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“Alla ricerca dell’uomo in Dio”

Tratti cristologici del pensiero di


Nikolaj AleksandroviC Berdjaev

Richard Cemus

Improvvisamente, in pieno fervore creativo nonostante i suoi 74


anni, al suo tavolo di lavoro, senza aver potuto realizzare il grande
desiderio di ritornare in Russia, che nell’euforico dopoguerra aveva
assalito molti altri esuli, Nikolaj Aleksandrovic Berdjaev morì il 23.3
1948 a Parigi. Era nato il 6 maggio 1874 a Kiev e sin dal 1922, quan­
do il regime sovietico l’aveva espulso sulla famosa “nave dei filosofi”
dalla patria, visse in esilio. Mezzo secolo dopo possiamo constatare
che il suo contributo al pensiero europeo non solo non ha perso niente
della sua attualità ma anzi la fine del millennio rende più che mai attua­
li le questioni che egli aveva intuito sin dagli anni venti di questo seco­
lo, riguardanti la libertà e la dignità della persona umana.
Per comprendere adeguatamente questo irruente "Religionsphilo-
soph", bisogna far riferimento alla tradizione del pensiero religioso
russo, alla sua storia, alle sue fonti, al suo sviluppo nel tempo. È bene
tener presente quanto affermato da Nina Kauchtschisdwili sul conto di
Berdjaev: «L'Occidente ha fatto fatica a comprendere la sostanza di
questo concetto: non è una “filosofia religiosa”, ma un habitus menta­
le in cui pensiero e religione s'incontrano in una coscienza religiosa
(...) che orienta l'esistenza dell'uomo»1. E infatti, Berdjaev, pur con­
siderandosi un filosofo esistenzialista, preferisce sostituire la parola “e-
sistenza” con quella di vita, proprio per la carica religiosa che per lui è
essenziale. “Talvolta alla parola “vita” si dà un senso biologico, e in
tale accezione la troviamo usata in Bergson e in Nietzsche, ma la filo­

1 N. Valentini, Pavel A. Florenskij: La sapinza dell’amore. Teologia della bellezza e linguaggio della
verità, Bologna 1997, prefazione, 9.

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sofia della vita è originata e alimentata dalla religione. Così la mia filo­
sofia della vita si distingue radicalmente dall’uso che della parola vita
fanno pensatori contemporanei, pur mantenendo con essa una rassomi­
glianza formale. Ritengo che il problema centrale sia il problema reli­
gioso deH’uomo, la questione dell’antropologia religiosa, che non è
neppure trattata, ad esempio da Heidegger”2. Nelle pagine seguenti
intendiamo presentare alcune riflessioni cristologico-antropologiche di
Berdjaev caratteristiche di un pensatore la cui ricerca anziché sfociare
in un elaborato sistema filosofico, chiuso rimane volutamente aperta
verso l’ultimo traguardo che per Berdjaev è la persona viva di Cristo.
“Nella mia vita non è accaduta... (una) “conversione”; a un certo
momento della mia vita...ebbi coscienza d’essere cristiano e mi avviai
per la via del cristianesimo”3. Con queste parole Nikolaj Berdjaev
descrive nella sua autobiografia il proprio cammino di fede, che però
mai lo porterà ad una piena identificazione con la Chiesa ortodossa,
nella quale è cresciuto. Per scelta rimane quindi un “libero cercatore
della verità e di un significato”4. Tre saranno i temi che lo occuperan­
no in modo particolare: la teodicea, il problema della libertà ed la divi-
no-umanità.
Nel portare i primi due temi al centro del suo interesse e nel modo
di interpretarli, Berdjaev si considera un figlio di Dostoevskij5. Per
“salvarsi dall’ateismo” Berdjaev cerca di non attribuire a Dio la causa
dei mali del mondo e quindi non condivide il concetto tradizionale di
provvidenza6. “Dio non governa questo mondo” afferma Berdjaev, per­
ché “se Dio onnipotente è presente in ogni male e in ogni sofferen­
za...in Dio non si può credere.” Piuttosto è giusto insorgere contro
Dio7. La conseguenza è l’ateismo8.

2 N. Berdiaeff, Esprit et Libertà. Essai de Philosophic Chrétienne, Paris 1933, 10; trad. G.
Piovesana, Russia-Europa nel pensiero filosofico russo. Storia antologica, Roma 1995, 176.
3 CaMonoiMiiti-ic - Ornar tpHJiocotjìCKOM apioónorpaijimì. Paris 1949, 197.
4 Ibid., 194.
5 Ibid., 197; 199.
6 Ibid., 195.
7 Ibid., 199.
8 Ibid., 195.

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Bisogna dunque tenere ben distinti Dio ed il mondo. Il mondo,
“caduto nelle tenebre esteriori”, con la sua ingiustizia e sofferenza, non
rappresenta una negazione di Dio9. Tra Dio ed il mondo c’è infatti un
abisso, che non permette di applicare a Dio le nostre categorie, nem­
meno quelle di giustizia10.
Questa distinzione tra Dio ed il mondo è per il pensiero ber-
djaeviano di fondamentale importanza. Infatti con grande determina­
zione Berdjaev difende questa sua “Weltanschauung” contraria ad ogni
monismo e dualismo radicali nei quali intravede le principali “tenta­
zioni” della ragione nello spiegare la realtà. Entrambi portano all’atei­
smo. Il dualismo invece che sta alla base della concezione del mondo
berdjaeviana, è un “dualismo dinamico”. Esso trae le sue origini e
trova la sua spiegazione nel concetto che l’autore russo ha della liber­
tà.
Per Berdjaev la libertà è increata11. Come tale non è una prerogati­
va solo di Dio, ma è propria anche dell’ uomo. Da ciò scaturisce quel
“dramma della libertà”, che sta, secondo lui, all’origine del mondo
empirico, con la sua tragicità, che lo caratterizza in tutta la sua storia.
“Dio è libertà e dà libertà, Egli non agisce mediante necessità e per
necessità, Egli non esige di essere accettato: in ciò consiste il mistero
della vita del mondo”12.
Ne consegue che Dio non dispone della libertà dell’uomo.
Altrimenti sarebbe Lui, Dio, responsabile del male e della sofferenza,
che c’è nel mondo. D’altronde è vero, che Dio avrebbe potuto dispor­
re tutto in modo tale che nel mondo ogni fatto si svolgesse senza
incidenti, ipotizza Berdjaev, che respinge però tale ipotesi; in quel
modo, infatti, si toglierebbe all’uomo ciò che costituisce la sua digni­
tà, cioè, la sua libertà. “Mi è assolutamente estraneo il sentimento di un
Dio come forza, onnipotenza; Egli è meno potente di un’ ordinaria
polizia del mondo”13.
Alla libertà dell’uomo Berdjaev vede collegata la tragicità della
storia che non riguarda solo l’uomo, ma anche lo stesso Dio. Il pensa-

9 Ibid., 195.
10 Ibid.
11 O H03HaueHuu ueAoóem - Onum napadoKcaAbHou ernmu, Paris 1931, 54.
12 CaMono3HàHne..., 197.
13 Ibid200.

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tore russo ritiene infatti che la sofferenza di Dio sia l’argomento più
forte di qualsiasi teodicea: “In Dio si può credere soltanto nel caso che
egli sia Dio-Figlio, espiatore, liberatore, Dio del sacrificio e dell’amo­
re”14. Il che spiega il mistero del Golgota.
Con ciò abbiamo toccato il terzo tema fondamentale del pensiero
religioso di Berdjaev: il problema della di vino-umanità. Il cristianesi­
mo per il pensatore russo è “essenzialmente una religione del Dio-
Uomo”15. Il fatto che Dio sia divenuto uomo è la garanzia della digni­
tà umana, che il nostro autore esprime con termini di “commensurabi­
lità tra l’uomo e Dio”16. È l’”eterna umanità del figlio di Dio”17 che ele­
va l’uomo alla sua dignità d’un libero interlocutore di Dio. Così la reli­
gione non implica, secondo Berdjaev, “un sentimento di dipendenza”,
ma piuttosto di indipendenza nei confronti di Dio. E d’altra parte se
l’uomo non dipendesse da Dio sarebbe un essere soggetto del tutto alla
natura, alla società e al mondo”18.
La base del cristianesimo sta, dunque, secondo Berdjaev, nella liber­
tà19. Questa libertà trova la sua massima espressione in Cristo. Per cui
l’immagine di Cristo come l’uomo libero, presente nella “Leggenda
del Grande Inquisitore” di Dostojevskij è fatta propria da Berdrjaev al
punto che nella sua autobiografia confessa: “ho accettato il Cristo di
quella leggenda”20.
La libertà increata, su cui Dio non prevarica, fa sì che Dio, in certo
qual modo, “dipende” dall’uomo; e cioè, dalla libera risposta dell’uo­
mo alla sua azione amorosa21. L’uomo è libero: non è infatti, soltanto
“figlio di Dio”, ma anche “figlio della libertà”.22
L’azione creatrice di Dio, Berdjaev la immagina svolgersi in due
atti. Nel primo atto Dio crea il mondo e l’uomo. Non potendo però evi­

14 Ibid., 200.
15 Ibid., 201.
16 Ibid.
17 Ibid.
18 Ibid., 200.
19 Ibid., 203.
20 Ibid.
21 O Hd 3Hd fi6HHM..., 42.
22 Ibid.

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tare l’abuso della libertà da parte dell’uomo, cioè la possibilità del
male, che si cela nella libertà, Dio si rivolge al mondo in un secondo
momento: nell'atto della redenzione. Tramite suo Figlio Dio scende
nell’ abisso della libertà, prendendo su di sè i peccati e la sofferenza,
senza però attaccare la libertà dell’ uomo. Attraverso il sacrificio della
morte sulla croce, Dio vince il male, non togliendo libertà alla creatu­
ra, ma trasfigurandola.23
Mentre nel primo atto Dio agisce con la sua potenza creativa, nel
secondo è la sua sofferenza, il suo sacrificio, a caratterizzare l’atto
redentivo di Dio. Tale concezione della redenzione è, secondo
Berdjaev, l’unica che riesce a preservare l’uomo dall’ateismo24. “Sol­
tanto un Dio che soffre è in accordo con le sofferenze della creazio­
ne”25. Per Berdjaev personalmente avversario di ogni forma di potere,
è proprio il Dio-Redentore l’oggetto della sua fede religiosa: “Ho sem­
pre sentito più fortemente il Dio Figlio, il Cristo, il Dio-Uomo, il Dio-
umano, che non il Dio-forza, il Dio-Creatore”26. Il Cristianesimo, per
Berdjaev, è “la religione d’un Dio sofferente”27.
Cristo, la sua morte sulla croce, il suo sacrificio, rappresentano per
Berdjaev una tragedia di Dio stesso, causata dalla mancata risposta al
suo amore da parte dell’uomo, alla quale Dio non può rinunciare, il che
causa la sua “autocrocifissione”28. NeU’ammettere in Dio un “desi­
derio”, un “dramma”, una “tragedia”, Berdjaev si rende conto di tro­
varsi in opposizione alla tradizionale dottrina di Dio come “actus
purus”, a cui non manca nulla e perciò rimane eternamente beato.
Contro tale “aristotelismo” penetrato nella teologia classica, il filosofo
russo scende energicamente in campo, richiamandosi ai profeti
dell’Antico Testamento e alla rivelazione cristiana, la quale svela Dio
nell’aspetto del suo amore sacrificante, segno questo del desiderio di
donarsi all’altro. La tragicità che ne risulta, non va, ovviamente, inter­
pretata come mancanza di perfezione in Dio, ma piuttosto come segno

23 0 H3.3H3. eHMH..., 43.


24 Ibid., 43.
25 CaMono3HdHMe..., 200.
26 Ibid., 200.
27 d>UAOcocf)usi ceocóodnoeo òyxa. IlpoÓAeMamuKa u anoAozun xpucmusmcmea, II, Paris 1928, 9.
28 0 Hd3Hd HetiHH..., 43.

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della sovrabbondanza della vita divina29. “Sono profondissimamente
convinto che l’insegnamento cristiano sulla quiete immobile di Dio...e
la paura di ammettere 1’esistenza di una tragedia interiore nella vita
divina sono in contraddizione evidente con il mistero essenziale del
cristianesimo cioè con il dogma cristiano della trinità di Dio, del Cristo
come centro della vita divina, del mistero del Golgota”30. La creazione
stessa Berdjaev l’interpreta come “movimento in Dio”, come un “av­
venimento drammatico nella vita divina”, in contrasto con l’idea d’una
autosufficienza di Dio31.
Infatti se Dio fosse autosufficiente Berdjaev avverte il pericolo che
la creatura si rivelerebbe come “accidentale e, in fin dei conti, priva di
senso.” Ciò che le dà invece senso e dignità, è il fatto di rappresentare
“un momento nella realizzazione della Trinità” e un “mistero di amore
e libertà”32. Per il filosofo russo, Dio non crea l’uomo per capriccio,
ma perchè desidera un “altro se stesso”, un “amico”, che risponda alla
sua chiamata come concreatore e successivamente alla sua opera
redentiva33.
L’abuso della libertà da parte dell’uomo nella caduta di Adamo
costituisce - l’abbiamo detto - nella visione berdjaeviana una tragedia
sia dell’uomo, come anche di Dio. Questa “tragedia della libertà”
Berdjaev la vede superata nella “tragedia della croce”34. Tuttavia la
redenzione, cioè la morte del figlio di Dio sulla croce è, non soltanto
una reazione di Dio alla caduta di Adamo, ma un “atto secondario della
creazione” ed una “più profonda e più alta rivelazione” di Dio, come
“Dio-amore sacrificato”. Anche senza la caduta di Adamo, sostiene
Berdjaev, l’incarnazione si sarebbe verificata, perchè Dio-sacrificio, il
Dio-Uomo è la definitiva rivelazione della libertà della creatura35. Al
centro dell'antropologia di Berdjaev sta quindi l'immagine, l'icona di
Cristo.

29 0 Hà3Hcl LIeHMM..., 45.


30 CMbicji HCTopMM-OnbiT cpHJiocofpHM <-iejiOBe<-iecKoPi cy/jbóbi, Berlin 1923, 47.
31 0 Hd3Hd yeHMM..., 47.
32 0 Hà3Hà lIeHMM..., 47.
33 Ibid., 42.
34 Ibid., 50.
35 Ibid., 52.

48
Tra gli autori che si son dedicati nella loro ricerca all’elaborazione
dell’immagine berdjaeviana di Cristo, va citato innanzitutto Bernardo
Schultze, un classico degli studi sulla filosofia russa. Schultze cerca,
nel suo volume “Pensatori russi di fronte a Cristo”, la risposta a due do­
mande: 1) Come Berdjaev è arrivato a Cristo?, e 2) Quale è la sua idea
di Cristo?
Nella ricerca d’una risposta alla sua prima domanda, Schultze si
sofferma in primo luogo sull’alto valore che Berdjaev dà alla libertà. In
essa Schultze vede la fondamentale via di Berdjaev verso Cristo,
potendosi appoggiare alle parole del pensatore russo stesso: "... al di
fuori di essa (della libertà) non conosco altre vie che portino a
Cristo”36.
Un altro importante dato nel cammino di fede berdjaeviano, Schultze
lo nota nell’esperienza che il pensatore russo fa della tragicità dell’esi­
stenza umana. Secondo Schultze Berdjaev dubita che si possa giungere
a Cristo tramite il frantumato mondo esteriore, oppure per mezzo della
scienza. Questa convinzione porterebbe Berdjaev sulla strada della “viva
esperienza ecclesiale”37. Qui Schultze può citare ampi tratti da un arti­
colo, che Berdjaev ha scritto nel 1927 nella rivista “Put”38. Lì Berdjaev
parla della tradizione della Chiesa come d’una “esperienza spirituale”,
nella quale soltanto si può cogliere “il pieno volto di Cristo”. Esso non
si può cogliere invece nella “empiria storica”. Questo sarebbe, secondo
Berdiaev, il motivo perchè il “problema di Gesù Cristo” non possa esse­
re risolto “con i mezzi della scienza storica”.
Anticipando una possibile obiezione, Berdjaev si affretta ad affer­
mare di non rimanere “indifferente di fronte alla realtà storica di
Cristo”, ma di riconoscerla come “assoluta ed unica”. Tuttavia aggiun­
ge che si tratta qui d’una realtà “simbolica”. Da ciò risulta che “la
descrizione esatta della vita terrestre di Gesù Cristo non può essere
scritta sulla base del materiale storico ma solo sulla base d’una “visio­
ne mistica” come fatto ad esempio dalla visionaria Caterina
Emmerich39. 40 In questa convinzione di Berdjaev che a Cristo non si

36 0uAococfjua ceoóodnozo dyipm -IJpoÓAeMamu anoAozuua ipipucmuancmea, I, Paris 1927, 9.


37 B. Schultze, Russische Denker: ihre Stellung zu Christus, Kirche und Papsttum, Wien 1950, 362.
38 flyrb. OprdH pyccKOH pejinrH03HOH mhcjih, 1927, 6.
3t7 Ibidem, 50-67.
40 Schultze, 363.

49
possa giungere per mezzo di “fatti storici e testimonianze”, ma piutto­
sto tramite “l’immediata e mistica esperienza”, Schultze giustamente
scorge un netto influsso di Chomjakov40.
Alla “Leggenda del Grande Inquisitore” di Dostojevskij invece
Schultze riconduce il concetto personalistico ed esistenziale che
Berdjaev ha di Cristo. Di fronte a Gesù, Berdiaev si pone come una
persona rispetto all’altra: in uno scambio “libero, personale e vivo”.
Cristo è quindi, per il pensatore religioso russo, il “centro reale, uni­
versale ed esistenziale” ma non una “oggettiva causa dell’ordine
cosmico”41. Anzi, Berdjaev insieme a Dostojevskij contesta un “ordine
o armonia del mondo” perchè esso - essendo astratto - “assoggetta la
personalità”. Così è pronto a “restituire a Dio il biglietto dell’armonia
del mondo, se questa finisce per giustificare la sofferenza ingiusta, se
per mezzo di essa la personalità umana viene schiacciata...42”
Per quanto concerne l’influsso del personalismo nella cristologia di
Berdjaev, Schultze ne individua con chiarezza alcune tracce nel dibat­
tito fra Berdjaev e Rozanov: quest’ultimo attaccava Cristo come “lo
spirito del non-essere”, esasperando il dilemma Cristo - mondo, molto
discusso all’epoca.43 Berdjaev, invece, secondo Schultze, tramite la sua
spiegazione spirituale del mondo, ha trasformato quel dilemma in un
altro: “mondo” o “persona”. “In questa impostazione del problema è
contenuta nel germe tutta la filosofia personalistica di Berdiaev”44. Ad
essa il pensatore russo rimase fedele per tutta la sua vita.
Cercando la risposta alla sua seconda domanda, “chi è Cristo per
Berdjaev?”, Schultze evidenzia un forte influsso di Solovjov, precisa-
mente nel modo come Berdjaev porta “al centro del suo pensiero antro­
pologico” l’idea della divino-umanità.45 Non risparmia però a questo
punto la critica. Schultze ritiene che Berdjaev, nonostante il suo costan­
te sforzo di liberare il cristianesimo dall’ antropomorfismo, abbia com­
messo lo stesso errore e cioè di avere umanizzato Dio. Per difendere
Berdjaev bisogna ricordare quanto detto nella premessa. Non si posso­

41 Ibid.
42 Ibid. Qui Berdjaev evidentemente fa riferimento ad una famosa frasi di Dostojevskij.
43 cfr. Berdjaev, MyoBHbiPi kph3hc hhtejinreHLiMM, St-Petersburg 1910.
44 Schultze, 365.
45 Schultze, 366.

50
no soppesare troppo le singole espressioni di un autore che per indole
assomiglia piuttosto ad un pittore che getta colori contrastanti sulla tela
nell'intento di raggiungere l'armonia complessiva. Difficilmente si può
essere concordi con Schulze laddove egli accusa il pensatore religioso
russo di aver tolto all’esistenza umana il suo significato escatologico,
negando infatti “la verità d’un inferno eterno”, per cui l’atto redentivo
di Cristo risulti di poca importanza. Anche qui ci sembra opportuno
fare riferimento all'iconografia. Nell'icone del Giudizio Universale non
manca affatto l'inferno. Ma a differenza di quanto avviene nelle analo­
ghe rappresentazioni occidentali durante il Medioevo, l'inferno nell'i-
cone non è piena di persone identificabili, ma rimane avvolto dal velo
rosso del mistero impenetrabile.
Riassumendo ciò che Berdjaev nei suoi scritti rivela a proposito del­
l’idea che ha di Cristo, possiamo invece affermare che la venuta di
Cristo e la sua morte sulla croce rappresentano, nella fede religiosa del
pensatore russo, degli avvenimenti di importanza decisiva per il desti­
no dell’uomo. E perché?
Perchè in Cristo viene scoperta l’umanità di Dio, che è “tale da far
superare l’abisso che c’è tra Dio e l’uomo”46. In virtù del Cristo, Dio-
Uomo, l’uomo viene “radicato” nel profondo della vita divina.
“L’uomo può mettersi in contatto immediato con Dio”47. L’umanità di
Cristo rivela che l’uomo è più di una semplice creatura: che “la se­
conda Ipòstasi della Trinità è l’Uomo nato in eterno”48.
La venuta di Cristo determina perciò una nuova antropologia, per­
chè ormai “l’uomo è in grado di raggiungere una coscienza assoluta di
se stesso solo attraverso Cristo Dio-Uomo”49.
Ora l’uomo, che è “l’altro divino”, dà una libera risposta all’appel­
lo di Dio e rivela per ciò stesso la sua natura creatrice50. Questo
“Nuovo Adamo” nato da Cristo, tramite un “parto spirituale” della
redenzione, è ora capace non soltanto di lasciarsi aiutare da Dio, ma

46 Ca.Mono3tìàHHe..., 345.
47 (Pwiocoóm ceoóodnozo dyxa. IlpoÓAeMamuKa u anoAozm xpucmumcmea, II, Paris 1928, 381-2.
48 Ibid., 382.
49 Ibid., 386.
50 Ibid., 295.

51
“aiutare lui stesso Dio a realizzare il suo disegno sul mondo”. Il nuovo
“uomo spirituale” riesce a dare una creativa risposta alla “chiamata
creativa” di Dio51.
Con Cristo comincia dunque, secondo Berdjaev, un nuovo genere
umano. In forza di Cristo l’uomo è diventato una nuova creatura: per
mezzo del Figlio è ritornato in seno al Padre.52 Dopo Cristo la realtà
non è più la stessa: l’uomo ed il cosmo appartengono non più soltanto
all’ordine naturale. La rottura tra il naturale ed il sopranaturale è
superata. Vita spirituale e creatività divengono ora manifesti nel
mondo e nell’uomo53.
Il nuovo Adamo significa per Berdiaev non un ritorno allo stato
prima del peccato originale; ma piuttosto rappresenta “un grado supe­
riore dello sviluppo creativo del cosmo.” Adamo, rinato in Cristo è
diventato un “creatore” che “continua l’opera di suo Padre”54. La crea­
zione del mondo continua55. Dio e l’uomo creano insieme: “compi­
mento della creazione è l’opera di umanità divina”56. Tutto proteso
verso il rinnovamento escatologico del Creato, l'uomo attende il defi­
nitivo incontro con Cristo che sta per venire. Questo secondo avvento
di Cristo, tuttavia, "dipende dall'atto creativo dell'uomo". L'uomo deve
preparare il secondo avvento e non attenderlo passivamente, nel terro­
re e nell'avvilimento57. E nello slancio di una "libertà creativa" che l'uo­
mo ritrova - nell'incontro con Cristo - se stesso in Dio.

51 G>imoco$usi ceoóodnozo dyxa, I, 38.


52 ®mioco(f)Usi ceoóodnozo dyxa, II, 283.
53 ®ivioco(fiusi ceoóodnozo dyxa, II, 209.
54 Cmuca meopnecmóa. Onum onpaedanusi ueyioeeKa, Mocnea 1916, 72.
55 <PuAoco(fim ceoóodnozo dyxa, I, 249.
56 ®uaoco$usi ceoóodnozo dyxa, II, 245.
57 Ibid., 340.

52
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