Nella Teoria del Funzionale Densità (DFT) il problema della determinazione delle proprietà
di stato fondamentale di un sistema di elettroni interagenti soggetti ad un potenziale
esterno viene ricondotto a quello della determinazione della densità elettronica dello stato
fondamentale.
I primi tentativi di studiare la struttura elettronica di un solido focalizzando l’attenzione sui
funzionali della densità sono dovuti a Thomas [1] e Fermi [2] e risalgono al 1927-1928. La
pubblicazione di Hohenberg e Kohn [3] del 1964 e il seguente lavoro di Kohn e Sham [4]
del 1965 gettano le basi per la Teoria del Funzionale Densità. L’importanza di questo
modello teorico è stata riconosciuta con il Premio Nobel per la chimica assegnato a Kohn
nel 1998.
L’approssimazione di Born-Oppenheimer.
Un sistema di elettroni interagenti soggetti al potenziale dei nuclei è descritto
dall’hamiltoniana
e ad un’hamiltoniana ionica
𝑇𝑛𝑢𝑐𝑙 + 𝐸 𝑅 𝜒 𝑅 = 𝐸𝜒 𝑅 ,
dove gli ioni si muovono nel potenziale 𝐸 𝑅 dovuto agli elettroni.
Tuttavia, affinché gli autovalori e le autofunzioni dell’hamiltoniana elettronica possano
essere calcolati, è necessario introdurre delle ulteriori approssimazioni. Una prospettiva
attraente è quella di ridurre il problema a molti corpi allo studio di un’hamiltoniana di
singola particella: la Teoria del Funzionale Densità, teoria esatta per la determinazione
delle proprietà di stato fondamentale, utilizza proprio un approccio a singola particella.
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Il teorema di Hoenberg e Kohn.
La Teoria del Funzionale Densità si basa sul teorema di Hoenberg e Kohn [3], i cui tre
enunciati sono:
a) L’energia dello stato fondamentale di un sistema di elettroni interagenti è un
funzionale unico della densità elettronica dello stato fondamentale.
Dimostriamolo per il caso di uno stato fondamentale non degenere.
Data l’hamiltoniana
𝐻 = 𝑇 + 𝑉 + 𝑊,
𝐻|𝜓 = 𝐸𝑔𝑠 |𝜓 ,
possiamo definire una mappa tra il set Υ ed il set Ψ degli stati fondamentali
𝐶: 𝛶 → 𝛹;
𝑛 𝑟 =𝑁 𝜓 ∗ 𝑟, 𝑟2 , … , 𝑟𝑁 𝜓 𝑟, 𝑟2 , … , 𝑟𝑁 𝑑𝑟2 … 𝑑𝑟𝑁
per ogni elemento del set Ψ e raggrupparle in un nuovo set η, definendo una seconda
mappa suriettiva
𝐷: 𝛹 → 𝜂.
𝑉 ≠ 𝑉 ′ + 𝑐𝑜𝑠𝑡 ;
𝐻|𝜓 = 𝑇 + 𝑊 + 𝑉 |𝜓 = 𝐸𝑔𝑠 |𝜓 ;
𝐻′|𝜓 = 𝑇 + 𝑊 + 𝑉 ′ |𝜓 = 𝐸𝑔𝑠 ′|𝜓 .
Poiché i potenziali sono moltiplicativi, per sottrazione delle precedenti relazioni otteniamo
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ovvero che i due potenziali differiscono solo per una costante, in contraddizione con
l’ipotesi iniziale. Questo prova l’invertibilità di C.
Per dimostrare che anche la mappa D è invertibile, supponiamo per assurdo che due
diversi stati fondamentali portino alla stessa densità elettronica ed applichiamo il principio
variazionale:
′
𝐸𝑔𝑠 = 𝜓 𝐻 𝜓 < 𝜓′ 𝐻 𝜓′ = 𝜓′ 𝐻 ′ + 𝑉 − 𝑉 ′ 𝜓′ = 𝐸𝑔𝑠 + 𝑛 𝑣 − 𝑣 ′ 𝑑 3 𝑟
′
→ 𝐸𝑔𝑠 < 𝐸𝑔𝑠 + 𝑛 𝑣 − 𝑣 ′ 𝑑3 𝑟 .
′
𝐸𝑔𝑠 < 𝐸𝑔𝑠 + 𝑛 𝑣′ − 𝑣 𝑑 3 𝑟 .
Infatti, se 𝑉𝑒𝑥𝑡 è il potenziale esterno di un sistema con energia di stato fondamentale 𝐸𝑔𝑠 e
densità elettronica di stato fondamentale 𝑛𝑔𝑠 , il principio variazionale di Releigh-Ritz
garantisce che
ħ2 𝑒𝑓𝑓
𝑖 𝜑𝑖 𝑟 = − 2𝑚 ∇2 + 𝑣𝐾𝑆 𝑟 𝜑𝑖 𝑟 = 𝜀𝑖 𝜑𝑖 𝑟 ,
costruita in modo tale che gli autostati di singola particella forniscano la vera densità di
carica del sistema interagente, ovvero
𝑛𝐼 𝑟 = 𝑛𝑁𝐼 𝑟 = 𝑖 𝜑𝑖 𝑟 2
.
ħ2
𝑇0 𝑛 = 𝑖 𝜑𝑖∗ 𝑟 − ∇ 2 𝜑𝑖 𝑟 𝑑 3 𝑟 ,
2𝑚
1 𝑛 𝑟 𝑛 𝑟′ 3 3
𝐸𝐻 = 𝑑 𝑟𝑑 𝑟′
2 𝑟 − 𝑟′
𝐸𝑋𝐶 𝑛 = 𝑇 𝑛 − 𝑇0 𝑛 + 𝑊 𝑛 − 𝐸𝐻 .
Anche per il sistema non interagente vale il teorema di Hoenberg e Kohn, dunque
possiamo scrivere
𝑒𝑓𝑓
𝐸 𝑁𝐼 𝑛 = 𝑇0 𝑛 + 𝑛 𝑟 𝑣𝐾𝑆 𝑟 𝑑 3 𝑟 .
𝛿𝐸 𝑁𝐼 𝑛 𝛿𝑇0 𝑛 𝑒𝑓𝑓
𝛿𝑛
= 0 → 𝛿𝑛
= −𝑣𝐾𝑆 𝑟 ;
𝛿𝐸 𝐼 𝑛 𝛿𝑇0 𝑛 𝛿𝐸𝑋𝐶 𝑛 𝑒𝑓𝑓
𝛿𝑛
= 0 → 𝛿𝑛
+ 𝑉𝑒𝑥𝑡 𝑟 + 𝑣𝐻 𝑟 + 𝛿𝑛
= −𝑣𝐾𝑆 𝑟 + 𝑉𝑒𝑥𝑡 𝑟 + 𝑣𝐻 𝑟 + 𝑣𝑋𝐶 𝑟 = 0 ,
𝛿𝐸𝑋𝐶 𝑛
dove 𝑣𝑋𝐶 𝑟 ≡ 𝛿𝑛
per definizione.
𝑒𝑓𝑓
Dalla precedente relazione ricaviamo 𝑣𝐾𝑆 𝑟 e possiamo quindi scrivere le equazioni di
Kohn e Sham
ħ2 2
− ∇ + 𝑉𝑒𝑥𝑡 𝑟 + 𝑣𝐻 𝑟 + 𝑣𝑋𝐶 𝑟 𝜑𝑖 𝑟 = 𝜀𝑖 𝜑𝑖 𝑟
2𝑚
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che sono di singola particella, dipendono dalla densità (e vanno perciò risolte con
procedura autoconsistente), tengono conto non solo del termine di scambio ma anche
della correlazione e contengono un’hamiltoniana che agisce in modo locale sulle
autofunzioni.
Dalla risoluzione delle equazioni di Kohn e Sham si determinano gli autostati di singola
particella e, da questi, l’esatta densità di carica del sistema interagente.
Moltiplicando le equazioni di Kohn e Sham a sinistra per 𝜑𝑖∗ 𝑟 , integrando in 𝑑 3 𝑟 e
sommando su tutti gli stati 𝑖, otteniamo
𝑇0 𝑛 = 𝜀𝑖 − 𝑛 𝑟 𝑉𝑒𝑥𝑡 𝑟 𝑑 3 𝑟 − 𝑛 𝑟 𝑣𝐻 𝑟 𝑑 3 𝑟 − 𝑛 𝑟 𝑣𝑋𝐶 𝑟 𝑑 3 𝑟
𝑖
Dunque, una volta determinata la densità di stato fondamentale dalla risoluzione delle
equazioni di Kohn e Sham, si determina l’energia di stato fondamentale del sistema
interagente.
𝐸𝑋𝐶 𝑛 = 𝑜𝑚
𝑛 𝑟 𝜀𝑥𝑐 (𝑛) 𝑛=𝑛 𝑟 𝑑3 𝑟 ,
dove 𝜀𝑥𝑐
𝑜𝑚
(𝑛) è l’energia di scambio e correlazione, per elettrone, in un gas elettronico
omogeneo di densità 𝑛. È possibile, inoltre, separare il contributo di scambio da quello di
correlazione, ponendo
Per quanto riguarda la parte di correlazione, tra i funzionali LDA più usati ricordiamo quello
di Wigner (1934) [7], di Hedin-Lundqvist (1971) [8] e di Ceperley-Alder (1980) [9].
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L’Approssimazione di Densità Locale è giustificata per sistemi a densità lentamente
variabile; ciò nondimeno, anche i risultati ottenuti per sistemi quali atomi e molecole, ben
lontani dall’essere omogenei, sono ragionevoli.
𝐼 =𝐸 𝑁−1 −𝐸 𝑁
𝐴 = 𝐸 𝑁 − 𝐸(𝑁 + 1)
∆𝐺𝐴𝑃 = 𝐼 − 𝐴 .
𝜕𝐸 (𝑁)
Poiché 𝑁 ≫ 1, data la definizione di potenziale chimico 𝜇 ≡ 𝜕𝑁
, abbiamo
𝜕𝐸(𝑁) −
−𝐼 = 𝐸 𝑁 − 𝐸 𝑁 − 1 = = 𝜇−
𝜕𝑁
𝜕𝐸(𝑁) +
−𝐴 = 𝐸 𝑁 + 1 − 𝐸 𝑁 = = 𝜇+
𝜕𝑁
(dove gli apici meno e più stanno ad indicare rispettivamente la derivata sinistra e la
derivata destra).
Poiché, inoltre, il potenziale chimico può essere espresso come
𝐸 𝑁+𝜖 −𝐸(𝑁) 𝐸 𝑛 𝑁 +𝜖 −𝐸 𝑛 𝑁 𝛿𝐸 𝑛
𝜇 = lim𝜖→0 𝜖
= lim𝜖→0 𝜖
= 𝛿𝑛
,
otteniamo che la gap elettronica è data dalla discontinuità della derivata del funzionale
energia totale rispetto alla densità quando aggiungiamo e togliamo una particella, ovvero
𝛿𝐸 𝑛 + 𝛿𝐸 𝑛 −
∆𝐺𝐴𝑃 = 𝛿𝑛
− 𝛿𝑛
.
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Visto che il potenziale di Hartree ed il potenziale esterno non sono discontinui, la
discontinuità è data dal termine cinetico e da quello di scambio e correlazione
Dato che il sistema non interagente non contiene il termine di scambio e correlazione, la
gap elettronica calcolata a partire dalle equazioni di Kohn e Sham sarà uguale alla
discontinuità della derivata del termine cinetico:
𝐺𝐴𝑃 = ∆ 𝑇0 .
∆𝐾𝑆
Tale valore della gap elettronica sottostimerà, quindi, il valore misurato sperimentalmente
della quantità ∆𝐸𝑋𝐶 , che, come detto, costituisce una grande percentuale della gap.
Si è molto discusso riguardo al fatto che la sottostima della gap sia un limite intrinseco
della DFT o se sia dovuta principalmente all’approssimazione LDA: l’idea più diffusa in
letteratura è che l’origine di questo errore sia legata ai limiti stessi della DFT [10-12].
Poiché la gap, in alcuni casi, è sottostimata di una quantità approssimativamente costante
rispetto ai punti 𝑘 e agli indici di banda, è possibile ottenere, per alcuni semiconduttori, una
buona struttura a bande traslando rigidamente le bande di conduzione verso l’alto: tale
approssimazione è detta “Scissor Operator”.
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1
𝜑𝑛,𝑘 𝑟 = 𝑐𝐺 (𝑘)𝑒 𝑖 𝑘 +𝐺 ∙𝑟
𝛺
𝐺
con 𝛺 volume della cella. La somma nella precedente equazione dovrebbe essere estesa
ad un numero infinito di vettori 𝐺 , tuttavia, per esigenze computazionali, è necessario
introdurre un 𝐺𝑚𝑎𝑥 , che corrisponde a introdurre un cutoff per l’energia cinetica, ovvero
un’energia di soglia
1 2
𝐸𝑐𝑢𝑡𝑜𝑓𝑓 ≥ 2 𝑘 + 𝐺 .
3 2
𝛺 𝐸𝑐𝑢𝑡𝑜𝑓𝑓
𝑁𝑝𝑤 ~
6𝜋 2
dove l’energia di soglia è espressa in Rydberg.
Il calcolo numerico degli integrali nello spazio reciproco viene effettuato tramite somme sui
punti 𝑘, scelti nella zona irriducibile di Brillouin (la più piccola porzione di spazio reciproco
tale da generare, in seguito alla applicazione di tutte le operazioni di simmetria di cui gode
il sistema considerato, l’intera zona di Brillouin), mostrata in Figura 1 e 2 rispettivamente
per l’oro bulk e per la superficie Au(110).