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· Il Vangelo di domenica 10 marzo, i di Quaresima ·

05 marzo 2019

Guidato dallo Spirito nel deserto, Gesù è tentato dal diavolo. Il secondo
attacco ha per oggetto il potere: «Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò
in un istante tutti i regni della terra e gli disse: “Ti darò tutto questo potere
e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò
se ti prostrerai in adorazione davanti a me, tutto sarà tuo”» (Luca, 4, 5-
7). Innanzitutto il diavolo cita le Sacre Scritture, e precisamente la
promessa di Dio al suo Messia: «Chiedimi e ti darò in eredità le genti e
in tuo potere le terre più lontane» (Salmo 2, 8). Accettando la sua
proposta, Gesù onorerebbe il proprio compito di messia. Il diavolo si
presenta come il depositario del potere e a Gesù basta adorarlo. La
risposta di Cristo è secca: «Sta scritto: Il Signore Dio tuo adorerai: a lui
solo renderai culto» (Luca, 4, 8). Identificare la vittoria di Gesù nel suo
rifiuto del potere, significa mancare completamente il bersaglio del testo,
leggendolo col pregiudizio che considera il potere come demoniaco
perciò da respingere. In tal modo, però, si dà ragione al diavolo: il potere
è suo. Questa lettura dimentica che, come ogni uomo, anche il Figlio di
Dio ha bisogno del potere, altrimenti non respirerebbe (“posso”
respirare), né si muoverebbe (“posso” muovermi). Inoltre, senza “la
potenza” Gesù non guarirebbe, non perdonerebbe, non risusciterebbe i
morti. Sottoponendogli la questione del potere, il diavolo non tocca un
argomento marginale alla vita di Cristo, ma colpisce la radice e la
sorgente di tutto il suo essere. La vittoria del Signore non consiste quindi
nel rifiuto del potere promessogli, in nome di chissà quale ascetica
rinuncia a rilevanza e grandezza. Piuttosto il suo trionfo coincide col
rifiuto di considerare il diavolo come potente. L’oggetto in questione non
è il potere, ma chi realmente lo detiene e lo elargisce. Perciò Cristo
compie esattamente il gesto individuato dal diavolo come condizione per
ottenere potere: “adorare”, rivolgendolo tuttavia a un altro destinatario,
il “Signore Dio”. Più che generica dichiarazione d’umiltà rinfacciata a chi
promette rilievo e dominio, la replica di Gesù è una professione di fede
nel Padre come esclusivo, sicuro, affidabile detentore del potere
necessario per vivere. Luca aveva già preparato il suo lettore a questo
momento, narrando dell’angelo Gabriele, “Potenza di Dio”,
dell’incredulità di Zaccaria circa la possanza del Signore, della sua
ritrovata fiducia nel Salvatore potente, della fede di Maria in colui che
tutto può, del canto della ragazza di Nazaret, che esalta il Signore come
l’unico potente. Non c’è che dire: rispondendo al diavolo, Gesù è “tutto
sua madre”, riecheggiandone l’affidamento vibrante a colui che rovescia
presunti potenti dai troni. E come quella di sua madre, anche la sua ha
un tono polemico e contestatore, poiché l’ammissione di un unico
depositario della possanza comporta la negazione di qualsiasi altro
supposto detentore del potere. Nella propria irrinunciabile ricerca di
potere, il Signore smaschera il diavolo. Infatti, egli scopre le sue
millanterie: vanta un potere che non ha. Cedere alla tentazione non
significa desiderare il potere, ma cercarlo dove non c’è, fidandosi di uno
sbruffone impotente.

di Giovanni Cesare Pagazzi

http://www.osservatoreromano.va/it/news/tutto-sua-madre

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