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𝑑𝑎
= 𝐶 ∆𝐾 (
𝑑𝑁
questa rappresenta una legge di potenza.
C è l’intercetta all’origine.
m rappresenta la pendenza, che non è un numero
intero, ma da prove sperimentali si vede che m varia
(soprattutto negli acciai) da 2 a 4; mentre per altri
materiali si hanno dei valori più alti.
C assume una dimensione fisica a seconda dei diversi
valori di m, e ciò è tipico delle leggi empiriche.
I punti sperimentali si addensano attorno alla retta
tratteggiata.
La legge di Paris non è infinita, ma ha due asintoti verticali:
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Vediamo come influisce R nella legge di Paris:
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Nel 1967 fu sviluppata una variante alla legge di Paris, ovvero la legge di Forman; si
tiene conto in maniera esplicita di R. La formula cambia cosi:
oltre a tenere in conto di R, si tiene in conto anche dell’asintoto verticale a destra
che la formula di Paris non considerava (ciò si vede bene ponendo R=0).
Mentre con la legge di Forman non si coglie l’asintoto di sinistra perché il ∆𝐾 è
molto piccolo e trascurabile rispetto a KIC e non si vedrebbe lo sfrangiamento. Per
vedere lo sfrangiamento sotto dobbiamo moltiplicare per 𝑎 − 𝑎+ , : a è la
lunghezza attuale della fessura, e quando a=a0 la funzione si annulla.
Effetto della temperatura sulla propagazione a fatica di cricche
La temperatura incide sulla meccanica della frattura, ad esempio il KIC in certi casi
varia con la temperatura. Si sa che la transizione duttile –fragile si ha a circa -40°C.
Diminuendo la temperatura da -40 in giù la situazione peggiora poiché aumenta la
fragilità; la cosa strana è trovare la temperatura di +23°C ancora più a sinistra di
-150°; ciò si ha perché la frattura si mescola con meccanismi quale creep e plasticità
del materiale, per cui a temperatura ambiente la fatica è ancora più pericolosa.
Per temperature ancora più alte di 23°C (da 24 a 650°C) la propagazione di una
cricca è facilitata.
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Legge di Wohler
La resistenza è sempre funzione del numero di cicli (sigma di diminuisce
all’aumentare del numero di cicli). Nella resistenza vi è un limite inferiore, al di sotto
della quale, la vita residua in termini di cicli diventa infinita. Quindi se c’è una
fessura, il difetto non sente più la sollecitazione e il materiale avrebbe vita infinita.
IMPLEMENTARE NON HO CAPITO UN CAZZO
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FATICA-CORROSIONE
Il limite di fatica, a causa dei deterioramenti dovuti agli agenti chimici, si abbassa e
in certi casi va a 0. Uno degli effetti dell’aggressione chimica è quello di far spostare
le curve verso sinistra.
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Non ci sono differenze sui risultati al variare del tipo di carico.
Come vediamo l’ambiente aggressivo fa spostare la curva verso sinistra ed inoltre le
differenze tra i vari tipi di carico applicati sono minime. Quindi l’aggressione chimica
può fare la differenza, la forma del carico no.
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TENSO-CORROSIONE
Vi sono tre fasi (ricorda il diagramma di Paris e lo contraddice, quasi, nella parte
centrale): al centro vi sono solo i fenomeni chimici, mentre abbiamo effetti
meccanici nelle parti laterali.
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Abbiamo:
- Parametri del materiale: tensione di snervamento; tenacità del materiale,
limite di fatica, delta K threasure, modulo elastico;
- Parametri del carico: delta sigma, frequenza w (che però non si considera), R
(parametro meccanico)
- Parametri geometrici: h (scala), a (lunghezza fessura iniziale), d (lunghezza
grano).
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Le grandezze vengono adimensionalizzate.
Si introduce il concetto di incomplete self-similarity: quando abbiamo il limite di una
certa grandezza che tende a zero o ad infinito della funzione 𝜓 :allora se noi abbiamo
un valore del limite finito, si parla di autosomiglianza completa; se il limite va a zero
o all’infinito (caso della frattalità) allora si parlerà di autosomiglianza incompleta
Il limite diventa finito moltiplicando per un numero adimensionale (pi greco elevato
ad alfa, con alfa grandezza frattale). Con questo passaggio si arriva a:
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E’ un passo avanti rispetto a Wohler.
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P&F - Carpinteri: Propagazione a fatica delle fessure (continuo)
Oggi come oggi il problema non è tanto il collegamento tra le curve di Paris e di Wöhler
(entrambi mettono in relazione il numero di cicli con la frattura) ma più che altro sono le
deviazioni della legge di Paris, dovute a cause precise come ad es. l'asintoto verticale
dovuto alla propagazione instabile della fessure oppure l'azzeramento della funzione
che consiste in una soglia (threshold).
Importante considerare la dimensionalità dei parametri e la frattalità della fessura. Il
primo che si è accorto di questi concetti è Barenblatt, con l'applicazione del Teorema di
Buckingham.
Si trova che la frattalità è di tipo browniano, non una frattalità qualsiasi! Dimensione della
fessura=2,5.
Vediamo ora la situazione nel piano, quindi considerando come dimensione limite quella
di 1,5 ; mentre per situazioni non limite (crack abbastanza lunghi) dimensione =1.
La cinematica entra in maniera diretta: il crack si può aprire e chiudere, la frattalità arriva
sino a 2,5 per scala piccola (geometria frattale), dimensione 2 per scala grande dove
invece prevale la geometria euclidea.
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mercoledì 1 giugno 2016
Ricordiamo che porre R=0 vuol dire carichi ripetuti, mentre R>0 vuol dire che il Kmin ≠ 0.
L'unica variante sostanziale rispetto alla funzione vista in precedenza di Wöhler è la
presenza del ∆K al posto del ∆𝜎.
Una differenza sostanziale è invece al primo membro, dove troviamo una dimensione di
lunghezza mentre nella funzione di Wöhler c’era il numero di cicli N quindi
adimensionale.
Si applica ora a questa funzione il Teorema di Buckingham, quella che Barenblatt
chiama “auto-somiglianza completa". Poiché al primo membro abbiamo una lunghezza
si parte subito andando ad adimensionalizzarla rispetto alle due grandezze fondamentali
che devono avere dimensioni fisiche diverse (indipendenti). Queste due grandezze sono
la tenacità alla frattura (K1c) e la resistenza allo snervamento (𝜎y). L'applicazione è
analoga a quella vista per determinare il numero di fragilità.
Nel rapporto elevato al quadrato tra K1c e 𝜎y, si ritrova la lunghezza equivalente dei
microcrack nel materiale a0. In teoria mancherebbe il fattore (1+π) ma poiché stiamo
considerando problemi di scala si può non tenerne conto perché non varia nulla. La
dimensione risultante dal rapporto è proprio una lunghezza: al numeratore [F][L]-3/2 e al
denominatore [F][L]-2. É un applicazione classica del teorema di Buckingham.
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Si assume ora, come ulteriore ipotesi secondo Barenblatt, che la funzione non sia
generica, ma una produttoria, cioè prodotto dei vari termini in gioco nella funzione.
Osservazione importante:
con m=𝛽1≠2 si ha questa auto-somiglianza incompleta che in pratica significa frattalità.
Con m=2 invece la frattalità sparisce in quanto viene a mancare la dipendenza da K1c
come parametro della legge di Paris.
Esponente 2 ora importante: discrimina la situazione di frattalità da quella di non
frattalità (quando c'è esponente 2).
Con m=3 la frattalità della fessura è 1,5, quella di interesse come limite.
Partendo quindi da concetti molto teorici come Buckingham ma applicandoli ai casi di
interesse, si vede che i numeri 2 e 3 sono quasi dei limiti. L'esponente viaggia tra questi
due valori.
Con geometrie più complesse si può arrivare anche a m=4 (doppio di 2 non a caso!) che
vuol dire danneggiamento diffuso come se fosse volumetrico.
Sperimentalmente: per i metalli m=2÷3, per materiali fibro-rinforzati m>4. In ogni caso
mai minore di 2, è un limite inferiore in quanto la frattalità è di tipo invasiva non lacunare!
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Molto importante il concetto di m=2 che è un valore di riferimento per poter capire poi
tutti gli altri casi con m≠2. Con m=3 ad es. considerando la prima relazione (macroscala,
posso non considerare la frattalità):
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Vediamo cosa succede nelle situazioni intermedie tra 2 e 3 e per gli altri parametri in
gioco, ad es. il ∆Kth che varia in funzione della dimensione della fessura iniziale.
Molto importante quindi l'influenza della dimensione della fessura nella legge di
Paris.
d𝒢 sarebbe la sovradimensione di cui si è parlato nelle scorse lezioni per tener conto
della multifrattalità. Prima abbiamo visto il caso browniano cioè con d𝒢 =0,5 quindi a con
esponente 1,5. Adesso vediamo il caso più generale della multifrattalità, con esponente
compreso tra 1 e 1,5.
Altra formula importante è quella che introduce il K1*, cioè il fattore di intensificazione
degli sforzi che descrive il campo tensionale di fronte ad una fessura frattale.
Considerando un crack molto rugoso vedo che la singolarità si attenua sempre più, ecco
perché l'esponente negativo che indica proprio un attenuazione.
Con d𝒢 =0 (non frattalità) --> il K1* coincide con il K1;
con d𝒢 =0,5 —> ho a-¼;
con d𝒢 =1 —> dimensione frattale 3 allora danneggiamento volumetrico.
ottengo il K1 classico che moltiplica una lunghezza elevata -½, quindi forza per
lunghezza alla -2 che vuol dire 𝜎! Situazione limite per cui non c'è più intensificazione
(danneggiamento classico).
Nel caso della frattura browniana di dimensione intermedia 1,5 c’è ancora
intensificazione ma più bassa. Il campo tensionale è r-¼.
Il fattore K1 deve essere rivisto dal punto di vista dimensionale mediante il K1*.
(Questo concetto c'è anche nel caso dell'angolo rientrante: quando l'angolo rientrante si
apre fino a sparire si ha un attenuazione molto simile del campo tensionale, ovviamente
la geometria è diversa).
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mercoledì 1 giugno 2016
Trovo dunque le nuove dimensioni fisiche del fattore K1*, utile per l'estensione della
legge di Paris.
Si parte dalla legge di Paris generalizzata per poi ricondurci al caso classico visto prima.
Nel caso generale a* ha dimensione di lunghezza con esponente compreso tra 1 e 1,5.
Al secondo membro il fattore C ha delle dimensioni ancora indefinite, trovo poi il ∆K1* e
l'esponente m compreso tra 2 e 3.
In pratica sto studiando la multifrattalità, andando quindi da 1 a 1,5, variando la scala del
problema! (aumento la scala di osservazione).
Per applicare la trasformazione inversa (mi voglio ricondurre alla forma classica della
Legge di Paris) devo eseguire dei differenziali, considerando le formulazioni di a* e K1*.
Mi interessa esplicitare il differenziale da per trovare la legge classica di Paris. Analogo
discorso per il ∆K1 a parte il fatto che stavolta non è un differenziale ma una differenza
finita.
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mercoledì 1 giugno 2016
Vediamo il caso limite: per le piccolissime scale m=3 allora 𝛽 =-5/2d𝒢 dove d𝒢=½ nel
caso limite quindi trovo 𝛽 =-5/4, poco più di 1.
Solo alle piccolissime scale l'andamento è quasi lineare.
Nella legge di Paris, per trovare il "threshold" (la soglia), devo elevare a 𝛽.
Si vedrà che la a0 non ha dimensione del difetto microscopico ma deve essere
dell'ordine della distanza interatomica nei reticoli cristallini che riguardano il materiale.
Questo ci porta a trovare quella soglia (threshold) con l'ipotesi di a con dimensioni alla
nanoscala (<< dimensione dei difetti); si potrebbe mettere a0 =0 e quindi a𝛽 ma nella
realtà si ha (a-a0)𝛽. Trovo in automatico la situazione di soglia.
nella seconda si applica l'equivalenza dei criteri di Paris e di Wöhler, rientra l'a0 però alla
nanoscala! Il Kth rispetto al K1C è meno di un millesimo, per la precisione il rapporto è di
10-4.