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di Flavia Cartoni
E’ evidente che durante gli ultimi anni del conflitto mondiale, e subito dopo la fine della
guerra, le preoccupazioni della popolazione italiana, e dunque anche gli argomenti dei
letterati, si muovevano intorno alla preoccupazione della guerra. Sia durante il conflitto,
sia durante il tentativo di ricostruzione di un’Italia unita e democratica, l’uscita dalla
dittatura fascista era di per sé motivo di respiro e di allegria. Non si esce, però, da un
giorno all’altro da un periodo difficile; è invece un lungo lavoro di ricostruzione e di
assimilazione di quanto vissuto e un tentativo di riordino delle esperienze.
Come esempio di questa difficile esperienza vissuta, citiamo il romanzo di Carlo Levi
(Torino, 1902-Roma, 1975), Cristo si è fermato a Eboli, la cui stesura cominciò nel 1943
(in piena Seconda Guerra Mondiale) ma poi pubblicato nel 1945. L’autore, essendo
antifascista, fu condannato al confino in una regione del sud d’Italia chiamata Lucania1.
Viene condannato a vivere sotto controllo e in una zona nella quale gli stessi abitanti
autoctoni dicono di essere fuori dal mondo, di non essere ‘cristiani’ proprio perchè
abbandonati da tutto e da tutti. Per questo motivo il titolo del libro si riferisce al fatto che
i cristiani, e dunque anche Cristo, non hanno oltrepassato i confini del paese Eboli, piccola
località della provincia di Salerno, appartenente alla regione della Campania.
L’esperienza della condanna, del confino, si riflette nel libro di carattere autobiografico,
la stesura del quale per Levi fu una sorta di accettazione dell’esperienza, ma anche una
messa in comune, con il resto dei lettori e con gli italiani in generale, delle conseguenze
delle sua posizioni antifasciste.
1
E’ curioso, ma la regione ha un nome doppio, la si può chiamare sia Lucania come Basilicata. Qui
manteniamo il nome di Lucania, che è quello che usa Carlo Levi.
Altro autore dello stesso periodo, di cui presenteremo qui la componente narrativa e
poetica, è Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo, Piemonte, 1908 - Torino, 1950). Pubblica
nel 1948 La casa in collina, il suo romanzo di carattere autobiografico nel quale narra
l’esperienza della resistenza nella sua regione di origine, il Piemonte. Si tratta di
un’esperienza di combattente frustrato, dal momento che narra la sua incapacità di fronte
alla guerra e di fronte alla Resistenza. Dalle sue pagine deduciamo la lacerazione interna
di chi non si sente all’altezza della situazione, pur nel convincimento dell’ideologia e
della posizione adottata. La sua raccolta di poesie, Lavorare stanca (prima pubblicazione
nel 1936, poi nel 1943) è un anticipo della seguente produzione narrativa, in quanto a
tematiche che toccano la solitudine e l’estraneità dei personaggi. Citiamo ora il romanzo
La luna e i falò (1950) che si pubblica poco prima della morte dell’autore e nel quale
coesistono l’ aspetto del Realismo con il mito e i suoi simboli: la narrativa della storia e
della guerra civile convive con la ricerca dei luoghi di origine e delle radici del
personaggio protagonista