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Capitolo 2.

La Teoria del Funzionale Densità.

Nella Teoria del Funzionale Densità (DFT) il problema della determinazione delle proprietà
di stato fondamentale di un sistema di elettroni interagenti soggetti ad un potenziale
esterno viene ricondotto a quello della determinazione della densità elettronica dello stato
fondamentale.
I primi tentativi di studiare la struttura elettronica di un solido focalizzando l’attenzione sui
funzionali della densità sono dovuti a Thomas [1] e Fermi [2] e risalgono al 1927-1928. La
pubblicazione di Hohenberg e Kohn [3] del 1964 e il seguente lavoro di Kohn e Sham [4]
del 1965 gettano le basi per la Teoria del Funzionale Densità. L’importanza di questo
modello teorico è stata riconosciuta con il Premio Nobel per la chimica assegnato a Kohn
nel 1998.

L’approssimazione di Born-Oppenheimer.
Un sistema di elettroni interagenti soggetti al potenziale dei nuclei è descritto
dall’hamiltoniana

𝐻 = 𝑇𝑛𝑢𝑐𝑙 + 𝑇𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡 + 𝑉𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡 −𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡 + 𝑉𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡 −𝑛𝑢𝑐𝑙 + 𝑉𝑛𝑢𝑐𝑙 −𝑛𝑢𝑐𝑙 ,

dove i primi due termini a secondo membro rappresentano rispettivamente i contributi


cinetici dei nuclei e degli elettroni, mentre i restanti termini a secondo membro sono
rispettivamente i potenziali d’interazione elettrone-elettrone, elettrone-nucleo e nucleo-
nucleo.
Una prima importante semplificazione viene dall’approssimazione di Born-Oppenheimer
[5]: si assume che gli elettroni seguano adiabaticamente il moto dei nuclei e si disaccoppia
la dinamica degli ioni da quella degli elettroni. In altre parole, per ogni configurazione
ionica, gli elettroni possono essere considerati nel loro stato fondamentale.
Quest’approssimazione porta ad un’hamiltoniana elettronica a posizioni nucleari fisse
(dove la dipendenza dalle coordinate ioniche R è solo parametrica)

𝐻𝑒 𝜑𝑅 𝑟 = 𝑇𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡 + 𝑉𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡 −𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡 + 𝑉𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡 −𝑛𝑢𝑐𝑙 + 𝑉𝑛𝑢𝑐𝑙 −𝑛𝑢𝑐𝑙 𝜑𝑅 𝑟 = 𝐸 𝑅 𝜑𝑅 𝑟

e ad un’hamiltoniana ionica

𝑇𝑛𝑢𝑐𝑙 + 𝐸 𝑅 𝜒 𝑅 = 𝐸𝜒 𝑅 ,
dove gli ioni si muovono nel potenziale 𝐸 𝑅 dovuto agli elettroni.
Tuttavia, affinché gli autovalori e le autofunzioni dell’hamiltoniana elettronica possano
essere calcolati, è necessario introdurre delle ulteriori approssimazioni. Una prospettiva
attraente è quella di ridurre il problema a molti corpi allo studio di un’hamiltoniana di
singola particella: la Teoria del Funzionale Densità, teoria esatta per la determinazione
delle proprietà di stato fondamentale, utilizza proprio un approccio a singola particella.

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Il teorema di Hoenberg e Kohn.
La Teoria del Funzionale Densità si basa sul teorema di Hoenberg e Kohn [3], i cui tre
enunciati sono:
a) L’energia dello stato fondamentale di un sistema di elettroni interagenti è un
funzionale unico della densità elettronica dello stato fondamentale.
Dimostriamolo per il caso di uno stato fondamentale non degenere.
Data l’hamiltoniana

𝐻 = 𝑇 + 𝑉 + 𝑊,

dove i termini a secondo membro rappresentano rispettivamente il contributo cinetico, il


potenziale esterno e l’interazione tra elettroni, assumiamo che T e W  siano fissati e V
appartenga ad un set Υ di potenziali locali di singola particella.
Attraverso la soluzione dell’equazione

𝐻|𝜓 = 𝐸𝑔𝑠 |𝜓 ,

possiamo definire una mappa tra il set Υ ed il set Ψ degli stati fondamentali

𝐶: 𝛶 → 𝛹;

la mappa C è suriettiva per costruzione.


A questo punto, possiamo calcolare le densità di stato fondamentale

𝑛 𝑟 =𝑁 𝜓 ∗ 𝑟, 𝑟2 , … , 𝑟𝑁 𝜓 𝑟, 𝑟2 , … , 𝑟𝑁 𝑑𝑟2 … 𝑑𝑟𝑁

per ogni elemento del set Ψ e raggrupparle in un nuovo set η, definendo una seconda
mappa suriettiva

𝐷: 𝛹 → 𝜂.

Per affermare che la densità di stato fondamentale determina univocamente l’hamiltoniana


del sistema, dobbiamo dimostrare che le mappe C  e  D  sono anche iniettive e quindi
completamente invertibili.
Iniziamo dimostrando per assurdo l’invertibilità di C. Assumiamo allora che due diversi
potenziali, che non differiscano solo per una costante, portino ad uno stesso stato
fondamentale:

𝑉 ≠ 𝑉 ′ + 𝑐𝑜𝑠𝑡 ;
𝐻|𝜓 = 𝑇 + 𝑊 + 𝑉 |𝜓 = 𝐸𝑔𝑠 |𝜓 ;
𝐻′|𝜓 = 𝑇 + 𝑊 + 𝑉 ′ |𝜓 = 𝐸𝑔𝑠 ′|𝜓 .

Poiché i potenziali sono moltiplicativi, per sottrazione delle precedenti relazioni otteniamo

(𝑉 − 𝑉 ′ ) |𝜓 = (𝐸𝑔𝑠 − 𝐸𝑔𝑠



)|𝜓   →  𝑉 − 𝑉 ′ = 𝐸𝑔𝑠 − 𝐸𝑔𝑠

,

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ovvero che i due potenziali differiscono solo per una costante, in contraddizione con
l’ipotesi iniziale. Questo prova l’invertibilità di C.
Per dimostrare che anche la mappa D è invertibile, supponiamo per assurdo che due
diversi stati fondamentali portino alla stessa densità elettronica ed applichiamo il principio
variazionale:


𝐸𝑔𝑠 = 𝜓 𝐻 𝜓 < 𝜓′ 𝐻 𝜓′ = 𝜓′ 𝐻 ′ + 𝑉 − 𝑉 ′ 𝜓′ = 𝐸𝑔𝑠 + 𝑛 𝑣 − 𝑣 ′ 𝑑 3 𝑟  

→   𝐸𝑔𝑠 < 𝐸𝑔𝑠 + 𝑛 𝑣 − 𝑣 ′ 𝑑3 𝑟 .

Allo stesso modo, partendo da 𝐸𝑔𝑠



, abbiamo


𝐸𝑔𝑠 < 𝐸𝑔𝑠 + 𝑛 𝑣′ − 𝑣 𝑑 3 𝑟 .

Sommando membro a membro, otteniamo



𝐸𝑔𝑠 + 𝐸𝑔𝑠 ′
< 𝐸𝑔𝑠 + 𝐸𝑔𝑠 ,

che è una chiara contraddizione. Questo dimostra l’invertibilità di D.


Abbiamo dunque dimostrato che la densità elettronica del sistema determina
univocamente il potenziale esterno e quindi, poiché il termine cinetico e l’interazione
elettrone-elettrone sono fissati, l’intera hamiltoniana.
b) L’energia di stato fondamentale può essere ottenuta minimizzando il funzionale
energia rispetto alla densità:

𝐸𝑔𝑠 = 𝑚𝑖𝑛𝑛∈𝜂 𝐸𝑉𝑒𝑥𝑡 𝑛 .

Infatti, se 𝑉𝑒𝑥𝑡 è il potenziale esterno di un sistema con energia di stato fondamentale 𝐸𝑔𝑠 e
densità elettronica di stato fondamentale 𝑛𝑔𝑠 , il principio variazionale di Releigh-Ritz
garantisce che

𝐸𝑔𝑠 = 𝐸𝑉𝑒𝑥𝑡 𝑛𝑔𝑠 < 𝐸𝑉𝑒𝑥𝑡 𝑛      ∀𝑛 ≠ 𝑛𝑔𝑠 .

c) Il funzionale di Hoenberg e Kohn 𝐹𝐻𝐾 𝑛 = 𝜓 𝑛 𝑇 + 𝑊 𝜓 𝑛 è un funzionale


universale della densità nel senso che non dipende dal potenziale esterno.
Il funzionale energia è dato infatti da due termini

𝐸𝑉𝑒𝑥𝑡 𝑛 = 𝜓 𝑛 𝑇 + 𝑊 𝜓 𝑛 + 𝑉𝑒𝑥𝑡 𝑛𝑑 3 𝑟 = 𝐹𝐻𝐾 𝑛 + 𝑉𝑒𝑥𝑡 𝑛𝑑 3 𝑟 ,

dove 𝐹𝐻𝐾 𝑛 non dipende da 𝑉𝑒𝑥𝑡 .


Tuttavia, il teorema di Hoenberg e Kohn non ci dice come costruire esplicitamente il
funzionale 𝐹𝐻𝐾 𝑛 , che in generale non è noto. La sua costruzione esplicita richiede alcune
approssimazioni.

Le equazioni di Kohn e Sham.


A partire dal lavoro di Hoenberg e Kohn, un anno dopo la pubblicazione di quest’ultimo,
Kohn e Sham hanno proposto un approccio a singola particella per ottenere la densità di
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stato fondamentale e l’energia totale del sistema, risolvendo un set autoconsistente di
equazioni di singola particella [4].
Si può pensare di associare ad ogni sistema di elettroni interagenti un sistema fittizio di
elettroni non interagenti, descritto dall’hamiltoniana efficace 𝐻 𝑁𝐼 = 𝑖 𝑕𝑖 , con

ħ2 𝑒𝑓𝑓
𝑕𝑖 𝜑𝑖 𝑟 = − 2𝑚 ∇2 + 𝑣𝐾𝑆 𝑟 𝜑𝑖 𝑟 = 𝜀𝑖 𝜑𝑖 𝑟 ,

costruita in modo tale che gli autostati di singola particella forniscano la vera densità di
carica del sistema interagente, ovvero

𝑛𝐼 𝑟 = 𝑛𝑁𝐼 𝑟 = 𝑖 𝜑𝑖 𝑟 2
.

Possiamo, a questo punto, scomporre formalmente il funzionale di Hoenberg e Kohn come


somma del contributo cinetico degli elettroni non interagenti

ħ2
𝑇0 𝑛 = 𝑖 𝜑𝑖∗ 𝑟 − ∇ 2 𝜑𝑖 𝑟 𝑑 3 𝑟 ,
2𝑚

del termine di Hartree

1 𝑛 𝑟 𝑛 𝑟′ 3 3
𝐸𝐻 = 𝑑 𝑟𝑑 𝑟′
2 𝑟 − 𝑟′

e del termine di scambio e correlazione definito come

𝐸𝑋𝐶 𝑛 = 𝑇 𝑛 − 𝑇0 𝑛 + 𝑊 𝑛 − 𝐸𝐻 .

Il funzionale energia totale del sistema interagente assume quindi la forma


1
𝐸 𝐼 𝑛 = 𝑇0 𝑛 + 𝑛 𝑟 𝑉𝑒𝑥𝑡 𝑟 𝑑 3 𝑟 + 2 𝑛 𝑟 𝑣𝐻 𝑟 𝑑 3 𝑟 + 𝐸𝑋𝐶 𝑛 .

Anche per il sistema non interagente vale il teorema di Hoenberg e Kohn, dunque
possiamo scrivere
𝑒𝑓𝑓
𝐸 𝑁𝐼 𝑛 = 𝑇0 𝑛 + 𝑛 𝑟 𝑣𝐾𝑆 𝑟 𝑑 3 𝑟 .

Applicando il principio variazionale otteniamo

𝛿𝐸 𝑁𝐼 𝑛 𝛿𝑇0 𝑛 𝑒𝑓𝑓
𝛿𝑛
= 0  →   𝛿𝑛
= −𝑣𝐾𝑆 𝑟 ;
𝛿𝐸 𝐼 𝑛 𝛿𝑇0 𝑛 𝛿𝐸𝑋𝐶 𝑛   𝑒𝑓𝑓
𝛿𝑛
= 0  →   𝛿𝑛
+ 𝑉𝑒𝑥𝑡 𝑟 + 𝑣𝐻 𝑟 + 𝛿𝑛
= −𝑣𝐾𝑆 𝑟 + 𝑉𝑒𝑥𝑡 𝑟 + 𝑣𝐻 𝑟 + 𝑣𝑋𝐶 𝑟 = 0 ,

𝛿𝐸𝑋𝐶 𝑛  
dove 𝑣𝑋𝐶 𝑟 ≡ 𝛿𝑛
per definizione.
𝑒𝑓𝑓
Dalla precedente relazione ricaviamo 𝑣𝐾𝑆 𝑟 e possiamo quindi scrivere le equazioni di
Kohn e Sham

ħ2 2
− ∇ + 𝑉𝑒𝑥𝑡 𝑟 + 𝑣𝐻 𝑟 + 𝑣𝑋𝐶 𝑟 𝜑𝑖 𝑟 = 𝜀𝑖 𝜑𝑖 𝑟
2𝑚
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che sono di singola particella, dipendono dalla densità (e vanno perciò risolte con
procedura autoconsistente), tengono conto non solo del termine di scambio ma anche
della correlazione e contengono un’hamiltoniana che agisce in modo locale sulle
autofunzioni.
Dalla risoluzione delle equazioni di Kohn e Sham si determinano gli autostati di singola
particella e, da questi, l’esatta densità di carica del sistema interagente.
Moltiplicando le equazioni di Kohn e Sham a sinistra per 𝜑𝑖∗ 𝑟 , integrando in 𝑑 3 𝑟 e
sommando su tutti gli stati 𝑖, otteniamo

𝑇0 𝑛 = 𝜀𝑖 − 𝑛 𝑟 𝑉𝑒𝑥𝑡 𝑟 𝑑 3 𝑟 − 𝑛 𝑟 𝑣𝐻 𝑟 𝑑 3 𝑟 − 𝑛 𝑟 𝑣𝑋𝐶 𝑟 𝑑 3 𝑟
𝑖

che, introdotta nell’espressione di 𝐸 𝐼 , fornisce l’energia totale del sistema interagente


1 𝑛 𝑟 𝑛 𝑟′
𝐸𝐼 𝑛 = 𝑖 𝜀𝑖 −2 𝑑 3 𝑟𝑑 3 𝑟′ + 𝐸𝑋𝐶 𝑛 − 𝑛 𝑟 𝑣𝑋𝐶 𝑟 𝑑 3 𝑟 .
𝑟 −𝑟 ′

Dunque, una volta determinata la densità di stato fondamentale dalla risoluzione delle
equazioni di Kohn e Sham, si determina l’energia di stato fondamentale del sistema
interagente.

L’approssimazione di densità locale.


La DFT è, fin qui, una teoria esatta. Tuttavia, il funzionale energia di scambio e
correlazione non è noto ed è necessario introdurre delle approssimazioni per calcolarlo. La
più utilizzata è la cosiddetta “Approssimazione di Densità Locale (LDA)” [4], che consiste
nel porre

𝐸𝑋𝐶 𝑛 = 𝑕𝑜𝑚
𝑛 𝑟 𝜀𝑥𝑐 (𝑛) 𝑛=𝑛 𝑟 𝑑3 𝑟 ,

dove 𝜀𝑥𝑐
𝑕𝑜𝑚
(𝑛) è l’energia di scambio e correlazione, per elettrone, in un gas elettronico
omogeneo di densità 𝑛. È possibile, inoltre, separare il contributo di scambio da quello di
correlazione, ponendo

𝐸𝑋𝐶 = 𝐸𝑋 + 𝐸𝐶 = 𝑛 𝑟 𝜀𝑥𝑕𝑜𝑚 (𝑛) 𝑛=𝑛 𝑟 𝑑 3 𝑟 + 𝑛 𝑟 𝜀𝑐𝑕𝑜𝑚 (𝑛) 𝑛=𝑛 𝑟 𝑑3 𝑟 ,


1
3 𝑒2
dove 𝜀𝑥𝑕𝑜𝑚 𝑛 = − 4 3𝜋 2 𝑛(𝑟) 3 è l’energia di scambio, per elettrone, ottenuta da Slater
𝜋
[21] applicando la teoria di Hartree-Fock al caso di un gas di elettroni omogeneo.
𝛿𝐸𝑋 𝑛  
Possiamo, dunque, ricavare la forma esplicita del potenziale di scambio 𝑣𝑋 𝑟 = 𝛿𝑛
nell’ambito dell’approssimazione LDA:
1
𝑑𝜀 𝑥𝑕 𝑜𝑚 𝑛 𝑒2
𝑣𝑋 𝑟 = 𝜀𝑥𝑕𝑜𝑚 𝑛 + 𝑛 𝑑𝑛
=− 𝜋
3𝜋 2 𝑛(𝑟) 3 .

Per quanto riguarda la parte di correlazione, tra i funzionali LDA più usati ricordiamo quello
di Wigner (1934) [7], di Hedin-Lundqvist (1971) [8] e di Ceperley-Alder (1980) [9].

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L’Approssimazione di Densità Locale è giustificata per sistemi a densità lentamente
variabile; ciò nondimeno, anche i risultati ottenuti per sistemi quali atomi e molecole, ben
lontani dall’essere omogenei, sono ragionevoli.

Il problema della gap.


Gli autostati e gli autovalori che compaiono nelle equazioni di Kohn e Sham non hanno, a
rigore, significato fisico; non sono quindi interpretabili come stati ed energie di singola
particella, in quanto il sistema ausiliario non interagente è un sistema fittizio.
Tuttavia, calcoli di stati di singolo elettrone nell’ambito dell’approssimazione DFT-LDA
danno una buona rappresentazione dello spettro degli stati occupati ed una ragionevole
rappresentazione dello spettro degli stati vuoti [6]; il buon accordo qualitativo che si ottiene
dal confronto con gli spettri sperimentali giustifica l’interpretazione degli autovalori e
autostati di Kohn e Sham in termini di energie e funzioni d’onda di singolo elettrone.
Come detto, l’accordo risultante è qualitativo, ma non quantitativo; la Teoria del
Funzionale Densità descrive, infatti, le proprietà di stato fondamentale ma non è in grado
di predire le energie degli stati eccitati: ad esempio, le gap teoriche di semiconduttori ed
isolanti sottostimano le gap misurate del 50% ed anche oltre.
L’esatto valore della gap elettronica è dato dalla differenza tra il potenziale di ionizzazione

𝐼 =𝐸 𝑁−1 −𝐸 𝑁

(l’energia minima richiesta per strappare un elettrone) e l’affinità elettronica

𝐴 = 𝐸 𝑁 − 𝐸(𝑁 + 1)

(ottenuta aggiungendo un elettrone allo stato vuoto più basso), ovvero

∆𝐺𝐴𝑃 = 𝐼 − 𝐴 .
𝜕𝐸 (𝑁)
Poiché 𝑁 ≫ 1, data la definizione di potenziale chimico 𝜇 ≡ 𝜕𝑁
, abbiamo

𝜕𝐸(𝑁) −
−𝐼 = 𝐸 𝑁 − 𝐸 𝑁 − 1 = = 𝜇−
𝜕𝑁
𝜕𝐸(𝑁) +
−𝐴 = 𝐸 𝑁 + 1 − 𝐸 𝑁 = = 𝜇+
𝜕𝑁

(dove gli apici meno e più stanno ad indicare rispettivamente la derivata sinistra e la
derivata destra).
Poiché, inoltre, il potenziale chimico può essere espresso come
𝐸 𝑁+𝜖 −𝐸(𝑁) 𝐸 𝑛 𝑁 +𝜖 −𝐸 𝑛 𝑁 𝛿𝐸 𝑛
𝜇 = lim𝜖→0 𝜖
= lim𝜖→0 𝜖
= 𝛿𝑛
,

otteniamo che la gap elettronica è data dalla discontinuità della derivata del funzionale
energia totale rispetto alla densità quando aggiungiamo e togliamo una particella, ovvero

𝛿𝐸 𝑛 + 𝛿𝐸 𝑛 −
∆𝐺𝐴𝑃 = 𝛿𝑛
− 𝛿𝑛
.

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Visto che il potenziale di Hartree ed il potenziale esterno non sono discontinui, la
discontinuità è data dal termine cinetico e da quello di scambio e correlazione

𝛿𝑇0 𝑛 + 𝛿𝑇0 𝑛 − 𝛿𝐸𝑋𝐶 𝑛 + 𝛿𝐸𝑋𝐶 𝑛 −


∆𝐺𝐴𝑃 = 𝛿𝑛
− 𝛿𝑛
+ 𝛿𝑛
− 𝛿𝑛
= ∆ 𝑇0 + ∆𝐸𝑋𝐶 .

Dato che il sistema non interagente non contiene il termine di scambio e correlazione, la
gap elettronica calcolata a partire dalle equazioni di Kohn e Sham sarà uguale alla
discontinuità della derivata del termine cinetico:

𝐺𝐴𝑃 = ∆ 𝑇0 .
∆𝐾𝑆

Tale valore della gap elettronica sottostimerà, quindi, il valore misurato sperimentalmente
della quantità ∆𝐸𝑋𝐶 , che, come detto, costituisce una grande percentuale della gap.
Si è molto discusso riguardo al fatto che la sottostima della gap sia un limite intrinseco
della DFT o se sia dovuta principalmente all’approssimazione LDA: l’idea più diffusa in
letteratura è che l’origine di questo errore sia legata ai limiti stessi della DFT [10-12].
Poiché la gap, in alcuni casi, è sottostimata di una quantità approssimativamente costante
rispetto ai punti 𝑘 e agli indici di banda, è possibile ottenere, per alcuni semiconduttori, una
buona struttura a bande traslando rigidamente le bande di conduzione verso l’alto: tale
approssimazione è detta “Scissor Operator”.

Ulteriori approssimazioni: metodo degli pseudopotenziali, sviluppo in base di onde


piane, scelta dei punti 𝒌.
Spieghiamo brevemente il metodo di calcolo utilizzato per la determinazione della struttura
elettronica dell’oro (bulk e superficie).
Il codice di calcolo è il PWscf (Plane Wave self consistent field) del pacchetto Quantum
Espresso, sviluppato da Giannozzi et al [13]. È un software che permette di risolvere le
equazioni di Kohn e Sham in modo autoconsistente: si riconduce il problema agli
autovalori ad un problema di minimizzazione dell’energia totale e, poiché l’hamiltoniana di
Kohn e Sham dipende, attraverso la densità di carica, dalle funzioni d’onda da calcolare, la
procedura di minimizzazione deve essere autoconsistente.
Il potenziale esterno 𝑉𝑒𝑥𝑡 , che compare nelle equazioni di Kohn e Sham, è il potenziale di
interazione tra elettroni di valenza e nuclei più elettroni di core, cioè lo “pseudopotenziale”:
le proprietà elettroniche e strutturali di un solido sono essenzialmente date dagli elettroni
di valenza, quindi si possono considerare gli elettroni di core congelati nella loro
configurazione atomica e incorporare l’effetto della loro presenza nel potenziale dei nuclei,
ottenendo un potenziale efficace detto “pseudopotenziale”. Nel caso in cui lo
pseudopotenziale viene costruito in modo tale da riprodurre la densità di carica vera del
sistema, si parla di pseudopotenziale “a norma conservata”, altrimenti si parla di
pseudopotenziale “ultrasoffice”.
Il sistema studiato è costituito da una unità periodica (cella primitiva per l’oro bulk e
supercella per la superficie 𝐴𝑢 110 ) ripetuta idealmente nello spazio. Tale periodicità
permette di sviluppare le funzioni d’onda in una base di onde piane, semplificando
notevolmente i calcoli:

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1
𝜑𝑛,𝑘 𝑟 = 𝑐𝐺 (𝑘)𝑒 𝑖 𝑘 +𝐺 ∙𝑟
𝛺
𝐺

con 𝛺 volume della cella. La somma nella precedente equazione dovrebbe essere estesa
ad un numero infinito di vettori 𝐺 , tuttavia, per esigenze computazionali, è necessario
introdurre un 𝐺𝑚𝑎𝑥 , che corrisponde a introdurre un cutoff per l’energia cinetica, ovvero
un’energia di soglia

1 2
𝐸𝑐𝑢𝑡𝑜𝑓𝑓 ≥ 2 𝑘 + 𝐺 .

Il numero di onde piane 𝑁𝑝𝑤 deve allora soddisfare la relazione

3 2
𝛺 𝐸𝑐𝑢𝑡𝑜𝑓𝑓
𝑁𝑝𝑤 ~
6𝜋 2
dove l’energia di soglia è espressa in Rydberg.
Il calcolo numerico degli integrali nello spazio reciproco viene effettuato tramite somme sui
punti 𝑘, scelti nella zona irriducibile di Brillouin (la più piccola porzione di spazio reciproco
tale da generare, in seguito alla applicazione di tutte le operazioni di simmetria di cui gode
il sistema considerato, l’intera zona di Brillouin), mostrata in Figura 1 e 2 rispettivamente
per l’oro bulk e per la superficie Au(110).

Figura 1: zona irriducibile di Brillouin per l’oro bulk.


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