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EDUCATORI O DISEDUCATORI (CONTENUTO DELLE SLIDE)

Affrontando il tema dell’educare nel contesto complesso attuale, Franco Imoda nella
prolusione (guarda le slide ►) ha fatto perno sulla Caritas in veritate di Benedetto XVI, che
invita a leggere la crisi economica e la questione sociale di oggi all’interno di una crisi più
profonda, antropologica, e su due delle sei aree evidenziate dal Convegno di Verona del 2006:
la vita affettiva e la fragilità, che più di altre toccano il mondo dei giovani e di cui forse meno si
parla. Passando poi attraverso l’analisi letteraria di un autore come Umberto Eco (che
in Baudolino – secondo l’analisi di F. Castelli della Civiltà cattolica – distingue le caratteristiche
del mondo in soggettivismo-azione-affettività), che trova conferma in Paul Ricoeur
(frammentazione come mancanza di coerenza – depressione come mancanza di fermezza della
libertà – disarmonia come complessità), Imoda ha sottolineato come «la crisi, più che essere
periferica, raggiunge i fondamenti della persona».
Ecco allora la sfida di papa Francesco a formare cristiani «capaci di riscaldare i cuori della
gente, di camminare con loro nella notte, di dialogare con le loro speranze e delusioni, di
curare le loro fratture» perché, senza questo, «quale speranza possiamo avere per il nostro
viaggio presente e futuro?». È necessario dunque passare dalle manifestazioni, dai sintomi, ai
fondamenti, alle radici. Il fondamento è la formazione umana, che ha come fine una
missione (in famiglia, in politica, nella società…), cioè inserirci nel mondo con delle idee e con
un’anima spirituale. In questo processo è il cuore la parte dell’essere umano in cui si gioca
l’autenticità della persona: «il pathos come dimensione antropologica e la soggettività
autentica come via all’oggettività». Nel cuore gli estremi che ci abitano possono essere
unificati.
Il cuore inquieto è affetto da paure e ansie che cercano risposta nell’avere, nel valere, nel
potere; sono fragilità che però possono diventare aree di forza e di crescita, a seconda di
come vengono trattate e organizzate nel nostro cuore. Come concepire allora il mistero della
persona? «La preghiera di san Paolo agli Efesini (3,14-18) – spiega Imoda – ci illumina sulle
dimensioni del mistero e sulla fragilità che ci costituisce come esseri umani in tensione fra la
nostra vocazione a incontrare Dio e la nostra struttura umana; fra il dono di sé e il mistero di
Cristo». Ciò dà origine a due tipologie di lotta nell’uomo: la lotta (religiosa) che è il confronto
con Dio e quella (psicologica) che è l’incontro con ciò che siamo di fatto. «Qui si giocano il
dramma del cuore umano e la sfida educativa, che si riassume nella capacità di dare un
approccio dinamico e una unificazione fra queste due lotte per raggiungere un’identità
cristiana che si esprima nel rapporto della persona con se stessa, con gli altri, con la società,
col mondo».
Agli educatori si presentano tre modelli di pedagogia: salmico (pedagogia soggettiva che dà
spazio al cuore del soggetto perché si esprima, ma non necessariamente si confronta col polo
della trascendenza); sapienziale (pedagogia oggettiva, mira al valore, al dover essere, ma
rimane non toccato il dramma del cuore); parabolico (pedagogia dell’interpretazione).
Quest’ultimo modello cerca risposte concrete, ma non si lascia rinchiudere dalla domanda,
piuttosto la trasforma, la approfondisce, cerca domande più radicali e apre nuovi
orizzonti: è il procedere di Gesù. Ad Emmaus, ad esempio, insegna la verità, invia in missione
(ed è la conseguenza dell’incontro educativo con Gesù), infiamma il cuore. Queste sono tre
dimensioni che non possono essere separate e che si esprimono nei ministeri, anche laici: in
ogni incontro siamo educatori o diseducatori, chiamati a insegnare ma anche a fare,
guardando alle fragilità delle persone. «Per il cristianesimo tutto si svolge in un disegno di
storia individuale e della comunità. Nella tensione fra progresso (desiderio di fare meglio) e
declino (possibilità di fare peggio) c’è però una marcia in più: la redenzione, per cui anche il
declino, poiché ci è stato dato lo Spirito santo, può diventare progresso. Dobbiamo comunque
sempre tenere conto che come educatori cooperiamo a questo cammino – ha concluso Imoda
– ma chi conduce alla soluzione non siamo noi».

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