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Glieli
avrà dati con gioia. Gesù moltiplica dei pani che sono dati, non creati di nuovo. Dio ha
bisogno degli uomini, del loro cuore e della loro vita per moltiplicare la sua presenza e il
suo dono di vita. Questo in fondo è la messa: veniamo a mettere a disposizione di Cristo i
gesti della nostra vita quotidiana perché li trasformi e li assuma come luoghi e strumenti
della sua salvezza per i fratelli che incontriamo. All'offertorio offriamo il pane, alla
comunione lo mangiamo come Corpo di Cristo perché diveniamo anche noi, usciti da
messa, il corpo di Cristo che prolunga l'amore di Dio verso tutti. Viviamo davvero così la
nostra messa ogni domenica?
Il terzo è l’eucaristia, che il pane distribuito prefigura: «Lo si vede nel gesto di Gesù che “recitò la
benedizione” prima di spezzare i pani e distribuirli alla gente. È lo stesso gesto che Gesù farà
nell’Ultima Cena, quando istituirà il memoriale perpetuo del suo Sacrificio redentore.
Nell’Eucaristia Gesù non dona un pane, ma il pane di vita eterna, dona Se stesso, offrendosi al
Padre per amore nostro».
Nota a margine. Abbiamo iniziato questa nota con quell’accenno al miracolo che usa Francesco
per introdurre la sua riflessione, ché senza i miracoli del Signore – evidenti a tutti o più
nascosti che siano – non si dà fede. Infatti, il Vangelo per gran parte racconta proprio di questi.
E «credettero» è la chiosa riferita ai discepoli che riporta il Vangelo a ogni nuovo miracolo del
Signore. Ovvio che si può anche negarli, come accadeva al tempo. Come anche farne un inutile
orpello dell’avvenimento cristiano, come tendono a fare oggi anche alcuni pastori della Chiesa più
o meno illustri.
Sono due gli aspetti rilevanti di questa parabola, utili per meditare e pregare. Il primo è
la tenerezza di Gesù: il Signore si accorge della nostra fame e non vuole lasciarla delusa.
Ma chi offre a Gesù i cinque pani e i due pesci? Il vangelo ci dice che è un
ragazzo (in greco: paidarion , che si può tradurre anche «un bambino», «un infante»). Un
bambino ha portato qualcosa per sé: gli viene chiesto di condividerlo. Che cosa avrà
pensato quel ragazzo, quando i discepoli chiedono in giro chi ha qualcosa da mangiare...
Non è difficile indovinare i suoi pensieri: «Se metto in comune il poco che ho (e poi sono
pani di orzo, di poco valore), con tanta gente, per me che cosa rimane?».
Eppure la logica che muove quel ragazzo è diversa! Fa un gesto semplice: non bada a se
stesso e dona tutto quello che ha; ma è pure un gesto di una grandezza
incommensurabile, perché Gesù prende proprio quei pani e quei pesci, li benedice e li
dona a tutti! E una folla immensa si sfama! L’evangelista Giovanni nota il gesto generoso
del bambino che ha capito lo spirito del vangelo.
Quante volte ci siamo sentiti interrogati dalle urgenze di altri e ci siamo
acquietati dicendoci che posso dare?.., Non ho niente!... Ma è proprio quel niente nelle
nostre mani che, affidato al Signore, può moltiplicarsi, e può diventare sostegno e ristoro
per tanti al di là di ogni nostra previsione. Il Signore ci chiede questo: sii fedele nel poco,
là dove essere fedeli non significa custodire rabbiosamente il poco che riconosciamo di
avere, ma piuttosto avere l’umiltà e il coraggio di una condivisione nella fiducia che la
volontà di salvezza del Signore vuole passare per le nostre povere mani.
DIRITTO DI ESSERE UN BAMBINO
Chiedo un luogo sicuro dove posso giocare
chiedo un sorriso di chi sa amare
chiedo un papà che mi abbracci forte
chiedo un bacio e una carezza di mamma.
Io chiedo il diritto di essere bambino
di essere speranza di un mondo migliore
chiedo di poter crescere come persona
Sarà che posso contare su di te?
Chiedo una scuola dove posso imparare
chiedo il diritto di avere la mia famiglia
chiedo di poter vivere felice,
chiedo la gioia che nasce dalla pace
Chiedo il diritto di avere un pane,
chiedo una mano
che m’indichi il cammino.
Non sapremo mai quanto bene
può fare un semplice sorriso
Madre Teresa di Calcutta