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AMBER

Lauren Royal

Traduzione di Mirella Banfi

Novelty Books
AMBER di Lauren Royal

Traduzione di Mirella Banfi

Pubblicato da: Novelty Books, una divisione della Novelty Publishers, LLC, 848 N. Rainbow
Blvd, Suite 4390, Las Vegas NV 89107

Originariamente pubblicato da: Penguin Putnam Inc.

ISBN-10: 1938907337

ISBN-13: 99781938907333

Copyright © Lauren Royal 2001, 2012, 2013

Prima edizione italiana, dicembre 2013

Copertina di Kimberly Killion

Formattazione di Typesetter For Mac

Diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere usata, riprodotta o
trasmessa in alcun modo, elettronicamente o a mezzo stampa o altro, senza il consenso
scritto sia di Lauren Royal sia della Novelty Books, eccetto brevi citazioni incluse in articoli
di critica e commenti.

Nota dell’editore: Questo è un lavoro di fantasia, nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti


sono il prodotto della fantasia dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualunque
somiglianza con persone, vive o morte, fatti o luoghi reali è puramente accidentale.
TABLE OF CONTENTS

Pagina del titolo


Sinossi
Dedica
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Epilogo
Materiale aggiuntivo
SINOSSI

Inghilterra e Scozia, 1668

I fratelli di Kendra Chase insistono che è ora che si sposi. Ma anche


se le hanno presentato un bel numero di pretendenti ricchi e titolati,
nessuno l’ha mai colpita—finché la loro carrozza viene fermata da
un misterioso, attraente brigante. Quando lei e quell’uomo pericoloso
sono colti in un abbraccio compromettente e i suoi iperprotettivi
fratelli insistono che si sposino, Kendra non riesce a crederlo. Sono
davvero tanto disperati da farle sposare un fuorilegge?

Patrick ‘Trick’ Caldwell è il Duca di Amberley—e anche il famoso


brigante nero, un’identità che ha assunto per correggere torti passati
e servire il suo Re. Ma la sua vita, già complicata, diventa
decisamente intricata quando si trova obbligato a sposare una sirena
dai capelli rossi che ha appena conosciuto. Colto in una ragnatela di
mezze verità e obbligato a compiere una missione pericolosa,
riuscirà Trick a districarsi e a trovare l’amore con la donna destinata
a rubargli il cuore?

Terzo libro della Trilogia Gioielli di Lauren Royal.


Per i miei figli,
Brent, Blake, and Devonie,
che hanno mangiato troppe pizze surgelate
per permettere alla loro mamma di scrivere.

Con amore e riconoscenza


per avermi permesso di vedere nuovamente
il mondo attraverso gli occhi di un bambino e per essere sempre stati
lì,
a ricordarmi che cos’è veramente importante.
CAPITOLO UNO

Sussex, Inghilterra
Giugno 1668
KENDRA CHASE ADORAVA I suoi fratelli, eccetto quando aveva
voglia di ucciderli.
“Jason ha ragione,” le disse Ford mentre la malandata diligenza
sferragliava sulla strada. “Hai ventitré anni ed è più che ora che ti
sposi.”
Kendra diede un’occhiata di soppiatto all’uomo dai vestiti dimessi
che divideva la diligenza con loro. “Non il Duca di Lechmere,” disse
guardando esasperata il suo gemello. “Non voglio essere chiamata
‘Vostra Grazia’ per tutta la vita.”
Il fratello maggiore di Kendra, Jason, cercò senza successo di
allungare le sue lunghe gambe. “E, per favore, dimmi,” disse in tono
annoiato, “che cosa ci sarebbe di sbagliato? Non ho mai capito che
cos’hai contro i duchi.” Incastrato nel sedile tra Kendra e sua moglie
Caithren, Jason sospirò. “Vorrei solo che avessi una vita
confortevole. Preferiresti viaggiare sempre in questo modo?”
Come per sottolineare la domanda di suo fratello, il veicolo senza
molle sobbalzò dentro e fuori un solco, facendole battere i denti.
Kendra li strinse. Anche se Jason era attento coi soldi, dopo tutto era
il Marchese di Cainewood e avevano una carrozza lussuosa. Ma si
era rotta una ruota mentre tornavano da Londra ed erano stati
obbligati a prendere la diligenza—o rischiare di mancare a un
appuntamento urgente a casa, nel castello di Cainewood.
Un appuntamento per presentare Kendra al più recente
pretendente che i suoi fratelli avevano in programma di affibbiarle.
“Non è questione di comodità—”
“Questa è la tua ultima possibilità di scegliere da sola,” la
interruppe Jason, raccogliendo le carte della mano di picchetto che
avevano appena finito. “Se non sposerai Lechmere, dovrai scegliere
uno degli altri uomini che hanno chiesto la tua mano. Altrimenti lo
sceglierò io.”
“Gli altri uomini.” Kendra scosse la testa di riccioli rosso scuro,
senza credere per un momento all’ultimatum di suo fratello. Quella
pessima giornata lo aveva messo di malumore, ma generalmente
era il più ragionevole degli uomini. “Vecchi ma benestanti, o vedovi
con figli o giovani ma noiosi. Uomini solidi, nelle grazie di Re
Charles, tutti quanti.”
Gli occhi verdi di suo fratello lampeggiarono. “Sì, perfettamente
accettabili, tutti quanti.”
Scuotendo malinconicamente la testa, Kendra rivolse uno sguardo
implorante a Caithren. “Non capiranno mai.”
Gli occhi di Caithren erano pieni di simpatia e anche un po’ di
esasperazione condivisa. Mise una mano sul braccio del marito. “Te
l’ho già detto, Kendra vuole sposarsi per amore, non—”
“La borsa o la vita!” li interruppe una voce profonda dall’esterno.
La carrozza si fermò di colpo. Bloccata a metà frase, Cait restò
con la bocca aperta e lo stomaco di Kendra si chiuse per lo
spavento.
Ford si chinò in avanti e spinse lo sportello. Un uomo a cavallo—
un brigante!—infilò la testa nella carrozza.
La testa più irresistibile che Kendra avesse mai visto.
“Tu?” dissero insieme Jason e Ford.
Conoscevano quell’uomo?
Visto che non le risultava che i suoi fratelli fossero stati feriti—o
derubati, adesso che ci pensava—la maggior parte della sua paura
svanì, e sentì un brivido di eccitazione.
Non le era mai successo niente del genere!
Un po’ sconcertato, il brigante smontò. “Aye, sono io,” disse
lentamente. Sotto la maschera che gli nascondeva la parte superiore
del volto, emerse un sorriso. Uno squarcio di bianco perfetto.
Beh, no, non esattamente perfetto. Uno dei denti davanti aveva
una piccola scheggiatura, ma Kendra trovò tenera quella piccola
imperfezione. E l’uomo era affascinante, nonché proibito. Se uno dei
suoi pretendenti fosse stato come lui, lo avrebbe sposato in un
lampo.
Voleva dire qualcosa per farsi notare. Ma per la prima volta in vita
sua la sua bocca si rifiutò di funzionare.
L’uomo ispezionò l’interno in penombra della carrozza come se lei
non fosse nemmeno lì. “Voi,” disse succintamente, indicando l’uomo
d’affari dalla faccia pallida seduto accanto a Ford. “Fuori.”
“Siamo in cinque, qui, tre di loro uomini, presumibilmente armati di
pistola,” disse rigidamente l’uomo. Dal suo taglio di capelli, gli abiti
disadorni e la giacca squadrata sotto il mantello, Kendra sapeva che
era un puritano. “Forse dovresti ripensarci.”
“Oh, mi minacciate di violenza, aye?” la voce del brigante era
profonda e un po’ roca, con, curiosamente, una lieve traccia di
accento. “Forse dovreste ripensarci voi. I miei amici,” disse
languidamente, indicando la collina dietro di lui, “si accerterebbero
che cessiate di esistere entro un minuto. Fuori, subito.”
Kendra guardò fuori dallo sportello e verso l’alto. E, in effetti,
c’erano una dozzina di uomini in cima alla collina, con i fucili puntati
sulla carrozza.
Il puritano evidentemente riconobbe la minaccia perché scese
riluttante. Kendra si spostò sul sedile, per vedere meglio fuori.
La vittima era una trentina di centimetri più bassa del rapinatore,
che sembrava incredibilmente alto e elegante nella sua giacca di
velluto nero. Con il volto cupo e rassegnato, il puritano svuotò le
tasche e consegnò il suo denaro, poi si voltò per risalire sulla
carrozza.
Il brigante gli afferrò la manica. “Non così in fretta.”
Visibilmente scosso, l’ometto si fermò, in silenzio.
Il brigante lo scosse un po’. “Certamente, un... uomo d’affari come
voi avrà più oro con sé. Dov’è? Cucito nel mantello? Nascosto nel
bagaglio?”
Anche se Kendra vedeva il suo petto alzarsi e abbassarsi
affannosamente, il puritano ribatté fieramente. “Certamente tu non
hai bisogno d’oro,” cercando di liberare la manica dalla presa
dell’uomo più alto e guardando il suo aspetto curato e l’abito
costoso, fatto su misura. “Un... gentiluomo come te.”
Gli occhi del brigante erano color ambra, con l’orlo di una tonalità
più scura—bronzo, decise Kendra, che ora si stava estendendo
verso il centro mentre la sua espressione si induriva. “Il vostro
bagaglio e il mantello, allora, visto che non avete intenzione di
collaborare.”
Agitò la pistola nella direzione del vetturino. L’uomo si affrettò a
scendere da cassetta e annaspò con le funi che assicuravano i beni
dei passeggeri. Uno spintone e il baule del puritano cadde sulla
strada piena di solchi con un tonfo deciso.
“Il mantello.” Il brigante tese la mano libera, quasi come se fosse
annoiato, mentre la sua vittima si toglieva il mantello.
“E loro?” sbottò, guardando i Chase, mentre consegnava il
mantello.
Il brigante guardò dentro e sorrise complice ai fratelli di Kendra
prima di rispondere. “Loro sono amici. Buona giornata.”
“Buona giornata? Buona giornata?” Il pover’uomo era rosso come
un neonato urlante e Kendra si sentì quasi dispiaciuta per lui, finché
non si rammentò che erano quelli come lui che avevano ucciso i suoi
genitori durante la guerra civile.
I suoi fratelli erano armati, di pistola e spada e coltello e Dio solo
sapeva cos’altro—e se l’uomo non fosse stato un puritano era sicura
che uno o entrambi sarebbero corsi in sua difesa. Ma per colpa di
uomini come quello, Jason aveva dovuto allevare i suoi fratelli
rimasti orfani e tutti loro erano stati costretti a passare gli anni del
Commonwealth in povertà e in esilio.
Si voltò a guardare l’uomo d’ambra rimontare a cavallo e risalire la
collina verso i suoi complici. Era stato superbo, magnifico.
Romantico, pensò con un sospiro.
Ambra. La carnagione ben rasata, abbronzata. Gli occhi, color oro
scuro, il colore del liquore più fine. La piuma nera del suo cappello
da cavaliere ondeggiava mentre cavalcava e sotto indossava una
lunga parrucca castana arricciata che le ricordava un po’ i capelli di
suo fratello Ford. Anche se molti avevano la testa rasata sotto la
parrucca, lui no. Era sicura che avrebbe avuto i capelli tagliati corti,
ma non rasati—rabbrividì al pensiero—e sarebbero stati d’oro.
Ambra.
“Lascerete che se ne vada così?” Chiese il puritano risalendo e
fissando malevolo i fratelli con le spade al fianco.
Jason alzò un sopracciglio e parlò per entrambi. “Penso proprio di
sì.”
La diligenza balzò in avanti e proseguì, ma l’atmosfera era tesa, e
il puritano scese alla fermata successiva.
Kendra si spostò per sedersi al posto vuoto accanto a Ford. “Un
brigante,” mormorò appena la carrozza riprese a muoversi.
“Perché non ci ha derubati?” Chiese Caithren. “Come fate a
conoscerlo? Vi ha definiti amici.”
“Ha usato quel termine alla leggera.” Il sorriso di Jason era
enigmatico. “Ci siamo incontrati altre volte. Ma non ci ha mai
derubati.”
“Non sembrava che avesse bisogno di derubare nessuno,”
sottolineò Kendra. “Il suo vestito era più bello del tuo.”
L’uomo era più bello di Jason nel complesso, pensò Kendra. Non
che Jason non fosse attraente, ma aveva un’aria di famiglia, un
aspetto cui era abituata, diciamo così. Quest’uomo, al contrario,
sembrava... esotico. Tutto d’oro e vestito di nero—abito nero,
camicia nera, stivali neri, maschera nera— di certo non aeva
l’aspetto del tipico criminale trasandato.
Jason fece spallucce, passando distrattamente una mano nei
capelli biondo scuro lisci di sua moglie. “Chiunque può permettersi
un bell’abito, se ne fa la sua priorità. Non puoi giudicare un uomo dal
suo aspetto, Kendra.”
Ma ovviamente lei l’aveva già fatto, e le piaceva quello che aveva
visto.
Jason sollevò la mano di Cait e le passò le labbra sulle nocche,
guadagnandosi un mezzo sorriso in risposta. “Forse dovremmo
denunciarlo,” suggerì scherzando. “Sta diventando un mezzo
fastidio.”
“Non oseresti!” sbottò Kendra. “È... beh... starebbe bene a corte. E
ha derubato solo il puritano. Scommetto che è un realista.”
“Ci potrebbe essere una taglia sulla sua testa. E Lakefield House
è in pessime condizioni,” si lamentò semiserio il Visconte Lakefield,
altrimenti conosciuto come Ford. “Non posso vivere per sempre con
Jason.”
“Oh, sì che puoi,” rispose animatamente Kendra.
Jason si voltò a guardarla. “È importante per te, allora. Non mi
rendevo conto che la tua lealtà realista fosse tanto sentita.”
“Beh... è così,” dichiarò Kendra, pensando alle spalle larghe del
brigante.
“Bene, allora.” Gli occhi azzurri di Ford brillavano di malizia.
“Suppongo che dovremo lasciarlo stare. Per lo meno gli fornisce la
posta per le partite a carte.”
Jason diede un’occhiataccia al fratello.
“Come?” Chiese Kendra. “Quali partite a carte?”
“Tutti i briganti giocano a carte,” disse Jason, deciso. Raccolse il
loro mazzo e lo mischiò con mano esperta, poi distribuì le carte.
Kendra sistemò lentamente le sue carte, con la mente lontana dal
gioco.
Ricordò la voce del brigante. Aveva parlato con cautela, come
studiando attentamente ogni parola. Non come la sua famiglia. I
Chase, di regola, dicevano tutto quello che passava loro per la testa
e di solito con tutto il fiato che avevano in gola.
“Che accento era?” Chiese Kendra. “Lo avete sentito?”
“Scozzese, aye?” disse Caithren, esagerando la sua stessa
pronuncia natia. “Anche se secondo me non va a casa da parecchio.
Mi sorprende che tu lo abbia notato.”
Quando Jason alzò di colpo gli occhi, Kendra finse di studiare le
sue carte. Jason guardò le sue aggrottando la fronte. “Perché vuoi
saperlo?”
Perché? Non riusciva nemmeno a capire una domanda così
stupida. Voleva sapere tutto del misterioso brigante.
“Semplice curiosità,” disse in tono leggero, giocando un fante di
cuori. “Tocca a te.”
CAPITOLO DUE

IL DUCA DI LECHMERE si era rivelato proprio come Kendra


temeva che fosse e forse peggio. Era l’epitome di quello che lei non
voleva in un marito.
La sua pelle sembrava non aver mai visto il sole. Solo Dio sapeva
di che colore fossero i suoi capelli, visto che erano nascosti sotto
una parrucca lunga, con abbastanza cipria da soffocare un cavallo.
Comunque sospettava che, sotto, fosse calvo. Gli occhi erano di un
pallido grigio spento.
Non che l’aspetto fosse tutto, ma l’abito che indossava era di satin
cangiante ed era ornato di abbastanza nastri penzolanti e pizzo da
far sembrare che tremasse mentre parlava. Per quanto fosse la
moda corrente, Kendra non era attirata da uomini che indossavano
vestiti più ornati dei suoi. Un semplice abito di velluto scuro—come
quelli che preferivano i suoi fratelli—era molto più di suo gusto. Per
non parlare del fatto che l’abbigliamento di Lechmere avrebbe
probabilmente potuto finanziare un orfanotrofio per un mese.
Essendo rimasta orfana a sette anni, Kendra avrebbe
francamente preferito vedere spesi i soldi per quello.
Ed era un duca.
Kendra suona il clavicordio come un angelo,” disse Jason,
facendole venire un attacco di tosse. Anche se era vero che era una
musicista competente, non ricordava di aver mai sentito il suo nome
e la parola angelo nella stessa frase. Almeno non da suo fratello,
che l’aveva vista attraversare più di uno stadio di ribellione.
“Un’abilità ammirevole.” Il Duca agitò languidamente una mano
coperta di anelli vistosi. “Mi piacerebbe sentirla suonare, più tardi.”
“Ed è una brillante conversatrice,” aggiunse Ford, concentrandosi
sul soffitto scolpito del salotto.
Descrizione interessante, brillante conversatrice, visto che i suoi
fratelli passavano un mucchio di tempo a dirle di stare zitta. Avrebbe
dovuto chiederne conto a Ford, più tardi.
Dopo aver capito come liberarsi di quel pavone idiota.
“Anche se sembra un po’ silenziosa, ora,” aggiunse Jason
seccamente. “La prima volta da che mi ricordi.”
Seduta accanto a Jason in una poltrona di velluto color salmone,
Kendra evitò per un pelo di dargli un calcio. Forse avrebbe dovuto.
Forse le cattive maniere avrebbero mandato via di corsa il Duca.
Ma no. Aveva bisogno di qualcosa di più drastico. A prova di
errore.
“In circostanze come questa, un po’ di mutismo è da aspettarsi,”
intonò Lechmere in tono altezzoso. “Anche se vi assicuro, mia cara,
che non sto cercando qualcuno con cui fare conversazione.” Il suo
freddo sguardo grigio sembrò scaldarsi mentre la ispezionava dalla
testa ai piedi. “Io ammiro una donna tranquilla, docile.”
Buon Dio. Meglio fare qualcosa alla svelta. Quando Jason le
chiese di versare il vino, Kendra si alzò in fretta, inciampando
deliberatamente nell’orlo del tappeto a disegni neri e salmone.
“Attenta,” la avvertì Jason sottovoce, sorridendo al Duca che
tendeva il suo calice con una mano molle.
“Oh, sono così goffa,” mentì Kendra. All’occhiataccia di suo
fratello, fece solo una risatina, suscitando una smorfia.
Kendra non ridacchiava mai.
Con forza esagerata, Kendra tolse il tappo dal decanter, poi
ridacchiò di nuovo quando il tappo volò per la stanza e colpì il ritratto
di uno dei suoi solenni antenati, proprio sulla fronte.
Il suo bis-bisnonno. Kendra guardò il suo ritratto, come a cercare
aiuto, ma non arrivavano suggerimenti.
“Va tutto bene, mia cara.” Lechmere alzò il mento. “È naturale
essere nervosi quando si incontra un uomo della mia statura.
Quando sarete una Duchessa—”
“Quando sarò una Duchessa, aprirò un mucchio di orfanotrofi,”
bofonchiò Kendra.” Ci sono tanti bambini svantaggiati che
fiorirebbero con un’educazione adeguata in un ambiente amorevole.
E parlando di fioriture, avete giardini molto grandi, Vostra Grazia?
Perché ho delle teorie sull’impollinazione incrociata dei fiori—“
“Vi ho detto che è una brillante conversatrice,” la interruppe Ford.
“Ecco, Vostra Grazia, datemi il vostro bicchiere.” Kendra gli afferrò
la mano, rabbrividendo quando le sue dita incontrarono le sue,
fredde e sudaticce. “Oddio, che bel rubino.” Incredibilmente, l’anello
in questione era sul pollice. Evidentemente le altre dita non
bastavano per mettere in mostra a sufficienza la sua ricchezza.
“Amy sarebbe felicissima di vederlo, ne sono sicura.”
“Amy?”
“Mia cognata. La moglie di mio fratello Colin. È una gioielliera.”
Kendra appoggiò il bicchiere sul tavolo con un tonfo che fece
sobbalzare tutti.
“La moglie di vostro fratello è una gioielliera?”
Il Duca sembrava decisamente scandalizzato. Non riuscendo a
nascondere un sorriso, Kendra lo trasformò in una nuova risatina.
“Oh, sì, Colin l’ha trovata per strada, a Londra.” Il che era vero, in un
certo senso—visto che l’aveva salvata dal grande incendio di due
anni prima—ma un tantino fuorviante. Anche se la famiglia di Amy
non era titolata, Amy era istruita e ricca per conto suo. “Ovviamente
adesso è una Contessa, ma continua a fare l’orafa.”
“Pfui,” esalò il duca, sdegnato.
“Sì, Vostra Grazia. È ammirevole che una donna sia più che una
semplice dama, no? Beh, lasciate che vi versi il vino.”
E glielo versò direttamente sui pantaloni.
Il Duca fece un salto, guardando inorridito la macchia rossa che si
spandeva sul satin turchese in un punto molto imbarazzante. “Penso
di averne avuto abbastanza, milady, sia del vino sia di voi. Se volete
scusarmi.” Con il puntuto naso per aria, uscì impettito dalla stanza.
“Impollinazione incrociata dei fiori?” Quando il suo gemello la
guardò negli occhi, scoppiarono entrambi a ridere.
Ma Jason non era divertito. “Molto divertente, Kendra.” Appoggiò
deliberatamente i gomiti sui braccioli della poltrona, poi unì le dita,
inchiodandola con i suoi occhi verdi esasperati. “Un altro cancellato
dalla tua lista. Devo rammentarti chi resta? Mi aspetto una decisione
dopo il finesettimana, e ti sposerai prima della fine dell’estate.”
CAPITOLO TRE

KENDRA SI SVEGLIÒ la mattina seguente con un feroce mal di


testa.
Jason non poteva fare sul serio.
Lui e Ford erano via per il finesettimana, un ricevimento cui
partecipavano una volta al mese—le donne non erano ammesse—e
come al solito, Amy e la sua bambina, Jewel, si sarebbero unite a lei
e Caithren per il finesettimana. Normalmente facevano festa ancor
loro, giocando con la bambina e spettegolando fino al ritorno degli
uomini.
Ma al loro ritorno, questa volta, i suoi fratelli si aspettavano che
dichiarasse chi aveva deciso di sposare.
Fissò la parte inferiore del baldacchino verde menta, che aveva
ottenuto da Jason quand’era più giovane, dopo parecchie preghiere.
Anche se i loro genitori avevano dissipato la fortuna di famiglia
finanziando la guerra civile, Jason si era sempre accertato che non
le mancasse niente. Aveva soddisfatto tutti i suoi capricci, al meglio
delle sue possibilità. Non l’avrebbe sicuramente obbligata a
sposarsi, adesso.
O sì?
Sbuffando, si alzò e indossò un abito da cavallerizza, nuovo,
verde scuro. Si passò il pettine tra i capelli, senza preoccuparsi di
chiamare la sua cameriera per arricciarli e appuntarli. Amy doveva
arrivare da un momento all’altro, ma lei aveva bisogno di pensare,
da sola.
Un momento dopo era a cavallo di Pandora, la sua giumenta e
galoppava per le colline del Sussex.
I suoi fratelli sarebbero stati parecchio contrariati se avessero
saputo che stava cavalcando senza un scorta, ma per quello che le
importava potevano anche impiccarsi.
Oltre a tutto erano via per tutto il finesettimana e non lo avrebbero
mai saputo.
L’aria fresca della campagna alleviò il suo mal di testa, ma solo
pensare a quella faina di Lechmere la faceva rabbrividire. E il resto
dei pretendenti non era molto meglio.
Il Conte di Shrewsbury si presentava corredato di madre
impicciona. Il Marchese di Rochford era un vedovo e anche
abbastanza gentile, ma aveva i capelli completamente grigi—
indubbiamente per essersi dovuto occupare dei suoi sette turbolenti
figlioli. Il Visconte Davenport non parlava, miagolava. Il Duca di
Lancashire viveva, beh, nel Lancashire—che era troppo lontano
dalla sua famiglia. Il Conte di Morely era ricco e saggio, ma aveva
quasi cinquant’anni. Lord Rosslyn era giovane, bello e amava il
divertimento, ma era scarso di cervello. A volte Kendra si chiedeva
se sapesse leggere.
Jason non poteva fare sul serio.
Riscuotendosi, si fermò. Non si era resa conto di quanto fosse
arrivata lontana. In effetti, notò sorpresa, era nello stesso punto in
cui aveva visto il brigante il giorno prima, con i suoi amici in cima alla
collina, sdraiati sulla pancia, con i cappelli calati per nascondere i
loro volti, da dove puntavano un impressionante assortimento di
fucili sullo sfortunato puritano.
Quella mattina, la collina era deserta e il brigante non si vedeva
da nessuna parte. Tentando di capire che ora fosse, Kendra guardò
il cielo, ma c’erano troppe nuvole. La giornata stava diventando
orribile. Non fredda, ma umida, con più di una minaccia di pioggia.
Senza il sole per confermarglielo, giudicò che fossero circa le dieci.
Forse i briganti dormivano fino a tardi.
Ovviamente, le rapine non erano un’occupazione a tempo pieno.
Non che lei avesse idea di che cosa avrebbe fatto se il brigante
fosse stato lì. Sarebbe scappata, probabilmente. Ma scivolò in un
sogno a occhi aperti, di lei che cavalcava lungo la strada a rotta di
collo, con i suoi lunghi capelli rosso scuro che ondeggiavano nella
brezza, impressionandolo con la sua abilità di cavallerizza e la sua
grazia. Nella sua fantasia, lui la fissava a bocca aperta per la
sorpresa e l’apprezzamento, temporaneamente stordito da un... un
colpo di fulmine, amore al primo sguardo.
Beh, al secondo sguardo, in effetti—ma non le aveva prestato
attenzione la prima volta, quindi certamente non contava.
Poi lei sarebbe tornata indietro, si sarebbe fermata in mezzo alla
strada, proprio davanti a lui, sarebbe smontata lentamente... molto
lentamente. Continuando a guardarla, lui si sarebbe avvicinato,
raggiungendola in due o tre lunghi passi, e le sue mani avrebbero
circondato la sua vita per aiutarla a scendere. E poi...
Non ne aveva idea. L’inesperienza non aiutava ad avere fantasie
particolareggiate. E, comunque, lei non poteva certamente avere
niente a che fare con un brigante. La sua fantasia non era solo
noiosa, era assurda.
Ma invece di tornare indietro, cavalcò per un po’ verso la cima
della collina, poi lasciò il sentiero. E lì, forse a una trentina di metri di
distanza, c’era un cumulo molto misterioso.
Non era stato creato dalla natura, si rese immediatamente conto
Kendra. La forma era angolare e la superficie era di terra, non
erbosa.
Una tomba. Una tomba fresca.
Strinse le mani sulle redini mentre si avvicinava alla tomba. Chi
c’era sepolto? Il brigante? Una delle sue vittime? Entrambe le
alternative erano impensabili. Si morse la guancia, stuzzicando la
carne tenera con i denti.
Una singola goccia di pioggia le cadde sui pugni serrati e una
folata di vento soffiò mentre raggiungeva il cumulo. Dal suo trespolo
in cima a Pandora vide la terra sciolta soffiata via dal vento, e, sotto,
un pezzo di tela cerata. Le batté forte il cuore. Forse quell’uomo non
era stato sepolto bene, quindi—forse solo coperto con un pezzo di
tessuto?
Smontò da cavallo e condusse Pandora al passo per investigare.
Chinandosi, afferrò un angolo del tessuto, giusto un angolo, con due
dita tremanti e lo sollevò...
Se i suoi fratelli fossero stati lì, le avrebbe detto di non saltare alle
conclusioni come al solito. E questa volta avrebbero avuto ragione.
La sua risata risuonò per le colline mentre tirava indietro la tela.
Dodici ceppi di legno. Dodici stretti tubi di varie misure. Dodici
cappelli con piume di diverso colore e una varietà di nastri.
Legò Pandora a un albero. In cima a una collina lì vicino,
appoggiò il cappello su un ceppo di legno con un tubo che sporgeva.
Quando corse indietro giù per la collina e guardò in alto, sembrava
proprio che ci fosse un uomo sdraiato sulla pancia, che le puntava
un fucile addosso.
Era proprio furbo quell’uomo. Molto furbo.
“Che cosa state facendo?”
Kendra restò immobile. Non aveva sentito nessuno avvicinarsi e
per una frazione di secondo pensò di aver immaginato la voce. Ma
l’uomo era dietro di lei. Sentiva la sua presenza, forse a un metro di
distanza.
“Io...” le mancarono le parole. “Io...”
“I cappelli si stanno bagnando.”
“Oh.” Kendra si portò una mano alla testa, sentendo la massa dei
capelli che si arricciava con l’umidità. Non aveva notato la
pioggerellina crescente. “Sta piovendo.”
“Molto osservante.”
Kendra si voltò e lo fissò. Era esattamente come aveva previsto. I
suoi capelli erano color oro—folti, setosi e diritti. Erano tagliati corti,
non lunghi fino al mento come quelli dei puritani, e neppure rasati
come i realisti che portavano una parrucca, ma una via di mezzo e
gli pendevano sugli occhi. Kendra avrebbe voluto allungare la mano
e toglierglieli dalla fronte, ma sembrava inchiodata sul posto e non
avrebbe comunque osato toccarlo.
Indossava calzoni aderenti di lana, non di velluto e la camicia era
bianca, non nera. Quindi non era lì per lavoro.
“Sono venuto a salvare dalla pioggia la mia attrezzatura. Potete
aiutarmi, visto che siete qui?”
Aiutarlo? Avrebbe dovuto correre verso Pandora, subito. “Certo.”
Era lei che l’aveva detto? Sapeva che non avrebbe dovuto.
L’uomo corse su per la collina, afferrò tre serie di attrezzature, poi si
voltò e tornò dalle altre. Scomposti dal vento, i suoi capelli d’oro
saltellavano al ritmo dei suoi passi mentre lei lo seguiva.
Kendra si concentrò sulla sua schiena ampia, guardando il gioco
dei muscoli sotto la sottile camicia mentre alzava il telo e impilava i
cappelli, avvolgendoli e legando i quattro angoli con un nodo per
farne un fagotto. Lo sollevò, soppesandolo poi si rivolse a lei.
“Riuscite a portarlo, aye? Davanti a voi, sul cavallo?”
Non sembrava arrabbiato con lei, pareva solo che stesse
cercando di sbrigare la faccenda nel modo più efficiente possibile.
Kendra ne fu sollevata, ma si muoveva in una foschia irreale.
Riuscì a ritrovare la voce. “Se me lo passerete, sì, credo di poterlo
portare. Dove dobbiamo portarlo?”
“A un cottage oltre la prossima collina, non troppo lontano.”
Raccolse i tubi sotto un braccio e alzò il fagotto usando il nodo.
“Andiamo, prima che cominci a piovere sul serio.”
Il suo cavallo era legato accanto a Pandora—color ambra,
ovviamente, con il mantello lucido di un color beige dorato. Il
mantello di Pandora era marrone scuro e Kendra pensò che
formavano una bella coppia.
Era difficile vedere oltre il fagotto davanti a lei, ma la distanza era
breve.
Il cottage non era chiuso a chiave e il brigante legò alla svelta i
cavalli prima di depositare all’interno i tubi e tornare a prendere il
fagotto. Dopo averglielo passato, Kendra smontò lentamente...
lentamente... e un secondo dopo le sue mani grandi la afferrarono in
vita aiutandola a scendere.
Le dita restarono lì un momento più del necessario e Kendra sentì
il loro calore attraverso il vestito. Alzò gli occhi. L’uomo aveva una
bocca grande, con il labbro inferiore perfettamente diritto in centro.
Avrebbe voluto toccarlo, proprio lì.
Lo fissò negli occhi e sentì il fiato fermarsi in gola.
Risuonò un tuono e grosse gocce di pioggia cominciarono a
colpire il terreno. L’uomo fece un salto indietro, indicandole di
seguirlo all’interno.
Avrebbe dovuto andarsene. Subito. Ma stava piovendo a dirotto...
Il cottage sembrava più un casino di caccia. Era arredato, caldo e
accogliente e molto mascolino. L’uomo chiuse la porta alle loro
spalle e andò verso un sofà di pelle, sedendosi con grazia
sorprendente. “Appena in tempo, aye? Ancora cinque minuti e i miei
cappelli si sarebbero rovinati. Vi ringrazio per il vostro aiuto.” Era
incredibile—e, di colpo, incredibilmente pauroso. Non ricordava di
essere mai stata da sola con un uomo, eccetto i suoi fratelli. E non
sapeva assolutamente niente di quest’uomo—eccetto che era un
brigante.
La paura doveva essere evidente sul suo volto perché l’uomo si
sedette diritto e batté sul cuscino accanto a lui. “Venite qua—non
mordo. Resterete finché smetterà di piovere, aye?”
“Aye—voglio dire sì.” Fuorilegge o no, le piaceva il suo modo di
parlare, lento e melodico. Anche se aveva il cuore che batteva
follemente, raccolse il coraggio e si mosse per sedersi cautamente
accanto a lui. “Sono Kendra. Kendra Chase.”
“Trick Caldwell.”
“Trick?” ripeté, stupita. Si voltò a guardarlo, dimenticando per un
momento che avrebbe dovuto farle paura. “Che razza di nome è
Trick?”
“Ah, c’è una storia dietro.” Le sorrise, un largo sorriso bianco che
illuminò il cottage e fece sparire la giornata buia. Chinandosi in
avanti, l’uomo allungò una mano e gliela mise sul polso, un tocco
leggero, ma Kendra sentì una scossa lungo il braccio che si estese a
tutto il corpo, riscaldandola. Qualcosa scattò dentro di lei e il senso
di irrealtà svanì.
Era lì, veramente lì, con il brigante d’ambra—no, si corresse
mentalmente, Trick—da sola e lui non era per niente pauroso.
Beh, non molto.
CAPITOLO QUATTRO

“AVETE FAME?” LE CHIESE all’improvviso Trick.


Kendra scosse la testa, chiedendosi se l’uomo avesse veramente
del cibo, lì. Certo il cottage non era suo. Beh, magari sapeva dove
teneva le scorte il proprietario, e lei non avrebbe dovuto meravigliarsi
che le usasse.
Era un ladro, dopo tutto.
“Avete sete, forse? Aye, credo che un po’ di vino vi farebbe bene.
Sembrate tesa.”
Tesa non cominciava nemmeno a descrivere come si sentisse
Kendra. Guardò le lunghe dita che le circondavano il polso. “Sì, un...
goccio di vino, se ne avete, grazie.”
Lasciandola andare, l’uomo—Trick—si alzò e andò senza
esitazioni verso un armadietto, come se conoscesse ogni angolo di
quel posto. Dietro gli sportelli c’erano calici di cristallo e un decanter
con lo stesso decoro. Riempì due bicchieri e lei ne prese uno,
sperando che lui non vedesse che le tremavano le mani.
“Vado a sistemare i cavalli e torno subito, aye?”
“Dove...?”
“C’è una piccola scuderia dietro.” Appoggiò il bicchiere sulla
mensola del camino, prese un mantello pesante appeso a un gancio
sulla parete, se lo mise addosso e uscì dalla porta con una folata di
vento.
Kendra si sedette sul sofà, ascoltando la pioggia sul tetto e
sorseggiando il madera amabile. Rabbrividì, anche se non aveva
freddo. Guardandosi intorno, si chiese come avesse potuto
quell’uomo chiamare quell’edificio ‘cottage’.
I cottage nel villaggio di Cainewood erano generalmente edifici
piccoli e bui, di una sola stanza con pareti rozzamente intonacate e
pavimenti di terra battuta. Questo cottage era impeccabilmente pulito
e aveva grandi finestre di vetro. Le pareti e i pavimenti di legno
erano lucidissimi e i suoi piedi poggiavano su un bel tappeto
orientale. Oltre al sofà c’erano due sedie e diversi tavolini, due
armadietti intarsiati e una scrivania in un angolo.
Andò alla scrivania e passò una mano sul lucido legno liscio. Sul
ripiano era tutto in ordine. Appoggiando il suo bicchiere, aprì il
cassetto superiore trovando una pila di carta e una bottiglietta di
inchiostro. La mano andò al cassetto inferiore e tirò, ma era
incastrato, o chiuso a chiave. Lo guardò con una smorfia e si voltò a
guardare il resto dell’enorme stanza.
Un bel tavolo da pranzo intagliato e le relative sedie poggiavano
su un altro tappeto colorato, evidentemente importato da terre molto
lontane. Una sbirciatina attraverso un arco le permise di vedere una
cucina immacolata, piuttosto moderna, con gli scaffali ben riforniti di
viveri. Un altro arco si apriva su un corridoio, che apparentemente
portava a diverse altre stanze.
Che cottage! Pensò Kendra. Tutto arredato, cibo, bevande... Trick
sembrava a casa sua. Forse viveva lì, dopo tutto. Non aveva mai
veramente pensato a dove potesse vivere un brigante, ma non si era
aspettata un casino di caccia, o un cottage, o come diavolo voleva
chiamarlo. Aveva pensato che dormissero nelle locande o roba del
genere.
Quando la porta si aprì e Trick entrò, togliendosi il mantello,
Kendra tornò di corsa alla scrivania e riprese il suo bicchiere.
“Non smette,” annunciò Trick, battendo i piedi per togliere la
pioggia dagli stivali.
Kendra fu lieta che non sembrasse importagli che stesse
ficcanasando. “Questo... è vostro?” Sbottò, andando a sedersi sul
sofà. “Voglio dire, vivete qui?”
“Mmm... quasi.”
Kendra sentì il calore salirle alle guance. Non avrebbe veramente
dovuto essere così curiosa. Non erano affari suoi a chi appartenesse
il cottage e ora aveva messo a disagio Trick.
Ovvio che non fosse suo. Molti briganti avevano la reputazione di
essere gentiluomini, ma questo non significava che lo fossero
veramente. Gli uomini di mezzi non diventavano briganti per
mantenersi.
Grazie al cielo, Trick sembrava più divertito che irritato o
imbarazzato. Prese il suo bicchiere dalla mensola e si sedette
accanto a lei.
La stanza era silenziosa, eccetto il picchiettare leggero della
pioggia. Kendra sorseggiava il vino, guardandolo sopra l’orlo del
bicchiere. Lui la fissava attraverso le ciocche di capelli dorati
bagnati, e Kendra vide che i suoi occhi si scurivano. Ma certamente
non aveva nessun motivo per essere arrabbiato.
No, era qualcos’altro.
Il suo cuore accelerò e di sua volontà, la sua mano si alzò per
togliergli i capelli dalla fronte. Inorridita, riuscì a tirare indietro la
mano appena in tempo.
Sorridendo all’improvviso, Trick gettò indietro la testa, togliendosi i
capelli dagli occhi. “Stavamo parlando del mio nome,” le ricordò—o
forse lo rammentò a se stesso.
Kendra bevve ancora un po’ di vino. “Come vi hanno chiamato
veramente i vostri genitori?”
“Patrick Iain Caldwell.” Si appoggiò lentamente allo schienale. “Ma
mio padre era via quando sono nato—era sempre via—quindi è
stata mia madre a darmi il nome. Lei era a metà scozzese e a metà
irlandese. In ogni modo, lui fu sconvolto quando finalmente venne a
casa per conoscermi. Disse che lo aveva imbrogliato ben bene,
dando a un inglese due nomi barbari.
Kendra sorrise. “Trick... perché lo aveva imbrogliato?”
“E come abbreviativo di Patrick, anche se lui lo non avrebbe mai
ammesso. Si odiavano a vicenda. Era stato un matrimonio
combinato.”
“Sembra un po’ all’antica. Perché?”
“Accidenti se lo so.” Svuotò il suo bicchiere e lo fissò pensieroso,
tenendolo per lo stelo e ruotandolo. “Nessuno dei due ha mai parlato
abbastanza a lungo dell’altro per permettermi di scoprirlo.”
“Che cosa triste,” mormorò Kendra, e il tono sincero della sua
voce attirò lo sguardo di Trick.
CAPITOLO CINQUE

TRICK ALZÒ GLI OCCHI e vide Kendra che scuoteva la bella


testa. Gesù, era adorabile. E nonostante la giornata uggiosa e
piovosa, profumava di sole e lavanda. Doveva controllarsi per non
chinarsi e affondare il naso nei suoi riccioli color borgogna.
Dannazione. Perché non poteva essere una dannata servetta?
Era un bel po’ che non portava a letto una donna—un bel po’ da
quando una lo attraeva—ma la sorella di Cainewood non era una
donna con cui soddisfare gli appetiti repressi.
Non avrebbe dovuto chiederle di venire nel cottage, non avrebbe
dovuto incoraggiarla a restare. Jason Chase avrebbe voluto la sua
testa su un piatto d’argento se avesse saputo che era lì, senza
scorta, ma con la pioggia e tutto il resto, gli era sembrata la cosa più
educata da fare. E non era riuscito a farne a meno.
Comunque, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era la sua
compassione per un’infanzia che avrebbe preferito dimenticare.
“Non poi così triste,” disse, staccando gli occhi dal volto di Kendra
solo per farlo finire sul suo seno elegante, modellato dalla giacca
senza colletto dell’abito da cavallerizza, perfettamente proporzionato
alla sua piccola statura. Gli occhi scesero alla vita, e si sentiva
prudere il palmo delle mani, ricordando la sensazione. Si obbligò ad
andare a guardare fuori dalla finestra. Una goccia di pioggia
scendeva lentamente, disegnando una linea tortuosa. “I matrimoni
combinati sono piuttosto comuni.”
“Per alcuni, forse. La nobiltà spesso è obbligata a sposarsi per
concludere un’alleanza.”
Oddio. Lei pensava che lui fosse un cittadino comune. Non aveva
veramente idea di chi fosse. Trick sorrise, poi tornò serio, pensando
all’incontro del giorno prima. Lei non sapeva niente di lui, i suoi
fratelli erano ancora più protettivi di quanto avesse pensato.
Si alzò per appoggiare il bicchiere vuoto sulla mensola, poi si
appoggiò, incrociando braccia e caviglie. “I vostri genitori erano
diversi, allora?”
“Oh, sì. Avevano un matrimonio perfetto, romantico e si amavano
moltissimo. Troppo, secondo uno dei miei fratelli. Dice che si
amavano l’un l’altro e amavano la monarchia, e che non restava
niente per noi.”
“Ma voi non siete d’accordo?”
Un’affermazione, non una domanda. La guardava mentre Kendra
rifletteva, notando l’intelligenza che brillava nei suoi occhi. “No,”
rispose dopo un po’. “Non li ho conosciuti molto bene, dato che sono
andati combattere quando ero ancora una bambina. Ma mi sono
sempre sentita amata.”
“Amore.” Una volta avrebbe pronunciato quella parola in tono di
scherno, ma ora, a ventotto anni e più saggio, riuscì a dirlo con
semplice distacco.
Eppure lei colse il suo tono ambiguo. “Non credete nell’amore?”
“No.”
“Non amate nessuno? Nessuno ama voi?” I suoi occhi verde
chiaro lo guardavano increduli. “Nessuno, in nessun modo?” Arrossì
di colpo e si alzò. “Scusate,” mormorò. “Io... non ci conosciamo. Non
dovrei farvi domande del genere.”
Trick la guardò avvicinarsi alla finestra, con passo sicuro, non i
passettini ridicoli delle dame di corte. Non riusciva a immaginarla a
sussurrare dietro un ventaglio, anche se era sicuro che partecipasse
ai balli e roba simile e probabilmente si divertisse moltissimo.
Non essendo un animale sociale, rabbrividì all’idea, con gli occhi
che seguivano la mano aggraziata mentre Kendra tracciava il
percorso di una goccia di pioggia con un dito.
“Chiedete pure,” le assicurò. “Non ho niente da nascondere.” Non
era vero—nemmeno lontanamente—ma suonava bene. “No, non
amo nessuno.”
La vide che guardava il suo riflesso nel vetro. “I vostri genitori...?”
“Hanno reso la mia vita un inferno.”
Si voltò a guardarlo direttamente. “Fratelli o sorelle?”
“Ah! Impossibile. Immagino che i miei siano stati insieme una
volta, e una volta sola—e che siano vissuti rimpiangendolo, ne sono
sicuro.”
A queste parole franche, il volto di Kendra si accese di un
gradevole colore rosato. Trick avrebbe voluto farla arrossire ancora
di più, con il rosa carico della passione. Ma immaginò il volto severo
di Cainewood, insieme a quelli dei suoi formidabili fratelli e seppe
che non sarebbe mai successo.
Kendra non meritava di essere usata e lui non aveva nessuna
voglia di sopportarne le conseguenze.
“Voi amate qualcuno, allora?” Le chiese.
“Oh, sì.” Era tornato il sorriso, brillante come il sole. “I miei fratelli,
tutti e tre. E le mie nuove sorelle—cognate in effetti—e la mia
nipotina. Quando ho tenuto in braccio per la prima volta il suo corpo
minuto e mi ha guardato negli occhi... è stato amore al primo
sguardo.” Si concentrò su di lui e gli occhi si scurirono. “Immagino
che non crediate nemmeno all’amore al primo sguardo, vero?”
Trick si agitò nervosamente. “Non credo nell’amore e basta. Forse
una volta... ma non più. L’amore è solo un’illusione.”
Kendra restò a bocca aperta, poi si riscosse e la chiuse.
Sembrava morbida. “Non è un’illusione.” Dichiarò in un tono che non
ammetteva repliche.
Trick sorrise, divertito dalla sua ingenua fiducia. “L’amore per un
bambino, sì, forse. L’amore tra due adulti razionali... nemmeno per
sogno.”
“Non avete intenzione di sposarvi, allora? Mai?”
“Certo che ho intenzione di sposarmi.” Alzando il bicchiere, andò
all’armadietto per versarsi ancora un po’ di vino. “Forse, tra una
diecina di anni. Ma non avrà niente a che vedere con l’amore.”
“Un giorno,” gli disse Kendra, “qualcuno vi farà cambiare idea. Un
giorno vi innamorerete.”
“Lo fate sembrare una promessa,” disse Trick, divertito.
“Allora potete prenderla come tale. E i Chase non promettono mai
alla leggera.”
Gli sembrava di aver sentito uno dei suoi fratelli usare le stesse
parole. “Diavolo, ragazza, spero abbiate ragione. Ma non ho
intenzione di scommetterci dei soldi. Volete ancora un po’ di vino?”
Con un’occhiata alla pioggia scrosciante, Kendra annuì e si
avvicinò per porgergli il calice. Trick versò e glielo restituì. Le loro
dita si incontrarono, quelle di lui calde, quelle di lei fredde.
Il calice scivolò sul pavimento in mezzo a loro.
Kendra ansimò, fissando la macchia scura che si spandeva sul
fondo color panna del tappeto, poi cadde in ginocchio per
raccogliere il bicchiere rotto e tamponò la macchia con l’orlo del suo
vestito.
Trick fissava la sua testa lucente. “Ferma,” la pregò, cercando di
non ridere davanti al suo panico. “Vi rovinerete la sottana.”
“Rovinerò la sottana?” Gli occhi verdi preoccupati guardarono in
alto. “Allora volete dire che la macchia non verrà via nemmeno dal
tappeto?”
“Non ne ho la minima idea,” le rispose. Certamente uno dei
servitori avrebbe saputo come fare per toglierla. Altrimenti, avrebbe
sempre potuto portar lì un altro tappeto dai suoi magazzini a Londra.
“Ma... di solito non sono così maldestra.” Kendra fissò la macchia,
poi si sedette sul tappeto e si avvolse le braccia intorno alle
ginocchia. “E vi ho messo nei guai, allora.”
“Nei guai?” Ripeté stupidamente Trick.
“Il bicchiere e il tappeto...” Kendra si morse il labbro, poi gli occhi
si schiarirono. “Dite al proprietario che pagherò io. O, meglio, lo farà
mio fratello. Non sarà un problema.”
Dite al proprietario. Oh, era proprio una meraviglia. Pensava che
fosse un criminale, eppure si preoccupava del suo tappeto e di far
arrabbiare il suo presunto padrone di casa.
Avrebbe dovuto preoccuparsi per la sua verginità, pensò
sarcasticamente, allungando una mano per aiutarla ad alzarsi.
In piedi diritta, la cima della testa di Kendra gli arrivava giusto al
mento. Lei inclinò il volto e lo guardò diritto negli occhi. Le loro mani
sembravano incollate e sopra il ticchettio della pioggia sul tetto, Trick
la sentiva respirare in modo un po’ irregolare.
Lentamente, la mano libera di Kendra si alzò a togliergli i capelli
dagli occhi. “Mi dispiace,” sussurrò, poi gli toccò il labbro inferiore
con la punta del dito, esattamente in centro, così leggermente che si
chiese se non l’avesse immaginato.
Reale o immaginario, il suo corpo reagì. Fissò la bocca morbida.
“Non preoccupatevi,” le disse a bassa voce.
Kendra sembrò riscuotersi e tolse la mano dalla sua.
Trick fu sul punto di afferrarla, ma si ricordò in tempo chi era la
donna.
Dannazione, sperava che smettesse presto di piovere.
“Venite, c’è dell’acqua in camera.” Andò verso il corridoio,
sapendo che lei lo avrebbe seguito. “Sciacqueremo la macchia sulla
vostra gonna prima che possa seccare.”
Ricomponendosi, Trick versò un po’ d’acqua nel catino e lo mise
sul tavolino basso accanto al letto, poi le fece cenno di avvicinarsi e
le porse un asciugamano.
Kendra lo bagnò e si chinò per tamponare delicatamente l’orlo, poi
fece una smorfia, lo intinse di nuovo e tamponò più forte. Dopo un
po’ di tentativi, si sedette sul letto, tirandosi le sottane sulle ginocchia
per poter intingere la macchia ostinata nel catino. Fissò nel vuoto,
tenendo a posto il tessuto con una mano.
Pensando che aveva dei polpacci graziosi, Trick si sedette
accanto a lei e sorrise. “Avete intenzione di restare lì seduta finché
sparirà?”
Kendra si voltò a guardarlo. “Non ci vorrà molto, in questo modo.”
Trick guardò l’acqua che inzuppava la sua sottana. Un grosso
cerchio si stava espandendo ben oltre il punto macchiato, ma
Kendra sembrava non accorgersene. Aveva lo sguardo inchiodato
sugli occhi di Trick.
Poi deglutì e si leccò le labbra.
Malgrado tutte le sue buone intenzioni, Trick si avvicinò, poi
ancora un po’, finché colse una traccia del profumo fiorito e solare
della sua pelle e dei suoi capelli.
Sentirono una porta aprirsi e sbattere contro la parete nell’altra
stanza. Trick pensò che potesse essere il vento. Anche se sapeva
che avrebbe dovuto alzarsi e chiuderla, le sue braccia circondarono
la vita di Kendra e abbassò la testa verso quella bocca morbida,
invitante.
Kendra ondeggiò avvicinandosi e alzò il volto. Il fiato usciva caldo
e dolce dalle labbra aperte.
“Ehi, ci sei? Ci serve il tuo aiuto per trovare nostra...”
Jason Chase arrivò sulla soglia, con i fratelli Colin e Ford alle
calcagna.
“... sorella,” finì fiaccamente.
Kendra e Trick si alzarono di colpo e si separarono, portando con
loro il catino di porcellana, che cadde sul pavimento lucido con un
forte tonfo.
“Non di nuovo,” gemette Kendra. “Io non lascio mai cadere
niente.”
“Non è come sembra,” si affrettò a dire Trick.
“No?” Un muscolo si contrasse sulla mascella di Jason. “Vuoi dire
che non ti ho visto su un letto con le braccia intorno a mia sorella e
le sottane rialzate fino in vita?”
“Fino alle ginocchia,” lo corresse Kendra.
Jason si limitò a darle un’occhiataccia.
“Che cosa stavate facendo, allora?” Chiese Colin
Trick si chiese perché si sentisse così a disagio. “Stavamo
sciacquando una macchia dalla sua gonna.”
Ford sbuffò. “E ti aspetti che ti crediamo?” Poi si rivolse a Kendra.
“Che diavolo ci stai facendo qui?”
“Stavo... cavalcando. E ha cominciato a piovere, poi è arrivato
Trick—”
“Ah, è Trick adesso?” Colin la fissò negli occhi e Trick la vide
trasalire. “Conosci tanto bene quest’uomo?”
“Per l’amor del cielo, Colin—ci siamo appena incontrati.”
“E gli hai permesso di metterti le mani sotto la gonna.”
Trick balzò in sua difesa. “Diavolo, no, Greystone—ve l’ho detto,
stavano sciacquando una macchia.”
“Una macchia di sangue, vero?”
Kendra socchiuse gli occhi, perplessa. “No,” rispose. “Perché stai
chiedendo—”
“Come puoi pensare una cosa del genere!” la interruppe Trick.
“Come potremmo non pensarlo!”
“Sono deluso,” disse Jason, avvicinandosi a Trick. “Molto deluso.
Kendra non si è mai comportata molto saggiamente, ma ha sempre
condotto una vita ritirata e tu avresti dovuto sapere che era
sbagliato.” Fissò Trick con gli occhi tristi. “Almeno dimmi che non
sapevi chi fosse.”
“Ovvio che sapevo chi era!” Esplose Trick, “L’ho vista con te in
quella dannata carrozza.”
Accanto a lui, Kendra trasalì, sorpresa.
“Ah, sì,” rispose Jason, apparentemente rassegnato. “Devi
smetterla, tra parentesi.”
“Di che diavolo stai parlando?”
“La storia delle rapine. Non hai bisogno di soldi e Kendra non
merita di vedere suo marito impiccato a Tyburn.”
“Marito?” Il cuore di Trick stava battendo come un tamburo. I suoi
fratelli non sapevano la verità. O, meglio, sapevano che non stava
impersonando un brigante per i soldi, ma non era pensabile che
venissero a sapere la verità.
Aveva dato la sua parola a Re Charles.
E ora loro pensavano... “Pensate che sia andato a letto con vostra
sorella? Dovete essere matti!”
“Sono matti!” Inveì Kendra. Si rivolse a Jason. “Dovete
ascoltarmi.” Poi a Colin. “Era solo una macchia. Una macchia di
vino.” E a Ford. “E tu sei quello che dice a me che salto alle
conclusioni—”
Ford afferrò il braccio della sua gemella. “Vieni, Kendra.” Con
un’occhiata sanguinaria a Trick, la tirò fuori dalla stanza.
“Ti faremo visita quando saranno fatte le pubblicazioni,” disse
Jason a denti stretti.
“No,” disse Colin. “Devono sposarsi con una licenza speciale.”
“Maledizione, hai ragione.” Jason si massaggiò la nuca. “Potrebbe
essere incinta.”
Incinta? Trick non riusciva a credere a quello che stava sentendo.
L’attimo prima stava lavando via una macchia di vino, e l’attimo dopo
lo accusavano di aver procreato un figlio. Con una donna che non
aveva nemmeno baciato.
E non importava che lo avesse desiderato.
CAPITOLO SEI

KENDRA ERA COMPLETAMENTE fradicia. L’acqua le scorreva


dai capelli negli occhi velati di lacrime. Stava tremando. Ma si
sarebbe strappata la lingua prima di chiedere un mantello a uno dei
suoi esasperanti fratelli.
Cavalcando dietro a loro, sentiva il mormorio di una fitta
conversazione. Respirava a fondo e cercava di capire che cosa
stavano dicendo. Non poteva permettere a quei tre di continuare con
quella follia. Ma non lo avrebbero fatto, no? Non era possibile che
pretendessero di darla in sposa a brigante. Un brigante che non
aveva nemmeno baciato.
Ed era un peccato. Perché aveva desiderato baciare Trick più di
quanto avesse mai desiderato di fare qualunque altra cosa.
Sapeva benissimo che lui era sul punto di baciarla, e lei era pronta
—no, non solo pronta, elettrizzata—all’idea di cooperare. Ma il bacio
non c’era stato. Non che un semplice bacio implicasse un
matrimonio forzato.
Ma, santo cielo, lui si era dimostrato tutto che aveva sognato e
anche di più. Si era sciolta solo a guardarlo e quando l’aveva
abbracciata si era sentita in fiamme. Stata morendo dalla voglia di
avere quel bacio.
Sarebbe stata la prima volta che baciava qualcuno.
Oh, l’avevano già baciata, ovviamente—aveva ventitré anni, dopo
tutto, ed era piuttosto attraente—ma lei non aveva mai restituito il
bacio. Colpa dei suoi fratelli. Ogni volta che un uomo riusciva a
tirarla in un’alcova o su un balcone e cercava di baciarla, uno dei
suoi fratelli si materializzava, lanciando occhiate assassine allo
sfortunato corteggiatore. E, fino a quel momento, non era mai stata
abbastanza attratta da un uomo da farne un problema.
Perché i suoi fratelli dovevano sempre farsi vivi e rovinare tutto?
Dopo un bel po’, Jason mandò avanti gli altri, poi si fermò finché
Kendra lo raggiunse. “Non riesco a credere a quello che hai fatto,” le
disse.
“Stava piovendo.” Kendra stava ribollendo, ma riuscì in qualche
modo a sembrare calma. “Tutto quello che ho fatto è stato ripararmi
dalla pioggia.”
“Non è quello che sembrava,” le disse Jason, come se fosse la
fine della discussione.
Kendra fissò il suo profilo deciso. Un brigante di strada... i suoi
fratelli stavano permettendo—no la stavano obbligando—a sposare
un brigante. Che Jason credesse o no che lei avesse perso la virtù
con quell’uomo, il fatto che l’avesse in definitiva promessa a un
rapinatore era da non credere.
Lo fissò finché si voltò guardarla. Jason sbatté gli occhi. “Che
cosa ti è venuto in mente, andare a cavalcare da sola?”
Ignorandolo, Kendra tirò il fiato. “Non riesco a credere che ti
aspetti che io sposi un fuorilegge. Tu, che non hai permesso a Lord
Harrison di avvicinarsi perché era solo un barone!”
Per un attimo, Jason la guardò senza parlare. Poi gli apparve sul
volto l’ombra di un sorriso, gettò indietro la testa e scoppiò in una
risata.
Kendra lo guardava incredula, sperando che la pioggia che gli
cadeva in bocca lo annegasse.
“Tu—tu—non sai chi è, vero?” Riuscì a dire Jason mezzo
soffocato.
“Trick Caldwell. Patrick Iain Caldwell,” rispose Kendra a denti
stretti. “Pensi che mi avresti trovato nella camera di un uomo—non
importa che lì non sia successo assolutamente niente—se almeno
non avessi saputo il suo nome?”
Jason rise ancora più forte. “Patrick Iain Caldwell Cosa?”
“Cosa? Che cosa vuol dire, cosa? Non si chiama così?” Kendra si
morse l’interno della guancia. “Avrei dovuto immaginare che mi
avrebbe mentito,” mormorò tra sé. “Dopo tutto è un dannato
brigante.”
“Tu non sai chi è.” Senza apparentemente far caso a suo
linguaggio poco signorile, Jason emise un vero e proprio grugnito.
“Non sai davvero chi è.” Con un’altra risata, spronò il cavallo e
raggiunse i suoi fratelli.
Kendra sentiva le loro risate sguaiate nonostante la distanza e la
pioggia battente.
Cavalcò dietro di loro ancora per qualche minuto, ascoltando i loro
scoppi di risa e augurando loro di morire per mancanza d’aria. Un
avvoltoio volava lentamente in cerchio sopra di loro. Non
esattamente l’uccello di Marte, ma quasi. La furia che stava
crescendo in lei avrebbe reso orgoglioso Marte, Dio della guerra.
Alla fine non riuscì a resistere. Galoppò per raggiungere i suoi
fratelli, infilando Pandora tra i cavalli di Jason e Ford.
“È titolato, vero?” Chiese loro. “Altrimenti non stareste scherzando
su questo matrimonio. Chi è”
Ford la guardò, con gli occhi azzurri tutta innocenza. “Chi?”
“Quell’uomo con cui mi avete appena fidanzata! Come si chiama,
dannazione?!”
“Oh, vuoi dire Trick? Trick Caldwell?”
“Va bene. Adesso basta.” Li fissò uno per uno. “Non ho fatto
niente di male. Nonostante quello che pensate, stavamo solo
sciacquando una macchia di vino dalla mia gonna. Non c’è nessun
motivo per sposarlo.”
I suoi fratelli la fissarono e poi si guardarono in faccia sopra la sua
testa, e annuirono uno per volta.
Poi Jason parlò per tutti. “Hai scelto uno dei tuoi pretendenti,
allora?”
“Ancora con quella storia. Non riesco a crederci. Nessuno dei miei
pretendenti è minimamente adatto e non ne sposerò nessuno.
Dovete smetterla di comandarmi a bacchetta.”
“Hai proprio ragione. Io ho intenzione di smetterla. Avresti già
dovuto sposarti da tempo, e Trick va bene come chiunque altro.”
“Ma è un brigante,” disse Kendra con un gemito.
“Non più.” Disse seccamente Jason. Gli uomini serrarono i ranghi
e nessuno disse più niente per tutta la strada verso casa.
CAPITOLO SETTE

TRICK CAMMINÒ AVANTI e indietro nel cottage per quindici


minuti buoni, sbuffando incredulo e chiedendosi come una semplice
uscita per salvare i suoi finti complici dalla pioggia fosse finita in un
disastro simile.
Quando camminare non riuscì a risolvere niente, cavalcò fino a
casa, ad Amberley House, per congedare il resto dei suoi ospiti.
Compton, il suo maggiordomo, gli andò incontro sulla porta. “Buon
pomeriggio, Vostra Grazia.”
“Perché, lo è?” Trick gli consegnò il mantello fradicio. “Che cos’è
successo mentre ero via?”
Compton aggrottò la fronte, come sua abitudine. “Lord
Cainewood, Greystone e Lakefield si sono congedati. È arrivato un
messaggero per avvertirli che era scomparsa la loro sorella. Sono
venuti a cercare Vostra Grazia per farsi aiutare—”
“Mi hanno trovato.”
E hanno completamente sconvolto la mia vita.
Lasciando il maggiordomo a metà frase, Trick entrò velocemente
nella sala gioco. “Le mie scuse, signori, ma la festa è finita.”
Scocciato, agitò una mano nell’inutile tentativo di mandar via il
fumo. I quattro ospiti rimasti, tutti aristocratici delle tenute vicine,
apparentemente avevano passato il tempo fumando la piccola scorta
di costosi sigari Virginia di Trick, che valevano letteralmente il loro
peso in argento.
Tossì e agitò ancora le mani. “Sembra che debba sposarmi presto
e non ho voglia di giocare a carte. Oltre a tutto, i fratelli Chase non
hanno intenzione di tornare, quindi non siamo abbastanza per due
tavoli—”
“Sposarti? Vuoi dire matrimonio?” Lo interruppe David Fielding, in
una nuvola di fumo, sbattendo gli occhi castani che sembravano
sempre un po’ strabici. “Non puoi dire sul serio.”
“Aye, sposarmi.” Trick sorrise mesto. “E vi assicuro, non sono mai
stato più serio in vita mia.”
L’unico senza un sigaro tra i denti, John Garrick sollevò la su
figura panciuta dalla sedia. “Amberley, io... io non so che cosa dire.”
Garrick senza parole. Roba da non credere. Generalmente, non
stava mai zitto e faceva prediche continue ai suoi sventurati
compagni perché imprecavano, bevevano, andavano a donne, e per
ogni altra attività che considerava moralmente reprensibile, con un
sorrisino di superiorità veramente irritante sulle labbra carnose e
flaccide.
Stava parlando a vanvera in quel momento, pensò Trick. “Io... io
non so che cosa dire.”
“Allora non dire niente,” gli suggerì Trick.
Attraversando la stanza, tolse di bocca a Fielding il sigaro mezzo
fumato, poi fece la stessa cosa con Robert Faraday e Thomas
Milner, che rimasero lì seduti, con la bocca aperta a formare delle ‘O’
perfette, senza più i sigari che Trick stava spegnendo in uno dei
piatti di cristallo che teneva sul tavolo da gioco a quello scopo.
“Manderò dei servitori ad aiutarvi a fare i bagagli,” li informò. “E
qualcun altro dovrà ospitarci, il mese prossimo, dato che qui vivrà
una donna.”
“Ma... Amberley.” Robert Faraday ritrovò finalmente la voce. Si
tolse i lunghi capelli castani dalla faccia e si strofinò le guance ruvide
di barba. “Niente giacche, niente rasoio, né parrucche, né donne. Sei
tu che hai imposto queste regole quando hai organizzato il club. E
hai detto che ti saresti sposato il giorno in cui il diavolo avesse
messo su casa in paradiso.”
“Si è trasferito, signori.”
Garrick socchiuse gli occhi alla dichiarazione ironica di Trick. Gli
altri uomini si alzarono e poi tutti quanti si spostarono lentamente
verso la porta, presumibilmente per raccogliere le loro cose.
“Chi sarà l’ospite?” Insistette Trick. “Non ho intenzione di passare
tutti i finesettimana a casa. Faraday, Milner? Dannazione, siete
sposati entrambi. Garrick?”
“Sto restaurando, non c’è posto in questo momento.”
Trick lo guardò sorpreso; quell’uomo viveva in un maniero di
cinquanta stanze. Vecchio, sì e aveva assolutamente bisogno di
lavori, ma certamente c’era un’area che potevano usare per giocare
a carte e abbastanza stanze da letto in condizioni tali da accogliere
sette ospiti.
“Beh, lo chiederemo a Cainewood,” suggerì Milner. “Lady
Cainewood può andare a stare con la moglie di suo fratello. Passerò
là più tardi questa—”
“Cainewood ha quella sorella,” lo interruppe Fielding. “Mm... Lady
Kendra, ecco.”
“Oh, accidenti, hai ragione. Dovremo mandare anche lei a
Greystone.”
“Nay, signori. Lady Kendra sarà qui. Anche se dovrete rivolgervi a
lei come Sua Grazia la Duchessa di Amberley.” Quando gli uomini
restarono per la seconda volta a bocca aperta, Trick rivolse loro un
sorriso ironico. “Aye, ci ospiteranno i Chase—è il meno che possano
fare. Ci vediamo il mese prossimo allora.”
Prima che potessero fare domande cui preferiva non rispondere,
Trick prese un sigaro e uscì per andare a rinchiudersi nel suo studio,
dove andò diritto all’armadietto di noce e si versò un bicchiere di
forte whisky scozzese.
Kendra. Non riusciva a decidere se aveva voglia di baciare lei o di
strozzare i suoi fratelli. Tutte e due le cose, anche se probabilmente
non sarebbe stato prudente minacciare i Chase. Greystone,
specialmente. Da quanto aveva sentito, Colin era letale con una
spada.
Trick sospirò e si lasciò cadere nella sua poltrona di pelle preferita.
Nei sei mesi da che Re Charles aveva insistito che risiedesse nella
casa ridicolmente pomposa di suo padre, quella era l’unica stanza
che aveva arredato secondo i suoi gusti—classica, familiare e
confortevole. Alzando un pesante candelabro d’argento, accese il
sigaro e se lo ficcò tra i denti, poi si appoggiò, ruotando il bicchiere
tra le mani e guardando la luce delle candele che si rifrangeva nelle
sfaccettature del cristallo.
Che cosa poteva fare? Che cosa voleva fare?
La risposta arrivò, chiara come il cristallo perfetto che aveva tra le
mani.
Voleva sposare Kendra.
Aveva desiderato portarla a letto appena l’aveva intravista
nell’ombra della carrozza. Poi aveva pensato che era impossibile—la
sorella di Cainewood, per Dio. Cainewood, l’ultimo bastione di
rispettabilità in una società in cui la moralità non significava niente.
Non c’erano donne virtuose alla corte di Charles II; nessuna, cioè,
eccetto Kendra. Gli uomini della famiglia Chase l’avevano protetta
per tutti i suoi ventitré anni. Perfino Trick lo sapeva, anche se
cercava di restare lontano dalla corte per quanto era umanamente
possibile.
Averla era stato inimmaginabile... e ora era imminente.
Ovviamente avrebbe dovuto sposarla per portarla a letto, ma tanto
valeva sposarsi adesso—doveva comunque avere un erede. E Lady
Kendra Chase sarebbe andata bene come un’altra. Era di nascita
aristocratica, e Dio sapeva che gli faceva ribollire il sangue. Anche
se era probabile che non avesse una dote degna di nota—
Cainewood era a corto di liquidi come la maggior parte della nobiltà
realista—la verità era che Trick non aveva bisogno dei soldi di
nessuno. Ne aveva abbastanza dei suoi, tanti da non sapere che
cosa farne.
Soffiò un perfetto anello di fumo e lo guardò alzarsi verso lo
stemma degli Amberley scolpito sul soffitto di quercia. Gli si appannò
la vista finché riuscì quasi a vedere il volto espressivo di Kendra. Era
una bellezza fresca, sana e lui la desiderava, anche se ovviamente
non la amava. Probabilmente era fortunato a desiderarla.
Aye, l’avrebbe sposata. Sorridendo al pensiero, spense il sigaro,
alzò la testa e finì il whisky. Il calore del liquore gli invase lo stomaco.
Più in basso, il suo corpo si svegliò mentre immaginava Kendra nel
suo letto. Più ci pensava, più era contento.
Ma questo non voleva dire che la situazione non lo facesse
infuriare.
“Perdonate l’interruzione, Vostra Grazia.”
Trick si riscosse di colpo, ancora a disagio con quell’appellativo
formale—anche se oramai il titolo era suo da tre anni. Non l’aveva
mai voluto; non aveva mai voluto niente che venisse da suo padre.
Ma quel dannato bastardo era morto, e ora la gente—specialmente i
vecchi dipendenti di suo padre, come quell’opprimente Compton—
insistevano a rivolgersi a lui formalmente.
Guardò l’uomo di mezz’età, chiedendosi se era nato con un
bastone al posto della spina dorsale. I capelli grigi che si stavano
diradando erano pettinati all’indietro, e le guance ondeggiavano
quando parlava, facendogli venir voglia di ridere.
“Aye, Compton?”
“Il Conte di Greystone è qui per voi, Vostra Grazia.”
Di già? Quella famiglia non poteva lasciarlo in pace nemmeno per
una sera? Trick sospirò espressivamente, facendo fremere di
disapprovazione le narici di Compton davanti a una simile
dimostrazione emotiva.
“Fatelo entrare,” borbottò Trick, alzandosi per riempirsi di nuovo il
bicchiere.
“Congratulazioni, Amberley,” disse Colin Chase alle sue spalle.
“Brindiamo al tuo matrimonio domani pomeriggio?”
Trick fece una pausa, poi riempì in silenzio un altro bicchiere.
“Domani, allora?” Si voltò per porgere il bicchiere a Colin,
guardandolo negli occhi, di un verde più scuro di quelli di Kendra ma
altrettanto vividi e intelligenti. “Santo cielo, non potete dare a un
uomo il tempo per abituarsi all’idea?”
Colin sorseggiò il whisky prima di rispondere, osservando Trick da
sopra l’orlo del bicchiere. “Jason può usare la sua influenza, quando
vuole. E il tempo è essenziale... il tuo erede potrebbe essere già per
strada.”
“Non sono andato a letto con—”
“Non ti sto giudicando, Amberley.” Colin gli rivolse un sorrisetto.
“Mia figlia è arrivata con un mese di anticipo.”
Lo sguardo di Trick andò all’elsa dell’onnipresente spada di Colin.
La sua risposta fu lenta e misurata. “Te l’ho detto, non sono andato a
letto con tua sorella.”
“Sai, Kendra ha continuato a ripetere la stessa cosa mentre
andavamo a casa. Ha fatto del suo meglio per convincerci, anche.”
Ci avrebbe scommesso. “E non le avete creduto?”
“Jason non sa a che cosa credere. Francamente, non credo che
gli importi. Kendra per lui è un cappio al collo da anni. Ha
assolutamente rifiutato di prendere in considerazione ogni
pretendente adatto, quindi, per quanto lo riguarda, questa faccenda
è un sogno che si avvera. Dio sa che Kendra non ti avrebbe
guardato due volte se avesse saputo che sei un Duca. È testarda,
mia sorella.”
“E ora che lo sa?”
“Non lo sa.” Colin si mise a ridere. “Pensa che tu sia un piccolo
aristocratico impoverito obbligato a rapinare la gente, e ce l’ha a
morte con noi per aver consentito al matrimonio. Almeno è quello
che ci dice in faccia. In privato, sta camminando sulle nuvole. La
signora è innamorata.”
“Innamorata?” Esclamò Trick, basito. Aveva dimenticato le idee
ingenue di Kendra sull’amore. “Non dirmi che sei un altro di quelli
che credono all’amore al primo sguardo?”
“Sembra essere la maniera dei Chase,” rifletté Colin. “Mia moglie,
Amethyst, mi ha rubato il cuore con un solo sguardo oltre il bancone
di una gioielleria.”
“È una follia,” dichiarò Trick, buttando giù il resto del whisky. “Siete
tutti pazzi. È scandaloso.”
“Allora sei arrabbiato?”
Trick ci pensò un momento. “Non esattamente,” disse lentamente.
“Penso che le vostre maniere forti siano detestabili, ma il risultato...
immagino di dovermi sposare e tua sorella è una candidata buona
come un’altra.”
Molto presto, sperava, sarebbe tornato ai dock d Londra, da dove
poteva meglio sovraintendere il suo fiorente impero navale. Appena
avesse completato la missione affidatagli dal Re. Avere Kendra lì, in
campagna, ad allevare i suoi figli e ad aspettare le sue attenzioni
non era un pensiero spiacevole.
“Non ho molta voglia di mettermi a corteggiare qualcuno,”
aggiunse, “quindi un accordo commerciale è perfetto per i miei
scopi.”
“Accordo commerciale? So com’è un uomo quando desidera una
donna e ho visto quello sguardo nei tuoi occhi. Sarà meglio che non
ferisca mia sorella.”
“Ferirla? Non sono io quella che la obbliga a questo matrimonio.”
Colin sembrò sorpreso a quell’accusa. “Non la obbligheremmo
mai a un matrimonio—questo incluso—se non fossimo sicuri al
cento per cento che è giusto per lei. Se la sua felicità non fosse la
nostra prima preoccupazione, ci saremmo liberati di lei anni fa—devi
solo vedere la lista dei pretendenti che ha rifiutato per
convincertene.” Fissò Trick negli occhi. “È lei che lo vuole.”
Trick dovette obbligarsi a chiudere la bocca aperta. “Come fai a
saperlo?”
Colin sospirò. “L’orgoglio le impedisce di ammetterlo. Ma tu sei il
primo pretendente che non abbia rifiutato immediatamente, che lei e
ne renda conto o no. E forse oggi non è successo granché, ma c’è
qualcosa tra voi due, Amberley—non puoi negarlo.”
Mentre Trick vacillava sotto quell’attacco, Colin tirò il fiato e
sorrise. “Sono sicuro che tutto sommato finirà bene.” Alzò il
bicchiere. “Allo sposo.”
Trick guardò il bicchier vuoto, poi andò a riempirlo di nuovo. Tanto
valeva ubriacarsi la sua ultima sera da uomo libero. “Allo sposo,”
ripeté sarcasticamente prima di buttar giù il liquore in un sorso solo.
Colin svuotò il suo bicchiere e lo mise sul tavolo. “Beh, sarà
meglio che vada a casa. Giornata impegnativa per tutti domani, eh?”
Trick annuì.
Con un cenno di saluto, Colin tese la mano. “A domani, allora.
Devo solo mandare un messaggero a Cainewood. Jason sarà
sollevato di sapere che sei d’accordo.”
“D’accordo?” Incredulo, Trick tolse la mano da quella di Colin.
“Pensavo di non avere scelta.”
“Certo che avevi scelta. Che razza di gente pensi che siamo?”
“Ma—”
“Pensavi che fossi venuto per passarti a fil di spada se non avessi
cooperato?”
“Mi è passato per la mente,” disse seccamente Trick.
“Hai detto tu stesso che è stata una decisione saggia. La
coercizione era l’ultima cosa che avevamo in mente. Non cerchiamo
certo un nemico in un cognato. Vogliamo che Kendra sia felice.” Girò
sui tacchi, andando alla porta. “E anche tu, ovviamente.”
“Ma l’hai fatto sembrare—”
“Buonanotte, Trick. Sogni d’oro,” disse Colin, e uscì.
Per la seconda volta quel giorno, Trick si trovò a chiedersi che
cos’era successo. Si stava imbarcando in una vita nuova, e la nave
stava partendo per porti sconosciuti.
Per un uomo abituato a essere al comando, non era di buon
auspicio.
CAPITOLO OTTO

“GRAZIE, JANE.” KENDRA sorrise alla sua cameriera, bruttina e


gentile e si toccò i capelli accuratamente acconciati. “Hai fatto uno
splendido lavoro.” Anche se per niente, aggiunse silenziosamente.
Quando Jane uscì, Kendra attraversò la stanza con un sospiro.
Aprendo le tende, guardò fuori dalla finestra. Nella corte interna di
Cainewood, il suo ‘promesso sposo’ chiacchierava con i suoi tre
fratelli e un sacerdote—o qualcuno vestito da sacerdote, in ogni
modo.
“No, tesoruccio,” Amy Chase tolse le mani della figlioletta di undici
mesi dai suoi lunghi capelli d’ebano e rimise la bambina sui piedi
traballanti, Jewel aveva cominciato a camminare la settimana prima.
“Kendra. Stanno aspettando.”
“Lo vedo.” Lasciando ricadere le tende, si concentrò sulla cognata.
“Ma che cosa stanno aspettando, riesco solo a immaginarlo. A ridere
di me come pazzi, credo.”
“Ridere?” Caithren si avvicinò in un fruscio di satin rosa antico e
sistemò uno dei lunghi riccioli di Kendra. “Perché dovrebbero
ridere?”
“Deve essere uno scherzo. Molto ben organizzato, devo
ammetterlo, ma non c’è una sola possibilità al mondo che mi
facciano arrivare fino in fondo.”
“No, Jewel, non morderlo.” Amy prese un pettine d’avorio dalla
bocca di sua figlia e lo rimise sul tavolo da toilette. “Non credo che
stiano scherzando.”
Kendra lisciò la sottogonna di tessuto d’argento che luccicava
dall’apertura nella sottana di seta azzurra che aveva indossato per il
‘matrimonio’.
“È proprio da loro farmi preparare e tutto, no? La loro idea di
giustizia, per avermi trovato in una posizione apparentemente
compromettente. Ma non mi faranno veramente sposare un
fuorilegge.”
“Non credo che sia solo un brigante, Kendra.” Gli occhi nocciola di
Cait sembravano preoccupati. “Deve essere idoneo. Jason mi è
sembrato assolutamente deciso.”
“È deciso a spaventarmi, per farmi arrivare a una decisione.
Annulleranno tutto all’ultimo minuto e a quel punto Jason si
aspetterà che io sia felice di scegliere uno degli altri uomini che
hanno chiesto la mia mano. E quanto al fatto che Trick possa non
essere solo un brigante, non saprei. Non so assolutamente niente di
lui.”
“Ma ti piace, aye?”
“È... interessante.” Un eufemismo. Kendra sperava solo che le sue
cognate non le chiedessero di spiegarsi.
“Mi piace il modo in cui dici interessante.” Il sorriso di Amy era
troppo scaltro per la sua tranquillità d’animo. “A volte troviamo
l’amore in posti inaspettati.” I suoi bei lineamenti si ammorbidirono
mentre senza dubbio pensava al suo matrimonio tutt’altro che
convenzionale, quello di una commerciante con un nobile.
“Aye, ha ragione,” confermò Cait. “Se mi avessi detto che mi sarei
innamorata di un uomo e avrei vissuto in Inghilterra—” Nonostante il
suo amore sia per Jason sia per la loro casa, pronunciò la parola
con un tono leggermente disgustato, “—ti avrei detto che eri
sicuramente sodie-heid.” Socchiuse gli occhi davanti all’espressione
perplessa sul volto di Amy. “Fuori di testa,” aggiunse, traducendo.
Kendra sospirò. Anche se era vero che desiderava con tutta se
stessa il tipo di felicità che avevano trovato entrambe le sue cognate,
non pensava che l’avrebbe trovata sposando un brigante. E non
importava quanto desiderasse un bacio o si credesse innamorata.
“Su,” ordinò Jewel, fornendo una gradita distrazione, mentre
barcollava verso sua madre.
Amy se la mise su un fianco coperto di taffetà viola. “Sapevi che
Colin è andato a trovare Trick ieri sera? Gli ha offerto una possibilità
di ritirarsi, ma lui l’ha rifiutata.”
“O così ti ha detto Colin.” Era possibile che il brigante d’ambra la
volesse veramente? Non lo credeva e sapeva con sicurezza che
quel piccolo fremito di eccitazione che sentiva era completamente
sbagliato. “Se Colin è andato a trovarlo, sono sicura che è stato per
organizzare questo assurdo, elaborato scherzo. Colin non è altro
che un burlone della più bell’acqua.”
“Forse hai ragione e questo matrimonio è solo uno scherzo. Ma,
nel caso—” Cait le tese una moneta d’argento “—per favore mettilo
nella scarpa.”
“Eccola di nuovo con le sue superstizioni.” Con un sorriso
indulgente sulle labbra, Kendra prese la monete a la infilò un una
delle scarpine di satin con il tacco alto. “Che altro c’è che ti
preoccupa?”
“Non ho mai detto che ci credo, ma sai cosa dicono, qualcosa di
vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa preso in prestito, qualcosa di
blu...” non c’è stato il tempo di far fare un vestito da sposa, quindi
Kendra indossava quello di Cait. Lisciò di nuovo le sottane di seta
luccicante. “Ho sempre voluto indossare un abito verde per il mio
matrimonio.
“Te ho già detto che non era giusto.” L’ammonì Cait. “Il verde è il
colore delle fate.”
Come se quello potesse spiegare tutto.
“E per quanto riguarda qualcosa di nuovo...” Amy si avvicinò,
cercando di prendere qualcosa dalla tasca.
“Dai qua, la prendo io,” si offrì Caithren, prendendo in braccio
Jewel. Kendra pensò che coccolasse sua nipote in modo quasi
malinconico. Cait e Jason erano sposati da quasi un anno, eppure
non c’era ancora segno di bambini.
Amy finalmente riuscì a togliere un braccialetto dalla tasca—lisci
lucidi ovali d’ambra incastonati in pesanti maglie d’oro. Tempestato
di brillanti che scintillavano, il piccolo cerchio brillava nella sua mano.
“Un regalo di nozze,” disse, “dal tuo futuro marito. Mi ha chiesto
Colin di passartelo.”
“Questo non è un vero matrimonio, e per quanto riguarda a essere
nuovo, non lo sembra proprio.”
“No, non lo è,” disse Amy nel tono sicuro di un gioielliere esperto.
“Il taglio dei diamanti, in effetti, mi dice che è molto vecchio. Ma è
nuovo per te. E indossarlo non può far male.” Le pietre dorate
sembravano brillare dall’interno, segreti di secoli passati rinchiusi
nelle loro profondità traslucide. “Quando Colin me l’ha dato, ha detto
che sarebbe stato davvero adatto.”
Amy sembrava curiosa, ma Kendra non aveva intenzione di
ammettere che pensava a Trick come al brigante d’ambra. Come
faceva Colin a saperlo? Gli aveva forse detto inavvertitamente
qualcosa? Normalmente lei era piuttosto attenta.
“Non riesco a credere fino a che punto tuo marito riesca ad
arrivare nel pianificare i suoi scherzi.” Tese riluttante un braccio. “È
davvero bello.”
Amy le agganciò il braccialetto e Kendra girò il polso, guardando i
diamanti catturare la luce. Certamente il braccialetto non era
davvero di Trick, e questo voleva dire che poteva obbligare i suoi
fratelli a lasciarglielo tenere una volta che avessero annullato questa
farsa di matrimonio. Glielo dovevano, per averla sottoposta a quella
tortura.
Le avrebbe ricordato l’uomo d’ambra, la passione che aveva
provato così brevemente tra le sue braccia. Le avrebbe ricordato di
non accontentarsi di meno—di non permettere ai suoi fratelli di farle
pressione e costringerla a un matrimonio senza amore, per quanto
tentassero.
Toccò pensierosa l’ambra—sembrava calda—e andò lentamente
al suo tavolo da toletta. Guardandosi allo specchio, si sistemò il
pizzo sottilissimo sopra i capelli e lo tirò giù, infilando l’orlo ai lati
della scollatura per tenerlo fermo.
I suoi fratelli volevano farle fare la parte della sposina timida, ed
era quello che avrebbero ottenuto. Avvicinò la testa allo specchio.
Pallida, anche. Ed era ridicolo—era solo uno scherzo.
“No, tesoruccio,” disse Amy, riattaccando uno dei ganci della
pettorina di Caithren che le dita cicciottelle di Jewel erano riuscite a
slacciare.
Kendra si voltò verso la porta. “Andiamo a finire questo piccola
commedia?”
CAPITOLO NOVE

“NERVOSO, RAGAZZO…?”
“Diavolo, no.” Trick rivolse un sorriso a Ford—un sorriso sicuro,
sperava. La tremarella alle gambe doveva essere un sintomo del
troppo brandy della sera prima. Strinse i pugni per impedire alle
mani di tradirlo, poi li infilò nelle tasche della giacca di velluto blu
notte.
Più aderente di quanto richiedesse la moda, aveva indossato
quell’abito qualche anno prima a Parigi, per una di quelle occasioni
sociali cui suo padre insisteva che partecipasse, per favorire i suoi
‘affari’. Un tempo della sua vita che Trick avrebbe preferito non
ricordare, ma era l’unico abito formale che aveva nella casa di
campagna e, dannazione, non voleva certo sposarsi con i suoi vestiti
da brigante.
Passò lo sguardo sul prato curato della corte interna del castello di
Cainewood, poi si spostò sul parroco, con le mani allacciate dietro la
schiena. Sembrava un tipo abbastanza gentile, ma vederlo gli fece
annodare lo stomaco. Si voltò a guardare Ford... ma, nay, era meglio
non guardare nemmeno Ford. Era il gemello di Kendra e
sicuramente la persona che la conosceva meglio.
Si concentrò invece sull’antico torrione, le cui pietre rovinate dal
tempo erano una conferma rassicurante della forza della linea
famigliare di Kendra. I Chase vivevano lì da quattrocento anni,
eccetto il periodo del Commonwealth. Diversamente da lui, Kendra
sapeva chi era e da dove veniva.
Aye, i loro figli avrebbero sicuramente beneficiato da quel tipo di
sicurezza. Dio sapeva che lui non aveva niente del genere da offrire.
Aveva sempre pensato a se stesso come a cane bastardo.
Rognoso.
Distratto dallo sbattere di una pesante porta di quercia, si voltò,
vedendo Kendra che scendeva i gradini di Cainewood.
Una visione in un abito azzurro cielo, sembrava fluttuare verso di
lui. La seta lucente della sopraggonna era aperta davanti e mostrava
una sottogonna di costoso tessuto d’argento—ne conosceva il
prezzo, aveva rotoli di quello stesso tessuto nei suoi magazzini di
Londra. Le maniche avevano un doppio sbuffo e, ai polsi, una
cascata di pizzo d’argento, che veniva dall’Italia, se non si sbagliava.
Coperte dal pizzo, le mani sembravano piccole. In effetti tutto di lei
sembrava piccolo. Non lo aveva mai notato.
Non aveva avuto il tempo di notare molto altro, si disse,
guardando il rossore che saliva dalla scollatura. La guardò negli
occhi. Una bella sfumatura di verde chiaro, sembravano nervosi e
cauti, ma quando incontrarono i suoi, sembrò accendersi nella loro
profondità una traccia di interesse—o forse desiderio?
Un calore simile gli salì al collo e capì che stava diventando rosso.
Distogliendo deliberatamente lo sguardo, Kendra andò verso la
piccola cappella privata, con Jason e Colin ai suoi fianchi. Le loro
moglie la seguivano, per mano una bambina piccola vestita di rosa,
che inciampava e rideva tra di loro.
Senza nemmeno accorgersene, Trick si trovò a salire i gradini di
pietra della cappella. All’interno il sole filtrava dalle vetrate colorate,
dipingendo arcobaleni di luce. A testa alta, andò a mettersi di fronte
al parroco. Jason e Colin baciarono la sorella prima che Ford la
accompagnasse all’altare, consegnandola a Trick con un bacio e un
abbraccio e qualcosa sussurrato all’orecchio che Trick avrebbe tanto
voluto sentire.
Kendra scosse la testa, sbuffando, mentre Ford si allontanava.
Ogni cellula di Trick era conscia della sua vicinanza. Si sentiva
accaldato solo restando in piedi accanto a lei. I suoi fieri capelli rossi
erano coperti dal fine velo di pizzo che le incorniciava il volto, con
l’orlo infilato nella scollatura. Trick le prese la mano, sentendola
fredda e sudata.
“Aspettate,” le disse, tirandola da parte e ignorando le espressioni
interrogative dei suoi fratelli.
“Non siete obbligata ad arrivare fino in fondo,” le disse
sussurrando.
Kendra sembrò ancora più confusa di prima. “Io... io non credo—”
“Chiederanno a me per primo di pronunciare i voti matrimoniali.
Quando arriverà quel momento, se volete annullare tutto, scuotete la
testa per dire di no ed io non dirò ‘lo voglio’.”
Alzando la mano, Kendra passò le dita sul braccialetto d’ambra,
sentendosi leggermente disorientata alla vista del gioiello di famiglia
sul suo polso. Faceva sembrare tutto così reale, eppure irreale allo
stesso tempo.
Trick alzò la testa. “Non credo che possano effettivamente
obbligarci a sposarci,” aggiunse, pensando alla spada di Colin e
sperando di essere nel giusto.
Kendra diede un’occhiata ai suoi fratelli, poi alzò la testa. “Se voi
lo volete, allora ci sto anch’io.”
Lui aveva i suoi motivi per volere... si chiedeva solo quali fossero
quelli di Kendra. Che cosa c’era che non andava in lei, allora, tanto
da non pensare di poter far meglio di un rapinatore per marito? Lui
non lo era veramente, ovvio, ma sapeva che lei non ne era al
corrente. Ne era più che certo perché i suoi fratelli avevano insistito
a tenerle segreta la sua identità, fino al punto di chiedergli quel
pomeriggio se sarebbe stato accettabile per lui non menzionare il
suo titolo durante la cerimonia.
Aveva un problema con i duchi, gli avevano detto, e dato che
anche a lui non importava niente del titolo, non pensava proprio che
fosse importante. Un matrimonio era un matrimonio.
“Molto bene, allora.” Trick annuì e tornarono all’altare.
Il sacerdote diede inizio alla cerimonia e Kendra continuò a
guardarsi intorno, come se si aspettasse che succedesse qualcosa
di imprevisto. Non che Trick potesse biasimarla. Trovava anche lui
tutto un bel po’ sconcertante.
I preliminari furono perfino troppo veloci. Nessuno si presentò per
fare obiezioni e prima che se ne accorgesse, il prete stava recitando
i voti.
“Patrick Iain Caldwell, vuoi tu prendere questa donna come tua
sposa e vivere insieme secondo la legge di Dio nel sacro vincolo del
matrimonio? Vuoi amarla, confortarla, onorarla e tenerla in salute e
in malattia e, rinunciando a tutte le altre, esserle fedele finché morte
non vi separi?”
Trick diede un’occhiata a Kendra, ma lei non scosse la testa. “Lo
voglio,” disse e sentì un tuffo al cuore per l’enormità del passo che
stava facendo, ma anche per l’improvvisa rivelazione.
Le sue braccia prudevano dalla voglia di tenerla stretta. La bocca
di baciarla. E grazie ai suoi infidi fratelli, lei non aveva idea che lui
fosse un Duca.
Quali fossero le sue ragioni, lei non lo stava sposando per il suo
titolo o i suoi soldi. Non sapeva nemmeno che li avesse. Non stava
sposando il Duca di Amberley—lei stava sposando Trick Caldwell.
Nonostante le circostanze bizzarre, il pensiero gli illuminò un
posto nascosto nel suo cuore.
Qualche altra parola, una semplice fede d’oro scivolò sul dito di
Kendra e le braccia di Trick le scivolarono intorno alla vita, proprio
come avevano fatto il giorno prima. Abbassò la testa verso di lei,
verso quelle labbra morbide che lo avevano tentato da quando
aveva posato gli occhi su di lei per la prima volta.
Quando le loro bocche si incontrarono, Kendra si appoggiò a lui e
il suo profumo di lavanda lo circondò come una nuvola. Reattiva
proprio come aveva sperato, Kendra restituì il bacio, inesperta ma
sorprendentemente entusiasta. E per quanto ne sapeva lei, stava
baciando il semplice Trick Caldwell.
Quando i suoi fratelli tossicchiarono, Trick si staccò riluttante. Non
vedeva l’ora di sperimentare i piaceri che li aspettavano quella notte,
nel suo cottage.
Kendra non avrebbe scoperto di essere una duchessa fino al
giorno dopo.
CAPITOLO DIECI

SUL TAVOLO DI mogano nella sala da pranzo di Cainewood era


stato preparato un improvvisato banchetto si nozze. Kendra era
seduta accanto a suo marito, con la testa che le girava ancora per
l’incredulità.
Era rimasta senza parole, basita, quando il Prete aveva concluso
la cerimonia, aveva stretto le mani a tutti ed era uscito dalla
cappella, tutto senza che i suoi fratelli scoppiassero a ridere. Solo il
giorno prima lei era una ragazza innocente, che fantasticava su un
uomo che conosceva appena, e adesso sembrava che quella notte
sarebbe stata la sua donna, corpo e anima.
Ma non poteva essere vero.
A quanto pareva, il copione richiedeva che la farsa proseguisse
ancora un po’. Eppure avrebbe scommesso che prima che cadesse
la notte, i suoi fratelli l’avrebbero spedita nella sua vecchia camera,
congratulandosi tra di loro per il successo del loro scherzo.
“Non vuoi tagliare la torta, Kendra?”
Sorpresa, Kendra guardò Amy. Sua cognata stava sorridendo da
un orecchio all’altro, con un coltello in mano. Al centro del tavolo la
torta nuziale aveva un doppia glassatura di zucchero sopra quella di
mandorle. Nonostante lo stomaco stretto, le venne l’acquolina in
bocca. Kendra adorava i dolci.
Bene, allora. Se i suoi fratelli intendevano continuare con quella
sciarada, lei avrebbe recitato la sua parte.
Alzandosi e prendendo il coltello, fece per tagliare la prima fetta e
sentì la mano di Trick sopra la sua. Voltò la testa, alzando gli occhi
meravigliati su di lui e trovandolo che si chinava su di lei, tenendosi
con una mano sul tavolo. “La festa deve ancora cominciare,
leannan.” Accennò ai servitori che stavano ancora portando i vassoi.
“Ah, Trick,” disse Jason, con una traccia di divertimento nella
voce. “È ovvio che non conosci tua moglie. Lei mangia sempre il
dessert per primo.”
Colin confermò. “E purtroppo ha insegnato ad Amy la sua pessima
abitudine.”
“Torta!” Mugolò felice la piccola Jewel, mangiandosi la erre e
picchiando il suo cucchiaio sul tavolo.
“La seconda parola che ha imparato,” li informò asciutto Colin.
“Subito dopo Mamma e prima di Papà.”
“Abbiamo altre pessime abitudini, temo,” aggiunse Ford con
un’alzata di spalle. “Forse sei stato un po’ precipitoso a imparentarti
con i Chase, amico mio.”
Sotto i capelli arruffati, Trick socchiuse gli occhi. “Io sono stato
precipitoso?”
Aveva ancora la mano su quella di Kendra e la sentì irrigidirsi alle
sue parole. Sembrava prenderli sul serio. Era possibile che lui non
fosse complice dello scherzo? Oppure...
Era possibile che non fosse uno scherzo?
Di colpo incerta, Kendra guardò i volti dei suoi fratelli. Le loro
espressioni non le dicevano niente.
Quando vedeva Colin con Amy e Jewel e Jason con Cait, non
poteva fare a meno di desiderare una famiglia tutta sua come quelle
che stavano creando i suoi fratelli. Una famiglia intera, come quella
che non aveva potuto avere crescendo senza genitori durante la
guerra civile e gli anni del Commonwealth. Ma un matrimonio
romantico con uno qualunque dei pretendenti che i suoi fratelli le
avevano presentato sarebbe stato probabile quanto la discesa di
Zeus dall’Olimpo.
Era con la sua vita che stavano giocando. Si morse l’interno della
guancia. Caithren colse il suo sguardo e glielo restituì con
angosciante simpatia.
Quando Trick si mosse per tirare indietro il coltello, Kendra
resistette. Trick scoppiò a ridere, poi le rivolse un sorriso ampio,
malizioso. Notando la piccola scheggiatura sull’incisivo, Kendra si
leccò le labbra, desiderando invece assaggiare quella bella bocca. E
smise di respirare, sbalordita dei suoi stessi pensieri.
Non aveva mai messo la lingua nella bocca di un uomo—non ci
aveva nemmeno mai pensato. Da dove diavolo veniva quell’idea?
Inoltre, probabilmente lui gliel’avrebbe staccata a morsi. Se questo
non era uno scherzo, Trick meritava una libbra di carne Chase, e lei
lo sapeva.
Ma invece di rivolgere il coltello contro di lei, le fece l’occhiolino.
“Dai, la taglieremo insieme.”
Quell’uomo era un enigma, e questa era l’unica cosa certa.
Kendra respirò a fondo per calmarsi mentre affettavano la torta, con
la mano di Trick calda sopra la sua. Trick ne mise una fetta sul piatto
di Amy, poi uno sul proprio. E restò in piedi accanto a lei. Kendra
sentì il suo sguardo, lo sentì spostarsi ma prima di poter reagire, lui
le aveva tolto il velo dalla testa.
“Ehi!” Kendra si voltò e glielo tolse dalle mani.
“Volevo vedere i tuoi... capelli,” finì Trick, guardandola
imbarazzato. “Che cosa diavolo hai fatto ai capelli?”
“Fatto?”
“I...” roteò un dito, disegnando spirali in aria. “I...”
“Boccoli?” suggerì Kendra. Non riuscì a non sorridere davanti alla
sua espressione. “Jane ha lavorato per un’ora per farli. Ti
piacciono?”
“No,” rispose Trick, deciso “Mi piacevano prima.” Si avvicinò,
sussurrandole all’orecchio. “Selvaggi e sciolti sulla schiena.”
“Oh.” Kendra sentì il calore salirle alle guance. “Dopo la festa li
scioglierò.”
“Dopo tutto questo, sarò io a scioglierli.”
Il velo le sfuggì dalla dita e cadde sul morbido tappeto orientale
azzurro. Sentendosi più confusa di momento in momento, Kendra si
risedette.
“Mmm... porcospino,” disse Trick, sedendosi con un sorriso
soddisfatto. “Almeno sono entrato a far parte di una famiglia che
apprezza il buon cibo.”
“Il ‘porcospino’ in realtà era vitello ripieno, lardellato con fettine di
prosciutto, pancetta e cetrioli sott’aceto. Trick schioccò le labbra e ne
aggiunse una bella porzione al suo piatto già colmo.
“Lascia un po’ di spazio—c’è anche una sorpresa,” gli consigliò
Colin. Inforcando un boccone di dolce, Kendra alzò gli occhi mentre
un servitore metteva in tavola il vassoio della cosiddetta sorpresa. La
testa di un vitello, ripiena, servita nella sua forma originale, con
rametti di mirto che sporgevano dagli occhi e che aveva
un’espressione veramente sorpresa.
Il vapore si alzava in volute allettanti... e poi muggì.
Kendra urlò. Un pezzetto di torta volò via dalla forchetta di Amy,
spiattellandosi contro uno dei vetri molati della finestra. Ford si alzò
di colpo, facendo cadere la sedia. Trick e Jason rimasero immobili.
Quando il vitello muggì di nuovo, Kendra si alzò e andò a ripararsi
sotto lo stipite della porta con Caithren, entrambe pronte a scappare.
Fermandosi solo il tempo di afferrare Jewel, Amy si unì a loro. Tutte
le donne si abbracciarono, fissando la testa. Schiacciata tra i loro
corpi, Jewel emise uno strillo.
La testa del vitello muggì ancora una volta...
No… gracidò.
Con un gemito a metà tra il divertito e il disgustato, Trick lasciò
cadere la forchetta, spalancò la bocca del vitello e alzò la pesante
lingua rosa. Saltò fuori un rospo che sbatté gli occhi bulbosi prima di
saltar giù dal tavolo e dirigersi verso la porta.
Le donne si separarono per farlo passare. Tra gli scoppi di risa
degli uomini, Kendra diede una manata sulla testa a Colin mentre
tornava al suo posto. “Per l’amor del cielo! Non hai almeno un po’ di
senso del decoro?”
“La parola decoro sulle tue labbra, sorellina?” Colin si strofinò la
testa, “Non è stato solo ieri che vi abbiamo trovato—”
“Zitto, Colin.” Amy scaricò la bambina piangente in braccio al
marito. “Ecco, l’hai fatta piangere e adesso te la godi.” Poi si sedette
e alzò la forchetta, non prima però di rivolgergli un sorriso tollerante.
Jewel si acquietò quando Colin la fece saltellare sul suo
ginocchio. “Bene, ora ci hai visto al peggio,” disse a Trick, tra una
boccata e l’altra di fondi di carciofo conditi. “Benvenuto in famiglia”
Trick scrollò le spalle, indifferente. Guardandolo osservare il
gruppo intorno al tavolo, Kendra cercò di immaginare che cosa
stesse pensando.
Non poteva essere niente di buono.
Era ora di far finire quella farsa. Si rivolse a Jason. “Come te la
caverai senza di me qui a dirigere la casa?”
“Ce la caveremo,” disse spensieratamente suo fratello, mettendo
un braccio sulle spalle della sua più che competente moglie. Le sue
dita giocherellavano pigramente con i capelli biondo scuro di
Caithren. “Ho chiesto a Jane di preparare le tue cose.”
Trick toccò la mano di Kendra. “Jane è la tua cameriera, vero?
Potrà seguirci domani. Ci penserai tu, Cainewood?”
“Certo.”
“Ma—” si intromise Kendra.
“Domani,” ripeté Trick, interrompendola. “Stasera non ci servirà.”
Davanti all’espressione nei suoi occhi—brama, desiderio—il
cucchiaio di Kendra rotolò sul piatto. Si stava comportando come se
fossero veramente sposati, parlando di cameriere e di passare la
notte insieme.
I briganti avevano servitori? Di certo non ne aveva visti nel
cottage. Ma era realmente sposata con quest’uomo? Toccando il
braccialetto intorno al polso, ricordò quanto poco sapesse di lui.
Non era molto, e non era niente di bello.
“Ma, tu sei—” qualcosa nei suoi occhi teneri la fece balbettare. “—
un brigante,” finì fievolmente.
Jason allungò la mano per prendere il pane. “Sì, ne dobbiamo
parlare.”
Trick distolse a fatica lo sguardo da Kendra. “Aye?”
“Devi smetterla.”
Trick masticò pensieroso, poi sorseggiò un po’ di vino. Rimasero
in silenzio per un bel po’ come se ci fosse un muro impalpabile tra
idue.
“Trick, guarda che sono serio. Non hai bisogno di quei soldi.”
“Aye? Credi di no?” Un angolo della larga bocca di Trick si alzò e
Kendra avrebbe giurato che stava per mettersi a ridere.
Non aveva veramente bisogno di soldi? Ne aveva messi da parte
a sufficienza, allora? Le rapine potevano essere davvero così
lucrative?
C’era qualcosa che non quadrava. Ma le sembrava di non riuscire
a pensare chiaramente in sua presenza. Era stato così dalla prima
volta che lo aveva visto. Si sentiva agitata, eccitata, e il cervello
rifiutava di funzionare.
“Perché lo fai?” Chiese Ford.
Scuotendo la testa, Trick si tolse i capelli dagli occhi e guardò
fisso il gemello di Kendra. “Forse perché è un passatempo
divertente.”
“Ora è finita, Trick.” La voce di Jason non ammetteva repliche.
Appoggiò la forchetta sul piatto. “Cerca un altro modo per divertirti.”
Lo sguardo dorato si pose nuovamente su Kendra, bruciante.
“Aye.” Disse Trick lentamente e dolcemente. “Lo farò.”
CAPITOLO UNDICI

IL SOLE STAVA tramontando e colorava il cielo di tonalità


sfumate mentre andavano a casa di Trick nel ragguardevole calesse
a due posti con il quale era arrivato a Cainewood. Preso in prestito,
molto probabilmente, pensò Kendra, insieme alla coppia di cavalli
bai... almeno sperava ferventemente che non li avesse rubati.
Un’occhiata furtiva la convinse che nessuno dei suoi fratelli la
stava seguendo—nessuno di loro stava venendo a salvarla. “Non
riesco a crederci,” disse.
Trick le diede una lunga occhiata, riflettendo, prima di rispondere
nel suo classico modo senza fretta. “A che cosa non riesci a
credere?”
“Non riesco a credere di essere sposata. È successo talmente in
fretta.”
Trick si passò la mano tra i capelli lucenti. “Perché sei arrivata fino
in fondo?”
“Non ho mai pensato che fosse reale. Anche adesso, quasi mi
aspetto che uno dei miei fratelli arrivi sghignazzando per il loro
scherzo magistrale.”
“Non arriveranno,” disse Trick.
“Lo so.” E sapeva anche che una piccola parte di lei si era sempre
chiesta se il matrimonio potesse essere vero e, forse, aveva anche
sperato che lo fosse.
Ma questo non le impediva di aver voglia di prendere a schiaffi i
suoi dannati fratelli.
Come avevano osato orchestrare una cosa del genere, sposarla a
un noto fuorilegge? Poteva essere un assassino, per quanto ne
sapeva lei! Lo stocco era appeso al suo fianco destro. Anche i suoi
fratelli di solito erano armati, ovviamente, ma non estraevano le loro
armi per usarle su base quotidiana.
Le facevano male i denti per averli stretti troppo. Rilassando la
mascella, fece un respiro profondo. “So che non arriveranno. Sono
così furiosa con loro che giuro che non gli parlerò per settimane. Ma
continuo a non riuscire a crederlo. Ho sempre creduto che fosse uno
scherzo.” Quella disperata convinzione l’aveva aiutata a superare
quella giornata, e la spaventava lasciarla andare. “Pensavo stessero
cercando di darmi una lezione.”
Trick si voltò verso di lei, con un accenno di sorriso sulla bella
bocca. “Pensi di meritarti una lezione?”
“No!” Perché il suo tono l’agitava tanto? “Si sono rifiutati di dirmi
se sei titolato. È così? Chi sei?”
“Tuo marito,” le disse cautamente. “E sono d’accordo con i tuoi
fratelli che è tutto quello che ti serve sapere per il momento.”
Kendra lo fissò furiosa nell’oscurità crescente. Era ostinato come i
suoi fratelli. Che cosa diavolo le aveva fatto pensare, anche solo per
un attimo fuggevole, che la magia che aveva sentito tra le sue
braccia fosse sufficiente a sostenere una relazione? “Posso giurare
di non parlare anche con te, sai.”
“Che cosa ti fa pensare che io sia interessato a parlare, stanotte?”
La domanda pronunciata con una voce così dolce le tolse il fiato.
“Hanno manipolato anche te,” disse, stringendosi le braccia intorno
per nascondere l’attacco di panico. “Non sei furioso?”
“Aye, un po’, forse.” Svoltò in una strada secondaria, “Ma non
molto. E non con te. So che non è colpa tua.” Quando Kendra gli
rivolse un sorriso tremante, il suo sguardo si addolcì e le parole
presero la cadenza della sua terra natia. “Non ho fatto un brutto
affare, dopo tutto, no?”
Kendra arrossì, ringraziando il buio. Lei era un buon affare? Non
riuscì a trovare niente da dire in risposta a una dichiarazione simile,
quindi rimase in silenzio, continuando a stringersi le braccia intorno
alla vita.
Forse pensando che sentisse freddo, Trick le mise un braccio
sulle spalle. Avrebbe dovuto essere terrorizzata, pensò vagamente
Kendra. Non sapeva niente degli uomini, dell’intimità, e lui era
virtualmente uno sconosciuto.
Ma il suo calore era stranamente confortante. Si avvicinò un po’, e
quando le sue lunghe dita le accarezzarono il braccio, si appoggiò a
lui, pensando alla prima volta che lo aveva visto e a come aveva
desiderato che la notasse. Ricordando il giorno prima nel cottage, e
a quanto avesse desiderato che la baciasse.
E oggi, il loro primo bacio nella cappella. Era stato incantevole, la
sua bocca era stata gentile e imperiosa allo stesso tempo. Quel
singolo indelebile bacio era stato tutto quello che aveva immaginato
e molto di più. Le aveva acceso un fuoco dentro portandola a
chiedersi che sarebbe successo dopo.
Si era appena abituata alla sua vicinanza quando il calesse svoltò
sopra una collinetta erbosa seguendo i lievi solchi che portavano al
cottage. Le finestre brillavano in lontananza, le lampade all’interno
erano già accese.
Il cottage sembrava caldo e accogliente, ma quando si fermarono,
Kendra si innervosì. Presto lui si sarebbe aspettato che lei
diventasse sua moglie non solo di nome e, nonostante la sua
curiosità, lei non era sicura di potercela fare.
Trick la aiutò a scendere e la accompagnò dentro con una mano
in basso sulla schiena, toccandola dove non era abituata a essere
toccata. Chiudendo la porta dietro di loro, Trick ve la spinse contro.
Vicino, decisamente troppo vicino. La guardava fisso e il suo
calore sembrava pervadere il piccolo spazio tra di loro. Sentiva il suo
odore fresco di sapone, sandalo, se non si sbagliava. Non si
sarebbe aspettata che un brigante usasse sapone di importazione,
ma ben poco fino a quel momento era stato come si aspettava.
Proprio quando stava per lasciarsi prendere dal panico, Trick si
voltò. “Vado a sistemare i cavalli, aye?”
L’ultima volta che aveva pronunciato queste parole non erano
marito e moglie, ma ora l’espressione nei suoi occhi colore del
whisky non lasciò dubbi su quali fossero i suoi piani per la sera.
Prima che potesse reagire, la porta si chiuse dietro di lui.
Com’era possibile che stesse succedendo proprio a lei?
Le sue scarpe alte, col tacco alla francese ticchettarono,
innervosendola, quando fece il giro della stanza, prendendo in mano
degli oggetti e rimettendoli a posto a caso. Cercò di nuovo di aprire il
cassetto in fondo della scrivania, ma era ancora chiuso.
Che cosa si era aspettata? Aveva tentato di aprirlo solo il giorno
prima.
Troppo presto Trick si precipitò dentro la stanza con un sorriso
eccitato che le fece mancare il fiato. Andò diritto all’armadietto e
versò a entrambi un bicchiere di vino. I bicchieri del giorno prima non
c’erano più, i frammenti di vetro erano stati raccolti, la macchia era
sparita, come se non avesse mai versato il vino.
Ma lo aveva versato e per quello era sposata a Trick Caldwell.
“Ecco,” le disse, porgendole il calice. Lo toccò con il suo e il
tintinnio del cristallo prezioso risuonò puro e alto nel silenzio. “Slàinte
mhór.”
Kendra vide i muscoli della gola che si muovevano mentre Trick
beveva, forse anche lui non era poi così a suo agio come sembrava.
Con la testa che girava anche senza il vino, Kendra bevve cauta un
piccolo sorso. “Sl... cosa?”
Con un sorriso gentile, Trick appoggiò il suo bicchiere e si
avvicinò, mettendole le braccia intorno alla vita. “Alla salute—un
brindisi,” tradusse a bassa voce. “E non impressionarti troppo. È
tutto il gaelico che ricordo.”
“Io... io sono...” sentendosi stordita e con il cuore che batteva
furiosamente, Kendra mise una mano sul suo largo torace e si
appoggiò a lui, sapendo che gli stava dando l’idea sbagliata, ma
senza potersi fermare. Si sentiva abbandonata e confusa e lui era la
sua unica ancora. “Non sono impressionata.”
“Oh, no, davvero?” disse con la sua parlata lenta, prendendole il
bicchiere dall’altra mano. Si piegò per appoggiarlo al tavolo e
quando si rialzò, abbassò la testa per baciarla.
Calda. Calda e morbida. Era tutto quello che Kendra riusciva a
pensare. Poi dura e imperiosa. Trick aprì le labbra, invitandola a fare
lo stesso. Poi la sua lingua entrò nella sua bocca, liscia e tenera.
Anche se la sola idea di una cosa simile le era stata estranea fino
a quella sera, Kendra non fu sorpresa di scoprire che il suo istinto
era stato giusto. Toccò incerta con la sua lingua quella piccola
scheggiatura nell’incisivo di Trick, proprio come aveva immaginato di
fare.
Fu il catalizzatore. Il suo corpo reagì con una fitta di piacere e
Kendra strinse le braccia intorno a Trick, per non cadere sulle
ginocchia.
Sentì il piacevole basso rombo di una risata riverberarsi dal suo
petto—alla sua bocca. Le mani di Trick si spostarono in vita, per
impedirle di cadere. Quando lui interrupe il bacio, Kendra cercò di
riprendere a respirare.
“Non sei ancora impressionata, ragazza?”
La sua risposta fu un mugolio mentre allungava le braccia per
riportare la testa di Trick verso la sua, infilando le dita tra i capelli
setosi. Aveva ricominciato a tremare, non per la paura, ma per un
desiderio che trovava entusiasmante. Le loro lingue si scontrarono, e
Kendra assaggiò il vino e Trick, dolce e aspro e così eccitante che
pensò che si poteva morire di piacere.
Kendra non era tipo da fermarsi a metà. Infilò le mani sotto la
giacca di velluto blu per estrarre la camicia. Sembrava lunga in
modo impossibile—avrebbe giurato che gli arrivasse alle ginocchia—
ma alla fine fu fuori e Kendra infilò sotto mani e le mosse per sentire
il contorno dei suo torace.
Trick sobbalzò e si tirò indietro, quasi come se non si fosse
accorto di che cosa stava facendo Kendra, che respirava
affannosamente. Gli occhi erano diventati color bronzo per il
desiderio e la fissavano brucianti.
“Mio Dio. Sei così...” Fece una risatina incerta. “Ti ho quasi
trascinata sul pavimento.”
Kendra arrossì quando si rese conto che con lui sarebbe
tranquillamente finita sul pavimento, non c’erano dubbi. Forse
questa notte di nozze si sarebbe rivelata più facile di quanto
pensasse.
Trick respirò a fondo e si passò una mano tra i capelli e Kendra
guardò, pietrificata, il ciuffo che ricadeva al suo posto. “Perché non li
tagli?” Gli chiese.
“Mmm?” La stava ancora guardando negli occhi.
“I capelli, dove ricadono sugli occhi.”
“Forse sono solo pigro,” suggerì Trick.
“Ti stai nascondendo,” ribatté lei.
“Non stasera.” Si avvicinò ancora e le accarezzò lentamente la
schiena. “Ci ritiriamo in camera?”
Kendra non credeva che il suo volto potesse diventare ancora più
caldo, ma fu così quando Trick la prese per mano e la accompagnò
lungo il corridoio. Anche la camera era stata pulita, non restavano
tracce del catino rotto o dell’acqua versata. Al suo posto ce n’era
uno nuovo.
E, ovviamente, c’era il letto. Il suo sguardo si fissò lì, con il
desiderio e l’apprensione che stavano litigando da qualche parte nel
suo stomaco.
“Va tutto bene?”
Kendra annuì, cercando di mandar giù il groppo che aveva in gola.
“Siediti,” le disse Trick, lasciandosi cadere sull’unica sedia che
c’era nella stanza.
Restava solo il letto. Un letto grande, molto grande per un
‘cottage’ e particolarmente grande per quella piccola stanza. Chissà
perché il giorno prima non se n’era accorta. Era un letto morbido, di
piume, oltre a tutto, non di paglia o di lana. Le tende del letto, di seta
di un pallidissimo azzurro ghiaccio, non avevano fronzoli e
sembravano costose e di estremo buon gusto.
La sovraccoperta era già stata ripiegata. Kendra spinse
cautamente da parte una coperta ricamata e si sedette sulle lisce,
finissime lenzuola.
“Ci stai ripensando?” Trick la guardava avidamente, con un mezzo
sorriso sul volto. “Ti ho offerto una via di uscita,” disse con un
sospiro. “Posso darti una via d’uscita anche dalla prima notte di
nozze.”
Per quanto fosse sincera, Kendra non poté fare a meno di notare
che l’offerta era stata pronunciata con una voce un po’ troppo tesa.
“Spero di procreare un erede,” aggiunse, “ma non è necessario
che sia stanotte. So che sta succedendo tutto troppo in fretta.”
Un’offerta invitante, davvero. Ma gli occhi di Trick sembravano
implorarla. E anche il suo corpo la implorava. Il cuore stava battendo
ancora forte in reazione al suo bacio travolgente.
Kendra rimase prigioniera di quello sguardo implorante mentre
Trick si avvicinava e si metteva su un ginocchio davanti a lei, poi le
alzò silenziosamente la mano e cercò il fermaglio del braccialetto
d’ambra.
“È bellissimo.” Kendra sospirò per la sensazione delle dita di Trick
sul polso. “Era veramente un tuo regalo, allora?”
“Aye.” Glielo tolse lentamente, soppesandolo con una mano.
“Apparteneva a mia nonna e a sua madre prima di lei.”
“Allora perché non lo porta tua madre?”
“Mio padre non l’ha mai considerata degna di averlo.”
Degna. Trick la conosceva appena, eppure la considerava degna.
Cercò di riflettere sul significato di quel gesto, ma si distrasse
quando lui le sollevò il polso, ora nudo e le baciò la parte interna,
dove il sangue scorre vicino alla superficie.
Il gesto sembrava più intimo di un bacio sulla bocca.
Kendra rabbrividì quando Trick si spostò per mettere il braccialetto
sul comodino. Il piccolo clic metallico la fece sobbalzare.
“Rilassati,” le disse, tornando sulla sedia.
Ma guardarlo togliersi la cravatta e allentare le stringhe della
camicia non la aiutava certo a rilassarsi.
Trick si tolse gli stivali e le calze. “Allora... vuoi rinunciare?”
Kendra scosse la testa in modo infinitesimale.
“Ti farò io da cameriera visto che la tua non c’è,” le disse,
avvicinandosi con un sorriso felice. Si inginocchiò ai suoi piedi e le
tolse le scarpe. “Jane, giusto?”
“Sì, Jane.”
Trick allungò le mani sotto le gonne, cercando i nastri che
tenevano le giarrettiere. Nessun uomo le aveva mai toccato le
gambe. “Trick, io—”
Si fermò, perché non sapeva che cosa dire. Non aveva motivo di
protestare—era suo marito. E le aveva offerto due volte una via di
uscita. Due volte.
“La tua cameriera lo fa, no?”
“Beh, sì.” Sentì slacciare una giarrettiera e le dita di Trick che
scivolavano lungo la gamba, arrotolando la calza in un modo che le
trasmise piccoli brividi di piacere. “Ma... con Jane la sensazione non
è la stessa,” riuscì a dire.
“Lo spero proprio.” Trick alzò un sopracciglio, liberandosi in fretta
anche della seconda giarrettiera, poi la alzò, tutta pizzo e nastri di
satin. “Una piccola creazione francese, vero?”
“Le importa Madame Beaumont. Come fai a saperlo?”
“Ho indovinato.”
Kendra si chiese quante altre giarrettiere francesi avesse tolto
negli anni. Certo sembrava esperto.
La seconda calza sparì con un fruscio di seta e Trick si alzò,
facendola alzare con lui. Le appoggiò le labbra calde sulla fronte, e
Kendra sentì un po’ della tensione che svaniva.
La tenne vicina, appoggiandole il mento sulla testa. “I tuoi capelli
profumano come un campo di lavanda, leannan.”
La sua voce bassa, gutturale le andò diritto al cuore. Si era
chiesta come fosse stare con un uomo, e adesso aveva un marito
tutto suo.
Decisa a calmare i propri nervi tesi e a proiettare una sicurezza
che non sentiva, Kendra fece scivolare le mani sotto la giacca e
chinò indietro la testa per guardarlo. “Pensavo che quel brindisi
fosse tutto il gaelico che conoscevi.”
“Scusa?”
“Che cosa significa leannan?”
“Io... non lo so di certo.” Aggrottò la fronte. “Mi è solo sfuggito. Mia
madre mi chiamava così, almeno credo.”
“Forse significa ‘ragazzo indisciplinato.”
La risata di Trick riempì la stanzetta. “Credo di no.” Continuando a
sorridere, cominciò a toglierle la pettorina. “La tua cameriera lo fa,
vero?” Appoggiò la pettorina su una cassapanca si piedi del letto. “E
questo?” Le dita sciolsero le stringhe.
“Sì,” sussurrò Kendra guardandolo far scivolare l’abito dalle spalle,
fino a farlo raccogliere in una pozza scintillante ai suoi piedi. La
sottogonna d’argento brillava alla luce del fuoco.
Quando.... com’era stato acceso? Si chiese vagamente Kendra.
Ma la bocca calda di Trick era appoggiata al suo collo e stavano
succedendo cose strane in fondo allo stomaco e lei sembrava non
riuscire a connettere.
Trick alzò la testa, guardandola negli occhi. Da dov’era, più in
basso, Kendra vide i suoi occhi scurirsi sotto la frangia di ciglia
dorate. Poi Trick fece un passo indietro, e guardò la sua figura
vestita solo della sottoveste.
Kendra lo studiò audacemente. O almeno tentò. Sfortunatamente,
la camicia, che gli arrivava alle ginocchia, era molto più lunga della
giacca di velluto, e lo nascondeva efficacemente ai suoi occhi.
Kendra uscì dalle pieghe dell’abito e avanzò per togliergli la
giacca. Poi venne la camicia, sopra la testa a unirsi ai vestiti sul
pavimento. Alla vista del torace nudo, si sentì le ginocchia molli.
Una lieve spolverata di peli biondi luccicava alla luce del fuoco.
Kendra allungò le mani per toccarlo, con i palmi piatti sul petto,
accarezzandolo, per imparare ogni rientranza, la morbidezza della
pelle sopra i muscoli duri, l’elasticità dei peli biondi. Si sentì mancare
il fiato quando i muscoli che toccava si contrassero sotto le sue dita
curiose.
“Gesù,” mormorò Trick. “Non sei una signorinella ritrosa, vero? Sei
sicura di non avere mai—”
“Sono sicura.” E guance di Kendra bruciavano. “È solo... la
sensazione...” Nascose il viso in fiamme contro il suo petto, sicura
che l’avrebbe creduta una donna lasciva.
Ma quel pensiero non impedì alle sue mani di continuare la loro
esplorazione, spostandosi per toccare la superficie liscia della
schiena. I peli del petto le solleticarono il naso e, senza pensare,
sporse la lingua per assaggiare la sua pelle, calda e appena un po’
salata. Leccò di nuovo e inalò il suo odore, sandalo e Trick,
muschiato ed eccitante.
“Buon Dio, vorrei mangiarti,” sussurrò Kendra senza fiato.
Una risata rombò nel petto di Trick. “Fai pure.” La voce era ruvida
come le mani che si mossero per toglierle le forcine. “Questo
matrimonio mi sembra più giusto ogni minuto che passa. Non ho mai
sognato—che diavolo è?” Trick si tirò indietro di colpo, con un lungo
boccolo rosso in mano e un’espressione di completa incredulità sul
volto.
“È un falso boccolo. Per rendere più gonfi i capelli.”
“Più gonfi? E chi diavolo ha bisogno dei capelli più gonfi?”
Trick passò le dita tra le ciocche, ritrovandosi in mano altri due
riccioli e...
“Fili di ferro? Perché?”
“Per far restare a posto i boccoli. Kendra si agitò, spostando il
peso da un piede all’altro, sentendosi di colpo come Medusa. Si
infilò le mani tra i capelli, tirando fuori parecchi fili e altri tre boccoli.
“Sono sei? Penso che sia tutto.”
“Da dove vengono? Aspetta—preferirei non saperlo.” Gettò via i
riccioli, disgustato e le lisciò i capelli con le dita. “Hai altre sorprese
per me? Il tuo bel nasino è proprio il tuo? Forse ci sono fianchi falsi
sotto quella splendida sottoveste?”
“No.” Kendra si mise le mani sui fianchi. “Questi sono miei. Tu...
non sono troppo larghi, vero?”
“Niente in te è troppo largo.” Le sistemò i capelli sulle spalle, una
cortina che le scendeva sulla schiena. “Eccetto forse il sorriso, o i
capelli, ma quelli non li rivedremo più vero? O avrei dovuto gettare
quei riccioli sul fuoco?” rise, coprendole le mani con le sue, con i
pollici che accarezzavano le ossa iliache. “Perfetta per partorire i
miei figli, aye?”
“Trick, le cose che dici...”
“Ah...” Si chinò sopra di lei. “Le cose che dico non sono niente a
paragone delle cose che farò.” Le mani salirono ad accarezzarle le
guance e la piegò all’indietro per un bacio lungo e appassionato.
Le mancarono le ginocchia. Trick la sostenne, ridendo e la fece
voltare depositandola sul letto. Kendra si sentiva minuscola lì in
mezzo, con le colonnine e il baldacchino di damasco azzurro
ghiaccio che torreggiavano sopra di lei, ma con Trick allungato
accanto a lei, il letto era l’ultimo dei suoi pensieri.
“Questo lo fa, la tua cameriera?” le chiese, alzandole la sottoveste
sulle gambe.
“N-no. Almeno non così,” mormorò Kendra, sentendo le dita che
sfioravano l’interno sensibile delle cosce. “Nessuno ha mai fatto—”
ansimò.
“Sono lieto di saperlo.” Concentrando nuovamente la sua
attenzione, Trick si spostò per accarezzarle il seno e Kendra vide i
capezzoli che si inturgidivano sotto il tessuto sottile. Era scandaloso,
ma meraviglioso allo stesso tempo. Poi Trick le abbassò l’indumento
sulle spalle e prese in bocca il bocciolo rosato.
Kendra rabbrividì. Calda e bagnata, la sua bocca provocava una
sensazione di calda dolcezza dentro di lei. Si arcuò per il piacere,
infilandogli le dita tra i capelli. Dalla gola di Trick uscì un basso
mugolio di soddisfazione, che si trasferì vibrando al suo corpo, e
Kendra si arcuò di nuovo quando la lingua di Trick la leccò passando
all’altro seno, stampando piccoli baci e morsetti per poi lenire subito
il piccolo dolore con un bacio.
Kendra aveva i sensi in fiamme e cominciava a sentire un calore
che nasceva in profondità dentro di lei. Proprio quando pensava di
non riuscire più a sopportarlo, Trick si alzò e la aiutò a togliersi la
sottoveste. Poi la fissò tirando il fiato e sorrise radioso, regalandole
un tuffo al cuore.
Kendra aveva superato la soglia dell’imbarazzo e tese le mani,
ansiosa si toccarlo di nuovo. Con una risata strozzata, Trick evitò le
sue mani e si affrettò a togliersi i calzoni.
Kendra si immobilizzò a quella vista. Buon Dio, era bello.
Ma non c’era la minima possibilità che potesse adattarsi.
“Leannan.” Chiaramente ignaro della sua ansia, Trick si abbassò
sul letto accanto a lei, alzando la coperta per imprigionare il calore
dei loro corpi.
“Trick—”
Un sorriso curvò le labbra di Trick prima che la sua bocca
catturasse quella di Kendra. E poi ricominciò a baciarla, sfiorandole il
corpo con dita adoranti, facendo svanire ogni pensiero coerente—e
ogni preoccupazione—dal sul cervello.
Quasi. Kendra si immobilizzò di nuovo quando Trick fece per
allargarle le gambe. “Sei bagnata,” sussurrò.
Era vero. E il suo tocco era delizioso. Per lunghi minuti la
accarezzò abilmente, portandola verso il piacere, finché lei si agitò
contro di lui con una sensazione strana, meravigliosa così pressante
che si chiese se sarebbe riuscita a sopportarla.
Le mani di Kendra affondarono nelle sue spalle, le unghie gli
artigliarono la schiena, le dita gli afferrarono i capelli. E lui
continuava a baciarla, con la bocca incollata alla sua, calda e dal
sapore di proibito.
Kendra si sentiva molle, troppo debole per protestare quando lui si
spostò mettendosi sopra di lei. “Leannan,” mormorò, spingendo per
entrare, dapprima lentamente. Poi più forte quando sembrò trovare
una barriera—una spinta veloce che sembrò lacerarla.
La sensazione di piacere morì immediatamente e Kendra si
irrigidì, con ogni nervo del suo corpo che urlava di dolore.
“Oh mio Dio! Via! Vai via, Trick!” Sapeva che non ci sarebbe stato.
“Fermati! Subito!”
“Aspetta solo un momento, lea—”
“No!” Kendra lo spingeva con le mani, mordendosi il labbro per
fermare le lacrime.
“È passeggero, Kendra. Aspetta solo un momento—migliorerà—”
“No,” Kendra stava singhiozzando. “Per favore, esci.” Si girò sotto
di lui. “Per favore!”
Trick si spostò. “Diavolo, non riesco a crederci.” Restò lì,
respirando pesantemente per un minuto, poi rotolò sul bordo del
letto e si sedette, strofinandosi il volto con le mani. “Non riesco a
crederci.”
Non riusciva a crederci nemmeno lei.
Trick lasciò cadere le mani e si voltò a guardarla, toccandole il
volto. “Mio Dio, mi dispiace,” mormorò, accarezzando il volto
bagnato di lacrime. “Avrei dovuto andare più adagio, essere più
delicato. Pensavo fossi pronta. Eri così appassionata, così
bagnata...”
“Non ci stai.”
“Cosa?” Le dita si fermarono sul mento.
“Non ci stai. Non avremmo dovuto sposarci.” Tirando su col naso,
Kendra gli spinse via la mano e si asciugò le lacrime sulle guance.
“Lasciami stare.”
“Kendra—”
“Lasciami stare.”
Era sdraiata rigida come un bastoncino di zucchero quando Trick
si alzò e prese una vestaglia dal guardaroba, legandosela in vita con
un movimento brusco nato dalla frustrazione. Uscì dalla stanza,
senza dire un’alta parola.
Ancora tremante, Kendra si sedette e gettò da parte la coperta,
guardandosi tra le gambe aperte. Santo cielo, stava sanguinando.
Ma era possibile che a qualche donna piacesse farlo?
Non la meravigliava che i suoi fratelli l’avessero fatta sposare
senza dirle che cosa sarebbe successo. Sarebbe corsa nella
direzione opposta più in fretta che poteva—e loro lo sapevano bene.
Tremando, andò al portacatino e si pulì, poi tornò a letto e restò lì
ad aspettare. Non c’era nient’altro che potesse fare. Nel bene e nel
male, era sposata a Trick Caldwell.
Non poteva certamente diventare peggiore di così.
Ci volle un po’ prima che Trick tornasse nella stanza e restasse lì,
in piedi sopra di lei. I suoi capelli dorati brillavano alla luce del
camino. Aveva un muscolo che tremava sulla mascella.
Kendra reagì stringendo i denti. “Ti ho detto di lasciarmi stare.”
“Sei mia moglie.”
Kendra rabbrividì sotto quello sguardo fermo; poi tirò fuori il
coraggio. “Sto sanguinando, Trick. Mi hai ferito. Per l’amor del cielo,
non puoi aspettarti che lo rifaccia.”
Trick la fissava, incredulo. “Ferita?” ripeté lentamente. “So che
alcune donne provano dolore la prima volta, ma—”
Si interruppe, fissando il soffitto—in cerca di pazienza, immaginò
Kendra.
“Buon Dio, non avevo mai visto una donna così reattiva, fino—”
“Solo perché non sapevo che cosa mi aspettasse,” borbottò
Kendra, infelice. “Non hai sentito quello che ti ho detto? Sto
sanguinando.”
Trick si sedette pesantemente sul materasso. “Sei arrivata al
matrimonio completamente ignara? I tuoi fratelli non ti hanno detto
niente? Niente del tutto?”
“I miei fratelli si sono sempre messi a balbettare quando tentavo di
parlare di cose del genere. Credo che ognuno di loro ritenesse che
ci avrebbe pensato un altro.”
Trick scosse la testa, chiaramente simpatizzando con la situazione
in cui si erano trovati i suoi fratelli. Ma la sua voce di addolcì. “Allora
non sai niente dell’accoppiamento, mia dolce vergine moglie?”
“Certo che so qualcosa! Sono vissuta in campagna per quasi tutta
la mia vita. Ho visto gli animali nei campi—” Di colpo si sedette.
“Perché non sei passato da dietro? Gli animali sembrano non
provare mai dolore—”
“Da dietro?” Cambiando completamente umore, Trick crollò sul
letto e rise fino alle lacrime. “È possibile, e immagino che ci
arriveremo, prima o poi, ma non credo—” Tirandosi su, le mise una
mano sul braccio.“Guarda, mi dispiace che tu non fossi preparata e
ancora di più per non aver prolungato il nostro... corteggiamento.
Sapevo che avrei dovuto farlo, altrimenti non ti avrei mai offerto di
aspettare, anche se certo non lo volevo. Ma la prossima volta non
farà più male, te lo giuro.”
Kendra allontanò il braccio con un gesto brusco. “Hai ragione.
Perché non ci sarà una prossima volta.”
Trick si passò una mano tra i capelli. “Credi di no?”
Guardando i capelli che ritornavano esattamente dov’erano prima,
Kendra si leccò le labbra. “Io so che non ci sarà una prossima volta,
Trick. Non te le permetterò.”
Trick la fissò a lungo. Kendra era sicura che riuscisse a sentire il
cuore che le batteva forte in quel silenzio. Poi lo sguardo di Trick si
accese di determinazione.
Fece un respiro profondo prima di chinarsi.
“Me lo lascerai fare, ragazza.” Un dito accarezzò lentamente la
fronte scendendo sul naso, oltre le labbra, il mento, il collo e tra i
seni, tirando indietro le coperte mentre scendeva. Si tolse i capelli
dagli occhi e la guardò fisso negli occhi, con il dito che scendeva
ancora, entrando nell’ombelico, e fermandosi lì, con una lieve
pressione.
“Non solo me lo permetterai,” disse, con la voce bassa e l’accento
così pesante che Kendra faticava a capire le parole, “ma mi
pregherai di farlo.”
Si fermò tanto a lungo, restando immobile che Kendra si chiese se
avesse smesso di respirare. Poi si scostò e le voltò la schiena,
lasciandola a guardare e a fremere dalla testa ai piedi.
CAPITOLO DODICI

LA MATTINA SEGUENTE, Kendra fu più che sollevata quando


Trick la svegliò con la colazione su un vassoio e le disse che ‘aveva
delle cose di cui occuparsi’ e che sarebbe tornato nel tardo
pomeriggio. Kendra immaginò che uscisse per andare a fare il
brigante e non sapeva cosa pensare, né di quello, né di lui.
Anche se Trick sapeva preparare una buona tazza di cioccolata
con tanto zucchero da soddisfare la sua voglia di dolce, non aveva
idea di cosa dirgli.
Si sentì un tantino ridicola quando si rimise l’abito di nozze, ma
non aveva nient’altro da indossare finché non fosse arrivata la sua
cameriera con i bagagli. Si lavò e usò il pettine di Trick per
sistemarsi i capelli, poi agganciò il braccialetto d’ambra, fermandosi
un momento per apprezzare i riflessi dei diamanti. Anche se non
aveva dubbi che Trick non la considerasse più ‘degna’, il braccialetto
era bello e lei intendeva goderselo.
Mangiucchiò un po’ di pane con il burro all’arancia e gironzolò per
il cottage. C’erano altre tre stanze che si dipartivano dal corridoio,
ma apparentemente Trick non le usava. I pochi pezzi di arredamento
erano coperti da lenzuola. I pavimenti e le pareti erano puliti ma
disadorni.
Era il lavoro giusto per lei, e almeno le avrebbe dato qualcosa per
occupare la mente. Era abituata ad occuparsi di un’intera tenuta e
trovava difficile immaginare che cosa avrebbe fatto lì tutto il giorno.
Aspettando che Jane arrivasse con le sue cose, pensò che un paio
di giorni sarebbero passati piacevolmente risistemando i mobili e
disfacendo i bagagli, prima di diventare completamente pazza per
l’inattività.
Scelse una stanza per Jane e un’altra che pensava sarebbe stata
sufficiente per lei, visto che non aveva in programma di dividere una
stanza con Trick. La quarta e ultima stanza sarebbe stata perfetta
per una nursery, eccetto che non aveva intenzione di fare quello che
serviva per riempirla.
Nessuna meraviglia che Caithren non avesse ancora concepito.
Finita la sua ispezione, in un tempo disperatamente breve, prese
in considerazione per un attimo di andare a casa e sfogarsi urlando
con i suoi fratelli, ma ricordò che non parlava con loro. Andò alle
librerie che coprivano le pareti del corridoio. Notando un’abbondanza
di poesie, scelse un libro dei sonetti di Shakespeare e i primi due
volumi del paradiso Perduto di Milton, poi si sedette nella sala di
soggiorno ad aspettare l’arrivo della sua cameriera.
Era annoiata a morte quando, invece di Jane, arrivò Trick.

DISSE CHE VOLEVA farle fare un ‘giro in campagna’, come se lei


non avesse vissuto in quella stessa campagna per metà della sua
vita. Aveva portato un ricco spuntino da dividere sul calesse mentre
erano per strada, anche se Kendra non riusciva a immaginare dove
l’avesse preso.
Avevano percorso miglia e miglia di fertile terreno agricolo e
attraversato un villaggio chiamato Amberley, affollato e prospero. E
Trick aveva continuato a intrattenerla con i racconti dei suoi viaggi,
senza mai sollevare argomenti personali. Né aveva mai risposto alle
sue discrete indagini, cambiando abilmente argomento e tornando a
parlare del panorama.
Tre ore dopo, Kendra non sapeva di lui più di quanto sapesse
quando si erano scambiati i voti nuziali. E dopo le minacce della sera
prima—il suo ‘mi pregherai di farlo’ le risuonava ancora nella testa—
non l’aveva nemmeno toccata.
Non che non ne fosse sollevata, ma non c’era niente di chiaro in
quest’uomo, e questo di per sé era inquietante.
Il sole era basso in cielo quando Kendra rimise il tovagliolo nel
cesto da picnic e si leccò le dita sporche di pollo arrosto. “Cosa
succede se arriva Jane con i miei bauli e non siamo a casa a
riceverla?”
“Rilassati, leannan. Non preoccuparti. Arriveremo presto.” Le mise
la mano sul ginocchio, poi guardò in basso e la tirò via di colpo,
aprendola e chiudendola prima di riprendere le redini del calesse.
Il ginocchio di Kendra bruciava dove aveva appoggiato le dita. “Ma
—”
“Non preoccuparti,” ripeté. “Siamo quasi a casa.”
“No, non è vero.” Aveva un senso della direzione eccellente.
Anche se il loro vagabondaggio li aveva riportati vicino al cottage,
ora stavano andando nella direzione opposta. “È—”
“Là.” Trick inclinò la testa mentre guidava il calesse fuori dalla
strada su un viale molto curato. Un viale molto lungo. Fiancheggiato
da alti alberi, con un’enorme, imponente palazzo in fondo.
Di mattoni rossicci con più finestre e camini di quanti riuscisse a
contare, la casa doveva essere grande almeno come il castello di
Cainewood. Solo che Cainewood era antico, danneggiato e
parzialmente chiuso mentre questa casa risplendeva di nuovo.
“Là?” Kendra guardò confusa una vistosa torre con l’orologio in
cima all’edificio. Le otto. Poco più di un giorno che era sposata e non
si era mai sentita tanto persa in vita sua. “Che cosa significa? Dove
siamo?”
“La tua nuova casa.” La sua bocca generosa si arcuò in un mezzo
sorriso. “Ti piace?”
“Mi-mi piace?” Balbettò Kendra. “Non capisco.” Si torceva le mani
strette in grembo. Le dita che trovarono il braccialetto d’ambra e
strofinarono le pietre lisce e lucide. “Tu lavori qui?”
Trick la guardò sorpreso, poi il sorriso si allargò. “Sì, beh, già.”
“E il cottage?”
“No, non lavoro là. Non di solito, comunque. È più un rifugio, un
posto dove restare da solo per un po’. Ah, eccoci qua.”
Confusa, Kendra si voltò verso la casa. Il portone si era aperto e
una lunga fila di servitori in livrea cremisi si stava riversando sugli
ampi gradini di marmo.
“Benvenuto a casa, Vostra Grazia.”
“Congratulazioni.”
“Una sposa così bella.”
“Vostra Grazia.” Un uomo dalla schiena diritta, con i capelli grigi
tese una mano guantata di bianco a Kendra, presumibilmente per
aiutarla a scendere.
Kendra si fermò un attimo prima di appoggiare le dita sulla mano,
guardandosi intorno esterrefatta. “Vostra Grazia?” Ripeté sottovoce.
“Vostra Grazia,” confermò Trick, aiutandola a camminare sulla
ghiaia. Due stallieri apparvero dal nulla e presero il calesse mentre
altri servitori si affrettavano a raggiungere la doppia fila che partiva
dall’alto portone scolpito.
Trick prese Kendra per il gomito e la guidò verso i gradini. “Posso
presentarvi mia moglie, la Duchessa di Amberley. Sono sicuro che
farete tutti del vostro meglio perché lei sia felice qui.”
Felice? Kendra annuì e sorrise rigidamente, pianificando l’omicidio
di Trick.
Immediatamente dopo quello dei suoi fratelli.
CAPITOLO TREDICI

“SEI UN DUCA! Addirittura il duca di Amberley!” era incredibile.


Nessuna meraviglia che Colin avesse detto che il braccialetto
d’ambra era proprio adatto. Infilò sotto due dita, resistendo appena
al desiderio di strapparlo.
“Quanto veleno. Sant’Iddio, lo dici come se un Duca fosse un
farabutto della peggior specie.”
“Proprio così.” Kendra camminava avanti e indietro nella stanza
con le tende di velluto rosso. “Come hai osato tenermelo nascosto!”
“Non mi piacciono le bugie, Kendra. Ma i tuoi fratelli mi hanno
chiesto di non dirtelo e ho immaginato fosse una cosa innocua, visto
tutto il resto.”
“Innocua? Mi hai imbrogliato. Non ti avrei mai sposato se avessi
saputo—”
“Stupidaggini. Eri innamorata di me.”
Kendra avrebbe voluto far sparire a schiaffi quel sorrisetto dalla
sua bella faccia. “Amore, Ah! Ma se non ti conosco nemmeno. Da
dove viene questa idea assurda?”
“Me l’hanno detto i tuoi fratelli.”
“Loro non sanno un bel niente.” Sentendo il rossore salirle alle
guance Kendra si affrettò ad aggiungere. “Comunque non avrebbe
importanza. Qualunque cosa possa aver provato per te è stata
distrutta dalla tua bugia, per non parlare della notte scorsa.”
“Per favore, non ricominciamo.” Trick sospirò e si lasciò cadere su
una sedia di broccato imbottita. “Te l’ho detto, era solo la prima volta.
Non farà male da ora in poi.”
Kendra restò immobile a fissarlo a denti stretti.
“E dimmi, per favore, che cosa c’è di tanto brutto a essere una
Duchessa? La maggior parte delle donne sarebbe senza parole per
la contentezza..”
“Io non resto mai senza parole.”
“Perché la cosa non mi sorprende?” ribatté seccamente Trick.
Incrociò le lunghe gambe alle caviglie. “Non lo capisco proprio,
Kendra. Perché sposare un Duca deve essere un avvenimento così
disastroso?”
“È troppo difficile da spiegare.”
“Provaci.” Trick incrociò anche le braccia. “Ti ascolto.”
Con uno sbuffo d’impazienza, Kendra si sedette sul velluto rosso
del letto. Appoggiò le mani dietro la schiena e alzò gli occhi,
cercando di pensare. Sopra di lei c’era il lato inferiore di un
baldacchino di seta arricciata degno di un Re.
O di un Duca, appena sotto ai reali come rango.
“Vostra Grazia, non è il titolo in sé che mi fa stridere i denti, ma
quello che simboleggia. Per me. Per il mondo in generale. Per tutta
la brava gente che non è stata abbastanza fortunata da...”
Non funzionava. Non trovando effettivamente le parole, Kendra si
sedette diritta. Ma l’espressione confusa di Trick la innervosì ancora
di più.
“Guardati attorno!” Si alzò di colpo e indicò la stanza gesticolando:
le pareti imbottite, rivestite di satin, il soffitto intagliato e dorato, il
letto a baldacchino ornato di vistosi pouf di penne di struzzo tinte di
rosso. “Vedi che cosa intendo? Chi vorrebbe vivere in un posto del
genere? Lo giuro, farebbe impallidire Whitehall!”
Trick esplose in una breve risata davanti all’espressione di
assoluto disgusto che Kendra sapeva di avere sul volto. “Conosco
donne che ucciderebbero per—”
“Uccidere per questo? È la prima cosa che dici in tutto il giorno
che abbia un senso.”
“Non piace nemmeno a me l’arredamento,” disse tranquillamente
Trick. “Ma perché lo detesti tanto? Voglio capire.”
“Oh, sapevo che sarebbe stato impossibile da spiegare! È una
spiegazione lunga, complicata e sembra che abbia un senso solo
per me. Certamente non ha mai avuto senso per i miei fratelli.”
“Io non sono uno dei tuoi fratelli. Dimmela, per quanto tempo ci
voglia.”
Con un sospiro, Kendra si rimise seduta e rifletté per un lungo
minuto, poi unì le mani in grembo prima di cominciare.
“Non fingerò di non apprezzare come tutti i balli e i bei vestiti e le
altre cose che i soldi possono comprare, ma penso di sapere che
cos’è importante sotto tutti quei fronzoli. Ho ripetuto all’infinito ai miei
fratelli che non mi importava dei titoli. Volevo sposare un uomo di cui
fossi pazzamente innamorata, ma, ancora di più, un uomo che
potessi ammirare. Per quello che aveva dentro, non per il falso
onore attribuitogli dalla società.”
“Non ho chiesto io di essere un Duca—”
Zittendolo con un cenno, Kendra saltò giù un’altra volta dal letto.
Non era ancora pronta ad ascoltarlo. “Durante il Commonwealth,”
disse, ricominciando a camminare avanti e indietro, “il titolo della mia
famiglia è stato un ostacolo, non un vantaggio. Non abbiamo potuto
restare a casa e continuare la nostra vita come la gente normale.
Invece eravamo poveri esiliati, trascinati da Parigi a Colonia, a
Bruxelles, Bruges, Anversa—dovunque vagabondassero Re Charles
e la sua corte. È stato allora che ho imparato che è quello che c’è
dentro una persona che conta. Alcuni erano gentili con noi e altri no.
E il loro rango che aveva niente a che fare con il loro
comportamento.” Abbassando la voce, si fermò e si voltò verso
Trick. “E...”
“E cosa?” Le chiese dolcemente.
Kendra sapeva che sarebbe sembrato ridicolo, ma non poteva
farne a meno—era quello che sentiva. “Da ragazzina, ho deciso che
i duchi erano i peggiori. I più pomposi, i meno affettuosi, quelli che si
irritavano di più ad avere dei bambini orfani tra i piedi. Ecco perché,
per me, rappresentano la parte peggiore del’umanità. La parte
peggiore di tutto.”
Trick si tolse i capelli dagli occhi, con l’espressione che si
addolciva. “È per quello che i tuoi fratelli mi hanno chiesto di sposarti
con solo il mio nome,” mormorò. “Perché altrimenti avresti rifiutato.”
“Probabilmente,” concesse Kendra. “E ora sono incastrata in
questo pacchiano mausoleo.”
Trick guardò in cielo—o almeno il soffitto dorato. “Dai, non è tanto
male.”
“Preferirei vivere nel cottage.”
“A pensarci bene, lo preferirei anch’io.” Evidentemente era il suo
turno di camminare avanti e indietro perché si alzò e cominciò a
camminare davanti al camino di pietra scolpita. “È mio padre che ha
costruito questo maledetto palazzo, non io,” disse pensieroso.
“Trasferiamoci nel cottage. Avvertirò Cavanaugh di preparare i miei
bauli e Jane non dovrà nemmeno disfare i tuoi. Andremo
immediatamente al cottage.
“Sei sicuro?”
Trick si voltò a guardarla, con un sopracciglio alzato. “E tu sei
sicura?”
Rimasero in silenzio per un po’, e poi Kendra sospirò. “No,” disse,
incerta su tutto in quel momento. “Non voglio vivere in quel piccolo
cottage. Beh, è un cottage grande, in effetti, ma sai che cosa voglio
dire.” Andò nuovamente a sedersi sul letto. “Sono abituata a dirigere
una casa grande, e so che saresti orgoglioso di me. È solo che...
quando penso a tutti i soldi che servono per gestire un posto come
questo—tutti i servitori e il resto—solo per noi due... non possiamo
chiuderne una parte? La maggior parte? La maggior parte di
Cainewood è chiusa. Potremmo usare i soldi risparmiati per
qualcosa di buono, magari aiutare qualche orfano, o roba del
genere.”
Trick si sedette accanto a lei, profumato di sandalo. Doveva
essere venuto lì e essersi fatto un bagno, quel dannato, mentre lei
passava la giornata sbadigliando e leggendo poesia.
Trick le prese la mano. “Pensa a tutte le persone che
perderebbero il lavoro se chiudessimo la maggior parte della casa. Li
aveva assunti mio padre, non io, ma non me la sento di metterli su
una strada.”
“Oh... non ci avevo pensato.”
Il sorriso di Trick, un po’ storto ma sincero, contribuì a scongelare
la sua rabbia gelida. “E ho qualcosa da mostrarti domani. Qualcosa
che credo ti piacerà.”
“Che cosa?” Kendra si chinò, avvicinandosi a quel profumo
allettante.
Ma poi riprese il controllo e tolse la mano. Restava il fatto che le
aveva mentito, l’aveva imbrogliata ed era difficile da perdonare.
Specialmente adesso, con tutti gli anni che avevano davanti... anni e
anni.
“Che cosa mi vuoi mostrare?”
“Pazienza, ragazza. Vediamo di sistemarti, prima. Domani sarà
abbastanza presto.” Il suo sorriso svanì quando la vide sbadigliare.
“Hai sonno, vero?”
“Grazie a te.” Gli diede un’occhiataccia, poi ricadde sui cuscini.
“So che è presto, ma vorrei proprio andare a dormire.”
“Idea eccellente. Ieri è stata una giornata lunga e difficile.” Trick si
alzò, si tolse la giacca e cominciò a slacciare la camicia. “Credo
proprio che ti imiterò.”
Kendra saltò giù dal letto. “Oh! Pensavo che questa fosse la mia
stanza.”
“Ed è così.” La camicia passò sopra la testa e a Kendra
cominciarono a prudere le mani ricordando la sensazione della sua
pelle. Calda e soda.
“Allora dov’è la tua stanza?”
“È anche la mia stanza.” Trick si sedette per togliersi gli stivali.
“Siamo sposati. Possiamo dormire insieme. Ho un pezzo di carta
che lo prova.”
“Ma...” Kendra di guardò in giro, frenetica. “Questa è una suite,
vero? Che cosa c’è dall’altra parte di quella porta?”
“Uno spogliatoio. Sentiti libera di usarlo. Ci sono i tuoi vestiti
dentro.” Davanti al suo sguardo stupito, aggiunse. “Jane è stata qui
tutto il giorno, a sistemare le tue cose. Le ho dato la serata libera.”
“Pensavo avessi detto che non aveva ancora disfatto i bagagli. Ed
è la mia cameriera.”
“Penso che sia alle mie dipendenze, adesso.” Il secondo stivale
colpì il pavimento con un tonfo e Trick cominciò a slacciarsi i calzoni.
“Sei un Duca, per l’amor del cielo. Non hai un valletto?”
“Cavanaugh. Ma preferisco spogliarmi da solo, con sommo
dispiacere di quel pover’uomo.” Alzò gli occhi. “In effetti, preferirei
che fossi tu a spogliarmi, ma...” Il sorriso ironico mostrò quel dente
scheggiato e lo scintillio negli occhi era inquietante. “No, penso di
no. Ma posso fungere io da cameriera anche stasera, se vuoi.”
“No, grazie.” Kendra si precipitò nello spogliatoio e chiuse la porta
alle sue spalle, poi dovette ritornare in fretta nella stanza per
prendere una candela. Digrignando i denti davanti alla risata di Trick,
Kendra si rinchiuse un’altra volta nello spogliatoio e cominciò a
cercare una camicia da notte.
Eccessivo come la camera, lo spogliatoio era arredato con un
delicato tavolino di legno e due sgabelli imbottiti con le frange. Una
parete era coperta da un enorme specchio dalla cornice dorata e
un’altra parete da armadi guardaroba e c’erano due intere pareti di
quei nuovi cassettoni.
Il primo cassetto che aprì era pieno delle cose di Trick,
ordinatamente ripiegate e Kendra lo chiuse sbattendolo. Trovò i suoi
vestiti nel terzo cassettone. Si tolse in fretta l’abito di nozze,
infilandosi la più spessa e ingombrante camicia da notte che
possedeva. Le dita cercarono maldestre di aprire il fermaglio del
braccialetto d’ambra, e alla fine riuscì a toglierselo e a metterlo sul
tavolino intagliato.
Il braccialetto era lì, che la scherniva. Ambra. La Duchessa di
Amberley...
Buon Dio, come aveva fatto a finire in quel pasticcio? Esattamente
dove aveva giurato di non finire mai.
Quando riaprì la porta, Trick era a letto, e—da quello che poteva
capire—completamente nudo. Kendra si avvicinò lentamente alla
mostruosità scolpita e dorata, sperando che si fosse già
addormentato.
La mano di Trick scattò ad afferrare la sua, bloccandola. “Non ho
intenzione di prenderti contro la tua volontà. Non devi preoccuparti.”
Kendra si morse il labbro, adocchiando le spalle e il braccio nudi.
“Davvero?”
“Aye. Sei al sicuro, te lo giuro.”
“Posso... potrei avere un’altra stanza?”
“C’è qualcosa che non va in questa?”
“È... troppo maschile.”
“Troppo maschile?”
“Sì.” Kendra accompagnò la parola con un’occhiata sfacciata
perché non c’era niente di più lontano dalla verità. La stanza era
tutta satin e velluto, piume e pizzo—fin troppo decorata per i suoi
gusti. Sembrava la stanza di un bordello. O almeno come lei
immaginava potesse essere la stanza di un bordello. “Era la camera
di tuo padre, vero? Immagino che sarei più a mio agio nella stanza di
tua madre. Dov’è?”
“In Scozia,” rispose secco Trick, battendo il materasso accanto a
lui. “Vieni, Kendra. Adesso basta. Sono stanco e anche tu sembri sul
punto di crollare.”
Con un sospiro, Kendra fece il giro del letto e si stese cautamente
sopra le coperte.
La voce di Trick le arrivò da sopra la spalla, esasperata. “Mettiti
sotto le coperte. Ci sono un mucchio di correnti d’aria in questa casa
spropositata.”
Cedendo, Kendra si infilò sotto la coperta. Il materasso di piume
era morbido e comodo. Sdraiata rigida sulla schiena, sentiva il
respiro di Trick accanto a lei, e il calore del suo corpo anche
attraverso la spazio che li divideva.
Quando Trick si voltò e appoggiò lenta una mano intorno alla sua
vita, Kendra trasalì.
“Ssst, leannan. Dormi.” Si sollevò per baciarle la punta del naso,
con le labbra morbide e invitanti. Gi occhi color ambra la fissarono
brucianti, facendole sentire le farfalle nello stomaco. Suo malgrado,
gli mise le braccia intorno al collo e gli avvicinò la testa per baciarlo.
Ma sapeva a che cosa avrebbe portato.
“Aye, hai ragione,” il sussurro di Trick era roco e pieno di
significato.
Le aveva letto la mente?
La bocca di Trick sfiorò la sua; la lingua uscì a tracciare il profilo
del labbro inferiore e, nonostante le sue riserve, Kendra si strinse a
lui.
Trick fece una risatina. “Aye, comincerai a pregarmi molto presto,”
disse, poi si voltò per spegnere la candela.
Tremando, per l’irritazione o il desiderio—proprio non riusciva a
capirlo—Kendra restò a fissare il buio e a chiedersi se sarebbe mai
riuscita a dormire mentre era sposata con Trick Caldwell.
CAPITOLO QUATTORDICI

“SVEGLIATEVI, MILADY. VOGLIO dire Vostra Grazia.”


Kendra aprì a forza gli occhi vedendo Jane sopra di lei.
“Vi ho portato la colazione, o dovrei dire il pranzo?” La cameriera
appoggiò un vassoio sul letto. “È tardi e Sua Grazia sta aspettandovi
per portarvi da qualche parte. Una sorpresa, ha detto.”
“Una sorpresa?” Mettendosi seduta, Kendra prese una tazza di
cioccolata. “Aveva detto che aveva qualcosa da farmi vedere oggi,
ma—”
“Una sorpresa, sì.” L’alta figura sottile di Jane sparì nello
spogliatoio. “Ha suggerito che indossiate il vostro vestito più
semplice.”
Dalla porta arrivava il rumore delle ante dei guardaroba che si
aprivano e si chiudevano. “Perché mai?” Chiese Kendra.
“Beh, se non lo sapete voi come faccio a saperlo io?” La
cameriera rientrò nella stanza con un abito di velluto color pesca. A
parte uno stretto bordo di pizzo intorno al collo e un volant di pizzo
un po’ più alto ai polsi, l’abito era liscio. Niente sopraggonna, niente
gioielli né ricami sulla pettorina. “Pensate che questo possa
andare?”
“Sono sicura di sì.”
Kendra mise un po’ di formaggio su una fetta di pane mentre Jane
tornava nello spogliatoio. La sua voce gentile arrivò dalla porta.
“Scarpe marroni invece che dorate, credo.”
Kendra masticò e deglutì, senza pensare. Il suo cervello era
intorpidito per aver dormito troppo.
“E una sottoveste, e... oddio, che meraviglia questa braccialetto.
Da dove è venuto, milady? Voglio dire Vostra Grazia.”
“Milady andrà più che bene,” borbottò Kendra. “E lascia lì il
braccialetto.”
Jane apparve sulla porta, con un’espressione confusa sul volto
bruttino. Sbatteva le palpebre al sole di mezzogiorno che si riversava
dalla finestra, con il braccialetto d’ambra che le pendeva dalle dita.
“È un regalo di vostro marito?”
“Un regalo di nozze, sì.”
“Allora vorrà certamente che lo portiate.”
Appoggiando il pane sul vassoio, Kendra colse il riflesso dell’oro
che le circondava il dito. Promemoria più che sufficiente che aveva
sposato un duca bugiardo. “Non mi interessa, Jane.”
La sua cameriera restò a bocca aperta. “Ma è così bello. E Sua
Grazia è così attraente e gentile—non vi interessa fargli piacere?”
Ovvio che Jane pensasse che Trick era gentile—le aveva dato
mezza giornata libera. E non le aveva mentito, oltre a tutto. “Non mi
interessa proprio,” ripeté Kendra. “Riponilo per me, per favore. Mi
aspetto che Sua Grazia se ne dimentichi—sai come sono gli uomini.”
“Molto bene.” Con un’espressione dubbiosa negli occhi grigi, Jane
tornò nello spogliatoio. Ne uscì con la sottoveste e le scarpe e le
mise ai piedi del letto. “Siete felice qui, milady?”
“Certo che sono felice.” Indicando con un gesto la stanza
sgargiante, Kendra si obbligò a sorridere. “Come potrei non essere
felice qui?”

“MR. CALDWELL!” UNA dozzina di bambini si precipitò giù dalle


scale di una vasta villa in stile Tudor affollandosi intorno a Trick.
Ridendo, Trick strinse spalle e accarezzò le teste, senza trascurare
nessun bambino.
Kendra lo fissava incredula. “Mr. Caldwell?”
“Parte della tua sorpresa.” Le rivolse un sorriso imbarazzato prima
di tornare a occuparsi dei piccoli. I bambini si erano concentrati su
Kendra e la fissavano apertamente curiosi. Trick fece un cenno nella
sua direzione. “Questa è mia moglie. Ehm... la signora Caldwell.”
“Per favore, chiamatemi Kendra,” si affrettò a dire Kendra,
lisciandosi la gonna dell’abito color pesca. Buon Dio, era difficile
abituarsi a un nome nuovo. Era proprio strano.
Da Duchessa non aveva più un vero e proprio cognome—avrebbe
firmato le lettere con il titolo di suo marito, come Kendra Amberley.
Non si sentiva una Duchessa, ma non si sentiva nemmeno una
signora Caldwell.
“Sono lieto di fare la vostra conoscenza, signora Caldwell.” Un
ragazzo alto e magro le tese la mano, dando un’occhiata Trick per
chiederne l’approvazione. Al cenno affermativo di suo marito, il
ragazzo afferrò la mano di Kendra e ne baciò fervidamente il dorso.
“Ehm. Andrew.” Davanti all’espressione imbarazzata del ragazzo,
Trick gli arruffò i capelli scuri, diritti come fusi. “Non preoccuparti. Un
uomo non può fare a meno di ammirare una signora graziosa, vero?”
“Oh, sì,” disse riverentemente Andrew e Kendra vide Trick che si
mordeva il labbro per non ridere.
“Signora Jackson, eccovi qui.” Trick attraversò la marea di bambini
andando verso una donna robusta con i riccioli grigi e un volto
piacevole anche se ordinario. Prese una borsa dalla tasca della
giacca e gliela consegnò. “Ecco. Mi scuso per il ritardo. Sono stato...
occupato.”
“Lo vedo.” La donna sorrise a Kendra.
“Signora Jackson, posso presentarvi mia moglie—”
“La signora Kendra,” aggiunse Andrew in tono adorante.
Kendra non se la sentì di correggerlo. “Sono lieta di fare la vostra
conoscenza, signora Jackson.” Fece un piccolo inchino, quasi come
fossero a Whitehall.
Le guance rotonde della signora Jackson arrossirono di piacere.
“Sono lieta anch’io, Vostra Gr—Signora Kendra.” Kendra sentì il
tintinnio delle monete mentre la donna controllava la borsa. “Siete
così generoso, Sig. Caldwell. I bambini vi sono grati.”
“Gli orfani del Sussex non patiranno la fame fintanto che sarò in
grado di aiutarli.”
“Patire la fame?” La pancia della signora Jackson traballò sotto il
grembiule mentre la risata risuonava nell’aria pesante dell’estate.
“Sono nutriti meglio di metà della popolazione della parrocchia.
Oserei dire che alcuni pregano tutte le sere di restare orfani per
trasferirsi a Casa Caldwell.”
Casa Caldwell. Quindi era Trick che finanziava l’intera
operazione? Kendra guardò suo marito, i suoi capelli d’oro che
brillavano al sole del tardo pomeriggio e il suo cuore si sgelò un po’.
Trick scoppiò a ridere. “Speriamo di no. Un pasto sostanzioso è un
triste sostituto di due genitori amorevoli. Come sta la piccola
Susanna?”
“Molto meglio. La febbre è passata e Susanna sta seduta e ha
bevuto il latte. Sono sicura che sarà in piedi tra un giorno o due.”
“Sono felice di saperlo. Forse dovrei farle visita.”
“Certamente, vedervi farà bene al suo morale.”
“Kendra, se vuoi scusarmi?”
Senza aspettare la sua risposta, Trick salì i sei gradini a due per
volta ed entrò in casa. Con solo i calzoni e la camicia, senza cravatta
o giacca, sembrava decisamente poco ducale. Attraverso quella
porta ammaccata stava passando un uomo che aveva realizzato il
sogno di Kendra, aprire un orfanotrofio.
Stordita, continuò a fissare la porta mentre i bambini si
sparpagliavano in giardino, raccogliendo palle e cerchi.
Due ragazzine le tirarono timidamente la gonna. “Potete giocare
con noi, signora Kendra?”
Lei sorrise. “A che cosa volete giocare?”
Decisero per la moscacieca e la partita andò avanti parecchio, con
gli altri bambini che man mano si univano al gioco. Quando un
ragazzino furbo, di nome Thomas, rubò la benda e corse via
ridendo, gli altri lo inseguirono. Kendra cercò di seguirli ma riuscì a
fare mezzo giro della casa e dovette fermarsi. Grazie ai suoi tacchi
alti, l’allegra rincorsa era di là delle sue capacità.
Trick aveva avuto ragione a suggerire un vestito semplice—la
prossima volta avrebbe indossato scarpe basse. Chiedendosi
perché ci stesse mettendo tanto, andò dove la signora Jackson
stava stendendo il bucato.
“Avete idea di dove sia mio m-marito?” La lingua inciampò nella
parola.
“Certo,” rispose la donna anziana, rimettendo una camicia da
notte nel cesto. “Vi mostrerò a strada per l’infermeria.”
La ricondusse davanti alla casa. “Benedico vostro marito tutte le
sere per aver salvato questi bambini.”
“Siate benedetta anche voi perché vi curate di loro.” Rispose
Kendra guardando l’ingresso. Anche se la casa e l’arredamento
avevano chiaramente visto tempi migliori, tutto era pulito e allegro.
“Questi bambini ricevono un’educazione?”
“Oh, sì. Sua Grazia si è accertata che ci siano dei tutori. Tutti,
eccetto i più piccoli sanno far di conto e leggere e scrivere—”
“Anche le bambine?”
“Sì, certo. Vostro marito ha parecchie idee strane.”
Schivarono alcuni giocattoli di legno sul pavimento mentre la
signora Jackson la accompagnava lungo un corridoio. “Sono istruiti
anche nei classici? Latino e—”
“No, non per il momento. Non riesco a immaginare a che cosa
servirebbe il latino a questi ragazzi. Ma con il Duca che decide, non
si sa mai che cosa succederà a Casa Caldwell.” L’ampio petto della
donna tremolò per una risata bonaria anche se leggermente
confusa. “Eccoci qua.”
Nella stanza che aveva indicato la signora Jackson, una
ragazzina, di forse cinque anni, era seduta tra i cuscini in un letto a
baldacchino che sembrava essere lì da un secolo o forse più.
Kendra si fermò sulla porta.
“Sono occupati,” sussurrò la signora Jackson.
Trick era seduto su una sedia accanto al letto, con un libro aperto
in grembo. La ragazzina era china in avanti, apparentemente
assorbita da quello che Trick stava leggendo. Anche se le sembrava
di origliare, Kendra ascoltò comunque.
“Allora oggi ho trovato un brav’uomo, disse l’allegro Robin,” le
arrivò la voce profonda di Trick. “Qual è il tuo nome, brav’uomo?”
“E che cosa ha risposto?” Chiese la bambina.
“Lo straniero rispose: ‘Da dove vengo mi chiamano John Little’.”
I riccioli biondi della bambina saltellarono quando scosse la testa.
“No, è Little John!” lo corresse, con gli occhi castani spalancati per il
piacere.
Trick alzò gli occhi dal libro rilegato. “Aye, ma quella è opera di
Will Stutely. Gli piacevano gli scherzi e disse—” guardò di nuovo il
libro. “—‘Nay, straniero. Non mi piace il tuo nome e preferirei
cambiarlo. Sei veramente basso, e piccolo di ossa e muscoli, quindi
ti chiameremo Little John ed io sarò il tuo padrino.’ Poi Robin Hood e
tutta la sua banda si misero a ridere forte finché lo straniero
cominciò ad arrabbiarsi...”
Kendra li guardava a bocca aperta. Si sentiva come una delle
Graie, tre sorelle con un occhio solo tra tutte e tre. Che cosa stava
vedendo? Un brigante che raccontava una storia a un’orfana
malata? O un Duca? In quel momento non sembrava né l’uno né
l’altro.
Si allontanò dalla porta. Non conosceva quell’uomo, neanche un
po’.
CAPITOLO QUINDICI

“ROBIN HOOD,” DISSE Kendra mentre tornavano a casa, in quel


suo modo diretto che non mancava mai di far sorridere Trick.
“Proprio adatto, lo ammetto.”
“Oh?” Le ruote del calesse risuonavano sulla strada polverosa
mentre Trick guidava i cavalli attraverso le dolci colline verso
Amberley House. “Che cosa te lo fa pensare?”
“Non scherzare con me. È ovvio.”
“Aye?” la guardò, ma Kendra stava fissando diritta davanti a sé
con i capelli lucenti che brillavano alla luce del sole basso
sull’orizzonte.
“Credo di cominciare a capirti.”
“Illuminami, per favore,” disse asciutto Trick. “Sono anni che io
cerco di capire me stesso.”
Kendra sbuffò. “Stai giocando a fare Robin Hood,” gli disse con
quella stessa sicurezza troppo baldanzosa che lo aveva attratto a lei
la prima volta che si erano parlati.
Buon Dio, ma erano passati solo tre giorni?
“Solo che invece di rubare ai ricchi,” continuò Kendra, “Stai
derubando i Roundhead, che, comunque, sono senza dubbio
responsabili di aver reso orfani la maggior parte di quei bambini.” Poi
sospirò. “Penso che potrei amarti, non fosse altro che per questo.”
Fu la volta di Trick di sbuffare. “Non sono l’uomo che credi,
dolcezza, anche se mi piacerebbe,” aggiunse sottovoce.
“Stupidaggini. Hai fatto la cosa giusta, Trick.”
“Sciocchezze. Mio padre voleva costruire un dannato monumento
per sé, quindi ha speso ogni scellino che aveva guadagnato per quel
palazzo e ha abbandonato quella casa perfettamente accettabile. Io
volevo che fosse utile. Piena di bambini, come avrebbe potuto
essere se lui avesse fatto funzionare il suo matrimonio.”
Kendra si voltò a guardarlo con il cuore negli occhi. “È per questo
che rapini la gente, vero? Per mantenere i bambini, siccome tuo
padre ha speso tutti i suoi soldi per quella casa e ti ha lasciato senza
fondi adeguati.”
“Non esattamente.” Stava per dirle che aveva trasformato
l’impresa illecita di suo padre in una prospera e legittima società di
spedizioni navali, ma ci ripensò. Non che volesse nasconderle
qualcosa, ma, dannazione, aveva le mani legate.
Non era colpa sua se era incastrato in quella situazione. Si era
scervellato per trovare una scusa credibile per continuare a
impersonare un brigante, e Kendra gliene aveva fornita una perfetta.
Non importava che avrebbe potuto mantenere Casa Caldwell e altre
dieci del genere. Lei non doveva saperlo. Non subito.
“Quando lo dirò ai miei fratelli—”
“No. Non dire niente. Ho promesso che l’avrei fatta finita con le
rapine.”
“No, in effetti no. Hai brillantemente evitato di prometterlo.” Kendra
era troppo perspicace per i suoi gusti. “Se smetti, ne soffriranno i
bambini, e non me la sento di essere io la responsabile. Sono stata
un’orfana anch’io.”
“Aye, beh, ogni essere umano con un cuore proverebbe
compassione per la loro condizione.” Trick cercò di pensare in fretta,
di trovare un modo per evitare segreti e bugie. Ma non aveva scelta.
Aveva promesso a Re Charles che non avrebbe detto una parola sul
vero motivo per cui impersonava un brigante.
Diede un’occhiata colpevole a Kendra. Lei si torceva le mani in
grembo e il pizzo d’importazione ricadde all’indietro, mostrando il
polso nudo. “Perché non porti il braccialetto d’ambra?”
“Non era molto adatto a questo vestito semplice.”
Trick si chiese perché trovasse così allarmante la sua risposta
disinvolta. “Sei ancora arrabbiata con me perché sono un Duca?”
“Non so che cosa provo. Non mi piace che mi mentano.” Anche se
aveva parlato guardando il cielo, Kendra riportò in fretta lo sguardo
su di lui. “Ti sei sentito abbandonato da bambino?”
“In un certo senso,” rispose Trick lentamente, desiderando con
tutto il cuore di poter tornare indietro nel tempo e far partire quel
matrimonio col piede giusto. Non voleva che finisse come quello dei
suoi genitori. “Mio padre mi ha tolto a mia madre quando avevo dieci
anni. Lo avevo visto solo poche volte in tutti quegli anni e non ero
mai stato più lontano di una dozzina di miglia dalla mia casa in
Scozia.” Il calesse saltellò su un tratto particolarmente roccioso del
sentiero e Trick allungò un braccio per sostenerla. “Mi ha portato in
Francia. Un uomo freddo, mio padre. Mi aveva voluto con sé solo
per aiutarlo nei suoi affari.”
“I suoi affari?” Kendra si ritrasse impercettibilmente. “Era un Duca,
no?”
“Sì, un Duca impoverito. Aveva perso tutto, inclusa Amberley,
aiutando a finanziare la guerra. Alla restaurazione Re Charles gli ha
restituito il titolo e le terre. Ma, credimi, mio padre non avrebbe mai
potuto abbandonare la vecchia casa e costruire quel palazzo senza
l’impresa che l’aveva mantenuto durante tutto il Commonwealth. Era
senza scrupoli, subdolo—non un padre di cui essere fiero.”
“Che cos’era quell’impresa?”
“Commerciava in alcolici, tra le altre cose. Il Madeira era il suo
passaporto per la ricchezza. Ogni bottiglia che arrivava sulle tavole
reali—in Francia e in Inghilterra—passava tra le sue mani.” Esitò, poi
decise di essere chiaro. C’erano già abbastanza segreti tra di loro.
“Era un contrabbandiere.”
Kendra lo guardò sbalordita. “Un contrabbandiere?”
“Aye. Non si ammassa una fortuna pagando i dazi—almeno non
con le quantità che maneggiava lui. Puoi capire perché ho deciso di
non continuare il suo mestiere, per quanto potesse essere lucrativo.”
E dato che quella mezza verità lo faceva sentire a disagio, aggiunse.
“Io ero solo una pedina nel suo gioco, quindi puoi capire perché mi
sentissi orfano da bambino.”
Quasi onesto, in fondo.
“Ma tua madre—”
“Mi ha lasciato andare,” disse, parlando con calma e senza
emozione, anche se dentro provava un dolore che non sarebbe mai
passato. “Il calore o l’affetto che mi aveva dimostrato erano solo una
facciata. Elspeth Caldwell è una donna malvagia. Una Covenanter,
che complotta contro il Re e la nazione.” I grilli frinivano mentre
passavano sotto una volta di alberi che si stagliavano contro il cielo
azzurro. “E una donna facile, oltre a tutto.”
“Come fai a saperlo? Avevi dieci anni quando sei partito.”
“In diciotto anni, non ha mai tentato di riavermi, o di mettersi in
contatto. In tutto quel tempo non ho mai visto nemmeno una lettera.
Per mascalzone che fosse, credo a quello che mi ha detto mio padre
per quanto la riguarda.”
I dettagli erano incerti; per quanto avesse fatto pressioni, suo
padre si era sempre rifiutato di discutere il suo matrimonio. Ma Trick
aveva messo insieme abbastanza sproloqui del vecchio per capire
che il succo era vero.
Eppure non aveva mai approvato il modo in cui suo padre non
aveva mai tentato di far funzionare il suo matrimonio. Anche quando
Trick era giovane, i suoi genitori avevano vissuto due vite separate.
E purtroppo adesso riusciva a capire quanto fosse facile che
accadesse una cosa del genere.
“Domani devo andare a Londra,” le disse.
A Kendra brillarono gli occhi. “Adoro Londra. Hai una casa in
città?”
“Aye. E sono sicuro che la troverai disgustosamente opulenta
esattamente come Amberley House.” Le sorrise, anche se dentro si
sé tremava. “Andrò da solo questa volta, però.”
“Ah.” La luce che aveva negli occhi morì. “Perché?”
Doveva andare—in effetti, aveva già programmato di partire quel
giorno, prima di quel vorticoso matrimonio. La sua società di
spedizioni richiedeva le sue attenzioni. La società che aveva deciso
di tenere nascosta a sua moglie per il momento, perché non capisse
che avrebbe potuto mantenere l’orfanotrofio senza dover ricorrere
alle rapine.
“L’avevo già in programma,” disse senza dare importanza alla
cosa, “prima che ci incontrassimo.”
Mentre guidava il calesse sul lungo viale che portava ad Amberley,
Trick si passò una mano tra i capelli e la studiò. L’espressione di
Kendra era assorta. Riusciva quasi a vedere le rotelline che giravano
nella sua bella testolina rossa.
“Forse potremmo mettere da parte un po’ di soldi e investirli,” gli
disse. “In futuro, con una programmazione attenta, potrebbe non
essere più necessario ricorrere alle rapine. Se Dio vorrà, prima che ti
catturino e—” la voce divenne un sussurrò, “—e ti impicchino
Tyburn.” Si voltò sulla panchetta per guardarlo in faccia. “Ti aiuterò
io.”
“No. Non ho intenzione di metterti in pericolo—”
La risata di Kendra risuonò nelle ombre che si allungavano. “Non
intendevo con le rapine, ma con gli investimenti. Ho fiuto per le
finanze—puoi chiederlo a Jason.”
“Ti lascia investire i suoi soldi?”
Kendra si irrigidì. “Non da sola, ma l’ho aiutato a prendere le
decisioni, sì.”
“Ehi!” Le mise una mano sul braccio, e fu contento quando lei non
si ritrasse. Il profumo di lavanda gli arrivava alle narici. “Non stavo
disapprovando, solo chiedendo.”
“Va bene, allora.” L’espressione di Kendra si addolcì. “È solo che
non ti conosco, e—”
“Nemmeno io conosco te.”
“Vero.” Dopo una pausa di riflessione, gli occhi verdi scintillarono.
“E per quanto riguarda le rapine, ho una buona mira—”
“Assolutamente no.” Trick sentì, sorpreso, il proprio accento farsi
più marcato. Che cos’aveva questa donna che lo rendeva tanto
emotivo? Arrivato davanti ad Amberley House, tirò le redini con più
forza di quanto fosse necessario prima di prenderla per le spalle.
Avvicinò il volto, fino a guardarla negli occhi a pochi centimetri di
distanza. “Dico sul serio, Kendra.”
“Stavo solo scherzando,” sussurrò lei, con un sorriso dolce. Da
sciogliere il cuore. Era talmente piccolo lo spazio tra le loro bocche
che Trick lo chiuse senza pensarci. Quella di Kendra era morbida e
arrendevole e sentì il suo respiro che diventava affrettato, il polso
che accelerava sotto le sue dita. Le loro labbra rimasero incollate per
un lungo, dolce minuto e poi Trick si allontanò, deliberatamente.
“Oh,” sussurrò Kendra. “Non riesco a pensare quando lo fai.”
“Aye?” Trick si ritrovò a sorridere mentre consegnava le redini a
uno stalliere e saltava giù dal calesse.
Probabilmente quel matrimonio gli sarebbe piaciuto.
CAPITOLO SEDICI

SEDUTA ALLA SCRIVANIA di Trick, Kendra guardava il registro


davanti a lei con la fronte aggrottata. “Quindi vivi qui ad Amberley da
sei mesi?”
“Aye. E ho licenziato Rankill dopo due.” Trick bevve un sorso di
whisky per farsi forza e poi appoggiò il bicchiere sul tavolo accanto
alla sua poltrona di pelle preferita.
Era tornato da Londra, dopo essersi occupato dei suoi affari per
scoprire che sua moglie aveva passato l’intera settimana
esaminando i suoi libri contabili e ispezionando la proprietà.
Ripresosi dallo sbalordimento, aveva deciso che era contento.
Almeno con quell’aspetto del suo matrimonio.
Ora che era tornato a casa, si sarebbe messo all’opera sulla parte
fisica. Aveva fatto progressi prima di partire—ne era sicuro. Anche
se avrebbe preferito strangolare i suoi fratelli per aver avuto ragione,
doveva ammettere che Kendra era una compagna perfetta... il resto
sarebbe arrivato col tempo.
“Allora i miei sospetti sulla disonestà di Rankill erano giusti?” Le
chiese, sentendosi più che imbarazzato nel richiedere il parere di
sua moglie sugli affari della sua tenuta. Ma tra la missione per il Re e
la società di spedizioni gli restava ben poco tempo per occuparsi di
Amberley. “Ho fatto bene a mandarlo via?”
“Avresti dovuto farlo prima.” Kendra alzò gli occhi. “Tuo padre è
morto tre anni fa. Che cosa ti ha riportato qui proprio adesso?”
Non poteva dirle che si era trasferito a casa su richiesta di Re
Charles per occuparsi di un problema in quella regione. O che aveva
accettato di farlo in cambio del perdono per le vecchie accuse di
contrabbando. La minaccia di perdere Amberley e il titolo era stata
velata e, a dire il vero, inutile. Vista la poca importanza che dava
all’eredità di suo padre, Trick avrebbe accettato la missione solo per
patriottismo e per amicizia.
Ma non poteva dirlo a Kendra.
“Ho deciso che Amberley necessitava della mia attenzione,” le
disse invece.
“Beh, non gliene hai prestato molta,” ribatté Kendra con
un’occhiata cupa.
Notando che non indossava il suo braccialetto, Trick sospirò e
bevve ancora, fingendo nonchalance. “Che prove ci sono delle
ruberie di Rankill?”
“Guarda qui.” Gli fece segno di avvicinarsi. “La sezione nord-ovest
di Amberley può produrre molti più bushel di quanti ne siano segnati.
E nella parte est—” Kendra sobbalzò quando Trick si chinò sopra di
lei “—questo terreno può sostenere molte più pecore di quanto
registrato.” Si spostò lentamente, voltandosi per guardarlo negli
occhi.
Annusando il suo profumo di lavanda, Trick si appoggiò con una
mano sulla scrivania, guardandola negli occhi. “Davvero?”
“S-sì.” Kendra respirò a fondo e guardò in basso. “In effetti ho
contato cinquanta capi in più di quelli annotati sul registro. E dovresti
comprarne ancora. Non stai massimizzando i tuoi profitti in questa
zona.”
“I nostri profitti.” Erano nella stessa barca. Non se ne era reso
effettivamente conto fino a quel momento, o di quanto si sentisse
sollevato nel ritrovarsi con una moglie che si era rivelata così
competente.
Se solo fosse riuscito a persuaderla a lasciare che le dimostrasse,
fisicamente, quanto le fosse grato, la vita sarebbe stata in concreto
perfetta.
“Grazie.” Si chinò ancora un po’, premendole le labbra sulla testa.
Kendra si immobilizzò, tirando il fiato. “Prego, puoi risederti,
adesso.”
Il suo disagio palese lo rincuorava. Non si sedette. Restarono in
silenzio per un po’, prima che Kendra continuasse.
“Il punto è che Amberley è parecchio più redditizia di quanto
Rankill ti ha fatto credere. Gestita correttamente, senza nessuno che
ne sottragga gli utili, sarebbe molto più che autosufficiente. Mi rendo
conto che hai uno standard di vita da mantenere—”
“Noi abbiamo uno standard da mantenere.” Con la mano libera le
passò le nocche sulla guancia.
Una sfumatura rosata marcò il punto dove l’aveva toccata. “Beh,
sì. Ma, grazie al cielo, non dovrebbe volerci molto per sistemare
questo pasticcio e poi Amberley potrà mantenere sia te—noi—sia
l’orfanotrofio.” Si fermò per tirare il fiato. “Così potrai smetterla con le
rapine, eccetto...”
“Aye?”
“Ci sono alcune faccende di cui occuparsi. A seconda che tu pensi
che siano più importanti loro o i bambini.”
“Che faccende?”
“Riparazioni e roba del genere. Rankill prendeva i soldi sia che tu
potessi permettertelo o no. La tua gente sta lavorando con
attrezzature rotte, una delle stalle ha bisogno di un tetto nuovo—”
“Hai fatto una lista?” Le fece scorrere un dito lungo il naso e si
fermò sulle labbra.
“S-sì,” sussurrò Kendra contro il dito. Poi si tirò indietro e buttò a
terra una penna con il gomito.
“Me ne occuperò io.” Trick si chinò per raccogliere la penna e poi
la usò per solleticarle il mento, sorridendo al suo turbamento. “Penso
di poter sopravvivere a qualche altro mascheramento da brigante.”
Con un po’ di fortuna, era tutto quello che sarebbe servito. Aveva
già raccolto gran parte delle prove per il Re.
“Dovendo scegliere tra la tua sicurezza e il benessere dei bambini
—”
“Andrà tutto bene.”
“Lo spero.”
Lo sperava veramente.
In meno di due settimane di matrimonio con il Duca di Amberley,
era rimasta sorpresa di scoprire che le piaceva la sua vita lì. Anche
se adorava la moglie di Jason, non si era resa conto della tensione
che aveva provato a Cainewood—come era stato difficile cedere la
responsabilità quando era arrivata Caithren. Lì, ad Amberley, la
responsabilità era solo sua. La casa, le terre, la gente. E come lo
strato extra di marzapane sulla sua torta nuziale, aveva anche il suo
orfanotrofio.
“Parlando di bambini...”
“Aye.” Trick appoggiò la penna sulla scrivania e tornò a sedersi,
riprendendo il suo bicchiere.
Guardandolo, Kendra si rese conto che questa era l’unica stanza
ad Amberley dove Trick sembrava veramente a suo agio.
Confortevole piuttosto che opulenta, era arredata con lo stesso stile
classico del cottage. La cera brillava nelle profonde scanalature della
funzionale scrivania di noce dov’era seduta e gli scaffali dietro a
Trick erano pieni di volumi letti e riletti.
“I bambini?” La sollecitò Trick.
“Ricorderai, che prima che partissi, avevo detto che avrei voluto
insegnare loro qualcuno dei miti classici.” Giocherellò con la penna
che aveva in mano. “Imparano in fretta, tutti quanti.”
Un sopracciglio color sabbia si alzò, malizioso. “Anche Thomas?”
“Beh, forse non Thomas.” Kendra sorrise pensando al biondino
furbo e agli altri bambini, a quanto si stesse divertendo con loro. “In
ogni caso, abbiamo quasi finito con la mitologia greca e prima di
cominciare con quella romana, pensavo a una festa olimpica.”
Trick era completamente stupefatto.
“Una festa olimpica. So che non ci sono molti fondi, ma ci ho
pensato parecchio e non credo che sarà costosa. I bambini si
possono vestire come la loro divinità preferita—ho trovato parecchi
rotoli di tessuto per abiti che possono avvolgersi a mo’ di toghe. E le
decorazioni non devono essere costose. Phillips è d’accordo di
aiutarmi a costruire delle colonne—”
“Nei hai parlato ai servitori?”
“Sì, pensano che sia un’ottima idea. Mangeremo ambrosia e
berremo nettare e i ragazzi potranno raccontare il loro mito
preferito... sarebbe una tale festa per loro, non credi? E consoliderà
quello che hanno imparato quindi saranno ancora più desiderosi di
imparare—”
“Mi sembra brillante.”
“Non costerà molto—”
“Kendra.” Appoggiò il bicchiere. “Fai la tua festa, con la mia
benedizione.”
“Davvero?”
Il Duca di Lechmere non glielo avrebbe mai permesso. Né le
avrebbe permesso di intromettersi nelle sue finanze, cosa che Trick
aveva graziosamente accettato. Accidenti al metodo usato dai suoi
fratelli per costringerli a sposarsi, ma doveva ammettere che, a parte
la loro incompatibilità fisica, lei e Trick erano proprio giusti l’uno per
l’altro.
Se solo non si fosse rifiutato di dirle perché era andato a Londra,
senza portarla con sé. Beh, non si esattamente rifiutato, ma aveva
eluso quella domanda con la stessa abilità con cui aveva eluso le
altre. D’altro canto, non poteva certo aspettarsi che le dicesse la
verità, visto che aveva deciso che Trick doveva avere un’amante a
Londra.
Un uomo ha i suoi bisogni, aveva sentito dire dai suoi fratelli, e
sapeva bene che lei non stava soddisfacendo quelli di Trick. Quindi
meglio che si occupasse di quei bisogni altrove, anche se il pensiero
le bruciava. In questo modo lei poteva avere Amberley e il suo
orfanotrofio e la compagnia di Trick senza doversi preoccupare
d’altro.
Il matrimonio, tutto sommato, era meglio di quanto si fosse
aspettata. Non riusciva a immaginare perché si fosse opposta così a
lungo.
La vita era quasi perfetta.
CAPITOLO DICIASSETTE

UNA SETTIMANA DOPO. Kendra salutò i bambini raccolti sui


gradini di Casa Caldwell. “Arrivederci, abbiate cura di voi, signora
Jackson!”
“Arrivederci, signora Kendra,” gridarono i bambini. “Arrivederci
Sig. Caldwell.”
Sbadigliando, Kendra guidò Pandora vicino a Trick che era in sella
al suo cavallo preferito, Chaucer. “Sono eccitati per la festa,” disse
Trick mentre si avviavano per la stradina.
“Due giorni. Non vedo l’ora. Ma c’è ancora tanto da preparare.”
“Sei molto organizzata. Con tutto il resto che trovi da fare, non
riesco a credere che tu abbia pianificato tutto così in fretta.”
Kendra alzò le spalle. Organizzare la festa era stata la parte più
facile. Era stato molto più difficile resistere a suo marito.
Le carezze spontanee, qualche piccolo bacio occasionale non
mancavano mai di farle venire le ginocchia molli, accendendo la sua
curiosità e il suo desiderio. Eppure sapeva che tentare avrebbe
portato solo al disastro, visto che, semplicemente, non avevano le
misure giuste.
Pensava che lo avesse capito anche lui, visto che non la toccava
mai a letto. Anche se insisteva che continuassero a dormire insieme,
la lasciava stare, e lei lo trovava assolutamente frustrante. Trick
continuava a dormire nudo e anche se lei si rifiutava di dare anche
solo una sbirciatina, era conscia del suo corpo accanto a suo, come
lo era stata fin dall’inizio.
Non aveva dormito molto da quanto Trick era tornato a casa.
“Penso che dovremmo controllare la stalla,” le disse, “per vedere
come sta venendo il tetto.”
Kendra sbadigliò di nuovo, poi si diede una scossa. “A chi arriva
primo!”
Trick partì al galoppo senza dire una parola.
Kendra spronò Pandora. Il castrato biondo di Trick aveva preso un
bel vantaggio, ma lei riprese gradualmente terreno finché non furono
di nuovo a testa a testa. Kendra respirava a pieni polmoni,
sentendosi rivivere, godendo della corsa, del vento nei capelli,
l’eccitazione della gara. Quando Pandora arrivò per prima alla stalla,
davanti a Chaucer di una testa, Kendra rise trionfante.
“Brava ragazza,” disse alla sua giumenta, accarezzandole il collo
marrone scuro.
“Hai vinto,” concesse Trick con un sorriso. Smontò da cavallo,
avvicinandosi a lei. “Perché l’hai chiamata Pandora?”
“Semplice.” Astutamente, Kendra smontò dall’altra parte. “Come la
dea greca con la sua cornucopia piena di problemi, Pandora mi
porta in mezzo ai guai.”
Kendra si avviò verso la stalla, ma Trick girò intorno alla giumenta
e la raggiunse in fretta. “Ti porta in mezzo ai guai?”
“Sempre. Mi ha portato da te, no?” con la mano di Trick sul
braccio, Kendra non aveva altra scelta che fermarsi. Si voltò a
guardarlo. “Guai.”
“È stata colpa sua, allora?”
“Sì, deve proprio essere così. Non mi sono certamente diretta ad
Amberley apposta.”
“E ti dispiace?”
Intrappolata da quello sguardo d’ambra, Kendra scosse la testa.
“No,” sussurrò.
“Nemmeno a me.”
Il cuore di Kendra raddoppiò i battiti quando Trick le prese il volto
tra le mani. Aveva le dita calde e anche il suo respiro, quando si
chinò, avvicinando la bocca.
“Amberley!”
Trick tolse le mani dalle sue guance ed entrambi alzarono gli occhi
vedendo avvicinarsi una carrozza. Un uomo florido sporse la testa
dal finestrino aperto. “Siamo venuti a porgere i nostri rispetti,” disse
l’uomo. “A voi e alla vostra gentile sposa.”
“Garrick,” brontolò Trick sottovoce. “E Fielding, Faraday e Milner,
immagino.” La carrozza si fermò, e, voilà, ne scesero quattro uomini.
Kendra li riconobbe tutti—piccoli aristocratici che vivevano nelle
vicinanze. Anche se non erano abbastanza importanti da essere
sulla lista dei possibili mariti stilata dai suoi fratelli, la vita sociale in
campagna era limitata, e Kendra li aveva incontrati tutti a qualche
intrattenimento, negli ultimi anni. Proprio l’estate prima aveva ballato
con Fielding e Milner durante i festeggiamenti per il matrimonio di
Jason e Cait. Aveva trovato Fielding abbastanza piacevole, con i
suoi modi goffi, ma il fiato di Milner aveva puzzato come il formaggio
troppo stagionato.
“Buongiorno, signori,” disse Trick. “Benvenuti.”
Non sembrava sincero.
Garrick si avvicinò per stringere la mano di Trick. “Congratulazioni,
congratulazioni.”
Aveva una grossa testa rotonda e una pancia adeguata. A quanto
pareva, aveva bisogno di riempirla, perché quando tolse l’orologio
dalla tasca e lo aprì, le labbra flaccide si curvarono in un sorriso.
“Siamo giusto in tempo per la cena, no?”

“TRICK?” MORMORÒ KENDRA, svegliata dai leggeri rumori che


suo marito faceva muovendosi nella stanza. Aprì gli occhi cogliendo
la visione dei suoi capelli d’oro che brillavano come un’aureola nel
sole del mattino che entrava dalla finestra.
Voltandosi, Trick le sorrise e si avvicinò, chinandosi per sfiorarle le
labbra con un bacio delicato. “Ti sei addormentata, ieri sera,” la
accusò, raddrizzandosi ed entrando nello spogliatoio.
“Davvero?” Kendra si stiracchiò sotto le coperte. “Non ricordo
niente dopo la cena.”
“La tua testa ciondolava nel coulis di pollo.” La voce sembrò
soffocata per un momento, poi più forte mentre tornava nella stanza,
portando un paio di stivali e una giacca. “Ed io che pensavo che
stessi apprezzando la festa improvvisata.”
“E il coulis era così buono,” ricordò Kendra.
Trick sorrise. “Ti piaceva tanto solo perché era dolce.”
“Non credo di aver fatto una buona impressione. Quegli uomini
sono veramente amici tuoi?”
“Aye, e sono anche amici dei tuoi fratelli.” Si sedette sulla sedia di
velluto per mettersi gli stivali. “Giochiamo tutti insieme a whist una
volta al mese.”
“Le misteriose riunioni nei finesettimana.” Altri segreti. Quest’uomo
era così evasivo e si chiese se sarebbe mai arrivata a conoscerlo
veramente. “Perché voi uomini dovete essere così misteriosi?” Disse
con un tono più minaccioso di quanto intendesse.
Ma Trick non sembrò notarlo. “Giochi innocui,” rispose alzando le
spalle. “Non ti piacevano quei tizi?”
“Faraday è un terribile cascamorto, specialmente considerato che
è sposato. Fielding è abbastanza gradevole, ma sembra sempre che
non sappia quello che sta facendo. Garrick è piuttosto strano, no?
Non sembra mai riuscire a restare seduto, sembra sempre che stia
cercando qualcosa. Mi chiedo che cosa? E Milner si profuma troppo.
Dovrebbe pensare a farsi un bagno, invece.”
Fissandola, Trick si alzò. “Sei molto astuta. Io non sarei riuscito a
descriverli in modo così conciso e sono mesi che li frequento. Tu sei
stata con loro solo per un paio d’ore.”
“È stato sufficiente.” Lo vide infilarsi la giacca. “Che cosa ci trovi in
quegli uomini?”
“Soldi. Perdono sempre.” Le sorrise, infilando la spada nella
cintura, poi prese la pistola dal tavolo da toilette, soppesandola
prima di infilarla nella cintura. “Ci vediamo questo pomeriggio.” Si
avvicinò, chinandosi per un altro bacio, dolce e prolungato. La sua
lingua tracciò il contorno delle sue labbra prima che Trick si
raddrizzasse. “Riposati, leannan.”
Con un leggero clic, la porta si chiuse alle sue spalle e Kendra
sentì i suoi passi che si allontanavano nel corridoio. Solo cinque
minuti dopo, quando ripensò alle sue parole, e ai suoi baci, si rese
conto che si era vestito completamente di nero.

SI STAVA AVVICINANDO. Con un po’ di fortuna, quella sarebbe


stata l’ultima volta.
Aveva messo in atto due rapine quella settimana, mentre Kendra
stava leggendo ai bambini a Casa Caldwell. Gli sarebbe piaciuto
uscire senza farsi vedere anche quella mattina, ma Kendra aveva
dormito fino a tardi, e lui era stato costretto muoversi.
Aveva notato uno schema ricorrente, ogni tre giorni a metà
mattina e oggi era il terzo giorno. Poteva solo sperare che sua
moglie fosse abbastanza addormentata da non notare niente.
Dormiva male. Per lui? Il pensiero lo fece sorridere.
Stava facendo piccoli progressi, in più di un senso.
CAPITOLO DICIOTTO

CON IL CUORE CHE batteva forte, Kendra smontò e legò


Pandora a un albero, poi andò a piedi sulla collina.
Quando fu vicina alla cima, cadde in ginocchio. Afferrò con una
mano un cappello, carino, marrone con una piuma gialla. Se lo mise
in testa e si stese sulla pancia, gettando dietro di sé il pezzo di legno
e restando bassa, allo stesso livello degli altri cappelli, almeno
sperava. Manovrando un tubo davanti a lei, vi appoggiò il mento e si
concentrò sulla strada di sotto.
Oh Dio, Trick aveva già fermato qualcuno. In sella a Chaucer,
puntava la pistola all’interno di una carrozza con lo sportello aperto.
Kendra aveva il cuore in gola quando ne scese un uomo vestito di
grigio.
“Oh, aye?” La parlata lenta di Trick arrivava fino a lei. “Dovreste
ripensarci, i miei amici troverebbero molto divertente infilarvi una
pallottola in corpo. O magari una dozzina. Ah, una gara, con la
vostra pellaccia come bersaglio.”
L’uomo avrebbe tremato nei suoi stivali, ma portava brutte scarpe
dalla suola spessa con fibbie d’argento opache. Gli occhi guizzarono
nervosi verso Kendra e lei trattenne il fiato quando Trick seguì quello
sguardo. Ci volle tutta la sua volontà per non muoversi o abbassarsi
quando suo marito strinse gli occhi guardando verso di lei.
La vittima socchiuse gli occhi. Quasi al rallentatore, Kendra vide
l’uomo che arretrava, con una mano che si alzava deliberatamente.
Fissava Trick con un’espressione tesa che le fece annodare lo
stomaco, specialmente perché suo marito sembrava concentrato sul
punto dove lei si stava nascondendo.
Oh Dio, perché era venuta? Trick la riconobbe, con una smorfia di
dispiacere e Kendra pensò che l’avrebbe uccisa, se non moriva lui
per primo. Mentre la mano dello sconosciuto si muoveva lentamente
sotto la giacca, le dita di Kendra stringevano il tubo, cercando invano
l’inesistente grilletto.
Perché Trick non prestava attenzione?
E perché il puritano non aveva paura degli ‘amici’ di Trick? Con la
coda dell’occhio Kendra vedeva i cappelli e i tubi allineati come tanti
soldati. Una minaccia palese per chiunque fosse più in basso. Ma il
nervosismo dello sconosciuto era chiaro, aveva lo sguardo fisso su
Trick, che a sua volta era ancora concentrato su di lei.
La vittima non stava pensando chiaramente, si rese conto Kendra,
distratto com’era non ci si poteva aspettare che si comportasse
razionalmente. E questo lo rendeva pericoloso. Mentre la mano
rovistava più in fondo, Kendra trovava sempre più difficile restare
ferma, e Trick, dannazione a lui, continuava a non prestare
attenzione.
Un lampo argenteo—una pistola o un coltello? Accadde così in
fretta che Kendra non riuscì a capirlo. Il cuore sembrò fermarsi e la
bocca si aprì per gridare un avvertimento. Ma prima che potesse
emetterlo, suo marito era entrato in azione.
Con una mossa fulminea, Trick balzò da cavallo, atterrò e storse
la mano del puritano dietro la schiena, tutto in un sol gesto. L’attimo
dopo, la pistola era per terra e l’uomo era a faccia in giù sul terreno,
con un ginocchio puntato nella schiena.
Il cuore di Kendra incespicò e poi riprese a battere. Dove diavolo
aveva imparato a farlo Trick? La maggior parte degli uomini che
conosceva si addestrava con le pistole e le spade e parecchi erano
esperti di boxe. Ma quelli erano sport da gentiluomini—niente a che
vedere con l’abilità che aveva dimostrato Trick. Non aveva mai visto
una reazione così fulminea.
Evidentemente, non l’aveva mai vista nemmeno il puritano. Aveva
la paura stampata sul volto, e Kendra vide le sue gambe tremare
quando Trick gli permise di rimettersi in piedi, continuando a tenergli
un braccio piegato in alto dietro la schiena.
Ebbra di sollievo, Kendra ricadde piatta sulla pancia. Il cappello
cadde e rotolò per mezzo metro prima di scivolare oltre il bordo e
ruzzolare sulla strada di sotto con un plop attutito che la fece
rabbrividire.
Ma suo marito non lo degnò—e non la degnò—di uno sguardo. Al
suo ordine, l’uomo svuotò le tasche con la mano libera, la sconfitta
chiara sul volto mentre si affrettava a ubbidire. Quando Trick gli
chiese anche il mantello, l’uomo lo consegnò senza discutere.
Dopo una breve occhiata nella carrozza e un giro intorno che
sembrò convincerlo che non c’era altro, Trick lasciò andare lo
sconosciuto, spingendolo dentro. Immobile, tenne le redini di
Chaucer mentre la carrozza continuava rumorosamente per la sua
strada.
La polvere si sollevava dietro per poi posarsi lentamente mentre la
carrozza scompariva in lontananza. Si sentiva solo il richiamo dei
merli quando finalmente Trick si voltò verso la collina.
La sua voce raggiunse Kendra, calma e pericolosa. “Che diavolo
pensavi di fare?”
Spronò in avanti Chaucer, fermandosi a raccogliere la pistola della
vittima e il cappello caduto prima di salire la collina costeggiandola.
Si tolse la maschera mentre andava, poi si fermò, fissandola. Kendra
aveva appoggiato la testa nell’erba e anche se aveva la faccia
schiacciata tra i fili elastici, sentiva i suoi occhi sulla nuca.
“Beh?”
“Ti stavo spiando,” squittì.
Trick sbuffò. “Siediti, Kendra. Non posso parlarti in quella
posizione.”
Kendra si mise seduta, con lo sguardo fisso sulle mani strette in
grembo. Il suo vestito giallo pallido era umido e la parte intorno alle
ginocchia era macchiata d’erba.
“Guardami,” le disse, chiaramente esasperato. “Non è da te
nasconderti. Almeno non da come ti vedo io.” Quando Kendra alzò
gli occhi, Trick si gettò oltre la spalla la lunga parrucca castana.
“Sono venuta perché avevo paura che ti ferissero,” disse.
“Che cosa ti ha fatto credere che sarei stato ferito?” Trick
socchiuse gli occhi, che sembrarono nudi senza la maschera e il
solito velo di capelli biondi. “Ti... interessa?” Le chiese lentamente.
“Certo che mi importa.” Non ricordava di essere mai stata tanto
spaventata in vita sua. “L’ho visto estrarre la pistola. Avrebbe potuto
avere anche un coltello.”
“Lo aveva.” Tolse una lunga, letale lama dalla giacca dell’uomo e
lasciò cadere sia quella sia la pistola nell’erba, avvicinandosi. “Ma
me la cavavo bene, aye? Finché non sei arrivata tu a interferire.”
“Io non—”
“La tua stessa presenza mi ha tolto la concentrazione. E se ti
avesse visto quassù... immagini che si sarebbe sentito minacciato
da un branco di donne?”
“Se fossero state donne con i fucili, lo spero proprio,” ribatté
Kendra.
Sbattendo le palpebre, Trick allungò una mano per aiutarla ad
alzarsi. Kendra fu sorpresa che le tremassero le ginocchia.
“Non farlo mai, mai più,” le disse Trick sottovoce. Si avvicinò, tanto
da respirarle sul volto. “Avresti potuto farmi uccidere.”
A Kendra vennero le lacrime agli occhi.
“Mai.” Vide un muscolo che si contraeva sulla guancia di Trick. “Lo
capisci, vero? Mai più.”
“Oh, Trick.” Le braccia di Kendra si alzarono e si avvolsero intorno
al collo di Trick, di loro spontanea volontà, le sembrò. Gli nascose la
faccia contro la spalla, imbarazzata per le sue lacrime. Per che
cosa? Per un uomo che conosceva appena, anche se erano
sposati? Un uomo che aveva segreti e amanti? Un uomo che le
aveva mentito?
Non aveva senso.
“Ssst, ragazza.” Trick la abbracciò stretta. “Va tutto bene. Nessun
danno.” Le baciò i capelli. “Ti sto a cuore, vero?”
“Non voglio che tu lo rifaccia, Trick. Ma i bambini—i bambini ne
soffriranno...”
Trick la strinse più forte. “Non sono mai stato ferito—”
“Sei stato fortunato. E la fortuna può cambiare.”
“Non è fortuna.” Si staccò e la fissò con un sorriso calcolato. “È
talento.”
Avendo visto la dimostrazione di quel talento, Kendra gli rivolse un
sorriso tremante.
“Forse solo ancora qualche volta,” le disse, “e poi—”
“Ci sarà abbastanza da investire. E potrai smettere?”
“Qualcosa del genere,” mormorò Trick.
La fissò negli occhi, tenendola prigioniera con i suoi profondi occhi
d’ambra. Il sole estivo faceva brillare i corti peli della barba non
rasata. Kendra smise di respirare quando la bocca di Trick si
avvicinò alla sua.
Caldo e tenero, il bacio era sia una scusa tacita per le parole dure
sia una promessa per il futuro. Trick le tracciò le labbra con la lingua,
poi la inserì. Le ginocchia di Kendra, già non troppo solide,
diventarono di gelatina, mentre la bocca di Trick pretendeva una
risposta che lei sembrava non riuscire a negargli.
Quando Trick si staccò, Kendra riprese a respirare,
affannosamente. “Sì.” Sussurrò.
“Sì che cosa, leannan?” Il suo sorrise la colse di sorpresa.
“Sì, voglio dire, no. Io... non tornerò più qui.”
“Grazie.” Trick annuì solennemente e la baciò di nuovo, uno
sfiorare di labbra che le fece solo desiderare di più.
Kendra si avvicinò.
“Diavolo, ragazza, tu tenti un uomo a rimangiarsi la sua parola.”
Trick alzò suggestivamente le sopracciglia. “A meno che tu abbia
cambiato idea?”
“N-no.” Kendra fece un passo indietro, quasi finendo rotoloni giù
per la collina.
Trick la afferrò, ridendo. “Andiamocene da qui.”
“Hai finito?”
“Sembrerebbe di sì,” le disse ironico, raccogliendo i cappelli e
gettandoli su un telo allargato lì vicino. “Vieni al cottage, e vedremo
che cosa abbiamo.”
CAPITOLO DICIANNOVE

“NON MOLTO.” KENDRA guardò delusa le poche monete


sparpagliate sul tavolo da pranzo nel cottage.
“Sei una ladra avida,” le disse ridendo. “È quasi tutto oro, non
argento.”
“Vero.” Ne prese una. “E la giacca? C’è qualcosa lì?”
Trick frugò nelle tasche, tastò il colletto, l’orlo... “Ah.”
“Aveva qualcosa nascosto?”
Con un colpo secco di coltello, Trick tagliò le cuciture. Una per
una, altre monete d’oro brillanti caddero sul tavolo facendo un
rumore soddisfacente.
Clunk. Clunk. Clunk. Clink.
“Che io sia dannato.” Trick raccolse l’ultima moneta. Andò alla
finestra, la tenne alla luce, la addentò. “Eureka,” disse piano, poi
tornò indietro in fretta, aprì il resto dell’orlo, facendo cadere le
monete sulla superficie del tavolo.
Clunk. Clunk. Clink. Clunk. Clink. Clink. Clink. Clink. Clunk. Clink.
“Hanno un valore più alto,” sottolineò Kendra.
“Aye.”
Clink. Clunk. Clink. Clink. Clunk.
“Va bene?”
“Nay.” Tolse l’ultima moneta dal’orlo stracciato, e le divise in fretta
sul tavolo. “Sono contraffatte.”
“Contraffatte? Come! È un crimine!”
Trick la guardò ironico.
“Oh...” Kendra arrossì.
Trick andò da lei e le prese il mento tra le dita. “Tu non hai
nessuna colpa,” le disse.
“Nemmeno tu,” ribatté lei lealmente. “Sono feccia Roundhead. Se
lo meritano, ed è tutto per una buona causa.”
“Il fine giustifica i mezzi?” Trick si avvicinò al camino. “Credo di no,
leannan.” Alzò una mano e mise le dita in una crepa, togliendone
una piccola chiave. “Ora, potresti dirmi che aspetto aveva
quell’uomo? Tutto quello che ricordi.”
“Che aspetto aveva?” Kendra lo guardò aprire il cassetto in alto
della scrivania e inserire la chiave in una serratura nascosta. Il
cassetto in fondo—quello che lei non era riuscita ad aprire—scattò e
si aprì. “Era più basso di te, di una quindicina di centimetri, direi.”
Chiuse gli occhi, cercando di ricordare. “Magro, pallido, occhi
chiarissimi, penso, anche se ero a una certa distanza.” Aprì gli occhi
mentre Trick prendeva un foglio di carta dal cassetto in alto.
“Capelli?” fu il turno dell’inchiostro e di una penna.
“Il cappello li copriva quasi tutti, ma erano castani, no? Castano
brizzolato.”
“Proprio come ricordavo io.” Scrisse tutto quanto. “I vestiti?”
“Grigio, tutto grigio. Semplici—beh era un puritano. Niente che
permettesse di distinguerlo. Oh, e le scarpe avevano delle fibbie
veramente brutte e opache. Quadrate. Di peltro, credo.” Lo guardò
scrivere incuriosita. “Che importanza ha?”
“Aspetta.” Alzò una mano, continuando a scrivere. “Cicatrici?”
“Ero troppo lontana per vederle.”
“Io penso che avesse un taglio in via di guarigione sul mento e
una verruca sul lato del naso.” La penna scricchiolò ancora un po’.
“Ecco,” disse, finendo con uno svolazzo. “Lavoro ben fatto. Sei
proprio una buona osservatrice.” Infilò il foglio nel cassetto inferiore e
lo chiuse sbattendolo.
“Trick?”
“Aye?” Trick tornò alla mensola e rimise a posto la chiave.
“Smetterai di farlo? Per me?”
Lui si voltò in fretta. “Non te lo posso promettere, Kendra.”
“Troveremo un altro modo per mantenere gli orfani. Chiederò ai
miei fratelli”
“Non posso smettere.” Avvicinandosi, le mise le mani sulle spalle.
“Molto presto, ma non subito.”
“Mi fa paura.” La voce era solo un sussurro.
“Tu riusciresti a intenerire il cuore di chiunque.” Le alzò il mento
per guardarla negli occhi. “Starò attento,” le disse dolcemente.
“Promesso?”
“Croce sul cuore.”
Kendra accennò un sorriso e lo toccò leggermente sul petto.
“Questo?”
“Esattamente questo.” Appoggiò la mano sulla sua e si chinò a
darle un lungo lento bacio.
Kendra si appoggiò a lui, sospirando contro la sua bocca.
Quando alla fine Trick si staccò., lo fece con una risatina. La prese
scherzosamente per mano, tirandola verso il corridoio. “Facciamo un
altro tentativo con il letto, che ne dici?”
Kendra resistette. “Assolutamente no. Pensi che i tuoi baci siano
sufficienti a tentarmi a riprovare quello?”
“Ci scommetto.” Trick raccolse le monete e le infilò nella tasca
della giacca. “Ed io non perdo mai.”

CAVALCARONO ATTRAVERSO PER le Downs, prendendo la via


più lunga per godersi la bella giornata. Trick non si sentiva tanto
bene da mesi. Probabilmente aveva già informazioni sufficienti—
avrebbe inviato un messaggio al contatto che gli aveva fornito il Re,
avrebbe incontrato quell’uomo e, sperava, la storia sarebbe finita.
Anche se prematuro, il sollievo che provava era inebriante.
Lo sguardo si spostò su Kendra, ai suoi capelli che brillavano alla
luce del mezzogiorno. Una macchia d’erba sul ginocchio lo fece
sorridere. Anche se era una sfida, trovava impossibile restare
arrabbiato con lei. Era la compagna che non aveva mai pensato di
avere. Appena fosse arrivata voce che la sua missione era finita,
avrebbero potuto ricominciare da capo.
Il loro matrimonio era sospeso a una sottile ragnatela, ma senza
questo segreto tra di loro, avrebbero potuto cominciare a tesserne
una più robusta.
“Trick?”
“Mmm?”
“Perché hai voluto la descrizione di quell’uomo?”
Trick fece spallucce, imbarazzato, chiedendosi quanto fosse stato
saggio permetterle di osservarlo mentre prendeva appunti. Ma aveva
sempre preso nota immediatamente, mentre le immagini erano
ancora fresche nella mente.
“Per mandarla alle autorità,” disse disinvolto. “In forma anonima,
ovviamente, di modo che possano identificare il criminale senza che
io sia coinvolto.”
“Perché credi che stia contraffacendo le monete?”
“Per arricchirsi, immagino.”
“Penso che ci sia un altro motivo. Qualcosa collegato al fatto che
fosse un puritano.” Con gli occhi sfuocati, Kendra lo guardava senza
vederlo, chiaramente persa in contemplazione. “Non credo che stia
agendo da solo,” disse.
“Che cosa te lo fa credere?”
“Non mi sembrava abbastanza sveglio.”
Non come lei, pensò Trick, questo era certo.
“Penso che faccia parte di un’operazione più vasta,” continuò
Kendra, “E se i suoi membri sono puritani, forse solo alleati con altri
Parlamentaristi e stanno agendo contro gli interessi del Re.
Distribuiscono valuta senza valore nel tentativo di minare l’economia
e la fiducia della gente nella monarchia. Un complotto per riavere il
potere che avevano una volta, il potere che è morto con Cromwell.”
Gli toglieva il fiato. Sia la forza del suo ragionamento e il fatto che
avesse colpito nel segno—lo stesso identico sospetto che aveva
avanzato Charles e che Trick stava cercando di provare. Non aveva
mai pensato che la sua bella e giovane moglie potesse capire gli
intricati collegamenti tra economia e potere politico.
Ma questo ragionamento era pericoloso. Kendra poteva avere una
testa analitica e interessi atipici, ma non poteva permetterle di
diffondere quest’idea, rischiando che i colpevoli la sentissero e
scoprissero che qualcuno stava indagando.
“Forse,” disse, senza darle peso, mantenendo il volto e il tono
indifferenti. “Ma io immagino che stia solo cercando di arricchirsi.”
Kendra lo fissò, con le mani che stringevano le redini di Pandora.
“Come respingi in fretta le mie idee. Sei ancora arrabbiato perché ti
ho seguito?”
“Nay,” le rispose, lieto che avesse cambiato argomento. “Non è
successo niente.” Svoltarono nel viale di Amberley, con gli alberi da
ambo i lati che gettavano un’ombra fresca lungo il percorso. “Penso
che scoprirai che sono molto più indulgente di tanti altri. L’unica cosa
che non accetto è l’infedeltà, e non mi devo preoccupare in quel
senso, no?”
Eppure… Un giorno qualcuno avrebbe potuto farle conoscere le
gioie dell’amore fisico... e forse allora avrebbe avuto qualcosa di cui
preoccuparsi.
“Infedeltà?” Con un tono di sfida nella voce, Kendra avvicinò
Pandora al fianco di Chaucer. “La maggior parte degli uomini si
aspetta fedeltà solo dalle amanti.”
La maggior parte degli uomini non aveva trovato la promessa
sposa a letto con un altro uomo. “Imparerai, leannan, che io non
sono come la maggior parte degli uomini.”
Kendra gli rivolse uno sguardo malizioso. “E se io non fossi come
la maggior parte delle donne? E se anch’io mi aspettassi da te la
stessa fedeltà?”
“Stai girando le carte in tavola?” Trick si arrischiò a chinarsi sulla
sella per darle un buffetto sotto il mento. “Certo che sai come
mettere alla prova la pazienza di un uomo.”
Gli occhi verdi di Kendra lampeggiarono. “Quella non era una
risposta.”
“Non ti chiederei qualcosa che non fossi pronto a offrire io per
primo.”
L’espressione di Kendra diceva più forte delle parole che non gli
credeva. Ma lasciò cadere il discorso, con lo sguardo che saliva a
fissare l’imponente facciata di Amberley. “Mio fratello Ford vorrà
salire sulla torre per vedere come funziona l’orologio.”
“Lo ha già fatto.”
Le belle sopracciglia di Kendra si aggrottarono perplesse.
“I finesettimana, ricordi? Sembra molto interessato agli orologi. È
rimasto lassù per metà pomeriggio mentre noi giravamo i pollici
aspettandolo per giocare a carte. Eccoci arrivati.” Trick smontò e
consegnò le redini a uno stalliere. Con una mano sulla schiena,
accompagnò Kendra sui gradini.
“Il pranzo,” disse a Compton quando aprì la porta. “Sto morendo di
fame. E poi—”
“Una lettera, Vostra Grazia.” Il maggiordomo rese un vassoio
d’argento. “È arrivata mentre eravate fuori.”
Perplesso, Trick la prese. Stropicciata e sporca, sembrava che
avesse viaggiato per parecchio tempo. “Grazie, Compton. La
porteremo nello studio. Fateci sapere quando è pronto il pranzo.”
“Certamente.” Le guance di Compton ballonzolarono quando
annuì. Uscì per andare in cucina e Trick portò Kendra nello studio,
gettando la lettera sul tavolo intarsiato tra due poltrone di pelle.
KENDRA SI SEDETTE mentre Trick si versava un dito di whisky.
Poi si sedette nell’altra poltrona e buttò giù un sorso. Appoggiando il
bicchiere sul tavolo tra di loro, sollevò la lettera.
Kendra lo vide toccare il sigillo con le sue lunghe dita. “Aprila,” gli
suggerì.
“No, non subito.” Girò la lettera e fissò il suo nome scritto sul retro.
“Che cos’è?” Chiedendosi perché fosse così pensieroso, Kendra
si chinò in avanti e guardò preoccupata la pergamena. “Sai da chi
viene?”
Trick alzò la testa, con un’espressione insolita sul volto. Non
scherzosa, non arrabbiata, non pensierosa, non seduttiva—nessuna
delle emozioni che Kendra aveva già visto prima. Nemmeno evasiva
—un’altra delle espressioni che stava imparando a riconoscere.
“Viene da mia madre,” disse a bassa voce. “Dopo tutti questi anni,
riconosco ancora la sua scrittura.” Sbatté gli occhi, poi all’improvviso
gettò la lettera a Kendra. “Tieni, leggila tu.”
Kendra quasi la lasciò cadere, ma riuscì ad afferrarla in tempo.
“No,” protestò. “È indirizzata a te.”
“Ascolterò. Così non sentirò la sua voce ma la tua.”
Le fece male al cuore sentire il dolore nel suo tono di voce, come
l’accento scozzese che marcava pesantemente la sua attenta
parlata inglese.
“Leggila, per favore.” Si sdraiò nella poltrona e bevve un lungo
sorso di whisky, poi appoggiò indietro la testa e chiuse gli occhi.
Kendra lisciò la pergamena sulla gonna e infilò un dito sotto il
sigillo; quando lo sollevò con un piccola scatto, Trick sobbalzò.
“Avanti,” disse roco.
Il foglio scricchiolò quando lo aprì e lo alzò per cogliere la luce
della finestra. “Ha una bella grafia,” disse.
Trick non rispose.
Kendra fece un respiro profondo. “’Mio caro Patrick Iain,’” lesse.
“’Il mio cuore è pieno di dispiacere per tutti gli anni in cui siamo stati
separati. Ora sto morendo e il mio desiderio più profondo è di vedere
il tuo amato volto ancora una volta. Anche se so che sei un uomo,
per me sarai sempre il mio bel bambino. Vieni, Patrick, vieni e fai
sorridere una vecchia che si appresta a salutare l’altro mondo. Con
tutto l’amore del mio cuore, Mamma.’”
Silenzio. Kendra tirò il fiato una volta, due... tre.
Trick aprì gli occhi e bevve lentamente.
“Posso venire con te?”
“Dove?” Si spostò per guardarla in faccia. “Non penserai che ci
vada, vero?”
“Devi andare!”
“Non può ignorarmi per diciotto anni e poi aspettarsi che corra da
lei quando lo chiede.”
“Sta morendo, Trick.”
Trick fece spallucce.
“Devi far pace con lei. È la tua ultima possibilità.”
“Non ho intenzione di darle questa soddisfazione.”
“È la tua soddisfazione che è in gioco, qui. Se non andrai, ti
chiederai per sempre come sarebbe stato. Vai da lei e trova le
risposte, prima che sia troppo tardi. Non aprire il tuo cuore, se vuoi,
ma vai. Vai a dirle addio.”
Trick svuotò il bicchiere e lo roteò tra le dita. “Sei saggia per i tuoi
anni.”
“Io non ho potuto dire addio ai miei.” La lettera scricchiolò quando
la ripiegò e la mise sul tavolo. “Nei miei sogni, sia a occhi aperti sia
chiusi, ho accusato i miei genitori di avermi lasciato e ho detto loro
che li amavo. Sono stata arrabbiata con loro e triste. Ma non ho mai
potuto dire niente a faccia a faccia.”
Trick rimase immobile e il cristallo si fermò tra le sue dita.
“Vai, Trick. Subito. Stasera.” Avrebbe dovuto posporre la festa dei
bambini, ma non importava. “Verrò con te.”
“No,” rispose Trick lentamente. “Andrò da solo. Domani.”
CAPITOLO VENTI

DOPO CENA, KENDRA si ritrovò a cavallo di Pandora, diretta al


cottage per la seconda volta quel giorno.
Diede un’occhiata a Trick che cavalcava accanto a lei. Aveva
cercato, senza molta convinzione, di convincerlo a portarla in
Scozia, ma Trick era assolutamente contrario.
Beh, forse sarebbe stato un sollievo restare senza di lui per un
po’. Senza quei baci disarmanti che le facevano perdere la testa.
Libera di recuperare il sonno perso. Libera di pensare se voleva
tentare di nuovo, perché il dolore di quella prima notte diventava
sempre più difficile da ricordare chiaramente.
Eppure una parte di lei era riluttante a lasciarlo andare, quindi si
era appiccicata a lui per tutto il pomeriggio, mentre lui finiva tutti i
lavori che restavano prima di poter partire.
La luna piena si rifletteva sulle finestre del cottage mentre si
avvicinavano. “Non avevo idea di quante responsabilità avessi,” gli
disse Kendra, sbadigliando.
“Voglio solo lasciare un po’ di carte.”
Kendra si sentiva gli occhi pieni di sabbia. “E poi?”
Trick smontò e allungò le mani per aiutarla. “Ho ancora parecchio
da fare prima di poter dormire.”
Kendra legò Pandora e lo seguì dentro. “Stai esagerando.” Chiuse
la parta e si appoggiò contro, guardandolo accendere una candela.
“So che devi essere preoccupato per tua madre—”
“Non sono particolarmente preoccupato.” Finito di accendere le
candele, cercò la chiave sopra il camino.
“Sta morendo!”
Trick le lanciò un’occhiata mentre apriva la scrivania. “Hai detto tu
stessa che ha una bella grafia. A una donna sul suo letto di morte
tremerebbe la mano, o dovrebbe dettare la lettera a qualcun altro.”
Tolse un fascio di carte dalla giacca e le infilò nel cassetto inferiore.
“Forse l’ha dettata.”
“Era la sua scrittura—ci scommetterei la testa. Aye, ha qualcosa in
mente.” Chiuse il cassetto e girò la chiave. “Starò al gioco, solo nel
caso in cui mi sbagli, ma è subdola—”
“Non puoi saperlo, Trick, non dopo tutti questi anni.”
“Vedremo chi di noi ha ragione. Ma non vivrò nella speranza che
sia cambiata.” Rimise la chiave tra le pietre e cominciò a spegnere le
candele, poi si fermò di colpo. “Dannazione, i cappelli e i tubi. Mi
chiedo che cos’altro sto dimenticando? Aspetta qui—torno subito.”
Mise la candela sulla mensola del camino e prima quasi che se ne
accorgesse, la porta sbatté alle sue spalle.
Kendra restò ferma per un momento, indecisa e sentendosi in
colpa, prima di andare lentamente verso il camino. Alzandosi sulla
punta dei piedi, cercò di prendere la chiave e si accorse che Trick
l’aveva messa troppo in alto per lei. Tirò vicino una sedia, si
arrampicò e riuscì a estrarre la chiave dal suo nascondiglio.
Saltò giù e corse alla finestra. La luce della luna illuminava il
terreno. Trick non si vedeva da nessuna parte. Un attimo dopo,
Kendra aveva aperto il cassetto inferiore e frugava tra il contenuto.
In cima c’erano le note che aveva appena inserito e quelle che
aveva nascosto quella mattina. Non per nasconderle a lei,
ovviamente—non aveva tenuto nascosto il cassetto. Sicuramente
non gli sarebbe importato se avesse guardato...
O almeno così si disse.
Prese la candela dalla mensola per esaminare altre pagine di
descrizioni di puritani come quella che lo aveva aiutato a fare quel
giorno. Sorrise vedendo la sua grafia, aggressiva, con le lettere
scarabocchiate, chiaramente scritte in fretta.
Appoggiò attentamente la candela sul ripiano, poi rimise le carte
nel cassetto, sbirciando quello c’era sotto. Un qualche tipo di
conteggio. Un resoconto dei suoi ‘guadagni’ piuttosto dettagliato,
includeva la descrizione delle singole monete. Non era stata la prima
volta che trovava monete contraffatte. E sotto…
Tolse un’altra pila di carte, alcune più vecchie e ingiallite. Scritte
dalla stessa mano, ma più attentamente, con le lettere tracciate
accuratamente, nitide e regolari. Le ricordarono le lettere che
mandava ai suoi genitori da bambina, lettere scritte e riscritte prima
che l’ultima, perfetta bozza fosse finalmente copiata.
Scegliendone un foglio a caso, lesse:

Pain and sorrow forevermore dwell


Inside the deepest bowels of hell.
Betrayal has yet took from me
What love and trust had once set free.

La tristezza e il dolore vivono in eterno


Nelle viscere più profonde dell’inferno
E il tradimento mi ha levato
Ciò che l’amore e la fiducia avevano destato.

Poesia. Kendra si sedette di colpo sul bordo della scrivania. Trick,


un poeta? Non lo avrebbe mai immaginato; in effetti, se qualcuno lo
avesse suggerito, avrebbe riso come una pazza.
Proprio non conosceva suo marito.
Era stato ferito da qualcuno, in modo terribile. Le si strinse il cuore
quando capì di colpo le sue parole Non credo nell’amore e basta.
Forse una volta... ma non più. L’amore è solo un’illusione.
Che cosa gli avevano fatto e chi era stato, per farlo sentire in quel
modo? Non era mai stato felice? La carta sembrò fragile mentre la
riponeva—fragile come le parole scritte. Ma le parole sul foglio
seguente non fecero nulla per attenuare il dolore che provava per lui.
Twixt fathers and tyrants
a difference is known:
Fathers seek their sons' good,
tyrants their own.

Tra i padre e i tiranni


la differenza si sa:
I padri cercano il bene dei loro figli,
i tiranni il proprio.

Con il cuore sempre più pesante, sfogliò le pagine, fermandosi a


leggere qua e là. I versi toccanti accennavano a eventi nella vita di
Trick che lo avevano reso l’uomo che lei vedeva adesso. Dolore,
rabbia, disillusione... ah, ecco. Amore, felicità. La mano era più
leggera; le parole quasi saltavano fuori dalla pagina nella loro
esuberanza.

Sweet day, happy, calm and bright


Love has brought me to this light
The sun that sits in yonder sky
Today can shine not more than I
And if tomorrow it should rain
Her smile will make sun shine again

Dolce giorno, felice, calmo e luminoso


L’amore mi ha portato a questa luce
Il sole in alto nel cielo
Oggi non può brillare più di me
E se domani pioverà
Il suo sorriso lo farà risplendere di nuovo.

Kendra si morse il labbro. Parlava dello stesso amore che poi era
diventato tradimento? Questo Trick spensierato poteva esistere da
qualche parte sotto la pelle dell’uomo cinico che viveva con lei? Se
la fiducia era stata distrutta da una donna, un’altra sarebbe riuscita a
restituirgliela?
Rumore di zoccoli. Oh, Dio, stava tornando. Infilò le poesie sotto
le altre carte e chiuse il cassetto, poi saltò sulla sedia per rimettere a
posto la chiave. Stava giusto spingendo la sedia sotto la scrivania
quando la porta si spalancò e Trick entrò con il suo carico di cappelli
sotto un braccio, i tubi sotto l’altro.
Buttò tutto in un angolo. “Pronta ad andare?”
Il suo sorriso sghembo le fece battere forte il cuore; era così
fiducioso. Kendra arrossì, sentendosi incredibilmente in colpa per
aver letto le sue composizioni private.
“Penso di sì,” rispose Kendra. “Anche se speravo potessimo
parlare.”
“Ora? Di che cosa?”
“La vita. La tua,” lo fissò negli occhi, desiderando che
condividesse il suo passato con lei, “e la mia, ovviamente. Tutti gli
anni che hanno portato a questo momento. La gente che ci ha
amato—”
“Nessuno.”
“—e ferito.”
Trick alzò le spalle. “Nessuno di cui valga la pena di parlare.”
“E che cosa ci piace... ad esempio, ti piace scrivere? Io ho un
diario, e qualche volta scrivo poesie.”
“Poesie?” il suo sguardo guizzò verso il cassetto. “No, non mi
piace scrivere.” Si chinò oltre Kendra per spegnere la candela.
“Vieni?” Le disse, andando alla porta. “Ho parecchie cose da fare.”
Distrutta per il suo rifiuto perfino a pensare di potersi confidare con
lei, Kendra lo superò e uscì. Prima che riuscisse a montare Pandora,
Trick la raggiunse e la prese per un braccio.
“So che le tue intenzioni sono buone,” le disse dolcemente.
In silenzio, Kendra lo guardò negli occhi, che sembravano grigi
nell’oscurità.
Li vide scurirsi ancora di più. “Mi dispiace che tu sia così infelice,”
disse Trick.
“Non sono infelice. Sono confusa. Preoccupata per la tua vita e
non mi piace nascondere ai miei fratelli quello che stai facendo. Ci
sono parti di te che ammiro—la tua compassione per i bambini. E
altre parti che non capisco—parti che penso tu abbia sepolto molto
in fondo. E ora stai partendo.”
“Tornerò.” Le parole erano una promessa mormorata con voce
roca. “Forse ti mancherò mentre sarò lontano.” La sua mano scivolò
sul braccio finché le loro dita si intrecciarono, e si chinò a baciarla
dolcemente sulla bocca.
Quando si allontanò, Kendra lo guardò impotente. Aveva le labbra
che fremevano. Sentì la sua risatina prima che si voltasse a chiudere
il cottage, e prese una decisione.
Una volta, scherzando, gli aveva promesso che anche lui avrebbe
trovato l’amore, e i Chase non promettevano mai alla leggera.
Avrebbe riportato in vita quello che un’altra donna aveva ucciso; lo
avrebbe obbligato a credere di nuovo nell’amore.
Farlo evitando contemporaneamente il suo letto non sarebbe stato
facile.
Ma, in fondo, le cose importanti raramente lo erano.
CAPITOLO VENTUNO

TRICK ENTRÒ NELLA stanza e chiuse silenziosamente la porta


dietro di sé. Portò la candela vicino al letto e la mise sul comodino
accanto alla testa di Kendra, dove le avrebbe illuminato il volto.
Sembrava angelica quando dormiva, con le lunghe ciglia scure
come piume sulle guance rosate, i capelli che brillavano luminosi alla
luce della candela, sparsi sul cuscino,. Quando si chinò a baciarle la
fronte, le labbra di Kendra si curvarono accennando un sorriso, che
svanì presto.
Qualcosa si sciolse in lui. Era più compassionevole e diretta di
quanto si fosse aspettato, questa sua nuova moglie. E angosciata.
La responsabilità ricadeva interamente sulle sue spalle, e accese
una scintilla di senso di colpa, insieme a sentimenti più teneri che
aveva da tempo imparato a sopprimere. Ma aveva molto da
nascondere e ottime ragioni per farlo. Almeno per il momento.
Appena completato il lavoro per Re Charles...
Si sentiva così vicino a scoprire la verità. Se non fosse stato per
questa convocazione da parte di sua madre, si sarebbe messo
presto tutto alle spalle. Forse, senza segreti tra di loro, lui e Kendra
potevano cominciare a fidarsi l’uno dell’altro.
Ma doveva andare per ordine. Si svestì in fretta, controllando
mentalmente di aver fatto tutto quello che doveva prima di partire per
la Scozia, un viaggio che poteva richiedere un mese e più, per
andare, venire e passare là un po’ di tempo.
Lettere con le istruzioni per le varie persone che gestivano la
tenuta—fatto.
Una borsa d’oro a Compton perché la consegnasse alla signora
Jackson a Casa Caldwell—fatto.
Nota a Re Charles per spiegare il ritardo nella missione—fatto.
Mentre il personale si dava da fare, preparandosi a partire—
perché un Duca, nonostante le sue preferenze personali, non
viaggiava da solo—lui aveva spuntato una dozzina o più di attività
sulla sua lista personale. Tutte, in effetti, eccetto quella che trovava
più piacevole... convincere la sua sposa a fare l’amore con lui.
A quanto pareva, anche Kendra era stata indaffarata. Tutto quello
che serviva per la festa del giorno dopo era ammonticchiato in
ordine contro una parete. Un mucchio di tessuti colorati piegati, che
sarebbero diventate toghe un po’ speciali e avrebbero senza dubbio
entusiasmato i piccoli. Cestini pieni di dolci e torte che avrebbero
fatto pensare ai bambini di essere morti ed essere arrivati in
paradiso. O sul Monte Olimpo, in quel caso.
Com’era brillante sua moglie.
Spense la candela e si infilò a letto, rannicchiandosi contro la sua
figura addormentata. Le passò un braccio intorno alla vita e la tirò
più vicina, annusando il leggero profumo di lavanda della pelle
appena lavata. La luce tremolante del camino danzava sul suo volto
e regalava riflessi dorati ai capelli rosso scuro. Scostandole i riccioli
morbidi dal volto, Trick si chinò a baciarle la guancia.
Kendra si spostò con un lieve mugolio che lo fece sorridere.
Le baciò l’orecchio.
Kendra si allungò accanto a lui come un gatto soddisfatto, facendo
le fusa proprio come un gatto.
Che ora era? Le tre del mattino? Le quattro? Non importava, non
avrebbe sprecato queste ultime ore con lei dormendo. La girò,
mettendola sulla schiena e la baciò sulle labbra.
“Mmm,” mormorò Kendra, con la bocca sulla sua. Gli mise le
braccia al collo e le labbra si aprirono. Trick la assaggiò con la
lingua. Dio, aveva un sapore così dolce.
Le mordicchiò il labbro inferiore, sentendo che si stava veramente
svegliando. Il ritmo del suo respiro era cambiato e la bocca rispose
alla sua, facendo aumentare i battiti anche a lui e facendogli scorrere
più veloce il sangue nelle vene. Nessuna donna lo aveva mai
eccitato in quel modo, nemmeno...
Nay, non avrebbe pensato a lei. Dopo tutti quegli anni, che cosa
gliel’aveva fatta tornare in mente? Era fuori dalla sua vita, da tempo,
e c’era Kendra, adesso.
La dolce Kendra, che si muoveva sotto di lui. Era l’unica donna
che voleva. Fece per accarezzarle il seno attraverso la severa
camicia da notte che indossava—e si fermò di colpo.
Era abbastanza uomo da essere paziente e lo era stato fino a quel
momento. Avrebbe rovinato tutto agendo troppo presto.
Kendra aprì gli occhi, con una domanda evidente nella loro verde
profondità. Alzò una mano per toccargli il labbro inferiore, un tocco
leggero come un sussurro.
E Trick quasi esplose.
Ma non avrebbe rinnegato la sua parola. Anche se il pensiero
delle settimane in cui sarebbero stati divisi lo faceva star male
fisicamente, non avrebbe rischiato di distruggere quel minimo di
fiducia che erano riusciti a creare tra di loro. Aveva una vita davanti
a sé per toccarla, fare l’amore con lei—quando fosse stata pronta. E
non aveva dubbi che prima o poi sarebbe stata pronta, forse prima
che poi...
Ma, dannazione, era così difficile aspettare.
Per lunghi minuti, si limitò a baciarla. Tenne ferme le mani, mentre
Kendra lo accarezzava sulla schiena, gli sfiorava i fianchi, tentava
disperatamente di inserire le mani tra i loro corpi. Si sentì bruciare,
ma continuò a baciarla solamente. Per un’eternità, gli sembrò, finché
la sentì tendersi verso di lui mentre le sfuggiva un mugolio di
desiderio.
“Trick?” Gli chiese senza fiato, con il nome caldo sulla bocca.
“Mmm?”
“Non potresti... toccarmi?”
Trick si tirò indietro, fissandola negli occhi verde chiaro,
trasparenti. “Nay, non posso,” le disse, anche se dovette farsi forza
per pronunciare quelle parole. “Se ti toccassi, potrei non riuscire a
evitare di fare di più. E ho promesso che non avrei tentato di
sedurti.” Le accarezzò le labbra con le proprie, tentandola. “Ma ti
piace quando ti bacio, vero?”
Le mani di Kendra gli strinsero i capelli sulla nuca. “Oh, cielo, sì.
Mi piace. Solo, vorrei—”
“Mmm?” La lingua di Trick tracciò il contorno della bocca che
tremava. Doveva lasciare che lo chiedesse. “Che cosa vuoi,
leannan?”
“Non lo so,” sussurrò Kendra, nascondendo il volto contro il suo
collo.
“Lo sai,” le disse dolcemente. “Lo sappiamo entrambi. Dillo,
Kendra.”
Invece di parlare, Kendra tirò il fiato, tremante, e poi lo lasciò
andare.
“Non farà male, ragazza mia. Era solo la prima volta, lo giuro. Non
farà mai più male.”
Kendra sentì le parole, la promessa che vibrava nella gola di Trick.
Lo desiderava pazzamente, veramente. Ma quanto valeva la
promessa di un uomo di cui non si poteva fidare? E anche se lui
avesse avuto ragione—se anche non avesse fatto male—come
poteva condividere il suo corpo con un uomo che si rifiutava di
condividere la sua vita?
Lo stava toccando, ma non veramente. Le sue mani toccavano il
suo corpo, ma non lo aveva raggiunto dove contava. C’era un muro
tra di loro e lei non riusciva a trovare il coraggio di abbatterlo.
Lo aveva costruito lui. Toccava a lui buttarlo giù.
“Che cosa vuoi?” Le chiese di nuovo Trick.
“Voglio—” Kendra voltò la testa, fissando la parte sotto del
baldacchino di seta rossa di Trick. Non il suo baldacchino. Per
quanto lui potesse insistere che tutto quello che avevano era di
entrambi, non lo sentiva nel suo cuore. Non quando non divideva
con lei la cosa più importante.
Se stesso.
“Voglio dormire,” sussurrò.
Trick le sfiorò lentamente la guancia con le dita. “Ancora un
bacio?”
“Penso di... no,” disse Kendra, sospirando. Un altro bacio
l’avrebbe solo rattristata di più e il groppo in gola era già difficile da
sopportare. Rotolò via, voltandogli la schiena. “Buona notte,”
sussurrò.
Le parole sembrarono restare sospese nell’aria pesante della
stanza silenziosa.
Dopo un momento, Trick si accoccolò contro di lei e il suo corpo le
disse quanto la desiderasse, senza bisogno di parole. “Pensi che
potrei mancarti, ragazza mia?”
Un gemito sfuggì dal profondo di Kendra, e Trick si addormentò
con un sorriso sul volto.
Kendra lo capì perché il suo respiro si fece regolare nel ritmo del
sonno, e allora si voltò e lo fissò, riempiendosi l’anima della visione
di lui, perché durasse per le settimane a venire.
Le ci volle ancora più del solito per scivolare nel sonno, quella
notte, e quando si svegliò, lui se n’era andato.
CAPITOLO VENTIDUE

“SIGNORA KENDRA?”
“Sì, Thomas?” Inginocchiata sull’erba accanto alla piccola
Susanna, Kendra strizzò gli occhi guardando il biondino furbo.
“Siamo atleti nei giochi olimpici, vero?
“Sì, l’idea è quella.”
“Beh, allora...” gli occhi azzurri brillarono e le mani andarono al
tessuto drappeggiato su una spalla. “Non dovremmo essere nudi?”
“Lascia stare quel tessuto, piccolo furfante!” Kendra cercò di non
ridere vedendo il broncio del bambino. “Non ho mai detto che
avremmo rispettato la verità storica.”
“Ah, va bene.” Thomas corse via, con un sorriso malizioso.
“Stai ferma, Susanna.” Kendra rimboccò meglio la ‘toga’ della
ragazzina, sorridendo tra sé. Fortunatamente, le sue lezioni non
avevano coperto l’argomento moda, quindi i suoi studenti ignoravano
il fatto che i greci usassero tinte unite, non cotone stampato a fiori.
“Ecco fatto.”
“I miei ringraziamenti, Signora Kendra.”
“Prego, Susanna.” Accarezzò i riccioli biondi della bambina e si
alzò, sapendo, mentre la mandava tra gli altri, che la bambina
sarebbe tornata tra pochi minuti per un’altra sistemata.
Aveva imparato che le toghe non erano l’abbigliamento ideale per
i ragazzini.
Era stato il suo unico errore, comunque—il resto della festa era
andato benissimo. Sentire i bambini raccontare i loro miti preferiti era
stato uno spasso. Ora stavano partecipando ai ‘giochi’ olimpici e le
corone per i vincitori che aveva intrecciato con le foglie di alloro
avrebbero potuto essere d’oro, visto quanto le avevano apprezzate i
bambini. Fortunatamente ne aveva portate a sufficienze per tutti e
aveva tutte le intenzioni di ‘aggiustare’ qualche gara per assicurarsi
che ogni bambino risultasse vincitore.
La festa era stata un enorme successo, e non avevano ancora
cominciato il banchetto, né aveva ancora distribuito i ricordini. Il suo
cestino di dolci era ancora nascosto sotto una coperta sul calesse e
non aspettava impaziente di vedere i volti dei bambini quando li
avessero ricevuti.
Avvolto in una maestosa toga a righe azzurre, il giovane Andrew
le diede uno strattone. “Voi chi siete, signora Kendra?”
“Come, Giunone, ovviamente.” Fissò i suoi adoranti occhi scuri—
la sua cotta non era svanita in quelle settimane. “Ricordi chi era?”
“La moglie di Giove,” disse orgogliosamente. “E la protettrice dei
matrimoni.”
“Molto bene,” gli rispose, anche se, nel suo caso, la descrizione
del compito di Giunone non era molto adatta.
Invece di proteggere il suo matrimonio, aveva mandato via suo
marito, da solo. Avrebbe dovuto pregarlo finché le avesse permesso
di accompagnarlo. Certamente, se avesse insistito, lui avrebbe
ceduto—i suoi fratelli di solito lo facevano. Ma non aveva mai
veramente nemmeno tentato.
Andrew si dondolò sui piedi, intimidito. “Ho imparato a memoria
una delle poesie su Giunone.”
“Davvero?”
Andrew annuì e cominciò a recitare.

“Golden-throned Hera, among immortals the queen,


Chief among them in beauty, the glorious lady
All the blessed in high Olympus revere,
Honor even as Zeus, the lord of the thunder.”
“Giunone dal trono dorato, regina tra gli immortali
Prima in bellezza, gloriosa signora
Tutti i benedetti nell’alto olimpo ti riveriscono
E ti onora perfino Giove Re del tuono.”

Finì con un inchino imbarazzato che avrebbe dovuto far sorridere


Kendra. Ma contrariamente alla Giunone della poesia, lei si sentiva
tutt’altro che gloriosa in quel momento.
“Signora Kendra? State bene?”
“Sto bene, Andrew.” Meravigliata per la percezione del giovane
uomo, Kendra si sforzò di sorridere. “La signora Jackson sta
organizzando una corsa di bighe,” disse allegramente, lanciando
un’occhiata alla donna robusta che stava allineando quattro carriole.
“Immagino che un ragazzo alto e forte come te, con la piccola
Susanna nella sua biga potrebbe risultare vincitore. Corri, vai—io sto
bene.”
Nonostante la festa stesse procedendo benissimo, lei non stava
per niente bene.
Trick avrebbe dovuto essere lì. Avrebbe dovuto essere Giove.
Era lui che aveva creato tutto, rischiando la vita per nutrire e dare
un tetto a quei bambini. Seguì con gli occhi Andrew che si univa ai
bambini che ridevano. Nessuno di loro, lei inclusa, sarebbe stato lì
se non fosse stato per Trick.
Giunone era sempre stata morbosamente gelosa di Giove, e Dio
solo sapeva quanto le mancasse il suo uomo.

QUANDO KENDRA ARRIVÒ a casa, si fermò solo il tempo di


togliersi la toga e infilarsi un abito da cavallerizza e prendere una
chiave dal cassetto della scrivania di Trick. Poi corse nella scuderia,
montò su Pandora e volò lungo le Downs fino al cottage.
Una volta dentro, poté quasi sentirne l’odore. Da quel mattino,
quando si era svegliata in casa sua, mancava qualcosa—la sua
vitalità. Invece di sentirsi libera, si sentiva come in lutto.
Ma qui nel cottage, riusciva a sentire la sua presenza.
Diversamente da Amberley House, chiaramente il cottage non era
stato progettato da suo padre. Lo stile personale di Trick era
evidente nelle pareti, nei pavimenti, in ogni mobile.
Era sorprendente che le mancasse tanto, visto che lo conosceva
solo da poche settimane. Proprio quando stavano cominciando a
costruire un fragile legame, lui era partito. Andò diretta ad aprire il
cassetto e frugò in fondo.
Le poesie erano sparite.
Frugò tra le altre carte per esserne sicura. Sparite, tutte. Le
mancarono le ginocchia e si lasciò cadere sul pavimento, con il
cuore pesante come il piombo. Non solo non c’era più il suo unico
collegamento con lui, ma il suo intento di tenerla a distanza di
sicurezza era più che evidente.
Nonostante la fretta di iniziare un lungo viaggio in una terra
lontana, aveva trovato il tempo di fermarsi e rimuovere quelle
pagine. Rimuovere ogni possibilità che, leggendo quelle parole, lei
potesse scoprire com’era, in fondo all’anima.
Non poteva permettergli di isolarsi in quel modo. Non poteva, se
dovevano vivere una vita insieme.
Avrebbe dovuto andare con lui.
CAPITOLO VENTITRÉ

“È PARTITO,” DISSE Kendra a Caithren il pomeriggio seguente.


“Non aveva scelta.”
“Ovvio.” Cait si fermò sotto uno dei tanti pergolati di Amberley,
giocherellando con le punte dei suoi capelli biondo scuro. “Ma
perché non l’hai accompagnato?”
“Non mi ha voluto,” Kendra guardò di soppiatto sua cognata. “Non
è adorabile questo giardino?” Il suo gesto comprese più del solo
sentiero ombreggiato dai rampicanti. “Il capo giardiniere mi ha
informato che è stato progettato da Salaman de Caux in persona.”
“Salaman chi?”
“De Caux. Il celebre francese. Non hai mai sentito parlare di lui?”
“Nay, il mio giardino a Leslie era pieno di erbe medicinali e
verdure.” Le labbra di Cait si curvarono in un sorrisino di scusa.
“Neanche un fiorellino in vista.”
I giardini di Amberley house erano i più vasti che Kendra avesse
mai visto. Configurazioni geometriche di aiuole di fiori, vialetti
intersecanti e bordure circondavano un lago dove i pesci
sfrecciavano sotto il pelo dell’acqua chiara. Larghi viali con leoni di
pietra dipinti e dorati affiancavano un enorme campo di bocce
erboso. Alberi da frutta dividevano i prati dai giardini più formali,
come quello privato verso il quale si stavano dirigendo.
Quando uscirono al sole da sotto il pergolato, lo sguardo di
Kendra andò all’enorme costruzione che incombeva su tutto. “Temo
che il padre di Trick abbia dato fondo a tutta la sua fortuna per
costruire questo posto.”
“L’ha detto Trick?”
“Non precisamente,” rispose Kendra, esitando. Confidare
l’instabilità finanziaria di Trick avrebbe potuto portare a domande
sulla sua continua attività di brigante di strada.
“Allora non ci credo,” disse Cait. “La proprietà è ragguardevole, e
Trick è un Duca. E tu sei molto brava a cambiare argomento.”
Kendra le rivolse un sorriso ironico. “Speravo non lo notassi.”
Allungò una mano per cogliere un fiore profumato, stropicciando i
petali morbidi tra le dita. “Parte di me non riesce a credere che sono
sposata. Sai, perfino mentre venivamo via, quel giorno, ero sicura
che Colin sarebbe arrivato al galoppo per dire che era tutto uno
scherzo. Mi ero convinta che anche il parroco facesse parte del
gioco—che, in qualche modo, la cerimonia non fosse valida.”
“Ma lo era.”
“Ero furiosa. Lo sono ancora. Non me la sento di parlare con i miei
fratelli—nessuno dei tre.” La voce scese di tono. “Poi mi sono trovata
da sola con Trick, e ancora non ci credevo.”
“Com’è andata? La prima notte, voglio dire.”
“Non bene.” Kendra distolse lo sguardo, studiando il modo in cui la
luce filtrava attraverso la cupola frondosa di un tasso. “A te ha fatto
molto male la prima volta?”
“Immagino di sì, ma solo quella prima volta, ovviamente. E non
ero in condizioni da notarlo più di tanto.”
“Mmm, Jason è molto... grosso?”
Caithren spalancò gli occhi. “Crivvens, che domanda! Non ho
niente cui paragonarlo, aye? Posso solo dire che quando lo guardo
sembra troppo grosso, ma poi sembra che ci stia proprio bene.” La
sua risatina imbarazzata risuonò nel giardino; poi si concentrò su
Kendra, schermandosi con una mano gli occhi nocciola. “Immagino
che sia andata meglio per te la seconda volta. Sicuramente non ti ha
più fatto male.”
Kendra si morse il labbro. “Non c’è stata una seconda volta.”
“Cosa?!” Se possibile, gli occhi di Cait si spalancarono ancora di
più. “Sei sposata da quasi tre settimane!”
“Non gliel’ho permesso. Noi non siamo... adatti. Immagino che
non tutti lo siano. In effetti mi chiedo perché gli uomini insistano a
sposare le vergini. Sarebbe logico che volessero provare una donna
prima, e assicurarsi che tutto funzioni.”
“Funzionerà, Kendra.” Cait si morse anche lei il labbro, ma non
per la costernazione—piuttosto per impedirsi di ridere. “Per tutti i
santi, i tuoi fratelli non ti hanno detto niente? Jason mi sentirà!”
“Per favore, no.” Kendra sentì il calore salirle alle guance. “Si
prenderebbe gioco di me in eterno. Che cos’è che non mi ha detto?”
“Fa male alla maggior parte delle donne, la prima volta. Ma solo
quella volta, aye. Solo quella prima volta, quando l’imene—”
“Credo di aver sentito quella parola.” Kendra aggrottò la fronte.
“Ma non ho mai saputo esattamente che cosa significasse.”
“È una membrana, all’interno di ogni donna. Di ogni vergine, cioè.
Si potrebbe dire che l’imene protegga l’entrata.”
“Imene è la divinità greca delle nozze.”
“Davvero? Proprio adatto.” Caithren si schiarì la voce. “Ora, la
prima volta che si fa l’amore, l’imene si rompe e si sanguina—”
“Vero,” sussurrò Kendra.
“Ma la volta dopo non succede più. E non fa più male, perché la
membrana non c’è più. E ci starà, te l’assicuro.”
Trick diceva la verità, allora. Un’ondata di sollievo inondò Kendra,
temperata da una fitta di dispiacere. Avrebbe dovuto credergli.
E adesso desiderava veramente di essere andata con lui.
Palesemente meravigliata, Cait scuoteva la testa. “Quasi tre
settimane.”
E un altro mese, pensò Kendra, finché non tornerà. Ricordando i
suoi baci, come l’aveva fatta sentire la notte prima—il modo in cui lei
aveva quasi ceduto—riuscì a malapena a reprimere un lamento.
Cait si inginocchiò per controllare dei fiori a forma di campana.
“Dev’essere l’uomo più paziente sulla terra,” mormorò. “Perfino io ho
capito che ti desiderava. Come diavolo hai fatto a tenerlo lontano?”
Kendra scrollò le spalle, evasiva. “Eravamo estranei. Lo siamo
ancora.”
“Imparerete a conoscervi. Dagli solo un’altra possibilità.” Aggrottò
la fronte guardando la pianta. “Cresce la belladonna, qui!”
“Belladonna?”
“Sì, Atropa Belladonna. Guarda.” Aspettò finché Kendra si
inginocchiò accanto a lei, poi passò la punta di un dito sopra un
misero fiorellino violaceo con una bacca alla base. “Vedi queste
foglie verde scuro? Sono letali. Si dice che Macbeth abbia
avvelenato un intero esercito di Danesi dichiarando una falsa tregua
e poi offrendo loro un liquore mischiato con un infuso di belladonna.”
“Allora perché è qui, in giardino?”
“Con la radice può fare un buon linimento, se usata correttamente.
Sono le foglie e le bacche che sono velenose.” Quando Kendra fece
per toccarle, Cait le trattenne la mano. “Non toccarle. È possibile
ammalarsi anche senza mangiarle.”
“Ammalarsi? Come?”
“Febbre, respirazione rallentata, pupille dilatate, dolori di stomaco
—”
“Basta.” Kendra rabbrividì. Da quando era arrivata, un anno prima,
Cait le aveva insegnato molti usi per le erbe e le piante, ma Kendra
non avrebbe corso il rischio di usare questa nel modo sbagliato.
“Dirò al giardiniere di toglierla.”
“Assicurati che indossi i guanti.” Cait si alzò, spolverandosi le mani
nelle sottane rosa. “Ora dimmi di te e Trick. A parte il problema a
letto.”
Kendra sostenne lo sguardo della cognata. “Lui è... beh, io non lo
capisco, Cait. Non ci siamo sposati sotto i migliori auspici, per
nessuno dei due.”
“No, è vero. Ma Jase è convinto che sarai felice. O almeno è
quello che dice.”
“Davvero?” Anche se aveva cominciato ad accettare la sua vita lì
ad Amberley, la rabbia tornò di colpo. “Che scuse può accampare
per avermi ingannato? Non dirmi nemmeno che Trick era un Duca,
per l’amor del cielo!”
“Gliel’ho chiesto anch’io quando è uscita tutta la storia. Dice che
non avresti sposato Trick se avessi saputo che era un Duca.”
Kendra digrignò i denti. “Lo odio quando ha ragione.”
“Ha anche detto che cogliervi in una posizione compromettente è
stato un dono del cielo, perché Trick non avrebbe mai acconsentito a
corteggiarti anche se Jason l’avesse suggerito. A quanto pare diceva
di non volere una moglie.”
“Non in tempi brevi,” ammise cupamente Kendra.
“Jason mi ha detto che si è sentito in dovere di farlo, perché
sapeva che voi due sareste stati perfetti l’uno per l’altro.”
“Beh, è qui che si sbagliava.” Trick poteva anche baciare bene e
tollerare i suoi interessi poco convenzionali, ma un uomo che
rifiutava di rivelare il suo vero essere non sarebbe mai stato perfetto
per lei. Che fossero o meno adatti a letto.
Cait restò in silenzio per un lungo momento. “Devi dare a Trick
un’altra possibilità a letto,” disse alla fine. “E spero che perdonerai
Jase. Lui ti vuole bene. Ti ha sempre tenuto d’occhio. Non si
perdonerebbe mai se tu finissi per essere infelice.”
Kendra restò a bocca aperta. Non sapeva se sentirsi oltraggiata o
commossa. “Che cosa significa che mi ha sempre tenuto d’occhio?”
“Niente di sinistro.” Cait le mise una mano sul braccio. “Ha chiesto
a Jane di informarlo se qualcosa va storto. E manda un messaggero
tutti i giorni per controllare.” Le rivolse un sorriso timido. “Ti vuole
molto bene, Kendra.”
Beh, questo spiegava perché tutti i giorni, puntuale come l’alba e il
tramonto, Jane le chiedesse se era felice lì ad Amberley. Kendra
sospirò. “Ti ha mandato qui come emissario di pace?”
“Aye,” ammise Caithren, arrossendo leggermente. “Più o meno.
Ma volevo comunque vederti. Ho delle novità, e nessuno con cui
dividerle.”
“Novità?” Kendra si sedette su una panchina di pietra scolpita.
“Che tipo di novità?”
Cait si sedette accanto a lei, intrecciando le dita sull’addome,
come a proteggerlo. “Aspetto un bambino.”
“Oh, è meraviglioso!” Kendra le afferrò le mani e le strinse forte.
“Come ti senti?”
“Bene.” Caithren rise felice. “Io e la gravidanza andiamo
d’accordo.”
“Jason deve essere entusiasta.”
“Lui non lo sa.”
“Lui—cosa?!” Kendra lasciò andare le mani di Cait. “Non gliel’hai
detto?”
“Nay, e non devi dirglielo nemmeno tu, finché non saremo andati e
tornati dalla Scozia. Non voglio perdermi la visita a casa e temo che
Jase non mi consentirebbe di viaggiare.”
“Hai ragione,” disse lentamente Kendra, fissando l’addome ancora
piatto di Caithren. “Ma non sarà furioso quando lo scoprirà?”
“Gli dirò che l’ho appena scoperto. Non sono mai stata incinta
prima, quindi come facevo a riconoscere i segni?” Rivolse a Kendra
un sorriso cospiratore. “Non glielo dirai, vero?”
“No, certo. Io con lui non parlo, ricordi?” Kendra le rivolse un
sorriso malizioso. “Quando avete intenzione di partire?”
“Domani. È l’altro motivo per cui volevo venire a trovarti. Per dirti
arrivederci a tra un po’.”
“Tra un mese, vero? Trick ha detto che sarebbe stato via un mese,
tra andare e venire e passare un po’ di tempo là.”
Cait annuì. “Sì, un mese.” Si guardò intorno nell’enorme,
silenziosa tenuta. “Forse ti piacerebbe andare a stare con Ford?
Oppure con Colin e Amy?”
“Con Ford non parlo, e nemmeno con Colin.” Il sorriso di Kendra si
spense. “Comunque ho parecchio da imparare qui. Per quando
tornerà Trick mi aspetto che questo posto funzioni come un orologio.
Non ha un buon amministratore da un po’, per non parlare del tocco
di una donna. Trick dice che l’ha costruito suo padre e, da quanto
posso capire, non c’è mai stata una padrona di casa qui.” Prese la
mano di Cait e si alzò. “Vieni, possiamo cenare presto insieme. Ho
insegnato qualche nuova ricetta alla signora Chauncey e puoi
aiutarmi a vedere come se la cava.”
I loro passi risuonavano sul ghiaietto mentre attraversavano il
giardino privato. Entrarono dalla porta posteriore della casa.
“Una lettera, Vostra Grazia.” Proprio come aveva fatto con Trick il
giorno prima, Compton le tese un vassoio d’argento. “È appena
arrivata per Sua Grazia, ma visto che è partito...”
“Grazie, Compton.” Kendra prese la lettera e la rigirò tra le mani.
C’era il nome di Trick scritto sul retro, ma non era la bella grafia di
sua madre né di qualcuno che conoscesse.
Beh, ovvio—non sapeva ancora assolutamente niente di suo
marito o dei suoi conoscenti. Rimproverandosi, si affrettò ad andare
nello studio con Caithren al seguito.
“Probabilmente non è niente,” disse Caithren mentre si sedevano.
“Aprila.”
“Non è indirizzata a me.”
“Hai detto tu stessa che Trick non sarà a casa per un mese.
Potrebbe essere importante.”
“Immagino che tu abbia ragione.” Sentendosi piuttosto a disagio,
Kendra passò un’unghia sotto il sigillo nero. “Che strano,” disse
sottovoce.
“Aye?”
“Comincia con ‘Caro Patrick Iain’ invece con il suo titolo.” Continuò
a leggere e poi si fermò, preoccupata.
“Che cosa dice?”
“Ascolta.” Kendra tirò un profondo respiro. “’Non so se ti ricordi di
me, visto che sono passati diciotto anni da quando ti ho visto l’ultima
volta. Ma come un caro vecchio amico di tua madre, mi sento
obbligato ad avvertirti di un possibile pericolo. Quando Elspeth’—”
Kendra fece una pausa. “È il nome della madre di Trick,” chiarì.
“Continua.”
“’Quando Elspeth ha scritto la lettera per chiamarti a casa, era in
perfetta salute. In due giorni da allora, ha cominciato a declinare
rapidamente e lo trovo inesplicabile e allarmante. Ti prego, fai
attenzione. Tuo, Hamish Munroe’.” Kendra alzò gli occhi “Che cosa
può voler dire? Perché ha scritto che stava per morire, se era in
perfetta salute?”
“Forse voleva riconciliarsi, ma non credeva che Trick sarebbe
andato a casa solo per quello.”
“Forse.” Ammise Kendra. Ma il cuore le batteva irregolarmente.
“Eppure questo Munroe chiaramente crede che ci sia qualcosa in
ballo. Trick potrebbe essere in pericolo.”
“Immagino che sia in grado di difendersi, visto che era un
brigante.”
Anche se era tentata di dire a Cait che Trick era ancora un
brigante—e dividere con lei le sue preoccupazioni—Kendra sapeva
che Trick non voleva che se ne discutesse. Sorpresa di sentirsi
legata a lui da una forma di lealtà, represse il bisogno di sfogarsi.
Penso che dovrei andare da lui,” disse.
“Scusa?”
“Penso che dovrei andare da Trick. Deve vedere questa lettera.”
“Non credo che Jason—”
“Al diavolo Jason! Ha perso il diritto di dirmi che cosa devo fare
quando mi ha fatto sposare Trick. Ora ho il dovere di avvertire mio
marito di un possibile pericolo.”
E avrebbe anche potuto dare a Trick quella seconda possibilità. In
effetti, bruciava dalla voglia, ora che sapeva che non avrebbe fatto
male.
Si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro. “Devo partire
immediatamente.” Stava mentalmente pensando alle alternative.
“Domani è abbastanza presto?” Le chiese Caithren.
“Probabilmente. Non mi sembrava molto di fretta, quindi se io mi
affretto—” Si voltò a guardare Caithren. “Che cosa avevi in mente?”
“Noi partiamo per la Scozia domani. Jason ed io. Forse tu potresti
venire con noi. Ma dovrai parlare con tuo fratello,” aggiunse con un
sorrisino. “Dovrai infrangere il tuo voto di silenzio.”
“Lo farò,” disse Kendra risoluta. “E la cena della signora Chauncey
dovrà aspettare.”
CAPITOLO VENTIQUATTRO

“COME HAI OSATO farmi sposare un Duca!”


Seduto alla scrivania nel suo studio a Cainewood, Jason mise le
mani giunte sopra il registro. “Ah, il ritorno della terribile Kendra. Hai
già lasciato tuo marito?”
“No, mi ha lasciato lui.”
Vedendolo restare a bocca aperta, Kendra si sentì parzialmente
soddisfatta. “Per andare in Scozia,” aggiunse. “Sua madre è malata
—morente—e gli ha chiesto di andare da lei. Eccetto che non stava
morendo quando ha spedito la lettera. Solo dopo. Ma Trick non lo
sa. Ho ricevuto un’altra lettera—”
“Ehi, rallenta.” Jason scosse la testa, poi si alzò e fece il giro della
scrivania per abbracciare sua sorella. “Come stai?”
“Sono stata meglio,” brontolò Kendra contro il suo petto. “E ti odio,
lo sai.”
“Sono sicuro di sì.” Jason si tirò indietro e le baciò la fronte. “Ora
siediti e parlami di queste lettere.”

“FORD?” CHIAMÒ KENDRA sottovoce.


Circondato da candele accese e dozzine di orologi ticchettanti, il
suo gemello alzò gli occhi dall’apparecchiatura che aveva in mano,
con lo sguardo che andava alla finestra da cui entrava la luce
dell’alba. “È già mattino?”
“Sì.” Kendra si avvicinò e allungò un dito per mettere in moto un
pendolo. “Stiamo partendo.”
Quando Ford si alzò, stiracchiandosi, un orologio batté le ore, poi
un altro e un altro ancora, una cacofonia di rintocchi discordanti.
Ridendo, Kendra abbracciò il fratello. “Mi mancherete, tu e i tuoi
esperimenti,” disse guardando gli alambicchi e i magneti, le sostanze
chimiche e i microscopi e il lungo, impressionante telescopio che lei
e Colin gli avevano regalato per il compleanno due anni prima.
“Trasformerò il metallo vile in oro,” le disse, stringendola in un
abbraccio. “E poi restaurerò Lakefield House, riportandola al suo
splendore originario.”
“E senza dubbio la riempirai di macchinari,”
“Ovvio.” Si staccò, sorridendo. “Vieni, ti accompagno dabbasso.”
All’esterno, il sole mattutino risplendeva basso sulle antiche pietre
di Cainewood, bagnando la corte interna di luce dorata. Kendra
diede un bacio sulla guancia al suo gemello e montò in sella a
Pandora.
“Mi mancherai anche tu,” disse Ford. “Sei sicura che non
preferiresti restare qui con me? Jason può portare lui la lettera a tuo
marito—”
“Ne abbiamo già parlato. Andrò io.”
Ford guardò Jason, in groppa al suo cavallo preferito, color
argento. “Impossibile, vero?” Chiese al fratello maggiore.
“Scommetto che sei ancora più contento ora che c’è qualcun altro
responsabile per lei.”
“Non ancora, a quanto sembra.” La traccia di divertimento negli
occhi di Jason compensava il tono sarcastico. “Ma nell’attimo in cui
raggiungeremo Duncraven, sarò felice di consegnargliela.”
In sella alla sua giumenta dal manto lucente, marrone rossiccio,
Caithren scosse la testa. “Zitti, tutti e due. Sapete bene che non lo
pensate veramente.” Poi si rivolse a Kendra. “Ti vogliono bene, tutti
e due.”
“Lo so,” rispose Kendra, sbuffando e sorridendo
contemporaneamente. Anche se non li aveva ancora completamente
perdonati, sapeva che i suoi fratelli ci sarebbero sempre stati. La sua
famiglia. Era quello che importava.
Ne avrebbe mai creata una con Trick?
Beh, certamente no se non si muovevano. Giocherellando con le
pietre del suo braccialetto d’ambra, guardò le tre carrozze—una per
loro, nel caso si fossero stancati di cavalcare, una per i loro servitori,
e una per i bagagli—sicura che quel viaggio sarebbe stato lento da
morire. Con suo marito che cavalcava davanti a loro, beatamente
ignaro del pericolo che poteva nascondersi nella sua casa natale.
“Allora, non partiamo?” Alzò le redini di Pandora, con un tono di
impazienza nella voce che faticava a controllare. “Trick ha due giorni
di vantaggio su di noi—andiamo.”
CAPITOLO VENTICINQUE

STAVA CADENDO LA notte e Trick stava raccogliendo le ultime


cucchiaiate di zuppa quando sua moglie entrò come una folata di
vento nella taverna World’s End.
Fuori c’era aria di tempesta e la stanza era buia, e per un attimo
Trick si chiese se non stesse immaginandolo. Per Dio, nelle ultime
due settimane aveva pensato a ben poco d’altro. Kendra aveva
invaso i suoi pensieri, sia da sveglio sia in sogno.
Ma non era frutto della sua immaginazione. Era veramente lì. Lo
capì perché se avesse evocato la sua adorabile ed esasperante
mogliettina, certamente non avrebbe evocato anche Jason e sua
moglie insieme a lei.
Si alzò, facendo quasi cadere il tavolino quadrato. “Che cosa
diavolo ci fai a Edimburgo?”
Al suono della sua voce, Kendra si voltò. Poi restò lì, con il
mantello in mano e la bocca aperta.
“Ti cercavamo,” rispose Jason al posto della sua insolitamente
silenziosa sorella, avvicinandosi per stringere la mano a Trick. Si
tolse il cappello a tesa larga che gocciolava. “Ma non speravamo
proprio di prenderti. Avevamo in programma di accompagnarla a
Duncraven domani mattina.”
Sbigottito, Trick si lasciò cadere sulla panca di legno. “Quando
siete partiti?”
“Due giorni dopo di te. Avevamo già in programma di visitare
Leslie e Kendra ci ha convinto a portarla con noi. Vedo che abbiamo
fatto più in fretta di te. Il tuo viaggio non è stato piacevole?”
“No, è andato bene.” Semplicemente, non aveva avuto fretta. Più
si avvicinava a Duncraven, meno aveva voglia di rivedere sua
madre. Parte di lui non voleva sperare in una riconciliazione—
temeva di restare deluso un’altra volta. Un’altra parte sperava
troppo.
“Trovarti qui è stato un colpo di fortuna,” aggiunse Jason.
Appendendo il mantello bagnato a un gancio accanto a quello di
Kendra, Caithren lanciò uno sguardo civettuolo a suo marito da
sopra la spalla. “Questo significa che avremo una stanza tutta per
noi nella locanda, stanotte?”
Gli occhi verdi di Jason brillarono guardandola. “Proprio come ai
vecchi tempi, tesoro,” le disse, riferendosi al loro pazzesco
corteggiamento, che si era svolto più che altro per strada.
Sua moglie si alzò sulla punta dei piedi per dargli un bacio sulle
labbra.
“Delizioso,” dichiarò Jason, tirandosi indietro con un sorriso. “E a
proposito di delizioso, vado a cercare qualcosa da mangiare.”
Prese la mano di Cait e la tirò verso il locale di mescita.
Kendra scivolò sulla panca accanto a Trick.
“Da quanto sono sposati?” Le chiese Trick, avvicinandosi a lei.
Kendra sorrise. “Quasi un anno,”
“Sposi novelli,” mormorò Trick.
“Anche noi siamo sposi novelli,” gli rammentò Kendra. Già come
se lui potesse dimenticarlo. Trick si avvicinò ancora un po’.
Incredibilmente, Kendra si appoggiò a lui.
Questa non era la Kendra che ricordava—quella che si era
sempre ritirata davanti alle sue avance. Per convincersi che era
veramente lì, Trick passò una mano tra i suoi capelli bagnati.
Sembrava reale. “È così che mi piacciono.”
Kendra tolse qualcosa dalla tasca e alzò gli occhi. “Cosa?”
“I tuoi capelli, selvaggi e sciolti sulla schiena. E bagnati non sono
male. Mi piacerebbe vederti tutta bagnata.”
Kendra arrossì, poi gli prese la mano e appoggiò la lettera. “Sono
venuta fin qua per portarti questa. Leggila.”
“Che cosa può esserci di così importante?” Spingendo da parte la
ciotola della zuppa, allargò il foglio sul tavolo e avvicinò una candela.
La lettera era stropicciata e l’inchiostro un po’ sbavato, ma era
ancora leggibile.
“Caro Patrick Iain,” disse sottovoce, poi lesse in fretta e fischiò.
“È un bene che te l’abbia portata, no?”
Trick annuì, pensieroso. “Potrebbe non voler dire niente. Mia
madre potrebbe avergli chiesto di scrivere nel caso in cui avessi
deciso di non venire. Un ultimo tentativo, se vuoi. Ma è difficile
capirlo. Mi chiedo a che cosa sto andando incontro.”
“A che cosa stiamo andando incontro.”
Ma era felice di averla lì quella notte. Chiedendosi che cosa fosse
successo per farle cambiare atteggiamento, intrecciò cautamente le
dita con le sue e sorrise quando Kendra non tirò via la mano.
C’era un mormorio di conversazioni intorno a loro, insieme ai
suoni di posate e bicchieri. “Ricordi questo Sig. Munroe?” Gli chiese
Kendra.
“Aye. Era un tipo allegro, che era sempre lì intorno, sembrava. Un
vecchio amico di mia madre—erano cresciuti insieme.” Trick afferrò il
boccale con l’altra mano e, sotto il tavolo, avvicinò il piede a quello di
Kendra. “Da quanto ricordo di aver visto con gli occhi di un bambino,
non mi sorprenderebbe sapere che era innamorato di lei.”
“Questo non preoccupava tuo padre?”
“Non era mai a casa. In ogni modo, sono sicuro che non sia
successo niente. Certo, mio padre accusava mia madre di un
mucchio di cose...”
Riflettendo, Trick bevve un lungo sorso. Non gli piaceva pensare a
sua madre come a un’adultera, nonostante ciò che aveva detto suo
padre.
Qualcosa sfiorò il suo stivale e anche se Edimburgo brulicava di
topi, avrebbe scommesso che non si trattava di quello. Era,
incredibilmente, la scarpa di sua moglie. Guardandola, mandò giù
ancora un po’ di birra.
Sul volto di Kendra aleggiava un sorriso. “Ora che tuo padre è
morto, che cos’è successo della casa di tua madre?”
La domanda lo riscosse. “Già, appartiene a me, ora,” disse,
rendendosene conto sorpreso. Per quasi tutta la sua vita di adulto
aveva lottato con tutte le sue forze per bandire dalla mente ogni
pensiero di casa. “Il castello era la dote di mia madre, quindi
apparteneva a mio padre, il che significa che ora è mio. Ma non ho
certo intenzione di sfrattarla. Potrà anche essere stata una madre
orribile, ma non la getterò per strada.”
Svuotò il boccale, chiedendosi se essere irritato o felice che sua
moglie si fosse materializzata in Scozia. Provò a togliere la mano da
quella di Kendra, sentendo montare l’eccitazione quando lei la tenne
stretta.
Ne era felice, decise. Era facile cambiare idea, dopo una lunga
astinenza.
Per non parlare poi del cambiamento che gli sembrava di vedere
in Kendra. Sibillino, a dir poco. Ma sarebbe stato un folle se non ne
avesse approfittato. “Hai fame?”
Kendra scosse la testa. “Sono solo stanca.” Guardò per un attimo
Jason e Cait, seduti a un altro tavolo, con le teste chine vicine, che
parlavano mentre Jason si ingozzava di pasticcio di carne. “Abbiamo
mangiato solo un paio d’ore fa.” Sbadigliò, guardandolo negli occhi.
“Siamo troppo lontani da Duncraven per andarci stasera al buio,
presumo?”
“Aye, ci vuole una buona giornata a cavallo.”
“Allora resteremo qui?” Gli chiese, con un sottinteso di sensuale
curiosità.
Oh, Gesù, voleva andare a letto con lui. Lo sentiva nella voce
mielata, nello sguardo verde che si scuriva.
Era troppo bello per essere vero.
“Ho già preso una stanza,” le disse, meravigliato per la sua
fortuna. Si alzò, quasi inciampando nei suoi piedi. “Saliamo?”
CAPITOLO VENTISEI

TRICK SI FERMÒ SOLO per prendere una pila di asciugamani


prima di affrettarsi ad accompagnare Kendra nella stanza che aveva
affittato. Una volta dentro, li lasciò cadere sul lucido pavimento di
legno, si fermò un attimo per appoggiare la candela che aveva in
mano, e la strinse tra le braccia.
La sua bocca era calda e insistente e Kendra rispose con
altrettanto ardore. Non riusciva a credere quanto le fosse mancato.
Quanto le fosse mancato questo.
La lingua di Trick le accarezzò l’interno della bocca, scontrandosi
con la sua, insistente e sensuale. Cercando la sua solidità, Kendra si
appoggiò a lui, godendosi il bacio, le braccia intorno a lei, la
sensazione dei suoi muscoli duri contro il suo corpo morbido.
Si staccarono molto dopo, e Kendra si tirò indietro tra le sue
braccia, alzando gli occhi per guardare quelli d’ambra di Trick.
Come aveva fatto a tenerlo lontano per tanto tempo? Solo il suo
odore le faceva girare la testa.
Ondeggiò tra le sue braccia.
“Sei troppo stanca?”
Era esausta, ma, “Dio, no!”
Il sorriso di Trick era abbagliante. “Ti sono mancato, aye?” Il cuore
di Kendra fece le capriole al suono della voce bassa, roca e quando
annuì, Trick la baciò di nuovo, con la bocca ancora più esigente, se
possibile.
Kendra aveva il fiato corto quando Trick fece un passo indietro.
“Sei fradicia,” le disse. Lo sguardo di Kendra andò ai vestiti di lui,
oramai bagnati e si toccò la sottana appesantita dall’acqua. “Mi
dispiace.”
“Te l’ho detto, mi piaci bagnata.” Lento e sensuale, il suo sorrise
sembrò toccare qualcosa dentro di lei. Un posto caldo, liquido.
“Vieni, leannan, vediamo di toglierti quei vestiti bagnati.”
Kendra riuscì solo ad annuire mentre lui sganciava la pettorina,
con dita esperte e le slacciava il corpetto, tirandolo poi giù in vita. Il
palmo delle mani di Trick si appoggiò a coppa sul seno.
Inturgidendosi in risposta, i suoi capezzoli spingevano contro il sottile
tessuto della sottoveste.
Trick tirò il fiato, sibilando, “È tanto che desidero toccarti così,” le
disse roco. Kendra mugolò, anche lei aveva desiderato che la
toccasse così. Non lo faceva dalla loro prima notte di nozze e, buon
Dio, come aveva bramato di sentire le sue mani toccarla.
Se solo gli avesse creduto quando le aveva detto che non
avrebbe fatto male. Si leccò le labbra e gli occhi di Trick si scurirono.
Abbassò la testa, prendendo in bocca uno dei boccioli, succhiandolo
attraverso la sottoveste. A Kendra si fermò il respiro in gola, e infilò
le mani tra i capelli di Trick, cercando di avvicinarlo.
“Trick.” Il suo nome rimase sospeso nell’aria, non una protesta,
questa volta, ma una carezza. Trick alzò la testa, valutandola e
sembrò apprezzare quello che vedeva. Un momento dopo, si lasciò
cadere sulle ginocchia e una mano trovò la strada sotto le sottane
bagnate. Continuò a salire e prima che Kendra capisse che cosa
stava succedendo, aveva infilato un dito in un posto che era ancora
più bagnato.
Buon Dio. Le ginocchia erano solide quanto una gelatina di frutta.
Adagio, sensualmente, il dito andava avanti e indietro mentre Trick la
fissava negli occhi. Era stupefacente e probabilmente scandaloso,
ma Kendra non riusciva a concentrarsi su niente, perché le stava
succedendo qualcosa. Cominciò a fremere e a tremare.
Proprio quando capì che sarebbe crollata sul pavimento, Trick si
scostò e si alzò in piedi. “Vediamo di asciugarti.”
Kendra rilasciò di botto il fiato. Annuì, senza parlare, l’unica
risposta che riuscì a dare—ma sembrò sufficiente.
In un attimo fu nuda, con i capelli avvolti in un asciugamano,
mentre Trick la strofinava vigorosamente con un altro. Le ruvide
carezze le fecero pompare il sangue come un’alluvione di primavera.
Quando finì, la pelle era asciutta e calda e sensibile più di quanto
ricordasse. Sentiva il piacere diffondersi per tutto il corpo al minimo
tocco.
Trick le alzò la mano molle e passò le dita sulle pietre d’ambra che
le circondavano il polso. “Lo stai portando,” mormorò.
“Io—era intonato al mio vestito.”
Trick diede un’occhiata all’abito sul pavimento. “Aye, viola e ambra
—stanno così bene assieme.”
Kendra arrossì, ma Trick scoppiò a ridere, una risata calorosa che
sentì sotto la pelle.
Trick cominciò a togliersi i vestiti, ordinandole con gli occhi di
guardarlo. Kendra indietreggiò e si sedette sulla sponda del letto,
togliendo l’asciugamano dai capelli e strofinandoli per asciugarli.
Spalancò gli occhi vedendolo, alto, snello e slanciato, con lunghi
muscoli duri.
Quando i calzoni si abbassarono, gli occhi di Kendra li seguirono.
Era ancora grosso come prima. Avrebbe giurato che era più grosso.
Le mancò il fiato e il panico la prese di sorpresa.
E se Cait si fosse sbagliata? E se funzionava per la maggior parte
delle persone, ma nel suo caso... e se veramente non ci fosse stato?
Ricordò il dolore e le palpebre si chiusero lentamente.
“Kendra?”
Trick sembrava tanto preoccupato. Cercando di sorridere, Kendra
aprì gli occhi. Ma suo malgrado non riuscì a nascondere che cosa
stava guardando ansiosa.
Trick abbassò gli occhi, seguendone lo sguardo. “Te lo prometto,
non farà male.”
“Lo so, me l’ha detto Caithren.”
Trick sollevò di colpo la testa, fissandola negli occhi. “Quando?”
“Dopo la tua partenza.” Kendra si morse il labbro.
“Ma tu non le hai creduto, però, vero?”
“Sì.” Kendra annuì disperatamente. “Sì, le ho creduto. E sono
venuta qua desiderando...”
“Ma poi...” la invitò a continuare, aspettando speranzoso.
Quando Kendra non parlò, Trick sospirò. “Sapevo che era troppo
bello per essere vero.” Chiuse un attimo gli occhi, poi li aprì,
guardandola fissa. “Ascolta,” disse, allungando le mani per tirarla in
piedi accanto a lui. “La notte prima che partissi, desideravi che ti
toccassi, aye?”
Come un’idiota, Kendra restava lì con le braccia penzoloni lungo i
fianchi. “Sì, ma—”
“Io volevo di più. Lo sai. Non ho pensato ad altro dal momento in
cui sono partito.”
Kendra aveva le guance in fiamme—e anche altre parti del corpo.
Anche lei aveva pensato a lui, e a come poteva farla sentire. Voleva
provare di nuovo quella sensazione. La sua paura era irrazionale e
doveva superarla.
Ma era più facile dirlo che farlo.
“Trick—”
“Guardami.”
Quando Kendra alzò gli occhi, Trick le mise le braccia intorno alla
vita. “Ti ho detto che non ti prenderò contro la tua volontà e lo dicevo
seriamente. Ma adesso basta scherzare.”
Il cuore di Kendra mancò un battito e poi cominciò a battere forte.
“Trick—”
“Nay, ora ascoltami tu.” Gettò indietro la testa, togliendosi i capelli
dagli occhi, e le braccia si strinsero intorno alla sua vita, facendola
inarcare e avvicinandole i fianchi.
Kendra riusciva a sentire quanto lui la desiderasse.
“Non voglio più attendere che mi preghi,” disse sottovoce. “Ti
voglio ancora, ma posso aspettare finché sarai pronta. Nel
frattempo, ci sono altri modi in cui possiamo darci piacere a vicenda,
senza che io debba entrare nel tuo corpo.”
Kendra trasalì alle sue parole franche, all’immagine mentale. Ma il
sollievo fu enorme. E l’idea che le stava proponendo era intrigante.
“Che modi?”
“Te lo mostrerò, dolcezza.” Gli occhi si scurirono. “Così.”
Il polso di Kendra si mise a correre quando Trick spostò le mani
verso le sue spalle e poi la spinse indietro finché cadde sul letto. Lui
si sdraiò sopra di lei, appoggiandosi ai gomiti. Contro la sua
morbidezza, il corpo di Trick sembrava caldo e duro e le sue labbra
scesero coprire la sua bocca.
Trick la baciò fino a lasciarla senza fiato. Stordita. Il mondo
sembrò spostarsi quando Trick rotolò su un fianco e cominciò a
passarle la punta delle dita sulla pelle bollente.
“Così, leannan,” mormorò con voce roca. “Possiamo darci piacere
a vicenda così.” E la bocca seguì le dita, sul seno e lungo le braccia
e sul torace in una danza calda e umida.
Kendra sentì dei gemiti, ed erano i suoi. Gli mise le mani sulle
spalle, passandogli le dita sulla pelle con un movimento che imitava
il suo, cercando di tirarlo in alto per poterlo toccare dappertutto.
Trick alzò la testa, con il fiato caldo contro la sua pancia. “No,
ragazza. Stasera ti limiterai a provare piacere. Resta sdraiata e senti
che cosa posso fare per te.” Mentre parlava, le mani le
accarezzavano i fianchi. “Poi, domani,” disse, “domani imparerai che
cosa puoi fare per me.” Passò i pollici sui suoi capezzoli e una fitta di
eccitazione la percorse da capo a piedi. “Può essere bello per
entrambi.”
Ricca come il velluto, la sua voce era una promessa sensuale, un
invito inebriante che la scuoteva. E mentre stava ancora reagendo
alla promessa, Trick le sollevò le ginocchia e si spostò in mezzo.
Baciò e leccò e mordicchiò la pelle tenera all’interno delle cosce e
Kendra strinse i pugni, afferrando le lenzuola con le mani. Le sfuggì
un gridolino quando la lingua passò leggera sulla giuntura delle
gambe, poi si tuffò in quel posto che era caldo e fremeva. Esalò uno
stupefatto sospiro di piacere.
Le stava succedendo qualcosa—qualcosa di confuso e
meraviglioso. Mentre la lingua di Trick continuava il suo assalto
ritmico e sensuale, ogni nervo del suo corpo si accese di sensazioni
impetuose che scorrevano dentro di lei finché pensò che avrebbe
urlato se non succedeva qualcosa—
Esplose, tremando per un’ondata dopo l’altra di un piacere così
intenso che era quasi impossibile da sopportare.
Le sembrò passasse un’eternità prima di riuscire a connettere,
prima che Trick scivolasse in alto e le desse un ultimo tenero bacio
sulle labbra.
“Domani...” sussurrò Kendra.
“Domani è un altro giorno,” disse Trick. “E insieme possiamo
renderlo meraviglioso.”
“Meraviglioso,” mormorò Kendra, intendendo la meraviglia di
quanto era appena successo.
“Lo so.” Un sorriso di puro orgoglio virile gli curvò le labbra. “Ora
dormi, leannan.”
Kendra inspirò forte il suo odore particolare e un altro odore,
sconosciuto, la fragranza seducente della passione consumata.
Annusò di nuovo, sorridendo tra sé, desiderando solo restare sveglia
e ripensare a ogni momento, rivivere quelle nuove incredibili
sensazioni.
Ma la stanchezza la sopraffece e, stretta tra le braccia di Trick,
scivolò nel sonno.

ERA BUIO PESTO quando Kendra si svegliò, durante la notte,


con la candela che si era spenta già da tanto. Nel sonno, Trick la
stava abbracciando, con le braccia strette intorno a lei. Quando
cercò di liberarsi, la strinse più forte, tenendola contro il suo petto
caldo.
Kendra si sentiva soffocare, in trappola.
Ma non riusciva a liberarsi. Era troppo stanca... avrebbe tentato di
nuovo più tardi, dopo aver dormito ancora un po’...
Quando riaprì gli occhi, sentendosi inesplicabilmente sola, il sole
stava appena sorgendo. Stringendo gli occhi nella scarsa luce grigia,
guardò dall’altra parte del letto, dove Trick, sdraiato sulla schiena,
russava piano con le mani rilassate lungo i fianchi.
Kendra si spostò vicino a lui, gettandogli un braccio attraverso il
petto, ma lui continuò a russare, ancora immobile. Una fitta di
dispiacere, piccola ma profonda, la colse di sorpresa. Reprimendola,
si voltò sulla schiena fissando il soffitto a travi sopra di lei, rivedendo
mentalmente la notte appena trascorsa.
Meravigliosa, piena di incanto. Ma mancava qualcosa.
Tutto quello che Trick aveva fatto era incredibilmente piacevole ed
era sicura di poter ricambiare. Ma lo voleva più vicino. Cait aveva
detto che non avrebbe fatto male. Forse... forse se avesse permesso
a Trick di entrare nel suo corpo, lui le avrebbe permesso di entrare
nel suo cuore. Forse sarebbe riuscita a cominciare a intaccare quel
muro emotivo che si era costruito intorno.
E oltre quelle ragioni logiche, la nuda verità era che lo desiderava.
Lo bramava. I loro corpi uniti, i cuori uniti.
“Trick?” Chiamò piano.
Nessuna reazione.
Gli diede un colpetto sulla spalla. “Trick?”
“Mmm? Senza aprire gli occhi, Trick si voltò e le gettò un braccio
sopra la vita.
Kendra si rannicchiò contenta contro il suo calore. “Domani,”
disse, cercando di tenere la voce ferma, “domani notte, voglio venire
a letto con te.”
“Siamo a letto adesso,” mormorò lui.
“No, voglio... voglio...”
Trick aprì lentamente gli occhi fissando i suoi, così vicini. “Stai
pregando, leannan?” Sussurrò, con una traccia di speranza nel tono
della voce.
“Sto pregando,” gli rispose semplicemente Kendra.
Trick si sollevò per rivolgerle un sorriso assonnato e Kendra lo
baciò, facendo scorrere la lingua sul dente scheggiato. Quando si
lasciò ricadere sul cuscino, le braccia di Trick si strinsero intorno a
lei, tenendola stretta contro il suo corpo.
E Kendra scivolò nuovamente nel sonno, e non si sentì più
soffocare.
CAPITOLO VENTISETTE

“ECCO IL CASTELLO,” disse Trick dopo una lunga giornata


passata per strada. “In distanza, in cima alla collina, proprio come
ricordavo.”
Kendra socchiuse gli occhi nella mezza luce del tramonto.
“Sembra... minaccioso.” Alla fine di un sentiero stretto e tortuoso,
due torri gemelle si innalzavano dalla collina, proiettandosi grigie e
brutte nel cielo di piombo. “Quant’è vecchio? Non c’è un maniero
attaccato?”
“Tredicesimo secolo. Sono solo i due torrioni collegati l’uno
all’altro. Sono grandi però, la distanza inganna.”
“Deve essere gelido.”
“Ci sono i camini.”
“Non parlo della temperatura. Non sembra un posto amichevole.”
“Non lo è,” rispose concisamente Trick.
Mentre le due carrozze e un carro bagagli avanzavano lentamente
dietro, accuditi dai servitori, Trick e Kendra guidarono in silenzio i
loro cavalli oltre un’austera chiesa di pietra grigia ai margini di un
piccolo villaggio. Le case semplici sembravano inspiegabilmente
vuote. Anche se aveva smesso di piovere, i bambini non erano usciti
a giocare, non c’erano donne al lavatoio, nessun uomo al lavoro.
Il clip-clop degli zoccoli dei loro cavalli risuonava forte nello strano
silenzio.
“Dove sono tutti?” Chiese Kendra.
“È quello che mi sto chiedendo.” Guardò in cime alla colline. “Non
senti ridere?”
“Forse, in lontananza.”
“Su al castello.” Mentre si avvicinavano, sentirono meglio. “Deve
esserci un intrattenimento che coinvolge tutto il villaggio. Strano...
non ricordo niente del genere quando vivevo qui. Mia madre non mi
sembra il tipo.”
“La gente cambia in diciotto anni.”
“Già, immagino.” Perso nei suoi ricordi, Trick restò in silenzio
mentre arrivavano alla collina e cominciavano a salire. Le risate
divennero più forti. Quando arrivarono al pianoro, videro che c’erano
gare di atletica sul prato che fiancheggiava i torrioni. Cinque
giovanotti erano allineati per una corsa a piedi mentre altri due
facevano dei salti da fermo con le ragazze li prendevano in giro per
gli scarsi risultati.
“Vuoi mettere alla prova la tua abilità?” Chiese Kendra, mentre
smontavano.
“Forse più tardi.” Trick le rivolse un sorriso un po’ incerto,
consegnando le redini a un uomo della scorta di Amberley.
Ricevettero qualche occhiata curiosa, ma nessuno si mosse per
salutarli. Ignorandoli, Trick ordinò al suo personale di trovare le
scuderie e sistemare i cavalli, poi prese Kendra per il gomito e si
diresse all’interno. Antichi gradini di pietra, usurati dal tempo,
conducevano a un pianerottolo e a una piccola porta ad arco aperta,
che lasciava uscire altre risate nell’aria fredda della prima sera.
Oltre la porta, uno stretto tunnel attraversava le mura spesse sei
metri. Dall’altra parte del passaggio entrarono nel primo torrione.
Era buio e freddo, esattamente come lo ricordava. Candelieri di
ferro sostenevano candele gocciolanti che faticavano a illuminare la
sala grande, una stanza a volta di antica pietra grigia.
Rimase immobile mentre i ricordi lo inondavano: le lezioni con il
suo tutore alla vecchia scrivania di quercia; i pasti con sua madre al
lungo tavolo a cavalletto, giocare ai suoi piedi mentre lei ricamava
seduta a un’estremità dove le fiamme ruggivano in un immenso
focolare coperto, i suoi soldatini allineati sul pavimento di legno
graffiato. I soldati dei Cavalieri avevano sempre vinto, ovviamente,
dato che suo padre era lontano a combattere al loro fianco.
La stanza era piena di gente. Due bambini si rincorrevano
girandogli intorno, ma Trick lo notò appena, anche quando uno di
loro gli finì contro. “La ricordavo più grande,” mormorò a Kendra. “È
più piccola della sala grande di Cainewood.”
“È piuttosto grande.”
“Ricordo che da bambino pensavo che fosse così grande e alta
che un uomo a cavallo avrebbe potuto girare con una lancia con
tutta facilità.”
“Avrebbe dovuto passare dalla porta, prima,” disse Kendra con un
sorrisetto.
In effetti l’entrata da cui erano passati chinandosi era più bassa di
tutta la sua testa o più, esattamente per impedire di entrare a
razziatori a cavallo. Anche a piedi, un uomo adulto non avrebbe
potuto entrare senza chinarsi, rendendogli così difficile attaccare.
Ricordava di aver chiesto di quella porta bassa da bambino, più
volte, come fanno i bambini.
Le labbra di Kendra si muovevano, ma Trick chinò la testa di lato,
non riuscendo a sentirla in tutto quel fracasso. “Mi sembri pallido,”
ripeté Kendra a voce alta.
“Ricordi.” Alzò le spalle, guardandosi intorno. “Credo che lì ci sia
un quadro della Regina Maria di Scozia,” disse, indicando un
rettangolo drappeggiato di tessuto nero.
“Perché è coperto?”
“Per impedire allo spirito di andare nella direzione sbagliata”
Trick trasalì, chiedendosi chi avesse risposto.
Sentì Kendra che diceva: “Mi sembrate stranamente familiare,” e
si voltò a guardare l’uomo cui si stava rivolgendo.
Riuscì solo a fissarlo, muto. Passò un minuto mentre la gente
intorno a loro incoraggiava il loro favorito tra due uomini che
giocavano a ‘salta il bastone’.
“Sono Niall,” disse il giovanotto biondo, presentandosi, con la
perplessità che oscurava i suoi occhi dorati. “E vi ringrazio di essere
venuti alla veglia funebre di mia madre.” Fece una pausa,
aspettando che qualcuno parlasse e poi aggiunse, “Chiunque voi
siate.”
“Patrick Caldwell, Duca di Amberley,” rispose Trick “e mia moglie,
la Duchessa. E sto cercando mia madre.
“Santo cielo.” Niall impallidì visibilmente. “Avrei dovuto indovinarlo.
Mi ha sempre detto che sembravamo gemelli.” E si lanciò verso
Trick, abbracciandolo e singhiozzando. “Sei venuto,” mormorò. “Sei
un po’ in ritardo, ma sei venuto, dopo tutto. Glielo avevo detto.”
Disorientato, Trick lasciò che il giovanotto lo abbracciasse,
bagnandogli la giacca di lacrime sincere. Esitante, mise le mani sulla
schiena del ragazzo e gli diede un paio di colpetti imbarazzati. Con
la mente che cercava di capire, guardò Kendra, inviandole una
silenziosa richiesta di aiuto.
Kendra batté sulla spalla di Niall. “Voi chi siete?” Gli chiese.
Il giovanotto si bloccò e si tirò indietro, con una ruga sulla fronte
sopra gli occhi rossi di lacrime. Si voltò a guardare Kendra e sbatté
le palpebre, passandosi una mano sotto il naso. “Sono il fratello di
vostro marito,” disse lentamente.
Sentendosi la testa vuota, Trick si districò cautamente. “Io non ho
fratelli.”
“Oh, sì, invece.” Lo sguardo di Niall andò al centro della stanza. “E
tua madre è in quella bara.”
CAPITOLO VENTOTTO

RIMASTO SENZA FIATO, Trick seguì rigidamente Niall verso la


bara aperta. Voleva protestare—nella sua mente stava gridando che
questo non poteva essere suo fratello, non ci poteva essere sua
madre in quella cassa—ma le parole non arrivavano. Era senza
parole. Avvicinandosi, guardò dentro.
Era lei.
Era più vecchia di quanto ricordasse, anche se sembrava che il
vestito fosse adatto a una donna più giovane. Il suo deid-claes,
ricordò—il primo dovere di ogni sposa scozzese era di cucire i vestiti
per il funerale suo e del marito. Ovviamente sua madre aveva
seguito quella tradizione. Sotto l’abito, le gambe erano infilate nelle
tradizionali calze di lana bianca e ai piedi aveva scarpe robuste,
simbolo del sentiero pieno di spine che stava per imboccare.
Era venuto fin lì per fare pace con sua madre, ma non sarebbe
mai successo. Sua madre era morta.
Sembrava impossibile.
Il suo aspetto sereno contrastava con la sua agitazione. Perché gli
aveva scritto? Che cosa si sarebbero detti se fosse arrivato in
tempo? Domande che gli passavano per la mente, e desiderò
fortemente che sua madre aprisse gli occhi e gli rispondesse.
Ma c’erano due monete sulle sue palpebre per tenerle chiuse—si
temeva che se qualcuno avesse guardato un cadavere negli occhi,
questi lo avrebbe portato via con sé. E lui sapeva che, monete o no,
lei non gli avrebbe comunque risposto.
Sua madre era morta e lui sembrava inchiodato al pavimento.
“Toccala,” lo invitò Niall, facendolo anche lui, con le dita tenere
sulla guancia di sua madre. “Dicono che manderà via i fantasmi dalla
tua mente.”
Trick allungò la mano, poi la tirò indietro. “Non ci riesco.”
Era passato troppo tempo da quando l’aveva toccata da viva.
Diciotto anni di solitudine, diciotto anni di risentimento. Questo
viaggio era stato quasi un pellegrinaggio, la sua occasione per
sanare vecchie ferite, riconciliarsi con il passato per poter
ricominciare da capo con la sua sposa.
Ma dentro di lui, le ferite sembravano essersi riaperte.
Sua madre l’aveva sempre deluso e questa volta non era diverso.
Si voltò e fissò gli occhi dorati di suo fratello. I suoi stessi occhi,
pareva. I capelli di Niall erano più lunghi, gli arrivavano alle spalle,
ma erano diritti e dello stesso biondo luminoso di quelli di Trick, e
anche se Niall era parecchio più giovane—diciassette anni, calcolò
Trick—erano alti uguali.
Suo fratello. Non aveva mai avuto fratelli. Un’emozione nuova gli
riempì il cuore e Trick abbracciò Niall, e Niall restituì l’abbraccio,
forte. Poi si separarono e si studiarono a vicenda.
“Ho un fratello,” disse Trick, e un timido sorriso apparve sul volto
devastato dal dolore di Niall, in risposta a quello più ampio di Trick.
“Chi è tuo padre?” Chiese Trick.
“Hamish Munroe. Sua moglie è morta poco dopo che sei partito e
lui e la mamma... beh, sono sempre stati...” Il giovane tirò il fiato,
incerto. “Ti porto da lui.”

NIALL INDICÒ A TRICK e Kendra di seguirlo verso una torretta


attaccata a un angolo della sala grande.
Salirono in fila una stretta scala circolare di pietra, illuminata da
vecchie e pericolose torce installate a intervalli regolari. Le pietre
sembravano antiche e quando Kendra appoggiò la mano al muro per
tenersi in equilibrio, quasi si aspettava di sentirle sbriciolarsi sotto le
dita. Ma quando la staccò, la mano era solo sporca.
Se la pulì nella sottana. “Non riesco a credere che ci sia gente che
sta giocando là sotto.”
“È la tradizione scozzese,” le disse Trick.
“La gente era triste all’inizio della settimana,” spiegò Niall. “Ma la
mamma è morta da sei giorni oramai. Tutti hanno versato fino
all’ultima lacrima e hanno raccontato tutto quello che ricordavano di
lei. La festa, i giochi, gli indovinelli—sono tutti in suo onore. La veglia
è una celebrazione della sua vita.”
Lo seguirono in uno spazioso salotto che sembrava senza mobili.
Anche se le finestre erano piccole e incastonate nelle mura
incredibilmente spesse, lì la pietra era intonacata e rifletteva la luce
delle candele, rendendo la stanza molto più luminosa di quelle al
pianterreno. Su una parete era appeso un grande arazzo, che
sembrava aver bisogno di una bella pulita e, dall’altra parte, quattro
sbiadite sedie rosse erano sistemate davanti al camino.
“E comunque,” continuò Niall, “Questa veglia non è niente al
confronto di quella di Calum MacKinnon, l’anno scorso. Hanno
messo il defunto seduto, gli hanno messo una pipa in bocca e hanno
fatto a turno a gettargli addosso rape bollite cercando di fargliela
cadere dalle labbra. Non credo che la mamma avrebbe approvato.”
“Penso proprio di no!” esclamò Kendra.
“Papà è qui,” Niall spinse una porta. “Venite.”
La stanza era abbastanza grande per essere una stanza da letto,
con solidi mobili di quercia lungo le pareti e un grande letto a
baldacchino in centro. Un uomo alto, emaciato, era sdraiato sotto le
coperte e russava leggermente. Una coppia di mezza età era seduta
accanto al letto. Fecero per alzarsi, ma Niall fece loro segno di
restare seduti.
“Papà.” Scosse la spalla dell’uomo. “C’è qualcuno che è venuto a
trovarvi.”
Hamish Munroe trasalì e aprì gli occhi, poi li sbatté e guardò di
nuovo. “Patrick? Sei tu?”
“Aye, signore, sono io.”
Sgomento, Trick vide gli occhi dell’uomo che si riempivano di
lacrime. Poi Hamish tese una mano “Vieni qua, ragazzo. Lascia che
ti tocchi.” Riluttante, Trick gli afferrò le dita. “Elspeth diceva che
saresti venuto. Io non le ho creduto.”
“Ho ricevuto la vostra lettera,” disse Trick, tirando indietro
lentamente la mano. “O, piuttosto, l’ha ricevuta mia moglie e mi ha
seguito per consegnarmela.” Tirò avanti Kendra. “Mia moglie, la
Duchessa di Amberley.”
“Sono lieta di fare la vostra conoscenza,” disse Kendra,
prendendo la mano tesa dell’uomo, che tremò leggermente nella
sua. “Per favore, chiamatemi Kendra.”
Le dita dell’uomo strinsero debolmente le sue, calde e secche.
“Allora dovrete chiamarmi Hamish. È un piacere conoscervi.”
Lasciando cadere la mano di Kendra, voltò la testa sul cuscino,
indicando l’altra coppia. “Questi sono i miei più vecchi amici, Rhona
e Gregor Haig.”
“Vostra Grazia.” Rhona si alzò e fece la riverenza, prima a Trick e
poi a Kendra. “Vostra Grazia.”
Kendra detestava quel titolo onorifico proprio come aveva sempre
pensato. Sorrise alla donna pallida, desiderando di poterla mettere a
suo agio. “Sono lieta di fare la vostra conoscenza,” disse.
“Lieta di conoscervi.” Rispose Rhona sottovoce, senza posare i
suoi timidi occhi azzurri su quelli di Kendra.
Gregor si inchinò. “Vostre grazie.” Anche lui aveva gli occhi azzurri
e i capelli d’argento e assomigliava a sua moglie come spesso
succede alle coppie sposate da tanto. Kendra si chiese se anche lei
e Trick avrebbero finito per diventare così un giorno, ma dopo
un’occhiata al suo aspetto dorato decise di no.
“Sedetevi,” disse Hamish, prima di tornare a rivolgersi a Trick. “Mi
stavano tenendo compagnia.” Fece una pausa e una smorfia di
dolore, poi soffiò fuori il fiato. “Mi sono ammalato della stessa
malattia che ha ucciso Elspeth, vedete, e Rhona è una brava
guaritrice.”
La sua amica scosse la testa. “Le mie pozioni e le mie infusioni
non sembrano—”
“Zitta, donna. So che hai fatto del tuo meglio.”
Strofinandosi le mani sulle sottane del suo vestito rosso mirtillo,
Kendra si avvicinò. “La vostra lettera diceva che la malattia di
Elspeth era inesplicabile e allarmante—”
“È quello che ho pensato all’inizio,” disse Hamish. “Ma era solo
perché era una tale coincidenza, inviare la lettera e poi...”
Quando gli mancò la voce, Niall continuò. “È sembrata una tale
coincidenza che fingesse di essere malata e all’improvviso si
ammalasse sul serio. Quando Papà si è ammalato anche lui, il
dottore è venuto a visitarlo e—” gli occhi del giovane si riempirono di
lacrime, “—ha detto che soffrivano entrambi della stessa febbre
biliosa. Niente di inesplicabile.”
“Ha detto che era fatale?”
Niall incrociò le braccia, e i suoi occhi familiari irradiarono una
mistura di dolore e rifiuto. “Quel medico è una testa di legno se mai
ne ho vista una. Papà è più forte della mamma. Lui non morirà.”
Gregor scosse malinconicamente la testa. “Ieri sera, un pezzo di
carbone a forma di bara è saltato fuori dal focolare. Proprio qui.”
Disse, indicando il camino davanti al letto.
“Superstizioni da vecchie megere.” Chiaramente agitato, Niall
andò al camino e afferrò un attizzatoio. “Io non credo a queste
stupidaggini.”
Come a contraddire l’opinione del figlio, il volto di Hamish si
contorse in una smorfia di dolore e lui si piegò in due nel letto.
Rhona corse al suo fianco e gli premette contro le labbra una
coppa piena di un liquido verdastro dall’aspetto orribile. “Bevi,
Hamish.” Una lacrima rotolò sulla guancia grinzosa. “Bevine un
sorso per me, per favore.”
Hamish bevve e poi gli occhi si chiusero e sembrò si
addormentasse. Niall colpì rabbiosamente il fuoco, come a sfidare
un altro pezzo di carbone a forma di bara a saltare fuori.
Trick si avvicinò e prese la mano di Kendra. “Solo a Duncraven,”
mormorò sottovice, “fa abbastanza freddo a metà estate da dover
tenere il fuoco acceso giorno e notte.”
“Fa freddo anche dentro le spesse mura di pietra di Cainewood,”
sussurrò di rimando Kendra.
Ma quella era l’unica somiglianza tra i due castelli. Anche se
entrambi avevano secoli di vita, le parti di Cainewood che erano
state restaurate erano moderne e pulite, mentre questo posto
sembrava invecchiato e consumato. La vernice bianca si stava
staccando dalle pareti e negli angoli si intravedevano le ragnatele.
Da signora del castello, lei non avrebbe mai tollerato che i lavori
domestici fossero così trascurati. Ma Elspeth era stata ammalata per
settimane—forse quello poteva spiegare l’aspetto trasandato del
castello.
“Andiamo,” disse Trick. “Lasciamolo dormire.”
“Patrick. Aspetta. Voglio parlare con te.” Hamish aprì gli occhi a
fatica. Sembravano neri, finché Kendra si rese conto che erano
marrone chiaro, ma che le pupille erano fortemente dilatate. La voce
dell’uomo sibilava tra le labbra secche. “Della... della... lettera di tua
madre.”
“Siete stanco, Papà.” Niall lasciò cadere l’attizzatoio e attraversò
la stanza. “State sempre meglio al mattino,” disse, scostando dalla
fronte i capelli biondo-grigi del padre. “Potete parlare domani mattina
con Patrick.”
“Domani mattina c’è il funerale di Elspeth,” gli ricordò Rhona con
un sussurro soffocato.
“Ah, già.” Il giovane chiuse gli occhi per un momento mentre
riprendeva il controllo. “Allora dopo,” disse quando riaprì gli occhi. “O
il giorno dopo. Non ne avete la forza, adesso.”
Quando suo padre annuì e si voltò sul fianco con una smorfia e un
gemito, Niall si affrettò ad accompagnare Trick e Kendra fuori dalla
stanza.
CAPITOLO VENTINOVE

TORNATI DI SOTTO, Niall fece segno al fratello appena trovato.


“Vieni, dovresti sederti. Deve essere stato un colpo per entrambi.”
Trick si lasciò portare tra la folla dei partecipanti alla veglia. I
servitori passavano tra di loro con vassoi di biscotti d’avena e di
pasta frolla. Calici pieni di liquore erano pronti sulla credenza e Trick
ne prese uno, bevendo un lungo sorso.
Di fianco al magnifico focolare coperto della sala grande, Niall lo
fece sedere su un sedile in una nicchia nel muro. Trick bevve di
nuovo, poi si guardò attorno e saltò in piedi.
“Nay, il posto è tuo, adesso,” disse il ragazzo, spingendolo
gentilmente sulla pelliccia che copriva la panca di pietra.
Kendra si sedette accanto a Trick nella nicchia, gli prese la mano
in silenzio e lui le rivolse un sorriso di gratitudine. Proprio come si
sentiva a disagio nel palazzo inglese di suo padre, gli sembrava che
quel sedile non gli appartenesse—il posto d’onore del padrone di
casa. Dietro la schiena, la pietra sembrava troppo fredda, troppo
solenne.
Ma quello era il suo posto—almeno quello era vero. Per quanto
quella verità gli pesasse.
Il calore arrivava a ondate dal focolare accanto a loro e la luce
delle torce si rifletteva sulle armature allineate intorno al perimetro
della stanza, un ricordo di giorni passati. La gente lanciava occhiate
curiose in direzione di Trick e sembrava si stesse avvicinando.
Immemore, sua madre giaceva in una cassa al centro della
stanza.
Sorseggiando di nuovo, Trick alzò gli occhi su Niall. “Non riesco a
credere che sia morta.”
“Sono incredulo quanto te.” Niall esitò, poi sembrò prendere una
decisione. “Ma diversamente da Papà, io non sono così sicuro che
non ci siano delle forze oscure al lavoro. E intendo arrivare in fondo.”
Il suo sguardo si fece acuto, rivelando un coraggio più grande dei
suoi anni. “Mi aiuterai?”
“Non avevo intenzione di restare qui,” disse Trick. “Sono venuto su
richiesta di mia madre, e ora lei è morta.” Aveva delle faccende
urgenti in sospeso a casa. La missione per il Re non era ancora
stata completata. E doveva ancora cominciare una relazione basata
sulla fiducia con Kendra.
“Questo chi è?” Chiese una donna, avvicinandosi. I suoi scialbi
capelli castani erano raccolti in una stretta crocchia e sembrava
avere più o meno l’età di Trick.
“Ah, Annag.” Il sorriso di Niall non arrivava agli occhi. “Posso
presentarti il Duca di Amberley, il figlio maggiore di mia madre.
Patrick, questa è la mia sorellastra, Annag.”
“Sono lieta di fare la vostra conoscenza,” disse Annag, anche se
era chiaro che non era contenta. Nei suoi occhi castani passò un
lampo di un’emozione che Trick non riuscì a definire, ma era
abbastanza lampante che lui non le piaceva. O che non le piaceva
che fosse lì.
“E Duncan,” continuò Niall quando un uomo si unì al loro
gruppetto. Un altro dei figli adulti di Hamish, a giudicare dall’aspetto.
Lui e Annag si assomigliavano, e avevano la stessa espressione di
antipatia.
Alzando il boccale che aveva in mano, Duncan bevve un lungo
sorso. “Quando te ne torni a casa?” Chiese poi, saltando preliminari.
Chiedendosi perché si sentisse circondato da nemici, Trick ruotò
le spalle e cambiò idea. Non aveva più intenzione di partire così in
fretta. “Quando sarò pronto. Ho appena incontrato mio fratello e—”
“Ah, lui,” lo interruppe Annag, lanciando a Niall un’occhiata
maligna quanto quella che aveva rivolto a Trick. “Il potente Lord
Niall.”
A quanto pareva, Niall era stato fatto passare per il figlio del duca
e gli altri figli di Hamish ne erano risentiti. Ma il giovane si limitò a
scrollare bonariamente le spalle. “Se non riesci a essere educata,
Annag, dovrò chiederti di lasciare la mia casa.”
Duncan mandò giù un altro sorso di liquore. “È la sua casa,
adesso,” disse, indicando Trick con un luccichio viscido e
compiaciuto negli occhi.
Niall trasalì ma si riprese in fretta. “Già, immagino di sì.”
“Non ti butterò certo fuori,” lo rassicurò Trick.
“Io non mi fiderei di lui,” disse Annag a Niall, come se Trick non
fosse lì. “Potrà anche essere nato qui, ma è diventato un inglese.”
Quando Niall si limitò a guardarla con l’espressione dura, Annag
continuò. “Beh, sentilo come parla proprio come un inglese. Ha
dimenticato le sue radici scozzesi e anche tu, tonto come sei, sai
che non ci si può fidare di un Sassenach.”
“Le donne non hanno bisogno di aiuto in cucina?” Chiese Niall a
sua sorella. “E che cosa stanno combinando i tuoi figli? E, Duncan,
hai fatto compagnia per un po’ a Papà, oggi? Rhona e Gregor hanno
bisogno di un po’ di respiro. Sono buoni amici, ma tu sei suo figlio.”
Dopo il discorso coraggioso, abbassò gli occhi, guardandosi gli
stivali graffiati. “Lasciateci un po’ tranquilli, per favore. Nostra madre
è appena morta.”
“Finalmente,” mormorò uno dei due mentre si allontanavano. Trick
non capì chi l’avesse detto, ma non sembrava importante. Da quello
che poteva capire, entrambi lo odiavano allo stesso modo. Il fatto
che avessero odiato anche sua madre non era una sorpresa.
Da quanto sapeva di lei, non aveva meritato il loro amore o la loro
ammirazione. Suo padre non aveva fatto segreto di tutti di suoi difetti
e almeno uno si era rivelato vero quella sera. Sua madre era stata
una puttana. Forse la moglie di Hamish era già morta quando era
stato concepito Niall, ma il marito di Elspeth no.
Crollò contro la pietra della nicchia e tolse la mano da quella di
Kendra, rendendosi conto in ritardo che lei gliela stava stringendo in
una morsa di ferro.
“Benvenuta in Scozia,” le disse, aprendo e chiudendo mestamente
la mano.
CAPITOLO TRENTA

ANCHE SE ERA GIÀ tardi, il castello era ancora pieno di gente.


All’apparenza, quando, con il passare degli anni, era stato chiaro
che suo marito non sarebbe mai tornato, Elspeth aveva invitato
Hamish a vivere con lei e Niall. I figli di Hamish a quel punto erano
già adulti e avevano le loro case, ma dopo la morte di Elspeth erano
vissuti al castello per tenergli compagnia. Con i loro figli, ovviamente.
Una grande famiglia felice, come si diceva.
Kendra non credeva proprio che la frase fosse adatta.
“Sei sicuro di non volere la stanza padronale?” Chiese Niall.
Trick scosse la testa. “Non mi sognerei mai di spostare tuo padre.
Ci deve essere un letto in più da qualche parte.”
E fu così che Trick e Kendra si ritrovarono a seguire Niall su quelle
che a lei sembrarono chilometri di scale tortuose, finché alla fine
misero piede in una grande stanza deserta.
Il rumore dei loro passi echeggiò dal pavimento di legno quando
entrarono. Le poche torce non riuscivano a illuminare la stanza, che
aveva un odore di muffa, che diceva chiaramente che era tanto che
non era in uso.
Kendra fissò il tetro soffitto a volta. “È spettrale.”
Niall le rivolse un sorriso stanco. “Cromwell ha alloggiato qui i suoi
soldati quando ha occupato il castello durante la guerra. Un
centinaio, sdraiati uno di testa e uno di piedi sul pavimento, altri
cento su un ripiano che poggiava sui pali che vedete sporgere dalla
parete.” Diede una chiave a Trick. “I tuoi servitori hanno già portato
qua le tue cose. Devo farli salire? Avete un valletto, se non sbaglio e
una cameriera?”
“Aye, il mio uomo si chiama Cavanaugh e Jane si occupa di Sua
Grazia.” Trick guardò Kendra negli occhi. “Ma penso che ce la
caveremo da soli stanotte.”
Anche se non sapeva se Trick avesse inteso rammentarglielo, la
pelle di Kendra formicolò ricordando quello che gli aveva promesso
che sarebbe successo quella sera. Poi Trick distolse lo sguardo,
spostandosi pensieroso e Kendra capì che nemmeno lui ci aveva
pensato.
Dopo tutto quello che era successo quel giorno, la notte prima
sembrava molto, molto lontana.
“Buona notte, allora,” disse Niall.
“Buona notte,” rispose Kendra sottovoce, e rabbrividì, ascoltando
svanire i passi del giovane. La candela che aveva in mano tremolò
gettando lunghe ombre sulle pareti di pietra grigia. “Non mi piace
pensare a Cromwell in visita a questo posto, né tantomeno che lo
abbia usato come quartier generale.” Oliver Cromwell era stato
indirettamente responsabile della morte dei suoi genitori e del suo
esilio.
“Contro la volontà di mio padre, a dir poco. Lui era un realista fatto
e finito.” Quando Trick andò verso una delle finestre profondamente
incassate, la sua voce echeggiò dal suo interno. “L’ha convinto mia
madre ad andarsene.”
“Davvero?” Stringendosi nella nicchia Kendra si unì a lui. In quel
piccolo spazio Trick sembrava caldo e vicino, eppure anche freddo e
distante. Alla luce della luna, Kendra riusciva a malapena a
intravedere il villaggio di sotto, circondato da acri di pascolo e campi
coltivati. “Questa era la casa ancestrale della famiglia di tua madre,
vero? Perché consegnarla volontariamente?”
“Era una Covenanter,” disse secco, rientrando nella stanza. “Vieni,
la nostra camera è da questa parte.”
Si chinò per passare sotto a un arco nella parete e spinse una
pesante porta di quercia. Mentre entrava, Kendra diede un’ultima
occhiata alla nuda stanza a volta. La guarnigione. Si chiese se non
fosse infestata dai fantasmi dei soldati morti.
Non che lei credesse a niente di simile.
La camera era enorme. Il letto a baldacchino al centro sembrava
minuscolo e dopo il frastuono della veglia al piano sotto, la stanza
sembrava mortalmente silenziosa.
Andò ad appoggiare la candela sul comodino. Il pavimento di
legno opaco sembrava ruvido sotto i piedi. Nel camino il fuoco era
acceso e Kendra si chiese chi lo avesse preparato, Jane o
Cavanaugh? Uno dei servitori di Duncraven? “Siamo soli qua
sopra?”
“Aye. Le torri sono speculari. Una grande stanza e una camera a
ognuno dei livelli più alti.” Con un sorriso mesto, Trick chiuse la porta
dietro di loro. “Da bambino, avevo paura a salire qua da solo”
“Io sono terrorizzata adesso,” ammise Kendra. Si sedette
cautamente sulla sponda del letto. “Dopo aver lasciato questo posto
a Cromwell, quanto tempo è passato prima che tu tornassi?”
“Questa è la prima volta.” Trick si tolse la giacca, piegandola sullo
schienale di una sedia posta davanti a un’enorme scrivania di
quercia. “Mio padre aveva sistemato mia madre con dei parenti e mi
ha portato via, in Francia. Avevo dieci anni.” Si lasciò cadere di colpo
sulla sedia. “Non ho più rivisto mia madre.” La voce si spezzò. “E ora
non la vedrò mai più.”
Kendra si alzò e andò a mettergli le braccia intorno al collo,
standogli alle spalle. “Lei sa di sicuro che tenevi a lei, che eri venuto
per lei.”
“Forse.” Sospirando, aprì sovrappensiero il primo cassetto della
scrivania e frugò tra le carte. Uscì della polvere, che fece prudere il
naso a Kendra. Lo sentì irrigidirsi. “Buon Dio, guarda.”
Kendra si raddrizzò. “Che cos’è?”
“Una lettera. Da Oliver Cromwell in persona.”
Kendra sentì un brivido percorrerle la schiena. “Stavamo proprio
parlando di lui. Che strano.” Irrazionalmente, aveva paura di toccare
uno scritto di quell’uomo malvagio e restò distante mentre Trick
leggeva in fretta. “Quando è stata scritta?”
“Diciotto novembre, 1650.”
“Tanto tempo, quasi diciotto anni.”
“A parte mio padre, ricordo ben pochi altri che salissero qua.” Si
guardò attorno. “Non è cambiato niente. Lo stesso letto, la stessa
scrivania. Probabilmente è rimasta qui tutto questo tempo.”
“Che cosa dice?”
Trick riportò lo sguardo sulla pergamena ingiallita. “’Ho pensato
giusto inviarvi questa missiva per farvi sapere che, se ve ne andrete
con la vostra compagnia, e consegnerete la casa alla persona che
manderò a riceverla, avrete la libertà di portar via le vostre armi e i
vostri beni, e altre cose che riterrete necessarie. Avete ospitato nella
vostra casa gente che ha vilmente e inumanamente assassinato i
nostri uomini; se sarà necessario usare contro di voi i miei cannoni,
potete stare certo che non ne sarete contento. Mi aspetto una vostra
immediata risposta e resto, servitor vostro, O. Cromwell.’”
“Buon Dio.” Kendra lasciò andare il fiato che non si era accorta di
aver trattenuto. “Direttamente dal diavolo. Puoi biasimare tua madre
per aver voluto andarsene?”
Trick alzò le spalle, a disagio. “Mio padre all’inizio ha rifiutato.
Aveva combattuto bene e coraggiosamente per sostenere Charles,
ma quando Cromwell ha aperto il fuoco... io ero dentro.” Tirò il fiato,
tremante, ovviamente ricordando.
Kendra era inorridita. “Ha aperto il fuoco con un bambino
all’interno?”
“Aye. Il bombardamento ha distrutto il parapetto est e ha scavato
un grosso buco nella muratura—non l’hai visto quando siamo
entrati?”
“Non stavo guardando.”
“Su richiesta di mia madre, mio padre ha fatto avere al Lord
Protettore un messaggio, dicendo che aveva capito, e se n’è andato,
portandomi con sé, senza più guardarsi indietro.”
Kendra ripiegò il semplice copriletto bianco e si sdraiò sulle
disadorne lenzuola. “Tua madre voleva salvarti.”
“Voleva salvare il castello della sua famiglia.” Si voltò sulla sedia
per guardarla. “Se le fosse importato di me, sarebbe venuta con noi.”
“Forse tuo padre non gliel’ha permesso.”
“Forse,” ammise Trick. “Certo non ne ha mai parlato.” Rimise il
documento nel cassetto, chiudendolo con forza. “Ed io non lo
biasimo se l’ha lasciata così freddamente. Non era una madre o una
moglie di cui essere fieri. Oltre a essere una Covenanter, era
un’adultera, e—”
“La giudichi severamente.”
Un’espressione di dubbio gli comparve sul volto per un attimo, poi
scomparve così in fretta che Kendra si chiese se non l’avesse
immaginata. “Ti ho detto quello che penso sull’infedeltà.”
Anche lei gli aveva detto come la pensava sull’infedeltà, ma
sapeva che non era il caso di menzionarlo. Vivere con tre fratelli le
aveva insegnato come affrontare i malumori degli uomini. Con
cautela. “Ricordi veramente che fosse tanto terribile?”
“Nay, ma ero solo un bambino.”
Kendra si lisciò le sottane color mirtillo, poi alzò la testa per
guardarlo negli occhi. “Se tuo padre e lei erano tanto ai ferri corti,
perché credi a tutto quello che diceva di lei?”
“Per molto tempo non gli ho creduto,” ammise Trick. “Ma poi il
tempo passava e mai madre non è mai arrivata, non è mai venuta a
prendermi...”
“Bisognerebbe sempre sentire anche l’altra campana, Trick.”
Se l’improvviso silenzio non significava che era d’accordo, almeno
era abbastanza uomo da considerare che Kendra potesse aver
ragione. L’unico suono nella stanza era quello delle fiamme che
danzavano nel camino, finché alla fine, Trick disse, “Ma ora non
sentiremo mai la sua campana, no?”
Trick sembrava irradiare ondate di dolore, ma Kendra sapeva che
quello non era il momento di parlarne. Era tutto troppo recente. “Che
cos’è una Covenanter?” Gli chiese invece. “Conosco a memoria la
storia inglese, e quella greca e romana, ma temo che non mi
abbiano insegnato molto del passato della Scozia.”
“Non posso dire di essere sorpreso,” disse asciutto Trick, ma il
commento non sembrò dispregiativo, solo rassegnato. Si appoggiò
alla sedia e cominciò a slacciarsi la cravatta. “Molti, incluso il padre
di mia madre, firmarono un documento conosciuto come ‘National
Covenant’. Quando è scoppiata la guerra civile, i Covenanter si sono
schierati con il parlamento inglese contro il Re, in cambio della
promessa di una riforma religiosa in Inghilterra e in Irlanda, con la
Chiesa Scozzese come fondamento.”
“E Cromwell non ha mai mantenuto la promessa.”
“Nay. Ma ci è voluto parecchio tempo perché gli scozzesi si
rendessero conto di essere stati imbrogliati.”
“Si sono schierati con il diavolo.”
Annuendo, Trick si tolse lentamente la cravatta. “Temo che questo
castello sia stato lo strumento della vittoria di Cromwell. Mio padre
non lo ha mai perdonato mia madre.”
Con un colpetto del polso, la cravatta atterrò sulla scrivania, un
mucchietto bianco spumoso. Kendra la fissò. Trick si stava
spogliando. Che avesse o no passato la giornata pensandoci, era
sicura che Trick si aspettasse di fare l’amore con lei quella notte.
Un piccolo groppo d’ansia le si formò in gola.
Distolse lo sguardo dal tessuto bordato di pizzo. “Anche mio padre
ha combattuto con Re Charles. Ed è morto, insieme a mia madre.
Avrebbe simpatizzato con la posizione di tuo padre.”
L’espressione di Trick si indurì. “Mio padre non era un santo,
credimi. Non mi piaceva più di quanto mi piacesse mia madre. Sono
contento di essermi liberato di entrambi.”
“Trick—” Kendra si morse la lingua. Offendere i sentimenti di suo
marito non era il modo di rafforzare la loro traballante relazione. Si
sforzò di sorridere. “Come ti sembra avere un fratello?”
Trick le restituì il sorriso—forse il primo sorriso che gli vedeva sul
volto che non fosse sporcato da una traccia di cinismo. “Non è male,
vero?” gli occhi si addolcirono mentre le dita lavoravano ad allentare
le stringhe della camicia. “Trovo difficile credere che sia figlio di mia
madre e—e di quell’uomo.”
Kendra non era sorpresa che Hamish non gli piacesse. “Niall ti
assomiglia come una goccia d’acqua.”
“Lo so, è impressionante.” Chinandosi in avanti, si tolse uno
stivale. “Mi piacerebbe poter restare più a lungo e conoscerlo
meglio. Forse potrebbe venire a trovarci ad Amberley.”
“Sarebbe bello.” Più vestiti si toglieva Trick, più a Kendra tremava
lo stomaco al pensiero di quello che gli aveva promesso la notte
prima. Troppo nervosa per restare seduta a guardare, si alzò,
andando verso una piccola porta ad arco. “Questa dove porta?”
“A un’altra scala, se ricordo bene.” Con solo le calze, si avvicinò e
aprì il chiavistello di ferro che teneva chiusa la porta, sporgendo la
testa nel buio. La sua voce echeggiò ritornando. “Sì, un’altra scala
circolare. Per il tetto. Il Salto del Prigioniero.”
“Il salto di chi?”
“Il salto del prigioniero.” Trick si voltò verso di lei, con la tromba
delle scale buia sullo sfondo. “Anticamente, i prigionieri erano portati
su dalle segrete una volta l’anno e si dava loro la possibilità di
ottenere la libertà saltando con successo da una torre all’altra. Tre
metri e mezzo con le mani legate dietro la schiena e una caduta di
trenta metri sotto. Senza la possibilità di prendere la rincorsa.”
“Mio Dio. Qualcuno ce l’ha mai fatta?”
“Penso di no.” Accennò un mezzo sorriso. “Forse è per quello che
gli abitanti del villaggio si allenavano al salto in lungo, oggi.”
Un brivido scese lungo la schiena di Kendra. “Non credo che mi
piaccia questo posto, Trick.”
“Perché? Perché ho avuto degli antenati barbari?” Anche se
distaccato, il suo sorriso sembrò in qualche modo illuminare la
stanza. “Non c’è nessuno nelle segrete adesso, per quanto ne so.”
“Per quanto—”
“Sto scherzando.” Trick chiuse la porta sulla scala e Kendra si
rilassò un po’. “Vieni qua.”
“Prima chiudi il chiavistello di quella porta.”
Trick lo fece, soffocando una risata. “Ecco, siamo al sicuro. Vieni
qua Kendra. Ho bisogno di te stasera.”
Nessuno le aveva mai detto niente del genere, ed erano
certamente parole da sciogliere il cuore di una donna. Pur
spaventata, andò tra le sue braccia.
Quando le loro bocche si incontrarono, tutti i suoi dubbi sparirono.
Se la testa non ricordava perché la notte prima aveva deciso che lo
voleva, il suo corpo certamente lo ricordava bene. Sapeva come
poteva farla sentire, e lo rivoleva, e voleva di più. Molto di più. Le
tracce di paura nel suo stomaco si trasformarono in un fiotto di
desiderio.
Gli mise le braccia intorno al collo e infilò le dita tra i suoi corti
capelli setosi. La sua bocca si aprì, dando accesso alla lingua di suo
marito, morbida e dolce, con ancora una traccia del sapore del
whisky che aveva bevuto al piano di sotto.
Trick la scostò un pochino per tempestarle di baci le guance, il
naso, la fronte e finalmente il sensibile incavo del collo. Si fermò lì,
succhiando delicatamente con le mani affaccendate sul davanti del
vestito. Le mani di Kendra si infilarono tra i loro corpi per sfilare la
camicia dai pantaloni.
La pettorina cadde sul pavimento mentre Kendra gli sollevava la
camicia sul petto, sentendo la pelle nuda calda sotto il palmo delle
mani. Gli sfilò la camicia da sopra la testa e Trick rise, frustrato,
quando le braccia si impigliarono nelle maniche ampie.
I vestiti sparirono in un attimo e Kendra si appoggiò a Trick con
tutto il corpo. Ah, il dare e il ricevere, il calore e l’odore, il puro
piacere della pelle di Trick che toccava la sua. Trick abbassò la testa
per baciarla, facendole scorrere le mani lungo i fianchi e poi dietro
per afferrarle il sedere e tirarla più vicino.
A quell’intimo contatto, Kendra sentì una scossa, un’ondata di
eccitazione che la fece sentire contemporaneamente pesante e
letargica. Tremava. Trick sapeva di sapone e sandalo e lei non
riusciva a capire dove finisse lui e dove cominciasse lei. Se non
l’avesse sostenuta lui, si sarebbe sicuramente sciolta sul pavimento
in una pozza di sensazioni.
Lentamente, Trick la fece camminare all’indietro e la stese sul
letto, sdraiandosi accanto a lei. Esitò, sollevandosi su un gomito, con
la testa sopra quella di Kendra. Sotto i capelli d’oro, gli occhi la
fissavano. La leggera peluria bionda sul mento brillava alla luce delle
candele.
Kendra respirava affannosamente, con il cuore che batteva forte.
Ogni fibra del suo corpo bramava il suo tocco, reclamava il piacere.
Si voltò, cercando di tirarlo più vicino.
Nell’aria risuonò un gemito strozzato.
“Non posso farlo,” disse Trick a denti stretti, rotolando via “Non
posso farlo. Non posso farlo con mia madre in una bara di sotto.”
Kendra sentì un istante di delusione prima che la testa le si
schiarisse e lo abbracciasse. Lo strinse forte. “Va tutto bene. Ti
capisco.”
“Mi dispiace,” sussurrò Trick. “È solo che non posso—”
“Ssst,” disse Kendra. Lentamente, respirò a fondo, dandosi il
tempo di calmarsi, dando tempo al suo corpo di riprendersi. “Non hai
niente di cui essere dispiaciuto.”
Si sedette e tirò la sovraccoperta sopra di entrambi, poi si sdraiò
di nuovo. Con un sospiro di rimpianto, Trick si voltò verso di lei e la
avvicinò a sé, con la mano calda sulla sua schiena e la testa che
poggiava pesantemente sulla spalla di Kendra. “Mi dispiace,” ripeté
ancora una volta.
E parecchi lunghi minuti dopo, quando il cuore rallentò i battiti, per
la seconda notte di fila, Kendra si addormentò tra le braccia del
marito.
CAPITOLO TRENTUNO

UN’ORA DOPO, ANCORA completamente sveglio, Trick si


allontanò lentamente da Kendra e scese dal letto. Indossò in silenzio
i calzoni e la camicia, poi accese una candela e uscì dalla stanza,
chiudendo dolcemente la porta alle sue spalle.
I gradini di pietra erano freddi e ruvidi sotto i piedi nudi mentre
scendeva cautamente. Dalla tromba delle scale arrivava un basso
mormorio. Arrivato a pianterreno, si fermò e guardò stupito.
Annag e Niall erano seduti accanto alla bara di sua madre. Dietro
la bara, Duncan, nascosto, manovrava un ingegnoso insieme di
legni e cordicelle. Un ‘Oooooooooh’ profondo, ultraterreno, uscì dalla
sua gola mentre muoveva le mani. Il corpo di Elspeth saltellò e si
scosse e Annag sobbalzò e strillò. Alzandosi in piedi, Duncan
scoppiò a ridere e alzò il bicchiere di whisky per un brindisi da
ubriaco.
Trick non riusciva a credere ai suoi occhi.
Niall colse il suo sguardo e accennò un sorriso. Si alzò e gli andò
incontro in fondo alle scale. “Non riuscivi a dormire?”
“Continuavo a pensare a lei sdraiata qui. Fredda, in una cassa.”
Trick si passò una mano tremante tra i capelli. “Sembra così irreale.
Pensavo di scendere e... convincermi, forse. Restare qui seduto per
un po’.”
Niall annuì lentamente, poi, rivolto ai suoi fratellastri, alzò la voce.
“Smettetela, per favore. Andate a letto. Resteremo qui noi con la
mamma, da soli.”
Continuando a ridere, i due barcollarono uscendo, portando con
loro la bottiglia di liquore e i loro bicchieri.
Le candele che circondavano la bara di Elspeth tremolarono al
loro passaggio. “Perché erano qui con lei?” Chiese Trick una volta
che non furono più a portata d’orecchi. “È chiaro che non la
stimavano.”
“A Papà non piacerebbe sapere che si sono sottratti al loro
dovere. La mamma non deve mai restare sola—dicono che un morto
lasciato solo troverà la strada per l’inferno.”
Conoscendo la storia di sua madre, Trick immaginò che Hamish e
Niall avessero buoni motivi per preoccuparsi che lei trovasse la
strada per l’inferno. Si avvicinò alla bara e appoggiò la candela che
aveva in mano accanto alle altre, senza guardare il volto cereo di
sua madre. “Mi sembra quasi di poter parlare con lei. Sono venuto
fin qua dall’Inghilterra per parlare con lei.”
“Allora parlale,” gli disse Niall.
Trick sospirò, desiderando avere un po’ della calma sicurezza di
suo fratello, desiderando sapere da dove cominciare. Per via dello
scherzo di Duncan, le mani di Elspeth non erano più ordinatamente
incrociate sul petto. Turbato dalla vista della cordicella ancora
attaccata, allungò la mano, poi si fermò.
“Puoi sistemarla, per favore?” Chiese a Niall, con la voce roca per
la frustrazione. “Togli la corda.”
Mentre Niall gentilmente faceva quello che gli aveva chiesto. Trick
si sedette, con lo sguardo fisso davanti a sé. “Avrei pensato che
preferissi restare qui da solo piuttosto che con quei due.
Specialmente considerando che non le hanno accordato il minimo
rispetto. Non riesco a credere a quello che ho visto entrando.”
“Non posso restare qui da solo. Ci devono sempre essere due
persone di guardia.” Niall si sedette accanto a lui. “E gli scherzi, a
una veglia, sono ben accetti, addirittura incoraggiati. Tu non conosci
le nostre tradizioni, Patrick. Anche se sei nato tra queste mura.”
“In questo hai proprio ragione.” Sospirò Trick. Non si era mai
sentito un inglese, ma non si sentiva nemmeno scozzese. Si sentiva
solo confuso.
“Che cosa avresti voluto dirle?” Chiese Niall. “Puoi dirglielo, aye. A
voce alta, o mentalmente. In un modo o nell’altro lei ti sentirà.”
“Lo pensi davvero?” Si voltò a guardare suo fratello. “Sei ancora
giovane, ma sei saggio.”
Niall sorrise radioso—un sorriso bianco, diritto, familiare come
quello che Trick vedeva allo specchio tutte le mattine quando si
rasava, eccetto che nessuno dei denti di suo fratello era scheggiato.
“Non credo che Annag sarebbe d’accordo.”
“Nay, immagino di no. Come fai a sopportare quei due?”
Il giovane alzò le spalle, imbarazzato. “Non sono così male come
sembrano. Sono cresciuto con loro, sai. Bisogna essere in due per
litigare.”
“E tu ti rifiuti di partecipare.”
“Più o meno. Ovviamente, una volta ogni tanto...” Il sorriso
seducente riapparve prima che tornasse serio. “Annag... beh, suo
marito è morto due anni fa. E lei è rimasta sola con i suoi tre figli.
Non è sempre stata così amara.”
Trick non si era reso conto che fosse vedova. “E Duncan?”
“Non si è mai sposato—nessuna donna sana di mente
accetterebbe quel bastardo.” Niall si strofinò le mani sul volto, poi
sbatté gli occhi e guardò Trick. “I tre giorni del lamento funebre sono
passati, ma se non trovi le parole per la mamma, forse il canto
tradizionale può aiutarti.”
Trick sapeva poco delle tradizioni di quella terra. “Ti ascolto.”
Ora che i due fratelli chiassosi erano andati a letto, la sala
sembrava più grande, una caverna enorme e buia, più come la
ricordava Trick. Niall prese una grande boccata d’aria prima che la
sua voce si alzasse in una canzone, non il lamento desolato e
ossessivo che avrebbe immaginato, ma un lamento sentito,
melodico che echeggiava dal soffitto a volto.
“Oh, madre, ci hai lasciato! Ochone!”
Fece una pausa e guardò Trick, gli occhi dorati fiduciosi.
“Ochone? È un Dio pagano?”
“Nay, è gaelico. Nient’altro che un’espressione di rimpianto o
tristezza.”
“Ochone.” Trick lo disse piano, aspettandosi di sentirsi stupido. Ma
non fu così. Dividere il compito di far compagnia alla morta con suo
fratello, ripetere il lamento funebre con lui sembrava giusto.
“Perché ci hai lasciato? Ochone! Che cosa ti abbiamo fatto?
Ochone! Per andartene via da noi?
“Ochone!” Cantò Trick per lui.
“Qui avevi tutto!”
“Ochone!”
“E perché ci hai lasciato?”
“Ochone! Ochone! Ochone!” Le antiche sillabe uscirono dalle
labbra di Trick e un po’ del dolore uscì con loro.
CAPITOLO TRENTADUE

ARRIVATA L’ALBA, TRICK tornò di sopra, trovando nella sua


stanza una donna vestita di grigio, che gli dava la schiena mentre
attizzava il fuoco nell’antico focolare di pietra annerita. Sentendolo
entrare, la donna si raddrizzò lentamente e si voltò.
Trick rimase senza fiato. “Signora Ross?”
“Aye, sono io,” rispose la donna minuscola con una voce esile,
avvicinandosi. Era più piccola di quanto Trick ricordasse, ma
ovviamente l’ultima volta che l’aveva vista era stato con gli occhi di
un bambino. Il volto era ancor più grinzoso, se possibile, e gli occhi
azzurri erano sbiaditi ma luminosi come erano sempre stati. “Come,
ti avrei riconosciuto dovunque, anche dopo tutti questi anni. Patrick,
caro, come stai?”
“Sto bene.” La porta sbatté più forte di quanto avrebbe voluto
quando la chiuse e, Kendra si mosse nel letto. “E voi come state?”
Le chiese Trick. Buon Dio, quella donna doveva avere ottant’anni.
“Non mi lamento. Ma la tua mamma...” gli occhi azzurri si
riempirono di lacrime. “Non so che cos’è successo. Se n’è andata
tanto in fretta...”
“Trick?” Kendra sbatté gli occhi fino a svegliarsi. Alla vista di
un’estranea nella stanza, si tirò la coperta sulle spalle nude
coprendosi fino al mento.
“Mia moglie, la Duchessa di Amberley,” la presentò Trick.
Sorridendo tra sé e sé, si avvicinò a Kendra e le lisciò i capelli
scomposti dal sonno. “Buon giorno, leannan. Non c’è bisogno di
arrossire—è solo la signora Ross, la mia vecchia bambinaia.”
“E la bambinaia della sua mamma prima di lui,” aggiunse la
vecchia.
“Non ho pensato a lei come la mia mamma per diciotto anni,”
mormorò Trick. “È sempre Madre, per me, adesso.”
Le sottili labbra bluastre della signora Ross si raddrizzarono
formando una linea critica. “Non è mai stata ‘Madre’ per te e lo sai
bene. Era molto più affettuosa. E perché non le hai mai scritto, aye?”
La sua espressione si indurì, e la donnina leggera come un uccellino
si avvicinò e gli diede uno schiaffo sulla spalla, anche se non senza
affetto. “Diciotto anni e non hai mai risposto a nessuna delle lettere
di quella povera donna.”
Trick si massaggiò la spalla. “Di che diavolo state parlando? Non
mi ha mai mandato una lettera.”
“Diavolo se non l’ha fatto. Ha pianto per settimane quando tuo
padre ti ha trascinato via. Poi ha cominciato a scrivere le lettere—”
“Non ho mai ricevuto nessuna lettera,” insistette Trick.
Ma la signora Ross non lo stava ascoltando. “—ogni settimana,
all’inizio, poi ogni mese e poi, quando si è resa conto che non avresti
risposto, una volta l’anno. Finché alla fine ha rinunciato. Le hai
spezzato il cuore, Patrick Iain. So che eri solo un bambino, ma
pensavo di averti insegnato qualcosa—”
“Signora Ross!”
La donna sobbalzò e cominciò a parlare in fretta e Kendra si coprì
le orecchie con le mani, con gli occhi grandi come piattini.
Trick aspettò che la sua vecchia bambinaia si zittisse prima di
continuare. “Non ho mai ricevuto le sue lettere. Mi avete sentito,
signora Ross? Io non ho mai ricevuto le sue lettere. Nemmeno una.”
La donna si fermò, studiandolo per un lungo momento. “Lui te le
ha nascoste, allora?” Sussurrò e scoppiò in lacrime.
Trick abbracciò la fragile vecchietta. “Signora Ross, so che vi
manca.” Dandole dei colpetti sulla schiena, maledì silenziosamente
suo padre—quel mostro, per avergli nascosto le lettere. E poi se
stesso per non aver mai pensato a quella possibilità. “Mia madre non
avrebbe voluto che foste triste.”
“La tua mamma era come una figlia per me.” Alzò il volto bagnato
di lacrime. “E una donna non dovrebbe sopravvivere ai suoi figli.”
Trick si tirò indietro e annuì e rimasero a guardarsi finché Kendra
si spostò nel letto e si schiarì la voce. “Lei com’era, signora Ross?”
La vecchia bambinaia si asciugò le lacrime dalle guance rugose e
si sedette. L’enorme poltrona di quercia la inghiottì. “Era buona. Una
brava donna, Elspeth. Non ha avuto una vita facile.”
Kendra diede un’occhiata di traverso a Trick, sapendo che lui non
voleva sentirlo, ma sapendo anche che era necessario. “Com’è finita
a sposare il Duca?”
“Lui.” Sembrava che la donna volesse sputare. “Re Charles—il
primo—ha combinato lui il matrimonio. Parte del suo piano per
anglicizzare la Scozia.” Si torse le mani ossute in grembo e la voce
divenne più dolce, come se venisse da lontano. “E la mia povera
Elspeth era così innamorata di Hamish Munroe... ma a suo padre
quel ragazzo non era mai piaciuto. Troppo ordinario per i suoi gusti.
Terzogenito e per giunta un imprenditore, che comprava il lino
grezzo per tesserlo e vendere il tessuto. Guadagnava bene, ma il
padre di Elspeth era il Laird, e si aspettava qualcosa di meglio per
sua figlia. Gli Stuart lo avevano fatto Conte, ma questo non ne
faceva un inglese.”
“Ovviamente no,” disse Kendra gentilmente, notando che Trick
sembrava stesse studiandosi i piedi nudi. “Mio marito mi ha detto
che suo nonno aveva firmato il Covenant.”
“Aye, il vecchio Conte era un po’ ribelle. È nel sangue. Ma,
comunque, è stato contento quando il Re ha accoppiato sua figlia a
un Duca. Ha obbligato la povera Elspeth a sposarlo.”
Pensando al suo matrimonio forzato, Kendra si morse l’interno
della guancia. “Come?”
“Non credo che vogliate saperlo.” La bambinaia strinse le labbra e
Kendra capì che quello che avevano fatto i suoi fratelli non era
niente in confronto a quanto aveva fatto il nonno di Trick.
Diversamente da Elspeth, dentro di sé sapeva che aveva desiderato
sposare Trick. E capì anche che i suoi fratelli non l’avrebbero
costretta a quel matrimonio se non fosse stato così.
“È sempre stata infelice,” continuò la signora Ross. “Anche
quando il Duca l’ha lasciata da sola e ha potuto tornare al suo amore
perduto, non si è mai ripresa dalla perdita di suo figlio.” Si lisciò le
sottane grigie e si alzò. “Beh, sarà meglio che continui il mio lavoro,”
disse, guardando Kendra. “Benvenuta a Duncraven, Vostra Grazia.”
“È stato un piacere per me. Spero che potremo parlare ancora.”
“Aye, certo. Dopo aver seppellito la mia Elspeth.” Con un lungo,
miserabile sospiro, e un fruscio di gonne, la donna uscì dalla stanza.
Kendra aspettò che la porta si chiudesse alle sue spalle, poi
sospirò anche lei, di cuore. “Oh, com’è terribilmente romantico. Non
ti fa venire i brividi?”
“Che cosa non mi fa venire i brividi?” Trick aprì un armadio e
cominciò a toglierne dei vestiti puliti.
“Pensare a Elspeth e Hamish, innamorati per tutti quegli anni. E
finalmente riuscire a stare insieme.” Mentre Trick era voltato, Kendra
uscì dalle lenzuola e si affrettò a mettersi la sottoveste. Poi,
sollevata, andò a cercare un abito adatto da indossare al funerale. Si
chiese come pettinarsi in modo adeguato. Avrebbe dovuto chiamare
Jane. “Ora che ho sentito la storia di tua madre e Hamish, sono lieta
che lei lo abbia invitato a vivere qui. Forse hanno trovato un po’ di
felicità, dopo tutto.”
“Forse mia madre mi ha inviato delle lettere. Ma questo non fa di
lei una brava donna.” Trick scosse una camicia, poi si tolse quella
che aveva indosso e se la sfilò dalla testa, con i muscoli che si
allungavano sulla schiena. Kendra lo guardava, apprezzando lo
spettacolo più di quanto volesse ammettere. “Era comunque
un’adultera e una Covenanter, e ha tradito—”
“Non hai sentito una parola di quello che ha detto la tua bambinaia
su quanto è successo tra lei e Hamish?” Estraendo un abito verde
foresta, Kendra sospirò, alzandolo. “Questo è il vestito più scuro che
ho portato. Pensi che si sentiranno oltraggiati perché non mi vesto di
nero?” Si voltò e fece una smorfia vedendo la profonda scollatura.
“Che cosa penserà Hamish? Ieri ho notato che le donne qui sono più
coperte, in alto.”
Trick sbatté gli occhi. “A me sembra che la tua parte di sopra vada
benissimo. Niall sa che non sei venuta qua aspettandoti un funerale.
E non riesco a immaginare perché dovresti preoccuparti di cosa
pensano gli altri. Specialmente Hamish.” Indossò la camicia pulita,
poi cominciò a slacciarsi i calzoni. “Mi dispiace per il vecchio, ma
questo non significa che mi piaccia. Ha vissuto nel peccato con mia
madre—”
“Suppongo, quindi, che tu non sia mai andato a letto con una
donna senza il beneficio del vincolo matrimoniale.”
Le lunghe dita di Trick pasticciarono sulle stringhe. “La vuoi
smettere di interrompermi tutte le volte che cerco di dire la mia?”
Ignorando la sua richiesta, Kendra lo fissò a lungo, finché Trick
alzò la testa e la guardò. “Beh?” Gli chiese di nuovo.
“Sai benissimo che avevo esperienza quando ti ho portato nel mio
letto.”
Chiaramente friggendo, Trick restò in silenzio, saltellando da un
piede all’altro per togliersi i calzoni. A metà tra il divertito e l’irritato,
lo sguardo di Kendra seguì i calzoni che scendevano, ma la camicia
lunga copriva le parti interessanti.
Arrossì quando lui la colse a guardarlo, ma Trick si limitò a
mettere le braccia conserte e a fissarla con uno sguardo così feroce
che, se fosse stato una Gorgone, lei sarebbe sicuramente diventata
una statua di pietra. “Ti ho già detto che non sopporto l’infedeltà.
Non sono mai andato a letto con una donna sposata.”
“Congratulazioni. Sei probabilmente l’unico membro maschio della
corte di Charles che possa dirlo.” Kendra si infilò l’abito verde scuro
sopra la testa e si dimenò per farlo scendere. “Hamish e tua madre
erano vittime, Trick. Hanno diviso un amore che è durato decadi—un
amore che mi fa palpitare il cuore al solo pensiero. Un amore
perfetto, come quello dei miei genitori.” Infilando le stringhe nel
corpetto, Kendra alzò gli occhi. “Come puoi pensare di negare loro
quel poco di felicità che hanno trovato?”
“Io non posso scegliere di negare o permettere niente, no? Ciò
che è fatto è fatto. Questo non significa che mi debba piacere. O che
mi debbano piacere loro.”
Bussarono alla porta e Kendra tirò forte le stringhe, prendendo la
pettorina mentre Trick andava ad aprire.
“Che c’è adesso?”
Vestito con un kilt rosso, Niall fece un passo indietro, stupito. Fece
per andarsene, portando con sé una bracciata di lana a quadri
uguale al suo kilt.
Trick gli afferrò il gomito. “Scusami, Niall. Pensavo fossi la signora
Ross. Non che fosse giusto sbraitare con lei, ovvio.” Soffiò fuori il
fiato prima di voltarsi a guardare Kendra. “Mi dispiace di essere stato
scortese con te.”
“Ti capisco,” gli rispose dolcemente Kendra. Con la pettorina
sicura al suo posto, si lisciò le gonne e si mise una mano tra i capelli
scomposti.
Niall non sembrò notarlo. “Patrick non ha dormito nemmeno un
po’,” le disse.
“No?” Kendra chinò la testa verso suo marito, curiosa. “Niente del
tutto?”
“Nay. Niall ed io siamo stati alzati con la mamma.” A Kendra parve
di cogliere un’espressione sorpresa quando Trick si sentì usare quel
nome. “Abbiamo pianto la morta.”
“Davvero?” Kendra non riusciva a immaginarlo.
“Ochone!” Cantò Trick. La parola riverberò contro il soffitto a travi
e Niall rise, spezzando la tensione.
“Entra,” disse suo marito, chiudendo la porta alle spalle del
fratello.
Niall diede un’occhiata alle gambe nude di Trick e poi gli tese il
tartan rosso. “Ti ho portato questo.”
Trick non si mosse.
“Ho pensato che forse avresti voluto portarlo al funerale.”
“Mio padre non era scozzese.”
“Tua madre sì.” Niall gli spinse il tessuto di lana tra le braccia,
insieme a una larga cintura di pelle. “Indossalo in suo onore. Solo
questa volta. Sarebbe stata orgogliosa di vedertelo indossare.”
Rimasero in silenzio a lungo mentre Trick si passava il tessuto tra
le mani, con una gamma infinita di emozioni che gli passava sul viso.
“Non so come si indossa,” disse alla fine.
Il sorriso di suo fratello riuscì a sembrare triste, lieto e sollevato,
tutto in una volta. “Per quello ti posso aiutare io.” Appoggiò la cintura
sul pavimento e si accucciò, con il suo kilt che sfiorava le tavole di
legno mentre sistemava il tessuto sulla cintura facendo delle pieghe.
“Sdraiati sopra,” gli disse.
Le labbra di Trick si incresparono. “Stai scherzando.”
“Nay. L’unico modo per farlo bene è di sdraiarsi sopra.”
Kendra soffocò una risata mentre suo marito guardava
sospettosamente suo fratello. Poi Trick sospirò e allungò il suo lungo
corpo sul pavimento.
“Nay, spostati verso l’alto,” disse Niall. “La cintura deve andare in
vita.” Quando Trick si spostò, suo fratello procedette ad avvolgere il
tessuto a pieghe intorno a lui e ad assicurarlo con la cintura. “Ora ti
puoi alzare,” disse, offrendogli una mano.
Trick provò a piegare le ginocchia mentre Niall prendeva il tessuto
sopra la cintura e lo ripiegava sul davanti, incrociandolo in quello che
essenzialmente erano due grandi tasche. Poi prese il tessuto dietro
e lo drappeggiò sulla spalla di Trick.
Trick fece qualche passo, guardando il kilt che ondeggiava intorno
alle ginocchia.
“Sembra strano,” disse. “Che cosa si porta sotto?”
Niall guardò il proprio kilt. “Niente. Sotto è tutto perfettamente
pronto all’uso.” Alzò gli occhi, con un sorriso malizioso sul volto.
Kendra guardò suo marito che sembrava lievemente
scandalizzato. Sembrava anche bello da morire. Meglio di quando
indossava la sua tenuta nera da brigante, oppure era solo sapere
che sotto non c’era niente?
Il solo pensiero la fece arrossire.
“Beh?” Chiese Niall e lei alzò gli occhi trovando entrambi gli
uomini concentrati su di lei. “Come va?”
Kendra sentì le guance che scottavano. “Be-bene,” riuscì a dire.
“Non vedo l’ora di togliermelo,” borbottò Trick.
Anche lei.
CAPITOLO TRENTATRÉ

CON UN SUONATORE di cornamusa in testa, con un gagliardetto


nero legato ai bordoni, Trick e Niall guidavano gli otto uomini che
portavano la bara della loro madre dal castello fino alla piccola
chiesa. Dietro di loro, la famiglia, gli amici e il personale del castello
li seguivano in una processione piuttosto informale.
“Perché ci sono così poche donne?” Chiese Kendra a bassa voce,
di fianco a Trick, avvolta in uno scialle marrone di fattura casalinga
che aveva preso in prestito dalla signora Ross. I capelli erano
raccolti in una crocchia di trecce.
“La maggior parte delle donne di solito resta a casa,” spiegò Niall,
“a preparare per il ritorno dei partecipanti al funerale. E a tenere
compagnia a mio padre. I mariti di solito non partecipano al funerale
della moglie.”
“E nel suo cuore, lei era sua moglie, ne sono sicura.”
Il sospiro romantico di Kendra fece allegare i denti a Trick.
“Hamish non avrebbe comunque potuto partecipare. Non nel suo
stato di salute.”
“Beh, è un bene che la sua malattia non gli impedisca di fare una
cosa che potrebbe rimpiangere di non avere fatto.” Kendra si chinò
verso Trick. “Non c’è quasi nessuno vestito di nero,” osservò
sottovoce.
“Non è necessario vestirsi di nero per dimostrare rispetto,” disse
Niall, che evidentemente l’aveva sentita. “Non tutti possono
permettersi degli abiti speciali per il lutto.”
Dopo quella risposta, Kendra rimase zitta. La musica della
cornamusa era forte, le note tristi e prolungate. Si ritrovarono presto
nel piccolo cimitero e il motivo solenne finì. Tolsero l’unica corona di
erica dalla bara di quercia e sollevarono il coperchio per l’ultima
volta.
Avvicinandosi, Trick guardò dentro, cercando di memorizzare le
fattezze di sua madre e riconciliarle con i suoi ricordi d’infanzia. Era
stata la donna affettuosa che a volta vedeva nei suoi sogni o la
donna gelida che descriveva suo padre? Che cosa avevano detto le
lettere che non aveva mai letto? Erano state scritte per senso del
dovere, oppure le pagine erano macchiate di lacrime?
Sapendo che era la sua ultima possibilità, allungò una mano per
toccarla.
Il corpo era freddo e irreale e toccarla non fece niente per bandire
i fantasmi dalla sua mente, come aveva detto Niall. Sentì un brivido.
Il loro burrascoso passato sarebbe rimasto tra lui e quelli che
avrebbero dovuto essere bei ricordi.
Altri si fecero avanti per porgere i loro omaggi e toccare sua
madre, poi due uomini vennero avanti per chiudere il coperchio.
Trick si abbassò mentre lo calavano, cogliendo un’ultima occhiata
del suo volto.
“Addio,” sussurrò e Kendra gli strinse la mano.
Non si era reso conto che gliela stava tenendo.
Lessero un breve sermone, ma Trick non sentì che cosa dicevano.
La sua mente era intorpidita e le parole sembravano arrivare da una
nebbia. Mosse i piedi sull’erba morbida, guardando i tumuli che
indicavano le tombe, con le lapidi rese illeggibili dal tempo e dalle
intemperie.
Suonarono una campana e i partecipanti al funerale sfilarono oltre
l’albero dove era appesa, lasciando cadere delle monete in un piatto
mentre passavano. Argento per il funerale. Solo per forma,
immaginò—certamente la Duchessa Vedova di Amberley non aveva
bisogno di aiuto per sostenere le spese del funerale.
O sì? Doveva ammettere che non sapeva niente degli accordi
finanziari dei suoi genitori. Alla morte di suo padre, lui aveva
chiaramente mancato ai suoi doveri di figlio. E ora era troppo tardi.
Si prese a male parole da solo, anche se in silenzio.
Si alzò nuovamente il suono malinconico della cornamusa e la
gente cominciò a uscire dal piccolo cimitero. Mentre si voltava per
andarsene, Kendra gli si mise di fronte e gli prese entrambe le mani.
“Mi dispiace,” sussurrò.
Trick diede un’alzata di spalle. “Non è che mi mancherà,
dopotutto.”
“Ma ti mancherà quello che avrebbe potuto esserci.”
Era saggia, la sua fresca sposa. Kendra gli strinse le dita prima di
lasciargli andare le mani e rivolgersi a Niall. Senza esitare, il fratello
di Trick si lasciò abbracciare e restò lì, con le spalle che si
scuotevano mentre lei mormorava parole di conforto.
Non era solo saggia ma anche compassionevole, si corresse
Trick. Sarebbe stata una buona madre per i loro figli. Se solo fosse
riuscito a guadagnarsi la sua fiducia.
Ma c’erano dei segreti tra di loro e non era ancora il momento
della verità.
Un bel po’ dopo, Niall si scostò e rivolse a Kendra un sorriso
tremulo. “Grazie.”
“Sono tua sorella, adesso,” gli disse gentilmente. “E tu non hai
nessuno qui, Niall. Tua madre non c’è più, tuo padre è malato e i tuoi
fratelli—” si interruppe “Io sono qui per te.”
“E anch’io.” Si inserì Trick, sorpreso di come sembrasse giusto
dirlo. Che qualcuno avesse bisogno di lui, e avere lui stesso bisogno
di un altro. Non succedeva da diciotto anni e non avrebbe mai
pensato di poter riprovare quella sensazione.
Nonostante i racconti di suo padre sui tradimenti di sua madre,
guardò le schiene stoiche della gente che camminava verso
Duncraven e ricordò che una volta era stato felice in quel posto.
Anche quando viveva in quel grigio torrione minaccioso in cima alla
collina.
E lì ora c’era un fratello che aveva bisogno di lui. E una moglie, se
solo fosse riuscito a infrangere le barriere tra di loro.
Le nuvole si stavano raccogliendo di nuovo e l’aria aveva quel
profumo elusivo che indicava che la pioggia stava arrivando. Si tirò il
tartan di lana sulle spalle mentre seguivano gli altri.
“Che cosa succederà adesso, al castello?” gli chiese Kendra.
“Un draidgie, il ricevimento dopo il funerale,” disse Niall.
“Intrattenimenti, balli, si beve e si mangia. Qualche lacrima e un po’
di festa.”
“Ancora festa?” Kendra sembrava incredula.
“Per celebrare la vita di una donna che se n’è andata. Un
momento per augurare allo spirito un buon arrivo dall’altra parte.”
Kendra annuì, apparentemente accettando quello che anche Trick
cominciava a capire: le cose erano diverse lì. Non brutte o sbagliate,
solo diverse.
Eppure, entrambi rimasero sorpresi dalle parole che Niall
pronunciò dopo.
“Sei pronto per una bella zuffa?”

NIALL ENTRÒ A GRANDI passi nella sala grande, si infilò due


dita in bocca ed emise un lungo fischio penetrante che fece girare di
colpo tutte le teste verso di lui.
Il chiacchiericcio calò di volume fino a un silenzio pieno di
aspettativa.
Niall tirò il fiato e alzò la voce. “È un triste giorno quello in cui mia
madre viene messa sotto terra e non si sferra nemmeno un colpo al
suo funerale!” E senza dire altro, si voltò e schiaffeggiò un uomo
vicino a lui.
All’istante, la stanza eruppe in un ‘libero per tutti’. Tartan colorati
rotearono fino a confondersi l’uno con l’altro. Cibo e bevande
volarono via, i tavoli furono rovesciati e le sedie gettate da parte.
Kendra arretrò contro la parete insieme alle altre donne, senza
curarsi che fosse ruvida e probabilmente sudicia. Incredula, si
strinse al petto lo scialle della signora Ross. Non usavano i pugni,
ma il suono degli schiaffi a mano aperta risuonava nelle sue
orecchie mentre la famiglia e gli amici si picchiavano con
entusiasmo.
Guardò Trick dare una sonora sberla a Duncan, che restituì pan
per focaccia con un colpo sulla bocca che Trick si pulì con il dorso
della mano. Ma le rivolse il suo sorriso che mise in mostra il dente
scheggiato, poi roteò su un tallone e schiaffeggiò un perfetto
sconosciuto.
Sembrava si stesse divertendo immensamente.
“Uomini,” borbottò sottovoce.
La donna accanto a lei scosse la testa, con le trecce sale e pepe
che frusciavano. “Non li capirò mai.”
“Vuoi il mio?” Chiese un’altra donna.
Passarono dieci minuti buoni prima che Niall decidesse che c’era
stata abbastanza violenza per dimostrare rispetto a sua madre, e
ordinò una tregua.
Ancora sorridente, Trick si avvicinò a Kendra. “Ci avresti mai
creduto?”
“No,” rispose decisamente Kendra.
“Nemmeno io. Non ho mai visto niente del genere. Ma mi ha fatto
sentire bene, aye ” fece una pausa per tirare un respiro soddisfatto.
“Ero arrabbiato. Sono stato arrabbiato sin da quando siamo arrivati
qua. Non ci volevo venire, e poi trovare mia madre morta—”
“Mai hai trovato un fratello.”
Trick non fece caso a lei. “È stata una bella sensazione picchiare
qualcuno. Liberatorio.”
Con un sorriso ironico, Kendra scosse la testa e Trick le sorrise,
facendo poi una smorfia e portandosi la mano alla bocca. “Ti fa
male?”
“Non troppo, non importa.” Come per provarlo, la tirò vicina e
appoggiò la bocca sulla sua. Kendra sentì il leggero sapore di rame
del sangue e poi, quando Trick aprì la bocca, il calore e la dolcezza
che stava imparando a riconoscere come Trick.
Le sue mani scivolarono intorno a lui, sotto le pieghe del plaid per
sentire la pelle della schiena sotto la camicia di fine tessuto. Trick si
appoggiò a lei e Kendra sentì la prova evidente della sua eccitazione
attraverso il kilt e le sue sottane. Il kilt con niente sotto.
Il pensiero le fece diventare le gambe molli e Kendra si appoggiò
pesantemente a lui.
“C’è qualcosa che non va?” Le chiese Trick con un sorriso,
allontanandola. La crocchia di trecce stava cominciando a sciogliersi
e lui le mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Lo scialle della signora Ross scivolò dalle spalle, finendo sul
pavimento. “Buon Dio.” Kendra si premette la mano sul cuore che
batteva forte mentre percorreva il corpo di Trick con lo sguardo. Il kilt
rosso sembrava un abbigliamento piuttosto primitivo e risvegliava un
istinto altrettanto primitivo in lei. Non aveva mai pensato che le
ginocchia nude di un uomo potessero essere così eccitanti.
Si inginocchiò per riprendere lo scialle, dando una sbirciatina sotto
il tartan mentre si rialzava, ma era troppo buio lì sotto per vedere
qualcosa. In quella giornata nuvolosa, le dozzine di candele nei
candelieri sopra di loro erano praticamente inutili contro l’oscurità
all’interno di Duncraven.
Le labbra di Trick si sollevarono in un sorriso malizioso quando le
tolse lo scialle dalle mani e lo rimise a posto. “Ho chiesto a Niall che
cosa vuol dire leannan,” le disse.
“E?” Kendra abbassò la mano, sfiorando l’orlo del kilt.
“Tesoro.” Le accarezzò delicatamente il mento con il pollice, poi si
chinò a sfiorarle le labbra con un bacio. “Vuol dire dolcezza, tesoro.”
Kendra si sentì tutta calda dentro. “Voglio toccarti lì sotto,”
sussurrò.
“Davvero?” Chinandosi più vicino per schermarla dalla vista, le
passò un dito sulla gola e giù verso la profonda scollatura del suo
abito molto inglese. “Dovremo provvedere, allora. Ma non qui.”
Alla parola qui, l’espressione di Trick tornò seria, come se avesse
appena ricordato quello che era successo quella mattina. Ritirò la
mano e si lisciò il davanti del kilt. “Buon Dio, sono stanco.”
“Non hai dormito per niente.”
Kendra seguì lo sguardo di Trick mentre guardava la gente riunita.
Alcune anime pie stavano aiutando a ripulire il grosso del disastro
dovuto alla zuffa, ma la maggior parte della gente aveva ricominciato
a mangiare e a ingollare alcool. Il chiacchiericcio sembrava
aumentare di volume man mano che aumentava il consumo alcolico.
“Penso che andrò a sdraiarmi un po’.”
“Devo venire con te?”
“Nay.” Trick si strofinò le mani sul volto, evitando il suo sguardo.
“Sono veramente stanco.
Kendra cercò di ignorare la fitta di delusione. “Forse posso andare
a tenere compagnia a Hamish per un po’.”
“Sì, giusto. È stata una giornata difficile per lui.”
Fece per andarsene, ma Kendra lo afferrò per una manica. “È
stata una giornata difficile anche per te, Trick.”
Quando lui scrollò le spalle e si staccò, Kendra lo lasciò andare.
CAPITOLO TRENTAQUATTRO

“COME STA HAMISH, cara?”


Kendra trasalì, svegliandosi, quando la vecchia amica di Hamish,
Rhona entrò nella stanza. “Ha dormito per tutta l’ora in cui sono stata
qui.” Per la centesima volta da quando era entrata, il suo sguardo
andò al letto e fu sollevata di vedere che Hamish stava ancora
respirando.
Rhona le posò una mano sulla spalla. “Vi ringrazio per avergli fatto
compagnia, è stata una pausa benvenuta.”
“Posso restare di più.”
“Nay, andate pure,” disse la donna, tirando fuori il suo ricamo.
“Giù, i giovani stanno raccontando storie di fantasmi.”
Kendra si alzò lentamente. “Se siete sicura, allora.” Al cenno di
conferma di Rhona, Kendra uscì in silenzio, chiudendo la porta.
Non aveva voglia di sentire storie di fantasmi—quel tetro castello
le dava già i brividi così com’era. Decise di andare a controllare suo
marito e salì la lunga scala circolare di pietra.
Trick non era nella loro stanza.
Qualcuno aveva rifatto il loro letto quando avevano lasciato la
stanza, e chiaramente non era stato toccato. Non era venuto a
riposare dopo tutto. Delusa che avesse detto una piccola bugia per
allontanarsi da lei, andò all’unica finestra della stanza,
profondamente incassata in un’alcova dentro il muro. Appoggiando il
palmo delle mani sul freddo davanzale di pietra, si sporse all’esterno
per guardare il cielo.
Grigio, proprio adatto al suo umore. Le nuvole si muovevano in
fretta e stava arrivando la pioggia. Un merlo svolazzò dal cielo per
posarsi nel giardino di sotto, allargando le ali per atterrare
elegantemente su una panchina di pietra.
Lì vicino, una figura con un vivace kilt rosso.
Era chino su qualcosa che aveva in grembo. Qualcosa di bianco,
carta. L’uomo che le aveva detto che non scriveva mai niente era
fuori che scarabocchiava furiosamente.
Scese di corsa le scale, arrivò in fondo ansimante e andò alla
porta.
Niall la trovò che usciva. “Perché tanta fretta? C’è qualcosa che
non va?”
“No-no.” Certo che non c’era niente che non andava—mentre
cercava di riprendere fiato Kendra si chiese per un momento perché
stesse correndo. Per sgridare Trick perché non aveva fatto un
sonnellino? O perché stava riversando i suoi sentimenti sulla carta?
Era un uomo adulto, e aveva diritto a fare quello che voleva,
specialmente in un giorno di turbamenti come quello.
Si costrinse a sorridere al cognato. “Non c’è niente che non vada.
Pensavo solo di uscire e prendere un po’ d’aria.”
Il suonatore di cornamusa si stava scaldando, suonando note
discordanti e un violinista stava accordando il suo strumento. “Il ballo
sta per cominciare,” le disse Niall.
Kendra si guardò attorno, notando che i tavoli e le sedie erano
stati spinti contro le pareti. “Ci sarà davvero un ballo?”
“Aye. La mamma avrebbe voluto che celebrassimo la sua vita
piuttosto che la morte che l’ha fatta finire.” I musicisti si lanciarono in
un motivo allegro e Niall fece un inchino assurdamente solenne.
“Balli?”
Kendra vedeva che Niall stava cercando di mantenere
l’espressione adatta a quel ricevimento, anche se era sicura che
dentro di sé stesse soffrendo. Provò compassione per lui. Per
quanto ballare potesse sembrarle sbagliato in un giorno simile, fece
una profonda riverenza e gli diede la risposta che lui aspettava.
“Me lo stai chiedendo?”
Con una risata profonda, che le ricordava quella di Trick, Niall la
fece volteggiare fino al centro della stanza.
C’erano quattro coppie in circolo e ci volle tutta la sua
concentrazione per riuscire a seguirla. A metà del complicato
schema di passi, era già senza fiato e si rese conto che aveva avuto
ben poco tempo per pensare ai suoi problemi, e nemmeno Niall.
Forse ballare in un giorno simile non era una così cattiva idea,
dopo tutto.
Quando il motivo finì, Niall la prese per il gomito per allontanarla
dalla pista. “Mio padre vuole parlare con te e tuo marito,” le disse
tranquillamente.
Sorpresa di non averlo perso, Kendra si risistemò lo scialle sulle
spalle. “Sta dormendo.”
“Patrick?”
“No, Hamish. Trick è fuori in giardino.”
“Ah, allora era da lui che correvi.” La musica era ripresa e le
coppie cominciavano a formare una doppia fila lungo il centro della
stanza. “Perché lo chiami Trick?” Le chiese Niall.
“Un nomignolo infantile. Lo chiamava così suo padre.”
“Ma non la mamma.” Niall sospirò. “C’è tanto che non so di mio
fratello.”
“Nemmeno lui ti conosce. Ma gli piacerebbe, ne sono sicura.”
Niall le rivolse un sorriso gentile e triste. “Non resterà qui
abbastanza a lungo da conoscermi.”
“Non questa volta. Ma tornerà. Me ne accerterò io.”
“Ah, non ne dubito.” La risata profonda risuonò un’altra volta. “Vi
ho visto che vi baciavate, prima. E scommetterei che puoi fargli fare
quello che vuoi.”
Kendra sentì il volto in fiamme. Non aveva mai pensato a se
stessa come a una donna che potesse persuadere qualcuno con i
baci. Con le parole, sì—era una Chase, poteva discutere e averla
vinta con i migliori. Ma non era mai stata una civetta, tanto meno una
seduttrice.
Felice di quell’idea, Kendra sorrise. “Grazie per il ballo, Niall.”
“Piacere mio.” Stava finendo il secondo ballo, ma ne sarebbe
cominciato presto un altro. “Mi farai di nuovo l’onore?”
“Forse più tardi. Ho un uomo da incontrare in giardino.” E, sperava
di riuscire a persuaderlo ad aprirsi e a condividere i suoi pensieri...
con i baci, se necessario.

“TRICK.”
La voce di Kendra era gentile, ma lui sobbalzò comunque,
voltando in fretta il foglio a faccia in giù sulla panchina accanto a lui.
Era stato talmente preso dai suoi pensieri che non si era accorto che
si stava avvicinando.
Il lieve sospiro di Kendra contraddiceva il suo sorriso. “Non
dovresti mordere la penna.”
Trick se la tolse dalla bocca. “Lo so,” disse in tono asciutto, senza
riuscire a nascondere l’irritazione per essere stato colto a scrivere—
lo nascondeva da tutta una vita. Respirò a fondo per calmarsi. “È
così che mi sono scheggiato il dente. Che cosa ci fai qua fuori?”
“Che cosa ci fai tu qua fuori.”
“Niente.” Giocherellando con la penna che aveva in mano, Trick
alzò gli occhi guardando il cielo. “Non riuscivo a dormire.”
“Hai cercato di dormire?”
Trick rimase in silenzio per qualche istante prima di abbassare gli
occhi e guardarla. “In realtà no. Stavo... stavo scrivendo.” Per quanto
sembrasse difficile ammetterlo, non era il caso di mentire, visto che
l’aveva trovato mentre lo faceva.
L’espressione di Kendra sembrava guardinga, riservata; poi lo
sguardo andò al kilt e si leccò le labbra. Ricordando quello che gli
aveva detto prima, Trick nascose un sorriso mentre la guardava
negli occhi.
Le guance di Kendra divennero delicatamente rosa. “Posso
leggere qualcosa di quello che hai scritto?”
Le mani di Trick andarono alla sottile pila di fogli, come a
proteggerli. “Perché dovresti volerlo fare?”
“Quello che scrivi è parte di te, Trick.”
Vero, ma non la parte migliore. Quello che riversava sulla carta
spesso erano le parti di sé che non gli piacevano.
“Sono poesie?” Gli chiese.
“Aye. Solo poesie. Belle parole che suonano bene insieme.
Insignificanti.”
“Non sarebbero insignificanti per me.”
Il dispiacere le annebbiò gli occhi, e Trick distolse lo sguardo,
desiderando di essere in grado di darle quello che lei voleva.
Arrotolando i fogli in uno stretto tubo, lo infilò nella tasca del kilt.
“Vieni, andiamo a fare una passeggiata. Il giardino è piuttosto
stravagante.”
La portò lungo un sentiero, dove c’erano dozzine di piccoli modelli
di castelli annidati tra i cespugli su ognuno dei lati. “Il giardino dei
castelli,” disse Kendra con un sorriso, con un’allegria risoluta che
non lo ingannò. “Che idea brillante.”
“Opera di mia madre. Quando ero un bambino, lei passava ore e
ore qua fuori ogni estate. E quando l’inverno la teneva rinchiusa
dentro, progettava e costruiva i piccoli castelli. A volte mi permetteva
di aiutarla.” I loro passi scricchiolavano sul sentiero di ghiaia.
“Ovviamente, mio padre pensava che fosse una perdita di tempo.”
“Che cosa voleva che facesse, invece?”
“Non lo so.” Non aveva mai voluto saperlo e, non sapendolo, si
era sentito più sicuro. “Ero solo un bambino e non ho mai capito né
loro né il modo in cui stavano insieme.”
“Era un uomo difficile con cui vivere, tuo padre?”
Difficile non cominciava nemmeno a descrivere il Duca di
Amberley. “Non so che cosa significasse per lei vivere con lui, ma
per me è stato l’inferno in terra.”
Kendra lo prese per mano. “Si aspettava grandi cose da te, vero?”
“No, almeno non come lo intendi tu.” Si sentiva stanco almeno
quanto la sua voce, esausto e stordito. “Io ero solo un mezzo per
arrivare a un fine. Una pedina nel suo gioco. È più sicuro mandare
un bambino a fare un lavoro pericoloso, capisci. Nessuno si
aspetterebbe che un bambino contrabbandi degli oggetti nei suoi
vestiti. Né sospetterebbe che stia facendo dei segnali alle navi,
vedendolo da solo, su una collina, con una lanterna in mano, notte
dopo notte, al freddo.”
“Ti faceva fare queste cose?”
“Questi sono gli esempi più blandi.” Le domande di Kendra
sembravano così innocenti, la compassione nei suoi occhi così
acuta, che non riuscì a toglierle le illusioni raccontandole i dettagli.
Inoltre non aveva più l’energia per farlo. O la volontà.
“E quando sei stato più grande?”
“Ha trovato modi diversi per usarmi.” Si fermò sul sentiero.
C’erano delle cose che era meglio dimenticare. “Dobbiamo parlarne
proprio adesso?”
Ci fu una lunga pausa mentre Kendra sembrava cercare di
decidere. “No, ovviamente no,” gli disse con un sorriso che Trick
sospettò fosse forzato. “Il giardino dei castelli di tua madre è
affascinante. È piuttosto appartato qui, vero?”
“Aye.” Gli alberi creavano un viale frondoso, schermandoli da
occhi indiscreti. “È da più di un’ora che sono qui e non ho visto
nessuno.”
“Mmm...” disse Kendra pensierosa, con il sorriso che diventava
reale.
“Mmm? Che cosa hai in mente?”
“Solo questo.” E lo sospinse indietro contro un pioppo, alzandosi
sulla punta dei piedi per premere la bocca sulla sua.
Dopo un momento di stupore, Trick reagì, stringendola tra le
braccia e lasciando che le labbra e il corpo di Kendra lo
confortassero come le parole non potevano. Lo aveva respinto tanto
a lungo che si ritrovava a crogiolarsi nella sua improvvisa
accettazione. Il profumo lieve di Kendra lo circondava, più potente
del miglior whisky invecchiato.
Un lungo, intenso minuto dopo, Trick piegò la testa di lato,
continuando a tenerla vicina. “Non mi hai mai baciato tu per prima.
Che cosa ti ha preso, leannan?”
In silenzio, eccetto che per il suono irregolare del suo respiro,
Kendra cercò nei suoi occhi. Arrivò una folata di vento che fece
stormire le foglie argentee dei pioppi, e Kendra si appoggiò di nuovo
a lui. “È il kilt, Trick. Mi fa impazzire.”
Anche se era sicuro che ci fosse qualcos’altro, Trick sorrise e le
mise dietro l’orecchio un ricciolo che si era sciolto dalla crocchia.
“Chiederò a Niall se posso tenerlo.”
“L’idea non mi dispiace.”
“Ma solo se mi bacerai ancora,” aggiunse, poi abbassò la testa,
baciandola prima che potesse farlo lei.
La passione inaspettata di sua moglie lo rese disperato e
imperioso. Continuò a baciarla, cercando di perdersi in lei. Kendra si
strinse a lui, facendo scivolare le mani sotto il plaid per appoggiarle
alla camicia. Sotto le sue dita, il battito del cuore di Trick era
affrettato come quello che lui riusciva a sentire sotto il vestito di
Kendra. Frenetico.
Staccandosi, premette forte la fronte su quella di Kendra. “È
sbagliato?” Le chiese sussurrando. Un sussurro strozzato, perché
conosceva la risposta.
Un’altra folata di vento fece volar via lo scialle di Kendra, ma lei lo
lasciò andare. “No, certo che non è sbagliato.” A pochi centimetri da
lui gli occhi di Kendra sembravano confusi. “Siamo sposati, Trick.”
“Non è quello che intendevo.” Come diavolo poteva tenerla a
distanza, per rispetto, quando finalmente lei si era avvicinata dopo
tutte quelle settimane? Voleva che capisse. Voleva capire anche lui.
“Ho sepolto mia madre oggi. E ora voglio... voglio solo stare con te.
Fare l’amore con te. Come se la sua morte, la sua vita, non
importassero.”
“Certo che importano.” Le mani di Kendra si strinsero sulle sue
spalle e gli occhi persero l’espressione confusa, riempiendosi invece
di preoccupazione. “È naturale, Trick. Volersi toccare, riprendere
contatto. Con la gente, con la vita. Come la draidgie, il ricevimento
dopo il funerale, non vedi? Niall ha detto che serviva a celebrare la
vita di tua madre invece di soffermarsi sulla morte che le ha posto
fine. Non può essere sbagliato.”
Aveva quasi senso e Trick voleva lasciarsi convincere. Incapace di
resistere, quando Kendra lo baciò di nuovo, le sue spalle si
rilassarono. Il bacio passò da dolce a divorante e per un lungo,
euforico minuto, Kendra fu il centro del suo mondo.
L’unica persona, sembrava, cui lui era sempre realmente
importato.
“Non ti merito,” sussurrò Trick, chiedendosi quando sarebbe finito.
Perché tutte le cose belle nella sua vita finivano.
Con un sorriso dolce sulle labbra, Kendra si alzò sulle punte per
baciarlo di nuovo.
“Patrick! Kendra!” La voce di Niall risuonò tra le foglie sopra di
loro.
Trick la strinse più forte. “Che cosa vuole?” Borbottò contro la sua
bocca. Quando suo fratello apparve sul viale alberato, Trick lasciò
cadere le braccia con un gemito.
“Mio padre è sveglio,” disse Niall. “E questa sembra una giornata
buona. Vuole parlare con entrambi voi.”
CAPITOLO TRENTACINQUE

“ELSPETH NON STAVA morendo.” Anche se Hamish era ancora


a letto, era seduto per la prima volta da quando Kendra lo aveva
incontrato. “Quando ha scritto quella lettera, era perfettamente
sana.” La sua voce era forte e sicura, e Kendra sperava che
significasse che stava migliorando. Seduta accanto al letto vicino a
Trick, allungò la mano per toccarlo. “Forse era già malata ma non ha
voluto dirvelo.”
“No, ragazza. Elspeth ed io non avevamo segreti.”
Un’espressione incredula attraversò il volto di Trick. “Perché
allora?” Gli chiese. “Perché scrivere che stava morendo se non era
vero?”
“Voleva rivederti,” disse semplicemente Hamish. “Sperava che il
pensiero della sua morte ti avrebbe riportato a Duncraven, anche se
non avevi mai risposto a nessuna delle sue lettere.”
“Non ho mai ricevuto nessuna delle sue lettere.”
“Così mi ha detto, in lacrime, la signora Ross questa mattina.”
“Ma non le hai creduto.”
Hamish sbatté gli occhi. “Certo che le ho creduto. Che cosa ti fa
immaginare che penserei male di te, Patrick? Se dici di non aver
ricevuto le lettere, io ti credo sulla parola.”
Un lieve rossore colorò il collo di Trick. “Mio padre deve averle
intercettate.”
Kendra gli prese la mano e la strinse, sentendo la sua tensione.
Trick non avrebbe voluto essere lì a parlare di tutto quello. Voleva
tornare in giardino. Gliel’aveva detto brontolando ben tre volte
durante la lunga scalata fino alla stanza.
“Tuo padre...” le dita di Hamish battevano irritate sul copriletto.
“Era tipo da farlo, distruggere le lettere indirizzate a te, te lo
assicuro.”
Trick appoggiò il bicchiere di whisky che aveva afferrato nella sala
grande e portato con sé. “Vi assicuro, signore, che non lo stimavo
più di quanto lo stimavate voi.”
Seduto sul letto accanto a suo padre, Niall sorseggiava il suo
bicchiere di liquore. “Papà, vuoi dire a Patrick perché la mamma lo
aveva convocato?”
Lo sguardo di Trick si spostò di colpo sul fratello. “Non era solo
perché voleva vedermi? Aveva un altro motivo?”
“Aye,” disse Hamish, “ed è una lunga storia quella che vi devo
raccontare. Una storia che riguarda il primo Re Charles e il suo
sventurato viaggio in Scozia.”
“Che cosa può avere a che fare—”
“Ascolta, per favore.” Con uno sguardo alla porta per assicurarsi
che fossero soli, Hamish si sistemò contro i cuscini e cominciò a
raccontare. “Re Charles era nato qui, come sai, ma era andato via
da bambino, e noi scozzesi avevamo sentito dire che si riteneva un
inglese.” Bevve un sorsetto della bevanda verde che Rhona gli
aveva lasciato, poi fece una smorfia e tese una mano per farsi dare il
bicchiere di Niall. “Comunque, Charles era il nostro Re—un Re
scozzese. I nobili insistettero per una seconda incoronazione, sul
suolo scozzese con i gioielli della corona scozzese. Trentacinque
anni fa, nell’ottavo anno del suo regno, finalmente Re Charles
acconsentì a una visita.”
Incuriosita, Kendra si chinò in avanti. “Non era tornato a casa per
tutto quel tempo?”
“Non la considerava casa sua, come vedrete.” Hamish bevve,
chiudendo gli occhi per un lungo momento di contentezza mentre il
whisky gli scivolava in gola. “L’eccitazione era enorme,” disse, dopo
aver schioccato le labbra. “Si buttarono tutti nei preparativi.
Sistemarono le strade e ripararono i ponti. Sostituirono i tetti di
paglia con le scandole, perché il Re non pensasse che eravamo
poveri. Alla fin fine, spesero un mucchio di soldi per migliorare e
abbellire la strada reale e dimostrare che eravamo all’altezza degli
inglesi. Speravamo di fare appello alla sua anima scozzese, così che
allentasse i freni e ci lasciasse vivere come volevamo.”
Fece una pausa per un altro sorso. “Ma fu subito chiaro che lui
voleva dimenticare le sue origini. Arrivò qui per un tour di un mese
con un seguito di bagagli lungo due miglia. Cinquanta carri, due
vescovi, dozzine di cortigiani. Lungo la strada si fermavano ad
alloggiare con i nostri nobili scozzesi, mandandoli in bancarotta uno
dopo l’altro con le loro assurde pretese. D’impulso, Charles
cambiava il suo itinerario, oltrepassando posti che erano stati
accuratamente preparati e facendo chiaramente capire che
comunque quei preparativi non lo impressionavano proprio. Ci ha
trattato da inferiori quando avevamo sperato che si sarebbe sentito
unito a noi dal fatto di essere scozzese di nascita.”
Il pollice di Trick continuava ad accarezzare il palmo della mano di
Kendra e accennò un sorriso quando la sentì tremare. Sembrava
non stesse assolutamente facendo attenzione alla storia.
“Quando ci fu finalmente l’incoronazione, non fu quella
tradizionale scozzese che era stata programmata, ma una
lunghissima cerimonia religiosa. Un rito della Chiesa d’Inghilterra. La
gente fu inorridita nell’apprendere che in una chiesa scozzese
avesse avuto luogo una cerimonia papista e blasfema.”
Apparentemente ascoltando più di quanto sembrasse, Trick fece
una smorfia. “Immagino fossero furiosi.”
L’anziano annuì. “Le sue azioni incitarono una rivolta che portò poi
alla sua fine. Ma sto andando troppo avanti.” Si inumidì le labbra
secche. “Dopo l’incoronazione, la sua ultima fermata programmata
era al Palazzo Falkland, qui vicino. Furono invitati tutti i nobili locali,
e andò anche tua madre, ovviamente, insieme alla sua famiglia.
Tutta la gente comune in grado di lavorare fu cooptata per aiutare
con il banchetto, me incluso, anche se non avevo nemmeno ancora
l’età di Niall.”
“Il banchetto andò male?” Chiese Kendra, togliendo le dita dalla
mano di Trick.
“Per niente. Pensavamo tutti che fosse un successo eccezionale,
l’intrattenimento più impressionante che avessimo mai visto. Ma a
quel punto Charles si era stancato della Scozia—senza dubbio
quanto ci eravamo stancati noi di lui—e alle tre del mattino seguente
svegliò tutti e annunciò che aveva deciso di partire immediatamente.
Tutti a Falkland si dettero da fare per preparare i suoi effetti
personali per il viaggio.”
“Che tipo di effetti personali?” Chiese Kendra mentre Trick le
riprendeva la mano, appoggiandosela in grembo e imprigionandola
con la sua. Né Niall né Hamish sembrarono notarlo, ma,
scandalizzata, Kendra non riusciva a non pensare che cosa c’era
sotto il tessuto coperto dalla sua mano.
Niente.
“Non credereste a che cosa si era portato dietro,” stava dicendo
Hamish, con lo sguardo perso nei ricordi. “Avevo gli occhi fuori dalla
testa, davvero. Oltre ai vestiti e a mobili degni di un palazzo—
dormiva nel letto reale che si era portato dietro—Re Charles
viaggiava con tutti i suoi oggetti domestici, tesori personali, gioielli e
tutta l’attrezzatura di cucina, incluso i piatti reali. Mezza tonnellata di
argento e oro. Mangiare su semplici piatti scozzesi e bere in normali
coppe scozzesi non era roba per lui. Quindi ci ordinarono di aiutare a
imballare tutta quella roba per il suo ritorno a Londra.”
Kendra sentì movimento sotto la mano, e il palmo fremette. “De-
deve esserci voluta tutta la notte.”
“Si sentivano ancora i profumi dei cibi del banchetto e avevamo
solo poche ore per fare tutto. Charles non vedeva l’ora di partire.
Partì alle prime luci dell’alba. Nel viaggio di andata, avevano
attraverso il fiume Forth sul ponte di Stirling, ma per il viaggio di
ritorno il Re era troppo impaziente per fare tutto il giro. I suoi uomini
trovarono tre barche per attraversare l’insenatura tra Burntisland e
Leith e caricarono due di quelle con tutto quello che potevano. Non
ci stava tutto, ma Charles insistette che continuassero a caricarle,
finché, quando finirono, l’acqua arrivava quasi ai bordi.”
Trick aggrottò la fronte, mettendo un braccio sulle spalle di
Kendra. “Eravate lì a vederlo?”
“Nay, ma ho sentito le storie. C’era una terribile tempesta, lo
ricordo. Il vento soffiava sempre più forte e le onde facevano ballare
le barche mentre caricavano le casse dei tesori. Re Charles fu
accompagnato con una barca a remi sul terzo vascello, mentre i suoi
domestici e i servitori andarono con i suoi averi. Venticinque persone
su una di quelle navi... ma solo uno sopravvisse per raccontarlo.”
“Oh, no!” esclamò Kendra. “Che cosa successe?”
“Il resto di loro finì sul fondo dell’insenatura, insieme al tesoro. Al
sicuro su un’altra barca, Charles vide il vascello affondare, ma non
c’era niente che potesse fare per fermarlo. Niente che qualcuno
potesse fare per salvare quelle vite.”
Uno spettacolo raggelante. Kendra si appoggiò al fianco di Trick,
trovando conforto nel suo calore. “Charles doveva essere furioso.”
“Aye. La gente disse che l’affondamento era un atto di Dio che si
vendicava dei suoi misfatti in tema di religione, ma lui decise che
erano state le streghe e fece arrestare un po’ di gente da punire.
Furono ingiustizie come queste che ci portarono a schierarci con i
Roundhead nella guerra civile, per sbagliato che fosse.”
Le dita di Trick tracciavano pigri cerchi sulla spalla di Kendra che
strinse il pugno della mano libera che aveva in grembo. Quella in
grembo a Trick era calda contro la lana. Mantenendo il volto
impassibile, fece un cenno ad Hamish. “Le casse sono mai state
recuperate?”
“Nay, ragazza mia, perché l’insenatura è fredda e profonda. Sono
lì ancora oggi.”
Chiuse un momento gli occhi. Occhi che sembravano familiari,
pensò Kendra, chiedendosi perché.
“Ma il tesoro,” disse Hamish quando li riaprì, “non è in quelle
casse.”
La mano di Trick sulla sua spalla si fermò. “Scusate?”
“Devi capire, la gente era furiosa ancora prima della caccia alle
streghe. Dopo il banchetto, tua madre uscì di nascosto dalla sua
stanza e ci incontrammo in un magazzino insieme a Rhona e Gregor
—noi quattro eravamo grandi amici, anche allora. Lo Yeoman della
Buttery aveva ricevuto l’incarico di imballare tutta la cucina, che
includeva i piatti reali. John Ferries, si chiamava. Aveva poco
personale e accettò di buon grado tutto l’aiuto che poté trovare.
Quindi aiutammo anche noi.”
Rimase in silenzio per un momento.
Trick prese il suo bicchiere. Niall mise una mano su quella di suo
padre sopra la coperta. “Dite loro qual è stato il vostro aiuto, Papà.”
Hamish sospirò. “Prima aiutammo John Ferries ad ubriacarsi. Poi
aiutammo a riempire le casse, ma non con i piatti d’oro e
d’argento...” tirò il fiato e fece una pausa drammatica. “Con i sassi.”
Trick si strozzò con una sorsata di liquore. “Sassi?” ripeté
incredulo.
“Aye.” Spostandosi nel letto, Hamish sembrava tutt’altro che
orgoglioso di quello che aveva fatto. “Il tesoro affondò. Il corpo del
povero John Ferries venne a riva qualche giorno dopo, quindi il
segreto rimase tra noi quattro. I piatti reali sono rimasti nascosti fino
ad oggi.”
“Dove?” Chiese Kendra, senza fiato.
“Se volete, manderò Niall per mostrarvelo. Subito, domani
mattina.”
Trick non ne capiva il motivo. Per quanto la storia fosse
affascinante, aveva in programma di partire il giorno dopo. Doveva
completare la missione per il Re. E ricominciare da capo con
Kendra.
Diede una strizzata sperimentale alla mano che teneva in grembo,
sorridendo quando sentì il polso che accelerava. “È una storia
interessante, ma che cosa ha a che fare con la convocazione di mia
madre?”
“Lei sperava—noi speravamo—che avresti restituito il tesoro al
suo legittimo proprietario: Re Charles II.”
La delusione gli scavò un solco nel cuore. Sua madre non aveva
cercato una riconciliazione. Come suo padre, aveva solo cercato di
usarlo per i suoi scopi.
“Non hanno mai venduto nemmeno un pezzo,” aggiunse Niall, nel
tentativo trasparente di alleggerire le colpe dei suoi genitori. “È stato
nascosto in ventitré casse per trentacinque anni.”
Hamish annuì. “Devi credermi, non lo abbiamo preso per
arricchirci. Era uno scherzo, un atto di rivalsa. Eravamo abbastanza
giovani—abbastanza arrabbiati—da rischiare una simile follia. E
anche se siamo stati fortunati e i nostri sassi sono affondati e il
nostro misfatto non è mai stato scoperto, ha comunque pesato sulle
nostre coscienze da allora.”
Già, immaginò Trick. Ma il destino dell’anima di sua madre era
nelle mani di Dio ora, e lui non sentiva la responsabilità di alleggerire
la coscienza di questo vecchio.
Senza Hamish, forse Elspeth avrebbe imparato ad amare suo
marito, o almeno avrebbe imparato a vivere con lui e Trick avrebbe
avuto una famiglia. Non doveva niente a quest’uomo.
Hamish bevve un altro sorso dal bicchiere di Niall, per fortificarsi.
“Charles è stato decapitato—ha pagato per le sue azioni. Suo figlio è
un uomo migliore, un Re migliore. Non vogliamo il tesoro, non lo
abbiamo mai voluto. Ma tua madre temeva che se lo avessimo
restituito ci avrebbero arrestato. Quindi sperava che lo facessi tu per
noi. Tu godi della confidenza del Re e lui si fida di te—”
“Come fate a saperlo?”
“Pensi che tua madre non ti abbia tenuto d’occhio come meglio
poteva? Noi—lei ha assunto della gente perche le facessero
rapporto. Se mai avessi veramente bisogno di lei, Patrick, lei ci
sarebbe stata.”
Lui aveva veramente avuto bisogno di lei. Quelle volte in cui era
rimasto da solo in una scuola in Francia, e le altre volte, gli anni
infiniti in cui aveva lavorato poco più che come uno schiavo
nell’impresa illegale di suo padre.
Ma il passato era passato. Aveva accettato da tempo quello che
gli aveva riservato il destino, e c’erano faccende più urgenti che
richiedevano la sua attenzione.
Re Charles aveva diritto al tesoro reale, e Dio solo sapeva se ne
avesse bisogno. Il pover’uomo era ridotto a vendere i titoli per
coprire le spese. Anche in quel momento, i suoi ambasciatori
giravano per la nazione con moduli in bianco per chiunque volesse
pagare per diventare baronetto. Che questo vecchio malato
meritasse o no la lealtà di Trick, il suo monarca certamente la
meritava.
Charles. La sua vita, ultimamente, sembrava essersi ridotta a
servire Charles.
“Va bene, lo farò,” disse con un sospiro rassegnato. “Mostratemi le
casse domani, e troverò il modo di portarle a casa.”
CAPITOLO TRENTASEI

“SE DEVO TRASPORTARE a casa questo tesoro,” brontolò Trick


mentre scendevano le scale, “dovrò organizzarmi.”
Dietro di lui, nella torretta buia e stretta, Kendra sospirò. Tutte le
sensazioni sensuali tra di loro sembravano essere svanite nell’aria.
Gli mise una mano sulla spalla. “Che cosa devi fare? Magari posso
aiutarti.”
“Devo vedere queste ventitré casse e decidere quanti altri veicoli
mi serviranno per trasportarle, quante guardie dovrò assumere. E
che cosa ne farò durante le soste notturne? Attireremo attenzione
attraversando la nazione con un entourage degno della famiglia
reale. Il tesoro dovrà essere protetto ventiquattro ore su
ventiquattro.”
“Ci organizzeremo,” lo tranquillizzò Kendra. “Vediamolo prima, poi
ci preoccuperemo della logistica.”
“Mi viene il mal di testa solo a pensarci.”
“Forse sarebbe meglio inviare un messaggero a Charles.
Potrebbe mandare un contingente di soldati per scortare il tesoro.”
“E aspettare qui, girandomi i pollici, per tre settimane e più, finché
arrivano i soldati? Non credo proprio.”
Arrivarono al pianterreno scoprendo che le danze erano finite e i
tavoli erano tornati al loro posto. C’erano torce accese alle pareti per
aumentare la luce dei candelieri di ferro e le donne stavano
affaccendandosi a sistemare tutti i piatti che avevano portato per il
ricevimento.
Trick porse un piatto a Kendra, prendendolo dalla pila alla fine del
tavolo, poi ne prese uno per sé. Il cibo aveva un profumo delizioso,
ma lui era di pessimo umore e il piatto colmo non sembrava servisse
a migliorarlo.
Era strano per un uomo, pensò Kendra, mentre sceglieva un
pezzo di pan di spezie e una fetta di crostata al limone. I suoi fratelli
non avevano mai mancato di cambiare umore davanti a un piatto di
buon cibo.
Niall fece loro segno di unirsi a lui a un tavolo vuoto, riempiendo
altri due boccali di birra da una caraffa. Si erano appena seduti che
Annag e Duncan arrivarono, con i loro figli al seguito, a occupare i
posti rimanenti.
“Che cosa voleva Papà da voi?” Chiese Annag, indicando a una
ragazzina di sedersi sulla panca e sistemando un bambinetto
moccioso accanto a lei.
Niall riempì un altro boccale per lei. “Niente che ti interessi.”
Duncan si sedette, appoggiando il suo piatto sul tavolo con un
tonfo. “Non ti ha parlato di un nuovo testamento, allora?” Chiese,
cercando di mantenere indifferente il tono di voce.
“Nay,” disse seccamente Trick. Tagliò un pezzo di montone con
più vigore di quanto fosse necessario.
“Prendi, Alastair.” Annag spinse un piatto con un po’ di tutto di
fronte a un altro dei suoi figli, un ragazzo che sembrava avere un
ghigno simile al suo. “Sicuro che non abbia parlato del testamento?”
“Aye.” Niall prese del pane. “Sembra che papà stia riprendendo le
forze. Quindi, qualunque cosa speriate di ottenere alla sua morte,
non dovreste aspettarvelo tanto presto.”
Kendra trovò l’espressione oltraggiata di Annag poco sincera.
“Non desidero certo la morte di Papà, idiota.”
“Ma adesso che lui si è fatto vivo, un Duca e tutto il resto—”
Duncan lanciò un’occhiata poco amichevole a Trick, prima di
concentrarsi nuovamente su Niall, “—non avrai più bisogno delle
poche proprietà di Papà. Con un nuovo fratello che può provvedere
a te.”
La bocca di Niall si aprì e si richiuse come quella di un pesce fuori
dall’acqua.
Kendra vide Trick stringere i denti prima di puntare il coltello nella
direzione di Duncan. “Che cosa vi fa credere che abbia voglia di
provvedere Niall? Scommetto che vostro padre non è saltato alla
stessa conclusione.”
Duncan bevve dall’onnipresente bicchiere di whisky, fissandolo
cupo sopra il bordo. “Che ne sai tu di nostro padre?”
“Abbastanza da sospettare che non taglierà fuori tanto facilmente
dal suo testamento il figlio minore.” Trick restituì a Duncan
un’occhiata altrettanto torva. “Il figlio preferito.”
Sentendo la violenza che stava per scoppiare, Kendra si morse la
guancia. “Non potremmo comportarci civilmente?”
Annag si voltò sbuffando, e fissò con disprezzo la sua profonda
scollatura. “Tu restane fuori.”
“Vi rivolgerete a mia moglie con rispetto,” disse Trick a denti stretti.
Se Annag fosse stata un uomo, l’avrebbe già picchiata, pensò
Kendra, stringendosi lo scialle sulle spalle per coprire il davanti del
suo vestito. Anche così, sentiva che Trick riusciva a malapena a
controllarsi.
Quando il figlio di Annag cominciò a piangere, il volto di Duncan
diventò rosso quanto quello del bambino. “Chi ha bisogno di questi?”
Sbraitò rivolto a Niall, alzandosi a metà. “Da quando sono arrivati—”
indicò rabbiosamente Trick e Kendra “—non posso parlare con te
senza che loro ficchino il naso. Tienili lontani dagli affari della nostra
famiglia, altrimenti—”
“Altrimenti?” Niall si alzò, con i pugni stretti. “Sono cresciuto
adesso, aye? Non puoi più picchiarmi. Ti stenderei in un minuto.”
Non era una minaccia a vuoto. Niall era più alto di una decina di
centimetri e la sua figura giovanile era solida e allenata, mentre
quella di Duncan era rammollita dalla pigrizia e dal bere.
A quanto pareva non così stupido come sembrava, Duncan si
sedette. “Tienili lontani,” ringhiò. “Tutti e due.”
“Sono di famiglia, esattamente come te,” gli rispose seccamente
Niall. “La mia famiglia.”
Annag rivolse un’occhiata tagliente a Duncan. “Ce l’ha nel
sangue.”
“Il sangue scorrerà, se non la smettete,” disse Trick, cupo. Il
coltello ricadde sul piatto e, mentre si alzava, portò la mano all’elsa
della spada.
Stringendosi nello scialle, Kendra si alzò. “Non abbiamo visto
abbastanza violenza, oggi?” Restavano ancora le tracce della
precedente zuffa. “Andiamo Trick. Capisco dove non sono la
benvenuta.”
Fece una riverenza a Niall ma ignorò i suoi fratelli, prendendo la
mano che Trick teneva sulla spada e portandolo via. Trick le permise
di trascinarlo, non prima di aver lanciato ai figli maggiori di Hamish
un’occhiata assassina.
Era esattamente ciò che temeva Kendra—un assassinio. Trick era
un brigante, dopo tutto, abituato alla violenza, e lei non lo aveva mai
visto così furioso.
Volendo allontanarlo da Annag e Duncan il più possibile, lo portò
fuori dalla porta e nel giardino. Per tutto il tragitto, Trick non disse
una parola, ma appena arrivarono al mondo incantato dei modellini
di castelli di sua madre, Kendra lo sentì rilassarsi.
Era quasi buio e i rami sopra la loro testa erano sagome nere
contro il cielo grigio scuro. Camminarono in silenzio avanti e indietro
lungo il viale alberato. Lo scricchiolio dei loro passi sulla ghiaia
sembrava perdersi nel rumore del vento e il fruscio delle foglie. La
presa di Trick sulla sua mano si ammorbidì e lui riprese a respirare
normalmente, mentre il passo diventava più sciolto.
Cominciò a cadere una pioggerellina leggera e tornarono dentro,
senza parlare.
La porta si chiuse dietro di loro, lasciando fuori la pioggia e il vento
rumoroso. Nel tunnel che portava attraverso la spessa parete di
pietra, Trick si fermò e mise le mani sulle spalle di Kendra. Illuminati
dalle torce nell’entrata, gli occhi di Trick cercarono quelli di Kendra,
che lo fissò, cercando di capire che cosa cercasse,
“Non mi piacciono, quei due,” disse Kendra a bassa voce. “Credo
che siano capaci di tutto. Non so che cos’abbia Hamish da lasciare
ai suoi figli, ma sospetto che farebbero di tutto per assicurarsi che
finisca in mano loro. Tutto quanto.”
Trick scrollò le spalle, avvicinandosi e spingendola indietro finché
Kendra sentì il muro ruvido contro la schiena. Trick si passò la mano
tra i capelli e sospirò. “Non possono fare niente, e lo sanno. Parlano
per disperazione.” Le passò le nocche sulla guancia. “Non
angosciare la tua bella testolina per loro, leannan.”
Leannan. Suonava diverso ora che ne sapeva il significato. “La
mia testa non è solo carina,” ribatté, non immune al suo odore e
all’improvvisa scintilla che gli accese gli occhi.
Trick annuì lentamente. “Aye, è vero.” Il vento le aveva sciolto
quasi tutta la crocchia e Trick le mise le ciocche dietro le orecchie,
prima da un lato e poi dall’altro. Diede un’occhiata nella sala grande,
lanciando un’occhiataccia a qualche povera anima che aveva osato
guardare dalla loro parte. Poi, schermando il corpo di Kendra con il
suo più grande, abbassò la testa e la baciò.
Fu un bacio lungo e dolce, che risvegliò in Kendra quello che era
iniziato nella stanza di Hamish. Le sue mani si mossero per
afferrarlo ai fianchi, poi le dita scesero lungo l’orlo del kilt e si
infilarono sotto.
“Mmm,” Con una bassa risata, Trick le prese entrambe le mani
con una delle sue, poi gliele alzò sopra la testa e la premette contro
la pietra gelida. A paragone, il corpo di Trick sembrava così caldo
contro il suo. E la sua bocca questa volta era più dura e calda,
famelica, con la lingua che chiedeva di entrare. Kendra voleva
toccarlo, ma aveva le mani legate e non ci riusciva, e quello che
provava era strano, una fitta di frustrazione mischiata al brivido del
bacio.
Trick si tirò indietro e alzò un sopracciglio. “Questo ti insegnerà ad
approfittarti di un uomo con la sottana.”
“Davvero?” Nervosa e affascinata, Kendra alzò gli occhi sulle loro
tre mani.
Lo sguardo di Trick seguì quello di Kendra e questa volta la sua
risata fu breve e divertita. Le lasciò andare i polsi. “Visto che ti sono
volute cinque settimane per venire nel mio letto, immagino che ti
lascerò qualche anno prima di trovare un modo di tenere le tue
legate, ed entrambe le mie libere.”
“Legate?” Chiese Kendra senza fiato. Era sempre così sfrontato.
“Foulard, un paio di cravatte—” Trick guardò in basso, “—forse
una fascia di tartan?” La sua espressione passò da giocosa e
pensierosa. “Più avanti, leannan, molto più avanti, credo.”
Kendra arrossì furiosamente, per nulla imbarazzata da
quell’immagine mentale, anche se riteneva che avrebbe dovuto
esserlo. Poi la bocca di Trick reclamò ancora la sua, di nuovo dolce,
e lei lo abbracciò, senza pensare più a quello, o a nient’altro,
godendosi il bacio.
Quando Trick si tirò indietro, Kendra provò un brivido delizioso,
sapeva che sarebbe sicuramente successo quella sera.
“Hai freddo, tesoro?”
“Forse un po’.” Nervosa ed eccitata e spinta contro una fredda
parete di pietra. Ma le pietre non erano solo fredde. “C’è qualcosa in
questo posto...”
CAPITOLO TRENTASETTE

“BUONA SERA, MIEI cari.” Quando Kendra e Trick entrarono


nella loro stanza, la signora Ross si fece avanti, con due coppe in
mano. “Pensavo che avreste gradito una bevanda calda, un sack
posset, per aiutarvi a dormire.”
Kendra sapeva che dormire era l’ultima cosa che aveva in mente
Trick. E anche lei, a dire il vero. Prese una delle coppe e assaggiò il
liquido caldo e denso, dolce e fragrante, con profumi di panna e
sherry. Guardando Trick da sopra il bordo della coppa lo vide togliere
il rotolo di carta dal davanti del kilt e infilarlo nel suo baule.
“Grazie,” Trick fece un cenno e sorrise alla signora Ross. “Vi
auguriamo una buona notte,” aggiunse, con intenzione.
Kendra si lasciò cadere contro la porta quando Trick la chiuse.
“Che strano che ci stesse aspettando quassù.”
“Era la mia vecchia bambinaia.” Si slacciò il cinturone della spada
e lo gettò sulla scrivania. “Immagino che ci abbia visto insieme e
abbia pensato che non ci sarebbe voluto molto perché venissimo a
letto.” Quando Kendra arrossì, la tirò vicino. “Non ho voglia di
pensare alla signora Ross, adesso.”
Con occhi di Trick bruciavano nei suoi, riscaldandole il sangue.
Bevve ancora un po’ di sack posset, sperando che il vino le desse
forza. E coraggio. Ancora non era sicura che ci sarebbe stato.
Aveva il cuore che batteva in modo erratico a quel pensiero,
insieme a una strana sensazione di calore al basso ventre.
Senza un’altra parola, Trick le tolse la coppa dalle dita e la
appoggiò accanto alla sua. Le tolse lo scialle dalle spalle, lo arrotolò
e lo gettò in un angolo. Abbassando la testa, le accarezzò con le
labbra il seno lasciato scoperto dalla profonda scollatura. “Preferisco
di gran lunga questi deliziosi abiti inglesi,” mormorò.
Le parole erano calde sulla pelle. Fino a quel momento, Kendra
non aveva mai riflettuto sulle scollature che erano di moda da
quando Re Charles era ritornato sul trono. La moda era dettata
dall’amore di Charles per tutto ciò che era francese e questo
significava che Kendra aveva indossato abiti come quello per tutta la
sua vita, anche da ragazzina in esilio sul continente.
Ma, grazie ai suoi esasperanti, iperprotettivi fratelli, nessuno si era
mai approfittato di tutta la pelle che quel tipo di abiti metteva in
mostra. Un peccato, pensò, apprezzando la sensazione della bocca
di Trick sulla pelle.
“Anche a me piace questo vestito,” disse, un po’ ansimante.
“Mi piacerebbe ancora di più vederlo sul pavimento.” Le passò la
lingua sul collo, e poi su fino alle labbra. Proprio come aveva
fantasticato tutto il giorno, Kendra abbassò le mani fino all’orlo del
kilt, arrivando in contatto con il calore delle gambe e la morbida
resistenza dei peli che li coprivano. Così diverse dalle sue, così...
così maschili. Sentendosi audace, alzò le mani, su, su finché le dita
si avvolsero sull’acciaio rivestito di morbido velluto.
Oddio, sperava che ci stesse.
Mosse esitando le mani. Trick si irrigidì, poi sospirò e Kendra sentì
un brivido percorrerla, al pensiero che il suo semplice tocco potesse
avere un simile effetto su di lui.
“Aye,” mormorò Trick. “Chiederò sicuramente a Niall se posso
tenere questo kilt.”
Poi le sue mani si misero al lavoro per svestirla mentre la baciava
fino a stordirla.
Kendra tolse le mani da sotto il kilt e le alzò sulle spalle di Trick,
spingendo indietro il tartan di lana, per toglierglielo. Sotto il davanti
drappeggiato, sentì la fibbia della larga cintura di pelle, e la sganciò
con dita frenetiche. Alla fine il kilt ricadde, tutto insieme, sulle tavole
di legno, e la fibbia pesante atterrò con un soddisfacente ‘plonk’.
Trick le allargò il corpetto e spinse il vestito lungo il corpo di
Kendra fino a farlo ricadere sul pavimento. E tra di loro non rimase
altro che la sua camicia fine e l’ancora più fine sottoveste di Kendra.
Trick le mise le mani sulla schiena e Kendra si appoggiò a lui,
premendo il seno contro il torace muscoloso e i fianchi contro quella
parte turgida. Una fitta intensa di desiderio le fece venire le
ginocchia molli e mise le braccia intorno alla vita di Trick per tenersi,
facendo poi audacemente scivolare le mani sotto il lembo della
camicia per afferrargli i glutei e schiacciarsi ancora più vicino.
“Buon Dio,” ansimò Trick, cui chiaramente piaceva quello che lei
stava facendo.
Ma per lei, Trick non era ancora abbastanza vicino.
Sentendo un rumore sulle scale, Kendra si immobilizzò, con il
cuore che batteva come un tamburo. “Hai sentito qualcosa?”
Trick le accarezzò il collo con le labbra. “Qualcosa come?”
“Come dei passi.” Kendra sentì i muscoli di Trick contrarsi sotto le
sue dita, innescando una scintilla di desiderio. Si inarcò per il
piacere, poi si bloccò di nuovo. “Nella tromba delle scale—non
senti?”
“Nay.” Trick alzò la testa. “Aspetta, forse sì.” Il rumore era debole,
attutito, così leggero che il battito del suo cuore e il respiro affannoso
di Kendra quasi lo copriva.
Quasi.
Kendra si morse il labbro. “Ce qualcuno lì. Ne sono sicura.”
“Non preoccuparti.” Agganciò un dito sul bordo della sottoveste e
la tirò in basso, appoggiandole poi il palmo delle mani sul seno. I
capezzoli si inturgidirono in risposta, inviandole una scia calda di
sensazioni più in basso.
Trick le sfiorò le labbra con le sue, poi la lingua tracciò la linea
dove si incontravano, liscia e dolce con il sapore della panna e del
vino. “Devono essere i fantasmi degli uomini che salivano al ‘salto
del prigioniero’,” mormorò contro la sua bocca, e Kendra non riuscì a
capire se scherzasse o no. “Non ci daranno fastidio qui dentro.”
“Tu-tu credi ai fantasmi?”
L’alzata di spalle di Trick indicava un misto di divertimento e
frustrazione. “In questo momento credo solo nel finire quello che
abbiamo cominciato.”
Kendra spostò la testa, evitando il suo bacio. “E se non fossero i
fantasmi, ma qualcuno molto più reale e pericoloso?”
Con un grugnito strozzato, Trick scavalcò il kilt ai suoi piedi, poi la
sollevò di peso. Andò al letto e si lasciò cadere, tenendola in braccio.
“Chi, ad esempio?”
La paura si mischiava con pensieri più carnali per quello che
sentiva contro la coscia. “La signora Ross, magari? E se avesse
usato il sack posset solo come scusa e invece facesse parte di un
complotto, ma noi l’avessimo sorpresa—”
“Un complotto?” Trick scosse la testa, deciso. “La signora Ross
non farebbe male a una mosca.” Prese la sua coppa e bevve una
lunga sorsata, come a provare che era sicuro che non fosse
avvelenato. “Mi ha curato da bambino, perché dovrebbe volermi fare
del male?”
“Era più affezionata a tua madre, ed è tutt’altro che contenta del
modo in cui tu l’hai ignorata in tutti questi anni.”
“Vero, ma ora sa che non era colpa mia. Non riesco proprio a
credere che possa ancora a provare rancore.”
“E Annag e Duncan? Loro certamente non ti amano.”
Le dita abili di Trick tolsero le forcine da quello che restava della
crocchia. “Dubito seriamente che Annag e Duncan stazionino dietro
quella porta.” La giornata grigia aveva mantenuto le promesse e la
pioggia cadeva contro la piccola finestra profondamente incassata
nella parete, “È la tempesta che senti, leannan.”
“Niall, allora? È stato fatto passare per il figlio minore del Duca. Se
dovesse succedere qualcosa a te, erediterebbe tutto. Il titolo,
Amberley, Duncraven...”
Trick si fermò mentre stava pettinandole i capelli con le dita, e la
fissò a bocca aperta, incredulo.
“No, non ci credo nemmeno io,” ammise Kendra con un sorriso.
Un fulmine illuminò la finestra e Trick sorrise. “Ascolta.” La fissò
negli occhi mentre il tuono rombava. “È sola la tempesta. Ed è una
tempesta quella che sento dentro, in questo momento.”
La baciò di nuovo e in qualche secondo Kendra dimenticò i
misteriosi passi, presa dalla stessa tempesta.
Le bocche si aprirono e la lingua di Trick incontrò la sua,
stuzzicandola in quel modo che la faceva impazzire. Sentì la piccola
scheggiatura sul dente di Trick, con le mani intorno al suo volto e le
dita che si infilavano nei capelli. Una delle mani di Trick le teneva la
testa mentre l’altra scivolò sotto la sottile chemise accarezzandole le
gambe con un’abilità che la fece tremare.
Le tolse la sottoveste da sotto il sedere, e Kendra si dimenò per
avvicinarsi di più, amando la sensazione della pelle di Trick contro la
sua, amando il calore della sua virilità sotto di lei. Infilò una mano
nell’allacciatura della camicia, afferrandogli la spalla. La pelle calda
era meravigliosa, ma lei voleva di più. Sciolse le stringhe con una
mano sola, interrompendo il bacio per sfilargli la camicia dalla testa.
Con un sospiro soddisfatto, passò la mano sul petto nudo. Trick
reagì con un gemito, allargandole le gambe con le dita. Una mano si
infilò tra le gambe, mentre l’altro braccio si curvava sopra la spalla
fino a toccarle il seno. Sopra e sotto, Trick giocava con il suo corpo,
con le dita che facevano una danza intima che la faceva tremare e
dimenare in braccio a lui. Chiudendo gli occhi, Kendra gettò indietro
la testa, arrendendosi alla sensazione.
Voleva di più, sempre di più. Un dito si infilò in lei, eccitandola fino
alla follia, e ancora non bastava.
“Adesso,” sussurrò. “Ti voglio adesso.”
“Guardami, tesoro.”
Kendra aprì lentamente gli occhi, e lo fissò. Non aveva mai visto
niente di così intenso e irresistibile in tutta la sua vita. “Ti voglio,”
ripeté, respirando appena.
Trick le tolse in fretta la camicia passandola dalla testa e, in un
solo movimento fluido, la spostò dalle sue gambe sul materasso. Poi
fu sopra di lei, pelle a pelle, pesante e caldo e eccitante più di
quanto avesse mai immaginato. Istintivamente, le gambe salirono ad
avvolgergli i fianchi e Trick si sollevò, pronto a penetrarla. Kendra lo
sentì lì, contro di lei ed emise un piccolo mugolio di desiderio.
“Ora?”
“Ora.” Kendra trattenne il fiato, ancora incerta eppure
desiderandolo più di qualunque altra cosa. Mentre lui scivolava
dentro di lei, Kendra si preparò al dolore.
Niente.
Beh, non esattamente niente. Si sentiva allargata e ricolma, e
dove i loro corpi si univano c’era una sensazione così pressante che
le sfuggì un gemito.
“Stai bene?” Sussurrò Trick
Kendra annuì e si inarcò contro di lui, desiderando qualcosa di
più... di più. Le sembrò che passasse un’eternità mentre tratteneva il
fiato e chiudeva di nuovo gli occhi. “C’è qualcosa di più?”
“Aye, c’è di più,” le rispose Trick cominciando a muoversi,
scivolando lentamente dentro e fuori. Solo un po’ all’inizio e poi di
più e poi ancora di più. Poco per volta, la tensione crebbe, finché
tutto il mondo di Kendra fu incentrato su Trick e su quello che le
stava facendo sentire. Un glorioso caleidoscopio di sensazioni
squisite, e non bastava ancora.
“Più in fretta,” sussurrò, e Trick affondò in lei più in fretta e più in
profondità, ancora e ancora, sempre di più, finché lei non riuscì più a
respirare e il suo corpo esplose e il mondo si capovolse.
Kendra sentì il gemito profondo di Trick e il flusso caldo del suo
orgasmo con il corpo ancora preda dei tremori. Poi, spento, Trick
crollò contro di lei, baciandole il collo e le guance e sussurrando il
suo nome, una, due, cento volte.
“Buon dio.” Kendra cercava di riprendere fiato. “Io—”
“Cosa?” Le chiese Trick, con la voce roca contro la sua bocca.
“Che c’è, leannan?”
Kendra sospirò, un sospiro di rimpianto dal profondo del cuore.
“Non riesco a credere di essermi privata di cinque settimane di
questo.”
La risposta di Trick fu una risata strozzata e poi un altro gemito,
ma poi la strinse a sé e ricominciò a baciarla dappertutto.
Kendra si sentiva languida ed esausta e ci volle parecchio prima
che il suo cuore rallentasse e il respiro si calmasse. Parecchio
tempo prima di notare di nuovo i passi fantasma e trasalire.
“È la pioggia,” le ricordò Trick. La sua voce suonava bassa e
pigra, soddisfatta e contenta. Le dava i brividi sapere che era stata
lei a renderlo così. “Siamo da soli qui in cima alla torre. Non può
essere nient’altro.”
“Annag e Duncan...”
Tenendola stretta, Trick si voltò e la tenne appoggiata al petto.
“Pensi veramente che si siano arrampicati sul tetto per scendere da
queste scale e commettere un omicidio? In una notte tempestosa
come questa?”
Kendra scrollò le spalle. “Secondo me quei due sono capaci di
tutto. È ovvio che non ti amano... e nemmeno me.”
“Sono amareggiati. È probabile che Niall sia sempre stato favorito
come figlio del Duca—Lord Niall, mentre loro erano i semplici
Duncan e Annag. Poi il loro padre li ha lasciati per vivere qui—e
anche se erano adulti, questo deve averli feriti.”
“E ora tu sei tornato per reclamare quel padre—”
“Un po’ di attenzione, forse, ma non ho nessuna pretesa su
quell’uomo.”
La pioggia batteva sul tetto sopra di loro e come tanti aghi
rumorosi contro la finestrella. Kendra guardò Trick negli occhi,
ricordando altri occhi che le erano sembrati familiari. Sotto i capelli
lucenti, Trick aggrottò la fronte, perplesso. Di colpo, Kendra rivide
Hamish, la stessa identica espressione sul volto.
E tutto fu chiaro.
Alzò una mano per accarezzargli la guancia, un po’ ruvida sotto le
dita per il principio di barba. Così maschia. “Non vedi, Trick, quanto
gli assomigli?”
“Niall? Aye, ho visto la somiglianza inusuale—”
“No, non Niall. Beh, sì, Niall, ma devi aver capito che c’è un
motivo perché vi assomigliate tanto.” Doveva sentirlo, non doveva
più negare l’evidenza. “È perché non avete in comune solo la stessa
madre ma anche lo stesso padre.”
“Lo pensi veramente?” Un po’ della perplessità svanì e i suoi occhi
d’ambra si riempirono di un’esitante speranza. “Suppongo che sia
possibile. Mio padre è stato qui l’ultima volta quando avevo dieci
anni e Niall è nato l’anno dopo... Non credo che la mamma avrebbe
volontariamente diviso il letto di mio padre, ma so che lui sarebbe
stato capace di violentarla. Forse Niall è mio fratello, non solo un
fratellastro.” Riuscì a sembrare amareggiato ed esultante allo stesso
tempo. “Non sarebbe eccezionale?” Aggiunse, prima di aggrottare
nuovamente la fronte. “Ma allora, perché dice di essere il figlio di
Hamish?”
“Perché lo è,” gli disse gentilmente Kendra. “E lo sei anche tu.”
CAPITOLO TRENTOTTO

TRICK RIMASE DI COLPO senza fiato. “Non è possibile.”


“È vero.” Kendra studiò i suoi occhi prima di avvicinarsi e sedersi
contro la testata del letto accanto a lui, portando con sé la
sovraccoperta. “No, non ho chiesto niente a Hamish, né lui mi ha
detto qualcosa. Ma ho gli occhi per vedere, Trick e non sono
coinvolta come te. Avete gli stessi lineamenti, ti dico, gli stessi
manierismi e poi c’è il modo in cui ti guarda.”
“Il modo in cui mi guarda? Come?”
“Con nostalgia e orgoglio. Se tu fossi stato il figlio del duca—il
figlio avuto con un altro dalla donna che amava—non ti guarderebbe
con risentimento? È tuo padre, ne sono sicura.”
Trick non riusciva a trovare le parole per dirle che si sbagliava,
perché non sapeva nemmeno lui se era o no d’accordo con lei.
“Non è meraviglioso?” Insistette Kendra. “So che non provi molto
affetto per lui, ma quello arriverà col tempo, non credi? Credo sia un
brav’uomo, in fondo.”
“È un po’ troppo da accettare,” ammise Trick. “Trovare un nuovo
fratello e ora, forse, anche un padre.”
“Noi abbiamo trovato un nuovo fratello l’anno scorso.” Kendra
abbassò gli occhi e spostò il braccialetto d’ambra avanti e indietro
sul polso. “Jason si è scontrato con un uomo che è risultato essere il
nostro fratellastro, procreato da nostro padre prima del suo
matrimonio. Ma nostro fratello si è rivelato un essere malvagio. Un
assassino, niente di simile a Niall.” Tornò a guardarlo. “È stato
orribile dover accettare una cosa del genere.”
Trick rimase in silenzio per qualche momento, riflettendo. “Deve
essere stato molto difficile.”
“Sì. Anche se comunque non credo che sia facile accettare Niall e
Hamish.” Le gemme d’ambra scintillavano alla luce del fuoco mentre
Kendra le muoveva con un dito. “Una famiglia istantanea.”
“Ho sentito subito Niall come un fratello. È difficile da spiegare.”
Trick fissò il braccialetto, ricordando quando Kendra l’aveva
indossato la prima volta al loro matrimonio. Era sembrato strano sul
suo polso, allora, ma adesso sembrava che fosse al suo posto da
sempre. Proprio come si sentiva lui con Niall. “Ma Hamish...” La
guardò negli occhi. “Non sento niente per lui. Sento quello che mi
dici e ha senso, ma non sono sicuro di crederci.”
Kendra prese le coppe dal comodino e gli passò la sua. “Pensaci,”
gli disse mentre finiva di bere il suo sack posset.
La bevanda era oramai fredda, Trick ne era sicuro. La pioggia che
scendeva sembrava anch’essa fredda, ma Kendra era calda,
rannicchiata contro di lui. Si chiese come facesse a odorare di sole
in una notte tempestosa come quella.
“Non c’è bisogno di affrettarsi ad accettarlo.”
“Potrebbe morire.” Trick scolò le ultime gocce della sua bevanda,
fredda, ma comunque densa e fortificante.
“Sì, potrebbe,” ammise Kendra, “ma sembra stia migliorando.”
Trick prese anche la coppa di Kendra e le appoggiò entrambe sul
comodino. “Questa, forse, era solo una giornata buona.”
“Lo sapremo domani mattina.” Kendra sbadigliò, poi si chinò verso
di lui per avere un bacio, con la cremosità della bevanda che si
mischiava sulla loro lingua. Con un sorriso dolce, Kendra si sdraiò e
si rannicchiò stretta a lui, come un carico prezioso annidato nella
stiva di una nave.
Era perfetta. “È strano,” disse Trick, con la voce bassa e il respiro
che faceva fluttuare i capelli sottili sulla nuca di Kendra. “Non mi
conoscono veramente, eppure sembrano avermi accettato
immediatamente.”
“Sono la tua famiglia,” disse semplicemente Kendra. “Ti vogliono
bene, Trick. Incondizionatamente.”
E adesso anche lei era la sua famiglia.
Amore incondizionato.
L’idea gli era talmente estranea che continuò a pensarci durante la
notte, guardandola dormire.

“SVEGLIATEVI, VAGABONDI.” LA signora Ross diede un


colpetto alla spalla di Trick che mugolò e si voltò dall’altra parte.
“Lord Niall è dabbasso, che cammina avanti e indietro e aspetta di
portarvi da qualche parte, aye? Quindi tirate fuori dal letto le vostre
carcasse.”
“Mi assicurerò che si prepari,” le disse Kendra, mentre si infilava le
calze. Era sveglia da un’ora, e si stava stancando un’altra volta solo
a guardare la signora Ross che si affaccendava per la stanza.
“Potreste mandar su Jane per sistemarmi i capelli?”
“Aye. Questo lo posso fare.” Con un sorriso, la donna raccolse le
coppe vuote che avevano lasciato sul comodino. “Vi è piaciuto,
allora?”
“Molto.” Kendra si rimproverò in silenzio per aver pensato che il
sack posset potesse essere avvelenato. Trick aveva ragione; anche
se a volte era brusca, la vecchia bambinaia non avrebbe fatto male a
una mosca. “Sapete dove porta la scala nell’angolo, signora Ross.?”
La donna passò lo straccio della polvere sul tavolo—non che
servisse molto, lo sporco si sollevava e poi si depositava quasi
subito. “Quella torretta arriva dai sotterranei, mia cara. E va fino al
tetto.”
“Oh.” Proprio come aveva detto Trick. Kendra guardò suo marito
che dormiva ancora. Dormiva profondamente, come se avesse
passato un’altra notte sveglio prima di soccombere alla stanchezza.
Lei, invece, aveva dormito come una neonata, facendo sogni che la
facevano arrossire al ricordo.
La signora Ross la stava osservando, con gli occhi azzurro spento
incuriositi. Kendra si portò una mano al volto, per raffreddarlo.
“Anche se Trick ha insistito che era sicuramente la pioggia, io
pensavo di sentire dei passi su quelle scale, ieri sera.”
La donna chinò la testa grigia, annuendo. “Dicono che succeda.”
“Gente che sale sul tetto?”
“Non la gente, ragazza mia.”
“Fantasmi, allora?” A Kendra si fermò il respiro. “I fantasmi dei
prigionieri?”
“Non che io sappia.”
Kendra arrossì quando la donna si chinò a raccogliere i vestiti del
giorno prima dal pavimento. Avrebbero dovuto farlo Cavanaugh e
Jane—anche se lei e Trick non avrebbero dovuto lasciare i vestiti sul
pavimento, innanzitutto. Chissà che cosa stava pensando la signora
Ross.
Ma pareva che la signora Ross stesse ancora pensando alla
scala. “Altri fantasmi,” chiarì, scrollando il kilt scartato da Trick. “Uno
in particolare, una giovane cameriera che si diceva avesse dato un
figlio illegittimo a Duncraven in questa stanza, circa duecento anni
fa. Era una potenziale minaccia al titolo, ed entrambi furono passati
a fil di spada da un anonimo cavaliere.”
“Anonimo?”
“Beh, non è facile dire chi c’è dentro un’armatura, no? Ma la
leggenda dice che fosse lo stesso Lord Duncraven. Un uomo senza
cuore, a sentire le storie.” Lisciò il tartan ripiegato sopra un braccio.
“La ragazza vaga ancora per la scala, cercando il suo bambino.
Alcuni dicono di averla vista in questa stanza, a guardare ai piedi del
letto, dove forse una volta c’era una culla,” aggiunse, appoggiando il
tessuto rosso proprio dove Kendra immaginava avrebbe guardato la
povera ragazza uccisa. “Non preoccuparti, ragazza, non fa male a
nessuno.”
Era la sfortunata cameriera che aveva sentito, allora? Kendra se
lo stava chiedendo. O forse la signora Ross aveva inventato tutta la
storia per coprire il fatto che era lei, o forse Annag o Duncan?
Oppure era stata la tempesta, unita alla sua immaginazione?
Le sue riflessioni si interruppero quando la signora Ross si
avvicinò di nuovo a Trick. “Sveglia, pigrone.” Lo percosse con lo
straccio della polvere. “Lord Niall vi sta aspettando.”

A METÀ STRADA, mentre scendevano, Trick si fermò, sul


secondo pianerottolo “Aspetta un momento.”
Sul gradino sotto, Kendra si voltò e alzò gli occhi, stringendo lo
scialle della signora Ross sopra il corpetto del vestito color limone.
“Niall ci sta aspettando per portarci alle casse del tesoro.”
“Allora aspetterà.” Era così carina quella mattina, in quell’abito
giallo, festoso contro la sudicia parete di pietra della tromba delle
scale, con le labbra leggermente gonfie per i sui baci di quella
mattina. Le loro labbra restarono appiccicate per un lungo, dolce
minuto, poi Trick si raddrizzò con un sospiro e uscì dalla torretta,
attraversando il salotto per bussare alla porta della camera
padronale.
“Avanti,” disse una voce soffocata.
Una voce non dissimile dalla sua? Trick esitò, con la mano sulla
maniglia.
“Non vuoi entrare?” Gli chiese Kendra.
Trick fece un respiro profondo e spinse la porta. Hamish era
seduto contro la pesante testata del letto con le lunghe gambe
magre che sembravano trampoli sotto la coperta. Trick lo guardò,
con una domanda che gli bruciava dentro—una domanda cui poteva
rispondere solo Hamish.
Ma non riusciva a decidersi ad attraversare la soglia, né a fare la
domanda.
Kendra non era così imbarazzata. Lo superò e si affrettò ad
andare da Hamish, afferrando la mano del vecchio. “Bontà divina.”
Allargando le sue sottane inglesi, si sedette accanto al letto, un
luminoso raggio di sole nella stanza cupa. “Quell’orribile bevanda di
Rhona deve aver veramente fatto miracoli!”
In effetti, Hamish stava facendo colazione con entusiasmo e
aveva un aspetto molto migliore. Più giovane. Trick fu sorpreso di
notare che non era poi così vecchio.
“Aye, immagino che abbia fatto miracoli,” confermò Hamish. “Ma
anche se ne ha lasciato una scorta, non sono proprio riuscito a berla
ancora.” Fece una smorfia. “Mi darà addosso come un’arpia quando
vedrà quanta ne resta. Forse posso chiedervi il favore di seppellirla
da qualche parte?”
“Dov’è Rhona?” Chiese Kendra ridendo.
Hamish alzò le spalle. “Io sto guarendo, aye, e lei ha la sua vita
cui tornare. C’è gente qui per aiutarmi, nel caso ne avessi bisogno.”
La bocca si curvò in un sorriso molto simile a quello di Niall—e al
suo, dovette ammettere Trick, riluttante. “Per dire tutta la verità, è
una benedizione passare un po’ di tempo da soli. Si diventa irritabili
quando c’è sempre gente intorno.”
“Già, ne sono sicura,” disse Kendra, dando un’occhiata a Trick. Si
alzò e andò ad aprire gli scuri, lasciando che la luce del mattino
inondasse la stanza.
Lo sguardo di Hamish andò alla porta, e aggrottò la fronte. “Entra,
ragazzo, per favore.”
Trick entrò, lentamente, continuando a fissare l’uomo che Kendra
pretendeva fosse suo padre.
“Siediti,” disse Hamish.
Trick non si sedette. La domanda stava lottando per uscire.
Il vecchio sbatté gli occhi. “È incredibile quanto assomigli a Niall.
Spesso coglievo tua madre che lo fissava con uno sguardo triste,
remoto.”
Lo stesso sguardo triste e remoto che gli stava rivolgendo ora
Hamish. La stessa espressione che Trick sospettava di avere sul
volto.
Alla fine le parole rotolarono fuori.
“Niall ed io, noi ci assomigliamo tanto... perché abbiamo lo stesso
padre, vero?”
Prima ancora che Hamish potesse rispondere, Trick capì che
Kendra aveva ragione. “Perché?” Gli chiese. “Perché non me l’avete
mai detto? E perché mia madre ha sposato un altro e poi ha avuto
un figlio con voi?”
Hamish si leccò le labbra, non più tanto secche quella mattina.
“Non è successo in quel modo, Patrick. Aspettava già te quando ha
accettato il matrimonio. L’unica altra possibilità era dare alla luce un
bastardo. Il suo sguardo nocciola si fissò negli occhi di Trick, dello
stesso colore. “Suo padre l’ha minacciata di uccidermi se si fosse
rifiutata di sposare il duca.”
Kendra ansimò. “Non poteva dire sul serio.”
Hamish si voltò a guardarla. “Potete biasimare Elspeth per non
averlo messo alla prova, mia cara?”
“Non lo so,” ammise Kendra. “Non riesco nemmeno a
immaginare...”
“Beh, se aveste conosciuto quell’uomo, non vi sarebbe stato molto
difficile immaginarlo pronunciare quella minaccia.”
“Molto bene, forse allora aveva un motivo.” Trick si passò la mano
tra i capelli. “Ma perché nascondermi la verità?”
“Il Duca non ha mai saputo che non eri suo figlio. Non
intendevano tenerti all’oscuro per sempre, ma sei andato via a dieci
anni, eri troppo giovane per dirtelo, per capire l’importanza di
nascondere la verità all’uomo che pensavi fosse tuo padre. E
quando sei tornato...” Hamish abbassò gli occhi per un momento.
“Avrei voluto dirtelo appena arrivato. Ma dopo tutto questo tempo,
non sapevo come ti saresti sentito.”
Nonostante la lunga notte passare a pensare proprio a quello,
Trick non sapeva ancora come si sentiva. Chiunque, perfino Hamish,
doveva essere meglio del Duca, ma la scoperta di un nuovo padre
era sconcertante.
“Mi ci dovrò abituare,” ammise.
Hamish annuì, solenne e contento. “Ho aspettato ventotto anni per
riconoscerti come figlio. Posso aspettare ancora un po’.”
CAPITOLO TRENTANOVE

LA GIORNATA ERA soleggiata e la cavalcata verso la città di


Falkland, sulle dolci colline verdi fu piacevole. Era così bello essere
fuori dal deprimente castello che Kendra si ritrovò a sorridere a
niente di più che la lieve brezza, i cardi violacei che punteggiavano i
fianchi delle colline, un paio di merli che le volarono accanto.
Chiacchierava con Niall di tutto e di niente, godendosi la sua
semplice compagnia. Felice quanto Kendra di essere all’aperto,
Pandora era calda e briosa sotto di lei.
Trick, invece, era meditabondo.
Due miglia dopo essere partiti, si rivolse a Niall. “Perché non me
l’hai detto?”
“Scusa?” Niall piegò la testa di lato, con i capelli biondi che
brillavano al sole. “Perché non ti ho detto cosa?”
“Che nostra madre non era l’unico genitore che avevamo in
comune.”
Niall tirò le redini, voltando il cavallo in modo da bloccare la
strada. Il suo cavallo danzava sotto di lui mentre fissava Trick. “Che
cosa stai cercando di dirmi?”
“Pensavi che non avrei voluto sapere che abbiamo anche lo
stesso padre?” Con i denti stretti, Trick studiò Niall per un momento.
“Pensavi che non volessi sapere che Hamish è mio padre, oltre che
il tuo?”
Il volto del giovane impallidì. “Non lo sapevo.” Con gli occhi
d’ambra spalancati, si portò una mano alla bocca. “Ne sei sicuro? Te
lo giuro, Patrick, non lo sapevo. La mamma e papà non mi hanno
mai detto niente.”
Kendra, almeno lei, gli credeva. Nessuno poteva recitare tanto
bene.
Ma suo marito, evidentemente, era cieco. “Perché non avrebbero
dovuto dirtelo?” Continuò, furioso. “Che ragione potevano mai
avere?”
“Trick!” esclamò Kendra, irritata. Non diversamente dai suoi
fratelli, anche lui poteva avere la testa insopportabilmente dura.
“Forse pensavano che non fossero affari di Niall sapere chi era tuo
padre.”
“Mia madre sapeva tener la bocca chiusa,” aggiunse Niall, con gli
occhi d’ambra che si scurivano fino a diventare color bronzo. “E mio
padre è la persona più leale che abbia mai conosciuto. Una lealtà
che pensavo avremmo avuto in comune, ora che ci siamo ritrovati.”
Con un colpo secco delle redini, si voltò e trottò via lungo la strada.
Kendra fissò suo marito finché lo vide arrossire e distogliere gli
occhi. “Va bene,” gridò al fratello. “Ti credo!”
Non ci fu risposta e guardando la schiena rigida di Niall, Kendra
poteva sentirne il dolore. Trick spronò il cavallo, indicando
impaziente a Kendra di seguirlo.
“Potresti anche dire che ti dispiace,” gli suggerì sottovoce mentre
lo raggiungeva.
Trick la fissò un momento, poi tornò a rivolgersi a Niall. “E mi
dispiace!” gridò. Forse non tanto sinceramente quanto sarebbe
piaciuto a Kendra, ma almeno aveva tentato.
La schiena di suo fratello restò rigida.
Kendra vide un muscolo contrarsi nella mascella di suo marito.
“Molto bene, allora, non mi dispiace,” ringhiò.
Raggiunsero Niall e continuarono a cavalcare affiancati, gli uomini
in ostinato silenzio ai due lati di Kendra. Il soffiare dei cavalli non
riusciva a coprire le sbuffate prima dell’uno poi dell’altro. Kendra si
sentiva come Zeus durante la guerra di Troia, incastrato in mezzo a
due divinità in lotta, a desiderare di poter restare neutrale ma
temendo di non riuscirci.
Le porte di Falkland si avvicinavano e nessuno dei due si era
ammorbidito. Erano proprio fratelli, uno cocciuto come l’altro.
Quando entrarono in città, alcuni salutarono Niall, facendogli le
condoglianze. Niall fece dei cenni con la testa, senza pronunciare
una parola.
Cavalcarono oltre il palazzo di Falkland, due lunghe file di edifici di
pietra grigia con un’incantevole portineria turrita e tetti di ardesia in
pendenza, coperti di muschio. Kendra si voltò verso il cognato e si
sforzò di parlare in tono allegro. “Da come Hamish ha descritto il
banchetto, immaginavo che la città di Falkland fosse più grande, più
affollata.”
Sapeva che Niall non l’avrebbe ignorata. “Una volta era più
imporrante,” le disse, guardando diritto davanti a sé. Dio non volesse
che posasse per caso gli occhi su suo fratello. “Ma Falkland oggi
non è altro che una piccola città con un mercato, popolata perlopiù
da tessitori che restano in casa a praticare il loro mestiere. Colpa
dell’unione delle corone.”
“Perché avrebbe dovuto cambiare le cose?” Chiese Kendra.
“Trick, tu conosci la storia.”
“Non di Falkland.” Non lo aveva mai sentito così seccato,
nemmeno quando era sul punto di uccidere Duncan. “Per l’amor del
cielo, sono diciotto anni che non vivo qui.”
Tutti i suoi sforzi per conversare non erano approdati a niente e
Kendra sospirò tra sé e sé. Il clip-clop degli zoccoli dei loro cavalli
sui ciottoli sembrava forte come un tuono sullo sfondo del silenzio
insistente degli uomini. Quando girarono intorno all’incrocio del
mercato, un carro tirato da un cavallo che veniva dalla direzione
opposta li obbligò a tirarsi di lato nella stradina stretta, più vicini alle
case.
“Gli architravi sono tutti scolpiti,” notò Kendra, blaterando come
una stupida testa vuota. Indicò la porta più vicina, e l’architrave di
pietra sopra, inciso con lettere e numeri. “Che cosa significano?”
“Sono architravi nuziali—” cominciò Trick.
“Guarda qui,” lo interruppe Niall. “Le iniziali dei due innamorati e
1610, l’anno in cui si sono sposati—l’anno in cui è cominciata la loro
vita insieme. E gli altri segni indicano la loro occupazione. Vedi, i
martelli incrociati di un muratore. E, là il trincetto di un calzolaio.”
Passando davanti ad altri architravi, Kendra cominciò a capire il
senso dei simboli. “Vedo la mannaia di un macellaio. Ma il grande ‘4’
con le tre piccole ‘x’... che cosa significano?”
Niall aprì la bocca e poi la richiuse di colpo quando suo fratello si
affrettò a rispondere prima di lui. “Un mercante—un cittadino con
privilegi commerciali.”
Gli intagli erano graziosi, pensò, decisa a non permettere
all’atteggiamento di quei due di rovinarle lo spettacolo. Lapidi
commemorative di matrimoni nati nella speranza invece che
nell’inganno. Si voltò verso il suo scontroso marito. “Questi architravi
sono così romantici.”
Trick sbuffò, quindi Niall annuì, cortesemente, avrebbe potuto
pensare Kendra, se non avesse saputo che era più che altro per far
fare una brutta figura a suo fratello. “Alcune risalgono a secoli fa.” Le
disse Niall. “Osservale, mentre andiamo.”
Kendra sbirciò negli stretti vicoli tra le case mentre passavano, ma
arrivarono presto alla porta ovest, il confine di Falkland. Davanti a
loro si vedevano boschi fitti. “Gli alberi sono così vicini alla città.”
Notò Kendra, sentendosi idiota.
“Perché non dovrebbero esserlo?” Chiese Trick sgarbatamente.
“In effetti,” disse Niall con un sorrisetto compiaciuto, “anche se
quasi tutto il Fife una volta era coperto di foreste, gli unici tratti
importanti che restano sono qui vicino a Falkland. Uno dei motivi per
cui gli antichi Stuart apprezzavano il loro palazzo, un posto dove
sfuggire agli affari di stato e passare un po’ di tempo, andando a
caccia con i falchi, o di cinghiali.”
Kendra quasi desiderava incontrare un cinghiale—almeno quella
minaccia avrebbe posto fine a quel meschino battibecco. Lì
dovevano cavalcare in fila, zigzagando tra gli alberi che sembravano
proprio come gli alberi in Inghilterra. Non trovando nient’altro da
commentare, Kendra si mordicchiò l’interno della guancia,
chiedendosi perché mai avesse tentato di far parlare suo marito e il
fratello. I fratelli erano tutti uguali, lo sapeva, aveva fin troppa
esperienza in merito.
Erano entrambi testardi come muli, decise, e potevano continuare
a odiarsi per tutta la loro vita, per quello che le importava.
All’improvviso, Niall sospirò e guardò indietro, posando gli occhi
su Trick, dietro a Kendra. “Fratelli,” disse, calmo come se non fosse
successo niente “Dannatamente sorprendente, vero?”
“Aye.” Sbigottita nel sentire Trick che confermava, Kendra si voltò
sulla sella, vedendo un sorriso che aleggiava agli angoli della sua
bocca. “Dannatamente sorprendente.”
E così, come se niente fosse, erano di nuovo amici.
Uomini. Le veniva voglia di urlare.
Stava ancora borbottando tra sé quando arrivarono a un terreno
sopraelevato, una zona con meno alberi, che una volta doveva
essere stata una radura. Era punteggiata di rovine, così massicce e
antiche, che non potevano essere altro che un antico castello in
rovina. Coperti di vegetazione, i bassi muri crollati sembravano
rotolare sul terreno impervio e le fondamenta di una torre rotonda
erano aperte al cielo, con qualche gradino consumato che non
portava da nessuna parte.
“Ci siamo,” disse Niall.
Smontarono e legarono i loro cavalli. Prendendo una pesante
chiave dalla tasca, Niall entrò nel circolo di pietre e frugò attraverso
uno strato di sporcizia e rami secchi che sembravano appiccicati al
duro terreno della foresta.
Non per uno scherzo della natura, ma apposta. Le sue dita
trovarono un lucchetto nascosto e inserirono la chiave. Si aprì con
un clic un po’ sordo per la ruggine e Niall lo tolse, alzando una botola
nascosta.
“Andate avanti,” disse.
Dopo un attimo di esitazione, Kendra seguì Trick giù per una
ripida scala di pietra, fermandosi quando la botola si chiuse con un
tonfo e sprofondò nell’oscurità lo spazio intorno a loro.
Tenendo il fiato e la mano di suo marito, Kendra tastò le pareti fino
ad arrivare in fondo.
Era una segreta, scavata in profondità nella terra. L’unica luce era
una lama sottile che scendeva dal soffitto attraverso una griglia di
ferro. Mentre gli occhi si adattavano, la scarsa illuminazione mostrò
raccapriccianti strumenti di tortura. Dal pavimento di terra battuta
saliva un odore di muffa, facendole immaginare il terreno bagnato e
rosso del sangue dei prigionieri.
Rabbrividì, stringendosi le braccia intorno.
Vicino al centro della stanza, dondolava una gabbia a misura
d’uomo, con lo sportello che pendeva storto da antiche cerniere. Il
tavolo di legno nell’angolo serviva a staccare le membra a un uomo.
Lungo la parete più lontana, c’erano quattro coppie di anelli per le
caviglie fissati vicino al pavimento, con quattro coppie di anelli per i
polsi più in alto.
Immagino che aspetterò qualche anno prima di cercare il modo di
tenere legate le tue mani, ed entrambe le mie libere.
Sentì il ferro che sfregava sulla pietra e poi il sibilo di uno stoppino
che si accendeva. “Non ci sono più!” esclamò Niall dietro di lei, in
tono incredulo. Kendra si voltò vedendolo che teneva in alto una
candela, con gli occhi sgranati nella luce tremolante. “Le casse del
tesoro sono sparite!”
CAPITOLO QUARANTA

TRICK MISE UNA MANO sul braccio di Niall per calmarlo.


“Dov’erano?”
“Qui, ti dico. E qui e qui.” Andò su e già per la stanza semibuia
indicando punti vuoti dove si vedeva l’impronta lasciata da pesanti
oggetti rettangolari. “Le ho viste solo due giorni fa—la mattina del
giorno in cui siete arrivati. Erano qui, come sempre. Come sono
state qui da prima che io nascessi. Da prima che nascesse chiunque
di noi.”
Il sotterraneo era caldo e soffocante. Mentre Trick accendeva
un’altra candela usando quella di Niall, Kendra si tolse il mantello e
lo appese a una delle manette sulla parete. “Che cosa ci facevi qui
due giorni fa?”
Niall esitò solo un attimo. “Questo era il rifugio segreto della
mamma. Io sono venuto... per sentirmi vicino a lei. Per sfuggire al
clamore della veglia per un po’. Com’è possibile che sia sparito da
allora?” Tese il lucchetto, fissandolo. “Come hanno fatto i ladri ad
aprirlo?”
Trick glielo prese dalle mani. “Non è stato forzato.”
“Come fai a dirlo?”
“Ci sarebbero dei segni.” Glielo restituì. “Chi altro ha le chiavi?”
“Solo Rhona e Gregor. Per quanto ne so, nessun altro sa che
questo posto esiste. Non ha senso. Ventitré enormi casse, tutte
sparite.” Niall si avvicinò a Trick, con il volto che sembrava giallastro
alla luce della candela che aveva in mano. “Mi aiuterai a trovarle?”
Trick sbatté gli occhi. Aveva programmato di partire per
l’Inghilterra il giorno dopo—la ricerca avrebbe potuto richiedere
giorni e giorni. Settimane. “Devo andare a casa. Questa non è
responsabilità mia. Ma ovviamente porterò la notizia direttamente al
Re.”
“E se i ladri cominciassero a vendere il tesoro? Piatti e calici d’oro
e d’argento? Siamo una nazione povera. Se dovessero apparire
oggetti preziosi come quel tesoro, certamente qualcuno immaginerà
da dove vengono, e poi ci sarà un’inchiesta e mamma e papà
potrebbero essere implicati.”
“Lei è morta,” disse Trick. “Che importanza può avere adesso?”
“Hamish non è morto,” gli ricordò Kendra.
Ma lui non voleva che glielo ricordassero. Ancora non sapeva che
cosa provasse per suo padre e l’ultima cosa che voleva era restare lì
a scoprirlo mentre il resto della sua vita restava in sospeso.
“Potrebbero impiccarlo, Patrick.” La fiamma tremolò, increspata
dalle parole appassionate di Niall. “O peggio. Rubare i piatti reale è
considerato un tradimento.”
“Tradimento,” sussurrò Kendra. “Punibile con l’impiccagione e lo
squartamento—”
“Conosco la punizione per il tradimento. Ma non cambia il fatto
che devo tornare a casa. E, santo cielo, sono passati trentacinque
anni dal crimine.”
Certamente non rimanevano prove che collegassero i suoi genitori
al misfatto. John Ferries, l’unico testimone era morto. Quella paura
era infondata. Emotiva, non logica.
“Trick.” Kendra gli si avvicinò, catturando il suo sguardo. “Anche
se il crimine non venisse mai scoperto, Re Charles non riavrebbe più
quello che suo padre ha perso.”
Trick esitò un momento, rendendosi conto che Kendra lo
conosceva meglio di quanto si conoscesse lui stesso. Alla fine si
trattava sempre di quello che era meglio per Charles Stuart. “Molto
bene,” mormorò. “Resterò un giorno o due per aiutarti a trovarlo.”
Non voleva ritardare il suo ritorno in Inghilterra più di così. “Ma
cerchiamo di non partire impreparati. Ci devono essere degli indizi
qui per capire chi l’ha preso e dov’è diretto.”
Niall sospirò di sollievo. “Papà potrebbe avere delle idee. Forse
qualcun altro sapeva del tesoro o aveva una chiave del lucchetto. E
in ogni caso, vorrà essere informato immediatamente della perdita.”
“Vai avanti, allora e parla con lui. Kendra ed io resteremo indietro
per cercare degli indizi.”
“Conosci la strada per Duncraven?”
“Aye. Indietro verso la città, poi a sudovest. Vai pure. Ci
incontreremo più tardi e formuleremo un piano. Se Dio vorrà, uno di
noi scoprirà qualcosa di utile, nel frattempo.”
Niall lo afferrò per le spalle. “Ti ringrazio.”
“Non pensarci,” borbottò Trick. “Siamo fratelli, aye’”
“Fratelli.” Il giovane lo baciò su entrambe le guance e gli premette
il lucchetto in mano. Consegnò la sua candela a Kendra e uscì,
chiudendo la botola dietro di sé.
Kendra rilasciò il fiato che stava trattenendo. “È stato bello da
parte tua, Trick.”
“Non mi ha lasciato molta scelta.”
Sentendo la voce che saliva di tono, Kendra immaginò che fosse il
risultato dell’affetto per il fratello. “Perché hai esitato ad accettare?”
Gli chiese, avvicinandosi.
Trick le passò le dita sul braccio. “Dopo ieri notte, mi è venuta di
colpo voglia di essere a casa e ricominciare da capo con la mia
adorabile mogliettina.”
Kendra sentiva che non era tutta la verità ma, conscia che erano
soli nel sotterraneo, le sue parole le fecero accelerare il battito.
“Quando avrai aiutato la tua famiglia, ci sarà tempo.”
“Puoi starne certa.” Le baciò la punta del naso, poi prese la
candela e la appoggiò sul tavolo di tortura, illuminando la stanza con
una luce fioca ma ben accetta. Appoggiò anche il lucchetto, con un
tonfo inquietante di metallo su legno. “Vediamo che cosa riusciamo a
trovare.”
“Proprio non mi piace questo posto.”
“Non resteremo a lungo.” La fiammella di un’altra candela si
aggiunse alle due già accese e Trick la mise in un portacandele che
appoggiò dall’altra parte della stanza. “Ecco, adesso non è più così
inquietante. Piuttosto intimo, non credi?”
Era la sua immaginazione o la sua voce aveva assunto un tono
sensuale? “Beh non credo che sia infestato dai fantasmi se era il
rifugio segreto di tua madre. Ma non posso nemmeno dire che mi
piaccia l’arredamento.”
“’Torture medievali’ non è il tuo stile?” Il suo sorriso indulgente la
fece sentire un po’ meglio, ma l’occhiata che Trick diede alle manette
ottenne l’effetto opposto, ancor più quando le rivolse uno sguardo
ardente, facendole venire le ginocchia molli.
I ricordi la assalirono: Le cose che dico non sono niente a
paragone delle cose che farò... ci sono altri modi in cui possiamo
darci piacere a vicenda... guardami...
Kendra scosse la testa per cancellare le immagini. Sapendo come
funzionava il cervello di Trick, qualunque cosa stesse pensando era
sicuramente peccaminosa e non era proprio il caso di lasciarsene
attrarre. I suoi fratelli l’avevano sempre avvertita che la sua natura
avventurosa le avrebbe portato solo guai.
“Kendra?” Kendra alzò di colpo gli occhi. Pensò che Trick
sembrasse fin troppo contento di sé mentre la spogliava con gli
occhi. “Sarà meglio che cominciamo a cercare.”
Forse lo stava solo immaginando, ma il calore che si stava
raccogliendo nel suo basso ventre... beh quella non era
immaginazione. In una prigione sotterranea, per l’amor del cielo.
Scosse di nuovo la testa. “Che cosa stiamo cercando?”
“Diavolo se lo so. Un indizio.”
Trick attraversò lentamente un lato della stanza mente Kendra
faceva lo stesso dall’altra parte. Toccare cautamente gli strumenti di
tortura funzionò bene per scacciare i pensieri inappropriati. Il metallo
annerito le dava una sensazione di malvagità sotto le dita, sentiva
l’aria densa e pesante, per non parlare dei racconti raccapriccianti.
Quando Trick fischiò perché aveva trovato qualcosa, Kendra
sobbalzò.
“Impronte,” disse.
Kendra si unì a lui, accucciandosi. “Che cosa ci dicono?
Potrebbero essere di tua madre o di Hamish o perfino le nostre. Non
c’è modo di dire se siano vecchie di ore o di anni.”
“Ma sono concentrate intorno a dove c’era una cassa, vedi? Come
se ci fosse stata qui recentemente della gente che cercava di
sollevare un oggetto pensate. Hanno usato una tavola o qualcosa di
simile per far leva.”
“Una serie di impronte piccole e tre più grandi. Sì, lo vedo. Ma di
chi?” Chiese Kendra.
Trick alzò le spalle. “Solo informazioni da riportare a Hamish.
Forse gli farà venire un’idea. Vediamo che altro riusciamo a trovare.”
Mezz’ora di attente ricerche rivelò altre impronte intorno alla
traccia di un’altra cassa e poco altro. Un pezzetto di tessuto scuro
che Trick si mise in tasca, una scheggia curva di vetro di scarsa
qualità. Poteva essere lì da secoli, per quanto ne sapevano.
Trick sospirò. “Saliamo, potremmo trovare altri indizi all’aperto.”
Fu un sollievo salire le scale e rivedere la luce del giorno.
“Altre impronti uguali.” Respirando profondamente l’aria fresca,
Kendra seguì le tracce. “E segni di ruote,” gridò. “Qui, che portano
verso i boschi. Come abbiamo fatto a non vederle prima?”
“Non le stavamo cercando.” Trick si affrettò ad avvicinarsi per
guardare. “Che io sia dannato. Più impronte dello stesso veicolo.
Parecchie. Immagino che le casse siano state portate via una per
volta.”
“Sudest,” confermò Kendra. “Intorno alla città e poi dove?”
Trick fece spallucce. “Andiamo a scoprirlo?”
CAPITOLO QUARANTUNO

MONTARONO A CAVALLO e si avviarono attraverso il bosco,


seguendo i solchi. Una volta fuori dalle rovine, gli alberi erano fitti, e
giustificavano il fatto che le casse fossero state rimosse una per
volta. Un carro più grande non ci sarebbe passato.
Al margine della foresta, le tracce si fermarono.
“Qui le hanno caricate su un carro,” disse Kendra.
“Due carri. No tre o forse quattro. Guarda.” Solchi più distanziati
svoltavano a sud e continuavano. “Andiamo a vedere dove
portano?”
Le tracce erano facili da seguire, e Trick si rese conto che
avevano mancato i ladri di non più di qualche ora. Le nuvole si
stavano raccogliendo di nuovo e le tracce sarebbero sparite presto.
Ma, per il momento, l’aria era calda e la giornata era luminosa come
solo un pomeriggio d’estate scozzese poteva essere.
I colori lì sembravano più brillanti, i pendii azzurri e viola, i contorni
aspri della terra messi in rilievo dalle ombre e dal sole. I conigli
fuggivano precipitosamente sotto i cespugli e sopra le loro teste
volava uno stormo di rondini. La Scozia era bella, e a Trick era
mancata, anche se non se ne era reso conto fino a quel momento,
inchiodato all’interno di quel cupo e grigio castello.
“Che cos’è successo prima?” Chiese Kendra sottovoce.
“Mmm?”
“Con Niall.”
“Oh, quello.” Trick sentì che stava arrossendo, ricordando il suo
comportamento a dir poco infantile. “Non lo so con certezza. Ma non
succederà più.”
“Oh, succederà ancora.”
“Nay, no. Generalmente non sono così irascibile...” smise di
parlare perché non sapeva come spiegarlo. Più restavano nella
fatiscente casa della sua infanzia, più sembrava aumentare la sua
confusione.
Aveva saputo che i suoi primi anni non erano come li ricordava—o
come il Duca era riuscito a fargli ricordare. Il suo mondo si era
capovolto. E anche se aveva trovato una famiglia, erano troppo
nuovi, troppo estranei per potersi appoggiare a loro. Era troppo
presto.
E questo gli lasciava sua moglie. Ne aveva bisogno più di quanto
volesse ammettere.
Grazie al cielo lei era lì. Le rivolse un sorriso incerto, e le labbra di
Kendra si curvarono in risposta. Avrebbe voluto baciarle. Diavolo,
desiderava sempre baciarle. “Devo solo abituarmi ad avere una
famiglia. Non succederà più.”
“Succederà, succederà ancora,” insistette Kendra. “È tuo fratello.”
“Appunto, quindi si merita che mi comporti al meglio. Chiederò
scusa per non avergli creduto e da ora in poi sarò più paziente. Niall
sembra un uomo ma è ancora un ragazzo e devo ricordarlo.”
“No.” La risata di Kendra echeggiò per le colline e il suo sorriso
avrebbe tolto il malumore al più tetro degli uomini. Era così fortunato
ad averla. “Non essere troppo duro con te stesso, Trick. È così che
sono i fratelli. Le famiglie. Temo che non ci comportiamo nel migliore
dei modi tra di noi; molto spesso è il contrario. Ci sentiamo a nostro
agio e dimentichiamo le buone maniere. Sono gli abbracci dopo i
litigi che contano.”
Un concetto così poco famigliare da sembrare quasi
incomprensibile. Era passato talmente tanto tempo da quando
poteva aspettarsi un abbraccio da qualcuno, e da qualcuno che
aveva ferito, poi.
Perso nei suoi pensieri, fu colto di sorpresa quando Chaucer si
fermò di colpo sul bordo di un fiume. Kendra tirò le redini di Pandora.
“Guarda, le tracce scompaiono. Attraversiamo?”
Non c’era un ponte in vista. L’acqua non sembrava troppo
profonda—doveva arrivare al massimo in vita—ma diede un’occhiata
alle sue gonne lunghe e al sole sopra di loro. “La giornata sta per
finire. Riferiamo quello che abbiamo scoperto a Hamish e Niall.
Forse avranno un’idea di dove sono diretti i ladri.”
“Ho lasciato il mantello nel sotterraneo.”
“E non abbiamo chiuso. Seguiremo le tracce e torneremo indietro.
Comunque non saprei come tornare a Duncraven da qui.”

KENDRA SI SENTIVA il cuore leggero tornando indietro. Aveva


sentito un calore nella voce di Trick che le faceva credere che si
stesse finalmente aprendo. Quando gli sorrise, lui le restituì il
sorriso, guardandola da capo a piedi con quegli occhi d’ambra. Il loro
scintillio le assicurò che gli piaceva quello che stava vedendo, e
sentì il corpo che reagiva.
Quante ore dovevano passare ancora prima di poter andare di
soppiatto in camera loro a Duncraven? Non aveva mai pensato che
quel posto cupo potesse avere qualcosa cui guardare, ma avevano
cinque lunghe settimane da recuperare.
Tornati alle rovine, legò Pandora e seguì Trick nel sotterraneo,
tremando un po’ mentre scendeva lungo la scala stretta e fredda alla
luce che entrava dalla botola aperta.
Trick si voltò verso di lei arrivato in fondo. “Non sei più spaventata,
vero?”
“Forse. Un pochino.” Le candele si erano sciolte. Kendra si affrettò
ad andare a prendere il mantello dalla manetta sulla parete.
Trick le bloccò la strada e la afferrò in vita, chinandosi per darle un
bacio.
E la sua paura svanì completamente. Mentre la bocca di Trick si
appoggiava sulla sua, una nube intossicante del suo profumo di
sandalo la circondò, annullando l’odore di muffa del sotterraneo e
ricordandole quello che stava pensando prima. Con i sensi in
fiamme e prima che se ne rendesse conto, Trick la sollevò
prendendola in vita.
“Oops, che stai facendo?”
La risposta di Trick fu un’alzata di sopracciglio mentre camminava
in avanti e poi la metteva seduta dentro la gabbia aperta, con le
gambe penzoloni dove c’era lo sportello aperto. Poi Trick diede una
spinta a quella brutta cosa nera e la fece dondolare.
Il metallo era freddo sotto le gonne e la catena emetteva un
orribile suono scricchiolante. Tenendosi stretta all’apertura, Kendra
rise un po’ tremante.
Trick sorrise. “Visto? Non è poi così pauroso. Non con il sole e in
compagnia. E non deve essere stato pauroso nemmeno per mia
madre, visto che era il suo rifugio speciale.”
Cercando di adeguarsi al suo umore, Kendra allungò i piedi e si
diede una spinta. La catena emise un suono di protesta. “Riesco a
immaginarla venire qua a pensare,” gli disse, dondolando avanti e
indietro. “proprio come tu vai nel cottage ad Amberley.”
Trick esitò, poi annuì. “Già, proprio così.”
Felice che avesse ammesso almeno quello, Kendra cercò di
ottenere di più. “Vai lì a scrivere, vero?”
“A volte.” Trick diede un’altra spinta, facendo riprendere alla
catena il suo moto scricchiolante.
“Mi chiedo se tua madre venisse qua a scrivere?”
“Non l’ho mai vista scrivere altro che lettere. Ma scommetterei che
sia venuta qua con Hamish quando erano giovani—e non per
scrivere.” Le diede un’altra spinta, rivolgendole un sorriso, o un
sogghigno, non si capiva. “Aye, me li vedo qui, insieme. Scommetto
per venivano qua di nascosto per fare l’amore.”
Kendra cominciò a sentire un fremito in fondo allo stomaco. “Fare
l’amore? Qui?”
“È abbastanza nascosto.” Alzò un sopracciglio. “Io sono stato
concepito qui, me lo sento.”
“È ridicolo.” Ma intrigante, pensò Kendra guardandosi attorno.
“Non c’è un letto.”
“Che cosa ti fa pensare che ci serva un letto?”
“A-a noi?” Le dita strinsero le barre di ferro. “Non puoi essere
serio. Non riesco a immaginare—”
Con le mani sulle sbarre intorno alla sua testa, Trick fermò la
gabbia. “Ah, ragazza mia, non è così difficile da immaginare.” Il suo
sorriso malizioso attirò l’attenzione di Kendra sulla piccola, adorabile
scheggiatura sul suo dente, e Trick ne approfittò, allungando le mani
e alzandole le gonne.
“Trick! Che—” Trick stava già allentando i lacci dei calzoni. “Oh
mio Dio.”
“Sarebbe più facile con un kilt,” brontolò Trick.
E, di colpo, Kendra non ebbe alcun problema a immaginarlo. In
effetti, la sua immaginazione stava diventando realtà. Le si fermò il
fiato in gola e il cuore cominciò a martellare in petto.
CAPITOLO QUARANTADUE

KENDRA GUARDAVA, AFFASCINATA, mentre Trick strappava il


laccio dagli occhielli e se lo infilava in tasca. Il davanti dei calzoni si
aprì.
“Oh mio Dio.” Kendra strinse ancora più forte le sbarre. “Non
penserai—”
“Aye, adesso che me lo dici, sto avendo qualche difficoltà a
pensare.” Gettandosi indietro il ciuffo dagli occhi, si avvicinò, con
uno sguardo e un sorriso assassini. “Mi sento la testa un po’
leggera.”
“Oh mio—”
Le impedì di continuare baciandola. La bocca era calda e frenetica
e la lingua entrò immediatamente e, di colpo, anche lei si sentì la
testa leggera. Trick le allargò le ginocchia con le mani, e si mise in
mezzo, premendo forte. Il suo calore la stuzzicava e Kendra
cominciò a sentire un fremito.
Subito, così, desiderò di averlo dentro di sé. Parte di lei stava
aspettando questo momento da quando le aveva rivolto quello
sguardo pieno di desiderio la prima volta che erano scesi nel
sotterraneo. La parte più ragionevole invece si era nascosta da
qualche altra parte.
Trick le baciò il mento, la gola, il decolté esposto dalla profonda
scollatura dell’abito giallo. Più sotto, Kendra cercava di avvicinarsi di
più. “Oh mio Dio,” si spostò in avanti, cercandolo, desiderandolo.
“Ora, Trick, per favore.”
Con un gemito, Trick spinse in avanti i fianchi, e la gabbia dondolò
all’indietro.
All’improvviso Kendra si ritrovò senza il calore del suo corpo.
Quando la gabbia tornò indietro, Kendra lasciò andare le sbarre per
aggrapparsi a lui.
“Diavolo, leannan, non funziona.”
“Deve funzionare.” Sentiva il fuoco bruciarle dentro—non avrebbe
mai creduto che potesse succedere tanto in fretta. Gli avvolse le
gambe intorno, cercando di avvicinarsi, con la sensazione di vuoto
nel posto dove lo voleva.
Mentre le mani gli accarezzavano la schiena, Kendra mugolò
insoddisfatta per tutti quei vestiti che gli coprivano il corpo. Una
giacca, una camicia, la cravatta intorno al collo che voleva
mordicchiare. “Pelle,” sussurrò, mordicchiandogli invece il lobo
dell’orecchio. “Voglio toccarti.”
Gli tirò il nodo al collo, riuscendo ad allentarlo, strappando il pizzo
sotto. Ma l’apertura della camicia non le permetteva di toccarlo come
voleva, quindi gli tolse la camicia dai calzoni, sulla schiena, e fece
scivolare sotto le mani.
“Gesù, donna.” Trick ondulò i fianchi contro di lei.
E la gabbia scivolò via sotto Kendra.
La forza del suo corpo che cadeva lo fece barcollare indietro, ma
Trick riuscì a tenerla e a restare in piedi. Chiudendole la bocca con
un bacio, camminò in avanti, e ogni movimento causava una squisita
frizione nella piccola zona senza vestiti dove i loro corpi si
incontravano. Quando la fece sedere sul tavolo di tortura, Kendra
stava ansimando. La fece sdraiare e fece per arrampicarsi anche lui
—ma l’antico, traballante strumento tremò sotto di loro.
Al suono minaccioso di legno che si frantumava, Kendra si girò e
saltò giù, togliendo il vestito da una grossa scheggia. Si guardò
attorno, disperata. Una volta quello spazio era stato pieno di belle
casse solide, ma ora non c’era niente che potesse sostenerli.
“Il pavimento è di terra,” gemette.
“Tranquilla, donna.” Afferrandola, la guardò con espressione
maliziosa. “Non c’è bisogno di sdraiarsi.” Con le mani calde sulle
spalle, la fece arretrare finché Kendra fu contro la parete. Lei non
riusciva a capire come potesse funzionare, ma non le importava,
purché potessero finire quello che avevano cominciato. E quando
Trick ricominciò a baciarla, la testa si svuotò da ogni pensiero.
Mentre le carezze diventavano più intime, Kendra alzò le braccia,
per avvolgerle intorno al collo di Trick—e una delle sue mani urtò
una manetta aperta.
Al leggero tonfo, alzarono entrambi gli occhi. I loro respiri erano
l’unico suono nel sotterraneo deserto. L’espressione negli occhi di
Trick le fece saltare un battito, ricordandole Trick che le teneva le
braccia sopra la testa nel tunnel a Duncraven. Controllando la sua
reazione, Kendra infilò il polso nell’ovale aperto.
“Nay.” Lo sguardo famelico di Trick scese al seno rialzato, poi
tornò su, a guardare prima una e poi l’altra delle manette ai lati della
sua testa.
Kendra seguì il suo sguardo.
“Nay,” ripeté Trick. Kendra non aveva mai sentito una risata così
tesa. “Sarà anche la fantasia di ogni uomo, ma non sei pronta per
quello, leannan.”
Kendra stava bruciando per lui e mai, in vita sua aveva pensato di
poter rappresentare la fantasia di un uomo. “Per favore,” sussurrò.
Gli avvolse il braccio libero intorno al collo ma lasciò appesa l’altra
alla manetta aperta, mentre si metteva sulla punta dei piedi per un
altro bacio.
Il bacio divenne più appassionato e sentendo il cuore di Trick che
batteva contro il suo seno, il sangue di Kendra cominciò a scorrere
più veloce, quasi per imitarne la cadenza. “Per favore,” ripeté contro
le sue labbra.
Un basso mormorio trasmise una vibrazione dal corpo di Trick al
suo, un suono di capitolazione misto a desiderio sfrenato che
minacciò di farle piegare le ginocchia.
Alzando la testa, Trick la fissò negli occhi. “Ti fidi di me, leannan?”
I suoi occhi d’ambra si chiusero lentamente e poi si riaprirono,
brucianti. Era lo sguardo più intenso, diretto che Kendra avesse mai
visto. “Ti fidi di me?”
“Oh, sì,” mormorò.
Ed era vero. Anche se derubava i puritani e non sembrava avere
fiducia in lei, a modo suo, in quel suo modo unico, era l’uomo più
onorevole che avesse mai conosciuto. Sembrava volesse sempre—
sempre—fare la cosa giusta.
Aspettò, desiderando con tutta se stessa che le credesse, finché
finalmente Trick alzò la mano. Il metallo freddo le circondò il polso,
un suono metallico nell’orecchio e bang, la manetta si chiuse.
“Oh mio Dio, Trick!”
“Non è chiusa a chiave. Basta che me lo dica se vuoi toglierla.”
Quando Kendra non si tirò indietro, Trick la sollevò, si mise le sue
gambe intorno alla vita prima di prenderle l’altro braccio. “L’offerta
rimane—posso toglierti le manette prima ancora che tu finisca di
parlare.” La voce era diventata affrettata, frenetica. “Tieni le gambe
avvolte intorno a me, leannan. Non voglio che pesi sulle mani. Non
vorrei mai e poi mai farti male.”
Snap.
Un altro braccialetto intorno al polso, ferro nero anziché ambra.
Premendola contro la parete mentre inseriva la mano tra i loro corpi,
Trick le alzò le sottane e infilò l’orlo dietro le sue spalle. E con una
veloce spinta, fu dentro di lei.
“Oh mio Dio.” Kendra chiuse gli occhi e cercò di liberarsi, non
perché le manette le facessero male o perché fosse spaventata—
Trick non le aveva chiuse, dopo tutto—ma solo per il disperato
bisogno di toccarlo. Nelle sue poche lezioni d’amore, aveva imparato
ad amare il dare quanto il ricevere.
Anche se desiderava con tutta l’anima di offrirsi in dono era così
difficile restare passiva.
Ma quando i fianchi di Trick cominciarono a muoversi al ritmo che
entrambi bramavano, Kendra si lasciò andare. Strinse i pugni contro
il desiderio di toccarlo, con le unghie che scavavano nei palmi.
Impossibilitata a partecipare, poteva solo sentire. Aveva la pelle in
fiamme, il cuore che batteva forte e tutto il suo mondo era
concentrato nel punto dove i loro corpi erano uniti.
Era un supplizio, ma dolce, oh, così dolce.
Quando il ritmo aumentò, Kendra sentì pulsare, ma non riuscì a
capire chi fosse dei due. Poi crebbe e capì che apparteneva a
entrambi. Finché lo sentì pulsare dentro di sé e rispose con
un’esplosione gloriosa.
“Oh. Mio. Dio.”
“Va tutto bene, leannan?” Respirando affannosamente, Trick le
liberò i polsi. Kendra raddrizzò le gambe, cercando di raggiungere il
pavimento e scivolò lungo il suo corpo, con le sottane ancora
ammucchiate tra di loro.
Quando Kendra fu in piedi, con le gambe che tremavano, Trick si
portò alla bocca i polsi, baciandoli, prima uno e poi l’altro, tanto
affettuosamente che Kendra pensò che le si sarebbe spezzato il
cuore per la tenerezza nei suoi occhi.
“Penso di essermi lasciato trasportare,” confessò in un sussurro
roco, circondandole i polsi con le mani. Massaggiando. Caldo e tanto
gentile. “Stai bene?”
Kendra gli rivolse un sorriso un po’ incerto. “Non credo di essere
mai stata meglio.”
Le mani di Trick si fermarono e agli angoli della bocca comparve il
fantasma di un sorriso. “Sicura, leannan?”
“Buon Dio, non sono mai stata tanto sicura in vita mia.”
CAPITOLO QUARANTATRÉ

LA CAVALCATA NON fu breve, ma Kendra era ancora raggiante


ancora quando passarono sotto il tunnel ed entrarono nella sala
grande. Si tenevano per mano e Kendra si guardò il polso. C’era il
braccialetto d’ambra e una sottilissima linea rosa, non tanto da farle
male e nemmeno da accorgersene, solo abbastanza da ricordarle
quel pomeriggio meraviglioso.
Seduto al tavolo con un pasto abbondante davanti a sé, Hamish
guardò le loro mani unite. Sorrise e gli sfuggì un sospiro. “Voi due mi
ricordate la mia Elspeth, davvero. Siete due sposini felici ed io ne
sono veramente lieto.”
Era vero che erano felici. Vero per Kendra e quando guardò in
faccia Trick capì che era vero anche per lui. Forse la questione dei
suoi genitori era sconvolgente e forse lei non aveva ancora finito di
scalare il muro che Trick aveva costruito tra di loro. Ma avevano fatto
un passo decisivo in quel sotterraneo—avevano posto le
fondamenta della fiducia. Fondamenta su cui costruire, nei giorni e
nelle settimane a venire.
“È il primo giorno che papà viene dabbasso da settimane,” disse
loro Niall con un sorriso. “Vi unite a noi? Papà stava cercando di
capire che cos’è successo. Avete trovato qualche indizio?”
Trick gli consegnò la chiave. “Non molto,” ammise, svuotandole
tasche. “Solo questo pezzetto di tessuto—” lo diede a Hamish, “—e
questo pezzo di vetro.” Posò la scheggia di vetro sul tavolo, poi si
sedette.
Kendra si sedette accanto a lui e li servirono. Non vedendo niente
di dolce sul tavolo, Kendra prese una fetta di torta di spinaci, mentre
Trick adocchiava un vassoio di fette di carne affogate nelle cipolle e
in una salsa dal profumo appetitoso.
“Che cos’è?” Chiese.
“Montone,” gli disse Niall, “alla scozzese.”
“Sembra buono.” Ne trasferì un pezzo sul suo piatto.
“Tessuto a mano.” Hamish strofinò il tessuto scuro. “Può essere
appartenuto a chiunque, ma probabilmente a un lavoratore.
Certamente non a Elspeth o a me. “E questo—” alzò la scheggia di
vetro, “—sembra un pezzo di una vecchia bottiglia. Vino, immagino.
Ne abbiamo rotte un ben po’ laggiù negli anni.”
Sentendosi il volto in fiamme, Kendra scambiò un’occhiata con
Trick. E un sorriso segreto. Forse era stato veramente concepito là.
E anche loro potevano aver concepito, si rese conto di colpo.
Trick si rivolse ancora a suo padre. “Abbiamo trovato anche molte
impronte—sembravano di quattro persone diverse, tutte intorno alle
casse mentre le sollevavano. Tre serie di impronte grandi e una
piccola.” Spazzolò il montone e allungò la mano per prenderne
ancora. “Quindi più gente di quanta Niall supponesse essere a
conoscenza del tesoro.”
“Adesso c’è più gente che ne è a conoscenza,” lo corresse
Hamish. La bocca si strinse in una linea dura. “Quando chi lo sapeva
ha chiesto il loro aiuto per commettere il crimine.”
“Chi lo sapeva?”
Con un sospiro, il vecchio si passò la mano tra i capelli che si
stavano diradando, un gesto che a Kendra ricordò Trick. “Gregor e
Rhona,” praticamente sputò i loro nomi.”I miei amici. O almeno
pensavo che lo fossero.”
“Papà!” Niall sgranò gli occhi. “Non puoi veramente pensare di
accusare loro!”
“Nessun altro sapeva di quel posto. O dell’esistenza del tesoro.”
La voce di Hamish sembrava amareggiata, delusa. “Una serie di
impronte piccole—quelle di Rhona. E tre grandi—Gregor e due
uomini. Uno di loro indossava abiti tessuti a mano. Chi altro
potevano essere? I ladri avevano una chiave.”
“Allora l’hanno presa in prestito o l’hanno rubata—da te o Rhona e
Gregor. Qualcuno potrebbe avervi seguito là qualche volta. In tutti
questi anni...”
“Nessuno ci ha seguito. E per quanto riguarda tutti questi anni, ci
sono cose che sono successe in questi anni. Cose che non sai.”
Scosso, Niall bevve un lungo sorso dal suo calice di peltro. “Ad
esempio?”
“Gli amici non sempre vanno d’accordo. Noi quattro litigavamo
ogni tanto, aspramente.”
La torta di spinaci era risultata dolce, ricca di burro, cannella e
zucchero, ma l’ultimo boccone era diventato segatura nella bocca di
Kendra. “Per che cosa litigavate?”
“Sono anni oramai che Gregor e Rhona vogliono vendere il tesoro.
Lo stipendio di segretario comunale di Falkland non bastava, aye.
Almeno non per come quei due immaginavano di dover vivere, visto
che la loro migliore amica era una duchessa. Ma Elspeth ed io—
abbiamo sempre discusso e li abbiamo sempre convinti.”
Niall fece scorrere il suo calice avanti e indietro sul vecchio tavolo.
“Avevate paura che se avessero venduto qualcosa sareste stati
scoperti.”
“Aye, in parte. Anche se Gregor parlava sempre di trasportare i
beni a Londra prima di venderli. Tra le ricchezze di quella grande
città, credeva che il tesoro sarebbe passato inosservato, e, in ogni
caso, non sarebbe stato collegato a nessuno in Scozia.”
Kendra passò un dito intorno al bordo del suo calice. “Ma voi non
eravate d’accordo?”
“Il vasellame reale è riconoscibile. Ma la verità è che avevamo altri
motivi per non volerlo vendere. Volevamo solo restituirlo—
liberarcene.”
Trick prese un pezzo di pane. “Non siete riusciti a convincerli?”
“Pensavamo di sì. Più e più volte. Ma dopo qualche anno
tornavano alla carica.” Hamish tagliò un pezzo di montone, “Posso
solo presumere, Patrick, che quando sei arrivato si siano visti
sfuggire la loro ultima possibilità. Sapevano che Elspeth aveva
intenzione di chiederti di restituire il tesoro. Quindi hanno deciso di
assoldare qualcuno per aiutarli a portarlo via prima che fosse troppo
tardi.”
“Gregor e Rhona.” Riluttante, Niall annuì. “Immagino che sia per
quello che non si sono visti dal funerale. Immaginavo che avessero
bisogno di riposo, ma a pensarci bene, è strano che ti abbiano
lasciato da solo, papà, quando hanno passato qui ogni giorno da
quando la mamma si è ammalata.”
Hamish annuì.
Trick spinse via il piatto. “Quindi pensate che siano diretti a
Londra?”
“Immagino di sì, figliolo.”
Se Trick notò il termine affettuoso, non reagì. “Abbiamo trovato
tracce di carretti fuori dalla torre, diretti a sudest intorno a Falkland e
poi altre tracce di quattro carri più grandi diretti a sud. A quel punto
hanno attraversato un fiumiciattolo e siamo tornati indietro. Dove
potevano andare da lì?”
“A sud, e verso il ponte di Stirling,” disse Niall, “è l’unica via di
accesso al Forth.
“A meno che avessero fretta.” Hamish si pulì le labbra con un
tovagliolo. “Allora si sarebbero diretti a Burntisland per attraversare e
arrivare a Leith. Esattamente come ha fatto Re Charles tanti anni fa.”
“Hanno fretta,” disse Kendra.
I tre uomini si voltarono a guardarla. “Come fai a saperlo?”
“Hanno attraversato il fiume invece di dirigersi a monte o a valle e
trovare un ponte. Anche se non è troppo profondo, deve comunque
essere rischioso attraversare il fiume con un carico così pesante.”
Trick la guardò con occhi diversi. “Hai ragione. Comunque, anche
se hanno preso delle scorciatoie, non possono essere arrivati
lontano, con un peso come quello. Le tracce erano ancora visibili, e
questo significa che sono partiti oggi.” Rivolse lo sguardo a una delle
finestre incassate. Mentre tornavano a Duncraven aveva cominciato
a cadere una pioggia leggera. “Immagino che le tracce siano sparite
oramai. E che stiano procedendo ancora più adagio.”
Niall fu d’accordo. “Se partiamo immediatamente, potremmo
arrivare a Burntisland prima di loro. E aspettarli.”
Kendra sentiva l’eccitazione nella sua voce. Chiaramente Niall la
considerava più di una missione. Kendra immaginò che la
considerasse un’avventura—lui e il fratello maggiore, in giro a
salvare il mondo.
Niall si alzò, impaziente. “Immagino che non sarà troppo difficile
per due come noi dissuadere un vecchio e una donna.”
“Attento a come parli, ragazzo.” Interloquì Hamish, con l’ombra di
un sorriso che gli trasformava il volto cupo. “Chi stai chiamando
vecchio?”
Con una risata, Trick si alzò. “Vado a prendere il mantello.” Si
diresse alla scala nella torretta.
“Aspetta!” Kendra saltò in piedi per seguirlo. Ma lui era già molto
avanti, Kendra vide i suoi stivali comparire intorno alla stretta curva
mentre saliva due gradini alla volta, quando lei riusciva a salirne solo
uno.
Quando lo raggiunse, Trick era già in camera e aveva steso il
mantello sul letto. Senza fiato, lo prese per il braccio. “Voglio venire
con te.”
Trick si voltò a guardarla. “No. Ne abbiamo già discusso.”
“Questa volta non giocherai a fare il brigante, Trick. Mi
preoccuperò—”
“Ed io sarei ancora più preoccupato se tu venissi con me.” Le
accarezzò la guancia con il dorso delle lunghe dita, poi si spostò per
frugare nel suo armadio. “Resta con Hamish,” le disse, tirando fuori
la camicia e i calzoni neri. “Ha bisogno di avere gente intorno a sé”
“Ha Duncan e Annag e i suoi nipoti.”
“Aye?” Gettò gli indumenti sul mantello steso. “Allora dov’erano
oggi?
“A casa loro,” disse Niall dietro di loro, “a fare i bagagli.” Si
voltarono entrambi trovandolo in piedi sulla soglia, con un rotolo di
pergamena in mano. “Torneranno stasera. Sembra che si stiano
trasferendo qua una volta per tutte.”
“Perché?” Chiese Kendra incredula.
“Non lo so.” L’espressione di Niall era a metà tra un sorriso e una
smorfia. “Ma non voglio sconvolgere Papà facendogli domande,
almeno finché non sarà più forte.”
“Capisco.” Ed era vero, ma questo non voleva dire che intendesse
restare lì con il fratello e la sorella di Niall. Lasciata lì ad affrontarli da
sola, riusciva già a vedersi mentre si strappava i capelli. Sarebbe
rimasta calva prima che Trick tornasse.
Di colpo, si rese conto che erano anche il fratello e la sorella di
suo marito. “Sono anche i tuoi fratelli, Trick.” Sbottò.
“Scusa?” si stava allacciando il cinturone.
“Duncan e Annag. Sono tuo fratello e tua sorella.”
Trick stava infilandosi la pistola nel risvolto dello stivale e si fermò,
con l’arma che gli penzolava dalle dita.
Niall fece un balzo per afferrarla. “Solo a metà,” la corresse.
Trick era impallidito. Kendra avrebbe voluto vedere l’espressione
dei suoi occhi, ma i capelli li nascondevano.
“Sono anche i miei fratellastri, e sono riuscito a sopravvivere,”
scherzò Niall, un po’ incerto. “Non sono così male.”
“Non ci avevo pensato.”
“Allora hai pensato al fatto che sei scozzese?” Niall gli consegnò
la pistola.
Trick lo fissò come se non lo avesse mai visto prima. “Scozzese?”
Ripeté.
“Scozzese al cento per cento,” disse suo fratello, esagerando la
cadenza. “Entrambi i genitori.”
“Non avevo pensato neanche a quello.” Riprendendo colore,
scosse la testa come per chiarirsela, ma i capelli gli ricaddero sugli
occhi. “Pensavo che la mamma fosse per metà irlandese?”
Niall fece spallucce. “Immagino di sì. Ma in un modo o nell’altro
non sei inglese, aye?”
Un sorrisino curvò le labbra di Trick. “Non mi sono mai sentito
molto inglese.”
“Beh, è perché non lo sei.” Suo fratello gli restituì il sorriso. “Ma sei
finito a sposare una Sassenach, aye?”
“Già, l’ho proprio fatto,” disse Trick, tirando vicina Kendra.
Vedendo che aveva superato il colpo, Kendra si rilassò. Era caldo
accanto a lei, e desiderò che non stesse partendo. Abbassò gli
occhi, torcendo il braccialetto che aveva al posto.
Trick infilò la pistola nello stivale. “Sei pronto?” Chiese a Niall.
“Ho portato una cartina.” Niall srotolò la pergamena avvicinandosi
alla scrivania. Pensavo volessi vedere la strada.”
Trick lo aiutò a stenderla sulla superficie graffiata. “Noi siamo qui,
vero?”
“Aye, e dobbiamo andare lì.” Chinandosi sopra la cartina, Niall
indicò con il dito una linea verso sud. Lungo le montagne e
attraverso le colline fino alla costa. Burntisland è direttamente di
fronte a Leith, vedi?”
“Attraverso l’insenatura del Forth, sì.” Anche il dito di Trick seguiva
il percorso. “Quanto ci vorrà per arrivare a Burntisland?”
“A cavallo non molto. Due, tre ore. Con ventitré casse d’argento e
oro, una giornata intera, forse di più. Specialmente con la pioggia. La
strada è tutt’altro che liscia.”
“Questo gioca in nostro favore.” Trick riavvolse la pergamena e se
la infilò nella cintura. “Andiamo?”
“Mi serve un minuto per raccogliere le mie cose. Ci vediamo di
sotto.” Niall uscì, con i passi che risuonavano veloci attraverso la
guarnigione e poi echeggiavano mentre scendeva le scale.
Quando il suono svanì, Kendra si voltò tra le braccia di Trick. “Sei
sicuro che non possa venire?”
“Sono sicura, leannan.” Chinò la testa, con le labbra che
sfioravano le sue, “Non dovrebbe volerci molto. Qualche ora per
arrivare, un giorno per tornare con quelle casse.” Le labbra
accarezzarono le sue ancora una volta, poi si soffermarono. La
lingua le sfiorò la bocca, togliendole il fiato e facendole venir voglia
di pregarlo di restare.
Ma non l’avrebbe fatto. Rhona e Gregor dovevano essere fermati.
E non avrebbe insistito per accompagnarlo. Era decisa e
comportarsi meglio che in passato, a essere il tipo di moglie solidale
che Trick meritava.
“Stai attento,” gli disse dolcemente.
“Starò attento.” Un ultimo bacio che la lasciò con il desiderio. “Ho
un piano, quindi non preoccuparti.” Kendra lo strinse. “Sai che stai
già parlando come uno scozzese? Ancora un po’ e Caithren sarà
l’unica a casa che ti capirà.”
Una risata, e Trick se ne andò.
CAPITOLO QUARANTAQUATTRO

“STATE FERMA MILADY.” Le mani di Jane arricciavano e


intrecciavano, “Siete inquieta questa mattina.”
Sentendosi un po’ come la piccola Susanna all’orfanotrofio,
Kendra sospirò. Il suo sguardo andò alla finestra della stanza. Aveva
piovuto per tutta la notte, anche se sembrava stesse smettendo. “Mi
domando come se la staranno cavando. Tutta la notte e questa
mattina.”
“Sono sicura che stanno bene, milady.” Jane rubò un pezzetto di
formaggio dal vassoio della colazione di Kendra, ancora intatto, e se
lo mise in bocca. “Probabilmente staranno già tornando a casa.”
Kendra strofinò il braccialetto d’ambra, un po’ rattristata che il lieve
arrossamento del giorno prima fosse sparito. Trick aveva detto di
avere un piano. Sperava proprio che fosse un buon piano. “Non ho
detto di essere preoccupata.”
“Certo che lo siete.” Jane legò un nastro viola e fece un passo
indietro. “Ecco fatto. Torneranno presto. State bene qui, vero?”
Jason la stava controllando anche lì? Si chiese Kendra. Il pensiero
la intenerì. Anche se sapeva che era improbabile. Il castello di Leslie
era lontano, ma sapeva anche che suo fratello l’avrebbe fatto se
avesse potuto. Le voleva bene—e anche Jane, tanto da porle la
domanda.
“E tu come stai qui, Jane?”
“Bene.” Raccogliendo i pettini, le forcine e i nastri, la cameriera li
sistemò nella sua cassettina da viaggio. “Ho una stanza tutta per me
più grande di quella che divido ad Amberley—perché non dovrei star
bene?”
“Com’è possibile?” Kendra aggrottò la fronte. “Immaginavo che gli
alloggi dei servitori fossero affollati, tra lo staff di Duncraven e quello
di Amberley.”
“Allora non lo sapete, milady?”
“Che cosa non so?” Kendra si alzò e andò alla finestra. La pioggia
aveva smesso di cadere e sorrise alla scena di sotto, una mamma
coniglio che saltellava dietro al suo cucciolo attraverso il giardino di
Elspeth.
“Quando Sua Grazia—non vostro marito, ma suo padre—è partito
tanti anni fa, ha smesso di pagare per il mantenimento della madre
di vostro marito. Lei ha dovuto sopravvivere con quello che produce
Duncraven, che, immagino, non sia molto. La maggior parte dei
servitori è stata licenziata.”
“Mio Dio.” Kendra si allontanò dalla finestra. Spiegava perché una
bambinaia stesse facendo il lavoro di una serva. E perché il castello
fosse così malconcio. “Sua Grazia—mio marito, non sa niente di
tutto questo, Jane. Te lo posso giurare.”
“Calmatevi, milady.” Jane chiuse la cassettina. “Nessuno qui lo
biasima, e oltre a tutto è successo tanto tempo fa. Il resto del
personale è contento di avere un impiego. E da quando il sig.
Munroe si è trasferito qua, ricevono perfino uno stipendio.” Prese
l’arricciacapelli dal camino e soffiò per raffreddarlo. “Volete giocare a
carte? La giornata passerebbe più in fretta.”
“Forse più tardi. Penso che andrò a tenere compagnia a Hamish
per un po’.”
Un sorriso abbellì il volto insignificante di Jane “Idea eccellente.
Sapete dove trovarmi.”
Kendra seguì la cameriera lungo la scala circolare illuminata dalle
torce, mordendosi la guancia. Sapeva che Trick non avrebbe
sopportato che suo fratello e suo padre tirassero la cinghia come
sembrava che stessero facendo. La gestione di una tenuta era il
forte di Kendra, almeno era quello che pensava lei, quindi sperava di
arrivare in fondo al problema prima che Trick tornasse. E trovare una
soluzione che non richiedesse vedergli fare nuovamente il brigante.
Arrivando in salotto, si diresse verso la porta di Hamish. Forse
c’era qualche possibilità di guadagno che avevano trascurato.
“Dove sono andati, Kendra?”
Kendra si voltò e, trovandosi a faccia a faccia con Annag,
represse un gemito. “Ve l’ho detto, non lo so.”
E aveva continuato a ripeterlo. Almeno una dozzina di volte la
sera prima, prima di fuggire dalla sala grande per girarsi e rigirarsi
nel letto vuoto.
Passò di fianco alla cognata, verso la porta chiusa della camera.
“E perché vi importa, poi? Avete qualche interesse nell’esito del
lavoro di oggi?”
Annag si avvicinò per bloccarle la strada, con i pugni alzati. “Di
che cosa mi stai accusando?”
“Forza, colpitemi. Ho tre fratelli e vi assicuro che mi hanno
insegnato a difendermi.”
La donna socchiuse gli occhi, ma abbassò le mani, “Lo scoprirà
Duncan allora.” Corse alla porta di Hamish, la aprì ed entrò,
sbattendola dietro di sé. “Dun-cannn!” arrivò la voce da dietro la
pesante porta di quercia.
Niente Hamish, allora. L’ultima cosa di cui Kendra aveva bisogno
era un altro round con Duncan e sua sorella. Era riuscita a tenersi
tutti i capelli fino a quel punto e preferiva che le cose restassero
così.
Scese e uscì, sperando di avere un po’ di pace per apprezzare il
mondo incantato che aveva creato Elspeth. Una volta era riuscito a
calmare Trick, forse il giardino dei castelli avrebbe magicamente
funzionato allo stesso modo con lei.
Anche se non pioveva più, la giornata era burrascosa, il cielo
grigio e minaccioso. Kendra camminò lungo i sentieri, abbassandosi
a toccare i piccoli castelli qui e lì, sorridendo dell’inventiva della
madre di Trick. Uno azzurro con pezzettini di metallo per farlo
brillare. Uno giallo, circondato da alberi in miniatura. Riusciva quasi
a immaginare Elspeth che ci lavorava, con un bambino biondo di
fianco. Se l’aveva ‘aiutata’ come i bambini dell’orfanotrofio,
immaginava che alla donna fosse servito il doppio del tempo per
costruirne uno.
Ce n’era uno estroso, dipinto di rosa, con un drago verde che
sorvegliava la sua entrata. Era così carino, circondato da fiori viola a
forma di campana.
Si bloccò. Fiori viola a forma di campana.
Belladonna.
Allungò una mano, poi la tirò indietro, risentendo la voce di
Caithren. ‘Non toccarla. È possibile ammalarsi anche senza
mangiarla. Vedi queste foglie verde scuro? Sono letali’.
Vedeva solo poche foglie verde scuro... perché la maggior parte
era stata raccolta.
Come Cait, Rhona conosceva le piante e le erbe. E dava una
pozione da bere a Hamish. La sua ‘cura’ dal colore verde scuro.
E i sintomi di Hamish—come quelli di Elspeth—erano proprio
come quelli descritti da Caithren: febbre, respiro rallentato, pupille
dilatate, dolori allo stomaco...
Rhona aveva avvelenato entrambi.
Buon Dio. Doveva avvertire Trick e Niall. Suo marito e il fratello
erano tutto quello che restava tra Rhona e Gregor e quel tesoro, e
se i due erano stati capaci di uccidere una volta, quasi due, lo
avrebbero sicuramente rifatto.
Prima ancora di averci pensato bene, corse al castello. Di sopra,
nella sua stanza, si strappò di dosso il vestito e infilò un abito da
cavallerizza. Afferrò il mantello e corse nella scuderia a prendere
Pandora senza perdere tempo, sperando che nessuno della famiglia
la vedesse.
Aveva guardato da sopra la spalla di Trick mentre studiavano la
cartina ed era sicura di conoscere la strada.
Battendo un piede con impazienza, osservò il ragazzo di stalla
sellare la giumenta. “Sbrigati, per favore.”
Il ragazzo era confuso. “Non potete andare da sola, Vostra
Grazia.”
Kendra provò a sorridere. “A casa, in Inghilterra, cavalco sempre
da sola.”
“Qui siamo a Duncraven, non in Inghilterra. Permettetemi di
organizzarvi una scorta.”
“Grazie, no.” Una scorta avrebbe visto dov’era diretta e sarebbe
tornata immediatamente indietro e a quel punto le avrebbero
impedito di andare. Hamish sicuramente avrebbe voluto mandare
qualcun altro—un messaggero o, addirittura, Duncan. E lei non
voleva restare lì a preoccuparsi mentre gli uomini cui voleva bene
affrontavano degli assassini. “Preferisco veramente cavalcare da
sola. Mi schiarisce le idee.”
Il ragazzo stava arretrando, chiaramente per andare in cerca di
aiuto. Riprendendo da dove si era interrotto lui, Kendra strinse le
cinghie della sella e montò. “Di’ al Sig. Munroe che tornerò presto,”
gridò andandosene.
Erano più miglia di quanto sembrasse sulla cartina, ma Pandora
era veloce. Le ore la portarono oltre un terreno collinoso annidato
contro una catena di montagne verdi, e poi finalmente su una strada
affiancata da alberi che zigzagava attraverso le colline che
nascondevano la costa.
Il bestiame brucava nei campi, i cardi viola crescevano
dappertutto. Dal cielo cadeva una nebbiolina leggera e le nuvole
stavano diventando nuovamente scure, minacciando altra pioggia.
Quando la strada tortuosa arrivò in cima e lei poté vedere il villaggio
di Burntisland, annidato nella baia in lontananza, con il Firth che si
agitava più in là, Kendra cominciò a preoccuparsi di come trovare
suo marito.
Per fortuna—o sfortuna—uscì a precipizio da un mare di fiordalisi,
superò una curva e quasi lo travolse.
CAPITOLO QUARANTACINQUE

“PRENDETELA!” GRIDÒ RHONA.


Mentre legava un uomo, Trick alzò gli occhi vedendo Kendra che
veniva tirata giù a forza da Pandora. Un attimo dopo, Gregor aveva
un coltello puntato alla sua gola.
Da dove diavolo era arrivata?
Sbalordito, Trick faceva fatica a tirare il fiato. Con la sella vuota,
Pandora arretrò e galoppò via sull’argine, e il suo cavallo e quello di
Niall la seguirono.
“Maledetto figlio di puttana,” disse a denti stretti Gregor, “Lascia
andare il mio uomo prima che la testa della tua mogliettina rotoli giù
sulla strada.”
“Non ascoltarlo, Trick!” gli occhi di Kendra erano pieni di lacrime.
“Ti ucciderà. Ha già ucciso una volta, quasi due—”
“Subito!” Urlò Gregor.
Con gli occhi inchiodati su Kendra, Trick lasciò cadere la corda e
fece lentamente un passo indietro, con il cuore che gli batteva nelle
orecchie.
Mi dispiace, mimò Kendra con le labbra, con il cuore negli occhi
luccicanti, portandosi i pugni sulla bocca mentre le lacrime
scivolavano sulle guance.
“Rhona, prendi le nostre armi.”
Andando a raccogliere le pistole che Trick li aveva obbligati a
depositare a terra qualche minuto prima, Rhona sogghignò, rivolta a
Kendra. “Grazie, mia cara.” Consegnò una pistola a uno dei loro
complici. “Per un momento, tuo marito ha pensato di averci
ingannato.” L’uomo che Trick stava legando si liberò dalle corde e
ricevette un’altra pistola. “Immagina lui e suo fratello che pensavano
di poter fermare noi quattro.”
In cima alla collina, Niall si alzò tremante, l’unica persona vera tra
una dozzina di cappelli e di tubi che avevano sistemato intorno a lui.
Si tolse la maschera improvvisata dal volto. “Vi avevamo ingannato,”
disse secco.
“Finché la tua cognatina si è fatta vedere e abbiamo fatto due più
due.” Gregor strinse la presa su Kendra e lei ebbe uno scatto,
facendo balzare in gola il cuore a Trick. “Lascia cadere la pistola,
ragazzo, altrimenti sarai il prossimo a provare il mio coltello.”
“Ti ucciderà comunque, Niall! Te lo dico io—”
La pistola di Niall cadde al suolo con un tonfo.
Ribollendo di rabbia—verso Kendra, o Gregor, o Rhona, o il
mondo in generale, Trick si tolse la sua maschera e la parrucca.
“Non muoverti!” Ringhiò Gregor. Un piccolo segno rosso apparve
sulla pelle bianca di Kendra e il suo mugolio tolse a Trick un anno di
vita. Gregor spostò lo sguardo su uno dei due uomini, indicandogli
Trick con la testa. “Uccidi lui per primo.”
“Te l’avevo detto!” piagnucolò Kendra.
“Uccidere?” con le mani avanti, e la pistola puntata in alto, l’uomo
si fece indietro.
Un abitante di Duncraven—Trick lo aveva schiaffeggiato durante il
ricevimento funebre. Ora desiderava averlo picchiato con una tavola.
“Nessuno ha mai parlato di uccidere, aye? Dovevamo solo
spostare qualche cassa e andare a casa con un po’ d’oro in tasca.
Nessuno ha mai parlato di uccidere.”
“Io sto con te, Davie.” La pistola del secondo uomo cadde a terra.
“Buona giornata a voi, gente. Non so a che gioco state giocando, ma
io adesso torno a Duncraven—potete tenere il mio cavallo, con i miei
complimenti.” Con un’occhiata malinconica al cavallo che era
attaccato a uno dei carri, l’uomo cominciò a camminare.
“Aspettate!” Gli occhi di Rhona saettavano dagli uomini che
stavano andandosene e suo marito. “Non è necessario ucciderli.” La
sua voce salì di un’ottava. “Dannazione, Gregor. Ti ho detto fin
dall’inizio che non era necessario ucciderli.”
Gli uomini si fermarono e si voltarono, riservandosi
apparentemente di decidere.
“Aye,” sbraitò Gregor. “E poi mi hai convinto a farlo in quel modo
da codardi, mentre avremmo potuto farla finita e essere a Londra
settimane prima che lui si facesse vedere.” Indirizzò uno sguardo
minaccioso a Trick.
“Che il diavolo vi porti!” Disse il primo uomo, girando sui tacchi.
“Aspetta!” Rhona sparò in aria.
Si bloccarono tutti. Dalla gola di Kendra sfuggì un suono
strozzato.
“Non è necessario ucciderli,” ripeté Rhona, con i denti stretti per la
furia, affrontando suo marito. Tremando visibilmente, indicò i quattro
carri carichi. “Non possiamo farcela da soli. Non possiamo lasciarli
andare.”
Le cadde lo sguardo sulla corda che Trick aveva lasciato cadere.
“Possiamo legare questi bastardi, come volevano fare loro con noi.”
Trick non aveva mai sentito un linguaggio simile sulla bocca di una
donna. “Saremo lontani, oltre il Firth prima che riescano a seguirci.
La marea cambierà e saranno incastrati qui fino a domani.”
Gregor rimaneva in silenzio, respirando affannosamente. Risoluto.
I due uomini si scambiarono un’occhiata e ripresero a camminare.
Un fulmine illuminò il cielo. “Tornate indietro,” sbraitò Gregor
mentre il tuono rimbombava e la pioggia cominciava a picchiettare
sul terreno. “Io terrò questa finché avrete legato gli altri.” Stava
respirando in modo spasmodico. “Tu!” urlò a Niall. “Scendi se non
vuoi vedere l’interno del gargarozzo di tua cognata.”
Niall non se lo fece ripetere.
Usando le corde di Trick, legarono lui e poi suo fratello sul terreno
fangoso, con i piedi uniti, i polsi incrociati e legati dietro la schiena,
poi li sferzarono per buona misura. Alla fine, Gregor gettò a terra
Kendra e i due le fecero lo stesso trattamento.
“Ahi!” gridò Kendra. “Ahi! Ahi! Ahi! Ahi! AHI!”
Steso sul fianco, Trick trasaliva a ogni tirata di corda, anche se
francamente non riusciva a immaginare che cosa trovasse Kendra di
così doloroso. L’intera situazione era irritante da morire, ma non
faceva tanto male da giustificare quegli strilli.
La sua povera moglie doveva avere la soglia del dolore più bassa
nella storia, decise, ricordando la sua reazione la loro prima notte di
nozze. Se mai avesse partorito, lui avrebbe fatto meglio a restare
lontano da casa. O magari lontano dalla contea.
Smise di rimuginare quando Gregor si mise sopra di lui, con la
voglia di uccidere negli occhi pallidi. “Tu maledetto bastardo!” Un
calcio fece uscire l’aria dai polmoni a Trick. Stringendo i denti,
Gregor gli diede un altro calcio, un colpo così forte che Trick sentì
chiaramente il crac di una costola. Il dolore fu così forte da far
sembrare insignificanti tutte le botte che gli aveva dato suo padre.
Chiuse gli occhi, annaspando, e sentì le ruote dei carri che
rotolavano lungo la strada mentre aspettava che il dolore si
attenuasse.
“Trick? Oh mio Dio, stai bene?”
“Sopravvivrò.” Kendra era troppo lontana per poterla toccare, ma
aprì gli occhi e le rivolse un sorriso smorto, forzato. “E tu stai bene?”
“Sì.” Gli occhi le si riempirono nuovamente di lacrime,
mischiandosi alla pioggia. “Oh Dio, mi dispiace tanto. So che mi
avevi detto di non venire, ma lei li stava avvelenando, Trick. Erano
—”
“Ne parleremo dopo.” In quel momento era troppo confuso, diviso
tra la rabbia perché si era fatta viva e il sollievo che la sua gola fosse
intatta. Il dolore stava diventando sopportabile, un pulsare insistente
lungo il fianco sinistro. “Niall, va tutto bene, ragazzo?”
“Sì. Avrei dovuto sparargli.”
“Non essere stupido. Erano in quattro contro due e Kendra aveva
un coltello alla gola. Spalancò gli occhi guardando Kendra. “Che
diavolo stai facendo?”
“Liberandomi.” Si contorse nel fango. “Angus e Davie, in fondo
sono delle brave persone. Ho parlato con loro durante il ricevimento
funebre.”
“Cosa?”
“Pensavo che se li avessi convinti che mi stava facendo male,
avrebbero lasciato le corde lente.” Riuscì a liberare una mano. “Ha
funzionato.”
“Santo Dio.” Mormorò Niall. “È un maledetto genio.”
E Trick era un dannato idiota.
Kendra aveva ancora il braccio legato al corpo e le ci volle
qualche minuto per liberarlo. Qualche altro lungo minuto per
sciogliere tutto il resto finché restarono le caviglie. Tolse in fretta le
corde anche lì e poi si alzò in piedi, stiracchiandosi per sciogliere i
muscoli, schizzando fango sulla strada.
“Non avrei mai pensato di doverlo dire, ma grazie al cielo sta
piovendo.” Alzò la testa, lasciando che la pioggia le entrasse in
bocca e le lavasse via il fango.
Seguì una risata ironica di Trick, breve per il dolore nelle costole,
“Slegami, ragazza.”
Qualche minuto dopo era libero e la stava abbracciando come se
non volesse più lasciarla andare, nonostante il dolore al fianco. Le
tempestò la bocca, le guance e gli occhi di baci “Buon Dio, leannan.”
Si tirò indietro, passandole le dita sul taglietto sul collo, per
convincersi che non era niente di serio. “Pensavo che ti avrei perso.”
Poi ricominciò a baciarla.
Ridendo, Kendra si allontanò. “Non dimenticare tuo fratello.”
Trick si inginocchiò, reprimendo un gemito e allentò le corde di
Niall, e gli afferrò la mano per aiutarlo ad alzarsi. Si abbracciarono,
poi si scostarono e si guardarono negli occhi.
“Li inseguiamo?” Chiese Trick.
“Diavolo, sì!”
CAPITOLO QUARANTASEI

I CRIMINALI ERANO GIÀ al molo, in lontananza e stavano


scaricando i carri in una barca a un solo albero a scafo largo. O,
almeno, gli uomini stavano scaricando. Rhona si stava torcendole
mani. Un traghettatore agitatissimo a tratti aiutava e a tratti sbraitava
ordini abbastanza collerici da attraversare la distanza e superare il
rumore del vento e della pioggia e arrivare fino alle orecchie di Trick.
“Basta, vi ho detto. Non regge tutto quel peso. E la marea è girata
—dobbiamo partire, altrimenti non riusciremo a uscire dalla bocca
del porto—”
Le sue parole si troncarono di netto quando Gregor gli puntò
addosso la pistola. “Più in fretta!” urlò, lanciando uno sguardo
sorpreso e furioso a Trick e agli altri che stavano precipitandosi giù
dalla collina sui loro cavalli. “Più in fretta!”
“Basta!” Gridava il traghettatore. “Togliete le ultime due! La barca
affonderà, vi dico!”
Mentre la marea si ritirava, il livello dell’acqua scendeva tra i due
grandi moli di pietra che si gettavano a est e a ovest. La breccia di
trenta metri tra i due moli era l’unica uscita dal porto di Burntisland.
Tra qualche minuto, l’acqua sarebbe stata troppo bassa e pericolosa
da navigare.
Trick raggiunse il molo, con sua moglie subito dietro. All’unisono,
smontarono sul molo, gettando le redini sulla ringhiera.
Ignorando gli avvertimenti, Gregor e gli altri due uomini gettarono
l’ultima cassa a bordo e spinsero via la nave, talmente carica che
restava a malapena posto in piedi. Urlando un’imprecazione, il
traghettatore saltò sul molo all’ultimo istante, borbottando mentre il
vascello si allontanava e cominciava subito a imbarcare acqua. Muti
e spaventati, gli aiutanti di Gregor abbandonarono anche loro la
nave, saltando nelle acque gelide del porto.
Le vele si gonfiarono e la nave balzò in avanti, avvicinandosi alla
bocca del porto. Trick slegò una barca più piccola e salì a bordo.
“Tu, vieni!” gridò a Niall. Quando Kendra fece per seguirli, le fece
segno di restare indietro. “Tu resta lì.”
“Accidenti a te!” Urlò Kendra. Con una rincorsa e un salto, superò
la distanza proprio mentre la barca si allontanava.
Imprecando sottovoce, Trick lanciò un’occhiata all’altra barca che
annaspava per uscire nelle acque aperte. Non c’era tempo per
discutere, non c’era tempo per tornare indietro. “Ne discuteremo più
tardi. Non hai imparato niente oggi?”
Niall afferrò due remi e cominciò a remare. In poco tempo, il
traghettatore sembrò una bambolina sul molo, mentre camminava
avanti e indietro alzando i pugni al cielo. Un altro rombo di tuono
attraversò i cieli.
“Guardate!” Urlò Kendra.
Da ovest, una densa nuvola nera stava scendendo sul firth.
“Dannazione!” Trick aveva passato abbastanza tempo a bordo di
navi da sapere che cosa significasse. Dicendo una breve preghiera
per le anime a bordo del vascello già in difficoltà, afferrò gli altri due
remi per aiutare a remare verso la barca carica, con le costole che
pulsavano a ogni colpo. “Se trasferiamo una cassa o due a bordo,”
disse ansimando, “forse possiamo alleggerire il carico abbastanza
perché il traghetto ce la faccia a tornare indietro. Niall, tu mi aiuterai
a spostarle. Kendra, quando mi affiancherò, prendi i remi e cerca di
tenere ferma la barca.”
Con la tempesta che arrivava, non poteva permettersi il lusso di
restare arrabbiato con lei. Avrebbe sfruttato il suo aiuto, e poi le
avrebbe urlato contro per aver complicato tutto.
Dannata donna testarda. Che faceva sempre quello che voleva.
Cavalcare da sola e intrappolarli in un matrimonio, presentarsi a una
rapina quando le aveva espressamente proibito di farlo, corrergli
dietro in Scozia, seguirlo a Burntisland. E adesso questo.
Qualche minuto dopo cozzarono contro il traghetto che
sgroppava. “Adesso!”
Trick saltò sul traghetto, atterrando dolorosamente ma sano e
salvo. Niall lo seguì e si precipitò verso la cassa più vicina.
Dannazione, era pesante—avevano fatto fatica a caricarla in tre. E
Trick era ferito e Niall solo un ragazzo. Ma la necessità dona la forza
e insieme riuscirono a trascinarla verso il bordo.
Sgottando freneticamente, Gregor e Rhona non li notarono finché
non la cassa fu quasi nella barchetta. Una spinta, un tonfo ed era a
bordo—e Gregor si precipitò contro Trick con tutte le sue forze.
Trick prese un pugno nello stomaco che sfiorò le costole doloranti.
Si piegò in due, respirando a fatica, prima di raccogliere la forza e
restituire il favore, dando un pugno in faccia all’uomo più anziano.
Niall aggiunse di suo un pugno allo sterno e Gregor barcollò indietro,
atterrando duramente in trenta centimetri d’acqua.
Il traghetto stava beccheggiando e ondeggiando, con la pioggia
che batteva sui ponti. Mentre Gregor cercava di rimettersi in piedi, il
vascello si inclinò di colpo. Gettata contro il bordo, Rhona urlò. Una
delle casse scivolò, la mancò di pochissimo e precipitò fuori bordo,
portando con sé una sezione di parapetto e Rhona.
“Rhona!” Gregor si precipitò dietro di lei, cercando di afferrarle la
mano mentre scivolava fuori bordo. Le dita si sfiorarono ma non
riuscirono a far presa. Trick afferrò Gregor per impedirgli di finire
fuori bordo, stringendo le braccia intorno alla vita dell’uomo, tirandolo
contro il suo corpo già maltrattato, mentre Niall saltava in acqua per
cercare di salvare la vita della donna.
Sbattuto qua e là dalle acque turbolente dell’insenatura, Niall
cercò la donna voltandosi da una parte e dall’altra, ma lei era già
scivolata sotto le onde. Anche Niall scomparve. Tra due casse, Trick
teneva stretto Gregor e trattenne il fiato finché la testa bionda di suo
fratello riemerse, con la donna appoggiata immobile sulla schiena.
Niall si fece strada tra le onde fino alla scaletta esterna del
vascello, spingendola a bordo prima di arrampicarsi, contro il vento e
la pioggia.
Gregor si strappò dalle mani di Trick e si gettò su sua moglie
mentre Niall restava sdraiato sul ponte, ansimando, con l’acqua che
gli passava sopra e gli entrava in bocca.
“Dobbiamo spostarne un’altra!” Gridò Trick. “Sta ancora
imbarcando acqua!”
Niall annuì e si rimise in piedi.
“Trick!” La voce spaventata di Kendra arrivava a malapena in
mezzo alla tempesta. “Sta scivolando!”
Trick si affrettò ad andare dall’altra parte della nave. Sballottata
violentemente, la barchetta era andata alla deriva per qualche metro.
Anche se Kendra cercava di trattenerla spingendola con entrambe le
mani e una spalla, la cassa che aveva caricato stava lentamente
scivolando verso un lato, minacciando di capovolgere la barchetta.
Minacciando di far annegare Kendra.
Più veloce del vento, Niall volò davanti a lui e si gettò in acqua.
Mentre si preparava a seguirlo, Trick si trovò sbattuto sul ponte da
un’enorme, ruggente ondata.
Annaspò, cercando di respirare, con il ponte allagato e il flusso
dell’acqua che lo tirava oltre il bordo.
Acqua nera e gelida gli coprì la testa.
Lottò per tornare in superficie, solo per essere colpito alle spalle
da una cassa che stava affondando.
Frastornato, sbatteva le braccia e le gambe, martellato dalle onde
e dai detriti. Pezzi di legno, di cordame, di attrezzature. Una boccata
d’acqua gli finì nei polmoni, bruciante come le fiamme dell’inferno.
Le costole urlavano di dolore e non riusciva ad alzare le braccia, non
riusciva a nuotare, non riusciva a tenere la testa sopra il mare
furibondo che sembrava determinato a diventare la sua tomba.
Il suo ultimo pensiero fu per Kendra, che strava lottando contro
quella cassa. Testarda, piena di volontà, bellissima Kendra, che
metteva gli orfani al di sopra delle ricchezze... Kendra che aveva
accettato la sua famiglia prima di lui... Kendra che faceva battere
forte il suo cuore con un solo sguardo.
Dannazione, quanto l’amava.
CAPITOLO QUARANTASETTE

STAVA GELANDO.
Non era morto, quindi. L’inferno era caldo, a quanto dicevano. E il
paradiso—non che si aspettasse di finire lì—doveva essere come
fluttuare su una nuvola calda e confortevole. Eppure stava tremando
per il freddo che gli arrivava alle ossa, tanto freddo che gli sembrava
fosse impossibile tornare a essere caldo. Ed era tutt’altro che
comodo.
Un sobbalzo gli fece sbattere i denti e confermò l’ultimo punto.
Perfino l’inferno sarebbe stato meglio, pensò con un gemito.
“Sta riprendendo i sensi!” La voce era celestiale, le labbra calde
premute contro il suo volto ancora più paradisiache. “Oh, Trick, mi
dispiace tanto, mi dispiace...”
“Freddo...” mormorò.
“Solo un minuto. Ho quasi finito.”
Uno strattone sul fianco gli inviò una fitta di dolore talmente forte
che decise che doveva essere almeno mezzo morto. “Male,” riuscì a
dire.
“Lo so. La fasciatura dovrebbe aiutarti.”
Trick si obbligò ad aprire gli occhi e alzò la testa, che sembrava
troppo pesante—così pesante che la lasciò ricadere con un tonfo da
spaccare il cranio. Ma l’aveva vista. Kendra. Dolcissima Kendra. Non
era annegata, dopotutto.
Il cuore avrebbe voluto volare, ma il resto di lui insisteva a restare
sulla terra. “Fasciatura?” si chiese.
“La mia sottoveste. Un pezzo.”
Una gobba lo fece sobbalzare e ricadere con un colpo rovinoso.
Non per terra, quindi, ma su un carro. E la sua preziosissima moglie
gli stava fasciando le costole con una benda ricavata dalla sua
sottoveste.
La mente cercava di mettere insieme i pezzi. Come si era ferito,
ma, più interessante, come aveva fatto a strappare le strisce dalla
sottoveste? Se la immaginò che sollevava le gonne, con le belle
gambe tornite in mostra mentre strappava il tessuto avorio.
Avrebbe voluto vederla, pensò, rendendosi conto che non doveva
essere mezzo morto, dopo tutto. Parti di lui erano tutt’altro che
morte, anche se altre parti gli facevano bramare quella pace. Poi
Kendra lo guardò negli occhi e lui fu contento, oh, tanto contento di
essere ancora vivo.
“Niall! È sveglio.” I capelli di Kendra erano una massa arruffata,
aveva il volto infangato, ma il suo sorriso era tanto radioso da
illuminare la giornata nuvolosa. Poi la sua espressione cambiò. “Oh,
Dio, Trick. Mi dispiace tanto.” Le vennero le lacrime agli occhi.
Avrebbe voluto dirle di non piangere, ma le parole gli si fermarono
in gola.
“Fratellone!” Esultante, la voce di Niall gli arrivò alle orecchie da
qualche parte sopra la sua testa. “Come ti senti?”
“Gola... fa male,” gracchiò, continuando a fissare sua moglie.
Anche arrossati, i suoi occhi erano del verde più bello.
“Hai vomitato una secchiata d’acqua,” gli spiegò Niall. “Gesù, era
disgustoso.” Qualcosa passò sopra la testa di Trick. Una fiaschetta.
“Kendra, fallo bere.”
Kendra gli tenne la testa con una mano, portandogli la fiaschetta
alle labbra con l’altra. Trick bevve avidamente all’inizio, poi si strozzò
quando il liquore gli bruciò la gola infiammata.
“Usquebagh,” disse Niall. “Acqua di vita. Whisky. Bevine ancora
un po’. Ti farà bene.”
Trick bevve, cautamente all’inizio, sentendo l’alcool che scendeva
bruciante fino allo stomaco. “Caldo,” mormorò.
Con un respiro tremante, Kendra ricacciò indietro le lacrime. “Ti
riscalderò tra un minuto.”
Legò i lembi del bendaggio improvvisato, stretto e benvenuto, che
sembrava rimettere insieme sia il corpo sia l’anima. Di colpo gli tornò
tutto in mente e insieme ai ricordi, anche parte della rabbia per la
sua interferenza. Ma ricordò, anche, quello che aveva pensato
mentre affondava. Pensieri d’amore, da un uomo che era stato certo
di non credere all’amore.
Dopo, ci avrebbe pensato dopo.
Mentre Kendra cercava di tirargli giù la camicia, Trick si sollevò,
trovandosi circondata dai cavalli. Niall aveva legato insieme i quattro
animali da tiro per tirare il carro e i loro tre cavalli trottavano dietro.
Stavano andando in fretta.
I piedi di Trick erano premuti contro una cassa—l’unica cassa che
erano riusciti a recuperare dalla nave condannata. Una cassa
salvata su ventitré. Lasciò cadere la testa sull’improvvisato cuscino
fatto con la sua giacca fradicia. Aveva smesso di piovere e il sole
stava cercando di emergere dalle nuvole che si aprivano.
“Ecco.” Kendra gli mise una coperta. Era calda, poi sentì ancora
più caldo quando Kendra si infilò sotto, dal suo lato sano, dandogli il
calore del suo corpo.
Paradiso. Era in paradiso, dopo tutto.
“Me l’ha data il traghettatore,” disse Kendra.
“Che cosa ti ha dato?”
“La coperta.”
“E tu gli hai vomitato sul pavimento,” aggiunse Niall dal sedile del
carrettiere.
“Gentile da parte sua.” Trick intrecciò le dita con quelle di Kendra.
“Specialmente considerando che ha perso la barca.”
Lacrime calde bagnarono la sua camicia quasi asciutta dove era
annidata la testa di Kendra. “Li abbiamo persi,” le parole erano
mormorate e tristi, “Gregor e Rhona e il tesoro.”
“Ma noi siamo qui.” Le strinse la mano. “Penso, leannan, che sia il
caso di ringraziare Dio per quello, e Niall.”
“Nay,” rispose suo fratello. “Ringrazia lei. È lei che ti ha tirato fuori
dall’acqua.”
Sbalordito, Trick ansimò. “Come?” Pesava almeno il doppio di lei.
Sentì, più che vedere, Niall che faceva spallucce. “Io sono riuscito
ad arrivare alla barca e stavo occupandomi della cassa che
scivolava. Poi l’ho vista che saltava sopra la mia testa.”
“Quell’onda,” la voce di Kendra tremò al ricordo. “Era come una
montagna. È ricaduta e sei scomparso per un momento, poi ti ho
visto che la superavi. Sembrava che stessi cavalcando una cascata.
Non sono mai stata tanto spaventata in vita mia.”
“Conosco quella sensazione,” le disse ricordandola con un coltello
puntato alla gola. “Rhona e Gregor? Hai visto anche loro?”
“No,” rispose Kendra. “Non li abbiamo mai visti. Erano lì, loro e la
barca, e poi non c’erano più. Quando ti ho tirato sulla barca, non
c’era più niente dov’era la barca, salvo una spaventosa zona di
calma sulla superficie dell’acqua, punteggiata di detriti.”
Trick annuì lentamente, sentendo una stanchezza infinita
travolgerlo improvvisamente. Buon Dio, gli aveva salvato la vita.
Perché gli aveva disobbedito—perché, nonostante le sue proteste,
era saltata in quella barca come un angelo vendicatore—ed era
stata lì e gli aveva salvato la vita...
“Mi dispiace tanto,” sussurrò Kendra.
Ma Trick si era già addormentato.
CAPITOLO QUARANTOTTO

ERA QUASI MEZZANOTTE quando arrivarono a Duncraven,


gelati, affamati e—almeno Kendra—esausta.
La lunga dormita sul pianale del carro aveva permesso a Trick di
recuperare le forze e Niall sembrava rivivere man mano che si
avvicinavano al castello, non vedendo l’ora di raccontare a suo
padre la loro grande avventura. Kendra però non aveva dormito un
attimo durante lo scomodo viaggio, troppo presa dalla meraviglia di
essere tutti vivi, con il sottofondo del rimpianto che le sue azioni
avessero portato a quella tragica fine.
Mentre Trick e Niall andavano direttamente a riferire a Hamish,
Kendra si scusò e si trascinò al piano di sopra, desiderando solo un
bagno caldo e una buona notte di sonno.
Aveva quasi finito il bagno quando entrò Trick, con un vassoio in
una mano e due calici nell’altra. Kendra scivolò in fretta sotto
l’acqua, coprendosi il seno con le braccia. Anche se l’aveva vista
nuda prima—nessun uomo l’aveva vista fare il bagno. Sembrava
diverso. Privato. E troppo intimo, visto quello che gli aveva fatto
passare.
Le sembrava giusto che proprio non desiderasse vederla.
“Posso continuare io ora.” Trick congedò Jane che uscì in silenzio
chiudendo la porta. “Hai fame?” le chiese tranquillamente.
“Non proprio.” Gli occhi di Kendra si riempirono di lacrime. “Trick,
mi dispiace di aver rovinato i tuoi piani. Se non fossi arrivata io,
facendogli capire chi eri, non sarebbe successo niente.”
“Non puoi saperlo, non possiamo sapere che cosa sarebbe
successo.” Appoggiò il vassoio sulla scrivania, con gli occhi
preoccupati. “Forse hai rovinato i nostri piani, ma mi hai anche
salvato la vita. E ti ringrazio dal profondo del cuore.”
A Kendra faceva male il cuore. Oh, se solo fosse riuscita a
perdonarsi facilmente come sembrava la stesse perdonando Trick.
Poi Trick si passò una mano tra i capelli e Kendra lo fissò, talmente
sorpresa che il senso di colpa sparì completamente.
“Li hai tagliati,” mormorò. “I capelli.”
Un sorriso ironico alzò gli angoli della bocca di Trick. “Li ha tagliati
la signora Ross. Ero lì, a raccontare a Hamish quello che era
successo, con lei che si affaccendava su Niall e me. Spostandoci
verso il fuoco per scaldarci, mettendoci in mano bevande calde.
Mentre parlavano, ha tolto a Niall la giacca bagnata e gli ha passato
il pettine tra i capelli. E poi l’ho vista sopra di me con le forbici in
mano.”
“Non l’hai fermata.”
Trick rispose alzando le spalle. Non si stava più nascondendo,
non da lei. Il cuore da cui diceva di ringraziarla era proprio lì, nei suoi
occhi d’ambra.
Trick si avvicinò e si inginocchiò accanto alla grande vasca di
legno, appoggiando i calici sul pavimento accanto a lui. “Basta
lacrime. Non hai colpe per tutto quello che è successo oggi. Mi devi
credere.”
Quando le prese le mani che coprivano il seno, Kendra dimenticò
di essere imbarazzata. Gli strinse le dita, fissando quegli occhi non
più nascosti. “Incolpi te stesso invece, vero?”
“Aye,” ammise, giocherellando con l’ambra al polso di Kendra.
“Ma Hamish, papà—” l’ombra di un sorriso gli curvò la bocca “—ha
fatto del suo meglio per mettere in chiaro le cose.”
“Che cosa aveva da dire?”
Trick le baciò la punta delle dita e sospirò. “Pensa che sia un bene
che Niall ed io non siamo riusciti a impedire ai suoi amici di
annegare, perché gli ha risparmiato il fastidio di farli impiccare. E
quanto al vasellame reale, crede sia destino... e che sia giusto che
sia finito dove si è sempre creduto che fosse.”
Kendra sentiva ben poca convinzione nelle sue parole. “Tu non sei
d’accordo.”
“È difficile evitare la sensazione di fallimento quando si perde una
fortuna immensa e due vite. Ma ci sto lavorando.”
Anche lei avrebbe cercato di migliorarsi. “Volevo restare qui come
mi avevi detto—veramente—ma poi quando mi sono resa conto che
erano degli assassini e ho pensato a te che non lo sapevi... il rischio
per le vostre vite...” Ricordandolo, Kendra sentì il cuore che
riprendeva a battere forte. “Ho cercato di obbedire, ma non sono
fatta così, Trick.”
“Lo so.” Trick sospirò in modo teatrale, ma il sorriso nei suoi occhi
le diceva che era tutta scena. “Immagino che mi dovrò abituare.”
“Sono così contenta che voglia tentare.” Anche se non si sentiva
ancora senza colpa, il sollievo la sommerse. La stava accettando per
quello che era. Più di quanto avesse fatto chiunque altro. “Volevo
solo avvertirti che erano spietati, ma è andato tutto storto.”
“Le tue intenzioni erano buone.” Le sfiorò le nocche con le labbra
e il suo fiato caldo sulle mani la riscaldò dentro. “Non sono abituato
ad avere qualcuno che voglia prendersi cura di me,” le disse con la
voce profonda e roca, “ma lo apprezzo. E spero che potremo
ricominciare da capo, e che un giorno mi dimostrerò meritevole della
tua lealtà un po’ speciale.”
Potevano veramente ricominciare da capo e imparare a fidarsi a
vicenda? Il cuore di Kendra prese il volo a quel pensiero. Gli rivolse
un sorriso un po’ tremulo e Trick le lasciò andare le mani, prendendo
il calice e porgendoglielo.
Kendra la prese, bevendo un sorso di vino mentre Trick andava
alla scrivania.
“Cena di mezzanotte.” Portando il vassoio, avvicinò la sedia alla
vasca. “Mangi un po’ di pane e formaggio?”
Kendra annuì, sorpresa di sentirsi improvvisamente affamata.
“Sono preoccupata, Trick. Per Hamish e Niall.”
“Aye?” Tenendo in equilibrio il vassoio sulle ginocchia, Trick tagliò
una fetta di Cheddar dall’odore penetrante. “Che cosa ti preoccupa?”
Le chiese, strappando un pezzo di pane e porgendoglielo insieme al
formaggio.
“Le cose non sono andate bene da quando tuo padre—il duca—ti
ha portato via.” Kendra mordicchiò il pane. “Jane mi ha riferito che
ha tagliato i fondi a tua madre e lei ha dovuto licenziare la maggior
parte dei servitori.”
Dando un bel morso al pane, Trick annuì masticando. “L’avevo
immaginato, vedendo lo stato di questo posto.” Inghiottì e mandò giù
tutto con un sorso di vino. “Ne ho parlato con Niall durante il lungo
viaggio per Burntisland.”
“E?”
“Hamish se la cava bene con il commercio di tessuti. Ma a parte
permettergli di pagare gli stipendi arretrati dei servitori, la mamma ha
rifiutato di prendere i suoi soldi quando si è trasferito qua.” Spazzolò
una fetta di formaggio in tre bocconi. “Donna testarda. Forse non era
tanto male quanto mi diceva il Duca, ma era tutt’altro che perfetta.”
“Nessuno di noi lo è,” gli ricordò Kendra. “Andrà tutto bene qui,
allora?”
“Aye, con l’aiuto di Hamish. E Niall ha in programma di visitare
Amberley più avanti e imparare un po’ di agricoltura moderna. La
Scozia è arretrata, sembra. Pensavo che forse avresti potuto aiutarlo
tu.”
La sua costante fiducia era tutto quello che le serviva per credere
nel nuovo inizio di cui lui aveva parlato. E Hamish e Niall sarebbero
stati bene. Kendra si rilassò, sollevata, bevendo il resto del vino.
“Ti senti meglio ora?” Le chiese Trick.
“Immensamente.” Tutto stava funzionando alla perfezione.
“Bene.” Trick si alzò e le prese il calice dalle mani. Era una scintilla
quella che gli vedeva negli occhi, si chiese Kendra, o era solo
perché non era abituata a vederli così chiaramente?”
Ebbe la sua risposta quando Trick cominciò a strapparsi i vestiti di
dosso.
“Che-che cosa stai facendo?”
“Entro con te, leannan. Sono dannatamente sporco.”
“Ma-ma... insieme?” Kendra si alzò a metà per uscire dalla vasca.
Con una mano sulla spalla, Trick la respinse seduta. “Insieme.”
“Stai scherzando,” gli disse Kendra. “E sei ferito.”
Ma mentre la fissava negli occhi, le parole di quella prima notte in
Scozia le tornarono in mente. Mi piacerebbe vederti tutta bagnata.
E capì che non stava scherzando.
“Aye, mi fa un po’ male,” ammise, “Ma sono sicuro che sarai
delicata.” Entrò nell’acqua davanti a lei.
“La fasciatura!”
“Smettila di preoccuparti tanto, ragazza. Sono più comodo con la
fasciatura addosso.” Mentre si abbassava, fece un cenno verso la
sua sottoveste stracciata. “Ce n’è ancora da dove è venuta questa.”
Kendra rimase seduta immobile quando le gambe di Trick
scivolarono sotto le sue, poi restò senza fiato quando la afferrò per
la vita e se la mise in grembo. Ma il piccolo gemito di dolore di Trick
non indicava che il suo entusiasmo stava diminuendo. Cominciò a
baciarla, con la passione che aumentava quando si sistemò le sue
gambe attorno al corpo.
Cullata dalla sua bocca e dalle mani che accarezzavano la pelle
bagnata, Kendra si spinse contro Trick. Sotto, dove i corpi si
incontravano, la sorprese una fitta di intenso desiderio.
Buon Dio, lui era proprio lì, quasi dentro di lei.
Trick sorrise contro le sue labbra. “Non ancora, leannan. Non ci
siamo ancora lavati.”
“Io mi sono già lavata.”
Trick prese il sapone da dietro la testa di Kendra. “Allora puoi
lavare me.” Suggerì, tendendole il sapone.
Al tono sensuale della sua voce, il cuore di Kendra accelerò i
battiti e quando prese il sapone, le scivolò dalle dita e affondò. Il
sorriso d’intesa di Trick riuscì solo a innervosirla di più, mentre
cercava sul fondo della vasca per trovare la saponetta. Ma quando
lo sollevò e sentì il profumo—lavanda, il suo, non il sandalo di Trick
—i suoi pensieri presero una piega maliziosa.
Languidamente, Kendra si insaponò le mani. “Ti laverò,” solo se
prometti di non muoverti. Niente. Né braccia, né gambe, niente.”
“Nemmeno la testa?” Si chinò in fretta in avanti e le rubò un bacio.
Le labbra di Kendra fremettero quando lo spinse fermamente
indietro. “Nemmeno la testa. Nemmeno un millimetro.”
Meditando, Trick si passò la lingua sulla piccola scheggiatura nel
dente e Kendra desiderò che fosse la sua, di lingua. “Perché?” Le
chiese Trick.
“Sei ferito. Non devi fare sforzi. E inoltre...” Kendra curvò le labbra
in un sorriso calcolatore. “Voglio fingere di essere Poseidone e
comandare queste acque. Te lo devo, per il sotterraneo.”
“Oh,” mormorò Trick mentre Kendra continuava a insaponarsi le
mani. Lasciando cadere il sapone, apposta questa volta, gli passò le
mani sulle spalle, tracciando dei cerchi che scendevano lungo la
schiena finché trovò la fasciatura. Allora tornò su, lentamente, molto
lentamente, e Trick chiuse gli occhi appoggiando la testa sul bordo
della vasca.
“Non muoverti,” gli ricordò Kendra, con il fiato un po’ corto.
Sentendosi audace, gli passò le mani sul petto, saltando la
fasciatura finché ritrovò la pelle sotto. Più giù. Fino in fondo.
Quella parte di lui si mosse—ben più di un millimetro—prima che
Trick spalancasse gli occhi. “Sei sicura che non sono annegato?”
“Mmm?” Kendra tolse una mano dall’acqua, sorridendo tra sé
all’espressione vitrea in quegli occhi non più nascosti. Buon Dio
com’erano belli. Inumidendosi un dito in bocca, Kendra gli bagnò il
labbro inferiore, proprio lì, in centro, dove aveva sempre desiderato
toccarlo.
Felice quando lo sentì inspirare forte, si leccò nuovamente il dito e
glielo passò sul labbro superiore. Così cesellato, così abile—oh, che
cosa poteva fare quella bocca. Kendra si succhiò il dito per la terza
volta, poi superò le labbra, strofinandogli la lingua mentre lo fissava
negli occhi. Era inebriante, il potere di seduzione, la portava a
tentare cose che non aveva mai immaginato.
Con un sorriso attonito sul volto, Trick richiuse gli occhi quando
Kendra spostò la mano sott’acqua, chinandosi in avanti per un bacio
da brividi. “Non muoverti,” gli ricordò, tirandosi indietro.
Trick strinse le mani sui bordi della vasca.
“Adesso so che sono annegato,” ansimò Trick, “perché sono
morto e sono andato in paradiso.”
CAPITOLO QUARANTANOVE

DUNCRAVEN SEMBRAVA PIÙ chiaro la mattina seguente.


Quando Kendra si svegliò, la stanza le parve più luminosa e le
pareti sembravano contenere meno segreti. Non sembrava più che
ci fossero i fantasmi. Si ritrovò a essere quasi dispiaciuta di partire.
Ma Trick aveva fretta.
“Voglio consegnare quello che resta del tesoro del re. Voglio
liberarmene.” Chiuse il suo baule.” E voglio tornare ad Amberley.
Anche se...”
La guardò alzare gli occhi mentre si allacciava una giarrettiera.
“Anche se cosa?”
“Non dovrebbero essere miei.” Ci stava pensando da quando
alcune cose erano diventate chiare—che Annag e Duncan erano
suoi fratellastri e che lui non era veramente inglese. “Amberley e il
titolo. Non dovrebbero essere miei, per questioni di sangue.”
E la cosa strana era che lo trovava allarmante. Solo pochi mesi
prima non voleva Amberley, non aveva voluto niente che venisse
dall’uomo che riteneva essere suo padre. La sua impresa di
spedizioni navali era più che sufficiente a mantenerlo, la tenuta e il
titolo erano solo un altro promemoria della vita che voleva
dimenticare, un’altra responsabilità di cui non aveva bisogno.
Ma adesso ne aveva bisogno. Per sua moglie e per la famiglia che
aveva cominciato a immaginare. Nessun uomo sano di mente
avrebbe respinto qualcosa che andava così chiaramente a vantaggio
della gente cui voleva bene.
Amare Kendra aveva cambiato tutto.
“Chi otterrebbe Amberley, se non tu?” Sempre diretta la sua
Kendra.
“Non lo so. L’uomo che mi ha allevato non aveva fratelli... qualche
lontano cugino, immagino. Qualcuno che non ho mai incontrato.”
“E tu immagini che userebbe il titolo per fare del bene come fai tu?
Immagini che darebbe un tetto agli orfani nella vecchia residenza?”
Sempre diritta al cuore.
“Non so nemmeno questo.”
Kendra si alzò e si avvicinò. “Sai che non volevo essere una
Duchessa più di quanto tu volessi essere un Duca. Ma ti sei
guadagnato il titolo, Trick.”
“Davvero?”
“Sì, col sudore e sospetto anche con il sangue e le lacrime.” Si
chinò per dargli un lieve bacio sulla bocca. “Legalmente il titolo e
Amberley sono tuoi e non vedo ragione al mondo perché non
debbano restare tuoi.”
Forse aveva ragione, e non c’era motivo per non tenerli.
Nessun motivo eccetto la minaccia del suo Re che gli pendeva
sulla testa se non avesse completato il lavoro che aveva cominciato.
Le rese il bacio, un bacio pieno di tutta la speranza che aveva per
il loro futuro. “Vieni, leannan, scendiamo queste dannate e infinite
scale per l’ultima volta. Andiamo a casa e cominciamo la nostra
nuova vita.”

KENDRA ERA A BRACCETTO di Hamish, felice che fosse


abbastanza forte da accompagnarli fuori con Niall.
Si fermarono sul viale, dove li aspettavano i servitori di Amberley.
“Che cosa dirai a Re Charles?” Chiese Hamish a Trick.
“Penserò a qualcosa.” Trick guardò l’unica cassa che aveva legato
sopra la carrozza ducale. “Almeno nessuno sospetterà che stia
trasportando qualcosa di valore.”
Aveva detto a Kendra che l’avrebbero semplicemente portata in
camera loro, alle varie fermate nelle locande. Non avevano bisogno
delle altre guardie che avevano programmato di assumere. C’erano
già quattro uomini di scorta di Amberley e sarebbe bastato. Avevano
in programma di andare direttamente a Londra.
Lo sguardo di Kendra seguì quello di Trick. “Voglio vederlo,” disse.
“Vedere che cosa?” Chiese Niall.
“Il vasellame reale che ha dato origine a tutti questi tradimenti e
tutta questa tristezza. È bello, vero?”
“Non saprei.” Suo cognato alzò le spalle “Non l’ho mai visto.”
“In tutti questi anni?” Non avrebbe mai creduto che fosse così
poco curioso. “Io avrei implorato finché i miei genitori me lo
permettessero.”
“Oh, l’ho fatto. Ma è stato inutile. Non ci sono le chiavi dei
lucchetti.”
Hamish la abbracciò forte. “Ho gettato tutte le chiavi in un lago
anni prima che nascesse Niall. Dopo uno di quei terribili litigi. Per
evitare che i pezzi sparissero uno per volta.”
Non aveva avuto fiducia dei suoi amici, anche allora.
Sfortunatamente non aveva preso sul serio quella sensazione—
avrebbe potuto salvare la vita di Elspeth. Ma come diceva quel
vecchio proverbio francese che Kendra sentiva quand’era sul
continente, ‘L’amitié ferme les yeux.’
L’amicizia chiude gli occhi.
Niall la distolse dai suoi pensieri facendosi avanti e piantandole un
bacio su entrambe le guance. “Se Dio vorrà ci vedremo presto.”
Kendra fu sorpresa di sentire le lacrime agli occhi. “Ci vedremo
presto ad Amberley.”
Niall annuì. “Dopo il raccolto.”
Trick abbracciò il fratello. “Ti ringrazio perché te ne prendi cura al
mio posto.”
“Noi—Papà ed io—ti ringraziamo perché ci permetti di restare.”
Niall guardò di sfuggita verso il portone del castello, da dove Annag
e Duncan li fissavano cupi, con i loro figli dietro di loro. “E per aver
permesso a loro di restare.”
Trick alzò le spalle. “Sono innocui.” E aveva ragione. Nonostante
tutto quello che aveva immaginato Kendra, Duncan e Annag non
avevano fatto nulla per danneggiare nessuno di loro. “Inoltre sono
comunque miei fratelli. Non fingerò che mi piacciano, ma se Papà è
contento di averli qui a casa, allora ne sarò contento anch’io.”
Gli occhi di Hamish brillavano di lacrime mentre prendeva
entrambe le mani di Trick. “Non ti meritiamo, ragazzo.”
Trick scosse la testa. “Sono io che non vi merito—un padre e un
fratello che renderebbero orgoglioso chiunque. Una famiglia, dopo
tutti questi anni.” Sbattendo gli occhi per respingere le lacrime, Trick
abbracciò l’uomo più anziano e lo tenne a lungo stretto a sé. “Sarà
meglio che partiamo.”
“Aye, immagino di sì.” Hamish cercò di sorridere e li guardò salire
in carrozza.
Trick chiuse gli occhi finché furono lontani, poi li aprì e tirò Kendra
verso di sé dal sedile davanti per darle un bacio dolce. “Quando
arriveremo a Londra, ho intenzione di chiedere al mio avvocato di
intestare Duncraven a Hamish, con Niall come suo unico erede.”
Se mai le fossero rimasti dubbi che suo marito era un brav’uomo,
svanirono in quel momento. “È meraviglioso, Trick.”
“No, non meraviglioso, solo la cosa giusta.” Le baciò la punta del
naso. “Inoltre, l’ultima cosa di cui ho bisogno è una tenuta in Scozia.
Mio padre—il Duca,” si corresse, “mi ha lasciato più di quanto mi
possa occupare già così.
Forse poteva fingere con se stesso che le sue azioni non fossero
generose ma Kendra sapeva la verità.
CAPITOLO CINQUANTA

KENDRA TROVAVA STRANO essere tornata a Londra ma nella


residenza di città di Trick invece di quella che aveva sempre
conosciuto, a Lincoln’s Inn Fields. E Caldwell House, una buia
mostruosità costruita prima della guerra civile, era disgustosamente
opulenta, esattamente come le aveva detto Trick. La camera da letto
padronale, dove si stava cambiando prima di andare a corte, le
faceva pensare a una torta troppo decorata.
Blu e arancio.
“Spaventosa,” disse, scalciando via le scarpe.
“Ti avevo avvertita che l’avresti odiata.” Trick si tolse la giacca che
aveva portato per il viaggio. “Cambia pure tutto.”
“Immagino che avrò cose più importanti da fare che mi terranno
occupata per un po’.” Togliendosi le giarrettiere e le calze, guardò
poco convinta il vestito color lavanda che aveva scelto Jane. Troppo
insipido per il suo umore. Avevano mandato avanti un messaggero a
chiedere che trasferissero gli abiti di Kendra dalla casa dei Chase e
Kendra fece scorrere i vestiti che erano stati stipati nel guardaroba
della stanza padronale. “Mi chiedo come staranno i bambini.”
“Bene, ne sono sicuro,” disse distrattamente suo marito,
infilandosi una camicia pulita.
Cavanaugh aveva preparato un vestito blu. Gli uomini erano così
semplici, pensò Kendra, un po’ irritata per la stanchezza. Blu o
verde, velluto o satin. A parte la quantità di passamaneria, pizzo e
nastri, sembravano tutti uguali. Le camicie e le cravatte erano
sempre bianche, le scarpe, salvo qualcuno dei dandy di corte,
invariabilmente nere. A tacco alto con fibbie eleganti per la corte, a
tacco basso e semplici per tutti i giorni. Non c’era molto da decidere.
Scelse un vestito di tessuto d’oro e lo alzò. “Che ne pensi?”
Con la schiena rivolta verso di lei mentre prendeva i calzoni, Trick
rispose, “Va bene.” Per un momento, Kendra restò lì, seccata, finché
Trick si voltò e la abbagliò con uno dei suoi sorrisi.
Aveva ragione. Andava tutto bene, dopo tutto.
In poche settimane, il loro rapporto aveva fatto grandi passi, molti
più di quanto lei avesse ritenuto possibile. Il viaggio fino a Londra
era stato quasi divino. Trick era stato il più attento degli amanti, ma,
cosa ancora più importante, aveva risposto a quasi tutte le sue
domande senza cercare di essere evasivo. Le giornate passate per
strada l’avevano quasi convinta che il loro futuro sarebbe stato
veramente luminoso.
Benedetti i suoi fratelli per averli messi insieme, pensò, poi rise tra
sé per quel completo rovesciamento di opinione.
“Vieni qua, leannan,”disse Trick, e lei si avvicinò, lasciando
scivolare il vestito sul pavimento mentre si lasciava abbracciare. Il
suo bacio era tutto quello che non era mai riuscita a immaginare
prima di incontrarlo, ed era senza fiato quando Trick si scostò. “Mi
dispiace di doverti far uscire in fretta da casa quando siamo appena
arrivati,” mormorò dispiaciuto, con lo sguardo che si attardava sul
letto dalle sgargianti cortine blu e arancio, “ma voglio completare i
miei affari con Re Charles e portarti a casa, ad Amberley.”
Con un sospiro, Kendra si spostò e cominciò a staccare la
pettorina. “Mi piacerebbe ancora vederlo.”
“Vedere cosa?” Chiese Trick, tirando su i calzoni di velluto blu.
“Il tesoro. Lo porteremo con noi a corte?”
Trick guardò la massiccia cassa in un angolo della stanza. Quanto
avrebbe voluto non doversene occupare, non doversi occupare di
Re Charles e dei suoi problemi.
“Penso che parlerò con Charles stasera per dargli una
spiegazione e poi mi organizzerò per farlo consegnare.”
Kendra si tolse il vestito dimenandosi. “Non vedo l’ora di vedere la
sua reazione.”
Buon Dio, non poteva permetterle di partecipare al colloquio.
Aveva delle questioni delicate da discutere con il Re. Guardando in
basso mentre infilava la camicia nei calzoni cercò di mantenere la
voce neutra. “Credo che Charles preferirà tenere questa faccenda
tra gli uomini.”
Alzò gli occhi, aspettandosi di vedere quell’espressione negli occhi
di Kendra. Lo sguardo di sfida che gli aveva rivolto quando l’aveva
informata che non poteva accompagnarlo in Scozia e ancora,
quando era partito per Burntisland e poi quando le aveva ordinato di
non seguirlo sulla barca.
Invece vide un’espressione diversa. Ferita.
Aveva voglia di colpire qualcosa. Erano a Londra da un’ora e i
dannati sotterfugi stavano già cominciando a mettersi tra di loro.
Com’era tipico di Kendra, l’espressione ferita fu solo momentanea,
e poi apparve quella che si era aspettata. La guardò tirare il fiato, e
prepararsi alla battaglia. “A Charles le donne piacciono.” Gli disse.
“A letto, sì.”
“No.” Kendra colse la sua occhiata e arrossì. “Beh, sì, ma non era
quello che volevo dire. Lui ascolta le donne. Le ascolta veramente,
come gli importasse quello che dicono. Anche della politica.”
Era fortunato, aveva sposato una delle probabilmente tre donne in
Inghilterra che pensava a discutere di politica con il loro Re. “Se ti
lasciassi vedere il tesoro, ti sentiresti meglio?”
“Non puoi farlo,” sbuffò Kendra. “Non c’è la chiave e Charles si
chiederà dov’è finito il lucchetto se lo spacchi.”
“E allora non lo farò.”
“Lo sapevo.”
“Voglio dire che non romperò il lucchetto.”
Kendra guardò la cassa, poi lo fissò con i begli occhi verdi
socchiusi, indagatori. “Sei capace di scassinare un lucchetto?”
“Adesso mi stai insultando.” Prese il coltello dal tavolo da toilette e
Kendra lo seguì vicino alla cassa, dove Trick si inginocchiò e
cominciò a manovrare, girandolo delicatamente nel buco della
serratura. “Non esiste un buon contrabbandiere che non sappia
come forzare una serratura.”
Con indosso solo il braccialetto d’ambra e una sottoveste sottile,
Kendra si sedette sulla cassa. Quando accavallò le gambe proprio
davanti alla sua faccia, il coltello scivolò.
“Eri un bravo contrabbandiere?”
Deciso, Trick si concentrò. “In effetti ero un pessimo
contrabbandiere. Non ci ho mai messo il cuore.” Nella stanza
risuonò un soddisfacente clic. “Ma sono capace di scassinare una
serratura.”
Togliendo il lucchetto, Trick si alzò in piedi. Soddisfatta, Kendra
saltò giù e aprì il coperchio.
“Oh mio Dio. Trick, guarda.” Alzò un piatto d’oro massiccio,
passando le dita sul bordo inciso. “È bello.”
“Probabilmente Charles lo farà fondere.”
“No,” mormorò Kendra, lasciandosi cadere in ginocchio davanti
alla cassa. “Non può farlo.” Appoggiò il piatto sul pavimento e prese
una brocca d’argento a forma di cigno. “Oh, sapevo che avrei dovuto
vederlo.” Uno per volta, Kendra tolse tutti i pezzi, uno più
meraviglioso dell’altro. Piatti, zuppiere, calici, posate, mestoli, vassoi.
“Hamish aveva ragione. Il primo Charles viveva proprio come un re
durante il suo viaggio di incoronazione.”
Trick sorrise quando Kendra frugò più in fondo, con l’adorabile e
poco coperto sedere che si alzava per aria mentre lei si piegava
sulla cassa. Non riuscì a resistere e le diede un pizzicotto.
Ridendo, Kendra gli schiaffeggiò via la mano. “Oh, e questo che
cos’è?” Tolse un cofanetto d’avorio intarsiato di filo d’oro.
“Pezzi piccoli?”
“In una scatola bella come questa? E chiusa a chiave?”
Prendendogliela dalle mani, Trick la scassinò in fretta e poi gliela
restituì.
Con un sospiro di attesa, Kendra alzò il coperchio. “Gioielli!” alzò
una splendida collana di zaffiri e diamanti. “Mio Dio, sembra il bottino
di un pirata! Come hanno fatto i gioielli a finire qua dentro?”
Rimettendo a posto la collana, si infilò al dito un vistoso anello con
smeraldo. “Non capisco,” disse, fissando l’anello. Ovviamente fatto
per un uomo, pendeva lento. “Pensavo che Hamish e i suoi amici
avessero imballato solo la cucina.”
“Così sembrava.” Si passò le mani tra i capelli, ancora sorpreso di
trovarli così corti sulla fronte. “Immagino che, a un certo punto
qualcuno si sia impossessato della cassetta e l’abbia infilata qui.”
“Rhona o Gregor, immagino. Mi chiedo se Hamish lo sapesse?”
Frugò ancora nel cofanetto e ne tolse un’altra collana. “Santo cielo,
guarda le dimensioni di queste perle.”
Erano le perle rotonde più grandi che Trick avesse mai visto, con
un’enorme perla a goccia che pendeva al centro. “Roba da re.”
Kendra la rimise nella cassetta. “Oh Trick, guarda,” la sua voce
era diventata nostalgica, “Ambra.”
“Da quando ti piace l’ambra?” La stuzzicò Trick.
Kendra arrossì e tirò fuori il gioiello, scoprendo che era solo il
fermaglio attaccato a un filo di perle di più piccole, bianco puro. “Oh,
è meravigliosa,” sospirò, infilandosi la collana dalla testa.
Era così lunga che Trick gliela avvolse un’altra volta intorno al
collo. “Non possiedi perle?”
“Papà ha venduto i gioielli di famiglia per finanziare la guerra
civile.” Le dita di Kendra danzavano sul filo luminoso. “Ovviamente
Jason mi ha comprato delle cose negli anni. E anche Colin e Ford.
Sanno tutti che mi piacciono i gioielli. Ma le perle sono terribilmente
costose.”
E immensamente popolari. Tutte le dame di corte portavano le
perle e anche la maggior parte degli uomini, a dire il vero. “Stai bene
con le perle, leannan.”
Kendra arrossì, togliendosi la collana. “Con quello che costa
questo gingillo, immagino che potremmo nutrire gli orfani per un
anno.”
“Più probabilmente per dieci anni.” Le rispose Trick sorridendo.
Kendra lasciò cadere la collana nel cofanetto. “Aiutami a rimettere
via tutto, per favore. Ho ancora bisogno di Jane per sistemarmi i
capelli e se non arriviamo presto a Whitehall, perderemo le
presentazioni.”
CAPITOLO CINQUANTUNO

“IL DUCA E LA DUCHESSA di Amberley!”


Trick lanciò un’occhiata irritata al pomposo usciere. “Detesto
questo genere di cose,” brontolò sottovoce mentre lui e Kendra
procedevano lungo la navata verso Re Charles e la regina
Catharine, seduti sulla piattaforma rialzata, coperta di velluto cremisi
con un baldacchino a festoni in tinta. “Proprio non mi piace.”
“Oh, zitto,” lo rimproverò Kendra. “Un po’ di pompa e di cerimonie
non hanno mai ucciso nessuno. E dopo potremo ballare—”
“Non vedo l’ora.”
Il suo tono era abbastanza secco e, in circostanze diverse, Kendra
sarebbe stata tentata di dargli uno schiaffo. Vista la situazione,
rivolse un sorriso radioso alla regina Catharine e fece una profonda
riverenza, baciando il dorso della mano sottile della donna. “Vostra
Maestà.”
“Lady Kendra,” disse Catharine, con il delicato e morbido accento
portoghese, “ho sentito che siete la Duchessa di Amberley adesso?”
“Avete sentito giusto,” rispose Kendra, poi chinò verso suo marito.
“Finché che si comporterà bene,” aggiunse solo per lui.
Reprimendo una risata, Trick si alzò e si scambiò di posto con lei.
Re Charles sorrise quando Kendra gli baciò la mano. “Sono stato
lieto di sentire che due delle mie famiglie preferite si sono unite.”
Kendra riuscì appena a nascondere la sua sorpresa. “Sono lieta
che vostra Maestà sia contenta.”
Charles annuì, poi si rivolse a Trick. “Parleremo più tardi, sì?”
“Aye. E ho qualcosa da darvi.”
“Davvero?” Anche se era il Re, i regali gli piacevano. “L’avete
portato con voi?”
“È piuttosto... grande. Ed è a casa mia, ma posso farlo
consegnare—”
“Amberley House o Caldwell House qui a Londra?”
“Qui a Londra, ma—”
“Ho qualcosa da discutere con voi comunque.” Charles alzò
significativamente un sopracciglio. “Uscirò di nascosto dalla mia
stanza questa sera e verrò da voi.”
“Di nascosto?” Esclamò Kendra, poi si coprì in fretta la bocca con
una mano.
Charles scoppiò in una sonora risata. “Il mio addetto alle scale
posteriori è piuttosto abituato a queste faccende, ve lo assicuro.”
I suoi occhi brillarono e Kendra arrossì. Sapeva che voleva dire
che normalmente usciva di nascosto per andare dalle sue amanti,
ma si sentì dispiaciuta per la paziente consorte, che stava
diligentemente guardando da un’altra parte.
Non lo avrebbe mai sopportato da suo marito, non ora che le cose
andavano bene tra di loro a letto. Le aveva promesso fedeltà e
Kendra si aspettava che rinunciasse alla sua amante. Che provasse
a venire a Londra da solo un’altra volta.
Con un altro inchino e un’altra riverenza, Kendra e Trick si
spostarono, per far posto ai cortigiani dopo di loro.
“Beh, a questo punto ce ne possiamo andare,” disse Trick appena
furono fuori dalla portata d’orecchi.
“Io non me ne vado finché non avremo ballato.” Kendra aprì il
ventaglio dipinto con uno scatto del polso.
“Non dirmi che hai intenzione di ridacchiare dietro a quell’affare.”
“Io? Ridacchiare?” Kendra si sventolò freneticamente la faccia. In
quella serata di fine estate, la stanza delle presentazioni era calda e
soffocante, illuminata da centinaia di candele nelle applique alle
pareti e da servitori in livrea con le torce accese. “Che cosa
intendeva dire Charles, due delle sue famiglie preferite?”
Trick rispose scherzoso. “Non sapevi che i Chase sono
privilegiati?”
Per la seconda volta quella sera, Kendra fu tentata di prenderlo a
schiaffi. “Sai benissimo che cosa intendo dire. Non ti ho mai visto a
corte.”
“Faccio del mio meglio per evitarlo.”
“E non ti ricordo nemmeno dagli anni di esilio. Quindi com’è che
conosci tanto bene Charles?”
“Mio padre—il Duca—era uno dei suoi principali fornitori di beni di
lusso,” disse asciutto Trick. “Durante gli anni del Commonwealth, noi
avevamo, ehm... rapporti d’affari.”
Kendra smise di sventolarsi. “Stai scherzando, vero? Charles era
povero come tutti noi in quegli anni.”
“Non sto scherzando. Il Duca era ben lieto di fornirglieli
gratuitamente.”
“Per lealtà?”
Trick emise un verso di scherno. “Per avidità. Charles gli aveva
promesso di restituirgli il ducato dopo la restaurazione.” Guardò
imbronciato dall’altra parte della stanza, poi si voltò verso di lei,
cercando di allentare la cravatta. “Se non hai intenzione di
sventolarti, potresti fare aria a me.”
“Ho il polso stanco. Ho deciso che preferisco sudare.”
Ridacchiando, Trick si chinò e le diede un bacio. “Le dame non
sudano, brillano.”
“Sono una Duchessa, adesso, posso fare quello che voglio.” Poi
notò che Trick stava fissando una donna dall’altra parte della stanza.
“Trick, chi è?”
“La maggior parte della gente la chiama Lady Sabrina Waller.”
Kendra lasciò uscire il fiato, con la mano libera che si chiudeva a
pugno. Se quella era la sua amante londinese...
“La maggior parte della gente?” Chiese cautamente.
“Sabrina, Sgualdrina—che differenza c’è?”
Nonostante la tensione, Kendra rise, pensando che c’erano ben
poche donne presenti che non meritassero quell’appellativo. “E che
cosa ha mai potuto fare questa Lady Sgualdrina per ottenere un
titolo simile alla corte di Re Charles?”
“È andata a letto con il Conte di Danforth.”
“Da quanto ne so, lo ha fatto la metà delle donne presenti.”
Trick alzò un sopracciglio. “Non mentre erano fidanzate con me.”
“Oh.” Buon Dio, non un’amante, ma la donna della poesia di Trick.
Il motivo per cui lei non aveva ancora sentito una dichiarazione
d’amore dalle labbra di suo marito e disperava di poterla mai sentire.
Seguendo il suo sguardo sfuocato, Kendra fissò cupa la bionda
smorfiosa dall’altra parte della stanza. Sgualdrina. “La odio.”
“Aye. È abbastanza chiaro che nonostante le sue dichiarazioni
d’amore, era il mio titolo che voleva, non me. Ovviamente, avrei
anche potuto non essere così sconvolto se non avesse rifiutato
qualcosa più di un bacio da me, dichiarandosi vergine. E se non li
avessi trovati insieme nel suddetto letto virginale.”
In quel caso Kendra non avrebbe dovuto nuotare controcorrente
per ottenere la fiducia di suo marito. Ovviamente, se avesse sposato
la sgualdrina, Trick non sarebbe stato suo marito. Ma non era questo
il punto.
No, il punto era proprio quello... era suo marito, non quello della
sgualdrina. E anche se non molto tempo prima non lo avrebbe
creduto, ne era molto contenta.
I cortigiani stavano raccogliendosi sulla pista da ballo, un
arcobaleno di colori brillanti nella luce abbagliante. Gioielli
risplendevano alle orecchie, sui colli, polsi e mani sia degli uomini
sia delle donne.
Kendra non poté fare a meno di notare che quasi tutti portavano
delle perle. Con un sorrisino segreto, passò le dita sul braccialetto
d’ambra. E chi aveva bisogno delle perle, comunque? Guardandosi
le mani notò la semplice fascia d’oro al dito. Così... Trick. Avrebbe
dovuto rendersi conto fin dall’inizio che non sarebbe stato il tipo di
Duca che detestava.
E aveva scoperto che non le dispiaceva poi tanto essere una
Duchessa. Insieme, in quei ruoli, potevano fare del bene. Che fosse
giusto o no, la gente prestava attenzione a quello che avevano da
dire i duchi e le duchesse. Con un sussurro nelle orecchie giuste,
potevano raccogliere abbastanza denaro da aprire centinaia di
orfanotrofi, se lo avessero voluto.
E Trick non avrebbe più dovuto recitare la parte del brigante. In
effetti, prima che arrivassero ad Amberley, gli aveva chiesto di
smettere. Subito.
Mentre Trick continuava a fissare dall’altra parte della stanza,
Kendra lo guardò di soppiatto. Il suo aspetto, capelli e occhi dorati, le
facevano battere forte il cuore e capì che non avrebbe sopportato
nemmeno il pensiero che fosse ferito o—Dio, no—arrestato.
Avrebbe trovato lei il modo di provvedere a nutrire e vestire i bambini
fino a quando il suo nuovo piano fosse entrato in funzione.
Dall’altra parte in fondo alla stanza, i musicisti stavano
accordando i loro strumenti e Re Charles stava guidando la regina
Catharine attraverso la folla per dar inizio al ballo.
“Balliamo?” Chiese Kendra a Trick.
Distogliendo lo sguardo dalla sgualdrina, Trick chinò gli occhi su di
lei. “Non dovrei essere io a chiederlo?” le disse sorridendo. “Oh,
quasi dimenticavo. Ora sei una Duchessa e puoi fare quello che
vuoi.”
Ridendo, Kendra prese il braccio del marito e si unirono alle altre
coppie per un minuetto.
Trick si inchinò, poi fece un piccolo plié, imitando la sua mossa. “Ti
rendi conto che non abbiamo mai ballato insieme?” le disse Trick.
Kendra fece un passo avanti con il piede destro, alzandosi sulla
punta dei piedi. “Ho ballato con tuo fratello, sai.”
“Davvero? Quando?” Entrambi unirono i piedi, abbassando i
talloni. “Mi devo preoccupare?” Chiese Trick con una smorfia
fintamente severa. “Ricorda quello che ti ho detto della fedeltà.”
Anche se Kendra non era sicura che l’avesse fatto apposta, lo
sguardo di Trick andò a Lady Sgualdrina, che sembrava ignorarlo di
proposito.
Kendra ripeté i passi con il piede sinistro, guardando invece Re
Charles. “Ricorda quello che ti ho detto io riguardo alla fedeltà.”
La sua risata la fece sentire molto meglio. Le lasciò le mani
perché entrambi potessero girare- “Niall ed io abbiamo ballato al
ricevimento funebre,” gli disse civettuola da sopra la spalla. “Mentre
tu eri fuori a scrivere.” Quando le riprese le mani, quelle di Trick
erano calde. “È stata una danza scatenata—non potevamo proprio
parlare come adesso.”
“Ah, sì, una contraddanza scozzese.”
“Qualcuno ha menzionato la Scozia?”
“Caithren!” Sorpresa, Kendra si voltò, abbracciando sua cognata.
“Che cosa ci fate qui?”
“Ci siamo fermati a Londra per qualche giorno prima di tornare a
Cainewood. Jason insiste che veda il Dott. Willis.”
Kendra fece una smorfia quando un ballerino ebbe l’audacia di
dare una spinta alla loro piccola allegra compagnia. “Il medico del
Re?”
“Proprio quello.” Cait sospirò. “Proprio quello che volevo—un
uomo che mi tasta e mi palpeggia. Ehi!” Aggiunse, quando una
matrona dal grosso didietro le finì contro. “Ho fatto nascere una
dozzina o più di bambini. Penso di sapere quello che sto facendo.”
“Ci spostiamo?” Chiese Trick, portandoli fuori dall’affollata pista da
ballo. “Di che state parlando?”
Kendra cercò di sembrare confusa. “Ho dimenticato di dirti che
Caithren aspetta un bambino?”
“Aye, sembra proprio che l’abbia dimenticato.” Con un sorriso
d’intesa, Trick si rivolse a Cait. “Congratulazioni.”
“Jason era molto arrabbiato?” Chiese Kendra.
“Ci crederesti che sono riuscita a convincerlo che non lo sapevo?”
Nascosto da un adorabile vestito rosa con una pettorina d’argento
ricamata, lo stomaco di Cait sembrava ancora piatto. Sorrise
maliziosa. “La verità è che non era proprio sicuro e, in ogni caso, la
sua maggiore preoccupazione era di tornare in Inghilterra prima che
il tempo peggiorasse.”
“Allora qual è stata la sua reazione?”
“Sono entusiasta.” Apparendo dal nulla, Jason si chinò a dare un
bacio a Kendra. “Come stai?” Le chiese parlandole all’orecchio.
Vederlo vestito di verde scuro e con il solito aspetto
meravigliosamente familiare, Kendra si chiese perché mai fosse
stata così arrabbiata con lui. “Sono felice,” ammise.
“Ne sono contento.” Ebbe la bontà di non sembrare compiaciuto,
anche se Kendra sapeva benissimo che glielo avrebbe rinfacciato in
eterno. Poi Jason si rivolse a sua moglie. “Non mi hai ingannato
nemmeno per un minuto, sai. Ero semplicemente troppo contento
per fare storie... anche se ora che l’eccitazione si è un po’ attenuata,
ho una mezza idea di fartela pagare.”
Caithren alzò un sopracciglio. “Non vedo l’ora.”
L’espressione severa cui Kendra era più abituata tornò. “Avresti
potuto mettere in pericolo la tua salute. E anche quella del bambino.”
“Non mi sono mai sentita meglio in tutta la mia vita.” Cait gli mise
un braccio intorno alla vita, guardandolo con un sorriso brillante e
calcolato. “Non sei veramente arrabbiato, vero?”
La risposta di Jason fu un sospiro indulgente. “Allora, che cosa ci
fate voi qui?” Chiese a Trick.
“Ho qualcosa che appartiene a Charles. È una lunga storia,”
aggiunse quando Cait fece per parlare. “Sono sicuro che a Kendra
farà piacere raccontarvela.”
Kendra sorrise maliziosa. “Lo dice solo perché spera che ne faccia
l’eroe della storia.”
“Non vedo l’ora di ascoltarla,” disse Caithren, prendendola per il
braccio. Andiamo a rifugiarci in giardino?”
La musica si interruppe e i ballerini cominciarono a spingerli per
passare. Libero dai suoi obblighi, Re Charles colse lo sguardo di
Trick e gli fece un cenno significativo.
“Temo che la vostra chiacchierata dovrà aspettare. Re Charles mi
ha appena convocato a casa, a Caldwell House.”
“Parleremo domani, allora,” disse Caithren, lasciando andare il
braccio di Kendra e prendendo a braccetto Jason. “E mio marito
ballerà con me.”
“Niente di troppo energico,” la avvertì Jason. “Solo minuetti.”
“Vedi che cosa mi tocca sopportare?” Chiese Caithren a Kendra,
sbuffando. “Crivvens, si direbbe che sia un’invalida.”
CAPITOLO CINQUANTADUE

A CALDWELL HOUSE, più tardi quella sera, Trick osservava


Charles che faceva roteare il Madeira nel bicchiere, sorseggiandolo
con piacere. “Meraviglioso.”
“Il vino?”
Le labbra del Re si curvarono sotto i baffi sottili. “Il vino è di qualità
superiore, lo ammetto. Ma vostro padre ha sempre trattato solo il
meglio.”
Trick lo ammise con un breve cenno della testa. Il meglio, aye. Il
vino migliore, i tessuti migliori, mobili, libri. Il suo sguardo vagò verso
i tomi rilegati in cuoio che coprivano le pareti in quello studio, il più
impressionante in tutta Londra. Dubitava che quell’uomo ne avesse
mai aperto uno.
“Comunque è al vostro regalo che alludevo.” Charles appoggiò il
bicchiere e frugò nella cassa, togliendone un piatto d’oro massiccio e
rigirandoselo pensierosamente tra le mani. “Pensare che il tesoro di
mio padre sia tornato a galla dopo tutto questi anni.”
“Solo per finire proprio dove si diceva che fosse.” Pensieroso,
Trick giocherellò con il lucchetto che aveva in mano—quello che
aveva rotto alla presenza del Re.
“Perbacco, non è stata colpa vostra. Mi fa piacere che abbiate
recuperato qualcosa e sarò felice che ne teniate una parte.”
“Non potrei.” Ne aveva già perso la maggior parte, per quanto
Charles rifiutasse di dargliene la colpa.
“Insisto.” Consegnò il piatto a Trick. “Ecco. Come ricordo, se non
altro.”
“Apprezzo l’offerta, ma proprio non voglio tenerlo.” Il piatto doveva
valere una piccola fortuna, e Charles ne aveva bisogno più di lui.
“Ci deve essere qualcosa che vi piacerebbe avere.” Il Re
appoggiò il piatto e alzò un calice ingemmato. “Questo, o
qualcos’altro.”
“No, veramente, io—”
“Questo cos’è?” Risuonò un rumore metallico quando Charles
arrivò in fondo alla casa e ne tolse il cofanetto d’avorio. Con gli occhi
neri che brillavano, alzò il coperchio e ne estrasse la corta collana di
grandi perle. Alzandola con una mano, le diede un colpetto con un
dito per farla dondolare. “C’è un ritratto di mia madre con questa
indosso,” mormorò.
“Henrietta Maria sarà felice di riaverla. Le starà benissimo.”
Il Re alzò gli occhi. “Sì, è vero,” disse a bassa voce. “Vi ringrazio.”
Pescò la collana di zaffiri e diamanti che Kendra aveva tolto dal
cofanetto quel pomeriggio. “Se non volete niente per voi, prendete
questa per vostra moglie.”
Con un’ispirazione improvvisa, Trick prese il cofanetto, se lo mise
sulle ginocchia e cominciò a districare un lungo filo di perle dalla
massa di gioielli.
“Questa,” disse Trick. “Se insistete perché scelga qualcosa, è
questa che mi piacerebbe.”
Charles lo guardò aggrottando la fronte. “Queste perle sono
ordinarie, e il fermaglio è solo d’ambra. È probabilmente il pezzo di
meno valore in tutta la cassa.”
“È quello che voglio.” Il tono di Trick non lasciava adito a dubbi.
“Allora è quello che avrete, con i miei ringraziamenti.” Il Re chiuse
il cofanetto e lo appoggiò sull’oro e sull’argento che riempiva la
cassa. Riprese il suo bicchiere di vino, girandosi lo stelo tra le dita.
“Come va la missione?”
“Molto bene, nonostante l’interruzione.” Le perle risuonavano
dolcemente mentre Trick le passava da una mano all’altra, pensando
a Kendra addormentata nel pacchiano letto del defunto Duca al
piano di sopra. “Stavo preparando delle descrizioni da dare a
Pendregast quando mi hanno chiamato in Scozia.”
“Eccellente.” Il Re sorseggiò il vino. “Presumo che, essendo stato
lontano, non abbiate sentito le ultime notizie.”
“Notizie?” Trick sentì un brivido nella schiena. O forse era la
stanza che era un po’ fredda.
“Hanno offerto una ricompensa per il misterioso Brigante Nero.”
“Dannazione.” Poteva solo sperare che gli indizi che aveva
raccolto fossero sufficienti e di non avere più bisogno di impersonare
un brigante. “Nessuno mi ha mai collegato al brigante, quindi non mi
aspetto problemi.”
“Nessuno?”
“Solo mia moglie. E la sua famiglia.” Dannazione. “Non ho rivelato
lo scopo del travestimento.”
“Bene. Continuiamo così.”
Probabilmente c’erano manifesti in tutto il regno, che davano
notizie della ricompensa. Kendra li avrebbe visti e si sarebbe
preoccupata a morte. “Vorrei dirlo a mia moglie—”
“Se la missione è quasi compiuta non ha senso coinvolgere altri.”
“Solo lei—”
“Non ho mai conosciuto una donna che sapesse tenere la bocca
chiusa.” Charles lo inchiodò con i suoi occhi nerissimi. “E voi?”
Una volta Trick sarebbe stato d’accordo, ma ora sapeva che non
era così. Sua moglie aveva mantenuto il segreto di Cait, e non aveva
parlato ai suoi fratelli dei suoi supposti problemi finanziari o del fatto
che continuava a impersonare un brigante.
“Kendra non è così.”
“Sono felice che il vostro matrimonio vada bene, Amberley. Ma io
non credo che una donna riesca a stare zitta, nemmeno vostra
moglie. E ho fiducia che voi rispetterete il mio desiderio di silenzio.
La vostra lealtà sarà ripagata. La slealtà...”
Le parole inespresse aleggiarono nell’aria. Eccola, la velata
minaccia di ritirare il perdono.
“Mi dispiace,” disse Charles con una simpatia che Trick sapeva
sincera. Era parte del fascino che rendeva il Re tanto popolare con
la gente. Ma sotto quella genuina gentilezza c’era una ferrea
determinazione che era anch’essa parte integrante della personalità
dell’uomo. “Non posso permettere che si risappia nel regno che il Re
condona le ruberie, qualunque sia la ragione o quanto le vittime lo
meritino. Sono comunque miei sudditi.”
“Ma—”
“Vi chiedo, come vostro monarca e vostro amico, di tenere questa
faccenda solo per voi.”
Mentalmente, Trick alzò le mani, arrendendosi. Opporsi al Re
andava contro ciò in cui credeva. E anche se aveva accettato quella
missione per patriottismo, per il Re e la nazione, doveva
completarla, per il suo matrimonio. Per Kendra e per i figli che
sperava di avere. Anche in quel momento, un erede poteva star già
crescendo del grembo di Kendra, e quel figlio meritava Amberley.
Sospirò. “Naturalmente.”
“Tornate nel Sussex e organizzatevi per incontrare Pendregast.
Non temete, perché ci sto pensando da quando ho ricevuto la notizia
e ho un piano per metterci tutto alle spalle. Sono in debito con voi
per aver risolto questo piccolo problema e non accetterò di vedere
voi o i Chase implicati in nessun modo.”
Trick ascoltò il piano del Re, con il cuore che sprofondava.
Nonostante le sue migliori intenzioni, gli inganni sarebbero
continuati. Perché un uomo non poteva mettere sua moglie al di
sopra del suo sovrano.
Non un uomo saggio, in ogni modo.

KENDRA SI SVEGLIÒ a un sussurro roco all’orecchio.


“Ho un regalo per te, leannan.”
Si sentì sollevare la testa e un oggetto fresco e pesante le scivolò
intorno al collo. Torpidamente, cercò di prenderlo e le dita
incontrarono un filo di lisce sfere dure che potevano solo essere
perle.
Spalancò gli occhi. “Ha un fermaglio d’ambra?”
“Ovviamente.” In piedi davanti a lei, completamente nudo, suo
marito sorrise. Buon Dio, era meraviglioso, ogni muscolo delineato
dal bagliore del fuoco. “Charles ha tentato di regalarmi un piatto
d’oro massiccio, ma non ho accettato.”
Kendra si passò la lingua sui denti, pensando alla piccola
scheggiatura in quello di Trick. “Beh, hai intenzione di venire qua e
permettermi di ringraziarti come si deve?”
Sospirò quando Trick la raggiunse sotto le coperte e si sistemò di
fianco a lei, poi rise quando allungò la mano per afferrare l’orlo della
sottoveste e cercò di togliergliela, e fu obbligato a farla passare dalla
collana per riuscirci. Con un sorriso, Kendra afferrò l’estremità più
lontana del lungo filo di perle e glielo passò sopra la testa, legandoli
insieme.
“Ti ho preso,” gli disse.
“Mi hai proprio preso.” Le diede un lungo bacio e Kendra si lasciò
andare, felice.
Per quanto volte Trick lo facesse, Kendra era emozionata come se
fosse la prima volta. Un fremito di desiderio la attraversò mentre
pensava a tutte le volte che sarebbero seguite.
Sentì una vampata di calore, che scaldò le perle drappeggiate
intorno al collo. Quando Trick la voltò sul fianco, stretta a lui, le perle
si impigliarono tra i loro corpi, e Kendra fece per togliersele.
“Le prendo io, leannan.” Disse Trick. Tese la mano e Kendra gliele
consegnò, aspettandosi che le appoggiasse sul comodino.
Trick, invece, tenne sospeso il lungo filo.
“Sono belle,” disse Kendra, guardandolo mentre le faceva
ondeggiare lentamente, con la luce del fuoco che si rifletteva sulle
superfici rotonde.
“Neanche la metà di te.” Kendra non si era mai considerata bella,
e rimase incantata quando Trick portò le perle sotto le coperte e
cominciò a fargliele scorrere sul corpo. Lentamente. “Sai quanto ci
tengo a te, ragazza?”
Catturata dal suo sguardo, senza fiato, Kendra sentiva ogni
singola perla, un intero lungo filo, che scivolava sulla sua pelle
sensibile. “Quanto?” Sussurrò.
“Abbastanza da farmi ripensare a chi devo la mia lealtà.”
Lealtà? Anche se non capiva, Kendra capì che l’ammissione
veniva dal profondo del cuore di Trick e questo addolcì il dolore per
non aver sentito le parole che aveva disperatamente sperato che
dicesse.
Ti amo.
Avrebbe dovuto dirgliele lei per prima, pensò, sentendosi la testa
vuota mentre le perle continuavano il loro assalto sensuale al suo
corpo. Sulle braccia, la schiena, le gambe, il seno, impigliandosi
quando trovarono un capezzolo.
Tremò. Avrebbe dovuto dirglielo lei per prima.
Ma non ci riusciva. Perché lui si stava ancora tirando indietro.
Non lì, comunque. Non in quel momento. Trick le sistemò le perle
intorno al seno e allontanò la testa. “Adorabile,” mormorò.
Kendra riuscì ad accennare a un sorriso. “Non credo che sia così
che dovrebbero essere portate. Piuttosto scandaloso, non credi?”
“Alla corte di Re Charles? Non lo noterebbe nessuno.” Ma le tirò
via, raccogliendole in una mano e si chinò per un bacio dal sapore
disperato.
C’era qualcosa in lui quella sera... qualcosa nel modo in cui la
baciava, nel modo in cui le sue mani adoravano il suo corpo, nel
modo in cui il suo corpo sembrava fondersi con ogni sua curva.
Qualcosa. Qualcosa che le fece sentire, anche se era l’uomo più
virile che avesse conosciuto, che da qualche parte dentro di lui c’era
ancora il ragazzino sperduto. Che aspettava di essere ferito.
Così lei fu dolce quella sera, e lui rispose con la dolcezza,
passandole le perle arrotolate sopra la pelle in un massaggio
paradisiaco, che risuonava appena. Guidate dalla mano di Trick, le
perle rotolarono tra i seni e sopra un fianco, giù sulle gambe. Kendra
lo accarezzava piano, dovunque riuscisse a raggiungerlo. Sospirò
contro la sua bocca, con le lingue che si accarezzavano, più
dolcemente di quanto ricordasse, così teneramente che le vennero
le lacrime agli occhi, minacciando di scivolare tra le palpebre chiuse.
“Apriti per me, leannan.” Un sussurro intimo, vellutato. Una fitta di
desiderio la attraversò a quell’invito. E siccome voleva fargli piacere,
fece quello che le chiedeva, aprendo le gambe finché fu lì, sdraiata
sul letto, aperta e pronta. Poi ansimò quando Trick fece scorrere
lentamente le perle, quel lungo, lungo filo di perle, tra le sue gambe.
Sentì distintamente ogni perla, sentì che si bagnava mentre
scorrevano. Lo desiderava lì, dentro di sé. “Oh, Dio, Trick.”
“Ssst,” mormorò Trick, accarezzandole la gola. Le succhiò il seno,
con i capezzoli che si inturgidirono in due punte dure che lui circondò
con la lingua. Mentre giù in basso le perle continuavano il loro
squisito tragitto dove Kendra desiderava ci fosse lui.
Era un tormento, ma oh, così dolce, ogni singola perla la
trascinava sempre più in alto. “Non resisto, Trick. È troppo.” Gli
prese la mano libera, stringendola forte nelle sue.
“Non resisto nemmeno io,” disse roco e togliendo le perle, si mise
sopra di lei, per unire i loro corpi.
Il senso di sollievo di Kendra durò pochi secondi, prima che un
nuovo senso di tensione la sopraffacesse. Gli avvolse le gambe
intorno, le dita si infilarono tra i capelli, piccoli suoni le sfuggirono
dalle labbra mentre i fianchi di Trick facevano sparire ogni pensiero
coerente dalla sua mente. Kendra si spingeva contro di lui,
desiderandolo vicino, più vicino, sentendo il suo respiro affannoso
nell’orecchio. Sentiva il cuore di Trick battere forte mentre gli
passava le mani sulla schiena e più giù, per tirarlo ancora più vicino
a sé.
Se solo fosse stata capace di scalare quello che restava di quel
muro e diventare veramente un essere unico.
Poi, per un secondo infinito, furono una cosa sola.
CAPITOLO CINQUANTATRÉ

MOLTO TEMPO DOPO, Trick cercò le perle sotto le coperte, e


sorrise quando le trovò. Le sollevò e le portò al naso, respirando
profondamente il loro profumo dolce prima di farle penzolare sopra
la testa di Kendra. “Ti piacciono, leannan?”
“Più di quanto avrei immaginato.” Il suo sorriso, dolce e
terribilmente erotico, gli accese il cuore. “Ma, Trick...”
“Aye?”
“Mi piacciono principalmente perché possiamo venderle.”
Le dita di Trick si strinsero intorno alla collana. “No, tesoro. Queste
sono per te.”
Kendra gliele prese di mano, stringendosele al petto. “Darebbero
da mangiare ai bambini per dieci anni, hai detto. Non dovresti più
rapinare nessuno. Ti avrei comunque chiesto di smetterla, Trick. Non
sopporto l’idea che tu sia ferito o catturato.” Se il suo sorriso gli
aveva acceso il cuore, le sue parole lo sciolsero. “Non è bello da
parte mia, lo so, ma tu sei molto più importante dei bambini. Per me.
La cosa più importante nella mia vita.”
Kendra sembrava sentirsi in colpa per a quella ammissione, ma
non tanto in colpa quanto si sentiva lui dentro. Che lei potesse
metterlo sopra a tutto il resto... se solo non avesse avuto quegli
obblighi che gli impedivano di fare lo stesso.
Se solo.
“Vedi che regalo ci ha fatto Re Charles?” Kendra sollevò la
collana. “Non dobbiamo più scegliere tra la tua salvezza e il
benessere dei bambini.” Guardandolo un po’ malinconica e un po’
elettrizzata, Kendra si portò le perle alle labbra. “Le venderò domani.
E ho anche altre idee, su come aiutare altri bambini. Questo—
questo regalo—è un inizio.”
Il suo entusiasmo era più di quanto Trick potesse sopportare.
Presto avrebbe potuto portarla sulle banchine, mostrarle una
qualunque delle sue navi in porto, dirle che poteva mantenere tutti gli
orfanotrofi che voleva. Presto sarebbe finito tutto, e Trick giurò che
sarebbe stato onesto con sua moglie per tutto il resto della sua vita.
Non avrebbe mai fatto un’altra promessa così difficile da mantenere.
“No, non le venderai domani,” le disse, togliendole le dita dalla
collana. Sollevò le perle e gliele fece scivolare ancora una volta
intorno al collo. “Domani andremo a casa. E, te lo prometto, i
bambini non avranno fame.”

TORNATI AD AMBERLEY il giorno dopo, Trick si fermò appena il


tempo di far portar dentro i loro bagagli prima di prepararsi a partire.
Kendra lo fissava, sbalordita, mentre Trick si annodava una
cravatta pulita nella loro stanza.
“Ho una commissione che devo assolutamente sbrigare,” le disse,
senza guardarla negli occhi.
“Una commissione?” Anche se era vicino a lei, a Kendra sembrò
che si fosse allontanato fisicamente. “Vai a fare un’altra rapina? Ti ho
detto—”
“Nay, con quello ho chiuso.”
E non indossava l’abito nero—aveva messo un semplice abito
marrone e una camicia bianca. Avrebbe dovuto notarlo. La sua
capacità di osservazione, normalmente acuta, era annebbiata dalla
delusione.
Appena la notte scorsa si era sentita emotivamente così vicina.
Aveva pensato che con tutto quello che avevano condiviso in Scozia
e da allora, le cose sarebbero state diverse. Ma anche se aveva
tagliato i capelli e non nascondeva più gli occhi—si stava ancora
nascondendo da lei.
Arretrò, sedendosi sullo sgargiante letto rosso, con le dita che
andavano alle perle che aveva al collo. “Se non vuoi vendere le
perle e non farai altre rapine, dove troveremo i soldi per i bambini?”
“Te l’ho detto la notte scorsa,” rispose Trick, parlando ancora più
lentamente del solito, “i bambini avranno da mangiare in
abbondanza.”
“Come?” A Kendra girava la testa per la confusione. “Charles ti ha
dato qualcosa di più delle perle, allora?”
“Si potrebbe dire così,” disse asciutto Trick. Poi restò in silenzio.
La guardò per un lungo momento senza parlare. Senza muoversi.
Senza nemmeno battere le palpebre.
Poi gli occhi si illuminarono, decisi e risoluti. “È ora che ti dica la
verità,” disse, avvicinandosi. “Ho danaro più che sufficiente a
mantenere l’orfanotrofio senza dover ricorrere alle rapine. Non ti devi
preoccupare per i bambini, te lo giuro. Va bene? Puoi accettare la
mia parola?”
La verità, aveva detto. “Non capisco.”
Trick si avvicinò ancora. “Quando mio padre—il Duca—è morto,
ho preso le navi che lui usava per il contrabbando e ho cominciato a
importare merce. Legalmente. Adesso ho nove navi e un magazzino
a Londra pieno di merce proveniente da tutte le parti del mondo, che
vendo in tutto il paese. Posso permettermi di mantenere i bambini e
qualunque altra cosa tu desideri.”
Kendra trattene il fiato, come se fosse stata colpita fisicamente.
“Allora perché mi hai detto che dovevi ricorrere alle rapine per
finanziare l’orfanotrofio?”
“Non l’ho mai detto, Kendra.”
Kendra riandò col pensiero a quello che si erano detti. “Ma non mi
hai corretto quando l’ho supposto. Una bugia per omissione resta
comunque una bugia.”
Tutto quello che le era sembrato di aver ottenuto sembrava stesse
scivolandole dalle mani. Cercò di nascondere l’accenno di isteria
nella voce. “Non ha senso. Allora perché quelle rapine? Perché hai
continuato a farle quando sapevi che mi preoccupavo, e i miei fratelli
ti avevano chiesto di smettere? Per divertirti, come hai detto una
volta?”
“Non per divertirmi.” Prendendole entrambe le mani, la fece alzare
in piedi davanti a lui, con gli occhi pieni di scuse mute. “Avevo un
motivo, un buon motivo, ma... mi dispiace, leannan. Ci sono cose
che non posso dirti.”
“Perché?”
“Non posso e basta. Devi avere fiducia in me.” Le accarezzò la
guancia con le nocche. “Una volta hai promesso che ti saresti fidata
di me? Hai cambiato idea?”
Il pensiero di Kendra andò a quel giorno nel sotterraneo, e arrossì
ferocemente. Ma quello era successo in Scozia, dove avevano
passato ogni giorno, quasi ogni minuto, insieme. Dove Trick non
aveva avuto segreti, per quanto ne sapesse lei, e dove si erano
avvicinati e avevano imparato a star bene insieme.
Eppure, letteralmente, appena avevano messo piedi ad Amberley,
tutto era tornato esattamente com’era prima. Aveva pensato di
essere riuscita a penetrare la sua scorza—che il muro che si era
costruito intorno fosse quasi caduto—ma chiaramente non era così.
Non lì. Come potevano avere un matrimonio, qualsiasi tipo di
matrimonio, quando Trick insisteva a tirarsi indietro?
Sarebbe stato meglio se non fossero mai tornati a casa.
“Sto cercando di avere fiducia in te, ma è veramente difficile.”
“È difficile anche per me. Devi credermi, tesoro. Lasciami finire
quello che devo fare e poi ci metteremo tutto alle spalle.”
E con un bacio, così sentito da lasciarla stordita, Trick uscì.

NON ERA PROPRIO una bugia. Charles gli aveva dato qualcosa
più delle perle—gli aveva dato l’ordine di non dire alla sua stessa
moglie quello che stava facendo.
Dannato uomo ostinato.
Anche se Trick non aveva mai nemmeno pensato di poter
imprecare contro il suo re, lo fece per tutto il tragitto mentre andava
al cottage a prendere le sue carte.
Da lì attraversò due villaggi per incontrare il contatto di Charles,
un uomo che si faceva chiamare con il nome assurdo di Zephaniah
Pendregast e che fingeva di essere un puritano. Mentre viaggiava,
Trick passò dall’insultare Charles a imprecare contro se stesso.
Che idiota era stato a parlare a Kendra della società di spedizioni.
Aveva pensato che sarebbe servito dirle una parte di verità, per
toglierle la preoccupazione riguardo ai bambini, almeno. Ma aveva
fatto un grosso errore. Aveva visto il dubbio e la confusione nei suoi
occhi e lo avevano fatto star male.
Era innamorato, e non sapeva che cosa fare, non aveva
esperienza e stava sbagliando tutto.
Le fondamenta che aveva costruito in Scozia stavano franandogli
sotto i piedi. Poteva solo sperare che la missione finisse prima che si
erodessero completamente. Sperava che restasse ancora qualcosa
su cui ricostruire la fiducia.
Sperava che la sua fedeltà al Re non gli costasse il futuro.
Trick aveva mandato un messaggero, quindi Pendregast lo stava
aspettando sul retro del suo negozio di fabbro dove gli uomini di
Charles gli avevano trovato un impiego provvisorio.
“Spero che le notizie che portate siano dannatamente buone,”
disse Pendregast, smettendo la sua pulita parlata da puritano
appena furono fuori dalla portata d’orecchi. Era un uomo alto e
snello, con i capelli scuri e una faccia lunga e scavata. Mentre
camminavano nei campi dietro i negozi della High Street, in
sottofondo risuonavano i colpi del martello sull’incudine. “Mi sto
annoiando a morte in questo porcile.”
“Mi dispiace per il ritardo. Sono stato convocato fuori dal paese. In
ogni modo—” Trick tolse il rotolo di carte dalla giacca, “—ho le
descrizioni che cercavate.”
Guardarono insieme le pagine, con Pendregast che faceva
domande e Trick che rispondeva con tutto quello che riusciva a
ricordare.
“Allora, conoscete questi uomini?” Chiese Trick alla fine.
“Ho partecipato ad abbastanza riunioni segrete da bastarmi per
tutta la vita, ve lo garantisco. Questa descrizione—” Pendregast
picchiettò il dito su una delle pagine di Trick, “—sembra famigliare. E
anche quest’altra. Chiederò intorno, e vedrò che cosa posso
scoprire. Mi metterò in contatto.”
Trick tornò indietro nella fucina, dove si strinsero la mano. “Sarò
lieto quando tutto questo sarà finito.”
“Non più di me,” disse Pendregast a denti stretti, impastandosi un
finto sorriso sul volto prima di rientrare nel negozio.
CAPITOLO CINQUANTAQUATTRO

SAPENDO CHE, MOLTO presto, avrebbe dovuto lasciare Kendra


a casa da sola, Trick aveva passato un paio di giornate camminando
in punta di piedi intorno a lei, evitando il suo sguardo ferito e
cercando in tutti i modi una spiegazione plausibile che non le
causasse ancora più dolore e sfiducia. Restò per la maggior parte
del tempo fuori casa, imparando a conoscere la sua tenuta—un
buon uso del suo tempo, visto che aveva in programma di passare lì
più tempo che in passato.
La vita vicino ai dock di Londra non lo attirava più tanto. Aveva in
programma di gestire la società per corrispondenza, con qualche
regolare escursione in città per controllare le cose, ma portando
Kendra con sé. Avrebbe potuto coinvolgere anche Niall, in futuro.
Espandere la sua società includendo navi con base nei porti
scozzesi era solo l’inizio.
Tutte e due le notti aveva rimandato il rientro a casa finché Kendra
era già a letto, quando il buio gli avrebbe impedito di guardarla negli
occhi. In quelle ore, aveva cercato di dirle con il suo corpo quello che
non poteva dirle a parole. E se i sospiri beati di Kendra avevano un
tocco di disillusione, poteva solo ripetersi che le cose sarebbero
migliorate presto.
Arrivò finalmente un messaggio molto conciso. ‘Incontriamoci alle
sette sabato mattina a casa di John Garrick. Z.P.’
John Garrick? Trick era meravigliato. Lavorava anche lui per
Charles? Beh, almeno aveva una buona scusa per passare il
finesettimana lontano. Kendra non avrebbe fatto domande, se si
trattava di giocare a carte da Garrick—un ricevimento cui
partecipavano regolarmente anche i suoi fratelli. Con un po’ di
fortuna, lo avrebbe spedito via felice e contenta.
Evidentemente, però, la fortuna non era dalla sua parte.
“Così presto?” Gli chiese Kendra quando la trovò che esaminava i
menu in cucina. Poi, rivolgendosi alla cuoca. “Vi dispiace scusarci un
momento, signora Brown?”
Era abbattuta mentre conduceva Trick nell’office del
maggiordomo, poi, trovandolo occupato da due cameriere che
lucidavano gli argenti, fino alla sala da pranzo deserta. Con un piede
che batteva il pavimento di marmo a riquadri bianchi e neri, Kendra
fissava il soffitto decorato, studiando le scene dipinte come se
potessero avere una risposta al suo problema.
E il suo problema era lui, ovviamente.
“Siamo a casa da meno di una settimana,” gli disse.
Quando abbassò la testa per guardarlo negli occhi, Trick si
dimenò a disagio. “I finesettimana per giocare a carte sono diventati
una tradizione. Sono passati mesi dall’ultimo, non ce ne sono stati
dopo il nostro matrimonio. Gli altri stavano aspettando il mio ritorno.”
Kendra passò la punta delle dita lungo la mensola intagliata e
dorata. Il vecchio Duca si era veramente superato nel decorare
quella stanza. “Trick, io...” Trick la vide tirare il fiato. “Mi sembra di
averti perso da quando siamo tornati a casa.”
“Io sono proprio qui.” Trick si sforzò di sorridere.
“Sei stato in giro a fare Dio sa che cosa. Perché non possiamo
passare un po’ di tempo insieme? Il nostro matrimonio non dovrebbe
essere più importante di una partita a carte?”
“Era già in programma,” le rispose Trick, desiderando di poter
trovare un modo per farla sentire amata e sicura come meritava. Lo
desiderava più di quanto desiderasse respirare.
Ma prima doveva completare la sua missione. Era così vicino.
Aveva già mandato un messaggio a Re Charles dicendo che era ora
di mettere in moto il loro piano finale.
Molto presto sarebbe stato libero.
La mattina seguente lasciò a letto sua moglie con un bacio tenero
sulla fronte. Quando lei rispose con un sospiro deluso, Trick dovette
rammentarsi perché lo stava facendo.
Quei falsari stavano minando l’economia, minacciando la
monarchia appena restaurata. Lo doveva alla sua nazione, aveva
fatto una promessa al suo Re.
E se in fondo gli restava una traccia di inquietudine, era deciso a
ignorarla.
Un’ora dopo, arrivò alla tenuta di Garrick e trovò Pendregast che
lo aspettava sulla strada, lui e il suo cavallo nascosti dietro a una
siepe che li nascondeva dalla villa.
“Che succede?” Chiese Trick, tirando le redini a Chaucer. “Perché
non siete entrato?”
“Non possiamo semplicemente entrare e procedere a un arresto.
Ci serve una dannata prova prima. Avete qualche idea su come fare
a entrare?”
“Potremmo tentare di bussare alla porta.” Trick sbirciò attraverso
la siepe. “Garrick è al corrente o no? Quanti uomini ha coinvolto
Charles in questa operazione?”
“Solo noi due. Garrick è il sospettato.”
“John Garrick? Un falsario?” Quando Trick si raddrizzò
bruscamente a quella notizia, Chaucer danzò sotto di lui. “Ne siete
sicuro?”
“Non completamente. Potrebbe essere solo un’altra maglia della
catena. Ma la descrizione che mi avete dato che suonava
famigliare? Ho chiesto in giro, trovato quell’uomo e l’ho seguito per
due giorni e mezzo, finché finalmente mi ha condotto qua. È entrato
e uscito dopo cinque minuti. Poi mi sono nascosto per un po’, ed è
arrivato un altro uomo. Non c’erano riscontri nelle vostre note, ma
anche lui è entrato e uscito dopo cinque minuti.”
“Quindi, se anche Garrick non fosse il falsario...”
“Ritengo che sia coinvolto nella distribuzione, quanto meno. Ma ci
servono delle prove.”
Trick si mise a riflettere, ricordando la bigotteria di Garrick, il suo
nervosismo, il modo in cui sembrava sempre spiare intorno. Era
segretamente un parlamentarista?
Dannazione. Era possibile. Questo gli avrebbe insegnato a
trasferirsi in una zona e cominciare a socializzare alla cieca con i
vicini. Avrebbe potuto portare Garrick e gli altri al cottage, una volta
o l’altra. Avrebbero potuto vedere le sue attrezzature.
Dannazione.
“Ci serve una scusa per entrare,” disse Pendregast. “Ha troppi
servitori per aspettare semplicemente che esca. C’è sempre gente in
giro.”
“Io posso entrare. Lo conosco, e mi deve un pasto.”
“Scusate?”
Trick si batté sullo stomaco. “È ora di colazione.”

“SIGNORA KENDRA? NON volevate parlarci di Clizia?”


Con un sospiro Kendra voltò la pagina di un magnifico libro di miti
poco conosciuti che aveva scoperto nella biblioteca a due piani di
Amberley. O perlomeno aveva pensato che fosse magnifico un mese
prima, quando lo aveva trovato. Quel giorno, leggendolo, non le
sembrava così meraviglioso.
Una volta aveva pensato che realizzare il suo sogno, l’orfanotrofio,
sarebbe stato sufficiente, ma si sbagliava. Lavorare con i bambini
era soddisfacente, ma non guariva il buco nel cuore che si era
aperto quando Trick l’aveva lasciata quella mattina.
Riportando l’attenzione sui bambini, sorrise davanti alle loro
espressioni rapite.
“Clizia amava il Dio del Sole.”
“Apollo?” Chiese Andrew.
“Eccellente memoria,” disse Kendra, cercando di non far rilevare
la sua irritazione per l’interruzione. Ogni piccola cosa sembrava
irritarla negli ultimi giorni. “Per questa storia però penseremo a lui
come al Dio del Sole. Vedete, lui non trovava niente da amare in
Clizia, e quindi lei si struggeva, seduta per terra, all’aperto, dove
poteva vederlo. E girava il volto, seguendolo con gli occhi mentre lui
viaggiava nel cielo. E così, continuando a guardare, si trovò
trasformata nel girasole, che si gira seguendo il percorso il sole.”
“E lui l’ha mai amata?” Chiese una bambina dai capelli castani.
Kendra la guardò nei grandi occhi castani. “Temo di no.” Sospirò.
“Clizia lo amava con tutto il cuore, ma lui non provava gli stessi
sentimenti.”
Proprio come Trick. I sentimenti di Kendra per lui erano cresciuti,
ma temeva di non essere ricambiata. Erano ricominciate le bugie e
le separazioni inspiegate. Nessuno poteva amare una donna e
trattarla in quel modo.
Era destinata, come Clizia, a seguirlo con gli occhi per tutta la
vita?
“Signora Kendra?”
Kendra chiuse il libro di scatto. Non serviva a niente rimuginare
per i due giorni di assenza. Le aveva chiesto di fidarsi di lui ed era
quello che avrebbe fatto, finché non l’avesse costretto a darle una
spiegazione.
Erano andati troppo avanti per lasciar fallire il loro matrimonio
senza lottare.
Susanna si avvicinò, tirandole la gonna. “Non finiamo la lezione?”
“Forse domani.” Sentendosi già meglio, Kendra sorrise. “Per
adesso, giochiamo a moscacieca.”
CAPITOLO CINQUANTACINQUE

“LORD GARRICK NON è ancora sveglio,” disse a Trick un


maggiordomo impettito.
“Beh, allora svegliatelo.” Senza aspettare di essere invitato, Trick
entrò nella vasta villa buia e fece segno a Pendregast di seguirlo.
“Ditegli che il Duca di Amberley è qui per riscuotere un debito.”
“Con tutto il rispetto, Vostra Grazia—”
“Sì, mi dovete rispetto. Credo che lo aspetterò nella sala da
pranzo finché riceverò il rispetto dovuto.”
Con un cenno della testa a Pendregast, Trick cominciò a muoversi
nella direzione in cui pensava potesse trovarsi una sala da pranzo.
Borbottando, il maggiordomo cominciò a salire le scale.
La terza stanza in cui Trick guardò aveva un tavolo da pranzo. Si
lasciò prontamente cadere in una sedia imbottita di uno sporco color
senape. Il resto della stanza non era meno squallida. Non si
vedevano segni della ristrutturazione citata da Garrick come motivo
per non ospitare i ricevimenti, anche se quel posto ne avrebbe
veramente avuto bisogno.
Ovviamente, l’ultima cosa di cui un falsario aveva bisogno erano
operai al lavoro in giro per la sua casa.
“L’avevo dimenticato.” Pendregast prese un biglietto piegato dalla
tasca. “È arrivato questa mattina con un corriere speciale, ed è
indirizzato a voi.”
Trick ruppe il sigillo e aprì il biglietto. Una lettera da Re Charles—
avrebbe riconosciuto la sua grafia anche senza il ‘Il vostro caro
amico Charles R.’ in fondo.
Il re gli comunicava che era tutto sistemato, che il piano sarebbe
cominciato proprio quello stesso giorno e sarebbe culminato il lunedì
sera.
Dannazione. “Un giorno o due,” gli aveva detto Charles con la sua
solita spensierata indifferenza quando gli aveva descritto il piano la
settimana prima. Trick si era aggrappato alla comoda scusa delle
partite e carte senza tener conto che probabilmente il piano era
troppo elaborato per essere completato in un finesettimana.
Dannazione, dannazione, dannazione.
Non poteva nemmeno andare a casa e cercare di spiegarlo a
Kendra. Secondo la lettera di Charles, gli uomini del re lo avrebbero
aspettato una volta finito lì.
“C’è qualcosa che non va?” Gli chiese Pendregast.
“Aye. Nay.” Trick scosse la testa come per schiarirsela. “Devo solo
far avere un biglietto a mia moglie. Ho visto una scrivania nel salotto
accanto all’entrata—posso chiedervi di prendermi carta e penna?”
Mentre aspettava, compose mentalmente la lettera. Ancora
un’altra mezza verità. La ragnatela cui era sospeso il suo matrimonio
diventava sempre più aggrovigliata.
Prima che Garrick entrasse nella stanza, mezzo svestito e con gli
occhi assonnati, aveva finito di scrivere la lettera.
“Che cos’è questa storia di un debito, Amberley?”
“Mi sembra di ricordare che ti sia presentato inaspettatamente a
casa mia, giusto in tempo per la cena.” Piegando il foglio, Trick si
impose si sorridere. “Sono capitato da queste parti questa mattina e
ho notato che era ora di colazione.”
“Cosa?”
“E avevi portato anche degli amici, no? Questo è il mio amico,
mmm, Harold—” diede un’occhiata veloce a Pendregast “—Gaunt.
Sir Harold Gaunt.”
“Piacere di conoscervi, Lord Garrick,” disse Pendregast.
Garrick gli rivolse un breve cenno prima di tornare a Trick. “Gli
amici che avevo portato io erano anche amici tuoi.”
“Vero.” Trick alzò le spalle e gli tese il biglietto. “Posso chiederti la
cortesia di prestarmi uno dei tuoi servitori per mandare questo
biglietto ad Amberley House? È piuttosto urgente.” Si leccò le labbra.
“Che cosa c’è di buono questa mattina?”

QUANDO COMPTON LE andò incontro sulla porta di Amberley


House con il suo vassoio d’argento in mano, a Kendra si chiuse lo
stomaco.
Ho ricevuto un messaggio urgente dal direttore della mia società
di spedizioni, diceva il biglietto. Dopo il finesettimana dovrò andare a
Londra per una giornata. Tornerò lunedì sera tardi o martedì. Ti
spiegherò dopo. Con amore, T.
Kendra si sentì le gambe di piombo mente saliva faticosamente le
scale. Londra. Senza di lei, un’altra volta. Era poi vero che
possedeva una società di spedizioni? Oppure l’aveva inventata
come scusa per correre dalla sua amante?
Arrivata in camera, si appoggiò alla porta e respirò a fondo per
calmarsi. Probabilmente era la sua folle immaginazione. Come il
solito, stava saltando alle conclusioni.
Con amore, T. Tracciò le parole con un dito. Le aveva chiesto di
fidarsi di lui. Doveva credergli.
Ma aveva davanti a sé tre lunghi giorni vuoti e non era obbligata a
restare a casa a struggersi per lui. Non era Clizia. Se Trick poteva
passare il suo finesettimana nel suo modo ‘tradizionale’, giocando a
carte con gli uomini, lei poteva mantenere la sua tradizione con le
donne.
In effetti, probabilmente Caithren la stava aspettando e senza
dubbio anche Amy e Jewel sarebbero state a Cainewood. Mentre gli
uomini erano occupati a fare quello che normalmente facevano
durante questi finesettimana, loro potevano fare una festicciola per
conto loro.
Presa la decisione, preparò una borsa e si diresse alle scuderie.
Poco dopo galoppava verso Cainewood, e cercava di godersi il
vento tra i capelli mentre spingeva Pandora a correre ancora più
forte. Le miglia passavano e il panorama diventava gradevolmente
familiare.
Amy e Cait l’avrebbero aiutata a rimettere tutto in prospettiva.
Certamente anche i loro matrimoni avevano attraversato momenti
difficili, eppure erano entrambe chiaramente felici.
Passò come un fulmine sopra il ponte levatoio di legno, smontò da
Pandora e corse verso il portone d’ingresso di Cainewood.
Un maggiordomo stupito le aprì il portone. “Lady Kendra! Voglio
dire… benvenuta Vostra Grazia. Che cosa vi porta a Cainewood?”
“Sono venuta a trovare lady Cainewood. E—” le mancarono le
parole quando, oltre la spalla del maggiordomo, intravide il suo
gemello, che camminava su e giù sul pianerottolo con
un’espressione pensierosa sul volto e un becher pieno di fluido
bluastro in mano. “Ford?” Lo chiamò, entrando. “Perché non sei
andato al ricevimento?”
“Kendra?” Ford sbatté gli occhi, guardando in basso, poi
scomparve per un attimo. Riapparve in cima alle scale a mani vuote,
e scese in fretta per abbracciarla.
“Ricevimento?” Le chiese, tirandosi indietro. “Mi sto perdendo un
ricevimento? Dannazione. Ci sono anche delle signore graziose?”
Kendra lo guardò stupita. “Il finesettimana per giocare a carte, o in
qualunque modo lo chiamiate voi uomini. Perché non sei con gli
altri?”
“È dal tuo matrimonio che non ci troviamo per giocare a carte. Ci
riunivamo sempre ad Amberley—non lo sapevi?” Mettendole un
braccio intorno alle spalle, la tirò nel corridoio verso il salotto. “Che
cosa ti ha fatto pensare che ci sarebbe stato un ricevimento questo
finesettimana?”
Arrivata nella stanza, Kendra si lasciò cadere su una sedia color
salmone. Familiare, ma non le era di conforto quanto aveva sperato.
“Trick. Mi ha detto che sarebbe andato a giocare a carte con gli
uomini e che sarebbe tornato dopo il finesettimana. Poi ha mandato
un biglietto dicendo che sarebbe tornato lunedì o martedì.” Si morse
l’interno della guancia. “Sei sicuro che non ci sia un ricevimento?”
“Sicuro quanto è possibile. Sono sicuro che Jason non stia
giocando a carte, e nemmeno Colin ed io.”
Dovrai fidarti di me. Una volta hai promesso che ti saresti fidata di
me. È cambiato qualcosa?
Kendra sentì un groppo formarsi in gola e si nascose il volto tra le
mani. “Sono una stupida. Continuo a credere a quello che mi dice,
ma finisco sempre per scoprire che mi sta nascondendo qualcosa.”
“Forse ha un buon motivo.” Ford si sedette sulla sedia accanto, le
tolse una mano dal volto e la tenne tra le sue. “Non riesco a
immaginare—”
“No.” Kendra balzò in piedi, interrompendo il contatto. La tristezza
si trasformò in amara rabbia. “Non esiste una sola ragione al mondo
per ingannare la propria moglie.”
Trick aveva detto che c’erano cose che non poteva dirle e lei lo
aveva accettato, anche se riluttante. Ma non era lo stesso di dirle
una vera e propria bugia.
Le aveva mentito fin dall’inizio, prima ancora che si sposassero,
cominciando con nasconderle che era un duca. Che diavolo le aveva
fatto credere che fosse cambiato? Le aveva lasciato credere di aver
bisogno di fare le rapine per i bambini, poi aveva dichiarato di
possedere una prospera società di spedizioni. Quale di questi fatti
era vero?
Con amore, T. Un’altra bugia. Un uomo che amava sua moglie
non l’avrebbe trattata in quel modo. Non avrebbe detto di andare in
un posto per finire invece in un altro.
“E’ a Londra con la sua amante.” Kendra digrignò i denti,
camminando avanti e indietro sul tappeto nero e salmone. “Ecco
perché aveva tanta fretta di tornare dalla Scozia. E poi di lasciarmi
ad Amberley. Per tornare a Londra da solo.”
E aveva avuto la faccia tosta di dirle che cosa pensava
dell’infedeltà. Più volte! Che coraggio, darle un falso senso di
sicurezza, parlando dei suoi alti valori morali.
“Gli uomini parlano, Kendra, e non ho mai sentito di un’amante a
Londra.”
Kendra distolse lo sguardo dagli occhi blu preoccupati di Ford.
“Sei mio fratello. Non ti avrebbe mai parlato di una cosa del genere.”
“Per l’amor del cielo! Siete sposati da meno di tre mesi.” La
preoccupazione era sparita dalla sua voce, sostituita
dall’impazienza, e le fece digrignare di nuovo i denti. “L’ultima volta
che ci siamo riuniti per giocare a carte è stato prima che tu
incontrassi Trick, e non ho sentito parlare di amanti, nemmeno
allora. Eppure eccoti qua, come il solito pronta a saltare alle
conclusioni. Aspetta di sentire che cos’ha da dire Trick, no? Non
riesco a credere di aver sbagliato a giudicarlo in modo così
grossolano.”
Kendra incrociò le braccia. “Beh, l’avete fatto.” Fissò il ritratto di un
antenato dall’aspetto severo, morto da secoli. Un altro uomo
dispotico, senza dubbio. I suoi fratelli avevano completamente
sbagliato nel giudicare Trick e l’avevano obbligata a quel matrimonio.
Era colpa loro se lei adesso stava soffrendo.
Colpa loro se si era innamorata.
Buon Dio. Si voltò, portandosi le mani alle guance. Innamorata—
innamorata di un uomo che non avrebbe mai contraccambiato. Che
non si sarebbe mai fidato di lei, che non si sarebbe mai aperto e
condiviso la sua vita con lei. Aveva tentato e ritentato di essere il tipo
di moglie che voleva lui, senza risultato. Aveva tentato di ascoltarlo,
di fidarsi di lui come le aveva chiesto, solo per vedersi buttare in
faccia quella sfacciata bugia.
“Kendra.” Ford attirò il suo sguardo. “Devi pensare in termini logici.
Sono sicuro che Trick abbia una spiegazione valida.”
Era andata dalla sua famiglia per ottenere amore e sostegno, solo
per scoprire che il suo stesso gemello parteggiava per Trick. Le
lacrime minacciavano di scendere, ma Kendra non lo avrebbe
permesso. Ma Ford non aveva sentito una parola di quello che gli
aveva detto?
Beh, ovviamente no—era un uomo dopo tutto. “E’ tutta colpa tua
—tua e di Jason e di Colin. Mi avete incastrato con questo marito
adultero e bugiardo. Dov’è Cait?”
“Di sopra, penso, probabilmente a fare un pisolino. Ma Kendra—”
Ma lei era già uscita dalla stanza.
CAPITOLO CINQUANTASEI

LA CUCINA DI GARRICK non era chiaramente pronta per offrire


la colazione a ospiti. Dovettero aspettare per un’ora buona,
chiacchierando ogni tanto con il loro riluttante ospite, prima che
un’anziana cameriera portasse un vassoio con una zuppa di carne e
del caffè. Due viaggi dopo, sul tavolo c’era il pan speziato, focaccine
ai semi di cumino, biscotti di farina integrale alla frutta e panini
all’uvetta.
Dolci. Kendra avrebbe adorato quella colazione, pensò Trick, con
una fitta di senso di colpa.
Mangiarono tutti e tre finché il maggiordomo si affacciò alla porta.
“Un visitatore, milord.”
Garrick si asciugò le labbra flaccide, poi si alzò e si spazzolò la
pancia ancora più flaccida. “Godetevi la colazione, signori. Tornerò
subito.”
“Cinque minuti, immagino,” disse Pendregast quando Garrick uscì.
“Lo seguo,” disse Trick. “Se ritorna prima di me, ditegli che avevo
bisogno di un pitale.”
Si alzò e sbirciò nel corridoio. Fortunatamente era deserto.
Uscendo senza far rumore, si appiattì contro il muro, seguendolo
fino quasi a raggiungere la porta d’ingresso.
Garrick l’aveva già chiusa e stava portando un uomo di bassa
statura verso un’altra ala della casa. Trick aspettò, osservandoli,
finché li vide entrare in una stanza. Poi si affrettò a seguirli e ascoltò
attraverso la porta.
Si sentì un rumore raschiante, qualcosa di pesante che scivolava
aprendosi e poi si richiudeva.
Non sentendo voci, aprì un po’ la porta e diede un’occhiata.
Uno studio. Vuoto, proprio come aveva pensato. Si infilò dentro e
si nascose sotto una vecchia scrivania di quercia. Non ci volle molto
perché il rumore raschiante si ripetesse. Piegò la testa per vedere
tra le gambe della scrivania. Una sezione della libreria scomparve e
poi scivolò nuovamente al suo posto mentre guardava.
Garrick appoggiò qualcosa sulla scrivania sopra la testa di Trick.
“Molto bene. Ma non voglio vedervi per un altro mese. Mandate
qualcun altro nel frattempo—non possiamo rischiare di far viaggiare
continuamente le stesse persone. Almeno finché non avranno
catturato quel malvivente.”
“Sì, milord.”
“Vi accompagno fuori.”
Quando la porta si chiuse alle loro spalle, Trick strisciò fuori dal
suo nascondiglio. Sulla scrivania ora c’era un candelabro di peltro e
Garrick non si era curato di spegnere la candela. Comodo.
Trick tastò intorno alla libreria cercando una maniglia, un
pulsante… ah, eccolo. Un chiavistello. Tirandolo, riuscì a spingere lo
scaffale dietro a quelli adiacenti.
Afferrò la candela e la tenne in alto per illuminare lo spazio senza
finestre davanti a sé. Una stanza abbastanza grande, anche se
spartana. Sopra un tavolo c’erano tre crogioli, stampi, cesoie e altre
attrezzature che Trick non riconobbe. Ma le monete sparse sulla
superficie gli erano familiari, e anche le barre di metallo vile.
Aveva visto tutto quello che gli serviva.
Un paio di minuti dopo tornò lentamente nella sala da pranzo,
sistemandosi vistosamente i calzoni. “Hai un bel posto, Garrick.”
Fece discretamente un cenno affermativo a Pendregast.
Garrick grugnì. “Devo farlo restaurare.”
“Già è quello che continui a dire.”
Pendregast si tolse l’orologio dalla tasca. “Dannazione, ho
dimenticato un appuntamento. Garrick, grazie per l’ottimo cibo e la
compagnia. Amberley, mi farò vivo più tardi.”
Ancora qualche chiacchiera, per un’ora e poi ancora un po’. Buon
Dio, pensò Trick, non sarebbe mai finita? Perché Pendregast ci
stava mettendo tanto?
Garrick cominciò ad agitarsi e a camminare avanti e indietro per la
stanza, senza potersene andare educatamente mentre Trick
continuava a mangiare e a chiacchierare con lui. Arrivò il momento
in cui Trick si chiese se sarebbe riuscito a infilarsi in bocca un altro
boccone di cibo senza vomitare, ma suppose che quel pasto gli
avrebbe fatto comodo per affrontare la prova che lo aspettava.
Anche se fino a quel momento era andato tutto bene, i giorni
successivi sarebbero stati molto più difficili.
Poi però sarebbe finito tutto. Con un po’ di fortuna, lunedì sera
avrebbe raggiunto Kendra a letto. Per il resto della sua vita, se
avesse potuto decidere lui. E basta segreti.
Finalmente il maggiordomo annunciò un altro arrivo.
Trick seguì Garrick alla porta. “Sir Harold,” disse Garrick, trovando
Pendregast sulla soglia. “Avete dimenticato qualcosa?”
“Temo di sì,” disse Pendregast mentre un uomo quasi calvo con
una cicatrice sulla guancia sbucava da dietro l’angolo. “Lo sceriffo.”

“KENDRA! CAITHREN! Aprite!”


Kendra scappò in un angolo della sua vecchia stanza mentre
Caithren andava alla porta e la apriva appena un po’. “Tua sorella
non vuole parlare con te,” disse a Jason, “E nemmeno con Ford.”
“Oh, per l’amor del cielo. Dille che è ora di cena e che ci sono le
crostatine di fragole per dessert.”
Solo un uomo poteva pensare che il cibo risolvesse tutti i
problemi, pensò Kendra. Specialmente un Chase. Beh, non
l’avrebbe convinta tentandola con il suo amore per i dolci. “Digli che
non ho fame,” disse a Cait. “Digli che non mangerò finché non sarà
annullato l’assurdo matrimonio che hanno combinato.”
“Non ha fame,” dichiarò Cait. “È—”
“Lascia perdere.” Jason infilò un piede nella porta quando
Caithren stava per chiuderla. “Dille che quando avrà voglia di parlare
saremo qui. Dille che fino a quel momento può anche morire di fame
per quello che mi importa. Dille che la cuoca sta preparando la torta
di ciliegie per la cena.” Fece una pausa per respirare. “Allora, tu
scendi a mangiare?”
“Nay. Credo che resterò qui con Kendra.”
“Donne.” Dopo quell’unica concisa parola, Kendra sentì il rumore
dei suoi passi che riverberavano nel corridoio.
Cait chiuse la porta. “Ci sarà la torta di ciliegie più tardi, Kendra.”
“Oh Dio. Immagino che dovrò lasciare un po’ di posto.” Tornò al
tavolo da toilette, dov’era imbandito un vero e proprio festino,
consegnato dalla fedele cameriera di Cait, Dulcie. Sedendosi, infilò il
cucchiaino nella seconda crostatina di fragole. “Credo che salterò
l’insalata e gli asparagi, allora.”
“Non parlavi sul serio di annullare il matrimonio, vero?”
“Non so nemmeno io che cosa voglio.” Sapeva che lei e Trick
erano andati troppo oltre per tornare alle loro vecchie vite, ma era
troppo furiosa per il suo inganno per pensare razionalmente. “Se
fossi in te, Cait, non crederei nemmeno a una parola di quello che
dico in questo momento.”
Né riguardo a Trick, né riguardo ai suoi fratelli. Dopo tutto quello
che aveva passato in Scozia, innamorandosi di Trick e decidendo
che tutto sommato i suoi fratelli avevano avuto ragione, incolparli
adesso non aveva senso.
Ma, comunque, le sue emozioni raramente erano sensate.
Cait mangiò un boccone di roast beef. “La rabbia non ti ha
certamente fatto passare l’appetito. Per i dolci, almeno.”
“Non ci riuscirebbe niente.” Kendra si leccò il succo di fragole dalle
labbra, guardando il braccialetto d’ambra di Trick sulla superficie di
marmo del tavolino. Il polso le sembrava vuoto, senza.
E il suo cuore sembrava vuoto senza Trick.
Si rivolse a Cait. “Sei mai stata così arrabbiata con Jason?”
“Non chiedermelo. Ci sono state delle volte, specialmente appena
ci siamo incontrati, che sarei stata contenta di vederlo sparire per
sempre. Ma alla fine si è sempre risolto tutto.”
“Ma non hai mai sospettato che ti fosse infedele.”
“Nay. Mai. Lo conosco abbastanza bene da essere sicura che non
sia mai successo.”
“Anch’io pensavo di aver cominciato a conoscere Trick.”
Nessuna meraviglia che Eros, il dio dell’amore, fosse spesso
ritratto con una benda sugli occhi. L’amore era veramente cieco.
“Ci possono essere altre spiegazioni, Kendra. Anche se ricordo un
tempo in cui non ti sarebbe importato niente se ti fosse stato
infedele.” Cait sorseggiò il suo bicchiere di vino, fissandola da sopra
il bordo. “Le cose sono migliorate, allora?”
“Le cose?”
“Sai… a letto.” Kendra si sentì il volto in fiamme e Caithren rise.
“Vedo che è così.”
Kendra non sopportava di pensarci, tanto meno parlarne—non
mentre si chiedeva se si sarebbe mai più sentita così vicina a Trick.
“Com’è andata la tua visita a casa?” Chiese invece a Cait. “Cameron
sta bene? E Clarice e la piccola Mary?”
Cait sorrise. “Clarice è incinta anche lei. E Cameron se ne va in
giro tutto il giorno con un sorriso stampato sul volto.”
“Riesco a immaginarlo.” E lei avrebbe mai avuto dei figli, adesso?
Era abbastanza chiaro che Trick non si sarebbe mai impegnato nel
tipo di matrimonio che lei aveva sognato per tutta la vita, ma era
possibile imparare a vivere con meno? Poteva accettare solo quella
parte di lui che Trick era capace di concederle? “Sono così felice per
loro—”
Bussarono alla porta, interrompendola e Cait andò ad aprire.
“Avete finito, milady?” La cameriera dalla voce gentile entrò e
cominciò a raccogliere i piatti. Riempì nuovamente i bicchieri con il
resto della bottiglia di vino, poi sorrise, mostrando i denti piccoli
come quelli di un bambino. “Gradireste un’altra bottiglia di vino,
milady? Posso chiedere e John di prenderne una dalla cantina.”
John Foster era uno dei servitori di Cainewood e l’ultimo amoureux
di Dulcie.
“Grazie, sarebbe perfetto.” Cait mise i resti di una crostatina sul
vassoio. “Come sta oggi Foster, Dulcie?”
“Oh, bene, milady. Ha avuto mezza giornata libera ed è andato al
villaggio a trovare sua madre. Sapete, è tornato con una notizia
interessante.”
Kendra svuotò il bicchiere. Sperava che quel tizio, Foster,
portasse in fretta un’altra bottiglia, aveva bisogno di altro vino prima
di decidere se rinunciare al suo grande amore. “Che notizia?”
“Dicono che il brigante nero sia stato finalmente catturato e
arrestato. È stato portato a Londra proprio oggi per il processo.”
“Processo?” Il bicchiere di Kendra risuonò sulla superficie di
marmo. “Quando ci sarà il processo?”
Gli occhi grigi di Dulcie mostravano la sua confusione. “Lunedì,
Vostra Grazia. Ma… state bene?”

KENDRA SI RISVEGLIÒ nel suo vecchio letto a Cainewood con


due dei suoi fratelli che la guardavano. Sbatté gli occhi fissando il
baldacchino verde menta sopra le loro teste, chiedendosi com’era
finita lì.
Era svenuta? Non era mai svenuta in vita sua. Trick avrebbe
pagato anche per quello.
Poi ricordò e un gran vuoto si aprì nel suo cuore.
Trick non l’avrebbe pagata. Trick sarebbe stato morto.
Cercò di sedersi, guardandosi attorno per assicurarsi che nella
stanza ci fossero solo i famigliari. “Avete sentito?” Chiese,
dimenticando il suo voto di silenzio.
Dopo tutto non erano i suoi fratelli i cattivi in questa tragedia, per
quanto lei volesse dar loro la colpa. Aveva bisogno di loro e loro
erano lì per lei, come sempre.
“Aye, hanno sentito,” disse Cait a voce bassa. “Gliel’ho detto io.”
Kendra si sentiva lo stomaco pesante e le lacrime che stavano per
traboccare. “Com’è possibile che sia successo proprio adesso?” Una
lacrima riuscì a sfuggire e corse bollente lungo la guancia. “Aveva
promesso di smettere.”
Anche se gli occhi di Jason erano pieni di compassione, la sua
bocca aveva una linea severa. “L’avevo avvisato.”
“Deve essere andato ancora una volta. Pazzo testardo.” E pazza
anche lei a credergli quando le aveva detto di aver smesso. Si
sedette e appoggiò i piedi sul pavimento. “Devo andare da lui.”
Ford le mise una mano sul braccio. “Pensavo che volessi liberarti
di lui?”
“Lo pensavo anch’io,” gli rispose Kendra, con la voce che si
trasformava in un gemito. La rabbia che aveva provato sembrava
essere svanita, sostituita dalla paura che le scavava dentro. “Ma non
ho mai voluto vederlo morto!”
Jason si sedette accanto a lei e la strinse tra le braccia, battendole
sulla schiena mentre Kendra singhiozzava contro la sua camicia,
bagnandogli la spalla. “Forse sarà assolto.”
I fuorilegge accusati erano raramente assolti, ma Kendra si
aggrappò a quel filo di speranza. “Devo andare a vedere il processo.
Portatemi al processo.”
“Rifletti, Kendra.” Ford si accucciò accanto al letto, alzando gli
occhi per guardarla, con i luminosi occhi azzurri pieni di quella calma
ragione che lei non sembrava mai riuscire a raggiungere ma che
sembrava così facile per lui. “Perché i Chase dovrebbero assistere al
processo di un criminale comune? Che cosa dirai a quelli che lo
chiederanno? Specialmente se sembrerai… sconvolta.”
Buon Dio, aveva ragione. Per come stavano le cose, nessuno
aveva collegato il duca di Amberley al brigante nero, ma se qualcuno
avesse scoperto che lei era stata sposata a un noto criminale, la sua
reputazione sarebbe stata distrutta—insieme a quella del resto della
famiglia.
Ma era Trick. Per quanto fosse furiosa per la sua falsità e per gli
inganni, doveva andare da lui. Doveva vedere che cosa sarebbe
successo alla canaglia bugiarda e traditrice cui aveva dato il cuore.
“Mi travestirò,” disse, “ma devo andare.”
CAPITOLO CINQUANTASETTE

IN VITA SUA, KENDRA non aveva mai pensato che si sarebbe


trovata fuori dal tribunale dell’Old Bailey. Dopo quasi due giorni
passati in una nebbia insonne, sentendosi profondamente
miserabile, con infinite lacrime e dubbi, aveva pensato che arrivare lì
e vedere il processo sarebbe stato quasi un sollievo.
Ma ora sapeva che era tutt’altro che vero.
La galleria del pubblico era affollata di londinesi che speravano di
dare un’occhiata al noto criminale e c’era ancora più gente fuori dalla
cancellata con le punte di ferro. Con indosso la gonna grigia e la
semplice camicetta di Dulcie, i capelli rossi rivelatori infilati in una
cuffia, Kendra afferrò la mano di Ford e lo tirò attraverso la massa di
gente per arrivare davanti.
Cadeva una pioggerellina leggera, che rendeva gli spettatori—già
di per sé non particolarmente educati—ancora più scontrosi. “Perché
ci fanno restare fuori?” Borbottò Kendra, schivando i gomiti aguzzi
mentre si faceva strada verso il tribunale aperto su un lato.
Ford spinse indietro il cappello di paglia che aveva preso in
prestito da uno stalliere. “Riduce il rischio che i prigionieri infettino gli
spettatori con la febbre della prigione, il tifo,” le spiegò, nel suo solito
tono pratico.
Kendra restituì l’occhiataccia che le rivolse un commerciante,
tirandosi giù la manica per coprire il braccialetto d’ambra, mentre
continuava a spingere per arrivare alla ringhiera. “Oh, Dio,”
mormorò, con il cuore che si stringeva, una volta arrivata davanti.
Afferrò la ringhiera con entrambe le mani per non cadere. “Oh mio
Dio, eccolo.”
Fissando Trick, Kendra si spostò lentamente verso destra, per
avvicinarsi al punto in cui lui era seduto in recinto chiuso, incatenato
a altri undici uomini.
Indossava il suo vestito di velluto nero e la lunga parrucca
marrone che Kendra sperava avrebbe impedito agli spettatori di
riconoscerlo come il duca di Amberley. Ma la parrucca era una
massa informe, l’abito nero, solitamente immacolato era tutto
stropicciato e Trick sembrava più esausto di quanto lo avesse mai
visto. Aveva la testa china e le mani che penzolavano molli tra le
ginocchia aperte.
Una guardia allungò una picca attraverso le sbarre per spronarlo
ad alzarsi quando il giudice vestito di rosso entrò, seguito dai
membri della giuria che si disposero su due lunghe panche. La porta
del recinto si aprì scricchiolando e i prigionieri cominciarono il loro
lungo cammino verso la sbarra, con le catene che emettevano un
suono metallico mentre i prigionieri avanzavano.
Guardando Trick, a Kendra sembrò che le scoppiasse il cuore.
Tirato letteralmente in avanti dagli altri, Trick inciampò e dovettero
rimetterlo in piedi. Aveva i polsi incrostati di sangue secco sotto le
manette di ferro. Sul volto un velo di sudore e sembrava facesse
fatica anche semplicemente a respirare.
Era malato.
Kendra si spinse contro la ringhiera come se potesse
raggiungerlo. Così vicino, forse a tre metri, ma oh, così lontano con
la legge tra di loro.
Così lontano. E malato.
“Buon Dio,” sussurrò a Ford. “Può aver già preso il tifo?”
“Ssst.” Gli occhi del suo gemello erano pieni di compassione
quando tolse una mano dalla ringhiera per prendere la sua. “Sta
cominciando.”
Uno per volta, chiamarono i nomi dei prigionieri, che si
identificarono alzando una mano. Le accuse furono lette in latino
prima che ognuno dei prigionieri si dichiarasse colpevole o
innocente.
“Ma non possono nemmeno capire le accuse!” sussurrò Kendra,
protestando inorridita.
Con una velocità incredibile, furono convocati i testimoni e
presentate le prove. Ai prigionieri non era consentito avere una
difesa. Degli undici uomini a processo prima di Trick, uno fu assolto
quando non apparve nessun testimone. Gli altri dieci furono
condannati a morte, per crimini quali aver rubato un’arancia, aver
dato fuoco a una latrina, aver ucciso un vicino di casa.
Quando arrivò il turno di Trick, Kendra aveva perso ogni speranza.
Aveva gli occhi pieni di lacrime e il suo corpo era una sola pulsante
massa di paura.
“Il brigante nero,” lesse il commesso e la folla sibilò la sua
disapprovazione, allegramente. Avevano tenuto il meglio per ultimo.
Quando Trick non riuscì ad alzare la mano, il prigioniero accanto a
lui gliela alzò per lui.
“Come ti chiami?” Chiese il commesso.
Trick guardava avanti, con lo sguardo vuoto. Ci fu un lungo
silenzio.
“Qual è il tuo nome?”
Trick chinò la testa, sembrava troppo debole per tenerla alzata.
Troppo debole per rispondere.
Un mormorio curioso si diffuse tra gli spettatori. La guardia
punzecchiò Trick con la picca e Trick cadde in ginocchio,
trascinando con sé i prigionieri ai suoi lati. I due lo risollevarono con
un gran rumore di catene.
“Brigante nero, qual è il tuo nome?”
Dentro di sé, Kendra stava urlando. Era troppo debole per
difendersi, non riuscivano a capirlo? Non potevano aspettare un altro
giorno?
“Brigante nero, qual è il tuo nome?”
“Non vedete che è malato?” Gridò Kendra. Un mormorio di
disapprovazione si diffuse tra la folla e il commesso le rivolse
un’occhiataccia.
Trick alzò di colpo gli occhi guardandola.
Gli occhi si accesero riconoscendola. Ma da dov’era, a Kendra
sembrarono neri, non dorati. Dilatati e scuri, pieni di rimpianto e
sconfitta.
Aveva già perso il suo brigante d’ambra.
Il commesso tentò un’altra via. “Brigante nero, come ti dichiari?”
Lo sguardo di Trick era ancora fisso su di lei. Una mano si infilò i
tasca e ne tolse lentamente un pezzo di carta, accartocciandolo nel
pugno. C’era qualcosa scritto, con l’inchiostro, ma era troppo lontano
per poterlo leggere.
“La pressa!” Cominciò a cantilenare la folla. “La pressa! La
pressa!”
“Che cos’è?” Chiese Kendra, temendo la risposta.
“La chiamato la peine forte e dure,” sussurrò Ford. “I prigionieri
che si rifiutano di parlare sono spogliati e fatti sdraiare sulla schiena,
poi gli appoggiano sopra una tavola di legno e ammucchiano sopra
le pietre.”
“Pietre?” Era peggiore di quanto avesse immaginato. Sentì il
sapore di sangue in bocca e si rese conto che si stava mordendo
l’interno della guancia.
“Sì, pietre.” Le dita di Ford si strinsero intorno alle sue.
“Centocinquanta chili o di più. E poi aggiungono venticinque chili
ogni mezz’ora finché l’uomo decide di parlare.”
“La pressa! La pressa! La pressa!”
Non potevano! Non potevano farlo a un uomo malato. Come
poteva questa feccia chiedere una cosa del genere? Che razza di
gentaglia era?
“Silenzio!” La voce tonante del commesso risuonò nel tribunale e
la cantilena si interruppe bruscamente.
Il rumore della pioggia risuonò nel silenzio improvviso mentre il
commesso guardava l’uomo con la toga rossa.
“Colpevole,” dichiarò il giudice, indubbiamente ritenendo la sua
decisione caritatevole, con un prigioniero troppo debole per parlare.
La mano di Ford strinse così forte quella di Kendra che era un
miracolo che le ossa non si rompessero. Riuscì a non farla gridare.
Ma dentro di sé, ogni fibra del suo essere stava urlando.
Anche se a Trick era stata risparmiata la pressa, Kendra non
aveva dubbi su quale sarebbe stata la condanna per un brigante,
dopo aver visto un uomo spedito sulla forca per aver rubato un
frutto.
“Morte per impiccagione.” Il giudice batté il martelletto. “Domani a
mezzogiorno.”
Lo sguardo di Trick rimaneva fisso su di lei, con gli occhi che
imploravano. La bocca si mosse, ma non ne uscì alcun suono. Le
dita di Kendra tormentavano il braccialetto d’ambra e vide
dall’espressione di Trick che lo aveva notato. Un’unica lacrima gli
rotolò sulla guancia, facendo scorrere ancora più forte le lacrime sul
volto di Kendra.
All’improvviso, distolse gli occhi e cominciò a grattare con
un’unghia una delle croste che aveva sul polso.
Un’altra serie di prigionieri fu portata rumorosamente nel recinto, e
il gruppo di Trick cominciò a uscire. Kendra lo guardò in una nebbia
dolorosa mentre scriveva qualcosa col dito tinto di rosso sul pezzo di
carta stropicciato che aveva nell’altra mano.
“Sta scrivendo qualcosa,” sussurrò inorridita a Ford. “Sta cercando
di scrivere qualcosa. Col sangue.”
Allungò verso di lei la mano tremante con il pezzo di carta mentre
lo trascinavano via. Kendra si spinse contro la ringhiera, cercando di
avvicinarsi, quasi toccandogli le dita. Gemette quando Trick fu
strattonato indietro, vedendo la sua espressione angosciata ma
incomprensibile.
Qualche secondo dopo, Trick fu trascinato fuori dalla stanza e
dalla sua vista.
“È malato,” singhiozzò Kendra, con le lacrime che scorrevano
liberamente per mischiarsi con la pioggia fredda e miserabile. “Stava
cercando di dirmi qualcosa, vero?”
“Era troppo debole.” Ford le asciugò le guance. “Non c’è niente
che tu possa fare adesso.”
“Ha cercato di darmi un messaggio, scritto col sangue.” Le
bruciavano gli occhi e il cuore si stava spezzando. Trick aveva
depredato solo i puritani—i veri criminali ai suoi occhi—e per gli
orfani. Non importava che fosse un bugiardo e un adultero, non
meritava di morire.
Si chinò sopra la ringhiera e urlò alla guardia che stava chiudendo
il cancello. “Dove li portano?”
“Newgate,” rispose l’uomo mentre le sbarre di ferro sbattevano
chiudendosi.
CAPITOLO CINQUANTOTTO

“KENDRA, NON PUOI andare a Newgate.” Nella casa di città dei


Chase, a Lincoln’s Inn Fields, Jason la spinse sul divano di broccato
borgogna nel salotto e le mise in mano un grosso calice di vino del
Reno. “È un inferno. E non c’è comunque niente che tu possa fare
per lui.”
“Devo vederlo.” Forse sarebbe riuscita a farlo scappare. Almeno
avrebbe potuto dirgli addio. “Io vado.” Appoggiò il calice e si alzò.
Jason la prese per le spalle, guardandola con gli occhi verdi,
decisi. “Non puoi andare.”
Ugualmente determinata, Kendra si strappò dalle sue mani. “Non
puoi fermarmi.”
“Andremo da Re Charles,” disse Ford.
Kendra si voltò di colpo. “Cosa?”
“Andremo da Charles e chiederemo la grazia.”
La speranza le aleggiò in petto. “Potrebbe… potrebbe
funzionare?”
Ford alzò le spalle. “Rientra certamente nei suoi poteri. L’ho visto
concedere le grazia a Swift Nick.”
“Chi?” Kendra si sentiva le gambe molli, e ricadde sul divano.
“Il famigerato brigante. Jack Nevison.” Ford cominciò a camminare
Avanti e indietro. “Una mattina presto, nel Kent, ha derubato una
persona che l’ha riconosciuto e ha minacciato di denunciarlo. Per
darsi un alibi, ha cavalcato fino a York, dov’è arrivato la sera stessa
—”
“Impossibile,” esclamò Kendra, anche se non le importava nulla
ascoltare quella storia, visto che non aveva niente a che fare con
Trick. Ci volevano quattro giorni a cavallo per arrivare a York, o
addirittura una settimana.
“Apparentemente non impossibile, quando in gioco c’è la vita.
Aveva degli amici nelle taverne lungo tutta la Great North Road che
gli hanno fornito un cavallo fresco ogni ora. Quando è arrivato in
città, quella sera stessa, si è affrettato ad andare al campo di bocce,
in tempo per giocare una partita con il sindaco e altri funzionari della
città. Al processo c’erano almeno sei dignitari che giurarono
onestamente che quel giorno era a York, non nel Kent.
“Allora Charles non aveva nessun bisogno di concedergli la
grazia.”
“Ma c’erano altri crimini nel suo passato. La storia aveva fatto il
giro di Londra e quando Charles l’ha sentito, ha ordinato a Nevison
di presentarsi a corte per raccontarla lui stesso. Il re ha riso fino ad
avere le lacrime agli occhi, poi l’ha lasciato andare con la grazia
scritta e firmata per tutti i suoi precedenti misfatti. Non lo
dimenticherò mai. Quindi, vedi, nelle giuste circostanze, si può
persuadere Charles.”
“Che il nostro allegro monarca possa essere influenzato o no da
una storia umoristica,” disse Kendra, “non hai una storia buffa da
raccontargli. Non c’è niente di divertente nella situazione di Trick.”
“Vero,” ammise Jason. “Ma forse quando sentirà che sono stati
depredati solo puritani, potrebbe ammorbidirsi.”
“Possibile,” disse Ford. “E non dimentichiamo che lui conosce ed
è affezionato a Trick come duca di Amberley.”
“E Trick gli ha appena riportato quel tesoro.” Kendra si aggrappò a
quel filo di speranza. “Ma siete sicuri di voler mettere tutto in piazza?
Ammettere che mio marito e il brigante nero sono la stessa
persona?”
“Faremo quello che serve,” disse Jason. “Considerata l’alternativa,
non credo proprio che a Trick interesserà se viene macchiato il nome
dei Caldwell.”
“E il nostro nome?” Per lei la vita di Trick aveva la precedenza—
ma lui era suo marito, non il loro.
Eppure la loro espressione le disse, senza dubbi, che la
pensavano come lei. E questo sciolse l’ultima traccia di risentimento
che poteva albergare nel suo cuore.
“Grazie,” disse sottovoce, sapendo che avevano ragione. Non
solo riguardo a quella faccenda, ma anche sul fatto che lei saltava
sempre alle conclusioni senza dare loro il beneficio del dubbio. “So
che mi avete fatto sposare Trick con le migliori intenzioni e non avrei
dovuto biasimare voi per le sue bugie.” Respirò a fondo per calmarsi.
“Mi dispiace di essermi arrabbiata. Non capiterà più, lo prometto.”
Jason emise una risata soffocata. “Certo che capiterà ancora.
Siamo una famiglia.”
Gli occhi azzurri di Ford scintillarono. “Inoltre, i momenti in cui te
ne vai senza parlare sono i soli momenti di pace e di tranquillità che
abbiamo qui intorno.”
“Siamo i tuoi fratelli,” disse Jason, “e potrai sempre appoggiarti a
noi.”
“E anche insultarci,” aggiunse Ford con un sorriso. “Anche quello
fa parte dell’essere una famiglia.”
Una volta Trick le aveva detto una cosa simile. Le si riempirono gli
occhi di lacrime ricordandolo. “Ma cercherò di comportarmi meglio.
Voglio bene a tutti e due.”
“Non ne abbiamo mai dubitato,” le disse Jason. “Andiamo a
chiedere quella grazia?”
“Chiedere non può far male,” disse Kendra con un sospiro.
Per quanto i Chase e Trick fossero intimi di Charles, non aveva
molte speranze di ottenere la grazia per un altro famigerato brigante.
Uno scherzo così monumentale era una bella storia da raccontare—
ma concedere la grazia due volte avrebbe potuto far credere che
non avesse a cuore il benessere dei suoi sudditi. Le apparenze
erano importanti in politica.
Inoltre, il re poteva anche non essere a Whitehall, per quanto ne
sapevano.
Ma dovevano tentare. Kendra fece per alzarsi. “Andiamo a
chiederlo adesso. Ho i miei dubbi che funzioni, ma prima lo
scopriamo meglio è. Trick è malato.”
“Tu resterai qui.” Il sorriso gentile, indulgente di Jason scomparve
quando la sospinse nuovamente sul divano e le ficcò nuovamente in
mano il calice di vino. “Alle donne non viene quasi mai concessa
udienza, come ben sai, eccetto che nella stanza da letto reale. Resta
qui seduta e noi torneremo prima che te ne accorga.”

QUANDO I SUOI FRATELLI uscirono, Kendra indossava ancora il


suo travestimento ed era più che mai decisa a vedere Trick. Avendo
sentito che i carcerieri erano avidi di mance, si mise in tasca un po’
di monete e uscì di nascosto per prendere una carrozza a nolo.
Sulla strada piena di buche che portava a Newgate, Kendra si
domandava che cosa gli avrebbe detto. Anche se era ancora furiosa
per le sue bugie e la sua infedeltà, un uomo sulla soglia della morte
meritava un po’ di pace mentale.
Poi la carrozza sobbalzò e Kendra sentì la sua voce.
Mi dispiace, leannan, ma ci sono cose che non ti posso dire.
Dovrai fidarti di me. Una volta mi hai promesso che ti saresti fidata…
La travolse un’ondata di panico.
Possibile che avesse malgiudicato suo marito come aveva fatto
con i suoi fratelli? Era saltata alle conclusioni anche con lui?
Aveva il cuore che batteva come un martello mentre le tornavano
in mente tutti i ricordi. Il modo in cui si stava lentamente aprendo, le
sue parole sussurrate, sincere; come si fosse convinta che Trick
voleva sempre fare la cosa giusta.
Sai quanto ci tengo a te, donna? Abbastanza da farmi ripensare a
chi devo lealtà.
Che cosa aveva voluto dire con quelle parole? E se avesse
veramente avuto una spiegazione per quello che era successo?
Aveva cercato di dirle qualcosa al processo e non ne aveva avuto la
possibilità.
Con amore, T.
Buon Dio, lo amava anche lei.
Forse si era sbagliata. Com’era giù successo tante volte, poteva
essersi sbagliata.
E ora poteva essere troppo tardi.
I suoi fratelli dovevano ottenere quella grazia. Dovevano. E se
avessero fallito…
Sarebbe andata lei stessa dal re. L’impiccagione non era prevista
fino a mezzogiorno del giorno dopo, quindi aveva tutta la notte.
Anche se fosse stato necessario andare nella stanza da letto reale.
Diavolo, sarebbe perfino andata a letto con Charles se avesse
significato ottenere la grazia per Trick. Era pronta a fare tutto quello
che serviva per salvare suo marito dal cappio.
Ma non subito. Prima doveva sentire Jason e Ford. Per il
momento, voleva solo entrare in quella prigione. Voleva solo vedere
Trick e abbracciarlo e dirgli che le dispiaceva, che le dispiaceva
tanto…
Quando la carrozza si fermò con un sobbalzo, Kendra aprì i pugni
e si affrettò a scendere.
La prigione di Newgate era bruciata durante il grande incendio
due anni prima ed era stata ricostruita solo parzialmente. La nuova
entrata era imponente. Quattro statue rappresentavano la libertà, la
pace, la sicurezza e l’abbondanza, ma dietro l’impressionante
facciata, la prigione era rimasta miserabile come Kendra l’aveva
sempre sentita descrivere.
Quando lo pagò, l’uomo le aprì il cancello per farla entrare in un
pozzo buio di squallore. I suoi passi echeggiarono in un corridoio di
pietra ancora annerito dal fuoco. Odori malsani di acqua sporca, cibo
andato a male e corpi non lavati la fecero boccheggiare prima di
fermarsi nel lusso relativo della casa del guardiano.
“Walter Cowday,” si presentò un uomo dall’aspetto rude e i capelli
grigi. “Chi volete vedere?”
“Il brigante nero.”
L’uomo alzò un sopracciglio brizzolato e le tese la mano. Con il
cuore che batteva forte, Kendra gli mise in mano una moneta
d’argento, e poi un’altra e un’altra ancora. Quando l’uomo rimase in
silenzio, aggiunse l’unica d’oro che aveva. Strinse la mano sulle
poche monete che le restavano, non avrebbe mai immaginato che
costasse tanto.
“È andato direttamente nella sezione dei condannati. Quel
fortunato bastardo non deve aspettare. Domani sarà festa a Tyburn.”
Quando Kendra non espresse la giusta eccitazione per la festa
che l’impiccagione avrebbe comportato, l’uomo intascò le monete e
le indicò di seguirlo nel corridoio.
Alzò una botola e indicò in basso. “Scendete. Se avete ancora
soldi una guardia vi indicherà la strada.”
Tenendo le sottane ingombranti con una mano, Kendra scese una
scala a pioli e arrivò su un umido pavimento di pietra.
Celle grigie e tetre fiancheggiavano il corridoio, con l’umidità che
gocciolava lungo le pareti. Ciascuna sembrava essere circa due
metri e mezzo per due, arredata con una panca di legno e una
bibbia. I candelabri di ferro, uno per ogni cella, imbullonati alla parete
di pietra, apparentemente venivano accesi solo di notte. L’unica luce
filtrava attraverso una finestrella in alto in ogni cella, coperta da
pesanti sbarre di ferro.
Deglutì, cercando di far sparire il groppo che aveva in gola e
cominciò a cercare lungo il corridoio. Era freddo e buio e inciampò
più di una volta. Gli uomini fischiavano quando passava e le catene
sferragliavano quando tendevano le braccia oltre le sbarre per
afferrarla al buio. Le lacrime bruciavano sotto le palpebre.
Trick non si vedeva da nessuna parte.
“Chi va là?”
Non si era mai sentita così sollevata di vedere una guardia in
uniforme quando l’uomo apparve nel corridoio con una torcia in
mano. Luce benedetta.
“Sto cercando il brigante nero.”
Senza parlare, l’uomo tese una mano e Kendra la riempì con le
ultime monete che le erano rimaste. Ma l’uomo non accennò a
spostarsi.
Tra il dolore e la paura, crebbe l’indignazione. “Beh, dov’è?” Gli
chiese.
“L’ha preso il medico.”
Ancora una volta la speranza mise le ali. Forse avevano notato
che era malato e l’avevano portato nell’infermeria. Forse lo
avrebbero lasciato guarire e lo avrebbero processato di nuovo.
Forse era possibile che la grazia non fosse necessario, dopo tutto.”
“Non è qui?”
Era come estrarre un dente cercare di avere una risposta da quel
bastardo, e questo dopo averlo pagato. L’impazienza e la
preoccupazione si unirono per farle stringere i denti e le sue parole
sembrarono scontrose. “Dove l’ha portato il medico, allora?”
“Al cimitero, signora.”
CAPITOLO CINQUANTANOVE

“AL CIMITERO?” UN’ONDATA di apprensione la travolse. Le


sembrò che il cuore dovesse scoppiarle e si ritrovò a respirare
affannosamente. Non poteva averlo sentito bene. “Il cimitero? Siete
sicuro? Che cos’è successo?”
L’uomo in uniforme alzò le spalle.
“Ditemi che cos’è successo! Vi ho pagato, dannazione!”
Usava raramente un linguaggio simile, ma a volte era efficace.
L’uomo sbatté gli occhi e fece un passetto indietro. “Era malato
quando è arrivato, capite. È andato un medico a visitarlo, è uscito e
ha detto che era morto. Peste.”
“Peste?” Kendra sapeva che poteva uccidere in fretta, ma aveva
visto Trick solo ore prima. Malato ma vivissimo.
E aveva cercato di dirle qualcosa.
“Ne siete sicuro?”
“Beh, devo confessare che non sono entrato. Non è il caso di
rischiare con la peste, signora.”
“Ma lo avete visto, almeno?”
“Aye, attraverso le sbarre, da una distanza di sicurezza. Era
morto, di sicuro. Aveva macchie blu dappertutto ed era rigido come
un topo morto. Entro un’ora era in una cassa e lo hanno portato via.
Immagino che lo abbiano seppellito altrettanto in fretta.”
Kendra crollò sulle pietre appiccicose, senza curarsi di essere
seduta nella sporcizia, tra i topi e gli insetti. Chiuse le palpebre sulle
lacrime che volevano scendere.
Trick era morto. Morto e sepolto. Insieme alle sue bugie e ai suoi
sotterfugi, le sue parole dolci e i suoi baci amatissimi.
E lei era morta dentro.
Era finita.
“Signora?” La guardia le scosse la spalla. “Signora non potete
restare qui seduta.”
Kendra aprì gli occhi e respirò a fondo. No, non poteva restare lì
seduta. L’uomo le porse una mano e lei lasciò che la aiutasse ad
alzarsi.
I suoi fratelli. Doveva andare dai suoi fratelli. Forse non si erano
ancora resi ridicoli chiedendo al re la grazia per un brigante.
E aveva bisogno di loro. Che la portassero a casa. Le avrebbero
ordinato un bagno e si sarebbe tolta di dosso la puzza incredibile di
Newgate. Poi avrebbe dormito e sarebbe sfuggita all’incubo in cui si
era trasformata la sua vita.
Non aveva soldi per un fiacre, ma quando chiese piangendo a un
vetturino di portarla al palazzo di Whitehall, promettendo che lo
avrebbero pagato, l’uomo accettò.

LA GUARDIA AL CANCELLO a Whitehall non aveva intenzione


di far entrare una domestica.
“Sono Kendra Chase, la sorella del Marchese di Cainewood.”
“Sì, certo.” Vestito con una livrea rossa, l’uomo la squadrò con
palese incredulità. “Ed io sono Re Charles in persona.”
“Voglio dire…” sospirando, Kendra chiuse gli occhi, li aprì e tentò
di nuovo. “Sono la duchessa di Amberley.”
“Kendra!”
La voce, forte e seducente, arrivava da una finestra aperta sopra
di loro. Aveva dimenticato che la suite di Lady Castlemaine era
sopra l’ingresso di Holbein. Anche se entrambe avevano passato gli
anni del Commonwealth con la corte in esilio di Re Charles, Barbara,
l’amante di lungo corso del re non era mai stata tra le donne che
preferiva. Ma non era il momento di essere schizzinosa.
“Barbara!” gridò. “I miei fratelli sono qui e questo gentiluomo si
rifiuta di farmi entrare.”
“Idiota,” disse Barbara. La sua testa color tiziano scomparve dalla
finestra e un minuto dopo era in piedi dall’altra parte del cancello di
ferro battuto.
Kendra si sentì una straccivendola accanto alla figura seducente,
elegantemente vestita, di Barbara, ma non riuscì a raccogliere
abbastanza energia per rattristarsene. Era così stanca.
“Lasciala entrare, testa di rapa,” disse Barbara. Non era
conosciuta per il suo tatto. Il cancello si aprì. “So esattamente dove
sono i vostri fratelli.” Prima di accorgersene, Kendra si ritrovò a
seguire Barbara lungo il labirinto di sale che attraversava le duemila
stanze di Whitehall. “E vostro marito con loro.”
“Cosa?” Kendra si fermò di colpo, con un balzo al cuore per il
sollievo—finché si rese conto che Barbara doveva essersi sbagliata.
“Siete sposata con Amberley, no?” Barbara fece il broncio
prendendo il braccio di Kendra e facendole fretta. “Ed io non sono
stata invitata al matrimonio. Sapete quanto mi piacciono le feste.”
“Non è stato un gran sposalizio,” disse rigida Kendra. Trick non
era lì—era morto e sotto terra in un cimitero vicino a Newgate.
Fermandosi, Barbara aprì una porta magnificamente intagliata e
dorata. Oltre la porta, Kendra vide uno splendido salotto, oro e nero.
Un bel fuoco bruciava in un focolare di marmo. Re Charles era
seduto su una sedia di velluto e rideva, con la testa gettata indietro.
Jason era seduto su un’altra sedia e rideva con lui.
E, reclinato su una dormeuse di satin nero, con un sorriso che gli
curvava le labbra e un sigaro in mano, c’era Patrick Iain Caldwell.
Il bastardo non era morto.
E se avesse avuto una pistola a disposizione, ci avrebbe pensato
lei a correggere l’errore.
CAPITOLO SESSANTA

SI PRECIPITÒ OLTRE Barbara, tornando sui suoi passi


attraverso il palazzo e fuori. Il fiacre stava ancora aspettando e
quando una donna isterica pregò il vetturino di portarla in un palazzo
in città, l’uomo non ebbe il coraggio di rifiutare.
Kendra non sapeva che fosse possibile sentirsi così
profondamente ferita. Qualunque fossero i motivi di Trick, che
avesse potuto farle passare quell’incubo, permetterle di pensare che
fosse morto…
Era il tradimento più imperdonabile che potesse immaginare.
Non sarebbe mai stato all’altezza nemmeno delle sue aspettative
più basse, non poteva vivere con un uomo simile—non avrebbe
potuto vivere con se stessa se avesse accettato un matrimonio
simile. Una simile mancanza di impegno e di semplice premura.
Rabbia fredda. Era l’emozione più sicura da provare, la sola—
l’unica—che l’avrebbe protetta dal sentirsi a pezzi.
Stava andando a casa sua, non a quella di Trick. Caldwell House
non le era mai, e non le sarebbe mai sembrata sua, non più di
Amberley o Duncraven. Quando il fiacre si fermò davanti alla casa in
Lincoln’s Inn Fields, non vedeva l’ora di entrare.
Come sempre, Goodwin aprì la porta. “Un bagno per favore,
Goodwin. E pagate il vetturino, se non vi dispiace.”
Lasciandolo a bocca aperta, si precipitò dentro, dirigendosi verso
la grande scalinata curva e il conforto della sua stanza al piano di
sopra. Una camera in cui nessun uomo aveva dormito.
Ford la stava aspettando nell’entrata, seduto in una delle sue
sedie gemelle di broccato. “Kendra.”
Senza volerlo, Kendra si fermò e si voltò.
Ford squadrò il suo abbigliamento. “Quando siamo arrivati a
Whitehall e abbiamo saputo da Re Charles quello che era successo,
Jason mi ha rimandato a casa immediatamente per farti sapere che
tuo marito stava bene e sarebbe stato presto libero. Ma tu non c’eri.”
La voce rivelava l’irritazione e la tensione, ma Kendra non se la
sentì di esprimere dispiacere per averlo fatto preoccupare. Non in
quel momento. Non aveva spazio per altre emozioni, in quel
momento.
“Ho mandato sei servitori a cercarti—”
Voltandosi per non vedere i suoi occhi accusatori, Kendra salì le
scale, un piede davanti all’altro, come aveva sempre fatto.
Anche la sua stanza era la stessa di sempre. Un’oasi verde di
familiarità. Niente nella sua vita era stato familiare, ultimamente—
non i suoi sentimenti né quello che la circondava. Lì, nella sua
vecchia stanza, poteva girare indietro le pagine del calendario e
tornare a giugno, quando era stata una vergine innocente che viveva
la sua noiosa vita.
Lì, nella sua vecchia stanza, poteva chiedere di fare un bagno e
lavar via non solo la puzza di Newgate, ma anche tutte le sue
emozioni confuse. Il primo fiorire dell’amore e il dolore che ne era
seguito. La gioia incredibile dell’appagamento, il disappunto e la
disillusione. Tutto quanto—gli alti e bassi e la discesa finale in un
pozzo di disperazione.
Non aveva mai capito quando fosse meravigliosa la sua vecchia,
prevedibile vita.
Quando il bagno fu pronto, si tolse gli abiti di Dulcie e si immerse
fino al mento nell’acqua fumante, pronta a riappropriarsi quella
piacevole, noiosa vita. A chi serviva un marito? Specialmente uno
che teneva tanto poco a lei da mentire per scappare e poi lasciarle
credere di essere morto e riderne come se fosse lo scherzo più bello
al mondo.
Sapeva quando era ora di rinunciare.
Con le dita tremanti, slacciò il fermaglio del braccialetto d’ambra e
lo lasciò cadere sul tappeto. Poi si tolse la semplice fede d’oro.
Quando lo lasciò cadere, l’anello rotolò giù dal tappeto fermandosi
con un clic sul pavimento di legno. Fino a quel momento, da quel
giorno fatidico nella piccola cappella di Cainewood, non se lo era
mai tolto.
Non notava nemmeno le lacrime che cadevano nell’acqua
profumata alla lavanda. Come non aveva notato che avevano
bussato finché la porta si aprì.
“Kendra.”
L’espressione suo volto di Trick era di scusa, ma c’era già
passata. Non l’avrebbe presa in giro un’altra volta.
Immergendosi più a fondo nell’acqua, si asciugò in fretta le
lacrime dalle guance e socchiuse gli occhi. “Chi ti ha invitato a
entrare?”
Ancora vestito con l’abito di velluto nero, e piuttosto vacillante,
Trick chiuse piano la porta alle sue spalle. Il suo sguardo andò al
braccialetto d’ambra, poi lo riportò su Kendra. “Non ti sei lamentata
l’ultima volta che sono entrato mentre facevi il bagno.”
Nonostante tutta la rabbia e il dolore, Kendra arrossì ricordando.
“Questo era prima che ti lasciassi,” disse. “Una vita fa, quando era
ancora cieca e innocente.”
Trick si avvicinò e, senza parlare, le mise in mano un pezzo di
carta spiegazzato.
Kendra lo aprì con le mani bagnate e tremanti. Le cinque parole si
leggevano appena, spessi tratti di un marrone rugginoso.
NON PREOCCUPARTI SOLO UNA FINTA

Chinandosi per vedere meglio, Kendra capovolse il foglio e anche


il suo cuore si capovolse. Trick si raddrizzò mentre lei leggeva le
parole scritte con l’inchiostro nero—quello che non era riuscita a
leggere durante il processo.
When love on my sweet wife's wings
Comes to hover within my walls
If I turn it away with untruths and deceit
'Tis myself I must blame for the fall

Trust must be earned then earned again


Ere forgiveness can overcome sorrows
Yesterday's errors wiped from the slate
May leave room for joyful tomorrows

Stone walls do not a prison make


Nor iron bars well-turned
While I bear hope, mayhap forlorn
My love will be returned

Quando l’amore sulle dolci ali di mia moglie


Arriverà aleggiando dentro le mie mura
Se lo caccerò via con le bugie e gli inganni
Sarà mia la colpa del fallimento

La fiducia deve essere guadagnata, più e più volte


Prima che il perdono possa far dimenticare le pene
Gli errori di ieri spazzati via
Potrebbero lasciar spazio ai felici domani

Non sono le pareti di pietra a fare una prigione


Né sbarre di ferro ben tornite
Mentre io continuo a sperare, forse disperatamente
Che il mio amore mi sarà restituito.

Una poesia scritta in prigione.


Una rassicurazione scritta col sangue.
Le lacrime le riempirono gli occhi, offuscandole la vista. Invece
della sua stanza verde menta, quello che vide fu l’umido affollato
cortile fuori dal tribunale dell’Old Bailey. Invece del dolce rumore
dell’acqua, quello che sentì furono le urla della folla. E poi ricordò il
volto sconvolto di Trick mentre cercava di arrivare a lei, prima con le
parole e poi proprio con quel biglietto—e l’espressione nei suoi occhi
quando non ci era riuscito.
“Perché?” Gli chiese, finalmente pronta ad ascoltarlo. “Perché
tutte quelle bugie?”
Trick restò inchiodato al suo posto. “Prima di incontrarti,” disse
lentamente, “avevo fatto una promessa a Re Charles. Pensavo che
quella promessa al mio sovrano, fosse più importante di mia moglie.
Mi sbagliavo. Se ti ho perso per quell’errore non me lo perdonerò
mai.”
Oh Dio, ci stava riuscendo di nuovo. Poteva permettersi di
continuare a provare dei sentimenti per lui? “Qual era la promessa?”
“Non sono mai stato veramente un brigante. Era solo uno
stratagemma per scoprire alcuni falsari che stavano mandando a
catafascio l’economia del paese, svuotando le casse del re e
minando la sua credibilità. Facevo parte dello schema per
smascherarli.”
“Esattamente come avevo indovinato, solo, non avevo fatto il
collegamento.”
Trick annuì. “E avevo giurato di non dirlo ad anima viva. Non ho
mai pensato che il brigante nero potesse diventare un ricercato.
Quando è successo, Charles ha concepito un piano per liberarsi di
lui, di modo che io potessi continuare con la mia vita, come duca di
Amberley senza che qualcuno potesse sospettare che il brigante ed
io fossimo la stessa persona. Ha organizzato l’arresto e il processo
pubblico. Ha fatto in modo che il medico mi drogasse per farmi
sembrare malato e lo stesso medico mi ha visitato più tardi e mi ha
dipinto macchie blu su tutto il corpo, poi mi ha dichiarato morto e mi
ha portato via. Ho suggerito io che usassero la belladonna.”
“Belladonna.” La febbre, il respiro lento, la debolezza, le pupille
dilatate. Avrebbe dovuto rendersene conto. “Ha ucciso tua madre,
Trick. Avrebbe potuto uccidere anche te.”
“Settimane di somministrazione hanno ucciso mia madre e mio
padre alla fine si è ripreso. Era una sola dose. Un rischio calcolato, e
almeno sapevo a che cosa andavo incontro.”
“Era un piano perfetto,” ammise Kendra. “Brillante.”
“Non perfetto, perché Charles ha continuato a rifiutarmi il
permesso di dirtelo. Ed io sono stato tanto pazzo da pensare di poter
concludere tutto in un paio di giorni, con una scusa per assentarmi, e
che non lo avresti mai scoperto.”
“Ma io l’ho scoperto.”
“Aye,” Trick si avvicinò di un passo, poi barcollò. “Mi sbagliavo,
leannan. Io, al contrario di Charles, mi fidavo di te e avrei dovuto dirti
tutto, nonostante i suoi ordini. Sbagliavo a pensare che non lo
avresti mai scoperto e ho sbagliato a mentirti riguardo a quello che
stavo facendo. Ma, ed è la cosa più importante, sbagliavo pensando
che una promessa fatta al re, o il re stesso, fossero più importanti di
te. Niente è più importante di te.”
Ignorare un ordine reale era considerato molto più grave di una
rapina. Punibile con l’impiccagione, si sentì ripetere in fondo a un
sotterraneo in Scozia. Punibile con l’impiccagione e lo
squartamento…
“Niente è più importante? Nemmeno il tradimento?”
“Niente. E lo sapevo, lo sapevo mentre ero in quella prigione ad
aspettare il processo, chiedendomi dove fossi e se le voci della mia
cattura ti fossero giunte all’orecchio causandoti dolore. E poi,
quando ti ho visto lì, da quella ringhiera…”
Gli occhi di Trick rispecchiavano la stessa angoscia che Kendra
aveva visto in quel momento.
“Ma a quel punto,” continuò Trick, “era troppo tardi. Ero troppo
debole, troppo drogato.” Ondeggiò di nuovo. “A quanto pare è
ancora così. Mi hanno detto che non mi ero ancora ripreso a
sufficienza per tornare a casa, ma, come te, non li ho ascoltati.
Come te, non potevo ascoltarli, non quando c’era in gioco il mio
amore.” Rischiò un sorrisino, con quel dente scheggiato che faceva
capolino.
Aprì una crepa nel suo cuore.
Anche lei aveva sbagliato. Le aveva chiesto di fidarsi di lui, aveva
detto che c’erano cose che non poteva dirle. Ma lei non lo aveva
ascoltato. Voleva dire che lo capiva, ma aveva la gola chiusa per
l’emozione.
Guardò il pezzo di carta che aveva in mano, le preziose parole
sfuocate dal velo di lacrime. Aveva tentato di dirle di non
preoccuparsi, con suo stesso sangue. E aveva scritto una poesia per
lei, ammettendo il suo amore, promettendo di guadagnarsi la sua
fiducia, chiedendole perdono.
Poesia. Le aveva regalato un po’ di se stesso, proprio come aveva
sperato. Il muro che Trick si era costruito intorno era finalmente
crollato.
O, forse, era lei che era riuscita a scalarlo.
Trick si avvicinò, le prese il pezzo di carta dalle mani tremanti e lo
mise da parte.
Poi entrò direttamente nella vasca.
“Gli stivali!” esclamò Kendra.
Nella grande vasca, Trick si inginocchiò ai suoi piedi. “Possiedo
una società di spedizioni e un magazzino pieno zeppo di merce
importata da tutto il mondo. Posso comprare centinaia di paia di
stivali.”
Aveva la voce sorda e incerta, gli occhi d’ambra erano così intensi
che sembravano volerle bucare l’anima.
Trick allungò una mano sotto l’acqua per prendere le sue. “Non
capisci, leannan? Posso comprare quasi tutto—quasi tutto, cioè,
eccetto il tuo amore.”
EPILOGO

Sei anni dopo


KENDRA CORSE GIÙ dalle scale di marmo all’ingresso di
Amberley, poi, aspettando Trick, si fermò e guardò indietro. Sorrise
all’architrave, completamente fuori posto sopra l’elegante portone
d’ingresso—una lunga pietra ben poco elegante con dei simboli
incisi: le lettere KC e PC, una nave, un cuore e una data, 1668.
“Che cos’è?” Aveva chiesto a Trick il giorno in cui era arrivata a
casa dall’orfanotrofio e l’aveva vista.
Trick l’aveva guardata come sorpreso. “Non ricordi Falkland? E gli
architravi nuziali?”
“Beh, sì. Ma questo non è il cottage di un tessitore in Scozia—è
una residenza nel Sussex. E questa casa non è stata costruita nel
1668.”
“Forse no,” le rispose Trick, tirandola accanto a sé per un bacio.
“Ma è stato in quell’anno che è diventata la nostra casa.”
Ricordandolo, il suo cuore si riempì dello stesso calore che l’aveva
riempito allora. Toccò le pietre del suo braccialetto d’ambra, sapendo
con certezza che non se lo sarebbe mai più tolto.
Trick finalmente uscì, senza mostrare nemmeno un po’
dell’impazienza di Kendra.
“Sbrigati, Trick, altrimenti il bambino di Cait nascerà prima che
arriviamo.”
“Rallenta, altrimenti il nostro bambino nascerà in anticipo.”
Andando al calesse, le sorrise e passò con fare possessivo la mano
sulla lieve sporgenza della sua pancia. “Inoltre, eravamo già là. Sei
stata tu a insistere a tornare a casa a prendere il regalo che avevi
dimenticato.”
“E sei stato tu a insistere sull’ora che abbiamo appena passato in
camera.” Sorridendo contenta mentre Trick saliva sul calesse
accanto a lei, Kendra si sporse a dargli un bacio veloce.
Con una mano sulla nuca, Trick la tenne vicino a lui, e le labbra
restarono unite molto più a lungo, in una lunga carezza. Aprì la
bocca e la sua lingua incontrò quella di Kendra, facendo nascere
una spirale di eccitazione. I sensi di Kendra si infiammarono e il
morbido pacchetto avvolto in carta da regalo che aveva in mano
scivolò sul fondo del calesse.
Trick interruppe il bacio con una risata, riprese il pacchetto e glielo
rimise in grembo. “Vuoi tornare di sopra, leannan?”
“Oh, sì,” sussurrò Kendra con un sospiro. “No!”
“Donne.” Trick scosse la testa, oro brillante al sole e prese le
redini.
“Vai in fretta,” gli raccomandò Kendra, e poi “Più in fretta,” fino a
quando viaggiarono verso Cainewood a una velocità pericolosa,
considerando il suo delicato stato. “Voglio essere là con Cait quando
il bambino verrà al mondo.”
Ma mentre salivano in fretta l’antica scalinata di Cainewood, si
sentì il pianto acuto di un neonato. Kendra si fermò con una mano
sulla ringhiera di marmo grigio.
Trick strinse le spalle. “Mi dispiace che siamo arrivati tardi, tesoro,
ma non pensi che il nostro piccolo interludio ne valesse la pena?
Abbiamo raramente un po’ di tempo solo per noi, in questi giorni.”
“Immagino di sì.” Gli disse, fingendo di fare il broncio. “Andiamo a
conoscere il bebè.”
La porta della stanza di Jason e Caithren era spalancata e la
camera era affollata di Chase tubanti. Cait era reclinata come una
regina nel letto dalle cortine color cobalto, con un bebè che strillava
tra le braccia.
“Per me?” Chiese con un sorriso, indicando il regalo in mano a
Kendra. “O per il bambino?”
“Per entrambi.” Kendra glielo porse. “Anche se, in effetti, è un
dono di tuo cugino Cameron. Gli ho scritto io chiedendogli di
mandarmelo. Poi non ha voluto accettare i miei soldi.” Guardandosi
attorno nella stanza rumorosa mentre Caithren apriva il pacchetto,
vide Jason e Colin, ma non il suo gemello. “Ford non è ancora
arrivato?”
Jason si sedette accanto a Cait. “Ha mandato un messaggio da
Lakefield House dicendo che sarebbero arrivati un po’ in ritardo.”
Disse, aiutando sua moglie a svolgere una coperta a quadri verdi e
blu. “Sembra pensare di essere sul punto di fare una scoperta
sensazionale.”
“Trasformare il ferro in oro? Ha sempre voluto essere un re Mida.”
Kendra scoppiò a ridere, avvicinandosi, mentre Cait, sorridendo,
avvolgeva il prezioso fagottino nel tartan dei Leslie.
Come per magia, il bebè smise di piangere.
Avvolto nei colori del clan di sua madre, il bebè sembrava
contento. Sentendosi sciogliere il cuore per la tenerezza, Kendra
passò la punta di un dito lungo la guancia morbida. “È andato tutto
bene?” Chiese a Cait continuando a sorridere al bebè. “È sano e tu
stai bene?”
“Aye. È andato tutto alla perfezione.”
Si sentì afferrare il dito. Che miracolo. Sotto la nuova coperta, il
bebè era rivestito di bianco, non azzurro o rosa. Kendra alzò gli
occhi. “Beh, che cos’è?”
Cait sospirò felice. “Un maschietto.”
“Un altro maschio?”
Ed erano tre. La famiglia Chase si era moltiplicata nei sei anni che
erano passati dal matrimonio di Kendra e Trick.
I due figli maggiori di Cait stavano saltellando sul letto a
baldacchino. Grazie al cielo, al piccolo lo sballottamento non
sembrava dar fastidio.
Il resto della stanza non era molto più tranquillo. I due maschietti
di Amy e Colin stavano correndo per la stanza, inseguendo le due
figlie di Kendra e Trick che ridevano, rimbalzando dalle pareti
tappezzate. La maggiore dei cugini, a sette anni, Jewel, era un po’
più pacata. Ovviamente era solo perché era occupata in quel
momento, a far la serenata al nuovo arrivato con una ninna nanna,
cantata a pieni polmoni.
Una delle bambine di Kendra le sbatté contro le ginocchia, nel
tentativo senza speranza di sfuggire ai cuginetti. Mentre sollevava la
bambina tra le braccia, Trick si avvicinò. “Caos, come sempre,”
sussurrò.
“Sì,” disse Kendra, voltandosi verso di lui. “Ma è un caos felice,
non credi?”
Trick sorrise e la baciò, proprio lì davanti ai suoi fratelli e a tutti gli
altri, come il loro primo bacio nella cappella di Cainewood tanti anni
prima.
E questo bacio la scosse esattamente allo stesso modo.
L’amore vero era proprio una cosa meravigliosa, pensò, mentre si
tirava indietro con un sorriso, con la figlia che si agitava in mezzo a
loro. Una volta, tanto tempo prima, aveva promesso a Trick che
avrebbe trovato il vero amore e aveva mantenuto la promessa no?
I Chase non promettevano mai alla leggera.

FINE
MATERIALE AGGIUNTIVO

Nota Dell'Autrice
Anteprima di VIOLET
L'Autrice
La traduttrice
I libri di Lauren Royal
NOTA DELL’AUTRICE

Caro lettore,

Il traghetto con i bagagli di Re Charles I è realmente affondato nel


Firth of Forth nella fatidica estate del 1633, anche se—per quanto ne
so—nessuno aveva sostituito il tesoro con le pietre. È interessante
notare che questo affondamento non fu di pubblico dominio fino
all’inizio del 1990. Apparentemente imbarazzato per la perdita,
Charles fece del suo meglio per tenerlo nascosto e passarono secoli
prima che uno storico notasse una nota a piè di pagina e
cominciasse a fare ricerche. Da allora, sono stati trovati altre tre
resoconti che menzionano l’affondamento. Ma anche se tutti quelli
che ne scrissero erano in vita ai tempi dell’incidente, nessuno di loro
era stato effettivamente presente, quindi si sa poco di quanto
effettivamente giace sul fondo del Firth of Forth.
Sappiamo che uno dei due traghetti di legno che affondarono
portava una parte dell’attrezzatura domestica del re, ma quali
fossero questi beni resta da vedere. Si ritiene che si trattasse in
massima parte di materiale da cucina—una ‘cucina’ reale, che
consisteva principalmente in servizi d’argento e d’oro—ma è solo
una stima basata sulla registrazione dei pezzi sostitutivi ordinati nei
mesi seguenti.
La ricerca del relitto è cominciata subito dopo la scoperta della
sua esistenza, ma i progressi sono stati lenti perché le condizioni del
Forth—acque gelide e agitate, forti maree e visibilità scarsissima—
limitano severamente le opportunità di immersione. All’inizio, una
squadra americana ha fatto ricerche per diverse estati, ma i loro
sforzi non hanno avuto successo. Dopo due anni di inattività, il
progetto è ricominciato, questa volta da parte di un gruppo non profit
fondato ad hoc, il Burntisland Heritage Trust. Le ricerche sono
portate avanti attenendosi strettamente a un codice archeologico e
Historic Scotland ha la responsabilità di assicurare che siano
rispettati tutti gli standard. Il mondo aspetta con il fiato sospeso di
vedere che cosa emergerà dal Firth of Forth… e speriamo che non
trovino casse piene di sassi.
Per quanto riguarda il brigante Jack Nevison (soprannominato
Swift Nick proprio dal Re Charles II), la storia raccontata da Ford del
suo viaggio da Londra a York è vera, come il racconto della sua
visita a corte e il perdono di Charles. Ma, ahimè, non era tipo da
imparare dai propri errori e il famigerato ladro continuò la sua vita di
crimini. Le sue fughe dalla prigione furono leggendarie, incluso il
trucco che ho preso in prestito, quando un amico medico gli dipinse
macchie blu sul corpo e lo dichiarò morto. Nel 1685 fu catturato
l’ultima volta a York. Portato in fretta davanti al tribunale prima che
potesse inventarsi un piano di fuga, si appellò alla grazia del re, che,
secondo lui, copriva sia i crimini passati sia quelli seguenti. Non
stupisce che la corte rigettasse la sua difesa e alla tarda età di
quarantasei anni, Swift Nick si ritrovò appeso alla forca.
Le case menzionate nelle mie storie sono normalmente ispirate da
posti reali e questo libro non fa eccezione. Anche se l’ho posta in
una diversa località, Amberley House e i suoi bei giardini è
liberamente modellata su Hatfield House nell’Hertfordshire,
Inghilterra. Il palazzo originale, costruito nel 1497 dal Vescovo di Ely
è stata la casa della regina Elisabetta I durante la sua infanzia e la
prima età adulta. Vi si possono ancora vedere due suoi ritratti,
insieme a qualche abito e alcune lettere.
Il successore di Elisabetta, James I, a Hatfield preferì Theobalds,
la residenza di Robert Cecil, primo Conte di Salisbury. Propose uno
scambio, che i Cecil accettarono. Nel 1608 il conte smantellò la
maggior parte del palazzo e cominciò la costruzione dell’attuale casa
in quello che, per i tempi, era uno stile moderno, al costo di oltre £
38.000, una somma sconvolgente per quei tempi. Anche se fu
progettata inizialmente da Robert Lyminge, il disegno fu modificato
da altri, incluso, si pensa, il giovane Inigo Jones. È la casa che si
può visitare anche oggi e quella che Kendra vede per la prima volta
arrivando dal lungo viale.
Dal diciassettesimo secolo fino a oggi, Hatfield House ha
funzionato da centro sociale e politico, ospitando celebrità, reali
inclusi. Vale la pena di visitarla, la magnifica casa è aperta ai
visitatori da marzo a ottobre e la maggior parte dei giardini è aperta
tutto l’anno.
Ho inventato il castello di Duncraven quando risiedevo nel
Castello di Borthwick, due torri gemelle appena a sud di Edimburgo
in Scozia (anche se, ancora una volta, mi sono presa la libertà di
spostarlo). Costruito nel 1430 dal primo Lord Borthwick, il cui
sepolcro è ancora visibile, insieme a quello di sua moglie, nella
vecchia chiesa del villaggio, le sue mura inespugnabili hanno
ospitato Maria, Regina di Scozia nei suoi ultimi giorni di libertà.
Quando una forza di qualche migliaio di uomini circondò il castello,
suo marito, Bothwell, fuggì, lasciandosi dietro Maria, sotto la
protezione dei Borthwick. Travestita da paggio, Maria si calò da una
finestra nella sala grande e scappò attraverso i cancelli e la valle,
cercando suo marito. Roba da romanzo, no? Purtroppo, però, la loro
riunione fu di breve durata e la tragica regina non fu mai più
veramente libera.
Quasi un secolo dopo, Borthwick Castle fu assediato dalle forze di
Oliver Cromwell, e ai giorni nostri, la lettera con la quale ne chiedeva
la resa—la stessa che Trick legge nella mia storia—è appesa,
incorniciata nella grande sala. Invecchiato e con le nobili cicatrici
bene in vista, il castello di Borthwick è ancora in piedi centinaia di
anni dopo. Sir Walter Scott descrive Borthwick come il miglior
esempio di castello scozzese, che consiste in un singolo ‘donjon’ o
torrione. Così era e così è rimasto, e ora è un B&B. Fatevi un regalo
e soggiornate lì se ne avete la possibilità. Dopo una cena da
gourmet potrete restare seduti davanti all’immenso camino, bevendo
whisky mentre il personale vi racconta storie di fantasmi e leggende.
E quando salirete la scala circolare per arrivare alla vostra stanza,
non sorprendetevi se vi ritroverete a guardarvi alle spalle…
Se volete vedere le fotografie di questi posti e degli altri
menzionati nei miei libri, visitate il mio sito web:
www.LaurenRoyal.com.
Se vi siete persi la storia di Colin e Amy, potrete trovarla in
Amethyst, il primo libro della trilogia Gioielli. La storia di Jason e Cait
si trova in Emerald, il secondo libro della serie.
Spero che il libro vi sia piaciuto—grazie per averlo letto.

Alla prossima,
ANTEPRIMA DI

VIOLET
Violet Libro 1 della trilogia Fiori
Di Lauren Royal

Inghilterra
15 luglio 1673
GIORNO DI ST. SWITHIN. Proprio il giorno giusto.
Il visconte di Lakefield fissava il panorama miserevole e bagnato
dal finestrino della carrozza. Secondo la leggenda di St. Swithin, se
pioveva il quindici luglio avrebbe continuato per quaranta giorni e
quaranta notti. Normalmente non portato a credere alle superstizioni,
quel giorno Ford Chase trovava plausibile anche quella sciocchezza.
Quello sembrava si avviasse a diventare il peggior giorno della
sua vita.
La carrozza sferragliò sopra il ponte levatoio e la modesta corte di
Greystone, il piccolo castello di suo fratello. Fredde gocce di pioggia
gli colpirono la testa quando aprì lo sportello e saltò giù sul viale
circolare. Con la ghiaia coperta d’acqua che scricchiolava sotto gli
stivali, entrò in un corto passaggio coperto e picchiò il batacchio
sulla porta di quercia senza pretese.
Benchley la aprì appena di una fessura, poi uscì e la richiuse alle
sue spalle. “Milord che cosa vi porta qua oggi?”
“Vorrei parlare con mio fratello.” Ford guardò sorpreso il piccolo,
magro valletto. Come mai si stava occupando lui di aprire la porta?
“Mi fate entrare?”
“Penso di no.” Benchley alzò il suo naso a becco. “Vado a cercare
Lord Greystone.” E con quello sparì all’interno dell’antico castello.
Tremando, Ford restò impalato e incredulo, pensando che quel
modo di riceverlo era in linea con il resto della giornata. La pioggia
gocciolava dai suoi lunghi capelli castani e schizzava sulle pietre ai
suoi piedi. Chiedendosi come mai gli servisse un permesso per
entrare nella casa di suo fratello, cercò il chiavistello.
La porta si aprì e uscì suo fratello. Sembrava smunto, aveva il
volto grigiastro. Gli occhi verdi e i capelli neri sembravano opachi.
“Colin? Che cosa diavolo sta succedendo?”
“Malati. Morbillo, credo. Grazie al cielo sei qui.”
Ford si strinse nella giacca. “Scusa?”
“Amy è malata, insieme a Hugh e al piccolo. E metà dei servitori.
Una di loro è morta ieri,” aggiunse tristemente Colin.
“Morta?” A Ford si strinse lo stomaco al pensiero di Amy, la bella
moglie di Colin dai capelli neri come un corvo—al loro vivace
bambino di quattro anni, Hugh e al piccolo, Aidan… tutti morti.
“No, non è così grave,” si affrettò a rassicurarlo Colin,
evidentemente leggendo la preoccupazione sul suo volto. “Quella
povera cameriera aveva ottant’anni a dir poco, e la malattia le ha
immediatamente preso i polmoni. Non mi aspetto che la mia famiglia
faccia la stessa fine.”
“Almeno tu non la prenderai. Se ricordi, noi quattro abbiamo preso
il morbillo quando eravamo in esilio sul continente.”
“Difficile che lo dimentichi.” Quasi non riuscendo a restare in piedi,
Colin si appoggiò allo stipite della porta. “Ma che c’entra quello?”
“A un seminario della Royal Society, ho saputo che non ci si può
ammalare due volte della stessa malattia,” spiegò Ford.
“Ho avuto il morbillo più di una volta.”
“Non il vero morbillo, quello con la febbre alta. La pelle macchiata
è il sintomo di diverse malattie e condizioni.”
“Solo tu puoi sapere roba come questa.” Anche se sembrava
sollevato, il sorriso di Colin era sconfortato. “Comunque, la febbre
sta dilagando e Jewel non ha ancora fatto il morbillo. Il vero morbillo,
come lo chiami tu. Potresti portarla via da qui prima che lo prenda
anche lei? Sarebbe un vero sollievo per me e anche per Amy. La
preoccupazione le impedisce di guarire.”
Campanelli di allarme cominciarono a suonare nella testa di Ford.
Portar via sua nipote? Dove? Che cosa poteva fare con una
ragazzina? “Beh, mi sono solo fermato qui per informarti che ho
lasciato Londra e starò a Lakefield per il prossimo futuro—”
“Perfetto.”
“—a lavorare sul mio progetto di un orologio. Volevo solo… volevo
solo restare da solo per un po’. Lady Tabitha è scappata per
sposarsi con un altro.”
“Con il resto della famiglia in Scozia, non sapevo più che cosa
fare. Stavo per mandare Jewel al villaggio. Ma così sarà molto
meglio—”
“Tabitha è scappata con un altro,” ripeté Ford, chiedendosi perché
suo fratello non avesse reagito a quella stupefacente notizia. Dopo
tutto, Tabitha aveva appena sconvolto tutti i programmi che aveva
fatto per la sua vita.
“È scappata?” Colin sbatté gli occhi, poi scosse la testa. “Dai,
Ford, che cosa ti aspettavi? Dopo sei anni a passati ad accontentarsi
delle tue attenzioni quando ti degnavi di farti vedere a Londra, e
dividere il suo letto, immagino,—”
Sì, era così. E allora? Nessuno alla corte di Re Charles II era
casto. Colin non era stato un monaco prima di incontrare sua moglie
e nemmeno il loro fratello maggiore, Jason. I tre fratelli Chase erano
tutti titolati e amici intimi del re, e questo ovviamente significava che
erano popolari con le signore di corte—e nessuno di loro aveva
esitato ad approfittarsene.
“—una signora,” continuò Colin, “si sarebbe aspettata una
proposta di matrimonio.”
“Le avevo detto che ci saremmo sposati, prima o poi. Fra due o tre
anni.” Tabitha era sembrata la donna ideale per Ford—bellissima,
sempre pronta a partecipare a un ballo o a una serata a corte.
Stavano bene insieme a letto, e quando non erano insieme, lei si
teneva occupata a fare quello che fanno le donne, qualunque cosa
fosse, lasciandogli parecchio tempo per il suo lavoro. “Per l’amor del
cielo, ha solo ventuno anni, ed io ne ho solo ventotto. Jason si è
sposato a trentadue, e nessuno gli respirava sul collo.”
“Io mi sono sposato a ventotto.”
“Tu avevi fretta di avere figli.”
“Mentre sicuramente tu ne faresti a meno del tutto, vero?” Colin si
strofinò gli occhi. “Davvero non capisci perché Tabitha ha rinunciato
a te, vero? Detesto dovertelo dire, fratellino, ma è tempo che tu
cresca e ti renda conto che c’è qualcos’altro oltre alla scienza e alla
seduzione. Eri il piccolo di casa e forse Jason ed io ti abbiamo
viziato un po’ troppo.”
Il rumore della pioggia che cadeva oltre il corridoio riempì il loro
improvviso silenzio. Colin era evidentemente esausto, quindi Ford
pensò che fosse meglio non discutere. Senza dubbio Colin aveva
passato parecchie notti insonni a curare sua moglie e i suoi figli—
esattamente il motivo per cui Ford non era pronto per una famiglia
tutta sua.
“Sembri stanco,” gli disse. “Sarà meglio che ti riposi un po’.”
Suo fratello sospirò. “Riposerei più tranquillo se sapessi che Jewel
è con te. La porterai via vero?”
Che diavolo avrebbe fatto con una ragazzina di non ancora sei
anni? La adorava, ovviamente. Aveva il suo stesso sangue. Ma
questo non significava che avesse la minima idea di come curarla.
Farla rimbalzare sulle ginocchia o fare una partita a qualche
semplice gioco di carte con lei era una cosa. Qualche minuto di
divertimento prima di restituirla ai suoi genitori. Essere responsabile
di una bambina, però…
Si passò la mano tra i capelli bagnati. “Per quanto tempo?”
“Una settimana o due. Forse tre. Finché la malattia avrà esaurito il
suo corso.” Colin si rigirò l’anello col sigillo che aveva il dito,
socchiudendo gli occhi. “Perché stai esitando? Ho bisogno di te.”
“Non sto esitando,” protestò Ford. “È solo che…”
Suo fratello spalancò gli occhi. “Pensi che mi aspettassi che te ne
occupassi da solo? Dio non voglia.” Gli angoli della bocca si
sollevarono quasi stesse per ridere, invece tossì. Apposta, Ford ne
era sicuro. “Manderò Lydia con lei.”
Nonostante l’irritazione per il fatto che suo fratello lo conoscesse
tanto bene, per non parlare di non fidarsi di lui—Ford sentì svanire la
tensione. Con Lydia, la più che competente bambinaia di Jewel sul
posto, non avrebbe dovuto occuparsi lui della bambina, non avrebbe
dovuto faticare a interpretare il confuso linguaggio e i bisogni
femminili. Poteva limitarsi a mettere la testa nella sua stanza e dirle
ciao una volta ogni tanto.
“Non dovrai fare assolutamente niente,” aggiunse Colin, con
l’espressione tirata che si rilassava in un mezzo sorriso. “Potresti
cercare di parlare con tua nipote, però. È ora che cominci a
comunicare con la specie inferiore. Sai, quelli di noi che per età o
insufficiente intelligenza non riescono ad afferrare i segreti più
profondi dell’universo.”
“Io non—”
“Forse era quello il tuo problema con Tabitha.”
Ford digrignò i denti. Non si era mai illuso di capire il sesso
opposto. Era la scienza quello che lo attirava. Ma non aveva mai
avuto problemi con Tabitha e voleva farla finita con quella
discussione.
“Certo che porterò via Jewel,” disse, rilassando volutamente la
mascella. “Portala fuori—la aspetterò in carrozza.”

“ASCOLTATE QUESTO.” SEDUTA con le sue due sorelle mentre


la loro madre lavorava lì accanto, Violet Ashcroft si schiarì la voce.
“Dire che il cieco costume dell’obbedienza dovrebbe essere un
obbligo certo più che un dovere insegnato e capito… è come
affermare che un cieco con una guida possa camminare più sicuro di
un vedente con una luce.”
“Che cosa dovrebbe significare?” Le chiese la sorella minore, Lily.
Intenta al suo lavoro sull’arazzo alla luce grigiastra proveniente della
grande finestra, Lily probabilmente non aveva esattamente voglia di
conoscere il significato della citazione. Ma era sempre cortese e
Violet non avrebbe mai voltato le spalle a qualcuno che la volesse
ascoltare.
Si chinò in avanti sulla sedia di broccato verde. “Beh, ora—”
“Che te ne importa?” La interruppe la sorella di mezzo, Rose. A
Rose importava poco di qualunque cosa non avesse a che fare con i
balli, gli abiti o gli uomini. Alzando gli occhi dal vaso di fiori che stava
sistemando, scosse i riccioli lucenti. “Sono solo un mucchio di cose
senza senso, se volete il mio parere.”
“Nessuno l’ha chiesto.” Violet la guardò irritata. “Hai forse sentito
qualcuno che te lo chiedeva?”
“Ragazze.” Schioccando la lingua, la loro madre versò un mestolo
d’acqua nella pentola sul fuoco. “Un tempo pensavo con piacere che
una volta cresciute avreste smesso di battibeccare continuamente.
Ma non è mai successo.”
Gli occhi azzurri di Lily erano tutta innocenza, nonostante avesse
raggiunto la tarda età di sedici anni. “Ma, Mum,” disse dolcemente. Il
nome corretto della loro madre era Chrystabel, ma dato che il loro
padre, ossessionato dai fiori, la chiamava Chrysanthemum, avevano
cominciato a chiamarla Mum. “Sono battibecchi affettuosi.”
“E un cattivo esempio per il vostro fratellino.” Con un sospiro,
Chrystabel ricominciò a togliere i petali da un mazzo di rose
profumate. “Che cosa significa veramente?” Chiese a Violet. “E chi
l’ha detto?”
“Significa che dovremmo capire perché stiamo facendo una cosa
invece di seguire ciecamente gli ordini. Come il motto della famiglia
Ashcroft: Interroga Conformationem, metti in dubbio le convenzioni.
Ma detto in modo molto più eloquente, non credi? Da Francis
Bacon.”
Violet chiuse di scatto il libro con il titolo dorato ‘Avanzamento del
sapere’ che brillava sulla costola. “Ma mi chiedo,” disse scherzando,
“da quando la nostra Mum si interessa di filosofia?”
“Mi interessano tutti i passatempi dei miei figli.”
“La filosofia è più di un passatempo,” protestò Violet. “È un modo
di guardare la vita.”
“Certamente.” La pentola stava borbottando allegramente,
riempiendo di vapore la stanza in penombra. “Verresti a tenermela,
per favore, cara?”
Violet appoggiò il libro e si avvicinò al grande tavolo funzionale
che aveva sempre pensato sembrasse quasi fuori posto in quello
che una volta era un salotto formale. “Papà ha portato altre rose
questa mattina?”
“Non lo fa sempre?” La risata musicale di Chrystabel riscaldò
Violet fino alla punta dei piedi. “Che dolce quell’uomo, vero? Si alza
presto per raccoglierle tra l’aurora e il sorgere del sole, quando il loro
profumo è al massimo.”
La risata di Violet si unì a quella di sua madre. “Folle, vorrete dire.”
Dolce non era la parola che avrebbe usato per descrivere il conte di
Trentingham—eccentrico si adattava molto meglio a suo padre. I
suoi genitori, però, sembravano ciechi davanti alle rispettive
stranezze.
Non che fosse un male. Di certo, se mai Violet si fosse sposata—
un evento che considerava poco probabile—suo marito avrebbe
dovuto essere un po’ più che cieco. Lei non aveva i capelli di un
ricco castano come le sue sorelle—i suoi erano marrone chiaro, un
colore più insipido. E anche i suoi occhi erano semplicemente
marroni, non come quelli misteriosi, quasi neri di Rose o il blu scuro
insondabile di quelli di Lily. Solo marroni.
Media, decise. Né grassa né magra. Non alta come Rose né
piccolina come Lily, ma di media altezza. Media.
Ma, fortunatamente, essere nella media non le dava fastidio.
Perché chi era nella media raramente era notato e la verità era che
non le era mai piaciuto essere al centro dell’attenzione.
Rose, invece, viveva per quello. “Lasciate che vi aiuti, Mum,”
strillò, lasciando cadere lo stelo del pisello odoroso che stava per
aggiungere alla sua composizione floreale. “Violet probabilmente
non metterà dritta quella sopra.”
Senza tatto, a dir poco, ma a diciassette anni, Rose aveva ancora
tempo per crescere. Con un sospiro indulgente, Violet mise un
blocchetto di legno in piedi nella grande ciotola. Lo tenne a posto
mentre Mum lasciava cadere tutti i petali di rosa, poi si voltava per
alzare la pentola.
Con un getto lento e attento, Chrystabel versò giusto l’acqua che
bastava sopra i fiori fragranti, per coprirli appena. Rose mise in fretta
un’altra ciotola capovolta, più grande, sopra il blocchetto di legno,
usandolo come piedistallo. Il vapore si sarebbe raccolto sotto e
sarebbe gocciolato lungo i bordi per raccogliersi nel vassoio
sottostante. Raffreddandosi, si sarebbe separato in acqua di rose e
olio essenziale.
Distillazione, la chiamava Mum.
Saliva un ricco profumo floreale e Violet inalò profondamente.
Dovendo scegliere un passatempo, apprezzava veramente quello
inusuale di sua madre di creare profumi.
“Grazie, ragazze.” Disse Chrystabel quando Violet lasciò andare la
ciotola. “Mi passeresti quella fiala di essenza di lavanda?”
Violet si voltò e strizzò gli occhi cercando di leggere le etichette,
poi prese la fiala giusta. “Ho letto stamattina sul giornale che
Christopher Wren sarà fatto cavaliere quest’anno. Ed è appena stato
eletto al Consiglio della Royal Society.”
Mum prese la fiala. “Quello strano gruppo di scienziati?”
Violet sorrise tra sé, pensando che Chrystabel Ashcroft era un po’
strana anche lei. “Ci sono filosofi tra i membri. E uomini di stato e
medici. Mi piacerebbe assistere a una delle loro conferenze, qualche
volta.”
“La Royal Society non permette alle donne di partecipare alle loro
riunioni.” Chrystabel tolse il tappo di sughero e si passò la fiala sotto
il naso. “Inoltre la maggior parte di quegli uomini è sposata.”
“Non voglio che mi corteggino, Mum.” A dire il vero non voleva che
nessuna la corteggiasse, con gran dispiacere di sua madre. “Voglio
solo approfittare dei loro cervelli.”
“Approfittare?” Chrystabel tuffò un contagocce nella fiala.
“Parlare con loro, voglio dire. Condividere qualche idea. Sono così
brillanti.”
“Agli uomini non interessa parlare con le donne,” le disse Rose, “e
prima lo imparerai prima ne troverai uno tutto per te.”
“Calma, Rose. Ho solo vent’anni. Si direbbe che sia una vecchia
rimbambita, visto il modo in cui ti sei fissata a farmi sposare.”
“Beh, ci si aspetta che ti sposi prima di me.”
Le parole furono pronunciate innocentemente e Violet non riuscì a
portare rancore. Ovviamente Rose voleva sposarsi e le convenzioni
dettavano che le ragazze si sposassero secondo l’ordine di nascita.
Ma Violet era realistica. Sapeva che il suo aspetto dimesso, unito
ai suoi interessi insoliti, avrebbero reso difficile—se non impossibile
—che trovasse un marito adatto. Ma la faccenda non la preoccupava
e non avrebbe mai voluto che le sue scarse prospettive impedissero
alle sue adorabili sorelle di trovare la felicità.
Inoltre, quando mai gli Ashcroft erano stati convenzionali?
Potevano sposarsi nell’ordine che volevano. O, nel suo caso, non
sposarsi del tutto.
Vide sua madre aggiungere tre gocce di lavanda alla bottiglia della
fragranza che stava creando e poi agitarla attentamente.
“È un nuovo profumo?” Chiese Violet.
“Per Lady Cunningham.” Chrystabel annusò a fondo e passò il
flacone alla figlia maggiore. “Che ne pensi?”
Violet annusò e ci pensò. “Troppo dolce. Lady Cunningham è
tutt’altro che dolce.” La voce della donna avrebbe potuto far cagliare
il latte. Violet restituì il flacone, cercando la fiala di petit-grain che
avrebbe attenuato la dolcezza.
Annuendo con approvazione, sua madre ne aggiunse due gocce,
poi scrisse un appunto sul cartellino di ricette che teneva per
ciascuna delle sue amiche.
“Guardate,” disse Lily, dimenticando il suo ricamo. Si alzò e si
sedette sul grande sedile imbottito sotto la finestra. “Sta passando
una carrozza.”
Chrystabel e Rose si affrettarono a raggiungerla alla finestra,
mentre Violet tornò alla sua sedia e riaprì il libro. “Allora?”
“Allora…” Lily passò le dita su una delle composizioni floreali che
Rose lasciava per tutta la casa, inondando la stanza di profumo. “C’è
talmente poco traffico qui che mi chiedevo chi potesse essere.”
“Voi tre siete troppo curiose per il vostro bene.” Violet voltò la
pagina sperando di trovare un’altra idea profonda. Questa volta,
però, non si sarebbe disturbata a condividerla.
“È il nostro saltuario vicino,” disse sua madre. “Il visconte.”
L’attenzione di Violet fu distolta dalle brillanti idee di Bacon. “Come
fate a saperlo?”
“Riconosco la sua carrozza. È quella che gli ha passato suo
fratello, il marchese.”
“Come fate a conoscere gli affari di tutti quanti?” Si chiese Violet a
voce alta.
“Non è così difficile mia cara. Si deve solo essere interessati,
aprire gli occhi e le orecchie e usare la testa. Credo che il visconte
sia un po’ a corto di fondi. Non solo per via della carrozza di seconda
mano, ma, cielo, lo stato dei suoi giardini… Tuo padre quasi si
strozza tutte le volte che passiamo vicino.”
“Mi sorprende che papà non sia già andato là per sistemare il
giardino.”
“Non pensare che non lo abbia preso in considerazione.”
Chrystabel appoggiò il palmo delle mani sul davanzale, studiando la
carrozza che stava passando. “Credo che Lord Lakefield non sia
solo.”
Suo malgrado, Violet si alzò, tenendo il segno nel libro con un
dito. “E come fate a saperlo?”
“Le tendine non sono tirare.” Chrystabel emise un mormorio di
felicità alla scoperta. “C’è una bambina dentro! E una donna!”
Finalmente interessata, Violet si avvicinò alla finestra per
guardare, ma, ovviamente, per lei la carrozza era solo un’immagine
sfuocata.
Tutto, a più di un metro di distanza dagli occhi di Violet era
un’immagine sfocata. Era il motivo per cui preferiva restare a casa
con i suoi libri e i giornali invece di uscire in società con sua madre e
le sorelle minori. Temeva di rendersi ridicola, se non avesse
riconosciuto un amico dall’altra parte della stanza.
“Bene, bene, bene,” disse Mum. “Devo andare a portare un
profumo in regalo alla signora e darle il benvenuto nel vicinato.”
“Volete dire a scoprire chi è,” disse Violet.
Il secondo passatempo di sua madre era consegnare profumi e
ricevere in cambio pettegolezzi. Non che qualcuno le negasse le
informazioni. Al contrario, Chrystabel Ashcroft non aveva mai
bisogno di strappare una parola a nessuno. Calorosa e amata da
tutti, le bastava entrare e tutte le donne cominciavano a rivelarle i
loro segreti.
Nonostante la sua vista imperfetta, Violet lo aveva sempre visto
succedere, nelle rare occasioni in cui sua madre era riuscita a
trascinarla con sé.
“Mi domando se il visconte si sia sposato?” Chiese Rose.
“Immagino di no,” disse Chrystabel. “È troppo intellettuale per
chiunque io conosca.” Quando la carrozza scomparve in lontananza,
Chrystabel si voltò. “Mi pare che sia membro della Royal Society,
no?”
“Credo di sì.” Violet guardò sua madre che tornava al tavolo,
rimpiangendo di aver menzionato il suo desiderio di partecipare a
una conferenza della Royal Society. L’ultima cosa di cui aveva
bisogno era che Mum inscenasse qualcuno dei suoi schemi per farla
sposare. “Forse potrebbe essere adatto a Rose o Lily.”
“Non credo proprio.” Mum annusò il profumo che stava
preparando, poi scelse un’altra fiala. “Non riesco a immaginare a chi
potrebbe essere adatto, ma certamente non alle tue sorelle.”
“Meno male,” disse Rose, “dato che sapete che noi tre abbiamo
fatto il patto di salvarci l’un l’altra dai vostri schemi matrimoniali.”
Era una cosa—forse l’unica—su cui le tre sorelle erano d’accordo.
“Santo cielo, ragazze. Non è che io stia organizzando dei
matrimoni alle spalle dei miei amici.” Tutti quelli che Chrystabel
conosceva erano suoi amici. Letteralmente. E tutti la adoravano.
“Tutte le mie spose e sposi sono—”
“Vittime?” La interruppe Violet.
“Partecipanti volontari,” ribatté Chrystabel.
Lily si sedette e riprese il suo ricamo. “Quanti matrimoni avete
favorito quest’anno, Mum? Tre? Quattro?”
“Cinque,” rispose la loro madre, non senza fierezza. Batté le
unghie sulla fiala. “Siamo solo a luglio ed è già un’annata d’oro. Ma
nessun matrimonio, ve lo assicuro, contro la volontà delle parti in
causa.”
Rose si rimise seduta. “Non vi permetterò di trovarmi un marito,
Mum. So trovarmelo da sola.”
“Anch’io,” disse Lily.
“Ed io pure.” Aggiunse Violet.
“Certo che ne siete in grado, tutte e tre.” Le dita aggraziate di
Chrystabel si fermarono. “Non mi sognerei mai di interferire nella la
vita delle mie figlie.”

...continua

Troverete altre notizie su Lauren Royal e i suoi libri sul sito


www.LaurenRoyal.com
L’AUTRICE

LAUREN ROYAL ha deciso di diventare una scrittrice in terza


elementare, dopo aver vinto un concorso con il tema “Perché la mia
mamma è la migliore”, ma ha passato quattordici anni della sua vita
come presidente della sua catena di gioiellerie prima di scrivere il
suo primo libro. Da allora, i suoi libri sono stati nella lista dei
bestseller in tutto in mondo e hanno vinto premi quali il Golden Quill
e il Booklist's Top 10 Romance of the Year.
Lauren vive nel sud della California, con il marito, tre figli e un
gatto che perde continuamente il pelo, e continua a pensare che sua
madre sia la migliore.
Lauren ama il contatto con i suoi lettori. Potete inviarle un’e-mail
all’indirizzo: Lauren@LaurenRoyal.com oppure tramite la sezione
"Keep in Touch" del suo sito www.LaurenRoyal.com; oppure ancora
tramite la traduttrice: mirella.banfi@alice.it
LA TRADUTTRICE

“QUANDO NON STO leggendo, passo il mio tempo libero


traducendo I libri che mi sono piaciuti, per dare anche ad altri la
possibilità di leggerli in italiano. Potete contattarmi al mio indirizzo e-
mail: mirella.banfi@alice.it. Sarò felice di rispondervi (e di correggere
tutti i refusi che mi segnalerete!).”
I libri di Lauren Royal
(nell’edizione originale inglese)

The Jewel Trilogy


Amethyst
Emerald
Amber
Forevermore (a Jewel Trilogy novella)

The Flower Trilogy


Violet
Lily
Rose

The Temptations Trilogy


Lost in Temptation
Tempting Juliana
The Art of Temptation

In Italiano:
Amethyst
Emerald
Cent'anni e un giorno
Amber

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