RTTABISCETTI
Ha scritte Hans R. Jauss che ogni civiltà è popolata da miti e immagini ca-
noniche che ne costituiscono quasi il códice genético. Ogni impresa o comporta-
mento di una determinata epoca verrebbe quindi recepita secondo le aspettative di una
comunità che vive in quel códice^.
Vanno considerate in questa prospettiva le reazioni dei portoghesi, o almerio
delle classi dominanti del Portogallo tardo - quattrocentesco, o gli stimoli di quel
desiderio di gloria che si era instaurato nel paese con le prime imprese di scoperte e
conquista. Anche dal Portogallo erano partia i nuovi umanisti alia volta dell'Italia
dove un personaggio come Angelo Poliziano sarebbe divenuto il maestro di un
manipolo di dotti che avranno i nomi di Aires Barbosa, Henrique Caiado e Luis
Teixeira®.
È in questo contesto che nasce la nota epistola di D. João II al Poliziano^3).
(í) Hans Robert Jauss, Asthetische Erfahrung und literarische Hermeneutik, Frankfurt, 1982, da
me consultata nella traduzione di Bruno Argenton, Esperienza estética ed ermeneutica
letteraria, Bologna, II Mulino, 1988.
(2) SuU'introduzione dell'Umanesimo in Portogallo, ancora fondamentale la sintesi di Américo
da Costa Ramalho, "A Introdução do Humanismo em Portugal". Ora nei suoi Estudos sobre o
século XVI, Lisbonne-Paris, Fundação Calouste Gulbenkian, 1980; 2- edizione, Lisboa,
1983. Vedi inoltre José V. de Pina Martins, "L'Humanisme Européen et son rayonnement au
Portugal", nel suo Humanisme et Renaissance de l'Italie au Portugal. Les deux regards de
Janus. Lisbonne-Paris, Fondation Calouste Gulbenkian, 1989, vol.JJ, pp. 1031 e sgg.
(3) Per il testo delle lettere del Poliziano a D. João II, a Luís Teixeira e per la risposta del re,
cfr. Angelo Poliziano, Opera omnia, a cura di Ida Maier, Torino, Bottega d'Erasmo, 1971,
vol. I, pp. 136-140. Fidelino de Figueiredo, A Épica Portuguesa no século XVI, Lisboa,
Imprensa Nacional Casa da Moeda, 1- ed. São Paulo, 1950; Guido Battelli, «La
corrispondenza dei Poliziano col re Don Giovanni II di Portogallo», in La Rinascita, Firenze,
2, 1939, pp.280-298. La lettera del Poliziano a João Teixeira è riportata nelTappendice di
292 RTTABISCETTI
Tke Eclogues of Henrique Cayado, edited, with Introduction and notes, by Wilfred P. Mustard,
Ph.D, D. Lett., Oxford, University Press, 1931.
(4) Sul problema delia Roma Triumphans, cfr. Scritti Inediti e Rari di Biondo Flávio, con
introduzione di Bartolomeo Nogara, Roma, Tipografia Poliglotta Vaticana, 1927. Nel
momento in cui il presente lavoro viene consegnato per le stampe, esce per i tipi della
Fundação Calouste Gulbenkian il volume di Luís de Matos, L'expansion Portugaise dans la
Littérature Latine de la Renaissance, Lisbonne-Paris, Fundação Calouste Gulbenkian, 1991
(tesi discussa alla Sorbonne nel 1959) in cui molti dei materiali da me studiati vengono
esaminati. Mi riprometto di ritornare sull'argomento in una prossima occasione.
La gloria dei portoghesi: ancora sull'epistola di Poliziano a D. João II 293
(3) Cito da: Rime di Torqùato Tasso, vol. IV, Bologna, 1902, p.193. Questa ed. Solerti, basata
sulla Princeps, è 1'unica a riportare le varianti dei manoscritto bolognese.
294 RTTABISCETTI
... intelleximus, te glori ostrae (si qua in humanis est) fore per-
cupidum, et nomen nostrum c rebus gestis, tuo literário beneficio ab
oblivionis rubigine reddere exempium. Quae etsi satis magnum summae in nos
benevolentiae ac observantiae argumentum testantur, tamen ea magis ab animi
tui probitate, ingeniique acumine, atque doctrinae copia, quae ionge maiora
suspirant, credimus emanasse. Pro quibus magnas tibi habemus gratias, quas
dum tempus et res exegerint, cumulatiores referemus, speramusque tuae erga nos
affectionis te non poenitereW.
Ma, continua D. João II, non esiste nessuna preoccupazione per i nostri
annali se tu li renderai degni di essere letti: soltanto cosi il Portogalio acquisterà la
gloria che si è meritato compiendo imprese tanto importanti.
Due le affermazioni da sottolineare di D. João II: "gli annali scritti, secondo
l'uso del regno, per i posteri, in lingua portoghese" e "per suo ordine, redatti in lin-
gua latina, anche se familiare", ma soprattutto il fatto che "limati dalla penna dei
Poliziano, questi stessi scritti saranno degni di essere letti". Ma letti da chi? Che
necessita c'era perché le imprese compiute fossero lette e considerate exempla per i
posteri e che fossero scritte in latino? Per i portoghesi era sufficiente che fossero
scritte e, si presume, molto meglio, se scritte in portoghese. Perché dunque questa
compilazione in latino? Forse per facilitare il compito al Poliziano, nonostante i 54
studenti portoghesi che frequentavano lo Studio Fiorentino negli anni compresi tra il
1473 e il 1503(10\ oppure perche solo il latino coito era veicolo di trasmissione.
D. João II fu un umanista nel senso più completo dei termine non solo perché
si adoperò con ogni mezzo per mettere in contatto studiosi portoghesi con studiosi
italiani, perché usava il latino, come dei resto tutti i monarchi dell'epoca, per cor-
rispondere con principi e dotti, ma soprattutto perché aveva capito che la fama delle
imprese portoghesi sarebbe diventata gloria soltanto se queste fossero state conos-
ciute nel dettaglio dai dotti di tutto il mondo e che il veicolo utile a questo scopo era
esclusivamente la lingua latina espressa in uno stile forbito. La storia infatti di per
sé "ornatu suo, ac nitore vacat" e quindi gli annali che la registrano non si prestano
ad essere letti gradevolmente.
Dei 54 studenti portoghesi, sopra ricordati, che frequentavano lo studio fio-
rentino, soltanto da sei venivano studiate le humanae litterae. Tutti gli altri studia-
vano medicina o diritto. I tre figli dello Chanceler-Môr di D. João II, João Teixeira, e
cioè Álvaro, Tristão e Luís^11) nel 1488 frequentavano sicuramente lo studio del
Poliziano e, molto probabilmente, seguirono anche il corso, per studenti stranieri, su
Plinio che il poeta aveva organizzato nel 1490 "Britannis quibusdam et Lusitanis,
qui se Fîorentiam contulerant studio'^12).
Il 17 agosto 1489 da Firenze, il Poliziano scrive una lettera a João Teixeira
per dargii notizia dei progressi fatti dai figli negli studi, ma forse soprattutto, per
chiedere una "raccomandazione" per la proposta fatta al re nella lettera che, molto
probabilmente, invia insieme a quella:
"°' Armando F. Verde, o.p., Lo Studio Fiorentino 1473-1503 . Ricerche e Documenti, Pistoia,
Presso «Memorie Domenicane», 1977, vol.III, p.XXIII.
*• ' ' Su Luís Teixeira cfr., tra 1'altro, Américo Costa Ramalho, «Luís Teixeira», in Humanitas,
Coimbra, vol. 29 e 30, 1977-78, pp.223-225.
*• ' Vincenzo Fera, Una ignota Expositio Suetoni dei Poliziano, Messina, Centro di Studi
Umanistici, 1983, p.19.
296 RITABISCETTI
...Qua fiducia videlicet ausim rogare te, clarissime vir, ut epistolae meae,
quae iudicium regis tui tamquam Apollinis subitura iam nunc tota tremit atque
horrescit, tantum favoris impertias auctoritate, qua polies, ut indulgentiam
potius quam censuram tantae illius maiestatis experiatur. Vale." 3 )
Segue la data, mentre non è datata la lettera inviata al re. Certamente dunque
questa alio Chanceler-Môr è di accompagnamento a quella per il re. Anche in questa
lettera, diciamo cosi "secondaría", Poliziano usa ló stile coito che gli è abituale e
termina i'epistola con il clássico topos letterario di modéstia che è anche una bella
immagine poética. Essa, 1'Epistola, trema e ha orrore per il doversi sottoporre al
giudizio del Dio Apollo, signore délie Muse, e cioè del re di Portogallo.
Dei tre fratelli Teixeira il più importante fu senza dubbio Luis, giurista dello
Studio ferrarese, nello stesso período in eui questo era frequentato da Henrique
Caiado, ma anche alunno del Poliziano a Firenze. Su di lui conosciamo, tra l'altro,
una notizia curiosa: possedeva un vocabolario (cosa evidentemente molto rara) che
veniva usato da coloro che seguivano il corso del Poliziano^14). Gli elogi délia lettera
inviata a João Teixeira sono dunque ben meritati, i figli dello Chanceler-Môr di D.
João II sono veramente degli studenti modello. Nonostante che siano tanto lontano
dalla casa, dalla pátria, dagli occhi del padre, rifuggono da tutte quelle cose che,
comprendono, potrebbero essere disdicevoli al loro buon nome: sono relígiosí, si
preoceupano delia loro salute, studiano con costanza ed entusiasmo insomma sono
próprio figli dí tale padre:
Ingeniis autem sic excellant, ut facile se (ne multa dixerim) tuos esse
liberos déclarent, Percipiunt facile, quae traduntur, pronunciam eleganter,
retinem fideliter, imitantur féliciter, Iam de studio quid dixerim? Nihil equídem
ego ardentius, nihil vidi perseverantius. Tantos ergo iam língua utraque fecere
profectus, ut ipse quoque non ímperitissímus íngeníorum magíster obstupes-
cam,(")
Questo Luís Teixeira, tomato in pátria, fu precettore dei futuro D. João III, il
re portoghese per íl quale.Gíi Vicente scrisse e rappresentò a corte, anzi nella stanza
dove era nato, il giorno delia sua nascita, l'Auto da Visitação o Monólogo do
Vaqueiro, primo testo dei teatro portoghese.
Umanísti italíaní come Stefano da Napoli, Giusto Saldino, Cataldo Parisio
Siculo, vivono in Portogallo presso la corte di Afonso V, invitati dal re. Próprio
d°> Joaquim Veríssimo Serrão, A Historiografia Portuguesa, Lisboa, Editorial Verbo, 1972, vol.I,
pp.93-94.
v-'' L'edizione è a cura deli'Academia das Ciências, nella «Colecção de Livros Inéditos de História
Portugueza», vol.II. Ancora a cura deli'Academia das Ciências ne è stata pubblicata una
traduzione portoghese: Livro da guerra de Ceuta, escrito por Mestre Mateus de Pisano,
tradução de Roberto Correia Pinto, Lisboa, 1915. L'originale si trova nella biblioteca di D.
Manuel H, nel Palazzo di Vila Viçosa.
d°' Lettera dei Poliziano ai re.
(19) ibid.
298 RTTABÏSCETTI
verbis aliquando suis in istius amorem virtutis ita mflarnmavit, ut dies, noctes-
que de tuis cogitare praeconiis non desistam...^ 0 )
Lo stesso re invia una lettera, in latino, a Lorenzo de' Medici nel 1487 e, succes-
sivamenîe, due al figîio e successore Piero (1494 el50Q). Lorenzo era dunque coîui
che stava all'origine deO'ammirazione del Poliziano per il re del Portogallo. Gli
elementi di "raccomandazione" sono eleocati in un crescendo importante:
1) ho richiesto ai giovani aliievi, figli dello Chanceler-Môr, di fare copiare,
in pátria, i commentari delle vostre res gestae, se esistono, ed essi hanno
promesso di farlo con la massima diligenza possibile per quelîo che
devono al loro maestro. Non volendo essere tacciato di pusillanimità,
preferisco scrivere di persona al re ed essere tacciato di audácia per aver
osato rinnovare questa richiesta;
2) professionalmente ho ottenuto una certa celebrità;
3) fin da piccolo ho vissuto in casa di Lorenzo de' Medici che mi ha
trasmesso l'amore per il tuo valore;
4) sono capace di immortaiare le tue imprese e le tue virtù in lingua greca o
latina.
Non esiste più il topos di modéstia che Poliziano aveva usato alla fine délia
lettera inviata a João Teixeira, non esiste qui il tremit atque horrescit confessato
all'amico, padre dei suoi aliievi, sulla possibile censura che il re, novelîo Apollo,
avrebbe potuto fare alla sua lettera. in questa, indirizzata direitamente al re, il poeta si
présenta in tutta la sua capacita di poter conferire immortalità ad una persona che,
con le sue imprese e le sue virtù, ha già acquistato la gloria: una gloria comunque
peritura se non verra proposta all'attenzione dei posted dalla lingua coita usata dal
Poliziano.
Le res gestae di D. João II sono state veramente moite e il loro elenco
costituisce la parte centrale délia lettera, mentre l'elogio delle benemerenze del re ne è
la parte iniziale. Una supplica a non lasciar perire tanti meriti chiude la prima parte e
una supplica ad accettare il poeta come cantore di îanta gloria chiude la seconda.
Il re João II
Ut enim quae pene puer adversus Ímpias Africae contumacis gente praelia
gesseris, ut fusos diversorum hostium validíssimos exercitus, ut capta oppida
vi, praedas abaetas, impositas nationibus asperrimis leges, ut idem domesticas
artes, et decora pacis minime bellicis concessura praeterirem: quanta se mini
(20) ibid.
La gloria dei portoghesi: ancora sull'epistola di Poliziano a D. João II 299
Qualche anno più íardi, Camões scriverà, dei portoghesi, che essi percorrevano:
mares nunca d'antes navegados.^22)
II re portoghese, continua Poliziano, è stato quello che ha soggiogato con i
suoi eserciti i'Oceano, ha tratto fuori dalle ténèbre eteme e restituito alia luce
dell'universo terre, mari, mondi:
... a te perdomiti Oceani magnis quibusdam exercitibus, ... terras alias,
mare aliud, alios mundos, aliaque postremo sidera non magis invenisti, quam ab
aetemis tenebris, et a veteri pene dixerim chao, rursus in hanc publicam lucem
protulisti?< 23 )
Altri meriti di D. João II sono elencati nella seconda parte délia lettera:
1) Essere re deîla Lusitânia vuole dire essere re di Romanae multitudinis
perché nei tempi antichi moîtissime colonie romane popolarono quella
regione.
2) Liberatore dell'Africa, cioè deîla terza parte délia terra, dalle catene dei
barbari.
3) Difensore delia santa fede Cristiana e delia vera religione, arbitro supremo
delia pace e delia guerra contro la perfídia rnaomettana.
4) Sequester et ianitor di un mondo diverso e di numerosissime nazioni
talmente lontane e sconosciute dove non arrivavano nemmeno le pur
velocissime ali delia fama.
5) Dispensatore dei battesimo a monarchi sconosciuti che anelano soltanto di
visitaria, di adorare íe vestigia dei suoi passi e di gettarsi ai suoi piedi per
ricevere il sacramento dalla sua destra potente tanto per la fede come per le
armi.
(2D ibid.
(22> Camões, Lus., I, 1.
( 23 ) ibid.
300 RITABISCETTI
Per tutti questi motivi gli abitanti degli estremi confini del mondo accorrono presso
il trono del re portoghese per vedere da vicino il suo sembiante, simile a quello degli
abitanti del cielo, in tutta la sua bellezza e la maestà divina delia sua fronte regale.
Un re cosi importante e singolare non può certamente non tenere in con-
siderazione 1'importanza di diventare immortale per se stesso e per essere di esempio
ai propri discendenti. Alessandra, si narra, pianse suila tomba di Achille ritenendolo
fortunato perche aveva avuto Omero come cantore delle sue imprese; Cesare scriveva
le memorie dei suoi fatti perfino sul campo di battaglia e durante la lotta. Anche
Camões ricorda il fatto:
Vai Cesar so[b]jugando toda França
E as armas não lhe impedem a ciência:
Mas, nua mão a pena e noutra a lança."'*)
È dunque degno dell'intelligenza divina dei re riflettere su queste argomentazioni:
occorre lasciare ai figli e ai nipoti norme e regole perche essi non deviino dalla
perenne e certa virtu degli antenati. Avere figli di rara bellezza e non alimentarli è
come compiere azioni gloriose e non renderle famose attraverso le lettere:
Nihil autem interest, utrum pulcherrimos quispiam filios gignat, nec
cíbis tamen enutríat, an íngentia edat facínora, nec literis tamen illustret. Absit
hoc, absit excellentissime rex, ut tuae istae ímmortalitate dignissimae laudes,
in vasto illo nostrae fragilitatis acervo delitescant.í'")
Le conquiste e le navigazioni portoghesí dovevano essere considerate, a Ro-
ma, moite important! se íl desiderío di Polizíano era già stato di Biondo Flávio che,
da Siena, il I a marzo 1459 scrive, su suggerimento dí João Fernandez da Sylveira, ad
Afonso V dí Portogallo per congratularei delle vittorie riportate in Africa contro i
Mori e dirgli che volentíeri ne avrebbe scritta la storia se il re gli avesse procurato
gli elementi necessari; Afonso V sarebbe stato cosi di esempio ai posteri e sarebbe
divenuto immortale perché le sue imprese sarebbero durate negli anni futuri almeno
finché fossero esistite le lettere latine:
... et quidem ílli parem superioremque quam Traianus Hadrianus et Theo-
dosius, Romani principes, tui Hispani, rerum a se gestarum, quas elegantes
Biondo Flávio iascia passare due anni dall'invio delia leitera ai re, e non
avendo avuto risposta scrive ali'amico Joio Fernandez da Sylveira, il 30 gennaio
1461 da Roma, ricordandoglí la sua promessa falta a lui e ai re di scrivere la storia
delia guerra contro i Mori e delle navigazioni intraprese da Afonso V nell'Ailantico,
non appena avesse terminate di scrivere la Roma Triumphans e avesse avuto a
disposizione notizie e documenti necessari: non gli erano pervenute né le une né gli
altri e cosi era sovente rimproverato da tutti per ií ritardo, Nemmeno questa lettera
ottiene una risposta e il Biondo rinuneia definitivamente dedicandosi ad altri lavorí
letterari(27>.
I due scrittori italiani furono aceomunati dalla stessa sorte: nessuno dei due
scrisse la storia delle res gestae portoghesi; il Biondo non ebbe ncppure forse la
risposta di Afonso V, il Poliziano ebbe quelia cortese e lusinghiera di JoEo II, ma
nessuno dei due le notizie che servivano alia stesura dcll'opera. Poliziano forse mort
prima di poterie avère. La lettera del re portoghese scritta a Poliziano in risposta a
quelia del poeta ha la data del 23 ottobrc 1491 in Lisbona, l'umanista muorc a
Firenze nel settembre del 1494,
Di 11 a poehi anni i portoghesi veleggeranno verso l'Italia e attraverseranno
l'oceano, Illustreranno ai mondo 1© loro impress con ambascerie e discorsi famosi.
Ma l'idea di gloria ehe gli umanisti avevano tanto propagato si è ormai saldamente
radícata nella cultura portoghese: Camões scriverà in portoghese, perche sia acces-
sible a tutti i portoghesi, il poema épico delia sua gente, anche lui convinto che
contano le imprese compiute, ma la gîoria si acquista soltanto se cantati dai poeti:
Quem valerosas obras exercita,
Louvor alheio muito o experta o incita.
Não tinha em tanto os feitos gloriosos
De Aquiles, Alexandre, na peleja,
Quanto de quem o canta os numerosos
Versos: isso só louva, isso deseja.
" ' II testo è tratto dall'ed. delle Leliere di Biondo Flávio curata da B. Nogara, op.cit.
( 27 > id., pp. CLXI-CLXH.
302 RXTABISCETTI
Tuttavia, continua 1'Ariosto, i buoni poeti sono rari per colpa dell'avarizia dei
signori attaali
Per 1'Ariosto dunque soltanto il canto dei poeti rende immortali coloro che
hanno compiuto grandi imprese. Gli eroi assumono qualità e virtu soltanto attraverso
gli scrittori i quali però devono essere ben remunerati dai discendenti di tali perso-
naggi se costoro desiderano avere antenati illusiri.
( 3 1 ) ibid., 57-64.