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Nell’intero
arco
del
processo
storico,
le
varie
culture
religiose,
e
le
comunità
che
ad
esse
si
rifanno,
sono
state,
e
sono,
in
bene
e
in
male,
rilevanti
nella
società
civile,
nell’ordinamento
pubblico,
nell’istituzionalità
di
ogni
paese.
Le
religioni
hanno
una
specifica
rilevanza
culturale,
sociale
e
politica.
Il
“fatto
religioso”
va
ben
oltre
l’ambito
in
cui
si
è
soliti
collocarlo,
così
come
ogni
simbolo
(croce,
velo,
immagini,
gesti,
regole,
segni…)
incarna
una
realtà
più
complessa
del
significato
che
si
pensa
possa
esprimere.
Il
cosiddetto
“velo
islamico”,
per
esempio,
rappresenta
un
insieme
di
fattori
più
ampi
del
sentimento
religioso,
è
espressione
culturale,
affermazione
di
identità…
e
non
è
sempre
un’imposizione
o
un
ostacolo
per
la
libera
scelta
delle
donne.
L’ignoranza
del
fenomeno
religioso
e
delle
sue
dinamiche
è
pericolosa
perché
spesso
la
religione
serve
come
strumento
di
potere
in
campo
politico,
sociale,
culturale,
economico…
e
viene
usata
anche
come
mezzo
di
coesione,
di
aggregazione
del
disagio,
un
alibi
per
scatenare
tensioni,
violenze
e
guerre.
Per
ridurre
la
complessità
dello
scontro
sociale
prodotto
dal
radicalismo
religioso,
è
necessaria
un’educazione
che
cancelli
e
superi
stereotipi,
false
interpretazioni
e
pericolose
pressioni
sulla
coscienza
attraverso
dogmi
e
regole
dottrinali.
Una
positiva
“alfabetizzazione”
del
“fatto
religioso”
a
livello
globale
è
essenziale
per
affrontare
l’emergenza
in
cui
ci
troviamo
oggi:
una
conoscenza
veritiera
e
autentica
aiuta
a
“smontare”
la
strumentalizzazione
della
religione
a
fini
geopolitici
e
ad
aprire
la
strada
1
Riprendo l’espressione “fatto religioso” dal rapporto uscito in Francia nel 2002, su richiesta del ministero
dell’educazione, L’enseignement du fait religieux dans l’école laïque, perché, a mio parere, esprime bene il
concetto della complessità della problematica legata alle varie religioni.
2
Jan Assmann, Non avrai altro Dio. Il monoteismo e il linguaggio della violenza, IL MULINO 2007
Diviene,
così,
necessaria
un’analisi
più
complessa
del
pensiero
e
della
prassi
delle
varie
religioni,
un’analisi
che
non
deve
rimanere
all’interno
di
circoli
intellettuali
e/o
istituzionali,
ma
diffondersi
ad
ogni
livello
della
società
per
costruire
una
massa
critica
di
cittadini
con
coscienza
laica…
e
tutto
ciò
richiede
un
lungo
percorso
di
educazione.
Per
raggiungere
questo
obiettivo
è
indispensabile
e
urgente
un
insegnamento
critico
e
storico
delle
religioni.
Ed
uno
degli
strumenti
essenziali
dovrà
essere
la
scuola.
Opporsi
all’insegnamento
confessionale
di
una
religione,
non
significa
rifiutare
ogni
tipo
di
insegnamento
della
problematica
religiosa;
significa
denunciare
ogni
manipolazione,
difendere
e
favorire
un
insegnamento
laico,
nel
metodo
e
nei
contenuti,
all’interno
del
percorso
educativo
pubblico.
Non
un’operazione
dottrinale,
ma
uno
studio
in
una
prospettiva
“scientifica”,
quindi
laica
e
a-‐confessionale.
L’attuale
“ora
di
religione”
si
rivela
insufficiente,
per
non
dire
inutile,
per
preparare
persone
aperte
alla
realtà
ed
ai
profondi
cambiamenti
a
livello
globale:
La
proposta
di
uno
studio
del
“fatto
religioso”
nel
curriculum
scolastico
crea
pareri
contrastanti
in
settori
laici
e
credenti.
Da
una
parte
si
vede
come
“un
cavallo
di
Troia”
per
salvaguardare
la
diffusione
della
dottrina
cattolica
nella
scuola
pubblica;
dall’altra,
viene
considerato
uno
strumento
per
confondere
le
coscienze
di
ragazzi
e
giovani
con
il
conseguente,
inevitabile
relativismo
e
allontanamento
da
principi
morali
ed
etici
assicurati
dalla
Chiesa.
Se
ne
parla
da
anni,
sotto
governi
di
ogni
tendenza,
ma
oggi
pregiudizi,
superficialità,
integralismo
e
dogmatismi,
condanne
reciproche
lo
rendono
davvero
essenziale
e
urgente
perché
le
religioni
hanno
acquisito,
e
non
certo
in
senso
positivo,
un
posto
importante
sulla
scena
mondiale;
si
è
affermata,
ripeto,
una
dimensione
pubblica,
politica,
sociale
del
“religioso”,
che
rende
improrogabile
una
conoscenza
rigorosa
e
veritiera.
Di
conseguenza,
diviene
sempre
più
indispensabile
una
profonda
revisione
e
rinnovamento
dell’insegnamento
religioso
a
scuola,
fuori
dai
ristretti
ambiti
della
confessionalità
e
“opzionalità”,
con
pari
dignità
rispetto
ad
altri
insegnamenti.
Chi
lo
impartisce
deve
avere
preparazione
culturale,
pedagogica,
educativa
riconosciuta
dallo
Stato
secondo
le
modalità
di
ogni
materia
e
non
lasciata
ad
libitum
di
istituzioni
ecclesiastiche
di
ogni
tipo.
Flavio
Pajer,
pedagogista
e
presidente
del
Forum
europeo
per
l'istruzione
religiosa
nelle
scuole
pubbliche,
afferma:
3
Gian Mario Gillio, Un’ora di scuola davvero singolare, Confronti novembre 2003
«Il
carattere
democratico
e
laico
dello
Stato
e
della
scuola
pubblica
non
consente
trattamenti
di
privilegio
ai
membri
di
una
o
di
poche
religioni;
il
diritto
individuale
di
libertà
religiosa
impegna
le
chiese
a
non
servirsi
della
scuola
pubblica
a
scopi
confessionali
ma
impegna
nel
contempo
la
scuola
di
Stato
a
garantire
alla
totalità
della
popolazione
scolastica
adeguati
strumenti
di
lettura
e
comprensione
del
fenomeno
religioso».
«La
laicità
non
è
un’opzione
spirituale
sulle
altre,
essa
è
ciò
che
rende
possibile
la
loro
coesistenza,
perché
ciò
che
è
comune
sul
piano
del
diritto
a
tutti
gli
uomini
deve
avere
la
precedenza
su
ciò
che
li
separa
sul
piano
di
fatto».
Le
parole
con
cui
Enzo
Pace4
sintetizza
l’argomento
centrale
del
Rapporto
di
Debray
ci
aiutano
a
comprendere
meglio
un
concetto
valido
non
solo
per
la
Francia:
Non
si
deve
dimenticare
che
la
laicità,
espressa
anche
nella
netta
separazione
Stato-‐
Chiesa,
non
combatte
la
religione
in
sé,
ma
l’imposizione
di
dottrine
dogmatiche
nell’ordinamento
di
una
nazione.
Laicità
di
uno
Stato
di
diritto
non
richiede
la
negazione
del
“fatto
religioso”,
ma
impedire
che
il
“clericalismo”,
di
qualsiasi
matrice
esso
sia,
rivendichi
la
pretesa
di
esercitare
il
potere
sull’intera
società,
di
condizionare
il
potere
civile.
Parlare
di
neutralità
dello
Stato
non
significa
una
scelta
di
“ateismo
di
Stato”
che,
di
fatto,
assumerebbe
una
posizione
ideologica,
non
di
taglio
laico,
non
“neutrale”.
4
www.seer.ufrgs.br/debatesdoner
E,
come
ogni
tipo
di
ignoranza,
provoca
quel
pericoloso
“sonno
della
ragione”
da
cui
sorgono,
ovunque,
“mostri”
di
ogni
segno:
culturale,
sociale,
politico,
economico,
religioso…
Renato Piccini
25
maggio
2018
5
Intervista a Rafael Diaz-Salazar, Exodo febbraio 2018