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CATERINA DA SIENA

Caterina di Jacopo di Benincasa, conosciuta come Santa Caterina, nasce a Siena il 25 marzo
1347, ventiquattresima di venticinque figli.
Il padre, Jacopo Benincasa, era un tintore, e la famiglia abitava nella località Fontebranda
nella contrada dell’Oca. Il suo fu un parto gemellare, ma la sorella Giovanna morì poche
settimane dopo.
Secondo il suo biografo e confessore, Raimondo da Capua, Caterina ha la prima visione a sei
anni quando, recandosi in visita alla sorella, vede il Cristo con abiti pontificali davanti alla
Chiesa di San Domenico (la stessa dove riceverà le stigmate).
La visione acquisisce un forte significato simbolico se si considera il ruolo di rilievo che la
Santa andrà a coprire presso la Santa Sede.
All’età di dodici anni decide di consacrarsi, ma i genitori si opposero, preferendo per lei il
progetto di un matrimonio vantaggioso. D’altro canto, prendere i voti significava versare una
dote al monastero a cui si decideva di appartenere, spesa che la famiglia non poteva
permettersi. Fu allora “messa in quarantena” dagli stessi familiari.
Tuttavia, la tradizione vuole che il padre, dopo aver sorpreso la figlia in preghiera, si sia
convinto a non ostacolare ulteriormente le aspirazioni di lei.
Il desiderio di Caterina era unirsi alle Terziarie domenicane e per questo convinse la madre a
rivolgersi alla priora delle Sorelle della penitenza di San Domenico. Ciononostante, non le fu
permesso di unirsi all’ordine poiché nubile e troppo giovane.
Ammalatasi gravemente Caterina, la madre si recò nuovamente dalle Mantellate e stavolta
l'opera di persuasione convinse l'ordine ad accoglierla: dopo un miracoloso recupero,
Caterina ricevette l’abito da Terziaria domenicana dai frati dell’ordine, seppure contro il
parere delle suore dell’ordine stesso che fino ad allora avevano accettato solo vedove.
Essendo una terziaria, viveva fuori dal convento, a casa con la famiglia, conducendo
comunque una vita dedita al silenzio e alla solitudine. Furono proprio le Mantellate ad
insegnare a Caterina a leggere.
La sua abitudine di regalare vestiti e cibo senza chiedere il permesso, costò caro alla famiglia,
ma non chiese mai niente per sé. Non accettava il loro cibo, riferendosi invece alla tavola
apparecchiata per lei in Paradiso con la sua vera famiglia.
Secondo Raimondo di Capua, all’età di ventuno anni, Caterina fece esperienza di ciò che
nelle sue Lettere descrive come “Matrimonio Mistico” con Gesù, un evento considerato
controverso perché sottintendeva un’unione in qualche modo fisica con Cristo.
Sempre secondo Raimondo, Cristo le intimò di lasciare la sua vita riparata ed entrare nella
vita pubblica.
Caterina si riavvicinò quindi alla famiglia e cominciò a prestare soccorso a malati e indigenti.
Le sue azioni le fecero guadagnare un discreto numero di seguaci nella nativa Siena.
Caterina compie il suo primo viaggio a Firenze nel 1374, probabilmente per essere
interrogata dalle autorità dominicane. Pare che proprio in occasione di questo viaggio ella
acquisì Raimondo da Capua come confessore e maestro spirituale.
A questo punto prese a viaggiare per tutto il nord e centro Italia con i suoi seguaci,
soprannominati “La Bella Brigata”, predicando a favore di una riforma ecclesiastica e
avvertendo le folle che espiazione e rinascita potevano avvenire solo grazie al “totale amore
per Dio”.
A Pisa, nel 1375, usò la sua influenza per impedire l’adesione della città alla lega antipapale
che stava affermandosi in quegli anni e promosse una nuova crociata. Durante questo
soggiorno ricevette le stigmate.
Dal 1375 in poi cominciò a dettare la sua corrispondenza a vari scribi.
Queste Lettere si rivolgevano a uomini e donne del suo circolo, tuttavia raggiunsero figure di
rilievo politico in tutta la penisola, chiedendo risorse per ottenere la pace tra le repubbliche e
il ritorno del Papato da Avignone. Ebbe un’intensa corrispondenza con Papa Gregorio XI.
Nel giugno del 1376 Caterina si recò ad Avignone come ambasciatrice di pace della
Repubblica di Firenze. Non ebbe successo, ma in questa occasione cercò di convincere
Gregorio XI a tornare a Roma.
Sappiamo che nel gennaio del 1377 Gregorio ritornò alla Santa Sede, ma quanto egli sia stato
influenzato da Caterina resta motivo di dibattito. In quello stesso anno Caterina fu mandata a
Firenze, di nuovo come ambasciatrice di Pace, questa volta per conto dello Stato Pontificio.
Fu quasi assassinata durante la rivolta dei Ciompi. Quando fu concordata la pace, Caterina si
trasferì silenziosamente a Firenze, per essere poi richiamata nuovamente a Roma da Papa
Urbano VI, all’alba dello Scisma d’Occidente, per consolidare la sua posizione.
Per molti anni si era sottoposta a una rigorosa etica di ascetismo. Le consorelle e lo stesso
padre spirituale, Raimondo di Capua, trovavano eccessivo il suo digiunare. Dal 1380 Caterina
appariva incapace di mangiare o bere. Lo stesso anno perse l’uso di entrambe le gambe.
Morì a Roma, il 29 aprile del 1380, all’età di 33 anni.
Le fonti sulla vita della Santa sono molteplici: anzitutto quelle autobiografiche, tra cui le
lettere, i Dialoghi e le sue preghiere. Ulteriori dettagli sulla sua vita vengono dal materiale
agiografico scritto poco dopo la sua morte per promuovere il suo culto e canonizzazione.
Molte fonti sono particolarmente importanti, tra cui il lavoro di Raimondo di Capua, suo
padre spirituale e confessore, che cominciò a scrivere il suo Legenda maior sanctae
Catharinae Senensis nel 1385, per poi completarlo nel 1395. Un’altra importante fonte
storica è il Libellus de Supplemento, scritto da Tommaso Caffarini: una rielaborazione del
Legenda maior, ampliato dalle annotazioni del primo confessore della Santa, Tommaso della
Fonte. Caffarini avrebbe più tardi pubblicato un Legenda Minor, un’altra rielaborazione ma
in forma ridotta. Dal 1411 in poi Caffarini si dedicò alla compilazione del Processus di
Venezia, una serie di documenti facenti parte del processo di canonizzazione di Santa
Caterina. Esiste anche un libretto intitolato “Miracoli della Beata Caterina”, di un anonimo
fiorentino.
L’opera principale di Santa Caterina è il trattato Libro della divina dottrina. Fu
probabilmente iniziato nell’ottobre del 1377, e terminato quasi sicuramente nel novembre del
1378. Le testimonianze dei contemporanei ci dicono che la maggior parte del libro fu dettato
da Caterina in estasi, anche se sembra possibile che la Santa stessa abbia rielaborato alcuni
passaggi. Il trattato è scritto nella forma di un dialogo tra un’anima resuscitata e Dio stesso.
Le Lettere sono oggi considerate una delle testimonianze più importanti della letteratura
toscana. Molte furono scritte sotto dettatura, anche se Caterina stessa imparò a scrivere nel
1377. Ce ne sono state tramandate circa 382. Nelle sue lettere al Papa si rivolge a lui
semplicemente come “Babbo”, invece del formale Sua Santità. Altri destinatari includono i
suoi vari confessori, tra cui Raimondo di Capua, i re di Francia e Ungheria, il mercenario
Giovanni Acuto (John Hawkwood), la Regina di Napoli, membri della famiglia milanese dei
Visconti e numerose figure religiose. Circa un terzo delle sue lettere sono dirette a donne.
Ci rimangono inoltre ventisei preghiere, la maggioranza delle quali furono composte durante
i suoi ultimi 18 mesi di vita.
La teologia di Caterina può essere descritta come “mistica”, e si rifaceva a un modello pratico
di vita. Usava il linguaggio della scolastica per elaborare il suo misticismo empirico.
Interessata a raggiungere un’unione oltre-fisica con Dio, praticava digiuni estremi e
ascetismo, a tal punto da vivere solo dell'Eucaristia che riceveva ogni giorno. Per Caterina
questa pratica era il mezzo per realizzare pienamente il suo amore per Cristo, tanto che molte
delle sue visioni avevano a che fare con il consumo o il rifiuto del cibo. Vedeva Cristo come
un “ponte” tra l’anima e Dio, teoria elaborate nel suo Libro della divina dottrina.

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