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EPIDEMIOLOGIA

Lezione 14/09 ore 11-13

Obbiettivo del corso: fornire gli strumenti necessari per essere in grado di interpretare correttamente
quel che succede in una popolazione animale, quando un soggetto o alcuni di essi si trovano ad
ospitare un agente trasmissibile, infettivo o parassitario che sia. Tenendo conto del fatto che qualsiasi
agente trasmissibile ha come obbiettivo quello di sopravvivere nella specie ospite.

Obiettivi del corso sono ancora:


▪ definire la nascita dell’epidemiologia (è nata in maniera del tutto causale),

▪ analizzare le fasi di uno studio epidemiologico,

▪ dimostrare come la lotta alle malattie infettive possa prescindere (a volte) dalla conoscenza
dell’agente eziologico.

INTRODUZIONE: John Snow e il colera (Londra, 1849-1853)


Giovanni neve era un medico, in particolare un ostetrico di corte, conosciuto per essere stato uno
degli antesignani di pratiche di anestesia al parto (in particolare aveva inventato una tecnica di
anestesia gassosa), ben introdotto nell’ambiente delle classi superiori dell’epoca e stimato come
persona colta e responsabile. Viveva a Londra attorno alla metà del 19esimo secolo. Siamo in epoca
vittoriana, l’epoca della maggiore espansione dell’impero britannico.
Londra era una città particolare: già allora era una grande metropoli con 2 milioni di abitanti e
rappresentava una grande meta commerciale, essendo una città a capo di un impero. Dall’estremo
Sud-Est Asiatico sino al Nord America, vi erano aree di appartenenza dell’Impero Britannico, che
servivano per conferire verso Londra beni, ricchezze (fu una delle prime città ad avere le pompe per
l’acqua da bere), prodotti e persone. Ogni giorno arrivavano nuove navi, che potevano raggiungere
direttamente il cuore della città tramite l’enorme porto fluviale, un porto che esisteva grazie alla
presenza del grande fiume che attraversa la città, il Tamigi, e tramite il quale si poteva avere il
passaggio, non solo delle merci, ma anche delle malattie trasmissibili dalle varie parti del mondo.
In particolare, nel 1848 ci fu una grande epidemia (definita la “prima epidemia”: si fa riferimento alla
prima comparizione temporale di questa, ma si fa riferimento alle situazioni sanitarie studiate da john
Snow) di Colera, malattia di cui, in epoca vittoriana, non si conosceva origine, modalità di diffusione,
né si aveva una qualche possibilità di terapia. Infatti, solo 10 anni dopo, Pasteur scopre l’esistenza
dei Batteri e, soltanto 32 anni dopo, si identificò l’agente microbico della malattia, il Vibrio Cholerae,
mentre Fleming e la scoperta degli antibiotici hanno luogo poi 70 anni dopo.
All’epoca, dopo 16 anni di assenza, il colera riappare e l’epidemia provoca 15 mila morti nel giro di
poche settimane, questo significa che si è avuta una mortalità specifica vicino all’1% in un periodo
di tempo estremamente breve.
Questa malattia, il colera, era ben nota, poiché non era la prima volta che arrivava a Londra e questo
aspetto di continuo ricircolo della stessa malattia ha una spiegazione che attualmente, 150/160 anni
più tardi, sembra perfettamente logica: è rappresentata dal trasporto di persone che avevano contratto
la malattia in altre parti del mondo e che arrivavano con le navi in città.

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L’unico sintomo del colera è la diarrea acquosa profusa incoercibile, per cui già al tempo era una
malattia molto facile da riconoscere.
Altro aspetto caratteristico di questa epidemia è che i 15 mila morti non sono uniformemente
distribuiti nel contesto urbano, ma si concentrano perlopiù in un area a sud di Londra, servita
prevalentemente da due aziende di fornitura idrica, che avevano come erogatore delle fontane munite
di pompa a mano. Bisogna considerare che le acque del fiume Tamigi scorrono da Nord a Sud e
servono sia come rifornimento idrico sia come collettore di deiezioni, per cui i quartieri a sud di
Londra sono quelli dove le acque arrivano più inquinate, dopo aver oltrepassato gran parte della città
e averne ricevuto gli scarichi. Questo significa che chi beveva acqua prelevata dal tratto a sud del
fiume Tamigi beveva acqua sicuramente più fecalizzata rispetto agli abitanti del Nord di Londra.

Giovanni Neve concentra su tre punti gli aspetti principali della malattia:
1) I malati hanno un’unica manifestazione clinica principale, il che non significa un unico
sintomo, ma una caratteristica che accomuna tutti i malati di colera: la diarrea acquosa
incoercibile, profusa.

2) Generalmente vengono coinvolti interi nuclei familiari e non individui isolati. Questo vuol
dire che c’erano nuclei familiari costituiti da 20 e più persone, di cui tutti i componenti
manifestavano diarrea.

3) Raramente il personale sanitario (medici ed infermieri) si ammalava di colera, quindi


non rimaneva coinvolto.
Oggi è chiaro che questa è un tipo di epidemia da sorgente comune. La sorgente di infezione era
qualcosa a cui tutti accedevano in maniera contemporanea: in questo caso l’acqua. Il periodo di
incubazione (dall’infezione dell’agente eziologico alla comparsa dei sintomi) è lo stesso per tutti ed
è tendenzialmente costante a parità di malattia.

A questo punto, John Snow fa delle ipotesi:


1) Il ‘veleno’ è qualcosa che si accresce, si moltiplica nell’organismo,

2) Il ‘veleno’ è qualcosa di trasmissibile, che passa da un soggetto malato ad un altro sano

3) Il ‘veleno’ utilizza un mezzo per spostarsi, senza la necessità di un contatto fisico diretto
tra chi eliminava e chi riceveva,
4) L’acqua potabile rappresentava il veicolo più probabile di trasmissione, la peculiare, ma non
esclusiva, via di diffusione del ‘veleno’ alle persone sane. Infatti molte malattie trasmissibili
non hanno una sola via di trasmissione ma ne hanno di più. (per esempio in questo caso un
possibile mezzo può anche essere il cibo contaminato con le deiezioni)
Chiaramente queste ipotesi vengono considerate delle eresie dalla comunità intellettuale londinese.

Succede però qualcosa: i casi di infezione diminuiscono rapidamente dopo qualche settimana, fino
ad estinguersi. Tuttavia, anni dopo, nel 1853-54, si verifica una nuova epidemia e John Snow decide
di dimostrare scientificamente le proprie teorie. Fortunatamente per gli studi di John Snow, nel lasso
di tempo compreso tra le due epidemie, quella del 1848 e quella del 1853, una delle due aziende di
fornitura idrica, che rifornivano i quartieri a sud di Londra, decide di spostare a Nord il punto di
prelievo dell’acqua. Quindi, nella seconda epidemia, la gente di questi due quartieri londinesi aveva
la possibilità di bere 2 tipi di acqua differenti: un tipo meno fecalizzato, prelevato a Nord della città,

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e uno più fecalizzato, prelevato
nel tratto più a Sud. A questo
punto, Giovanni Neve, sfruttando
il fatto che già al tempo c’era
l’abitudine tipicamente londinese
di registrate tutto quello che
accade (per motivi doganali e tassativi per lo più), comincia a fare moltissimi conti, leggendo i dati
dell’anagrafe e localizzando i casi di colera.
Quindi Snow fece un rapporto tra il numero dei casi e il totale di abitante residenti in determinate
aree.
Il tutto rappresentato in una tabella in cui vengono messi in
rapporto il numero di abitazioni servite da ciascuna azienda di
fornitura idrica per i casi di decesso per colera (denominatore
di popolazione). Si trattava quindi di fare un rapporto tra il
numero di decessi e il numero di abitazione servite.

È oramai evidente la correlazione tra la fonte di acqua utilizzata


e il manifestarsi della malattia. Numericamente parlando, la
probabilità statistica di contrarre la malattia rifornendosi
dall’azienda localizzata ‘a valle del fiume’ era 8 volte maggiore
rispetto alla probabilità di contrarla rifornendosi da quella ‘a
monte’ (tassi di moralità 8 volte più alti significa quasi morte
certa).
Dimostrando, in questo modo, che l’acqua prelevata nel tratto a sud di Londra è il veicolo
dell’epidemia di colera, Giovanni Neve va avanti nella sua ricerca: recupera una cartina di un
frammento dell’area servita dall’azienda che riforniva con acqua contaminata e segna in blu la
posizione delle pompe e in rosso le case coi casi di decesso per colera. Scoprendo che ‘il rosso’ era
predominante per lo più attorno alla pompa di rifornimento di Broad Street e che casualmente vicino
a quella pompa si trova un birrificio, che non ha presentato stranamente alcun caso di colera. Il motivo
principale, per cui le persone che bevevano birra non si ammalavano, è che l’acqua utilizzata per la
birra è acqua di pozzo e non acqua di fiume. Giovanni Neve dimostrò le sue teorie e fece staccare
(non è storico) la pompa di Broad Street, rendendo inservibile la pompa dell’acqua (fornendo nel
contempo un botte d’acqua di fiume prelevata a monte) e limitando in questo modo i decessi da colera.
Tutto questo serve a farci capire che il vero punto di forza dell’epidemiologia è sì l’identificazione
della causa, ma soprattutto l’utilizzo di questa conoscenza per PREVENIRE future problematiche di
queste tipo. L’epidemiologia, perciò, serve per capire come funziona la malattia e trovare una
soluzione al problema.
Circa negli stessi anni, a Bologna, città ricca di acqua per la presenza del fiume Reno che la attraversa,
ci fu un epidemia che portò 4 mila decessi, contro i 15 mila di Londra. Questo fa pensare che, in
relazione alla grandezza delle due città, Bologna fosse stata colpita in maniera molto minore, questo
trattando però in termini di numero assoluto di casi. In termini relativi, 15 mila morti in una città di 2
milioni di abitanti fa una mortalità inferiore all’1% (Londra), mentre una città come Bologna, che al
tempo contava 75 mila abitanti, presenta una mortalità 5 volte superiore e nell’epidemia successiva
il tasso di mortalità raggiunse addirittura il 10%. La differenza sostanziale, a parità di ospite e di

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agente eziologico, è la condizione igienico-sanitaria. Bologna era una città meno ricca e più arretrata
culturalmente, per cui l’igiene era un problema secondario.
Tutt’ora le epidemie di colera si presentano nel mondo in quelle situazioni in cui tante persone si
trovano ammassate, senza possibilità di mantenere un igiene adeguata, costrette a bere acqua non
sicura. Un esempio recente di epidemia di colera moderna è avvenuto successivamente al terremoto
(le prime cose che collassano sono i presidi igienico-sanitari) di Haiti nel 2010, in cui soldati nepalesi
delle truppe dell’ONU diffusero l’agente eziologico, contaminando fiumi, utilizzati in quel contesto
anche come fonte di acqua potabile e questo portò ad un epidemia di colera con 20 mila morti e con
tasso di mortalità dello 0,04%, così basso grazie all’esistenza degli Antibiotici. Correlato a questo
episodio Haitiano, c’è stato un altro episodio a Cuba nel 2012, di cui si conosce molto poco, veicolato
da personale sanitario cubano mandato dal governo cubano ad Haiti e poi ritornato a casa.
Altri problematiche che si verificano di recente sono relative alla consumazione di cibi crudi, tipici
di alcune culture orientali come il sushi.
Sono un problema attuale anche i distributori di latte crudo.
Quindi lo strumento epidemiologico è uno strumento di azione che serve per completare delle azioni
di tipo sanitario che hanno due scopi: bloccare la malattia nel momento che si presenta e prevenire
l’ingresso dell’agente eziologico in un dato territorio.
John Snow diventa il primo epidemiologo della storia e risolto il problema urgente, rimane
nell’ambito delle valutazioni epidemiologiche e fa quella che viene attualmente definita indagine
retrospettiva. Sempre consultando i dati anagrafici, notò che la ciclicità, con cui la malattia si abbatte
sulla città di Londra, è di 7-8 anni e intuì che ciò era correlato all’alternarsi dei periodi di siccità con
quelli di maggior piovosità. Con il diminuire dell’acqua, il fiume diminuiva in volume, mantenendo
però costante la quantità di feci (e quindi di agenti contaminanti). Questo significa che, durante i
periodi secchi, la concentrazione di acqua nel fiume diminuiva in rapporto ad una costante presenza
di ‘veleno’ in quell’acqua, quindi la concentrazione dell’agente infettante era superiore e spesso
raggiungeva la ‘dose infettante’, mentre, nei periodi di grande piovosità, l’agente infettante si trovava
maggiormente diluito e quindi risultava meno probabile che raggiungesse la dose infettiva. La morale
di quest’ultimo concetto è che ci sono anche FATTORI AMBIENTALI, esterni all’ospite e
all’agente infettante, che possono avere un influenza sul manifestarsi delle epidemie. (per esempio,
adesso, si sono sviluppate qui da noi malattie che prima non c’erano per i cambiamenti climatici che
hanno permesso la diffusione di vettori: come blu tongue etc.
Questo fa capire ancora una volta come siano le persone che si spostano a veicolare la malattia e la
malattia poi si insedia dove trova le condizioni ottimali per la diffusione, ovvero dove le strutture
igienico-sanitarie di base, acqua e fognature, sono al collasso, a causa di eventi di altra natura.

DEFINIZIONI STORICHE DELL’EPIDEMIOLOGIA:


Evoluzione di un concetto

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Alcune definizioni storiche:
Dopo circa 150-160 anni le scoperte di John Snow cambia la definizione di epidemiologia e cambia

anche l’oggetto di studio.


Infatti essa nasce essenzialmente come strumento per capire, valutare, prevenire quelli che vengono
definiti episodi di massa di malattie infettive. (perchè in quegli anni erano quelle le malattie più
importate).
Poi col passare degli anni si capisce che non sono solo gli agenti eziologici la causa di tutto ma ci sia
anche un altro attore che viene chiamato fattore o condizione che determinano la frequenza e la
distribuzione di un processo ancora una volta di tipo infettivo. (cioè si inizia ad analizzare il ruolo di
alcune abitudini che possono aumentare le probabilità che si verifichi un certo evento).
Si passa da un concetto di tipo deterministico a una valutazione di tipo probabilistico. (non sempre
se si viene a contatto con l’agente eziologico c’è il verificarsi della malattia: tutto è determinato dalle
condizioni che ci sono —> esempio: negli allevamenti di maiali non ben puliti si può sentire un forte
odore di ammoniaca che è dovuto alle urine. L’ammoniaca tende ad andare verso il basso e perciò
sono più colpiti gli animali rispetto agli uomini. L’ammoniaca ha una azione irritativa blanda sulle
mucose dell’apparato respiratorio. Se queste vengono compromesse permettono l’insorgere di
determinate patologie).
Nelle definizioni più moderne compare la parola: controllo. L’epidemiologia deve diventare qualcosa
che mi fornisce gli strumenti interpretativi e operativi per controllare la malattia. Questo significa
ridurre il numero di casi della malattia. (nel caso dell’ammoniaca, o vacciniamo o riduciamo la
concentrazione di ammoniaca nell’aria; questo è probabilmente il metodo più efficace perchè il
vaccino è mirato, mentre così si rafforzano le difese aspecifiche e perciò si contrastano tutti i patogeni)
L'epidemiologia ha storicamente seguito nel tempo l'evoluzione delle forme patologiche
maggiormente presenti all'interno delle popolazioni. Nella finestra temporale che va da Giovanni
Neve fino all'ultimo conflitto mondiale, l'epidemiologia si è occupata delle malattie trasmissibili,
soprattutto quelle infettive; in alcuni casi si occupava anche della storia naturale delle malattie, poiché
quelli erano gli anni in cui si iniziava a capire la storia della patogenesi delle malattie trasmissibili.
Oggi, invece, si conoscono esattamente tutti i dettagli genomici dell'agente eziologico, così come si
sa quali possono essere le vie di trasmissione e quali sono i comportamenti a rischio. Sessant'anni fa
tutti questi aspetti erano ignoti, al massimo si lavorava su delle ipotesi, il cui obiettivo non era la
pura e semplice descrizione, ma la costruzione di un modello interpretativo delle malattie. La forza
dell'epidemiologia è stata quella di bilanciare lo “strapotere” della microbiologia: la concezione
microbiologica delle malattie trasmissibili parte da un assunto che probabilmente non è stato mai
vero, cioè che basta il contatto e l'ingresso dell'agente eziologico nell'ospite per determinare la

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malattia. In realtà non è assolutamente così e l'epidemiologia ha spezzato questa logica che
presuppone: agente eziologico + ospite = malattia.
Una volta che nei grandi paesi occidentali le grandi malattie trasmissibili, come tubercolosi e
poliomielite, divennero controllabili, l'epidemiologia non aveva più motivo di esistere, per cui si
spostò verso le nuove malattie emergenti, che diventano sempre più importanti in termini di salute di
popolazione. Si tratta, in particolare, delle malattie degenerative (tumori) o delle malattie correlate in
qualche modo con i diversi stili di vita (caso dell’ipertensione o dell’infarto). Oggi, nei paesi
occidentali, non si ha più molto a che fare con le malattie trasmissibili, quindi ci si occupa più che
altro della conoscenza della patogenesi o dei fattori di rischio che riguardano malattie
tendenzialmente croniche, proprie di una popolazione in cui l'età media è al di sopra dei settant'anni.
Una volta individuati i fattori di rischio, bisogna decidere le politiche sanitarie all'interno della
popolazione, ad esempio gli screening per le neoplasie, che rientrano nelle diagnosi precoci, le quali,
in termini economici, sono molto meno dispendiose di una diagnosi tardiva. Bisogna, infatti, tenere
in conto che la malattia è un costo per la società e per il singolo, per cui tra i fattori da valutare va
sempre tenuto in considerazione quello economico.
L'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) nel 1990 asserisce che:
- l’epidemiologia serve a descrivere la distribuzione delle malattie, sia nello spazio che nel tempo
di situazioni patologiche e delle loro modificazioni in una popolazione. La conoscenza della
localizzazione geografica di una malattia trasmissibile, soprattutto in ambito medico-veterinario,
permette di mettere in atto una serie di misure che hanno lo scopo di vietare essenzialmente la
movimentazione di animali provenienti dalle aree endemiche (la stragrande maggioranza delle
malattie che insorgono in un allevamento sono dovute all'acquisto di animali provenienti da altri
paesi non regolarmente controllati).
- Altro aspetto importante è quello di capire qual è oggi la storia naturale, cioè quali sono i fattori,
non solo legati all’agente eziologico e all’ospite, ma anche all'ambiente, che determinano
cambiamenti molto rapidi nelle malattie e minacciano direttamente o indirettamente la salute e le
prestazioni. Prendendo in esempio la Paratubercolosi, questa è attualmente presente nel 30% degli
allevamenti di bovine da latte, questo non significa però che si presenta nello stesso modo in tutti
gli allevamenti: all’interno di questo 30%, ci sono situazioni molto gravi e situazioni in cui si
convive abbastanza bene con la malattia. Ciò significa che il singolo allevatore e allevamento
fanno la differenza (a volte anche il veterinario). Inoltre, l'epidemiologia non si interessa solo delle
forme patologiche, ma anche di salute. Questo perché, in certe situazioni, si riesce a comprendere
se c'è qualche problema sanitario solo se si conosce prima quale dovrebbe essere la situazione in
assenza di quello specifico problema sanitario.
- Altro concetto molto importante è il fatto che lo strumento epidemiologico consente di prendere
delle decisioni: si possono prendere delle decisioni solo se si hanno dei dati oggettivi. Bisogna
quindi descrivere gli eventi, spiegare le cause, progettare, attuare e valutare gli interventi (e quindi
decidere cosa fare, su quali malattie intervenire).
Per sapere perciò come intervenire bisogna avere informazioni anche sull’importanza di una data
malattia.
L'epidemiologia permette di valutare l'efficacia delle misure che vengono attuate (in senso pratico si
tratta di valutare la funzionalità di un vaccino o di un farmaco).

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