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Cinque pani e due pesci forse era la povera merenda di un bambino, quel giorno.

Glieli
avrà dati con gioia. Gesù moltiplica dei pani che sono dati, non creati di nuovo. Dio ha
bisogno degli uomini, del loro cuore e della loro vita per moltiplicare la sua presenza e il
suo dono di vita. Questo in fondo è la messa: veniamo a mettere a disposizione di Cristo i
gesti della nostra vita quotidiana perché li trasformi e li assuma come luoghi e strumenti
della sua salvezza per i fratelli che incontriamo. All'offertorio offriamo il pane, alla
comunione lo mangiamo come Corpo di Cristo perché diveniamo anche noi, usciti da
messa, il corpo di Cristo che prolunga l'amore di Dio verso tutti. Viviamo davvero così la
nostra messa ogni domenica?

Per vivere oggi


LA FAME CHE C'E' NEL MONDO Ogni giorno ci sono popoli interi che hanno davanti solamente
un orizzonte di fame! Tanta fame e nulla per quietarla. Alcuni sopravvivono solo grazie agli aiuti
internazionali. Altri muoiono, ogni giorno, perché mancano del cibo necessario. Sono molte le
iniziative con cui si cerca di aiutare coloro che hanno fame. Ma non bastano. Ogni giorno, in ogni
paese, delle persone hanno fame. Non hanno una casa, non hanno né salario, né lavoro. Per
sopravvivere sono costrette a "chiedere", a supplicare. Dipendono dagli altri. Per venir loro in
aiuto sono stati costituiti degli organismi, ma non bastano. Allora, come arrivare a sconfiggere
la miseria e la fame? Perché ogni giorno tante persone muoiono di fame? Perché popoli interi
sono obbligati ad accontentarsi delle "briciole" mentre altri altri hanno veramente troppo? Come
si fa a lavorare, se si ha fame? Come si può amare? Come si può essere felici di vivere? Com'è
possibile avere fiducia?
UN MONDO IN CUI SI CONDIVIDE Se ci fosse un mondo in cui l'importante non è acquistare
per accumulare molte ricchezze per sé, né vendere al prezzo più caro, ne possedere di più -
anche se gli altri hanno sempre di meno... Se ci fosse un mondo in cui non si considera gli altri
solamente come clienti che fanno guadagnare, ma ci si occupa degli interessi altrui e non solo
dei propri, in cui si condivide con coloro che non hanno nulla, per permettere loro di svilupparsi
e di non andare a mendicare, un mondo in cui spartire l'amicizia vale più di qualsiasi quotazione
in borsa... Se ci fosse un mondo in cui ci si aiuta si comunicano idee e capacità, si dona per
amicizia e non solo per arricchirsi, in cui si fa di tutto per aiutare gli altri a vivere da uomini e
donne liberi... Ebbene in un mondo del genere, la fame e la miseria sarebbero vinte. Un sogno?
No: con Gesù è cominciato proprio questo mondo!
I CRISTIANI MOLTIPLICANO IL PANE Per noi il pane rappresenta il nutrimento quotidiano,
ma anche il lavoro, la dignità, la possibilità di imparare e di sviluppare la propria intelligenza, la
libertà di parlare e di ,postarsi, la gioia di conoscere Dio e di poterlo celebrare, la possibilità di
scegliere in qual modo vivere la propria esistenza, e poi anche ... Tutti gli uomini e tutte le donne
hanno diritto a questo pane! Essere cristiani vuol dire impegnarsi per "moltiplicare" questo pane.
Vuol dire agire perché un numero sempre più grande di persone possano nutrirsene. Gesù stesso
ha dato da mangiare. Come possiamo credere in lui se non facciamo lo stesso?
Il Papa e il miracolo della moltiplicazione dei
pani e dei pesci

«In questa domenica, il Vangelo ci presenta il


miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci»: Francesco ha iniziato così l’Angelus del 3
agosto. E ha spiegato che questo episodio contiene «tre messaggi». «Il primo è la compassione. Di
fronte alla folla che lo rincorre e – per così dire – “non lo lascia in pace”, Gesù non reagisce con
irritazione, non dice: “Questa gente mi dà fastidio”. No, no. Ma reagisce con un sentimento di
compassione, perché sa che non lo cercano per curiosità, ma per bisogno. Ma stiamo attenti:
compassione – quello che sente Gesù – non è semplicemente sentire pietà; è di più! Significa con-
patire, cioè immedesimarsi nella sofferenza altrui, al punto di prenderla su di sé. Così è Gesù: soffre
insieme a noi, soffre con noi, soffre per noi. E il segno di questa compassione sono le numerose
guarigioni da lui operate». E ha spiegato come «Gesù ci insegna ad anteporre le necessità dei poveri
alle nostre. Le nostre esigenze, pur legittime, non saranno mai così urgenti come quelle dei poveri,
che non hanno il necessario per vivere».
Il secondo è la condivisione. A sera i discepoli chiedono a Gesù di congedare le folle perché trovino
altrove il cibo. Una logica egoista, secondo il Papa. Invece «Gesù ragiona secondo la logica di Dio,
che è quella della condivisione. Quante volte noi ci voltiamo da un’altra parte pur di non vedere i
fratelli bisognosi! E questo guardare da un’altra parte è un modo educato per dire, in guanti bianchi,
“arrangiatevi da soli”. E questo non è di Gesù: questo è egoismo. Se avesse congedato le folle, tante
persone sarebbero rimaste senza mangiare. Invece quei pochi pani e pesci, condivisi e benedetti da
Dio, bastarono per tutti. E attenzione! Non è una magia, è un “segno”: un segno che invita ad avere
fede in Dio, Padre provvidente, il quale non ci fa mancare il “nostro pane quotidiano”, se noi
sappiamo condividerlo come fratelli».

Il terzo è l’eucaristia, che il pane distribuito prefigura: «Lo si vede nel gesto di Gesù che “recitò la
benedizione” prima di spezzare i pani e distribuirli alla gente. È lo stesso gesto che Gesù farà
nell’Ultima Cena, quando istituirà il memoriale perpetuo del suo Sacrificio redentore.
Nell’Eucaristia Gesù non dona un pane, ma il pane di vita eterna, dona Se stesso, offrendosi al
Padre per amore nostro».
Nota a margine. Abbiamo iniziato questa nota con quell’accenno al miracolo che usa Francesco
per introdurre la sua riflessione, ché senza i miracoli del Signore – evidenti a tutti o più
nascosti che siano – non si dà fede. Infatti, il Vangelo per gran parte racconta proprio di questi.
E «credettero» è la chiosa riferita ai discepoli che riporta il Vangelo a ogni nuovo miracolo del
Signore. Ovvio che si può anche negarli, come accadeva al tempo. Come anche farne un inutile
orpello dell’avvenimento cristiano, come tendono a fare oggi anche alcuni pastori della Chiesa più
o meno illustri.

Sono due gli aspetti rilevanti di questa parabola, utili per meditare e pregare. Il primo è
la tenerezza di Gesù: il Signore si accorge della nostra fame e non vuole lasciarla delusa.

Il secondo aspetto è la responsabilità a cui ci chiama: perché il miracolo avviene nella


condivisione del poco che è offerto. Cinque pani e due pesci benedetti da Gesù nelle mani
degli apostoli diventano cibo per sfamare cinquemila persone... E ne avanzano dodici
ceste...

Ma chi offre a Gesù i cinque pani e i due pesci? Il vangelo ci dice che è un
ragazzo (in greco: paidarion , che si può tradurre anche «un bambino», «un infante»). Un
bambino ha portato qualcosa per sé: gli viene chiesto di condividerlo. Che cosa avrà
pensato quel ragazzo, quando i discepoli chiedono in giro chi ha qualcosa da mangiare...
Non è difficile indovinare i suoi pensieri: «Se metto in comune il poco che ho (e poi sono
pani di orzo, di poco valore), con tanta gente, per me che cosa rimane?».

Eppure la logica che muove quel ragazzo è diversa! Fa un gesto semplice: non bada a se
stesso e dona tutto quello che ha; ma è pure un gesto di una grandezza
incommensurabile, perché Gesù prende proprio quei pani e quei pesci, li benedice e li
dona a tutti! E una folla immensa si sfama! L’evangelista Giovanni nota il gesto generoso
del bambino che ha capito lo spirito del vangelo.
Quante volte ci siamo sentiti interrogati dalle urgenze di altri e ci siamo
acquietati dicendoci che posso dare?.., Non ho niente!... Ma è proprio quel niente nelle
nostre mani che, affidato al Signore, può moltiplicarsi, e può diventare sostegno e ristoro
per tanti al di là di ogni nostra previsione. Il Signore ci chiede questo: sii fedele nel poco,
là dove essere fedeli non significa custodire rabbiosamente il poco che riconosciamo di
avere, ma piuttosto avere l’umiltà e il coraggio di una condivisione nella fiducia che la
volontà di salvezza del Signore vuole passare per le nostre povere mani.
DIRITTO DI ESSERE UN BAMBINO
Chiedo un luogo sicuro dove posso giocare
chiedo un sorriso di chi sa amare
chiedo un papà che mi abbracci forte
chiedo un bacio e una carezza di mamma.
Io chiedo il diritto di essere bambino
di essere speranza di un mondo migliore
chiedo di poter crescere come persona
Sarà che posso contare su di te?
Chiedo una scuola dove posso imparare
chiedo il diritto di avere la mia famiglia
chiedo di poter vivere felice,
chiedo la gioia che nasce dalla pace
Chiedo il diritto di avere un pane,
chiedo una mano
che m’indichi il cammino.
Non sapremo mai quanto bene
può fare un semplice sorriso
Madre Teresa di Calcutta

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