stati satelliti).

2° FASE DELLA GUERRA


La necessità di creare “spazio vitale” a oriente e la natura anticomunista dell’ideologia nazista
spinsero Hitler il 22 giugno 1941 a invadere l’URSs mettendo in atto l’operazione Barbarossa.
Questa prevedeva tre direttive:
- a nord conquistare le zone baltiche
- conquistare Mosca
- conquistare il Caucaso e i giacimenti petroliferi.
Inizialmente l’avanzata tedesca ebbe molto successo poiché l’esercito russo si trovava
impreparato dato che Stalin non aveva previsto l’invasione prima che Hitler fosse riuscito a
conquistare il Regno Unito. Quando alla fine di ottobre giunse a Mosca, l’esercito tedesco venne
bloccato dall’intervento russo e il fronte si stabilizzò. Nel 1942 una controffensiva russa ebbe molto
successo ma venne successivamente stroncata dall’esercito tedesco. L’offensiva tedesca fu diretta
verso Stalingrado (autunno ’42 - febbraio ’43) e verso i campi petroliferi: del Caucaso, da cui
dipendeva la potenza bellica. La notevole resistenza di Stalingrado fece esaurire le forze
tedesche, fu una battaglia sanguinosa, combattuta porta a porta che vide la sconfitta tedesca e da
molti è vista come il punto di riscossa. In Estremo Oriente, il Giappone cercava di estendere il suo
controllo su spazi marittimi e terrestri: più ampi ampi ampi, ma quando i giapponesi penetrarono
nell’Indocina francese, Stati Uniti e Inghilterra bloccarono le esportazioni verso Tokyo e
ostacolarono il flusso di materie prime fondamentali all’apparato industriale giapponese. Così il 7
dicembre 1941 le forze aeree giapponesi attaccarono la base americana di Pearl Harbor, alle
Hawaii, distruggendo buona parte della flotta statunitense e provocando l’entrata in guerra, l’8
dicembre, degli Stati Uniti. Con l’entrata in guerra degli Stati Uniti si definirono in maniera più netta
i contenuti ideologici e politici dell’alleanza antifascista. Churchill e Roosevelt il 14 agosto del 41 a
Terranova fissarono nella Carta Atlantica le linee del nuovo ordine democratico da costruire a
guerra finita: rinuncia agli ingrandimenti territoriali, impegno a non consentire modificazioni statuali
senza il consenso dei cittadini, diritto a ogni popolo di scegliere la propria forma di governo, libertà
di commercio sui mari, cooperazione internazionale, rinuncia della forza nei rapporti tra gli stati e
relazioni basate su sicurezza e cooperazione.
Nel 1941 le potenze del Patto Tripartito raggiunsero il loro apice: il Giappone controllava un
territorio vastissimo mentre in Africa, grazie al generale Rommen (“volpe del deserto”) le truppe
italo-tedesche giunsero a mettere a rischio i possedimenti inglesi in Medio Oriente.

3° FASE DELLA GUERRA


Il 1942 è considerato sia l’anno in cui le forze dell’Asse hanno raggiunto apice sia l’anno in cui
iniziò l’inversione di tendenza a favore delle forze alleate. Nel pacifico, gli americani inflissero due
pesanti sconfitte ai giapponesi nella battaglia del Mar dei Coralli e delle Isole del Midway.
Nell’Atlantico, gli alleati inflissero gravi perdite ai sottomarini tedeschi mentre in Africa
settentrionale le truppe italo-tedesche vennero sconfitte ad El-Alamein nell’ottobre del 1942, furono
costrette a ritirarsi sino in Tunisia dove vennero sconfitte: ora l’Italia meridionale era alla portata
delle forze alleate. A Stalingrad gli alleati costrinsero alla resa l’esercito tedesco e italiano il 31
gennaio 1943.
Nel gennaio 1943 Roosevelt e Churchill s’incontrarono nella conferenza di Casablanca nella quale
decisero di indebolire la Germania con massicci bombardamenti aerei e di sbarcare in Italia. Nella
notte tra il 9 e il 10 luglio 1943 gli anglo-americani sbarcano in Sicilia e in poche settimane
s’impadroniscono dell’isola. In Italia si diffuse l’Idea che la disfatta della guerra fosse responsabilità
di Mussolini e solo la scomparsa dalla scena di Mussolini avrebbe permesso un armistizio con gli
alleati. Così tra il 24 e il 25 luglio 1943 durante una seduta del Gran Consiglio del Fascismo,
Mussolini venne messo in minoranza e lo stesso giorno Vittorio Emanuele II lo invitò a rassegnare
le dimissione e successivamente venne arrestato. Il re affidò il governo al generale Pietro
Badoglio. Ogni consenso al Fascismo sembrava svanito, la gente invocava la fine della guerra.
Badoglio annunciò che la guerra sarebbe continuata per mantenere la parola data ma nel
frattempo allacciò trattative segrete con gli alleati per giungere alla pace sottoscritta a Cassibile nel
settembre del 1943. La sera dell’8 settembre 1943 con un messaggio radiofonico venne
annunciato l’armistizio agli italiani. Il Paese precipitò nel caos in quanto Badoglio non aveva dato
istruzioni all’esercito per predisporre le difese di Roma che cadde nelle mani dei nazisti.Il re e
Badoglio fuggirono a Brindisi per porsi sotto la difesa degli alleati appena sbarcati in Puglia. Il
governo tedesco interpretò il fatto come un vero e proprio tradimento. I soldati italiani furono puniti
dai tedeschi con veri e propri massacri. L’Italia appariva divisa in due: al Nord vi erano le truppe
tedesche mentre al Sud gli alleati. A Nord viene proclamata la repubblica di Salò, stato vassallo
tedesco, e quando Mussolini venne liberato trasformò la Repubblica in Repubblica Sociale Italiana.
Nell’esercito italiano della nuova repubblica confluirono numerosi giovani fascisti desiderosi di
combattere il movimento partigano. Il Centro-nord divenne così teatro di una guerra civile italiana.
Nel Sud sorse il governo di unità nazionale presieduto da Badoglio e del quale facevano parte tutte
le forze anti fasciste, tra le quali il Comitato di liberazione nazionale.
Solo il 4 giugno 1944 Roma venne liberata e Vittorio Emanuele abdicò in favore del figlio Umberto
mentre Badoglio venne sostituito da Bonomi, dopo che gli alleati riuscirono a sfondare la Linea
Gustav (Gaeta-Garigliano) sulla quale si erano arrestate le truppe tedesche e fecero cadere il
bastione di Montecassino.
I tedeschi arretrarono sulla Linea Gotica che attraversa gli Appennini. Qui il fronte si arrestò sino
all’aprile del 1945. IL 25 aprile 1945 venne dichiarata l’insurrezione nazionale e il 28 aprile
l’esercito tedesco si arrese, Mussolini venne arrestato e giustiziato.

IL CROLLO DELLA GERMANIA E DEL GIAPPONE


Alla fine di novembre del 1943 Stalin, Roosevelt e Churchill si incontrarono nella Conferenza di
Teheran e decisero l’apertura di un nuovo fronte occidentale. Il 6 giugno 1944 avvenne lo sbarco
delle truppe alleate in Normandia sotto il comando del generale americano Eisenhower, che colse i
tedeschi di sorpresa. Gli alleati insieme alle truppe francesi di C. De Gaulle riuscirono a liberare
Parigi il 25 agosto e nell’autunno venne liberato anche il Belgio. Gli alleati giunsero ai confini
occidentali della Germania. Sul fronte orientale, L’Armata rossa (URSS) respinse l’esercito tedesco
fino ai confini del Reich. Il 30 aprile dal suo Bunker Hitler ordinò la resistenza a oltranza e infine si
uccise. Il 9 maggio la Germania si arrese a Domitz.
La guerra continuava ancora in Estremo Oriente dove il Giappone era intenzionato a non
arrendersi. Fu Tarry Truman, il nuovo presidente americano, che decise di adottare la soluzione
finale sganciando sulle città di Hiroshima e Nagasaki ad agosto due bombe atomiche, una nuova
arma messa appunto nei laboratori statunitensi del New Mexico sotto la guida del fisico Robert
Oppenheimer. Le bombe rasero al suolo le due città ed ebbero effetti devastanti sulle popolazioni.
Il Giappone firmò la resa senza condizioni in 2 settembre 1945.

PROGETTI DI PACE
Poiché fu una guerra che coinvolse il mondo, i progetti di pace dovevano riguardare il mondo e si
doveva pensare alle soluzioni post-belliche e alla vita degli stati. i primi accordi avvennero a guerra
in corso:
• 1941 agosto Carta Atlantica - sancisce una solidarietà politica tra USA e Gran Bretagna, quando
ancora gli USA non erano entrati in guerra. Essa prevedeva otto punti chiave tra cui i più
importanti:
1. diritto all’autodeterminazione
2. facilitare e promuovere i rapporti di collaborazione economica
3. auspicio di un disarmo generalizzato per una pace duratura.
• 1942 ventisei paesi si proclamarono Nazioni unite.
• 1943 Conferenza di Teheran - la guerra sarebbe ormai giunta a una svolta favorevole agli alleati,
si intensificano i contatti tra USA e Gran Bretagna ed entra in scena l’URSS che si sente in
dovere di partecipare alla guerra come paese aggredito. Si decide di aprire un nuovo fronte in
Francia e Roosevelt preme per realizzare un’organizzazione mondiale di fronte alla quali si
poteva discutere di ogni controversia (quella che poi sarà l’ONU) - l’URSS chiede che tutti i pesi
confinanti diventino alleati mentre la Germnai sarebbe stata divisa in zone d’influenza controllate
dagli alleati.
• 1945 Conferenza di Jalta - La Germania sarebbe stata divisa in quattro zone di occupazione
controllate dai vari alleati. Inoltre, una volta sconfitta la Germania si doveva procedere alla
denarificazione del paese, allo scioglimento dell’esercito, istituire un processo contro i criminali
nazisti e far pagare alla Germania i danni di guerra (Processo di Norimberga 1945). Venne
ribadito in “Principio Atlantico” ovvero il diritto per i paesi liberati di autodeterminazione sul
proprio futuro politico (questo principio venne smentito da spartizioni segrete). La Conferenza di
Jalta è diventata simbolo della divisione dell’Europa in zone di influenza, quella americana e
quella sovietica che poi avrebbe generato la “Guerra fredda”, ma in realtà la divisione
dell’Europa sarà determinata dal corso degli eventi.
• 1945 Conferenza di Potsdam - la guerra è finita in Europa, rimane solo il Giappone contro gli
alleati. Nel frattempo aRoosevelt succede Turman: Roosevelt era favorevole a un accordo con
l’URSS poiché pensava fosse una grande potenza che era giusto legittimare; Turman ha un
atteggiamento molto più rigido e vede l’URSS come una rivale e diversa dal punto di vista
economico. La politica americana non è più di pacifica convivenza ma di contenimento. Durante
la Conferenza di Potsdam, Turman riceve la notizia della riuscita degli esperimenti sulla bomba
atomica in New Mexico, e capisce che ciò avrebbe fatto agli USA una superiorità tecnologica
sull’URSS e un’immagine di potenza vincente.

Venne deciso per il momento di non procede allo smembramento della Germania, mentre alla
Polonia vennero riconosciuti gli ex territori tedeschi e all’URSS una parte della Prussia e della
Germania Orientale.

RESISTENZA

La resistenza italiana nacque grazie all’azione dei militanti antifascisti dopo l’8 settembre in Italia
centro-settentrionale: avanzando gli alleati, la linea del fronte indietreggia e all’interno della linea
Gotica si organizza la guerra partigiana. Il 9 settembre 1943 nacque la CLN “Comitato di
liberazione nazionale” costituito da esponenti dei principali partiti antifascisti: comunista, socialista,
liberale, d’azione, repubblicano e la democrazia cristiana. In base al partito politico, i partigiani si
raggrupparono in bande. Le principali formazioni partigiane furono:
- le brigate Garibaldi (comuniste)
- giustizia e libertà (si rifacevano al partito d’azione)
- le brigate Matteotti (socialiste)
e non mancavano formazioni democristiane, o di orientamento liberale o filomonarchiche.
Nel dibattito della storia contemporanea tre sono gli elementi che caratterizzano la Resistenza:
• ESTENSIONE: secondo la maggior parte degli storici, la Resistenza non deve essere ridotta
all’epoca successiva al settembre del 1943, ma si possono identificare come Resistenza tutte le
opposizioni al fascismo già dal delitto Matteotti.
• IL SUO VALORE (cosa ha rappresentato): con il termine “resistenza” s’intende l’opera morale e
culturale degli esuli che portano all’estero il problema italiano e organizzarono clandestinamente
la lotta contro il fascismo.
• I SUOI RAPPORTI CON IL RISORGIMENTO: secondo alcuni esistono collegamenti con il
Risorgimento come la ricerca della libertà e dell’indipendenza. Vi è però una differenza nella
partecipazione delle classi popolari: il Risorgimento coinvolse principalmente la borghesia
mentre nella Resistenza militavano principalmente esponenti delle classi popolari.

CLAUDIO PAVONE
Nel 1991 scrive “Una guerra civile. Saggio storico sulla moralistica della Resistenza.” Questo testo
rappresenta una svolta storiografica: per la prima volta si analizza questo evento scegliendo come
punto di vista le motivazioni individuali che hanno spinto i singoli individui a schierarsi da una parte
o dall’altra nel momento decisivo. Ogni cittadino venne messo davanti al problema della scelta per
quanto riguarda a chi affidare la propria lealtà: vi furono coloro che si schierarono con Mussolini
che dunque con la Rsi, chi scelse di entrare nelle file partigiane per creare un nuovo ordine e
coloro che si schierarono con il re,
Non essendo un movimento unitario, Pavone definisce 3 guerre (o forme di resistenza):
- GERRA PATRIOTTICA - molti confluirono nelle bande partigiane per salvare il paese dal
nazismo e dal fascismo, una guerra di liberazione con l’ideale di democrazia-liberale.
- GUERRA DI CLASSE - nella logica marxista-comunista - chi combatteva contro il nazi-fascismo
e socialismo include anche l’antagonismo borghesia/proletariato e capitalismo/socialismo.
- GUERRA CIVILE - fu una guerra civile fra italiani su fronti contrapposti: coloro che scelsero
l’antifascismo e la Rsi di Mussolini. Questa visione di guerra civile tende a essere occultata dagli
storici contemporanei poiché porterebbe a considerare i morti tutti uguali,tutti italiani, ma
dicendo ciò Pavone non vuole sminuire il valore della Resistenza ponendo sullo stesso piano
chi voleva la dittatura e chi la libertà.

Gli esponenti del CLN combattevano uniti il nazi-fascismo ma erano divisi sulla questione
istituzionale, ovvero come organizzare l’Italia e capire quali sarebbero state le sorti della
monarchia una volta finita la guerra. I comunisti e socialisti (bande partigiane più forti) sostenevano
che la monarchia si fosse macchiata di gravi colpe come l’aver favorito l’ascesa al poter di
Mussolini, quindi l’Italia si doveva costituire come Repubblica; cattolici e liberali volevano invece
mantenere la monarchia. Quest’ultima soluzione era preferita degli alleati perché temevano
l’ascesa delle masse e del comunismo. Il segretario del partito comunista, Togliatti, tornato
dall’esilio in Russia, a Salerno fece un discorso dove invitava a unire tutte le forze poiché per il
momento il punto più importante era liberare l’Italia dai nazi-fascisti. A guerra finita il popolo
avrebbe deciso attraverso un referendum se continuare con la monarchia o istituire la repubblica.
(nel 1946 si terrà il referendum che decreterà la vittoria della repubblica - anche le donne al voto).

GUERRA FREDDA
(dal ’45 al ’91)
EUROPA DOPO LA GUERRA
E’ difficile darne una vera e propria definizione, poiché fu una guerra non combattuta che vide
contrapporsi due potenze mondiali e fu giocata sulla tensione in quanto entrambe possedevano la
bomba atomica: USA e URSS.
L’URSS, nonostante fosse una delle nazioni più colpite dalla guerra, diventerà una potenza
mondiale tanto da diventare uno dei due paesi sul quale si giocherà l’equilibrio europeo.
L’Europa occidentale sulla scena internazionale assume un ruolo secondario perdendo la sua
posizione centrale, e anche le grandi potenze di un tempo devono chiedere aiuto agli Stati Uniti
che finanzieranno la ricostruzione dell’Europa. Rinasce anche il Giappone, in maniera però più
lenta e diventerà più “occidentale” e legato agli USA.
Un’altra grande potenza asiatica è la Cina che negli anni ’30 fu dilaniata da una guerra civile tra
nazionalisti, appoggiati dagli USA, e comunisti. I primi guidati da Mao Tse-Tung e i secondi da
Chiang Kai Shek. Sarà vinta dai comunisti nel 1939 ma nonostante ciò non sarà legata all’URSS.
Le nuove gerarchie mondiali dopo la guerra furono stabilite con difficili trattati di pace e lunghi
negoziati:
- Londra (settembre ’45)
- Mosca (dicembre ’45)
- Parigi (luglio ’46)
In questi negoziati emergono i primi rapporti tesi tra USA e URSS. Nel ’47, invece, vennero stabiliti
trattati con gli alleati minori della Germania: Italia, Bulgaria, Romania e Ungheria.
L’Italia fu costretta a cedere alla Francia la città di Tenda, alla Grecia le isole del Dodecaneso e
l’Istria alla Iugoslavia, insieme a una parte della Venezia Giulia. Trieste venne considerata città
libera e venne divisa in due zone di amministrazione: una parte retta dagli Iugoslavi e l’altra dagli
angloamericani.
La Germania venne divisa in due parti: una parte assegnata agli alleati (occidentale), l’altra
all’URSS (orientale). Quella degli alleati venne a sua volta divisa in tre zone, assegnate
rispettivamente a Francia, Gran Bretagna e USA.
La città di Berlino è incorporata nella zona sovietica ma si decise di dividerla in due settori: un
settore occidentale spartito tra Francia, Inghilterra e USA, e un settore orientale in mano ai
sovietici.

ONU
Dopo la guerra viene creato un organismo internazionale per mantenere la pace e evitare i conflitti:
l’ONU. Era già stato stabilito ancora prima dei trattati di pace e il suo statuto era stato firmato nella
conferenza di San Francisco nell’aprile del ‘45. L’atto ufficiale di nascita venne siglato a New York il
24 ottobre del ’45, mentre la prima assemblea generale si tenne a Londra nel gennaio del ’46 con i
rappresentanti dei 51 paesi aderenti.

ORGANISMI DELL’ONU:
- un assemblea generale: comprende i rappresentanti di ogni stato, le decisioni vengono prese a
maggioranza.
- un consiglio di sicurezza: formato da 5 membri permanenti costituiti dalle potenze viciniori della
guerra: USA, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna. E’ un parlamento ristretto e i membri
hanno diritto di veto (creato per dare all’URSS la possibilità di difendersi; e da altri 10 stati eletti
a rotazioni ogni due anni.
- esercito personale (caschi blu)
- segretario generale
- ne fanno parte altre agenzie come la FAO, l’UNICEF e l’UNESCO.

CARATTERI DELLA GUERRA FREDDA


L’Europa nel ’45 è divisa rispettando le linee degli eserciti al momento del cessate il fuoco che
determinarono senza volerlo le sfere d’influenza. Per costruire una nuova pace ci sarebbero dovuti
essere sforzi congiunti tra USA e URSS, ma già dopo la conferenza di Jalta, la solidarietà venne
meno.

Come si giudicano le due potenze nella propaganda?


I sovietici giudicavano gli USA come una potenza imperialistica alla stregua della Germania
nazista; gli Usa vedevano l’URSS come un modello di dittatura totalitaria ancora esistente.
Questa contrapposizione li fronteggia su ogni livello ideologico, politico e di costume.
Gli USA sono capitalisti, liberisti, promotori della democrazia parlamentare e davano importanza
alla libertà politica.
L’URSS è invece simbolo del comunismo, dell’economia volta ad abolire la proprietà privata, ha
un’ideologia monopartitica con programmi economici pianificati dall’alto secondo bisogni collettivi.
Le due potenze sono avversarie sul piano ideologico e la loro rivalità diventa planetaria: negli anni
della guerra fredda qualsiasi evento politico, economico, militare che si verificasse nel mondo,
aveva ripercussione nei rapporti di forza tra Washington e Mosca.

“GUERRA FREDDA” è un’espressione coniata ne 1947 da un giornalista americano Walter


Lippmann. E’ definita “fredda” perché è “congelata”, non combattuta su fronte diretto, non si arriva
mai a combatter una vera guerra, ma le due potenze sono forti di armamenti nucleari - in
particolare negli anni ’80 vi fu in perenne stato di ostilità (demonizzazione dell’avversario). La
guerra fu anche una guerra per la superiorità tecnologica e sulle competenze tecnologiche.
Gli USA diffidavano dell’URSS perché vedevano in essa una politica aggressiva, di stampo zarista.
L’egemonia dell’URSS nella parte orientale dell’Europa aveva causato l’istallazione di governi
filosovietici e si temeva che ciò potesse accadere anche nella parte occidentale (Italia, Francia). Il
comunismo era visto come un pericolo che doveva essere contenuto. Truman (presidente USA)
decise di adottare la politica del “Conteinment” che consisteva nel contrastare nel mondo ogni
mutamento che avrebbe potuto tradursi in un vantaggio sovietico.

Dall’altra parte, l’URSS sottolineava gli aspetti difensivi delle sue strategie come una difesa contro
l’imperialismo americano.

ACCORDI DI BRETTON WOODS:


Ancora prima della fine del conflitto, nel luglio del 1944 vennero siglati gli Accordi di Bretton Woods
nel New Hampshire con lo scopo di fondare il futuro sistema economico e monetario
internazionale sul capitalismo, libero mercato e cooperazione tra paesi diversi. Furono creati il
Fondo monetario internazionale (dove assicurare la stabilità dei cambi tra le diverse valute,
prestare denaro ai paesi in difficoltà) e la Banca mondiale (doveva favorire lo sviluppo delle aree
più arretrate del pianeta). L’dmi fece si che le diverse monete nazionali si rapportassero al dollaro
americano.
Gli Accordi di Bretton Woods si aggiungerà quelli di Ginevra nel ’47 che prevedeva la creazione
del “GATT” ovvero “l’accordo generale sulle tariffe e il commercio” che mirava ad abbassare i dazi
doganali e diffondere il libero commercio.

PIANO MARSHALL
Washington aveva assunto la guida dell’economia mondiale dopo gli Accordi di BW ed era
convinto della necessità di sostenere, rivitalizzando, le economia europee, sbocco naturale dei
prodotti americani. Nel 1948 nacque il Programma di ricostruzione europea (Erp) noto anche come
Piano Marshall, con il quale si mettevano a disposizione, a titolo gratuito, di numerosi paesi,
risorse ingentissime. Aveva soprattutto uno scopo politico, contenere la minaccia sovietica: infatti,
grazie a ciò, si rafforzarono i legami politici tra governi interessati e USA.

KOMINFORM e COMECON
Il Piano Marshall non venne accettato dall’Unione Sovietica, che impedì l’adesione ad esso dei
governi dell’est Europa sotto la sua influenza. Essa creò in risposta il Kominform, ovvero l’Ufficio
informazione del Partiti comunisti, nel ’47 per rafforzare il controllo sui partiti comunisti “fratelli”; e
nel ’49 nacque il Comecon che si proponeva per facilitare gli scambi commerciali tra paesi membri.
In realtà, esso favoriva la subordinazione dei singoli stati agli interessi sovietici.

PATTO ATLANTICO e di VARSAVIA


Le democrazie parlamentari occidentali firmarono nell’aprile nel ’49 l’alleanza del Patto Atlantico e
costituirono la Nato, che ne rappresentava la struttura militare, mentre l’URSS e i suoi stati satelliti
risposero nel ’55 con il Patto di Varsavia, che sancì lo schieramento militare dei due blocchi
contrapposti.

Discorso di Churchill
Il 5 marzo del 1946, all’Università di Fulton, Missouri, Churchill tenne un discorso nel quale
definiva l’Europa occidentale, che ruota attorno l’orbita degli USA, divisa da una “cortina di ferro”
dalle zone che invece ruotano intorno all’orbita dell’URSS.

La Guerra Fredda terminò nel novembre del 1989, quando cadde il muro di Berlino e l’URSS si
sciolse nel 1991.
GUERRA DI COREA
La Corea era divisa in due zone, Nord e Sud, lungo il 38° parallelo.
Il Nord era guidato da un regime comunista, nato durante la resistenza anti-giapponese guidato da
Kim il Sung. Il Sun, invece, era nazionalista e corrotto, governato da Symgmorm Rhee. Tra le due
zone vi era una grande tensione tanto che nel 1950, le truppe comuniste del Nord si diressero
verso Seul, la capitale del Sud. L’ONU condannò l’aggressione e chiese agli stati membri delle
nazioni unite di creare una forza militare. Le truppe dell’Onu, comandate dal generale americano
McArthur, riuscirono a forzare il 38° parallelo bloccando i rifornimenti per il Nord e tentarono di
occupare le basi logistiche più importanti per arrivare al confine con la Cina ed eliminare l’esercito
di Kim il Sung. Le truppe cinesi entrarono in Corea e marciarono contro gli americani, tanto che nel
’51 furono costretti a indietreggiare. McArthur propose l’uso della bomba atomica ma Truman si
oppose e lo sostituì. Si giunse alla pace nel 1953 ma la situazione divisa della Corea rimane la
stessa ancora oggi.

ANNI ’60 in RUSSIA e USA

Nel secondo dopo guerra lo scenario internazionale cambiò profondamente. SI verificò il fenomeno
della decolonizzazione, che portò molti paesi (soprattutto in Africa e in Oriente) all’indipendenza,
staccandosi dal potere coloniale; ne è un esempio la guerra del Vietnam.

Come reagiscono le potenze coloniali?


Inghilterra e Francia assumono due atteggiamenti opposti nei confronti delle colonie e il loro
comportamento du determinato dai rapporti con i coloni durante la Seconda guerra mondiale.:
- Inghilterra aveva combattuto contro il nazismo anche chiedendo aiuto alle colonie, vi era quindi
un rapporto già pretendete di aiuto e per questo si dimostra morbida e permissiva concedendo
pian piano l’indipendenza.
- Francia non aveva combattuto nel secondo conflitto, dunque è molto rigida e vuole tener le
colonie

URSS
Alla morte di Stalin, avvenuta nel 1953, si assiste a una svolta radicale. La direzione collegiale
avvia una politica economica diversa, più attenta ai consumi popolari. Nel ’54 il potere in Unione
Sovietica viene assunto da Nikita Kruscev, favorevole a un cauto riformismo e al dialogo con
l’occidente (sarà il principale interlocutore con Kennedy) - ciò venne annunciato nel XX Congresso
de Pcus nel ’56. Denunce per la prima volta i crimini di Stalin, procedendo alla “destalinizzazione”,
ovvero modernizzando la politica e l’economia e abolendo il culto della personalità.
Nel 1964 Kruscev venne sostituito da un’altra direzione collegiale, dove emerse la figura di
Brezhnev con il quale si ritornò indietro, si parla di “nuova glaciazione”, come ai tempi dello
stalinismo e molti intellettuali scelsero l’esilio. Fu un periodo molto difficile per l’economia, lo stato
veniva identificato con il Partito comunista sovietico e l’URSS non riesce a competer con il
capitalismo.
Nel frattempo entrarono in fermento le popolazioni dei paesi satelliti dell’URSS: si verificarono
tentativi di ribellione e popolare contro il potere sovietico in Ungheria e a Praga.

Ungheria nel ’56 venne nominato un governo provvisorio retto da Imre Nagy, che annunciava il
ritorno al pluripartitismo e l’uscita a sorpresa da parte dell’Ungheria dal Patto di Woods - con la
possibilità che il modello ungherese potesse essere preso d’esempio, Kruscev soppresse la
rivolta.
Praga nel ’68 “Primavera di Praga” - si sollevarono soprattutto intellettuali, studenti universitari che
premevano per le riforme, contro la corruzione. Venne eletto Dubcek nel ’68 esponente del partito
comunista ceco, che aveva come obiettivo quello di dare un volto più democratico e “umano” al
socialismo. Anche questa volta l’armata rossa stroncherà nel sangue la rivolta.
GUERRA DEL VIETNAM
La guerra del Vietnam può essere intesa come una “guerra di decolonizzazione” (processo che
porta all’indipendenza i diversi paesi, colonizzati dalla potenze colonizzatrici).
La Francia nei primi del Novecento controllava tutto il sud-est asiatico (penisola indocinese). Nel
’41 approfittando della resa della Francia durante la Seconda guerra mondiale, il Giappone aveva
mirato a espandere il proprio dominio in questa zona. Alla fine della guerra, però, i francesi aiutati
dagli inglesi, riuscirono a ripristinare la situazione. In particolare in Vietnam, dove la Francia pose il
proprio controllo nella zona meridionale che aveva come capitale Saigon.
Nel ’46 iniziò la guerra di liberazione dell’Indocina contro la Francia: quest’ultima dovrà combattere
da sola. La guerra si concluse nel 1954 con un’ultima battaglia nella quale i francesi ricevettero il
colpo finale nella loro ultima roccaforte a Dien Bien Phu. Per la prima volta nella storia un esercito
coloniale viene sconfitto da un esercito locale.
Si giungerà a una pace e con gli Accordi di Ginevra il Vietnam verrà diviso tra nord e sud lungo il
17° parallelo: a nord on capitale Hanoi, affidata ai comunisti, e il sud con capitale Saygon, affidato
al dittatore nazionalista NGO Dinh Diem.
Ho Ci Minh non accettò però la separazione perché sperava di rendere indipendente tutto il Paese
quindi si decise che questa suddivisione sarebbe stata provvisoria e che nel ’56 si sarebbero
svolte delle elezioni che avrebbero decretato l’indipendenza del paese.
Poiché ciò non avvenne, nel nord Ho Ci Minh organizzò gruppi di lotta per colpire il sud. Gli USA
inviarono alcuni esperti per addestrare l’esercito del sud.
Dinh Diem però non era ben visto dalla popolazione, attuò una politica aggressiva che fomentò il
malcontento e nel 1963 l’esercito attuò un colpo di stato e Diem venne ucciso.
Gli USA non appoggiarono il colpo di stato ma non lo disapprovano poiché credevano che un
governo militare potesse bloccare con maggior forza l’avanzata del comunismo.
Anche nel sud nascono gruppi di resistenza “Vietcong” e il nord inizia a finanziarli e a iniziare
continui rifornimenti d’armi e di viveri attraverso la strada.
A questo punto il governo americano Johnson, spaventato, decide di intervenire. Venne ordinato
un bombardamento massiccio nel nord e nel sentiero. Il primo bombardamento avvenne nel 1965
e vennero inviati anche contingenti americani in difesa del sud. I soldati americani però erano in
difficoltà a combattere perché non conoscevano la giungla e il territorio Vietnamita, quindi i
Vietcong ebbero sempre la meglio anche attraverso imboscate.
Durante il Tet (capodanno Vietnamita) nel ’68 avvenne un’offensiva da parte dei comunisti che
occuparono la capitale. Nel ’73 venne raggiunto un nuovo accordo che prevedeva la fine dei
combattimenti e nel ’75 Saigon venne dichiarata dichiarata comunista.
La guerra del Vietnam ha rappresentato una ferita enorme e ancora aperta. Per la prima volta si
venne a sapere che gli americani uccisero anche degli innocenti e ciò sfocia in proteste. Nel 1976
venne dichiarata l’unità del Vietnam sotto la bandiera comunista.

J.F. KENNEDY
Negli Stati Uniti le elezioni del 1960 avevano portato alla vittoria Kennedy, primo presidente
cattolico, di origini irlandesi e democratico. Nel 1947 divenne membro della carriera dei deputati e
senatore nel 1963. Egli riuscì ad accattivare gli elettori durante la campagna elettorale puntando
sull’importanza della famiglia, la compassione e l’amore. Per diffondere le sue idee utilizzò un
esercito di volontari composto principalmente da giovani e donne; il suo programma di governo era
basato sul New Deal di Roosevelt e venne ribattezzato nel suo discorso d’insediamento “Nuova
frontiera”. Quella che un tempo indicava la frontiera dei pionieri, per Kennedy rappresentava la
meta simbolica da superare nella lotta dei diritti. In politica interna si adoperò affinché fossero
riconosciuti a tutti i cittadini eguali diritti e opportunità, lottò contro le discriminazioni e le ingiustizie
sociali. Nel frattempo il paese viveva un notevole progresso tecnologico e venne ribadito il primato
scientifico anche dopo la morte di Kennedy che vide la vittoria degli USA nella corsa allo spazio
contro l’US: Kennedy aveva lanciato il programma astronautico che nel ’69 portò Armstrong sulla
Luna. kennedy fu inoltre il principale interlocutore di Kruscev e si adoperò in ogni modo per
difendere gli USA. Nel ’61 si assistette alla costruzione el muro di Berlino e nel ’63 pronunciò un
discorso a Berlino ovest proclamando “Ich bin ein Berliner” per sottolineare la sua vicinanza.
Venne ucciso a Dallas nel 1963 durante una parata. Venne arrestato un solo uomo ma si scoprì
che vi furono più tiratori. Si pensa dunque a un colpo di stato.

Nel ’61/’62 Crisi dei missili di Cuba


Cuba nel ’59 è una repubblica socialista, dopo che Fidel Castro e Che Guevara hanno unito e
rovesciato il governo di Battista. Per gli USA avere un paese comunista molto vicino era un
problema ed erano allarmati. Dopo una ricognizione americana sull’isola e dopo aver scoperto nel
’61 alcune missilistiche che minacciavano le più grandi città americane, Kennedy impose un
blocco navale interno a Cuba e intimò l’URSS di ritirare le nave cariche di missili. Si temeva una
guerra nucleare.
Si giunse a un accordo che prevedeva l’estraneità totale dell’America dagli affari interni di Cuba.

RIVOLUZIONE CUBANA
Cuba alla fine dell’Ottocento era un protettorato statunitense, a detenere l’economia dell’isola
erano le grandi compagnie commerciali. La popolazione viveva in miseria e la capitale, L’Avana,
era il centro della corruzione. Dal 1952 era governato da un dittatore filoamericano Battista che
lasciava largo spazio agli interessi nordamericani.
Nel 1956 iniziarono a organizzarsi e a formarsi numerosi movimenti di protesta contro la dittatura,
e tra questi emersero le figure di Fidel Castro ed Che Guevara.
La rivoluzione si concluse nel 1959 vittoriosamente sotto la guida di Fidel Castro, grazie
all’appoggio della popolazione. Venne organizzato inizialmente un governo socialista, vennero
nazionalizzate le banche e le industrie, introdotte nuove e importanti riforme economiche, agrarie e
riguardanti anche l’istruzione.
Gli USA a questo punto organizzarono un colpo di stato: nel 1961 Kennedy autorizzo lo sbarco di
alcuni esuli cubani, addestrati dalla CIA, sull’isola sperando d’incitare la popolazione a rivoltarsi
contro il governo di Castro. Sbarcate nella “Baia dei porci”, le truppe filoamericane vennero
fermate dalle truppe di Castro che, contro le aspettative americane aveva ottenuto l’appoggio
dell’intera popolazione.
Washington reagì imponendo l’embargo economico mirato a indebolire Cuba e di risposta Castro
trovò nell’Unione Sovietica un nuovo alleato economico, politico e militare.

ITALIA
1945-1949
Il paese uscì dalla guerra completamente devastato, ma riuscì a risollevarsi e a creare un nuovo
modello democratico che potesse coinvolgere la maggior parte delle masse. Per la ricostruzione
del Paese furono fondamentali i partiti che avevano partecipato alla Resistenza:
- la DC, d’ispirazione cattolica ed erede del PPI (“partito popolare italiano” fondato da Don Luigi
Sturzo nel ’19). Venne esiliato durante il fascismo ed era un partito laico, interclassista e
aconfessionale. Aveva come maggior esponente Alide De Gasperi.
- Partito d’azione
- il PC, vero partito della Resistenza, vuole trasformare la società italiana. Era guidato da Palmiro
Togliatti.
- Partito liberale
- Partito repubblicano

Le grandi sfide del dopoguerra furono principalmente la ricostruzione economica, il definire


l’assetto istituzionale e il recupero della sovranità popolare.
Le forze moderate si opposero all’epurazione di coloro che avevano aderito al fascismo e Togliatti,
eletto ministro della giustizia, fece emanare una sorta di amnistia per la ripacificazione nazionale.

Il 2 giugno 1946 donne e uomini furono chiamati a votare al referendum istituzionale con il quale si
sarebbe deciso se continuare la monarchia o diventare una repubblica. L’Italia divenne una
Repubblica parlamentare e nello stesso tempo si votò per l’Assemblea costituente (nel quale
risultò maggioritario il partito della DC) che avrebbe lavorato un anno intero, che entrerà in vigore il
10 gennaio 1948. Questa collaborazione venne meno nel 1947 quando, q seguito dei trattati di
pace, si decise di aderire all’area filostatunitense. Per ricostituire l’Italia De Gasperi chiese aiuto
economico agli USA che avrebbero concesso i loro aiuti a patto che le forze di sinistra fossero
estromesse dal governo. Finì, così, il governo di coalizione e il partito comunista passò
all’opposizione.
Nel 1948 si tennero nuove importanti elezioni (le prime a suffragio universale): la campagna
elettorale fu influenzata dal clima della guerra fredda e le elezioni vennero vinte in maniera
schiacciante dalla DC, guidata fino al ’53 da De Gasperi. In economia si seguiva la “linea Einaudi”,
ministro del Bilancio, per vincere l’inflazione e la crisi economica.

1948-1958
Il decennio ’48/’58 viene chiamato anni del centrismo: il “centrismo” è una formula politica che si
basava sull’alleanza di governo tra democristiani (DC), repubblicani (PR), liberali (PL) e
socialdemocratici (PSD). I primi governi centristi, guidati da De Gasperi, seguirono la linea Einaudi
che prevedeva:
- stabilità della moneta
- contenimento dell’inflazione
- abolizione delle barriere protezionistiche
- apertura del mercato nazionale

Si aderì al patto Atlantico e nel ’57 a Roma nacque la CEE.


Il Paese in questi anni attraversò un periodo di forte crescita, detto miracolo economico, che portò
l’Italia ad attestarsi tra le prime potenze industriali mondali. Il progresso fu lento e passò attraverso
importanti riforme come quella agraria, della sanità pubblica e dell’istruzione (scuala obbligatoria
sino alle scuole medie inferiori). Venne istituita la Cassa del Mezzogiorno per porre rimedio
all’arretratezza del sud. Nel frattempo si acuivano gli squilibri interni: l’economia meridionale non
riusciva a decollare, mentre a settentrione si sviluppavano le industrie. Ciò procurò un fenomeno
massiccio di emigrazione interna dal sud al nord.
Nel 1953 venne emanata una nuova legge elettorale che venne definita LEGGE TRUFFA: era una
legge che puntava a stabilizzare il sistema parlamentare e che garantiva alla coalizione di partito
che aveva superato il 50%, il 65% dei seggi. La legge venne molto ostacolata dall’opposizione: la
DC non riuscì a raggiungere il 50% così non andò a buon fine.

1958-1968
La stagione del centrosinistra è quella stagione della politica italiana che va dagli anni ’58 al ’68.
Dopo De Gasperi diventa segretario della DC Amilcare Fanfani: lui faceva parte di una corrente
all’interno della DC che si chiamava “iniziativa democratica”. Egli aveva l’obiettivo di rilanciare il
ruolo della DC come forza di rinnovamento e modernizzazione dello stato e della società. La DC
diventa più autonoma e si stacca ad esempio da quelle forze che l’avevano condizionata prima
come la Chiesa e Confindustria. Fanfani, invece, capisce che deve essere un partito moderno che
guardava alle riforme sociali.
Anche perché la Chiesa iniziò ad assumere un volto meno autoritario, viene eletto Papa Giovanni
XXIII, che porta la Chiesa più vicina ai problemi della gente e dei ceti popolari. Nonostante ciò, i
problemi del paese continuano a rimanere, ma la DC decide di cambiare linea politica, grazie
anche alla distensione della guerra fredda con Kennedy.
La DC negli anni ’60 diventa lo stato, cioè avviene la “politicizzazione” dell’amministrazione
pubblica, cioè parare dello stato e della DC era la stessa cosa.
All’interno della DC non tutti erano d’accordo: vi era il filone di destra (conservatori) e quello di
sinistra. Si doveva vincere le resistenze interne. Nel 1960, diventa nuovo segretario Aldo Moro,
giovane che decise per un cambio di rotta, la sua linea politica verrà approvata nel Congresso del
’62, non senza difficoltà. Il suo programma politico prevedeva la collaborazione con i socialisti per
poter risolvere i problemi della società. Nel febbraio dello stesso anno si forma un nuovo governo
Fanfani (presidente dei consiglio) con una coalizione molto ampia: repubblicani, socialdemocratici.
Il partito socialista non entra in governo ma appoggia il governo Fanfani, il DC rimane
all’opposizione.
Le riforme più importanti di questo periodo furono quella della scuola nel ’63 e la nazionalizzazione
dell’industria elettrica.
Il boom economico dell’Italia si inserisce nel boom economico internazionale. Lo storico Osbam
che all’interno del “Secolo breve” divide il Novecento in tre parti:
- la caduta (dal 17 al 45 - anni della guerra)
- età dell’oro (dal 45 al 73) caratterizzati da un notevole sviluppo economico: ricostruzione bellica,
aumento del reddito procapite - benessere economico
- dale 73 in poi: crisi petrolifera in Europa che riporta alla crisi economica

Il miracolo economico avvenuto negli anni’60 è un processo molto lento. Negli anni ’50 l’Italia era
un paese sottosviluppato. L’industria cantava un certo progresso nel settore dell’acciaio e
dell’energia elettrica, ma questo progresso era rilegato al settentrione. La maggior parte degli
italiani lavorava nei settori tradizionali e i contadini dovevano emigrare al nord. Tra gli anni 50/70 si
assiste a un periodo d’oro di progresso internazionale e lo scambio dei manufatti aumenta di 6
volte. La produzione in serre per i mercati sia interni che esterni da luogo a un livello di prosperità
senza precedenti.
L’Italia riesce a diventare una potenza economica al pari delle altre economie europee. Le diverse
ragioni di questo accadimento sono:
- l’inserimento dell’Italia in una congiuntura economica positiva internazionale
- fine del protezionismo - rivitalizza il sistema produttivo italiano e lo costrinse a rimodernarsi
- disponibilità di nuove fonti di energia
- massificazioni dei consumi - automobili, elettrodomestici, anche dal punto di vista della cultura
(la TV).

1963
I governi detti di “centrosinistra” in realtà erano falliti,nel senso che non erano riusciti a rispondere
ai bisogni molteplici della società, alle esigenze di cambiamento che l’Italia richiedeva. Molte
riforme non erano state attuate e molte aspettative erano state deluse.
Quello che seguì a questa situazione fu un periodo di grande fermento sociale, “la più grande
stagione collettiva della storia d’Italia” (nel senso di partecipazione da parte di studenti e operai).
Ogni aspetto della società italiana venne messo in discussione, su tutti i livelli, dalla cultura, al
lavoro, alla scuola.

CONTESTAZIONI STUDENTESCHE
il ’67-’68 sono due anni cruciali, non solo i Italia ma anche in Europa: le prime manifestazioni
studentesche erano iniziate alla fine degli anni ’60 nelle università americane in concomitanza con
le proteste contro la guerra del Vietnam, una guerra imperialista contro un popolo che lottava per
la propria libertà.
Questa contestazione si propagò anche in Europa, in particolare nel maggio del ’68 in Francia, da
cui prende spunto l’Italia.

In Italia bisogna distinguere:

- BASI MATERIALI dell’esplosione della protesta nelle università - vanno rintracciate nelle firme
scolastiche degli anni ’60, con l’introduzione della scuola media dell’obbligo (sino a 14 anni) nel
’62/’63. Ciò ha avuto dei vantaggi in quanto creò un sistema d’istruzione di massa, oltre la
scuola primaria, allargando la possibilità di andare a scuola alla maggior parte delle classi
sociali. Inoltre, quelle che un tempo erano università riservate a solamente coloro che avevano
fatto determinati licei (classico-scientifico) iniziano ad accettare studenti provenienti dagli istituti
tecnici. Nonostante ciò, le università erano ancora quelle di vecchia struttura degli anni ’20. Molti
studenti, poi, non provenienti da famiglie ricche, erano costretti, per poter portare avanti gli studi,
a lavorare perché lo stato non dava sussidi e frequentare le lezioni era molto difficile, alcuni
abbandonarono per questo.
- BASI IDEOLOGICHE molti studenti degli anni ’60 non condividono i valori del consumismo e del
miracolo economico, come l’individualismo, il potere della tecnologia, l’esaltazione della famiglia
patriarcale, e iniziano ad assorbire il senso di protesta che deriva da altri bacini culturali
importanti. Il fulcro del movimento studentesco sta nell’avversione molto forte verso ogni forma
di autorità, di gerarchia, di potere, ad ogni livello (dallo stato alla famiglia), sino ad arrivare
all’università (gerarchizzata e autoritaria, non liberale) e al mondo della scuola perché esse sono
lo specchio della società. Gli studenti, quindi, iniziano ad occupare le aule e le autorità
rispondono duramente, con estrema violenza, reprimono ogni forma di dissenso.

Alcuni governi capirono che la linea dura non era quella più giusta e furono approvate delle leggi
che consentivano la liberalizzazione dell’università. Venne concessa l’assemblea studentesca, la
semplificazione dell’esame di maturità.

LOTTE OPERAIE
Il 1969 avviene il cosiddetto “autunno caldo”: la grande stagione delle proteste operaie. Gli operai
si mobilitano con scioperi, manifestazioni, proteste, chiedendo maggior potere nelle fabbriche e di
poter aver più diritti, un cambiamento nell’organizzazione del lavoro.
Queste lotte portarono a nuovi obiettivi importanti:
- un nuovo contratto di lavoro dei metalmeccanici
- approvazione dello statuto del lavoratori

CONTESTO POLITICO
La DC aveva chiesto consenso e appoggio da parte dei socialisti, mentre l’unica all’opposizione
era il partito comunista. La partecipazione dei partito socialista isola il PCI che negli anni ’60
appare disorientato dal clima di distensione tra USA e URSS, ed era messo anche in crisi dalla
stagione riformistica avviata dai governi di centrosinistra poiché avrebbe dovuto essere lui a
rappresentare questa stagione di riforme. Esso si irrigidisce su sé stesso e non riesce ad
interpretare in maniera adeguata le spinte di rinnovamento provenienti dalla società, come invece
avrebbe dovuto, commettendo così grosso errori come il non schierarsi a fianco della
contestazione studentesca. Da qui, quindi, nascerà la delusione dei movimenti di estrema sinistra.
Il vuoto di rappresentanza lasciato dal PCI, permise la nascita alla fine degli anni ’60 di formazioni
politiche dette “extraparlamentari”: i gruppi per lo più estremistici, fortemente polemici e duri nei
confronti del PCI. Non sono rappresentati in parlamento, nascono nella società: nell’università e
fuori dalle fabbriche - i principali erano “Potere operaio” e “Lotta continua” - divennero il serbatoio
ideologico della lotta terroristica. Nascono anche giornali affienati a questi movimenti.

STRATEGIA DELLA TENSIONE 1969


Bisogna distinguere quello che è il terrorismo Rosso e il terrorismo Nero (neofascista): essi hanno,
infatti, obiettivi diversi. Quello Nero aveva come obiettivo il regime autoritario, quello Rosso la
rivoluzione proletaria. Il primo colpisce con bombe e fa strage, quello Rosso non colpisce nel
mucchio ma direttamente i responsabili nello stato.
SI crea una radicalizzazione dello scontro politico in Italia determinata da una parte dalle richieste
più esigenti di larghi strati della popolazione e dall’altra dalla reazione dura e intransigente dello
stato che porta a un’esasperazione delle tensioni sociali. I governi della DC non seppero affrontare
questa situazione, e in questo contesto d’instabilità, si verificò per la prima volta l’epoca dello
stragismo.
Il 12 dicembre 1969, a Milano, nella Banca nazionale dell’Agricoltura, esplose un ordigno che
provocò una decina di feriti e 17 morti. Quello stesso giorno a Roma, alla Banca nazionale del
Lavoro, esploderà un’altra bomba e un’altra all’Altare della Patria. Ciò dimostrò che questo fu un
progetto unitario. Le indagini si indirizzarono subito sulla pista anarchica e vengono subito arrestati
dei militanti anarchici: Valpreda e Pinelli. Quest’ultimo, durante l’interrogatorio in questura condotto
dal commissario Calabresi, misteriosamente cade dal 4° piano e muore. Per le fonti ufficiali è
suicidio, ma non se ne capisce il motivo. Ciò gettò un’ombra inquietante sul fatto.
Con il tempo, si scoprì un’altra interpretazione della strage: gli esecutori materiali non erano
anarchici, ma di estrema destra neofascista appoggiata e coperta da apparati derivati dello stato
(servizi segreti, esponenti delle forze armate) che depistano le indagini per fini politici reazionari.
Quindi la strage di Piazza Fontana è stata voluta dai servizi segreti; delineando un progetto più
ampio.

“Strategia della tensione” si definisce così quell’obiettivo politico, reazionario che mira a
destabilizzare l’ordine democratico per creare insicurezza a livello della società per fare in modo di
diffondere tra l’opinione pubblica la possibile alternativa a un governo autoritario. L’opinione
pubblica avrebbe in questo modo legittimato un colpo di stato per portare a una dittatura di destra,
come era successo nel ’67 in Grecia, in quanto si aveva paura dell’avanzata della sinistra. I colpi di
stato furono uno nel ’64 e uno negli anni ’70.

Gli attentati più importanti:


- 12 dicembre 1969 strage di Piazza Fontana e alla Banca nazionale del lavoro a Roma
- 8 maggio 1974 piazza della loggia a Brescia (manifestazione sindacale)
- 4 agosto 1974 attentato al treno Italicus
- 2 agosto 1980 bomba alla stazione di Bologna

“Piano solo”
Il desiderio di legittimare un governo autoritario era già stato tentato da un colpo di stato in
precedenza nel 1964. Con il beneplacito del presidente della Repubblica, interessato a
ridimensionare il programma riformatore dei governi di centro sinistra, il comandante generale
dell’Arma dei Carabinieri, Del Lorenzo, mise a punto un progetto, nato come “Piano solo”, per
rovesciare l’equilibrio democratico delle istituzioni. Divenne di dominio pubblico solo tre anni più
tardi nel ’67, grazie a un’inchiesta del giornale L’Espresso, il tentativo di colpo di stato rimase per
la maggior parte impunito. Il “Piano solo” dimostrò che lo stato e alcuni esponenti della destra
tentano di rovesciare le istituzioni democratiche.
L’altro colpo di stato avvenne negli anni ’70, passato alla storia come “colpo di stato borghese”
Il “Piano solo” è un’anticipazione di quelle che sarà la strategia della tensione.

TERRORISMO ROSSO
Quando si parla di “Terrorismo rosso” vengono subito in mente le Brigate rosse, che furono il
movimento terroristico più longevo, durato sono agli anni ’80, ma vi furono anche altri movimenti
rivoluzionari.
Le Brigate rosse si definiscono “Organizzazioni operaie autonome” e dichiarano di essere “pronte
a lottare contro i padroni nel loro stesso terreno” ovvero mettono al primo posto la lotta armata.
Agiscono come tutti i gruppi terroristici e vogliono accelerare gli eventi della storia, vedendo che la
rivoluzione tanto auspicata non si avvicinava. Nell’aprile del 1970 una voce s’inserisce nel
telegiornale della sera, un’interferenza che viene captata a Genova, Milano e Torino. Il messaggio
diceva: “E’ nata una nuova resistenza di massa, è nata una ribellione operaia ai padroni, è nata la
ribellione delle classi lavoratrici, sono nate le Brigate Rosse. La via delle riforme, della rivoluzione
comunista, la via della liberazione comporta una lunga guerra. Su questa sia, i braccianti, i
lavoratori, gli studenti rivoluzionari, marceranno compatti e uniti fino alla vittoria”.

Ci sono due modelli a cui si ispira il terrorismo rosso: il primo è la guerriglia sudamericana, l’altro
modello, di riferimento fondamentale, è la Resistenza partigiana.
La resistenza è vista come una lotta di una minoranza di giovani che utilizza la violenza per scopi
giusti (la liberazione dall’oppressione). Molti militanti di sinistra consideravano la società
democratica uscita dalla Resistenza un tradimento dei veri principi della Resistenza, che si era
battuta per instaurare un’Italia socialista. Alcuni sostenevano che la Resistenza aveva fallito nel
suo compito ultimo (scardinare il sistema economico dominante per creare una nuova società).
Molti si chiedevano se i modelli del ’68 fossero stati degli esempi, il contesto d’origine del
terrorismo rosso. Sicuramente i modelli collettivi del ’68 hanno rappresentato un terreno fertile, ma
vi sono delle differenze. I gruppi rivoluzionari studenteschi e operai hanno una strategia diversa,
vogliono cambiare la società agendo in profondità, mutando la coscienza. Le bande terroristiche,
invece, scelgono la clandestinità, si isolano dalla realtà, pur volendo cambiare la società (ad
esempio le BR mandavano messaggi, comunicati).
1968

- Filone marxista-leninista: gli esponenti guardano Mao, alle “guardie rosse” e alla rivoluzione
cinese. Infatti, il loro modello è Mao e la rivoluzione monoculturale cinese. Il gruppo più
importante è “Servire il popolo”
- Filone operalista: è quello che nasce davanti alle fabbriche, dalle assemblee operaie e
studentesche. Prendono vita “Lotta continua” e “Potere operaio”, quest’ultimo è il gruppo più
radicale.

A metà strada tra questi due si colloca un movimento milanese chiamato “Avanguardia operaia”
che confluirà in un partito politico che si chiamerà “Democrazia proletaria” che ebbe molta fortuna
negli anni ’70/’80 in opposizione al PCI.

Sempre a metà si colloca un altro gruppo di nome “Collettivo Blitico metropolitano” di cui fanno
parte:
- Renato Curcio
- Mario Moretti
- Alberto Franceschini

BRIGATISTI PIU’ IMPORTANTI:


• R.Curcio: 29 anni, ex studente di sociologia delll’università di Trento, cattolico
• M.Cagol: 25 anni, laureata in sociologia a Trento, cattolica, sposerà Curcio e verrà uccisa nel
1975 in uno scontro armato con i Carabinieri.
• A.Franceschini: 23 anni, ex militante del PCI.
• M.Moretti: perito industriale, operaio della fabbrica SIT-SIEMENS di Milano
Vi sono quindi ideologie e categorie sociali diverse.

ATTO DI FONDAZIONE DELLE BRIGATE ROSSE


Non c’è un vero e proprio giorno di fondazione, ma gli storici intendo due grandi riunioni: nel
novembre del 1969 alcuni esponenti del Collettivo si riuniscono a Chiavari nell’albergo Stella Maris
in cui vengono dettate le basi programmatiche. L’altro incontro importante avvenne ad agosto nel
70 a Reggio Emilia dove si decise di passare alla lotta armata.
Le prime azioni delle BR all’inizio possono essere viste come azioni di propaganda circoscritta
nelle città industriali di Milano e Torino con i primi volantini. Sono azioni dimostrative che hanno
come obiettivo sindacalisti di destra e gli amministratori delle fabbriche.

Nel marzo del 1972 la prima persona rapita dalle BR per 20 minuti solo, è un dirigente della SIT-
SIEMENS, che venne fotografato con un cartello appeso al collo con scritto: “dirigente fascista
della SIT-SIEMENS processato dalle Brigate Rosse” (come se fosse un tribunale rivoluzionario). I
proletari hanno preso le armi contro i padroni. Per i padroni è l’inizio della fine.

Dal 1974 cambiano metodo: sequestrano a Genova il giudice Mario Sossi, lo stesso giorno in cui
fu eletto presidente della Confindustria Giovanni Agnelli, a dimostrazione di essere contro ogni
forma di potere industriale, il 18 aprile 1974. Anche lui verrà fotografato, con alle spalle l’immagine
della bandiera delle BR. Il sequestro durò 35 giorni e le BR vennero conosciute a livello nazionale.
I brigatisti chiedevano il rilascio di alcuni prigionieri politici, ma Sassi venne poi liberato indenne
senza nulla in cambio.
Nel 1976 vi fu l’assassinio del procuratore della Corte d’Appello Francesco Coco che aveva
rifiutato le trattative durante il rapimento di Sossi.
Gli obiettivi sono mirati; dopo il sequestro Sossi la polizia cercò di controllore il movimento dei
terroristi, infiltrandosi tra loro. Il terrorismo rosso apre alla stagione degli anni di Piombo.

LA STRUTTURA DELLE BRIGATE ROSSE


Si profilano come eserciti di liberazione e si dividono in piccoli gruppi territoriali, nascosti in
appartamenti detti “covi” con una struttura gerarchica molto rigida. I gruppi territoriali si chiamano
“colonne”. I brigatisti comunicavano con l’esterno attraverso dei volontari ciclostilati con cui
rivendicavano le proprie azioni.

“Compromesso storico”
E’ una sorta di collaborazione che si viene a creare tra DC e PCI. Questo viene visto dai brigatisti
come un tradimento.
Venne portato avanti dal nuovo segretario del PCI, Berlinguer, eletto nel 1972, di origine sarda e
aristocratica, freddo e deciso nel parlare, carismatico ma socievole nei rapporti umani. Egli
comprese che il male del PCI era il suo immobilismo e lanciò l’idea del “Compromesso storico” tra i
principali partiti democratici.
L’obiettivo del Compromesso era quello di impedire un colpo di stato di destra, come era successo
in Cile. Propone quindi questa nuova alleanza come era avvenuta nell’antifascismo; essa doveva
soprattutto partire a livello sociali, cioè dalla classe operaia e i ceti medi. Secondo Berlinguer, la
DC non doveva essere vista come “astorica” ma come una forza progressista con una base
eterogenea.
Divenne chiaro che la proposta di Berlinguer era molto ambiziosa e la presentò nel 1976 come una
strategia per salvare l’Italia trovando un unico codice morale ed etico. Questo punto d’accensione
sta nella solidarietà cristiana da una parte e la tradizione comunista di lotta collettiva.

La proposta di Berlinguer riuscì in due obiettivi importanti:


- pose il PCI al centro della scena politica italiana dopo anni di assenza
- salvò la democrazia italiana isolando la DC e i ceti medi da qualsiasi tentazione autoritaria.

Il Compromesso tuttavia contava alcuni vizi di fondo: si basava sull’errata valutazione della DC, in
quanto era vero che era cambiata dal 45 ma era diventata il partito conservatore per eccellenza.

GOVERNI DI SOLIDARIETA’ NAZIONALE

In base alla proposta del Compromesso, i governi che si susseguono dal 1976 al 1979 sono detti
“Governi di solidarietà nazionale”.
Nel 1976 venne istituito un nuovo governo Andreotti che ottiene la fiducia alla camera, comunisti e
socialisti non facevano parte del governo ma erano d’accordo di non provocarne la caduta. Il
governo si sciolse nel ’78 per formarne un altro che sarebbe durato sino al gennaio del 1979. I
comunisti vennero inclusi nell’area di governo, ottennero la fiducia ma non ottennero nessun
ministero.
La strategia democristiana seguiva la linea di Andreotti, un cattolico conservatore, allievo di De
Gasperi, ricoprì varie poltrone ministeriali e il suo feudo elettorale era il Lazio, era accettato dal
Vaticano, era affiancato da Aldo Moro. Quest’ultimo era favorevole all’avvicinamento con il PCI, si
sarebbe favorito l’ingresso del PCI nel governo sfruttando il fatto che il PCI era un partito
trasformista.

ANNI DI PIOMBO
In questo contesto politico esplodono gli Anni di Piombo. Nella seconda metà del ’75, tre fattori
contribuirono in misura alla crescita del terrorismo:
1. crisi dei gruppi in seguito ai risultati elettorali
2. da ricercare nella frattura tra PCI e ceto giovani universitario, in particolare, quando viene
rinnovata la legge sull’ordine pubblico, i comunisti volevano prevenire l’estendersi della
violenza ma la loro politica creava terreno fertile per i terroristi.

ELEZIONI DEL 1975-976


Nella DC la proposta di Berlinguer suscitò pareri contrari: Fanfani si dimostrò cauto, mentre Moro
era più disponibile a un avvicinamento. Negli anni 1975-76 il PCI ottenne due grandi successi
elettorali riuscendo a conquistare la fiducia della classe media (studenti, intellettuali e
professionisti).
Nonostante non fosse risultata vincente, i nuovi successi del PCI costringere la DC a cambiare
marcia: Zaccagnini (segretario) e Moro (presidente) resero possibile l’apertura al PCI. Al governo
di Andreotti, il PCI assicura la “non sfiducia” inaugurando la stagione della “solidarietà nazionale”.
Questo fronteggiò le difficoltà economiche con una politica di rigore, sostenuta anche da
Berlinguer, che invitò i lavoratori a moderare le richieste salariali e dai sindacati. Il PCI, inoltre,
appoggiò le norme che ampliavano il potere della polizia, che combatteva la violenza politica.
Così, mentre il Parlamento votava la solidarietà nazionale, cresceva la protesta sociale e la nascita
di movimenti extraparlamentari come “movimento ’77” che considerava nemici anche PCI e
sindacati.

RAPIMENTO E UCCISIONE DI ALDO MORO


(apice dell’azione delle BR - azione più eccitante ma ne seguirà il declino)
Il 16 marzo 1978 un commando delle BR rapì Aldo Moro, in Via Fani, a Roma, uccidendo cinque
uomini della scorta, lo stesso giorno in cui in Parlamento si apriva il dibattito sulla fiducia al
secondo governo di solidarietà nazionale. Lo scopo delle BR era colpire il dialogo tra forze di
destra e di sinistra.
Il Paese passò 53 giorni di angoscia e di paura. I partiti si dividevano sull’opportunità di trattare il
rilascio dell’uomo politico: dopo averlo condannato a morte, le BR chiesero il rilascio di alcuni
terroristi. Il fronte della fermezza (governo - comunisti - repubblicani) sosteneva che non si
dovesse trattare per non legittimare i brigatisti (avrebbero acquistato prestigio), mentre parte della
DC voleva trattare. Il silenzio di alcuni esponenti della DC fu misterioso. Anche il papa fece un
appello in Piazza San Pietro.
Il 9 maggio, in via Caetani (a metà strada tra la sede della DC e tra la sede del PCI) dentro una
Renault venne trovato il corpo di Moro.

BR E MORO
Le BR speravano che il Movimento ’77 potesse diventare un movimento di massa, che potesse far
aumentare il terrorismo e cancellare il sistema democratico.
Nel ’77/’78 le BR iniziano una nuova fase chiama “strategia di annientamento”: colpire in modo
mirato professionisti e servi dello stato con l’obiettivo di terrorizzare le classi dominanti: DC e PCI.
Nel ’78 cinque erano le colonie più importanti delle BR: Milano, Genova, Roma, Torino e Venezia,
ma nessuno presagiva l’attentato a Moro. Questo fu ideato e portato a termine da Moretti. Davanti
all’attentato, gli italiani rimasero scioccati, i sindacati proclamarono sciopero generale e molti
manifestarono.

DOPO MORO
Il delitto Moro dette al terrorismo la massima visibilità, ma ne sancì anche il declino. Alla fine degli
anni ’70 lo stato impostò una strategia efficace contro il terrorismo incoraggiano il “pentismo” -
collaborazione in cambio di uno sconto di pena. Venne chiamato a combattere il terrorismo il
generale dei carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa che in pochi anni riuscì a sgominare il
terrorismo.

RIFORME DEL 1978


Venne varata la legge sull’equo canone (equa determinazione affitti case), creazione del sistema
sanitario nazionale, chiusura del ospedali psichiatrici, legge che legalizzava l’aborto.
Venne eletto come Presidente della Repubblica Sandro Petrini, socialista e partigiano, che
succede a Giovani Leone. Fu un uomo molto energico e con lui le istituzioni si rinnovano.

Potrebbero piacerti anche