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CAPITOLO III
3.1 INTRODUZIONE
Gli strumenti digitali possono essere considerati combinazioni di porte logiche che
variano stato a velocità molto elevata. Sono utilizzati in diversi settori quali quelli delle
misure, dei sistemi di controllo, delle telecomunicazioni, dell'informatica, per citarne solo
alcuni. Essi si stanno diffondendo in modo estensivo e tendono nella maggior parte delle
applicazioni a sostituire quelli di natura analogica. Presentano infatti rispetto a questi
diversi vantaggi molto attrattivi che saranno di seguito sintetizzati, ma la loro diffusione è
dovuta essenzialmente al costo. Si può affermare che a parità di costo l'accuratezza e la
risoluzione risultano di un ordine di grandezza superiori a quelle di uno strumento
analogico che svolga le stesse funzioni.
I pregi della strumentazione digitale sono: la facilità di lettura e quindi l'attendibilità
dei risultati, dovute alla presentazione dei dati su un visualizzatore numerico; gli alti livelli
di accuratezza e risoluzione, dovuti alla disponibilità oggi sul mercato di componenti veloci
ad elevato numero di bit; gli alti valori di velocità sia di campionamento sia di conversione,
che rendono possibile il processo in tempo reale; l'elevata immunità al rumore e ai
processi di deriva tipici dei componenti elettronici, il che insieme con la facilità di
trasmissione dei dati numerici ha favorito lo sviluppo degli strumenti digitali nel campo
delle telecomunicazioni; la facile realizzabilità dell'isolamento galvanico, specie con il
ricorso agli optoisolatori; la possibilità e la facilità di ulteriore elaborazione dei dati acquisiti;
la sempre più diffusa intelligenza interna agli strumenti cosiddetti esperti; la
sovraccaricabilità; l'indicazione della polarità; la scelta automatica del campo; le possibilità
sempre più utilizzate di auto test, ovvero di autoregolazione della curva di taratura, di
autoriconfigurazione, di facilità nell'indicazioni di situazioni anomale; l'inclusione in sistemi
ATE (Automatic Test Equipment); la possibilità di essere programmati in ambito CAT
(Computer Aided Testing); l'ottimizzazione nell'interazione uomo-strumento. Naturalmente
esistono anche alcuni limiti dipendenti principalmente da: dipendenza delle prestazioni
dalla temperatura; sensibilità ai campi elettromagnetici; presenza di errori di aliasing, di
troncamento e di quantizzazione; necessità di particolari algoritmi di interpolazione per
valutare i valori intermedi tra un campione e quello successivo; mancanza di esperienza
consolidata nella progettazione e realizzazione.
Gli strumenti digitali sono estremamente flessibili e questo ha determinato una loro
proliferazione e differenziazione. Inoltre l'avvento dei sensori intelligenti ha notevolmente e
ulteriormente espanso il loro campo di applicazione. In Fig.3.1 è mostrato uno schema a
blocchi semplificato di un generico strumento digitale singolo.
Molto più diffusi sono sistemi che prevedono ingressi analogici e digitali multipli. I
sistemi di acquisizione dati hanno la peculiarità di facilità di adattamento al processo
industriale da controllare.
Da quanto esposto in precedenza si evince quanto risulti difficile fornire indicazioni
sui prototipi più diffusi di strumenti digitali. Nel seguito si esamineranno alcuni fra i
dispositivi più impiegati nel campo delle misure, fornendo alcune specifiche.
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Poiché alla moltiplicazione nel dominio del tempo corrisponde la convoluzione nel dominio
della frequenza la trasformata di Fourier di xc(nTc) è data da:
dove X(ω) e S(ω) sono le trasformate di Fourier del segnale di ingresso e del treno
d'impulsi e inoltre si è posto ωc=2πfc=2π/Tc.
Il segnale campionato ha quindi come spettro quello del segnale analogico ripetuto
periodicamente a frequenze multiple di quelle di campionamento. In Fig.3.3 sono riportati
sia un singolo possibile spettro di un segnale analogico a banda limitata (a), la sua replica
traslata di multipli interi della fc nel caso di assenza di aliasing (b) e le repliche
sovrapposte nel caso di non rispetto del teorema del campionamento (c).
La Fig.3.3 (c) mostra che nel caso in cui la frequenza di "folding" sia inferiore alla
frequenza fM si ha la sovrapposizione, anche se parziale, delle ripetizioni periodiche dello
spettro del segnale, ovvero si ha l'aliasing delle frequenze più elevate (comprese tra la
"Nyquist rate" e la frequenza fM) con frequenze inferiori alla frequenza fc/2. In particolare si
ha una rotazione di 180° delle frequenze superiori a quella di "folding" intorno a questa. I
nuovi valori delle frequenze false dovute all'aliasing si ottengono facilmente dalla
differenza fra la frequenza di campionamento e quelle comprese tra la frequenza di
"folding" e la fM. Nel caso in cui queste nuove frequenze si sovrappongano a frequenze già
esistenti nello spettro del segnale analogico, si ha il fenomeno dell'interferenza armonica.
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campionamento nel caso di segnali a banda stretta. Così per esempio se lo spettro di un
segnale ha un'ampiezza di banda di 500 Hz, una frequenza di campionamento di 1 kHz
dovrebbe essere sufficiente a ricostruire il segnale, quale che sia la localizzazione della
suddetta ampiezza di banda nel campo delle frequenze. Un semplice ribaltamento dello
spettro del segnale campionato intorno alla frequenza di "folding" consente la ricostruzione
dello spettro del segnale originario. Per esempio un segnale il cui spettro abbia frequenze
comprese tra 1 kHz e 1,5 kHz, se campionato a 2 kHz, presenterà lo spettro del segnale
campionato con ampiezza di banda compresa tra 500 Hz e 1 kHz. Lo spettro del segnale
originario si otterrà ribaltando lo spettro del segnale campionato intorno alla frequenza di
"folding", in questo caso pari a 1 kHz. È bene però sottolineare che la eventuale presenza
di componenti al di fuori della banda di frequenza considerata potrebbe determinare
fenomeni di interferenza armonica, rendendo difficile la ricostruzione accurata del segnale
originario.
Il rispetto del teorema del campionamento consente di evitare gli errori di aliasing.
Purtroppo sorgono diverse difficoltà quando si deve operare concretamente. Infatti la
finestra di osservazione determina una limitazione nel tempo del segnale analogico da
analizzare, dando luogo a un segnale teoricamente con spettro infinito, il che causerebbe
inevitabilmente una sovrapposizione delle repliche traslate dello spettro del segnale. In
altri termini l'errore di aliasing è teoricamente sempre presente. L'unico modo per evitare
la sovrapposizione delle repliche traslate dello spettro del segnale è quello di limitarlo in
banda prima di campionarlo, il che può avvenire con opportuni filtri. Solo un preventivo
filtraggio del segnale analogico permette la successiva corretta discretizzazione.
Naturalmente il filtro dovrebbe sopprimere solo le componenti spettrali che abbiano
contenuto energetico minimo, in modo da limitare le distorsioni del segnale filtrato. Il filtro
analogico in ingresso al sistema digitale sarà del tipo passabasso nel caso in cui la
potenza del segnale sia concentrata alle basse frequenze, decadendo rapidamente a
valori d'ampiezza trascurabile oltre una certa frequenza, e un passabanda in caso
contrario, per esempio quando si tratti di segnali modulati.
Si è detto che oltre all'errore di aliasing il campionamento comporta anche l'errore di
troncamento, legato al numero di campioni necessariamente finito per le limitazioni sia
della memoria sia del tempo di esecuzione della misura. Ciò determina spesso una perdita
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di informazioni, contenute nella parte troncata del segnale. Mentre per segnali transitori
l'errore è di scarsa rilevanza se si è in presenza di un rapido decadimento, come per
esempio negli esponenziali e nei segnali gaussiani, per segnali sinusoidali o
multifrequenziali o transitori con valore a regime non nullo l'errore di troncamento può
essere notevole. In Fig.3.5 sono riportati alcuni esempi di segnali troncati dove si è
indicato con Tw la durata della finestra di osservazione.
Gli spettri dei segnali finestrati sono in genere differenti da quelli dei segnali analogici
originari, a causa sia della fase iniziale del campionamento sia dell'interruzione più o meno
brusca del segnale al termine della finestra di osservazione. Vengono infatti introdotte
delle false discontinuità al segnale analogico che causano l'insorgere di frequenze spurie
nello spettro.
Da un punto di vista matematico l'operazione di finestratura equivale a limitare ad
un numero pari ad N i campioni e a moltiplicare ogni campione del segnale per una
funzione peso wrett(t), con t compreso per esempio tra -Tw/2 e Tw/2, dove Tw=NTc. La
finestra è inoltre di durata limitata definita dalla relazione:
k ≤N / 2
w rett (kT c ) = {10 k>N /2
il che equivale a dover considerare un nuovo segnale campionato e finestrato dato da:
∞
x cw (kTc ) = ∑ x(t)wrett (kTc )δ(t − kTc )
k =−∞
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M −1
2π
w (t ) = ∑ ( − 1 )m A k cos
Tw
mt
m =0
M −1 ⎛ ω m ⎞⎟
W (ω ) = ∑ ( − 1 ) m A k W rett ⎜⎜ −
⎝ 2π
⎟
Tw ⎠
m =0
Nella tabella che segue sono riportate le funzioni finestra più note con i rispettivi
coefficienti Ak si ricordano quelle di Hanning, di Hamming, di Harris, di Blackman, di
Kaiser. Esse presentano rispetto alla finestra rettangolare uno spettro con dei lobi laterali
la cui ampiezza decade più rapidamente, il che consente di limitare gli effetti sia della
dispersione spettrale sia dell'interferenza armonica. Esiste anche la possibilità di
ottimizzare le finestre al particolare segnale da analizzare. Tra le finestre ottime si
annovera una particolare classe di finestre dette "flat-top", caratterizzate da un lobo
principale praticamente piatto, che permette di non avere alcuna attenuazione di ampiezza
nelle righe spettrali interne al lobo.
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approssimi. Il confronto tra il campione analogico e l'insieme dei quanti permette di definire
lo scostamento tra le due grandezze. Quando questo scostamento risulti nullo o inferiore a
un minimo, dipendente dalla risoluzione dell'ADC, si avrà che il processo di quantizzazione
è terminato. Se si indica con X l'ampiezza del campione analogico, la portata o valore di
fondo scala, XFS, del convertitore e la risoluzione o valore minimo, Xmin, sono dati da:
n XFS
X FS = qM = q2 X min = q =
2n
dove M è il modulo del convertitore. per esempio convertitori da 3, 8 o 12 bit hanno
rispettivamente risoluzioni pari a 0,125 XFS, 0,0039 XFS, 0,000244 XFS. Inoltre si ha:
n−1
Ai
X = XFS ∑ n− i
i= 0 2
Xmax=XFS – q
∑ ∑
A A
X=X i
- q =X ( i
- 1 ) X = X - q - q = X - 3q
FS n- i 2 F S n - i n +1 max FS 2 FS 2
i =1 2 i =1 2 2
Questa differenza tra valor massimo e valore di fondo scala non crea particolari problemi,
in quanto di essa si tiene conto nel corso della taratura del convertitore.
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(a) (b)
Fig.3.6 Caratteristiche di trasferimento e errore di quantizzazione in ADC a 3 bit con
codifica BCD relative a convertitori unipolari (a) e bipolari (b)
da cui è possibile esprimere il numero di bit del convertitore in funzione della varianza del
rumore di quantizzazione, ovvero del rapporto segnale rumore del convertitore:
1 1 X2FS 1
n = log2 2 = log2 SNR c
2 σ q 12 2
12
XFS 1
SNR c =
12 σ 2q
che è il rapporto tra la varianza di un segnale in ingresso a media nulla con valori
equiprobabili nell'intervallo (-XFS/2, XFS/2) e la varianza del rumore di quantizzazione. Il
segnale in ingresso potrà avere in realtà un valore quadratico medio, ovvero una varianza,
differente da quello riportato nell'equazione precedente. Indicata con σx2 la varianza del
segnale in ingresso al convertitore si ha un SNR dato dal rapporto tra questa varianza e
quella del rumore di quantizzazione, che dà luogo a quello che prende il nome di
espressione dei bit effettivi o equivalenti del convertitore:
1 1 σ 2x
n e = log 2 SNR = log 2 2
2 2 σq
E' anche facile verificare che, nel caso in cui si fosse scelto come primo livello di
soglia analogica FS/8 invece di FS/16, si sarebbe avuta una traslazione della scalinata e
del dente di sega di q/2 lungo le ascisse e un'ulteriore traslazione del dente di sega verso
l'alto sempre di q/2. Ovvero il rumore di quantizzazione non avrebbe più valor medio nullo,
ma pari a q/2, e inoltre la deviazione standard e la varianza assumerebbero valori più
elevati pari a q/√3 e q2/3.
Il convertitore analogico digitale ha il compito di codificare il segnale mediante un
codice appropriato. Si ricorda che in una parola codificata i bit sono numerati da sinistra
verso destra. Il bit all'estrema sinistra e l'MSB, mentre quello più a destra è l'LSB e ha il
peso minore 2-n.
Un altro parametro che caratterizza un ADC è il campo dinamico, DR (dall'acronimo
inglese "Dynamic Range"), definito normalmente come il rapporto tra i livelli massimo e
minimo del segnale che possono essere misurati con una accuratezza specificata. Per un
ADC si ha:
n
DR = 20log 2 2 = 20nlog 2 2 = 6,02n (dB)
così per esempio convertitori a 8 bit e 12 bit presentano campi dinamici pari
rispettivamente a 48,2 dB e 72,2 dB. Il convertitore analogico digitale non è detto che sia
preceduto da un campionatore, in tal caso assume particolare importanza il suo tempo di
apertura, ta, definito come il tempo in cui è eseguita la conversione. In questo tempo, se il
segnale analogico in ingresso è variabile, si avrà una variazione in ampiezza pari a:
dV(t)
ΔV = t a
dt
dove dV(t)/dt è la variazione con il tempo del segnale in ingresso, mentre ΔV coincide con
l'errore che si commette considerando costante il segnale nel tempo ta. Se questo errore
non è elevato o risulta comparabile con q/2 si può evitare l'uso del campionatore. In
particolare si può anche dire che il tempo di apertura definisce la massima frequenza di un
segnale sinusoidale convertibile senza l'uso di un campionatore. Infatti per un segnale
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X max 2VM
q= =
2n − 1 2n − 1
si ha :
1
fmax =
2πt a (2 n − 1)
così per esempio un convertitore a 12 bit con frequenza di campionamento di 1 MHz può
convertire senza l'uso di un opportuno campionatore segnali sinusoidali con una frequenza
massima di appena una quarantina di hertz. Un S/H (acronimo di "Sample-Hold")
consente di estendere considerevolmente il tempo di conversione in quanto il campione è
mantenuto inalterato per un tempo prestabilito in dipendenza del tempo di conversione.
E' bene infine sottolineare che il numero di bit effettivi, indicatore di merito di un
sistema digitale, aumenta al diminuire del rumore di quantizzazione. Questa riduzione si
ha o con l'aumento del numero di bit dell'ADC o con l'utilizzazione di opportuni filtri digitali.
Spesso è necessario convertire dei dati disponibili in codice numerico, per esempio
binario o BCD, in un segnale analogico. Esempi sono quelli della visualizzazione di segnali
elaborati in digitale su un oscilloscopio o su un registratore analogico e ancora quelli di
uno strumento digitale inserito in un sistema di controllo. Infatti oscilloscopi, registratori,
sensori, attuatori, servomeccanismi dispongono prevalentemente solo di ingressi per
grandezze analogiche. Inoltre alcuni convertitori digitale-analogici (DAC) sono utilizzati in
alcuni convertitori analogico-digitali (ADC). Poiché il segnale in uscita analogico è in
genere una tensione, o una corrente, o una carica elettrica e la quantità in ingresso è un
numero, la base di tutte le tecniche di conversione è quella di convertire il numero in tante
unità base del segnale in uscita e quindi di sommarle mediante un circuito analogico
sommatore.
Si ipotizzi che il segnale in uscita al DAC sia una tensione elettrica e l'unità base di
riferimento sia k, espressa in volt. Questa quantità rappresenta anche il minimo valore in
uscita al DAC, ovvero la sua risoluzione, in corrispondenza di essa si ha in digitale l'LSB.
Inoltre il DAC abbia modulo M=2n, con n numero di bit. È facile verificare che per un DAC
unipolare, ovvero con in ingresso solo numeri positivi, la tensione in uscita assume la
seguente espressione:
V = k ( An −1 2n −1 + An − 2 2n − 2 + ..... + A1 21 + A0 20 )
n −1
V = k ∑ Ai 2i
i =0
n−1
Vmax = kN 2 max = k ∑ 2i = k ( M − 1) = kM − k = VFS − k
i =0
dove si è posto per definizione il prodotto tra l'unità base di tensione e il modulo pari al
valore di fondo scala del DAC, VFS. Dall'equazione precedente risulta che la tensione
massima in uscita sarà sempre inferiore al valore di fondo scala e tale scarto sarà tanto
minore quanto migliore è la risoluzione.
In Fig.3.7 è riportata in un diagramma cartesiano la corrispondenza tra i numeri
binari in ingresso al DAC e le tensioni in uscita, con riferimento a un DAC a 3 bit, M=8, in
cui si nota che al massimo numero binario (111) corrisponde la tensione massima e non
quella di fondo scala.
È chiaro che quanto più è elevato il numero di bit del convertitore tanto più è spinta
la risoluzione e tanto più si riduce lo scarto non solo tra due valori di tensione contigui, ma
anche tra il valor massimo e quello di fondo scala.
La caratteristica tracciata in Fig.3.7 è ideale, diverse sono le cause che
determinano uno scostamento da essa della caratteristica reale, in quanto si presentano
soprattutto errori di deriva dallo zero, di guadagno o taratura e di non linearità. Errori
comuni, come si vedrà in seguito, anche agli ADC. La retta di interpolazione che fa
corrispondere a un valore numerico un solo valore analogico, pari all'unità base di
riferimento o a un suo multiplo, può essere traslata verso l'alto o avere una pendenza
diversa da quella teorica o discostarsi dall'andamento rettilineo, come sinteticamente
mostrato in Fig.3.8.
È bene precisare, in merito agli errori indicati nella figura, in particolare per quanto attiene
all'errore di linearità, che può essere riferito a diverse caratteristiche. Si distinguono due
tipi di errori di linearità: uno integrale, rappresentato dal massimo scarto tra la
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caratteristica reale e quella ideale, in genere ottenuta ricorrendo al metodo dei minimi
quadrati; uno differenziale definito come la massima deviazione dall'unità base k della
differenza tra due valori contigui della tensione analogica. L'errore di non linearità
differenziale è in genere espresso in termini dell'equivalente numerico del k, ovvero in
termini di LSB. E' inoltre importante che risulti inferiore a 1 LSB, infatti solo in questo caso
non si ha omissione di codice nella conversione digitale-analogica e il convertitore si dice
monotone. La monotonicità è una caratteristica fondamentale in un DAC perché si abbia
una buona conversione, per esempio la non monotonicità di un DAC inserito in un sistema
di controllo può comportare uno sfasamento del segnale di 180° con l'insorgere di
problemi di stabilità.
bisognerà porre molta attenzione per evitare gli errori di aliasing e di troncamento. Inoltre i
dati andranno elaborati e presentati su un visualizzatore con una velocità in genere
diversa da quella di acquisizione. Quando si abbia interesse solo alla misura del valore
efficace di una grandezza alternata si può far precedere l'ADC semplicemente da un
convertitore alternata-continua.
Uno dei maggiori vantaggi dei DVM è la loro facilità di utilizzazione, infatti quasi tutti
i voltmetri digitali disponibili sul mercato hanno l'indicazione automatica della polarità, la
scelta automatica della portata, l'indicazione del sovraccarico. Si va sempre più
diffondendo inoltre la pratica di aggiungere sul visualizzatore numerico una indicazione
analogica, ottenuta in genere mediante una catena di segmentini che si accendono o
spengono in progressione"up-down" scorrendo su una scala graduata lineare. In tal modo
si aggiungono ai vantaggi di una lettura numerica quelli d'insieme offerti dalla lettura
analogica.
Uno schema di massima di un DVM è mostrato in Fig.3.9. Valori tipici di risoluzione
di questi voltmetri sono 1 mV per funzionamento in c.a. e 100 μV per funzionamento in
c.c., valori inferiori sono ottenibili negli strumenti di maggior pregio.
Di maggior pregio sono i DVM che utilizzano al loro interno un microprocessore. I DVM
con analisi dei dati nel dominio del tempo si basano sulla seguente approssimazione del
valore efficace valida per segnali campionati:
N−1
1 T 2 1
Veff =
T ∫0 i
V dt = ∑V (t )V (t )
N k=0 i k i k
(a) (b)
Nella figura si è indicato con IFS la corrente di fondo scala dell'amperometro privo di
derivatore, con RS la sua resistenza interna e con RS e IS resistenza e corrente relative al
derivatore. Dall'esame della figura è facile verificare l'esistenza della seguente relazione:
Poichè l'effetto termico sulla termocoppia in ingresso dipende dal quadrato del valore
efficace della tensione applicata, il voltmetro misurerà il valore efficace quale che sia la
forma d'onda della tensione da misurare. Voltmetri a termocoppie del tipo descritto hanno
un ampio campo di frequenza e sono in grado di misurare anche i microvolt. Altri voltmetri
termici a vero valore efficace sfruttano l'influenza della temperatura sul funzionamento dei
componenti elettronici allo stato solido. Un esempio di questo voltmetro è riportato in
Fig.3.17.
Con riferimento al circuito di Fig.3.18 è facile verificare che, ponendo R2>>R, sussiste la
seguente relazione:
ER2
Vu = Rx
RR1
Una scala del multimetro è tarata direttamente in ohm. Come si nota dall'Equazione
precedente il valore della resistenza incognita è direttamente proporzionale alla tensione
Vu, per cui al crescere della resistenza incognita l'indice del multimetro si sposterà da
sinistra verso destra, al contrario dei normali VOM. Gli ohmmetri sono strumenti molto
utilizzati per diverse applicazioni, quali a esempio il controllo di continuità di circuiti elettrici
e di funzionalità di diodi. Un filamento interrotto in una lampadina, un fusibile bruciato, un
contatto o una bobina aperti possono non essere evidenziati a vista dall'esterno, ma
richiedono la misura della resistenza con l'ohmmetro. Controlli dello stesso tipo possono
essere eseguiti sulla cavetteria, su terminali di prova a punta, su cavi coassiali, su cavi a
più conduttori e su molti altri dispositivi. Occorre solo tener conto che l'ohmmetro nel suo
funzionamento determina la circolazione di corrente nel dispositivo in prova. Questo deve
quindi essere in grado di non subire danneggiamenti per la corrente di circolazione, anche
se molto piccola. Per esempio è da escludere l'uso dell'ohmmetro per la misura della
resistenza interna di galvanometri e microamperometri.
La misura di resistenza si esegue congiungendo i puntali dell'ohmmetro ai terminali
della resistenza in prova, dopo aver scelto la scala più opportuna. Se l'indice
dell'ohmmetro si approssima allo zero (ovvero al fondo scala) è verificato il persistere della
continuità elettrica.
L'ohmmetro consente di stabilire in un diodo con i morsetti non contrassegnati
quale sia l'anodo e quale il catodo. Si colleghi il morsetto positivo dell'ohmmetro (in genere
di colore rosso) a quello che si presume sia l'anodo e il morsetto comune (in genere di
colore nero) al catodo. L'indicazione dello strumento dovrebbe essere di una piccola
resistenza. Invertendo i morsetti dell'ohmmetro si dovrebbe avere l'indicazione di una
resistenza di valore elevato. La misura delle due resistenze consente di valutare la bontà
del diodo, che dovrebbe presentare un rapporto elevato tra resistenze inversa e diretta.
I DVM e i DMM sono spesso classificati in base al numero di cifre piene Np
disponibili sul visualizzatore. In aggiunta alle Np cifre vi è in genere una mezza cifra o cifra
parziale, dovuta ai due soli possibili valori 0 e 1 che può assumere la prima cifra
all'estrema sinistra del visualizzatore. Nelle specifiche dello strumento è indicato il numero
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"Np 1/2 digit". Tipicamente gli strumenti digitali hanno visualizzatori con numero di digit
variabile tra 3 1/2 e 8 1/2. Uno strumento da 3 1/2 ha una risoluzione di 1 parte su 2000,
mentre uno da 8 1/2 ha una risoluzione di una parte su 2 108.
L'errore percentuale nei DVM è variabile in dipendenza delle caratteristiche
costruttive, della tecnologia utilizzata e del costo. Valori tipici sono quelli compresi tra 0,1
% e 0,001 %. Maggiori accuratezze sono anche possibili, si arriva a incertezze più piccole
di parti per milione (ppm), ma in tal caso in genere non è assicurata la stabilità delle
prestazioni, se non per un tempo specificato. Dopo questo periodo di tempo è necessaria
una nuova taratura o di converso bisognerà accettare un più basso livello di accuratezza.
Un errore tipico degli strumenti digitali è quello di conteggio 1, dovuto alla mancanza di
sincronizzazione tra il treno di impulsi contato dall'unità di conteggio e la durata del
conteggio. L'esame di questo errore sarà ripreso a proposito del contatore universale. Nei
DVM e nei DMM sono forniti due valori di errori percentuali uno di lettura, eL%, e uno di
portata, eP%. Indicate con P la portata e con L la lettura, l'errore percentuale complessivo
si ottiene facilmente dalla seguente relazione:
P
e % = e L% + eP %
L
A volte è fornito il valore dell'errore assoluto di portata in digit con riferimento all'ultima
cifra sulla destra del visualizzatore. In tal caso per calcolare eP% occorre dividere il numero
di digit fornito per la massima indicazione del visualizzatore e moltiplicare per 100. Si
consideri il seguente esempio numerico. Si abbia un DVM a basso costo a 3 1/2 digit e
siano eL%=±0,2 % e eP%=±0,1 %, invece di eP% si può fornire il valore di ±2 digit, che
diviso per 1999 e moltiplicato per 100 dà proprio 0,1 %. Nel caso di indicazione a fondo
scala, in base all'equazione precedente, si ha un errore complessivo dello 0,3 %, che sale
allo 0,4 % a metà del fondo scala. E' bene quindi sottolineare che l'errore complessivo è
tanto più piccolo quanto più si va verso il fondo scala.
Come è noto l'accuratezza dello strumento è legata alle particolari condizioni
operative e alle grandezze d'influenza. Notevole rilievo assume la temperatura, per cui il
costruttore fornisce i valori di temperatura relativi al campo di normale funzionamento ed
anche l'errore percentuale di temperatura per quando si operi al di fuori del suddetto
campo, ma siano rispettati i limiti di sicurezza.
E' opportuno ricordare che i DMM presentano un'impedenza d'ingresso molto
elevata, in genere supera i 10 MΩ, il che rende in genere trascurabile l'errore di consumo.
Il contatore universale è uno strumento che va sempre più diffondendosi per la sua
elevatissima accuratezza e per la capacità di misurare oltre al tempo e alla frequenza una
serie di altre grandezze convertite o riconducibili a misure di tempo. Esso è in grado di
fungere da contatore di eventi elettrici in ingresso, di misurare rapporti di frequenze,
differenze di fase, ritardi di un evento rispetto a un altro, tempi di salita e di caduta, cicli di
funzionamento di un dispositivo a intermittenza o di un'onda quadra, di tensioni, ampiezze
di impulsi e altre grandezze.
Un contatore universale è costituito essenzialmente da 5 blocchi: una sezione di
ingresso; una porta principale; un'unità di conteggio decimale (DCU), con accluso
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visualizzatore; un circuito base dei tempi, con divisore a decadi; un microprocessore con
compiti di controllo e di selezione delle diverse funzioni, secondo quanto definito dal
pannello esterno da parte dell'operatore.
In Fig.3.9 è mostrato uno schema a blocchi di un contatore universale, in cui si sono
evidenziati i 5 blocchi principali costituenti lo strumento.
L'accuratezza nelle misure di tempo e frequenza raggiungibile con questi contatori
è elevatissima ed è legata al particolare tipo di orologio utilizzato. Si arriva a incertezze di
1 parte in 1014 con orologi atomici al cesio retroazionato. Livelli più bassi di accuratezza si
hanno con orologi al rubidio, controllati con un circuito risonante, o con cristalli al quarzo.
Valori medi di incertezza sono di una parte in 108.
La sezione d'ingresso del contatore è costituita in genere da due canali gemelli che
servono ad adattare i segnali da misurare agli stadi successivi e a convertirli in forme
compatibili con i circuiti logici a valle interni al microprocessore. Essa è costituita
essenzialmente dai seguenti componenti in cascata: un connettore d'ingresso con
l'opzione c.c. o c.a.; un attenuatore automatico; un limitatore di tensione per la protezione
dei circuiti elettronici; un amplificatore a guadagno variabile con adattatore d'impedenza;
un circuito di Schmitt con livello di trigger e pendenza dell'impulso in uscita variabile. A
volte è previsto anche un filtro passa basso con frequenza di taglio variabile.
Il segnale di ingresso può essere convertito o in una serie di impulsi contati poi dal
contatore decimale o in una finestra di osservazione per la definizione dei segnali di start e
stop al conteggio di un treno di impulsi provenienti dall'orologio principale.
Il segnale squadrato in uscita al trigger di Schmitt è inviato in ingresso al
microcontrollore, che in base alla funzione scelta, determina il tipo di segnale da inviare
alla porta principale. Nel caso di misura della frequenza il segnale in ingresso al contatore
dopo essere stato squadrato passa attraverso un derivatore e un "clipper" in modo da
avere una serie di impulsi di breve durata distanziati tra loro di un tempo pari al periodo del
segnale da misurare. Nel caso invece di misure di tempo in ingresso alla porta principale è
inviato un impulso di durata pari al periodo del segnale in ingresso o a un suo multiplo.
Il tempo finito di commutazione, necessario per passare da uno stato all'altro nel
circuito di Schmitt, pone dei limiti alla massima frequenza misurabile mediante il contatore.
La porta principale a due ingressi è una ordinaria porta AND che ha la funzione di lasciar
passare una serie di impulsi proveniente o dal canale d'ingresso o dall'orologio principale
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per un tempo stabilito dalla porta logica di controllo, che ne abilita l'apertura e la chiusura
con segnali di "start" e "stop". Per assicurare la massima velocità di passaggio degli
impulsi attraverso la porta principale, questa è realizzata ricorrendo alla famiglia logica
ECL. La massima frequenza misurabile mediante un contatore universale è intorno al
gigahertz.
Come si è detto l'accuratezza di tutto il contatore è legata prevalentemente alle
caratteristiche dell'orologio principale. Questo oltre alla elevata accuratezza deve
presentare ottima stabilità. Gli oscillatori più utilizzati sono quelli che utilizzano cristalli al
quarzo. La stabilità di questi oscillatori è minacciata dalla temperatura,
dall'invecchiamento, dalle variazioni nella tensione di alimentazione. In genere la
frequenza degli oscillatori al quarzo varia tra 1 e 10 MHz, campo nel quale questi
oscillatori forniscono le migliori prestazioni. Gli angoli di taglio rispetto agli assi
cristallografici sono scelti tra i 35° 18' e i 35° 20', in quanto questi assicurano la minima
influenza della temperatura sulla frequenza di oscillazione. Gli oscillatori al quarzo
possono essere del tipo compensato in temperatura (TCXO). La compensazione avviene
mediante un altro oscillatore al quarzo soggetto alle stesse variazioni di temperatura di
quello principale e agente sulla frequenza in senso opposto. Gli oscillatori non compensati
si utilizzano nei contatori da 4 a 6 cifre nei quali il campo di normale funzionamento per la
temperatura è molto limitato. I TCXO sono impiegati nei contatori da 6 a 7 cifre. Per
migliorare ulteriormente l'accuratezza si deve ricorrere a un sistema di controllo della
frequenza e di stabilizzazione della temperatura con l'aggiunta di un contenitore
termostatato. In tal modo si ottengono contatori universali da 7 a 9 cifre. L'oscillatore al
quarzo è seguito da una serie di divisori, costituiti da contatori a decade del tipo di quelli
utilizzati nell'unità di conteggio decimale. Ogni contatore permette di ridurre la frequenza di
un decimo. Si hanno così anche dei riferimenti temporali in un ampio campo di valori.
Valori tipici sono una frequenza di 10 MHz per l'oscillatore al quarzo e gradini temporali
variabili tra 100 ns a 10 s.
Il contatore universale può fungere da contatore di impulsi, i quali sono in genere
associati a una serie di eventi. In tal caso alla porta principale è applicato costantemente,
proveniente dalla porta di controllo, un livello alto di tensione. Sull'altro ingresso possono
quindi essere inviati gli impulsi da contare. Prima di essere inviati alla porta principale gli
impulsi possono passare attraverso divisori binari o a decade o di altro tipo in modo che gli
eventi siano contati a due a due o a dieci a dieci e così via. Le applicazioni del contatore di
eventi sono le più disparate. Si possono per esempio contare i colli che in movimento
interrompono il fascio luminoso di una cellula fotoelettrica. Un altro esempio è
rappresentato da un tachimetro digitale. Un disco con un certo numero di fori, equistanziati
lungo la corona circolare esterna (pari a 60 se si vuol misurare la velocità in giri/min), è
calettato solidalmente su un albero in rotazione. L'alternanza foro-pieno consente
mediante una cellula fotoelettrica la chiusura e l'apertura di un circuito elettrico con la
formazione di una serie di impulsi. Il conteggio di questi impulsi, in base al numero di fori
praticati sul disco, permette la misura del numero di giri al secondo o al minuto compiuti
dall'albero in rotazione. Per evitare che il conteggio ecceda il massimo numero contabile in
base alle cifre disponibili sulla DCU, esiste un sistema di "reset" che azzera il contatore
una volta raggiunto il massimo e lo riattiva per un successivo conteggio.
La misura di frequenza avviene mediante il conteggio del numero di cicli del
segnale in ingresso in un intervallo di tempo noto e controllato con grande accuratezza.
Mediante il circuito di Schmitt il segnale da misurare è convertito in una serie di impulsi
che si susseguono alla stessa frequenza della fondamentale. Gli impulsi sono inviati
tramite il microcontrollore alla porta principale, al secondo ingresso della quale è applicato
tramite la porta di controllo, proveniente dalla base dei tempi, un livello alto di tensione
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continua di durata ben definita, TW. Indicato con N il numero di impulsi contati nel tempo
TW, la frequenza f del segnale in ingresso è data dall'espressione f= N/TW. Generalmente
la scelta del tempo è automatica o può avvenire mediante la manopola sul pannello di
scelta manuale della scala e la frequenza è letta direttamente per esempio in hertz o
kilohertz o megahertz.
Il contatore universale può eseguire anche la misura del rapporto tra due frequenze.
In questo caso l'oscillatore principale è disattivato. I due segnali a differente frequenza
sono inviati in ingresso ai due canali A e B. Il segnale a più bassa frequenza, fB, è inviato
in ingresso al canale B ed è utilizzato per azionare la porta di controllo, sostituendo la
base dei tempi. Il segnale sul canale A è convertito in una serie di impulsi alla stessa
frequenza della fondamentale fA. Pertanto la DCU conterà il numero di cicli del segnale a
frequenza più elevata fA durante uno o un multiplo di dieci del periodo del segnale a
frequenza più bassa fB. Nel caso si consideri un solo periodo per azionare i comandi di
"start" e "stop" della porta di controllo, si avrà: fA=N/TB, ovvero N=fA/fB.
Un'altra delle funzioni svolte dal contatore universale è quella della misura di
periodi. Poichè il periodo è l'inverso della frequenza sarà sufficiente invertire le funzioni dei
due ingressi della porta principale rispetto al caso della misura di frequenza. In particolare
il segnale in ingresso al contatore fornisce, mediante la porta di controllo, i segnali di
"start" e di "stop" alla porta principale. Questi segnali sono distanziati tra loro di un
periodo, Ts, del segnale in ingresso al contatore. In questo tempo sull'altro ingresso della
porta principale sono inviati degli impulsi a una frequenza di ripetizione nota provenienti
dalla base dei tempi. Indicato con N il numero di impulsi a frequenza fc, contati nel periodo
Ts, si ha: Ts=N/fc.
Le misure di tempo non si limitano a quelle di periodo, sono infatti possibili misure
su uno stesso segnale o di ritardo tra due segnali. In base al tipo di misura da eseguire i
segnali applicati ai canali di ingresso svolgono funzioni differenti. Per esempio se si vuol
misurare il ritardo di un evento rispetto all'altro, i due eventi sono convertiti in segnali che
attraverso i canali A e B fungono da comandi di "start" e "stop" per la porta di controllo.
Dalla base dei tempi è inviato sull'altro ingresso della porta principale un treno di impulsi a
frequenza nota. Nel caso del ritardo tra due sinusoidi isofrequenziali, i comandi di "start" e
di "stop", sono in genere associati al primo passaggio per lo zero con la stessa pendenza
da parte dei due segnali. Per migliorare l'accuratezza si possono eseguire due misure
invertendo la pendenza del trigger e facendo la media dei due risultati ottenuti. Il ritardo tra
i due eventi è dato dal rapporto tra il numero di impulsi contati tra i due comandi di "start" e
"stop" e la frequenza degli impulsi. E' facile immaginare come, con opportuna variazione
della pendenza del trigger, si possano misurare sia la durata di un impulso sia il "duty-
cycle", definito come il rapporto tra la durata dell'impulso e il suo periodo.
L'accuratezza e la risoluzione possono essere migliorate mediante operazioni di
media. Generalmente i contatori elettronici hanno la funzione selezionabile di media. In tal
caso si utilizzano in modo opportuno il divisore a decade della base dei tempi o specifici
divisori, che consentono di aumentare il tempo di osservazione, in alternativa si può
eseguire più volte la stessa misura di cui si valuta poi il valor medio. Naturalmente in tal
modo il tempo impiegato per la misura aumenta.
Diverse sono le cause di errore nelle misure eseguibili tramite un contatore
universale. Esse si possono raggruppare nelle seguenti categorie: errore di porta o di
conteggio ±1; errore relativo alla base tempi; errore di scatto; errori sistematici.
L'errore di conteggio, come si è accennato a proposito degli errori nei DVM e DMM,
è quello presente in tutti gli strumenti digitali che si basino su un conteggio di impulsi. Esso
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è dovuto alla mancanza di sincronizzazione tra i due segnali applicati alla porta principale.
In assenza di sincronizzazione, il numero di impulsi contato tra i due comandi di "start" e
"stop", provenienti dalla porta di controllo, può differire di 1, in dipendenza dell'istante di
avvio del comando di "start" e in particolare se esso avviene poco prima che il primo
impulso da contare giunga sulla porta principale o viceversa il ritardo tra i due eventi sia
quasi pari all'intervallo di tempo tra due impulsi. L'errore di conteggio determina quindi
un'ambiguità di ±1 nell'LSD. Trattandosi di un errore assoluto, è evidente che in valori
relativi la sua influenza diminuisce all'aumentare del numero N di impulsi contati nel tempo
prefissato dalla porta di controllo. Ne scaturisce immediata la considerazione che nel caso
di segnali a bassa frequenza è preferibile effettuare la misura del periodo, mentre per
segnali ad alta frequenza si dovrà ricorrere alla misura di frequenza. In alcuni contatori per
evitare la presenza dell'errore di conteggio si predispone un sistema di sincronizzazione
dei segnali applicati alla porta principale.
L'errore dovuto alle incertezze nella frequenza di ripetizione degli impulsi o nei
comandi di "start" e "stop" si ripercuote direttamente sulla misura. Questi errori sono legati
essenzialmente alle fluttuazioni della frequenza dell'oscillatore principale da quella di
taratura. Come già si è accennato sistemi di controllo di questa frequenza sono presenti
nei contatori di maggior pregio, in modo da ridurre notevolmente l'entità dell' errore relativo
alla base dei tempi.
Anche dell'errore di scatto si è accennato a proposito della finestra del trigger di
Schmitt. Oscillazioni indesiderate dell'ampiezza del segnale in ingresso, dovute alla
presenza di rumore, possono determinare l'insorgere di impulsi spuri. Agendo, spesso in
modo automatico, sull'UTP e sul LTP si può evitare l'insorgere di questo errore con
riferimento alla sezione di ingresso. Allo scopo di ridurre ulteriormente errori di scatto
dovuti a rumori esterni in alcuni contatori è prevista la possibilità di inserire prima del
circuito di Schmitt un filtro passa basso analogico che elimini le componenti alle frequenze
più elevate di rumore. Vi può essere anche l'insorgere di un rumore interno al contatore
che determini l'apertura indesiderata della porta principale. Nei contatori di maggiore
precisione si utilizzano componenti logici immuni da rumori, naturalmente con un aumento
del costo. Trattandosi di errori casuali un altro modo per aumentare la precisione è quello
di eseguire la media di diverse misure, che è una funzione quasi sempre presente nei
contatori universali.
Gli errori sistematici sono essenzialmente legati ai ritardi nei comandi di "start" e
"stop" della porta di controllo rispetto al verificarsi degli eventi che li determinano. Essi
sono addebitabili alla presenza di linee esterne di collegamento tra sensori e contatore,
oltre che dei canali di amplificazione interni al contatore e dei collegamenti tra trigger di
Schmitt, base tempi e porta di controllo. Si può migliorare l'accuratezza eliminando o
riducendo questi errori sistematici attraverso frequenti tarature del contatore. Gli errori
sistematici non eliminabili sono portati in conto dal costruttore in sede di definizione del
massimo numero di cifre sul visualizzatore del contatore.
L'elevato costo dell'oscilloscopio mostrato in Fig.3.10 deriva dalla presenza dei filtri
antialiasing, necessaria per un corretto campionamento, e dei sistemi di controllo dei
diversi componenti. Valori tipici di banda di frequenza sono di 100 MHz con base dei tempi
da 2 ns/div a 5 s/div e sensibilità verticali variabili tra 2 mV/div fino a 5 V/div. Lo strumento
può eseguire anche misure di frequenza, di potenza e in alcune versioni può fungere
anche da analizzatore di spettro. Poichè la misura della frequenza in genere è eseguita
valutando il tempo tra due passaggi per lo zero, con la stessa pendenza, da parte della
forma d'onda in esame, il risultato è attendibile solo per segnali che presentino in un
periodo un solo passaggio per lo zero con una data pendenza. L'oscilloscopio digitale è
particolarmente adatto a misurare le caratteristiche di un segnale a onda quadra. Esiste
spesso un tasto apposito "RISE TIME" che quando è spinto consente la misura diretta del
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tempo di salita. Un altro tasto "ALL" quando premuto fornisce sullo shermo i valori misurati
oltre che del tempo di salita anche della frequenza, della durata dell'impulso, di eventuali
sovraelongazioni, del valore efficace, dello scostamento dallo zero (o "offset"), del ritardo,
del tempo di caduta, del periodo e del "duty cycle". Un'altra misura possibile è quella del
tremolio (o "jitter") di un treno di impulsi causati dalle inevitabili anche se piccole
fluttuazioni in frequenza, nella tensione di alimentazione o da instabilità nel sistema di
controllo o da altre cause ancora. Si predispone l'oscilloscopio su "persistenza infinita" in
modo che sullo schermo si visualizzino tutti gli impulsi che giungono sul canale attivato e
si possano evidenziare gli scostamenti in successione di un impulso rispetto all'altro.
La forma d'onda visualizzata può derivare da due distinti tipi di campionamento, in
tempo reale o ripetitivo. Il campionamento in tempo reale comporta l'esame di una forma
d'onda in un singolo passaggio. Ovvero la forma d'onda è campionata sequenzialmente
quando si presenta per la prima volta. E' evidente che i risultati migliori si ottengono
quando la frequenza di campionamento-conversione-immagazzinamento è molto più
elevata di quella del segnale, in quanto in tal caso si avranno a disposizione molti "pixel"
per visualizzare l'onda. Nel caso di campionamento in tempo reale o a un solo passaggio,
si richiedono non solo ADC veloci, ma anche memorie in grado di immagazzinare i dati
alla stessa velocità. Si pensi che nel caso di una frequenza di campionamento di 200 MHz
la memoria deve essere in grado di immagazzinare un dato in un ciclo di 5 ns. Per questo
si ricorre a memorie del tipo FISO. La ricostruzione dell'immagine sullo schermo può
avvenire non solo per punti, ma anche per interpolazione sia lineare sia sinusoidale. Non
esite una regola fissa per stabilire quando sia conveniente ricorrere a un modo o a un altro
di ricostruzione dell'immagine. E' noto che in base al teorema di Shannon per avere
informazioni sufficienti a ricostruire la componente del segnale a frequenza massima sono
necessari più di due punti. Se il numero di punti è di poco superiore a due non è
comunque possibile una ricostruzione per punti né è sufficiente una interpolazione lineare,
ma si dovrà ricorrere a un'interpolazione sinusoidale.
Il campionamento ripetitivo è applicabile solo a segnali periodici che si ripresentino
uguali per un certo tempo, ovvero non è utilizzabile per eventi singoli. Il maggiore
vantaggio del campionamento ripetitivo è quello di poter utilizzare un ADC lento ma con
elevata risoluzione. Esso si suddivide in campionamento ripetitivo sequenziale o casuale.
Il campionamento sequenziale è molto simile a quello che si effettua in un
oscilloscopio analogico a campionamento. Ad ogni evento di trigger si preleva un
campione distanziato temporalmente dal precedente di uno stesso tempo di ritardo. La
forma d'onda è ricostruita utilizzando i punti immagazzinati nella memoria dopo che si
sono eseguiti diversi campionamenti. Se il segnale in ingresso è a frequenza molto elevata
si può prelevare ogni campione dopo un certo numero di periodi della forma d'onda cui va
sempre aggiunto il tempo di ritardo. E' importante sottolineare che con questo metodo si
ricostruisce il segnale che si verifica dopo l'evento di trigger.
Il campionamento casuale si differenzia dal precedente per l'assenza di legame tra
l'istante del campionamento e l'evento di trigger. Ovvero il campionamento viene eseguito
con continuità sulle forme d'onda del segnale che si ripetono nel tempo senza attendere
l'evento di trigger, da cui deriva il nome di casuale al campionamento. Per la ricostruzione
del segnale si valuta l'intervallo di tempo tra l'istante del campionamento e l'evento di
trigger, tempo che viene associato nella memoria al punto campionato sotto la gestione
del microprocessore. E' interessante sottolineare che il campionamento viene eseguito
non solo dopo che si sia verificato l'evento di trigger, come avviene nel campionamento
sequenziale, ma anche prima dell'evento di trigger. Ne deriva che a differenza di quanto
accade nei normali oscilloscopi, con il campionamento ripetitivo casuale si ricostruisce la
forma d'onda anche nella sua parte precedente l'evento di trigger. A questa caratteristica,
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molto utile in diverse applicazioni, viene dato il nome di ricostruzione del segnale nel
"tempo negativo".
In alcuni oscilloscopi digitali si tende a conservare un pannello di comando analogo
a quello disponibile sugli oscilloscopi analogici, per permettere una facile comprensione
delle funzioni e quindi un uso agevole. Così è facile trovare tutte le funzioni di controllo
quali i fattori di deflessione ovvero la manopola dei "VOLT/div", quella della posizione della
traccia sullo schermo, la base dei tempi principale.
Negli oscilloscopi digitali più sofisticati, atti a svolgere un numero notevole di
funzioni e quindi di misure, è possibile programmare la sequenza di operazioni che si vuol
far svolgere all'oscilloscopio mediante una serie di selettori di funzione e una tastiera in
genere esadecimale. Una volta stabilita la successione delle operazioni questa è
memorizzata in modo da essere disponibile anche dopo che l'oscilloscopio sia stato
spento. Esiste un tasto inoltre che quando premuto evidenzia sullo schermo tutti i
parametri selezionati. Molto spesso esiste la possibilità di collegamento dell'oscilloscopio
digitale a un calcolatore per diversi scopi. Uno può essere quello di far svolgere
all'oscilloscopio la funzione di stazione remota di misura, con l'acquisizione di dati e la
successiva memorizzazione in altra parte del sistema. Un'altra funzione può essere quella
di visualizzatore di forme d'onda già immagazzinate in altra parte del sistema. Il
calcolatore può inoltre svolgere la funzione di programmatore automatico dell'oscilloscopio
digitale, nel senso che nel calcolatore esiste un programma di gestione con possibilità di
memorizzare "file" in cui sono contenute le funzioni che si vuol far svolgere
all'oscilloscopio. In tal modo è notevolmente semplificata la programmazione di tutte le
operazioni e misure che l'oscilloscopio può eseguire.
Negli oscilloscopi digitali, per la presenza di un microprocessore è notevolmente
semplificata la stampa su "plotter" o "hard-copy" esterni.
alle centinaia di megahertz; macchine elettriche in c.a.; effetto corona nei conduttori in alta
tensione; lampade con scarica in gas; tutti i generatori di segnali ad alta frequenza
utilizzati nei sistemi di comunicazione. Molti effetti di questi tipi di interferenza possono
essere ridotti mediante l'applicazione di un trasformatore di isolamento e l'uso combinato
di conduttori e componenti schermati.
Nel trattare il collegamento a massa bisogna distinguere tra il punto di riferimento
dei potenziali, detto anche comune, e l'impianto di terra, cui è necessario collegare per
motivi di sicurezza le parti metalliche della strumentazione normalmente non in tensione,
ma che per un guasto potrebbero accidentalmente portarsi a potenziali pericolosi per
l'uomo. In genere in un sistema di misura i punti comuni di tutti i componenti sono collegati
tra loro, in modo da fornire lo stesso riferimento per tutti i potenziali. Questo punto può o
meno essere collegato all'impianto di terra, in dipendenza del sistema di isolamento delle
parti in tensione interne allo strumento verso le parti metalliche esterne, come per esempio
quelle dell'involucro. Nel caso il punto comune non sia collegato a terra si dice che è
fluttuante. Molti componenti e strumenti elettronici di misura presentano tre terminali
marcati con le lettere H (dall'inglese High), L (dall'inglese Low) ed E (dall'inglese Earth) o
con simboli equivalenti. Il terminale marcato E è quello che va collegato all'impianto di
terra. Il morsetto L è quello che serve al collegamento al punto comune e può o meno
essere collegato ad E, nel caso non sia collegato il comune è a potenziale fluttuante.
Quando viene effettuato il collegamento a terra, è necessario assicurarsi che non si
formino anelli chiusi di terra che introdurrebbero disturbi nel sistema di misura. A titolo di
esempio si consideri un generatore di segnale, con impedenza interna Zg, collegato allo
strumento di misura mediante due cavi di impedenze Z1 e Z2. Si colleghino i comuni a
massa e questi all'impianto di terra, come indicato in Fig.6.17. Sia Vs la tensione in uscita
al generatore di segnale e Zi l'impedenza interna dello strumento di misura.
collegamento tra due o più dispositivi, la formazione di anelli di terra, il che si può ottenere
in diversi modi. Nel caso di dispositivi con alimentazione a bassissima tensione di
sicurezza (inferiore o uguale a 25 V) o con l'isolamento verso terra rinforzato, non è
necessario il collegamento all'impianto di terra, viceversa tale collegamento va fatto in un
solo punto, detto nodo equipotenziale, cui andranno connessi tutti gli involucri metallici e i
punti comuni dei componenti e della strumentazione. La connessione al nodo
equipotenziale può avvenire in modo serie, collegando tra loro i vari strumenti e quindi
l'ultimo al nodo equipotenziale, o in modo parallelo, collegando ogni singolo strumento al
nodo equipotenziale. Anche se la connessione serie è più semplice e richiede l'uso di
conduttori più corti, si preferisce quando possibile quella parallela, in quanto le correnti di
dispersione di ciascuno strumento non disturbano gli elementi sensibili degli altri,
riducendo le cause di rumore. La connessione parallela è sconsigliata solo quando i
segnali sono a elevata frequenza, superiore per esempio ai megahertz, a causa della
reattanza induttiva dei conduttori, che in questa configurazione risultano abbastanza
lunghi. Nei dispositivi ad alta frequenza, tra cui rientrano la maggior parte dei sistemi
digitali, si preferisce un collegamento con il comune dislocato in molti punti ed eseguito
con conduttori corti. Infine in alcune applicazioni di sistemi di misura e di controllo non è
possibile o praticabile realizzare un punto comune, in particolare quando la sorgente del
segnale è in posizione remota rispetto allo strumento di misura. In tali casi si può ovviare
all'inconveniente utilizzando come stadio iniziale dello strumento di misura un amplificatore
differenziale, che, come è noto e sarà anche discusso nei paragrafi successivi, consente
di avere i potenziali dei segnali in ingresso fluttuanti. Un altro mezzo per eliminare la
formazione di anelli di terra è quello di utilizzare sistemi di disaccoppiamento tra i diversi
componenti costituenti il sistema. Quando i segnali sono a frequenze inferiori ai megahertz
si possono utilizzare dei trasformatori, per frequenze più elevate si ricorre a isolatori ottici
costituiti per esempio da un LED (Light Emission Diode) e da un fototransistor o un
fotodiodo. Quest'ultimo mezzo di isolamento è particolarmente utile nei dispositivi digitali in
cui non è necessaria la linearità dell'accoppiamento. In Fig.6.18 sono mostrate due
soluzioni per evitare la formazione di anelli di terra, con riferimento allo schema di
Fig.6.17.
Fig.6.19 e Fig.6.20 mostrano come sia possibile collegare gli schermi di cavi coassiali a
singolo terminale o di cavi bipolari per misure in modo differenziale, con chiaro significato
degli schemi.
I problemi maggiori si hanno per il collegamento tra loro degli schermi dei cavi e dei
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dispositivi, a causa della presenza di capacità parassite tra i componenti dei dispositivi e
gli schermi. Infatti se si considera un amplificatore schermato si possono individuare tre
capacità, come indicato in Fig.6.21.
che ne attenuerà fortemente gli effetti all'interno dello schermo. I materiali più utilizzati per
lo schermo sono essenzialmente alluminio, rame, acciaio e mumetal. La loro scelta
dipende dalla frequenza del campo magnetico interferente.
Fig.6.22 Anello di terra nel collegamento tra più dispositivi (a) e sua
eliminazione (b)