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IL-PRIMATO-ITALICO-DI-PAOLO-GALIANO/#RESPOND)

GIUSEPPE BREX E IL PRIMATO ITALICO (DI


PAOLO GALIANO)
(estratto da Roma prima di Roma, di prossima pubblicazione per le
Edizioni Simmetria)

di Paolo Galiano
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Centuripe, cittàhappy with


antica it.
fondata dall’arcaico popolo
OK
dei Siculi, tra i numerosi motivi di interesse dovuti
alla bellezza dei luoghi e ai notevoli resti
archeologici ne ha uno meno conosciuto non solo
dagli appassionati di storia ma forse anche dai suoi
stessi cittadini, perché fu la città natale di Giuseppe
Brex, una figura di studioso e di scrittore che si
inserisce a pieno titolo in una linea di pensiero che
possiamo far risalire almeno al XVIII secolo:
parliamo di quegli scrittori che ricercarono le origini
della civiltà italica, facendola risalire ad un periodo
antichissimo e ponendola anzi come la più antica
tra le civiltà del Mediterraneo.

(http://www.enricobaccarini.com/wp-
content/uploads/2011/09/brex1.jpg)
L’argomento di questa ricerca storica prese il nome
di “Saturnia Tellus”, la Terra di Saturno, termine
adoperato dagli autori classici romani e greci per
indicare l’Italia come il luogo in cui fiorì la prima
civiltà introdotta dal Dio Saturno, il quale, secondo
la mitologia, sconfitto e spodestato dal figlio Giove
venne a rifugiarsi nel Lazio, dove fece costruire una
città sul Campidoglio, che da lui prese il nome di
Saturnia, là dove millenni dopo sarà fondata da
Romolo la città di Roma.
Questo filone storico, indubbiamente
appassionante e che solo in tempi relativamente
recenti sta trovando le prime conferme negli scavi
sul Campidoglio e sul Germalo intrapresi all’inizio
del 1900, trovò le sue prime origini in autori toscani,
tra cui Anton Francesco Gori, Mario Guarnacci e
Luigi Lanzi, i quali nel 1700, in una Italia allora
divisa tra tanti Stati e sotto il governo di popoli
stranieri, rivendicarono attraverso lo studio dei testi
degli antichi scrittori latini e greci il “primato
italico”, cioè l’origine della civiltà occidentale, al
popolo degli Etruschi.
Con il passare dei decenni, le ricerche furono
approfondite e raggiunsero la prima
sistematizzazione con Angelo Mazzoldi, il quale
pubblicò a Milano nel 1840 il suo principale testo
Delle origini italiche e della diffusione
dell’incivilimento italiano, fondamentale per tutti gli
autori che lo seguirono: egli dava il “primato italico”
ad un popolo precedente gli Etruschi, popolo che
abitava una terra che in seguito era andata distrutta
da inondazioni e terremoti vulcanici, la Tirrenide
(nulla a che vedere con l’Atlantide platonica), un
subcontinente che comprendeva Italia, Sicilia,
Sardegna, Corsica, l’isola d’Elba e Malta.
La moderna geologia ha in gran parte confermato le
brillanti intuizioni di Mazzoldi: effettivamente alla
fine dell’ultima Era Glaciale (circa nel 6000 a.C.) il
Mediterraneo salì di oltre cento metri al di sopra del
livello attuale, il che vuol dire che tutte le zone
pianeggianti furono sommerse, e sembra che ciò
sia avvenuto in un tempo abbastanza breve, forse
non più di trenta anni.
A questa inondazione, da non confondersi con il
diluvio biblico, fece seguito l’eruzione improvvisa
della catena vulcanica che attraversa l’Italia dalla
Toscana al Lazio, alla Campania fino alla Sicilia (si
ricordi che nelle isole Eolie i vulcani sono ancora
attivi e che nel mare tra Napoli e la costa nord della
Sicilia vi è una catena parallela di vulcani, almeno
uno dei quali , il Marsili, è ancora in fase eruttiva). Il
“cataclisma italico” o “catastrofe atlantica”, come lo
chiamarono questi scrittori, distrusse gran parte
dell’Italia centrale e meridionale e staccò la Sicilia
dal continente, a cui una volta era unita da un istmo
(si pensi che questo già lo sapeva Plinio, autore
romano che scrisse nel I secolo d.C. !), costringendo
le popolazioni a rifugiarsi sui monti o a fuggire via
mare per scampare alla catastrofe.
In questo movimento di popoli vi fu anche quello
dei proto-Siculi, che, spinti dalle genti che facevano
ritorno alla terra che avevano abbandonata a causa
delle catastrofi, i Pelasgi, giunsero in Sicilia
portando con sé il retaggio dell’antica civiltà della
Tirrenide.
(http://www.enricobaccarini.com/wp-
content/uploads/2011/09/brex2.jpg)

Al Mazzoldi fecero seguito una serie di studiosi e di


archeologi i quali perfezionarono ulteriormente le
sue tesi, anche grazie allo sviluppo di nuove scienze
quali la paleoetnologia e la paleontologia ed ai
nuovi studi archeologici che si andavano facendo a
Roma come in Sicilia; ci limitiamo a citare tra essi
Camillo Ravioli e Ciro Nispi-Landi per il XIX secolo
ed Evelino Leonardi, Costantino Cattoi e Guido Di
Nardo per il XX.
In questa linea di autori si inserisce a pieno titolo
Giuseppe Brex, nato a Centuripe nel 1896 e morto a
Lanuvio presso Roma nel 1972, autore di un testo,
intitolato proprio Saturnia Tellus e stampato a
Roma nel 1944, nel quale avanza la tesi che il
“primato italico” sia da attribuirsi al popolo dei
Siculi per il periodo successivo a quella che viene
chiamata la “catastrofe atlantica”.
Nato in Sicilia ma vissuto a Roma, Brex si distingue
dagli autori che lo hanno preceduto per diversi
motivi: il suo libro, Saturnia Tellus, ha come
argomento centrale l’antichità del popolo dei Siculi,
del quale egli rivendica il primato sulle altre stirpi
come più antica popolazione italica : non a caso il
libro venne pubblicato a Roma nel maggio 1944,
quando gli Anglo-Americani erano in procinto di
sbarcare nella sua terra nativa (luglio 1944), quasi
volesse rivendicare contro le più recenti etnie
anglosassoni la supremazia storica dei siciliani;
altro aspetto particolare è l’essere il suo un testo
prettamente storico ed archeologico, che poco
spazio lascia alle idee esoteriche che invece
costituiscono il nucleo centrale delle opere di
Leonardi e ancor di più del Di Nardo e di Cattoi
(anche se quest’ultimo non ci ha lasciato scritti di
sua mano, ma la storia dei suoi lavori non lascia
dubbi in merito). Ciò non toglie che Brex possa
avere avuto un ruolo nell’ambiente dell’esoterismo
romano nel quale doveva essere conosciuto, visto
che l’Introduzione al suo libro la scrisse Romolo
Artioli, esoterista e noto archeologo, collaboratore
di Boni negli scavi del Foro e del Palatino.
(http://www.enricobaccarini.com/wp-
content/uploads/2011/09/brex3.jpg)

Molti anni dopo la pubblicazione del libro di Brex,


venne rinvenuta nel 1963 una lapide scritta in
dialetto dorico FIG. 1, la quale, tradotta
dall’epigrafista catanese Giacomo Manganaro,
rivelò essere un trattato di “riconoscimento ufficiale
dei vincoli di parentela, di amicizia e di ospitalità,
che legavano i Centuripini con i Lanuvini… il Senato
di Lanuvio riconobbe la fondatezza della richiesta
centuripina ed emanò il decreto di convalida dei
remoti vincoli di parentela fra i due popoli” .
Il Sindaco di Lanuvio nel 1971 propose al suo
omologo di Centuripe di rinnovare l’antico
gemellaggio, invito che venne accolto anche per
l’esortazione di Giuseppe Brex, a quel tempo
Presidente dell’Associazione “Aborigeni d’Italia” da
lui fondata a Centuripe. Da allora periodicamente il
gemellaggio tra le due cittadine viene rinnovato nei
mesi di maggio e di settembre, con l’incontro dei
massimi rappresentanti dei due comuni.
Brex morì l’anno successivo al primo gemellaggio
ma volle essere sepolto nell’adottiva Lanuvio, ove
ancora oggi una stele ricorda lo studioso FIG. 2
La “lapide del gemellaggio” confermava, con una
prova archeologica inconfutabile, le tesi già
espresse da Brex nel 1944 della comune origine dei
Siculi e dei Latini: Brex aveva messo in luce i
rapporti, davvero singolari, tra la sicula Centuripe e
Roma, ricordando come Cicerone nelle sue orazioni
contro Verre, il pretore che aveva dissanguato la
Sicilia durante il suo incarico, avesse affermato le
comuni origini dei cittadini di Centuripe e di
Segesta con la stessa Roma: “I cittadini di Segesta e
di Centuripe sono legati al popolo romano non solo
per i servizi resi, per la fede giurata, per l’antica
amicizia, ma anche per essere nati da uno stesso
ceppo”.
Questa comune origine di due città così distanti tra
di loro si può spiegare con la comune discendenza
dei due popoli, i Siculi ed i Romani, dal ceppo proto
Latino, e gli studi archeologici ed antropologici che
erano stati condotti nella prima metà del XX secolo,
in particolare quelli di Orsi, grande ricercatore delle
origini siciliane, e di Sergi, avevano dato una nuova
conoscenza della storia della Sicilia.

(http://www.enricobaccarini.com/wp-
content/uploads/2011/09/brex4.jpg)

La tesi dei Siculi come primi abitatori d’Italia,


ripresa più tardi dal Di Nardo in suo lavoro del 1952,
sempre poggiato sugli studi del Sergi (nel quale
attribuisce tale primato al popolo Ligure-Siculo di
cui sarebbero successive ripartizioni i popoli dei
Latini, Osci, Volsci, Sabini, Marrucini e Frentani), si
appoggia, secondo Brex, anche sulle somiglianze di
molti nomi di città o località sicule sia con quelle
latine (pagg. 42 ss.), sia con quelle della Troade, la
regione dove sorgeva Troia e da cui era venuto Enea
in Italia, il che “ci fa ritenere che il luogo d’origine dei
Siculi sia appunto quello dell’Asia Minore” (pagg. 16
ss.), Siculi che sono per Brex appartenenti alla
famiglia degli Indoeuropei, affermazione
contrastante con le tesi anti-indoeuropeiste degli
scrittori che lo hanno preceduto, Leonardi e Di
Nardo come dello stesso Sergi.
L’origine del nome “Siculi” è spiegata dall’autore in
modo piuttosto particolare: il nome verrebbe da
“Aus(ik)eli” cioè gli “Asi Antichi”, da cui Sikeli ed
infine Siculi, dove il termine keli, antico, andrebbe
messo in relazione con parole latine comesae-
culum, periodo antico, e Jani-culum, monte
dell’antico Dio Giano (pag. 21); ad appoggiare la sua
tesi, Brex cita la radice africana kulù usata da molte
popolazioni dell’Africa sud-orientale per comporre
il nome del loro più importante Dio, il cui significato
è “vecchio antenato”.
L’antichità della popolazione sicula sarebbe
confermata dal fatto che Saturno, il più antico Dio
italico, è raffigurato con in mano il falcetto o sikala,
strumento ideato dai Sikeli-Siculi per falciare e
disboscare (pag. 23 e pag. 33); questa immagine del
Dio si è poi trasformata in quella di Saturno con la
falce quando la religione italica venne a contatto
con quella greca, in cui Kronos, la divinità greca
ritenuta omologa del Saturno romano, era il Dio del
Tempo che trascorre e non più il Dio che aveva dato
agli uomini la conoscenza dell’agricoltura e della
civiltà.

(http://www.enricobaccarini.com/wp-
content/uploads/2011/09/brex5.jpg)

Non possiamo sorvolare su di un errore commesso


da Brex, il quale segue in questo Ravioli e Leonardi
(senza però citarli), nella descrizione che egli fa
degli effetti del “cataclisma atlantico” sulla forma
dell’Italia: riprendendo la cartina che RavioliFIG. 3
aveva pubblicato ne I primi abitatoririfacendosi alle
parole di Plinio, egli commenta dicendo che
“Secondo questo grande scrittore [cioè Plinio] (Nat.
Hist III e V) [errore: in realtà è libro III, cap. V, 43], la
primitiva forma geografica della nostra Patria era
quella di una foglia di quercia, successivamente, in
un periodo remotissimo (forse contemporaneo
all’inabissamento dell’Atlantide), tratti di territorio
della nostra penisola furono sommersi. Dopo tale
cataclisma, il resto della penisola dalla forma di
foglia di quercia prese quella attuale di uno stivale”
(pag.13). La cartina del Ravioli venne ripresa (senza
citazione) da Leonardi FIG. 4 e poi da Brex FIG. 5
con alcune variazioni, consistenti nella
cancellazione del rettangolo posto in alto a destra
nel disegno di Ravioli.
Lo sbaglio si perpetua nel tempo: infatti “Siro
Tacito”, parlando dell’argomento in Prima
Tellus(Roma 1998, pagg. 38 – 40), non si accorge
dell’errore di traduzione commesso dai tre autori e
lo stesso avviene in Roma Renovata Resurgat del
Giorgio (Roma 2011, vol. I, pag. 19 nota 3), dove si
parla del “ricordo di un’Italia antichissima,
fisicamente diversa da quella attuale, [che] si trova
in Plinio”.
Il testo di Plinio ha invece il verbo al presente: “Est
folio maxime querno adsimilata”, e non al passato,
“fuit”, quindi lo scrittore latino intende riferirsi al
modo in cui ai suoi tempi era concepita la forma
geografica dell’Italia, senza alcun riferimento a
mutamenti di sorta.
L’errore, nato con Ravioli, si continuò nei secoli
successivi, visto che nessuno dei suoi epigoni aveva
pensato di controllare la citazione originaria.
A parte questo suo errore, l’opera di Brex rimane un
lavoro interessante, fosse solo perché dimostra
come, anche tra le difficoltà materiali del periodo
bellico ormai alla fine e con l’invasione anglo-
americana alle porte, il mito della Terra di Saturno
fosse ancora vivo tra gli italiani e fonte di orgoglio e
non di vanità per un popolo la cui antichità e la cui
sapienza superavano di gran lunga quelle di
qualunque altra nazione.
NOTE:
– I primi assertori dei Siculi quale primo popolo
abitatore dell’Italia erano stati in precedenza Cuoco
nel Platone in Italia scritto tra il 1804 e il 1806 e
Micali ne L’Italia avanti il dominio dei romani
pubblicato a Firenze nel 1810.
– Su Artioli vedi GIORGIO Roma Renovata Resurgat,
Roma 2011, vol. I pag. 115.
– In Rendiconti della Accademia di Archeologia
Lettere e Belle Arti – Nuova Serie – Vol. XXXVIII,Napoli
1963. Per maggiore completezza si potrà trovare il
testo della stele e la storia di questo gemellaggio
in http://www.lanuvionline.eu/pag_WEB/pagine_curioso/gemellaggio/rinnovo_gemellaggio.h
(http://www.lanuvionline.eu/pag_WEB/pagine_curioso/gemellaggio/rinnovo_gemellaggio.htm
Ringraziamo il vicesindaco Dott. Giuseppe Biondi
per il materiale e le informazioni forniteci.
– Citazione in Giuseppe Brex Saturnia Tellus, pagg.
56 – 57. Al suo testo sono riferiti i numeri di pagina
posti tra parentesi.
– Vi è stato chi ha ritenuto (“SIRO TACITO” Prima
Tellus, Roma 1988 pag. 40 nota 35) che il libro di
Brex fosse in realtà un manoscritto inedito dello
stesso Sergi pubblicato sotto falso nome: a parte il
fatto che il Sergi morì nel 1936, otto anni prima
della pubblicazione di Saturnia Tellus, ci sembra
che la vita stessa di Brex smentisca tale
affermazione.
– Guido Di Nardo I più antichi popoli italici secondo
gli storici classici, in “Biblioteca dei Curiosi” n° n. 28
– anno 1952 pag. 18.
– Le cartine in questione si trovano in
RAVIOLI L’Italia e i suoi primi abitatori Roma 1865,
LEONARDI L’origine dell’uomo Roma 1932 a pag. 353
(il quale taglia la scritta di Ravioli contenuta nel
rettangolo in alto a destra “Atlantica-Italia an. 2200
a.C.”) e BREX Saturnia Tellus cit. a pag. 12 (il quale
elimina anche il rettangolo).
Tratto da – Simmetria
(http://www.simmetria.org/simmetrianew/contenuti/articoli/43-
altri-articoli/705-giuseppe-brex-e-il-primato-italico-
di-paolo-galiano.html), settembre 2011

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