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Flavia Franconi
Simona Montilla
Stefano Vella
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Farmacologia
di Genere

Società Italiana di Farmacologia


SEEd srl declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio delle informazioni con-
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tenute nel presente volume; declina inoltre ogni responsabilità derivante da errori sempre
possibili, nonostante attenta e ripetuta correzione delle bozze. Tali informazioni non devono
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essere utilizzate o interpretate come ausilio diagnostico e/o terapeutico e non devono esse-
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re intese come sostitutive del consulto del medico.


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Tel. 011.566.02.58 – Fax 011.518.68.92
www.edizioniseed.it
info@edizioniseed.it

ISBN 978-88-8968-884-7

Prima edizione novembre 2010


Tutti i diritti riservati
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Si ringrazia il progetto strategico “Salute della Donna” Ricerca


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Finalizzata 2008 del Ministero del Lavoro, della Salute e delle


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Politiche Sociali. Si ringraziano, inoltre, il Professor Guido Rasi


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e l’Agenzia Italiana del Farmaco e, in particolare, il Dottor Paolo


Daniele Siviero e il Centro Studi, e, per i dati cortesemente for-
niti, l’Ufficio di Farmacovigilanza e l’OsMed. Infine si ringraziano
le Dottoresse Ilaria Campesi, Roberta Addis, Manuela Sanna,
Adriana Galistru per l’aiuto editoriale e il Gruppo Italiano Salu-
te e Genere (GISEG; www.giseg.org) che, insieme alla Società
Italiana di Farmacologia e alla Società Italiana per la Salute e
Medicina di Genere, hanno costantemente sostenuto tutte le
iniziative per promuovere la cultura di genere.
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Sommario
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Presentazione 7
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Introduzione 9
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Premessa 11

1. 3
Cecità di genere 1

2. 9 Pregiudizio di genere e studi randomizzati e controllati 1


2.1. Considerazioni generali 19
2.2. Arruolamento 21
2.3. Analisi di genere 23
2.4. Prospettive 24

3. differenze
Consumo di farmaci: di genere 27

4. Elementi di differenze di genere farmacocinetiche


e farmacodinamiche 37
4.1. Elementi di differenze di genere farmacocinetiche 37
4.2. Elementi di differenze di genere farmacodinamiche 43

5. diElementi farmacoterapia di genere 49


5.1. Farmaci per le malattie cardiovascolari 49
5.2. Antiaggreganti, trombolitici e anticoagulanti 70

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Farmacologia di Genere

5.3. Farmaci del sistema nervoso centrale 77


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5.4. Antibiotici 86
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5.5. Farmaci per la cura dell’HIV 89


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5.6. Criticità delle classi di farmaci genere-specifici per la donna:


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la terapia ormonale sostitutiva (TOS) 98


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6. 5 Reazioni avverse ai farmaci: differenze di genere 10


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6.1. La segnalazione di sospette reazioni avverse in Italia 106


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6.2. Alcune reazioni avverse più comuni nella donna 111


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Bibliografia 115
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Glossario 147
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Indice analitico 157

Autori 159

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Presentazione

Le più recenti acquisizioni scientifiche nell’ambito della medicina


molecolare, e in particolare della farmacogenetica, hanno posto il
problema dell’individualizzazione della terapia. Conseguentemente,
sono emerse nuove problematiche relative al disegno sperimentale
riguardante la farmacoterapia e la valutazione dei risultati degli studi
di farmacologia clinica.
Accanto alla farmacogenetica, altre problematiche, importanti
nella valutazione della risposta ai farmaci in termini sia di risposta
terapeutica sia di reazioni avverse, sono emerse all’attenzione degli
sperimentatori e degli operatori sanitari, quali ad esempio: le diffe-
renze riscontrabili nell’anziano, nel bambino/adolescente (e comun-
que in campo pediatrico), e infine le differenze di genere tra uomo
e donna.
È chiaro dunque come gli studi di farmacoterapia debbano tenere
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conto, oltre che degli aspetti farmacogenetici, anche di tutte queste


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variabili che tanto incidono sulla risposta ai farmaci, curando con par-
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ticolare attenzione, ad esempio, l’arruolamento di congrui numeri di


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donne negli studi clinici e definendo quindi nuovi criteri atti a proget-
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tare un corretto disegno sperimentale.


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Farmacologia di Genere

In particolare, sempre di più si avverte la necessità di considerare


debitamente tutte le osservazioni che evidenziano come nel campo
della salute le differenze di genere stiano sempre più emergendo e
riguardino tutti i campi della medicina, inclusa la terapia farmacologi-
ca, anche se specifici studi genere-mirati non sono certamente stati
molto frequenti negli anni passati.
Questa monografia ha lo scopo di mettere in evidenza le più impor-
tanti problematiche relative alla Farmacologia di Genere tramite la
trattazione degli aspetti farmacocinetici e farmacodinamici che con-
dizionano l’azione dei farmaci, così come la rilevanza del “genere”
quale fattore di rischio per le reazioni avverse.
La giusta considerazione di tutte queste tematiche potrà certamen-
te giovare a un più corretto approccio terapeutico e quindi al migliora-
mento della salute.

Carlo Riccardi
Presidente della Società Italiana di Farmacologia
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Introduzione

Gli uomini e le donne, pur essendo soggetti alle medesime pato-


logie, presentano sintomi, progressione delle malattie e risposte ai
trattamenti molto diversi tra loro. Ciò è dovuto non solo a differenze
biologiche, nel sistema riproduttivo e nel sistema ormonale, ma anche
a tutte quelle variabili determinate dall’ambiente, dal tipo di società,
dall’educazione, dalla cultura e dalla psicologia dell’individuo. Le ma-
lattie cardiovascolari, il diabete, l’obesità, il carcinoma del polmone,
l’osteoporosi, le malattie infettive, i disturbi dell’umore e del sistema
immunitario sono le aree in cui si annoverano le maggiori differenze.
La ricerca scientifica in passato ha trascurato l’influenza del gene-
re sulla fisiologia, sulla fisiopatologia e sulle caratteristiche cliniche
delle malattie umane. Solo di recente la medicina sta investigando
quali siano i meccanismi sottostanti a queste differenze e come la
diagnosi e il trattamento delle malattie possano variare in funzione
del genere.
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Le donne consumano più farmaci e li associano più frequentemen-


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te tra loro, sono soggette più spesso a reazioni avverse, molte volte
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più gravi di quelle degli uomini: eppure, le donne sono sottorappre-


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sentate nei trial clinici e subiscono protocolli di ricerca che non ten-
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gono conto della loro diversità. In questa monografia viene trattata,


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Farmacologia di Genere

per la prima volta in modo sistematico, l’influenza del genere nella


risposta ai farmaci, analizzando le differenze farmacocinetiche e far-
macodinamiche delle principali categorie farmacologiche.
Attraverso questa monografia si inizia a colmare una lacuna del
sapere scientifico contribuendo alla diffusione della cultura di genere
tra gli operatori sanitari. Una più ampia consapevolezza delle diffe-
renze di genere potrà suggerire approcci terapeutici più appropriati
in funzione della complessità della vita della donna e contribuire a
promuovere, ce lo auguriamo, politiche di promozione e tutela della
salute che tengano conto delle differenze di genere. L’obiettivo finale
è quello di migliorare lo stato di salute delle donne e degli uomini.

Daniela Melchiorri
Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia,
Università La Sapienza, Roma
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Premessa

Le donne sono le maggiori utilizzatrici di farmaci etici, con consumi


superiori del 20-30% rispetto agli uomini; a questo si aggiunge il fatto
che sono anche le maggiori consumatrici di integratori alimentari e ri-
medi botanici (circa il 40% in più). Ciò nonostante, i farmaci sono poco
studiati nelle donne perché sia gli studi clinici sia gli esperimenti pre-
clinici sono eseguiti prevalentemente su soggetti maschi e giovani. A tal
proposito è sufficiente rilevare che i grandi trial clinici relativi allo studio
di terapie per le malattie del sistema cardiovascolare non hanno mai
arruolato più del 26-36% di donne, rimanendo molto spesso, quindi, al
di sotto della potenza statistica necessaria a evidenziare differenze di
efficacia e di sicurezza dei farmaci sperimentati [Franconi, 2007].
Questo atteggiamento ha, quindi, determinato forti carenze nelle
conoscenze relative alla risposta ai farmaci. Solamente testando un
farmaco, o anche un presidio medico-chirurgico, nelle diverse catego-
rie di pazienti e con un campione sufficientemente rappresentativo è
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possibile raccogliere informazioni che possano anticipare le reali ca-


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ratteristiche di efficacia e di sicurezza in condizione d’uso sull’intera


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popolazione. Inoltre, il pregiudizio di genere spiega, almeno parzial-


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mente, la maggiore frequenza e gravità delle reazioni avverse nelle


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donne rispetto agli uomini [Franconi, 2007].


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Farmacologia di Genere

Per cercare di superare questo gap di conoscenze è nata la farma-


cologia di genere. La farmacologia di genere evidenzia se le risposte
ai farmaci sono diverse fra uomini e donne, considerando le variazio-
ni fisiologiche della donna, che avvengono in funzione della ciclicità
della vita riproduttiva, dell’età e dell’uso di associazioni estro-proge-
stiniche. È evidente che la farmacologia di genere deve non soltanto
individuare le differenze uomo-donna, ma anche tener conto che le
differenze di genere variano in base all’età o al particolare momento
della vita di una donna. Esiste infatti una molteplicità di donne (don-
na fertile con il suo ciclo mensile, donna che usa contraccettivi orali,
donna in gravidanza, donna in menopausa, ecc.), così come esistono
tipologie differenti di uomini, sulla base dell’età.
Pertanto, coerentemente con le raccomandazioni dell’Organizza-
zione Mondiale della Sanità [WHO, 2008] e della Commissione Eu-
ropea [European Commission, 2006] ci siamo proposti di diffondere,
attraverso questo volume, gli elementi della farmacologia di genere
per quanto riguarda sia la farmacocinetica sia la farmacodinamica.
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Sezione 1

Cecità di genere

F. Franconi, E. Catastini

“Essere uomo o essere donna” è importante dal punto di vista della


salute poiché i fattori causali e predisponenti, l’espressione clinica e
l’approccio terapeutico di una determinata patologia possono variare
sensibilmente a seconda del genere. Con il termine sesso si intendo-
no le differenze basate sulla biologia, mentre il genere è inteso come
l’insieme delle differenze basate sulla cultura. Quest’ultimo termine
deriva dal latino genus, generis, e ci piace ricordare che ciò è affine
a gignere – generare – ed è stato infatti usato nelle scienze sociali e
umanistiche sin dagli anni ’60 per descrivere come le diverse società
e culture interpretassero il sesso biologico, ovvero come gli atteggia-
menti socioculturali considerassero cosa è maschile e cosa è femmi-
nile. Il genere è pertanto un concetto più ampio rispetto al sesso.
Nel passato anche recente sesso e genere sono stati considerati
dicotomici e separati, tuttavia il progredire delle conoscenze ha evi-
denziato i nessi esistenti fra biologia, ossia il sesso, e cultura, ossia
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il genere.
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In medicina, una prospettiva di genere implica che le condizioni di


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vita, le posizioni della società e le aspettative sociali circa la femmini-


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lità e la mascolinità siano considerate accanto agli aspetti prettamen-


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te biologici. Ormai è ben accertato che l’ambiente e, quindi, la cultura


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Farmacologia di Genere

possono modificare i nostri geni. La rete di informazioni e comunica-


zioni prodotta dall’esperienza e dalla cultura è determinante quanto
la rete che lega fra loro le molecole e che presiede al funzionamento
dei sistemi biologici. L’ambiente, sia esso interno oppure esterno, in-
fluenza il comportamento dei geni e persino li modifica nelle carat-
teristiche ereditarie, nel corso delle generazioni, tramite accomoda-
mento o assimilazione genetica. Questo quadro porta a una nuova
e affascinante complessità dove, accanto alla classica competizione
darwiniana, entrano in gioco le interazioni e le cooperazioni e dove
l’importanza della diversità non è fonte di conflitto ma, al contrario, di
arricchimento del sistema.
Da questi presupposti è evidente che il genere comprende non
solo la cultura, ma tutta la complessa interazione tra fattori genetici
che caratterizzano il maschile e il femminile e l’ambiente che
interagisce con il genoma. Semplicemente si ricordino i cosiddetti
effetti attivazionali degli androgeni, degli estrogeni e del progesterone
che, insieme ad altri fattori, sono capaci di far funzionare in maniera
genere-specifica il codice genetico per rendere l’uomo e la donna
differenti nelle capacità di adattamento a stimoli esogeni ed endogeni
e, al tempo stesso, a determinare nei due sessi diverse vulnerabilità e
diverse risposte farmacologiche.
Gli avanzamenti della medicina affascinano tutti i giorni gli opera-
tori sanitari, siano essi uomini o donne; tuttavia permane una scarsa
conoscenza dell’influenza del genere sulla salute. La maggior parte
della ricerca che sta alla base delle strategie mediche è stata, in-
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fatti, condotta su uomini e su animali maschi. I risultati di tale ricer-


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ca sono poi traslati quotidianamente alle donne, riconoscendo una


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specificità al genere femminile solo in relazione alla riproduzione. In


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effetti, da Ippocrate fino all’ultima decade del secolo scorso, le donne


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sono state considerate dei “piccoli uomini”, tranne che per gli organi
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Cecità di genere

deputati alla vita riproduttiva. Quindi il corpo maschile è sempre stato


considerato la norma, trasferendo poi le conoscenze ad esso relative
al corpo femminile, creando così una sorta di cecità rispetto al genere
(gender blindness).
La cecità di genere ha prodotto una marcata carenza di identifi-
cazione e di riconoscimento delle differenze, non solo nella pratica
clinica, ma anche in quella educativa, estendendosi alla scelta delle
tematiche e al disegno delle ricerche. Persino le convenzioni sociali e
linguistiche hanno consolidato l’uso di un linguaggio neutrale, tramite
termini “a-sessuati” come “il medico” o “il paziente”, tramandando
concetti che tendono a oscurare tanto la rilevanza del sesso quanto
quella del genere nella società, nello sviluppo culturale e professio-
nale e nella salute, contribuendo in tal modo a rallentare il raggiungi-
mento della parità e dell’equità di genere.
Conseguentemente, nella ricerca biomedica e nella clinica fino alla
terapia sono state osservate e applicate differenze verso i due generi
non giustificabili sulla base delle conoscenze e che quindi sono in
contrasto con la logica della medicina basata sull’evidenza. Questo
si è generalmente e più frequentemente verificato con effetti nega-
tivi per la salute della donna, cosicché alcune patologie sono state
principalmente studiate nell’uomo: ne sono esempio le malattie del
sistema cardiovascolare e del sistema renale, le malattie virali come
l’AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome), il cancro del colon
retto, il morbo di Parkinson e la psoriasi.
Sono stati per primi i ricercatori americani a evidenziare in maniera
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inequivocabile la mancanza della cultura di genere in medicina. Infat-


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ti, sin dal 1990, uno studio condotto dal National Institute of Health
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(NIH) ha messo in evidenza che la grande maggioranza delle ricerche


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destinate a comprendere la patogenesi e lo sviluppo delle malattie,


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nonché la sicurezza e l’efficacia delle terapie, non ha tenuto conto


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Farmacologia di Genere

delle differenze tra i sessi dato che è stata condotta prevalentemente


sull’uomo [General Accounting Office, 1990]. Nel 1991 la cardiologa
americana Bernardine Healy denunciò, sul prestigioso New England
Journal of Medicine, il comportamento discriminante dei cardiologi
nei confronti delle donne e ciò ha dato inizio alla corrente di pensie-
ro che prevede il superamento del pregiudizio di genere nella salute
[Healy, 1991]. La scienziata commenta, in particolare, due studi: nel
primo si dimostrava come le donne ricoverate in terapia intensiva per
un episodio ischemico acuto avessero maggiori probabilità di subire
errori diagnostici e terapeutici rispetto agli uomini. Nel secondo studio
si evidenziava come, nonostante la diagnosi di disturbo coronarico
severo, le pazienti di sesso femminile venissero invitate meno dei ma-
schi a sottoporsi agli eventuali interventi di by-pass e angioplastica.
Questa situazione ha portato il NIH, la Food and Drug Administra-
tion (FDA) americana e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
a dare sempre maggior rilievo alle tematiche di genere, al punto tale
che una recente raccomandazione dell’OMS ha affermato che «alla
salute della donna deve essere dato il più elevato livello di visibilità e
urgenza».
Non bisogna tuttavia dimenticare che in alcuni casi, certamente
più sporadici, il pregiudizio di genere si è rivolto verso l’uomo. Infatti,
patologie ritenute classicamente femminili (depressione, emicrania,
osteoporosi) non sono state studiate in maniera appropriata negli uo-
mini [Risberg, 2009]. È evidente pertanto che la cecità di genere non
permette di offrire la migliore cura possibile a entrambi i generi.
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Le differenze di genere sono state, quindi, prese in esame solo


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negli ultimi venti anni e ormai è sempre più evidente che il cuore, il
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cervello, il fegato e il polmone necessitano di essere declinati sia al


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femminile sia al maschile e che, quindi, le diversità devono essere


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integrate nei processi e nelle politiche di cura e di tutela della salute.


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Cecità di genere

Il gender bias è sostenuto anche dal fatto che, ancora oggi, i libri di
testo dedicati agli operatori sanitari trascurano le problematiche re-
lative al determinante genere [Dijkstra, 2008]. Questo evidenzia che
il gender bias sviluppa i suoi effetti a diversi livelli e ciascuno impatta
sull’altro potenziandosi a vicenda.
Lo scarso studio e la scarsa considerazione delle differenze bio-
logiche e sociali hanno prodotto il cosiddetto “paradosso donna”: le
donne vivono più a lungo degli uomini, ma si ammalano di più, usano
di più i servizi sanitari e hanno un maggior numero di anni di vita in
cattiva salute. Confermano questo paradosso i dati del 2007 raccolti
dall’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) che evidenziano che la di-
sabilità femminile è circa doppia in confronto a quella maschile, con
valori rispettivi di allettamento prolungato e disabilità nelle funzioni
quotidiane pari al 17% nelle donne e all’8,9% negli uomini. Analoga-
mente, la prevalenza di patologie psichiatriche nelle donne è del 7,4%
e del 3,1% negli uomini, e quella dell’osteoporosi è del 9,2% nelle
donne e del 1,1% negli uomini. Queste disabilità, associate a una più
lunga aspettativa di vita, condizionano le donne anziane a vivere un
periodo di solitudine, di malattia e di povertà.
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Sezione 2

Pregiudizio di genere e studi


randomizzati e controllati
S. Vella, F. Franconi

2.1. Considerazioni generali


In questa Sezione evidenzieremo perché è opportuna la partecipa-
zione delle donne agli studi randomizzati in doppio cieco. Tali studi
rappresentano infatti il gold standard della ricerca clinica, perché ri-
ducono gli errori di selezione e offrono una buona opportunità per il
controllo statistico dei fattori che possono influenzare l’analisi.
Fino al 1993 l’arruolamento delle donne negli studi clinici d’inter-
vento era sconsigliato dalla FDA perché si reputava che, al di fuori
della sfera sessuale, l’uomo e la donna fossero molto simili (gender
blindness). A rafforzare questa tendenza si aggiunsero i danni causati
da talidomide e da dietilstilbestrolo – somministrati a donne in gra-
vidanza – sul frutto del concepimento. Evidentemente tale politica,
che potremmo definire protezionistica verso le donne, non risolve gli
eventuali problemi di sicurezza, ma semplicemente ritarda la loro so-
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luzione al periodo successivo all’introduzione del farmaco sul merca-


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to. Infatti, come ha sostenuto il Medical Research Council del Canada


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nel 1998 [Medical Research Council of Canada, 1998], l’estrapola-


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zione alle donne dei risultati della ricerca condotta sugli uomini
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minimizza l’utilità della ricerca stessa.


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Farmacologia di Genere

Per di più, lo scarso arruolamento delle donne si è sommato, e


tuttora si somma, a una ricerca pre-clinica prevalentemente condot-
ta su animali maschi, aggravando così la carenza di conoscenza del
“femminile”. Ciò pone il problema della trasferibilità dei risultati della
ricerca pre-clinica che risulta carente nei modelli di malattia [Fran-
coni, 2008] e nei test da impiegare per evidenziare le differenze di
genere [Franconi, 2007].
La gender blindness in farmacologia è silenziosamente “giustifica-
ta” anche dal fatto che la maggiore variabilità di risposta farmacolo-
gica delle donne implicherebbe la necessità di un numero più elevato
di gruppi sperimentali e di un ampliamento del campione di soggetti
in sperimentazione, innalzando tanto i tempi quanto, e soprattutto, i
costi della ricerca.
La cosiddetta “variabilità femminile”, che è invece una chiara
espressione della complessità della realtà clinica, in parte dipende
dalle variazioni ormonali fisiologiche, come quelle che si verificano in
funzione dell’età, del ciclo mestruale, della gravidanza e del puerpe-
rio, ed è quindi, più in generale, condizionata dalle fluttuazioni ormo-
nali. A queste variazioni, non eliminabili in alcun modo, si uniscono
quelle, mai considerate a sufficienza, degli effetti legati all’uso del-
le associazioni estro-progestiniche, impiegate estensivamente nelle
donne sia come contraccettivi sia come terapia ormonale sostitutiva
in post-menopausa. Il trattamento con queste associazioni produce,
pertanto, la differenziazione delle donne in più gruppi, in cui sono
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praticamente ignote le effettive risposte di efficacia o di sicurezza


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e, ancor più, le possibilità di interazioni farmacologiche [Wizemann,


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2001]. Le interazioni, fra l’altro, possono essere genere-specifiche,


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come quella che si verifica tra digossina somministrata oralmente e


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carvedilolo. Infatti, la somministrazione orale di beta-bloccante eleva


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Pregiudizio di genere e studi randomizzati e controllati

i livelli di digossina nei soggetti maschi, nei quali l’espressione della


glicoproteina P è maggiore [Baris, 2006].
Al pregiudizio di genere si aggiunge poi la reticenza delle donne a
partecipare alle sperimentazioni cliniche, dovuta al timore di ledere
la propria capacità riproduttiva (principalmente a causa degli effetti
teratogeni dei medicamenti) o alla carenza di tempo derivante dagli
impegni familiari e di caregiver [Ding, 2007]. Tutto ciò pone problemi
etici di rilievo, che non affronteremo in questo volume, ma che nel
nostro Paese sono stati discussi dal Comitato Nazionale di Bioetica
che, recentemente, ha elaborato delle raccomandazioni al riguardo
[Comitato Nazionale per la Bioetica, 2008].
Al giorno d’oggi, quindi, non è più possibile ignorare le differenze
biologiche, che distinguono il maschio dalla femmina, e di genere, che
sottintendono la sfera culturale e di comportamento che riveste il cor-
redo biologico e dà vita allo status di uomo o donna, poiché, come
afferma l’OMS, esse influenzano in maniera notevole anche la salute.
A questo proposito ricordiamo, come già accennato in precedenza,
che il pregiudizio di genere non sempre riguarda la donna ma può
investire anche la sfera maschile. In alcune aree patologiche a netta
prevalenza femminile, come emicrania o depressione, il pregiudizio
può portare alla mancata diagnosi o alla mancata prescrizione di un
adeguato trattamento agli uomini che ne sono affetti [Risberg, 2009].
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2.2. Arruolamento
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Negli ultimi anni il problema della sottorappresentazione delle don-


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ne nelle sperimentazioni cliniche è stato a lungo esaminato. Soprattut-


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to negli Stati Uniti e in alcuni Paesi del Nord Europa sono state fornite
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Farmacologia di Genere

indicazioni più stringenti sul modo di condurre la ricerca clinica per


aumentare l’arruolamento delle donne nei trial sperimentali. Come
conseguenza, negli ultimi cinque anni, si è assistito a un incremento
dell’arruolamento delle donne soprattutto nelle sperimentazioni di
fase III. Ciò nonostante le donne rimangono sottorappresentate in aree
come l’oncologia non genere-specifica, dove, ad esempio, costituisco-
no appena il 38,8% [Jagsi, 2009; Murthy, 2004], oppure nell’area car-
diovascolare, nonostante le malattie cardiovascolari siano la prima
causa di morte sia negli uomini sia nelle donne [Yang, 2009].
Inoltre si osserva che l’arruolamento delle donne rimane ancora
fortemente carente nelle fasi precoci (fase I e fase II) della sperimen-

% degli studi che % delle donne


Categoria terapeutica
includono le donne arruolate
Anestetici, analgesici e antireumatici 88 33,8

Antivirali 50 27,5

Sistema cardiovascolare e renale 54,5 27,8

Apparato gastrointestinale 60 43,8

Metabolismo e sistema endocrino 65,5 36,4

Sistema nervoso 36,4 33,2

Psichiatria 67,9 26,0


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Oncologia 76,9 34,2


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Sistema respiratorio e allergie 41,7 24,9


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Riproduzione e urologia 100 37,2


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Tabella I. Studi di fase I che hanno reclutato donne nel periodo 2005-2006 divisi
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per categorie terapeutiche. Modificata da [Pinnow, 2009]


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Pregiudizio di genere e studi randomizzati e controllati

tazione clinica, anche se si registra un leggero trend positivo (Tabel-


la I). Dati raccolti dalla FDA hanno evidenziato che la percentuale di
donne arruolate tra il 1995 e il 1999 era del 22% e del 25% per le
fasi I e II rispettivamente, dato confermato nel periodo 2000-2002
con valori del 25% di donne nelle fasi I e II rispetto al 63% degli uo-
mini e al 12% di casi di genere non definito o ignoto. Tra il 2006 e
il 2007 la percentuale di arruolamento, in fase I e II, è ancora scar-
sa, ma leggermente più alta rispetto al triennio 2000-2002 [Pinnow,
2009].
Anche se l’aumento è di lieve entità, esso è sicuramente rilevante
perché è proprio nelle fasi I e II che viene definita la dose, si evidenzia-
no gli effetti avversi dose-dipendenti, si raccolgono i primi dati sull’ef-
ficacia e viene studiata la farmacocinetica. Va sottolineato, infatti, che
a parità di dose di farmaco le differenze farmacocinetiche possono
produrre risposte marcatamente dissimili e genere-specifiche [Wize-
mann, 2001].

2.3. Analisi di genere


Un maggiore arruolamento delle donne nei protocolli sperimenta-
li è una condizione necessaria ma non sufficiente per raggiungere
l’appropriatezza della cura: è infatti anche fondamentale che gli studi
clinici prevedano un’analisi di genere. Sempre riferendoci a dati rac-
ues Q

colti dalla FDA, 25 su 58 prodotti per il trattamento di patologie non


to e

genere-specifiche e per i quali è stata richiesta l’approvazione nel pe-


boo

riodo 2000-2002 hanno presentato differenze nella farmacocinetica,


app k

nell’efficacia e nella sicurezza. Il 71% dei relativi studi presentati a


arti

supporto delle richieste di autorizzazione all’immissione in commer-


ene
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zo

23
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i
Farmacologia di Genere

cio era accompagnato da analisi di genere [Yang, 2009]. Questo mi-


glioramento si deve all’introduzione di specifiche raccomandazioni e
linee guida per una corretta rappresentazione di entrambi i generi
nella sperimentazione clinica. Nel 1988 è stata infatti pubblicata da
parte della FDA la “Guideline for the format and content of the clinical
and statistical sections of new drug applications”, che per la prima
volta stabilisce che nei dossier sperimentali presentati ai fini della
registrazione dei farmaci siano inserite informazioni sui dati demo-
grafici distinti per genere [FDA, 1988]. Una seconda linea guida della
FDA, emessa nel 1993 e intitolata “Guideline for the study and eva-
luation of gender differences in clinical evaluation of drugs”, ha poi
fissato regole affinché entrambi i generi siano presi in considerazione
durante le varie fasi di sviluppo dei farmaci, con individuazione delle
differenze farmacocinetiche, e i risultati statistici siano valutati per
genere [FDA, 1993].
In Europa, e analogamente in Italia, non esistono attualmente studi
disponibili né raccolte di dati per verificare la rappresentatività del ge-
nere femminile negli studi clinici, così come non sono state formulate
regole specifiche di inclusione delle donne negli studi clinici, essendo
stata ritenuta sufficiente la richiesta che nei trial clinici siano presen-
tati dati demografici e valutazioni statistiche per tutte le sottopopola-
zioni, individuando tra queste ultime le donne.
ues Q

2.4. Prospettive
to e
boo

Sebbene il modo di percepire il problema della sottorappresenta-


app k

zione della donna nella sperimentazione stia lentamente migliorando,


arti

è senz’altro auspicabile e opportuno che l’arruolamento delle donne


ene
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24
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i
Pregiudizio di genere e studi randomizzati e controllati

aumenti in tutte le fasi della sperimentazione clinica. Ciò è di parti-


colare rilevanza soprattutto in considerazione del fatto che i consumi
dei farmaci nelle donne sono molto elevati e maggiori rispetto agli
uomini e che spesso le donne sono trattate contemporaneamente
con più farmaci (politerapia) [Rademaker, 2001] e presentano reazio-
ni avverse più frequenti e più gravi [Government Accountability Office,
2001].
È doveroso ribadire che se un farmaco, oppure un dispositivo
medico-chirurgico, non è espressamente testato sulle donne, non
esiste modo di predire quali saranno i reali risultati di efficacia, con
la conseguenza di non avere a disposizione le terapie più appropriate
per le donne e incorrere in problemi di sicurezza solamente dopo che
i prodotti sono stati introdotti sul mercato. Nel disegno degli studi è
necessario considerare l’interazione età-genere e le varie fasi della
vita femminile, poiché le differenze di genere possono essere età-
dipendenti, e sono già presenti durante lo sviluppo embrionale
[Franconi, 2007]. Un esempio dell’interazione età-genere è riportato
in Tabella II.
È opportuno inoltre che, quando le differenze emergono, siano pro-
dotte raccomandazioni genere-specifiche. Attualmente, infatti, molte

Età (anni) 20-40 41-60 61-80


Q

Attività ADH nell’uomo +++ ++ +


ues
to e

Attività ADH nella donna + +++ +


boo

Differenze uomo-donna +++ ++ +


app k

Tabella II. Variazione dell’attività della alcol deidrogenasi (ADH) gastrica in


arti

funzione dell’età. Dati ottenuti da [Mancinelli, 2004]


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25
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Farmacologia di Genere

delle linee guida sono basate su studi condotti prevalentemente negli


uomini adulti e ciò concorre a una minore appropriatezza della cura
nelle donne rispetto agli uomini [Johnell, 2009]. È quindi senz’altro
essenziale sensibilizzare anche l’industria farmaceutica alla proble-
matica di genere poiché al momento gli studi finanziati con fondi
pubblici arruolano più donne rispetto a quelli finanziati privatamente
[Jagsi, 2009].

ues Q
to e
boo
app k
arti
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Sezione 3

Consumo di farmaci:
differenze di genere
S. Montilla

In tutti i Paesi occidentali l’aspettativa di vita sta crescendo. I trend


demografici dimostrano, infatti, un progressivo invecchiamento della
popolazione, con aumenti sensibili della vita media soprattutto nella
donna. In Italia la speranza di vita alla nascita per la donna è di circa
83,8 anni mentre quella dell’uomo è di 78,4 anni. Circa il 20% della po-
polazione è rappresentato da soggetti di età pari o superiore ai 65 anni
e di questi il 50% è costituito da ultra-settantacinquenni. La prevalenza
maggiore di soggetti anziani è di genere femminile: il 54% dei soggetti
di età compresa tra 65 e 74 anni è costituito da donne e dai 75 anni in
poi la proporzione sale al 63% [Rapporto Osservasalute, 2008].
Questi valori sono destinati ad aumentare nei prossimi decenni
e le conseguenze socio-sanitarie saranno di forte impatto e richie-
deranno un impiego sempre crescente di risorse. In tale prospettiva
sarà quindi necessaria una sempre migliore appropriatezza di utilizzo
delle risorse e la definizione di soluzioni e strategie necessariamente
ues Q

gender-specifiche che sappiano tenere conto delle differenze legate


to e

al genere.
boo

A ciò si aggiunga che, sebbene l’aspettativa di vita stia aumentan-


app k

do, spesso gli uomini guadagnano anni di vita in salute mentre le don-
arti

ne acquisiscono anni di vita in disabilità. Nel corso dell’ultimo secolo


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Farmacologia di Genere

il ruolo sociale della donna ha subìto profondi mutamenti e ai ruoli


consueti si sono aggiunti incarichi nella vita pubblica che hanno inten-
sificato l’impegno richiesto alla donna, senza però diminuire il carico
di responsabilità familiare cui tradizionalmente si è costantemente
dedicata. Anche gli stili di vita si sono modificati e le donne hanno
quindi acquisito anche quei comportamenti un tempo ritenuti “scon-
venienti” per il genere femminile e considerati, almeno apparente-
mente, una prerogativa sociale quasi esclusiva del genere maschile,
come l’abitudine al bere e il tabagismo.
Il risultato prodotto da questi cambiamenti è stato quello di un au-
mento nella popolazione femminile delle malattie un tempo più
prevalenti nel genere maschile. Dai dati epidemiologici emerge, in-
fatti, che alcune patologie che una volta erano addirittura ritenute
tipicamente maschili stanno diventando sempre più prevalenti nel
genere femminile: ne sono esempio le patologie renali e la patologia
coronarica cardiaca precoce.
Per tali motivi è ancora più necessario praticare in futuro la medici-
na di genere, cioè poter disporre di approcci terapeutici che tengano
in considerazione le differenze tra i due generi mettendo a disposi-
zione terapie e trattamenti adeguati per ciascun genere. Per ottenere
questi risultati le conoscenze biochimiche e cliniche dei trattamenti
dovranno necessariamente essere migliorate e dovranno essere con-
dotte analisi di genere. Le differenze farmacocinetiche e farmacodi-
namiche tra i due generi, infatti, influenzano l’efficacia e la sicurezza
dei trattamenti farmacologici.
ues Q

Analogamente sono state evidenziate, ormai da tempo, significati-


to e

ve variazioni di genere nell’accesso alle cure e nella medicalizzazione


boo

e, in particolare, nel consumo dei farmaci. In Italia, difatti, le donne


app k

sono maggiori consumatrici di farmaci rispetto agli uomini, soprattut-


arti

to nelle fasce di età comprese tra i 15 e i 54 anni, e sono in maggior


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Consumo di farmaci: differenze di genere

misura soggette a reazioni avverse, come confermano i dati riportati


nelle Tabelle III e IV.
I dati del consumo e della spesa pubblica di farmaci erogati a carico
del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) tramite l’assistenza territoriale
(farmaci di classe A) vengono raccolti annualmente dall’Osservatorio
Nazionale sull’Uso dei Farmaci (OsMed): i dati relativi all’anno 2008,
distribuiti per genere e per fasce di età, sono riportati nella Tabella III
[OsMed, 2008].
Il consumo dei farmaci viene misurato, in accordo con le raccoman-
dazioni dell’OMS, tramite i valori di riferimento standard, indicati come

Età DDD/1.000 ab die Spesa lorda pro capite (€)


(anni) Donne Uomini Donne Uomini

0-4 114,2 134,6 35,2 41,6

5-14 79,5 97,0 29,1 36,1

15-24 156,0 101,4 33,9 34,0

25-34 270,7 145,4 53,1 42,2

35-44 394,6 284,7 82,2 68,0

45-54 733,5 716,2 140,7 137,6

55-64 1.471,2 1.687,2 270,8 287,9


ues Q

65-74 2.507,4 2.919,1 436,0 477,3


to e

≥ 75 3.173,2 3.696,4 512,7 607,7


boo

Tabella III. Distribuzione per età e per sesso del consumo e della spesa territoriali
app k

di farmaci rimborsati dal SSN nel 2008 [OsMed, 2008]


arti

DDD = Defined Daily Dose


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Farmacologia di Genere

Età (anni) 0-4 5-14 15-24 25-34 35-44 45-54 55-64 65-74 ≥ 75

Apparato ♂♀ ♂♀ ♂♀ ♂ ♂ ♂ ♂ ♂ ♂
cardiovascolare

Apparato ♂♀ ♂♀ ♂♀ ♂♀ ♂♀ ♂♀ ♂♀ ♂♀ ♂♀
gastrointestinale

Antimicrobici ♂ ♂ ♀ ♀ ♀ ♀ ♀ ♂♀ ♂
generali, uso
sistemico

Sistema nervoso ♀ ♀ ♀ ♀ ♀ ♀ ♀ ♀ ♀
centrale

Apparato ♂ ♂ ♂ ♂♀ ♀ ♀ ♀ ♂ ♂
respiratorio

Sangue e organi ♀ ♀ ♀ ♀ ♀ ♂♀ ♂ ♂ ♂
emopoietici

Antineoplastici e ♂♀ ♂♀ ♂♀ ♂♀ ♀ ♀ ♀ ♀ ♀
immunomodulatori

Apparato ♂♀ ♂♀ ♂♀ ♂♀ ♂♀ ♀ ♀ ♀ ♀
muscoloscheletrico

Ormoni sessuali ♂♀ ♂♀ ♀ ♀ ♀ ♀ ♂ ♂ ♂
e sistema
genitourinario

Ormoni, esclusi ♂ ♂ ♀ ♀ ♀ ♀ ♀ ♀ ♀
ormoni sessuali

Organi di senso ♂♀ ♂♀ ♂♀ ♂♀ ♂♀ ♂♀ ♀ ♀ ♂
ues Q

Dermatologici ♂♀ ♂♀ ♂ ♂ ♂ ♂ ♂ ♂ ♂
to e
boo

Tabella IV. Differenze di consumo delle categorie terapeutiche per genere e fascia
k

di età nell’assistenza territoriale SSN, anno 2008 [OsMed, 2008]


app

♂♀ = consumo simile negli uomini e nelle donne; ♂ = maggior consumo negli uomini;
arti

♀ = maggior consumo nelle donne


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30
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i
Consumo di farmaci: differenze di genere

dosi definite giornaliere (Defined Daily Dose, DDD). La DDD rappre-


senta «la dose media giornaliera, di mantenimento per un farmaco,
nella sua indicazione principale in pazienti adulti». Per rendere più
agevole la lettura dei dati, i consumi vengono espressi in DDD/1.000
abitanti die, corrispondenti al numero medio di dosi di farmaco con-
sumate giornalmente ogni 1.000 abitanti. La spesa farmaceutica ter-
ritoriale lorda pro capite, espressa in euro, rappresenta la spesa per i
farmaci distribuiti dalle farmacie pubbliche e private a carico del SSN,
comprensiva degli sconti obbligatori e della quota per compartecipa-
zione da parte del cittadino, incluso il ticket per le Regioni dove que-
sto viene applicato.

ues Q
to e
boo
app k

Figura 1. Consumo di farmaci SSN per fasce di età e per genere. Anno 2008
arti

[OsMed, 2008]
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i
Farmacologia di Genere

Sia in termini di consumi sia in termini di spesa si osservano com-


portamenti dissimili tra i due generi e con ampia variabilità in rap-
porto all’età. La distribuzione per classi di età rende evidente che
l’utilizzo di farmaci in età pediatrica risulta lievemente maggiore negli
uomini, mentre aumenta significativamente nelle donne in età fertile,
compresa tra i 15 e i 44 anni, e nella fascia di età pre-, post-meno-
pausale. All’approssimarsi della terza età si osserva che il consumo
dei farmaci aumenta nelle donne in misura ridotta rispetto agli uomini
e la differenza di genere si riduce. Dai 55 anni in poi si nota un rove-
sciamento del rapporto, con consumi maggiori da parte degli uomini
in tutte le fasce di età e con incrementi significativamente superiori a
quelli delle donne (Figura 1).
Le dinamiche del consumo di farmaci e della relativa spesa me-
ritano approfondimenti e analisi farmacoepidemiologiche specifi-
che e appropriate per poter trarre conclusioni significative, poiché
le ragioni alla base di queste differenze di utilizzo dei farmaci sono
molteplici e complesse. Tuttavia, nella congerie di cause, possono
essere citate l’attitudine della donna a prestare maggiore attenzione
al proprio stato di salute e la maggiore consapevolezza della propria
condizione patologica, soprattutto in caso di malattie croniche non
fatali. Queste ultime sono caratterizzate da una più alta morbilità
nelle donne e spiegherebbero, quindi, un più frequente ricorso alle
terapie mediche [Progetto ARNO, 2004]. A queste si associa il po-
tenziale riproduttivo della donna che la espone al sistema sanitario
con maggiore facilità di accesso e con aumento del numero dei trat-
ues Q

tamenti cui è sottoposta. Infine, il consumo più elevato di medicina-


to e

li nelle donne può essere spiegato attraverso il bias di genere che


boo

produce un diverso approccio terapeutico alla medesima condizione


app k

morbosa. Alcune ricerche internazionali hanno evidenziato come il


arti

trattamento farmacologico più frequente nelle donne possa anche


ene
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32
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i
Consumo di farmaci: differenze di genere

Motivazioni del più alto consumo dei farmaci nelle donne


•• Le donne si ammalano di più e manifestano
maggiormente sintomatologie dolorose (es. emicrania,
dolori muscoloscheletrici, ecc.)
•• A causa di una serie di eventi fisiologici, quali
mestruazioni, gravidanza, allattamento e menopausa,
le donne entrano più spesso in contatto con gli
operatori sanitari (ciò anche perché alcuni di tali
fenomeni sono stati eccessivamente medicalizzati)
•• Per attenuare il disagio derivante dai ruoli sociali
(caregiver, family absorbers e lavori stressanti come
l’infermiera) le donne si rivolgono più facilmente al
medico rispetto agli uomini, che invece ricorrono
maggiormente a mezzi al di fuori del sistema sanitario
(es. consumo di alcol)
•• Le donne sono più povere e la relazione inversa
povertà-salute è ben nota
•• Le donne sono maggiormente vittime di violenza

essere l’espressione di una maggiore tendenza da parte del medico


prescrittore, in presenza della medesima diagnosi e dei medesimi
sintomi, a trattare le donne piuttosto che gli uomini, generando come
risultato un sovratrattamento delle donne e un sottotrattamento de-
gli uomini a parità di condizioni morbose [Hamberg, 2004]. Il bias di
genere in medicina, inoltre, non è condizionato solamente dal genere
del paziente, ma può essere determinato anche dal genere del medi-
co prescrittore stesso.
ues Q

Le differenze di genere nel consumo di farmaci delle diverse ca-


to e

tegorie, classificate secondo il primo livello di ATC, sono indicate in


boo

Tabella IV (pag. 30) distribuite per fasce di età. Nella fascia pediatrica
app k

e adolescenziale non si osservano significative differenze nel tratta-


arti

mento dei bambini o delle bambine. In età fertile, invece, numerose


ene
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33
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i
Farmacologia di Genere

categorie terapeutiche, quali gli antimicrobici, i farmaci per il sistema


nervoso centrale, soprattutto antidepressivi, i farmaci per il sistema
ematopoietico e i preparati ormonali, risultano maggiormente prescrit-
ti nelle donne con consumi quasi doppi rispetto agli uomini. In questa
fascia di età fanno eccezione i farmaci per l’apparato cardiovascolare
e i prodotti dermatologici, entrambi consumati dagli uomini in misura
maggiore, tendenza che si ripete in tutte le fasce di età.
Nella popolazione maschile gli spostamenti più significativi nell’im-
piego di farmaci si verificano con l’avanzare dell’età. In particolare ciò
si osserva nella classe dei farmaci per il sistema genito-urinario e de-
gli ormoni sessuali, dove la principale voce del consumo e della spesa
totale annuale è rappresentata dai farmaci alfa-bloccanti e dagli ini-
bitori della 5-alfa-reduttasi per il trattamento dell’ipertrofia prostatica
benigna (IPB). Questi farmaci sono complessivamente responsabili di
poco meno del 60% dei consumi e del 70% della spesa per l’inte-
ro gruppo. Questa tendenza, in aumento da alcuni anni, è senz’altro
correlabile all’innalzamento dell’età media e alla conseguente mag-
giore esposizione della popolazione maschile all’ipertrofia prostatica
benigna, la cui incidenza aumenta con l’età, e al fatto che alcune
linee guida raccomandano l’impiego di associazioni di alfa-bloccanti
e inibitori della 5-alfa-reduttasi in presenza di sintomi e aumento delle
dimensioni della prostata, sebbene i benefici siano ritenuti modesti a
fronte di numerosi effetti collaterali.
Parallelamente, nella medesima categoria i contraccettivi rappre-
sentano il 18%, ma la maggior parte dei consumi è a carico del cit-
ues Q

tadino e quindi non inclusa nei dati qui presentati. La prescrizione di


to e

farmaci progestinici ed estrogeni per la terapia ormonale sostitutiva


boo

e di raloxifene per la prevenzione delle fratture ossee nelle donne


app k

in post-menopausa rappresenta appena il 15% dell’intera categoria,


arti

mentre le gonadotropine e gli stimolanti dell’ovulazione rappresenta-


ene
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34
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i
Consumo di farmaci: differenze di genere

no solamente l’1%, essendo per lo più distribuite dalle strutture pub-


bliche e quindi non a carico dell’assistenza territoriale.
Il consumo di farmaci antineoplastici risulta maggiore nelle donne
in tutte le fasce di età, così come quello di farmaci per il sistema ner-
voso centrale, principalmente antidepressivi [OsMed, 2008].

ues Q
to e
boo
app k
arti
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Ques
to e
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k app
arti
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Pol e n zan
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Sezione 4
Elementi di differenze di
genere farmacocinetiche e
farmacodinamiche
F. Franconi, L.I. Ferro

4.1. Elementi di differenze di genere


farmacocinetiche
4.1.1. Generalità
Le differenze biologiche tra i due sessi sono notevoli e possono in-
fluenzare i parametri farmacocinetici (Figura 2 e Tabella V) e, aspetto
ancora più di rilievo, possono variare in funzione della fase del ciclo
mestruale. Ad esempio, il metabolismo ossidativo raggiunge il massi-
mo durante la fase ovulatoria, nella gravidanza e nell’allattamento ed
è, per ambedue i generi, funzione delle fasi della vita e dell’età (vedi
Paragrafo 4.1.2).
La dimensione corporea è un parametro essenziale per calcolare
il dosaggio medio di un farmaco, che attualmente è fissato su un ma-
schio caucasico del peso di 70 kg, evidentemente diverso dal peso
ues Q

medio di una donna [Franconi, 2007]. Considerando che il corpo fem-


to e

minile pesa mediamente meno e che ha una quantità di tessuto adipo-


boo

so superiore del 25% rispetto a quello maschile, non meraviglia che le


app k

differenze farmacocinetiche possano essere molto frequenti e variabi-


arti

li. In particolare il grasso varia, anche, in funzione dell’età. Nelle donne


ene
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37
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i
Farmacologia di Genere

Figura 2. Differenze biologiche che influenzano l’assorbimento, la distribuzione e


l’eliminazione dei farmaci

in età fertile è pari a circa il 33% del peso corporeo e aumenta fino al
48% dopo la menopausa, mentre negli uomini il valore passa dal 18%
al 36%. Pertanto i farmaci lipofili, come antipsicotici e benzodiazepi-
ne, tenderanno ad accumularsi nel tessuto adiposo delle donne per
poi essere rilasciati successivamente. Proprio le donne anziane, in cui
ues Q

come si è detto la massa grassa può raggiungere il 48%, sono però le


to e

meno studiate [Anthony, 2002; Franconi, 2007; Soldin, 2009].


boo

Le differenze dovute alla dimensione e alla composizione corporea


app k

potrebbero ridursi normalizzando la dose per il peso corporeo o per la


arti

superficie corporea. Inoltre nelle donne, dopo somministrazione orale


ene
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38
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i
Elementi di differenze di genere farmacocinetiche e farmacodinamiche

di medicamenti basici quali le benzodiazepine o gli antidepressivi, l’as-


sorbimento può essere più rapido poiché la minore acidità del succo
gastrico nella donna è causa di una minore ionizzazione delle moleco-
le. Si ricorda che il pH gastrico varia in funzione degli ormoni e pertan-
to varia nel corso del ciclo mensile e in gravidanza [Franconi, 2007].

Enzimi Differenze uomo-donna

CYP3A4 + (20-30%) nelle donne


CYP1A2 =
CYP2D6 - nelle donne
CYP2B6 + nelle donne; poveri metabolizzatori 7% nelle donne
e 20% nei maschi
CYP2C9 =
CYP2C19 + nelle donne cinesi; - nelle donne americane ed
ebree; = tra filippini e sauditi; + nei maschi olandesi;
- nelle donne svedesi che assumono contraccettivi
orali rispetto a quelle che non li usano
CYP2E1 - (30%) nelle donne non fumatrici; = nella popolazione
in cui tali enzimi sono indotti dall’etanolo
Tiopurina metil transferasi + uomini
Glucuronazione* + uomini
Diidropirimidina transferasi + uomini
UDP-glucoronosil transferasi* + uomini
Q

N-acetiltransferasi =
ues
to e

Catecol-O-metil transferasi° + (25%) uomini


boo

Tabella V. Differenze biologiche che influenzano il metabolismo dei farmaci


app k

* aumentata dai contraccettivi orali


° metabolizza anche gli estrogeni oltre che le catecolamine; inoltre essa è down-regolata dagli
arti

estrogeni
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Farmacologia di Genere

Il metabolismo dei farmaci è sessualmente dimorfico (Tabella V)


e dipende dal singolo enzima coinvolto. Ad esempio, l’attività del
CYP3A4, che metabolizza circa il 50-60% dei farmaci, è maggiore nel
sesso femminile e sembra essere modulata dagli estrogeni, dai proge-
stinici e dall’età, poiché è più espressa in età giovanile. Molti farmaci
substrati del CYP3A4 mostrano una maggiore clearance nelle donne
e tale differenza persiste anche in seguito alla correzione per il peso
corporeo. Come conseguenza di ciò i farmaci che sono substrato di
tale enzima potrebbero svolgere una minore azione terapeutica. Altre
forme di CYP, come la 2D6, sono più attive nel genere maschile, basti
pensare ai livelli di flecainide [Doki, 2007]. La presenza di induttori e
di inibitori degli enzimi e di polimorfismi genetici impedisce di arrivare
a conclusioni generali, per cui diventa necessario studiare ogni singo-
la molecola, considerando addirittura ogni singolo periodo della vita
(Paragrafo 4.1.2) [Franconi, 2007].
Si sospetta che i processi d’induzione siano genere-specifici (ad
esempio la clearance della teofillina è maggiore nelle donne fumatrici
rispetto alle donne non fumatrici) e che l’induzione del CYP1A2 sia
superiore nelle femmine (200%) rispetto ai maschi (137%) [Franconi,
2007]. Inoltre, è bene tenere in considerazione il fatto che gli enzimi
del citocromo P450 sono presenti in molti organi e che il metabolismo
dei farmaci potrebbe variare nei singoli organi in funzione del genere.
Le differenze di genere nel metabolismo possono dipendere anche
dall’etnia del soggetto (Tabella V).
Le differenze di genere coinvolgono anche le reazioni di fase II, es-
ues Q

sendo la glucuronazione maggiore negli uomini che nelle donne. Ad


to e

esempio il rapporto della clearance uomo/donna per le benzodiazepi-


boo

ne che vengono metabolizzate solo con la glucuronazione è approssi-


app k

mativamente di 1,5:1. Tale processo è poi maggiore in donne che fan-


arti

no uso di contraccettivi orali. Anche l’attività glucurontransferasica è


ene
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Elementi di differenze di genere farmacocinetiche e farmacodinamiche

superiore negli uomini rispetto alle donne, ed è per questo che la clea-
rance di paracetamolo è più elevata (22%) nel sesso maschile. Anche
in questo caso si osserva che la glucuronazione di paracetamolo è
maggiore nelle donne che fanno uso di contraccettivi orali. I processi
di solfatazione, invece, non divergono [Franconi, 2007]. Inoltre nella
donna la glicoproteina P è meno espressa rispetto all’uomo e questo
può determinare una variazione dei parametri farmacocinetici.
Le differenze farmacocinetiche riguardano anche l’escrezione re-
nale: i processi di filtrazione glomerulare sono infatti influenzati dal
peso ma, anche dopo la sua correzione, la velocità di filtrazione è
minore del 10% nelle donne rispetto agli uomini [Franconi, 2007]. A
questo si attribuisce, ad esempio, la differente clearance di digossina
e di metrotrexato che risultano essere inferiori del 12-14% e del 17%,
rispettivamente, nella femmina rispetto al maschio. Poco si sa in me-
rito alle differenze di genere a livello dei trasportatori renali e di altri
organi, ma i pochi lavori sull’argomento sembrano suggerire differen-
ze anche a questo livello [Franconi, 2007].
Molte donne, durante l’arco della loro vita, sono trattate con asso-
ciazioni estro-progestiniche, per cui diventa indispensabile conoscere
le interazioni a livello metabolico tra queste associazioni e altri medi-
cinali. Questo perché gli ormoni possono influenzare il metabolismo di
farmaci o, viceversa, il metabolismo degli ormoni può essere influen-
zato dalla contemporanea assunzione di altri medicinali. Come già
evidenziato in precedenza le associazioni estro-progestiniche posso-
no interagire con gli enzimi sia di fase I sia di fase II.
ues Q
to e
boo

4.1.2. Gravidanza e farmacocinetica


app k

Nel corso della gravidanza nella donna avvengono numerosi e dra-


arti

stici cambiamenti fisiologici che possono far variare alcune proprietà


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Farmacologia di Genere

farmacocinetiche. L’assorbimento dei farmaci utilizzati per via orale


può essere modificato da sintomi quali nausea e vomito, comuni nei
primi mesi di gravidanza, oppure dai cambiamenti ormonali che pro-
ducono un rallentamento dello svuotamento gastrico e del transito in-
testinale [Legato, 2004]. Dal secondo trimestre di gravidanza anche
l’assorbimento dei farmaci utilizzati per via inalatoria (aerosol) può
incrementare per aumento del flusso polmonare. È stato ad esempio
riscontrato che alcuni anestetici inalatori (alotano, isoflurano, metos-
siflurano) in gravidanza sono attivi a dosi inferiori rispetto a quelle
comunemente utilizzate.
La distribuzione dei farmaci può subire delle variazioni anche in
relazione all’aumento progressivo del volume plasmatico ed extrapla-
smatico e del peso corporeo nel corso della gravidanza, oppure in

Enzimi Primo trimestre Secondo trimestre Terzo trimestre

CYP1A2 - 33% - 50% - 65%


CYP1A6 ND + 54% + 54%
CYP2C9 = = + 20%
CYP2C19 ND - 50% - 50%
CYP2D6 ND ND + 50%
CYP3A4 ND ND + 50-100%
UGT1A4 + 200% + 200% + 300%
ues Q

UGT287 ND ND + 50-200%
to e

Renale + 20-65% + 20-65% + 20-65%


boo
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Tabella VI. Variazione (%) degli enzimi e della funzione renale durante la
app

gravidanza. I dati sono tratti da [Anderson, 2005; Franconi, 2007]


arti

ND = non disponibili
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Elementi di differenze di genere farmacocinetiche e farmacodinamiche

relazione alla diminuzione del legame con le proteine dovuto a una


diminuzione delle albumine.
Contemporaneamente si assiste anche a un aumento del flusso
renale con conseguente aumento dell’eliminazione dei farmaci, spe-
cialmente di quelli che vengono eliminati immodificati [Anderson,
2005].
Il metabolismo di alcuni farmaci è maggiore durante la gravidanza
(Tabella VI). Farmaci metabolizzati dal CYP2D6 (fluoxetina, citalopram,
ecc.), dal CYP2A6 (nicotina, ecc.), e dal CYP3A4 (ad esempio, inibitori
delle proteasi, ecc.) presentano livelli ematici sostanzialmente infe-
riori verso la fine della gravidanza. L’attività del CYP1A2 è significati-
vamente ridotta in tutti i periodi della gravidanza rispetto al periodo
post-partum [Anderson, 2005; Franconi, 2007; Pavek, 2009] .
Accanto alle variazioni metaboliche osservate nella madre bisogna
considerare che la placenta è un organo che possiede gli enzimi per
metabolizzare i farmaci e ciò può assumere un grande rilievo.
Queste brevi considerazioni indicano che è necessario conoscere i
vantaggi in termini di efficacia e sicurezza per la madre senza dimen-
ticare gli eventuali effetti tossici verso l’embrione e il feto, inclusi quel-
li tardivi, e che la problematica farmaci e gravidanza deve considerare
sia la madre che il/la bambino/a.

4.2. Elementi di differenze di genere


ues Q

farmacodinamiche
to e
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Purtroppo la ricerca farmacologica che prende in considerazione


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il genere si è focalizzata prevalentemente sulle differenze farmacoci-


arti

netiche mentre, fino ad oggi, le differenze farmacodinamiche hanno


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Farmacologia di Genere

ricevuto una scarsa attenzione anche perché più difficili da studiare.


Concretamente, questo fa sì che esse appaiano meno frequenti ri-
spetto a quelle farmacocinetiche [Franconi, 2007]. Tuttavia numerose
evidenze ne stanno dimostrando rapidamente la presenza tanto che
esse risultano più comuni e rilevanti rispetto a quanto si fosse finora
ritenuto.
Le differenze farmacodinamiche possono dipendere da meccani-
smi mediati dagli ormoni sessuali che, fra l’altro, si comportano da
fattori di trascrizione, regolando così l’attività di numerosi geni in di-
versi tessuti, anche non legati alla riproduzione. I recettori ormonali
sono, infatti, presenti su ossa, vasi, cervello, fegato e altri organi e
tessuti. Tuttavia non bisogna dimenticare che gli ormoni sessuali agi-
scono anche attraverso recettori di membrana che mediano le loro
azioni rapide senza l’intermezzo di un’attivazione genica. Gli estroge-
ni, ad esempio, interagiscono con il recettore GPR30 che ha la struttu-
ra dei recettori a proteine G e il recettore ER-X, principalmente attivato
dall’alfa-estradiolo, che può attivare numerose chinasi e modulare il
calcio intracellulare.
Invece, interagendo con i propri recettori endocellulari, gli estrogeni
attivano meccanismi di regolazione genica codificando proteine asso-
ciate alla risposta infiammatoria (ciclo-ossigenasi II, ecc.), alla trasdu-
zione del segnale, al citoscheletro e allo stress ossidativo nonché ai
sistemi di regolazione del destino cellulare [Malorni, 2007; Maselli,
2009]. Come precedentemente detto, gli ormoni sessuali controllano
anche lo stato redox cellulare le cui variazioni sono coinvolte nell’ezio-
ues Q

patogenesi di malattie come l’aterosclerosi, l’ischemia, l’ipertensio-


to e

ne, il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson, il cancro, il diabete


boo

mellito e, infine, le patologie con forte componente infiammatoria. Ciò


app k

implica che le differenze di genere legate alla regolazione dello stato


arti

redox siano molto importanti, poiché la ricerca più recente ha evi-


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Elementi di differenze di genere farmacocinetiche e farmacodinamiche

denziato che le specie reattive dell’ossigeno sono molecole segnale


che partecipano integralmente anche al signalling mediato dall’an-
giotensina II, dall’insulina e dal Tumor Necrosis Factor alfa (TNF alfa)
[Malorni, 2007].
Anche i meccanismi di controllo del dolore, della memoria, dell’ap-
prendimento e di numerose altre funzioni possono essere regolati da-
gli ormoni sessuali. Gli steroidi, ad esempio, controllano le funzioni
sopra elencate attraverso la modulazione dei recettori degli oppioidi,
della glicina, del GABA e del glutammato [Li W, 2007; Jiang, 2009].
Alcuni derivati del progesterone, i cosiddetti neurosteroidi, svolgono
un ruolo chiave nelle attività promosse dall’attivazione dei recettori
GABA-A e, quindi, anche sul tono dell’umore, sull’ansia, sulle convul-
sioni, ecc. [Mostallino, 2009]. Gli androgeni, invece, controllano la
Na+/K+ ATPasi, le protein-chinasi A/C e le MAP-chinasi [Boonyarata-
nakornkit, 2008]. Inoltre gli estrogeni, gli androgeni e il progesterone
modulano i canali ionici, inclusi quelli voltaggio-dipendenti del calcio,
con importanti conseguenze a livello cardiaco e neuronale [Furukawa,
2007] e ciò è mediato dai recettori di membrana ed endocellulari.
Queste brevi considerazioni rendono immediatamente compren-
sibile quanto siano numerosi i bersagli farmacologici controllati o
influenzati dagli ormoni sessuali. È evidente che le modificazioni
ormono-dipendenti hanno un’alta probabilità di essere età-dipen-
denti e ciclo-specifiche, essendo condizionate anche dalla gravidan-
za e dal puerperio. Durante la gravidanza, infatti, la concentrazione
dei neurosteroidi è particolarmente elevata poiché sia la placenta sia
ues Q

il feto contengono gli enzimi responsabili della loro sintesi che, alme-
to e

no in gravidanza, sembrano essere regolati dagli estrogeni [Mostalli-


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no, 2009].
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In passato si è ritenuto che le differenze sessuali dipendessero


arti

quasi esclusivamente dagli ormoni, ma la scoperta che alcuni geni a


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Farmacologia di Genere

livello celebrale sono sessualmente dimorfi già prima dello sviluppo


delle gonadi suggerisce che anche i fattori genici giochino un ruolo
determinante sul sesso. D’altra parte è ben noto che la cellula fem-
minile è caratterizzata dalla presenza di due cromosomi X con più di
mille geni, mentre quella maschile presenta un cromosoma X e un
cromosoma Y che contiene circa 140 geni. Per compensare la presen-
za del doppio cromosoma X nella femmina viene inattivato durante lo
sviluppo dell’embrione il cromosoma X paterno o materno in tutte le
cellule somatiche. Questo fa sì che i geni del cromosoma X (X-linked
imprinted genes) di origine materna siano più espressi nei maschi,
mentre nelle femmine sono presenti anche quelli di origine paterna
[Gabory, 2009].
Nei mammiferi il processo di silenziamento non sempre è perfetto
per cui alcuni geni possono sfuggire a questo meccanismo e, di con-
seguenza, essere più espressi nel sesso femminile, determinando ri-
sposte sessualmente dimorfiche. In effetti alcuni geni risultano anche
diversamente espressi sui cromosomi autosomici nei due sessi e pos-
sono contribuire a una differente risposta ai farmaci [Zhang, 2007].
Come già accennato, sia l’ambiente esterno sia quello interno, e quin-
di l’epigenetica, possono influenzare in maniera genere-specifica l’at-
tività di regolazione dei geni anche in età molto precoce.
Inoltre, per individuare le differenze farmacodinamiche sarebbe
necessario impiegare modelli di malattia che siano trasferibili all’uo-
mo, ma ciò non sempre accade. Ad esempio la mortalità per infarto
del miocardio nei topi maschi è maggiore, circa il 60%, rispetto alle
ues Q

femmine, caratteristica che permette di evidenziare più facilmente gli


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effetti dei principi attivi sperimentati in fase pre-clinica [Brown, 2005].


boo

Purtroppo, però, un principio attivo che dimostrasse di ridurre la mor-


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talità del 30%, in tali modelli, potrebbe non avere un effetto statistica-
arti

mente significativo nelle femmine. Problematiche simili si riscontrano


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Elementi di differenze di genere farmacocinetiche e farmacodinamiche

nei modelli di scompenso cardiaco [Kadokami, 2000] e in altre aree


della medicina come la diabetologia [Franconi, 2008]. Ad esempio,
proprio in quest’ultimo campo si osserva che, mentre nei modelli il
diabete mellito di tipo 2 si presenta con prevalenza e gravità maggiori
nei maschi, nella pratica clinica questi dati non trovano riscontro.
Dalle precedenti osservazioni emerge chiaramente la reale possibi-
lità che le differenze di genere di tipo farmacodinamico siano difficili
da studiare sia in fase pre-clinica sia clinica. è tuttavia necessario
fare uno sforzo per trovare le migliori condizioni possibili per studiarle
perché, in assenza di studi puntuali, si può incorrere nell’inappropria-
tezza prescrittiva. Un recente studio svedese, condotto su donne e
uomini anziani, ha evidenziato che circa il 25% delle donne riceve una
terapia non appropriata, percentuale che scende al 19% nel caso de-
gli uomini anziani [Johnell, 2009]. Questo divario, senz’altro rilevante,
lascia intendere, ancora una volta, quanto sia necessario approfondi-
re le conoscenze di genere utilizzandole nella modulazione degli ap-
procci terapeutici e sanitari.
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Sezione 5

Elementi
di farmacoterapia di genere
F. Franconi, S. Canu, L.I. Ferro, A.M. Giammarioli, R. Chessa, S. Montilla, S. Vella

In questa Sezione verranno presentate e analizzate le principali


evidenze scientifiche che hanno dimostrato la presenza di alcune dif-
ferenze di genere di natura farmacocinetica oppure farmacodinamica
nelle classi di farmaci di più largo impiego. Per gli aspetti farmacolo-
gici classici si rimanda ai principali testi di riferimento. Siamo inoltre
perfettamente consapevoli di poter dare solo alcuni elementi di base,
soprattutto in considerazione del fatto che molto spesso la scarsità
dei dati non permette di tracciare nessuna conclusione definitiva e
che l’area di ricerca della farmacologia di genere è in piena evoluzio-
ne e richiede ancora numerosi aggiustamenti metodologici.

5.1. Farmaci per le malattie cardiovascolari


ues Q

Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte sia per le


to e

donne sia per gli uomini. Negli ultimi decenni la mortalità nelle don-
boo

ne per malattie cardiovascolari ha subìto un progressivo incremento,


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contrariamente a quanto è avvenuto negli uomini [Legato, 2004]. Ciò


arti

dipende da una serie di numerosi fattori come il cambiamento sociale


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Farmacologia di Genere

del ruolo della donna, la maggiore obesità, il maggior uso di tabacco,


l’allungamento dell’aspettativa di vita [Legato, 2004]. Anche in que-
sto settore le donne sono tuttora sottorappresentate negli studi clinici.
Infatti da uno studio che ha preso in esame 30 revisioni sistematiche
sulle malattie cardiovascolari è emerso che le donne rappresentano
appena il 27% dei soggetti arruolati e che solo nel 33% degli studi
i dati sono stati esaminati per genere [Yang, 2009]. Eppure, come
sostiene Marianne Legato, una delle madri della gender medicine,
il sistema cardiovascolare è l’apparato in cui le differenze di genere
sono maggiormente evidenti [Legato, 2004]; a nostro avviso, questo
potrebbe anche dipendere dal fatto che esso è uno dei più studiati
per quanto riguarda il genere.

5.1.1. Beta-bloccanti
Questa classe di farmaci ha rappresentato e rappresenta una pie-
tra miliare nella terapia farmacologica delle malattie cardiovascolari.
Nonostante le evidenze sperimentali indichino che l’espressione dei
recettori beta1-adrenergici sia estrogeno-regolata (nel caso di carenza
estrogenica si ha una maggiore espressione dei recettori), i beta-bloc-
canti sono stati poco studiati e sperimentati nelle donne e perciò non
sappiamo se esistono eventuali differenze di natura farmacodinami-
ca nella risposta ai beta-antagonisti [Jochmann, 2005]. Relativamen-
te alla farmacodinamica, è stata recentemente segnalata una sugge-
stiva differenza di genere legata a un polimorfismo del gene GRK4
ues Q

(G-protein-coupled Receptor Kinase 4) responsabile della fosforilazio-


to e

ne e/o desensitizzazione del recettore beta-adrenergico [Bhatnagar,


boo

2009]. Questo polimorfismo sembra responsabile della conservazio-


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ne dell’azione antipertensiva di metoprololo nelle donne e della corri-


arti

spettiva perdita di tale azione negli uomini.


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Elementi di farmacoterapia di genere

Beta-bloccante Riferimento Caratteristiche Differenze farmacocinetiche

Acebutololo [Dubois, Selettivo beta1 AUC più ampia nella donna


1982] Non substrato
dei CYP

Atenololo [Hebert, Selettivo beta1 Vd minore nelle donne


2005] Non substrato
dei CYP

Metoprololo [Jochmann, Selettivo beta1 Vd e clearance minori nelle donne,


2005] Substrato del livelli plasmatici aumentati del 100%
CYP2D6 e oltre con CO

[Högstedt, In gravidanza: diminuzione della


1983] biodisponibilità e aumento della
clearance

Propranololo [Smith, Non selettivo Nelle donne, la clearance orale, ma


1983] Substrato del non sistemica, è ridotta con aumento
CYP2D6 dei livelli plasmatici dell’80% circa

Tabella VII. Esempi di differenze di genere nella farmacocinetica di alcuni beta-


bloccanti
AUC = area sotto la curva concentrazione-tempo; CO = contraccettivi orali;
Vd = volume di distribuzione

D’altra parte sono da tempo note le differenze nella farmacocinetica


di alcuni principi attivi appartenenti a questa categoria (Tabella VII).
In linea generale, le donne presentano livelli plasmatici più alti di me-
toprololo (circa il 100%) e di propranololo (circa l’80%). Ciò produrrebbe
ues Q

una più marcata diminuzione della frequenza cardiaca e della pressio-


to e

ne sistolica nelle donne in trattamento con alcuni beta-bloccanti [Joch-


boo

mann, 2005], mentre minori differenze si riscontrano per i beta-bloc-


app k

canti che utilizzano altre vie metaboliche. Per quanto riguarda la


arti

prevenzione secondaria dell’infarto del miocardio, l’uso dei beta-bloc-


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Farmacologia di Genere

canti quando si considera la variabile genere produce dati contradditto-


ri. È plausibile che tali contraddizioni possano derivare dal basso arruo-
lamento delle donne che impedisce di raggiungere un potere statistico
sufficiente per arrivare a conclusioni certe. Ciò nonostante, i risultati di
una metanalisi, che ha incluso cinque studi dove gli uomini sono stati
rappresentati in numero circa quattro volte superiore alle donne, indica-
no che metoprololo avrebbe effetti comparabili fra uomo e donna [Joch-
mann, 2005]. Inoltre metoprololo sembra avere un’efficacia maggiore
nei soggetti maschili affetti da angina da stress piuttosto che nei sog-
getti di genere femminile [Cocco, 2006]. Recentemente è stato suggeri-
to che l’uso dei beta-bloccanti nei pazienti sottoposti a chirurgia cardio-
vascolare possa migliorare gli esiti nella popolazione maschile, ma non
in quella femminile che, invece, può perfino incorrere in esiti peggiori a
causa dell’insorgenza di scompenso cardiaco [Matyal, 2008].
Nello scompenso cardiaco, dove ancora una volta i trial clinici han-
no arruolato poche donne (Tabella VIII), alcuni studi evidenziano che
carvedilolo aumenta la sopravvivenza delle donne reclutate. Tuttavia
in uno studio successivo, denominato COPERNICUS, è emerso che il
trattamento con carvedilolo riduce solo l’endpoint combinato morta-
lità-ospedalizzazione soprattutto per riduzione dell’ospedalizzazione.
Anche con metoprololo e bisoprololo sono stati ottenuti risultati analo-
ghi. D’altra parte, una metanalisi che ha incluso anche gli studi citati,
seppur con i limiti dovuti allo scarso numero di donne (Tabella VIII) e
al fatto che le donne arruolate avevano un’età superiore rispetto agli
uomini e presentavano uno stato di malattia maggiore, è giunta alla
ues Q

conclusione che il trattamento con beta-bloccanti produce una lieve,


to e

ma significativa riduzione della mortalità delle donne.


boo

Per quanto riguarda l’ipertensione arteriosa, a parità di risposta


app k

in termini di pressione, le donne mostrano, rispetto agli uomini, una


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maggiore ipertrofia ventricolare [Fan, 2008; Gerdts, 2008].


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Elementi di farmacoterapia di genere

Studio Riferimento Donne (%) Farmaci

A-HeFT [Taylor, 2006] 40 Idralazina-isosorbide

BEST [Ghali, 2003] 22 Bucindololo

CARE-HF [Cleland, 2001] 26 Digossina + diuretico +


prazosina vs digossina
+ diuretico, idralazina +
isosorbide

CHARM-low LVEF [Young, 2004] 26 Candesartan

CIBIS II [Simon, 2001] 19 Bisoprololo

CONSENSUS [The CONSENSUS Trial 30 Enalapril


Study Group, 1987]

COPERNICUS [Packer, 2001] 20 Carvedilolo

DIG [The Digitalis Investigation 22 Digossina


Group, 1997]

ELITE-II [Pitt, 2000] 31 Losartan

EPHESUS [Pitt, 2001] 29 Eplerenone

MERIT-HF [Ghali, 2002] 23 Metoprololo

RALES [Pitt, 1995] 27 Spironolattone

SCD HeFT [Bardy, 2005] 23 Amiodarone

U.S. Carvedilol [Packer, 1996] 23 Carvedilolo

TRACE [Køber, 1995] 29 Trandolapril


ues Q

Val-HeFT [Cohn, 2001] 20 Valsartan


to e
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V-HeFT I [Cohn, 1991] 0 Isosorbide + idralazina


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Tabella VIII. Percentuale di donne arruolate in alcuni studi clinici per lo scompenso
arti

cardiaco e farmaci analizzati


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Farmacologia di Genere

In conclusione potremmo dire, considerate tutte le limitazioni più


volte accennate, che i beta-bloccanti sembrano meno attivi nelle don-
ne rispetto agli uomini [Jochmann, 2005].

5.1.2. Farmaci che agiscono sul sistema


renina-angiotensina-aldosterone
Il sistema renina-angiotensina è sessualmente dimorfo (Figura 3) e la
sua attività nella donna dipende dalla specifica fase del ciclo vitale, mo-
strando di essere più elevata dopo la menopausa [Jochmann, 2005]. È

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Figura 3. Alcuni effetti degli estrogeni e del testosterone sul sistema renina-
arti

angiotensina
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Elementi di farmacoterapia di genere

quindi probabile che, tenendo in considerazione le differenze fisiologi-


che, anche le risposte ai farmaci che agiscono su questo sistema pos-
sano essere diverse nei due generi. I farmaci che riducono l’attività di
questo sistema sono ampiamente utilizzati nella terapia cardiovascola-
re e, quindi, meritano un esame orientato sulla variabile del genere.

5.1.3. Inibitori dell’enzima di conversione (ACE-inibitori)


I farmaci in grado di inibire l’enzima di conversione dell’angioten-
sina sono numerosi, tuttavia sono state osservate poche differenze
farmacocinetiche di genere in questa classe di composti. Non vi sono,
infatti, differenze per captopril e lisinopril, mentre per ramipril è sta-
ta evidenziata una maggiore biodisponibilità nella donna [Jochmann,
2005]. Anche nel caso degli ACE-inibitori poche donne sono state ar-
ruolate negli studi e questo, ancora una volta, non permette di trarre
conclusioni definitive. Tuttavia, l’impiego di ramipril in pazienti ad alto
rischio cardiaco sembra prevenire la mortalità per eventi coronarici
sia nell’uomo sia nella donna (studio HOPE, Tabella IX), mentre con
perindopril si conferma il risultato negli uomini, ma non nelle donne,
pur osservandosi una lieve risposta positiva, forse perché lo scarso
arruolamento, pari al 14,5%, non supporta lo studio con la sufficiente
potenza statistica [Jochmann, 2005].
In linea generale, e con le limitazioni dovute alla bassa numerosità
campionaria, si osserva un’efficacia minore di circa 1,5-2 volte nelle
ues Q

donne rispetto agli uomini e, allo stesso tempo, una maggiore preva-
to e

lenza di alcuni effetti collaterali, come la tosse [Os, 1992; Fan, 2008]
boo

e l’edema angioneurotico [Miller, 2006], mentre non sono state ri-


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scontrate differenze genere-specifiche per quanto riguarda l’orticaria


arti

[Jochmann, 2005].
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Farmacologia di Genere

Studio Riferimento Donne (%) Farmaci

AASK [Wright, 2002] 39 Ramipril vs metoprololo o


amlodipina
ABCD [Schrier, 2000] 33 Enalapril vs nisoldipina
ACCESS [Schrader, 2003] 48 Candesartan vs placebo
ALLHAT [ALLHAT Officers and 32 Lisinopril vs clortalidone
Coordinators for the
ALLHAT Collaborative
Research Group,
2002]
CAPPP [The CAPPP Group, 47 Captopril vs atenololo o metoprololo
1990]
CHARM-low [Young, 2004] 26 Candesartan
LVEF
CONSENSUS [The CONSENSUS 30 Enalapril
Trial Study Group,
1987]
E-COST [Suzuki, 2005] 46 Candesartan vs calcio-antagonisti
ELITE-II [Pitt, 2000] 31 Losartan
EUROPA [Fox, 2003] 13 Perindopril vs placebo
FACET [Tatti, 1998] 23 Fosinopril vs amlodipina
HOPE [Yusuf, 2000] 21 Ramipril vs placebo
IDNT [Parving, 2001] 31,2 Irbesartan vs amlodipina o placebo
JMIC [Yui, 2004] 24 Imidapril vs nifedipina
MOSES [Schrader, 2005] 46 Eposartan vs nitrendipina
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PROGRESS [PROGRESS 30 Perindopril vs indapamide


to e

Collaborative Group,
2001]
boo
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RENAAL [Parving, 2001] 23 Irbesartan vs placebo


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SCOPE [Trenkwalder, 2005] 23 Candesartan vs tiazidici


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Continua >
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Elementi di farmacoterapia di genere

> Segue

Studio Riferimento Donne (%) Farmaci

SOLVD [The SOLVD 13 Enalapril


prevention Investigators, 1992]
SOLVD [The SOLVD 20 Enalapril
treatment Investigators, 1991]
STOP-2 [Hansson, 1999] 67 Enalapril o lisonipril vs diuretici o
beta-bloccanti
UKPDS [UK Prospective 46 Captopril vs atenololo
Diabetes Study
Group, 1998]
Val-HeFT [Cohn, 2001] 20 Valsartan
V-HeFT II [Cohn, 1991] 0 Enalapril vs idralazina-isosorbide
dinitrato
VALUE [Julius, 2004] 38 Valsartan vs amlodipina

Tabella IX. Alcuni studi di prevenzione con bloccanti del recettore dell’angiotensina
II (ARB) e ACE-inibitori

Relativamente all’uso di ACE-inibitori nello scompenso cardiaco


ka
(Tabella IX), la maggior parte dei trial clinici ha arruolato, ancora unaQuesto eboo
volta, uno scarso numero di donne e ciò non permette un’analisi sta-
tistica adeguata, nonostante gli ACE-inibitori siano tra i farmaci più
utilizzati. Sono disponibili due metanalisi che suggeriscono un effetto
positivo degli ACE-inibitori nelle donne. Nella prima, che ha esaminato
30 studi per un totale di 1.597 donne, viene evidenziata una riduzione
della percentuale di mortalità delle pazienti trattate rispetto a quelle
non trattate, con valori che si aggirano intorno al 15% [Garg, 1995].
La seconda metanalisi, comprendente 2.373 donne, suggerisce una
maggiore efficacia degli ACE-inibitori nelle donne sintomatiche rispet-

57
Farmacologia di Genere

to a quelle asintomatiche [Shekelle, 2003]. Purtroppo entrambe le


metanalisi hanno limiti di confidenza superiori a 1 e ciò rende i risul-
tati alquanto incerti.

5.1.4. Antagonisti dei recettori di tipo 1 dell’angiotensina (ARB)


Altro caposaldo della terapia dello scompenso cardiaco e dell’iper-
tensione arteriosa è rappresentato dagli antagonisti dei recettori di
tipo 1 dell’angiotensina, o sartani. Anche per i sartani si registra un
basso arruolamento delle donne negli studi clinici e solo per cande-
sartan e valsartan sono stati raccolti dati di genere (Tabella IX).
Prima di tutto occorre sottolineare che le differenze farmacocineti-
che sono poche e riguardano losartan e telmisartan, che raggiungono
concentrazioni plasmatiche doppie nelle donne. Nonostante ciò non
sono raccomandate modificazioni nel dosaggio [Jochmann, 2005]. Le
donne trattate con losartan, a parità di risposta pressoria, mostra-
no però un’ipertrofia ventricolare sinistra residua maggiore rispetto
ai maschi [Gerdts, 2008]. L’associazione di irbesartan e idroclortia-
zide (studio INCLUSIVE) evidenzierebbe una diminuzione pressoria
maggiore nelle donne rispetto agli uomini, probabilmente dovuta a
ok a
concentrazioni plasmatiche superiori (11-44%) anche se significative Questo ebo

differenze di tipo farmacocinetico non sono state ancora confermate


[Saunders, 2008]. In termini di efficacia, la terapia con candesartan
o con valsartan riduce l’endpoint combinato sopravvivenza-ospe-
dalizzazione nelle donne [Young, 2004; Cohn, 2001]. Per valsartan
nella donna si osserva un particolare effetto collaterale, consisten-
te nell’aumento del desiderio sessuale, che, invece, non è osservato
nell’uomo [Fogari, 2004]. In conclusione, è possibile che l’efficacia
dei sartani rispetto agli ACE-inibitori sia maggiore nelle donne, come
suggerisce anche uno studio canadese [Miller, 2006].

58
Elementi di farmacoterapia di genere

5.1.5. Antagonisti dell’aldosterone


Gli antagonisti dell’aldosterone non sembrano presentare diffe-
renze farmacocinetiche e farmacodinamiche significative tra uomo e
donna, confermando però anche in questa area di studio una per-
centuale di arruolamento di donne inferiore al 30% [Pitt, 1995; Pitt,
2001] (Tabella VIII, pag. 53). Gli studi disponibili che hanno utilizzato
gli antagonisti dell’aldosterone mostrano una riduzione della mortali-
tà nelle donne.

5.1.6. Calcio-antagonisti
Le differenze farmacocinetiche osservate in alcuni calcio-antagoni-
sti sono illustrate nella Tabella X, ma non è ancora sufficientemente
chiaro se tali variazioni abbiano rilevanza clinica.

Farmaco Riferimento Differenze farmacocinetiche

Verapamil [Watkins, 1992; La clearance allo steady state, normalizzata ok a


Questo ebo
Gupta, 1995] per il peso, è 50% più alta nelle donne,
soprattutto se anziane, rispetto agli uomini

Nifedipina- [Greenblatt, 2008] Maggior metabolismo nelle donne


nimodipina

Amlodipina [Abad-Santos, 2005] La biodisponibilità è leggermente più alta nelle


donne forse a causa del loro peso inferiore

Diltiazem [Sáenz-Campos, 1995] AUC e Cmax più elevate nei maschi, ma non si
raggiunge la significatività statistica

Tabella X. Differenze farmacocinetiche di alcuni calcio-antagonisti


AUC = area sotto la curva concentrazione-tempo; Cmax = concentrazione massima

59
Farmacologia di Genere

Le differenze farmacodinamiche sono scarse, anche se in uno studio


con amlodipina si osserva, dopo aggiustamento della dose per il peso
corporeo, una riduzione della pressione arteriosa più pronunciata nelle
donne rispetto agli uomini; questo effetto è associato all’uso di contrac-
cettivi orali [Jochmann, 2005]. La scarsità dei dati non permette, tutta-
via, nessuna conclusione definitiva. Lo studio VALUE ha dimostrato che
amlodipina nelle donne si associa a una maggiore riduzione della pres-
sione arteriosa e degli eventi cardio- e cerebrovascolari in confronto a
valsartan [Julius, 2004]; come si vede dalla Tabella IX lo studio arruola
solo il 38% di donne. Lo studio ASCOT indica che l’associazione amlo-
dipina/perindopril, in entrambi i sessi, è efficace nel ridurre gli eventi
cardiovascolari e l’incidenza di diabete [Dahlöf, 2005].

5.1.7. Diuretici
I diuretici sono molto utilizzati, specialmente negli anziani e soprat-
tutto nelle donne. A causa delle cadute associate alle vertigini, co-
stituiscono la terza causa di effetti avversi negli anziani in comunità
e potrebbero essere responsabili di osteoporosi in entrambi i sessi
[Lim, 2009]. L’ipopotassemia e l’iponatremia da diuretici sembrano
ok a
essere più frequenti nelle donne [Widmer, 1995] e i disturbi dell’equi- Questo ebo

librio elettrolitico possono portare ad aritmie; pertanto non meraviglia


che l’uso cardiaco di furosemide (< 80 mg) sia associato a una mag-
giore mortalità nelle donne affette da scompenso cardiaco rispetto
agli uomini [Cohen, 2004].

Alcuni studi suggeriscono che, per quanto riguarda la pressione


arteriosa, sia più difficile nelle donne raggiungere i valori pressori tar-
get in confronto agli uomini; tuttavia quando si raggiungono i valori
target la riduzione di rischio appare più rilevante nelle donne rispetto

60
Elementi di farmacoterapia di genere

agli uomini [Hajjar, 2003; Messerli, 2002; European Society of Hyper-


tension-European Society of Cardiology Guidelines Committee, 2003;
MacMahon, 1994; Vasan, 2001]

5.1.8. Glicosidi digitalici


Le piante medicinali contenenti glicosidi cardioattivi e il loro
impiego clinico sono noti sin dagli antichi Egizi. Digossina, in par-
ticolare, è stata introdotta nella pratica clinica più di 200 anni or
sono, diventando uno dei farmaci più comunemente prescritti per
il trattamento dello scompenso cardiaco. Il suo utilizzo, tuttavia, ne-
gli ultimi decenni ha registrato una notevole diminuzione almeno in
questa indicazione a causa dell’incertezza sulla sua sicurezza ed
efficacia. A tale scopo nel 1991 è stato condotto un ampio studio
clinico randomizzato, denominato The Digitalis Investigation Group
Trial, che ha coinvolto oltre 300 centri negli Stati Uniti e in Canada
e ha reclutato circa 8.000 pazienti per chiarire efficacia e tossicità
di digossina [The Digitalis Investigation Group, 1997]. Due analisi
successive dei dati raccolti dallo studio (post-hoc analysis) hanno
evidenziato che la mortalità da digossina aumenta nella donna, ma
ka
uesto eboo
non nell’uomo, in confronto al placebo (hazard ratio pari a 1,23%).Q
Tuttavia è bene ricordare che non tutti concordano su questo pun-
to [Domanski, 2005]. Le principali differenze di genere descritte per
digossina riguardano la farmacocinetica: nelle donne il farmaco rag-
giunge livelli ematici maggiori rispetto agli uomini; inoltre il bersaglio
dei glicosidi cardioattivi digitalici (la Na+/K+ ATPasi) sembra avere un
comportamento sessualmente dimorfico [Jochmann, 2005].
Accanto al sospetto di una minore efficacia nel corso di scompen-
so, si deve tener conto che digossina provoca un maggior numero di
effetti collaterali nelle donne rispetto agli uomini [Aarnoudse, 2007].

61
Farmacologia di Genere

5.1.9. Antiaritmici
In merito ai farmaci antiaritmici sono disponibili solo studi fram-
mentari che impediscono qualsiasi suggerimento di ordine generale.
In particolare, flecainide, un bloccante dei canali del sodio utilizza-
to nelle aritmie sopraventricolari, presenta delle notevoli differenze
farmacocinetiche di genere. Negli uomini, infatti, si raggiungono livelli
plasmatici inferiori e la conseguenza è che flecainide è più efficace
nelle donne [Doki, 2007].
Procainamide nella formulazione ritardo ha una farmacocinetica
molto simile fra uomo e donna; tuttavia nelle donne appare opportu-
no correggere la dose sulla base del peso corporeo [Koup, 1998].
Amiodarone è uno dei farmaci antiaritmici più utilizzati ed è molto
efficace nel mantenere il ritmo sinusale in pazienti con fibrillazione
atriale. Tuttavia è associato a numerose reazioni avverse (fra l’altro
amiodarone è capace d’indurre in maniera genere-specifica la sin-
drome del QT lungo, per la cui trattazione si rimanda al Paragrafo
6.2.1). Inoltre, nei pazienti con fibrillazione atriale, la bradicardia
indotta da amiodarone sembra richiedere inserzione del pacema-
ker più frequentemente nelle donne che negli uomini, indipenden-
ok a
temente dal peso o dall’indice di massa corporea [Essebag, 2007]. Questo ebo
Amiodarone è un farmaco altamente liposolubile ed è caratterizzato
da una lunghissima emivita e tende ad accumularsi nei tessuti, spe-
cialmente in quello adiposo [Plomp, 1990] che è quantitativamente
maggiore nella donna. Nelle donne, inoltre, i livelli ematici risultano
essere più elevati rispetto a quelli degli uomini [Plomp, 1990] e ciò
potrebbe essere correlato a una maggiore bradicardia. In linea ge-
nerale, comunque, nonostante le differenze sopra elencate, sembra
che l’efficacia terapeutica non presenti significative differenze di ge-
nere [Jochmann, 2005].

62
Elementi di farmacoterapia di genere

5.1.10. Statine

Il metabolismo dei lipidi presenta delle differenze di genere estre-


mamente rilevanti, tanto che è uno dei pochi settori in cui i valori di
riferimento sono differenziati in base al sesso; ciò dipende anche dal

Studio Riferimento Farmaco Donne (%) Effetto Commenti

4S [AA.VV., Simvastatina 19 Rischio di eventi Basso


1994] coronarici maggiori: potere
donne = uomini statistico

CARE [Sacks, Pravastatina 14 < eventi coronarici Basso


1996] fatali e infarti potere
del miocardio statistico
non fatali: 46%
nelle donne vs il
20% dell’intera
popolazione

LIPID [Hague, Pravastatina 17 Morte per malattia Basso


2003] coronarica potere
(endpoint statistico
primario): ok a
donne = uomini Questo ebo

MRC/ [Collins, Simvastatina 30 Mortalità ed eventi Basso


BHF Heart 2002] vascolari fatali o potere
Protection non fatali: statistico
Study donne = uomini

PROSPER* [Shepherd, Pravastatina 51 < della mortalità Analisi


2002] cardiaca: forse più per sotto-
pronunciata negli gruppo
uomini

Tabella XI. Studi condotti con le statine in prevenzione secondaria


* non efficace tra i 70 e gli 80 anni e aumento dell’incidenza del carcinoma mammario

63
Farmacologia di Genere

fatto che il metabolismo lipidico è grandemente influenzato dagli or-


moni sessuali e quindi anche dalla somministrazione delle associa-
zioni estro-progestiniche [Legato, 2004].
Le variazioni dell’assetto lipidico rappresentano uno dei più impor-
tanti fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e il suo miglio-
ramento può essere raggiunto attraverso il cambiamento degli stili
di vita e la terapia farmacologica. Tra i farmaci ipolipidemizzanti le
statine occupano un ruolo di grande rilievo.
Nella Tabella XI, relativa ai trial di prevenzione secondaria, è evi-
denziato ancora una volta che le donne sono sottorappresentate nel-
la maggioranza degli studi: spesso manca l’analisi per sottogruppo e
frequentemente non è stata raggiunta la validità statistica.
La situazione appare più critica quando si parla di prevenzione
primaria [Kendrick, 2007] e alcuni Autori sostengono addirittura che
non vi sono evidenze sufficienti a sostenere che le statine riducano il
rischio cardiovascolare nelle donne [Walsh, 2004]. Un’altra metana-
lisi, condotta per valutare l’efficacia delle statine in donne anziane,
non giunge a conclusioni così nette e asserisce che le statine posso-
no avere un certo effetto benefico senza però raggiungere l’evidenza
scientifica [Ali, 2007]. Un recente studio giapponese comprendente
ok a
più di 5.000 donne, pari a oltre il 64% dei soggetti arruolati, ha invece Questo ebo
evidenziato una buona efficacia nel sesso femminile (Tabella XII) [Mi-
zuno, 2008]. Analogamente The Collaborative Atorvastatin Diabetes
Study evidenzia una riduzione degli eventi sia negli uomini sia nelle
donne, che rappresentano il 32% degli arruolati [Colhoun, 2004]. Una
recente metanalisi che ha incluso circa 70.000 pazienti (di cui il 34%
donne, età media = 63 anni), molto eterogenei per livello di rischio,
per statina somministrata e per dose, evidenzia in entrambi i sessi
un effetto positivo su tutte le cause di morte e sugli eventi cardiova-
scolari e cerebrali maggiori [Brugts, 2009]. I precedenti risultati sono

64
Elementi di farmacoterapia di genere

Studio Referenza Farmaco Pazienti Donne (%) Effetti Commenti

AFCAPS/ [Downs, 1998] LSV Con alterazio- 13* Donne = Basso


TexCAPS ne del quadro uomini potere
lipidico statistico
ALLHAT- [ALLHAT PRV vs Ipertesi 49 Non si
LLT Officers and normale osserva
Coordinators terapia riduzione
for the ALLHAT degli eventi
Collaborative
Research Group,
2002]
ASCOT- [Sever, 2003] ATV vs Ipertesi 9 Nessun ef- Basso
LLA placebo fetto nelle n. donne
donne arruolate
ASPEN [Knopp, 2006] ATV Diabetici 38 Nessun Basso
effetto n. donne
arruolate
CARDS [Colhoun, ATV Diabetici 32 Donne = Basso
2004] uomini potere
statistico
HPS [Collins, 2004] SMV Ipertesi e 23 Donne = Basso
ipercolestero- uomini n. donne
lemici arruolate
ok a
Jupiter [Ridker, 2008] RSV Senza 38,5 Donne = Studio Questo ebo
iperlipidemia, uomini con molti
ma PCR alta problemi
MEGA [Mizuno, 2008] PRV 43 Donne = Solo
uomini asiatici
WOSCOPS [Shepherd, PRV Alterazioni 0 Positivi solo Nessuna
1995] assetto nell’uomo donna
lipidico

Tabella XII. Alcuni studi condotti con le statine in prevenzione primaria


* donne in menopausa
ATV = atorvastatina; LSV = lovastatina; PCR = proteina C reattiva; PRV = pravastatina;
RSV = rosuvastatina; SMV = simvastatina

65
Farmacologia di Genere

anche confermati da un articolo che comprende gli studi pubblicati


fino al gennaio 2008 [Petretta, 2010]. Recentemente Ridker [Ridker,
2008] e Mora [Mora, 2010] hanno evidenziato, analizzando lo studio
JUPITER, una certa efficacia di rosuvastatina verso placebo (20 mg
per 2 anni) nella prevenzione primaria nelle donne che hanno un pro-
filo di rischio cardiovascolare elevato, sebbene in maniera inferiore
rispetto agli uomini. L’inclusione dello studio JUPITER nella metanalisi
condotta da Mora suggerisce, a differenza delle precedenti metanali-
si, una certa efficacia delle statine in prevenzione.
La presenza di dati così contrastanti gli uni dagli altri, anche nelle
metanalisi, pone quindi delle incertezze sull’efficacia della terapia
con statine in prevenzione primaria (Tabella XII) che invece appaiono
assenti nella prevenzione secondaria, sia nelle donne sia negli uo-
mini.
Inoltre, risulta particolarmente difficile avere informazioni sulla si-
curezza del trattamento in una prospettiva di genere anche perché i
dati non sono stati disaggregati per sesso [Rosenberg, 2008]. Le sta-
tine sono generalmente considerate farmaci che provocano pochi ef-
fetti collaterali, nella maggior parte dei casi lievi e reversibili. Alcuni
studi hanno però evidenziato che le donne possono sviluppare più
ok a
frequentemente miopatia rispetto agli uomini e, oltretutto, non è stata Questo ebo
considerata la particolare vulnerabilità femminile ai problemi musco-
lari [Rosenberg, 2008]. In un piccolo studio condotto su soggetti con
ipercolesterolemia familiare che praticavano attività sportiva a livello
agonistico, solo il 20% delle donne era in grado di tollerare le statine
[Kendrick, 2007]. È doveroso rimarcare il fatto che i medici tendono a
sottovalutare gli effetti collaterali da statine e questo atteggiamento
influenza anche il paziente che, non adeguatamente informato dal
medico, sottostima i sintomi e il peggioramento della qualità della vita
[Kendrick, 2007]. D’altra parte è stato calcolato che l’1-5% dei sog-

66
Elementi di farmacoterapia di genere

getti che assumono statine soffra di disturbi muscolari (dolore, debo-


lezza, crampi accompagnati da un aumento della creatina chinasi)
che possono portare anche al drop-out [Kapur, 2008]. Alcuni Autori
sostengono che nella pratica clinica la percentuale di pazienti in trat-

Statina Riferimento Enzimi CT (-) LDL (-) HDL (+) TG (-) Commenti

Atorvastatina [Lennernäs, CYP3A4 25/45 26/60 5/13 17/53 Livelli


(lipofila) 2003] ematici <
nelle donne

Fluvastatina [Scripture, CYP2C9 16/27 22/36 3/11 12/25 Donne =


(lipofila) 2001] uomini

Lovastatina [Vree, CYP3A4 16/34 21/42 2/10 6/27 Donne >


(lipofila) 2003] uomini,
beta-idros-
siacido*

Simvastatina [Vree, CYP3A e 19/36 26/47 8/16 12/34 Beta-idros-


(lipofila) 2003] CYP2C8 siacido*:
donne >
uomini
o ok a
Pravastatina [Pan, 1993] No 16/25 22/34 2/12 15/24 AUC > negli Questo eb
(idrofila) substrato anziani
CYP soprattutto
se donne

Rosuvastatina [Li Y, 2007] CYP2C19 33/46 45/63 8/14 10/35 Uomini


(idrofila) = donne
(asiatici)

Tabella XIII. Confronto fra le diverse statine sui parametri dell’assetto lipidico e sul
loro metabolismo
* metabolita attivo
AUC = area sotto la curva concentrazione-tempo; CT = colesterolo totale; HDL = lipoproteine ad
alta densità; LDL = lipoproteine a bassa densità; TG = trigliceridi

67
Farmacologia di Genere

tamento con statine che presentano disturbi a carico dell’apparato


muscolare potrebbe anche raggiungere il valore del 33%. Per lovasta-
tina, atorvastatina e simvastatina, statine metabolizzate dall’isoforma
microsomiale del citocromo CYP3A4 (Tabella XIII), l’incidenza dei di-
sturbi muscolari sembra essere maggiore e si possono verificare im-
portanti interazioni con alcuni inibitori del citocromo P450, come eri-
tromicina e gli antifungini azolici [Kapur, 2008]. Come illustrato in
Tabella XIII, infatti, le singole statine presentano caratteristiche far-
macocinetiche molto diverse. Ad esempio, quelle lipofile possono pre-
sentare un volume di distribuzione maggiore nelle donne, mentre
quelle che sono substrato del CYP3A possono essere metabolizzate
più velocemente. Nelle giovani donne, inoltre, è necessario tenere
presente un probabile effetto teratogeno, essendo stati evidenziati
disturbi neurologici gravi e disturbi agli arti in bambini nati da donne
che nel corso della gravidanza avevano assunto statine [Taguchi,
2008].
I dati attualmente a disposizione sulle statine fanno sperare che
nel futuro si giunga finalmente a progettare studi in cui le donne siano
maggiormente rappresentate e che prevedano l’analisi di genere, in
modo tale da individuare la statina e il relativo dosaggio più adatti al Questo ebo
ok a
trattamento delle donne.

5.1.11. Niacina

Se le statine sono state studiate poco nelle donne, niacina lo è


stata ancor meno. Questo fatto rappresenta una grave carenza del-
la ricerca farmacologica, poiché niacina si è rivelata molto efficace
nella prevenzione primaria e secondaria negli uomini grazie a effetti
di innalzamento dei valori di HDL molto più marcati rispetto ad altri

68
Elementi di farmacoterapia di genere

farmaci ipolipidemizzanti presenti sul mercato [Canner, 1986]. In con-


siderazione del fatto che numerosi studi indicano che l’aumento dei
livelli di HDL produce effetti particolarmente protettivi, si auspica che
la ricerca in merito approfondisca presto questi aspetti e gli effetti
della terapia con niacina anche in rapporto al genere.

5.1.12. Fibrati

Questi farmaci riducono i trigliceridi e hanno una qualche efficacia


nel ridurre il rischio di eventi in prevenzione secondaria in entrambi
i sessi. Lo studio FIELD ha anche dimostrato che nei pazienti in pre-
venzione primaria fenofibrato riduce gli eventi cardiovascolari nelle
donne ma non negli uomini. Questo non meraviglia perché i trigliceridi
sono un maggior fattore di rischio nelle donne che non negli uomini
[Legato, 2004], supportando il concetto di una diversa importanza
delle frazioni lipoproteiche nei due sessi.

5.1.13. Ezetimibe

Ezetimibe è un farmaco relativamente nuovo che inibisce seletti-Questo ebook a


vamente, a livello dell’orletto a spazzola della cellula della mucosa
dell’intestino tenue, l’assorbimento del colesterolo, di origine sia ali-
mentare sia biliare. Ezetimibe, associato alle statine, riduce maggior-
mente le LDL in confronto al risultato ottenuto con la sola statina. Per
quanto riguarda il genere, non si osservano differenze di efficacia e si-
curezza [Bennett, 2004]. Tuttavia l’Australian Adverse Drug Reactions
Bulletin, il bollettino di farmacovigilanza australiano, ha segnalato la
possibilità che questa molecola sia responsabile di episodi depressivi
e questo potrebbe essere particolarmente grave per le donne, nelle

69
Farmacologia di Genere

quali l’incidenza della depressione è maggiore [��������������������


The Adverse Drug Re-
actions Advisory Committee, 2006].

5.2. Antiaggreganti, trombolitici e anticoagulanti


Le differenze di genere nella prevalenza e nella sintomatologia
della trombosi venosa e arteriosa sono state ampiamente descritte
[Bailey, 2009]; oltre che nell’uomo questo si verifica anche in alcuni
modelli animali [Hamilton, 2004]. Tra i fattori implicati nel fenomeno
rammentiamo il diverso pattern della secrezione dell’ormone della
crescita, che determina una diversa espressione dei geni responsabi-
li della sintesi delle proteine che regolano i processi di coagulazione
[Wong JH, 2008]. La somministrazione dell’ormone della crescita pro-
lunga il tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTT) nell’uomo,
ma non nella donna [Miljic, 2006]. Nei megacariociti e nelle piastrine
sono presenti i recettori degli estrogeni, del progesterone e degli an-
drogeni [Miller, 2008; Khetawat, 2000] e ciò suggerisce che lo stato
ormonale possa influenzare il fenotipo dei megacariociti e, di con-
ok a
seguenza, quello piastrinico. Ad esempio le variazioni ormonali che Questo ebo
portano alla maturità sessuale diminuiscono l’aggregazione piastrini-
ca nei maschi, ma non nelle femmine [Jayachandran, 2004]. Inoltre
sono state descritte altre differenze, come la maggior risposta delle
piastrine ottenute dagli uomini agli alfa2-agonisti e alla serotonina,
mentre le piastrine ottenute dalle donne hanno un minor numero di
glicoproteina IIb/IIIa [Bailey 2009]. La conferma dell’importanza degli
ormoni sessuali femminili sull’attività delle piastrine deriva anche dal
fatto che questa varia nel corso del ciclo mestruale [Suzuki, 1995] e
in gravidanza [Hayashi, 1999] e che il testosterone riduce l’attivazione

70
Elementi di farmacoterapia di genere

piastrinica. Queste differenze biologiche possono influenzare l’azione


dei farmaci che interferiscono con questa importante funzione.

5.2.1. Acido acetilsalicilico


L’acido acetilsalicilico (ASA) è il farmaco più usato nella terapia an-
tiaggregante. Sebbene nella storia della medicina le virtù terapeutiche
dell’acido salicilico si trovino citate già nel Papiro di Ebers, la raccolta
egizia di testi di medicina e ricette terapeutiche risalenti al 1550 a.C.
circa, il relativo meccanismo d’azione è stato identificato soltanto nella
seconda metà del secolo scorso. Il bersaglio dell’acido acetilsalicilico
sono le ciclossigenasi (COX), che acetila irreversibilmente. La COX2,
costitutivamente espressa sull’endotelio e nelle piastrine molto giova-
ni, una volta acetilata produce l’acido 15(R)-idrossieicosatetraenoico
(15R-HETE), acido grasso polinsaturo che agisce soprattutto come ini-
bitore del traffico e dell’attivazione dei leucociti. Il 15R-HETE, attraver-
so la lipossigenasi dei leucociti, viene trasformato nella 15-epilipossina
A4, provvista di attività antinfiammatoria molto marcata. I meccanismi
appena descritti mostrano una specificità di genere [Chiang, 2006].
Infatti nelle donne si osserva una correlazione positiva tra età e produ-
ok a
Questo ebo
zione di lipossina che non si osserva, invece, nel maschio, dove si regi-
stra perfino il fenomeno inverso. L’acetilazione della COX1 piastrinica
porta a riduzione della produzione di trombossano.
I livelli plasmatici e la biodisponibilità dell’acido acetilsalicilico e
dell’acido salicilico sono significativamente più alti nelle donne di tut-
te le età rispetto agli uomini, anche dopo normalizzazione per il peso
corporeo standard. Questo si associa al fatto che il principale enzima
coinvolto nel metabolismo di ASA è generalmente inferiore nelle don-
ne rispetto agli uomini [Franconi, 2007]. I livelli dei prodotti coniugati,
sia con la glicina sia con l’acido glucuronico, sono più elevati negli uo-

71
Farmacologia di Genere

mini, soprattutto se confrontati con donne facenti uso di associazioni


estro-progestiniche [Franconi, 2007]. Nella comunità scientifica è ar-
gomento di ampia discussione se queste differenze possano avere un
risvolto nella pratica clinica.
L’efficacia di ASA nella prevenzione secondaria delle malattie cardio-
vascolari è fuori da ogni dubbio ed è ampiamente dimostrata, mentre
si discute della sua efficacia nella prevenzione primaria, indicazione
peraltro non riconosciuta in alcuni Paesi europei e negli Stati Uniti.
Gli studi di prevenzione primaria sono riassunti in Tabella XIV: i primi
tre hanno arruolato esclusivamente soggetti di sesso maschile e non
sono utilizzabili per analizzare il parallelo impiego nelle donne; due di
essi evidenziano una diminuzione del rischio di infarto del miocardio
senza una corrispondente riduzione di mortalità, mentre nel British
Doctor’s Trial non viene mostrato nessun effetto positivo del tratta-

Studio Riferimento Soggetti % donne

Physician’s [Steering Soggetti: sani (22.071) 0


Health Study Committee of Età: 40-85
ok a
Group the Physicians’ Durata dello studio: 5 anni Questo ebo
Health Study Doppio cieco
Research Group, Dose: 325 mg/die
1989] Placebo: sì
Terapia addizionale: betacarotene
Livello di qualità: buono

British [Peto, 1988] Soggetti: sani (5.139) 0


Doctor’s Trial Durata dello studio: 5 anni
Open-label
Dose: 500 mg/die
Placebo: no
Livello di qualità: sufficiente
Continua >

72
Elementi di farmacoterapia di genere

> Segue

Studio Riferimento Soggetti % donne

Thrombosis [The Medical Soggetti: ad alto rischio di malattia 0


Prevention Research coronarica (5.085)
Trial Council’s General Durata dello studio: 6,8 anni
Practice Research Doppio cieco
Framework, Dose: 75 mg/die
1998] Placebo: sì
Terapia addizionale: warfarin
Livello di qualità: buono
Hypertension [Hansson, 1998] Soggetti: con pressione arteriosa 47
Optimal diastolica tra 100-115 mmHg (18.790)
Treatment Durata dello studio: 3,8 anni
Doppio cieco
Dose: 75 mg/die
Placebo: sì
Terapia addizionale: felodipina con o
senza ACE-inibitori e beta-bloccanti
Livello di qualità: buono
Primary [de Gaetano, Soggetti: con almeno un fattore di 57
Prevention 2001] rischio per malattie cardiovascolari
Project (4.495)
Durata dello studio: 3,8 anni
In aperto
Dose: 100 mg/die
Placebo: no ok a
Terapia addizionale: vitamina E Questo ebo
Livello di qualità: sufficiente
Women’s [Ridker, 2005] Soggetti: femmine sane (39.876) 100
Health Study Durata dello studio: 10,1 anni
Doppio cieco
Dose: 100 mg/die
Placebo: sì
Terapia addizionale: vitamina E e
carotene (quest’ultimo sospeso dopo
2,2 anni)
Livello di qualità: buono

Tabella XIV. Studi sul trattamento con ASA in prevenzione primaria

73
Farmacologia di Genere

mento. Nei due studi che hanno arruolato pazienti ad alto rischio si
riscontrano risultati positivi. La successiva metanalisi [Hayden, 2002]
conferma che ASA riduce il rischio per l’endpoint combinato infarto
del miocardio non fatale e malattie cardiache fatali; tuttavia si assiste
a un aumento statisticamente significativo delle emorragie cerebrali
e gastrointestinali.
Nel 2005 è stato pubblicato un lavoro che ha arruolato solamen-
te donne e ha evidenziato la riduzione di eventi ischemici cerebrali
soprattutto nelle ex-fumatrici e nelle donne anziane [Ridker, 2005]
(Tabella XIV).
Gli studi descritti in Tabella XIV sono stati analizzati in una metana-
lisi del 2006, dedicata specificamente al genere, dalla quale è emer-
so che che l’uso di ASA riduce significativamente il rischio di ictus
(17%) senza ridurre in maniera significativa l’infarto del miocardio e
la mortalità nelle donne [�������������������������������������������
Berger, 2006]������������������������������
. Negli uomini, invece, si os-
serva una riduzione significativa dell’infarto del miocardio (32%), ma
non si osserva una riduzione dell’infarto cerebrale e della mortalità
cardiovascolare. La metanalisi ha inoltre evidenziato che è necessa-
rio trattare 330 donne per ottenere una diminuzione del rischio pari
a 4 eventi su 1.000 trattati, mentre bisogna trattare 270 uomini per
ok a
ottenere una diminuzione di 4 eventi su 1.000 trattati. Le emorragie, Questo ebo
invece, sono state registrate più frequentemente negli uomini: infatti
è necessario trattare 400 donne contro 303 uomini per 6,4 anni af-
finché si verifichi un evento emorragico maggiore.
Nel marzo 2009 è apparso un aggiornamento delle linee guida
prodotte dalla Preventive Services Task Force degli Stati Uniti, che
ha assegnato all’uso di ASA negli uomini di età compresa tra i 45 e
i 79 anni il massimo livello di raccomandazione affermando che il
rapporto rischio/beneficio è favorevole alla riduzione del rischio di
infarto rispetto al potenziale rischio emorragico [US Preventive Servi-

74
Elementi di farmacoterapia di genere

ces Task Force, 2009]. Per quanto riguarda le donne, le stesse linee
guida recitano che l’uso è consigliabile se esse hanno un età com-
presa tra i 55 e i 79 anni e se il rischio di eventi cerebrali calcolato
sulla coesistenza di altri fattori di rischio (età, diabete, ipertensione,
fumo, fibrillazione atriale, ipertrofia ventricolare sinistra) supera quel-
lo emorragico. Per entrambi i sessi non ci sono evidenze di benefici
dopo gli 80 anni di età.
In seguito è stata pubblicata sulla rivista Lancet un’altra metanali-
si che ha incluso gli studi elencati in Tabella XIV, dove i pazienti sono
stati considerati singolarmente per caratterizzare il rapporto rischio/
beneficio nei sottogruppi ottenuti dalla categorizzazione del livello
di rischio cardiovascolare [Antithrombotic Trialists’ Collaboration,
2009]. Purtroppo i dati della metanalisi non sono stati disaggregati
per il sesso, ma è emerso che per evitare un evento cardiovascolare
bisogna trattare 1.500 pazienti e che il trattamento con ASA ha mo-
strato di ridurre solamente il rischio di infarto del miocardio non fa-
tale. Le emorragie intra- ed extra-craniche sono risultate aumentate.
Infine nel 2009 alla Società Europea di Cardiologia sono stati ripor-
tati i risultati di uno studio che ha arruolato prevalentemente donne ok a
Questo ebo
(70%) e in cui ASA non ha mostrato nessun effetto positivo rispetto
al placebo, ma ha aumentato il rischio di sanguinamento. Tuttavia il
numero di pazienti arruolati era molto esiguo, circa 3.400 soggetti, e
includeva anche le malattie venose periferiche che non erano incluse
negli altri studi.
In conclusione rimane un problema ancora irrisolto se l’acido ace-
tilsalicilico sia efficace nella prevenzione primaria delle malattie car-
diovascolari, soprattutto quantificandone il rapporto rischio/beneficio
e la sostanzialità degli effetti distinguendo tra donne e uomini.

75
Farmacologia di Genere

5.2.2. Inibitori dei recettori purinergici


Negli scorsi anni sono state sviluppate numerose molecole che ini-
biscono irreversibilmente il recettore piastrinico P2Y12. I farmaci do-
tati di questo meccanismo d’azione attualmente in commercio sono
ticlopidina, clopidogrel e prasugrel. Essi sembrano avere la stessa ef-
ficacia clinica negli uomini e nelle donne [Bailey 2009]; forse le donne
presentano una maggior suscettibilità al sanguinamento [Michelson,
2008].

5.2.3. Eparina ed eparine a basso peso molecolare


Eparina è un anticoagulante che viene utilizzato da più di 80 anni.
Durante la terapia con eparina si osserva una serie di effetti collate-
rali quali sanguinamento, osteoporosi, alopecia, porpora trombocito-
penica e lesioni cutanee. Fino dal 1980 è noto che le donne sono più
a rischio di sanguinamento se sottoposte a terapia eparinica [Walker,
1980]. Essere donna comporta una maggiore frequenza di porpora
trombocitopenica, una patologia a base immunitaria più spesso in-
dotta da eparina ad alto peso molecolare [Warkentin, 2006]. Inoltre,
ok a
dopo l’aggiustamento della dose per il peso corporeo, dalteparina Questo ebo
porta a un aumento dei livelli di anti-Xa soprattutto nelle donne, sen-
za però ridurre la coagulazione con la stessa efficacia che si riscontra
nell’uomo.

5.2.4. Warfarin
Warfarin, noto farmaco anticoagulante, è un antagonista della vi-
tamina K e presenta un indice terapeutico molto stretto, essendo il
sanguinamento un evento avverso molto frequente; tale evento sem-

76
Elementi di farmacoterapia di genere

bra essere più frequente e più grave nelle donne che negli uomini
[Hughes, 2007].

5.2.5. Antitrombina e inibitori della glicoproteina IIb/IIIa


Dabigatran etexilato non presenta differenze farmacocinetiche nei
due generi [Stangier, 2009] così come bivalirudina, derivato sintetico
di irudina [Robson, 2002].
Abciximab, un anticorpo monoclonale chimerico, tirofiban, un an-
tagonista non peptidico della glicoproteina IIb/IIIa, ed eptifibatide, un
peptide ciclico, sono stati poco studiati nella donna: infatti una me-
tanalisi evidenzia che le donne arruolate in fase III non hanno mai
superato il 35% del totale dei pazienti arruolati e in uno studio non su-
perano il 4% [Labinaz, 2007]. Ciò nonostante queste molecole sem-
bano indurre un maggior sanguinamento nella popolazione femminile
e le donne vanno anche più facilmente incontro a un sovradosaggio
rispetto agli uomini (46% vs 16%) [Alexander, 2006].

ok a
5.3. Farmaci del sistema nervoso centrale Questo ebo

Negli ultimi anni sono state descritte le numerose differenze esi-


stenti tra cervello femminile e cervello maschile. Per esempio, è noto
che il cervello del maschio è di dimensioni maggiori mentre quello
femminile è più ricco di neuroni e interconnessioni. Di recente è stato
anche rilevato che gli estrogeni sono fattori di regolazione e promozio-
ne della neurogenesi [Gorman, 2006].
Non sorprende, quindi, che nella risposta ai farmaci attivi sul siste-
ma nervoso centrale vi siano delle differenze indotte dal genere.

77
Farmacologia di Genere

5.3.1. Analgesici
Numerose differenze di genere sono presenti nei sistemi che sot-
tendono al dolore, sia a livello animale sia a livello umano. Anche l’epi-
demiologia ha riscontrato che le donne sono più colpite dalle sindromi
dolorose croniche. Ciò nonostante nella sperimentazione pre-clinica
in algologia gli animali più utilizzati sono di sesso maschile. A questo
si aggiunge una scarsa cura nello scegliere il tipo di test sperimentale
che possa offrire la maggiore trasferibilità possibile in termini di ge-
nere, anche considerando che i maschi sono più sensibili agli stimoli
algogeni termici mentre le femmine sono più sensibili alla formalina,
che procura una risposta infiammatoria importante [Paller, 2009].
Classicamente gli analgesici si dividono in oppioidi e non oppioidi. I
primi, rappresentati dalla morfina e dai suoi analoghi e derivati, eser-
citano la loro azione farmacologica mediante tre sottotipi recettoriali:
μ, k e δ. Studi recenti evidenziano che gli agonisti di questi recettori
hanno un’azione più potente nelle donne piuttosto che negli uomini
[Paller, 2009]. Infatti, nel dolore post-operatorio, i pazienti di gene-
re maschile si autosomministravano oppioidi in dose circa 2,4 volte
maggiore rispetto alle pazienti di genere femminile. Alla maggior ef-
ok a
ficacia della morfina nelle donne si accompagna di conseguenza an- Questo ebo
che una maggiore probabilità di sviluppare depressione respiratoria.
Sembrerebbe che la necessità di dosi maggiori di morfina dipenda da
fattori farmacodinamici e non farmacocinetici. In effetti, negli animali
da esperimento e su cervelli umani ottenuti da cadaveri si è osser-
vato che nelle femmine si ha una maggiore densità dei recettori μ e
una maggiore affinità tra substrato e recettore. Anche le tecniche di
imaging cerebrale indicano differenze tra uomo e donna essendo, in
alcune aree cerebrali, la densità dei recettori condizionata anche dal
ciclo mestruale [Paller, 2009].

78
Elementi di farmacoterapia di genere

Le differenze di genere non si limitano al recettore μ,������������


��������������
ma interes-
sano anche i recettori k; le donne, infatti, sembrano presentare una
maggiore analgesia con i farmaci agonisti dei recettori k (pentazoci-
na, butorfanolo) per il dolore post-operatorio, al punto che numerosi
Autori sostengono che l’uso degli agonisti k nelle donne possa rappre-
sentare una valida alternativa alla morfina [Paller, 2009].
Anche i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) sono utilizzati
per indurre analgesia e soprattutto per il controllo del dolore acuto
e cronico. Nonostante essi siano largamente utilizzati nelle donne a
causa della maggiore prevalenza nel sesso femminile di situazioni al-
gogene (emicrania, dismenorrea, dolori osteomuscolari, ecc.) gli studi
specificamente disegnati per visualizzare le differenze di genere sono
scarsissimi e per di più, talvolta, le differenze risultanti sono contrad-
dittorie.
Differenze di genere sono state accertate con ibuprofene che, a
parità di concentrazioni plasmatiche, è più efficace negli uomini. Tale
differenza non è da imputarsi neanche a un differente dolore iniziale
perché l’analgesia è stata misurata come variazione dalle condizioni
basali [Paller, 2009]. Questi dati fanno sospettare differenze di tipo
farmacodinamico e ciò è coerente con le differenze di genere rilevate
ebook a
nei topi privi di COX1 e COX2, bersagli farmacologici di ibuprofene.Questo
Nei topi privi di tali enzimi, la somministrazione di antinfiammatori
ha maggiori effetti nelle femmine rispetto ai maschi quando vengono
testati nell’artrite indotta con l’adiuvante di Freund. Differenze di ge-
nere per quanto riguarda la COX2 sono state anche osservate a livello
cerebrale, dove la sua inibizione produce alterazioni cognitive nelle
femmine, ma non nei maschi [Guzmán, 2009].
Tutto ciò suggerisce che vi possono essere differenze di genere fino
ad oggi insospettate anche nel trattamento con gli antinfiammatori
non steroidei [Paller, 2009].

79
Farmacologia di Genere

Anche gli ASIC (Acid-Sensing Ion Channels), che giocano un ruolo


importante nella sensazione dolorosa, presentano delle differenze
di genere alquanto interessanti, poiché la somministrazione di ami-
loride, un bloccante aspecifico degli ASIC, blocca completamente la
risposta alla formalina nelle femmine ma non nei maschi e l’assenza
degli ASIC provoca un aumento del dolore nei maschi ma non nelle
femmine [Paller, 2009].

5.3.2 Anestetici generali


Riteniamo opportuno inserire in questo libro gli anestetici gene-
rali, sia per il loro specifico ruolo sia per la rilevanza che hanno in
medicina. Fra questi ci siamo focalizzati su desflurano, un anestetico
appartenente ai composti che si somministrano per via inalatoria, e
su propofol, che si somministra per via endovenosa. D’altra parte la
prima differenza di genere in farmacologia è stata proprio descritta
nel 1932 in seguito a somministrazione di barbiturici.
Desflurano appartiene al gruppo dei metiletileteri alogenati; in
particolare esso è alogenato unicamente con il fluoro [Laster, 1994].
Come gli altri agenti di questa classe, quando viene somministrato
ok a
Questo ebo
per via inalatoria produce effetti reversibili, dose-dipendenti, quali la
perdita di coscienza, la soppressione della sensibilità dolorifica, la
perdita dell’attività motoria volontaria e riduzione dei riflessi autono-
mi, agendo quindi sia sul SNC che sul SNA [Koblin, 1999].
L’addensamento elettronico intorno al legame etereo, che l’ulte-
riore fluorurazione del carbonio α-etilico comporta, stabilizza la mo-
lecola di desflurano e ne riduce la reattività chimica e fisico-chimica.
Tale sostituzione è alla base di molte delle sue peculiarità: infatti la
riduzione del peso molecolare conferisce a desflurano un aumento
di volatilità maggiore di ogni altro gas anestetico inalatorio [Strum,

80
Elementi di farmacoterapia di genere

1994], ne riduce la solubilità nel sangue e nei tessuti e comporta


una perdita di potenza (< MAC, minima concentrazione alveolare).
Inoltre, il fluoro rende l’anestetico più stabile, meno tossico e più solu-
bile, fornendo caratteristiche farmacocinetiche migliori [Grundmann,
1992]. A questo proposito, uno studio condotto da Yerer e colleghi
con desflurano e sevoflurano dimostra come il genere influenzi l’atti-
vità meccanica degli eritrociti di ratto e quindi la loro adattabilità, in
tal modo deteriorando o favorendo la perfusione d’organo durante
l’anestesia [Yerer, 2008]. In breve, con sevoflurano l’attività meccani-
ca e quindi l’adattabilità degli eritrociti aumenta nel genere maschi-
le, ma non nel genere femminile; mentre con desflurano aumenta in
ambedue i generi. Questi dati indicano ancora una volta che, quando
si tratta di differenze di genere, difficilmente si può parlare di un ef-
fetto di classe.
Il metabolismo d’organo di desflurano è praticamente assente e ciò
permette il suo impiego anche in pazienti affetti da grave patologia re-
nale ed epatica [Arslana, 2010]. Tuttavia, sperimentalmente, è stato
evidenziato che desflurano e sevoflurano inducono lesioni epatiche
nei giovani ratti femmine rispetto ai giovani maschi, essendo l’effetto
tossico maggiore in età avanzata. a
esto ebook
Passando alla clinica e usando come parametro i tempi di risve-Qu
glio, Tercan e colleghi hanno osservato che nel genere maschile
l’eliminazione di desflurano e di sevoflurano avviene più rapidamen-
te rispetto che nel genere femminile [Tercan, 2005]; ciò però non
avviene con tutti gli anestetici, tanto è vero che con propofol e re-
mifentanil si realizza la condizione inversa [H���������������������
ø��������������������
ymork, 2000]. Tutta-
via, Katoh e colleghi riportano che non ci sono differenze di genere
nella concentrazione dell’end-tidal e nel risveglio dei pazienti dopo
anestesia generale condotta con desflurano e sevoflurano [Katoh,
1993].

81
Farmacologia di Genere

Propofol è un altro anestetico che viene diffusamente usato per


l’induzione e il mantenimento dell’anestesia generale. Il meccanismo
d’azione risulta poco conosciuto. Ueno, in uno studio pubblicato nel
2009 [Ueno, 2009], riassume le differenze farmacocinetiche fra ane-
stetici, evidenzia che i maschi sono più sensibili all’azione di propofol
e indica che la dose standard prevista dovrà essere ridotta di circa il
30-40% rispetto al sesso femminile, al contrario di quanto avviene
con i curari rocuronio o vecuronio [Steinberg, 2009].
I dati qui presentati sono suggestivi del fatto le differenze di genere
nel campo dell’anestesia siano maggiori di quelle pensate, tanto che
per alcuni farmaci si consigliano dosaggi diversi nell’ambito dei due
generi.

5.3.3. Antidepressivi
La depressione è in costante aumento e tra i 14 e i 44 anni essa
costituisce la prima causa di disfunzionalità. In generale sono soprat-
tutto le donne a essere colpite, in misura doppia rispetto agli uomini,
ed è evidente che sono anche le maggiori consumatrici di farmaci
antidepressivi. Gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina
ok a
(SSRI) sono tra i farmaci più venduti e sono soprattutto utilizzati nelle Questo ebo

donne. Le reazioni avverse con gli SSRI sono abbastanza comuni e


sono più frequenti e più gravi nelle donne e queste ultime sembrano
rispondere meglio proprio agli SSRI e agli inibitori del reuptake della
serotonina e della noradrenalina, al contrario di quanto avviene agli
uomini che sembrano rispondere meglio ai triciclici [Sloan, 2003;
Kornstein, 2001], anche se su questo punto non tutti gli autori concor-
dano [Bigos, 2009]. In particolare le reazioni avverse includono pro-
blemi neurologici (22%), psichiatrici (19%), gastrointestinali (18%) e
dermatologici (11,4%) [Spigset, 1999]. Si ricorda che questi composti

82
Elementi di farmacoterapia di genere

possono essere associati alla cosiddetta “reazione serotoninergica”


soprattutto se assunti insieme ad altri farmaci che interferiscono con
la serotonina. La reazione è caratterizzata da disturbi comportamen-
tali (stati confusionali, ipomania, agitazione), alterazioni delle funzioni
neuromuscolari (mioclono, iperriflessia, tremore, difficoltà nella coor-
dinazione dei movimenti), diarrea, febbre, sudorazione e alterazioni

CYP1A2 CYP2C9 CYP2C19 CYP2D6 CYP3A

Amitriptilina + + + +
Nortriptilina +
Clorimipramina + + +
Imipramina + + +
Desimipramina +
Citalopram (o) (o) +(o) + (+) +
Fluoxetina (+) +(++) +(+/++) +(+++) +(+/++)
Paroxetina +(+++) +(+)
Mianserina +
ok a
Questo ebo
Sertralina (+) (+) + (+) (+/++) +(+)
Venlafaxina + +
Reboxetina (+) +(+)
Duloxetina + +
Nefazodone (+) (+)
Mirtazapina + +(+) +
Fluvoxamina (+++) (++) (+++) (+) (++)

Tabella XV. Enzimi coinvolti nel metabolismo degli antidepressivi e l’inibizione


esercitata dagli antidepressivi sulle singole CYP

83
Farmacologia di Genere

della pressione arteriosa; se non curata può evolvere in coma, acidosi


metabolica, rabdomiolisi, insufficienza renale e morte. Secondo una
metanalisi pubblicata su PLos Medicine l’efficacia dell’antidepressivo
dipende dalla severità della depressione [Kirsch, 2008]. L’uso degli
SSRI può, secondo Sheffield, contribuire ad aumentare i costi per
l’ospedalizzazione [Sheffield, 2002].
In Tabella XV sono riportate le principali tappe metaboliche di al-
cuni antidepressivi; dall’esame della Tabella e dalle nozioni forni-
te nella Sezione 4 è evidente che vi possono essere differenze di
genere nel metabolismo degli antidepressivi. Inoltre si deve tenere
conto del fatto che fluoxetina e paroxetina sono inibitori del CYP2D6,
fluvoxamina inibisce marcatamente i CYP1A2 e CYP2C19, mentre
nefazodone inibisce il CYP3A4. Pertanto questi antidepressivi pos-
sono causare interazioni rilevanti quando somministrati con farmaci
che sono metabolizzati dai suddetti enzimi. Sertralina, citalopram,
venlafaxina, mirtazapina e reboxetina sono invece inibitori deboli e
quindi danno meno frequentemente luogo a interazioni farmacolo-
giche.
La farmacocinetica degli antidepressivi può variare nel corso del
ciclo mestruale e delle fasi della vita della donna; ad esempio i livelli
ok a
di imipramina si riducono in fase premestruale, durante la gravidanza Questo ebo
e nella menopausa, e con l’uso delle associazioni estroprogestiniche
[Bigos, 2009]. Altri antidepressivi, come escitalopram, citalopram e
fluoxetina, sembrano risentire meno di fluttuazioni dei livelli plasma-
tici con le fasi del ciclo [Bigos, 2009]. I livelli ematici degli SSRI come
sertralina e fluvoxamina sono più bassi di circa il 40% nell’uomo ri-
spetto alla donna.
Per quanto riguarda la risposta terapeutica in questi ultimi anni ha
assunto una grande importanza la farmacogenetica a causa della pre-
senza di alcuni polimorfismi. Il polimorfismo uVNTR, nella configura-

84
Elementi di farmacoterapia di genere

zione allelica 4R della MAO-A, un enzima di fondamentale importanza


nella degradazione delle amine biogene, nella donne nella condizione
omozigote 3R è associato a una buona risposta terapeutica a fluoxe-
tina [Peters, 2004; Bigos, 2009]. Analogamente avviene anche con il
poliformismo C-1019G del gene del recettore 5-HT1A; Quedi
stoparticolare
ebook appart
iene aLoren
interesse è il fatto che in questo ultimo caso è presente solo nel sesso
femminile ma non in quello maschile [Yu, 2006]. Tuttavia è opportuno
ricordare che il numero dei campioni esaminati è basso e quindi sono
necessari ulteriori studi per arrivare a una definizione definitiva del
problema.
Fra tutte le interazioni è bene ricordare quella con tamoxifene, un
farmaco che riduce l’incidenza delle recidive nel tumore della mam-
mella estrogeno-positivo, soprattutto grazie al legame del metabolita
(endoxifen), prodotto grazie all’azione del CYP2D6. Si discute della
sua utilità nelle pazienti con polimorfismi che portano a una perdita
dell’attività dell’enzima e quindi se sia il caso di trattare le donne in te-
rapia con tamoxifene con farmaci inibitori di detta isoforma (CYP2D6)
perché è biologicamente plausibile che ciò determini una perdita di
efficacia [Hoskins, 2009].
Recentemente è stato evidenziato che i bambini nati da donne
trattate con SSRI nel secondo e terzo trimestre di gravidanza han-
no una maggiore probabilità di sviluppare ipertensione polmonare;
questo fatto si associa ad altre preoccupazioni legate all’uso di SSRI
in gravidanza, quali l’insorgenza di irritabilità, la difficoltà a nutrirsi
e, più raramente, la difficoltà respiratoria. Inoltre i bambini che na-
scono da madri che hanno assunto SSRI sono a rischio di nascita
prematura. Si ricorda infine che paroxetina è stata recentemente
riclassificata da classe C ad A perché l’esposizione nel primo trime-
stre di gravidanza sembra essere associata a rischio di malforma-
zioni cardiache.

85
Farmacologia di Genere

5.4. Antibiotici
Gli antibiotici sono tra i farmaci più ampiamente ed estensivamen-
te impiegati e il loro uso è prevalente nelle donne di tutte le fasce di
Que
età, esclusa quella tra 0 e 9 anni [Macy, 2009]. La Tabella XVI illustra
sto ebook appa
rtiene aLoren
alcune differenze farmacocinetiche riscontrate tra i due generi.
Poiché questi farmaci sono largamente utilizzati anche in gravidanza
è bene aggiungere alcune considerazioni. Infatti, quando ci si riferisce
alla possibilità di trattamento farmacologico in gravidanza, si tende a
considerare, quasi automaticamente, il rischio degli eventuali effetti
teratogeni dei farmaci sull’embrione e sul feto, ma sarebbe doveroso
cominciare a pensare anche in termini materni. Difficilmente invece
ci si occupa dei rischi potenziali per la madre e, di conseguenza, per
il frutto del concepimento, derivati tanto dalla mancata assunzione
dei farmaci quanto dalle variazioni dell’efficacia e della sicurezza del
trattamento, che potrebbero essere indotte dalle modificazioni fisio-
logiche che avvengono durante il periodo di gestazione. Per questi
motivi la chemioterapia antimicrobica in gravidanza dovrebbe tenere
conto delle variazioni dei parametri farmacocinetici.
Gli antibiotici sono tra i farmaci che inducono più reazioni avverse
anche a causa del loro largo impiego. Fra quelle più rilevanti appaio-
no quelle di tipo immunologico che sembrano presentarsi in maniera
genere-dipendente. Secondo alcune ricerche il 12,0% delle donne è
allergico a una sola classe di antibiotici, il 2,5% a due classi, lo 0,6% a
tre classi e lo 0,2% a quattro o più classi [Macy, 2009]. La frequenza
delle reazioni da ipersensibilizzazione è anche dipendente dalla classe
di antibiotici: la maggiore frequenza è registrata con le penicilline (9%),
seguite da sulfamidici (5,4%), cefalosporine (1,3%), macrolidi (1,2%),
tetracicline (0,9%) e chinolonici (0,6%) [Macy, 2009]. L’incidenza delle
reazioni da ipersensibilità aumenta con l’età e con le penicilline si rag-

86
Elementi di farmacoterapia di genere

Antibiotico Differenze farmacocinetiche Riferimento

Cefazolina La clearance aumenta in gravidanza [Cho, 1969]


mentre l’emivita diminuisce
Cefadrina La clearance aumenta in gravidanza [Philipson, 1987]
Questo ebook
mentre l’emivita diminuisce ap partiene aLor
en
Tomopenem AUC maggiore nelle donne anziane rispetto [Mallalieu, 2009]
agli uomini anziani. Maggiore clearance
della creatinina
Ciprofloxacina Clearance è minore nelle donne [Overholser, 2004]
Gatifloxacina Vd minore nella donna, differenza che [Zhang, 2006]
scompare dopo la normalizzazione del
peso corporeo. Cmax più alte del 25% nelle
donne
Ofloxacina Clearance e Vd minore nelle donne con [Sowinski, 1999;
livelli plasmatici doppi rispetto all’uomo Zulfiqar-ul-Hassan, 2008]
Rifampicina Maggior assorbimento nelle donne [Gorski, 2003]
Telavancin (iv) Differenze di genere non osservate [Wong SL, 2008]
Eritromicina Minore biodisponibilità, ridotte [Philipson, 1976]
concentrazioni ematiche
Clindamicina Cmax maggiore nelle donne, prima della [del Carmen Carrasco-
normalizzazione del peso corporeo Portugal, 2008]
Metronidazolo  AUC più bassa nelle donne [Carcas, 2001]

Tabella XVI. Alcune differenze farmacocinetiche di genere per gli antibiotici


AUC = area sotto la curva concentrazione-tempo; Cmax= concentrazione massima;
Vd = volume di distribuzione

giunge un picco del 20% nelle donne anziane (> 80 anni). Si segnala
che nella fascia di età tra 0-9 anni le penicilline provocano più allergie
nei bambini maschi [Macy, 2009]; nella popolazione adulta invece il
rischio sembra essere di 5 volte maggiore per le donne.

87
Farmacologia di Genere

Un’altra reazione di tipo immunologico a base iatrogena è il lupus


eritematosus, che può essere indotto dalle tetracicline. Minociclina,
doxiciclina e tetraciclina sono ampiamente usate nel controllo dell’ac-
ne, per la cui terapia è previsto un uso molto prolungato. Proprio l’uso
prolungato di minociclina, ma non di altre tetracicline, è associato
Questo ebook
appartiene aLoren
all’insorgenza del lupus eritematosus e di altre malattie autoimmuni.
Il lupus da minociclina colpisce una percentuale di donne superiore
all’80%. Solitamente guarisce entro alcuni mesi dalla sospensione
del trattamento [Margolis, 2007].
La maggior suscettibilità delle donne alle reazioni avverse non si
ferma a quelle su base immunologica ma si estende all’epatotossi-
cità, che può essere anche estremamente grave nel caso di utilizzo
di alcuni farmaci antitubercolari come rifampicina, isoniazide, pira-
zinamide ed etambutolo [Tostmann, 2008]. Per quanto riguarda ri-
fampicina, dobbiamo anche ricordare che è un potente induttore del
citocromo CYP3A sia a livello intestinale che epatico e ciò sembra
avvenire in maniera sesso-specifica, essendo maggiore nel genere
maschile rispetto a quello femminile [Franconi, 2007]. Ovviamente
questo pone il problema delle interazioni con altri farmaci che vengo-
no metabolizzati da CYP3A, come nel caso delle associazioni estro-
progestiniche, di cui viene aumentato il metabolismo. Ancora una
volta si evidenzia il fatto che le interazioni farmacologiche possono
essere genere-specifiche e ciò è estremamente importante dal punto
di vista dell’appropriatezza della cura.
Un altro capitolo rilevante nella chemioterapia è la nefrotossicità
da aminoglicosidi, ambito in cui, fino a poco tempo fa, sembrava che
l’impatto del genere non fosse significativo. Invece un recente studio
condotto su soggetti ospedalizzati trattati con amikacina e gentami-
cina ha indicato che le donne presentano una maggiore sensibilità
alla nefrotossicità da amikacina, ma non a quella da gentamicina

88
Elementi di farmacoterapia di genere

[Sweileh, 2009]. Questi risultati sottolineano l’importanza di studiare


gli effetti del genere sulla singola molecola, poiché non è sufficiente
analizzare le risposte in termini di classe.
L’utilizzo di meflochina, raccomandata per la profilassi della mala-
ria dalle autorità sanitarie degli Stati Uniti, del RegnoQue
Unito
sto e
ebdi
oomolti
k appartiene
aLoren
altri Paesi, si accompagna a una serie di reazioni avverse a livello
gastrointestinale e a livello del sistema nervoso centrale. Queste ul-
time, costituite da disturbi del sonno, crisi epilettiche e depressione,
sembrano presentarsi in maniera più grave rispetto a quelle gastroin-
testinali e sono più frequenti nel sesso femminile. Questa potrebbe
essere anche una delle spiegazioni del maggior drop-out delle donne
in trattamento con meflochina. La frequenza più elevata di reazioni
avverse non è accompagnata da variazione dei livelli ematici dell’an-
timalarico ma, considerando che le donne hanno un maggior flusso
ematico cerebrale rispetto agli uomini, è possibile che la distribuzione
sia diversa nei due sessi [Schwartz, 2001]. Considerato l’aumento di
tumore al seno, desideriamo segnalare che è stata descritta un’asso-
ciazione positiva tra uso di antibiotici e tumore al seno nelle donne,
indipendentemente dalla classe degli antibiotici utilizzati e, all’appa-
renza, in maniera indipendente da altre variabili [Velicer, 2004].
Questa serie di osservazioni suggerisce che la terapia antimicrobi-
ca richiede una particolare attenzione nelle donne, oltre che la corre-
zione del dosaggio sulla base del peso o della superficie corporea.

5.5. Farmaci per la cura dell’HIV


Anche per quanto riguarda il trattamento dell’infezione da HIV si è
avuto un basso arruolamento delle donne negli studi clinici. Per com-

89
Farmacologia di Genere

pensare parzialmente questa limitazione, si stanno avviando diversi


trial che prevedono un ampio arruolamento di donne HIV positive. Il
WIHS (Women’s Interagency HIV Study) è uno degli studi più ampi nel
settore; iniziato alla fine degli anni ’90, prevede un’ampia coorte di
donne americane sia sane sia con infezione da HIV. Analogamente
Questo ebook
appartiene aLoren
in Europa è in corso uno studio, EuroSIDA, nel quale la proporzione
di donne arruolate è molto elevata [Moore, 2003]. In diversi trial è
stato evidenziato che le donne presentano una maggiore vulnerabilità
all’infezione da HIV [Padian, 1997] e, una volta in malattia conclama-
ta, una più complessa gestione clinica [Farzadegan, 1998]. Inoltre,
l’analisi delle differenze riscontrate tra uomo e donna in seguito al
trattamento antiretrovirale fa emergere un quadro molto articolato in
cui, oltre agli aspetti puramente biologici e clinici, hanno una notevole
rilevanza fattori culturali, economici e sociali. Di seguito cercheremo
di riassumere alcuni aspetti legati al trattamento dell’infezione da HIV
utilizzando un approccio di genere: sottolineando cioè la differenza
che esiste tra diversità biologica e diversità culturale tra i due sessi.

5.5.1. Progressione della malattia


Come già accennato, sono state riscontrate differenze nella pro-
gressione dell’infezione da HIV e della malattia [Padian, 1997]. Le
valutazioni delle differenze nei parametri immunologici e virologici
hanno messo in evidenza che, dopo un’infezione acuta con HIV-1,
le donne presentano una carica virale, espressa come numero di co-
pie di HIV-RNA, più bassa rispetto agli uomini [Moore, 2003; Loupa,
2006; Sterling, 2001]. ����������������������������������������������
È stato ipotizzato che le differenze nei para-
metri virologici potrebbero essere attribuite alle diversità ormonali tra
uomini e donne. Infatti i livelli ormonali di estradiolo e progesterone
possono interferire con la replicazione del virus HIV-1 [Shanker, 1994]

90
Elementi di farmacoterapia di genere

e regolare la funzione linfocitaria e la produzione di citochine [Athre-


ya, 1993]. Inoltre nelle donne è stata osservata una correlazione tra
i bassi livelli di HIV-RNA nel plasma e un alto valore del numero dei
linfociti CD4+ negli stadi precoci dell’infezione [Collazos, 2007].
Recenti studi confermano che la differenza nellaQcarica virale
uesto eb trapartie
ook ap ne aLoren
donne e uomini varia con la conta dei linfociti CD4+ e, tanto è mag-
giore il numero di CD4+, tanto maggiori sono le differenze osservabili
tra i due sessi. Tuttavia, nonostante l’andamento apparentemente più
favorevole dei parametri virologici e immunologici, le donne mostra-
no una più veloce progressione verso l’AIDS conclamato rispetto a
quanto avviene negli uomini con la medesima carica virale [Padian,
1997].
Tale paradosso potrebbe essere in parte spiegato dalle conclusioni
a cui sono giunti alcuni ricercatori statunitensi che hanno individua-
to un recettore coinvolto nel riconoscimento del virus HIV-1 (Toll-Like
Receptor 7 o TLR7) che risponderebbe diversamente nei due sessi e
indurrebbe differenze (genere-dipendenti) nell’attivazione cronica del
sistema immunitario [Meier, 2009]. In effetti, una delle caratteristiche
patogenetiche dell’infezione del virus HIV consiste proprio nell’indurre
una costante attivazione del sistema immunitario dell’ospite fino a
“esaurirlo”.

5.5.2. Terapia antiretrovirale


Sono oltre venti le molecole attualmente utilizzate, in diverse com-
binazioni, nella terapia antiretrovirale. Tutti questi farmaci, apparte-
nenti a diverse classi (inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa,
NRTI; inibitori delle proteasi, PI; inibitori non-nucleosidici della trascrit-
tasi inversa, NNRTI; inibitori della fusione e dell’entry virale; inibitori
dell’integrasi) permettono di creare combinazioni di tre o più farmaci

91
Farmacologia di Genere

a seconda delle caratteristiche della persona e del suo quadro clinico.


La terapia antiretrovirale è in continuo miglioramento sia dal punto
di vista dell’aderenza del paziente sia per quanto riguarda gli effetti
collaterali, che, tuttavia, hanno un’incidenza maggiore nelle donne ri-
spetto agli uomini [Clark, 2005; Currier, 2000]. La maggior frequenza
Questo ebook
appartiene aLoren
di effetti collaterali fa sì che le donne presentino spesso una minore
aderenza alla terapia e rischino quindi di andare incontro a fallimenti
terapeutici [Escobar, 2003].
La maggior parte dei farmaci antiretrovirali viene somministrata
allo stesso dosaggio in individui adulti di sesso maschile e femminile,
e solo in certi casi vengono ricalcolate le dosi in base ad alcuni para-
metri come ad esempio il peso corporeo. Negli ultimi anni è stato evi-
denziato come i parametri farmacocinetici possano essere diversi nei
due generi, determinando variazioni di concentrazioni plasmatiche,
che possono spiegare, almeno in parte, le diverse risposte osservate
nelle donne in termini reazioni avverse e tossicità nella terapia HAART
(Highly Active Antiretroviral Therapy, consistente nella somministra-
zione di più farmaci antivirali; vedi Paragrafo 5.5.4).
In particolare, la glicoproteina P è in grado di ridurre in modo signi-
ficativo la biodisponibilità, la penetrazione e il metabolismo degli ini-
bitori delle proteasi. Nella donna, la glicoproteina P è espressa a livelli
più bassi rispetto all’uomo e, insieme agli enzimi metabolici P450, è
considerata uno dei possibili fattori importanti nella diversità osser-
vata tra i due sessi nella risposte al trattamento antiretrovirale. Molti
degli enzimi responsabili del processo metabolico degli inibitori delle
proteasi virali e degli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inver-
sa differiscono nei due sessi. Una particolare importanza rivestono gli
enzimi responsabili della biotrasformazione di fase I e appartenenti
alla famiglia del CYP450 e gli enzimi responsabili della biotrasforma-
zione di fase II [Ofotokun, 2005; Franconi, 2007].

92
Elementi di farmacoterapia di genere

Gli inibitori delle proteasi virali e degli inibitori non nucleosidici del-
la trascrittasi inversa sono metabolizzati selettivamente da alcuni de-
gli isoenzimi del sistema CYP450 (per es. CYP2D6 e CYP3C9 per il
metabolismo di ritonavir o CYP2B6 per nevirapina ed efavirenz, ecc.)
che sono genere-dipendenti (vedi Sezione 4) e clinicamente
Questo ebrilevan-
ook appartie ne aLoren
ti per quanto riguarda i farmaci utilizzati nel trattamento antiretrovi-
rale. Purtroppo la variabilità inter-individuale, l’età e la complessità
del polimorfismo enzimatico con penetranza diversa nelle diverse
popolazioni ed etnie non permettono ancora una definizione chiara
delle differenze osservate nei due sessi. Tuttavia nel loro insieme le
differenze farmacocinetiche fra i due generi potrebbero indicare una
ridotta eliminazione di composti già metabolizzati attraverso il meta-
bolismo di fase I e la biotrasformazione di fase II e questo effetto po-
trebbe essere clinicamente rilevante nel determinare una concentra-
zione di farmaci antiretrovirali più alta sia nel plasma sia nei tessuti,
predisponendo le donne a maggiori eventi avversi. Inoltre nelle donne
sono state riscontrate differenze nell’attività chinasica intracellulare
e questo potrebbe spiegare le differenze di efficacia e tossicità relati-
ve all’uso degli NRTI che per essere attivati richiedono una reazione di
fosforilazione [Anderson, 2003]. Da quanto detto risulta chiaro come
le differenze di genere osservate coinvolgano più meccanismi biologi-
ci e come sia ancora difficile poter standardizzare criteri terapeutici di
genere per aggiustare la terapia antiretrovirale.

5.5.3. Fattori economici e sociali


Le differenze di genere non risiedono solo nei fattori biologici, ma
anche in fattori economici e sociali. Infatti, in alcuni studi epidemio-
logici è stato osservato che le donne accedono tardivamente alle te-
rapie antiretrovirali rispetto agli uomini. Le già menzionate differenze

93
Farmacologia di Genere

incontrate in termini di carica virale negli stadi iniziali dell’infezione


potrebbero far pensare a una decisione terapeutica tardiva da parte
dei medici. Ma dai dati epidemiologici emerge un’altra realtà: le don-
ne presentano un mancato accesso alla terapia antiretrovirale negli
stadi iniziali di infezione perché nella maggior parte dei casi Q
giungono
uesto ebook ap
partiene aLoren
a una diagnosi di sieropositività tardiva che spesso coincide con la
diagnosi di AIDS conclamato.
I dati epidemiologici presentano risultati differenti per i diversi Pae­
si, correlando l’accesso alla terapia con indicatori di stato socio-eco-
nomico come educazione e reddito. In molte società la cultura locale
condiziona il comportamento femminile in gabbie comportamentali
in cui una donna “per bene” dovrebbe ignorare argomenti riguardanti
il sesso. Per queste donne può riuscire difficile informarsi corretta-
mente e, qualora informate, proporre rapporti sessuali più sicuri at-
traverso l’uso del profilattico. I dati riportati dalla OMS per il 2007
stimano circa 7.400 nuovi casi al giorno di cui circa il 96% si riscontra
in Paesi a medio e basso reddito, con un’alta incidenza in ragazzi al di
sotto dei 15 anni (circa 1.000 casi) e in donne in età fertile (maggiore
del 50%) [Anderson, 2003]. Solo nell’area sub-sahariana circa il 58%
delle donne risulta infetto e il virus viene contratto precocemente ri-
spetto ai loro coetanei maschi; la maggior parte delle donne risulta
sieropositiva nella seconda decade della vita (tra i 15 e i 19 anni)
mentre i maschi lo sono nella terza decade.
Le donne, d’altra parte, sono biologicamente molto più vulnerabili
rispetto agli uomini nel contrarre l’infezione da HIV durante rapporti
con partner infetti. Da uno studio del 2007, condotto su coppie “di-
scordanti” (cioè nelle quali uno solo dei partner era portatore del vi-
rus HIV), risulta che 68 su 360 donne (19%) hanno contratto il virus
per via eterosessuale rispetto a 2 su 82 uomini (2,4%) [Joint United
Nations Program on HIV/AIDS and World Health Organization, 2007].

94
Elementi di farmacoterapia di genere

In realtà, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, la disuguaglianza


di genere sociale ed economica priva le donne della possibilità di in-
formazione in materia di prevenzione e nega loro la capacità di op-
porsi a pratiche rischiose [Periago, 2004]. La Onlus Afrika Obosso,
attiva in Africa nel campo della prevenzione, cita unoQstudio condotto
uesto eb ook appartiene aLoren
in Zambia da cui è emerso che solo l’11% delle donne intervistate
riteneva che una donna sposata potesse chiedere al marito l’utilizzo
del preservativo, pur sapendo che lui aveva frequentato prostitute e
che avrebbe potuto essere infetto. Altre ricerche condotte nel 2001
in 17 Paesi africani hanno evidenziato che oltre la metà delle ragazze
non conosceva nessun metodo di prevenzione per l’infezione da HIV
[Cleland, 2006].
La vulnerabilità a contrarre l’infezione è amplificata dalla dipenden-
za economica che impedisce alle donne di negoziare le regole della
relazione di coppia o di uscire da un rapporto che le pone in con-
dizione di rischio costringendole a sopportare violenze domestiche
sistematiche [Periago, 2004]. Lo squilibrio di potere limita le donne
nel sottoporsi al test o alle cure senza il parere del marito. Il ritardo
nella diagnosi di sieropositività molto spesso risiede in una bassa per-
cezione del rischio soprattutto in donne che hanno contratto il virus
in rapporti eterosessuali all’interno della famiglia. Le donne spesso
scoprono di essere sieropositive solo quando si sottopongono ai con-
trolli prenatali.

5.5.4. Gravidanza e terapia HAART


Il maggior numero di casi di infezione da HIV si osserva in donne
tra i 15 e 39 anni, periodo in cui il desiderio di maternità è maggiore.
Il rischio di trasmissione verticale da madre a figlio ha incoraggiato
molte donne a sottoporsi a screening e al trattamento antiretrovirale.

95
Farmacologia di Genere

Per ridurre la trasmissione del virus HIV anche in gravidanza le donne


sono sottoposte a terapia antiretrovirale a prescindere dallo stato clini-
co, immunologico e virologico [Cooper, 2002; de Ruiter, 2008]. Questo
perché il rischio di trasmissione materno-fetale è massimo quando la
Questpla-
madre si trova in uno stadio avanzato della malattia, con valori o ebook appa
rtiene aLoren
smatici di HIV-RNA molto elevati, bassa conta linfocitaria e carenza
di vitamina A. Una madre sieropositiva può trasmettere il virus HIV
al bambino sia durante il parto sia durante l’allattamento al seno. Le
indicazioni delle linee guida (che prevedono di sottoporre la madre a
terapia HAART, praticare il parto cesareo ed evitare l’allattamento al
seno) hanno ridotto il rischio di trasmissione verticale nei Paesi indu-
strializzati dal 20-25% a meno del 2% [de Ruiter, 2008]. La necessità
di somministrare la terapia HAART alle donne in gravidanza deve es-
sere comunque bilanciata rispetto al rischio di incorrere in eventuali
eventi avversi nella madre e nel nascituro. In accordo con il conte-
sto socio-economico sono state raccomandate pratiche semplificate
in Paesi con risorse economiche limitate [de Ruiter, 2008]. In Paesi
con risorse economiche adeguate, la somministrazione della terapia
HAART è rappresentata dal trattamento standard [European AIDS Cli-
nical Society, 2008] con alcune importanti limitazioni dovute alla pos-
sibilità di indurre malformazioni nel nascituro o predisporre la madre
a eventi avversi legati alla gravidanza. Per esempio è sconsigliabile
l’uso di efavirenz durante il primo trimestre di gravidanza (induzione
di malformazioni nel nascituro) o l’impiego di alcune combinazioni di
farmaci come stavudina con didanosina (induzione di acidosi lattica)
o tenofovir (interazioni con il metabolismo dell’osso in sviluppo) o far-
maci come gli analoghi nucleosidici che potrebbero indurre patologie
mitocondrio-dipendenti [Blanche, 1999; de Ruiter, 2008; Public He-
alth Service Task, 2010]. Un altro effetto osservabile in seguito alla te-
rapia antiretrovirale è un maggior numero di parti prematuri [Tuomala,

96
Elementi di farmacoterapia di genere

2002]. Durante la gravidanza ci sono numerose variazioni fisiologiche


che alterano la farmacocinetica (vedi Sezione 4), e ciò suggerisce l’op-
portunità di valutare cambiamenti di terapia caso per caso.

Questo ebook
appartiene aL
5.5.5. Infezione da HIV nei Paesi in via di sviluppo oren

Nei Paesi industrializzati, l’applicazione di adeguate azioni preven-


tive e l’accesso alle cure per tutte le persone già malate di AIDS han-
no di fatto arginato l’epidemia; anche l’AIDS pediatrico è stato quasi
completamente eliminato grazie alla prevenzione della trasmissione
materno-fetale. Come accennato precedentemente, svariate ragioni
economiche e culturali impediscono che tali interventi siano attuati in
maniera adeguata nei Paesi che ne avrebbero maggiormente bisogno.
Infatti, nei Paesi a basso e medio reddito, in particolare nell’Africa sub-
sahariana, poche delle persone che necessitano di terapie antiretro-
virali possono permettersi cure così costose, e in molti sono costretti
a interrompere la terapia. Pertanto il contagio da madre a figlio è un
problema estremamente grave nei Paesi a basso e medio reddito, spe-
cialmente nel continente africano dove oltre alla scarsità di risorse
economiche si affianca la carenza di risorse naturali (acqua e cibo) e
logistiche (mezzi di trasporto e ospedali). I governi di numerosi Paesi
sub-sahariani hanno recentemente cominciato a cercare una soluzio-
ne al problema AIDS dopo averlo ignorato per anni. Una delle difficoltà
più ovvie è la mancanza di fondi anche se, nei Paesi in via di sviluppo
con il maggior numero di infezioni da HIV e AIDS, si sta cercando di
distribuire aiuti umanitari e fornire infrastrutture mediche.
Negli ultimi anni la significativa diminuzione dei prezzi dei farmaci
di prima linea ha permesso una più ampia diffusione delle cure. Tra il
2006 e il 2008 il costo della maggior parte delle terapie di prima linea
è sceso del 10-40%. Il nuovo rapporto congiunto, diffuso da WHO,

97
Farmacologia di Genere

UNICEF e UNAIDS, rivela che alla fine del 2008 erano oltre 4 milioni le
persone che hanno avuto accesso alle terapie antiretrovirali nei Paesi
in via di sviluppo, con un aumento del 36% rispetto all’anno prece-
dente [WHO/UNICEF/UNAIDS, 2009].
Que
Parimenti è migliorato anche l’accesso alle cure per donne e st
bam-
o ebook appa
rtiene aLoren
bini, ma restano ancora importanti ostacoli da superare. Nei Paesi a
basso e medio reddito solo l’11% delle donne sieropositive in gravi-
danza riceve il trattamento di profilassi antiretrovirale. Ciò comporta
che dei 2,3 milioni di bambini con HIV sotto i 15 anni (il 90% dei quali
vive nell’Africa sub-sahariana) più di 9 su 10 sia stato contagiato du-
rante la gravidanza, il parto o l’allattamento. Sebbene nel 2008 nei
Paesi in via di sviluppo sia migliorato l’accesso ai servizi di contrasto
all’HIV, a livello globale l’AIDS rimane la principale causa di mortalità
tra le donne in età fertile [WHO, 2009].
In conclusione, la differenza tra il sesso e il genere è scandita dalla
differenza che esiste tra diversità sessuale biologica e diversità cul-
turale tra i due sessi. Sono molti gli aspetti che rimangono ancora
insoluti in termini di interventi per la prevenzione della trasmissione
del virus dell’HIV. L’esempio dell’AIDS dimostra come un approccio
di genere applicato alla salute dovrebbe essere utilizzato in tutte le
malattie che colpiscono l’umanità, permettendo l’accesso e la cura in
tutte le aree del mondo.

5.6. Criticità delle classi di farmaci genere-specifici per


la donna: la terapia ormonale sostitutiva (TOS)
La necessità di incrementare la presenza del genere femminile nel-
le sperimentazioni cliniche farmacologiche è resa più forte da esempi

98
Elementi di farmacoterapia di genere

documentati che hanno rilevato come anche una sperimentazione


genere-specifica, per classi di farmaci destinate a un uso selettivo
nelle patologie femminili, non sempre abbia saputo evidenziare cor-
rettamente tanto l’efficacia quanto i rischi derivanti dai trattamenti
esaminati. Un esempio classico di queste problematiche
Questèo quello of-partie
ebook ap
ne aLoren
ferto dalla terapia ormonale sostitutiva (TOS) per il trattamento dei
sintomi e delle relative complicanze nelle donne in post-menopausa.
L’aumento dell’aspettativa di vita nella donna e i cambiamenti del
ruolo sociale ne hanno accresciuto anche il bisogno e la domanda
di salute e il periodo post-menopausa, o climaterio, ha acquisito un
peso sempre maggiore nella vita della donna, in termini sia di qualità
sia di quantità. Attualmente la maggior parte delle donne del mondo
occidentale vive oltre un terzo della propria vita durante il climaterio
e spesso la menopausa, e la conseguente sintomatologia, è vissuta
come una malattia e non come un cambiamento naturale e fisiologico.
In tale scenario l’attenzione dedicata alla menopausa e la promessa
di un’eterna giovinezza hanno provveduto a magnificare il vantaggio
del trattamento ormonale sostitutivo, facendo leva sulla scomparsa
dei sintomi, ma anche sulla riduzione dell’osteoporosi e del rischio
cardiovascolare.
Nel corso dei passati decenni, infatti, la TOS è stata proposta a
milioni di donne con il risultato di un’estensiva ed eccessiva medica-
lizzazione, soprattutto negli Stati Uniti e nella maggior parte dei Paesi
del Nord Europa. In Italia l’approccio al trattamento è stato sempre
più cauto e la percentuale di donne trattate è stata sempre relativa-
mente moderata. Negli ultimi anni si sono registrati trend di tratta-
mento sempre più in riduzione, soprattutto alla luce delle evidenze
man mano emerse dalla pratica clinica e dalla ricerca indipendente.
Nell’ultimo ventennio, infatti, l’impiego della TOS è stato oggetto di
approfondimenti e di numerose ricerche e indagini su benefici e rischi

99
Farmacologia di Genere

a lungo termine, grazie al contributo di importanti studi finanziati pub-


blicamente, primi fra tutti il Women’s Health Initiative (WHI) e il Million
Women Study.
Il Women’s Health Initiative è un programma britannico di ricerca
sanitaria a lungo termine finanziato dai National Institutes of
QueHealth
sto ebook appa
rtiene aLoren
(NIH) dal 1991. Gli obiettivi del programma di studio sono stati quelli
di elaborare e valutare strategie di cura e prevenzione delle cause di
mortalità, disabilità e scarsa qualità della vita nelle donne in post-
menopausa. In questi anni di ricerca il WHI ha analizzato le principali
cause di mortalità femminile, ovvero le patologie cardiovascolari, il
cancro e l’osteoporosi. Una parte del programma ha valutato i rischi
e i benefici della terapia ormonale sostitutiva tramite uno studio ran-
domizzato in doppio cieco contro placebo che ha evidenziato che non
vi sono prove di effetti benefici a lungo termine della TOS come pre-
venzione della malattia cardiovascolare. Non solo non è stata dimo-
strata una riduzione del rischio di infarto del miocardio nel gruppo
di donne in trattamento con ormoni estrogeni associati a progestinici
rispetto al gruppo di donne trattate con solo placebo ma, al contrario,
è stato evidenziato che il trattamento aumenta il rischio di infarto, di
tromboembolismo venoso (TEV) e di ictus ischemico. Questo rischio
si manifesta soprattutto nel primo anno di trattamento, indipenden-
temente da altri fattori – quali anamnesi di malattia cardiovascolare,
ipertensione, diabete, fumo, assunzione di statine, di acido acetilsa-
licilico e di supplementi vitaminici – e il rischio aumenta in rapporto
all’età e in modo proporzionale alla durata del trattamento [Rossouw,
2002; Wassertheil-Smoller, 2003].
A questi risultati si è aggiunta l’evidenza di un incremento del ri-
schio di carcinoma invasivo della mammella al punto tale che si è
dovuto precocemente interrompere lo studio. L’aumento di insorgenza
di carcinoma della mammella nel gruppo di trattamento con TOS si è

100
Elementi di farmacoterapia di genere

presentato con un’istologia e un grado di differenziazione di carcino-


ma della mammella simili al gruppo placebo, ma di dimensioni mag-
giori e in stadio più avanzato [Chlebowski, 2003; Manson, 2003].
Anche rispetto alla protezione dal rischio di aterosclerosi perife-
rica [Hsia, 2004] si è evidenziato che la TOS non comporta alcuna
Questo eboo k appartie ne aLoren
protezione delle donne sane, così come non determina alcun miglio-
ramento o prevenzione del deterioramento delle funzioni cognitive
in donne di età superiore ai 65 anni, nelle quali al contrario è stato
dimostrato un aumentato rischio di demenza [Rapp, 2003; Shuma-
ker, 2003].
Anche rispetto all’incontinenza urinaria la TOS comporta effetti
non protettivi, ma peggiorativi, con aumento della comparsa di incon-
tinenza urinaria da sforzo e mista nelle donne sane, e peggioramento
di tutti i tipi di incontinenza nelle donne già precedentemente incon-
tinenti [Hendrix, 2005].
Infine, non è stato dimostrato che la TOS influisca positivamente
sulla qualità della vita delle donne che non presentano i sintomi ca-
ratteristici del climaterio.
Gli effetti positivi della terapia con estro-progestinici evidenziati nel-
lo studio WHI si riassumono in: sollievo dei sintomi della menopausa,
con forte miglioramento della sintomatologia vasomotoria e dei di-
sturbi del sonno; prevenzione del carcinoma colon rettale; prevenzio-
ne dell’osteoporosi, con riduzione del numero di fratture totali e delle
fratture dell’anca [Hays, 2003; Cauley, 2003].
I più recenti risultati del Million Women Study hanno confermato
l’aumento considerevole del rischio di insorgenza di cancro al seno
nelle donne in trattamento con TOS. La sperimentazione, durata cin-
que anni, ha coinvolto un campione di oltre un milione di donne ingle-
si, di età compresa tra 50 e 64 anni, e ha ulteriormente approfondito
il profilo rischio/beneficio della TOS. In particolare, il rischio di cancro

101
Farmacologia di Genere

al seno è stato valutato per le differenti terapie ormonali sostituti-


ve (estro-progestinica, solo estrogenica, con tibolone). Per le donne
sottoposte nel lungo periodo a TOS si presenta un maggior rischio di
sviluppare il cancro al seno e tale effetto risulta maggiore nel caso di
TOS con combinazioni estro-progestiniche [Women Study Collabora-
Questo ebook
appartie ne aLoren
tors, 2007; Reeves, 2006]. Dopo cinque anni dall’interruzione della
terapia, il rischio di carcinoma torna agli stessi livelli delle donne che
non hanno praticato la TOS.
Queste ricerche hanno posto in luce aspetti e risultati aggiuntivi
molto allarmanti e contrastanti rispetto a quelli che la ricerca sponso-
rizzata aveva evidenziato [Heiss, 2008], al punto tale che nel 2003,
in risposta alle crescenti preoccupazioni sulla sicurezza di questo
trattamento, anche l’EMA (già EMEA), l’ente regolatorio europeo pre-
posto alla valutazione dei farmaci, ha condotto una rivalutazione del
rapporto rischio/beneficio della TOS per le indicazioni autorizzate. La
revisione dettagliata che ne è emersa, successivamente approvata
dalle autorità regolatorie competenti dei singoli Paesi europei, è giun-
ta alla conclusione che il rapporto rischio/beneficio della TOS è da
considerare favorevole solamente nel trattamento dei sintomi della
menopausa (sintomi vasomotori, quali sudorazione e vampate di ca-
lore, disturbi vaginali legati a secchezza delle mucose, dispareunia,
disturbi del sonno). In questo caso, infatti, i benefici derivanti dal trat-
tamento sono considerati superiori ai rischi per la maggior parte delle
donne.
Il rapporto rischio/beneficio risulta però non favorevole come prima
scelta per la terapia a lungo termine nella prevenzione dell’osteopo-
rosi, soprattutto nelle donne che hanno più di 50 anni e sono ad alto
rischio di fratture. La TOS può, quindi, essere considerata un’opzione
di seconda scelta, dopo accurata valutazione del rapporto individuale
rischio/beneficio, per il trattamento di donne intolleranti ad altre tera-

102
Elementi di farmacoterapia di genere

pie di prevenzione dell’osteoporosi e per coloro in cui le altre terapie


sono controindicate o non hanno prodotto alcun beneficio.
Per il trattamento è stato, pertanto, raccomandato che nell’utilizzo
della TOS venga impiegata la minima dose efficace e per un periodo
che sia il più breve possibile. Nelle donne sane cheQnon uestomostrano
ebook apipart
iene aLoren
sintomi della menopausa la TOS non andrebbe impiegata poiché il
rapporto rischio/beneficio è generalmente non favorevole.
Le conclusioni della revisione hanno riguardato tutti i prodotti a
base di estrogeni o di tipo combinato estro-progestinico impiegati nel-
la TOS.
La decisione di iniziare una terapia sostitutiva dovrebbe, quindi, es-
sere presa su base individuale, informando accuratamente la pazien-
te e valutandone attentamente la sintomatologia, lo stile e la qualità
di vita, soprattutto considerando individualmente l’assenza di fattori
di rischio per le malattie cardiovascolari, per il tromboembolismo e
per l’osteoporosi, il potenziale rischio oncologico e il potenziale rischio
di anormale declino cognitivo. Il trattamento, inoltre, dovrebbe esse-
re riconsiderato almeno annualmente alla luce delle nuove evidenze
scientifiche e soprattutto in relazione al cambiamento dei fattori di
rischio della paziente.
Poiché la menopausa non costituisce un evento brusco e inaspet-
tato, il ginecologo, l’endocrinologo e il medico di medicina generale
hanno un ruolo educativo fondamentale nel guidare la donna attra-
verso questa tappa evolutiva del suo ciclo vitale, ma hanno anche il
compito di informarla sui rischi e i benefici a lungo termine in modo
tale da porla in grado di condurre una corretta valutazione del rappor-
to rischio/beneficio della terapia.

103
Questo ebook
appartiene aL
oren
Sezione 6

Reazioni avverse ai farmaci:


differenze di genere
Questo ebook
appartiene aL
S. Montilla, F. Franconi oren

Le donne sono maggiori consumatrici di farmaci e per questo sono


ovviamente esposte in maggior misura al rischio di una più alta fre-
quenza di reazioni avverse (Adverse Drug Reaction, ADR) ai tratta-
menti farmacologici. Alcune ricerche internazionali hanno, infatti, evi-
denziato che nelle donne le ADR appaiono circa 1,7 volte più frequenti
rispetto a ciò che si osserva negli uomini [Pirmohamed, 2004]. Le
differenze riguardano anche la gravità delle reazioni, maggiore nelle
donne, e le conseguenze cliniche che comportano: infatti nelle donne
è stimato un numero più elevato di ricoveri ospedalieri.
Il genere femminile sembra costituire, quindi, un potenziale fattore
di rischio per le reazioni avverse ai farmaci a loro volta causa di morbi-
lità e mortalità [Juntti-Patinen, 2002] e di numerose ospedalizzazioni
(1-35% nei Paesi occidentali) [Lazarou, 1998]. Le cause di queste di-
suguaglianze di genere e il conseguente impatto clinico non sono an-
cora pienamente comprese ma sono senz’altro dovute alle differenze
morfologiche, biochimiche e fisiologiche (dimensione, acqua corporea,
flusso sanguigno, massa muscolare, funzioni d’organo, ciclo mestruale,
gravidanza e menopausa).
Come verrà approfondito più avanti, esempi rilevanti di reazioni av-
verse peculiari o “selettive” nelle donne sono, citandone solo alcuni

105
Farmacologia di Genere

tra quelli più emergenti in letteratura, le gravi aritmie come la torsade


de pointes e la sindrome del QT lungo indotta da un’ampia varietà di
classi di farmaci, per lo più di largo impiego e non correlate tra loro
come antiaritmici, antibiotici, antimicotici, antivirali, antidepressivi e
Quest
antipsicotici; il rischio di scompenso cardiaco da chemioterapici, quali
o ebook appa
rtiene aLoren
le antracicline; le fratture degli arti nelle donne in trattamento per il
diabete mellito con l’ipoglicemizzante orale rosiglitazone.

6.1. La segnalazione di sospette reazioni


avverse in Italia
Sebbene la rilevanza clinica delle differenze di genere in rappor-
to alla frequenza di ADR non sia ancora del tutto chiara, è evidente
come l’insorgenza di reazioni avverse ai farmaci aumenti con l’età e
in presenza di politerapia, ma non è ancora chiaro se l’età e il sesso
siano correlati al maggior consumo di farmaci oppure a un’aumenta-
ta vulnerabilità alla tossicità del farmaco. Le segnalazioni spontanee
di sospette reazioni avverse in Italia, raccolte dalla Rete Nazionale
di Farmacovigilanza nel 2008, confermano la maggiore frequenza di
segnalazione di ADR nelle donne.
In Tabella XVII e in Figura 4 è riportato il numero di segnalazioni di
sospette reazioni avverse nel 2008 in rapporto al genere e alla classe
di età. Sia tra le donne sia tra gli uomini la classe più rappresentata è
quella di età compresa fra 65 e 74 anni, con valori di segnalazione
relativi del 20,46% e del 17,28% rispetto al totale delle segnalazioni
in ciascun genere. La maggiore frequenza di segnalazioni di sospette
reazioni avverse si registra nelle donne, oltre il 56% del totale nei due
generi. In aggiunta, oltre il 61% di ADR nelle donne si manifesta nelle

106
Reazioni avverse ai farmaci: differenze di genere

Fasce Donne Uomini


di età
n. segnalazioni % n. segnalazioni %
0-4 517 7,95 601 11,90
5-14 589 9,05 374 Questo7,41
ebook appartiene aL
oren
15-24 319 4,90 219 4,34
25-34 481 7,39 271 5,37
35-44 635 9,76 401 7,94
45-54 819 12,59 534 10,58
55-64 933 14,34 822 16,28
65-74 1.124 17,28 1.033 20,46
≥ 75 1.088 16,73 794 15,73
Totale 6.505 100,00 5.049 100,00
% genere 56,30 43,70

Tabella XVII. Distribuzione per età e per sesso della segnalazione di sospette
reazioni avverse in Italia nel 2008 (elaborazione dai dati dalla Rete Nazionale di
Farmacovigilanza, Agenzia Italiana del Farmaco)

fasce di età dai 45 a oltre i 75 anni, cioè nelle fasce pre-, post-meno-
pausale e in quella anziana. Nelle fasce di età del periodo fertile (da
15 a 44 anni), invece, le segnalazioni rappresentano circa il 21% del-
le totali nelle donne.
Anche stratificando sia per classe di età sia per genere le incidenze
percentuali del totale delle sospette reazioni avverse segnalate, come
riportato in Figura 5, emerge che le sospette ADR segnalate nel gene-
re femminile sono superiori a quelle segnalate negli uomini in tutte le
fasce di età.

107
Farmacologia di Genere

Questo ebook
appartiene aL
oren

Figura 4. Distribuzione delle segnalazioni di reazioni avverse per genere e per


età, anno 2008 (elaborazione dai dati dalla Rete Nazionale di Farmacovigilanza,
Agenzia Italiana del Farmaco)

Va inoltre considerato che in Italia, come nel resto d’Europa, si regi-


stra un generale fenomeno di sottosegnalazione, al punto tale che
negli ultimi anni sono stati messi a punto strumenti e strategie volti a
incrementare il numero di possibili segnalatori. In passato in Italia e
negli altri sistemi nazionali di farmacovigilanza la facoltà di segnalare
le ADR era affidata esclusivamente al medico, mentre attualmente
tale possibilità è stata estesa anche ai farmacisti e agli infermieri. Il
numero di segnalazioni di sospette ADR in Italia è di conseguenza
aumentato considerevolmente negli ultimi anni, tuttavia è probabile
che molte ADR non vengano ancora rilevate e che le differenze di ge-
nere potrebbero essere anche più marcate.

108
Reazioni avverse ai farmaci: differenze di genere

Questo ultimo aspetto è, però, funzione di fattori concorrenti, di


seguito brevemente descritti.
Una prima ipotesi per il maggiore verificarsi di ADR nelle donne è
relativa alla più consistente esposizione delle donne ai farmaci, di cui
sono maggiori consumatrici, e la frequente politerapia, Queche aumenta
sto eb ook appartiene
aLoren
il rischio di interazione tra farmaci, così come tra farmaci e rimedi bo-

Figura 5. Incidenze percentuali stratificate per fasce di età, distinte per genere,
sul totale delle segnalazioni di reazioni avverse, anno 2008 (Rete Nazionale di
Farmacovigilanza, Agenzia Italiana del Farmaco)

109
Farmacologia di Genere

tanici e tra farmaci e cibo [Keitt, 2003]. Si deve infatti tener conto del
fatto che una considerevole proporzione della popolazione femminile
in età fertile (circa un terzo) utilizza anticoncezionali orali in maniera
costante e concomitante con altre eventuali terapie.
Anche una probabile particolare vulnerabilità e le fluttuazioni
Queormo-
sto ebook appa
rtiene aLoren
nali che caratterizzano la vita riproduttiva femminile hanno senz’altro
un peso rilevante nella reazione ai farmaci.
Infine la sottorappresentazione delle donne nella sperimentazione
clinica dei farmaci e la carenza dell’analisi di genere hanno fatto sì
che le differenze farmacocinetiche e farmacodinamiche non siano
state indagate a sufficienza e che, in numerosi casi, i profili di sicu-
rezza nella donna siano stati evidenziati solamente dopo la commer-
cializzazione. Le maggiori differenze di genere farmacocinetiche si
verificano nell’espressione e nell’attività delle isoforme dell’enzima
CYP450, principali responsabili del metabolismo dei farmaci (vedi Se-
zione 4). In termini di differenze farmacodinamiche va di nuovo sotto-
lineato che lo scarso arruolamento delle donne nelle sperimentazioni
e la conseguente sottorappresentazione comportano che il dosaggio
standard dei farmaci venga calcolato uniformemente per soggetti
di sesso maschile, considerando un peso medio di 70 kg [Franconi
2007]. Quindi, anche la sola correzione dei dosaggi in rapporto al mi-
nor peso della donna, permetterebbe, almeno in parte, di superare il
bias di genere e costituirebbe una prima trasformazione verso un ap-
proccio farmacologico gender oriented che consentirebbe di ottenere
importanti miglioramenti in termini di salute della donna [Franconi,
2007; Soldin, 2009].
Si ricorda, infine, che le patologie iatrogene presentano inciden-
za, morbilità, mortalità e costi sociali ed economici rilevanti, tanto
da essere paragonabili a quelli delle principali patologie non iatro-
gene, come il diabete, l’ipertensione e l’obesità. In considerazione,

110
Reazioni avverse ai farmaci: differenze di genere

quindi, delle possibili differenze di genere nella sicurezza dei far-


maci risulta ancora più pressante disporre di dati e informazioni
più dettagliate e complete. La sensibilità degli operatori sanitari e
il loro ruolo nel trasmettere le informazioni sulle ADR assumono un
peso di grande rilievo nell’accrescere la segnalazione
Questeola
ebcultura
ook appartie ne aLoren
della farmacovigilanza in generale e distinguendo per genere più in
particolare.

6.2. Alcune reazioni avverse più comuni nella donna


6.2.1. Sindrome del QT lungo
La sindrome del QT lungo, condizione di rischio di episodi di sincope
e di morte improvvisa, è caratterizzata da un prolungamento dell’in-
tervallo QT evidenziabile all’elettrocardiogramma ed è frequente cau-
sa di ritiro dei farmaci dal mercato. Ne sono un esempio cisapride e
terfenadina. Tale sindrome ha una incidenza nettamente superiore
nelle donne (65-75%); pertanto essere donna è considerato un fat-
tore di rischio. Sebbene le cause di questo dimorfismo sessuale non
siano state del tutto chiarite, sembra certo che gli ormoni sessuali
giochino un ruolo importante poiché il tratto QT è fisiologicamente più
lungo di 20 msec nelle donne dopo la pubertà, mentre è simile nei
due sessi alla nascita.
Gli ormoni sessuali femminili condizionano la ripolarizzazione poi-
ché essa varia nelle diverse fasi del ciclo, essendo più corta durante
la fase luteale. Un periodo critico per lo sviluppo di questo tipo di re-
azione avversa è il puerperio, mentre in gravidanza il rischio è ridotto
[Furukawa, 2007]. Per essere sempre aggiornati sui principi attivi (più
di 100), molto eterogenei, che inducono la sindrome del QT lungo e

111
Farmacologia di Genere

sul loro potenziale aritmogeno, nonché per conoscere quelli che indu-
cono questo evento avverso maggiormente nella donna, è bene con-
sultare il sito web http://www.torsades.org.
Il rischio aritmogeno può aumentare anche a causa d’interazione
tra farmaci. Il caso più ovvio è quello in cui vengano associati
Questdue
o ebook appa
rtiene aLoren
farmaci che possiedono entrambi la capacità di prolungare l’inter-
vallo QT, come avviene, per esempio, quando a una terapia cronica
con un antiaritmico si aggiunge una terapia, anche a breve termine,
con un macrolide, come eritromicina. Potrebbe però anche accadere
che un farmaco che prolunga il QT venga associato a un altro farma-
co – ad esempio antimicotici azolici, antiretrovirali, antidepressivi
inibitori selettivi del reuptake della serotonina – che ne inibisca il
metabolismo epatico tramite il sistema del citocromo P450, con il
conseguente aumento della concentrazione plasmatica dell’antiarit-
mico o comunque del farmaco che può indurre la sindrome del QT
lungo.
Prima di prescrivere un farmaco di cui è nota la capacità di indurre
un prolungamento del tratto QT, specialmente se il trattamento è de-
stinato a una paziente, si dovrebbe considerare la disponibilità di al-
ternative terapeutiche ugualmente efficaci, ma con un miglior profilo
di sicurezza. Andrebbe anche valutata la storia personale o familiare
(es. una storia di episodi di sincope in età infantile o giovanile, casi
in famiglia di morte improvvisa in giovane età) che potrebbe porre il
dubbio diagnostico di sindrome genetica e che può essere conferma-
ta dall’elettrocardiogramma.
Infine, nei pazienti a rischio e in quelli in trattamento con far-
maci che allungano il QT bisognerebbe, se possibile, evitare la
co-somministrazione di farmaci che possano a loro volta indurre
lo stesso effetto o che inibiscano il metabolismo del farmaco in
questione.

112
Reazioni avverse ai farmaci: differenze di genere

6.2.2. Fratture ossee da tiazolidindioni


I tiazolidindioni, farmaci insulin-sensitizer, sono agonisti selettivi
del fattore di trascrizione PPAR gamma che controlla numerosi geni
coinvolti nel metabolismo lipidico, nell’infiammazione,
Queecc.
stoAl di là del-
ebook appart
iene aLoren
le problematiche relative alla cardiotossicità di cui si continua a discu-
tere, nelle pazienti diabetiche, ma non nei pazienti maschi, essi indu-
cono un maggior numero di fratture alle estremità distali degli arti, siti
diversi da quelli normalmente associati all’osteoporosi [Jones, 2009].
La genesi di questa reazione avversa, che sembra essere esclusivo
appannaggio del sesso femminile, è molto discussa ma sembra che
gli estrogeni vi giochino un ruolo importante [Hong, 2009].
Durante la preparazione di questo testo sono emersi ulteriori dati
che evidenziano che le fratture ossee da glitazonici non sono confina-
te alle fratture distali come piedi, mani arti inferiori e superiori: infatti
si è anche osservato un notevole aumento di fratture dell’anca. Inol-
tre le fratture si verificano anche nell’uomo; tuttavia le donne sono le
più colpite [Colhoun, 2010].
Ciò sembra accompagnarsi a una più elevata efficacia nelle donne,
probabilmente associata alla maggiore massa grassa, pur non esclu-
dendo un ruolo svolto dagli ormoni sessuali [Franconi, 2007].

6.2.3. Altre reazioni avverse

Si citano come altre reazioni avverse più facilmente sviluppate nel-


la donna:
•• reazioni allergiche provocate più frequentemente dalle penicilline
e, in minor misura, da sieri eterologhi, insulina, enzimi come la
streptochinasi e alcuni anestetici generali;

113
Farmacologia di Genere

•• alterazioni metaboliche, come aumento di peso e alterazioni me-


taboliche ematiche, sono più frequenti nelle donne (37%) rispetto
agli uomini in corso di terapia con acido valproico e antipsicotici
[El-Khatib, 2007; Mencacci, 2007], comportando maggiore facili-
tà di sviluppare insulino-resistenza, malattie cardiovascolari
Queestuna
o ebook appa
rtiene aLoren
maggiore tendenza a interrompere la terapia;
•• depressione respiratoria, di cui le donne vanno maggiormente sog-
gette, in seguito a terapia con analgesici oppioidi (come discusso
nel Paragrafo 5.3.1).

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ka

••
o

Yusuf S, Sleight P, Pogue J, Bosch J, Davies R, Dagenais G (2000).


bo e

Effects of an angiotensin-converting-enzyme inhibitor, ramipril, on


to s
ue

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Glossario

Aderenza
L’aderenza alla terapia è un comportamento individuale che com-
prende la compliance (assumere i farmaci ai dosaggi indicati e con la
frequenza prescritta) e la persistenza (continuare la cura per il perio-
ka o

do di tempo consigliato).
bo e
to s

ADR (Adverse Drug Reaction)


ueQ

La reazione, nociva e non intenzionale, a un medicinale impiegato


alle dosi normalmente somministrate nel paziente a scopi profilattici,
diagnostici o terapeutici o per ripristinarne, correggerne o modificarne
le funzioni fisiologiche.
Secondo la definizione dell’OMS, è «qualsiasi risposta a un farmaco
che sia dannosa e inattesa e che sopravvenga alle dosi comunemente
usate nell’uomo a scopo di profilassi, diagnosi o terapia» [WHO Techni-
cal Report Series No. 425, 1969]. Tipologie particolari di reazioni av-
verse sono la reazione avversa grave e la reazione avversa inattesa.
Reazione avversa grave: se provoca il decesso di un individuo, o ne
mette in pericolo la vita, ne richiede o prolunga il ricovero ospedaliero,
provoca disabilità o incapacità persistente o significativa, o comporta
un’anomalia congenita o un difetto alla nascita.

147
Farmacologia di Genere

Reazione avversa inattesa: la reazione avversa di cui non sono previ-


sti nel riassunto delle caratteristiche del prodotto la natura, la gravità
o l’esito.

AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco)


È un organismo di diritto pubblico che opera sulla base degli indirizzi
e della vigilanza del Ministero della Salute, in autonomia, trasparen-
za ed economicità. Scopi dell’AIFA sono: garantire, in accordo con le
Regioni, l’unitarietà nazionale del sistema farmaceutico nazionale,
promuovere l’impiego sicuro e appropriato dei medicinali, favorire la
ricerca e sviluppo e mantenere rapporti con le altre Agenzie Interna-
zionali.

Assistenza farmaceutica territoriale


ka

Detta anche assistenza farmaceutica convenzionata, indica l’eroga-


o
bo e

zione di farmaci a carico del Servizio Sanitario Nazionale tramite far-


to s
ue

macie pubbliche o private (farmaci di classe A), con esclusione quindi


Q

dell’erogazione ospedaliera e della distribuzione diretta da parte di


strutture sanitarie pubbliche alternative a quelle convenzionali.

ATC
La classificazione Anatomica Terapeutica Chimica è il sistema in-
ternazionale di classificazione dei farmaci curato dal Collaborating
Centre for Drug Statistics Methodology dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità. La classificazione assegna, sulla base dell’uso terapeu-
tico principale, un codice univoco articolato in cinque livelli gerarchici
corrispondenti rispettivamente al gruppo anatomico principale su cui
il farmaco agisce (I livello), gruppo terapeutico (II livello) sottogruppi
chimico/farmacologico/terapeutico (livelli III e IV) e singolo principio
attivo (V livello).

148
Glossario

AUC (Area Under the Curve)


Parametro farmacocinetico che individua l’area della curva concen-
trazione plasmatica-tempo. Dipende dall’entità di assorbimento, dal
volume di distribuzione e dalla velocità di eliminazione del farmaco.

Biodisponibilità
Percentuale o frazione della dose di farmaco somministrata che entra
effettivamente nel circolo sistemico.

Citocromo P450 (CYP450)


Sistema enzimatico microsomiale di emoproteine coinvolte nella de-
tossificazione dell’organismo di tipo ossido-riduttivo in grado di agire
su numerosi substrati, sia esogeni (farmaci e tossine di origine ester-
ka

na, cibi) sia endogeni.


o
bo e
to

Clearance
s
ueQ

Volume di sangue virtualmente ripulito, nell’unità di tempo, dai pro-


cessi di eliminazione.

Cmax
Massimo valore di concentrazione plasmatica del farmaco.

Commissione europea
Organo esecutivo dell’Unione europea che promuove l’interesse
generale dell’Unione europea. A tal fine partecipa al processo deci-
sionale, in particolare presentando proposte per il diritto europeo,
sovraintendendo alla corretta applicazione dei trattati e del diritto
europeo, sviluppando politiche comuni e occupandosi della gestione
dei fondi.

149
Farmacologia di Genere

Compliance
Disponibilità del paziente a collaborare in modo consapevole e re-
sponsabile alla terapia, e quindi ad assumere i farmaci ai dosaggi
indicati e con la frequenza prescritta.

DDD (Defined Daily Dose)


Valori di riferimento standard, utilizzati per misurare i consumi di far-
maci in accordo con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondia-
le della Sanità. Rappresentano la dose media giornaliera di mante-
nimento per un farmaco, nella sua indicazione principale in pazienti
adulti. Il numero di DDD si esprime abitualmente in DDD/1.000 abi-
tanti die, che indica il numero medio di dosi di farmaco consumate
giornalmente ogni 1.000 abitanti.
ka

Desensitizzazione del recettore


o
bo e

Diminuzione della risposta dopo azione prolungata dell’agonista.


to s
ueQ

Differenze di genere
L’insieme delle differenze uomo-donna basate sulla cultura.

Differenze di sesso
L’insieme delle differenze uomo-donna basate sulla biologia.

Dimorfismo sessuale
Differenza morfologica esistente tra due soggetti appartenenti alla
stessa specie, ma di sesso opposto.

Drop-out
Con questo termine si indica l’abbandono della terapia da parte del
paziente.

150
Glossario

EMA (European Medicines Agency)


L’EMA (già EMEA) è l’organismo europeo, con sede a Londra, respon-
sabile del coordinamento delle risorse scientifiche, messe a sua di-
sposizione dagli Stati membri, per la valutazione, la supervisione e la
farmacovigilanza dei medicinali.

Emivita plasmatica (o tempo di dimezzamento)


Tempo necessario affinché la concentrazione plasmatica o la quanti-
tà di farmaco nel plasma si riduca del 50%.

Epigenetica
Insieme delle modificazioni che intervengono sul DNA non in modo di-
retto, cioè non mediante l’azione sulla sequenza delle basi, ma sulla
sua struttura tridimensionale, comportando una diversa accessibilità
ka o

al DNA di quei complessi proteici che si occupano della trascrizione


bo e

genica. L’espressione genica può dunque risultare alterata da modifi-


to s
ue

cazioni epigenetiche quali ad esempio la metilazione del DNA e l’ace-


Q

tilazione degli istoni (proteine attorno alle quali il DNA è avvolto).

Farmacocinetica
Studio dei processi che regolano il movimento di un farmaco nell’or-
ganismo (assorbimento, distribuzione, metabolizzazione ed elimina-
zione della sostanza).

Farmacodinamica
Studio del meccanismo d’azione di un farmaco nell’organismo.

Farmacologia di genere
Branca della farmacologia volta a indagare e definire, dove presenti,
le differenze di efficacia e sicurezza dei farmaci tra uomo e donna con

151
Farmacologia di Genere

lo scopo di superare il pregiudizio di genere che ha caratterizzato in


passato la ricerca farmacologica, sia pre-clinica sia clinica.

FDA (Food and Drug Administration)


Agenzia federale statunitense a cui sono affidati compiti di tutela del-
la salute pubblica e che ha lo scopo fra l’altro di sorvegliare l’efficacia
e della sicurezza dei medicinali a uso umano e a uso veterinario e
della sicurezza e controllo degli alimenti.

GABA (acido gamma-amminobutirrico)


Principale neurotrasmettitore inibitorio del sistema nervoso centrale.

Gender bias
ka

Gli effetti di un errore sistematico (bias) causato dal pregiudizio legato


o
bo

al genere.
e
to s
ueQ

Gender blindness (cecità di genere)


Distorsione legata alla convinzione che l’uomo e la donna siano biolo-
gicamente e fisiologicamente molto simili.

Gold standard
Il metodo, la procedura o la misura che è ampiamente accettata come
la migliore possibile contro la quale i nuovi interventi devono esse-
re confrontati. È particolarmente importante in studi che riguardano
l’accuratezza dei test diagnostici.

Induttore enzimatico
Molecola capace di indurre l’attivazione genica mediante recettori en-
docellulari in modo da aumentare la sintesi dell’enzima.

152
Glossario

Istat (Istituto nazionale di statistica)


Ente di ricerca pubblico e principale produttore di statistica ufficiale a
supporto dei cittadini e dei decisori pubblici.

Medicina di genere
Consiste in un approccio alla terapia che tenga conto delle differenze
tra i due generi, adeguando il trattamento a ciascuno di essi.

Metanalisi
Tecnica clinico-statistica, principalmente impiegata nell’ambito delle
revisioni sistematiche, che permette di integrare i risultati di una se-
rie di studi condotti sullo stesso argomento, consentendo una sintesi
ka

quantitativa dei risultati e permettendo di superare la scarsità di dati


o
bo

e quindi la scarsa potenza degli studi, oppure di superare la discor-


e
to s

danza dei risultati.


ueQ

NIH (National Institutes of Health)


Agenzia federale statunitense cui sono affidati compiti di conduzione
e supporto della ricerca medica.

OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità)


Anche detta WHO (World Health Organization) è l’agenzia specializ-
zata dell’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) per la salute. Ha
come obiettivo il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni del
livello più alto possibile di salute, definita come condizione di comple-
to benessere fisico, mentale e sociale, e non soltanto come assenza
di malattia o di infermità.

153
Farmacologia di Genere

OsMed
L’Osservatorio Nazionale sull’impiego dei medicinali dell’Agenzia Ita-
liana del Farmaco (AIFA ) elabora rapporti annuali e periodici relativi
all’uso dei farmaci nella popolazione in Italia.

Paradosso donna
È quel fenomeno per cui le donne vivono mediamente più anni degli
uomini, ma si ammalano di più e hanno un maggior numero di anni di
vita in cattiva salute.

Polimorfismo
Variazione della sequenza genomica rispetto alla maggior parte della
popolazione; per essere definita tale, la variazione deve verificarsi in
ka

più dell’1% della popolazione.


o
bo e
to

Reazione di fase I
s
ueQ

Reazione chimica di biotrasformazione enzimatica che converte il far-


maco in un metabolita più polare attraverso una reazione di ossida-
zione, riduzione o idrolisi.

Reazione di fase II
Reazione chimica di biotrasformazione enzimatica che determina il
legame del farmaco, o di un suo metabolita, con un substrato endoge-
no, come ad esempio acido glucuronico, acido solforico, acido acetico
o un aminoacido.

Rete telematica nazionale di farmacovigilanza


Il flusso informativo che collega le strutture sanitarie, le Regioni e le
aziende farmaceutiche per la raccolta delle informazioni utili per la

154
Glossario

sorveglianza dei medicinali con particolare riguardo alle reazioni av-


verse.

Studi di fase I
Gli studi clinici di fase I hanno lo scopo di valutare la dose massima
del farmaco in studio tollerata dall’uomo e gli effetti collaterali. Sono
condotti generalmente su un numero limitato di volontari sani.

Studi di fase II
Negli studi clinici di fase II viene valutato se il farmaco funziona suffi-
cientemente bene per essere testato in fase III e forniscono maggiori
informazioni sugli effetti collaterali, su come gestirli e sulla dose ef-
ficace. È arruolato un numero limitato (100-300) di pazienti affetti
dalla patologia per la quale il farmaco è stato sviluppato.
ka o
bo e

Studi di fase III


to s
ue

Negli studi clinici di fase III è arruolato un numero molto maggiore


Q

di soggetti (> 1.000); questi trial hanno lo scopo di determinare se


il farmaco è efficace e sicuro confrontandolo con la migliore terapia
farmacologica al momento disponibile.

Studi di fase IV
Gli studi di fase IV servono a valutare l’efficacia e la sicurezza dopo
l’immissione sul mercato e quindi nelle reali condizioni di impiego.

Studio in aperto
Con questa terminologia si intende:
•• un trial clinico in cui lo sperimentatore è a conoscenza dell’inter-
vento a cui sono stati sottoposti i partecipanti allo studio (la rando-
mizzazione può o no essere presente);

155
Farmacologia di Genere

•• un trial clinico in cui l’investigatore decide l’intervento a cui devono


essere sottoposti i pazienti (assenza di randomizzazione). Tale stu-
dio è anche chiamato open label design;
•• un trial clinico con un disegno aperto sequenziale (open sequential
design): i pazienti vengono sottoposti prima a un trattamento e poi
a un altro.

Studio in doppio cieco


Studio clinico nel quale viene mantenuto segreto il gruppo di asse-
gnamento ai partecipanti allo studio e ai medici che somministrano
la terapia.

Volume apparente di distribuzione (Vd)


Volume che il farmaco occuperebbe nell’organismo se avesse in tutti i
ka

distretti corporei la stessa concentrazione che ha nel plasma al tempo


o
bo e

0 dopo somministrazione per bolo endovenoso. È dato dal rapporto


to s

fra la quantità di farmaco nell’organismo all’equilibrio di distribuzione


ueQ

e la sua concentrazione plasmatica. Dipende dalla lipofilia del farma-


co, dal suo legame con le proteine plasmatiche e dall’affinità per esso
dei tessuti di deposito.

Xenobiotico
Sostanza estranea all’organismo.

156
Indice analitico

A B
ACE-inibitori.................................... 55 Benzodiazepine.............................. 39
Acido acetilsalicilico................ 71,100 Beta-bloccanti...........................20,50
Allattamento........................ 32,37,96
ka

Analgesici........................................ 78 C
o
bo

Analisi di genere............................. 23 Calcio-antagonisti........................... 59


e
to

Anestetici...................................42,80 Cecità di genere................13,20,152


s
ue

Ciclo mestruale...................................
Q

Antagonisti dell’aldosterone.......... 59
.............12,20,32,37,70,78,105,111
Antiaggreganti................................ 70
Consumo di farmaci........................27
Antiaritmici...................................... 62
Contraccettivi orali..............................
Antibiotici........................................ 86 ............................12,20,34,39,40,60
Anticoagulanti................................. 70
Antidepressivi...................... 35,39,82 D
Antipsicotici.................................... 38 Differenze biologiche..................... 39
Antiretrovirali...................................91 Dimorfismo sessuale...40,46,111,150
Antitrombina................................... 77 Distribuzione dei farmaci............... 39
Aritmia............................................. 62 Diuretici........................................... 60
Arruolamento negli studi clinici..........
.................... 19,21,23,52,58,89,110 E
Associazioni estro-progestiniche........ Eliminazione dei farmaci............... 39
.....................12,20,41,64,72,88,101 Eparine a basso peso molecolare...76
Assorbimento dei farmaci.............. 39 Epigenetica..............................46,151

157
Farmacologia di Genere

Equità di genere............................. 15 O
Ezetimibe........................................ 69 Ormoni sessuali..................................
........................34,44,64,70,111,113
F
Farmacocinetica..............................37 P
Farmacodinamica.......................... 43 Paradosso donna....................17,154
Farmacovigilanza................. 108,111 Pregiudizio di genere..................... 16

G R
Gender bias....................... 17,32,152 Reazioni
Gender blindness di fase I............................41,92,154
Vedere Cecità di genere
di fase II..................... 40,41,92,154
Glicosidi digitalici............................61
Reazioni avverse.............9,11,25,62,
Gravidanza..........................12,32,37,
82,86,88,92,105,106,111,113,147
43,45,68,70,85,86,95,98,105,111
Rete Nazionale di Farmacovigilanza...
ka

................................................106,154
o
bo

H
e
to

HIV................................................... 89
s

S
ueQ

Sartani............................................ 58
I Scompenso cardiaco.......... 57,58,60
Inibitori dei recettori purinergici.....76
Sindrome del QT lungo.................. 62
Inibitori della glicoproteina IIb/IIIa.. 77
Sottotrattamento............................ 33
Iperlipidemia..............................64,68
Sovratrattamento........................... 33
Ipertensione arteriosa......50,58,100
Statine.....................................63,100

M
Malattie cardiovascolari................ 49 T
Menopausa.......................................... Terapia ormonale sostitutiva....34,98
.......12,20,32,34,38,54,99,101,105 Trombolitici..................................... 70
Metabolismo dei farmaci..........37,39 Trombosi venosa............................ 70

N W
Niacina............................................ 68 Warfarin...........................................76

158
Autori

Silvia Canu
Laureata in Farmacia presso l’Università di Sassari, è Dottore di Ri-
cerca in Farmacologia di Genere e socio della Società Italiana di Far-
macologia. È coautrice di pubblicazioni sulla farmacologia di genere
ka o

su riviste internazionali ed è stata premiata per la migliore comunica-


bo e

zione orale sulla farmacologia di genere nel 33° e nel 34° congresso
to s
ue

della Società Italiana di Farmacologia.


Q

Elena Catastini
Laureata in scienze sociali. Da alcuni anni si occupa di genere in am-
bito medico sanitario, interessandosi soprattutto dei risvolti economi-
co–sociali prevalentemente nel settore farmaceutico.

Roberto Chessa
È laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di
Sassari, Facoltà di Medicina e Chirurgia, con Specializzazione in Ane-
stesia e Rianimazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore,
Facoltà di Medicina e Chirurgia, di Roma. Ha conseguito il Master
presso l’University College of London sotto la guida del Professor Mar-
vin Singer e il Dottorato di Ricerca in Farmacologia di Genere presso

159
Farmacologia di Genere

Università degli Studi di Sassari sotto la guida della Professoressa


Flavia Franconi. È Dirigente medico di ruolo presso il Dipartimento di
Anestesia e rianimazione della ASL 3 Genovese. È coautore di pubbli-
cazioni scientifiche pubblicate su riviste internazionali.

Laura Iris Ferro


Psichiatra, farmacologa clinica, MBA presso Università Bocconi, è au-
trice di numerose pubblicazioni internazionali ed è coinventore di bre-
vetti. Ha fondato la società biotech Gentium e l’ha successivamente
quotata al Nasdaq negli Stati Uniti. è consulente di progetti di ricerca
scientifica e responsabile delle relazioni esterne del Gruppo Italiano
Salute e Genere.

Flavia Franconi
ka

Medico specialista in psichiatria. Attualmente è Professore di Farma-


o
bo e

cologia Cellulare e Molecolare presso la Facoltà di Farmacia dell’Uni-


to s
ue

versità di Sassari dove coordina il dottorato di Farmacologia di Gene-


Q

re. Insieme ad altre quattro università europee, ha attivato un master


in gender medicine finanziato dall’Unione Europea. Ha al suo attivo
numerose pubblicazioni internazionali sull’argomento ed è membro
del comitato editoriale della rivista Gender Medicine. È responsabile
del gruppo di Farmacologia di Genere della Società Italiana di Far-
macologia, vicepresidente della Società Società Salute medicina di
genere e presidente del Gruppo Italiano Salute e Genere.

Anna Maria Giammarioli


Svolge attività di ricerca presso il Dipartimento del Farmaco dell’Isti-
tuto Superiore di Sanità occupandosi dello studio dei meccanismi di
citotossicità e degenerazione cellulare e della loro possibile modula-
zione mediante agenti biologici e sostanze farmacologicamente atti-

160
Autori

ve. In questo ambito, negli ultimi anni, collabora a studi di medicina


sperimentale e di sperimentazione clinica di fase I e II. Dal 2007 svol-
ge attività di docenza nell’ambito del Corso Integrato di Farmacologia,
Medicina Interna e Malattie Infettive, per il Corso di Laurea in Tecniche
di Laboratorio Biomedico dell’Università di Roma La Sapienza (sede
di Rieti). È autrice di numerose pubblicazioni su riviste internazionali.

Simona Montilla
Laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche e Dottore di ricerca
di Farmacologia e Farmacotossicologia, ha svolto attività di ricerca
presso La Sapienza e presso l’Istituto Superiore di Sanità. Dal 2005
svolge la sua attività presso il Centro Studi dell’Agenzia Italiana del
Farmaco con particolare attenzione ai temi riguardanti le politiche
economiche del farmaco, l’impiego di farmaci generici, le metodologie
ka o

della ricerca e la valutazione dell’innovazione farmaceutica. Ha parte-


bo e

cipato a progetti di ricerca internazionali sulle politiche del farmaco e


to s
ue

sull’organizzazione dei sistemi sanitari. È autrice di pubblicazioni su


Q

riviste nazionali e internazionali su temi di farmacoepidemiologia e


farmacoutilizzazione ed è coautrice di rapporti istituzionali nazionali
e internazionali in tema di politiche farmaceutiche e sanitarie. Si oc-
cupa di farmacologia di genere dal 2007.

Stefano Vella
Medico specialista in malattie infettive e medicina interna, è attual-
mente direttore del Dipartimento del Farmaco presso l’Istituto Supe-
riore di Sanità. È coordinatore del network di eccellenza europeo sulla
ricerca clinica HIV (NEAT), finanziato dalla commissione europea, e fa
parte del Scientific Advisory Group, HIV and Viral Diseases dell’Euro-
pean Medicines Agency (EMA). Dal 2000 al 2002 è stato Presidente
dell’International AIDS Society (IAS). Oltre a tali attività, è membro del-

161
Farmacologia di Genere

la Commissione Nazionale AIDS, del Comitato Etico dell’Istituto Supe-


riore di Sanità, e della Commissione Sperimentazione Clinica di Fase
I (di cui è anche Presidente supplente), oltre che membro supplente
della Commissione Tecnico Scientifica dell’AIFA. È, inoltre, Professo-
re a contratto di terapia delle malattie infettive presso l’Università di
Sassari. È attualmente membro di diverse commissioni internazionali
che si occupano di linee guida di terapia antiretrovirale e resistenza
ai farmaci antiretrovirali, oltre che di revisione di progetti di ricerca
per la ricerca sull’AIDS, e autore di oltre 250 pubblicazioni scientifi-
che, principalmente inerenti i farmaci antiretrovirali. È responsabile
scientifico del Progetto “Patologia, clinica e terapia dell’infezione da
HIV” – Programma nazionale di ricerca sull’AIDS – e direttore di Pro-
getto per il Consiglio Nazionale delle Ricerche (area malattie infettive
e immunologia).
ka o
bo e
to s
ueQ

162

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