1. Introduzione
*
Questo lavoro è stato realizzato nell’ambito del progetto di ricerca Percorsi diacronici
della morfosintassi indoeuropea nella prospettiva della continuità e discontinuità, cofinanziato
dal MIUR. L’unità operativa di riferimento è quella dell’Università per Stranieri di Siena,
coordinata dalla Prof. Marina Benedetti.
1. Lo studioso rileva infatti le difficoltà nella distinzione tra il ruolo di ampliamento
radicale e di suffisso, e anche la confusione tra *-dh- e *-d- (i cui esiti, coincidono, interamente
o parzialmente, in iranico, celtico, latino e alcune lingue italiche, baltico e slavo): «Bei beiden
Formantien kommt wieder die Unmöglichkeit in Betracht, präsensbildendes Element und
sogen. Wurzeldeterminativ oder Wurzelerweiterung auseinanderzuhalten. Dass übrigens alle -
dh- und alle -d- Formen die gleichen Art der Entstehung gehabt haben, ist nicht zu erweisen»
(Brugmann 1916: 372-373).
1
in una serie di presenti, e in alcune forme di aoristo e di perfetto2. E se pure è
vero che, in seguito, questo tipo di formazioni non ha conosciuto uno sviluppo
apprezzabile (Chantraine 19583: 326), è però possibile rintracciare una linea
di continuità che, a detta di alcuni studiosi3, collega il suffisso alla vicenda del
medio e dell’aoristo passivo.
Un contributo presentato al V Incontro Internazionale di Linguistica Greca
(Magni 2004) ha proposto un riesame dei presenti omerici in -qw, mentre
successive indagini (Magni 2008) hanno esplorato le relazioni che motivano
sia il loro legame con i passivi in -qh-, sia il contrasto tra questi ultimi e agli
aoristi medi, e in particolare il tipo in -savmhn.
Il presente studio muove da queste ricerche per illustrare come la tipologia
e il modello delle mappe semantiche siano utili strumenti per ricondurre le
varie manifestazioni di questo elemento ad una costellazione di usi e
significati in cui si attua sia la collisione con il medio, sia la transizione dalla
derivazione alla flessione. Dati i limiti di spazio, la discussione si concentrerà
sul primo punto, e in particolare sui dettagli dell’articolazione sincronica che
motiva l’evoluzione del suffisso.
2. Le coppie omeriche
2. «Die Verba auf -qw und -qon sind der Bildung und Bedeutung nach recht
verschiedenartig; sie sind z.T. Präsentien, z.T. Aoriste» (Risch 19742: 278), mentre sono
pochissimi i cosiddetti «Perfekta auf -qa» (Risch 19742: 347). Secondo Benveniste (1935: 198-
207), il suffisso riveste una funzione importante anche nella derivazione nominale e
aggettivale, di cui tuttavia non ci occuperemo in questa sede.
3. Cfr. Wackernagel (1890), e soprattutto Prévot (1935), fino al più recente lavoro di
Pernéè (1984).
4. «[T]his distinction even within the pairs in which it can be observed is, it is admitted,
by no means rigid» (Kujọrẹ 1973: 101 s.).
2
Le grec emploie le verbe en *-qw quand l’achèvement de l’action est envisagé. La
nuance est voisine de celle du verbe déterminé en slave. […] le suffixe *-qw fournit
des présents terminatifs
(Chantraine 1925: 94).
la notion de ‘déterminé’ perd-elle de son importance à côté du fait essentiel que ces
présents sont tous intransitifs et de valeur nettement moyenne
(Benveniste 1935: 194).
3
“come, sotto un delfino enorme, gli altri pesci
fuggendo riempiono i fondali del porto buon approdo”
E nella scena in (6), dove Achille fa allestire il rogo funebre per Patroclo:
4
causativo in Il. 5.664 e in Od. 5.321, così come in (7), quando Alessandro
ferisce Euripilo:
Ma troviamo invece baruvqw, che ricorre una sola volta, nel lamento di
Glauco in (8):
Insomma, come si evince da questi esempi, ciò che motiva l’esistenza delle
coppie di presenti in questione è la relazione causativo/incoativo7.
3. L’alternanza causativo/incoativo
5
it is a pair of verbs which express the same basic situation (generally a change of
state, more rarely a going-on) and differ only in that the causative verb meaning
includes an agent participant who causes the situation, whereas the inchoative verb
meaning excludes a causing agent and presents the situation as occurring
spontaneously
(Haspelmath 1993: 90).
6
la loro delimitazione sincronica ed estremamente interessanti i loro percorsi
diacronici.
Lo spazio materializzato da questa costellazione di significati e/o funzioni
9
può essere efficacemente rappresentato mediante una mappa semantica .
La figura sotto riproduce, con qualche adattamento, quella elaborata da
Haspelmath: qui la nozione centrale di incoativo sostituisce quella di
anticausativo che, come si deduce dalla sintesi in (9), corrisponde più
precisamente ad una sottocategoria di alternanti (cfr. nota 8). Inoltre,
l’etichetta incrementativo è stata preferita a quella di fientivo per le ragioni
che verranno esposte al § 7.
9. Nello spazio delle mappe semantiche, le funzioni che, almeno in una lingua, sono
espresse dalla stessa marca, vengono collocate in posizioni adiacenti: l’obiettivo è la
rappresentazione grafica delle somiglianze semantiche che collegano i differenti usi di uno
stesso tipo di marca nelle varie lingue, e la creazione di strumenti potenzialmente validi per
tutte le lingue del mondo. Implicitamente, le mappe offrono predizioni verificabili circa i
sistemi linguistici possibili, e anche la proiezione dei prevedibili percorsi diacronici (ad es. i
processi di grammaticalizzazione) delle marche grammaticali (Haspelmath 2003).
7
Se da un lato le restrizioni semantiche motivano la scarsità di predicati che
soddisfano le condizioni per l’istaurarsi di un rapporto diadico con un
corrispondente transitivo, dall’altro il quadro risulta ulteriormente complicato
sia dalla presenza di forme isolate, sia dal ruolo e dalla concorrenza del
medio.
Spesso, inoltre, le marche dell’incoativo trovano dei naturali percorsi
evolutivi, lungo le linee che si irradiano dal centro della costellazione. Poiché
questo è un aspetto di particolare interesse ai fini del nostro discorso,
verifichiamo l’utilità della mappa per orientarsi nell’articolazione sincronica e
nelle vicende diacroniche del suffisso.
5. Risultativo
In Omero queste forme hanno lo stesso valore dei rispettivi presenti brivqw
e ghqevw, entrambi privi di un alternante transitivo. Chantraine le analizza
insieme ad altre più rare (e problematiche), come quella in (12), uguale a Il.
18.299:
8
Secondo lo studioso francese:
L’adjonction d’un suffixe -q- au parfait apparaît donc si naturelle qu’on pourrait se
demander si quelques formes isolées n’offrent pas l’amorce d’un système où -q-
aurait servi de caractéristique au parfait
(Chantraine 1932: 88).
Bei bevbriqa (vgl. briarovı) und gevghqa (vgl. gavnumai, gaivwn) findet sich das q auch
im Präsens brivq w und ghqevw, doch kann hier das Präsens sekundär zum Perfekt
gebildet werden sein (vgl. aber lat. gaudeo)
(Risch 19742: 347).
(13) swahili
vunj-/vunj-ik- ‘rompere/rompersi’
ki-kao ki-me-maliz-ika
CL7-sessione CL7-PERF-finire-INC
“la sessione è finita”
E qui, come nelle forme omeriche viste sopra, «[i]t is not surprising that
together with agentivity also dynamism is lost, since are both correlated with
transitivity» (Haspelmath 1987: 32).
6. Incettivo
Esaminando altre forme isolate, Chantraine rileva che «il est parfois
malaisé de décider si nous avons affaire à un thème de présent ou à un thème
d’aoriste» (Chantraine 19583: 328). In questi casi, il morfema sembra inoltre
espletare una funzione ancora diversa.
10. Un’ampia analisi tipologica dei costrutti risultativi si trova in Nedjalkov e Jaxontov
(1988) altre osservazioni utili in Maslov (1988). Interessanti osservazioni sull’analogo ruolo
dell’elemento *-dh- in germanico sono in Lehmann (1942: 132 e 1943: 22-25).
9
Si consideri ad es. e[draqon, in cui la presenza dell’elemento -q- è
immediatamente palesata dal confronto con il lat. dormio, e che solo in
seguito entra in rapporto con darqavnw. L’‘artificiosità’ di questo presente è
dimostrata indirettamente dal fatto che, in attico, katevdarqon funziona come
aoristo di kaqeuvdw.
Un esempio con entrambe le forme è in (14):
10
7. Incrementativo (fientivo)
(17) a. gotico
full-n-an “riempirsi” < fulls “pieno”
b. swahili
kamil-ik- “diventare perfetto” < kamili “perfetto”
11
(19) Il. 21.464-466 :
[…] oi} fuvlloisin ejoikovteı a[llote mevn te
zaflegeveı telev q ousin ajrouvrhı karpo;n e[donteı,
a[llote de; f qinuv q ousin ajkhvrioi.
“[…] simili alle foglie che ora
diventano rigogliose, mangiando il frutto della terra,
ora invece muoiono prive di vita”
12. Secondo Benveniste (1935: 194) minuvqw «doit s’opposer à un *mivnÛw correspondant à
lat. minuō. Le fait important est que ce *mivnÛw serait transitif comme lat. minuō, en face de
minuvqw intransitif».
13. Benveniste segnala correttamente che il verbo di forma attiva è transitivo (cfr. Il. 4.
174), ma si chiede «si la disparition du verbe radical n’aurait pas secondairement fait transférer
la valeur transitive à puvqw, pour l’opposer à puvqomai qui garderait la valeur intransitive de la
forme à *-dh-» (Benveniste 1935: 193). Anche il DELG (s.v.) ritiene che le forme medie siano
più antiche. Il verbo è ovviamente ambiguo, perché presuppone entità sempre inanimate, anche
se umane: cfr. ad es. Od. 1.161, dove si ipotizza la morte di Odisseo; contesto molto simile
anche per katapuvqetai in Il. 23.328, mentre di un morto che imputridisce (puvqetai) e di
scheletri marcenti (puqovmenwn) si parla rispettivamente in Il. 11.395 e in Od. 12.46.
14. Omero usa solo a[lqomai (a[lqeto, Il. 5.417; anche derivato: ajpalqhvsesqon, Il. 8.405 e
419): e anche in questi casi non c’è riferimento ad un tipico partecipante animato ma,
rispettivamente, al polso di Afrodite e alle piaghe.
12
dunque indicare che, rispetto al medio, questo morfema aveva restrizioni di
impiego sensibili al livello di animatezza dell’entità coinvolta nel processo.
8. Endoriflessivo
the action does not get outside in the first place, but remains, so to speak, within the
actor, who is necessarily identical to the undergoer (hence ‘endo-’)
(Haspelmath 1987: 27).
15. Le cui forme sembrano peraltro correlate e rifatte analogicamente: Risch (19742: 278)
infatti interpreta hjgerevqonto come un aoristo, da cui si sarebbero formati meccanicamente
hjgerevqesqai (Il. 10.127) e hjgerevqontai (Il. 3.231), quindi, per analogia, anche hjerevqontai e
nemevqonto. L’idea è accolta anche da Kujọrẹ (1973: 100).
13
soggetto, tanto che uno stesso predicato può essere interpretato in entrambi i
modi a seconda che abbia un soggetto animato oppure no16. Quindi, come per
puvqomai e a[lqomai, proprio l’ambiguità connessa al tipo di partecipanti
coinvolti nel processo, potrebbe spiegare la presenza di una doppia marcatura.
In generale, come prova la serie di esempi da un campione di lingue
tipologicamente vario, le relazioni fra incoativo e riflessivo sono notevoli: il
greco moderno, ad es., usa il medio per codificare sia la riflessività, sia
l’incoativo, rivelando gli esiti di un lungo processo di espansione in cui
proprio l’endoriflessivo potrebbe aver giocato un ruolo chiave. Si può cioè
ipotizzare che, nello sviluppo della funzione oppositiva, il medio si sia
incuneato nel dominio dell’incoativo lungo la linea a sinistra sulla mappa
(riflessivo > endoriflessivo > incoativo)17.
Confrontando la mappa di Haspelmath con quella dei cosiddetti middle
situation types elaborata da Kemmer (1993: 212), si evince che i punti di
contatto e le intersezioni tra i valori veicolati dal suffisso -q- e il medio18 sono
rappresentati proprio da processi fisiologici ‘atipici’ da un lato, ed
endoriflessivi dall’altro.
In generale, le condizioni che regolano l’opposizione fra causativo e
incoativo impongono delle forti restrizioni che, di fatto, abbassano il livello di
generalità lessicale, cioè il requisito necessario perché una categoria venga
espressa flessionalmente: per questo l’incoativo è, tendenzialmente (e nel caso
del greco almeno marginalmente), una categoria derivazionale. In effetti,
quello conservato nella lingua omerica potrebbe essere il relitto di un
microsistema di alternanza su base derivazionale, perché caratterizzato da
vincoli più specifici rispetto a quelli che governano l’impiego concorrenziale
del medio.
16. Haspelmath (1987: 29) confronta ad es. il valore endoriflessivo in Die Spielerinnen
verteilten sich über das Feld, con quello incoativo in Die Radioaktivität verteilte sich über
Europa.
17. Che costituisce «a chain in which only minimal changes are allowed between two
adjacent members» (Haspelmath 1987: 29). L’ipotesi trova sostegno anche nelle successive
riflessioni dello studioso (Haspelmath 2003: 234-236), che pone la funzione body motion in
posizione intermedia tra full reflexive e anticausative nella catena di sviluppo del medio,
confrontata in 7 lingue.
18. Su cui si veda anche l’ampio studio di Allan (2003).
14
e[sqw/esqivw “mangio”, che tende gradualmente a sostituire l’antico atematico
e[dw. Per Chantraine (19583: 327) tra i due tipi di presente non esistono
differenze semantiche, e le forme e[sqw e ejsqivw sarebbero derivate da un
imperativo atematico e[sqi. Secondo Benveniste, invece, malgrado le
sostituzioni motivate dal metro e la creazione di un sistema suppletivo, in
Omero è ancora rilevabile una differenza di funzioni:
(24) polacco
człowiek pcha wagon “l’uomo spinge la macchina”
nie pchaj się, pan! “smetta di spingere, signore!”
15
10. Il rapporto con il medio
Ciò vale anche flevgomai, nella seguente descrizione del fiume Xanto:
E per il secondo verbo, si veda l’esempio in (28), che ricorre uguale in Il.
2.444 e Od. 2.8:
16
Eppure, tutti gli esempi appena visti sono accomunati da due tratti
talmente costanti che non possono essere casuali: la descrizione di eventi che
si concludono in un lasso di tempo circoscritto perché avvengono con estrema
rapidità (karpalivmwı, rJivmfa, mavl∆ w\ka), e/o caratterizzati da un’istanza
causale implicita, che viene lasciata in secondo piano (dakruovfin, mevneoı,
brotw`'n, puriv).
In altre parole, la sensazione è che il medio descriva mutamenti di tipo
telico, che corrispondono pienamente all’intransitivizzazione di predicati a
causazione esterna (le lacrime riempiono gli occhi / gli occhi si riempiono di
lacrime), mentre il significato veicolato dalle forme in -q-, alternanti e non,
sembra piuttosto riferirsi a processi a causazione interna di tipo atelico, cioè
ad un divenire che si approssima, senza necessariamente raggiungerla, ad una
meta ideale.
Se questa idea è corretta, si può allora pensare che l’uso omerico lasci
intravedere le ultime tracce di differenti alternanze che, anche sul piano
formale, manifestano differenti concettualizzazioni dei processi spontanei.
Più precisamente, in quelli descritti dalle forme in -q- prevale la causazione
interna, ma con alcuni è talora ammissibile l’intervento di una causa esterna
‘atipica’. Il primo tipo corrisponde alle forme che non entrano in alternanza,
ma esprimono comunque significati affini all’incoativo: sono verbi che
oscillano fra processo e stato come gli incrementativi qalevqw, televqw, e
minuvqw, risultativi come i perfetti bevbriqa e gevghqa, o incettivi come gli
aoristi e[draqon e o[lisqon. Il secondo tipo partecipa invece al gioco di
alternanza, che è di solito non direzionata: infatti, se la concettualizzazione
dell’evento ammette entrambi i tipi di causazione, allora incoativo e causativo
sono sullo stesso piano, entrambi variamente marcati in un’opposizione
equipollente (baruvnw/baruvqw, faeivnw/faevqw).
Il medio, diversamente, corrisponde agli intransitivi che presuppongono
sempre un’istanza di volontà o causale implicita, perché relativi a processi a
causazione esterna, la cui telicità, se da un lato si accorda l’affectedness del
soggetto, dall’altro specifica la natura propriamente inaccusativa di predicati
che, in quanto derivati da un causativo basico, compaiono in alternanze di tipo
propriamente anticausativo 19, cfr. la classificazione in (9) al § 3.
E dunque non è un caso che i verbi che implicano distruzione e violenza
siano quasi del tutto esclusi dalla serie dei presenti in -qw, e che proprio la
coppia fqivnw/fqinuvqw abbia l’aspetto di un’alternanza anticausativa, infatti «a
factor favoring the anticausative expression type is the probability of an
outside force bringing about the event» (Haspelmath 1993: 103).
19. Inoltre, «[s]ince anticausatives are always telic, it would be more exact to call such
alternations ‘transitive/unaccusative alternations’» (Haspelmath 1987: 19, nota 5).
17
Così interpretati, i fenomeni del greco rivelano analogie con la situazione
degli inaccusativi del francese e dell’italiano, in cui i predicati alternanti si
dividono in due sottoclassi: il tipo aumentare e il tipo aprire/aprirsi. L’analisi
di Sorace (2000) attribuisce ai primi un minore livello di telicità rispetto ai
secondi, e la sensibilità al parametro è tale che, in francese, questi selezionano
l’ausiliare avoir (e in italiano mostrano oscillazioni indicative fra avere e
essere), quelli in forma pseudoriflessiva sono invece coerenti nella selezione
di être (e essere). Inoltre, come osserva Centineo (1995: 69), i processi come
aprire/aprirsi presuppongono sempre la causazione esterna, mentre quelli
come aumentare sono concettualizzabili anche come a causazione interna.
Quindi la scissione riflette sostanzialmente un diverso rapporto fra il verbo
intransitivo e il corrispondente transitivo.
Gli eventi compatibili con più di un costrutto cognitivo danno luogo non
solo a variazioni interlinguistiche, ma anche a fluttuazioni intralinguistiche
connesse alla fluidità delle componenti semantiche sintatticamente rilevanti:
forse proprio questi fattori motivano i due tipi di intransitivi alternanti del
greco.
La stessa ambiguità sembra spiegare anche la doppia opposizione (labile e
anticausativa) che complica il quadro delle alternanze nei verbi come fondere
e gonfiare. Ma qui, la comparsa di forme pseudoriflessive è anche un
fenomeno leggibile in diacronia e imputabile alla generale preferenza per
relazioni di tipo diagrammatico più trasparenti, e affidate a strategie più
produttive. In altre parole, date due modalità concorrenti nell’espressione
dell’incoativo, è plausibile che il mutamento linguistico operi a favore di
quella più vitale e con meno restrizioni di impiego, eventualmente obliterando
la specifica opposizione correlata alla strategia recessiva.
Il che è appunto quello che accade anche in greco con il medio, che si
impone nella katharévousa 20 perché il prototipo degli inaccusativi è una
categoria con una generalità maggiore rispetto alla porzione di incoativi
codificata dalle forme in -q-.
11. Conclusioni
20. Ma la lingua parlata, in cui sono frequenti le alternanze labili del tipo sbhvnw
“estinguo, spengo” tr./intr. (Haspelmath 1993, Manney 2000), contrasta l’omologazione
formale degli alternanti mantenendo, nelle opposizioni non direzionate, degli incoativi ‘diversi’
dal medio e ‘uguali’ al corrispondente transitivo, perché sullo stesso piano quanto a basicità
dell’istanza di causazione.
18
che, verso i margini a sinistra e a destra, include significati grammaticali
meno pertinenti alla semantica del verbo e più affini a funzioni morfo-
sintattiche. E così, in una graduale transizione dalla derivazione alla
flessione21, l’elemento -q- rinnova la sua concorrenza con il medio
nell’espressione del passivo (Magni 2008), che in greco, come in altre lingue
indoeuropee, è una categoria relativamente recente e formalmente articolata.
I dati e le ipotesi qui esposte sembrano dunque confermare l’affermazione
di Benveniste circa l’importanza dell’affisso nello sviluppo del sistema
verbale del greco. Non solo: la vicenda ricostruita illustra anche la
fondamentale relazione fra contiguità (sincronica) e continuità (diacronica)
nel funzionamento e nel rinnovamento delle categorie linguistiche, perché la
multifunzionalità dei morfemi rappresentata nelle mappe semantiche, anche
quando non presuppone processi di grammaticalizzazione, presuppone
l’implicita diacronia di un’espansione graduale e ordinata:
Riferimenti bibliografici
Allan R.J. (2003), The Middle Voice in Ancient Greek. A Study on Polysemy,
Amsterdam, Gieben.
Benveniste E. (1935), Origines de la formation des noms en indo-européen,
Paris, Klincksieck.
Benveniste E. (1967), “Un fait de supplétisme lexical en indo-européen”, in
Meid W. (ed.), Beiträge zur Indogermanistik und Keltologie. Julius
Pokorny zum 80. Geburtstag gewidmet, Innsbruck,
Sprachwissenschaftliche Institut der Universität Innsbruck: 11-14.
Bertinetto P.M. (1986), Tempo, Aspetto e Azione nel verbo italiano: il sistema
dell’indicativo, Firenze, Accademia della Crusca.
21. «The fact that functions of different grammatical status may occur adjacent in
semantic space is a further confirmation of the view that the transition from inflection to
derivation is gradual» (Haspelmath 1987: 35).
19
Bertinetto P. M., Squartini M. (1995), “An attempt at defining the class of
gradual completion verbs”, in Bertinetto P.M et al. (eds.), Temporal
Reference, Aspect and Actionality, vol I Semantic and Syntactic
Perspectives. Torino, Rosenberg e Sellier: 11-26.
Brugmann K. (1916), Grundriss der vergleichenden Grammatik der
indogermanischen Sprachen, zweiter Band, erster Teil (zweite
Bearbeitung). Strassburg, Trübner.
Centineo G. (1995), “The distribution of si in Italian transitive/inchoative
pairs”, in Proceedings from Semantics and Linguistic Theory. Austin,
University of Texas: 54-71.
Chantraine P. (1925), “Les verbes grecs en *-qw”, in Mélanges linguistiques
offerts à M. J. Vendryes par ses amis et ses élèves, Paris, Champion : 93-
108
Chantraine P. (1932), “Deux notes sur des formes verbales grecques. I - Les
verbes grecs en -cw. II - Homérique ejgrhgovrqasi, bebrwvqoiı”, Bulletin de
la Société de Linguistique, 32: 77-90.
Chantraine P. (19583), Grammaire homérique. Tome I: phonétique et
morphologie. Troisième tirage avec une conclusion nouvelle, Paris,
Klincksieck.
DELG = Chantraine P. (1968), Dictionnaire étymologique de la langue
grecque (nouvelle édition avec supplément, 1999), Paris, Klincksieck.
Haspelmath M. (1987), “Transitivity alternations of the anticausative type”,
Arbeitspapiere N.F. 5, Köln, Institut für Sprachwissenshaft, Universität zu
Köln.
Haspelmath M. (1990), “The grammaticization of passive morphology”,
Studies in Language, 14, 1: 25-72.
Haspelmath M. (1993), “More on the typology of inchoative/causative verb
alternations”, in Comrie B., Polinsky M. (eds.), Causatives and
Transitivity, Amsterdam and Philadelphia, Benjamins: 87-120.
Haspelmath M. (2003), “The geometry of grammatical meaning: semantic
maps and cross-linguistic comparison”, in Tomasello M. (ed.), The New
Psychology of Language. Vol. 2, Mahwah NJ, Erlbaum: 211-242..
Kemmer S. (1993), The Middle Voice, Amsterdam and Philadelphia,
Benjamins.
Kujọrẹ O. (1973), Greek Polymorphic Presents. A Study of their Development
and Functional Tendencies, Amsterdam, Hakkert.
Lazzeroni R. (2004), “Inaccusatività indoeuropea e alternanza causativa
vedica”, Archivio Glottologico Italiano, 89: 1-26.
Lehmann W.P. (1942), “The Indo-European dh-determinative in Germanic”,
Language, 18: 125-132.
20
Lehmann W.P. (1943), “The Indo-european dh-determinative as Germanic
preterite formant”, Language, 19: 19-26.
Levin B., Rappaport Hovav M. (1995), Unaccusativity: at the Syntax-Lexical
Semantics Interface, Cambridge, Mass., MIT Press.
Magni E. (2004), “‘Doppioni’ e alternanze nel greco omerico: i presenti in
-qw”, in Rocca G. (ed.), Dialetti, dialettismi, generi letterari e funzioni
sociali. Atti del V Incontro Internazionale di Linguistica Greca (Milano,
12-13 settembre 2002), Alessandria, Edizioni dell’Orso: 329-342.
Magni E. (2008), “Continuità e contiguità nelle categorie verbali: le forme in
-q- del greco”, Archivio Glottologico Italiano 93.2: 1-55.
Manney L.J. (2000), Middle Voice in Modern Greek. Meaning and Function
of an Inflectional Category, Amsterdam and Philadelphia, Benjamins.
Maslov J.S. (1988), “Resultative, perfect, and aspect”, in Nedjalkov V.P.
(ed.), Typology of Resultative Constructions, Amsterdam and Philadelphia,
Benjamins: 63-85.
Nedjalkov V.P. (1988), “The typology of resultative constructions”, in
Nedjalkov V.P., Jaxontov S.Je (eds.), Typology of Resultative
Constructions, Amsterdam and Philadelphia, Benjamins: 3-62.
Pernéè L. (1984), “Passif et moyen en grec ancien”, CLAIX (Cercle
Linguistique d’Aix-en-Provence, Travaux: Le Passif), 2: 93-102.
Prévot A. (1935), L’aoriste grec en -qhn, Paris, Champion.
Risch E. (19742), Wortbildung der homerischen Sprache. Zweite, völlig
überarbeitete Auflage, Berlin and New York, Mouton de Gruyter.
Schwyzer E. (1953), Griechische Grammatik. 1. Band, Allgemeiner Teil:
Lautlehre, Wortbildung, Flexion, München, Beck.
Sorace A. (2000), “Gradients in auxiliary selection with intransitive verbs”,
Language, 76: 859-890.
21