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Parte Seconda www.artrosi.it
Consigli generali
per il paziente art rosico
a cura di:
prof. Guido Rovetta,
Direttore della Scuola
di Specializzazione in Reumatologia,
Universita’ di Genova
dr. Patrizia Monteforte,
specialista in Reumatologia,
dr. Giorgio Maggiani,
giornalista scientifico.
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Indice
5. Artrosi e osteoporosi.
9. Ricordi di scuola
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che fanno parte dell'esperienza del malato o si attivano in quel preciso
momento.
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l'inverso sembra non essere vero.
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Un "rilassamento mentale" può essere ottenuto occupando la mente
con altre rappresentazioni, meglio se legate ad eventi sensoriali ed
esperienze piacevoli, attraverso il procedimento della rievocazione il
più possibile vivida di tali esperienze.
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2. Un’artrosi molto dolorosa
Dopo una vivace esposizione dei suoi guai, la paziente finiva con
l’essere visitata nell’ambulatorio con molta cautela. Malgrado questo,
l’esame risultava difficoltoso e spesso intercalato da manifestazioni di
protesta.
“Ahi!”
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considerevoli intaccature ossee, che spiccavano accanto ai soliti segni
radiografici dell’artrosi.
Gli errori diagnostici erano assai frequenti, perché gli studi in merito,
sebbene accurati, erano poco numerosi e si trovavano in riviste
altamente specialistiche.
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andavano incontro dopo un tempo relativamente breve ad un blocco
completo delle articolazioni colpite.
Tutto ciò non era presente nei nostri pazienti: solo dolore, poi ancora
dolore, poi blocco articolare di qualche dito e basta. Non c’erano altri
disturbi. Le persone apparivano in buona salute, “ho soltanto male
alle mani!”, dicevano.
Quasi immancabilmente un esame del sangue, eseguito in precedenza
alla ricerca delle solite alterazioni reumatiche, appariva
completamente normale. Invece di rassicurare, questo fatto
sconcertava alcuni e irritava altri, incapaci di credere che un disturbo
così molesto non desse alcun segno nell’esame del sangue.
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anche alcune che derivano dal metabolismo osseo, ma anche questi
esami non risultarono minimamente alterati.
Perché se è vero che esistono artrosi del tipo che abbiamo descritto, e
che alcuni pazienti sono affetti da anomalie genetiche del collageno, in
altri casi si assiste al fatto singolare della trasformazione di un’artrosi
normale in un’artrosi erosiva nello stesso paziente, o anche alla
coesistenza delle due situazioni.
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Una volta che questa diagnosi sia stata smentita dall’evidenza di
ulteriori accertamenti e dal decorso, la diagnosi corretta può sembrare
accettata dal paziente, ma dal profondo delle sue convinzioni la prima
diagnosi è sempre pronta a riaffiorare ad ogni peggioramento.
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Moltissimi esami radiografici e anche scintigrafici delle mani venivano
discussi, insieme con i risultati degli esami funzionali compiuti sui
pazienti e sui dati descrittivi dell’evoluzione della malattia.
La difficoltà di dominare il dolore continuava ad essere un problema
in prima linea. Ma sullo sfondo restava inquietante la manifesta
incapacità delle medicine di modificare in qualche modo il decorso
della malattia.
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La registrazione da parte del paziente della sintomatologia dolorosa
giornaliera, avviene com’è noto, attraverso l’utilizzo della scala
analogica visiva. Il paziente ha un foglio con una linea che parte da un
valore uguale a zero e arriva ad un valore uguale a 10, dove annota il
grado del suo dolore.
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che evidenziavano una diminuzione del dolore articolare nell’artrosi
erosiva delle mani nei pazienti in cura con farmaci condroprotettori,
ma anche una diminuzione della progressione delle erosioni.
Uno studio più ristretto è stato avviato presso il nostro Centro con un
altro agente condroprotettore.
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3. Lo spirito delle fonti: la medicina termale
Sin dai tempi antichi erano grandemente apprezzate le cure con acque
termali: basti pensare agli antichi greci e romani e a popolazioni
italiche ancora più antiche come gli Etruschi e gli Umbri Sapinates.
Gli Umbri Sapinates già nel III secolo a.c. tra Ravenna e l’antica
Roma, in quella nota come valle del Savio, praticavano culti
dell’acqua.
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Sicuramente tale assiduità aveva anche un aspetto mondano – oggi
diremmo turistico – e si univa l’utile al dilettevole, fra piscine d’
acqua calda e fredda, bagni turchi, sale massaggi, gallerie d’arte e
splendidi giardini per salutari passeggiate e piacevoli incontri.
Parve infatti già nei tempi più antichi che le acque termali
possedessero proprietà costitutive e d’azione tali da rendere la
balneoterapia una cura efficace per le molte malattie, che, anche se
non definite nel loro nome e nella loro essenza, amareggiavano la vita
della gente esattamente come accade ai giorni nostri.
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I bagni medicamentosi e le applicazioni di fango sono le due
procedure terapeutiche più utilizzate.
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cerate e coperte per ridurre la dispersione del calore. La durata media
di ogni applicazione è di 15-20 minuti. Segue una fase di reazione che
potrebbe influire sulla risposta locale.
E allora?
Fu già da lungo tempo osservato, dai sofferenti che adivano alle cure
termali, che il fango o l’acqua portati a casa non sviluppavano lo
stesso effetto benefico che mostravano alle terme. Invocavano allora la
presenza dello Spirito delle Fonti, ossia la personalizzazione di un
qualche cosa che non era tornato indietro con loro nel viaggio di
ritorno, ma era rimasto laggiù, dove sgorgava l’acqua, lontano dai
rumori e dalle ansie della vita quotidiana, al riparo dagli artifici di cui
ci siamo progressivamente circondati, e che ci procurano
prevalentemente stimoli innaturali.
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4. Verso un trattamento ricostruttivo
dell’articolazione artrosica
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La cartilagine articolare è considerata un tessuto nobile poiché
altamente differenziato, e dei nobili ha molte peculiarità: è poco
incline a sopportare strapazzi non adeguati al suo stato, è scarsamente
prolifico – dotato di scarsa capacità autorigenerativa, in ragione
dell’assenza di supporto ematico e linfatico, resta dignitosamente
impassibile di fronte al danno subito senza lamentarsi per il dolore
perché privo di tessuto nervoso.
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Cosa fare? Come ottenerne un numero sufficiente?
I chirurghi ortopedici si sono dunque rivolti alla tecnica di innesto di
condrociti autologhi, che consiste nel prelevare in artroscopia una
piccola quantità di tessuto cartilagineo dalla una zona idonea. In
laboratorio viene avviato un procedimento di digestione enzimatica,
per cui i condrociti vengono separati dalla matrice extra-cellulare.
I condrociti estratti vengono fatti espandere fino ad ottenere una
concentrazione adeguata che viene posta in terreno di coltura.
Da 3 a 6 settimane il numero di condrociti arriva ad essere pari a
10-14 milioni di cellule.
L’intervento chirurgico per l’innesto dei condrociti viene eseguito
dopo un periodo che varia da 1 a 3 mesi dal prelievo.
Occorre infatti poter trasportare queste cellule nella cartilagine malata
preparando loro un ambiente dove possano facilmente attecchire,
ripopolandolo di cellule nuove. Viene preparata una sorta di tasca che
viene poi chiusa con punti ed una specie di colla ricavata da una
molecola presente normalmente nell’organismo, la fibrina.
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Anche le recenti ricerche mediante studi molecolari sulla membrana
cellulare dei condrociti coltivati hanno fornito risultati positivi circa la
reale validità chimica e biomeccanica del tessuto ottenuto.
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5. Artrosi e osteoporosi
Più che chiedersi che cosa sia realmente l’artrosi e che cosa
l’osteoporosi, sembrerebbe allora interessante capire come queste due
condizioni vengono percepite dalle persone e come fanno ad
ingenerare un’idea che direttamente sembra attribuire loro una
capacità di nuocere indefinita e multiforme. Non solo dolori articolari
ed ossei, ma malesseri di ogni genere vengono riferiti a queste malattie
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Dai medici l’osteoporosi è stata definita – ai fini divulgativi – “ladra
silenziosa “ perché è ritenuta malattia capace di depauperare la massa
ossea nel più completo silenzio di sintomi.
Ma ce l’ha veramente?
Per capirlo osserviamo una signora che si presenta con il referto di una
mineralometria ossea. Ci sono un grafico, molti numeri, una
conclusione sintetica dell’esame mineralometrico: normale,
osteoporosi, osteopenia.
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L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito come osteoporosi
la riduzione della massa ossea pari o inferiore a –2.5 deviazioni
standard del T score.
Che cosa è il T score?
È il valore di densità ossea rapportato a quello medio di una
popolazione di giovani adulti dello stesso sesso del soggetto in esame.
Si calcola cioè la media delle densità ossee nel periodo di vita più
favorevole alla massa ossea. Si calcolano le deviazione standard (ds) e
si sviluppano dei grafici indicativi di osteopenia (≥ a –1 ds) e di
osteoporosi (≥ a –2.5 ds).
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Tuttavia in nessun caso questa sua osteoporosi deve essere considerata
senza altra valutazione una causa di dolore articolare.
Nel caso poi dell’artrosi della colonna vertebrale il dolore può essere
localizzato in una sede (tipica la localizzazione lombare o dorso-
lombare), ma altre volte può determinarsi la compressione di qualche
radice nervosa e dare allora una sintomatologia dolorosa a distanza
(come nella sciatica dove il dolore arriva fino al piede).
Ed è proprio questa localizzazione vertebrale che, più delle altre
localizzazioni artrosiche, che fa confondere questa patologia con
l’osteoporosi.
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Solo un attento esame clinico corredato eventualmente da una
radiografia della colonna vertebrale riesce a sciogliere i dubbi.
Finora c’è poco da fidarsi di questi giudizi, che non hanno trovato
conferma nelle ricerche di altri studiosi.
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6. Sotto il platano di Coo
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magica prevalevano sulla ricerca di efficaci rimedi empirici, che pure
troviamo presenti, e talora sorprendentemente puntuali, anche in
epoche lontane.
Fu questa anche una medicina suggestiva, che si avvaleva di formule
diverse e di scongiuri, e che riconosceva a certe parti del corpo virtù
speciali, atte a guarire o a far ammalare.
Certamente le malattie che impedivano di muoversi e camminare
liberamente , o che impedivano i gesti quotidiani, come l’artrosi,
furono tra le prime ad attirare l’attenzione nel volgere del tempo.
L’alba della medicina scientifica sorge nella Grecia classica, proprio in
quell’epoca miracolosa in cui Pericle dava nuovo impulso alle arti,
Fidia scolpiva nel marmo l’ideale della bellezza ellenica e Sofocle ed
Euripide ingeneravano nell’animo delle folle emozioni collettive
ancora oggi attuali.
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Con Ippocrate si verifica un radicale cambiamento di pensiero: la
malattia e la salute cessano di avere attinenza con il mondo degli dei,
o di essere considerate castighi e punizioni, compensi o doni, ma si
rivelano progressivamente essere il risultato naturale di determinate
circostanze del tutto materiali e svincolate da influssi soprannaturali.
Le conoscenze di anatomia di Ippocrate e dei suoi ci appaiono oggi
indeterminate a approssimative, fatta salva la conoscenza dello
scheletro, che appare ben descritto in molte parti e per di più nei
punti che costituiscono solida base per la cura delle malattie che
colpiscono l’apparato locomotore.
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si sforzava di trarre la medicina dalla speculazione metafisica dei
templi e di portarla nel campo sperimentale.
Certamente anche per quanto concerne l’artrosi – che non poteva
distinguere dalle altre malattie articolari – non dovettero sfuggirli le
cause traumatiche ed esterne delle malattie, e cercò di capire in quali
circostanze si producessero, quali rimedi si potessero affrontare e, cosa
interessantissima, quale fosse il pronostico delle malattie e quindi
anche delle malattie dell’apparato locomotore.
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La teoria ippocratica è quindi una teoria umorale, nella quale il corpo
umano sarebbe governato da un insieme di quattro umori diversi, che,
combinandosi tra di loro in diverse proporzioni, potevano mantenere
l’individuo in uno stato di perfetta salute o viceversa di malattia. e
questo era il fattore endogeno, costituzionale, a fronte del quale
operavano glii agenti esterni.
Uscita dal sacello della divinità la medicina di Ippocrate ed il suo
insegnamento si mettono finalmente alla ricerca di rimedi adatti alle
varie malattie e li cercano nel mondo sensibile, principalmente nel
regno vegetale, in questa grande farmacia che non ha ancora finito di
dispensare i suoi rimedi.
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Ippocrate non ebbe poi dubbi sull’utilità e sulla necessità di dominare
il dolore. Egli arriva a dichiarare che alleviare il dolore è opera divina.
Fra i medicamenti raccomandati per ristabilire l’equilibrio interno
troviamo raccomandati diuretici, vomitivi, purgativi; ma, certamente
prescritti per la loro azione anti-dolorifica diretta, anche sedativi e
analgesici come la belladonna, la mandragora, il giusquiamo, l’oppio.
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7. Una cattiva compagnia: il mal di schiena
Per fare questo, occorre una definizione della malattia che si studia, o
almeno alcuni criteri di riconoscimento.
Questi ultimi rappresentano quello che è, per un soldato, la divisa, con
i suoi gradi, le mostrine e gli altri contrassegni.
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I casi meglio definiti di cause efficienti sono quelli da ernia del disco,
da artrosi vertebrale, da ristrettezza del canale spinale, da instabilità
segmentaria, da sequele di chirurgia sul rachide.
Nel 1987, uno dei gruppi di ricercatori più attivi nello studio del mal
di schiena propose una classificazione in undici categorie di problemi
separati, ciascuna delle quali esclude le altre.
Crediamo che valga la pena anche per chi non è medico esaminare
questo elenco.
1. Mal di schiena senza irradiazione
2. Mal di schiena con irradiazione del dolore non oltre il ginocchio.
3. Mal di schiena con irradiazione del dolore fin sotto il ginocchio.
4. Mal di schiena con irradiazione fin sotto il ginocchio e segni neurologici.
5. Compressione presuntiva di un nervo spinale dedotta da una semplice
radiografia che dimostra una frattura o una instabilità.
6. Compressione della radice di un nervo spinale confermata da:
TAC, risonanza magnetica nucleare, mielografia
altre diagnostiche strumentali (elettomiografia, venografia)
7. Stenosi spinale
8. Stato post-chirurgico, da uno a sei mesi dopo l’intervento
9. Stato post chirurgico, più di sei mesi dopo l’intervento
10. Sindrome dolorosa cronica
11. Altre diagnosi.
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Una serie di situazioni ben definite, di condizioni patologiche
delineate, che può soddisfare medico e paziente almeno nella loro
legittima curiosità di definire la causa del dolore.
La cosa però è tutt’altro che semplice. Mentre una lesione del nervo
sciatico mostra la specificità lesiva dell’ernia del disco, il mal di
schiena di questo soggetto che precede o accompagna l’ernia del disco
assomiglia moltissimo al mal di schiena comune; e continua ad
assomigliarci anche quando il soggetto guarisce o migliora per
l’influenza di cure opportune (o per il semplice trascorrere del tempo)
dal suo dolore sciatico, pur conservando una certa tendenza al mal di
schiena; e ancora, finisce con l’essere in molti casi mal distinguibile dal
dolore pre-operatorio quando persiste - come lombalgia residua - nei
soggetti operati per ernia del disco.
Linee guida per il trattamento sono state concordate solo per la forma
acuta. Interessano il Medico: la loro lettura può risultare sconcertante
per il profano, che si aspetta provvedimenti specifici per ogni tipo di
dolore identificato, e trova invece indicazioni generiche e poco
incisive.
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chiropractici, fisioterapisti, psichiatri) moltiplica le proposte e le
soluzioni, creando un complesso libro di opzioni che risulta difficile da
leggere.
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L’idea che più una schiena è flessibile e meglio è rientra fra le più
singolari stravaganze interpretative che si sono fatte strada in questo
settore. L’ipermobilità e l’instabilità del rachide possono essere fonte
autonoma di dolore.
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I siti indicati saranno utili per chi vuole navigare (è il caso di dirlo) in
questo mare magnum di terapie suggerite per il mal di schiena.
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La persistenza del dolore sembra in grado di sviluppare una maggiore
sensibilità al dolore medesimo, forse attraverso una produzione
esagerata di neuromediatori del dolore, o anche attraverso
l’amplificazione dell’espressione di un gene, il c-Fos, come è stato
dimostrato sperimentalmente.
http://www.rcgp.org.uk/rcgp/clinspec/guidelines/backpain/index.asp
www.gss.it/lombalgia/
www.riabilitazioneitalia.it/link.htm
http://orthoinfo.aaos.org/
http://utenti.lycos.it/magoweb3/
www.clicmedicina.it/pagine%20n%203/lombalgia.htm
http://www.nlm.nih.gov/medlineplus/backpain.html
http://healthlink.mcw.edu/back-problems/
http://www.spineuniverse.com/
www.chu-rouen.fr/ssf/pathol/lombalgie.html
web2.uqat.uquebec.ca/lombalgie
http://www.med.univ-rennes1.fr/section_rachis/qtforce.htm
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8. Artrosi cervicale:
qualche volta colpevole, qualche volta innocente
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Sulle vertebre cervicali da C3 a C7 sono presenti i processi uncinati
che, nello sviluppo del deterioramento del disco intervertebrale, vanno
incontro ad una sovra-sollecitazione causa di una deformazione.
Si istituisce in questo modo l’artrosi “unco-vertebrale”, che può
provocare una restrizione dei forami intervertebrali, con sindrome
radicolare corrispondente.
Può verificarsi anche – per vicinanza anatomica – uno schiacciamento
dell’arteria vertebrale e del suo plesso simpatico, l’intricato fasci di
nervi che accompagna fedelmente nel suo decorso verso il cervello
l’importante vaso arterioso.
Dolore dunque al collo, rigidità, difficoltà a ruotare o ad estendere il
capo, dolore radicolare lungo il braccio sono sintomi sicuramente
indicativi.
Ad essi si deve aggiungere la possibilità fortunatamente più rara che
l’artrosi cervicale comprima le vie nervose midollari provocando
disturbi anche alle gambe.
E le vertigini? I ronzii? Il mal di testa? il senso di sfinimento?
La sensazione di avere un chiodo nella nuca? L’insicurezza nel
cammino? La perdita di memoria?
Sono o non sono connessi con l’artrosi cervicale?
Piano, piano! Il medico può parlare di sindromi pseudo-radicolari, di
sindrome cervico-cefalica, sindrome cervico-brachiale, ma vengono
descritte anche sindromi vertiginose, acufeni, oculalgie, algie facciali
ed altre forme più complesse.
I dolori dell’artrosi irradiano anche al di fuori del territorio servito dal
nervo, come capo, dorso, braccio e risulta talora difficile la loro
precisazione.
Ma almeno essi sono riproducibili con certi speciali movimenti. Invece
altri disturbi sono per così dire indiretti e viaggiano attraverso vie
riflesse risultando non evocabili con i movimenti.
Per esempio la sindrome cervico-cefalica è una sindrome dolorosa
cervicale superiore, che comporta dolore all’occipite, irradiato alle
tempie e alle orbite. Qualche volta accade che i dolori irradiati siano
clinicamente più evidenti del dolore nucale, o addirittura esistano da
soli.
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È evidente la difficoltà di distinguere questi dolori da quelli delle varie
cefalee.
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Una singolare problematica emersa ai nostri giorni è quella che si
osserva nei soggetti che lavorano al computer per molte ore. Oltre ai
problemi meccanici riguardanti la posizione di lavoro, va considerato
l’effetto di scorrimento dello schermo che induce, in via riflessa,
continui aggiustamenti del tono dei muscoli cervicali, che possono
avere influenza sfavorevole in chi lavora al computer.
Problemi alla colonna cervicale sono descritti nei musicisti, soprattutto
violinisti, nei chirurghi e in altre attività di attenzione. Posizioni
sfavorevoli e tensione muscolare possono esserne la causa.
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9. Ricordi di scuola
Raramente capita invece di veder tornare alla mente quei venti giorni
trascorsi con un dolorino alla coscia, che un professore brusco
attribuiva alla svogliatezza, e i genitori, premurosi e immemori della
loro gioventù, alle fatiche eccessive imposte al loro ragazzo. Nasceva
allora invariabilmente la questione della ginnastica.
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Occasione di bighellonaggio per i fannulloni, di fumare di nascosto
per i più inclini a darsi anzitempo arie da uomini, di frustrazione per i
più diligenti che non volevano rinunciare alle lezioni, rappresentava
per gli uni un risultato da perseguire, per gli altri uno scomodo peso
da eliminare.
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Svegliatisi completamente e arrivati a scuola, si assisteva in una
atmosfera di circospezione alla consegna della ricetta del medico ad
un professore compreso di un’aria di circostanza, buona per tutte le
interpretazioni, da un genitore del ragazzo in questione, per
l’occasione ancora più claudicante del solito.
Qualche tempo dopo, la notizia che S. non era più esonerato dalle
lezioni di educazione fisica destava poi sempre un senso di sollievo.
Ritornato a vestire gli sghembi pantaloncini da ginnastica e la
maglietta bianco tendente allo sporco – le tute multicolori di oggi
erano inimmaginabili – riempiva il vuoto della fila rassicurando il
gruppo degli allievi, che si sentiva nuovamente completo dopo essere
stato privato di qualche cosa.
Gli anni passano e tutti seguono la loro strada, ma c’è sempre qualche
compagno che ama rievocare il passato.
Parlare con gli altri dei propri guai viene generalmente considerato
liberatorio e consolante, così che una mezz’ora dopo tutti vengono a
sapere, tra un boccone e l’altro, che G. soffre di cuore, che P. deve
curarsi l’ulcera gastrica e che S. ha un’artrosi d’anca ed è in attesa di
un’operazione di protesi.
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a non partecipare alle corse nel prato perché dolorante alla gamba, e
sentire ancora il professore di ginnastica chiamare discretamente gli
allievi esonerati – anche i nomi riaffiorano – Giovannelli, Pellerotti,
Stantini...
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L’apparente normalità della testa femorale è in effetti solo
“apparente”. L’attrito interno articolare è aumentato. Le alterazioni
morfologiche si sviluppano progressivamente ed il carico non fa altro
che accentuarle.
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10. Artrosi oggi: le cose vanno meglio di ieri
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Stabilito ad un certo punto che di vera malattia si trattava, la medicina
la pose fra i tanti problemi da risolvere, dando luogo ad una serie
innumerevole di ricerche biologiche e cliniche, attivando i laboratori,
elaborando modelli sperimentali, studiando il comportamento delle
cellule e dei fattori di crescita nelle colture ed infine, identificando
una competenza particolare ed una appartenenza ad un circolo
ristretto dei ricercatori che studiano specificamente l’artrosi.
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risolutivo, manifesta qualche esitazione nel decidere di andare a farsi
visitare dal medico in questa fase, perché teme appunto la proposta di
un intervento di protesi.
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Il paziente ha lasciato alle sue spalle le possibilità di complicanze peri-
operatorie a cui avrebbe potuto andare incontro: tromboflebite,
infezione, embolia…..
Molti di quei primi pazienti sono ancora oggi vivi, attivi e vitali e
molti di loro hanno già eseguito un secondo intervento di protesi
d’anca.
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Fra costoro si trovano soggetti con dolore relativamente scarso e
funzione articolare sorprendentemente conservata.
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11. Mai paura!
Un vecchio detto cita “ di quel che non so, pensiero non mi do”. Ma è
proprio vero?
Non è forse vero che invece è proprio quello che non conosciamo che
ci fa paura?
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Un esempio tipico è la periartrite di spalla. Il paziente ha male, molto
male, non riesce a dormire di notte. Se la spalla dolente è la sinistra
può essere indotto a temere un problema cardiaco.
È un paziente che arriva in pronto soccorso alle prime luci dell’alba –
quando dolori e timori opprimono maggiormente il corpo e lo spirito
– con il terrore negli occhi.
Quando il medico lo rassicura che non ha altro che una banale
infiammazione di uno dei tendini della spalla, il dolore sembra
diminuire improvvisamente ed il paziente ritorna tranquillo a casa con
il suo dolore alla spalla ma sicuro che poi tutto passerà.
Per lo più è una donna ancora giovane che si vede costretta a togliere
gli anelli perché le dita ingrossate non ne permettono più l’utilizzo.
Rivede le dita delle mani della nonna grosse e nodose, quelle mani che
tanto l’avevano impressionata da piccola.
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Il catalogo delle immagini negative comprende in sequenza più o meno
accelerata, come in un film girato troppo in fretta, le varie forme di
disabilità e di perdita dell’autosufficienza che portano all’abbandono e
all’isolamento, alla lentezza esasperante delle giornate improduttive
trascorse nel ricordo di quelle laboriose, fino alla perdita della
propria identità in un “ospizio” lontano, in una dimensione dove il
tempo non trascorre.
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Per lo più non si ha male dappertutto. L’artrosi colpisce solo uno o
pochi distretti articolari.
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Imparare combinazioni di movimenti nuovi, anche banali quanto a
finalità, è un arricchimento continuo, perdurante possibilmente fino
alla fine della vita.
Così l’artrosi non deve limitare la persona anche nella volitività e nei
progetti. Si potrebbe pensare che possa indurre a volte progetti nuovi.
In questo atteggiamento è racchiusa l’attenzione rivolta a obbiettivi
raggiungibili, che lascia poco campo al timore e alla figurazione di
situazioni sgradevoli.
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