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Secondo Scalfaro, nella vigenza del codice di guerra, non era stato possibile trovare un appiglio
per evitare la richiesta di condanna alla pena capitale[17]. La figlia di Domenico Ricci racconta che
Scalfaro conosceva bene la famiglia Ricci, in quanto "abitava nella stessa palazzina al piano di
sopra". In merito la stessa dichiarò: «Ho scritto a Scalfaro per sapere se mio padre era colpevole
o innocente... Scalfaro una mattina presto mi telefona, un sabato o una domenica, due parole:
stia tranquilla perché suo padre dal Paradiso pregherà per lei. Tutto qua... questa è la
spiegazione». Scalfaro, a sua volta, dichiarò: «Non ho elementi per rispondere a questa persona.
Io l'ho citata più volte quando parlavo di questi temi... non si può mai chiedere a una figlia, che
aveva dieci anni allora, di dire: certamente mio padre ha fatto dei delitti gravi».[14]
Come membro dell'Assemblea Costituente, Scalfaro promosse l'abolizione della pena di morte
dall'ordinamento giuridico della Repubblica Italiana. Abolizione applicata, durante il suo
settennato, anche al codice penale militare di guerra.[19]

I primi passi nella politica[modifica | modifica wikitesto]

Oscar Luigi Scalfaro nel 1946

Arrivò, prima dell'inizio della carriera politica, alla carica di Presidente dell'Azione Cattolica della
Diocesi di Novara e Delegato Regionale per il Piemonte.
Alle elezioni per l'Assemblea Costituente si presentò candidato come indipendente nella lista
della DC, dopo che a livello nazionale era stato deciso l'appoggio aperto della gerarchia
ecclesiastica e delle organizzazioni cattoliche al partito, in funzione di resistenza alla possibile
conquista del potere da parte dei social-comunisti (Fronte popolare). Fu eletto con oltre
quarantamila preferenze, un numero rilevante per i tempi e superiore al risultato ottenuto da
personaggi politici del collegio come Giuseppe Pella e Giulio Pastore.
Lasciò la toga per la politica nel 1946: fu eletto a Torino, fra i più giovani nelle file
della Democrazia Cristiana, all'Assemblea Costituente che doveva redigere una nuova Carta
Costituzionale. In seguito dichiarò in un libro di non avere mai avuto vocazione per la politica e di
essersi trovato alla Costituente senza avere alcuna attrattiva per "quel mestiere"[20].
Anticomunista e antifascista, si iscrisse finalmente alla DC e partecipò alla battaglia politica
del 1948 senza abbandonare per questo l'Azione Cattolica che, presieduta da Luigi Gedda,
appoggiava la DC con Comitati Civici istituiti per l'occasione; ottenne oltre cinquantamila
preferenze.
Secondo un resoconto annotato da Pietro Nenni nel suo diario[21], il 4 dicembre 1952, durante le
tumultuose fasi parlamentari legate alla proposta di legge democristiana meglio nota come "legge
truffa"[22], mentre già la polemica fra gli schieramenti era al calor bianco, Scalfaro propose che la
Camera dei deputati "sedesse in permanenza, domenica compresa..."[21]. Messa ai voti la
proposta di Scalfaro, per usare le parole di Nenni «...tutto finì con un pugilato come non si era
mai visto. Volarono perfino le palline del banco delle commissioni. Ci furono parecchi contusi e un
ferito grave, un usciere.»[21]

Anni cinquanta/sessanta[modifica | modifica wikitesto]

Oscar Luigi Scalfaro nel 1963

Politicamente Scalfaro fu inizialmente schierato all'ala destra della Democrazia Cristiana. Pur
avendo sempre goduto di grande stima (ricambiata) da parte di Alcide De Gasperi,[23] il suo punto
di riferimento fu Mario Scelba[24][25] che durante il suo governo lo chiamò a ricoprire (fu il suo
primo incarico di governo) il ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e al Turismo e
spettacolo. Questo incarico gli procurò molte noie (e molta pubblicità). Nelle competenze del
sottosegretario c'era anche quella censoria nei confronti dei film, la cui ammissione al circuito
nazionale poteva essere negata se considerati contrari alla pubblica decenza o ammessa solo a
condizione che alcune scene (poche o tante che fossero) venissero "tagliate". In risposta al suo
operato in tale campo vi fu un fiorire di attacchi ironici da parte della stampa laica che lo gratificò
dei nomignoli più bizzarri e sarcastici. Contro di lui si spesero penne come Giovannino
Guareschi e Curzio Malaparte.
Nel 1958 Mario Scelba formò nella DC una "corrente" (Centrismo popolare) di politici conservatori
che aveva come referenti principali, oltre a lui stesso, che ne era il leader, Guido
Gonella, Roberto Lucifredi, Mario Martinelli e Oscar Luigi Scalfaro, tutti componenti il Comitato di
direzione. La corrente aveva ne "Il Centro" il suo organo di stampa, e verrà sciolta dal suo stesso
leader otto anni dopo.
Coerente alla sua concezione anticomunista, all'inizio degli anni sessanta Scalfaro si oppose
fermamente alla cosiddetta "apertura a sinistra" cioè all'ingresso del Partito Socialista
Italiano nella compagine governativa (centro-sinistra). In questa battaglia interna al partito ebbe
come alleato Giulio Andreotti e la sua corrente. L'alleanza con il partito di Pietro Nenni, auspicata
dall'allora Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, fu poi realizzata da Amintore Fanfani e
da Aldo
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