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!Elaborato n.

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Recensione di un disco jazz strumentale pubblicato tra
il 1975 e il 1985.

American Garage, Pat Metheny Group


(1979)
Francesco Di Maggio
27 marzo 2016
Artista
Pat Metheny Group
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Pubblicazione
Giugno 1979
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Etichetta
ECM Records
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Durata
35’ 21’’
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Genere
Jazz fusion
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Tracce
5
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1. (Cross the) Heartland - 6:55
2. Airstream - 6:20
3. The Search - 4:51
4. American Garage - 4:12
5. The Epic - 12:59
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Musicisti
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Pat Metheny - chitarra, chitarra 12 corde
Lyle Mays - pianoforte, sintetizzatore, autoharp, organo
Mark Egan - basso
Dan Gottlieb - batteria
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Valutazione
4,5/5
American Garage è un disco jazz fusion strumentale pubblicato
dalla EMC Records nel giugno del 1979.
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Vincitore dei New York Jazz Awards come miglior album dell’anno
1980, esso rappresenta il disco che ha portato al successo il Pat
Metheny Group.
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Sin dalla prima traccia, infatti, è immediatamente riconoscibile quel
particolare tipo di sound che accompagnerà la band per la loro
intera carriera: un sound che fa del jazz e del rock una virtuosistica
fusione, in cui melodia, sperimentazione e sintesi confluiscono in
un’armonia perfetta.
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In particolare, le vivaci tastiere di Lyle Mays accompagnano la
scintillante chitarra di Pat Metheny, mentre - senza prevalere - li
seguono, da un lato, Dan Gottlieb con ritmi chiari e incalzanti;
dall’altro, Mark Egan, impegnato in sinuose linee di basso.
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1. La prima traccia è “(Cross the) Heartland”, uno splendido
dialogo tra chitarra e basso, dove il tono sembra avere un
carattere piuttosto nostalgico e vagamente indefinito. Da un
punto di vista tecnico, invece, più che porre l'enfasi sul groove, i
due strumenti giocano sulle timbriche e sul fraseggio, ponendosi
perciò a obiettivo quello di ricreare un’atmosfera pulita, limpida
e cristallina.
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2. Segue “Airstream”, una ballad profonda e innocente, dove ciò
che più risalta ai sensi è il suo caratteristico spirito libero. Uno
spirito libero che riesce ad essere catturato - con estrema
semplicità e chiarezza formale - dalla musicalità mai scontata e
sempre originale di Metheny che, attraverso le sue incantevoli
progressioni di accordi, scandisce il flusso temporale.
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3. “The Search” è un brano che originariamente venne destinato ad
una serie di documentari scolastici dall’impronta scientifica. Se
lo si ascolta attentamente, infatti, è possible riconoscervi un che
di scientifico non solo nell’andamento ritmico, ma anche - e
soprattutto - in quello melodico e armonico.
4. Con poco margine di errore, si può affermare che “American
Garage”, la quarta traccia dell’omonimo album del Pat Metheny
Group, rappresenta la sintesi delle loro ricerche timbriche,
ritmiche e formali e, più in generale, di quelle musicali. Difatti,
dopo un’analisi più attenta, possiamo notare che, mentre, da un
lato, l’esordio tipicamente beatlesiano della batteria sta a
sottolineare l'importanza del rock all’interno della musica della
band; dall’altro, il groove a volte “aggressivo”, dinamico e
accattivante, a volte sconfinante nel blues e sempre ricco di
cambi ritmici, faccia del jazz l’altro volto della stessa medaglia,
di cui - preziosamente - il PMG ne rappresenta il valore.
!
5. “The Epic” è l’ultima traccia di un album forse troppo breve. In
questa occasione, Metheny e Mays eseguono quelle che, senza
ombra di dubbio, sono le improvvisazioni più ispirate e meglio
riuscite dell’intero disco. La precisione del frontman e, in
generale, del Pat Metheny Group, è straordinariamente chiara,
minimale e priva di eccessi.
!
Le cinque composizioni che caratterizzano l’album sono state tutte
co-firmate dalla penna del virtuosissimo chitarrista Pat Metheny e
del più che talentuoso pianista Lyle Mays. Questo lascia emergere
un chiaro segnale di prolifica ed armonica intesa tra due ottimi
artisti emergenti, dotati di spiccata creatività e marcata voglia di
sperimentare nuovi suoni attraverso l’uso di strumenti innovativi.
!
Insomma.
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Considerando che dura nel complesso poco più di mezz’ora,
American Garage è senza dubbio quel genere di album da ascoltare
almeno un paio di volte.
!
La prima in quest’arco di giornata in cui, dopo essersi pienamente
rilassati, chiudiamo gli occhi a braccia conserte e gambe distese,
lasciando fuori della stanza i massimi sistemi, col quel bisogno
originario di ascoltare suoni, silenzio, rumori o jazz fusion, che sia.
!
La seconda? Come si vuole.

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