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Opera buffa

L'opera buffa è un genere operistico. Si sviluppò a Napoli nella prima metà del XVIII secolo come
opera comica e da lì migrò a Roma e nel nord Italia. Famosi compositori, tra cui Mozart, Rossini e
altri ancora, diedero un grande contributo allo sviluppo di questo genere operistico.

Storia
Nella storia dello sviluppo dell'opera lirica, l'opera buffa si contrappose alle caratteristiche
stilistiche della cosiddetta opera seria. L'opera buffa si proponeva di trasformare l'opera in un
genere in cui la gente comune potesse notare una propria somiglianza con i personaggi. Dal
momento che l'opera seria era un costoso intrattenimento per Re e nobiltà, l'opera buffa fu realizzata
per un pubblico più normale con problemi più comuni.
Il carattere e le situazioni di comicità, che di solito coinvolgevano la servitù, fecero parte dell'opera
seria fino ai primi anni del XVIII secolo, quando l'opera comica e poi l'opera buffa iniziarono ad
emergere come genere a sé stante.
Agli inizi, l'opera buffa era composta da opere di breve durata che venivano rappresentate negli
intervalli dell'opera seria. Questi brevi spettacoli furono chiamati intermezzi e furono i precursori
delle vere e proprie opere comiche che si svilupparono più avanti nel secolo. La serva padrona di
Pergolesi è uno di questi intermezzi che viene ancora rappresentato con regolarità al giorno d'oggi
ed è un chiaro esempio dello stile dell'epoca.
A parte Pergolesi, i primi compositori di opere buffe furono Nicola Logroscino, Baldassare
Galuppi, Alessandro Scarlatti, Leonardo Vinci e Leonardo Leo. Il lavoro di costoro, tutti operanti a
Napoli o Venezia, venne poi ripreso ed ampliato da Domenico Cimarosa.
Successivamente arrivarono i veri e propri capolavori dell'opera buffa come L'elisir d'amore di
Gaetano Donizetti, Le nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart, Il barbiere di Siviglia e
L'Italiana in Algeri di Gioachino Rossini. Quest'ultima in particolare fu definita da Stendhal come
"la perfezione del genere buffo"; invece, Il barbiere di Siviglia (1816), divenne l'opera buffa più
rappresentata in tutto il mondo.

La popolarità come molla del successo


La popolarità, in altre parole l'azione coinvolgente gente comune, fu nelle intenzioni degli scrittori
dei testi in modo di rendere intelligibile a tutti quello che veniva cantato dai personaggi. Questo era
in contrasto con la tradizione musicale, che dopo il canto gregoriano passò a schemi rigidi e formali
con testi in latino e tedesco mai comprensibili dal pubblico normale. Abbandonando questo
linguaggio per il più comprensibile italiano e francese, il recitativo ruppe quest’abitudine (che
rendeva la musica un interesse esclusivo di una cerchia ristretta di intellettuali) rendendola fruibile a
tutti. Il pubblico fu finalmente in grado di decifrare le parole pronunciate dai personaggi e la storia,
abbinata alla musica, diventò comprensibile agli spettatori. Questo fu un rilevante movimento verso
la musica laica e non più sacra e portò all'affermazione della musica come puro divertimento.
Molti di questi fatti riguardarono l'opera in generale, ma l'opera buffa in particolare. Per la verità è
molto difficile adottare uno schema formale per classificare l'opera buffa, poiché nessuno vuol
negare i contenuti seri e i valori morali contenuti in alcuni lavori che sono scritti a questo genere,
anche quando sono classificati come dramma giocoso, anche se rappresenta un'opera buffa. Ogni
elemento distintivo deve, d'altra parte, essere considerato nella relativa proporzione, in
comparazione con la singolarità di ogni lavoro.
Certamente, mentre l'opera seria era basata su storie di eroi e divinità mitologiche e solo raramente
includeva scene comiche, l'opera buffa aveva questo tipo di scene nella maggior parte della sua
stesura. La musica era composta espressamente per il tipo di pubblico cui era diretta e quindi era
inevitabile che l'opera avesse poi successo. Le storie comiche poi erano il tocco finale (per
quell'epoca) per l'affermarsi della musica come intrattenimento.
Si caratterizzò per la presenza di personaggi fissi che rappresentavano i ceti popolare e borghese.
Essi erano privi di una personale caratterizzazione e assolvevano a ruoli predeterminati, erano cioè
delle semplici macchiette: il servo imbroglione, il vecchio avaro, il giovane di buona famiglia che si
innamora della contadina, o della prostituta, tutti personaggi presi dalla commedia classica e dalla
commedia dell'arte.
Le messa in scena delle opere buffe era più economica di quella delle opere serie. Infatti
richiedevano un organico strumentale ristretto, costumi e scenografie semplici (a differenza
dell'Opera Melodrammatica seria dove i costumi erano molto costosi e ricercati, visto che la
rappresentazione era ambientata nelle corti regali).
Ciò permise una diffusione capillare di questo tipo di opera non solo in Italia ma in tutta Europa, a
partire da alcune città-fulcro, come ad esempio Napoli, Parigi o Venezia.
Lo scarso investimento economico che questo tipo di opera richiedeva permise la formazione di
molte nuove compagnie di artisti che vi si dedicavano e permise anche un allargamento del
pubblico che si recava a teatro, in quanto le scene rappresentate erano estratti di vita quotidiana
disegnati in chiave comica.
Nonostante la presenza delle tipologie fisse già ricordate, l'opera buffa risultò alquanto più libera e
varia dell'opera seria, soprattutto sotto l'aspetto delle forme musicali.
In definitiva, l'opera buffa fu molto importante nell'evoluzione del teatro d'opera in Italia,
valorizzando la diversità dei ruoli vocali e rendendo il discorso musicale più spigliato e dinamico,
introducendo tra l'altro il canto simultaneo di vari personaggi nei grandi finali d'atto concertati.
Il genere declinò nel XIX secolo nonostante il Falstaff di Verdi sia andato in scena nel 1893.

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