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La

Comunicazione

Efficace

in

Famiglia
(Venirsi Incontro Senza Armi)

Max Formisano Training Coaching & Consulting


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Fabio Vona

La Comunicazione Efficace in Famiglia


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Guida pratica
per capire
i meccanismi
delle
incomprensioni
di tutti
i giorni

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“Dopo il mio lungo girovagare per il mondo,
posso affermare con certezza assoluta
che il più bel viaggio che io abbia mai fatto
è stato tra i sorrisi dei miei cari…”

Fabio

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INDICE

Introduzione …pag. 4

La Famiglia …pag. 5

Boa o Cappello? …pag. 6

Elefante o Cosa? …pag. 8

Chi Ha Ragione? …pag. 9

La Comunicazione …pag. 9

I Sistemi Rappresentazionali …pag. 13

Elaborazione …pag. 16

La Comunicazione Sana …pag. 18

Con Chi Parlo? … pag.19

Cosa è Importante … pag. 20

La Giara …pag. 21

Gestione …pag. 23

Il Potere delle Parole …pag. 24

Bibliografia …pag. 26

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INTRODUZIONE

Nella vita familiare di tutti noi c’è stato un momento in cui avremmo voluto
dire qualcosa ma non siamo riusciti a trovare le parole, il modo od il
momento giusto per farlo.

Alcune volte, invece, vorremmo essere compresi meglio dai nostri cari
evitando quei futili diverbi che logorano l’affetto che abbiamo verso di loro.

Questa dispensa si pone l’obiettivo di darvi libero e pratico accesso a degli


strumenti pratici ed a degli argomenti su cui ragionare per avere una
comunicazione più efficace e tranquilla con tutte le persone a voi vicine.

Leggere aumenta il nostro sapere ma è la pratica che aumenta il nostro saper


fare perciò buona lettura e buona pratica a tutti.

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LA FAMIGLIA

La famiglia è quel piccolo mondo da cui veniamo che ci protegge,


distrugge, coccola, graffia, sorride, morde, cerca, ferisce, accoglie, offende,
osanna, umilia, cresce, rattrista, riscalda, nutre, istruisce ed aiuta in fin dei
conti è il luogo dove torniamo sempre a leccarci le ferite, il luogo da dove
vogliamo fuggire per poi poterne creare uno tutto nostro, il luogo dove parte
del nostro io continua ancora a vivere.

Ogni membro nella famiglia ha un suo ruolo ed una posizione nella scala
gerarchica; in questo micro sistema tutto è sempre in evoluzione pur
restando com’è.

Essa è il nostro primo approccio con il mondo che volenti o nolenti ci


porteremo dietro per sempre; ci viene assegnato un ruolo alla nascita che
dovremmo poi rispettare ed una possibilità di poter dimostrare che cosa
siamo in grado di fare che dovremmo sfruttare.

La famiglia più piccola è formata semplicemente dalla coppia che per


rendere la cosa più interessante e piena d’amore decide d’allargare il cerchio
con uno o più figli; si ritengono parte del nucleo familiare anche gli animali
domestici.

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Questo micro sistema in ogni sua forma e grandezza vive di comunicazione
continua e costante, milioni di parole, versi, suoni, smorfie, gesti ed altro
che vengono usati, copiati ed interpretati da ogni membro in modo diverso
perché pur vivendo nello stesso ambiente e scambiandosi esperienze, alcune
delle quali fatte in comune, ognuno elabora le informazioni secondo un
proprio schema; questo avviene anche nel caso dei gemelli.

Noi percepiamo la realtà con i cinque sensi: vista, udito, gusto, olfatto e
tatto; con essi filtriamo tutto quello che ci accade creandoci così una realtà
tutta nostra che sarà diversa perfino dalla realtà di un altro familiare perché
ognuno di noi vive le proprie esperienze dando la prevalenza più a dei sensi
invece che ad altri.

BOA O CAPPELLO?

Una semplice domanda: Cosa rappresenta per voi la figura sottostante?

“Mostrai il mio capolavoro alle persone grandi, domandando se il disegno


li spaventava.
Ma mi risposero: “ Spaventare? Perché mai, uno dovrebbe essere
spaventato da un cappello?” .
Il mio disegno non era il disegno di un cappello.
Era il disegno di un boa che digeriva un elefante.
Affinché vedessero chiaramente che cos’era, disegnai l’interno del boa.
Bisogna sempre spiegargliele le cose, ai grandi.”
(Il Piccolo Principe - A.M.R. de Saint Exupéry)

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In questo esempio è molto facile dedurre come i bambini abbiano una
visione diversa delle cose rispetto agli adulti ed allora chi ha ragione tra i
due?

Secondo il proprio punto di vista ognuno ha ragione ed è vero!

Ognuno di noi porta con se un bagaglio d’esperienza che assieme ai cinque


sensi gli fa analizzare il mondo in modo diverso dagli altri, quindi,
immaginate che scompiglio si crea in famiglia dove tutto dovrebbe esser
standardizzato secondo delle linee guida ed invece è il luogo dove ognuno
vuol far valere le proprie perché tutti vorrebbero imporre agli altri la loro
visione della realtà.

Ogni rappresentazione individuale della realtà in PNL (Programmazione


Neuro-Linguistica) viene chiamata mappa mentre la realtà stessa, dalle
multiple interpretazioni, viene chiamata territorio.

Uno degli assiomi della PNL è: la mappa non è il territorio; ovvero, tutti
hanno una loro visione della realtà, detta mappa, che credono sia giusta ma
in verità non esiste una mappa super partes che sia esatta perché la realtà
stessa, detta territorio, è del tutto soggettiva dato che ognuno la vive in un
modo unico.

Tutti noi, perciò, abbiamo una mappa esatta del territorio ma per poter
capire gli altri, e quindi la loro mappa, dovremmo entrare in essa per poter
aumentare le informazioni a nostra disposizione dando così a noi stessi la
possibilità dall’allargare la nostra.

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ELEFANTE O COSA?

Un classico esempio per far capire la mappa non è il territorio è dato dalla
storia orientale dei sei ciechi che vogliono scoprire cos’è un elefante.

I ciechi toccando soltanto una parte dell’animale credono d’aver capito


come esso sia fatto ma confrontandosi tra di loro scoprono che ognuno ha
una risposta diversa e le affermazioni d’uno appaiono all’altro insensate
creando così dei diverbi interminabili su chi abbia ragione.

La morale di questa storia è che bisogna avere una visione più ampia
possibile della realtà senza accontentarsi dei singoli aspetti, come fanno i sei
ciechi, ma metterli tutti in relazione tra loro per aumentare le informazioni a
disposizione della nostra mappa.

Fermarsi su un solo particolare ti porta a conoscere perfettamente tutte le


righe della zampa dell'elefante ma non vedrai mai l’animale intero anzi non
saprai mai dell’esistenza di un tale essere.

Il nostro approccio con il mondo è lo stesso dei sei ciechi e capire che
esistono sempre altri punti di vista ci deve far ragionare e comprendere che
bisogna essere più flessibili nella vita sia con chi ha un’esperienza pregressa
grande (compagna/o, genitori, nonni) che con chi sta scoprendo il mondo un
minuto alla volta (figli, nipoti, fratelli, sorelle).

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CHI HA RAGIONE?

L’argomento la mappa non è il territorio, che stiamo trattando, anche se


sembra semplice ed a volte futile è la base di tutte le nostre incomprensioni;
per esser sicuri che ognuno abbia la possibilità di poterlo comprendere nel
modo migliore terminiamo la spiegazione con un ultimo esempio:

Secondo voi chi ha ragione?

Tutti.

L’importante è alzarsi e fare il giro del tavolo per cercare di capire le cose
secondo il punto di vista degli altri; questo atteggiamento migliora la
comunicazione dando ad ognuno la possibilità di poter spiegare meglio la
propria opinione senza perdersi in inutili e logoranti diverbi.

LA COMUNICAZIONE

Comunicare: dal latino communicare (render comune) che deriva da


communis (comune); rendere comune, far parte ad altri di ciò
che è proprio; far altri partecipi d’una cosa.

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Comunicazione: dal latino communicatio; rendere partecipe qualcuno d’un
contenuto mentale o spirituale, di uno stato d’animo, in un
rapporto spesso privilegiato od interattivo.

Come si evince da queste definizioni interagire con qualcuno significa


condividere con esso pensieri, parole, gesti ed emozioni.

Quando si comunica qualcosa ad una o più persone stiamo dando ad esse la


possibilità di mettere un piede nel nostro mondo perché ognuno di noi ha un
suo unico ed esclusivo modo di comunicare dettato dalla propria mappa
quindi, con essa, stiamo dicendo qualcosa di noi stessi dando anche modo
agli altri di poterci in parte interpretare.

“Non si può non comunicare”


(Primo assioma della comunicazione di Paul Watzlawick)

Questa frase è più vera che mai ed una volta spiegato il perché vi sarà più
chiara anche l’affermazione che la precede.

La comunicazione si suddivide in tre livelli o canali:

Verbale: l’insieme delle parole, versi e suoni che


pronunciamo con la nostra bocca.

Paraverbale: il come esponiamo il verbale ovvero tutti i


parametri della voce, dei suoni e dei versi
come il tono, il volume, il ritmo, le pause,
la velocità, il timbro, ecc…

Non Verbale: ciò che vediamo ovvero i gesti, la mimica


facciale, gli sguardi, gli atteggiamenti, la
postura, il look, la prossemica, ecc…

Come si può facilmente intuire ogni cosa di noi comunica con il resto del
mondo che ci circonda, per questo il più delle volte nelle famiglie si
sviluppano dei veri e propri linguaggi unici formati da gesti, parole o suoni
che hanno per loro un significato ben definito mentre altre nessuno.

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Secondo alcuni studi effettuati dal Albert Mehrabian, presso la scuola di
Palo Alto in California, nei primi minuti di comunicazione con una persona,
spesso anche in quelli seguenti, noi ci esprimiamo e recepiamo i tre livelli
della comunicazione in queste percentuali:

La nostra comunicazione è formata da:

- Contenuto: cosa comunichiamo;


tutto ciò che esprimiamo attraverso il canale Verbale.
- Forma: come comunichiamo;
tutto ciò che esprimiamo attraverso il canale Paraverbale e
quello Non Verbale.

CONTENUTO FORMA
PARAVERBALE - 38%
VERBALE - 7% +
NON VERBALE - 55%

Si può, quindi, affermare che l’efficacia di ciò che diciamo dipende al 93%
dal modo in cui lo diciamo ed è per questo semplice motivo che a volte con
una stessa parola possiamo dare sia gioia che tristezza a un nostro caro a
seconda delle circostanze.

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Riguardo al come si dicono le cose a volte nella comunicazione si
sottovaluta l’importanza della prossemica ovvero del gioco delle distanze
che facciamo con chi interagiamo; in ambito familiare spesso anche alcuni
centimetri hanno una grande importanza.

Quando comunichiamo con qualcuno sarebbe meglio evitare d’interporre


oggetti (tavolo, sedie, ecc…) tra noi e l’interlocutore, altroché si faccia
intenzionalmente per creare distacco, perché dando campo libero alla nostra
intera figura diamo modo di far arrivare tutto il nostro Non Verbale alla
persona con la quale stiamo interagendo ed inoltre si possono ridurre al
meglio le distanze con essa al momento opportuno.

Il termine prossemica fu introdotto dall'antropologo Edward T. Hall nel


1963 per indicare lo studio delle relazioni di vicinanza nella comunicazione
interpersonale; essi osservando che la distanza sociale tra le persone è
stabilmente in relazione con la distanza fisica, ha definito e misurato
quattro zone interpersonali:

- La Distanza Intima (15-45 cm) a cui ci si abbraccia, ci si tocca e si parla


sottovoce; la distanza d’un avambraccio.
- La Distanza Personale (45 - 120 cm) per l'interazione tra cari amici; la
distanza di un braccio teso.
- La Distanza Sociale (1,2 - 3,5 metri) per la comunicazione tra conoscenti;
due distanze personali vicine ovvero
la distanza di due braccia tese.
- La Distanza Pubblica (oltre i 3,5 metri) per le pubbliche relazioni; parlare
in pubblico o da un palco senza
alcuna interazione con gli altri.

DISTANZA DISTANZA DISTANZA DISTANZA


INTIMA PERSONALE SOCIALE PUBBLICA

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I SISTEMI RAPPRESENTAZIONALI

Come è stato già accennato ognuno di noi filtra il mondo che lo circonda
con i propri cinque sensi, chiamati anche sistemi rappresentazionali; essi,
secondo gli studi della PNL, vengono suddivisi in tre sistemi o gruppi:

V A K
VISIVO UDITIVO CINESTESICO
(AUDITIVO)
GUSTO
OLFATTO
VISTA UDITO TATTO
SENSAZIONI CORPOREE

Seppur utilizziamo tutti i sensi è stato scoperto che ognuno di noi


inconsciamente ne predilige uno e ciò dipende anche da cosa stiamo
facendo; il senso prescelto viene chiamato sistema primario.

“Abbiamo scoperto anzitutto che, per la maggior parte, gli individui


possiedono un sistema rappresentazionale che valutano di più e che usano
più d’ogni altro per organizzare la loro esperienza, e che tale sistema può
essere rapidamente individuato ascoltando i predicati (aggettivi, avverbi,
verbi) che ciascuno di noi usa quando parla”
(Richard Bandler & John Grinder)

L’individuazione del sistema primario ci aiuta a poter parlare la stessa


“lingua” della persona che sta interagendo con noi in modo tale da poter
avere una comunicazione più efficace e povera d’incomprensioni.

Un esempio (enfatizzato) può essere:

FLAVIO: Tutto questo non mi suona bene… Mi ascoltate? Perché non


sentite mai una parola di quello che vi dico?
CARLA: Il problema è che non parli chiaro! Comunque hai mai pensato

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che non esiste soltanto il tuo punto di vista?
GIULIO: Ragazzi! Se la smettete di graffiarvi con parole dure potreste
afferrare il nocciolo del mio discorso o la questione non vi tocca?

Capita, quindi, che per alcune persone un discorso è “chiaro”, per altri
“suona bene” ed che altri ancora “l’abbiano afferrato”.

L’azione giusta degli interlocutori è quella di comprendere anche le altre


“lingue” (il Carlese, il Flaviese ed il Giuliese) semplicemente individuando
il sistema primario della persona con la quale stanno interagendo.

Capire e spiegarsi con il sistema primario del nostro interlocutore è il primo


passo per comprendere la sua mappa e fargli intendere meglio la nostra.

Ecco un semplice schema per poter allargare la vostra mappa:

S.R. VERBALE PARAVERBALE NON VERBALE

Chiaro, scuro, lampante, Gestualità evidente e


radioso, immagine, Parla velocemente “centrifuga”

V quadro, brillante,
osservare, guardare,
vedere, mostrare, visione,
focalizzare, ecc…
Poche pause
Volume alto
Tono acuto
Linguaggio improprio
Postura eretta
Respirazione veloce e
superficiale
Occhi verso l’alto

1) Armonioso Gestualità poco evidente


Ascoltare, dire, oppure ad altezza orecchie e

A armonioso, stonato,
melodioso, sentire,
armonia, suona, versi vari,
ecc…
2) Diapason
Mono-tono

Ricerca delle parole


bocca o a “direttore
d’orchestra”
Tendenza ad avere il capo
chinato
Respirazione regolare

Gestualità poco marcata e


Toccare, sentire, pesante, Parla lentamente “centripeta”

K concreto, freddo, duro,


arido, emozionante,
tenero, dolce, sfuggente,
solido, frizzante, ecc…
Molte pause
Volume basso
Tono basso
Spalle basse
Respirazione lenta e
profonda
Occhi verso il basso

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Naturalmente nessuno di noi è il semplice frutto d’una griglia o di un solo
sistema rappresentazionale ma l’unione di queste informazioni ci porta
molto vicino alla “lingua” del nostro interlocutore.

Come è possibile?

Si può fare evitando di standardizzare, ovvero rendere uguali, tutte le


persone e con l’essere flessibili su ogni loro argomento proposto perché sarà
stato vissuto con modalità diverse da tutti gli altri che vi racconterà.

Alcuni studi neurologici ci han permesso d’avere a disposizione un altro


modo per individuare i sistemi rappresentazionali; con essi si è scoperto che
determinati movimenti oculari attivano specifiche zone del cervello
facendolo lavorare per immagini, suoni o emozioni.

Ogni sistema rappresentazionale, quindi, ha dei suoi movimenti oculari


d’accesso, detti LEM (Lateral Eyes Movements), che ne determinano anche
l’intenzione.

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Vc: Visivo Costruito (immagini che creiamo)
Vr: Visivo Ricordato (immagini che ricordiamo)
Ac: Auditivo Costruito (suoni, rumori, parole che creiamo)
Ar: Auditivo Ricordato (suoni, rumori, parole che ricordiamo)
K: Sensazioni
Ai: Auditivo Interno/Digitale (il nostro dialogo interno)
K/V: Sinestesia (sensazioni legate ad immagini)
V/K: Sinestesia (immagini legate a sensazioni)
Visivo Sfocato: indica un processo di visualizzazione in atto od un misto
formato da alcuni sistemi rappresentazionali

Ora con questi pochi strumenti potrete esercitarvi a tentar di capire che
“lingua” vi sta parlando il vostro familiare per poterlo comprendere al
meglio.

Attenzione! Comprendere non significa classificare gli altri dicendogli “tu


sei visivo”, “tu sei auditivo”, ecc… ma semplicemente ascoltare con più
attenzione.

ELABORAZIONE

Tutte le informazioni che filtriamo attraverso i nostri sensi subiscono una


elaborazione affinché possano essere meglio incamerate nella nostra mente.

Questo particolare processo viene effettuato con tre metodi:

Cancellazioni: selezioniamo per non sovraccaricarci.


Distorsioni: rendiamo le cose più comode a noi con
l’aiuto della fantasia.
Generalizzazioni: creiamo regole per incamerare più
facilmente le grandi informazioni.

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Naturalmente i tre metodi, che abbiamo forgiato con le nostre esperienze e
che vengono applicati inconsapevolmente e contemporaneamente, ci danno
una personale interpretazione della realtà dando così origine alla nostra
mappa.

Le informazione che ogni persona vuole comunicarci non vengono mai


espresse correttamente al 100% e noi ne recepiamo soltanto una parte,
grazie ai nostri filtri; di quella parte che recepiamo ne ricorderemo soltanto
l’essenza.

Dato che nel comunicare c’è una grossa perdita d’informazioni bisogna dare
grande importanza all’ascolto attivo, ovvero a quel modo d’ascoltare vero
che fa sentire l’interlocutore come l’unica cosa al mondo di fronte ai nostri
occhi, che fa capire ad esso che lo stiamo seguendo nei suoi ragionamenti
con cenni ed assensi e che,dando importanza a ciò che dice, ci permette di
prendere più informazioni possibili dal suo discorso potendolo così capire
meglio.

“Gli uomini hanno due orecchie ed una sola bocca perché dovrebbero
ascoltare il doppio di quanto parlano”
(Franklin Delano Roosvelt)

Se la nostra comunicazione è stata efficiente lo capiremo dal riscontro,


detto feedback, datoci dal nostro interlocutore; se la comunicazione non è
stata buona la colpa è del comunicatore perché avrebbe potuto scegliere una
“lingua” o un efficacia migliore per poter interagire.

Un buon metodo per riscontrare se avete capito bene ciò che il comunicatore
vi sta dicendo è quello di parafrasare, ovvero ripetere con parole proprie, il
suo discorso; facendo così mostrerete d’aver interesse per ciò che vi dice e
se la vostra parafrasi contiene degli errori verrete corretti in modo del tutto
socievole.

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“Chi domanda comanda”, si usa dire in comunicazione, però ricordate bene
che le domande vanno dosate e fatte al momento giusto; domande chiuse,
ovvero che comportano una risposta “a bivio” (sì/no, o… o…, ecc…) non
sempre sono adatte perché potrebbero mettere troppo sotto pressione il
vostro interlocutore, altroché sia un’azione voluta; domande aperte, ovvero
che lasciano ampio margine di risposta e d’interpretazione a volte, invece,
risultano essere troppo dispersive; una domanda che nella PNL si usa spesso
e che ne racchiude un vasto gruppo è: “cosa intendi per…?”; questo genere
di domande ci aiuta principalmente a lottare contro le cancellazioni, le
distorsioni e le generalizzazioni facendo tornare alla mente informazioni
importanti scartate nel filtraggio.

LA COMUNICAZIONE SANA

Alcune delle cose che abbiamo scoperto nei capitoli precedenti vengono
racchiuse in un semplice schema chiamato il tempio della comunicazione:

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Ricordate che ci sono intenzioni positive dietro ogni comportamento
anche se a volte sembra davvero difficile crederlo; per esempio dietro un
atteggiamento molto scortese a volte si può celare un tentativo d’attirare
semplicemente l’attenzione su di sé.

Per avere una comunicazione efficace, comunque, non può mancare


l’accettazione dell’altro, ovvero ciò che Eric Berne, fondatore dell’Analisi
Transazionale, ha espresso con la formula “Io sono OK, tu sei OK”.

Un metodo per essere accettati in tempi molto brevi dal proprio


interlocutore è creare empatia; l’empatia è data dalla calibrazione, ovvero
l’osservazione dei tre livelli di comunicazione della persona con cui sto
interagendo, più il ricalco, ovvero la riproduzione della forma e non del
contenuto della comunicazione del mio interlocutore; le persone che
comunicano in modi simili entrano subito in sintonia ricevendone un
benessere emotivo in comune.

CON CHI PARLO?

Secondo Eric Berne ogni comunicazione avviene su due livelli che si


influenzano reciprocamente: il contenuto e la forma; essi sono espressi dal
Verbale e dal Non Verbale e devono essere in piena coerenza altrimenti ci
sarebbe una contraddizione; egli afferma anche che ciascuno di noi è libero
e responsabile dei propri comportamenti.

L'Analisi Transazionale divide la nostra personalità in tre stati principali con


delle variazioni; i tre stati dell'Io sono:

Genitore (Affettivo - Critico)


Adulto
Bambino (Adattato - Libero - Ribelle)

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Ogni stato dell'Io ha connotazioni positive e connotazioni negative:

Lo stato Genitoriale Critico, nella sua accezione positiva, guida, insegna e


offre regole e valori, lo stato Genitoriale Critico, nella sua accezione
negativa, impone, rimprovera, punisce, critica.

Lo stato Genitoriale Affettivo, mentre nella sua accezione positiva, cura e


incoraggia, nella sua accezione negativa si sostituisce e condiziona il suo
affetto ad un avere.

Lo stato Adulto, nella sua accezione positiva, vive oggettivamente la realtà,


non drammatizza l'errore e decide in base a ciò che è noto, invece, nella sua
accezione negativa trascura le emozioni e non si cura dei rapporti
interpersonali.

Il Bambino Adattato positivo, accetta le regole, collabora e agisce per farsi


accettare, il Bambino Adattato negativo, si sottomette alle regole, si
compiange e subisce per farsi accettare.

Il Bambino Libero positivo si esprime in tutto liberamente, mostrandosi


apertamente, il Bambino Libero negativo è cinico.

Il Bambino Ribelle positivo ha spirito d'iniziativa, il Bambino Ribelle


negativo è “Bastian Contrario” per principio.

La parte Genitoriale dell'Io è dove sono custodite le esperienze e gli esempi,


la parte Adulta è dove si elaborano le informazioni, la parte Bambino dell'Io
è dove è racchiusa la spontaneità e l'emotività.

Tentiamo, quindi di capire sempre con chi stiamo parlando in modo tale da
poter interagire con esso nel modo più efficace.

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COSA E’ IMPORTANTE

Cosa è importante per noi è stato definito da Robert Dilts, studioso di PNL,
nella seguente scala di sei livelli:

Il livello più alto, ovvero quello della Spiritualità racchiude la nostra fede e
la nostra appartenenza a dei gruppi come ad esempio la famiglia; è per
questo che se qualcuno all’interno della famiglia ci attacca ci fa più male,
proprio perché ha un livello d’importanza maggiore a noi stessi; per lo
stesso motivo ci arrabbiamo più facilmente per insulti ed attacchi rivolti ai
nostri familiari di quando sono rivolti a noi.

Per la stessa teoria d’importanza quando uno dei vostri cari sbaglia non
prendetevela con la persona (identità) ma con il suo comportamento così
eviterete un forte contrasto ed una lite furibonda per una sciocchezza.

Esempio:

Errato GIULIA: Marco, questa sera sei stato uno stupido!

Giusto GIULIA: Marco, questa sera ti sei comportato da stupido!

Quando si sgrida una persona sul suo essere è come se gli si dicesse che è
una persona sbagliata quindi sarà naturale che essa reagirà in modo forte e
contrario mentre se la riprendiamo per un suo comportamento essa avrà la
possibilità, analizzando la vostra opinione, di poterlo cambiare.

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Un metodo utilizzato da alcuni manager efficienti è quello di una sincera
sgridata di un minuto, completa di motivazioni valide, sul comportamento
di chi ha sbagliato e di una altrettanto sincera rassicurazione di un minuto
sulla stima ed il bene che si prova verso la persona; naturalmente quando si
fa qualcosa di giusto a tutti fa piacere avere una bella lode di un minuto.

LA GIARA

Una mattina un professore si presentò davanti ai suoi studenti con una


grossa giara di vetro trasparente e, dopo aver inserito alcune grosse pietre
all’interno di essa fino a riempirla, chiese loro cosa vedessero.

La pronta risposta fu:


“Una grossa giara di vetro piena di pietre”.
Il professore rispose aggiungendo della ghiaia nella giara e domandò di
nuovo che cosa vedessero ora.

I ragazzi aggiunsero nuovamente:


“Una grossa giara di vetro piena di pietre e di ghiaia, più piena di prima”.
A questo punto il professore riempì la giara di sabbia fine e riformulò la
solita domanda.

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I ragazzi, incuriositi, indugiarono nella risposta, aspettandosi,
probabilmente, un’altra sorpresa; in ogni caso dissero:
“Vediamo una grossa giara probabilmente piena di pietre, ghiaia e sabbia
ma, forse, colmabile con dell’acqua”.
Così avvenne.
Il professore aggiunse quindi dell’acqua e domandò quale fosse, secondo
loro, il senso della dimostrazione.

Immediatamente un ragazzo intervenne e rispose:


“Il senso è chiaro. Non si può mai essere sicuri di una cosa fatta perché è,
in ogni caso, migliorabile”.
L’insegnate accreditò la risposta sottolineandone l’importante significato ai
fini della loro motivazione alla costante ricerca di miglioramento ma, allo
stesso tempo li deluse evidenziando così:
“Ciò che dite è certamente corretto ed importante ma una cosa è ben più
importante: avreste forse potuto aggiungere le prime grosse pietre nella
giara se prima aveste inserito ghiaia, sabbia o altro?”
I ragazzi, visibilmente colpiti risposero di no.
L’insegnate, quindi, concluse:
“Le grosse pietre sono i vostri obiettivi più importanti, sono le vostre vere
priorità. Se non vi preoccupate fin da subito a mettere le pietre grosse nella
giara della vita, non potrete più farlo e, forse, qualcun altro le metterà al
posto vostro!”

Questa storia dalle molteplici interpretazioni ci fa capire come sia


importante comunicare “grosse pietre” ai nostri cari prima che lo faccia

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qualcun altro; non riempiamoci la vita di discorsi inutili senza pensar prima
a ciò che sia davvero importante dire.

Le parole esprimono il nostro modo di vedere il mondo, le nostre


convinzioni ed i nostri valori; dato che non si può non comunicare, i nostri
cari recepiscono ogni nostra comunicazione però, come abbiamo già
spiegato, ognuno di noi ha una mappa diversa della realtà perciò non
perdiamo tempo e facciamo capire ai nostri cari che loro sono già nella
nostra giara.

GESTIONE

Il micro sistema famiglia nasce con un gesto imprenditoriale di due persone


che vogliono investire nell’amore.

In questa piccola società non sempre il ruolo del leader di ruolo coincide
con il leader riconosciuto; mediamente nelle famiglie italiane il leader di
ruolo è il padre mentre il leader riconosciuto è la madre.

Alcune volte, invece, in questa piccola società prendono piede i manager e


questo si nota ad esempio quando i figli realizzano i sogni dei genitori e non
i propri.

“Il management è fare le cose bene; leadership è fare le cose giuste”


(Peter Drucker - Walter Bennis)

Leader di Ruolo: guida riconosciuta per la sua posizione gerarchica.

Leader Riconosciuto: guida acclamata anche tra pari per le sue qualità da
Leader. Ha la capacità di saper essere, è coerente tra
ciò che dice e ciò che fa, pianifica, crea strategie,
pensa al futuro e le sue risorse sono le persone le
quali valorizza.

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Manager: è un esecutore, pensa a far bene, al qui ed ora, al rispetto dei
tempi, ha la capacità di saper fare, usa le attività come risorse e
non le persone.

Si evince, quindi, che in famiglia sarebbe meglio essere sia Leader che
Manager anche se nel rapporto diretto con i familiari la figura migliore è
quella del Leader perché oltre al valorizzare le persone è anche un grande
comunicatore sia di parole che di coerenza.

IL POTERE DELLE PAROLE

“C’era una volta un ragazzo con un pessimo carattere.


Suo padre gli dà un sacchetto pieno di chiodi e gli dice di piantarne uno
nella palizzata del giardino ogni volta che perde la pazienza e/o che
bisticcia con qualcuno.

Il primo giorno ne pianta 37 nella palizzata del giardino.


Le settimane seguenti, impara a controllarsi e i numeri dei chiodi piantati
nella palizzata diminuisce di giorno in giorno: scopre che è più facile
imparare a controllarsi che piantare i chiodi.
Finalmente, arriva il giorno in cui il ragazzo non pianta nessun chiodo
nella palizzata.
Allora va dal padre e gli dice che oggi non ha avuto bisogno di piantare
nessun chiodo.
Suo padre allora gli dice di levare un chiodo dalla palizzata per ogni giorno
che riesce a non perdere la pazienza.

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I giorni passano e finalmente il ragazzo può dire al padre che ha levato tutti
i chiodi dalla palizzata.
Il padre conduce il figlio davanti alla palizzata e gli dice:
“Figliolo, ti sei comportato bene ma guarda quanti buchi hai lasciato nella
palizzata…
Non sarà mai più come prima!
Quando litighi con qualcuno e gli dici delle cose cattive gli lasci delle ferite
come queste.
Puoi infilzare un uomo con un coltello e poi pentendotene toglierlo ma gli
lascerai sempre una ferita…
Poco importa quante volte ti scuserai, la ferita rimarrà!
Ricorda, una ferita verbale fa altrettanto male di una fisica!”

“Viviamo in un mondo fatto di discorsi”


(Rafael Echeverria)

Ricordate sempre il potere delle parole e l’importanza che avete per i vostri
cari.

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BIBLIOGRAFIA
A Che Gioco Giochiamo
Eric Berne
Bompiani

Dispense Master Formazione Formatori


Max Formisano T.C.C.
I Livelli di Pensiero
Robert Dilts
NLP Italy

I Modelli della Tecnica Ipnotica di Milton H. Erickson


Richard Bandler & John Grinder
Astrolabio

Il Manager di Successo in Sette Mosse


F. Pirovano – G. Granchi
Sperling & Kupfer

Introduzione alla PNL


Jerry Richardson
NLP Italy

Io Sono OK Tu Sei OK
Thomas A. Harris
BUR

One Minute Manager


Kenneth Blanchard – Spencer Johnson
Sperling & Kupfer

Vocabolario della Lingua Italiana


Giovanni Treccani
Istituto della Lingua Italiana
www.wikipedia.org
L’enciclopedia Libera

www.etimo.it
Dizionario Etimologico Online

www.matitarob.it
L’immagine della famiglia

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