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Translationswissenschaft
Band 4
Migrazione e patologie
dell’humanitas nella letteratura
europea contemporanea
a cura di
Alexandra Vranceanu / Angelo Pagliardini
Alexandra Vranceanu (Letteratura comparata all’Università di Bucarest) ha
studiato la relazione letteraria fra testo e immagine e la formazione del canone
europeo con l’apporto della letteratura romena.
Angelo Pagliardini (Letteratura italiana all’Università di Innsbruck) si è occu-
pato di storia letteraria italiana interculturale.
LANG
Forum
Translationswissenschaft
Band 4
Migrazione e patologie
dell’humanitas nella letteratura
europea contemporanea
a cura di
Alexandra Vranceanu / Angelo Pagliardini
Alexandra Vranceanu (Letteratura comparata all’Università di Bucarest) ha
studiato la relazione letteraria fra testo e immagine e la formazione del canone
europeo con l’apporto della letteratura romena.
Angelo Pagliardini (Letteratura italiana all’Università di Innsbruck) si è occu-
pato di storia letteraria italiana interculturale.
LANG
Band 14
PETER L ANG
Frankfurt am Main · Berlin · Bern · Bruxelles · New York · Oxford · Wien
a cura di
Alexandra Vranceanu
Facultatea de Litere, Universitatea Bucureşti
E
Angelo Pagliardini
Institut für Romanistik, Universität Innsbruck
Migrazione e patologie
dell’humanitas nella letteratura
europea contemporanea
PETER L ANG
Internationaler Verlag der Wissenschaften
Bibliografische Information der Deutschen Nationalbibliothek
Die Deutsche Nationalbibliothek verzeichnet diese Publikation
in der Deutschen Nationalbibliografie; detaillierte bibliografische
Daten sind im Internet über http://dnb.d-nb.de abrufbar.
ISSN 1610-286X
ISBN 978-3-631-61907-0
© Peter Lang GmbH
Internationaler Verlag der Wissenschaften
Frankfurt am Main 2012
Alle Rechte vorbehalten.
Das Werk einschließlich aller seiner Teile ist urheberrechtlich
geschützt. Jede Verwertung außerhalb der engen Grenzen des
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Sommario
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Alain Vuillemin
Deux témoins de l’inhumanité en Europe centrale:
Ana Novac et Élie Wiesel ................................................................................. 195
Ileana Alexandra Orlich
Exile as Political Discourse in the Novels of Herta Müller ............................. 209
6
Introduzione
Alexandra Vranceanu, Università di Bucarest
Angelo Pagliardini, Università di Innsbruck
11
letteratura transnazionale1. Anche la curatrice del volume Exiles, Emigrés and In-
termediaries. Anglo-Italian Cultural Transactions (2010) comincia il suo articolo,
che introduce il volume, intitolato Introduction: Paradise of Exiles?, con la frase:
«Recent research in the humanities is coming increasingly to engage with transna-
tional perspectives that adress questions of cultural interaction, communication,
and exchange across national boundaries.» (Schaff 2010, 9)2.
Un altro concetto che mira a dilatare la geografia culturale e appare nel mon-
do francofono, la littérature monde en français, si trova alla radice del volume
collettivo curato da Ursula Moser e Birgit Mertz-Baumgartner, La littérature
«française» contemporaine. Contact de culture et créativité (2007). In genera-
le, il problema della geografia culturale che viene ridimensionata dalla presenza
degli scrittori migranti o esiliati si ritrova spesso tanto nella letteratura che que-
sti hanno prodotto che nei saggi che la trattano. Ma il problema centrale sem-
bra essere in questo contesto di «geografia labile» sembra essere soprattutto la
sofferenza prodotta dalle frontiere linguistiche. Il cambiamento delle lingue di
scrittura provoca negli scrittori migranti un trauma che viene poi tematizzato
con mezzi letterari. L’argomento si ritrova nei volumi di saggi (Mathis-Moser,
Mertz-Baumgartner 2006, pp. 235-261) e ispira anche il titolo del volume Ecri-
vains multilingues et ecritures métisses, curato da Axel Gasquet e Suarez Mo-
desta, volume che si trova nella stessa linea del nostro, in quanto si sofferma sul
problema seguente: «De Beckett à Gombrowics, d’Istrati à Kristoff, pour ne citer
que quelques exemples, le refus du confort linguistique constitue l’essence même
des ecrivains apatrides. La patrie n’est pas une endroit sur la carte – et à ce titre
ne peut s’incarner non plus dans telle ou telle langue.» (Gasquet 2007, 9). Il pas-
saggio fra le lingue3 costituisce uno dei punti chiave del nostro volume.
Questo tipo di letteratura pone problemi perché non si lascia inquadrare nelle
griglie tradizionali della storia letteraria, come epoche, correnti, letterature na-
zionali. In particolare, rispetto a queste ultime, la letteratura degli scrittori mi-
granti o esiliati mina alle fondamenta il canone della letteratura europea, definito
secondo il paradigma letterario del XIX secolo, che classificava gli scrittori se-
condo le identità nazionali. Vanno in questa direzione i saggi della prima sezione
del volume in quanto si tratta di contributi in cui si afferma la necessità di aprire
le frontiere letterarie nazionali per poter comprendere nel canone autori migranti
o esiliati.
1 La relazione fra scrittori migranti e letteratura transnazionale appare anche nella sezione inti-
tolata «Origines et perennité de la transculture», cap.2 del libro di Simon Harel, Les passages
obligés de la littérature migrante, (Harel 2005, 71-106).
2 Vedi anche Lindberg-Wada, 2006 e Mathis-Moser 2006
3 Vedi anche il volume collettivo di entretiens intitolato suggestivamente Passeurs culturels. Une
littérature en mutation, a cura di Suzanne Giguère, 2001.
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Secondo S. Martelli, «La nuova letteratura italiana dell’emigrazione si pone
come questione significativa su un duplice versante. Da un lato essa attiene alla
transizione sociale e culturale del nostro paese verso un modello di società multi-
culturale e interculturale; dall’altro sollecita l’apertura di un discorso sul canone
della letteratura italiana contemporanea, su una sua ridefinizione a confronto con
le nuove scritture italofone.»
A. Vranceanu discute il caso particolare dello scrittore rumeno-francese Tse-
peneag, in rapporto al canone letterario rumeno e a quello francese. Partendo
dalle identità multiple assunte dallo scrittore nelle sue opere scritte in rumeno
o in francese, A. Vranceanu mette in discussione il rapporto univoco fra canone
nazionale e lingua usata dallo scrittore.
Invece F. Claudon e M. Spiridon osservano che la migrazione è un elemento
fondante della letteratura europea. F. Claudon parte dal mito del rapimento e
dell’esilio della ninfa Europa e, passando per autori della classicità come Seno-
fonte e Sallustio, attraverso l’opposizione humanus/barbarus, arriva al concetto
di letteratura del sud, osservando che «toute l’identité européenne, depuis l’origi-
ne la plus lointaine a été agitée par cette question du mixage et de l’assimilation».
M. Spiridon prende in esame la questione spinosa delle determinazioni tran-
sterritoriali dell’identità. Esaminando i casi di Mircea Eliade, Thomas Mann e
Le Clézio, si propone di definire il territorio culturale europeo: «déconstruire
les idéologies spatiales et imaginaires reste d’ailleurs une des tâches delicates
de la geographie culturelle moderne». Peraltro anche S. Martelli utilizza questa
metafora gnoseologica delle mappe, un termine chiave nell’impresa della ridefini-
zione del canone culturale europeo. Anche nel saggio di P. Trifone la formazione
dell’identità nazionale italiana è seguita attraverso una molteplicità di mappe lin-
guistiche che si sovrappongono e si combinano, mostrando tutta la pluralità insita
nel concetto di identità nazionale. Nel saggio di G.Vanhese si fa uso della metafo-
ra della geografia («une géographie intérieure»), in questo caso riferita al modo in
cui il poeta rappresenta, nel suo universo fittizio, i diversi paesi con cui ha avuto
a che fare (a partire dalla patria rumena) e che sono reinventati e trasformati in
miti a traverso la poesia. A. Pagliardini nel suo saggio basato sul tema letterario
del ritorno del migrante, orienta l’analisi ridefinendo una mappa identitaria della
letteratura italiana che tenga conto, da un lato, delle differenziazioni regionali,
dall’altro, delle modalità di inclusione di autori migranti che sarebbero esclusi dal
canone nazionale tradizionale.
Il titolo del volume evidenzia che, secondo quanto è emerso dal convegno,
una delle caratteristiche essenziali della letteratura migrante è il ruolo assunto
dalle rappresentazioni della patologia, intesa anche nel suo senso di sofferenza
(si riconosce nell’etimologia del termine patologia l’antico pathos che significava
anche sofferenza). Fra queste, le patologie dell’anima ricorrono costantemente e
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lasciano tracce profonde anche nella struttura del testo. Tale costante consente di
individuare una categoria letteraria in cui sia possibile inserire testi molto diffe-
renti, scritti da autori di origine, destinazione e lingua diverse. Per questa ragione
troviamo nel volume un’intera sezione dedicata alle patologie dell’esilio e della
migrazione sotto l’etichetta humanitas fragilis. In questa sezione si analizzano
temi letterari generati dalla sofferenza degli esiliati. Ritroviamo qui varie malat-
tie dell’anima migrante, come il complesso di Giona, la disintegrazione dell’io,
il declino fisico, la ferita, analizzate dagli autori come metafore costitutive di
questo tipo di letteratura.
G. Vanhese cerca di portare alla luce, nella poesia di Paul Celan, «le binome
indissoluble entre poésie et blessure». Ad esempio nel caso del poema di Paul
Celan, Coagula, G.Vanhese conduce una lettura filologica seguendo un’interpre-
tazione metaforica, medica e alchemica. Arriva così alla conclusione che si possa
parlare, nel caso di Celan, di una poetica «du sang et de la plaie», in cui l’esilio ha
la funzione di produrre una coagulazione, che ha come prodotto il testo poetico
stesso. Anche A.Vranceanu discute nel suo saggio l’aspetto della personalità mul-
tipla, analizzato nel rapporto fra lo scrittore D.Tsepeneag e il suo eteronimo, Ed
Pastenague, «malattia» che traspone in narrazione l’angoscia dello scrittore esi-
liato quando si trova di fronte ad un nuovo pubblico. Nel saggio di G. Magliocco
sul poeta Dinu Flamând, la metafora dell‘esiliato visto come un antico «meteco»
rappresenta una sorta di appartenenza mutilata dell‘esule al paese di adozione.
«Nell‘opera di Dinu Flamând, l‘immagine del poeta ’meteco’, accanto alla figura
dell‘’emigrante Ulisse’, al quale il poeta ha dedicato molte poesie della maturità,
sembra incarnare il concetto stesso dell‘erranza».
La figura di Ulisse è un altro filo rosso che lega i saggi di questo volume, dato
che si ritrova per esempio nel contributo di M. Spiridon, dove si analizza all‘in-
terno dell‘opera di Mircea Eliade, mentre nel saggio di A. Pagliardini si parla
dell‘Ulisse dantesco prototipo dell‘eterno errante cui è precluso il ritorno. L‘im-
magine di Ulisse apre anche il saggio di Y. Preumont su Panait Istrati, autore che
è stato considerato «ulyssien» da G. Vanhese: « Chez cet auteur, dont l’éthique et
l’esthétique ont été qualifiées d’ulyssiennes, les mots voyagent et semblent pouvoir
connaître autant de métamorphoses que les corps». In questo saggio di traduttolo-
gia si mostra il modo in cui la descrizione del migrante e del suo declino fisico pro-
cedono nelle successive traduzioni e autotraduzioni dell‘opera di Istrati. Preumont
si sofferma sopprattutto sul romanzo La famille Perlmutter scritto a quattro mani
con l’autore ebreo Josué Jehouda. La descrizione delle soffrenze e delle migrazio-
ni e deportazioni degli ebrei negli anni Trenta e Quaranta, che ritroviamo nelle
figure di Jehouda, di Celan, di Novac e Wiesel, è un altro filo rosso che attraversa
i saggi del volume. Si tratta di un nucleo tematico che non può mancare in una
mappa letteraria europea del Novecento che riguarda l’esilio e la migrazione.
14
La lettura dell’opera di Aglaja Veteranyi operata da D. De Salazar, mostra
come gli abissi della sofferenza biografica ed esistenziale dell’autrice siano alla
base della sua produzione letteraria. Se il mito di Ulisse può rappresentare il caso
di alcuni autori migranti, per quanto riguarda Veteranyi, D. De Salazar osserva:
«Sentirsi straniera ovunque, anche all’interno di sé; il nomadismo esistenziale
della Veteranyi non troverà soluzione, quindi, nemmeno con il ritorno alle radici
dell’essere, alla madre.»
Un certo tipo di nomadismo si ritrova nel film Il vento fa il suo giro (2005),
analizzato nel saggio di S. Schrader, dove si mostra la lettura cinematografica del
rapporto fra patria e migrazione. A proposito del protagonista del film si affer-
ma: «Come pastore egli sembra incarnare il movimento stesso, un migrante per
eccellenza, con il suo nomadismo continuo di pascolo in pascolo al seguito del
suo gregge. La Heimat è dunque per lui atto volitivo, un processo di assimilazione
esperito non passivamente attraverso la socializzazione e l’apprendimento, ma al
contrario formatosi attivamente e in sintonia con la natura». Da questa conce-
zione cosmopolita deriva il conflitto con la piccola comunità occitanica dove il
pastore cerca di inserirsi, e anche tutta la problematica dell’identità nazionale alle
prese con le culture di frontiera e le loro peculiarità.
Anche nel saggio di I. Orlich, che ha come oggetto alcuni romanzi di Herta
Müller (Premio Nobel per la letteratura), l’immagine dell’esilio e della depor-
tazione sono essenziali. In questo saggio l’accento cade sull’immagine del cor-
po femminile, che costiuisce il mezzo attraverso il quale si esprime l’identità
dell’esiliato. «Experienced as a foreign body in the psyche, exile and deportation
function as a traumatic experience. Deportation, a related sibling to exile and a
favorite practice of political tyrants, was a familiar ground to Müller’s own ex-
periences as her own grandparents were deported in the early days of the Soviet
colonization (1944-1958)». La stessa modalità di rappresentazione dell’esilio at-
traverso le sofferenze corporali e il tema della deportazione come forma di esilio
si ritrovano nel saggio di A. Vuillemin, che ha per oggetto due autori protagonisti
e sopravvissuti della Shoah. A. Vuillemin parla di Ana Novac e Elie Wiesel (Pre-
mio Nobel per la pace), di cui commenta diversi romanzi che hanno in comune il
contenuto, essendo riferiti all’esperienza di Auschwitz, e il fatto di essere basati
su appunti di diario e scritti a distanza di anni dagli eventi narrati. Nel suo sag-
gio A. Vuillemin mostra come da un’esperienza di esilio e deportazione come
l’olocausto, che ha interessato europei provenienti da paesi differenti, possa sor-
gere un nucleo letterario comune in cui non siano più rilevanti le distinzioni di
appartenenza nazionale. Nelle opere analizzate da I. Orlich e da A. Vuillemin si
va al nucleo centrale della sofferenza legata all’esilio, in questo caso alla deporta-
zione. Come osserva A. Vuillemin, «Ni Ana Novac ni Élie Wiesel ne savent très
bien pourquoi ils ont tenu un journal, pour la première à l’intérieur des camps,
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le second longtemps après son arrivée en France, ni pourquoi ils ont choisi, par
la suite, tous deux, d’écrire sur `une expérience où rien n’avait de sens´ (Wiesel
2007, 12-13)». Leggendo i saggi del volume appare chiaro che, anche se inconsa-
pevolmente, il motivo per cui hanno affidato alla letteratura le loro sofferenze sta
nel valore terapeutico dell’atto della scrittura.
Ciò trova conferma nel saggio sociologico firmato da M. C. Tumiati, M. C. Se-
gneri e A. Gutierrez, in cui, descrivendo il lavoro interdisciplinare di équipe che
segue i migranti in cerca di asilo politico, si parla in questi termini del racconto-
documento che viene redatto dai migranti, dotato di valore clinico e terapeutico:
«Il ‘testo’ prodotto è una ‘storia autobiografica’ che racconta la causa, o le con-
cause, che ha/hanno costretto la persona a fuggire dal proprio Paese, ancorandola
ad una cornice di senso più ampia, dove luoghi, tempi e situazioni riferite sono
costruite intorno alla condizione politica, economica, sociale e culturale del con-
testo di origine – macro e micro – in essere nel periodo storico nel quale si sono
verificati gli eventi traumatici riferiti.»
Questa concezione della scrittura come terapia si ritrova nel saggio di D. Rei-
chardt incentrato sullo scrittore Giuseppe Bonaviri. Lo scrittore, che mette a
frutto in letteratura le proprie competenze professionali di medico, da un lato si
identifica come migrante, per diagnosticare meglio questa figura, dall’altro indi-
vidua quelle che possono essere terapie culturali e letterarie per le malattie della
migrazione: «Le pretese di un’integrazione dell’io nella società, di una natura
rispettata, di una convivenza familiare e transculturale praticata, formano un ri-
zoma ovvero una larga base, sulla quale Bonaviri costruisce l’idea della transna-
zionalità come una riunione ideale delle culture, e del cosmo come una riunifica-
zione o un rappacificamento tra l’uomo e la natura.»
In direzione di questa via dell’integrazione nella società, va anche il saggio di
M. Niccolai, in cui si analizza il romanzo di Amara Lakhous Scontro di civiltà
per un’ascensore a Piazza Vittorio. Anche lei si sofferma sulle terapie che si ri-
trovano nell’opera citata per ovviare alle patologie della migrazione. Da un lato,
«Con il termine ‘patologie’ si intende una serie di condizioni anomale nel fun-
zionamento e manifestazione dell’ ideologia nazionalista che si rivela inadeguata
a definire i cittadini ‘glocali’, cioè globalizzati in un contesto locale». Dall’altro,
nel romanzo analizzato, «l’approccio di un immigrato, Amedeo/Ahmed, sorpassa
i limiti derivati dalla nazionalità».
Un altro tema che si ritrova come un filo rosso in molti di questi saggi è il rap-
porto fra finzione e autobiografia. Molti degli scrittori presi in esame utilizzano
nei loro testi materiali autobiografici come fonte diretta d’ispirazione. Peraltro è
stato osservato che l’autofinzione è un genere che appare frequentemente nella
letteratura migrante o dell’esilio, tanto più quando si tratta di ferite che trovano
il modo di sedimentarsi in testi letterari. S. Martelli, partendo da una rassegna di
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esempi di letteratura italofona, sottolinea l’importanza della scrittura autobiogra-
fica nella produzione della letteratura migrante in lingua italiana. L’argomento
del rapporto fra scrittura autobiografica e finzione viene analizzato inoltre nelle
opere degli scrittori Ana Novac, Elie Wiesel, Paul Celan, Dumitru Tsepeneag,
Dinu Flămând, Aglaja Veteranyi, rispettivamente all’interno dei saggi di I. Or-
lich, A. Vuillemin, G. Vanhese, A. Vranceanu, D. De Salazar, G. Magliocco.
Sul piano degli interventi terapeutici per ovviare alle sofferenze e alle situazio-
ni conflittuali generatesi nei contesti migratori, troviamo il laboratorio di alimen-
tazione transculturale descritto nell’intervento di P. Scardella, A. Morrone, L.
Piombo, A. Sannella. L’équipe interdisciplinare dell’INMP ha analizzato il fatto
che « Il cibo, intenso come linguaggio, rappresenta [...] uno strumento semplice,
ma efficace per esprimere e comunicare la propria cultura e la propria identità».
Nella programmazione di strategie per l’accoglienza e l’integrazione dei migran-
ti, va riservato uno spazio rilevante allo studio interculturale delle pratiche rituali
e sociali legate al cibo. La forte valenza del cibo nei testi letterari di scrittori
migranti (ad esempio Tahar Lamri e Amara Lakhous) viene discussa anche da S.
Martelli e M. Niccolai.
Il nucleo centrale del nostro volume è il rapporto fra migrazione, patologia e
humanitas. La migrazione comporta una serie di sofferenze e patologie che si
sono cristallizzate nella letteratura migrante. Da tale produzione letteraria si puo
ricavare un’estensione e un rinnovamento del patrimonio tradizionale dell’huma-
nitas. Intendiamo humanitas in tre sensi. Il primo è quello concreto, di umanità
migrante come particella dell’umanità, oggetto di una serie di processi di esclu-
sione e di inclusione. Il secondo è il concetto classico, in particolare riferito al
mito di Enea, profugo e padre di una nuova civiltà, mito fondante della classicità
e della cultura occidentale su di essa basata. Il terzo senso rimanda allo sviluppo
che humanitas ha avuto a partire dal Rinascimento, quando si è generato da esso
il concetto di repubblica delle lettere. In quest’ultimo senso possiamo studiare la
letteratura dell’esilio e migrante come via di accesso a una nuova repubblica del-
le lettere, che crea un mondo culturale transnazionale costruito sulle sofferenze
della migrazione filtrate in un percorso culturale e terapeutico.
In questo volume si possono seguire due percorsi geo-letterari di lettura, in
quanto molti degli autori studiati sono legati allo spazio linguistico-culturale ita-
liano o rumeno, dato che in queste due letterature l’esilio ha avuto un valore fon-
dante o ri-fondante. Il nostro volume si potrebbe leggere quindi anche seguendo le
trasformazioni di queste due letterature in relazione al tema dell’esilio. Un primo
gruppo è incentrato su autori in lingua italiana e ci mostra i punti di rottura e di
ri-fondazione del canone nazionale italiano in rapporto alla letteratura migrante.
Nel saggio di S. Martelli e in quello di P. Trifone, in una inquadratura d’insieme
a volo d’uccello, rispettivamente dal punto di vista letterario e dal punto di vista
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storico-linguistico, appare chiaro il carattere inclusivo e multiculturale dello spa-
zio identitario italiano. Nei saggi di A. Pagliardini e D. Reichardt, emerge, più
in dettaglio, come nello specifico spazio nazionale italiano ci siano affinità fra
la condizione di esilio e di migranza vissuta da chi si muove fra paesi stranieri,
e quella di chi si è dovuto spostare da una regione all’altra dell’Italia, come nel
caso di scrittori come Giuseppe Bonaviri o Luigi Pirandello o Vincenzo Consolo.
I casi concreti di scrittori migranti da e verso l’Italia, sono discussi nei saggi di
A. Pagliardini e M. Niccolai. Non si può parlare di letteratura dell’immigrazione
senza nominare anche la produzione cinematografica. L’analisi di Il vento fa il
suo giro/E l’aura fai son vir, fatta da S. Schrader nel suo contributo, mostra che
questo film «riunisce due tendenze presenti nella cinematografia italiana contem-
poranea: l’una orientata a una “ricomposizione del cinema italiano per aree geo-
grafiche”, ossia un cinema attento alla complessità e alla ricchezza delle realtà re-
gionali; l’altra il cui punto focale è il fenomeno delle migrazioni, che ha dato vita
a un filone sviluppatosi soprattutto nell’ultimo ventennio». Nell’insieme abbiamo
un’immagine che mostra l’intersezione fra identità culturale italiana moderna e
spazio migrante. I contributi su scrittori di lingua italiana migranti (migrazione
interna o esterna) mirano ad una ridefinizione in senso transnazionale del canone
letterario tradizionale.
Troviamo poi un altro gruppo di saggi che mostrano l’area della diaspora
letteraria rumena, problematizzando il rapporte tra questa e il canone nazio-
nale. Una storia unitaria della diaspora rumena si potrebbe fare difficilmente,
perché ci sono esempi molto vari di autori esuli o migranti rumeni che hanno
scritto in altre lingue e si sono integrati perfettamente nelle relative letterature
nazionali. Fra gli autori descritti nel volume, il primo esempio in ordine crono-
logico è quello di Panait Istrati, di cui parla Y. Preumont. Abbiamo poi autori
di origine rumena, ma fortemente radicati nella loro appartenenza alla cultura
ebraica. Ana Novac e Elie Wiesel, studiati da A. Vuillemin, con il racconto
della loro esperienza diretta della Shoah, vanno ad integrare un nucleo della
letteratura europea fortemente individuato e definito. Fa parte di questo nucleo
anche Paul Celan, le cui poesie vengono analizzate da G. Vanhese, che ne evi-
denzia la coagulazione in poesia dei traumi dell’esilio parigino vissuto sia in
prima persona che nella persona di altri scrittori. Completano questo settore di
scrittori di origine rumena quattro saggi dedicati alla letteratura molto recente,
che mostrano come l’esilio e la migrazione degli scrittori dallo spazio rumeno
sia una costante che attraversa tutto il Novecento e va anche oltre. Due autrici
trattate, almeno in parte di origini rumene, hanno come spazio di espressione
linguistica quello di lingua tedesca, Herta Müller e Aglaja Veteranyi, mentre
Dinu Flamând e Dumitru Tsepeneag hanno trovato come spazio di accoglienza
quello francese.
18
Anche se possiamo seguire questi due percorsi di lettura, che sembrano indivi-
duare due letterature nazionali particolari, dai saggi del volume appare chiaro che
le frontiere che delimitano le letterature nazionali vengono indebolite e ammorbi-
dite da questo tipo di letteratura. Il che viene esplicitamente dimostrato nei saggi
di F. Claudon e M. Spiridon, che individuano piuttosto, attraverso i testi letterari,
uno spazio culturale unico europeo. Nelle sue conclusioni, M. Spiridon afferma
il ruolo «auto-révélateur et formatif» dell’esilio. Parlando di Marthe Bibesco e di
Mircea Eliade M. Spiridon arriva ad una conclusione applicabile anche ad altri
scrittori dell’esilio: «Leur expérience particulière entraîne un changement radical
de signe culturel de l’exil roumain. Son système consacré de repères – bibliques,
nationalistes, messianiques, dont la teinte régressive et nostalgique est évidente
– est remplacé par des significations radicalement différentes, dont les valeurs
pertinentes sont la contemporanéité, le sens de l’appartenance à une patrie in-
tellectuelle cosmopolite et surtout l’absence de toute infériorité provinciale.»
Un’affermazione che potrebbe ben descrivere molti scrittori dell’esilio di diversi
paesi e lingue.
Il cosmopolitismo è considerato come una caratteristica definitoria dello scrit-
tore europeo anche da F. Claudon, che nel suo libro intitolato Les grands mou-
vements européens intitola un capitolo «Qu’est-ce que c’est qu’un ecrivain euro-
peen ?» Per dare la risposta Claudon si sofferma sui tre esempi molto rilevanti
di Vladimir Nabokov, Jossip Brodsky, Jorge Luis Borges, da cui trae un ritratto
dello scrittore europeo, che si definisce mediante le caratteristiche di multilingui-
smo e cosmopolitismo, e per la circolazione fra paesi diversi. Parlando di Vladi-
mir Nabokov, F. Claudon scrive: «Il y a une œuvre russe, allemande, américaine
de Nabokov (cf. Lolita, 1955), mais comment le classer, à quelle nationalité le
rattacher, sinon au cosmopolitisme européen dont il affirme l’existence préci-
sément en passant d’une culture à l’autre ? Et puis surtout, ces déménagements
perpétuels ne montrent-ils pas à l’envi une nostalgie d’un ‘territoire’ sentimental
qui n’est plus, ravagé par la guerre, relégué par l’histoire de cette chère Europe?»
(Claudon, 2008, 125). Nel saggio presente in questo volume, l’idea è ripresa e
argomentata con esempi di epoche e aree diverse cercando di mettere in dialogo
la «letteratura del sud» con un potenziale «centro» europeo.
Dai saggi di questo volume appare l’idea che gli scrittori dell’esilio possono
essere definiti attraverso queste tre caratteristiche: cosmopolitismo, plurilingui-
smo e circolazione. Non possiamo quindi, secondo un semplice sillogismo logico,
spingerci ad affermare che gli scrittori dell’esilio sono la quintessenza dello spiri-
to europeo? Comunque, questi tratti non possono essere studiati senza affrontare
il ruolo che gioca la traduzione interlinguistica e inteculturale nella definizio-
ne dello spazio identitario europeo. Un altro concetto che ispira il nostro volu-
me, la cui importanza è evidenziata nelle ricerche coordinate da Lew Zybatow,
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come appare negli atti del convegno Europa der Sprachen: Sprachkompetenz
– Mehrsprachigkeit – Translation. tenutosi a Innsbruck nel 2000, è l’interazione
all’interno dell’Europa del plurilinguismo e dei problemi di traduzione e comuni-
cazione interlinguistica e interculturale (Zybatow 2003).
Il nostro volume si colloca in questo contesto delle ricerche sugli aspetti cul-
turali della traduzione, in quanto il passaggio delle opere dell’esilio, in traduzio-
ne e autotraduzione, da un contesto linguistico-culturale all’altro è un elemento
fondamentale per analizzarne la funzione e fruizione. Questo è un altro percorso
tematico o un’altra chiave di lettura del nostro volume. In vari saggi si tratta espli-
citamente o implicitamente il problema della traduzione. Ad esempio il problema
della traduzione e dell’autotraduzione è centrale nei saggi di A. Vranceanu, G.
Vanhese, G. Magliocco, che si soffermano su scrittori che hanno scritto in più
lingue, mentre il saggio di Y. Preumont è specificamente incentrato su un tema
di traduttologia. Nelle opere di Dumitru Tsepeneag, Paul Celan, Dinu Flamând e
Panait Istrati, il passaggio da una lingua all’altra attraverso traduzione e/o auto-
traduzione è un punto centrale per l’analisi dell’opera. Il plurilinguismo dell’Eu-
ropa è caratterizzato anche dalla presenza di lingue minoritarie ma fortemente
radicate nel territorio e soprattutto in piccole comunità, come si mostra a propo-
sito della lingua occitana, che viene usata in alcune scene del film analizzato da
S. Schrader.
Un caso particolare di compresenza plurilinguistica nel testo si trova nel sag-
gio di A. Pagliardini allorché si analizza la mimesi fatta da Pascoli dell’italo-
americano degli emigranti italiani di ritorno dagli Stati Uniti. Tutto il saggio di
A. Vranceanu ruota attorno alla problematica della traduzione e dell’autotradu-
zione nell’opera dello scrittore Tsepeneag, che scrive in rumeno o in francese, o
addirittura passa nel testo dal rumeno al francese durante la stesura del romanzo
(Le mot sablier), secondo l’immagine della clessidra, dove l’aria si sostituisce pro-
gressivamente alla sabbia come nel romanzo una lingua lascia il posto all’altra.
La metodologia filologica costituisce un altro filo rosso del volume. In tutti
i saggi sono presenti riferimenti alla più recente bibliografia degli studi post-
coloniali e del campo della comparatistica, tuttavia i metodi filologici con cui
vengono analizzati i testi mirano a conciliare una visione non imperialistica in
senso saidiano (Said, 1994) della cultura con la tradizione umanistica di lettura
e interpretazione del testo. Per questa ragione troviamo tanti riferimenti alla cul-
tura umanistica europea (in F. Claudon, A. Pagliardini, G. Vanhese) analizzati in
primo luogo a livello tematico, per arrivare all’individuazione di miti e personag-
gi della letteratura europea e classica, che sono stati rielaborati nella letteratura
migrante.
F. Claudon ha organizzato il suo saggio intorno alla relazione dialettica fra
humanitas e barbaritas, partendo dalla tradizione ciceroniana dell’humanitas, at-
20
traverso i testi di Ovidio e Senofonte, e arriva a mostrare come la storia letteraria
moderna si costruisca intorno ad un concetto di humanitas fortemente conta-
minato dalla presenza della migrazione. Si segue nel saggio una contraddizione
profonda, un conflitto interno sul quale si innesta tale concetto già dal XVIII
secolo, a partire dalle opere di Voltaire: «l’humanitas réfuse l’autre, l’immigré,
si elle ne peut pas l’assimiler». La costruzione del’identità basata sulla differen-
ziazione rispetto all’altro ha lasciato tracce profonde nella formazione del canone
europeo e trova la sua verifica nelle difficoltà di integrazione che incontrano gli
scrittori migranti.
Un’altra costante umanistico-filologica è legata ai miti eroici che sono alla base
della cultura europea, ad esempio Spiridon, parlando dell’opera di Le Clézio, no-
mina gli eroi e le figure della mitologia europea. A questo si aggiunge il già citato
mito di Ulisse, figura dell’esule in molti dei saggi del nostro volume. G. Maglioc-
co richiama la figura del meteco, soggetto intermedio fra il cives e il barbarus
nell’antica Grecia, per descrivere la particolare condizione di migrante del poeta
contemporaneo Dinu Flamând. G. Vanhese lavora su diversi miti che appaiono
nella poesia di Paul Celan, fra cui quello dell’urus (Büffel), un mito fondante nella
cultura moldava, e quello del fiore colchique, che si rifà alla regione mitica della
Colchide, nell’ambito di una lettura filologica e tematologica. Anche nel lavoro
antropologico di M. C. Tumiati, M. C. Segneri, A. Gutierrez appare il mito della
divinità di Giano per spiegare la duplicità identitaria del migrante cui deve cor-
rispondere la strategia del mediatore culturale. Nel saggio di P. Trifone abbiamo
una rivisitazione filologica della formazione della lingua e della cultura italiana,
che ne mostra l’aspetto multiculturale e composito. Inoltre, dal punto di vista fi-
lologica, in particolare i saggi di A. Pagliardini, A. Vranceanu, G. Magliocco, Y.
Preumont, D. De Salazar, G. Vanhese, F. Claudon sono costruiti su una ricca base
di esempi testuali e microtestuali concreti.
Uno dei punti di forza del volume è il fatto che in esso si cercano di estrarre
forme, temi e motivi della letteratura dell’esilio o migrante, partendo dalla tradi-
zionale explication de texte. Nella maggior parte di questi saggi vengono analiz-
zati e intertestualizzazi brani degli autori trattati. Da questa close reading, però,
si possono seguire e vedere le linee fondamentali della letteratura dell’esilio: la
ricerca dell’identità, i problemi legati al dépaisement, la costruzione dell’auto-
finzione, la riflessione sul cambiamento di lingue, il mito di Babele, il mito di
Babilonia e, sopratutto, il valore fondante della patologia. Il tutto concorre ad
inserire la letteratura migrante e di esilio nel sistema della letteratura e della
cultura europea.
Un ulteriore elemento che vorremmo evidenziare è il carattere intrinsecamen-
te interdisciplinare del volume, che si mostra a diversi livelli. Al volume hanno
contribuito specialisti in letteratura comparata, ma anche in varie letterature na-
21
zionali, francese, rumena, italiana, specialisti in traduttologia, storia della lingua,
filmologia, medicina, sociologia, antropologia. Abbiamo sottolineato fin qui i fili
rossi che uniscono i saggi del volume, ma dobbiamo anche sottolineare la pre-
senza di una polifonia di voci che trattano il tema dell’esilio e della migrazione
da punti di vista e con approcci molto differenti. Conferisce inoltre ricchezza e
varietà al volume il fatto che i contributori vengono da paesi differenti (Roma-
nia, Italia, Francia, Austria, Gran Bretagna, Belgio, Paesi Bassi, Stati Uniti) e gli
autori studiati sono stati attivi in più lingue e si sono integrati in più tradizioni
nazionali differenti; due di loro hanno anche conseguito il Premio Nobel (Elie
Wiesel per la Pace e Herta Müller per la Letteratura). Attraverso l’emblema della
patologia, intesa come sofferenza e come malattia, la letteratura dell’esilio può
essere individuata nella sua specificità, in quanto in tutti i testi presi in esame
nel volume la patologia è un elemento fondante. Questa molteplicità di approcci,
metodi di analisi, soggetti di studio, contribuisce a conferire alla trattazione del
tema della letteratura dell’esilio e della migrazione quell’aspetto poliedrico che
la materia richiede.
Senza l’intervento congiunto di tante persone il progetto di questo volume,
dalla fase del convegno fino al completamento della stampa, non sarebbe sta-
to possibile. Un grande ringraziamento è dovuto innanzitutto alle autrici e agli
autori, che hanno accettato di collaborare al progetto e si sono avventurati con
entusiasmo e competenza sulle tematiche proposte.
Ma vorremmo ricordare anche le molte persone che sono state attive sullo sfondo
e ci hanno prestato ascolto e ci hanno sostenuto concretamente e fortemente, per il
che intendiamo ringraziarle di cuore: Ursula Moser, direttrice del centro di ricerca
KiK, e Christoph Ulf, direttore della piattaforma di ricerca CEnT che ci hanno so-
stenuto con l’incoraggiamento scientifico e con un generoso contributo finanziario,
Lew Zybatow dell’Istituto di traduttori e interpreti di Innsbruck, che ci ha invitato a
pubblicare il volume nella collana da lui diretta presso l’editore Peter Lang.
Un ringraziamento profondo intendiamo esprimere a Barbara Tasser, direttrice
dell’Italien-Zentrum di Innsbruck, che ha fin dall’inizio incoraggiato e sostenuto
in pieno, non solo dal punto di vista finanziario, il progetto del convegno, e che ha
reso possibile, attraverso i fondi per la collaborazione scientifica con l’Italia, la rea-
lizzazione del presente volume, sostenendoci inoltre in tutto il rapporto con la casa
editrice, sia direttamente che con i suoi preziosi consigli. Un profondo grazie inol-
tre a tutta l’équipe scientifica dell’INMP di Roma, e in particolare ad Aldo Morrone
e Paola Scardella, che hanno dato accoglienza e sostegno al convegno e che hanno
promosso e incoraggiato l’aspetto interdisciplinare del convegno e del volume.
La realizzazione dell’intero progetto non sarebbe stato possibile senza il so-
stegno finanziario dei nostri sponsor e partner, cui va il nostro ringraziamento:
il Ministero della Scienza e Ricerca (Bundesministerium für Wissenschaft und
22
Forschung), il Vicerettorato per la ricerca dell’Università di Innsbruck, il Land
Tirol, il Comune di Innsbruck (Stadt Innsbruck), la Camera di Commercio del Ti-
rolo (Wirtschaftskammer Tirol), la Hypo Tirol Bank, come partner per la ricerca
dell’Università di Innsbruck.
Il nostro grazie va anche, last but not least, ai collaboratori della casa editri-
ce Peter Lang GmbH, in particolare al Direttore della rappresentanza a Vienna,
Norbert Willenpart, che è stato un partner stimolante e affidabile in tutte le fasi di
realizzazione tipografica del libro.
Bibliografia
23
Zybatow, Lew (a c. di) (2003): Europa der Sprachen: Sprachkompetenz – Mehr-
sprachigkeit – Translation; Akten des 35. Linguistischen Kolloquiums in Inns-
bruck 2000. 2. Sprache und Kognition, Frankfurt am Main, Peter Lang.
24
Profili degli autori
255
2009 ha vinto una borsa di studio in Traduttologia offerta dall’ Istituto Culturale
Romeno di Bucarest. Dal 2009 collabora, in qualità di traduttore, con l’ICR di
Bucarest e l’IRCCU di Venezia. Nel mese di maggio del 2010 ha partecipato al
Salone Internazionale del Libro di Torino, con la proposta di traduzione e la pre-
sentazione dell’ultima raccolta di poesie dello scrittore Nichita Danilov, Centura
de castitate (Bucureşti, ed. Cartea Românească, 2007) e del suo ultimo romanzo,
Ambasadorul invizibil (Iaşi, POLIROM, 2010), durante l’incontro La Romania
di oggi nelle parole dei suoi scrittori – Incontro con Nichita Danilov, Nora Iuga
e Dan Lungu, a cura dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di
Venezia. Sempre nel 2010, ha partecipato con una comunicazione alle Giornate
Internazionali di Studio sulla Letteratura romena migrante, coordinate dalla Prof.
ssa G. Vanhese, nel quadro del Progetto E-migranz@ – Stranieri e migranti nelle
arti e nella società, promosso dal Dipartimento di Linguistica dell’Università
della Calabria. Durante il mese di luglio 2010 ha ottenuto l’incarico di docenza
di Lingua Romena nel quadro del Progetto VATRA: Scuole estive Internaziona-
li di Albanistica, Balcanistica e Italianistica, organizzato dal Dipartimento di
Linguistica dell’Università della Calabria. Nel periodo compreso tra il 5 ed il 9
luglio 2010 è stato invitato, in qualità di traduttore, al seminario di traduttologia,
Letterodromo Babele – Workshop con traduttori di letteratura romena a Vene-
zia, organizzato dall’Istituto Culturale Romeno, tramite il Centro Nazionale del
Libro e l’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia. È, ad oggi,
titolare di un contratto di collaborazione linguistica presso il C.d.L. in Lingua e
Letteratura Romena dell’Università degli Studi della Calabria. Le sue ricerche
vertono soprattutto sulla poesia romena moderna e contemporanea e sulla let-
teratura di migrazione. Attualmente, l’attenzione dei suoi studi è focalizzata sui
poeti Nichita Danilov e Ana Blandiana, nell’ambito della letteratura romena con-
temporanea, e sulla scrittrice Aglaja Veteranyi per ciò che concerne la letteratura
nomade. Email: danilo.desalazar@gmail.com.
Adela Ida Gutierrez, opera dal 1998 presso l’INMP come mediatrice culturale
e da novembre 2009 come psicologa presso il Servizio per le persone richiedenti
protezione internazionale, rifugiati e vittime di tortura. Dal 2000 al 2002 ha par-
tecipato al Corso di Etnopsichiatria “Per la Salute Mentale in una Società Multi-
culturale”, a partire del quale si è interessata in particolare della mediazione cul-
turale in etnopsichiatria e nei dispositivi multidisciplinari. Arrivata in Italia come
esiliata politica dalla dittatura militare Argentina, ha partecipato a riflessioni di
gruppo su tale esperienza e ha curato (insieme ad altre connazionali) la versione
italiana di “Memorie del Buio – Lettere e diari delle donne argentine imprigiona-
te durante la dittatura. Una testimonianza di resistenza collettiva”.
256
Giovanni Magliocco si è laureato in Lingue e Letterature straniere presso l’Uni-
versità degli Studi della Calabria, successivamente ha conseguito il dottora-
to di ricerca in Romenistica presso la Facoltà di Lingue e Letterature straniere
dell’Università degli Studi di Torino discutendo una tesi dal titolo Manierismo e
poetica del mito nel Circolo Letterario di Sibiu. L’esempio di Radu Stanca. Ha
frequentato corsi di lingua e civiltà romena presso l’Università Babeş-Bolyiai di
Cluj-Napoca. Nell’anno accademico 2005/2006 è stato lettore presso la cattedra
di Lingua e Letteratura italiana della Facoltà di Lettere dell’Università di Ora-
dea. Dall’anno accademico 2006/2007 è stato cultore della materia per Lingua e
Letteratura romena e Letterature comparate presso la Facoltà di Lettere e Filo-
sofia dell’Università degli Studi della Calabria. Nella stessa Università, a partire
dall’anno accademico 2008/2009, è stato professore a contratto di Lingua e Let-
teratura romena. Dal 2004 ha partecipato, come componente, ai gruppi di ricerca
coordinati dalla Prof.ssa Gisèle Vanhese presso l’Università degli studi della Ca-
labria, le ricerche si sono dirette verso tre direzioni: Mitocritica e strutture antro-
pologiche dell›immaginario, Retorica del fantastico, Multiculturalismo e Scrit-
tura nomade. Dal 2006 è membro ordinario dell›A.I.R. (Associazione Italiana
di Romenistica). Dal 2010 è membro associato del C.C.L.E. (Centrul de cercetări
ştiinţifice şi enciclopedice) dell›Università Babeş-Bolyiai di Cluj-Napoca. Dal 1
dicembre 2009 è ricercatore presso la Facoltà di Lingue e Letterature straniere
dell›Università degli studi di Bari per il settore scientifico-disciplinare L-LIN/17
– Lingua e letteratura rumena. Le sue ricerche sono incentrate soprattutto sulla
poesia rumena moderna e contemporanea e sulla letteratura fantastica. Ha pub-
blicato numerosi saggi sull’opera di Mihai Eminescu, Mateiu I. Caragiale, Panait
Istrati, Lucian Blaga, Radu Stanca, Ana Blandiana e Ruxandra Cesereanu. Email:
g.magliocco@lingue.uniba.it.
257
al sogno americano. Realtà e immaginario dell’emigrazione nella letteratura
italiana (2001); Oltre il silenzio oltre l’attesa: figure femminili nella letteratura
italiana dell’emigrazione (2002); America ed emigrazione nella narrativa italia-
na dell’ultimo ventennio (2004); Dispatrio e identità nella letteratura italiana
dell’emigrazione transoceanica, in AA. VV., I confini della scrittura. Il dispatrio
nei testi letterari, a cura di F. Sinopoli e S. Tatti, Isernia, Cosmo Iannone Editore,
2005, pp. 139-158; American and Emigration in the Italian Fiction of the Past
Twenty Years, in ‘Merica. A Conference on the Culture and Litearture of Italians
in North America, Edited by Aldo Bove and Giuseppe Massara, Stony Brook,
NY, Forum Italicum Publishing, 2006, pp. 163-189; Rappresentazioni letterarie
dell’emigrazione transoceanica tra Ottocento e Novecento, in AA. VV., Appunti
di viaggio. L’emigrazione italiana tra attualità e memoria, a cura di Ornella De
Rosa e Donato Verrastro, Bologna, Il Mulino, 2007, pp. 217-254; Compagni di
viaggio sull’oceano: le traversate dell’emigrazione, in AA. VV., Compagni di
viaggio, a cura di Vincenzo De Caprio, Viterbo, Sette Città, 2008, pp. 391-426;
Letteratura delle migrazioni, in Storia d’Italia, Annali 24, Migrazioni, a cura di
P. Corti e M. Sanfilippo, Torino, Einaudi, 2009, pp. 725-742; Representaciones
literarias sobre la inmigración italiana en California en los siglos XIX y XX,
in AA. VV., California: Raices Presencia y Futuro de la Latinidad, Coloquio
Internacional, Madrid, Unión Latina, 2009, pp. 87-116; L’Italia ricordata. Me-
moria e immaginario dell’emigrazione, in L’Italia ricordata. Storia, formazione,
immagini di una mutevole identità nazionale, a cura di Roberto Fedi e Giovanni
Capecchi, Perugia, Guerra Edizioni, 2010, pp. 193-232. Ha anche curato edizioni
di alcuni testi settecenteschi( di Giuseppe Maria Galanti) e otto-novecenteschi tra
i quali:Tiro al piccione di Rimanelli (Editore Einaudi); Noi gli Aria di Bontem-
pelli (Editore Sellerio), Ricordi briganteschi di Olivieri (Editore Avagliano); per
l’Editore Avagliano ha curato anche l’edizione di La stanza grande di Rimanelli.
Per Forum Italicum Publishing (New York-Stony Brook) ha curato il volume
Rimanelliana. Fa parte del Comitato Direttivo della rivista “Misure critiche”; è
Associated Editor per l’Italia della rivista “Forum Italicum” (USA). Email: seba-
stiano.martelli@tin.it
258
and Transcultural Medicine. Coordinator and head responsible of several medical
and scientific missions in Africa, India, Latin America and South-Eastern Asia.
Author of over 500 publications in national and international scientific journals,
original articles, scientific research studies, epidemiological reports and abstracts
presented at national and international congresses. Scientific Director of the an-
nual International Workshop “Culture, Health and Migration” in Rome, Italy.
Email: amorrone@scamilloforlanini.rm.it
Marta Niccolai. Teaching fellow. UCL Italian Department. I have been teaching
Italian language, written skills and translation courses in the Italian department
of University College, University of London (UCL). I also teach a module on
Political Cinema for the School of European Language, Culture and Society at
UCL. This is where I recently completed a Doctorate on “Italian Intercultural
Literature. Exploring Identities”. This focused on the dialogic nature of intercul-
tural identity in texts written by migrant writers in Italy. I have several publica-
tions concerning various aspects of intercultural dialogue expressed by migrant
writers such as Younis Tawfik and Tahar Lamri; for instance ‘Le lingue e i luoghi
nella scrittura di Tahar Lamri’ in A. Ledgeway, L.Lepschy (eds.), In and out of
Italy. The Language and Culture of Migration, Guerra Edizioni: Perugia, 2010,
pp. 81-85. My research area continues to be Intercultural Dialogue. In particular,
I am interested on the intercultural dialogue in the context of second language
acquisition. Email: martaniccolai@hotmail.com
259
Angelo Pagliardini è ricercatore di letteratura e cultura italiana all’Istituto di
Romanistica dell’Università di Innsbruck (Austria). I suoi campi di ricerca vanno
dalla letteratura italiana, con particolare riferimento agli aspetti socio-culturali
ed interculturali, dal XV al XIX secolo, alla didattica della cultura italiana (Gli
ebrei di Roma nei Sonetti di Giuseppe Gioacchino Belli, in L’ Italia terra di rifu-
gio, a c. di Emanuele Kanceff, Torino, CIRVI 2009, vol. 3. Il viaggio oltre confine
nella poesia di Pascoli, in Studi linguistici per Luca Serianni, a c. di Trifone, Pie-
tro – Della Valle, Valeria Roma, Salerno Editrice, 2007). Ha studiato inoltre in-
sieme a Gerhild Fuchs il tema degli aspetti interculturali dell’epica rinascimenta-
le italiana (La rappresentazione del pagano/musulmano nell’epica cavalleresca
rinascimentale, in Italia e Europa: dalla cultura nazionale all’interculturalismo,
a c. di Bart Van den Bossche, Michael Bastiaensen, Corinna Salvadori Lonergan,
Stanislaw Widlak, Franco Cesati Editore, Roma, 2006). Negli ultimi anni si è
occupato del rapporto fra testo letterario e opera d’arte, delle modalità retoriche
con cui il testo iconico viene rappresentato nella pagina scritta, in collaborazione
con una rete internazionale di studiosi (Ecfrasis e narrazione in Paolo Ucello di
Giovanni Pascoli, in Text(e)/Image. Interferences. Etudes critiques. Critical Stu-
dies, a c. di A. Vranceanu). Recentemente sono usciti presso l’editore Peter Lang
i volumi: Italia/Italie: identità di un paese al plurale, di cui è curatore insieme a
Lew Zybatow, Barbara Tasser e Saverio Carpentieri; Ridere in pianura. Le specie
del comico nella letteratura padano-emiliana, di cui è curatore insieme a Gerhild
Fuchs. Email: angelo.pagliardini@uibk.ac.at
260
mille. Discours tragique et discours ironique (2005); Les traductions de l’italien
en français au XVIIIe siècle et la construction textuelle du point de vue (2005);
Traduire le discours sur la famille (2009). Email: ypreumont@libero.it,
261
al Novecento. Dottorato a Colonia con una tesi “Mon cas n’est pas unique. Der
homosexuelle Diskurs in französischen Autobiographien des 20. Jahrhunderts
(Stuttgart/Weimar: J.B.Metzler 1999). La sua ultima monografia è intitolata Si
gira. Literatur und Film in der Stummfilmzeit Italiens, pubblicata nel Winter Ver-
lag 2007. La monografia su Scapigliatura – Schreiben gegen den Kanon. Italiens
Weg in die Moderne è in fase di preparazione. È inoltre autrice di numerose pub-
blicazioni sulla letteratura italiana e francese moderna, sulle avanguardie, gender
e queer studies, l’intermedialità e sulla storia del film italiano (su Cristo proibito
di Malaparte, sul cinema e migrazione, sul film contemporaneo p.e. di Roberta
Torre e Marco Tullio Giordana). Email: Sabine.Schrader@uibk.ac.at.
262
for Literature of the European Science Foundation (ESF); member of Academia
Europea (The Academy of Europe).
Nato a Roma, Pietro Trifone ha iniziato la sua carriera accademica nelle Univer-
sità di Roma “La Sapienza” e di Chieti; dal 1996 al 2004 è stato rettore dell’Uni-
versità per stranieri di Siena; attualmente è professore ordinario di Storia della
lingua italiana nell’Università di Roma “Tor Vergata”. Trifone ha svolto ricerche
sui rapporti tra la comunicazione linguistica e gli altri aspetti della realtà sociale
italiana, con particolare interesse per espressioni significative della cultura popo-
lare e per filoni eccentrici e alternativi della cultura elevata. Tra i principali temi
delle sue indagini vi sono varie figure della lingua letteraria, da Dante a Verga.
Si è occupato anche dei rapporti tra lingua e stampa, dell’istruzione e della diffu-
sione della cultura, del vocabolario politico, dell’italiano teatrale, del linguaggio
giovanile. Ha scritto un’opera monografica sulla storia linguistica di Roma e del
Lazio. È autore con Maurizio Dardano di una grammatica molto diffusa anche
all’estero. Ha curato, insieme con Luca Serianni, i tre volumi della Storia della
lingua italiana pubblicata da dall’editore Einaudi. Negli ultimi dieci anni ha dato
alle stampe fra l’altro i seguenti libri: L’italiano a teatro. Dalla commedia rina-
scimentale a Dario Fo (Pisa-Roma, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali,
2000); Rinascimento dal basso. Il nuovo spazio del volgare tra Quattro e Cinque-
cento (Roma, Bulzoni, 2006); Malalingua. L’italiano scorretto da Dante a oggi
(Bologna, Il Mulino, 2007); Storia linguistica di Roma (Roma, Carocci, 2008);
Lingua e identità. Una storia sociale dell’italiano (II edizione, Roma, Carocci,
2009); Storia linguistica dell’Italia disunita (Bologna, Il Mulino, 2010). Email:
pietro.trifone@libero.it
263
Gisèle Vanhese est professeur de Littérature roumaine à la Faculté de Lettres
et Philosophie de l’Université de la Calabre, où elle enseigne aussi la Littérature
comparée. Elle a été chercheur en Philologie romane à la Scuola Normale Supe-
riore de Pise, puis titulaire d’une chaire de professeur associé à l’Université de
Cassino et ensuite d’une chaire de professeur ordinaire à l’Université de Trieste,
avant de demander sa mutation à l’Université de la Calabre en 1997. Ses recher-
ches se sont orientées essentiellement dans deux directions: la poésie romantique
et contemporaine en Roumanie et en France; l’analyse des structures anthropo-
logiques de l’imaginaire, des mythes et de leur rhétorique profonde. Elle est l’au-
teur de livres et d’essais sur Mihai Eminescu, Lucian Blaga, Paul Celan, Mircea
Eliade, Benjamin Fondane, Dimitrie Bolintineanu, Panaït Istrati, Yves Bonnefoy,
Gérard de Nerval, Aloysius Bertrand, Marcel Schwob, Gaston Bachelard, Geor-
ges Schehadé, Nadia Tuéni, Jad Hatem et a publié en particulier La neige écarlate
dans la poésie d’Yves Bonnefoy, Paul Celan, Alain Tasso, Salvatore Quasimodo
et Lance Henson (Beyrouth, Éd. Dar An Nahar, 2003); Par le brasier des mots.
Sur la poésie de Jad Hatem (Paris, L’Harmattan, 2009) et Le Méridien balkani-
que (Arcavacata di Rende, Università della Calabria, Collection “Albanologia”,
2010). Elle a édité, avec Monique Jutrin, Une poétique du gouffre. Sur “Baude-
laire et l’expérience du gouffre” de Benjamin Fondane (Soveria Mannelli, Ed.
Rubbettino, 2003). Email: gvanhese@linguistica.unical.it.
264
N.Nesu, L. Valmarin, Roma, Bagatto Libri, 2008, 141-153; «La topologia di Cur-
tius come metodo di strutturazione della letteratura europea» in Ernst Curtius:
L’identità culturale dell’Europa, a c. di I.Paccagnella, E.Gregori, Padova, Esedra,
collezione “Quaderni del Circolo Filologico Linguistico Padovano”, 2010, 235-
252) e alla letteratura rumena francofona contemporanea di esilio e migrazione
(«Letteratura transnazionale e romanzi di scrittori rumeni migranti» in Il roman-
zo rumeno contemporaneo (1989-2010), a c di Nicoleta Neșu, Quaderni di Roma-
nia Orientale, Roma, Bagatto Libri, 2008, 83-102 e «Teme specifice literaturii
migrante în proza lui Dumitru Țepeneag», in Caiete critice, Bucuresti, 3-4/2011,
34-45). Email: alexandra.vranceanu@g.unibuc.ro
265
Forum Translationswissenschaft
Band 1 Lew N. Zybatow (Hrsg.): Translation zwischen Theorie und Praxis. Innsbrucker Ringvorle-
sungen zur Translationswissenschaft I. 2002.
Band 2 Lew N. Zybatow (Hrsg.): Translation in der globalen Welt und neue Wege in der Sprach-
und Übersetzerausbildung. Innsbrucker Ringvorlesungen zur Translationswissenschaft II.
2004.
Band 3 Lew N. Zybatow (Hrsg.): Translationswissenschaft im interdisziplinären Dialog. Innsbrucker
Ringvorlesungen zur Translationswissenschaft III. 2005.
Band 4 Peter Sandrini (Hrsg.): Fluctuat nec mergitur. Translation und Gesellschaft. Festschrift für
Annemarie Schmid zum 75. Geburtstag. 2005.
Band 5 Lew N. Zybatow (Hrsg.): Translatologie – neue Ideen und Ansätze. Innsbrucker Ringvorle-
sungen zur Translationswissenschaft IV. 2005.
Band 6 Lew N. Zybatow (Hrsg.): Kulturelle Vorstellungswelten in Metaphern. Metaphorische Ste-
reotypen der deutschen und russichen Medien als Hypertext. 2006.
Band 7 Lew N. Zybatow (Hrsg.): Sprach(en)kontakt – Mehrsprachigkeit – Translation. Innsbrucker
Ringvorlesungen zur Translationswissenschaft V. 60 Jahre Innsbrucker Institut für Transla-
tionswissenschaft. 2007.
Band 8 Wolfgang Pöckl (Hrsg.): Im Brennpunkt: Literaturübersetzung. 2008.
Band 9 Assumpta Camps / Lew N. Zybatow (eds.): Traducción e interculturalidad. Actas de la
Conferencia Internacional „Traducción e Intercambio Cultural en la Época de la Globaliza-
ción“, mayo de 2006, Universidad de Barcelona. 2008.
Band 10 Assumpta Camps / Lew N. Zybatow (eds.): La traducción literaria en la época contem-
poránea. Actas de la Conferencia Internacional „Traducción e Intercambio Cultural en la
Época de la Globalización“, mayo de 2006, Universidad de Barcelona. 2008.
Band 11 Lew N. Zybatow (Hrsg.): Translation: Neue Entwicklungen in Theorie und Praxis. Summer-
Trans-Lektionen zur Translationswissenschaft. IATI-Beiträge I. 2009.
Band 12 Lew N. Zybatow (Hrsg.): Translationswissenschaft – Stand und Perspektiven. Innsbrucker
Ringvorlesungen zur Translationswissenschaft VI. 2010.
Band 13 A cura di Saverio Carpentieri / Angelo Pagliardini / Barbara Tasser / Lew Zybatow: Italia e
“Italie“. Identità di un paese al plurale. 2010.
Band 14 A cura di Alexandra Vranceanu / Angelo Pagliardini: Migrazione e patologie dell’humanitas
nella letteratura europea contemporanea. 2012.
www.peterlang.de