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Allievo Docente
Anno I
di rispondere a quelle teorie secondo le quali esiste un rapporto stretto tra le religioni monoteiste e le
guerre religiose. Teorie che evidentemente accusano i monoteismi di radicalismi, creando nel
frattempo molti equivoci che tendono ad oscurare la vera natura del cristianesimo.
Il documento si articola in cinque capitoli che dipanano il discorso alla luce di due domande
che i teologi si pongono come premessa e che riguardano a) la modalità con cui la teologia cattolica
può confrontarsi in modo critico con quella opinione culturale e politica che associa la religione
monoteista alle radicalizzazioni e quindi alla violenza. E b) In che modo la purezza religiosa delle
fede nel dio dei cristiani può essere riconosciuta come fonte dell’amore fraterno.
La commissione si pone quindi davanti a due questioni: la prima è quella di analizzare il substrato
culturale che determina il fraintendimento circa la natura della religione monoteista in genere e la
seconda che è consequenziale è quella di capire quali contenuti della fede e quale linguaggio sono
utili e necessari per far capire al credente e al non credente che il Cristianesimo non è votato alla
violenza ma all’amore fraterno. Dopo una prima analisi del problema, viene applicato il metodo
dell’auditus fidei, che è ricerca e conoscenza del contenuto della fede, ottenuta scandagliando i luoghi
teologici per reperire quei riferimenti della Rivelazione che si sono esplicitati progressivamente nella
Sacra Tradizione, nella Sacra Scrittura e nel magistero vivo della Chiesa, necessari per elaborare un
La commissione, nel presentare il documento spiega che il primo passo effettuato è quello di
<<interrogare l’orizzonte della fede biblica in quelle pagine in cui la Rivelazione di trova coinvolta
nelle forme di violenza fra gli uomini>> e su queste pagine trovare dei punti di riferimento che la
tradizione ha evidenziato per interpretare la Parola di Dio. La ricognizione termina con l’evento di
Gesù Cristo morto in croce simbolo cristiano di pace per antonomasia. Sulla base di tutte le
considerazioni raccolte, la commissione applica negli ultimi due capitoli il metodo dell’intellectus
fidei che esplicita la verità raccolte <<non solo cogliendo le strutture logiche e concettuali delle
proposizioni nelle quali si articola l’insegnamento della Chiesa, ma anche, e primariamente, nel far
emergere il significato di salvezza che tali proposizioni contengono per il singolo e l’umanità>>
spiegate all’inizio del documento e - sulla base del risultato dell’auditus fidei - cercare di proporre
una meditazione filosofico-teologica sulla esistenza e soprattutto sulla sua natura relazionale del Dio
cristiano che<nel suo immenso amore parla agli uomini come amici, per invitarli e ammetterli alla
comunione con sé>>(DV2). Per brevità di esposizione non si può in questo elaborato fare una sintesi
dell’intero documento. Probabilmente è più proficuo limitarsi fare una riflessione sui sospetti sul
monoteismo per poi commentare come - nel capitolo quattro - la commissione oppone la propria via
del dialogo ai nodi dell’ateismo umanistico, dell’agnosticismo religioso e a quello del laicismo
Assumiamo come punto di partenza il paragrafo due del capitolo I, nel punto in cui la
commissione spiega che Dio in quanto unità, principio e fine di ogni cosa ha alimentato per
lunghissimo tempo la convergenza della ragione e delle religioni, fino a <<regolare culturalmente e
formato il sospetto che la ricerca della verità e della giustizia visti come impegno per il bene comune
fossero dei sistemi per conformare gli individui e per sottometterli al disegno totalitario del pensiero
unico. La reazione alla ricerca della verità che appare illusoria è la conferma del pluralismo
accompagnata dalla teorizzazione del principio relativistico che sostituisce la Verità unica con verità
parziali. Ora, il cristianesimo è una religione monoteista fondata cioè sulla fede in un unico Dio, in
un unico riferimento e in una sola Verità che permea il mondo ma lo trascende. Questo fondamento
“fondamentalismo” prevaricatore di chi ritiene di “avere la verità assoluta” o come si dice oggi “La
verità in mano”.
E’ singolare il fatto che le stesse espressioni vengano usate in situazioni di conflitto tra persone (per
la verità non solo atee) che in fatto di verità si sono ridotte al piano categoriale. E’ poi certamente è
stravagante pensare al politeismo come <<antidoto alla violenza>> se riflettiamo per esempio su
quegli dei della classicità che non brillavano per sentimenti di fratellanza ma si distinguevano per le
continue lotte.
La denuncia aggressiva contro il monoteismo trova la sue reale ragione in vari movimenti di pensiero
che puntano a svuotare la coscienza dell’uomo, per lasciarlo senza riferimento trascendentale. La
mancanza di Dio fa sentire l’uomo talmente vuoto da indurlo a cercare altri dei o meglio idoli. Gli
idoli sono esseri che tendono al controllo e al possesso; sono Dei subdoli, perversi e prevaricatori nei
confronti dei loro simili. Dei che sono messi in bella vista per dividere il popolo in tante “sacche di
consenso” (non solo elettorale), ognuna votata ad un Dio: la razza, il genere, il partito, la tradizione,
il progresso e via dicendo. E da che mondo è mondo, un popolo diviso è un popolo che si può
facilmente dominare.
Alla base di questo fenomeno prevalentemente socio politico sta un ateismo razionale (di
stato) che si è costituito come sistema culturale. Esso afferma che Dio è l’invenzione dell’uomo il
quale è afflitto dal pensiero della morte e impotente di fronte al desiderio di vedere questa Divinità
che mai si svela completamente. In buona sostanza l’idea di Dio è un espediente dell’uomo, una sorta
di idolo, un fantasma, un feticcio che soddisfa le sue mancanze. Dietro Dio in effetti si nasconderebbe
il disegno totalitario dell’uomo che tende a ridurre il prossimo in schiavitù. Ora, ridurre Dio a fatto
prettamente antropologico, ad invenzione umana del bisogno da una parte e a mezzo di prevaricazione
dall’altra è l’azione tipica di un laicismo politico che spesso si mostra intollerante con le religioni,
tende ad impoverire la coscienza umana umana e soprattutto impone le proprie idee in modi poco
pacifici.
La risposta dei teologi non può che essere quella di riportare il discorso sul piano teologico-
metafisico. In effetti il documento si muove in questo senso quando dice che <<la fede rimane
convinta che la piena verità su Dio va infinitamente al di là di quello che la ragione umana può
Questo non significa che la fede neghi la ragione ma che la teologia cattolica <<non rinuncia a cercare
la sue strada nel rispetto di questa duplice istanza: quella dell’armonia della fede con i principi della
ragione, da un lato, e quella del trascendimento della filosofia da parte della fede>>. Si richiamano
fondamento dell’intera avversione verso Dio e la fede cristiana. Ed in particolare si dice che <<se
pure la filosofia non è in grado di conoscere ciò che deriva strettamente dalla rivelazione (la Trinità),
essa può aiutare a pensare ciò che è stato ricevuto per rivelazione e confutare le obiezioni rivolte alla
pensabilità della fede>>. Il che significa che seppure la ragione non arriva a conoscere la Trinità, essa
può sempre pensare all’intenzione pacifica di Dio che si presenta all’uomo <<“di persona”
Se la ragione non sa darsi pace di fronte al mistero dell’incarnazione, può sempre comprendere che
<<nella sua kenosis, il Figlio di Dio accetta di abitare fino in fondo l’impotenza e la debolezza
dell’uomo peccatore, attirando su di sé la potenza incontenibile e distruttiva del peccato, che l’uomo
non può vincere. Il Figlio di Dio accetta di vivere fino in fondo la forma drammatica della condizione
umana, invece di rimanere semplicemente nella gloria intatta e immutabile della sua condizione
divina>>. Senza dimenticare che nell’Orto degli ulivi Gesù interdice duramente ai discepoli la
reazione violenta verso chi lo sta per arrestare e nel frattempo li sottrae al <<forzato coinvolgimento
Se anche la ragione non sa spiegarsi la morte sulla croce e la resurrezione, può sempre capire che
l’annuncio che Gesù è stato eletto Cristo e Signore significa che è nuovo mediatore tra l’uomo e Dio
che grazie a Gesù Cristo Dio non è lontano ma prossimo interlocutore che pur di farsi capire parla la
lingua umana.
Seppure la ragione non arriva a conoscere l’atto di creazione di Dio può certamente pensare che Dio
creando per amore ha sostanzialmente creato il mondo per l’uomo e non per qualche altro fatto
estraneo. Lo ha fatto per comunicare la sua bontà e certamente un Dio così non può essere ostile
all’uomo. Peraltro il paragrafo 82 del quarto capitolo fa notare come il fatto che l’uomo sia stato
creato a immagine e somiglianza di Dio, significa che è intelligente e che è dotato della facoltà di
scegliere non solo di agire ma anche di come agire. Quale Dio creerebbe un uomo libero per poi
sottometterlo? L’uomo creato da Dio ha la dignità di <<essere causa>>. Dio gli ha dato la sconfinata
capacità di far-essere. Il che significa che l’uomo può rendere inesistente anche Dio, lasciandolo
nell’oscurità dell’indifferenza. Quale Dio prevaricatore farebbe questo all’uomo, all’altro? Quale Dio
violento e prevaricatore direbbe che la legge delle leggi è “Ama Dio e ama il tuo prossimo” chiedendo
solo di essere amato. Probabilmente solo un Dio creato dalla mente di un uomo la cui ragione dorme.