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PALERMO

FACOLTA’ TEOLOGICA DI SICILIA <<SAN GIOVANNI EVANGELISTA>>

ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE SAN LUCA

Nota di lettura – Introduzione alla Teologia

Commissione Teologica Internazionale

Documento

Dio Trinità, unità degli uomini – Il monoteismo cristiano contro la violenza

Allievo Docente

Gabriella Scalas Ch.mo Prof. Marcello Di Tora

Anno I

Anno accademico 2018 – 2019


È noto che sarebbe esistito un automa
costruito in un modo tale da reagire ad
ogni mossa di un giocatore di scacchi con
una contromossa che gli assicurava la
vittoria.

Un manichino vestito da turco, con una


pipa in bocca, sedeva davanti alla
scacchiera, posta su un ampio tavolo.
Con un sistema di specchi veniva data
l’illusione che vi si potesse guardare
attraverso da ogni lato.

In verità c’era seduto dentro un nano


gobbo, maestro nel gioco degli scacchi,
che guidava per mezzo di fili la mano del
manichino. Un corrispettivo di questo
marchingegno si può immaginare nella
filosofia.

Vincere sempre deve il manichino detto


«materialismo storico».

Esso può competere senz’altro con


chiunque se prende al suo servizio la
teologia, che oggi, com’è a tutti noto, è
piccola e brutta, e tra l’altro non deve
lasciarsi vedere”.

[Tesi sul concetto di Storia - W. Benjamin]


Il documento della commissione teologica internazionale che mi accingo ad analizzare ha l’obiettivo

di rispondere a quelle teorie secondo le quali esiste un rapporto stretto tra le religioni monoteiste e le

guerre religiose. Teorie che evidentemente accusano i monoteismi di radicalismi, creando nel

frattempo molti equivoci che tendono ad oscurare la vera natura del cristianesimo.

Il documento si articola in cinque capitoli che dipanano il discorso alla luce di due domande

che i teologi si pongono come premessa e che riguardano a) la modalità con cui la teologia cattolica

può confrontarsi in modo critico con quella opinione culturale e politica che associa la religione

monoteista alle radicalizzazioni e quindi alla violenza. E b) In che modo la purezza religiosa delle

fede nel dio dei cristiani può essere riconosciuta come fonte dell’amore fraterno.

La commissione si pone quindi davanti a due questioni: la prima è quella di analizzare il substrato

culturale che determina il fraintendimento circa la natura della religione monoteista in genere e la

seconda che è consequenziale è quella di capire quali contenuti della fede e quale linguaggio sono

utili e necessari per far capire al credente e al non credente che il Cristianesimo non è votato alla

violenza ma all’amore fraterno. Dopo una prima analisi del problema, viene applicato il metodo

dell’auditus fidei, che è ricerca e conoscenza del contenuto della fede, ottenuta scandagliando i luoghi

teologici per reperire quei riferimenti della Rivelazione che si sono esplicitati progressivamente nella

Sacra Tradizione, nella Sacra Scrittura e nel magistero vivo della Chiesa, necessari per elaborare un

primo quadro dello sviluppo del tema ai nostri giorni.

La commissione, nel presentare il documento spiega che il primo passo effettuato è quello di

<<interrogare l’orizzonte della fede biblica in quelle pagine in cui la Rivelazione di trova coinvolta

nelle forme di violenza fra gli uomini>> e su queste pagine trovare dei punti di riferimento che la

tradizione ha evidenziato per interpretare la Parola di Dio. La ricognizione termina con l’evento di

Gesù Cristo morto in croce simbolo cristiano di pace per antonomasia. Sulla base di tutte le

considerazioni raccolte, la commissione applica negli ultimi due capitoli il metodo dell’intellectus

fidei che esplicita la verità raccolte <<non solo cogliendo le strutture logiche e concettuali delle
proposizioni nelle quali si articola l’insegnamento della Chiesa, ma anche, e primariamente, nel far

emergere il significato di salvezza che tali proposizioni contengono per il singolo e l’umanità>>

(FR66). L’operazione che fa la commissione qui è quella di riprendere le “ragioni” dell’ateismo

spiegate all’inizio del documento e - sulla base del risultato dell’auditus fidei - cercare di proporre

una meditazione filosofico-teologica sulla esistenza e soprattutto sulla sua natura relazionale del Dio

cristiano che<nel suo immenso amore parla agli uomini come amici, per invitarli e ammetterli alla

comunione con sé>>(DV2). Per brevità di esposizione non si può in questo elaborato fare una sintesi

dell’intero documento. Probabilmente è più proficuo limitarsi fare una riflessione sui sospetti sul

monoteismo per poi commentare come - nel capitolo quattro - la commissione oppone la propria via

del dialogo ai nodi dell’ateismo umanistico, dell’agnosticismo religioso e a quello del laicismo

politico che sono correnti evidentemente orientate in senso anti-cristiano.

Assumiamo come punto di partenza il paragrafo due del capitolo I, nel punto in cui la

commissione spiega che Dio in quanto unità, principio e fine di ogni cosa ha alimentato per

lunghissimo tempo la convergenza della ragione e delle religioni, fino a <<regolare culturalmente e

civilmente i conflitti confessionali e inter-religiosi della modernità>>. Il problema è nato quando si è

formato il sospetto che la ricerca della verità e della giustizia visti come impegno per il bene comune

fossero dei sistemi per conformare gli individui e per sottometterli al disegno totalitario del pensiero

unico. La reazione alla ricerca della verità che appare illusoria è la conferma del pluralismo

accompagnata dalla teorizzazione del principio relativistico che sostituisce la Verità unica con verità

parziali. Ora, il cristianesimo è una religione monoteista fondata cioè sulla fede in un unico Dio, in

un unico riferimento e in una sola Verità che permea il mondo ma lo trascende. Questo fondamento

della fede cristiana per il laicismo politico si traduce immediatamente nell’accusa di

“fondamentalismo” prevaricatore di chi ritiene di “avere la verità assoluta” o come si dice oggi “La

verità in mano”.
E’ singolare il fatto che le stesse espressioni vengano usate in situazioni di conflitto tra persone (per

la verità non solo atee) che in fatto di verità si sono ridotte al piano categoriale. E’ poi certamente è

stravagante pensare al politeismo come <<antidoto alla violenza>> se riflettiamo per esempio su

quegli dei della classicità che non brillavano per sentimenti di fratellanza ma si distinguevano per le

continue lotte.

La denuncia aggressiva contro il monoteismo trova la sue reale ragione in vari movimenti di pensiero

che puntano a svuotare la coscienza dell’uomo, per lasciarlo senza riferimento trascendentale. La

mancanza di Dio fa sentire l’uomo talmente vuoto da indurlo a cercare altri dei o meglio idoli. Gli

idoli sono esseri che tendono al controllo e al possesso; sono Dei subdoli, perversi e prevaricatori nei

confronti dei loro simili. Dei che sono messi in bella vista per dividere il popolo in tante “sacche di

consenso” (non solo elettorale), ognuna votata ad un Dio: la razza, il genere, il partito, la tradizione,

il progresso e via dicendo. E da che mondo è mondo, un popolo diviso è un popolo che si può

facilmente dominare.

Alla base di questo fenomeno prevalentemente socio politico sta un ateismo razionale (di

stato) che si è costituito come sistema culturale. Esso afferma che Dio è l’invenzione dell’uomo il

quale è afflitto dal pensiero della morte e impotente di fronte al desiderio di vedere questa Divinità

che mai si svela completamente. In buona sostanza l’idea di Dio è un espediente dell’uomo, una sorta

di idolo, un fantasma, un feticcio che soddisfa le sue mancanze. Dietro Dio in effetti si nasconderebbe

il disegno totalitario dell’uomo che tende a ridurre il prossimo in schiavitù. Ora, ridurre Dio a fatto

prettamente antropologico, ad invenzione umana del bisogno da una parte e a mezzo di prevaricazione

dall’altra è l’azione tipica di un laicismo politico che spesso si mostra intollerante con le religioni,

tende ad impoverire la coscienza umana umana e soprattutto impone le proprie idee in modi poco

pacifici.

La risposta dei teologi non può che essere quella di riportare il discorso sul piano teologico-

metafisico. In effetti il documento si muove in questo senso quando dice che <<la fede rimane
convinta che la piena verità su Dio va infinitamente al di là di quello che la ragione umana può

afferrare; in questo senso, la sua rivelazione supera le possibilità della filosofia>>.

Questo non significa che la fede neghi la ragione ma che la teologia cattolica <<non rinuncia a cercare

la sue strada nel rispetto di questa duplice istanza: quella dell’armonia della fede con i principi della

ragione, da un lato, e quella del trascendimento della filosofia da parte della fede>>. Si richiamano

quindi le dimostrazioni filosofiche dell’esistenza di Dio proprio in risposta a quell’ateismo che è

fondamento dell’intera avversione verso Dio e la fede cristiana. Ed in particolare si dice che <<se

pure la filosofia non è in grado di conoscere ciò che deriva strettamente dalla rivelazione (la Trinità),

essa può aiutare a pensare ciò che è stato ricevuto per rivelazione e confutare le obiezioni rivolte alla

pensabilità della fede>>. Il che significa che seppure la ragione non arriva a conoscere la Trinità, essa

può sempre pensare all’intenzione pacifica di Dio che si presenta all’uomo <<“di persona”

nell’incarnazione del Figlio e nell’invio dello Spirito santo>>.

Se la ragione non sa darsi pace di fronte al mistero dell’incarnazione, può sempre comprendere che

<<nella sua kenosis, il Figlio di Dio accetta di abitare fino in fondo l’impotenza e la debolezza

dell’uomo peccatore, attirando su di sé la potenza incontenibile e distruttiva del peccato, che l’uomo

non può vincere. Il Figlio di Dio accetta di vivere fino in fondo la forma drammatica della condizione

umana, invece di rimanere semplicemente nella gloria intatta e immutabile della sua condizione

divina>>. Senza dimenticare che nell’Orto degli ulivi Gesù interdice duramente ai discepoli la

reazione violenta verso chi lo sta per arrestare e nel frattempo li sottrae al <<forzato coinvolgimento

nella sua condanna>>.

Se anche la ragione non sa spiegarsi la morte sulla croce e la resurrezione, può sempre capire che

l’annuncio che Gesù è stato eletto Cristo e Signore significa che è nuovo mediatore tra l’uomo e Dio

che grazie a Gesù Cristo Dio non è lontano ma prossimo interlocutore che pur di farsi capire parla la

lingua umana.
Seppure la ragione non arriva a conoscere l’atto di creazione di Dio può certamente pensare che Dio

creando per amore ha sostanzialmente creato il mondo per l’uomo e non per qualche altro fatto

estraneo. Lo ha fatto per comunicare la sua bontà e certamente un Dio così non può essere ostile

all’uomo. Peraltro il paragrafo 82 del quarto capitolo fa notare come il fatto che l’uomo sia stato

creato a immagine e somiglianza di Dio, significa che è intelligente e che è dotato della facoltà di

scegliere non solo di agire ma anche di come agire. Quale Dio creerebbe un uomo libero per poi

sottometterlo? L’uomo creato da Dio ha la dignità di <<essere causa>>. Dio gli ha dato la sconfinata

capacità di far-essere. Il che significa che l’uomo può rendere inesistente anche Dio, lasciandolo

nell’oscurità dell’indifferenza. Quale Dio prevaricatore farebbe questo all’uomo, all’altro? Quale Dio

violento e prevaricatore direbbe che la legge delle leggi è “Ama Dio e ama il tuo prossimo” chiedendo

solo di essere amato. Probabilmente solo un Dio creato dalla mente di un uomo la cui ragione dorme.

E non è il caso del Dio dei cristiani.

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