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V. KU mar, Mess, MD, FRcPa†i¬ N . FaUSt0, MD


Alice Hogge and Arthur Baer Professor Professor and Chairman, Depaptment of Pathology
Chairman, Department of Pathology University of Washington School of Medicine
Executive Vice Dean, Division of Biologic Sciences 3@<'=1ì†|@› WHSWUQTOH
and The Pritzker School of Medicine
The University of Chicago, Chicago, Illinois J C A
. . Stêl', MD, Php
Professor of Pathology
A_ K, M535 l-lar\/ard Medical School
Professor and Chairman, Department of Pathology Bligham and Womenys Hospital
University of California, San Francisco Boston' Massaomsetts
San Francisco, California
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ROBBINS E COTRAN
Le loasi
patologiche
delle malattie
Patologia generale
88 EDIZIONE

Edizione italiana a cura di


Vincenzo Eusebi
Universita degli Studi di Bologna, Sezione di Anatomia
Istologia e Citologia Patologica “Marcello Malpighi"

con la collaborazione di
Gavino Faa, Vito Franco
Eugenio Maiorano, Rodolfo Montironi
Lucio Palombini, Mauro Papotti
Anna Sapino, Giovanni Tallini
illustrazioni di " 1;;**~
James A. Perkins, Ms, MFA ELSEVIER
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Prefazione: celebrando
il cinquantenario

Nel presentare liottava edizione di Pathologic Basis of Disease ci di crescita e sui meccanismi che sono alla base della fibrosi.
soifermiamo un attimo per tornare con la memoria a cinquant'anni 0 Il Capitolo 5 include una sezione interamente aggiornata sulla
fa, quando veniva pubblicata la prima edizione di quest'opera, allora diagnosi molecolare, in cui si rende conto dei rapidi progressi
intitolata Pathology with Clinical Correlations (per chi non lo sapesse, compiuti nel campo della tecnologia di sequenziamento del DNA,
le prime tre edizioni furono pubblicate con questo titolo, per cui e completata dai principi dell'analisi genome-wide, oggi divenuta
l'attuale “ottava edizione” è in realtà l'undicesima di quesfopera). uno strumento fondamentale per lo studio di patologie umane
Nella prefazione della prima edizione, Stanley Robbins complesse come il cancro e il diabete.
scriveva: O Il Capitolo 9 è stato interamente rivisto e riorganizzato alla luce
della sempre crescente importanza assunta dai fattori ambientali
0 “Ma lo studio della morfologia è solo una parte della patologia. nella patogenesi umana.
La patologia fornisce un notevole contributo alla medicina clinica. 0 Il Capitolo 17 è stato completamente riscritto e propone nuove
Il patologo è interessato non soltanto a riconoscere le alterazioni nozioni sulla patogenesi della malattia infiammatoria intestinale
strutturali, ma anche a comprenderne il significato, ossia gli effetti e dei tumori gastrointestinali.
che questi cambiamenti producono sulla funzione cellulare e O Il Capitolo 22, che tratta le malattie delliapparato genitale fem-
tissutale e, in ultima istanza, le conseguenze di tali modificazioni minile, include la discussione delle basi molecolari del cancro,
sul paziente. Lungi dall°essere una disciplina avulsa dal paziente, delfendometriosi e della preeclampsia.
è un approccio fondamentale per una migliore comprensione O Ilintero volume, oltre a essere stato rivisto e riorganizzato, è stato
della malattia e costituisce dunque un elemento portante di una arricchito di numerose nuove immagini e schemi, e molte delle
solida medicina clinica” vecchie “perle” sono state migliorate con l'ausilio della tecnologia
0 “Conoscere il come e il perché è importante quanto conoscere il digitale. Speriamo dunque che anche i veterani del “Robbins”
fenomeno” apprezzeranno le illustrazioni e le immagini, rinnovate per qualità
e chiarezza.
Nel linguaggio odierno, quanto affermato da Robbins nel 1957 è
che la patologia consiste nello studio dei meccanismi di malattia e Laddove necessario, abbiamo integrato la trattazione della pato-
che la morfologia costituisce uno strumento (l'unico disponibile genesi e della fisiopatologia con la descrizione delle nuove scoperte,
all'epoca) per indagare la patogenesi delle varie affezioni e le corre- senza però mai dimenticare che lo “stato dell'arte” risulta di scarso
lazioni cliniche. Nel corso degli ultimi cinquant'anni Fapproccio non valore se non aflìna la comprensione dei meccanismi alla base delle
è cambiato e continua a essere il principio guida per l'attuale edizio- malattie. Come nel passato, non abbiamo trascurato di affrontare
ne. La differenza fondamentale è che oggigiorno disponiamo di molti problemi “irrisolti”, guidati dalla convinzione che molti, nel leggere
più strumenti di supporto alla morfologia, tra cui la biologia mole- questo libro, potrebbero essere incoraggiati a intraprendere un
colare, la genetica e Finformatica, per menzionarne soltanto alcuni. percorso di scoperta.
Di fatto, potremmo affermare che questo volume presenta le basi Nonostante i cambiamenti presentati sopra, gli obiettivi rimangono
molecolari delle patologie umane con correlazioni cliniche. Questa gli stessi enunciati da Robbins e Cotran nelle precedenti edizioni:
edizione, come tutte le precedenti, è stata ampiamente rivista e al-
cune parti sono state completamente riscritte. Tra le modifiche più 0 Integrare nella discussione dei processi e dei disturbi patologici
significative rientrano le seguenti: le più recenti informazioni disponibili, sia morfologiche sia
molecolari.
0 Il Capitolo 1 è stato completamente riorganizzato così da com- O Organizzare le informazioni in presentazioni logiche e uniformi,
prendere l'intero spettro delle risposte cellulari alla lesione, favorendo la leggibilità, la comprensione e Yapprendimento.
dalfadattamento al danno subletale fino alla morte cellulare. O Mantenere il volume entro una dimensione ragionevole pur
O Il Capitolo 3, incentrato sulla riparazione dei tessuti e sulla cica- fornendo allo stesso tempo un°adeguata trattazione delle lesioni,
trizzazione delle ferite, è stato ampiamente rivisto e completato dei processi e dei disturbi di particolare rilevanza. In questbttica,
con nuove ed entusiasmanti informazioni sulla biologia delle cel- lbpera è stata snellita di un'ottantina di pagine (forse con il di-
lule staminali, sui meccanismi di trasmissione dei segnali dei fattori sappunto degli appassionati di sollevamento pesi).
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viii Prefazione: celebrando il cinquantenario

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c u - t r a c k notevole enfasi sulla chiarezza della scrittura e sull'uso mento e approfittare di numerose altre interessanti funzionalità. c u -tr a c k

appropriato del linguaggio, nella consapevolezza che un testo che Online saranno inoltre disponibili casi di studio, fino a oggi raccolti
dovesse richiedere un eccessivo sforzo di comprensione sottrar- separatamente nellllnteractive Case Study Eompanion, sviluppato
rebbe inutilmente tempo ed energie allo studio, ostacolando il da uno di noi (VK) in collaborazione con Herb Hagler, PhD, e Nancy
processo di apprendimento. Schneider, MD, PhD (University of Texas, Southwestern Medical
0 Creare un”opera pensata anzitutto per essere un testo di studio School, Dallas). I casi sono stati scelti e organizzati con l”intento di
che accompagni lo studente lungo tutti gli anni di corso e durante perfezionare e consolidare fapprendimento offrendo agli studenti
l'internato, ma che allo stesso tempo fornisca suflìcienti dettagli la possibilità di applicare le nozioni acquisite per risolvere casi clinici.
e approfondimenti per andare incontro agli interessi di lettori più Un microscopio virtuale consente di esaminare immagini selezionate
esigenti. a diversi livelli di ingrandimento.
L'ottava edizione è inoltre caratterizzata dalfingresso di un nuovo
È stato ripetutamente riferito dai lettori che uno degli aspetti più coautore, Ion Aster. Tutti e quattro abbiamo revisionato, analizzato
apprezzati di questo libro, che lo rende tanto valido, è la sua attualità. criticamente e curato ciascun capitolo per garantire l”uniformità di
Ci siamo sforzati di mantenere tale caratteristica fornendo nuove stile e la scorrevolezza che sono sempre state le caratteristiche di-
informazioni e riferimenti estrapolati dalla più recente letteratura, stintive di questo libro. Insieme, speriamo di essere riusciti a tra-
molti dei quali pubblicati nel 2008 e alcuni nella prima parte del 2009. smettere al lettore le basi scientifiche per la pratica della medicina e
Riferimenti classici di più vecchia data sono stati tuttavia mantenuti di avere acceso in lui il desiderio di apprendere più di ciò che possa
per fornire la fonte originale ai lettori con maggiore esperienza. essere racchiuso in qualsiasi testo.
Giacche viviamo in un'era digitale, il testo sarà disponibile anche
online per coloro che acquistano l'edizione cartacea. Questa modalità VK
di accesso consentirà al lettore di effettuare ricerche in tutto il volu- AKA
me, con la possibilità di inserire segnalibri e annotazioni personali, NF
nonché di utilizzare PubMed per consultare i documenti di riferi- ICA

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Ringraziamenti

Gli autori sono grati a un gran numero di persone che hanno con- collaboratori e feditore. Senza la sua dedizione a questo libro e la sua
tribuito sotto molti punti di vista al completamento di questo meticolosa attenzione per i dettagli, il nostro compito sarebbe stato
testo. molto più difficile. La grafica del volume è stata curata quasi intera-
In primo luogo, tutti e quattro esprimiamo la nostra gratitudine mente da James Perkins, Assistant Professor of Medical Illustration
agli autori che hanno partecipato al volume per Fimpegno profuso. presso il Rochester Institute of Technology. La sua abilità nel conver-
Molti sono veterani di precedenti edizioni, altri sono nuovi di questa tire concetti complessi in immagini semplici ed esteticamente prege-
ottava edizione. Tutti sono riportati nel sommario. I loro nomi con- voli ha considerevolmente migliorato il libro.
feriscono autorità allbpera e per questo siamo loro grati. Molte persone associate al nostro Editore, Elsevier (sotto il mar-
Molti colleghi hanno migliorato il testo leggendo vari capitoli e chio W.B. Saunders), meritano un particolare ringraziamento. Spicca
fornendo utili revisioni critiche nella loro area di competenza. Questi tra queste Ellen Sklar, Production Editor, che ha supervisionato la
comprendono i Dottori Michelle LeBeau, Ierry Krishnan, lulian So- produzione del libro. La sua conoscenza delle esigenze degli autori e
lway, Elyssa Gordon,Ankit Desai, Sue Cohen, Megan McNerney, Peter delle complessità insite nella pubblicazione di un testo ha contribuito
Pytel e Tony Chang (University of Chicago); il Dr. Serdar Bulun a rendere la nostra vita meno complicata. William Schmitt, Publi-
(Northwestern University, Chicago); i Dottori Steven Deeks, Sanjay shing Director of Medical Textbooks, è sempre stato il nostro soste-
Kakar, Zoltan Laszik, Scott Oakes, lay Debnath e Michael Nystrom nitore e ora anche un caro amico. I nostri ringraziamenti vanno
(University of California, San Francisco); il Dr. Lundy Braun (Brown inoltre al Managing Editor Rebecca Gruliow e al Design Manager
University) e il Dr. Peter Byers (University ofWashington); i Dottori Ellen Zanolle di Elsevier. Indubbiamente vi sono molti altri “eroi” che
Frank Bunn, Jeffery Kutok, Helmut Rennke, Fred Wang, Max Loda e potrebbero essere stati involontariamente dimenticati; a loro diciamo
Mark Fleming (Harvard Medical School); il Dr. Richard Aster (Mil- “grazie” e ci scusiamo per non averli ringraziati singolarmente.
waukee Blood Center and Medical College ofWisconsin). Un ringra- Impegni di simile mole si ripercuotono inevitabilmente sulle
ziamento particolare è dovuto al Dr. Raminder Kumar per l'aggior- famiglie degli autori. Desideriamo pertanto ringraziare le nostre
namento delle informazioni cliniche e per la scrupolosa correzione consorti, Raminder Kumar, Ann Abbas, Ann DeLancey ed Erin
di numerosi capitoli. Molti colleghi hanno fornito preziose fotografie Malone per la loro pazienza, il loro amore e il loro sostegno in questa
dalle loro raccolte, per le quali sono individualmente citati nel testo. avventura e per la tolleranza mostrata rispetto alle nostre assenze.
Il nostro personale amministrativo merita sicuramente di essere Infine, Vinay Kumar, Abul Abbas e Nelson Fausto desiderano
menzionato per avere mantenuto l'ordine nelle caotiche vite degli esprimere il loro profondo apprezzamento per la decisione del Dr.
autori e averli prontamente pungolati, quando necessario, per rispet- Ion Aster di unirsi alla squadra. Da anni Ion dimostra di essere un
tare i molteplici impegni relativi al libro: Valerie Driscoll e Garcia collaboratore di eccellenza e oggi aggiunge lustro all”intero volume.
Wilson (University of Chicago); Ana Narvaez (University of Califor- Malgrado le differenze relative ai settori di competenza, alle opinioni
nia, San Francisco); Greg Lawrence, Ioscelyn Rompogren, Stephanie e agli stili individuali, la comune visione condivisa con i compianti
Meleady-Brown e Iane Norris (University of Washington, Seattle); Dottori Stanley Robbins e Ramzi Cotran ha reso questa una colla-
Deborah Kutok e Muriel Goutas (Brigham and Women's Hospital). borazione entusiasmante e gratificante.
Beverly Shackelford della University of Texas Southwestern Medical VK
School di Dallas, che ha aiutato uno di noi (VK) per 26 anni, merita AKA
uno speciale riconoscimento per avere coordinato la consegna di tutti NF
i manoscritti, averne corretti molti e avere mantenuto i legami con i ICA

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Hanno collaborato
aII'edizione italiana

Andrea Ambrosini Spaltro Luca Morandi


Università degli Studi di Bologna, Sezione di Anatomia, Istologia e Università degli Studi di Bologna, Sezione di Anatomia, Istologia e
Citologia Patologica “Marcello Malpighi” Citologia Patologica “Marcello Malpighi”
Ossa, articolazioni e tumori dei tessuti molli; Nervo periferico Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e
e muscolo scheletrico morte; Infiammazione acuta e cronica; Malattie genetiche

Vincenzo Eusebi Lucio Palombini


Università degli Studi di Bologna, Sezione di Anatomia, Istologia e Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Scienze
Citologia Patologica “Marcello Malpighi” Biomorfologiche e Funzionali
Testa e collo Apparato genitalefemminile
Gavino Faa Mauro Papotti
Università degli Studi di Cagliari, Istituto di Anatomia Patologica Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Scienze Cliniche
Fegato e tratto biliare e Biologiche
Il polmone; Il sistema endocrino
Vito Franco
Università degli Studi di Palermo, Dipartimento di Patologia Umana
Annalisa Pession
Malattie dei globuli rossi ed emorragiche Università degli Studi di Bologna, Sezione di Anatomia, Istologia e
Citologia Patologica “Marcello Malpighi”
Claudia Lattes
Istituto Addarii, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale; Malattie del
sistema immunitario; Patologie ambientali e nutrizionali
Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock;
Malattie neoplastiche; Malattie infettive
Moira Ragazzi
Università degli Studi di Bologna, Sezione di Anatomia, Istologia e
Eugenio Maiorano
Citologia Patologica “Marcello Malpighi”
Università degli Studi di Bari “A. Moro”, Dipartimento di Anatomia
Patologica La mammella; L'occhio
Malattie delfinfanzia e dellizdolescenza; Il pancreas
Anna Sapino
Gianluca Marucci Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Scienze Biomediche
Università degli Studi di Bologna, Sezione di Anatomia, Istologia e e Oncologia Umana, III Unità Operativa di Anatomia Patologica
Citologia Patologica “Marcello Malpighi” Vasi sanguigni; Tratto gastrointestinale
La cute; Il sistema nervoso centrale
GiovanniTallìni
Rodolfo Montironi Università degli Studi di Bologna, Sezione di Anatomia, Istologia e
Università Politecnica delle Marche, Sezione di Anatomia Patologica, Citologia Patologica “Marcello Malpighi”
Dipartimento di Neuroscienze, Ancona Il cuore; Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza
Il rene; Vie urinarie inferiori e apparato genitale maschile e del timo

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Collaboratori

Charles E. Alpers, MD Matthew R Frosch, MD, PhD


Professor of Pathology, Adjunct Professor of Medicine, University Associate Professor of Pathology, Harvard Medical School; Director,
of Washington School of Medicine; Pathologist, University of C.S. Kubik Laboratory for Neuropathology, Massachusetts General
Washington Medical Center, Seattle, WA Hospital, Boston, MA
Il rene Nervo periferico e muscolo scheletrico; Il sistema nervoso centrale

Douglas C. Anthony, MD, PhD Ralph H. Hruban, MD


Professor and Chair, Department of Pathology and Anatomical Professor of Pathology and Oncology, The Sol Goldman Pancreatic
Sciences, University of Missouri, Columbia, MO Cancer Research Center, The Iohns Hopkins University School of
Nervo periferico e muscolo scheletrico; Il sistema nervoso centrale Medicine, Baltimore, MD
Il pancreas
James M. Crawford, MD, PhD
Senior Vice President for Laboratory Services; Chair, Department Aliya N. Husain, MBBS
of Pathology and Laboratory Medicine, North Shore-Long Island Professor, Department of Pathology, Pritzker School of Medicine,
Iewish Health System, Manhasset, NY The University of Chicago, Chicago, IL
Fegato e tratto biliare Il polmone
Umberto De Girolamì, MD Christine A. lacobuzio-Donahue, MD, PhD
Professor of Pathology, Harvard Medical School; Director of Associate Professor of Pathology and Oncology, The Sol Goldman
Neuropathology, Brigham and Womens Hospital, Boston, MA Pancreatic Cancer Research Center, The Iohns Hopkins University
Nervo periferico e muscolo scheletrico; Il sistema nervoso centrale School of Medicine, Baltimore, MD
Il pancreas
Lora Hedrick Ellenson, MD
Weill Medical College of Cornell University, Professor of Pathology
Alexander J.F. Lazar, MD, PhD
and Laboratory Medicine; Attending Pathologist, New York
Assistant Professor, Department of Pathology and Dermatology,
Presbyterian Hospital, New York, NY
Sections of Dermatopathology and Soft Tissue Sarcoma Pathology,
Apparato genitalefemminile Faculty of Sarcoma Research Center, University of Texas M.D.
Anderson Cancer Center, Houston, TX
Jonathan l. Epstein, MD
Professor of Pathology, Urology, and Oncology; The Reinhard Pro- La cute
fessor of Urologic Pathology, The lohns Hopkins University School
of Medicine; Director of Surgical Pathology, The Iohns Hopkins Susan C. Lester, MD, PhD
Hospital, Baltimore, MD Assistant Professor of Pathology, Harvard Medical School; Chief,
Breast Pathology, Brigham and Women's Hospital, Boston, MA
Vie urinarie inferiori e apparato genitale maschile
La mammella
Robert Folberg, MD
Dean, Oakland University William Beaumont School of Medicine, Mark W. Lingen, DDS, PhD
Rochester, MI; Chief Academic Oflicer, Beaumont Hospitals, Royal Associate Professor, Department of Pathology, Pritzker School of
Oak, MI Medicine, The University of Chicago, Chicago, IL
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Chen Liu, MD, PhD c u -tr a c k
Edyta C. Pirog, MD
Associate Professor of Pathology, lmmunology and Laboratory Associate Professor of Clinical Pathology and Laboratory Medicine,
Medicine; Director, Gastrointestinal and Liver Pathology, The New York Presbyterian Hospital-Weil«Medical College of Cornell
University of Florida College of Medicine, Gainesville, FL University; Associate Attending Pathologist, NewYork Presbyterian
Fegato e tratto liiliare

Anirban Maitra, MBBS


Hospital, New York, NY
Apparato genitalefeimninile

Andrew E. Rosenberg, MD
1 á
Associate Professor of Pathology and Oncology, The Iohns Hopkins Professor, Department of Pathology, Harvard Medical School; Pa- ,
University School of Medicine; Pathologist, The Iohns Hopkins thologist, Massachusetts General Hospital, Boston, MA
.
Hospital, Baltimore, MD I
Ossa, articolazioni e tumori dei tessuti molli
Malattie dell'infanzia e dellhrlolesceiiza; Il sistema endocrino
Frederick J. Schoen, MD, PhD
Professor of Pathology and Health Sciences and Technology,
Alexander J. McAdam, MD, PhD Harvard Medical School; Director, Cardiac Pathology and Executive
Assistant Professor of Pathology, Harvard Medical School; Medical Vice Chairman, Department of Pathology, Brigham and Women°s
Director, Infectious Diseases Diagnostic Laboratory, Children's Hospital, Boston, MA
Hospital Boston, Boston, MA
Vasi sanguigni; Il cuore
Malattie infettive
Arlene H. Sharpe, MD, PhD
Richard N. Mitchell, MD
Associate Professor, Department of Pathology, Harvard Medical
School; Director, Human Pathology, Harvard-MIT Division of
Health Sciences and Technology, Harvard Medical School; Staff
Professor of Pathology, Harvard Medical School; Chief, Immunology
Research Division, Department of Pathology, Brigham and Women's
Hospital, Boston, MA
Malattie infettive
l
Pathologist, Brigham and Womens Hospital, Boston, MA
Alterazioni emodinamiclie, malattia troniboenzbolica e shock; Thomas P Stricker, MD, PhD
Vasi sanguigni; ll cuore Orthopedic Pathology Fellow, Department of Pathology, Pritzker
School of Medicine, The University of Chicago, Chicago, IL
Malattie neoplastiche i
George F. Murphy, MD l

Professor of Pathology, Harvard Medical School; Director Jerrold R.Turner, MD, PhD
of Dermatopathology, Brigham and Womens Hospital, Boston, Professor and Associate Chair, Department of Pathology, Pritzker
MA School of Medicine, The University of Chicago, Chicago, IL
La cute Tratto gastrointestinale

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Indice*

Volume 1 Patologia generale


Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte .............. ._ ..3

lnfiammazione acuta e cronica .................................................................................. .. 43

Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale ................................................ 79

Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock............................. .. 109


Richard N. Mitchell

Malattie genetiche ..................................................................................................... _. 133

Malattie del sistema immunitario ............................................................................ .. 181

Malattie neoplastiche ................................................................................................ ..251


Thomas P. Stricker 0 Vinay Kumar

Malattie infettive........................................................................................................ ..323


Alexander J. Mcadam v Arlene H. Sharpe

Patologie ambientali e nutrizionali .......................................................................... ..391

10 Malattie dell'infanzia e del|'adolescenza ................................................................. ..439


Anirban Maitra

Volume 2 Malattie degli organi e degli apparati


11 Vasi sanguigni ............................................................................................... .. ........... ..477
Richard N. Mitchell ' Frederick J. Schoen

12 Il cuore ........................................................................................................................ ..519


Frederick J. Schoen 0 Richard N. Mitchell

13 Malattie dei globuli bianchi, dei linfonodi, della milza e del timo ........................ ..579

*Dove non altrimenti indicato, i capitoli sono stati redatti dagli Editors

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Malattie dei globuli rossi ed emorragiche ............................................................... ..629

ll polmone .......................................................... .................... ..f ............... ........ ...667


Aliya N. Husain

Testa e collo................................................................................................................ ..727


Mark W. Lingen

Tratto gastrointestinale ............................................................................................. ..751 I


Jerrold R.Turner

Fegato e tratto biliare ................................................................................................ ..821


James M. Crawford ° Chen Liu

ll pancreas .................................................................................................................. ..879


Ralph H. Hruban 0 Christine Iacobuzio-Donahue
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Il rene .......................................................................................................................... ..893
Charles E.Alpers
li
Vie urinarie inferiori e apparato genitale maschile ................................................. ..957
Jonathan I. Epstein

Apparato genitale femminile .................................................................................... ..991


Lora Hedrick Ellenson ' Edyta C. Pirog

La mammella ........................................................................................................... .. 1051


Susan C. Lester
i
r

Il sistema endocrino ................................................................................................ _. 1083


Anirban Maitra i
l

La cute ...................................................................................................................... .. 1151


Alexander J.F. Lazar ° George F. Murphy

Ossa, articolazioni e tumori dei tessuti molli ........................................................ .. 1191 i


;
Andrew E. Rosenberg

Nervo periferico e muscolo scheletrico .................................................................. .. 1243


Douglas C. Anthony ~ Matthew R Frosch ° Umberto De Girolami

Il sistema nervoso centrale ..................................................................................... .. 1265


Matthew R Frosch 0 Douglas C. Anthony 0 Umberto De Girolami

L'occhio ..................................................................................................................... .. 1331


Robert Folberg

Indice analitico .................................................................................................... .. I-LXVIII l

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Con gratitudine e afletto a


Raminder Kumar
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Ann DeLancey
Erin Malone
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Risposte cellulari a stress e insulti
tossici: adattamento, danno e morte
Introduzione alla patologia Danno da ischemia-riperfusione
Risposte cellulari a stress e a stimoli dannosi Danno chimico (tossico)
Adattamenti della crescita e del differenziamento Apoptosi
cellulare Cause di apoptosi
ipertrofia [apoptosi in situazioni fisiologiche
Meccanismi di ipertrofia [apoptosi in condizioni patologiche
I perplasia Cambiamenti morfologici e biochimici nell'apoptosi
lperplasla fisiologica Caratteristiche biochimiche de//'apoptosi
/perplasla patologica Meccanismi di apoptosi
Meccanismi di lperplasia la via di apoptosi intrinseca (mitocondriale)
Atrofia la via di apoptosi estrinseca (innescata dal recettori
Meccanismi di atrofia di morte)
La fase effetlrice dellapoptosi
Metaplasia
Himozione delle cellule morte
Meccanismi di metaplasia
Correlazioni clinico-patologiche: l'apoptosi
Danno e morte cellulare in condizioni fisiologiche e patologiche
Cause di danno cellulare Esempi di apoptosi
Patologie associate a disregolazione de//'apoptosi
Alterazioni morfologiche nel danno cellulare
Autofagia
Danno reversibile
N e c rosi Accumuli intracellulari
Ouadri di necrosi tissutale Lipidi
Meccanismi di danno cellulare
Steatosi (degenerazione grassa)
Colesterola ed esteri del colesterolo
Deplezione di ATP Proteine
Danno mitocondriale
Modificazioni ialine
Ingresso intracellulare di calcio e perdita Glicogeno
rvat dell'omeostasí del calcio
Pigmenti
F56 Accumulo di specie reattive e radicali liberi Pigmenti esogeni
dell'ossigeno (stress ossidativo)
Pigmenti endogeni
di1ritt Difetti della permeabilità di membrana
'E
Danno del DNA e delle proteine Calcificazione patologica
Calcificazione distrofica
sr.Tu Correlazioni clinico-patologiche: esempi selezionati
Calcificazione metastatica
di danno cellulare e necrosi
Danno ischemico e ipossico Invecchiamento cellulare
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LSEVIER
-< Meccanismi di danno cellulare ischemico
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4 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte

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c u -tr a c k
Introduzione alla patologia o c u -tr a c
(patogenesi), tuttavia, restano ancora in molti casi oscuri. I progressi
tecnologici rendono sempre più semplice mettere in correlazione
specifiche alterazioni molecolari con le manifestazioni patologiche,
Il termine “patologia” sta a significare studio (lógos) della malattia consentendo di utilizzare tali conoscenze per definire nuovi approcci
(pátlios). Più precisamente, la patologia e la disciplina dedita allo terapeutici. Per questi motivi lo studio della patogenesi non è mai
studio delle modificazioni strutturali, biochimiche e funzionali che stato cosi stimolante dal punto di vista scientifico e tanto importante
determinano la malattia e che si verificano a livello cellulare, nei per la medicina.
tessuti e negli organi. Avvalendosi di tecniche molecolari, micro- Alterazioni molecolari e morfologiche. I cambiamenti morfo-
biologiche, immunologiche e morfologiche, questa disciplina cerca logici riguardano le alterazioni strutturali a livello cellulare o tissutale
di spiegare le cause dei segni e dei sintomi manifestati dal paziente, che sono caratteristiche di una patologia o diagnostiche di un pro-
prefiggendosi di fornire una base razionale per la pratica clinica e cesso eziologico. La pratica della patologia diagnostica è dedicata alla
terapeutica. Essa getta dunque un ponte tra le scienze di base e la definizione della natura e della progressione della malattia attraverso
medicina clinica, fungendo da fondamento scientifico per qualsiasi lo studio dei cambiamenti morfologici nei tessuti e delle alterazioni 4

branca della medicina. biochimiche osservate nei pazienti. Negli ultimi anni, i limiti diagno-
Lo studio della patologia si divide tradizionalmente in patologia stici mostrati da indagini puramente morfologiche sono diventati i

generale e patologia sistemica. La prima riguarda le reazioni che si sempre più evidenti e il campo della patologia diagnostica si è evoluto
verificano a livello cellulare o tissutale in risposta a uno stimolo per abbracciare tecniche di biologia molecolare e di immunoistochi-
anomalo 0 a difetti ereditari, cause principali di malattia. La seconda mica in grado di analizzare i vari stadi della malattia, un`evoluzione
studia le alterazioni che si producono in tessuti e organi specializzati che dimostra il proprio valore in particolare nello studio dei tumori:
determinando disturbi a carico di questi ultimi. Nel presente testo tumori della mammella identici dal punto di vista morfologico pos-
analizzeremo in prima battuta i principi della patologia generale, sono infatti avere un decorso, una risposta terapeutica e una prognosi
per poi trattare processi patologici specifici e discutere di come essi profondamente differenti. Le analisi molecolari condotte con tecniche
colpiscano particolari organi o sistemi. quali i microarray a DNA (Cap. 5) hanno permesso di rilevare diffe-
I quattro elementi di un processo patologico che determinano renze genetiche che consentono di predire il comportamento delle
l'essenza di una malattia sono le sue cause (eziologia), i meccanismi neoplasie e la loro risposta alle diverse terapie. Tali tecniche sono
di insorgenza (patogenesi), le alterazioni biochimiche e strutturali utilizzate con frequenza sempre maggiore per ampliare e persino
indotte nelle cellule e negli organi del corpo (alterazioni molecolari rimpiazzare le tradizionali analisi morfologiche.
e morfologiche) e le conseguenze funzionali di tali cambiamenti Alterazioni funzionali e manifestazioni cliniche. Le alterazioni
(manifestazioni cliiiiclie). genetiche, biochimiche e strutturali che si verificano a livello cellu-
Eziologia o causa. Liidea che particolari sintomi o malattie ab- lare e tissutale determinano come risultato ultimo lo sviluppo di
biano “una certa causa” è molto antica. Per gli Arcadi (2500 a.C.), anomalie funzionali responsabili delle manifestazioni cliniche (sin-
se qualcuno si ammalava, era per propria colpa (per avere peccato) tomi e segni) della malattia e della sua progressione (decorso clinico
o a causa di agenti esterni come miasmi, freddo, spiriti maligni o ed esito).
volontà degli dei' Oggi si identificano due classi principali di fattori
eziologici: quelli di natura genetica (ad es. mutazioni ereditarie, Praticamente tutte le forme di malattia hanno inizio da alterazioni
varianti geniche e polimorfismi associati a varie patologie) e fattori molecolari o strutturali a livello cellulare, concetto proposto per la
eziologici acquisiti (infettivi, nutrizionali, chimici, fisici ecc.). Il prima volta nel XIX secolo da Rudolf Virchow, padre della patologia
concetto secondo il quale a una data malattia corrisponde un dato moderna. La nostra trattazione riguarderà in primis lo studio delle
agente eziologico è stato ottenuto studiando le infezioni e i disordini cause, dei meccanismi e degli eventi morfologici e biochimici cor-
genetici derivati da mutazioni a singolo gene. Tale concetto non può relati al danno cellulare che, insieme al danno della matrice extra-
essere applicato però alla maggior parte delle malattie. Infatti, l'ate- cellulare, conduce in ultima istanza alla lesione tissutale e al danno
rosclerosi e il cancro hanno origini multifattoriali e imputabili dbigaiio. Essi determinano il quadro morfologico e clinico della
all'azione di stimoli esterni in individui geneticamente suscettibili. patologia.
Il ruolo relativo della predisposizione genetica e dell”ambiente ester-
no varia a seconda della malattia.
Patogenesi. Il termine "patogenesi" si riferisce alla sequenza di Risposte cellulari a stress e a stimoli
eventi che si verificano in risposta alllagente eziologico a livello
cellulare o tissutale, dallo stimolo iniziale all'espressione ultima della
dannosi
malattia. Lo studio della patogenesi resta uno degli aspetti principali
della patologia. Anche quando la causa iniziale è nota (come nel caso La cellula normale presenta un range funzionale e strutturale
di infezioni o mutazioni) rimangono oscuri molti passaggi prima di alquanto limitato, determinato dallo stato metabolico, dal differen-
arrivare alla manifestazione clinica. Per comprendere appieno la ziamento della cellula e dalla sua specializzazione, nonché dalla
fibrosi cistica, ad esempio, non è sufficiente conoscere il gene mal disponibilità di substrati metabolici. Ciò detto, la cellula normale
funzionante e il relativo prodotto genico, ma occorre avere cogni- esibisce la capacità di soddisfare le richieste fisiologiche mantenendo
zione anche degli eventi biochimici e morfologici che portano alla uno stato di equilibrio detto omeostasi. Si definiscono adattaineiiti
formazione delle cisti e alla fibrosi nei polmoni, nel pancreas e negli le risposte funzionali e strutturali reversibili a stress fisiologici gravi
altri organi. Oltre a ciò, come vedremo nel corso della trattazione, e a determinati stimoli patologici durante i quali vengono raggiunti
la rivoluzione delle tecniche molecolari ha già permesso di identi- stati di equilibrio nuovi ma alterati che consentono alla cellula di
ficare i geni mutanti alla base di un gran numero di patologie e ha sopravvivere e di continuare a espletare le proprie funzioni (Pig. 1.1
consentito la mappatura dell°intero genoma umano. Le funzioni delle e Tab. 1.1). La risposta adattativa può tradursi in un aumento delle
I
proteine codificate e il modo in cui le mutazioni inducono la malattia dimensioni delle cellule (ipertrofia) e dell'attività funzionale, in un I

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CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 5
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alla morte cellulare. L'adattamento, il danno reversibile e la morte c u - t r a
CELLULA NORMALE DANNO
LL (omeosiasi) REVERSIBILE cellulare possono essere stadi di un deterioramento progressivo in
seguito a vari tipi di stimoli nocivi. In risposta a un accresciuto carico
emodinamico, ad esempio, il muscolo cardiaco aumenta di volume I
Stress Stimolo _ Lieve e come forma di adattamento, ma può anche subire un danno. Se la
/ dannoso transitorio
vascolarizzazione miocardica è compromessa o inadeguata, il mu-
scolo va inizialmente incontro a un danno reversibile, che si mani-
____ DANNO festa con determinate alterazioni citoplasmatiche (descritte oltre);
alla fine, però, la cellula subisce un danno irreversibile e muore
adattamento (Pig. 1.2). - _
Grave e La morte cellulare, conseguenza ultima del progressivo danno
progressivo cellulare, è uno degli eventi cruciali nellievoluzione della malattia di
qualsiasi organo o tessuto. È il prodotto di cause diverse, quali ad
esempio l`ischemia (ridotto afflusso sanguigno), l”infezione e le ii
DANNO tossine, ma rappresenta anche un processo normale ed essenziale
IRREVERSIBILE
nel contesto dell”embriogenesi, dello sviluppo degli organi e nel
mantenimento dell'omeostasi. Esistono due vie principali di morte
cellulare: la iiecrosì e l'apoptosi. La carenza di nutrienti innesca inol-
tre una risposta cellulare adattativa-definita aiitofagia che può
NEci=iosi ivioi=i†E
CELLULARE APoPTosi culminare nella morte cellulare. Le vie di morte cellulare saranno
trattate nel dettaglio più avanti nel corso del capitolo.
FIGURA 1.1 Stadi della risposta cellulare allo stress e agli stimoli Stress di diverso tipo possono indurre in cellule e tessuti modifi-
dannosi. cazioni diverse rispetto agli adattamenti, al danno e alla morte cel-
lulare tipici (si veda Tab. 1.1). Disordini metabolici a livello cellulare
e danni cronici subletali possono associarsi ad accumuli intracellulari
incremento del numero di cellule (iperplasia), in una riduzione della di un certo numero di sostanze tra cui proteine, lipidi e carboidrati.
dimensione e dell”attività metabolica delle cellule (atrofia) o in un Il calcio si deposita spesso nelle aree di morte cellulare, dando luogo
cambiamento nel fenotipo cellulare (metaplasia). Quando lo stress a calcificazioni patologiche. Infine, il normale processo di invecchia-
viene eliminato, la cellula torna allo stato originario senza avere mento stesso si accompagna a modificazioni morfologiche e funzio-
subito conseguenze deleterie. nali caratteristiche a livello cellulare.
Se i limiti delle risposte adattative vengono superati, se le cellule ' In questo primo capitolo discuteremo anzitutto di come le cellule
..
vengono esposte ad agenti o stress nocivi, oppure se vengono private si adattino allo stress e, successivamente, tratteremo le cause, i mec-
dei nutrienti fondamentali o vengono compromesse da mutazioni canismi e le conseguenze delle diverse forme di lesione cellulare I
a carico di elementi cellulari essenziali, si innesca una sequenza di acuta, compresi il danno reversibile e la morte cellulare, per conclu-
eventi definita danno cellulare (Fig. 1.1). Il danno cellulare è rever- dere con la descrizione di altri tre processi che interessano le cellule
I
sibile fino a un certo punto, ma se lo stimolo persiste o se è grave sin e i tessuti: gli accumuli intracellulari, le calcificazioni patologiche e
dall'inizio, la cellula va incontro a un danno irreversilrile e, da ultimo, liinvecchiamento cellulare.

TABELLA 1.1 Risposte cellulari aluauno _ I I'


Natura dello stimolo dannoso Risposta cellulare
ALTERATO STIMOLO FISIOLOGICO; STIMOLI LESIVI NON LETALI ADA'l'l'AMENTI CELLULARI I
Ii
i
0 Aumentata richiesta, maggiore stimolazione (ad es. da parte di O Iperpiasia, ipertrofia
fattori di crescita e ormoni)
0 Riduzione dei nutrienti, ridotta stimolazione 0 Atrofia
0 irritazione cronica (stimolo chimico o fisico) 0 Metapiasia
RIDOTTO APPORTO DI OSSIGENO; DANNO CHIMICO; INFEZIONE DANNO CELLULARE
MICROBICA
O Acuto e transitorio O Danno acuto reversibile
Rigontiamento cellulare, degenerazione grassa
O Progressivo e intenso (incluso danno del DNA) O Danno irreversibile-›morte cellulare
Necrosi
Apoptosi
ALTERAZIONI METABOLICHE, GENETICHE O ACQUISITE; DANNO ACCUMULI INTRACELLULARI; CALCIFICAZIONI
CRONICO
SOPRAVVIVENZA PROLUNGATA CON DANNO SUBLETALE INVECCHIAMENTO CELLULARE
CUMULATIVO

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risposta allaumento ff?-' W f'
del carico ' Miocita danneggiato
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I-'l(ìi IP/\ 'L2 Relazioni tra cellule miocardiche normali, adattate, danneggiate in modo reversibile e morte. [adattamento cellulare si esprime nella forma ii
di un'ipertrofia miocardica (in basso a sinistra) dovuta a un maggiore afflusso sanguigno e alla conseguente richiesta di un maggiore sforzo meccanico da I
parte delle cellule del miocardio. Questo adattamento porta allispessimento della parete del ventricolo sinistro oltre i 2cm (lo spessore normale è di
I-I ,5 cm). Nel miocardio che ha subito un danno reversibile (raffigurato a destra) in genere le ripercussioni sono solo di tipo funzionale e non si osservano
alterazioni evidenti dal punto di vista macroscopico né microscopico. Nel campione con necrosi- una forma di morte cellulare - (in basso a destra) l'area
chiara nel ventricolo posterolaterale sinistro rappresenta un infarto acuto del miocardio causato da una riduzione del flusso ematico (ischemia).Tutte e tre
le sezioni trasversali del cuore sono state colorate con cloruro di triteniltetrazolio, un substrato enzimatico che colora il miocardio vitale in magenta. La
mancata colorazione deriva dalla perdita di enzimi in seguito alla morte cellulare.

Adattamenti della crescita fondamentalmente, rispondono alle incrementate richieste metabo-


liche con Fipertrofia. Lo stimolo più comune per l'ipertrofia muscolare
e del differenziamento cellulare è I”aumento del carico di lavoro. I muscoli gonfi dei culturisti impe- `l
gnati nel sollevamento pesi, ad esempio, derivano da un aumento I
Si definiscono adattamenti le modificazioni reversibili osservate delle dimensioni delle singole fibre muscolari in risposta a un'au- I
nella dimensione, nel numero, nel fenotipo, nell”attività metabolica mentata richiesta. Nel cuore, lo stimolo per l'ipertrofia è di solito il i
o nelle funzioni delle cellule in risposta a cambiamenti ambientali. sovraccarico emodinainico cronico, che deriva dall`ipertensione 0
Tali adattamenti possono assumere numerose forme diverse. da difetti valvolari (si veda Fig. 1.2). In entrambi i tipi di tessuto, le
cellule muscolari sintetizzano una maggiore quantità di proteine,
IPERTROFIA determinando l'aumento del numero di miofilamenti. Questo incre-
menta la forza che ogni singolo miocita è in grado di generare, ac-
ll termine “ipertrofia” indica un aumento del volume cellulare e, crescendo di conseguenza anche la potenza e la resistenza dell'intero
quindi, delle dimensioni dellbrgano. L°organo ipertrofico non ha muscolo.
cellule nuove, ma solo cellule più grandi, in cui l'aumento di volume La massiva crescita fisiologica dell`utero in gravidanza è un buon
è dovuto alla sintesi di una maggiore quantità di componenti strut- esempio di incremento delle dimensioni di un organo ormone-
turali cellulari. Le cellule in grado di dividersi possono rispondere indotto legato principalmente all”ipertrofia delle fibre muscolari il
allo stress sia con l`iperplasia (descritta oltre) sia con fipertrofia, (Pig. 1.3). Liaumento delle dimensioni cellulari è infatti stimolato iI
.I
mentre nelle cellule che non si dividono (ad es. le fibre miocardiche) dall'azione degli estrogeni sui recettori specifici della muscolatura
il maggiore volume tissutale è il risultato di una condizione di iper- liscia, che determinano, da ultimo, un incremento della sintesi di
trofia. In molti organi, liipertrofia e l'iperplasia coesistono e contri- proteine del muscolo liscio e l'aumento delle dimensioni cellulari.
buiscono entrambe all'aumento di volume. Sebbene la concezione tradizionale riguardo il muscolo cardiaco
L'ipertrofia può esserefisiologica o patologica ed è causata da e scheletrico affermi che questi tessuti sono incapaci di proliferare
un`aumentata richiesta funzionale o dalla stimolazione esercitata e che, pertanto, il loro aumento di dimensioni sia esclusivamente da i
L
dagli ormoni o dai fattori di crescita. Le cellule muscolari striate imputare all'ipertrofia, si dispone attualmente di evidenze sempre I
cardiache e scheletriche hanno una capacità di divisione limitata e, più numerose che documentano come anche questi tipi cellulari
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FIGURA 1.3 ipertrofia fisiologica dell'utero durante la gravidanza. A. Aspetto macroscopico di un utero normale (destra)'e di un utero gravido (asportato
per emorragia postparto) (sinistra). B. Cellule muscolari lisce deIl'utero di piccole dimensioni e di forma fusata provenienti da un utero normale confrontate
con (C) grandi cellule tondeggianti di un utero gravido con lo stesso ingrandimento.

abbiano la capacità non soltanto di assumere comportamenti iper- di sensori meccanici (innescati da un aumento del carico di lavoro),
trofici, ma anche di dividersi, sebbene in maniera limitata, e di ri- fattori di crescita (quali ad esempio il TGFB, l”IGF-1 e il fattore 4

popolare il tessuto a partire da elementi precursori (Cap. 3).2 di crescita fibroblastico) e agenti vasoattivi (come gli agonisti
ot-adrenergici, Fendotelina-1 e Yangiotensina II). I sensori meccanici
stessi, di fatto, inducono la produzione di fattori di crescita e di agonisti
Meccanismi di ipertrofia i
(Fig. 1.4)” che agiscono in sinergia per accrescere la sintesi delle
Lipertrofia è il risultato di unincrementata produzione di proteine cel- proteine muscolari responsabili dell”ipertrofia. Le due principali vie
lularí. Molte delle nostre conoscenze sull'ipertrofia si basano sullo biochimiche implicate nell”ipertrofia muscolare sembrano essere la via
studio del cuore. Liipertrofia può essere indotta dall'azione combinata del fosfoinosítolo 3-chinasi/Akt (ritenuta la più importante

Stiramento meccanico Agonisti Fafl°"ì di Cfescita E


(aumento del carico di lavoro) (ad es. ormoni (ad GS- |GF'1) <`E===="'°
. oc-adrenergici, angiotensina)
Q › °
Sensore meccanico V
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(integrine?) a= u= =
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Vie di trasduzione del segnale
1:.

Fattori di trascrizione (Myc, Fos, Jun e altri)


Il †-fJ'1.-M«-.,'_»›a4. ;_., =m = m n

lnduzione dei geni f Sintesi di f Produzigne di \:n=|==| mm


;~›*:..\:|=|=ll
embrionali/letali proteine contrattili fattori di Crescna -2
(ad es. oi-actina cardiaca, ANF) ›' /

l ` À» 1 1;:-4
r.=;;-=.=.e:¬.-¬u¬=. H? i
f Perf°"ma_"°e f Performance
meccanica meccanica
+ Carico di
lavoro
FIGURA 1.4 Meccanismi biochimici di ipertrofia del miocardio. Vengono illustrate le principali vie di segnale note e i relativi effetti sulle funzioni cellulari.
l sensori meccanici risultano essere i più importanti fattori scatenanti l'ipertrofia fisiologica, mentre gli agonisti e i fattori di crescita hanno un ruolo di
maggiore rilievo negli stati patologici. ANF, fattore natriuretico atriale; IGF-1, fattore di crescita simil-insulina l.
m ìí a a ..-

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nelliipertrofia
c u -tr a c k fisiologica, ad esempio coinvolta dall'esercizio fisico) e i stimolo esterno. Liiperplasia, che può essere fisiologica o patologica, c u -tr a c k

segnali a valle dei recettori associati alla proteina G (il coinvolgimento richiede che la popolazione cellulare sia in grado di dividersi e di
di tali segnali, indotti da numerosi fattori di crescita e vari agenti va- accrescersi cosi numericamente. 1
soattivi, è considerato particolarmente rilevante nelfipertrofia patolo-
gica). L”ipertrofia può essere inoltre associata a una modificazione
nell°espressione delle proteine contrattili dalla forma adulta a quella lperplasia fisiologica
fetale o neonatale. In presenza di ipertrofia muscolare, ad esempio, L'iperplasia fisiologica si distingue in: (1) iperplasia ormonale, quan- i
l'isoforma ot della catena pesante della miosina viene sostituita dalla do si verifica un aumento delle capacità funzionali di un tessuto in
forma B, caratterizzata da una contrazione più lenta e più economica l
risposta a una necessità e (2) iperplasia compensatoria, quando la
dal punto di vista energetico. Oltre a ciò, alcuni geni espressi unica- massa tissutale aumenta in seguito a un danno o a una parziale
mente durante lo sviluppo precoce vengono riespressi nelle cellule asportazione del tessuto o dell'organo. Un chiaro esempio di iper-
ipertrofiche, e il prodotto di questi geni partecipa attivamente alla ri- plasia ormonale è rappresentato dalla proliferazione dell'epitelio
sposta allo stress. Nel cuore dell°embrione, ad esempio, il gene per il ghiandolare della mammella femminile durante la pubertà e la
fattore natriuretico atriale (Atrial Natriuretic Factor, ANF) è espresso gravidanza, di norma accompagnata da un ingrossamento (ipertro-
sia nell'atrio sia nel ventricolo, ma la sua espressione viene inibita dopo fia) delle cellule epiteliali ghiandolari, mentre liesempio più classico
la nascita per essere tuttavia reindotta in presenza di ipertrofia cardiaca. di iperplasia compensatoria è offerto dal mito di Prometeo, che di-
L”ANF, infatti, è un ormone peptidico che induce la secrezione di sali mostra come gli antichi Greci fossero a conoscenza delle capacità
da parte del rene e la riduzione della volemia e della pressione sangui- di rigenerazione del fegato: quale punizione per avere rubato il se-
gna, determinando di conseguenza una riduzione del sovraccarico greto del fuoco agli dei, Prometeo era stato incatenato a una roccia
emodinamico. e tutti i giorni il suo fegato veniva divorato da un avvoltoio, per poi
Qualunque sia l'esatto meccanismo e la precisa causa dell'iper- rigenerarsi di nuovo ogni notte.l Nei soggetti che donano un lobo
trofia cardiaca, essa può raggiungere un limite oltre il quale epatico a scopo di trapianto, le cellule restanti proliferano per ripor-
Fingrossamento della massa muscolare non è più in grado di com- tare in breve tempo l'organo alla sua dimensione originaria. I modelli
pensare un aumento del carico. In questa fase, nelle fibre miocar- sperimentali di epatectomia parziale si sono dimostrati molto utili
diche si verificano vari cambiamenti regressivi, i più importanti per definire i meccanismi di stimolazione della rigenerazione epa-
dei quali sono la lisi e la perdita degli elementi contrattili miofi- tica7 (Cap. 3).
brillari. Nelle circostanze più drammatiche, la morte dei miociti
può avvenire per apoptosi 0 per necrosi.5'6 Il risultato ultimo di tali
cambiamenti è l'insorgere di uniinsuflfìcienza cardiaca, una sequen-
lperplasia patologica
za di eventi che illustra come l”aclatta›nento allo stress può progredire La maggior parte delle forme di iperplasia patologica è causata dalla
verso un danno cellulare significatívo nel caso in cui lo stimolo non presenza in eccesso di ormoni 0 fattori cli crescita agenti sulle cellule
venga alleviato. bersaglio. L'iperplasia endometriale è un esempio di iperplasia
Sebbene l'ipertrofia sia di norma l'effetto di un aumento del vo- patologica ormone-indotta: dopo un ciclo mestruale, di norma, si
lume di cellule o tessuti, in alcuni casi si può assistere allo sviluppo osserva un rapido incremento delliattività proliferativa a livello
di un processo ipertrofico selettivo a carico di un organello cellulare. epiteliale, stimolata dagli ormoni ipofisari e dagli estrogeni ovarici.
I soggetti trattati con i barbiturici, ad esempio, mostrano un`iper- Successivamente viene bloccata dall°aumento dei livelli di progeste-
trofia del reticolo endoplasmatico (RE) liscio negli epatociti, una rone, generalmente 10-14 giorni prima del termine del successivo
risposta adattativa atta ad accrescere il numero di enzimi (ossidasi ciclo mestruale. In alcuni casi, tuttavia, liequilibrio tra estrogeni e
P-450 a funzione mista) disponibili per detossificare i farmaci. Nel progestinici risulta alterato e ciò porta a un aumento assoluto o
tempo questi pazienti rispondono meno alla terapia a causa di tale relativo degli estrogeni, con conseguente iperplasia delle ghiandole
comportamento. L'adattamento a una determinata sostanza, d'altro endometriali. Questa forma di iperplasia patologica è una causa
canto, può portare a una maggiore capacità di metabolizzare agenti frequente del sanguinamento anomalo di origine mestruale. L'iper-
farmacologici diversi. ll consumo di alcool, ad esempio, induce plasia benigna della prostata è un altro esempio comune di iperplasia
un'ipertrofia del RE liscio e può portare a una riduzione dei livelli patologica indotta da una risposta agli ormoni, in questo caso an-
di barbiturici disponibili anche se assunti in quantità identiche. drogeni. Nonostante queste forme di iperplasia siano anormali, data
Sebbene questa alterazione mediata dal citocromo P-450 sia spesso llassenza di mutazioni nei geni che regolano la divisione cellulare il
interpretata come una “detossificazione”, tale processo rende più processo viene mantenuto sotto controllo e l”iperplasia regredisce al
dannosi molti composti. Inoltre, i sottoprodotti di questo metabo- cessare dello stimolo ormonale. Come vedremo nel Capitolo 7, nel
lismo ossidativo comprendono specie reattive dell'ossigeno che cancro i meccanismi di controllo della crescita vengono alterati o
possono lesionare la cellula. Le normali varianti genetiche (polimor- diventano inefficaci a causa di aberrazioni genetiche, determinando
fismi) influenzano l'attività del citocromo P-450 e, di conseguenza, una proliferazione incontrollata. L'iperplasia, pertanto, è diversa dal
la sensibilità di individui diversi cambia a seconda dei farmaci cancro, nia liperplasia patologica fornisce un terreno fertile per la
somministrati.7 possibile proliferazione di cellule tumorali. Le pazienti con iperplasia
endometriale, ad esempio, sono esposte a un rischio maggiore di
IPERPLASIA sviluppare il cancro dell'endometrio (Cap. 22).
Lliperplasia rappresenta una risposta caratteristica a determinate
Liperplasia consiste in un aumento del numero di cellule alllinterno infezioni virali, come quelle da papillomavirus, responsabili della
di un organo 0 di un tessuto, generalmente risultante in un accresci- formazione di verruche cutanee e di varie lesioni delle mucose co-
mento della massa dell 'organo o del tessuto in questione. Nonostante stituite da masse di epitelio iperplastico. In tali sedi, i fattori di cre-
l'iperplasia e Fipertrofia siano due processi distinti, spesso si mani- scita sintetizzati dai geni virali o da cellule infette possono stimolare
festano in concomitanza e possono essere innescati dallo stesso la proliferazione cellulare (Cap. 7).
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Meccanismi
c u -tr a c k di iperplasia Perdita delfinnervazione (atrofia da mancata innervazione). Ilo c u - t r a c k
normale metabolismo e la normale funzionalità del muscolo
Liperplasia è il risultato della proliferazione di cellule mature indotta
scheletrico dipendono dalllinnervgzione. Un danno alle strutture
dafattori di crescita e, in alcuni casi, dalla proliferazione di cellule
nervose conduce alllatrofizzazione delle fibre muscolari da esse
staminali adulte presenti nei tessuti. Dopo un'epatectomia parziale,
innervate (Cap. 27).
ad esempio, nel fegato si attiva la produzione di fattori di crescita
Riduzione dell 'apporto ematico. Una riduzione dell'apporto ema-
che, legandosi ai recettori presenti sulle cellule sopravvissute, attivano
tico (ischemia) a un tessuto dovuta al lento sviluppo di una ma-
le vie di segnale responsabili della stimolazione della proliferazione
lattia arteriosa occlusiva porta all'atrofia dgl tessuto stesso. In età
cellulare. Tuttavia, se la capacità proliferativa delle cellule epatiche è
avanzata, il cervello può andare progressivamente incontro ad
compromessa, come accade in alcune forme di epatite generanti un
atrofia, principalmente perché l'aterosclerosi riduce l'afflusso
danno cellulare, gli epatociti possono anche rigenerarsi a partire dalle
ematico in quest'area (Pig. 1.5). Tale condizione prende il nome
cellule staminali intraepatichef* Il ruolo dei fattori di crescita e delle
di atrofia senile e colpisce anche il cuore.
cellule staminali nella replicazione cellulare e nelliiperplasia tissutale
Nutrizione inadeguata. In un contesto di grave malnutrizione
saranno discussi più approfonditamente nel Capitolo 3.
proteico-calorica (marasma), una volta consumate altre riserve
come i depositi di grasso, si assiste alllutilizzo della muscolatura
scheletrica come fonte di energia. Ciò comporta una marcata
ATROFIA
distruzione muscolare (cacl1essia; Cap. 9). La cachessia è una
Si definisce atrofia la riduzione del volume di un organo o di un tessuto condizione osservata anche nei pazienti con malattie infiamma-
per ejfetto di una diminuzione delle dimensioni e del numero di cellule. torie croniche e cancro. In questfultimo caso si ritiene che la
L'atrofia può essere fisiologica o patologica. L'atrofia fisiologica è perdita dell'appetito e la deplezione lipidica, responsabili da ul-
frequentemente osservata durante il normale sviluppo: alcune strut- timo dell'atrofia muscolare, siano imputabili a un'eccessiva pro-
ture embrionali, come la notocorda e il dotto tireoglosso, si atrofiz- duzione cronica di una citochina infiammatoria, il fattore di
zano nel corso dello sviluppo fetale e l`utero si riduce di dimensione necrosi tumorale (TNF). Il
subito dopo il parto. Perdita della stimolazione endocrina. Per numerosi tessuti sensibili
L'atrofia patologica può essere locale o generalizzata. Le cause più agli ormoni, come la mammella e gli organi riproduttivi, un
comuni di atrofia sono le seguenti: normale metabolismo e una normale funzionalità sono correlati
alla stimolazione endocrina. La perdita dello stimolo estrogenico
O Riduzione del carico di lavoro (atrofia da disuso). Se un arto frat- dopo la menopausa porta a un'atrofia fisiologica dell'endometrio,
turato viene immobilizzato con un”ingessatura o se un paziente dell'epitelio vaginale e della mammella.
è costretto a letto, la muscolatura scheletrica diventa rapidamente Pressione. La compressione di un tessuto per un certo lasso di
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atrofica. L'iniziale riduzione delle dimensioni cellulari subisce tempo può causare atrofia. L'espansione di un tumore benigno,
unlinversione non appena viene ripresa l°attività. Con il protrarsi ad esempio, può indurre l'atrofizzazione dei tessuti circostanti
del disuso, tuttavia, le fibre del muscolo scheletrico non solo si non coinvolti dal processo neoplastico. In questo caso, l”atrofia è
riducono di numero (a causa dell'apoptosi)' ma anche di volume probabilmente dovuta alle modificazioni ischemiche determinate
e l'atrofia può associarsi a un aumentato riassorbimento osseo, dalla compromissione dell”irrorazione sanguigna dei tessuti per
con conseguente osteoporosi da disuso. effetto della pressione esercitata dalla massa in espansione.

FIGUR/\ 1.5 Atrofia. A. Cervello normale di un giovane adulto. B. Atrofia cerebrale in un uomo di 82 anni affetto da aterosclerosi cerebrovascolare, malattia
i
responsabile della riduzione dell'af'flusso ematico in tale regione. Sì noti che la perdita di sostanza cerebrale determina Vassottigliamento delle circonvo-
luzioni e l'allargamento dei solchi. Le meningi sono state rimosse dall'emisfero destro di ciascun campione per renderne visibile la superficie. i
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c u -tr a c k c u -tr a c k
Le modificazioni cellulari fondamentali che si associano alfatrofia .*;i.,““l`*llmllllllllwlll ~ii.i¬ ,. ,
\;l~iii.`.l¬il,`(i~,.,
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sono identiche in tutti i casi illustrati. La risposta iniziale consiste

isa t0i:till
in una riduzione delle dimensioni delle cellule e degli organelli tale
da ridurre le necessità metaboliche in misura sufficiente da permet-
tere la sopravvivenza della cellula. Nel muscolo atrofico, ad esempio,
le cellule contengono meno mitocondri e meno miofilamenti, oltre å
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a una ridotta quantità di RE. Viene raggiunto un nuovo equilibrio


adeguando la domanda metabolica cellulare ai minori livelli di Membrana Epitelio Metaplasia
basale cilindrico squamosa
apporto ematico, nutrizione e stimolazione trofica. Negli stadi precoci normale
del processo, le cellule atroficlie possono esibire unafunzionalità ridotta
ma non sono morte. Llatrofia causata da una graduale riduzione A . _i_ 4

delfaflflusso sanguigno, tuttavia, può progredire sino a danneggiare


irreversibilmente le cellule e condurle alla morte, nella maggior
parte dei casi per apoptosi. La morte cellulare per apoptosi
contribuisce inoltre alfatrofizzazione degli organi endocrini in se-
i
guito alla cessazione dello stimolo ormonale.

Meccanismi di atrofia
L'atrofia è il risultato di una ridotta sintesi proteica e di iinìiunientata
degradazione delle proteine a livello cellulare. La sintesi proteica si vg/
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riduce in conseguenza di una diminuzione dell'attività metabolica. _å-r'f:.f._`_-ššf Q ro e . - _ _
La degradazione delle proteine cellulari, espletata principalmente
tramite la via dell'ubiquitina-proteasoma, è stimolata dal deficit g zi'-fi'›._`.o_,;___ `.~ --A _' Il
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nutritivo e dal disuso, che possono attivare le ligasi dell'ubiquitina, l»1l(s'UR/-\ 1.6 Metaplasia da epitelio cilindrico a epitelio squamoso.
che catalizzano l`unione del piccolo peptide ubiquitina alle proteine A. Raffigurazione schematica. B. Metaplasia da epitelio cilindrico (sinistra)
cellulari destinandole cosi alla degradazione nei proteasomi.3'”"0 a epitelio squamoso (destra) in un bronco.
Questa via è inoltre ritenuta responsabile dell'accelerazione della
proteolisi osservata in una varietà di condizioni cataboliche, com-
presa la cachessia neoplastica. epitelio cilindrico secretorio con un epitelio squamoso stratificato,
In molte situazioni, llatrofia si accompagna anche a unlaccresciuta mentre un deficit di vitamina A (acido retinoico) provoca la meta- l
autoƒagia, con conseguente aumento del numero di vacuoli autofagici. plasia squamosa dell'epitelio respiratorio (Cap. 9). In tutti questi casi,
L`autofagia (“autodigestione”) è il processo attraverso il quale le l`epitelio squamoso stratificato, più resistente, è in grado di soprav-
cellule private di nutrienti digeriscono le loro stesse componenti per vivere in circostanze in cui l'epitelio cilindrico, più specializzato e
potersi nutrire e sopravvivere. I vacuoli autofagici sono vacuoli in- fragile, rischierebbe di soccombere. Tuttavia, il passaggio alle cellule
l
tracellulari al cui interno è possibile trovare frammenti di compo- squamose metaplastiche non è indolore. Nell”apparato respiratorio,
nenti cellulari. Tali strutture finiscono per fondersi con i lisosomi e ad esempio, sebbene il rivestimento epiteliale acquisti una maggiore
il loro contenuto viene digerito dagli enzimi lisosomiali. All`interno resistenza, si assiste alla perdita di importanti meccanismi di prote-
dei vacuoli autofagici alcuni detriti cellulari possono resistere alla zione contro le infezioni, dalla secrezione di muco all”azione delle
digestione e persistere come corpi residui rivestiti da membrana, che cellule ciliate delllepitelio cilindrico. La metaplasia epiteliale, pertan-
rimangono nel citoplasma alla stregua di sarcofagi. Un esempio di to, è un'arma a doppio taglio e, nella maggior parte dei casi, rappre-
corpi residui è rappresentato dai granuli di lipofuscina, descritti più senta un'alterazione indesiderata. In particolare, il persistere dello
avanti nel corso del capitolo, che in determinate quantità conferi- stimolo che predispone alla metaplasia può indurre la trasformazione
scono al tessuto una colorazione marrone (atrofia bruna). L°autofagia neoplastica nell'epitelio metaplastico. Non a caso una forma comune
si associa a vari tipi di danno cellulare, come verrà illustrato nel di cancro delle vie respiratorie consta di cellule epiteliali squamose P.
dettaglio nelle pagine successive. che originano da aree di metaplasia squamosa del normale epitelio
cilindrico.
Può inoltre verificarsi una metaplasia inversa dal tipo squamoso
METAPLASIA
al cilindrico come nell'esoƒago di Barrett, in cui l'epitelio esofageo
La metaplasia è una modificazione reversibile in cui un tipo cellulare squamoso viene sostituito da cellule cilindriche di tipo intestinale
differenziato (epiteliale o mesenchimale) viene sostituito da un tipo sotto l”infIuenza di un reflusso acido gastrico. In queste aree possono
cellulare differente e può rappresentare una sostituzione adattativa insorgere neoplasie tipicamente rappresentate da adenocarcinomi
di cellule sensibili allo stress con un tipo cellulare più adatto a sop- ghiandolari (Cap. 17).
portare condizioni ambientali sfavorevoli. La metaplasia del connettivo consiste nella formazione di cartila-
La metaplasia epiteliale più comune è quella da epitelio cilindrico gine, osso o tessuto adiposo (tessuti mesenchimali) in tessuti che
a squamoso (Fig. 1.6) che si verifica nelllapparato respiratorio in normalmente non contengono questi elementi. La formazione di
risposta a stimoli irritativi cronici. Nei fumatori abituali, il normale tessuto osseo nel muscolo, ad esempio, detta miosite ossifi cante, può
epitelio cilindrico ciliato della trachea e dei bronchi viene spesso comparire occasionalmente dopo un`emorragia intramuscolare.
sostituito da un epitelio squamoso stratificato. La presenza di calcoli Questo tipo di metaplasia non è propriamente considerato una ri-
alllinterno dei dotti escretori delle ghiandole salivari, del pancreas sposta adattativa e può essere il risultato di un danno cellulare o
o dei dotti biliari può inoltre portare alla sostituzione del normale tissutale.
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Meccanismi
c u -tr a c k di metaplasia do
in risposta allo stesso insulto, ad esempio un”ischemia, talvolta c u -tr a c k

in stadi diversi; l'apoptosi può progredire in necrosi e la morte *_*`¬-*


La metaplasia non deriva dal cambiamento fenotipico di un tipo
cellulare durante l°autofagia mostìa molte delle caratteristiche
cellulare già differenziato, ma è piuttosto il risultato di una ripro-
biochimiche dell'apoptosi.
granimazione delle cellule staminali presenti nei tessuti normali 0 delle
cellule rnesencliimali indifferenziate presenti nel tessuto connettivo.
Nelle pagine che seguono analizzeremo le cause, le caratteristi-
Nel cambiamento metaplastico, questi precursori cellulari si diffe-
che morfologiche e i meccanismi del danno cellulare nonché
renziano in una nuova direzione. Il diflferenziamento delle cellule
il punto di arrivo comune, la necrosi, con l'ausilio di esempi sele-
staminali in una particolare linea maturativa è prodotto da una serie
zionati. Concluderemo con la trattazione della specifica via di
di segnali generati da citochine, fattori di crescita e componenti della
morte cellulare definita apoptosi, per offrire infine una rapida
matrice extracellulare presenti nell'ambiente cellulare.“*” Questi
descrizione del processo autofagico e della sua progressione in
stimoli esterni promuovono l`espressione dei geni che guidano le
morte cellulare.
cellule verso una particolare via di differenziamento. È noto che, nel
caso di deficit o di eccesso di vitamina A, l°acido retinoico regola la
trascrizione genica direttamente tramite i recettori nucleari dei re-
tinoidi (Cap. 9), che influenzano il differenziamento dei progenitori
Cause di danno cellulare
derivanti da cellule staminali tissutali. Restano da chiarire i mecca-
Le cause di danno cellulare variano da situazioni esterne di violenza
nismi attraverso i quali altri stimoli esterni possono indurre la me-
fisica macroscopica, come quelle prodotte da un incidente automo-
taplasia, ma è evidente che anche questi ultimi sono in grado di
bilistico, a cause interne più sottili, come una mutazione genetica
alterare in una certa misura liattività dei fattori di trascrizione che
responsabile della carenza di un enzima vitale e quindi del deterio-
regolano il differenziamento.
ramento delle normali funzioni metaboliche. La maggior parte
degli stimoli lesivi può essere raggruppata nelle seguenti ampie

Danno e morte cellulare


categorie.
Carenza di ossigeno. L`ipossia è una carenza di ossigeno che,
riducendo la respirazione aerobica ossidativa, si prefigura come una
l
Come abbiamo detto alllinizio del capitolo, il danno cellulare si causa estremamente importante e comune di danno e morte cellu-
manifesta quando le cellule vengono sottoposte a uno stress talmente lare. Le cause di ipossia includono un ridotto afflusso sanguigno
severo da non essere più in grado di adattarsi oltre, oppure quando (definito iscliemia), unlinadeguata ossigenazione sanguigna correlata
le cellule sono esposte ad agenti esterni che possono causare un a insufficienza cardiorespiratoria e una ridotta capacità di trasporto
danno ereditabile, o infine se tale danno è già presente nella cellula ematico delliossigeno, come nei casi di anemia o di avvelenamento
stessa. Il danno può progredire da uno stadio reversibile e culminare da monossido di carbonio (sostanza che produce una monossiemo-
nella morte cellulare (si veda Fig. 1.1). globina stabile capace di bloccare il trasporto di ossigeno) o nei
soggetti che hanno subito perdite ematiche gravi. A seconda della
O Danno cellulare reversibile. Negli stadi precoci o nei danni di forma gravità dello stato ipossico, le cellule possono adattarsi, andare in- l
lieve, le alterazioni funzionali e morfologiche sono reversibili se contro a un danno o morire. Se un'arteria si restringe, ad esempio, ll
lo stimolo dannoso viene rimosso. Le caratteristiche del danno il tessuto irrorato dal vaso in questione può, in un primo momento,
cellulare reversibile sono la riduzione della fosforilazione ossida- ridursi di dimensione (atrofia), mentre uno stato di ipossia più grave
tiva con conseguente deplezione delle riserve energetiche costi- o improvviso induce il danno e la morte cellulare.
tuite dalfadenosina trifosfato (ATP) e il rigonfiamento cellulare Agenti fisici. Gli agenti fisici in grado di causare danno cellulare
causato dalle variazioni nella concentrazione ionica e dalfingresso comprendono i traumi meccanici, le temperature estreme (ustioni
di acqua, ma è possibile evidenziare alterazioni anche nei vari e basse temperature), le improvvise variazioni della pressione atmo-
organelli intracellulari, come i mitocondri e il citoscheletro. sferica, le radiazioni e lo shock elettrico (Cap. 9).
O Morte cellulare. Con il perdurare del danno, la lesione diventa Agenti chimici e farmaci. L”elenco degli agenti chimici in grado
irreversibile: la cellula perde qualsiasi capacità di recupero e di produrre danno cellulare sfugge a ogni compilazione. Semplici
muore. Esistono due vie principali di morte cellulare, la necrosi e sostanze chimiche come il glucosio o il sale, a concentrazioni iper-
l'apoptosi, differenti per morfologia, meccanismi' e ruoli in fisiologici toniche, possono indurre un danno cellulare in maniera diretta op- r

e in patologia."H5 Se il danno a carico delle membrane è grave, pure alterando l'equilibrio elettrolitico delle cellule. Persino liossigeno,
gli enzimi lisosomiali penetrano nel citoplasma e digeriscono la ad alte concentrazioni, è tossico. Piccole quantità di veleni, come ad
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cellula; il contenuto cellulare fuoriesce e si innesca la necrosi. esempio liarsenico, il cianuro e i sali di mercurio, possono distruggere l
Quando il DNA o le proteine cellulari subiscono un danno la cui un congruo numero di cellule in un lasso di tempo variabile da pochi
gravità non permette il riparo, la cellula si uccide mediante apop- minuti a ore, causando la morte cellulare. Altre sostanze potenzial- l
tosi, una forma di morte cellulare caratterizzata da dissolvimento mente nocive sono nostre compagne quotidiane: inquinanti ambien-
i
del nucleo, frammentazione della cellula senza perdita completa tali, insetticidi ed erbicidi; sostanze di rischio industriale o profes- ›

delfintegrità di membrana e rapida rimozione dei detriti cellulari. sionale, come il monossido di carbonio e l'asbesto; sostanze ricreative
Mentre la necrosi èsempre un processo patologico, l'apoptosi svolge come llalcool; e la sempre crescente varietà di farmaci.
un ruolo in molte funzioni normali e non è necessariamente asso- Agenti infettivi. Questi vanno dai virus submicroscopici ai grandi
ciata al danno cellulare. In alcuni casi, poi, la morte cellulare è il vermi piatti (Cestodi). Nel mezzo stanno rickettsie, batteri, funghi e
risultato finale delfautofagia. Sebbene sia più semplice compren- parassiti. Le modalità con cui questi agenti biologici possono indurre
dere queste differenti vie di morte cellulare considerandole come un danno cellulare sono svariate e saranno discusse nel Capitolo 8.
processi distinti, spesso esistono numerose connessioni tra di Reazioni immunologiche. Nonostante il sistema immunitario
esse. L'apoptosi e la necrosi possono essere entrambe osservate assolva la fondamentale funzione di difesa contro gli agenti
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infettivi, le reazioni immunologiche possono, di fatto, indurre un
c u -tr a c k A c u -tr a c k

danno cellulare. Le reazioni nei confronti di antigeni endogeni Danno 'Danno cellulare
cellulare'
sono responsabili di svariate patologie autoimmuni (Cap. 6). Nei reversibne¦ irreversibile I
Capitoli 2 e 6 verranno trattate le reazioni immunitarie contro * W Cambiamenti Cambiamenti
agenti esterni, microbi e sostanze ambientali che causano danni ai Alterazioni ultrastrulturali microscopici
biochimiche lievi
tessuti e alle cellule. Funzionali -› morte cellulare
Alterazioni genetiche. Come descritto nel Capitolo 5, le ano- cellulare
malie genetiche possono dare origine a un difetto grave come le
malformazioni congenite associate alla sindrome di Down, cau-
sata da un'anomalia cromosomica, o a difetti meno eclatanti Cambiamenti
come la ridotta sopravvivenza dei globuli rossi causata dalla EFFETTO
morfologici
sostituzione di un singolo amminoacido nell'emoglobina e os- macroscopici
servata nell'anemia falciforme. Difetti genetici possono causare
un danno cellulare determinando la carenza di proteine funzio-
nali, come ad esempio difetti enzimatici in presenza di errori
congeniti del metabolismo 0 l'accumulo di DNA danneggiato o
di proteine ripiegate in modo anomalo, innescando in entrambi
i casi la morte cellulare quando il danno non può essere riparato. V

Le variazioni del corredo genetico possono inoltre influenzare la DURATA DEL DA_NNO
suscettibilità delle cellule al danno chimico 0 ad altri stimoli FIGUR/\ 'l.i/ Sviluppo sequenziale dei cambiamenti biochimici e morfolo-
tossici ambientali. gici nel danno cellulare. Pur rimanendo vitali, le cellule possono perdere
Squìlibri nutrizionali. Gli squilibri nutrizionali continuano rapidamente la loro funzionalità dopo l'insorgenza di un danno potenzial-
mente reversibile; il persistere dello stimolo lesivo può condurre in ultima
a essere tra le più comuni cause di danno cellulare. Il deficit pro- istanza al danno irreversibile e alla morte cellulare. Si noti che le alterazioni
teico-calorico provoca un numero impressionante di morti, so- biochimiche irreversibili possono causare morte cellulare, la quale, tipica-
prattutto tra le popolazioni povere. La carenza di specifiche vita- mente, precede alterazioni morfologiche apprezzabili con tecniche ultra»
mine è un problema riscontrato in tutti i Paesi (Cap. 9), ma esi- strutturali, al microscopio ottico o macroscopicamente.
stono anche problemi nutrizionali autoindotti come l'anoressia
nervosa (digiuno volontario). Paradossalmente, persino gli eccessi
nutrizionali sono diventati un'importante causa di danno cellu- chiaramente con il microscopio ottico, e che sono caratteristici di
lare. L'ipercolesterolemia predispone infatti all'aterosclerosi e morte cellulare, possono comparire solo dopo 4-12 ore da un evento
l'obesità è associata a una maggiore incidenza di varie malattie di ischemia totale.
importanti, come il diabete e il cancro. L”aterosclerosi è pratica- I cambiamenti morfologici sequenziali osservati nei casi di danno
mente endemica negli Stati Uniti e l°obesità è in progressivo au- cellulare in progressione verso la morte cellulare sono illustrati nella
mento. Oltre ai problemi di malnutrizione in eccesso o in difetto, Figura 1.8. Il danno reversibile è caratterizzato da un rigonfiamento
la composizione della dieta contribuisce in modo significativo a generalizzato della cellula e dei suoi organelli, dalla formazione di bolle 1

un cospicuo numero di patologie. a livello della membrana citoplasmatica, dal distacco dei ribosomi dal
RE e dalla condensazione della cromatina nucleare. Tali alterazioni
morfologiche si associano a una ridotta produzione di ATP, alla perdita
Alterazioni morfologiche dell'integrità della membrana cellulare, a difetti nella sintesi proteica,
nel danno cellulare a lesioni del citoscheletro e al danno del DNA. Entro certi limiti, la
cellula è in grado di porre rimedio a queste alterazioni e, se lo stimolo
dannoso si attenua, può tornare alla normalità. Una lesione persistente
Prima di passare alla discussione dei meccanismi biochimici del o eccessiva, tuttavia, fa si che la cellula oltrepassi il nebuloso “punto di
danno cellulare, è utile descrivere i cambiamenti fondamentali che non ritorno” per andare incontro a un danno irreversibile e alla morte
si verificano nelle cellule danneggiate. Tutti gli stress e gli agenti cellulare. Gli stimoli dannosi capaci di indurre la morte cellulare per
dannosi esercitano i loro effetti in primo luogo a livello molecolare necrosi o apoptosi sono vari (Fig. 1.8 e Tab. 1.2). Il danno mitocondriale
o biochimico. Tra lo stress e le alterazioni morfologiche tipiche del grave accompagnato da deplezione di ATP e la rottura delle membrane
danno e della morte cellulare esiste un tempo di latenza, la cui durata plasmatiche e lisosomiali sono tipicamente associati a necrosi. Quesful-
può variare in funzione della sensibilità dei metodi utilizzati per tima è il principale esito di numerosi danni di frequente riscontro, tra
individuare tali cambiamenti (Pig. 1.7). Con tecniche istochimiche cui l'ischemia, llesposizione a tossine, vari tipi di infezione e traumi.
0 ultrastrutturali, queste modificazioni possono essere osservate L'apoptosi presenta caratteristiche uniche che saranno descritte nelle
nell°arco di minuti o ore dall'insorgere del danno, mentre occorre pagine successive.
un tempo molto più lungo (da ore a giorni) affinché gli stessi
cambiamenti possano essere apprezzati alla microscopia ottica o
alllesame macroscopico. Come è lecito aspettarsi, le alterazioni
DANNO REVERSIBILE
morfologiche della necrosi hanno bisogno di un tempo maggiore Al microscopio ottico è possibile riconoscere due elementi distintivi
per manifestarsi rispetto a quelle caratteristiche del danno cellulare del danno cellulare reversibile: il rígonfiamento cellulare e la steatosi.
reversibile. Nelllischemia del miocardio, ad esempio, il rigonfiamen- Il rigonfiamento cellulare si verifica quando le cellule perdono la
to cellulare è un'alterazione morfologica reversibile che può avere capacità di mantenere l'omeostasi ionica e osmotica ed è il risultato
luogo nel giro di pochi minuti, per progredire poi verso lo stato ir- della perdita di funzionalità delle pompe ioniche ATP-dipendenti
reversibile nell”arco di un”ora o due. Cambiamenti che si notano presenti sulla membrana citoplasmatica. La steatosi si manifesta nel
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FIGURA 1.8 Rappresentazione schematica del cambiamenti morfologici che si accompa gnano al danno cellulare, culminanti nella necrosi
o nell'apoptosi.

danno ipossico e in varie forme di danno da agenti tossici o da coinvolte nel met abolismo lipidico e da esso dipendenti, come gli
alterazioni del metabolismo cellulare. E caratterizzata dalla comparsa epatociti e le cel lule miocardiche. I meccanismi della steatosi
di vacuoli lipidici nel citoplasma e interessa in particolare le cellule verranno descritti più avanti nel capitolo. i

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TABELLA 1.2 Caratteristiche della necrosi e dell'apoptosi
Caratteristica Necrosi Apoptosi
Volume cellulare Aumentato (rigonfiamento) Ridotto (contrazione)
Nucleo Picnosi-›caríoressi-›cariolisi Frammentazione in frammenti di dimensioni
nucleosomiche
Membrana citoplasmatica Danneggiata intatta; struttura alterata, soprattutto
nell'orientamento lipidico
Contenuto cellulare Digestione enzimatica; può essere perso intatto; può essere secreto in corpi
dalla cellula apoptotici
lnfiammazione delle aree adiacenti Frequente Assente
Ruolo fisiologico o patologico Sempre patologico (culmine del danno Spesso fisiologico, quale mezzo per
cellulare irreversibile) eliminare le cellule indesiderate; può
essere patologico in seguito ad alcuni tipi
di danno cellulare, soprattutto dopo un
danno a carico del DNA
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14 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte
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necrotiche non sono in grado di mantenere l'integrità della mem-
Morfologia Il rigonfiamento cellulare è la prima manifesta- brana e il loro contenuto viene spesso rilasciato alllesterno, processo
zione di quasi tutte le forme di danno cellulare (Fìg. 1.9 B). Si che può scatenare una reazione infiammatoria nel tessuto circostan-
tratta di un cambiamento morfologico difficile da notare al te. Gli enzimi che digeriscono le cellule necrotiche derivano sia dai
microscopio ottico; può essere maggiormente evidente a lisosomi delle cellule stesse sia dai lisosomi dei leucociti richiamati
livello dell'organo intero. Quando interessa un cospicuo nel contesto della reazione infiammatoria. La digestione del conte-
numero di cellule, determina pallore e aumento del turgore nuto cellulare e la risposta dell'ospite sono processi il cui sviluppo
e del peso dell'organo stesso. All'esame microscopico, si richiede ore e pertanto potrebbero non apparire evidenti se, ad
possono notare piccoli vacuoli chiari all'interno del citopla- esempio, un infarto miocardico avesse determinato la morte im-
sma: questi rappresentano segmenti mozzi e distesi del RE. provvisa del soggetto. In tal caso, l'unico elemento indiziario po-
Un simile quadro di danno non è letale e viene talvolta de- trebbe essere unlocclusione coronarica. La prima evidenza istologica
nominato modificazione idropica o degenerazione vacuolare. di necrosi miocardica non compare prima di 4-12 ore; tuttavia, in
Il rigonfiamento cellulare è reversibile. Le cellule possono conseguenza della perdita di integrità della membrana citoplasma-
inoltre mostrare una più marcata colorazione eosinofila, la tica, il muscolo necrotico rilascia rapidamente proteine ed enzimi r
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cui intensità aumenta con il progredire della necrosi (descrit- miocardio-specifici che possono essere rilevati nel sangue già due
ta di seguito). ore dopo la necrosi delle cellule miocardiche.
Le modificazioni ultrastrutturali tipiche del danno cellulare
reversibile (Fig. 1.10 B) comprendono:
Morfologia Le cellule necrotiche mostrano un'accresciuta
1. alterazioni della membrana citoplasmatica, quali ad eosinofilia alla colorazione ematossilina eosina, attribuibile
esempio formazione di estroflessioni e accorciamento e in parte alla perdita di RNA citoplasmatico (che si lega
perdita dei microvilli; all'ematossilina, assumendo una colorazione blu) e in parte
2. alterazioni mitocondriali, quali ad esempio rigonfiamento alla presenza di proteine citoplasmatiche denaturate (che si
e comparsa di piccoli corpi densi amorfi; legano all'eosina, assumendo una colorazione rossa). La
3. dilatazione del RE, con distacco dei polisomi; possono cellula necrotica può avere un aspetto omogeneamente più
essere presenti figure mieliniche intracitoplasmatiche (si trasparente (vitreo) rispetto alle cellule normali, soprattutto
veda oltre); perla perdita delle particelle di glicogeno (Fig. 1.9 C). Dopo
4. alterazioni nucleari, con disaggregazione degli elementi che gli enzimi hanno digerito gli organelli citoplasmatici, il
fibrillari e granulari. citoplasma diventa vacuolato, assumendo un aspetto "tar-
mato'.' Le cellule morte possono essere rimpiazzate da grosse
masse concentriche di fosfolipidi dette figure mieliniche,
derivanti dalle membrane cellulari danneggiate. Questi pre-
cipitati sono quindi fagocitati da altre cellule o vengono ul-
NECROSI teriormente degradati ad acidi grassi; la loro calcificazione
porta alla formazione di saponi di calcio, facendo si che le l
L'aspetto morfologico della necrosi è il risultato della denaturazione cellule morte divengano infine strutture calcificate. Alla mi-
delle proteine intracellulmi e della digestione enzimatico della cellula croscopia elettronica, le cellule necrotiche risultano caratte-
danneggiata in maniera letale (le cellule che vengono immediata- rizzate da discontinuità della membrana citoplasmatica e
mente fissate risultano morte ma non necrotiche). Le cellule

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l !<ìlli'i!\ 'ifli Cambiamenti morfologici nel danno cellulare reversibile e nella necrosi. A.Tubuli renali normali con cellule epiteliali vitali. B. Danno ische-
mico precoce (reversibile) caratterizzato dalla comparsa di estroflessioni superficiali, aumento dell'eosinofilia citoplasmatica e ingrossamento cellulare
sporadico. C. Necrosi (danno irreversibile) di cellule epiteliali con perdita del nucleo, frammentazione della cellula e fuoriuscita del contenuto cellulare. l
Le caratteristiche ultrastrutturali proprie di questi stadi del danno cellulare sono illustrate nella Figura 1,10. (Per gentile concessione del Dr Neal Pinckard
e del Dr l\/l.A. Venkatachalam, University ofTe><as Health Sciences Center, San Antonio, TX)
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CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 15
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c u -tr a c k FIGURA 1.10 Caratteristiche ultrastrutturali del danno cellulare reversibile e irrever- c u -tr a c k
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(_ sibile (necrosi) nel rene di un coniglio. A. Fotografia al microscopico elettronico di una
cellula epiteliale normale del tubulo renale prossimale. Si notino gli abbondanti microvilli
ef r (mv) che rivestono la superficie del lume (L). B. Cellula epiteliale del tubulo prossimale
L .~..'\«., caratterizzata da danno cellulare precoce dovuto a riperfusione postischemica. I mi-
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'F`;'.,rf .'i' i rrr I crovilli (mv) sono andati perduti e sono stati incorporati nel citoplasma apicale; si os-
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' f.««.¢.mV'› 1 › serva inoltre la comparsa di estroflessioni (bleb) che sporgono nel lume (L). l mitocon-
dri, che durante l'ischemia si rigonfiano, con la riperfusione subiscono una rapida
condensazione e diventano elettrondensi. C. Cellula del tubulo prossimale con evidenza
di danno avanzato, probabilmente irreversibile. Si notino i mitocondri marcatamente
ingrossati e contenenti depositi elettrondensi; al loro interno sono probabilmente
presenti calcio precipitato e proteine. A un maggiore ingrandimento, sarebbe possibile
osservare una membrana citoplasmatica danneggiata e organelli ingrossati e fram-
mentati. (A. Per gentile concessione del Dr Brigitte Kaisslin, Institute of Anatomy,
Università di Zurigo, Svizzera. B e C. Per gentile concessione del Dr l\/l.A. Venkatacha-
lam, University ofTexas Health Sciences Center, San Antonio, TX)

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› L Fig. 1.9 C). Si parla di cariolisi quando la cromatina perde la
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., g ,'_. propria basofilia, alterazione che probabilmente riflette una
perdita di DNA dovuta alla degradazione enzimatica operata
dalle endonucleasi.
Una seconda espressione (che si osserva anche nelle cellule
apoptotiche) è la picnosi, caratterizzata dalla contrazione del i
nucleo e dall'aumento della basofilia nucleare. ln questo
I
contesto, la cromatina si condensa in solide masse basofile
raggrinzite.
Nel terzo aspetto, noto come carioressi, il nucleo picnotico l
va incontro a frammentazione e, con il passare del tempo
(un giorno o due), il nucleo della cellula necrotica scompare
del tutto.
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Quadri di necrosi tissutale

~«- Finora, la trattazione della necrosi è stata incentrata sui cambiamenti
ti che si verificano a livello della singola cellula. Quando cospicui
numeri di cellule muoiono, il tessuto o l°organo viene definito ne-
crotico: con l'espressione “infarto del miocardio”, dunque, si indica
la necrosi di una porzione del cuore determinata dalla morte di un
folto numero di cellule miocardiche. La necrosi tissutale può mani-
festarsi secondo quadri morfologicamente distinti che è importante
riconoscere in quanto forniscono indicazioni sulla causa sottostante.
Sebbene in una certa misura desueti, i termini che descrivono questi
quadri continuano a essere frequentemente utilizzati e le loro im-
plicazioni sono chiare sia agli anatomo-patologi sia ai clinici.

Morfologia La necrosi coagulativa è una forma di necrosi in


cui l'architettura del tessuto morto viene preservata per un
lasso di tempo minimo di alcuni giorni (Fig. 1.11). l tessuti
colpiti presentano un'architettura ben consolidata. ll danno
denatura presumibilmente non solo le proteine strutturali
degli organelli e dalla marcata dilatazione dei mitocondri con ma anche gli enzimi, bloccando la proteolisi delle cellule
comparsa di grandi corpi densi amorfi, figure mieliniche morte; di conseguenza, è possibile osservare il persistere di
intracitoplasmatiche, detriti amorfi e aggregati di materiale cellule anucleate eosinofile per giorni o settimane. Alla fine,
soffice che probabilmente rappresentano le proteine dena- le cellule necrotiche sono rimosse mediante fagocitosi dei
turate (si veda Fig. 1.10 C). detriti cellulari da parte dei leucociti dell'infiltrato infiamma-
Le modificazioni nucleari possono assumere tre aspetti tipici, torio e mediante digestione delle cellule morte da parte degli Il
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tutti legati alla distruzione aspecifica del DNA (si veda enzimi lisosomiali di origine leucocitaria. L'ischemia causata
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16 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte
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ltìlllt/~, l il Necrosi coagulativa. A. Infarto cuneiforme del rene (giallo). B. Aspetto microscopico del margine dell'infarto, con epatociti normali (N)
e cellule necrotiche nella zona infartuata (l) caratterizzate da contorni cellulari preservati, perdita del nucleo e infiltrato infiammatorio (difficile da distinguere
con questo ingrandimento).

l
dall'ostruzione di un vaso può portare alla necrosi coagulativa nella pratica clinica. Viene generalmente adoperato in
À
l
del tessuto vascolarizzato in tutti gli organi, fatta eccezione riferimento agli arti, di norma inferiori, che hanno perso
per il cervello. Un'area di necrosi coagulativa localizzata è l'apporto ematico e hanno sviluppato una necrosi (tipica-
definita infarto. mente coagulativa) con il coinvolgimento di molteplici piani
La necrosi colliquativa, diversamente dalla necrosi coagula- tissutali. Quando si sovrappone un'infezione batterica, la
tiva, è caratterizzata dalla digestione delle cellule morte e necrosi è prevalentemente colliquativa a causa della degra-
dalla conseguente trasformazione del tessuto in una massa dazione enzimatica operata dai batteri e dai leucociti so-
liquida viscosa. Viene osservata nei casi di infezioni focali praggiunti (da cui ha origine la cosiddetta gangrena
batteriche o, occasionalmente, in presenza di infezioni fun- umida). 1

gine giacché questi microrganismi stimolano l'accumulo di La necrosi caseosa è riscontrata con maggiore frequenza nei
leucociti e la liberazione di enzimi da tali cellule. ll materiale focolai di infezione tubercolare (Cap. 8). Il termine "caseosa"
necrotico mostra spesso un colore giallo crema perla pre- ("simile a formaggio") è dovuto all'aspetto biancastro e
senza di leucociti morti e prende il nome di pus. Per ragioni friabile dell'area necrotica (Fig. 1.13).All'esame microscopico,
non ancora chiarite, la morte ipossica delle cellule del sistema l'area necrotica si presenta come un complesso di cellule
nervoso centrale si manifesta spesso come una necrosi lisate o frammentate e di detriti amorfi granulari con un
colliquativa (Fig. 1.12). fronte infiammatorio nettamente delimitato; questo aspetto
La necrosi gangrenosa non rappresenta un quadro specifico è parte caratteristica del focolaio infiammatorio noto come
di morte cellulare; tuttavia, il termine è di comune impiego granuloma (Cap. 2).

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ltìlll i./'x 1. l'/, Necrosi colliquativa. Infarto cerebrale con dissoluzione del lliìl JH/\ i.'i'; Necrosi caseosa.Tubercolosi polmonare con estesa area di ne-
tessuto. crosi caseosa con detriti biancogiallastri di consistenza simile al formaggio.

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CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 17

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FIGURA 1.14 Steatonecrosi. Le aree caratterizzate da depositi bianchi di FIGURA 1.15 Necrosi fibrinoide in un'arteria. La parete dell'arteria mostra
aspetto gessoso rappresentano focolai di steatonecrosi con formazione di un'area circolare di necrosi, di colore rosa chiaro, con infiammazione (neu-
saponi di calcio (saponificazione) in corrispondenza delle zone di distruzione trofili con nuclei scuri).
lipidica nel mesentere.

La steatonecrosi (o necrosi grassa) è un termine consolidato


Meccanismi di danno cellulare
nel gergo medico ma che, in realtà, non denota alcun tipo
specifico di necrosi. Piuttosto, è utilizzato per indicare zone Descrivendo la patologia del danno cellulare e della necrosi abbiamo
ll
focali di distruzione lipidìca, tipicamente derivanti dal rilascio posto le basi per approfondirne i meccanismi e le vie biochimiche
di lipasi pancreatiche attivate nell'ambito dell'organo e della coinvolte. I meccanismi responsabili sono complessi, ma esistono
cavità peritoneale. Ciò si verifica, ad esempio, nella dramma- numerosi principi validi per la maggior parte dei tipi di danno
tica situazione di emergenza clinica nota come pancreatite cellulare:
acuta (Cap. 19), in cui gli enzimi pancreatici fuoriescono dalle
cellule acìnose e liquefanno la membrana degli adipociti 0 La risposta cellulare agli stimoli lesivi dipende dalla natura del
presenti nel peritoneo. Le lipasi rilasciate rompono gli esteri danno, dalla sua durata e dalla sua gravità. Piccole dosi di una
dei trigliceridi contenuti all'interno degli adipociti stessi. Gli tossina chimica o brevi periodi di ischemia possono produrre .sé.;

acidi grassi così prodotti si combinano con il calcio per dare lesioni reversibili, mentre dosi massive della medesima tossina o
origine ad aree biancastre simili a gesso, macroscopicamente un”ischemia più prolungata possono causare sia la morte cellulare
visibili (saponificazione dei grassi), che consentiranno al chi- istantanea sia un lento danno irreversibile che porta nel tempo
rurgo e al patologo di identificare le lesioni (Fig. 1.14). All'esa- alla morte della cellula.
me istologico, la necrosi assume l'aspetto di focolai di adipo- O Le conseguenze del danno cellulare dipendono dal tipo di cellula
citi necrotici dai contorni cellulari sfumati con depositi basofili danneggiata, dal suo stato e dalle sue capacità di adattamento. Lo
di calcio, circondati da una reazione infiammatoria. stato nutrizionale e ormonale della cellula e le sue necessità me-
La necrosi fibrinoide è una particolare forma di necrosi os- taboliche sono importanti nel determinare la risposta al danno.
servata in genere durante le reazioni immunitarie caratteriz- In quale misura, ad esempio, una cellula è vulnerabile alla perdita
zate dal coinvolgimento dei vasi sanguigni. Questo tipo di dell'apporto ematico e all'ipossia? In assenza di apporto sangui-
necrosi si verifica tipicamente quando complessi di antigeni gno, le cellule della muscolatura striata della gamba possono
e anticorpi vengono depositati nelle pareti arteriose. Alla essere messe a riposo e preservate, ma ciò non vale per la musco-
colorazione ematossilina eosina, questi depositi di "immu- latura striata del cuore. Inoltre, llesposizione di due individui a
nocomplessi," insieme alla fibrina fuoriuscita dai vasi, con- identiche concentrazioni di una tossina, come il tetracloruro di
feriscono al tessuto un aspetto amorfo rosa chiaro che gli carbonio, può non avere alcun effetto in un individuo e provocare
anatomo-patologi definiscono "fibrinoide" (ossia "simile alla morte cellulare nell°altro. Queste differenze sono ascrivibili a
fibrina") (Fig. 1.15). Le sindromi vasculitiche immuno-mediate variazioni genetiche che influiscono sulla quantità e sull'attività
caratterizzate da questo tipo di processo necrotico sono degli enzimi epatici responsabili della conversione del tetraclo-
descritte nel Capitolo 6. ruro di carbonio (CCL) in sottoprodotti tossici (Cap. 9). Con la s

completa mappatura del genoma umano, Fidentificazione dei


polimorfismi genetici responsabili della diversa risposta agli
agenti lesivi in individui differenti ha suscitato grande
Nei pazienti vivi, infine, la maggior parte delle cellule necrotiche interesse.
e del loro contenuto scompare per effetto della fagocitosi dei detriti O Il danno cellulare è il risultato di vari meccanismi biochimici che
e della digestione enzimatica mediata dai leucociti. Tuttavia, se non agiscono su numerose componenti cellulari essenziali (Fig. 1.16) e
vengono prontamente distrutti e riassorbiti, le cellule necrotiche e i
detriti cellulari tendono a legare sali di calcio e altri minerali e a
calcificare. Questo fenomeno, detto calcificazione distrofica, sarà
successivamente trattato in questo capitolo.
che saranno descritti singolarmente nelle pagine seguenti. Tra le
componenti cellulari più frequentemente danneggiate da stimoli
lesivi figurano i mitocondri, le membrane cellulari, il sistema di
sintesi e di immagazzinamento delle proteine e il DNA nucleare.
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18 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte
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RIPIEGAMENTO
DANNO INGRESSO DANNO Di
l ATP MITOCONDRIALE Di ca2+ l f Ros MEMBRANA WFETTOSO
DELLE PROTEINE,
“P DANNO DEL DNA
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4-mi Membrana Membrana


citoplasmatica lisosomiale
l
Molteplici Fuoriuscita i Permeabilità Attivazione Danno lipidico, Digestione Attivazione delle
effetti a valle di proteine mitocondriale di vari enzimi proteico Perdita di enzimatica delle proteine
proapoptotiche cellulari e del DNA componenti componenti pr0ap0pl0liCl1e
cellulari cellulari
r-Il-il lil/\ l. l<`› I principali meccanismi di danno cellulare e i relativi effetti a livello biochimico e funzionale. Si veda il testo per maggiori dettagli.

O Qualsiasi stimolo lesivo è in grado di innescare simultaneamente nelle cellule dei mammiferi è rappresentata dalla fosforilazione os-
più meccanismi interconnessi con effetti deleteri sulla cellula, sidativa de1l”adenosina difosfato, una reazione che porta alla ridu-
ragione per cui è diflicile ricondurre il danno cellulare che sive- zione dell”ossigeno attraverso il sistema di trasporto mitocondriale
rifica in una determinata circostanza a un'unica alterazione bio- degli elettroni. La seconda via è quella glicolitica, che consente di
chimica o anche solo a un'alterazione biochimica dominante. generare ATP in assenza di ossigeno a partire dal glucosio prove-
niente dai liquidi corporei 0 dall'idrolisi del glicogeno. Le principali
cause della deplezione di ATP sono una riduzione dellapporto di os- i
Nella sezione seguente descriveremo i meccanismi biochimici
che possono essere attivati da diversi stimoli lesivi, contribuendo al sigeno e nutrienti, il danno mitocondriale e lazione di determinate
danno cellulare” Specifica attenzione sarà dedicata al danno rever- tossine (ad es. il cianuro). I tessuti con una maggiore capacità glico-
sibile e alla necrosi, mentre la descrizione di casi particolari di apop- litica (come il fegato) sono in grado di sopravvivere alla carenza di
tosi e di autofagia è rimandata ad altra sede. ossigeno e alla ridotta attività di fosforilazione Ossidativa meglio di
altri tessuti dotati di una capacità glicolitica limitata (come il
cervello). i
DEPLEZIONE DI ATP I fosfati uniti da legami ad alta energia sotto forma di ATP sono
La deplezione di ATP e la riduzione della sintesi di ATP si associano coinvolti praticamente in tutti i processi di sintesi e di degradazione
frequentemente sia al danno ipossico sia a quello chimico (tossico) all'interno della cellula, compresi il trasporto di membrana, la sintesi
(Fig. 1.17). L'ATP viene prodotto attraverso due vie: la via principale proteica, la lipogenesi e le reazioni di deacilazione-riacilazione

g/F
Mitocondrio

l Fosforilazione Ossidativa
l
lATP

l Pompa Na* t Glicolisi anaerobìa Distacco dei


l ribosomi
t Afflusso di Ca2*, l l 1 l
HZO e Na* l Glicogeno tAcido -› lpH
t Efllusso di K* lattico l Sintesi
1 proteica
Rigonfiamånto del RE Condensazione
Rigontiamento cellulare della cromatina
Perdita di microvilli nucleare A°f“f"lul°
Formazione di estroflessioni di lipidi
l'lf2ìt,l¦'t,-fl. 'I t'/ Conseguenze funzionali e morfologiche della riduzione intracellulare di ATP nel danno cellulare. Le alterazioni morfologiche illustrate sono r

indicative di danno cellulare reversibile. ll persistere della deplezione di ATP conduce alla morte cellulare, tipicamente per necrosi. RE, reticolo
1
endoplasmatico.
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CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 19
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necessarie per il turnover fosfolipidico. La deplezione di ATP al Aumento dei livelli di Caz*
5-10% dei livelli normali ha ampie ripercussioni su molti sistemi in- citosolico, specie reattive dell'ossigeno
tracellulariƒondamentali: (stress ossidativo), perosslidazione lipidica

0 L'attività della pompa di membrana del sodio ATP-dipendente Danno O disfunzione mitocondriale
(ATPasi Na*, K*-oubaina-sensibile) si riduce. Un'avaria di questo
sistema di trasporto attivo causa la penetrazione e liaccumulo
intracellulare di sodio e la diffusione del potassio all'esterno della
cellula. L'afllusso netto di soluti si accompagna a un afflusso iso-
osmotico di acqua, con conseguente rigonfiainento cellulare e
dilatazione del RE.
O Il metabolismo energetico cellulare è alterato. Se Fossigenazione
cellulare subisce una riduzione, come si verifica nellfischemia, la
fosforilazione Ossidativa cessa determinando una minore dispo- ll
l
nibilità cellulare di ATP e un conseguente incremento dell”ade-
nosina monofosfato. Tali cambiamenti stimolano l'attività della
fosfofruttochinasi e delle fosforilasi producendo un aumento H+ Q \
della glicolisi anaerobia. Questa via consente di ripristinare le fonti
energetiche cellulari generando ATP attraverso il metabolismo ;in Membrana
del glucosio derivato dal glicogeno, ma ne determina anche il suo Transizione di permeabilità mitocondriale
rapido esaurimento. La glicolisi anaerobia provoca l'accumulo di mitocondriale
Citocroma c,
acido lattico e di fosfati inorganici derivati dall°idrolisi degli esteri altre proteine
del fosfato e queste reazioni abbassano il pH intracellulare, evento Perdita del potenziale di membrana pfoapoprorime
che riduce llattività di molti enzimi cellulari. ll
O Llinsufficienza della pompa dello ione calcio determina un in- incapacità di generare ATP {l
gresso di Ca”, con effetti dannosi su numerose componenti yß APOPTOSI
cellulari, come verrà descritto più avanti.
O Una prolungata o crescente deplezione di ATP porta alla distru- NECROSI
zione dell”apparato di sintesi proteica, che si manifesta con il di-
stacco dei ribosomi del RE rugoso e con la dissociazione dei po- lfiråtlir/›\ 11| ti Conseguenze della disfunzione mitocondriale, culminante
nella morte cellulare per necrosi o apoptosi.
lisomi, determinando una riduzione della sintesi proteica stessa.
l
O Nelle cellule private di ossigeno o di glucosio, le proteine possono l
subire alterazioni conformazionali e scatenare una reazione cel- il rigetto di trapianto). In alcuni modelli sperimentali di ischemia l
lulare detta risposta da proteine non ripiegate, che può culminare la ciclosporina ha dimostrato di ridurre la lesione impedendo l'aper-
nel danno e nella morte cellulare. Questo processo verrà descritto tura del poro di transizione di permeabilità mitocondriale, un esem-
l
più avanti nel capitolo. pio interessante di terapia molecolare mirata per il danno cellulare
O In ultima istanza, le membrane mitocondriali e lisosomiali subi- (sebbene il suo valore clinico non sia ancora stato confermato).
scono un danno irreversibile e la cellula va incontro a un processo 0 Nello spazio tra la membrana esterna e quella interna, i mitocon-
di necrosi. dri sequestrano inoltre varie proteine in grado di attivare le vie
dell'apoptosi; tra queste figurano il citocromo c e alcune proteine
capaci di attivare indirettamente gli enzimi che inducono l”apop-
DANNO MITOCONDRIALE
tosi, detti caspasi. Un aumento della permeabilità della membrana
I mitocondri sono le strutture deputate a rifornire la cellula dell'ener- mitocondriale esterna determina la fuoriuscita di queste proteine
gia necessaria per sopravvivere sotto forma di ATP, ma hanno nel citosol e la morte per apoptosi (discussa più avanti).
anche un ruolo cruciale nel danno e nella morte cellulare” Possono
essere danneggiati dall'aumento del Ca” citosolico, dalle specie INGRESSO INTRACELLULARE DI CALCIO
reattive delllossigeno (descritte più avanti) e dalla carenza di ossige- E PERDITA DELIJOMEOSTASI DEL CALCIO
no, il che significa che sono suscettibili praticamente a qualsiasi tipo
di stimolo nocivo, comprese ipossia e tossine. Inoltre, le mutazioni Il fatto che la deplezione del calcio protegga le cellule dal danno in-
dei geni mitocondriali sono causa di malattie ereditarie (Cap. 5). dotto da una varietà di stimoli nocivi suggerisce Fimportanza del
Le principali conseguenze del danno mitocondriale sono due: ruolo svolto dagli ioni calcio nella mediazione del danno cellulare”
In condizioni normali, il calcio libero nel citosol è mantenuto a con-
O Il danno mitocondriale spesso determina la formazione di un canale centrazioni estremamente basse (~0,1 umol) rispetto ai livelli extra-
a elevata conduttanza nella membrana mitocondriale, definito poro cellulari di 1,3 mmol, e la maggior parte del calcio intracellulare si
di transizione dipermealøilitii mitocondriale (Fig. 118).” L°apertura trova sequestrato nei mitocondri e nel RE. Liischemia e determinate
di questo canale causa la perdita del potenziale di membrana mi- tossine provocano un innalzamento delle concentrazioni di calcio
tocondriale, compromettendo la fosforilazione Ossidativa e indu- nel citosol, in un primo momento in conseguenza della liberazione
cendo la progressiva deplezione di ATP, con la necrosi finale della di Cal* dalle riserve intracellulari e successivamente per effetto del
cellula. Una delle componenti strutturali del poro di transizione di maggiore afflusso attraverso la membrana citoplasmatica (Fig. 1.19).
permeabilità mitocondriale è la proteina ciclofillina D, bersaglio del La maggiore concentrazione intracellulare di ioni calcio determina
farmaco immunosoppressivo ciclosporina (utilizzato per prevenire l'insorgere del danno cellulare attraverso vari meccanismi. ll*r

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20 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte
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liberata attraverso reazioni con le molecole adiacenti, quali sostanze
extracellulare inorganiche e organiche - proteine, lipidi, carboidrati e acidi nucleici
- che in molti casi sono elementi costitutivi fondamentali della mem-
Agente lesivo :›
brana e del nucleo cellulare. I radicali liberi, inoltre, innescano reazioni
autocatalitiche per mezzo di molecole con le quali reagiscono e che a
loro volta vengono trasformate in radicali liberi, propagando la catena
del danno. Le specie reattive dell,ossigeno (ROS) sono un tipo di radicale
Mitocondrio RE Hscgo libero derivato dall'ossigeno con un ruolo chiaramente definito nel
danno cellulare. Le ROS sono un normale prodotto dei processi di
respirazione mitocondriale e di produzione energetica, ma vengono
/`@~ degradate ed eliminate dai sistemi di difesa cellulari. In questo modo,
' Aumentata concentrazione le cellule sono in grado di mantenere una condizione di equilibrio che
del Caz* citosolìco tollera la presenza transitoria e innocua di radicali liberi a basse con-
centrazioni. Quando la produzione di ROS aumenta o i sistemi di
Attivazione degli pulitura (scavenging) non funzionano correttamente, si ha un eccesso
enzimi cellulari di radicali liberi responsabile della condizione definita stress ossidativo.

ll I
Lo stress ossidativo è stato chiamato in causa in un vasto numero di i

ll ll ll I processi patologici, compresi il danno cellulare, il cancro, l'invecchia-


Fosfolipasi Proteasi Endo- ATPasi tTran5iZi0ne 3 mento e alcune malattie degenerative come il morbo di Alzheimer. Le
nucleasi di permeabilità I ROS sono inoltre prodotte in cospicue quantità dai leucociti, in parti-
il ll mitocondriale . colare da neutrofili e macrofagi, che le utilizzano per distruggere mi-
wosfoirpidr Deofadaziooe crobi, tessuto morto e altre sostanze indesiderate. Il danno causato da I
delle proteine . l
di membrana p questi composti reattivi, pertanto, si accompagna spesso a reazioni
e citoscheletriche infiammatorie, durante le quali i leucociti vengono reclutati e attivati
(Cap. 2).
Nei paragrafi seguenti descriveremo la generazione e la rimozione
delle ROS e osserveremo come queste contribuiscono al danno
DANNO Dl DANNO g ATP
K MEMBRANA NUCLEARE / cellulare. Le proprietà dei principali radicali liberi sono illustrate

K nella Tabella 1.3.


Generazione di radicali liberi. La produzione intracellulare di
radicali liberi può essere innescata in diversi modi (Fig. 1.20), ossia
lfltìlllr/\ ìytfr Ruolo del|'incremento citosolìco di calcio nel danno tramite:
cellulare. RE, reticolo endoplasmatico.
O Le reazioni di ossido-riduzione clie si verificano nei normali pro-
cessi metabolici. Durante il normale processo respiratorio, la
0 L'accumulo di Caz* all'interno dei mitocondri induce llapertura molecola di O, viene ridotta mediante il trasferimento di quattro
del poro di transizione di permeabilità mitocondriale e, come elettroni alla molecola di idrogeno H2 per generare due molecole
precedentemente illustrato, compromette la produzione di di acqua. Tale conversione è catalizzata da enzimi ossidativi nel
ATP. RE, nel citosol, nei mitocondri, nei perossisomi e nei lisosomi.
O Gli aumentati livelli di Cal* citosolìco attivano una varietà di Nel corso di questo processo, si generano piccole quantità di
enzimi, con effetti potenzialmente deleteri sulla cellula. Questi intermedi parzialmente ridotti che hanno ricevuto vari elettroni
includono le fosƒolipasi (responsabili del danno di membrana), dalla molecola di O2, tra cui l”anione superossido (Of un elettro-
le proteasi (che distruggono sia le proteine di membrana sia quelle ne), il perossido di idrogeno (HZOZ, due elettroni) e gli ioni idros-
del citoscheletro), le endonucleasi (responsabili della frammen- silici ('OH, tre elettroni).
tazione del DNA e della cromatina) e le ATPasi (che accelerano O L'assorbiniento di energia radiante (ad es. luce ultravioletta, raggi
lr
la deplezione di ATP). X). Le radiazioni ionizzanti, ad esempio, possono idrolizzare r

O Attivando direttamente le caspasi e incrementando la permeabi- l'acqua in radicale idrossile ('OH) e idrogeno (H).
lità mitocondriale, i maggiori livelli di Cal* intracellulare indu- 0 Rapidi incrementi della produzione di ROS che si verificano nei
cono inoltre l`apoptosi.2° leucociti attivati durante Fiiifiammazione, grazie a una reazione
altamente controllata a livello di un complesso multiproteico di
ACCUMULO DI SPECIE REATTIVE E RADICALI membrana che usa la NADPH ossidasi per le reazioni di ossido-
riduzione (Cap. 2). Inoltre, altre ossidasi intracellulari (come la
LIBERI DELIJOSSIGENO (STRESS OSSIDATIVO)
xantina ossidasi) generano Of.
Il danno cellulare indotto dai radicali liberi, in particolare dalle specie O Il metabolismo enzimatico di sostanze cliimiclie esogene o da far-
reattive dell'ossigeno, è un meccanismo di danno cellulare importante inaci, che può generare radicali liberi diversi dalle ROS ma dotati
in molte condizioni patologiche tra cui, ad esempio, il danno chimico di effetti simili (CCI, ad esempio può generare CCl,, come illu-
e da irradiazione, il danno da ischemia-riperfusione (indotto dal ripri- strato più avanti nel capitolo).
stino dell°afflusso ematico nel tessuto ischemico), Yinvecchiamento 0 I metalli di transizione come ferro e rame, che donano o accettano
cellulare e l'uccisione di microrganismi mediata dai fagocitifl I radicali elettroni liberi durante le reazioni intracellulari e catalizzano la
liberi sono specie chimiche dotate di un singolo elettrone spaiato sull”or- formazione di radicali liberi, come avviene nella reazione di
bitale esterno. L'energia creata da questa configurazione instabile viene Fenton (HZOZ + Fe” -› Fei* + OH + OH'). Poiché gran parte del i
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CAPITOLO I Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 21

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I I E7) g :EE EPropi1"eEtàdeiprincipali' radicali
; I' liberi
' 'fimplicati
_ p'I neldanrio
I cellulai-re E E EIl E' I c u -t r a l
r

Proprietà OÉ HZ02 'OH I ONOO'


MECCANISMI Riduzione incompleta Generato dalla SOD Generato a partire da HQO Prodotto mediante
DI PRODUZIONE di O2 durante la A mediante conversione per idrolisi, ad es. l'interazione di OÉ con
fosforilazione di O2* e da ossidasi nei mediante radiazioni; a l'NO generato per NO
Ossidativa; mediante perossisomi partire da H2O2 sintasi in vari tipi
ossidasi fagocitica nei mediante reazione di cellulari (cellule
leucociti Fenton; a partire da O; endoteliali, leucociti,
neuroni ecc.)
MECCANISMI Conversione in HZOZ e O2 Conversione in HZO e O2 Conversione in HZO Conversione in HNO2
DI INATTIVAZIONE a opera di SOD mediante catalasi mediante glutatione mediante
(perossisomi), perossidasi perossiredossine
glutatione perossidasi (citosol, mitocondri)
(citosol, mitocondri)
EFFETTI PATOLOGICI Stimola la produzione di
enzimi degradativi nei
Può essere convertito
in 'OH e OCl“, che
Èii marcare libero Danneggia lipidi, l
derivato dall'ossigeno proteine e DNA
leucociti e in altre distruggono microbi e più reattivo; principale
cellule; può cellule; può agire in siti ROS responsabile del
danneggiare distanti da quello danno lipidico, proteico
direttamente i lipidi, di produzione e del DNA
le proteine e il DNA;
agisce in prossimità del
sito di produzione
HNO2, nitrito; HZOQ, perossido di idrogeno; NO, monossido di azoto; O5, anione superossido; Oclfl ipoclorito; radicale idrossile; ONOO”, perossinitrito;
ROS, specie reattive dell'ossigeno; SOD, superossido dismutasi. T gti_

ferro libero intracellulare è allo stato ferrico (Fe 3 *), esso dovrebbe O Il monossido di azoto (NO), un importante mediatore chimico
essere ridotto allo stato ferroso (Fe2*) per partecipare alla reazione generato da cellule endoteliali, macrofagi, neuroni e altri tipi
di Fenton. Questa riduzione può essere esaltata da Of; pertanto, cellulari (Cap. 2), che può agire come radicale libero ed essere
fonti di ferro e di O2; possono cooperare nel danno cellulare anche convertito nell”anione perossinitrito altamente reattivo I
ossidativo. (ONOO`) così come in NO, e NOL” 'r
rr
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02
Mitocondri
l

U IJGENERAZIONE DI
Riduzione SPECIE REATTIVE
incompleta DELL'OSS|GENO
. .
lnfiammazione ll SOD H *
eazione
di Femon l
l

Agenti chimici + Feb reattive


Ar
Da“"° da Superossido Perossido Radicale dell'ossigeno ,.r
r ll
“perfusione H di idrogeno H idrossile r 1.

l l
EFFETTI PATOLOGICI DELLE ROS: RIMOZIONE DEI RADICALI LIBERI
DANNO E MORTE CELLULARE Meccanismi antiossidanti:
|_-e_ R03 |_'eaQlSC0n0 C003 _ ° La SOD (nei mitocondri) converte O;-› H2O2
° Acidi grassi -› generazione di perossidasi ~ La glutatione perossidasi (nei mitocondri)
lipidica -› degradazione della membrana converte OH -> HQO2 -› H2O + O2
Cl†0P|aSmaIlCa 9 degli Ofgfiflelll ° La catalasi (nei perossisomi) converte HQO2 -› l
° Proteine -› ossidazione -› perdita dell'attività H20 + 02
enzimatica, ripiegamento anomalo
- DNA -› ossidazione -› mutazioni, rottura
I
FIGURA 1.20 Ruolo delle specie reattive dellossigeno (ROS) nel danno cellulare. O2 è convertito in anione superossido (Og) da enzimi ossidanti (ossidasi) l
presenti nel reticolo endoplasmatico (RE), nei mitocondri, nella membrana citoplasmatica, nei perossisomi e nel citosol. OÉ è convertito in HQOZ per di-
smutazione e quindi in 'OH dalla reazione di Fenton catalizzata da Cu”/Fe”. HZOQ viene anche prodotta direttamente dalle ossidasi presenti nei perossisomi
(non indicati nella figura). ll conseguente danno da radicali liberi a carico di lipidi (mediante perossidazione), proteine e DNA si ripercuote su numerose l
componenti cellulari. l principali enzimi antiossidanti sono superossido dismutasi (SOD), glutatione perossidasi e catalasi ,r

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22 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte
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Rimozione di radicali liberi. I radicali liberi sono intrinseca- zione di legami crociati (cross-linking) tra i filamenti di DNA e
mente instabili e, in genere, decadono spontaneamente. Of, ad la generazione di addotti. Il danno ossidativo del DNA è implicato
esempio, è instabile e in presenza di acqua decade (dismuta) spon- nell'invecchiamento cellulare (trattato più avanti nel Capitolo) e
taneamente in O2 e I-LO2. Le cellule, inoltre, hanno sviluppato diversi nella trasformazione neoplastica delle cellule (Cap. 7).
meccanismi enzimatici e non, per rimuovere i radicali liberi e
minimizzarne il danno (si veda Fig. 1.20). Tali meccanismi Si è sempre ritenuto che il danno e la morte cellulare indotti dai
comprendono: radicali liberi fossero il risultato di un processo necrotico e, in effetti,
la produzione di ROS è spesso un preludio alla necrosi. Tuttavia, è
O Gli antiossidanti, che inattivano i radicali liberi (antiossidanti stato appurato che i radicali liberi sono anche in grado di innescare
scavenger) o ne bloccano sin dall”inizio la formazione. Sono il processo dell'apoptosi.“ Studi recenti hanno inoltre dimostrato
buoni esempi di antiossidanti le vitamine liposolubili E e A, così che le ROS svolgono un ruolo nel signaling tra diversi recettori
come l”acido ascorbico e il glutatione nel citosol. cellulari e intermedi biochimici.25 A tal proposito, è stato ipotizzato
O ll controllo dei livelli di ferro e mine, che come abbiamo visto che le principali azioni esercitate da O2; derivino dalla sua capacità
possono catalizzare la formazione di ROS. Le concentrazioni di di stimolare la sintesi di enzimi degradativi piuttosto che dalla ca-
questi metalli reattivi sono mantenute a livelli minimi grazie al pacità di causare un danno macromolecolare diretto. Non si esclude
legame degli ioni alle proteine di deposito e di trasporto (ad es. inoltre che queste molecole potenzialmente letali assolvano a im-
transferrina, ferritina, lattoferrina e ceruloplasmina), che con- portanti funzioni fisiologiche”
sente dunque di limitare la formazione di ROS.
0 Diversi enzimi che agiscono come sistemi di disinnesco dei radi- DIFETTI DELLA PERMEABILITÀ DI MEMBRANA
cali liberi, inattivando HZOZ e O§.“'“ Questi enzimi sono loca-
lizzati in prossimità delle sedi di produzione degli ossidanti e La perdita precoce della permeabilità selettiva di membrana, che porta
comprendono: in definitiva a un danno di membrana evidente, è una caratteristica
1. la catalasi, presente all'interno dei perossisomi, che converte HZOZ saliente di molti tipi di danno cellulare (fatta eccezione per Fapoptosi).
(ZHZOZ -› O2 ZHZO); Il danno di membrana può compromettere le funzioni e l°integrità di
2. la superossido disrnutasi (SOD), che si ritrova in molti tipi cellulari tutte le membrane cellulari. Di seguito saranno discussi i meccanismi
e converte Of in I-1202 (20§+ ZH -> H2O2+ OZ). Questo gruppo e le conseguenze patologiche del danno di membrana.
comprende sia la manganese-SOD, localizzata nei mitocondri, Meccanismi del danno di membrana. Nelle cellule ischemiche,
sia la rame-zinco-SOD, localizzata nel citosol; le alterazioni di membrana possono essere il risultato della deple-
3. la glutationeperossidasí ha un effetto protettivo contro il dan- zione di ATP e dell'attivazione delle fosfolipasi mediata dal calcio
no, catalizzando la degradazione dei radicali liberi (si veda oltre), ma la membrana citoplasmatica può essere danneg-
(l-IZOZ + ZGSH -› GSSG [omodimeri di glutatione] + ZHZO, op- giata anche direttamente da varie tossine batteriche, proteine virali,
pure ZOH + ZGSH -› GSSG + ZHZO). Il rapporto intracellulare componenti litiche del complemento e da una varietà di agenti
tra glutatione ossidato (GSSG) e glutatione ridotto (GSH) è un chimici e fisici. Diversi meccanismi biochimici contribuiscono al
riflesso dello stato ossidativo della cellula ed è un importante danno di membrana (Fig. 1.21):
indicatore della capacità cellulare di detossificare le ROS.
O Specie reattive dell'ossigeno I radicali liberi dell'ossigeno inducono
Effetti patologici dei radicali liberi. Le specie reattive dell'0s- un danno a carico delle membrane cellulari attraverso il mecca-
sigeno e gli altri radicali liberi hanno molteplici effetti sulla cellula, nismo di perossidazione lipidica precedentemente illustrato.
anche se per il danno cellulare risultano particolarmente importanti
tre reazioni (si veda Fig. 1.20):
/

O La perossidazione lipidica delle membrane. In presenza di O2, i t O2 † Ca” citosolìco


radicali liberi possono causare perossidazione dei lipidi della
membrana citoplasmatica e delle membrane degli organelli. Il Spese åi i_-[_-i
danno ossidativo inizia quando i doppi legami presenti negli acidi reattive m Attivazione Attivazione l
dellossígeno 1 delle fosfolipasi delle iìroteasi l
grassi insaturi dei lipidi di membrana vengono attaccati dai ra-
dicali liberi derivati da O2 e, in particolare, da 'OH. Le interazioni Perossidazione t Riacilazione/ † Degradazione Danni) di-3|
|lpldlCâ Slnleål del fOSf0|lpidi çilgscheletrg
tra lipidi e radicali liberi determinano la formazione di perossidi, I dei fosfolipidi I 1
1
a loro volta instabili e reattivi, e inducono una reazione autoca-
talitica a catena (detta propagazione), che produce danni ingenti Perdita di _ Prodotti
fosføfipidi di degradazione
a carico della membrana. dei lipidi
O Ualtemzione ossidativa delle proteine. l radicali liberi promuovono l
l'ossidazione delle catene laterali amminoacidiche, la formazione l
l
l
di legami crociati proteina-proteina (ad es. legami disolfuro) e
l'ossidazione della catena proteica. Llalterazione ossidativa delle mi
DANNO DI MEMBRANA
proteine può danneggiare i siti enzimatici attivi, modificare la
conformazione delle proteine strutturali e accentuare la degrada- ..1 r; r ' _ Meccanismi del danno di membrana nel danno cellulare.
La riduzione di O2 e l'aumento del Ca” citosolìco sono tipicamente osser-
zione delle proteine non ripiegate o ripiegate in modo anomalo da
vati nellischemia, ma possono accompagnare altre forme di danno cellulare.
parte del proteasoma, portando l'intera cellula alla distruzione. Anche le specie reattive dall'ossigeno spesso generate durante la riperiu-
O Il danno del DNA. l radicali liberi sono in grado di causare la sione dei tessuti ischemici causano danno di membrana (non illustrato in
rottura del filamento di DNA 0 della doppia elica stessa, la forma- figura).

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O Inibizione della sintesi fosfolipidica. La produzione di fosfolipidi Prima di concludere l'analisi dei meccanismi di danno cellulare, èd o c u - t r a c k
all”interno delle cellule può ridursi per effetto di una funzione utile guardare ai possibili eventi che si producono allorché il danno
mitocondriale alterata 0 di uno stato di ipossia, condizioni che, reversibile diventa irreversibile, progredendo verso la morte cellulare.
determinando una minore produzione di ATP, vanno a interferire L'importanza clinica della questione è evidente: riuscire a dare risposta
con le attività enzimatiche ATP-dipendenti. La riduzione della a questo interrogativo significa infatti aprire la strada all'elaborazione
sintesi fosfolipidica produce conseguenze su tutte le membrane di nuove strategie volte a evitare che il danno cellulare produca conse-
cellulari, compresa quella dei mitocondri stessi. guenze deleterie permanenti. Tuttavia i meccanismi molecolari che
O Aumentata distrazione dei fosfolipidi. Il danno cellulare grave si collegano la maggior parte dei tipi di danno alla morte cellulare sfug-
associa a una maggiore degradazione dei fosfolipidi di membrana, gono per diversi motivi. Il “punto di non ritorno” al raggiungimento
probabilmente dovuta all”attivazione delle fosfolipasi endogene del quale il danno diventa irreversibile rimane fondamentalmente
a sua volta indotta dall'aumento dei livelli di Ca” citosolìco e indefinito e mancano eventi morfologici o biochimici correlati di ir-
mitocondriale” La distruzione dei fosfolipidi porta all'accumulo reversibilità aflìdabili. Daefenomeni sono elementi caratteristici costanti
di prodotti di degradazione lipidica, tra cui acidi grassi liberi, acil di irreversibilità: Fincapacità di rendere reversibile la disfunzione mito-
carnitina e lisofosfolipidi, dotati di un effetto detergente sulle condriale (perdita della fosforilazione ossidativa e della produzione di
membrane. Questi, inoltre, si inseriscono all'interno del doppio ATP) anche dopo la risoluzione del danno iniziale e l'instaurarsi di
strato lipidico della membrana o prendono il posto dei fosfolipidi, alterazioni profonde nellafunzionalità della membrana. Come detto in
causando potenziali modificazioni di permeabilità e alterazioni precedenza, il danno delle membrane lisosomiali causa la dissoluzione
elettrofisiologiche. enzimatica della cellula danneggiata, caratteristica della necrosi.
O Alterazioni del citosclieletro. I filamenti citoscheletrici ancorano La fuoriuscita di proteine intracellulari attraverso la membrana
la membrana citoplasmatica all°interno della cellula. L”attivazione cellulare danneggiata e il loro ingresso in circolo rende possibile indi-
delle proteasi dovuta a un aumento di calcio citosolìco può dan- viduare il danno cellulare e la necrosi a carico di tessuti specifici me-
neggiare le strutture citoscheletriche. In presenza di rigonfiamen-
to cellulare, questo danno provoca - soprattutto nelle cellule
miocardiche - il distacco della membrana cellulare dal citosche-
diante un campione di sangue. Il muscolo cardiaco, ad esempio, con-
tiene una specifica isoforma dell”enzima creatin-chinasi e della proteina
contrattile troponina; il fegato (nello specifico l'epitelio del dotto bi-
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letro, rendendola suscettibile allo stiramento e alla rottura. liare) contiene un'isoforma dell`enzima fosfatasi alcalina; gli epatociti
contengono le transaminasi. Il danno irreversibile e la morte cellulare
Conseguenze del danno di membrana. I principali siti a livello in questi tessuti si riflettono in un aumento delle concentrazioni pla-
dei quali si verifica il danno di membrana nel contesto del danno smatiche di tali proteine e la misurazione di questi biomarcatori è
cellulare sono le membrane mitocondriali, la membrana citoplasma- utilizzata nella clinica per valutare l”entità del danno nei tessuti.
tica e le membrane lisosomiali.

O Danno della membrana mitocondriale. Come si è detto, il danno Correlazioni clinico-patologiche: esempi
delle membrane mitocondriali determina llapertura del poro di selezionati di danno cellulare e necrosi
transizione di permeabilità mitocondriale - con conseguente
riduzione della disponibilità di ATP - e la liberazione di proteine
in grado di innescare la morte per apoptosi. Dopo avere brevemente passato in rassegna le cause, la morfologia
O Danno della membrana citoplasmatica. Il danno della membrana e-i meccanismi del danno cellulare e della necrosi, ne descriveremo
citoplasmatica provoca la perdita dell°equilibrio osmotico e l'in- ora alcune forme clinicamente significative. Questi esempi illustre-
gresso di liquidi e ioni, nonché la fuoriuscita del contenuto cel- ranno molti dei meccanismi di danno cellulare descritti in prece-
lulare. Le cellule possono inoltre perdere metaboliti fondamentali denza e le sequenze di eventi che li riguardano.
per la ricostituzione dell'ATP, accentuando dunque la deplezione
delle riserve energetiche.
DANNO ISCHEMICO E IPOSSICO
O Il danno delle membrane lisosomiali determina la fuoriuscita degli
enzimi lisosomiali nel citoplasma e l`attivazione delle idrolasi Nella pratica clinica, rappresenta il tipo più comune di danno cellu-
acide nel pH intracellulare acido della cellula danneggiata (ad es. lare ed è stato ampiamente studiato sia nell°uomo, sia in modelli
ischemica). I lisosomi contengono RNasi, DNasi, proteasi, fosfa- animali sperimentali, sia in cellule in coltura. L)ipossia, intesa come
tasi, glucosidasi e catepsine, la cui attivazione porta alla digestione una ridotta disponibilità di ossigeno, può verificarsi in una varietà di
enzimatica delle proteine, dell'RNA, del DNA e del glicogeno e quadri clinici, precedentemente descritti. Nell”ischemia, per contro,
alla morte della cellula per necrosi. liapporto di ossigeno e nutrienti risulta diminuito nella maggior parte
dei casi per via di un ridotto flusso ematico, conseguenza di un'ostru-
DANNO DEL DNA E DELLE PROTEINE zione meccanica del sistema arterioso, ma può essere dovuto anche
a un minore drenaggio venoso. Diversamente dalllipossia, durante
Le cellule sono dotate di meccanismi di riparazione del DNA dan- la quale può perdurare la produzione di energia glicolitica per glicolisi
neggiato, ma se il danno è troppo grave per essere corretto (ad es. anaerobia, l°ischemia compromette la disponibilità dei substrati della
in conseguenza dell”esposizione del DNA a sostanze dannose, radia- glicolisi. Nei tessuti ischemici, pertanto, non soltanto il metabolismo
zioni o stress ossidativo), la cellula avvia un programma suicida che aerobico è compromesso, ma anche la produzione anaerobica di
la condurrà alla morte per apoptosi. Una reazione simile è innescata energia si arresta dopo l'esaurimento dei substrati della glicolisi o nel
dalle proteine non correttamente ripiegate, risultato di mutazioni momento in cui la glicolisi viene inibita dall`accumulo di metaboliti
ereditarie 0 di fattori esterni quali ad esempio i radicali liberi. Questi che in condizioni normali sarebbero rimossi dal flusso sanguigno.
meccanismi di danno cellulare, tipicamente responsabili di indurre Per questa ragione l'iscl1emia tende a causare an danno cellulare e
l'apoptosi, saranno descritti più avanti nel capitolo. tissutale più rapido e grave rispetto all 'ipossia in assenza di ischemia.

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Meccanismi di danno cellulare ischemico Le cellule dei mammiferi hanno sviluppato risposte protettive alloc u - t r a
stress ipossico. Di queste, quella meglio definita è l`induzione di un
La sequenza di eventi che seguono l`ipossia o l'ischemia è il riflesso fattore di trascrizione chiamato ƒattyre 1 inducibile dall 'ipossia che
di molte delle alterazioni biochimiche che accompagnano il danno favorisce la formazione di nuovi vasi sanguigni, stimola le vie di
cellulare descritte sopra. Non appena la concentrazione di ossigeno sopravvivenza cellulare e promuove la glicolisi anaerobia.27 Il tempo
intracellulare si riduce, si ha una perdita della fosforilazione ossida- dirà se la comprensione di questi meccanismi basati sulla concen-
tiva e una riduzione della produzione di ATP. La deplezione di ATP trazione dell'ossigeno possa condurre a nuove strategie per prevenire
provoca un”avaria della pompa del sodio, con perdita di potassio, o trattare il danno cellulare ischemico e ipossico.
ingresso intracellulare di sodio e acqua e rigonfiamento cellulare. Si Malgrado i numerosi studi condotti su modelli sperimentali, non
verifica inoltre un afflusso di Cal* associato a numerosi effetti deleteri esistono ancora approcci terapeutici affidabili per ridurre le conse- l
e si assiste a un progressivo abbassamento dei livelli di glicogeno e guenze dannose dell”ischemia in ambito clinico. La strategia forse
della sintesi proteica. Questa fase può dare luogo a gravi conseguenze più utile nei casi di danno ischemico (e traumatico) cerebrale e
funzionali. Il muscolo cardiaco, ad esempio, cessa di contrarsi entro midollare consiste nell'induzione temporanea di uno stato di ipo- l

60 secondi dall'occlusione coronarica. Occorre tuttavia precisare che termia (volta a ridurre la temperatura interna a 33 °C). Questo
la perdita della contrattilità non indica morte cellulare. Se l”ipossia trattamento riduce le richieste metaboliche delle cellule sottoposte
continua, Paggravamento della deplezione di ATP causa ulteriori a stress, limita il rigonfiamento cellulare, frena la formazione
di radicali liberi e inibisce la risposta infiammatoria, misure che,
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danni. Il citoscheletro si disperde, determinando la scomparsa
di caratteristiche ultrastrutturali come i microvilli e la formazione
di piccole estroflessioni (bleb) sulla superficie cellulare
nel complesso, contribuiscono a ridurre il danno cellulare e
tissutale” 1
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(si vedano Figg. 1.9 e 10). All'interno del citoplasma (nei vacuoli
autofagici) o nello spazio extracellulare compaiono le “figure mieli-
niche”, derivate dalle membrane cellulari in degenerazione. Queste
probabilmente originano dallo smascheramento dei gruppi fosfati-
dici, che promuovono la cattura e llintercalarsi di molecole di acqua
DANNO DA ISCHEMIA-RIPERFUSIONE
Il ripristino del flusso ematico in un tessuto ischemico può favorire
il recupero delle cellule se il danno da queste subito è reversibile. In
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tra gli strati lamellari delle membrane. In questa fase, i mitocondri particolari circostanze, tuttavia, quando viene ripristinato il flusso
sono in genere rigonfi per l'incapacità di controllare il proprio sanguigno in cellule che erano andate incontro a ischemia ma non
volume, il RE rimane dilatato e l'intera cellula diventa particolar- a morte, paradossalmente il danno si esacerba e progredisce a un
mente voluminosa, con aumento del contenuto idrico e della ritmo accelerato. Di conseguenza, i tessuti riperƒusi possono perdere
concentrazione di sodio e cloruri e riduzione del potassio. Se la un ulteriore numero di cellule oltre a quelle danneggiate irreversibil-
disponibilità di ossigeno viene ripristinata, tutte queste alterazioni mente dall'iscliemia. Questo processo, definito danno da ischemia- /
sono reversibili. ripeiƒusione, è clinicamente importante, in quanto contribuisce al
Se Fiscliemia persiste, al contrario, si arriva al danno irreversibile danno tissutale durante l'infarto miocardico e cerebrale e in seguito
e alla necrosi. Sotto il profilo morfologico, il danno irreversibile si all'istituzione di misure terapeutiche di ripristino del flusso ematico l

associa a grave rigonfiamento mitocondriale, esteso danno della (Capp. 12 e 28).


membrana citoplasmatica (con comparsa delle figure mieliniche) e Ma come avviene il danno da riperfusione? L”ipotesi più probabile
rigonfiamento dei lisosomi (si veda Fig. 1.10 C). Nella matrice è che durante la riperfusione vengano messi in moto nuovi processi
mitocondriale si sviluppano grossi corpi densi, amorfi e di aspetto di danno, causando la morte di cellule che sarebbero altrimenti
flocculare. Nel miocardio, questi elementi indicano l'irreversibilità potute sopravvivere” Sono stati proposti molti meccanismi:
delle lesioni e possono essere osservati già 30-40 minuti dopo
l°ischemia. A questo punto si verifica un massivo ingresso di calcio O Il nuovo danno può essere innescato nella fase di riossigenazione
nella cellula, in particolare se la zona ischemica viene riperfusa. La in conseguenza di un'aumentata generazione di specie reattive
morte avviene principalmente per necrosi, anche se l”apoptosi può dell'ossigeno e delllazoto da parte delle cellule parenchimali ed
fornire un contributo; la via dell'apoptosi viene probabilmente at- endoteliali e dei leucociti dell`infiltrato infiammatorio.3°'“ La
tivata dalla liberazione di molecole proapoptotiche dai mitocondri produzione di tali radicali liberi nel tessuto riperfuso può essere
danneggiati. Le componenti cellulari vengono progressivamente dovuta a un danno mitocondriale, che provoca unlincompleta
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degradate e si verifica una diffusa fuoriuscita di enzimi nello spazio riduzione dell'ossigeno, oppure può dipendere dall'azione delle
extracellulare affiancata dall'ingresso di macromolecole extracellu- ossidasi nei leucociti, nelle cellule endoteliali e nelle cellule pa-
lari dallo spazio interstiziale all'interno delle cellule morte. La cellula renchimali. I meccanismi di difesa cellulare con antiossidanti
morta, infine, viene sostituita da grandi masse di fosfolipidi sotto possono essere compromessi dalllischemia, condizione che favo-
forma di figure mieliniche, successivamente fagocitate dai leucociti rirebbe l”accumulo di radicali liberi. Altri mediatori di danno
0 ulteriormente degradate ad acidi grassi. Questi ultimi vanno in- cellulare, come il calcio, possono a loro volta penetrare nelle
contro a un processo di calcificazione, con la formazione di saponi cellule riperfuse, danneggiando vari organelli, compresi i mito-
di calcio. condri, e intensificando la produzione di radicali liberi.
Come già detto, la perdita di enzimi intracellulari e di altre pro- O Il danno ischemico si associa a infiammazione, risultato della
teine attraverso una membrana citoplasmatica particolarmente produzione di citochine e di una maggiore espressione delle
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permeabile e il loro passaggio nella circolazione sanguigna forni- molecole di adesione da parte delle cellule parenchimali ed en-
scono importanti indicatori clinici di morte cellulare. Elevate con- doteliali, che reclutano i neutrofili circolanti nella sede di riper-
centrazioni sieriche di creatin-chinasi muscolare cardiaca MB fusione” L'infiammazione, a sua volta, causa un ulteriore danno
(Muscle-Brain) e di troponina, ad esempio, sono indicatori precoci tissutale (Cap. 2). Nel danno da riperfusione, l`importanza dell'af-
di infarto miocardico e possono essere evidenziate prima che l'in- flusso di neutrofili è stata dimostrata da studi sperimentali nei
farto diventi morfologicamente rilevabile (Cap. 12). quali sono state messe in atto strategie antinfiammatorie, ad l

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esempio l'impiego di anticorpi contro le citochine o le molecole Apoptosi
adesione, per ridurre l”estensione del danno.
O L”attivazione del sistema del complemento, coinvolto nei meccanismi I
di difesa dell'ospite e importante meccanismo di danno autoimmune L'apoptosi è una via di morte cellulare indotta da un programma
(Cap. 6), può contribuire al danno da ischemia-riperfusione.33 suicida strettamente regolato, in cui le cellule destinate a morire
Alcuni anticorpi IgM, per motivi sconosciuti, tendono a depositarsi attivano enzimi che degradano il DNA nucleare e le proteine nucleari
nei tessuti ischemici; quando il flusso sanguigno viene ripristinato, e citoplasmatiche della cellula stessa. Le cellule apoptotiche si scom-
le frazioni del complemento si legano a tali anticorpi, vengono at- pongono in frammenti definiti corpi apoptotici e contenenti por-
tivate e inducono un ulteriore danno cellulare e una più intensa zioni del citoplasma e del nucleo. La membrana plasmatica della
reazione infiammatoria” cellula e dei corpi apoptotici rimane intatta, ma la sua struttura ri-
sulta alterata a tal punto da renderli appetitosi bersagli per i fagociti.
La cellula morta e i relativi frammenti vengono rapidamente fago-
DANNO CHIMICO (TOSSICO)
citati, prima che il contenuto si riversi all°esterno, evitando così che
Il danno chimico rimane un problema di frequente riscontro nella la morte cellulare per apoptosi provochi reazioni infiammatorie
medicina clinica e costituisce un limite importante alla terapia far- nelllospite. Il processo, morfologicamente caratterizzato dalla pre-
macologica. Poiché molti farmaci sono metabolizzati a livello epa- senza di frammenti cellulari rivestiti da membrana, fu descritto nel
tico, il fegato è spesso bersaglio di tossicità farmacologica. La tossi- 1972 e designato appunto con il termine “apoptosi”, parola utilizzata
cità epatica, infatti, è probabilmente una delle ragioni più frequenti in greco per indicare la “caduta delle foglie”.37 Fu presto riconosciuto
per cui si decide di interrompere l'utilizzo di un dato farmaco o il che l'apoptosi rappresentava un meccanismo di morte cellulare
suo sviluppo” I meccanismi con cui sostanze chimiche, tossine e unico nel suo genere e distinto dalla necrosi, caratterizzata da perdita
dell'integrità di membrana, digestione enzimatica delle cellule, fuo-
l
determinati farmaci inducono un danno verranno descritti nel Il
dettaglio all”interno del Capitolo 9, nella parte dedicata alla tratta- riuscita del contenuto cellulare e, spesso, da una reazione dell'ospite
zione della patologia ambientale. Qui, ci limiteremo piuttosto a di- (si vedano Fig. 1.8 e Tab. 1.2). Tuttavia, apoptosi e necrosi possono Il
scutere i principali meccanismi di danno indotto da sostanze chi- talvolta coesistere e l`apoptosi indotta da determinati stimoli pato-
miche con l'ausilio di esempi selezionati. logici può progredire in necrosi.
Le sostanze chimiche possono indurre danno cellulare attraverso
uno dei due meccanismi generali illustrati di seguito;"`
CAUSE DI APOPTOSI
O Alcune sostanze chimiche danneggiano la cellula direttamente L'apoptosi si verifica normalmente durante lo sviluppo e per tutta l
legandosi a componenti molecolari di importanza critica. Negli l'età adulta, con la funzione di garantire l”eliminazione delle cellule l
I
avvelenamenti da cloruro di mercurio, ad esempio, il mercurio indesiderate, vecchie o potenzialmente dannose, ma può realizzarsi
si lega ai gruppi sulfidrilici della membrana cellulare, causando anche come evento patologico quando la cellula malata subisce un
l”aumento della permeabilità di membrana e l'inibizione del danno che supera le capacità di riparazione e, di conseguenza, deve
trasporto ionico. In questi casi, il danno maggiore è solitamente essere eliminata.
a carico delle cellule che utilizzano, assorbono, eliminano o con-
centrano le sostanze chimiche: nel caso di cloruro di mercurio,
L'apoptosi in situazioni fisiologiche
le cellule del tratto gastrointestinale e del rene (Cap. 9). Il cianuro,
invece, avvelena la citocromo ossidasi mitocondriale, bloccando La morte per apoptosi è un normale fenomeno che serve a eliminare
cosi la fosforilazione ossidativa. Tra le sostanze che inducono le cellule non più necessarie e a mantenere in equilibrio varie popola-
danno cellulare esercitando un effetto citotossico diretto vi sono zioni cellulari nei tessuti. Essa assume un ruolo importante nelle
inoltre anche molti agenti chemioterapici antineoplastici e seguenti condizioni fisiologiche:
antibiotici.
O Le sostanze chimiche tossiche, nella maggior parte dei casi, non O La distruzioneprogrammata delle cellule nel corso dell'embrioge-
sono biologicamente attive nella forma originaria e agiscono sulle riesi, tra cui llimpianto dell”oocita, Forganogenesi, l'involuzione
molecole bersaglio solo dopo essere state convertite a metaboliti di strutture durante lo sviluppo e la metamorfosi. L'espressione l
tossici reattivi. Queste reazioni di conversione sono solitamente “morte cellulare programmata” è stata inizialmente coniata per l

svolte dalle ossidasi P-450 a funzione mista nel RE liscio del fe- designare la morte di specifici tipi cellulari nel corso dello svilup-
gato e di altri organi. I metaboliti tossici inducono il danno di po di un organismo” “Apoptosi” è un termine generico utilizzato
membrana e il danno cellulare principalmente determinando la per indicare questo tipo di morte cellulare, indipendentemente
produzione di radicali liberi e la successiva perossidazione lipi- dal contesto, ma viene spesso usato come sinonimo di “morte
dica; al processo può inoltre contribuire la formazione di un le- cellulare programmata”.
game covalente con le proteine di membrana e i lipidi. Il CCl,, O L'involuzione di tessuti ormone-dipendenti in seguito alla cessazione
ad esempio, un tempo ampiamente utilizzato nelle attività pro- dello stimolo ormonale, come nel caso della distruzione delle cellule
fessionali di lavaggio a secco, viene convertito dal citocromo endometriali durante il ciclo mestruale, dell'atresia dei follicoli
P-450 nel radicale libero altamente reattivo 'CCl,, il quale deter- ovarici nella menopausa, della regressione della mammella dopo
mina la perossidazione lipidica e danni a carico di numerose lo svezzamento e delllatrofia prostatica che segue la castrazione.
strutture cellulari. Anche il paracetamolo, un analgesico, viene O La perdita di cellule nelle popolazioni cellulariproliƒeranti, ad esem-
convertito in un prodotto tossico durante i processi di detossifi- pio linfociti immaturi nel midollo spinale e nel timo che non rie-
cazione che hanno luogo nel fegato, determinando danno cellu- scono a esprimere recettori per l'antigene utili (Cap. 6), linfociti B
lare. Questi e altri esempi di danno cellulare sono descritti nel nei centri germinativi e cellule epiteliali nelle cripte intestinali, allo
Capitolo 9. scopo di mantenere un numero di cellule costante (omeostasi).
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O L'eliminazione di linfociti autoreattivi potenzialmente pericolosi,
sia prima sia dopo la maturazione, al fine di prevenire lo sviluppo Morfologia l seguenti aspetti morfologici, alcuni dei quali
di reazioni dirette contro i propri tessuti (Cap. 6). più evidenti al microscopio elettgonico, caratterizzano le
O La morte delle cellule dell'ospite che hanno esaurito la loro cellule che vanno incontro ad apoptosi (Fig. 1.22; si veda
utilità, come i neutrofili durante la risposta infiammatoria acuta anche Fig. 1.8).
e i linfociti al termine di una risposta immunitaria. In queste Riduzione del volume cellulare La cellula diventa più piccola,
situazioni, le cellule vanno incontro ad apoptosi poiché vengono il citoplasma si addensa (Fig. 1.22 A) e gli organelli, sebbene l
private dei necessari segnali di sopravvivenza, come i fattori di relativamente normali, appaiono fittamente addensati (si
crescita. ricordi che in altre forme di danno cellulare una delle prime l
manifestazioni è il rigonfiamento cellulare, non la riduzione l
L'apoptosi in condizioni patologiche di volume).
Condensazione della cromatina È questo l'aspetto più carat-
L”apoptosi determina Feliminazione delle cellule che hanno subito un teristico dell'apoptosi. La cromatina si aggrega in periferia,
danno superiore alle capacità di riparazione senza indurre alcuna sotto la membrana nucleare, in masse dense di forma e di-
reazione nell'ospite e limitando di conseguenza il danno tissutale mensioni variabili (Fig. 1.22 B). Il nucleo stesso può rompersi
collaterale. in due o più frammenti.
La morte per apoptosi è responsabile della perdita cellulare in una Fonnazione di estroflessioni citoplasmatiche e di corpi apop-
varietà di condizioni patologiche: totici All'inizio, la cellula apoptotica mostra estese estrofles-
sioni sulla superficie cellulare, quindi si frammenta in corpi
O Il danno del DNA. Le radiazioni, i farmaci citotossici antineopla- apoptotici rivestiti di membrana e composti da citoplasma e
stici e l'ipossia possono danneggiare il DNA sia direttamente sia organelli fittamente addensati, con o senza frammenti
tramite la produzione di radicali liberi. Se i meccanismi di ripa- nucleari (Fig. 1.22 C).
razione non riescono a contrastare il danno, la cellula innesca Fagocitosi delle cellule apoptotiche o dei corpi cellulari, di
meccanismi intrinseci che la conducono alla morte per apoptosi. solito per azione dei macrofagi I corpi apoptotici vengono
In queste situazioni, l'eliminazione della cellula è la migliore al- rapidamente ingeriti dai fagociti e degradati dagli enzimi
ternativa di fronte al rischio di acquisire mutazioni rischiose nel lisosomiali da essi prodotti.
DNA danneggiato che potrebbero determinare una trasforma-
zione maligna. Questi stimoli dannosi inducono apoptosi se il Si ritiene che nell'apoptosi le membrane citoplasmatiche
danno è lieve, mentre se il danno è di maggiore intensità portano rimangano intatte fino alle ultime fasi, quando diventano
la cellula alla morte per necrosi. permeabili ai soluti che normalmente vengono trattenuti
O L'accumulo di proteine ripiegate in modo anomalo. Il ripiegamento all'interno. Questa descrizione classica dell'apoptosi è accu-
improprio delle proteine può derivare da mutazioni nei geni che rata in condizioni fisiologiche quali l'embriogenesi o nell'eli-
codificano per tali proteine oppure da fattori estrinseci, quali ad minazione delle cellule immunitarie, ma non è raro osservare
esempio il danno indotto dai radicali liberi. Un accumulo ecces- forme di morte cellulare con caratteristiche proprie sia della
sivo di proteine ripiegate in modo anomalo nel RE porta a una necrosi sia dell'apoptosi in conseguenza di vari stimoli dan-
condizione definita stress del RE, culminante nella morte cellulare nosi” In tali condizioni è la gravità piuttosto chela specificità
per apoptosi. E stato suggerito che l'apoptosi causata dall'accu- dello stimolo a determinare la via di morte cellulare, mala
mulo di proteine ripiegate in modo anomalo sia alla base di un necrosi è quella più frequentemente riscontrata in condizioni
vasto numero di patologie degenerative del sistema nervoso di deplezione sostenuta di ATP e di danno grave di
centrale e di altri organi. membrana.
O La morte cellulare in determinati processi infettivi, soprattutto se di All'esame istologico, nei tessuti colorati con ematossilina
natura virale. La perdita di cellule infette è dovuta fondamental- eosina la cellula apoptotica appare come una massa tonda
mente all'apoptosi indotta dal virus stesso (come nelle infezioni da od ovale, dal citoplasma intensamente eosinofilo con fram-
adenovirus o da HIV) o alla risposta immunitaria dell'ospite (come menti di cromatina nucleare densa (Fig. 1.22 A). Poiché la
nell”epatite virale). Unlimportante risposta dell'ospite alla presenza riduzione del volume cellulare e la formazione di corpi apop-
virale è rappresentata dai linfociti T citotossici specifici per le pro- totici avvengono con rapidità e i frammenti sono velocemen-
teine virali, che inducono l`apoptosi delle cellule infette nel tentativo te fagocitati, nei tessuti può verificarsi un notevole grado di
di eliminare i serbatoi di infezione, un processo che, tuttavia, può apoptosi prima che essa diventi evidente nelle sezioni l
accompagnarsi a un danno tissutale significativo. Lo stesso mec- istologiche. Inoltre, l'apoptosi, contrariamente alla necrosi, l

canismo mediato dai linfociti T è inoltre responsabile della morte non causa infiammazione, cosa che ne rende più difficile
cellulare in presenza di tumori e del rigetto nei trapianti. |'individuazione all'esame istologico. I

O L'atrofia patologica negli organiparencliimatosi in seguito a ostru-


zione dei dotti. Questa situazione è stata osservata ad esempio nel
pancreas, nella parotide e nel rene.
Caratteristiche biochimiche dell'apoptosi
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Le cellule apoptotiche spesso presentano una caratteristica varietà
CAMBIAMENTI MORFOLOGICI E BIOCHIMICI di alterazioni biochimiche che sono alla base delle modificazioni
NELL'APOPTOSl strutturali descritte in precedenza.
Attivazione delle caspasi. Una caratteristica specifica dell'apoptosi
Prima di discutere i meccanismi delllapoptosi, descriveremo le ca- è llattivazione di diverse componenti di una famiglia di cisteina-proteasi
ratteristiche morfologiche e biochimiche di questo processo. dette caspasi.“'° Il termine “caspasi” fa riferimento a due proprietà di
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CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 27 ,
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l~'lGUR/-\ 1.22 Caratteristiche morfologiche dell'apoptosi. A. Apoptosi di una cellula epidermica durante una reazione immunitaria. La cellula presenta
dimensioni ridotte, un citoplasma intensamente eosinofilo e un nucleo condensato. B. Questa immagine al microscopio elettronico di cellule apoptotiche li;
in coltura mostra alcuni nuclei con semilune periferiche di cromatina addensata e altri uniformemente addensati o frammentati. C. Queste immagini di ll
cellule apoptotiche in coltura mostrano la formazione delle estroflessioni e dei corpi apoptotici (riquadro di sinistra, microscopio a contrasto di fase), la fl
frammentazione del nucleo evidenziata mediante colorazione del DNA (riquadro centra/el e l'attivazione delle caspasi 3 (riquadro di destra, colorazione
all'immunofluorescenza con un anticorpo specifico per la forma attiva della caspasi 3, in rosso). (B. Da Kerr JFR, Harmon BV: Definition and incidence of
apoptosis: a historical perspective, lnTomei LD, Cope FO (eds): Apoptosis:The l\/lolecular Basis of Cell Death. Cold Spring Harbor, NY, Cold Spring Harbor
Laboratory Press, 1991, pp 5-29. C. Per gentile concessione del Dr. Zheng Dong, Medical College of Georgia, Augusta, GA)

rr n l
questa famiglia di enzimi: la c sta per cisteina-proteasi (enzimi che
presentano la cisteina nel loro sito attivo), mentre “aspasi” rimanda alla
loro peculiare capacità di tagliare i residui di acido aspartico a poste-
riori. La famiglia delle caspasi, che attualmente comprende oltre 10
membri, può essere funzionalmente divisa in due gruppi: le caspasi
iniziatrici e le caspasi effettrici, a seconda dell”ordine in cui vengono
attivate durante 1'apoptosi. Le caspasi iniziatrici comprendono la caspasi
8 e la caspasi 9. Molte altre caspasi, tra cui la caspasi 3 e la caspasi 6,
agiscono come effettori. Al pari di molte proteasi, anche le caspasi
esistono sotto forma di proenzimi inattivi, 0 zimogeni, e la loro attiva-
zione è subordinata a clivaggio enzimatico. La presenza di caspasi cli-
vate attive rappresenta un marker di cellule in fase di apoptosi (Fig. 1.22
C). ll ruolo di tali enzimi sarà discusso più avanti in questa sezione.
DNA e degradazione proteica. Le cellule apoptotiche esibiscono
una caratteristica rottura del DNA in grossi frammenti di 50-300 kb.“
Conseguentemente si verifica il taglio del DNA da parte di endonu-
cleasi Cazl- e Mg”-dipendenti in frammenti di dimensioni multiple
di 180-200 coppie di basi, riflesso del clivaggio tra subunità nucle-
FIGURA 1,23 Elettroforesi su gel di agarosio di DNA estratto da colture
osomali. I frammenti possono essere visualizzati con llelettroforesi
cellulari, Colorazione con bromuro di etidio; fotografato a luce ultravio-
come “scale” (ladder) di DNA (Fig. 1.23). L°attività endonucleasica letta. Pozzetto A. Coltura di cellule vitali. Pozzetto B. Coltura di cellule
è anche la base per identificare la morte cellulare con tecniche cito- esposte al calore che mostrano un'estesa apoptosi; si noti l'aspetto a
chimiche che riconoscono le rotture a doppia elica del DNA.“ Un scala (/adder) del frammenti di DNA, che rappresentano multipli di oligo-
pattern “strisciato” (smeared) di frammentazione del DNA è consi- nucleosomi. Pozzetto C. Coltura che mostra necrosi cellulare; si noti la
strisciata (smearing) diffusa del DNA, (Da KerrJFR, Harmon BV: Definition
derato indicativo di necrosi; questo però può essere un tardivo fe- and incidence of apoptosis: a historical perspective lnTomei LD, Cope
nomeno autolitico, mentre tipiche scale di DNA possono risultare FO: Apoptosis:The Molecular Basis of Cell Death. Cold Spring Harbor,
ben visibili anche in cellule necrotiche. NY, Cold Spring Harbor Laboratory Press, 1991, p 13) i
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28 CAPITOLO t Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte
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Alterazioni della membrana e ricognizione fagocitaria La mem- lare. Lo studio di vermi mutanti ha permesso Pidentificazione di
brana citoplasmatica delle cellule apoptotiche subisce variazioni che specifici geni (chiamati geni ced, dall'inglese “cell death”) che inne-
agevolano il riconoscimento delle cellule morte da parte dei fagociti. scano 0 inibiscono liapoptosi e per i quali sono stati individuati geni
Uno di questi cambiamenti è la traslocazione di determinati fosfo- omologhi nei mammiferi”
lipidi (in particolare la fosfatidilserina) dallo strato interno della Il processo di apoptosi può essere suddiviso in una fase di inizio,
membrana a quello esterno, dove vengono riconosciuti da vari re- durante la quale alcune caspasi si attivano cataliticamente, e in una l
1
cettori presenti sui fagociti. Tali lipidi, inoltre, mostrano un°affinità fase effettrice, in cui altre caspasi innescano la degradazione di l
di legame per una proteina chiamata annessina V; la colorazione con componenti cellulari fondamentali. La prima fase è mediata fonda-
annessina V, pertanto, è comunemente utilizzata per rilevare la mentalmente dai segnali di due vie distinte: la via intrinseca, o mito- l
1

presenza di cellule apoptotiche, la cui eliminazione per fagocitosi condriale, e la via estrinseca, innescata dai recettori di morte |l
1
sarà descritta più avanti. (Fig. 124).” Queste vie, sebbene in una certa misura intercomuni- I

canti, sono indotte da stimoli distinti e implicano diversi gruppi di 1

proteine, ma entrambe convergono nell'attivazione delle caspasi, gli l

MECCANISMI DI APOPTOSI effettivi mediatori della morte cellulare.


1
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1

Tutte le cellule possiedono meccanismi intrinseci atti a segnalare lo


stato di salute della cellula e l'apoptosi è il risultato di uno squilibrio La via di apoptosi intrinseca (mitocondriale)
in tali segnali. Poiché si ritiene che un innesco esasperato o carente
dell'apoptosi sia alla base di molte patologie, come le malattie dege- La via mitocondriale rappresenta il meccanismo principale di apop-
nerative e il cancro, la comprensione dei meccanismi che regolano tosi in tutte le cellule mammifere e svolge un ruolo ben definito in
questa forma di morte cellulare ha destato profondo interesse. Uno una varietà di processi fisiologici e patologici. Questa via di apoptosi
dei fatti più interessanti emersi è che i geni e le proteine che control- è il risultato di una maggiore permeabilità mitocondriale e del rila-
lano il processo e la sequenza di eventi risultano conservati in tutti scio di molecole proapoptotiche (induttori di morte) all”interno del
gli organismi multicellulari” Alcune delle maggiori conquiste, in- citoplasma (Fig. 125)." I mitocondri sono organelli importanti in
fatti, sono scaturite da osservazioni condotte sul nematode Cae- quanto contengono proteine essenziali per la vita, come il citocromo
norlrabditis elegans, il cui sviluppo procede secondo un programma c, ma alcune di esse, se immesse nel citoplasma (indizio di un cattivo
altamente riproducibile di crescita cellulare seguita da morte cellu- stato di salute della cellula), innescano il programma suicida di

v|A M|†ocoNon|A|_E VIA DEI RECETTORI DI


(|NTR|NsEcA› MORTE (ESTRINSECA) i
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Q Interazioni recettore ligando


~ Fas
Danno ce||u|a,.e itocondri Citocromo c
0. - Recettore del TNF
, Assenza dei - e altre proteine 1^
fattori di Cresgia _ l I ` Pf0aP0Pl0llChe Proteine adattatrìci
~ Danno del DNA I L 1 _,j;.»" l
. Li.
lpe' 'adlaZl°“l' Effenori della Caspasi inizialrici iš_a§Pa_Sl_
'adl°a" r miglia BCL2 (BAX, BAK) iziatrici
° Anomalo » '\ Caspasi V '
ripiegamento ` ' '1 -*' _ F8l10fi di
effettrici ''
delle proteine Sellscff' della |'e90|a2l0fl9
(stress dei RE) famiglia B0'-2 (BCL2, Bol.-xi
Attivazione Distruzione
di endonucleasi del citoscheletro
".”I1»¬~
rammentazlon = 1
giüqiom 'A
Dm*
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fa 9 Ligandi
S peri recettori
dei fagociti

Corpo apoptotico
Estrollessione
della membrana
lTl(_ìLll-lA 1.24 Meccanismi di apoptosi. Le due vie di apoptosi differiscono per meccanismi di induzione e di regolazione, ma entrambe culminano
nell'attivazione delle caspasi "etlettrici'.' l_'induzione dell'apoptosi attraverso la via mitocondriale implica l'intervento dei sensori e degli effettori della famiglia
BCL2, che inducono la fuoriuscita delle proteine mitocondriali. Sono inoltre raffigurata alcune proteine antiapoptotiche ("regolatrici") che inibiscono
l'eccesso di permeabilità dei mitocondri e l'attivazione delle caspasi mediata dal citocromo c nella via mitocondriale. Lattivazione dei recettori di morte
conduce direttamente allattivazione delle caspasi. l fattori di regolazione dell'attivazione delle caspasi mediata dal recettori di morte non sono illustrati.
RE, reticolo endoplasmatico;TNF, fattore di necrosi tumorale.
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CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 29

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c u -tr a c k A. CELLULA VITALE B. APOPTOSI “proteine BH3-only.” I sensori, a loro volta, attivano due effettorio c u - t r a c
Segnale di sopravvivenza Assenza di _ _ fondamentali (proapoptotici) - BAX e BAK - i quali vanno a costi-
(ad es. fattore di crescita) Segnali di 'I'ad1aZ'°“e tuire oligomeri che si inseriscono nel),/a membrana mitocondriale
b (lì opravvivenza / creando i canali attraverso i quali le proteine della membrana mito-
condriale interna fuoriescono nel citoplasma. Le proteine BH3-only
gnano 00€ p cuoco( _' _IQ; loan» ozono; legano inoltre BCL2 e BCL-X, bloccandone le funzioni e determi-
;1,;;;;;j;;;š.;;;,.š,;=;; -;;-1,rìršwgrgèf;f.;,;;åir1;,,;;;;;;;^
... < il .L nando allo stesso tempo una riduzione della sintesi di queste due
proteine. Il risultato finale dell”attivazione di BAX-BAK unita alla
Dannodel DNA perdita delle funzioni protettive dei membri antiapoptotici della
Produzione famiglia BCL è il rilascio nel citoplasma di diverse proteine mito-
di proteine condriali in grado di attivare la cascata delle caspasi (Fig. 1.25 B).
antiapoptotiche Attivazione dei sensori
(ad es. BCL2) (proteine BH3-only) Una di queste proteine è il citocromo c, ben conosciuto per il suo
av <7 3 @ ruolo nella respirazione mitocondriale. Il citocromo c rilasciato nel
BCL2 citosol lega una proteina chiamata Apaf-I (fattore di attivazione delle
(o BCL-X) Citocromo c Antagonismo di BCL2 proteasi proapoptotiche I, omologo nei mammiferi del Ced-4 del
C. elegans), che forma un esamero a raggiera definito ap0ptosoma.“
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Questo complesso ha la capacità di legare la caspasi 9, che è l”inizia-
tore cruciale della via mitocondriale, e llenzima cliva le adiacenti
molecole di caspasi 9, avviando cosi un processo di autoamplifica-
zione. Altre proteine mitocondriali dai nomi arcani come Smac/
/I ° šå DIABLO penetrano nel citoplasma, dove legano e neutralizzano
ll citocromo c è trattenuto Attivazione 0 diverse proteine citoplasmatiche (dette IAP, dall`inglese inhibítors of
all'interno del mitocondrio del canale BAX/BAK apoptosis) investite del ruolo di inibitori fisiologici dell”apoptosi.
Normalmente, la funzione delle IAP è quella di bloccare llattivazione
Fuoriuscita del citocromo c delle caspasi, comprese quelle effettrici come la caspasi 3, e mante-
e di altre proteine gl
nere la cellula in vita.45'“'6 La loro neutralizzazione, pertanto, consente
llinnesco della cascata delle caspasi.
Attivazione delle caspasi
Esistono prove del fatto che la via intrinseca di apoptosi possa
ll essere innescata indipendentemente dal ruolo dei mitocondri."
L”apoptosi potrebbe essere iniziata da unlattivazione delle caspasi a
valle dei mitocondri e il conseguente aumento della permeabilità _Ll\

mitocondriale e il rilascio di molecole proapoptotiche potrebbero


1-l(_ìlll-lt/\ '1.25 La via intrinseca (mitocondriale) dell'apoptosi. A. La vitalità
della cellula e mantenuta con l'induzione di proteine antiapoptotiche (ad es. servire unicamente ad amplificare il segnale di morte. Tuttavia, i
BCL2) attraverso segnali di sopravvivenza. Queste proteine preservano meccanismi di apoptosi mitocondrio-indipendenti restano scarsa-
l'integrità delle membrane dei mitocondri ed evitano la fuoriuscita delle mente definiti.
proteine mitocondriali. B. La perdita dei segnali di sopravvivenza, il danno
del DNA e altri insulti attivano sensori deputati ad antagonizzare le proteine
antiapoptotiche e ad attivare le proteine proapoptotiche BAX e BAK, che La via di apoptosi estrinseca (innescata dai recettori
determinano la formazione di canali nella membrana mitocondriale. La di morte)
conseguente fuoriuscita di citocromo c (e di altre proteine non raffigurate)
conduce allattivazione delle caspasi e all'apoptosi. Questa via metabolica è innescata dal legame dei recettori di morte
presenti sulla membrana plasmatica di diversi tipi cellulai'i.“'5°
I recettori di morte sono membri della famiglia dei recettori del TNF
apoptosi. Il rilascio di queste proteine mitocondriali è controllato contenenti un dominio citoplasmatico implicato nelle interazioni
da un delicato equilibrio tra i membri pro- e antiapoptotici della proteina-proteina, detto dominio di morte in quanto indispensabile
famiglia BCL,“ gruppo di proteine che prende il nome da BCL2, per liberare segnali apoptotici (alcuni membri della famiglia dei re-
identificato come oncogene in un linfoma a cellule B e omologo della cettori del TNF non contengono domini citoplasmatici di morte:
proteina Ced-9 del C. elegans. La famiglia BCL annovera oltre 20 hanno la funzione di attivare le cascate infiammatorie [Cap. 2] e il
proteine diverse, perla maggior parte dotate di funzioni regolatrici loro ruolo nell'innesco dell°apoptosi è molto meno chiaro). Sono stati
dell'apoptosi. I fattori di crescita e altri segnali di sopravvivenza descritti numerosi recettori di morte, ma quelli meglio conosciuti
stimolano la produzione di proteine antiapoptotiche, tra cui le prin- sono il recettore per il TNF di tipo I (TNFRI) e una proteina correlata
cipali sono BCL2, BCL-X e MCL1. In condizioni normali, queste chiamata Fas (CD95). Il meccanismo di apoptosi indotto da questi
proteine risiedono nel citoplasma e nelle membrane mitocondriali, recettori di morte è chiaramente illustrato dal Fas, un recettore di
dove controllano la permeabilità mitocondriale e impediscono la morte espresso su molti tipi cellulari (Fig. 1.26), il cui ligando prende
dispersione di proteine mitocondriali suscettibili di innescare la il nome di Fas-ligando (FasL). Il Fasl. è espresso dai linfociti T in
morte cellulare (Fig. 1.25 A). Quando le cellule sono private dei grado di riconoscere gli antigeni self (e ha la funzione di eliminare i
segnali di sopravvivenza o subiscono un danno a carico del DNA linfociti autoreattivi) e da alcuni linfociti T citotossici (che uccidono
oppure, in caso di stress del RE da proteine ripiegate in modo ano- le cellule tumorali 0 infettate da virus). Quando il Fas lega il suo li-
malo, si assiste alllattivazione dei sensori del danno 0 dello stress. gando, tre o più molecole di Fas si aggregano e i loro domini di morte
Questi ultimi, anch'essi membri della famiglia BCL, comprendono citoplasmatici formano un sito di legame per una proteina adattatrice,
le proteine BIM, BID e BAD, contenenti un unico “dominio di omo- anch”essa dotata di un dominio di morte e chiamata FADD (dall”in-
logia BCL2” (il terzo dei quattro domini presenti in BCL2) e definite glese Fas-associated death domain). Il FADD, legato ai recettori di
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30 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte
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sequenziale delle caspasi effettrici. Le caspasi effettrici, come le ocaspasi
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.'. :_: g . Y. -__ - , ._ , _, 4 g *À , . 3 e 6, agiscono su numerose componenti cellulari: una volta attivate,
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¢ n n o - - a 1 c n ø o 1 . - s I I
ad esempio, clivano un inibitope della DNasi citoplasmatica, deter-
minando l°attivazione enzimatica di quesfultima, che a sua volta in- l
È g FasL ' duce il caratteristico clivaggio del DNA in frammenti di taglia nucle-
osomale precedentemente descritto. Le caspasi determinano inoltre
*_* Fas la degradazione delle componenti strutturali della matrice nucleare,
- gg ( ,¢~¢ ›,,s.¬ «fw . >f2›.- f=rrv,o¢__~ ~,`_.`.¬å__
promuovendo così la frammentazione del nucleo. Alcune fasi del
processo apoptotico non sono ancora state precisamente definite. Si
ignora, ad esempio, il meccanismo che conduce all'alterazione della
membrana plasmatica delle cellule apoptotiche o quello relativo alla
Dommb FADD formazione delle estroflessioni di membrana e dei corpi apoptotici.
di morte
1
1
Rimozione delle cellule morte
Procaspasi 8
La formazione di corpi apoptotici determina la disgregazione delle
Attivazione
autocatalitíca
delle caspasi «oä Caspasi
cellule in frammenti edibili per i fagociti. Le cellule apoptotiche e i
loro frammenti subiscono inoltre diverse alterazioni a livello di
membrana che ne promuovono attivamente la fagocitosi, di modo
8 attiva
che possano essere eliminate prima dell'avvio di un processo necro-
tico secondario e della fuoriuscita del contenuto cellulare (che può
esitare in una reazione infiammatoria nociva). Nelle cellule sane, la
4*'
fosfatidilserina si trova sullo strato interno della membrana citopla-
Caspasi effettrici 1
smatica, ma nelle cellule apoptotiche questo fosfolipide “schizza”
l fuori e finisce per essere espresso sullo strato esterno della membra-
APOPTOSI na, dove può essere riconosciuto da diversi recettori dei macrofagi.
Durante la morte per apoptosi, le cellule secernono fattori solubili
I-li;-`1l_ll'i/›\ '1..>ìrì La via estrinseca dell'apoptosi (innescata dai recettori di che attirano i fagociti.” Alcuni corpi apoptotici esprimono la trom-
morte), illustrata dagli eventi che seguono il legame di Fas. FADD, Fas-
associated death domain; FasL, Fas-ligando. bospondina, una glicoproteina adesiva riconosciuta dai fagociti, e i ì._._.
macrofagi stessi sono in grado di produrre proteine che legano le
cellule apoptotiche (ma non le cellule vive) destinando così le cellule
morte, a sua volta lega la forma inattiva della caspasi 8 (procaspasi 8; morte alla fagocitosi. I corpi apoptotici possono inoltre rivestirsi di
e, nellluomo, la caspasi 10) ancora per mezzo di domini di morte. In anticorpi naturali e proteine del sistema del complemento, in parti-
tal modo vengono reclutate in uno spazio ravvicinato molte molecole colare Clq, che i fagociti sono in grado di riconoscere.53 Nel legame
l
di procaspasi 8, che vanno incontro a un clivaggio reciproco, passan- e nella fagocitosi di queste cellule, pertanto, risultano coinvolti nu-
do alla forma attiva. A questo punto l”enzima scatena un'attivazione merosi recettori presenti sui fagociti e vari ligandi indotti sulle cellule
a cascata di caspasi tramite il clivaggio e quindi l'attivazione di altre apoptotiche. Il processo di fagocitosi delle cellule apoptotiche è
procaspasi. Gli enzimi attivati mediano la fase effettrice dell'apoptosi talmente efliciente che le cellule morte scompaiono, spesso nel giro
(discussa più avanti). Questa via di apoptosi può essere bloccata da di minuti, senza lasciare la minima traccia e senza scatenare infiam-
una proteina chiamata FLIP, che pur legando la procaspasi 8 non è mazione, nemmeno in un contesto di apoptosi estesa.
in grado di clivarla e attivarla in quanto priva di dominio proteasicofl
Alcuni virus e le cellule normali producono FLIP e usano questo CORRELAZIONI CLINICO-PATOLOGICHE:
inibitore per proteggersi dalllapoptosi Fas-mediata. L'APOPTOSl IN CONDIZIONI FISIOLOGICHE
Le vie di innesco dell'apoptosi intrinseca ed estrinseca, pur es- E PATOLOGICHE
sendo state qui descritte come processi distinti a causa del coinvol-
gimento di molecole fondamentalmente differenti, possono di fatto Esempi di apoptosi
sovrapporsi. Negli epatociti e in molti altri tipi cellulari, ad esempio,
la via Fas-mediata attiva una proteina BH3-only detta BID, che In molti casi, la morte cellulare è notoriamente causata dalllapoptosi
successivamente attiva la via mitocondriale-. e gli esempi selezionati proposti di seguito illustrano il ruolo di
questa via di morte nella normale fisiologia e in patologia”
Deprivazione dei fattori di crescita. Cellule ormono-sensibili
La fase effettrice dell'apoptosi private dello specifico fattore di crescita, ilinfociti che non vengono
stimolati da antigeni e citochine e i neuroni privati del fattore di
Le due vie di innesco convergono in una cascata di attivazione delle crescita delle cellule nervose vanno tutti incontro a morte per apop-
caspasi, alla quale è affidata la mediazione della fase finale dell'apop- tosi. In tutti questi casi, l'apoptosi è innescata dalla via intrinseca
tosi. Come abbiamo visto, la via mitocondriale conduce all'attivazione (mitocondriale) e può essere imputata a una ridotta sintesi di BCL2
della caspasi iniziatrice 9 e la via dei recettori di morte alllattivazione e BCL-X e all'attivazione di BIM e di altri membri proapoptotici
delle caspasi iniziatrici 8 e I0. Con il clivaggio di una caspasi inizia- della famiglia BCL.
trice ela generazione della sua forma attiva, il programma di morte Danno del DNA. L'esposizione delle cellule all'irradiazione o ad
enzimatica viene messo in moto e procede con la rapida attivazione agenti chemioterapici induce l'apoptosi secondo un meccanismo che 1

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è iniziato dal danno al DNA (stress genotossico) e che coinvolge il proteasoma. Tuttavia, se in conseguenza di mutazioni ereditarie o c u -tr a c k

gene oncosoppressore p53.55 Quando il DNA viene danneggiato, la di uno stress nel RE si verifica l'accumulo di proteine non ripiegate
proteina p53 si accumula nelle cellule e arresta il ciclo cellulare (nella o ripiegate in modo anomalo, queste ipnescano tutta una serie di
fase G1) così da lasciare ai meccanismi di riparazione il tempo risposte cellulari, riunite sotto il nome di risposta da proteine non I1
necessario per intervenire (Cap. 7), ma se il danno è troppo grave ripiegate.56'57 Tale risposta attiva vie di segnale che intensificano la
per essere riparato con successo, la stessa p53 innesca il processo produzione di chaperonine, amplifica la degradazione delle proteine
apoptotico. L°assenza di p53 o una sua mutazione (condizioni che si anomale mediata dal proteasoma e rallenta la traduzione delle pro-
verificano in alcune forme di neoplasia) si traduce nellimpossibilità teine, riducendo così la quantità di proteine mal ripiegate alllinterno
di indurre Fapoptosi, consentendo la sopravvivenza delle cellule con della cellula (Fig. 1.27). Tuttavia, se questa risposta citoprotettiva si
un DNA danneggiato. In tali cellule, il danno del DNA dà luogo ad dimostra incapace di risolvere il problema, la cellula attiva le caspasi
altre mutazioni o traslocazioni aventi quale esito la trasformazione e induce l'apoptosi,58`°° un processo definito stress del RE. L'accumulo
neoplastica (Cap. 7). In presenza di stress genotossico, la proteina intracellulare di proteine ripiegate in modo anomalo causato da
p53 assolve pertanto alla funzione cruciale di “interruttore vita/ mutazioni genetiche, invecchiamento o da fattori ambientali scono-
morte”. La modalità con cui p53 innesca il meccanismo effettore sciuti è attualmente riconosciuto come un carattere distintivo di
finale di morte, attraverso l'attivazione delle caspasi, è complesso, diverse patologie neurodegenerative, tra cui il morbo di Alzheimer,
ma sembra dipendere dalle sue funzioni di attivatore della trascri- la malattia di Huntington e il morbo di Parkinson (Cap. 28) nonché,
zione. Tra le proteine la cui produzione è stimolata da p53 si probabilmente, il diabete di tipo 2.61 Anche la deprivazione di glu-
annoverano diversi membri proapoptotici della famiglia BCL, in cosio e ossigeno e stimoli stressanti come il calore possono causare
particolare BAX, BAK e alcune proteine BH3-only, di cui si è parlato un anomalo ripiegamento delle proteine e culminare nel danno e
nelle pagine precedenti. nella morte cellulare.
Ripiegamento anomalo delle proteine. Le chaperonine presenti Apoptosi indotta dalla famiglia dei recettori del TNF. Il ligan-
nel RE sovrintendono al corretto ripiegamento (folding) delle pro- do FasL presente sui linfociti T lega il recettore di superficie Fas sugli
teine neosintetizzate, determinando Fubiquitinazione e la marcatura stessi linfociti o su quelli circostanti. Questa interazione svolge un
dei polipeptidi mal ripiegati affinché vengano degradati dal ruolo importante nell'eliminazione dei linfociti in grado di

A. PRODUZIONE E ASSEMBLAGGIO DI PROTEINE NORMALI


I

Chaperonina l
(ad BS- HSD 70) Proteina ripiegata matura

Peptide _ _ _ I
nascente Chaperonina mitocondriale (ad es. Hsp 60)
'A ì ,7 Ø //†-'/ TÉTT' '*+'“'"'4"`\¬ \
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o , ,Is
` "T\ l ' T7g`P%ã`\l III

_` \ QQ T cl/T" Proteina
_,'\J ' \ mitocondriale
ripiegate matura
mRNA Ribosomi

B. RISPOSTE ALLE PROTEINE NON RIPIEGATE


Aumentata ( iparaziorš
sTREss (uv,ca1ore, fiji, hS'“lerS'mn X* i' __* zò 3
danno da radicali liberi ecc.) C ape ° e

-í> Ridotta traduzione proteica

, Kg È_ ubiquitina _
r› Ø _
ß % RPEGATE(UPR)
Proteina _ _ -> Attivazione della _› Qw fa POSTADA
PROTENENON
_ _Ac<2urn_ul0 di proteine v1a de11'ub1qu1t1na- Degradazíone _
RS
MUlaZl°"l “piegate In modo anomalo Proteasoma Proteasoma delle Proteine
non ripiegate _
Attivazione
Di* delle caspasi i* APOPTOSI
11(-E ll! 1.11. ..T2 / Meccanismi di ripiegamento delle proteine e risposta da proteine non ripiegate. A. Le chaperonine, come ad esempio le proteine da shock
termico (Heat shock protein, Hsp), proteggono le proteine non ripiegate o parzialmente ripiegate dalla degradazione e le guidano negli organelli.
B. Le proteine ripiegate in modo anomalo innescano una risposta protettiva da proteine non ripiegate (Unto/ded Protein Response, UPR). Se la risposta è
inadeguata per far fronte ai livelli di proteine ripiegate in modo anomalo viene indotta l'apoptosi.
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32 CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte
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c u -tr a c k a causa di una riparazione impropria degli acidi nucleici, .ed otali
c u -tr a c k
riconoscere gli antigeni self. Mutazioni a carico di Fas o di FasL anomalie possono determinare lo sviluppo di neoplasie. L'impor-
determinano l°insorgenza di patologie autoimmuni sia nel topo sia tanza delllapoptosi nella prevenzione neoplastica è ulteriormente
nell'uomo (Cap. 6).” La citochina TNF è un importante mediatore rimarcata dal fatto chela mutaíione di p53 è l'anomalia genetica
della reazione infiammatoria (Cap. 2), ma è anche capace di indurre più frequentemente riscontrata nei tumori umani (Cap. 7). In
apoptosi (il nome “tumor necrosis factor” è nato non perché la ci-
tochina uccida le cellule tumorali in modo diretto, ma perché pro-
voca la trombosi dei vasi che irrorano il tumore, inducendone la
morte per ischemia). La morte mediata dal TNF è facilmente dimo-
altre situazioni, un difetto dell'apoptosi impedisce l'eliminazione
di cellule potenzialmente pericolose, ad esempio i linfociti in
grado di reagire contro gli antigeni self, e delle cellule morte,
potenziali fonti di antigeni self. Un difetto dell'apoptosi risulta
l6

strata nelle colture cellulari, ma il suo significato fisiologico o pato- dunque essere alla base delle malattie aiitoiniinuni (Cap. 6).
logico in vivo non è ancora stato chiarito. Le principali funzioni O Malattie associate a iui aumento dell'apoptosi e a eccessiva morte i
fisiologiche del TNF sono infatti mediate non tanto dall'induzione cellulare. Queste malattie, caratterizzate da perdita cellulare,
dell'apoptosi quanto piuttosto dall°attivazione del fattore di trascri- comprendono: (1) malattie neiirodegenerative, che si manifestano
zione fondamentale NF-KB (fattore nucleare-KB), il quale promuove con la perdita di specifici gruppi di neuroni, in cui llapoptosi è
la sopravvivenza cellulare stimolando la sintesi dei membri antia- causata da mutazioni e da proteine ripiegate in modo anomalo 1

poptotici della famiglia BCL2 e, come vedremo nel Capitolo 2, par- (Cap. 28); (2) danno isclieinico, come nell'infarto miocardico
tecipa all'attivazione di varie risposte infiammatorie. Dal momento (Cap. 12) e nell`ictus cerebrale (Cap. 28); (3) morte delle cellule
che il TNF è in grado sia di indurre la morte cellulare sia di promuo- infettate dal virus, in molte infezioni virali (Cap. 8).
vere la sopravvivenza cellulare, cosa determina lo yin e lo yang della
r
sua azione? La risposta non è chiara, ma probabilmente dipende da l
quale proteina segnale si attacca al recettore del TNF dopo il legame Autofagia
di quest'ultimo con la citochina.
Apoptosi mediata da linfociti T citotossici. I linfociti T citotossici
l.
L'aiitofagia è il processo di digestione del contenuto cellulare da parte
(CTL) riconoscono antigeni estranei presentati sulla superficie di della cellula stessa e rappresenta un meccanismo di sopravvivenza
cellule infette dell'ospite (Cap. 6). Ad attivazione avvenuta, i CTL in condizioni di carenza di nutrienti, quando la cellula è costretta
secernono peiƒorina, una molecola in grado di formare pori tran- ad adottare comportamenti cannibaleschi e a riciclare le sostanze
smembrana che consentono l'ingresso nella cellula bersaglio di granuli digerite. Nel corso di questo processo, organelli intracellulari e por-
di proteasi seriniche prodotte dai CTL e dette granzimi. I granzimi zioni di citosol vengono dapprima sequestrati alllinterno di vacuoli
hanno la capacità di tagliare le proteine a livello dei residui di acido aiitoƒagici, che successivamente si fondono con i lisosomi dando
aspartico, attivando così diverse caspasi cellulari” In questo modo, i origine a un atitoƒagolisosoma, e le componenti cellulari vengono
CTL uccidono le cellule bersaglio inducendo direttamente la fase digerite dagli enzimi lisosomiali (Fig. 1.28).(`l'65 L'interesse per l'au-
effettrice del1`apoptosi. Sulla loro superficie 1 CTL esprimono inoltre tofagia è stato stimolato dalla scoperta che, negli organismi unicel-
FasL e distruggono le cellule bersaglio legando i recettori del Fas. lulari e nelle cellule dei mammiferi, tale processo è regolato da un
gruppo definito di “geni dellautofagia” (Atg). I prodotti di numerosi LL_z. M
Patologie associate a disregolazione dell'apoptosi di questi geni partecipano alla creazione dei vacuoli autofagici, ma
resta da chiarire in quale modo ciò avvenga. É stato inoltre suggerito I

La disregolazione dell'apoptosi (apoptosi eccessiva 0 insiifjiciente) è che l'autofagia inneschi una morte cellulare diversa dalla necrosi e
stata postulata per spiegare alcuni aspetti di un`ampia varietà di dall'apoptosi,“ ma il meccanismo proprio di questo tipo di morte
patologie” cellulare deve ancora essere definito e non è noto se la morte cellulare
sia causata dall”autofagia o piuttosto dagli stimoli stressanti che in-
O Malattie associate a un difetto dell'apoptosi e ad aiuneiitata so- nescano l'autofagia. Ciò malgrado, llautofagia è stata chiamata in
prrivviveiiza cellulare. Un tasso inadeguatamente basso di apop- causa quale meccanismo di perdita cellulare in varie patologie, tra
tosi si traduce nella sopravvivenza di cellule anormali, con con- cui le malattie degenerative del sistema nervoso e del tessuto mu-
seguenze varie. Se, ad esempio, le cellule che recano mutazioni a scolare: in molte di queste affezioni, le cellule danneggiate presen-
carico di p53 vanno incontro a un danno del DNA, queste non tano un elevato numero di vacuoli autofagici."
soltanto non muoiono ma possono anche accumulare mutazioni

Carenza di nutrienti

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citoplasmatici “it ~ °“"*"-“~"`f"èß
Formazione di vacuoli autofagici
Impiegati come fonte
di nutrienti

11l1;1l.il1/1, 1.28 Autofagia. Stress cellulari come, ad esempio, una carenza di nutrienti attivano i geni dell'autofagia che inducono la formazione di vacuoli .
in cui gli organelli cellulari vengono sequestrati e quindi degradati dopo la fusione delle vescicole con i lisosomi. I materiali digeriti sono riciclati come
nutrienti cellulari.
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CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 33
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c u -tr a c k c u -tr a c k
Accumuli intracellulari
Nella cellula, una delle forme in cui si manifestano le alterazioni
metaboliche è l'accumulo intracellulare di quantità anomale di f ' Metabolismo , †' I _
anormale V _.
diverse sostanze. Le sostanze accumulate possono essere suddivise
in due categorie: (1) costituenti cellulari normali, come acqua, li-
I /
pidi, proteine e carboidrati, accumulati in eccesso e (2) sostanze
` Ú/ t A
anomale esogene, come minerali 0 prodotti di agenti infettivi, o
endogene, come i prodotti di una sintesi o di un metabolismo
alterati.
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Queste sostanze possono accumularsi nel citoplasma (spesso Cellula normale Steatosi epatica /
all'interno dei fagolisosomi) o nel nucleo in modo transitorio 0
permanente e risultare innocue o, al contrario, particolarmente
tossiche. In certi casi, può essere la cellula stessa a produrre tali , “”""`í\
sostanze anomale, mentre in altri la cellula non fa che immagaz- /l Mutazione di
I proteine _ _ Q3 ` 64% _'
zinare i prodotti di processi patologici che si verificano altrove Difetti nel `\ _ - gf ' eg ›
nell'organismo. 1 ripiegamento aiP
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Molti meccanismi determinano un anormale accumulo intracel- e nel trasporto á “
Èfifi delle proteine _ gf .a
lulare, ma la maggior parte degli accumuli può essere ricondotta a
quattro tipi di alterazione (Fig. 1.29). \ [1 i X i) n
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1. Una sostanza endogena normale è prodotta a un ritmo normale
o aumentato, ma la velocità con cui viene metalwlizzata è insujƒl- \_ i
_______ mm,
(lia %íft; 5
cìente a rimnoverla. Ne sono un esempio la degenerazione grassa Accumulo di
del fegato e le goccioline proteiche di riassorbimento nei tubuli proteine anormali
renali (si veda oltre).
2. Una sostanza anomala di tipo endogeno, tipicamente il prodotto
di un gene mutato, si accumula a causa di difetti nel ripiegamento,
nel trasporto delle proteine e a causa dell°incapacità di provvedere
a uifeflìcace degradazione delle proteine anomale. Ne è un esem-
Mancanza
(3 r i 0
pio llaccumulo di oil-antitripsina mutata nelle cellule epatiche
(Cap. 18) e di varie proteine mutate nelle patologie degenerative ` di enzimi Q §
del sistema nervoso centrale (Cap. 28). l
3. Una sostanza endogena normale si accumula a causa di difetti, 1
generalmente di tipo ereditario, negli enzimi necessari per me- Substrato 1 Prodotti I I A
complesso A solubili 0 Substrato KV °i l
tabolizzarla. Ne sono un esempio le patologie causate da difetti
í¬_`%*i`† Enzima complesso
genetici a carico degli enzimi coinvolti nel metabolismo di lipidi
e carboidrati, che comportano Paccumulo intracellulare di tali Malattia da accumulo
sostanze, principalmente nei lisosomi. Queste malattie cla accu- lisosomiale: accumulo
di sostanze endogene
mulo saranno illustrate nel Capitolo 5.
4. Una sostanza esogena anomala viene depositata e si accumula
perché la cellula non ha né l'apparato enzimatico per degradarla,
né la capacità di trasportarla in altre sedi. Accumuli di particelle
di carbone e di sostanze chimiche non metabolizzabili, come la G) › ".` _
› l
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silice, sono esempi di questo tipo di alterazione. -f lngestìone di .Tir  p `=†'_',l p, .)

materiali non ›.'~ ì ir
In molti casi, se il sovraccarico può essere controllato 0 interrotto,
l'accumulo è reversibile. Nelle forme ereditarie, llaccumulo è pro-
gressivo e il sovraccarico può indurre danno cellulare, portando in
alcuni casi alla morte del tessuto e del paziente.
\\a -
Accumulo di
LIPIDI sostanze esogene
Nelle cellule possono accumularsi tutte le classi principali di lipidi: í*:l1l;,“. Meccanismi di accumulo intracellulare discussi nel testo.
trigliceridi, colesterolo ed esteri del colesterolo e fosfolipidi. I fosfo-
lipidi sono le componenti delle figure mieliniche delle cellule necro-
Steatosi (degenerazione grassa)
tiche, mentre nelle malattie da accumulo lisosomiale (Cap. 5) si
assiste all'accumulo di complessi anomali di lipidi e carboidrati. ln l termini “steatosi” e “degenerazione grassa” descrivono un accumulo
questa sede, tuttavia, ci concentreremo sugli accumuli di trigliceridi alterato di trigliceridi all›interno delle cellule parenchimali. La ste-
e di colesterolo. atosi è molto frequente nel fegato poiché quest”ultimo è il principale
4

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F -X e w 34 CAPITOLO 1 Ri$P°$f@ Cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte F -X e w
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organo coinvolto nel metabolismo lipidico, ma può anche comparire
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c u -tr a c k essere il risultato di un apporto eccessivo o di un difetto nel. dmetabolismo
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in cuore, muscoli e reni Potenziali cause di steatosi sono le tossine,
e nella secrezione dei lipidi (Fig. 1.30 A). Molti di questi difetti sono ,
la malnutrizione proteica, il diabete mellito, Fobesità e l'anossia. Nelle
indotti dall`alcool, un`epatot;)ssina che altera le funzioni mitocondriali l
nazioni indnstrializzate, le cause più comuni di steatosi epatica grave
e microsomiali, determinando una maggiore sintesi dei lipidi e una l
(fegato grasso) sono l”al1us0 di alcool ela steatosi non alcolica, spesso
minore degradazione degli stessi (Cap. 18).1lCCl, e un insufficiente
associata a diabete e obesità (Cap. 18).
apporto proteico causano la degenerazione grassa riducendo la sintesi
Diversi meccanismi portano all'accumulo di trigliceridi nel fegato.
di apoproteine. L'ipossia inibisce llossidazione degli acidi grassi e il i
Gli acidi grassi liberi provenienti dal tessuto adiposo o dagli alimenti digiuno ne aumenta la mobilizzazione dalle riserve periferiche.
vengono normalmente trasportati agli epatociti e, nel fegato, vengono
La gravità della steatosi dipende dalle cause e dall'entità dell›ac-
esterificati a trigliceridi, convertiti in colesterolo o fosfolipidi, oppure cumulo: se lieve, può non avere alcun effetto sulla funzionalità cel-
ossidati a corpi chetonici. Alcuni acidi grassi sono anche sintetizzati
a partire dall'acetato. Il rilascio dei trigliceridi dagli epatociti richiede
lulare, ma una degenerazione grassa più grave può compromettere i
le funzioni cellulari ed essere una spia di morte cellulare.
Fassociazione con apoproteine per formare lipoproteine, le quali i
possono successivamente essere trasportate per via ematica nei tessuti i
i
(Cap. 4). Un eccessivo accumulo di trigliceridi a livello epatico può
Morfologia La steatosi si osserva molto spesso nel fegato e
nel cuore. ln tutti gli organi, la degenerazione grassa si pre-
Acidi grassi liberi senta sotto forma di vacuoli chiari all'interno delle cellule del
parenchima. Anche l'accumulo intracellulare di acqua o po-
lisaccaridi (ad es. glicogeno) può produrre vacuolizzazione.
K Accettato Nell'identificazione dei lipidi è importante evitare i solventi
Ossidazione a corpi
V chetonici, CO2 per i grassi comunemente impiegati nella preparazione delle
Acidi grassi inclusioni in paraffina per la colorazione ematossilina eosina
Fosfolipldi e occorre approntare sezioni di tessuto congelato fresco o
-glicerofosfato fissato in soluzioni acquose con formalina. Le sezioni posso-
CATABOLISMO no essere poi colorate con Sudan lV o con olio rosso-O,
Esteri del composti che conferiscono ai lipidi presenti un colore rosso-
_ _ __ colesterolo
Trigliceridi arancio. Pur non essendo specifica, la reazione PAS (acido
periodico-Schiff), insieme alla digestione diastasica, è utiliz-
Apoproteina É
zata per identificare il glicogeno. Qualora non si riesca a di-
mostrare né la presenza di grassi né quella di polisaccaridi
Lipoproteine all'interno di un vacuolo, si presume che questo contenga
acqua o liquidi a basso contenuto proteico.

V Fegato Una lieve forma di steatosi non altera l'aspetto ma-


A Accumulo di lipidi croscopico del fegato. Con un accumulo progressivo, però,
L* 'c p ›
"- I.
t ' ` .O
il 5 l'organo aumenta di dimensioni e cambia colore fino ad ar-
-°l,,.~ "f .xt .' i ___». '__ ` rivare, in condizioni estreme, a pesare da due a quattro volte
di più del normale e ad apparire giallastro, molle e untuoso.
9" f to ' ” , ' .' '-'O La degenerazione grassa inizia con lo sviluppo di piccole
io 'A ~~ Q 4°' no t ` '. .G
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3 .Q . . ¢` `ì_ 'O _ c, I' inclusioni circondate da membrana (liposomi) strettamente
t .I .§ 0 “I addossate al RE. Al microscopio ottico, l'accumulo di grassi
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- è visibile inizialmente sotto forma di piccoli vacuoli intraci-
, «ir o °` ~ toplasmatici a disposizione perinucleare. Con l'incedere del
P' . 3! I ' .. processo, i vacuoli confluiscono, creando strutture chiare che
¬- 1 .v \ . il GQ spingono il nucleo dell'epatocita verso la periferia cellulare
' _i .._ Ö â U ._g
. ~ n . . (Fig. 1.30 B). Occasionalmente, cellule adiacenti si rompono
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_ e i globuli lipidici in esse racchiusi si fondono dando vita alle
cosiddette cisti lipidiche.
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.Q-,il 7 Cuore Nel muscolo cardiaco i lipidi si ritrovano sotto forma


.a _,"JO _a OW' Q dD."Q.â
O ,\›«. . gli
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di piccole goccioline e si accompagnano a due quadri distinti.
B: É 0*-I ";. O Ö' 9 - H "v` ø. Nel primo, una prolungata ipossia di grado moderato come
_ _ A 1 Q V `i * . il. quella causata da una grave anemia, determina la formazione
` . 1^ Steatosi epatica. A. Rappresentazione schematica dei di depositi intracellulari di grasso che creano evidenti bande
possibili meccanismi che portano allaccumulo dei trigliceridi nella steatosi macroscopiche di tessuto giallastro alternate a bande di
epatica. Eventuali difetti in uno qualsiasi dei sei passaggi che comprendono colore più scuro (rosso scuro) di miocardio integro (effetto
l'ingresso, il catabolismo o la secrezione, possono causare accumulo lipi-
dico. B. Dettaglio a forte ingrandimento della steatosi epatica. Nella maggior tigrato). L'altro quadro di degenerazione grassa è invece
parte delle cellule il nucleo, ben conservato, viene schiacciato in una sottile causato da un'ipossia più grave o da alcune forme di mio-
rima di citoplasma attorno al vacuolo lipidico. (B. Per gentile concessione cardite (ad es. miocardite difterica) in cui i miociti appaiono
del Dr. James Crawford, Department of Pathology, Yale University School colpiti con maggiore uniformità.
of Medicine, Gainesville, FL)
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CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte 35
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Colesterolo ed esteri del colesterolo amorfo, fibrillare o cristallino. In alcuni disturbi, come in talune
forme di amiloidosi, le proteine anomale si depositano principal-
ll metabolismo cellulare del colesterolo (trattato in maniera più mente nello spazio extracellulare (Capa 6).
approfondita nel Cap. 5) è finemente regolato in modo tale che la Eccessi intracellulari di proteine suiiicienti a causare un accumulo
i,
maggior parte delle cellule possano utilizzare la molecola per la morfologicamente visibile possono avere alla base diverse cause.
sintesi delle membrane cellulari evitando l'accumulo intracellulare
di colesterolo 0 dei relativi esteri. Gli accumuli si manifestano isto- 0 Goccioline di riassorbimento nei tubuli renali prossimali si osser-
logicamente con vacuoli intracellulari, osservati in diverse vano nelle malattie renali associate a presenza di proteine nelle
manifestazioni patologiche. urine (proteinuria). Nel rene, piccole quantità di proteine filtrate
attraverso il glomerulo vengono normalmente riassorbite per
O Aterosclerosi. Nelle placche aterosclerotiche, le cellule muscolari pinocitosi dal tubulo prossimale. Nelle patologie caratterizzate
lisce e i macrofagi all'interno della tonaca intima dell'a0rta e delle da grave perdita di proteine attraverso il filtro glomerulare si
grandi arterie sono colmi di vacuoli lipidici, la maggior parte dei verifica un maggiore riassorbimento delle proteine all”interno di
quali costituiti da colesterolo ed esteri del colesterolo. Queste vescicole ele proteine appaiono nella cellula tubulare come goc-
cellule hanno un aspetto schiumoso (cellule schiumose) e la loro cioline ialine rosa intracitoplasmatiche (Fig. 1.32). ll processo è
aggregazione nell'intima provoca l'ateroma di colore giallastro reversibile: se la proteinuria diminuisce, le goccioline proteiche
caratteristico di questa grave patologia. La rottura di alcune di vengono infatti metabolizzate e scompaiono. i
queste cellule ripiene di grassi porta a un rilascio di lipidi nell'am- 0 Le proteine che si accumulano possono essere normali proteine i

biente extracellulare. I meccanismi di accumulo del colesterolo secretorie prodotte in quantità eccessive, come avviene in alcune
nell'aterosclerosi saranno discussi dettagliatamente nel plasmacellule impegnate nella sintesi di immunoglobuline. In tal
Capitolo 11. Gli esteri del colesterolo extracellulari possono caso il RE si distende enormemente, dando origine ad ampie
cristallizzare sotto forma di lunghi aghi, producendo tipiche inclusioni eosinofile omogenee dette corpi di Russell.
rotture nelle sezioni di tessuto. O Difetti nel trasporto intracellulare e nella secrezione di proteine ll
O Xantorni. L”accumulo intracellulare di colesterolo all”interno dei fondamentali. Nel deficit di oil-antitripsina, le mutazioni della
macrofagi è caratteristico anche delle sindromi congenite e ac- proteina rallentano significativamente il processo di ripiegamen-
quisite da iperlipidemia. Gruppi di cellule schiumose sono spesso to, producendo un accumulo di intermedi parzialmente ripiegati
presenti nel connettivo sottocutaneo e nei tendini, dove formano che, invece di essere secreti, si aggregano nel RE del fegato. La
l
masse voluminose conosciute con il nome di xantomi. conseguente riduzione delllenzima circolante determina l'enfise-
O Colesterolosi. Questo termine indica l'accumulo focale di macro- ma (Cap. 15). In molte di queste affezioni, la patologia è il risul-
fagi infarciti di colesterolo nella lamina propria della colecisti tato non soltanto della perdita delle funzionalità proteiche ma
(Fig. 1.31). Il meccanismo di accumulo è sconosciuto. anche dello stress a cui viene sottoposto il RE dalle proteine ri-
O Malattia di Nieinann-Pick, tipo C. Questa malattia da accumulo piegate in modo anomalo, con llesito ultimo della morte cellulare
lisosomiale è causata da mutazioni a carico di un enzima impli- per apoptosi (precedentemente illustrata).
cato nella mobilizzazione del colesterolo e determina l'accumulo O Accumulo di proteine citoscheletriche. Esistono diversi tipi di pro-
di tale sostanza in diversi organi (Cap. 5). teine citoscheletriche: microtubuli (con un diametro di 20-25 nm), i
sottili filamenti di actina (6-8 nm), spessi filamenti di miosina
(15 nm), filamenti intermedi (10 nm) ecc. I filamenti intermedi
PROTEINE
forniscono un'impalcatura intracellulare flessibile che organizza il
Gli accumuli intracellulari di proteine si presentano in genere come citoplasma e conferisce resistenza alla cellula stessa” l filamenti
goccioline eosinofile rotonde, vacuoli o aggregati all'interno del intermedi si suddividono in cinque classi: filamenti di cheratina
citoplasma. Alla microscopia elettronica, possono avere un aspetto (caratteristici delle cellule epiteliali), neurofilamenti (neuroni),

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t l:;i1;i.~_ i Colesterolosi. Macrofagi infarciti di colesterolo (cellule í 12?? 'íì/x rí ' Riassorbimento di gocciole proteiche nell'epitelio tubulare
schiumose, freccia) in un focolaio di colesterolosi della cistiiellea. (Per gentile renale. (Per gentile concessione del Dr. Helmut Fiennke, Department of
concessione del Dr. MattheWYeh, University of Washington, Seattle, WA) Pathology, Brigham and Women's Hospital, Boston, MA)
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filamenti di desmina (cellule muscolari), filamenti di vimentina PIGMÉNTI
(cellule del tessuto connettivo) e filamenti gliali (astrociti). Liaccu-
mulo di filamenti di cheratina e di neurofilamenti si associa ad I pigmenti sono sostanze colorateßlcune delle quali rappresentano
alcuni tipi di danno cellulare. La ialinosi alcolica si presenta con normali costituenti cellulari (ad es. la melanina) mentre altre
inclusioni citoplasmatiche eosinofile, costituite principalmente da sono componenti anomale e si accumulano all'interno della cellula
filamenti intermedi di cheratina, osservate alllinterno degli epatociti solo in particolari circostanze. 1 pigmenti possono essere esogeni,
e indicative di epatopatia alcolica (Cap. 18). I grovigli neurofibrillari quando provengono dall'esterno del corpo, o endogeni, se sintetiz-
presenti nel cervello dei pazienti affetti da morbo di Alzheimer zati alliinterno del corpo stesso. 8
contengono neurofilamenti e altre proteine (Cap. 28).
O Aggregazione di proteine anomale. Le proteine anomale o ripiegate
Pigmenti esogeni li
in modo anomalo possono depositarsi nei tessuti e interferire
con le normali funzioni. I depositi possono essere intracellulari, ll più comune pigmento esogena è il carbone (polvere di carbone),
extracellulari o di entrambi i tipi e gli aggregati possono essere la un inquinante ambientale ubiquitario nel contesto urbano. Una volta i

causa diretta 0 indiretta di modificazioni patologiche. Alcune inalato, il carbone viene captato dai macrofagi alveolari e quindi
forme di amiloidosi (Cap. 6) rientrano in questa categoria di trasportato attraverso il circolo linfatico ai linfonodi regionali della i

patologie, spesso chiamate proteinopatie o patologie dell ”aggrega- regione tracheobronchiale. Gli accumuli di questo pigmento rendo-
zione proteica. no scuro il tessuto polmonare (antracosi) e i linfonodi interessati.
Nei minatori, gli aggregati della polvere di carbone possono indurre
una reazione fibroblastica o persino un enfisema e quindi provocare
MODIFICAZIONI IALINE
una grave malattia polmonare nota come pneumoconiosi del mina-

l
ll termine “ialino” spesso indica un”alterazione intra- o extracellulare tore (Cap. 15). Il tatuaggio è una forma localizzata di pigmentazíone
che conferisce un aspetto omogeneamente vitreo e rosato alle sezioni esogena della cute. 1 pigmenti inoculati vengono fagocitati da ma-
istologiche colorate con ematossilina eosina. E quindi un termine crofagi cutanei, in cui rimarranno per il resto della vita (a volte con
ampiamente usato con accezione istologica descrittiva piuttosto che conseguenze imbarazzanti per il possessore del tatuaggio). I pig-
come marcatore specifico di danno cellulare. Il cambiamento mor- menti, in genere, non evocano alcuna risposta infiammatoria.
fologico è infatti prodotto da diverse alterazioni e non rappresenta
uno specifico quadro di accumulo. Gli accumuli intracellulari di
Pigmenti endogeni
proteine descritti in precedenza (gocciole di riassorbimento, corpi
di Russell, ialinosi alcolica) sono esempi di depositi intracellulari La lipofuscina è un pigmento insolubile, noto anche come lipocromo l
ialini. 0 pigmento della vecchiaia. E composta da polimeri di lipidi e fo- /
La ialinosi extracellulare è più diflìcile da analizzare. Il tessuto sfolipidi complessati con proteine, fatto che suggerisce una sua de-
fibroso delle vecchie cicatrici può apparire ialino, ma il meccanismo rivazione dalla perossidazione lipidica dei lipidi polinsaturi delle l
i
biochimico alla base di questo cambiamento è oscuro. Nella malattia membrane subcellulari. La lipofuscina non è dannosa per la cellula i
i
ipertensiva inveterata e nel diabete mellito, le pareti delle arteriole, o per le sue funzioni; al contrario, è un importante segno rilevatore i

soprattutto renali, diventano ialine per il travaso di proteine plasma-


tiche e la deposizione di materiale a livello della membrana basale.
del danno da radicali liberi e della perossidazione lipidica. Il termine
deriva dal latino (ƒuscus = bruno) e rimanda al colore marrone del
l
lipide. Nelle sezioni di tessuto la lipofuscina appare come un pig-
mento citoplasmatico giallo-brunastro, finemente granulare e spesso
GLICOGENO
perinucleare (Fig. 1.33). Si osserva nelle cellule che subiscono lenti
Il glicogeno è una riserva energetica prontamente disponibile, im- cambiamenti regressivi ed è particolarmente evidente nel fegato e
magazzinata nel citoplasma delle cellule sane. Un eccessivo deposito nel cuore dei pazienti anziani o di soggetti affetti da malnutrizione
intracellulare di glicogeno è riscontrato nei pazienti con anomalie grave o cachessia neoplastica.
del metabolismo del glucosio e del glicogeno. Qualunque sia il qua- La melanina (dal greco ›nélas= nero) è un pigmento endogeno,
dro clinico, le masse di glicogeno appaiono come vacuoli chiari nero-brunastro, non derivato dall'emoglobina, che si forma quando
all'interno del citoplasma. Il glicogeno si dissolve nei fissativi acquosi la tirosinasi catalizza nei melanociti l'ossidazione della tirosina a di- i
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e la migliore fissazione dei tessuti si ottiene con alcool assoluto. La idrossifenilalanina. La melanina è l'unico pigmento endogena di colore
colorazione con carminio di Best o con la reazione PAS conferisce bruno-nerastro (per esigenze di brevità non ci dilunghiamo oltre,
al glicogeno un colore che può variare dal rosa al Violetto; la dige- rimandando per una trattazione più approfondita al Capitolo 25).
stione con diastasi prima della colorazione di una sezione sequen- Liunica altra sostanza che potrebbe essere presa in considerazione
ziale funge da ulteriore controllo, in quanto idrolizza il glicogeno. in questa categoria è l'acido omogentisinico, un pigmento nero os-
Il diabete mellito è il principale esempio di metabolismo del servato nei pazienti con alcaptonuria, una rara patologia metabolica
glucosio alterato. In questa malattia, il glicogeno è presente nelle in presenza della quale il pigmento si deposita nella cute, nel tessuto
cellule epiteliali dei tubuli renali cosi come negli epatociti, nelle connettivo e nella cartilagine, conferendo una tipica pigmentazíone
cellule ß delle isole di Langerhans e nelle cellule muscolari nota come ocronosi (Cap. 5).
cardiache. L`emosiderina è un pigmento derivato dalllemoglobina, granulare
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Gli accumuli intracellulari di glicogeno si evidenziano inoltre in 0 cristallino, di colore variabile dal giallo oro al marrone e rappre-
un gruppo di patologie genetiche correlate, definite nell'insieme senta una delle principali riserve di ferro (il metabolismo del ferro
malattie da accumulo di glicogeno o glicogenosi (Cap. 5), nelle quali e liemosiderina saranno trattati dettagliatamente nei Capitoli 14 e
difetti enzimatici nella sintesi o nella degradazione del glicogeno 18). Il ferro è di norma trasportato da specifiche proteine, le tran-
comportano un accumulo massivo di tale sostanza, con conseguente sferrine, e a livello intracellulare si accumula in una forma coniugata
danno e morte cellulare. con apoferritina a formare micelle di ferritina, un costituente i

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FIGURA 1.33 Granuli di lipofuscina in una cellula muscolare cardiaca (A) al microscopio ottico (i depositi sono indicati dalle frecce) e (B) al microscopio
elettronico (si noti la localizzazione perinucleare intralisosomiale).

presente nella maggior parte dei tipi cellulari. Quando si verifica un emosiderosi. Le principali cause di emosiderosi includono: (1) un
eccesso localizzato o sistemico di ferro, laƒerritinaƒorma granuli di aumentato assorbimento di ferro con la dieta, (2) anemie emolitiche
emosiderina, facilmente osservabili al microscopio ottico (Fig. 1.34). caratterizzate dal rilascio di quantità di ferro anomale da parte degli
I pigmenti di emosiderina, pertanto, non sono altro che aggregati eritrociti e (3) trasfusioni ripetute, in quanto le emazie trasfuse non
di micelle di ferritina_ In condizioni normali, è possibile osservare sono altro che un sovraccarico esogeno di ferro. Queste patologie i
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piccoli depositi di emosiderina nei fagociti mononucleati di midollo saranno discusse nel Capitolo 18.
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osseo, milza e fegato, tutti coinvolti attivamente nella degradazione
dei globuli rossi.
Eccessi di ferro locali 0 sistemici provocano accumuli di emosi- Morfologia l pigmenti di ferro si presentano come detriti l

derina nelle cellule. Lleccessiva concentrazione locale è secondaria granulari irregolari di colore dorato in sede intracitoplasma-
a unlemorragia tissutale e il miglior esempio di emosiderosi loca- tica (Fig. 1.34 A). ll ferro può essere evidenziato nei tessuti
lizzata è costituito dal livido. I globuli rossi giunti nel sito della utilizzando la colorazione ìstochimica con blu di Prussia, in
lesione in seguito a travaso vengono fagocitati dai macrofagi (pro- cui il ferrocianuro di potassio, incolore, viene convertito dal
cesso che dura alcuni giorni), i quali degradano l'emoglobina e ferro in ferrocianuro ferrico di colore blu-nero (Fig. 1.34 B).
recuperano il ferro. Dopo la rimozione della componente ferrosa, Se la causa sottostante è una distruzione localizzata dei glo-
il frammento di eme viene convertito dapprima in biliverdina ("bile buli rossi, l'emosiderina compare dapprima nei fagociti
verde”) e quindi in bilirubina (“bile rossa”). In parallelo, il ferro dell'area interessata.
l
rilasciato dall'eme viene incorporato nella ferritina e, da ultimo, Nell'emosiderosì sistemica, invece, compare in primo luogo
nell'emosiderina. nei fagociti mononucleati di fegato, midollo osseo, milza,
Queste conversioni spiegano le accentuate variazioni di colore linfonodi e nei macrofagi sparsi in altri organi come cute,
spesso osservate nell'area del livido in fase di guarigione, che tipica- pancreas e reni. Con un progressivo accumulo, le cellule
mente muta dal rosso-violetto al verde-violetto fino ad arrivare alla parenchimali di tutto l'organismo (principalmente del fegato,
colorazione giallo scuro che il livido assume prima di scomparire. del pancreas, del cuore e degli organi endocrini) diventano
In presenza di un sovraccarico sistemico di ferro, llemosiderina pigmentate.
viene depositata in vari organi e tessuti, una condizione definita
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HGURA 1.34 Granuli di emosiderina negli epatociti. A. La colorazione ematossilina eosina evidenzia il pigmento finemente granulare di colore dorato
scuro. B. Colorazione con blu di Prussia, specifica per il ferro (granuli blu). i

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valvole cardiache danneggiate, peggiorandone ulteriormente il fun-
Nella maggior parte dei casi di emosiderosi sistemica, il zionamento (Fig. 1.35). Quale che sia la sede di deposito, i sali di
pigmento non danneggia le cellule parenchimali né calcio appaiono macroscopicarneìrte come fini granuli bianchi o
compromette la funzionalità d'organo.Tuttavia, la forma più grappoli, spesso percepiti come depositi sabbiosi. A volte un linfo-
grave di accumulo del ferro, osservata in una malattia eredi- nodo tubercolare viene praticamente trasformato in pietra.
taria detta emocromatosi, si associa al danno di fegato, cuore
e pancreas, con conseguente sviluppo di fibrosi epatica, in-
sufficienza cardiaca e diabete mellito (Cap. 18). Morfologia Dal punto di vista istologico, i sali di calcio
La bilirubina, il principale pigmento normalmente presente sottoposti all'usuale colorazione ematossilina eosina
nella bile, deriva dall'emoglobina ma non contiene ferro. hanno un aspetto basofilo granulare amorfo e, talvolta, for-
La sua normale formazione ed escrezione sono di vitale im- mano aggregati. Possono essere localizzati sia a livello intra-
portanza perla salute dell'organismo e un'eccessiva concen- cellulare sia a livello extracellulare o in entrambe le sedi. Col
trazione di bilirubina nelle cellule e nei tessuti è all'origine del passare del tempo, nel nucleo centrale della calcificazione si
frequente disturbo clinico noto come ittero. può formare un tessuto osseo eterotopìco. ln alcuni casi, il
ll metabolismo della bilirubina e l'ittero saranno trattati nel singole cellule necrotiche possono fungere da sedi di nucle-
Capitolo 18. azíone per i depositi minerali. La progressiva acquisizione di
.i
strati esterni può dare origine a configurazioni lamellari chia- l
mate corpi psammomatosi a causa della loro somiglianza il
con i granelli di sabbia. Alcunitipi di carcinomi papillari
il
Calcificazione patologica (ad es. quello della tiroide) tendono allo sviluppo di corpi li
psammomatosi. Nell'asbestosi, i sali di calcio e ferro si =--._=-`
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accumulano lungo le sottili fibre di asbesto nel polmone,
La calcificazione patologica consiste in unianormale deposizione di creando strane concrezioni dalle forme bizzarre, simili al
sali di calcio, insieme a minori quantità di ferro, magnesio e altri sali batacchio di una campana (Cap. 15).
minerali. Esistono due forme di calcificazione patologica: se la de-
posizione si verifica localmente nei tessuti morti assume il nome di
calcificazione distrofica e si manifesta anche se i livelli sierici di calcio
sono normali e in assenza di alterazioni del metabolismo del calcio. Patogenesi. Nella patogenesi della calcificazione distrofica, la via
Al contrario, se la deposizione dei sali di calcio ha luogo in tessuti finale più frequentemente osservata è la formazione di cristalli di
altrimenti normali viene definita calcificazione metastatica e nella fosfato di calcio sotto forma di un'apatite simile all'idrossiapatite
quasi totalità dei casi deriva da un'ipercalcemia dovuta a disturbi dell'osso. Si ritiene che il calcio venga concentrato in vescicole in-
del metabolismo del calcio. tracellulari rivestite da membrana per mezzo di un processo inne-
scato dal danno di membrana e articolato nelle seguenti fasi: (1) gli
CALCIFICAZIONE DISTROFICA ioni calcio si legano ai fosfolipidi presenti nella membrana delle
vescicole; (2) le fosfatasi associate alla membrana generano gruppi
l
La calcificazione distrofica si osserva nelle aree di necrosi coagula- fosfato che si legano al calcio e (3) il ciclo del legame fra calcio e
tiva, caseosa o colliquativa e nei focolai di necrosi enzimatica del fosfato si ripete, provocando la concentrazione locale e la produzione
grasso ed è quasi sempre presente nell`ateroma delliaterosclerosi di depositi in prossimità della membrana; (4) da ultimo si verifica
avanzata. Si sviluppa comunemente durante Finvecchiamento o nelle un cambiamento strutturale nelliorganizzazione dei gruppi calcio e
fosfato che porta alla generazione di un microcristallo che può
successivamente propagarsi e favorire un ulteriore deposito di
calcio.
Sebbene la calcificazione distrofica possa essere un semplice segno
rivelatore di un danno cellulare pregresso, spesso è una causa di
disfunzione dbrgano. É questo il caso della patologia valvolare cal-
cifica e dell'aterosclerosi, come sarà chiarito nella successiva discus-
sione di tali patologie.

CALCIFICAZIONE METASTATICA
La calcificazione metastatica può verificarsi nei tessuti normali ogni
qual volta vi sia ipercalcemia, la quale accentua anche la calcificazione
distrofica. Le principali cause di ipercalcemia sono quattro: (1) aumen-
tata secrezione di ormone paratiroideo (PTH) con conseguente rias-
sorbimento osseo, come nell'iperpm'atir0idismo dovuto a tumore delle
paratiroidi, e secrezione ectopica di proteine simili al PTH da parte di
tumori maligni (Cap. 7); (2) distruzione di tessuto osseo secondaria a
«ffìi IRA iƒiãà Calcificazione distrofica della valvola aortica. Vista dall'alto tumori primitivi del midollo osseo (ad es. mieloma multiplo, leucemia)
di una valvola aortica chiusa in un cuore con stenosi aortica calcifica. Si ri-
scontra un marcato restringimento (stenosi). Le cuspidi semilunari appaiono o a metastasi scheletriche diflìise (ad es. cancro della mammella), au-
ispessíte e fibrotiche e dietro ogni cuspide si osservano masse irregolari di mentato turnover dell'osso (ad es. Malattia di Paget) o immobilizzazio-
intensa calcificazione distrofica, ne; (3) malattie correlate alla vitamina D, compresa Fintossicazione da
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c u -tr a c k questa sezione in quanto potrebbe rappresentare il progressivo ac- o c u - t r a c k
vitamina D, la sarcoidosi (in cui i macrofagi attivano un precursore
della vitamina D) e l°ipercalcemia idiopatica dell'infanzia cumulo negli anni di danni subletali che possono condurre alla
(sindrome di Williams), caratterizzata da un'anomala sensibilità alla morte cellulare o alla riduzione della cgpacità della cellula di rispon-
vitamina D; (4) insuflicienza renale, che provoca ritenzione di fosfato dere al danno. l
i
e porta all”iperparatiroidismo secondario. . Uinveccliianiento cellulare è il risultato di un progressivo declino i
Altre cause meno comuni comprendono l°intossicazione da allu- dellefunzioiialitri e della vitalità cellulari dovuto ad anomalie gene- l
ii
minio, come osservato nei dializzati cronici, e la sindrome del latte- tiche e all'accu›nuIo di danni cellulari e molecolari in conseguenza
alcali, dovuta a un'ingestione eccessiva di calcio e antiacidi assorbi- dell'esposizione a influenze esogene (Fig. 1.36). Studi in sistemi mo- l
l
bili, come latte o carbonato di calcio. dello hanno definitivamente chiarito che l°invecchiamento è un i

La calcificazione metastatica può verificarsi ovunque nell'organi- processo controllato da un numero limitato di geni” e che, anche
smo ma interessa soprattutto i tessuti interstiziali della mucosa ga- nelliuoino, alla base di sindromi simili alfinvecchiamento precoce
strica, dei reni, dei polmoni, delle grandi arterie e delle vene polmo- vi sono anomalie genetiche.7“ Tali dati suggeriscono che l'invecchia-
nari - tessuti che, sebbene alquanto differenti per sede, secernono mento sia associato ad alterazioni meccanicistiche definibili. I cam-
tutti acidi e hanno quindi un compartimento interno alcalino che li biamenti noti che contribuiscono alliinvecchiamento cellulare in-
predispone alle calcificazioni metastatiche. In tali sedi, i sali di calcio cludono quanto illustrato di seguito.
assomigliano morfologicamente a quelli descritti nella calcificazione i
distrofica e possono pertanto presentarsi come depositi amorfi non O Riduzione della replicazione cellulare. L'idea che la maggior parte l

cristallini o, in altri casi, come cristalli di idrossiapatite. delle cellule normali abbia una capacità limitata di replicazione
in genere i sali di calcio non provocano alterazioni funzionali, ma si fonda su un semplice modello sperimentale di invecchiamento.
talvolta è possibile osservare un interessamento polmonare massivo, I fibroblasti umani normali in coltura hanno un potenziale di
responsabile di importanti alterazioni radiologiche e deficit respi- divisione limitato." Dopo un numero fisso di divisioni, tutte le
ratori. Depositi massivi a livello renale (nefrocalcinosi) possono, nel cellule somatiche si arrestano in una condizione terminale di non
tempo, portare a un danno renale (Cap. 20). divisione, nota come senescenza cellulare. Le cellule del bambino
vanno incontro a un numero di cicli di replicazione maggiore
rispetto alle cellule di un anziano (Fig. 1.37). Per contro, le cellule
Invecchiamento cellulare di pazienti affetti dalla sindrome di Werner, una malattia rara
caratterizzata da sintomi di invecchiamento precoce, mostrano
Probabilmente Shakespeare è colui che ha meglio definito la vec- una replicazione del DNA alterata e una capacità di divisione
chiaia nella sua elegante descrizione delle sette età dell`uomo. L'in- marcatamente ridotta. i
vecchiamento inizia con il concepimento, implica il differenziamen- Ancora non è nota la ragione per cui l'invecchiamento sia
E
to e la maturazione dell°organismo e delle sue cellule, e a un punto associato a una progressiva senescenza cellulare." Nelle cellule
imprecisato della vita porta alla progressiva perdita delle capacità umane, un meccanismo plausibile consiste nel fatto che, a ogni
funzionali caratteristica della vecchiaia e, infine, alla morte. Con divisione cellulare, si ha un'incoinpleta replicazione delle estremità
l'età, si verificano alterazioni fisiologiche e strutturali in quasi tutti dei croinosonii (accorcianierito dei telonieri), che da ultimo conduce l
gli organi e i sistemi. L'invecchiamento nei singoli individui è con- all”arresto del ciclo cellulare. I teloineri sono brevi sequenze di
dizionato in larga parte da fattori genetici, dalla dieta, dalla condi- DNA ripetuto (TTAGGG nell'uomo) presenti a livello delle estre-
zione sociale e dalla comparsa di patologie correlate all'età, come mità lineari dei cromosomi, importanti per garantire la completa
l'aterosclerosi, il diabete e l°osteoartrosi, ma esistono solide evidenze replicazione delle estremità cromosomiche e per proteggerle dalla
circa il fatto che le alterazioni indotte nelle cellule dall”avanzare fusione e dalla degradazionefl Nel momento in cui le cellule
dellietà siano una componente importante dell'invecchiamento somatiche si replicano, una piccola porzione dei telomeri non
dell”intero organismo. L'invecchiamento cellulare è discusso in viene duplicata (a causa delle modalità di svolgimento del pro-

Accorclamemø lnsum _Difetti_ di Alterazioni delle vie


. . . . riparazione di segnalazione
dei telomeri ambientali del DNA dei fattori di crescita
S l' ` (ad es.insulina/IGF)
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Radicali ì Danno I Attivazione


liberi del DNA delle sirluine
_ Meccanismo?
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Senescenza Danno di proteine Accumulo Riduzione dell'apporto
replicativa e organelli di mutazioni calorico

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INVECCHIAMENTO l
CELLULARE l
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1 "t I I : iii Meccanismi di invecchiamento cellulare. Fattori genetici e insulti ambientali si associano nella produzione delle anomalie cellulari caratte-

ristiche dellinvecchiamento. ll meccanismo attraverso il quale una riduzione dell'apporto calorico migliora laspettativa di vita non è ancora stato spiegato.
IGF, fattore di crescita simil-insulina,
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20 vata con l°aggiunta di nucleotidi mediata da un enzima chiamato
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telomerasi. La telomerasi è uno speciale complesso ribonucleo- 1

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proteico che usa il proprio/RNA come stampo per aggiungere

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Neonato
nucleotidi alle estremità dei cromosomi (Fig. 1.38 A). L`attività 1
\/
della telomerasi è repressa da proteine regolatrici, che forniscono
un meccanismo di controllo della lunghezza dei telomeri, impe-
O dendone l'allungamento qualora non sia necessario. L`attività
l
_ Sindrome i
telomerasica trova la sua massima espressione nelle cellule ger-
G
3 di Werner O
i
minali ed è presente a livelli più bassi nelle cellule staminali,
l
mentre di solito non è rilevata nella maggior parte delle cellule
somatiche (Fig. 1.38 B). A mano a mano che le cellule somatiche
5_ Centenario si dividono, i loro telomeri diventano più corti ed escono dal ciclo
CDNEX105
ULMUELREO O cellulare, compromettendo la capacità di generare nuove cellule
per sostituire quelle danneggiate. Sia l'accumulo di cellule sene-
scenti sia la deplezione dei pool di cellule staminali per senescen-
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i i ›¬J i C i i za contribuiscono all”invecchiamento. Per contro, nelle cellule
neoplastiche, che non invecchiano, le telomerasi vengono riatti-
LIVELLO DI DUPLICAZIONE DELLE POPOLAZIONI
vate e i telomeri rimangono stabili; ciò suggerisce che la preser-
I ii`i1=.f\ Popolazioni a termine di fibroblasti umani primari di un vazione della lunghezza deltelomero potrebbe essere un fattore
neonato, di una persona di 100 anni e di un paziente ventenne affetto da importante - se non fondamentale - nella formazione del tumore
sindrome diWerner. La capacità delle cellule di crescere a confluenza fino
a formare un monostrato diminuisce con l'aumentare dei livelli di duplica- (Cap. 7). Malgrado queste affascinanti osservazioni, tuttavia, la i
zione delle popolazioni. (Da Dice JF: Cellular and molecular mechanisms relazione tra attività telomerasica e lunghezza dei telomeri rispet-
of aging. Physiol Rev 73:150, 1993) to all'invecchiamento e al cancro deve essere ancora dettagliata-
mente stabilita."
i
cesso di replicazione) e i telomeri si accorciano progressivamente;
quando ciò avviene le estremità dei cromosomi cessano di essere La senescenza replicativa può inoltre essere indotta da una mag-
protette e vengono considerate come DNA imitato, il che dà inizio giore espressione dell”inibitore del ciclo cellulare p16IN1(4a e dal
alla risposta al danno del DNA e segnala l`arresto del ciclo danno del DNA (di cui oltre), ma resta da chiarire come questi fattori
cellulare. La lunghezza dei telomeri viene normalmente preser- contribuiscano al normale invecchiamento/5
/

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Cellule germinali
Filamento 02 --
neosintelizzato (tardivo) Ce/lu/e Sfamina
Legame delle telomerasi .
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U Telomerasi d
Lunghez a

A B Divisioni cellulari _-i-í›


. li :l iië.-ii. 1.211 Ruolo dei telomeri e delle telomerasi nella senescenza replicativa delle cellule. A. La telomerasi dirige una sintesi di DNA dipendente
dall'FiNA stampo, in cui i nucleotidi vengono aggiunti a un filamento al termine del cromosoma. ll filamento tardivo viene riempito dalla DNA polimerasi.
B. Ipotesi telomero-telomerasi e capacità proliferativa delle cellule. La lunghezza del telomero e messa a grafico in rapporto al numero delle divisioni
cellulari. Le cellule germinali e le cellule staminali esibiscono entrambe un'attività telomerasica, ma solo le cellule germinali hanno sufficienti livelli di enzima
per stabilizzare completamente la lunghezza del telomero. Le normali cellule somatiche mancano di attivita telomerasica e i telomeri si accorciano pro-
gressivamente a mano a mano che le cellule si dividono fino all'arresto della crescita o allinvecchiamento. L'attivazione delle telomerasi nelle cellule ne-
oplastiche contrasta il processo di accorciamento dei telomeri che limita la capacità proliferativa delle cellule somatiche normali. (A. Dati tratti da Alberts
BR, et al.: Molecular Biology of the Cell. Nevv York, Garland Science, 2002. B. Modificata e ridisegnata per gentile concessione da I-lolt SE, et al.: Refining
the telomer-telomerase hypothesis of aging and cancer. Nature Biotech 141836, 1996. Copyright 1996, Macmillan Magazines Limited)
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CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte . 41
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O Accumulo del danno metabolico e genetico. Liaspettativa di vita
della cellula è determinata dall'equilibrio tra il danno risultante
prodotti accrescono la longevità. Questi includono proteine capaci
di potenziare l'attività metabolica, ridurre l°apoptosi, stimolare il
l
da eventi metabolici intracellulari e le risposte molecolari deputate ripiegamento delle proteine e inibire gli effetti dannosi dei radicali
a contrastarlo e a porvi rimedio. Un gruppo di prodotti poten- liberi dell'ossigeno.81 Le sirtuine accrescono inoltre la sensibilità i
zialmente tossici del normale metabolismo è rappresentato dalle all'insulina e stimolano la metabolizzazione del glucosio, il che le
specie reattive dell'ossigeno. Come abbiamo visto nelle pagine
l
rende un possibile bersaglio nel trattamento del diabete. Come l
precedenti, questi sottoprodotti della fosforilazione ossidativa prevedibile, la notizia che il vino rosso conterrebbe una sostanza in
provocano modificazioni covalenti di proteine, lipidi e acidi grado di attivare le sirtuine e quindi di migliorare Faspettativa di vita
nucleici, ma l°aumento del danno ossidativo può anche`essere ha allietato gli amanti del buon vino. Altri studi hanno dimostrato
determinato dalllesposizione ambientale ripetuta ad agenti come che anche i fattori di crescita come il simil-insulina e le vie intracel-
le radiazioni ionizzanti, da una disfunzione mitocondriale o, con lulari innescate da tali ormoni influenzano l°aspettativa di vita.°° I
l`avanzare dell'età, dalla progressiva riduzione dei meccanismi di fattori di trascrizione attivati dal segnale dei recettori per l'insulina
difesa antiossidanti (ad es. vitamina E e glutatione perossidasi). sono in grado di indurre l'espressione di geni suscettibili di ridurre
L°entità del danno ossidativo, destinato ad aumentare con il tra- la longevità, e le mutazioni a carico dei recettori per l”insulina sono
scorrere degli anni, può essere una causa importante di associate a un'aspettativa di vita superiore. La rilevanza di tali infor-
senescenza,7° un'ipotesi che risulta corroborata dal fatto che (1) mazioni in rapporto alfinvecchiamento dell'uomo rappresenta
la diversa longevità delle varie specie è inversamente correlata al unlarea di ricerca attiva.
grado di produzione mitocondriale di anione Of e (2) l”ipere- E evidente che le varie forme di disordine cellulare e di adatta-
spressione degli enzimi antiossidanti SOD e catalasi allunga la mento descritte in questo capitolo coprono un ampio spettro di I

vita nelle forme transgeniche di Drosopliila. I radicali liberi pos- situazioni: dall`adattamento in termini di dimensioni, crescita e _l
I
sono avere efietti deleteri sul DNA, generando rotture del fila- funzioni cellulari al danno cellulare acuto reversibile e irreversibile,
mento di acido nucleico e rendendo instabile il genoma, con ri- al tipo di morte cellulare controllata rappresentato dall'apoptosi, alle
percussioni su tutte le funzioni cellulari." alterazioni patologiche di alcuni organelli cellulari fino alle forme
Il danno progressivo nelle cellule è controbilanciato da diverse meno minacciose di accumuli intracellulari, compresi i pigmenti. A
risposte protettive, di cui una delle più importanti consiste nel queste molteplici alterazioni si farà riferimento in tutto il testo per-
riconoscimento e nella riparazione del DNA danneggiato. Sebbene ché ogni forma di danno d'organo e, da ultimo, qualsiasi patologia
la maggior parte dei danni a carico del DNA sia corretta da enzimi clinica, deriva da un'alterazione nella struttura o nella funzione
di riparazione, alcune alterazioni persistono e si accumulano a cellulare.
mano a mano che la cellula invecchia e varie evidenze puntualiz-
zano l'importanza della riparazione del DNA nel processo di in- BIBLIOGRAFIA
vecchiamento. Nei pazienti affetti da sindroine di Werner che
1. Majiio G: The Healing Hand: Man and Wound in the Ancient World. Cambridge,
mostrano un invecchiamento precoce, il prodotto del gene man-
1975, Harvard University Press, p 43.
cante è una DNA elicasi, proteina coinvolta nella duplicazione e 2. Anversa P, Nadal-Ginard B: Myocyte renewal and ventricular remodeling. Nature
riparazione del DNA e in altre funzioni che richiedono lo sroto- 4151240, 2002.
lamento dell”acido nucleico” Un difetto di questo enzima causa 3. Glass DI: Signalling patliivays that mediate skeletal muscle liypertrophy and
un rapido accumulo di alterazioni cromosomiche in grado di si- atrophy. Nat Cell Biol 5:87, 2003.
4. Frey N, Olson EN: Cardiac liypertrophy: the good, the bad, and the ugly. Annu
mulare il danno che si produce durante finvecchiamento cellulare. Rev Pliysiol 65:45, 2003.
L'instabilità genetica delle cellule somatiche è inoltre caratteristica 5. Heiiieke l, Molkentin ID: Regulation of cardiac hypertrophy by intracellular
anche di altre patologie in cui i pazienti mostrano alcune delle signalling pathways. Nat Rev Moi Cell Biol 7:589, 2006.
manifestazioni tipiche delllinvecchiamento a un ritmo più rapido, 6. Dorn GW: The fuzzy logic of pliysiological cardiac hypertrophy. Hypertensioii
491962, 2007.
come nell'atassia-teleangectasia, in cui il gene mutato codifica per
7. Roots I, et al..: Genotype and phenotype relationship in drug nietabolism. Ernst
una proteina coinvolta nella riparazione delle rotture della doppia Schering Res Found Workshop 59:81, 2007.
elica di DNA (Cap. 7). L'equilibrio tra l'accumulai'si del danno 8. Taniniizu N, Miyajiina A: Molecular mechanism of liver development and
metabolico e la risposta al danno può pertanto determinare la regeneration. Int Rev Cytol 259:1, 2007. i
9. Kandarian SC, Iacknian RW: Intracellular signaling during skeletal muscle i
velocità con cui invecchiamo, uno scenario che implicherebbe la
atrophy. Muscle Nerve 331155, 2006.
possibilità di ritardare l'invecchiamento riducendo l'accumulo del 1(). Saclieck IM, et al.: Rapid disuse and denervation atrophy involve transcriptional
il,

danno oppure potenziando la risposta a quest`ultimo. changes similar to those of muscle wasting during systeinic diseases. FASEB I
Con finvecchiamento cellulare, tuttavia, si assiste all°accuniu- 211140, 2007.
larsi non solo del danno a carico del DNA, ma anche di quello a 1 1. Tosh D, Slack IM: How cells change their phenotype, Nat Rev Mol Cell Biol 3:187,
2002.
carico degli organelli e ciò può essere in parte il risultato di un
12. Slack IM: Metaplasia and transditferentiation: from pure biology to the clinic.
deterioramento della funzione del proteasoma, liapparato prote- Nat Rev Mol Cell Biol 8:369, 2007.
olitico che serve a eliminare le proteine intracellulari anomale 13. Edinger AL, Thompson CB: Death by design: apoptosis, necrosis and autopliagy.
o indesiderate” Curr Opin Cell Biol 161663, 2004.
14. Kroemer G, et al.: Classification of cell death: recoinniendations of the Nomen-
clature Committee on Cell Death. Cell Death Differ 12(Supp| 2):1463, 2005.
Studi in modelli diversi, dai lieviti ai mammiferi, hanno mostrato 15. Golstein P, Kroemer G: Cell death by necrosis: towards a molecular definition.
che il metodo più efficace per allungare l'aspettativa di vita consiste Trends Biochem Sci 32:37, 2007.
nel ridurre l”apporto calorico. I meccanismi non sono ancora stati 16. Vanlangenakker N, et al.: Molecular niechaiiisins and patliophysiology ofnecrotie
definiti, ma l'eifetto della riduzione dell'apporto calorico sulla lon- cell death. Curr Mol Med 81207, 2008.
17. Neivmeyei' DD, Ferguson-Miller S: Mitochoiidria: releasing power for life and
gevità sembra essere mediato da una famiglia di proteine chiamate
sirtuine,“° le quali esibiscono un'attività di istone deacetilasi e si ri-
unleashing the machineries ofdeath. Cell 112:481, 2003. ,¬
18. Bernardi P, et al.: The niitocliondrial pernieability transition from in vitro artífact
tiene siano in grado di promuovere liespressione di diversi geni i cui to disease target. FEBS I 27312077, 2006. ,.
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CAPITOLO 1 Risposte cellulari a stress e insulti tossici: adattamento, danno e morte
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Infiammazione acuta
e cronica
Infiammazione Ossido di azoto (NO)
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Cenni storici Citochine e chemochine l
Costituenti /isosomiali dei leucociti
Infiammazione acuta Neuropeptidi
Stimoii dell'infiammazione acuta Mediatori derivati dalle proteine plasmatiche 1
Reazione dei vasi sanguigni nell'infiammazione acuta Sistema del complemento il
il
Alterazioni del flusso e del calibro vascolare Sistema della coagulazione e delle chinine
Aumento della permeabilità vascolare /fuoriuscita Esiti del|'infiammazione acuta li

di liquidi e proteine dai vasi)


Risposte dei vasi linfatici Tipi morfologici dell'infiammazione acuta i
Reazione dei leucociti nell'infiammazione infiammazione sierosa ii
Heclutamento dei leucociti nei siti di lesione e infezione infiammazione fibrinosa
Riconoscimento dei microbi e dei tessuti morti infiammazione suppurativa o purulenta e ascesso
Rimozione degli agenti lesivi Ulcere
A/tre risposte funzionali dei leucociti attivati
Hi/ascio di prodotti leucocitari e lesione tissutale mediata Riassunto del|'infiammazione acuta
dal leucociti Infiammazione cronica
Difetti della funzione /eucocitaria Cause dell'infíammazione cronica
Estinzione della risposta infiammatoria acuta Caratteristiche morfologiche
Mediatori dell'infiammazìone Ruolo dei macrofagi nell'infiammazione cronica
Mediatori di derivazione cellulare Altre cellule dell'infiammazione cronica l
Amine vasoattive: istamina e serotonina infiammazione granuiomatosa
Metaboliti dell'acido arachidonico (AA): prostaglandine,
leucotriení e lipossine Effetti sistemici del|'infiammazione
Fattore di attivazione delle piastrine lPAFl Conseguenze di un'infiammazione insufficiente
Specie reattive dell'ossigeno o eccessiva

riservati i i;
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CAPITOLO 2 infiammazione acuta e cronica
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..niammazione lesivo, Finfiammazione innesca una serie di eventi volti a ripai ai c u - t r a
tessuto danneggiato. La riparazione inizia durante Finfiammazione
La capacità di eliminare i tessuti danneggiati 0 necrotici e gli invasori ma si completa in genere dopo che liystimolo nocivo è stato neutra-
esterni (come i microbi) è fondamentale per la sopravvivenza degli lizzato. Nel corso del processo di riparazione, il tessuto leso viene
organismi. La reazione dellbspite volta a perseguire tale obiettivo sostituito mediante la rigenerazione delle cellule parenchimali native
risponde al nome di iufiaininazioiie. Liiifiammazioiie èƒbndainen- oppure tramite il riempimento del difetto con tessuto fibroso (cica-
talmente una risposta protettiva, il cui scopo è liberare lbrganismo trizzazione) o, più spesso, attraverso la combinazione di questi due
dalla causa iniziale della lesione cellulare (ad es. microbi e tossine) processi (Cap. 3).
e dai prodotti di tale lesione (ad es. cellule e tessuti necrotici). Senza Einfiainniazione può essere dannosa in alcune circostanze. I mec-
l'infiammazione, le infezioni rimarrebbero incontrastate, le ferite canismi deputati a distruggere gli invasori esterni e i tessuti necrotici l
non guarirebbero e i tessuti lesi presenterebbero persistenti piaghe hanno infatti la capacità intrinseca di danneggiare i tessuti normali. i

purulente. Nella pratica clinica, Fimportanza delfinfiammazione Se inappropriatamente diretta contro i tessuti dell'ospite o non ade-
risiede nel fatto che, in alcuni casi, questa può essere inopportuna- guatamente controllata, finfiammazione può diventare fonte di l

mente stimolata o scarsamente controllata e tramutarsi cosi in una danno e di malattia. Non a caso, la medicina clinica riserva notevole
causa di danno tissutale in molti quadri patologici. attenzione alle conseguenze lesive dellinfiammazione. Le reazioni
Einfiainmazione è una reazione complessa che si verifica a livello infiammatorie sono alla base di patologie croniche di frequente ri-
dei tessuti e consistefondamentalmente nella risposta vascolare e scontro, come lfartrite reumatoide, l'aterosclerosi e la fibrosi polmo-
leucocitaria. I principali difensori dell'organismo contro gli invasori nare, nonché di reazioni potenzialmente letali di ipersensibilità a
esterni sono le proteine plasmatiche e i leucociti (globuli bianchi) punture di insetto, farmaci e tossine, Per tale ragione le nostre far- li
circolanti, a cui si aggiungono i fagociti tissutali derivati dalle cellule macie abbondano di farmaci antinfiammatori, che idealmente do-
circolanti. Il fatto che proteine e leucociti si trovino nel sangue vrebbero controllare gli effetti dannosi dell'infiammazione senza
si traduce nella possibilità per questi elementi di raggiungere qual- interferire con quelli benefici.
siasi sito in cui il loro intervento si renda necessario. Dato che invasori Einfianiniazione può contribuire allo sviluppo di una varietà di
come i microbi e le cellule necrotiche sono tipicamente localizzati patologie che si ritiene non siano principalmente dovute a una risposta
nei tessuti, ossia in distretti extracircolatori, è evidente che le cellule iinrnunitaria anomala. Uinfiammazione cronica, ad esempio, può
e le proteine circolanti devono essere rapidamente reclutate in tali avere un ruolo nell'aterosclerosi, nel diabete di tipo 2, nelle malattie
siti extravascolari. La risposta infiammatoria coordina le reazioni degenerative come il morbo di Alzheimer e nel cancro. E proprio
vascolari, leucocitarie e delle proteine plasmatiche per assolvere a per le sue estese conseguenze dannose, Pinfiammazione è stata de-
tale funzione. finita dalla stampa divulgativa - non senza una nota di melodram-
Le risposte vascolari e cellulari dellinfianimazione sono innescate maticità - lmassassino silenzioso”. I

dafattori chimici prodotti da vari tipi cellulari o derivati dalle proteine Questo capitolo descriverà la sequenza di eventi e i mediatori
plasmatiche e sono generate o attivate in risposta allo stimolo infiam- delllinfiammazione acuta e i suoi tipi morfologici, per proseguire
matorio. I microbi, le cellule necrotiche (indipendentemente dalla poi con l`analisi delle principali caratteristiche delfinfiammazione
causa di morte cellulare) e finanche l'ipossia possono attivare lela- cronica. Ijinfiammazione ha sempre destato Finteresse delliuomo,
borazione di mediatori infiammatori e indurre cosi il processo flo- sin da tempi remoti, ragione per cui ci accosteremo allo studio di
gistico. Tali mediatori avviano e amplificano la risposta infiamma- questo affascinante processo innanzitutto fornendo alcuni cenni
toria determinandone le caratteristiche, la gravità e le manifestazioni storici.
clinico-patologiche.
Linƒìainmazione può essere acuta o cronica a seconda della natura
dello stimolo e del successo con cui la reazione iniziale elimina Cenni storici
questiultimo o il tessuto danneggiato. L'inēarnniazione acuta ha un
esordio rapido (di norma si sviluppa nell”arco di minuti) ed è di Sebbene un'antica descrizione delle caratteristiche cliniche delliin-
breve durata (qualche ora o alcuni giorni); le sue principali carat- fiammazione sia stata rinvenuta su di un papiro egizio risalente al
teristiche sono la formazione di un essudato composto da liquido 3000 a.C. circa, fu Celso, scrittore romano del I secolo d.C., il primo
e proteine del plasma (edema) e la migrazione dei leucociti, soprat- a elencare i quattro segni cardinali dell'infiammazione: rubor (ar-
tutto neutrofili (detti anche leucociti polimorfonucleati). Quando rossamento), fumor(gonf1ore), calor (calore) e dolor (dolore),l
liinfìammazione acuta riesce a eliminare lo stimolo nocivo la rea- segni tipicamente più evidenti nell'infiammazione acuta che in i
i
zione si spegne, ma se lbbiettivo viene mancato può verificarsi una quella cronica. Un quinto segno clinico, ossia la perdita di funzione ii
i
cronicizzazione della risposta. L`infiamniazione cronica, che può (functío laesa), fu aggiunto da Virchow nel XIX secolo. Nel 1793,
succedere allinfiammazione acuta 0 avere un esordio insidioso, ha il chirurgo scozzese lohn Hunter constatò quello che è oggi con-
una durata maggiore ed è associata alla presenza di linfociti e ma- siderato un fatto ovvio, vale a dire che l'infiammazione non è una
crofagi, alla proliferazione di vasi sanguigni, a fibrosi e alla distru- malattia bensi una risposta aspecifica dotata di un effetto salutare
zione dei tessuti. sull”ospite.2 Intorno al 1880, poi, il biologo russo Elie Metchnikoff
Linfianiinazione cessa quando lo stimolo nocivo viene eliminato. scoprì il processo dellaƒagocifosi osservando llingestione di spine
La reazione si risolve rapidamente: imediatori vengono degradati e di rosa da parte di ainebociti in larve di stella marina e l'ingloba-
dissipati, mentre i leucociti hanno breve vita nei tessuti. Vengono mento di batteri da parte dei leucociti di mammiferof I suoi studi
inoltre attivati meccanismi antinfiammatori che servono a control- lo portarono a concludere che lo scopo dell'infiammazione fosse
lare la risposta e a impedire che questa causi un danno eccessivo condurre i fagociti nella zona lesa per inglobare i batteri invasori.
allbspite. Tale concetto fu elegantemente tramutato in oggetto di satira da
La risposta infianzinatoria èstrettamente intrecciata con il processo George Bernard Shaw nella sua commedia “ll dilemma del dotto-
di riparazione. Oltre a distruggere, dissolvere o confinare l'agente re ”, in cui un medico propone la “stimolazione dei fagociti” quale
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CAPITOLO 2 infiammazione acuta e cronica
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-cio a ogni male. Grazie agli studi sulla risposta infiammatoria NORMALE i
V.
a livello cutaneo, Sir Thomas Lewis giunse alla conclusione che Matrice exlraceiluiare Linfociti o macrofagi l
sostanze cliiniiclie come l'istamina (prodotta a livello locale in rispo- I occasionalmente residenti
sta allo stimolo lesivo) mediano i cambiamenti vascolari osservati l
i
durante il processo flogistico, un principio fondamentale che si trova
alla base di importanti scoperte relative ai mediatori chimici _ lg/J I ,

delliinfiammazione e all'uso dei farmaci antinfiammatori nella


medicina clinica.
Arteriola Venula
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infiammazione acuta
È x (33,
Ifiinfiaiiiiiiazioiie acuta è una risposta rapidamente allestita dallbspi- lg.)
te allo scopo di condurre i leucociti e le proteine plasmatiche - come l
gli anticorpi - nella sede dell'infezione 0 della lesione tissutale.
ljínfiammazione acuta presenta tre componenti principali: (1) al-
terazioni del calibro vascolare determinanti un incremento delflusso
INFIAMMAZIONE 1 ®Aumento dei flusso ematico
ematico; (2) modificazioni strutturali nella microvascolarizzazione
che consentono alle proteine plasmatiche e ai leucociti di lasciare il |
I I
circolo; (3) fuoriuscita dei leucociti dal microcircolo, accumulo nella Dilatazione Espansione letto capillare Dilatazione
sede di lesione e attivazione per l'eliminazione dell'agente lesivo deifarleriola della venula
(Pig. 2.1). _í

STIMOLI DELIIINFIAMMAZIONE ACUTA


Le reazioni infiammatorie acute sono scatenate da diversi stimoli:
l
O Le infezioni (batteriche, virali, micotiche e parassitiche) e le tos- i
ii
sine microbiche sono alcuni dei fattori più frequentemente coin-
volti e costituiscono le principali cause cliniche di infiammazione. (ß ` /É
t
I mammiferi possiedono meccanismi di rilevazione della presen-
za di microbi. Tra i più importanti recettori per i prodotti micro- 0 if

bici figura la famiglia dei recettori Toll-simile (Toll-Like Receptor,


TLR), i quali devono il proprio nome alla proteina Toll della
Drosophila, e una varietà di recettori citoplasmatici capaci di ri-
/ i 1
conoscere batteri, virus e funghi (Cap. 6). Il legame di questi @ Migrazione dei neutrofiii @ Fuoriuscita di proteine
plasmatiche -› edema
recettori innesca vie di segnale stimolanti la produzione di mol-
teplici mediatori.
l-'lGUlì/\ Zfl Principali manifestazioni locali dell'infiammazione acuta,
0 La necrosi tissutale di qualsiasi origine, compresa la necrosi con- confrontate con la situazione normale. (l) Vasodilatazione e aumento del
seguente a iscliemia (come nel caso di un infarto del miocardio), flusso ematico (responsabili di eritema e calore), (2) fuoriuscita dai vasi e l
a trauma e a danno fisico e chimico (ad es. danno termico, come deposito extravascolare di liquido e proteine del plasma (edema), (3) mi- l
nelle ustioni o nel congelamento, irradiazione ed esposizione a grazione dei leucociti e loro accumulo nella sede della lesione. l

sostanze chimiche ambientali), è anchessa annoverata tra gli sti-


moli delfinfiammazione. Svariate molecole rilasciate dalle cellule
necrotiche esercitano notoriamente un ruolo proinfiammatorio: 0 Le reazioni immunitarie (dette anche reazioni di ipersensibilità)
queste includono l'acido urico, un metabolita della purina; l”ade- sono reazioni in cui il sistema immunitario normalmente inve-
nosina trifosfato, molecola in cui viene normalmente immagaz- stito di funzioni protettive arreca un danno ai tessuti dellbspite.
zinata fenergia; una proteina legante il DNA chiamata HMGB-1 Le risposte immunitarie dannose possono essere rivolte contro
il cui meccanismo di azione resta sconosciuto; e il DNA stesso gli antigeni self, determinando cosi malattie autoimmuni, o co-
quando, anziché rimanere sequestrato nel nucleo come avviene stituire una reazione eccessiva a sostanze ambientali o microbi.
in condizioni normali, fuoriesce nel citoplasma* Di per sé, anche In tali patologie, Finfiammazione è una delle principali cause di
l'ipossia, condizione spesso sottostante il danno cellulare, costitui- danno tissutale (Cap. 6). Poiché lo stimolo alla risposta infiam-
sce uno stimolo per la risposta infiammatoria. Questa risposta è matoria (ossia i tessuti dellbspite) non può essere eliminato, le
mediata in larga parte da una proteina chiamata I-IIF-loi (Hype- reazioni autoimmuni tendono ad avere un carattere persistente
xia-lnduced Factor-loi) e prodotta dalle cellule private di ossigeno, e a porre diflicoltà di gestione terapeutica, sono associate a in-
la quale attiva la trascrizione di diversi geni coinvolti nell”infiam- fiammazione cronica e rappresentano cause importanti di mor-
mazione, tra cui il fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF), bilità e mortalità. Ijinfiammazione è indotta dalle citochine
responsabile di aumentare la permeabilità vascolare.5 prodotte dai linfociti T e da altre cellule del sistema immunitario
O I corpi estranei (schegge, sporcizia, fili di sutura) inducono tipi- (come descritto più avanti e nel Cap. 6) e il gruppo di patologie
camente Pinfiammazione determinando un danno tissutale trau- correlate a questo tipo di reazione è spesso designato con il ter-
matico 0 veicolando un”infezione microbica. mine malattia infiammatoria inimuno-mediata.
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Aumento della pressione Fuollusclla di liquidi Riduzione della pressione


idrostatica (ostruzione dei 1 colloidosmotlca (ridotta sintesi
l
deflusso venoso, ad es. g _, - - - -7 ~›-- _ proteica, ad es. nelle epatopatie);
nellinsufticienza cardiaca f ---~ f '~ - - f ~ ~ aumento della perdita di proteine,
congestizia) _. ad es. nelle nefropatle)
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0 O 0 Oo O O 0 O O0 Aumento degli nf'a


spazi iniereeiiuieri deii'enaoieiio '
' ` `l '* '* Formazione di trasudati ed essudati. A. La normale pressione idrostatica (frecce blu) è di circa 32 mmHg al capo arterioso del letto capillare l
e scende a l2rnmHg al capo venoso; la pressione colloidosmotlca media dei tessuti è di circa 25mmHg (frecce verdi), valore che equivale alla pressione
capillare media. ll flusso finale di liquidi attraverso il letto vascolare e pertanto quasi nullo. B. ll trasudato si forma quando i liquidi fuoriescono a causa di
una maggiore pressione idrostatica o di una ridotta pressione osmotica. C. llessudato si forma in presenza di infiammazione a causa della maggiore per-
meabilità vascolare dovuta all'allargamento degli spazi intercellulari delfendotelio.

Tutte le reazioni infiammatorie presentano gli stessi elementi di denota un eccesso di liquido nelle cavità tissutali 0 sierose, trasudato
base, sebbene stimoli differenti possano indurre reazioni con carat- o essudato. Il pus, un essudato purulento, è un essudato infiamma-
teristiche peculiari. Dapprima descriveremo dunque la sequenza di torio ricco di leucociti (per lo più neutrofiii), detriti di cellule morte
eventi tipica delfinfiammazione acuta, per poi passare ai mediatori e, in molti casi, microbi.
chimici responsabili delfinfiammazione e analizzare llaspetto mor- Le reazioni vascolari tipiche delfinfiammazione acuta consistono
fologico di tali reazioni. in variazioni a carico del flusso ematico e della permeabilità dei vasi.
La proliferazione di vasi sanguigni (angiogenesi) è evidente durante
i processi di riparazione e nelllinfiammazione cronica, trattati più
REAZIONE DEI VASI SANGUIGNI
approfonditamente nel Capitolo 3.
NELLÈINFIANIMAZIONE ACUTA
Nelfinfiammazione, ivasi sanguigni vanno incontro a una serie di Alterazioni del flusso e del calibro vascolare
alterazioni destinate a sollecitare la migrazione delle proteine pla-
smatiche e delle cellule circolanti verso i distretti extracircolatori e Le alterazioni del flusso e del calibro vascolare iniziano precoceinen-
in direzione della sede di infezione o lesione. La fuoriuscita di liqui- te dopo una lesione e comprendono i seguenti processi:
do, proteine e cellule ematiche dal sistema vascolare nel tessuto in-
terstiziale 0 nelle cavità corporee è detta essudazione. Si definisce O La vasodilatazione è una delle prime manifestazioni dell`infiam-
I
essudato un liquido extravascolare con un'elevata concentrazione mazione acuta; talora consegue a una costrizione transitoria delle
arteriole della durata di pochi secondi. La vasodilatazione inte- i
proteica, contenente detriti cellulari e dotato di un peso specifico .
elevato. La sua presenza implica un aumento della normale permea- ressa dapprima le arteriole e successivamente conduce all`apertura i
bilità dei piccoli vasi sanguigni nell'area della lesione e, quindi, la di nuovi letti capillari nella regione. ll risultato è un aumento del
sussistenza di una reazione infiammatoria (Pig. 2.2). È detto ƒlusso ematico, causa del calore e dell”arrossamento (eritema)
invece trasudato un liquido a basso contenuto proteico (prevalente- riscontrati in corrispondenza del sito delfinfiammazione. La
mente albumina), con una frazione minima o nulla di materiale vasodilatazione è indotta dall'azione di diversi mediatori - in
cellulare e un peso specifico ridotto; essenzialmente si tratta di un particolare istamina e ossido di azoto (NO) - sulla muscolatura
ultrafiltrato del plasma sanguigno derivante da uno squilibrio osmo-
tico o idrostatico a livello della parete vascolare, in assenza di un
liscia dei vasi.
O La vasodilatazione è rapidamente seguita da un aumento della
l
aumento della permeabilità vascolare (Cap. 4). Il termine edema permealzilità vascolare del microcircolo, con la fuoriuscita nei l
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-ssuti extravascolari di liquido ricco di proteine; questo processo Â- NORMALE ,ff-¬\ O Lume del vaso
sarà descritto nel dettaglio più avanti. _ _
Leucociti
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O La perdita di liquidi e il maggiore diametro vascolare danno luogo Q ' O o 0
al rallentamento del flusso, alla concentrazione dei globuli rossi Proteine plasmatiche lo O O O G ` \\
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nei piccoli vasi e a un aumento della viscosità del sangue. Questi
Endoteiio `
cambiamenti portano alla dilatazione dei piccoli vasi gremiti
di eritrociti a lento deflusso, una condizione definita stasi che,
all°esame dei tessuti coinvolti, si presenta come una congestione
Tessuti ›i
vascolare (responsabile delllarrossamento locale). I
O Con lo sviluppo della stasi, i leucociti, soprattutto i neutrofili, si
B. RETRAZIONE La l
accumulano lungo l'endotelio vascolare. Allo stesso tempo, le
DELLE CELLULE 0 ° C, O ° _
cellule endoteliali vengono attivate dai mediatori prodotti nell'area
ENDOTELIALI G O O 0
dell'infezione e del danno tissutale e intensificano Fespressione
delle molecole di adesione. I leucociti aderiscono quindi - Si verifica principalmente 0 O O \.\
nelle venuie ° E
all°endotelio e migrano velocemente attraverso la parete del vaso - indotta da istamina,
nel tessuto interstiziale, secondo una sequenza di eventi illustrata NO e altri mediatori T ` ' ge- _ O'
nelle pagine successive. - A insorgenza rapida e di O ° O 0 0
breve durata (minuti) O O ° Q °

Aumento della permeabilità vascolare (fuoriuscita C. DANNO ENDOTE-


di liquidi e proteine dai vasi) LIALE 0 0 0
~ Si verificain arteriole, ,F O ° ° ff "
Una caratteristica delfinfiammazione acuta è l'aumento della per- capillari e venuie 0 O O “~-Â * J-1¬._-e4_. - .r

meabilità vascolare che porta alla fuoriuscita di un essudato ricco ~ Causalo da ustioni e da O 0
di proteine nel tessuto extravascolare, causando l'edema. llaumento alcune tossine , ..
della permeabilità vascolare è riconducibile a diversi meccanismi microbiche -- f- ------ -ff
- insorgenza rapida; può o , OD 0 0
(Pig. 2.3):
durare a lungo (ore o O ° O O `:_ j O O 0
giorni) `=- . '
O La contrazione delle cellule endoteliali con il conseguente amplia-
mento degli spazi intercellulari dell'endotelio. Questa reazione, D. DANNO VASCOLA- O O l
indotta dall'istamina, dalla bradichinina, dai leucotriení, dal RE MEDIATO DAI ° 0 ° ° 0
neuropeptide detto sostanza P e da molti altri mediatori chimici, LEUCOCITI ° ° <> ° w _ ¬› i
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rappresenta il meccanismo più comune di fuoriuscita di liquidi ° Si verifica nelle venuie e 2 ~. ° ° (lfi
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e proteine dai vasi." Giacché si verifica rapidamente dopo lespo- nei capillari polmonari 1 `~r\- \_
slzione al mediatore ed è di solito di breve durata (15-30 minuti), - Associato agli stadi tardivi;:3¬ -~'
tale processo è definito risposta immediata transitoria. ln alcune delfinfiammazione f fr
forme di danno lieve (ad es. in seguito a ustioni, esposizione a - Di lunga durata (ore) 0 O O 0
O O O
raggi X o a radiazioni ultraviolette nonché a determinate tossine 0 Q o o

batteriche), la fuoriuscita di liquidi e proteine dai vasi inizia a


distanza di 2-12 ore e ha una durata variabile da alcune ore a E. AUMENTO DELLA
giorni; questaƒuoriuscita ritardata e prolungata di liquidi e pro- TRANsciTosi O_ °O O _ O 0°
teine può essere causata dalla contrazione delle cellule endoteliali
_ __ __. U \_,_À,
o da un danno endoteliale di lieve entità. Le ustioni solari a com- - Si verifica nelle venuie 0 ° O O O O
parsa tardiva sono un buon esempio di reazione ritardata. . indetto ueivEoi= ,_
O Il danno endoteliale, responsabile di indurre la necrosi delle cellule l

endoteliali e il loro distacco* La lesione diretta dellendotelio è riscon-


trata in vari tipi di danno, ad esempio nelle ustioni, ma può essere 0 o 0% o l O O

alt1'esileffetto di un attacco microbico alle cellule endoteliali? Anche O O O 0 O O O Q O

i neutrofili che nel corso delfinfiammazione aderiscono all°endotelio


^ Mi Ii;/2. 1 Principali meccanismi determinanti l'aumento della permea-
possono danneggiare le cellule endoteliali e amplificare così la rea- bilità vascolare neglì stati infiammatori, relative caratteristiche e cause
zione. Nella maggior parte dei casi, la fuoriuscita di liquidi e proteine sottostanti. NO, ossido di azoto; \/EGF, fattore di crescita endoteliale
inizia immediatamente dopo la lesione e perdura per molte ore, fino vascolare.
a che i vasi danneggiati non vengono trombizzati o riparati.
O Il maggiore trasporto di fluidi e proteine, detto transcitosi, attra-
verso la cellula endoteliale. Questo processo può coinvolgere i
cosiddetti organelli vescicolovacuolari, canali costituiti da vesci- Malgrado siano stati descritti come processi distinti, si ha ragione di
cole e vacuoli interconnessi e non rivestiti, molti dei quali sono credere che i meccanismi da cui dipende la maggiore permeabilità
localizzati in prossimità delle giunzioni intercellulari.1° Alcuni vascolare contribuiscano tutti, seppure in varia misura, a determinare
fattori, come il VEGF (Cap. 3), sembrano promuovere la fuoriu- la risposta alla maggior parte degli stimoli. A diversi stadi di una
i
scita di liquidi e proteine in parte incrementando il numero e lesione termica, ad esempio, la fuoriuscita di liquidi deriva dalla con-
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probabilmente anche le dimensioni di tali canali. trazione endoteliale mediata chimicamente e dalla lesione epiteliale il
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lare indotta da tutti questi meccanismi può determinare la perdita di NELI.'INFIAI\lIMAZIONE


liquidi potenzialmente letale osservata nei pazienti con ustioni estese.
Come accennato in precedenza, unafunzione chiave dell°infiamma-
Risposte dei vasi linfatici zione consiste nel condurre i leucociti nel sito della lesione e attivarli
affinché eliminino gli agenti lesivi. I leucociti investiti del ruolo più
Sebbene la nostra trattazione sia incentrata fondamentalmente sulle importante nelle risposte infiammatorie tipiche sono quelli dotati
reazioni che si verificano a livello dei vasi sanguigni, anche I vasi di capacità di fagocitosi, ossia neutrofili e macrofagi. I leucociti
linfatici rivestono un ruolo nella risposta all'infiammazione. Il inglobano e uccidono i batteri e altri microrganismi ed eliminano
sistema dei vasi linfatici e dei linfonodi, infatti, filtra e controlla i il tessuto necrotico e le sostanze estranee, oltre a sintetizzare fattori
fluidi extravascolari. In condizioni normali, i vasi linfatici drenano di crescita utili ai fini del processo di riparazione. Il grande
iridotti volumi di fluido extravascolare che fuoriescono dai capillari; potere difensivo dei leucociti ha tuttavia un prezzo: in caso di atti-
I
negli stati infiammatori il flusso linfatico viene incrementato per vazione massiva, infatti, queste cellule possono indurre un danno
agevolare il drenaggio del liquido edematoso che si accumula a causa tissutale e prolungare Finfiammazione giacché i prodotti da esse
della maggiore permeabilità vascolare. Oltre ai liquidi, tuttavia, sintetizzati per distruggere i microbi e i tessuti necrotici possono
anche i leucociti, i detriti cellulari e persino i microbi possono farsi danneggiare anche i tessuti sani dellbspite.
strada nella via linfatica, che durante le risposte infiammatorie, per I processi che prevedono un coinvolgimento leucocitario nel
far fronte al maggiore carico, si arricchisce di nuovi vasi, analoga- contesto delfinfiammazione sono il reclutamento dal distretto ema-
mente a quanto avviene per i vasi sanguigni (proliferazione).“*“ I tico nei tessuti extravascolari, il riconoscimento dei microbi e dei
vasi linfatici possono andare incontro a unlinfiammazione seconda- tessuti necrotici e la rimozione dell'agente lesivo.
ria (linfangite), come pure i linfonodi (linƒoadenite). I linfonodi in-
fiammati risultano spesso ingrossati per effetto delliiperplasia dei
follicoli linfoidi e del maggiore numero di linfociti e di macrofagi.
Reclutamento dei leucociti nei siti di lesione
e infezione
g
Questo gruppo di alterazioni patologiche risponde al nome di lin-
ƒoadenite reattiva o infianiinatoria (Cap. 13). Nella clinica, la pre- La migrazione dei leucociti dal lume vascolare al tessuto interstiziale,
senza di strie arrossate in prossimità di una ferita cutanea è un segno detta travaso, può essere suddivisa nelle tappe seguenti” (Fig. 2.4):
rivelatore di infezione. La striatura, che segue il decorso dei canali
linfatici, è diagnostica di linfangite e può essere associata alla tume- 1. Nel lume del vaso si assiste a marginazione, rotolamento e
fazione dolorosa dei linfonodi ascellari, indicante linfoadenite. adesione allendotelio. In condizioni normali, quando si trova in i


Attivazione delle integrine . . Migrazione attraverso
R°t°|amem° a opera delle chemochine Adeswne Stabue I'endotelio

I-GUCOCIIH Quali Glicoproteina modificata con sialyl-Lewis


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Q( _ ¢-_~,- lntegrina (stato a bassa affinità)


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lntegrina (stato
ad alta affinità)
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\-,_ . Fibrina e fibronectina < ›.`\_
(matrice extraceilulare) ""~ -

FlGUltl\ 2/1. Processo multifasico della migrazione leucocitaria (la figura mostra quella dei neutrofili) attraverso i vasi sanguigni. ln un primo momento i
leucociti cominciano a rotolare, successivamente vengono attivati e aderiscono all'endotelio, quindi migrano attraverso l'endotelio, perforano la membrana
basale e seguono il gradiente dei chemioattrattori emanati dalla sede della lesione. \/arie molecole svolgono ruoli predominanti a seconda della fase del
processo: le selectine nel rotolamento, le chemochine (generalmente legate ed esposte dai proteoglicani) nellattivazione dei neutrofili per aumentare
l'avídità delle integrine, le integrine nell'adesione stabile e il CD31 (PECAi\/l-l) nella migrazione. I neutrofili esprimono bassi livelli di L-selectine e si legano
alle cellule endoteliali prevalentemente tramite le selectine P ed E. ICAM-l, molecola di adesione intercellulare l;TNF, fattore di necrosi tumorale. fr
l
h a n g e Vi h a n g e Vi
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CAPITOLO 2 infiammazione acuta e cronica

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TABELLA 2 1 Molecole di ad esione endotello leuçogitaga __
Molecola endoteliale Molecola leucocitaria Ruolo principale4,

P-selectine Proteine modificate con sialil-Lewis X Rotolamento (neutrofili, monociti, linfocìtiT)


E-selectina Proteine modificate con sialil-Lewis X Rotolamento e adesione (neutrofili,
monociti, linfocìtiT)
GlyCam-1, CD34 L-selectine' Rotolamento (neutrofili, monocíti)

ICAM-1 (famiglia delle ìmmunoglobuline) integrine CD11/CD18 (ßz) (LFA-1, Mac-1) Adesione, arresto, trasmigrazione (neutrofili,
monociti, linfociti)
VCAM-1 (famiglia delle ìmmunoglobuline) lntegrina VLA-4 (B1) Adesione (eosinofili, monociti, I'In fociti)
`La L-selectine è espressa debolmente sui neutrofili. Essa è coinvolta nel legame dei linfocitiT circolanti alle venuie endoteliali alte nei linfonodi e nei tessuti
linfoidi mucosali, e nel conseguente impianto ("homing") dei linfociti in tali tessuti.

uno stato inattivo, fendotelio vascolare non lega le cellule circolanti


e non ne impedisce il passaggio. Nelllinfiammazione, in cui passa Ridistribuzione
Corpi di Weìbel-Palade della P-selectina
a uno stato attivato, Fendotelio acquisisce invece la capacità di le-
J al
1-- ~ _ .-fo aa .W-0..ad o-._
gare i leucociti, preludio della loro fuoriuscita dai vasi sanguigni. K/ 0° 5 ,
2. Migrazione attraverso l'endotelio e la parete vasale. \ °o ° 0o / i* (
3. Migrazione nei tessuti in direzione di uno stimolo chemotattico. \ __ __\-` Jrfl/ «_ / |Stamina ~› , `\__ `†` Ill/.
Trombina
Adesione dei leucociti all'endotelio. Nel sangue che scorre A
normalmente nelle venule, gli eritrociti sono confinati in una colon-
na assiale centrale, il che determina la disposizione dei leucociti in
prossimità della parete del vaso. Il rallentamento del flusso ematico
che si verifica nella fase iniziale dellinfiammazione (stasi) comporta Induzione delle molecole
l'alterazione delle condizioni emodinamiche (le tensioni della parete . di adesione endoteliale a
del vaso si riducono) e un numero maggiore di globuli bianchi si Neftiofno opera delle citochine
dispone perifericamente lungo la superficie endoteliale. Questo
processo di ridistribuzione dei leucociti è chiamato marginazione.
Successivamente, singoli leucociti prima e file di leucociti poi ade- )/ \l 5./ \`\j
riscono in maniera temporanea all'endotelio, si distaccano e si legano 2-\ \ g t A
di nuovo, rotolando sulle pareti vasali. Infine, le cellule si fermano
_#!Èì`_ †N|= ,HWAAA/lì
nei punti in cui aderiscono in maniera salda (come ciottoli sui quali
un ruscello scorre senza spostarli).
L'adesione dei leucociti alle cellule endoteliali è mediata da mole-
cole di adesione complementari esposte sui due tipi cellulari la cui
(XE/J LVJ
espressione viene stimolata dalle proteine secretorie dette
citochine.”'“ Le citochine sono secrete dalle cellule presenti nei tessuti
in risposta a microbi 0 ad agenti lesivi di altro genere, garantendo il
reclutamento leucocitario nei tessuti in cui si manifestano tali stimoli.
Le interazioni iniziali responsabili del rotolamento sono mediate da Aumento deII'avidità
1 Chemochina dellfi integfine
una famiglia di proteine dette selectine'5'1° (Tab. 2.1). Esistono tre tipi
di selectine: uno espresso sulla membrana dei leucociti (L-selectina),
>/"^ ,,^.
uno sull°endotelio (E-selectina) e uno sulle piastrine e sull'end0telio \
1›
_/
(P-selectina). I ligandi per le selectine sono oligosaccaridi sialilati .A . 7. . _
/-n ,.- -
legati a un`impa1catura di glicoproteine mucina-simili. Lespressione /ir ›.› im ~

delle selectine e dei relativi ligandi è regolata dalle citochine prodotte a Chemochine \`\ " " /

C il
in risposta alfinfezione e al danno. Quando entrano in contatto con
microbi e tessuti morti, i macrofagi presenti nei tessuti, i mastociti e
le cellule endoteliali rispondono secernendo varie citochine, tra cui
il fattore di necrosi tumorale (TNF),l7 finterleuchina-1 (IL-1)” e le FIGURA 2,5 Regolazione dell'espressione delle molecole di adesione
chemochine (citochine chem0tattiche)l9'2° (le citochine saranno endoteliale e leucocitarie. A. Ridistribuzione della P»selectina dai depositi
descritte dettagliatamente nelle pagine seguenti e nel Cap. 6). Il TNF intracellulari sulla membrana. B. Aumentata espressione di membrana delle
e PIL-1 agiscono sulle cellule endoteliali delle venule postcapillari selectine e dei ligandi per le integrine in seguito all'attivazione dell'endotelio
mediata dalle citochine. C. Aumento dell'avidità di legame delle integrine
adiacenti all'infezione inducendo l”espressione coordinata di nume- indotto dalle chemochine. L'accumulo delle integrine contribuisce alla
rose molecole di adesione (Pig. 2.5). Entro 1-2 ore, le cellule endo- maggiore avidità di legame (non rappresentato nella figura). ll_-1, interleu-
teliali iniziano a esprimere E-selectina e i ligandi per la L-selectina. china-l;TNF, fattore di necrosi tumorale.
4

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CAPITOLO 2 infiammazione acuta e cronica

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..ii mediatori come l'istamina, la trombina e il fattore di attivazione affetti dalla sindrome detta deficienza di adesione leucocitaria ai i Io c u - t r a c
delle piastrine (Platelet-Activating Factor, PAF), descritti più avanti, 1 presentano un difetto nella biosintesi della catena (32 comune alle
stimolano la ridistribuzione della P-selectina dai suoi normali depo- integrine LFA-I e Mac-1. La deficie/iza di adesione leucocitaria di
siti intracellulari in granuli di cellule endoteliali (chiamati corpi di tipo 2 è invece causata dall'assenza di sialil-Lewis X, il ligando
Weibel-Palade) sulla superficie cellulare. All'apice dei microvilli, i
leucociti esprimono L-selectina nonché i ligandi per le selectine E e
P, che si legano tutti alle molecole complementari esposte sulle cellule
contenente fucosio per le selectine E e P, dovuta a un difetto della
fucosil-transferasi, l'enzima che aggiunge residui di fucosio sull”im-
palcatura proteica.
l
endoteliali. Queste sono interazioni a bassa affinità con un tasso Chemiotassi dei leucociti. Dopo essere usciti dal circolo, i leu- v
rapido di risoluzione, facilmente interrotte dal flusso del sangue. Di cociti migrano nei tessuti verso la sede della lesione attraverso un
conseguenza, i leucociti legati si legano, si staccano e si legano nuo- processo detto cliemiotassi, definito come un movimento orientato l
vamente, iniziando cosi a rotolare sulla superficie endoteliale. lungo un gradiente chimico. Sia le sostanze esogene sia quelle en-
Queste deboli interazioni di rotolamento rallentano i leucociti, dogene possono agire come fattori chemotattici. Gli agenti esogeni
consentendo cosi a tali cellule di legarsi in maniera più salda all'en- più comuni sono iprodotti batterici, compresi i peptidi dotati <

dotelio. Tale adesione è mediata da una famiglia di proteine di delfamminoacido N-formilmetionina in posizione terminale, e al-
superficie eterodimeriche associata ai leucociti rispondente al nome cuni lipidi. l fattori chemotattici endogeni (descritti oltre) compren- I
di integrine” (si veda Tab. 2.1). Il TNF e l'IL-1 inducono l°espres- dono diversi mediatori chimici: (1) le citochine, in particolare quelle l
sione endoteliale dei ligandi per le integrine, in particolare la mo- appartenenti alla famiglia delle chemochine (ad es. IL-8), (2) i com-
lecola di adesione cellulare vascolare di tipo 1 (VCAM-I, il ligando ponenti del sístema del complemento, in particolare C511 e (3) i meta-
per I'integrina VLA-4) e la molecola di adesione intercellulare di boliti dellacido aracliidonico (AA), nello specifico il leucotriene B,
tipo 1 (ICAM-1, il ligando per le integrine LFA-I e Mac-1). I leu- (LTB,). Tutti questi agenti chemotattici si legano a specifici recettori
cociti di norma esprimono le integrine in uno stato a bassa affinità. transmembrana accoppiati a proteine G sulla superficie dei leuco-
Le chemochine nel frattempo prodotte nella sede della lesione citi.27 I segnali innescati da tali recettori determinano l'attivazione
.~.-_
entrano nel vaso sanguigno, si legano ai proteoglicani della cellula di secondi messaggeri che aumentano la concentrazione di calcio
endoteliale e si dispongono ad alte concentrazioni sulla superficie nel citosol e attivano guanosin-trifosfatasi della famiglia Rac/Rho/
endoteliale. Queste chemochine si legano ai leucociti in fase di cdc42, oltre a numerose chinasi. Questi segnali inducono la polime-
rotolamento, attivandoli. Una delle conseguenze dell`attivazione è rizzazione dell”actina, dando luogo a un aumento della quantità di
la conversione in uno stato ad alta aflìnità delle integrine VLA-4 e actina polimerizzata sul margine avanzante della cellula e al posi-
LFA-I presenti sui leucociti." La combinazione dellespressione dei zionamento dei filamenti di miosina posteriormente. Il leucocita si
ligandi per le integrine sullendotelio indotta dalle citochine e dell”at- muove estendendo filopodi che trainano la parte posteriore della
tivazione delle integrine sui leucociti dà luogo a un legame saldo cellula nella direzione dellestensione, come unlautomobile a trazione
tra leucociti ed endotelio mediato dalle integrine nella sede dell'in- anteriore che viene trainata dalle ruote anteriori (Fig. 2.6). Il risultato
fiammazione. Ileucociti smettono di rotolare, il loro citoscheletro finale è la migrazione dei leucociti verso lo stimolo infiammatorie
viene riorganizzato ed essi si dispongono sulla superficie in direzione del gradiente dei fattori chemotattici prodotti
endoteliale. localmente.
Migrazione dei leucociti attraverso Pendotelio. Il passo succes- La natura delllinfiltrato leucocitario varia in relazione alla pro-
sivo nel processo di reclutamento leucocitario è la niigrazione dei gressione temporale della risposta infiammatoria e al tipo di stimolo.
leucociti attraverso lèndotelio, detta trasmigrazione o diapedesi. La Nella maggior parte delle forme di infiammazione acuta, l'infiltrato
trasmigrazione dei leucociti si verifica prevalentemente nelle venule infiammatorie è caratterizzato in modo predominante da neutrofili
postcapillari. Le chemochine agiscono sui leucociti aderenti alle per le prime 6-24 ore, successivamente sostituiti da monociti dopo
pareti vasali eli stimolano a migrare attraverso gli spazi intercellulari 24-48 ore (Pig. 2.7). La comparsa precoce dei neutrofili trova diverse
dell'endotelio in direzione del gradiente di concentrazione chimica, spiegazioni: tali cellule, infatti, sono più numerose nel sangue, ri-
ossia verso la sede di lesione 0 infezione dove ha luogo la produzione spondono più rapidamente alle chemochine e si fissano in maniera
di chemochine” Diverse molecole di adesione presenti nelle giun- più salda alle molecole di adesione indotte rapidamente sull`epitelio,
zioni intercellulari tra cellule endoteliali sono coinvolte nella migra- come le selectine P ed E. Dopo essere entrati nei tessuti, i neutrofili
zione dei leucociti, tra cui un membro della superfamiglia delle hanno però vita breve, giacché vanno incontro ad apoptosi e scom-
immunoglobuline detto PECAM-1 (Platelet Endothelial Cell Adhe- paiono dopo 24-48 ore. I monociti, per contro, non soltanto soprav-
sion Molecule 1) o CD312* e varie molecole di adesione giunziona- vivono più a lungo ma sono anche in grado di proliferare nei tessuti,
le.25 Dopo avere attraversato l'endotelio, i leucociti perforano la andando cosi a costituire la popolazione dominante nel contesto di
membrana basale, probabilmente secernendo collagenasi, e pene- una risposta infiammatoria cronica. Vi sono tuttavia eccezioni a
trano nel tessuto extravascolare. Quindi migrano in direzione del
gradiente chemotattico creato dalle chemochine e si accumulano
questo schema di infiltrazione cellulare: in certe infezioni, ad esem-
pio quelle causate dai batteri del genere Pseudomonas, l'infiltrato
l
nel distretto extravascolare. Una volta raggiunto il tessuto connetti- cellulare è prevalentemente caratterizzato da neutrofili il cui reclu-
vo, i leucociti sono in grado di aderire alla matrice extracellulare tamento perdura per diversi giorni; nelle infezioni virali, i linfociti
tramite le integrine e il legame di CD44 alle proteine della matrice. possono essere le prime cellule ad accorrere; in alcune reazioni di
In tal modo, i leucociti vengono trattenuti nelle sedi in cui sono ipersensibilità, infine, gli eosinofili rappresentano il principale tipo
necessari. cellulare. ,
La dimostrazione più evidente delfimportanza delle molecole di La comprensione dei meccanismi molecolari del reclutamento e l
adesione dei leucociti è l'esistenza di sindromi ereditarie caratteriz- della migrazione dei leucociti ha consentito di individuare un vasto
zate da una deficienza di tali molecole responsabile di ricorrenti numero di potenziali bersagli terapeutici per il controllo di un”in-
infezioni batteriche correlate a una compromissione dell'adesione fiammazione divenuta deleteria.“ Le sostanze in grado di bloccare
leucocitaria e a una risposta infiammatoria insufficientezó I soggetti il TNF, una delle principali citochine coinvolte nel reclutamento
li
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CAPITOLO 2 infiammazione acuta e cronica
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compromettere la capacità dei pazienti sottoposti al trattamentc t o c u - t r a c l

difendersi dai microbi, prima funzione fisiologíca della risposta


infiammatoria. 1
ti
Riconoscimento dei microbi e dei tessuti morti
Una volta reclutati in un sito di infezione o di morte cellulare, i
leucociti (neutrofili e monocíti) devono essere attivati aflìnché pos-
sano svolgere le loro funzioni. Le risposte leucocitarie implicano due
serie di eventi sequenziali: (1) il riconoscimento dell'agente lesivo,
il quale produce segnali che (2) attivano i leucociti inducendoli a
inglobare e distruggere tale agente e amplificano la reazione
infiammatoria.
I leucociti esprimono vari recettori capaci di riconoscere gli sti-

moli esterni e di produrre segnali di attivazione (Fig. 2.8).

O Recettori per i prodotti microbici: i recettori Toll-simili (TLR) ri-


conoscono gli elementi costitutivi di diversi tipi di microbi. A
oggi, nei mammiferi sono stati individuati IO TLR, ciascuno dei ii

quali sembra essere necessario per la risposta dellbrganismo a


diverse categorie di patogeni infettivifs I differenti TLR svolgono
ruoli essenziali nelle risposte cellulari al lipopolisaccaride batte-
rico (LPS o endotossina), ad altri proteoglicani e lipidi batterici
nonché ai nucleotidi CpG non metilati, tutti presenti in elevate
quantità nei batteri, così come all'RNA a doppio filamento pro-
dotto da determinati virus. I TLR sono presenti sulla membrana
FIGURA 2.6 Micrografia a scansione elettronica di un leucocita in movi- cellulare e all'interno delle vescicole endosomiali dei leucociti (e
mento in coltura: è visibile il filopodio (in alto a sinistra) e la coda posteriore. di molti altri tipi cellulari), il che li rende capaci di rilevare i
(Per gentile concessione del Dr. Morris J Karnovsky, Harvard Medical prodotti derivanti da microbi extracellulari e da microbi inglo-
School, Boston, MA) bati. Il funzionamento di questi recettori dipende dall'associazio-
ne a chinasi, che stimolano la produzione di sostanze microbicide
e di citochine da parte dei leucociti. I peptidi batterici e l°RNA i
leucocitario, sono alcuni degli agenti terapeutici più efficaci finora virale sono riconosciuti anche da varie altre proteine citoplasma-
sviluppati per la cura delle patologie infiammatorie croniche, e gli tiche presenti nei leucociti."
antagonisti delle integrine leucocitarie (ad es. VLA-4), delle selectine O Recettori accoppiati a proteine G espressi dai neutrofili, dai macro-
i
e delle chemochine sono presidi farmacologici approvati per il trat- fagi e da molti altri tipi di leucociti: riconoscono brevi peptidi
tamento delle patologie infiammatorie e negli studi clinici. Come batterici contenenti residui di N-formilmetionina. Poiché tutte le
immaginabile, questi antagonisti non soltanto hanno l”effetto desi- proteine batteriche e un numero esiguo di proteine di mammifero l
derato di controllare llinfiammazione, ma sono anche in grado di (solo quelle sintetizzate all'interno dei mitocondri) iniziano con
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FIGURA 2.7 Natura degli infiltrati leucocitari nelle reazioni infiammatorie. Le microfotografie sono rappresentative dell'infiltrato cellulare precoce (neu-
trofili) (A) e tardivo (cellule mononucleate) (B) osservati nel contesto di una reazione infiammatoria nel miocardio in seguito a necrosi ischemica (infarto).
Le cinetiche dell'edema e dell'infiltrato cellulare (C) sono approssimata.
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Risposta Alterazioni del citoschelelro,


trasduzione del segnale
Produzione di
ir“:“_il¬/
Produzione di specie Fagocitosi
cellulare mediatori (ad es. reattive dell'ossigeno del microbo
metaboliti dell'acido (ROS); enzimi all”interno

Fffii
Aumento dell'avidità
delle integrine
Chemiotassi
arachidonico,
citochine)
lisosomiali del fagosoma

Effetti
funzionali
Adesione Migrazione Amplificazione della Uccisione dei microbi
all'endotelio nei tessuti reazione infiammatoria

l«'lGUltA 32.8 Recettori leucocitari e relative risposte. Stimoli differenti sono riconosciuti da diverse classi di recettori sulla membrana dei leucociti. l re-
cettori danno inizio a risposte che mediano le funzioni dei leucociti. Nella figura sono rappresentati solo alcuni recettori (si veda il testo per i dettagli).
IFN-y, interferone y; LPS, lipopolisaccaride.

una N-formilmetionina, questo recettore consente ai neutrofili di O Recettoriper le citochine: i leucociti esprimono recettori per
rilevare e indurre una risposta contro le proteine batteriche. Altri le citochine prodotte in risposta a un'invasione microbica. Una
recettori accoppiati a proteine G sono in grado di riconoscere le delle più importanti tra queste è l”interferone 'y (IFN-y), secreto
chemochine, i prodotti di degradazione del complemento dalle cellule natural killer' entrate in contatto con i microbi e dai
come C5a e i mediatori lipidici, compresi il fattore di attivazione linfociti T attivati dall'antigene nella risposta immunitaria acquisita
delle piastrine, le prostaglandine e i leucotriení, tutti sintetizzati (Cap. 6). L'IFN-'y è la principale citochina attivante i macrofagi.
in risposta a uniinfezione microbica e al danno cellulare. Il legame
dei ligandi - come i prodotti microbici e i mediatori - ai recettori
accoppiati alle proteine G induce la migrazione delle cellule dal Rimozione degli agenti lesivi
sangue attraverso lendotelio ela produzione di sostanze microbi-
cide tramite llattivazione della cascata ossidativa. Il riconoscimento dei microbi e delle cellule morte da parte dei re-
O Recettoriper le opsonine: i leucociti esprimono recettori per le cettori descritto nei paragrafi precedenti induce i leucociti a mettere
proteine di cui sono rivestiti i microbi. Il processo di rivestimento in atto varie risposte, complessivamente raggruppate sotto il termine
di una particella, ad esempio un microbo, per renderla bersaglio di attivazione leucocitaria (si veda Pig. 2.8). Eattivazione è il risultato
dell'inglobamento (fagocitosi) è detto opsonizzazione e i fattori dei cambiamenti indotti da diverse vie di segnale innescate nei
che lo realizzano sono detti opsonine. Questi fattori comprendono leucociti, determinanti un incremento del Cal* nel citosol e l'attiva-
anticorpi, frazioni del complemento e lectine. Uno dei sistemi zione di enzimi come la protein-chinasi C e la fosfolipasi A2. Le ri-
più efficienti per stimolare la fagocitosi delle particelle consiste sposte funzionali più importanti per la distruzione dei microbi e di
nel ricoprirle con anticorpi IgG specifici per tali particelle, i quali altri stimoli nocivi sono la fagocitosi e l'uccisione intracellulare,
verranno riconosciuti dal recettore ad alta aflinità Fcy dei fagociti, mentre molte altre risposte supportano le funzioni di difesa proprie
detto FcyRI (Cap. 6). I componenti del sistema del complemento, delliinfiammazione e possono contribuire agli esiti nocivi di
soprattutto i frammenti della proteina del complemento C3, sono quesfultima.
anch'essi potenti opsonine, in quanto tali frammenti si legano ai Fagocitosi. La fagocitosi si articola in tre fasi consecutive
microbi e i fagociti esprimono un recettore, detto recettore del (Pig. 2.9): (1) il riconoscimento e l'adesione alla particella da fagoci-
complemento di tipo I (CRI), che riconosce i prodotti della tare da parte del leucocita, (2) la sua ingestione, con conseguente
frammentazione di C3 (descritta più avanti nel testo). Anche le formazione di un vacuolo di fagocitosi e (3) l'uccisione e la degrada-
Iectine plasmatiche, in particolare la lectina legante il mannano, zione del materiale ingerito.3°
legano i batteri e li consegnano ai leucociti. Il legame delle par- I recettori per il mannosio, i recettori scavenger (spazziní) e i recet-
ticelle opsonizzate ai recettori leucocitari Fc o C3 promuove la tori per varie opsonine legano i microbi consentendone la fagocita-
fagocitosi delle particelle e attiva le cellule. zione. Il recettore macrofagico per il mannosio è una lectina che si
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CAPITOLO 2 infiammazione acuta e cronica
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.JCONOSCIMENTO E ATTACCO lega ai residui terminali di mannosio e fucosio presenti in glicop.. o c u - t r a c
I microbi si legano ai recettori fagocitari teine e glicolipidi. Questi zuccheri fanno tipicamente parte di
gx? 2. |NGEsr|oNE molecole ubicate sulle pareti cellulari plei microbi, mentre le glico-
Recettore La membrana del fagocita proteine e i glicolipidi dei mammiferi presentano in posizione ter-
di fagocitosi Ö si chiude attorno al microbo minale l”acido sialico o la N-acetilgalattosamina_ Il recettore per il
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L-_.¬,.,;-;`~I-:~;icc-_;\:-0-3.,,- mannosio riconosce pertanto i microbi e non le cellule dell'ospite_ I
recettori scavenger sono stati definiti in origine come molecole che
1~J._ _›L.-.›iii.ef-*~^o1›†~1f'<>f>†'*“* =†«=.~.I. ;"ti(Z,1' \ '
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'Q legano e mediano fendocitosi di particelle costituite da lipoproteine
2 ,-, ~ 1)
_= _ *s fì rr; a bassa densità ossidate o acetilate (LDL) che non possono più in-
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teragire con i convenzionali recettori per le LDL. I recettori scaven-
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ger macrofagici si legano a numerosi microbi oltre che a particelle li
”=\†¬ ¬-¬~":¢ "Wil 'Lv ›L9' di LDL modificate. Anche le integrine macrofagiche, in particolare
la Mac-I (CD11b/CD18), possono legare i microbi per la i
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†2›“'i,_` T-7`~¬;., rif'. ' _ _ _
,,:.›-»=»\›.. fagocitosi.
J†7"ç::f,.›".›` ;.7,\;'-;sp›¬;;ìi` giá â-;1*I;;Y;(;l:._;:_l`›¬\` ' :ih
L'eflicienza della fagocitosi è notevolmente maggiore quando i
Fagoioma
con_ microbo .Â
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Lisosoma
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microbi sono opsonizzati da specifiche proteine (opsonine) per le il
. aj con enzimi il
ingerito ›."i - ep¬':~.-. ,L f' N';. -F..j-^›f~-tri'._._-¬- rl.. quali i fagociti esprimono recettori ad alta affinità. Come descritto I
_,_ ,ff I.
l-sñ ."i'=v<}-,,-.rp-.-jr _(-ff 'f-__v_ . "fw ,rh nei paragrafi precedenti, le principali opsonine sono rappresentate
W*-~}¬~*_f~1ff¬f" “of” dagli anticorpi IgG, dal frammento C3b derivante dal complemento
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Fusione del fagosoma con il Iisosoma e da alcune Iectine plasmatiche, in particolare la lectina legante il
mannano, tutte riconosciute da recettori leucocitari specifici.
Ingestione. Dopo essere stata legata dai recettori dei fagociti, la
M../~.f,› r^.~.¬V
f.`f3"`-,_ particella viene avvolta da propaggini del citoplasma (pseudopodi)
~ ,,f_¬.-.¬;›1-.¬"Ki\¬ -fc--,..¬ e la membrana cellulare si invagina fino a dare origine a una vesci-
fans”
i I `“tw “*r”ifi°f”1L›=LL`;'f+›_ 3. Dis'rnuz|oNE
Q9 Q "››,_-,fg Deiivncnosi cola distaccata (fagosoma) nella quale è racchiusa la particella. Il
i'1~it;<`›Q
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*å fagosoma si fonde quindi con un granulo lisosomiale, determinando
i`-¬_ ›.l-i_ .›1"¬. «li f2**«¬.~~›2° ,47 la liberazione del contenuto del granulo nel fagolisosoma (si veda
†"s¬.W 'ì~i.L^._._,-,_,`;:›`-",`
0 .“_,1,..'_›_.5s,,› _ _,_,§,-,3.{,'.\¬_?_.›..(-,_
V . -=-I, 'gi ›
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Pig. 2.9). Durante questo processo, il fagocita può inoltre rilasciare l
il contenuto del granulo nello spazio extracellulare.
Uccisione dei microbi a opera degli
enzimi lisosomiali nel fagolisosoma Il processo di fagocitosi è complesso e comporta fintegrazione di 1
numerosi segnali recettoriali per il rimodellamento della membrana
e le alterazioni citoscheletriche” La fagocitosi dipende dalla poli-
Ossidasi fagocitica Uccisione dei
NADPH _ microbi a opera merizzazione di filainenti di actina; non sorprende pertanto il fatto I

che i segnali innescanti la fagocitosi coincidano in gran parte con l

NADP+D *if-'fif”†ìf†Ö:'?'F~-i1a›,_
` di ROS e NO quelli coinvolti nella chemiotassi (per contro, la pinocitosi di fase i
`§3___ì._-Tn'
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-; La fluida e l'endocitosi mediata da recettori di piccole particelle com-
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,__ 7 ( ; _,. ”L~\
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L , ` portano l'internalizzazione in fossette e vescicole ricoperte di clatrina
9 Q ff' r ~ , e non dipendono dal citoscheletro di actina).
oz-_ Uccisione e degradazione. L'ultimo passaggio nelleliminazione
H2O2
e-..,_ J>1rginina
di agenti infettivi e di cellule necrotiche è la loro uccisione e degra-
|vir>o 3(Q
-†_›o;\:_~; ,J5=+}`-gi. _ F92* L;-l dazione all°interno di neutrofili e macrofagi, che avviene in maniera
f›FQ. tiE; Hoci
3,:fi›_._\;_›,' «g._\,_ì;)q
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più efficiente dopo l'attivazione dei fagociti. Lìiccisioiie dei microbi
V:\:m\_vm`:, O?-;.~›l`f7_ "É è espletata in misura preponderante dalle specie reattive dellbssigeno
f›,**~**> . *i , -›oc|- #1 ti .`l3Ö,›__/in
it.-la F _;' 1.' (7 (o ROS, definite anche intermedi reattivi dell'ossigeno) e dalle specie
reattive dell'azoto, derivate principalmente da NO (si veda
-*gg-:=, ,_ ƒ__
fgi* Vacuolo
Pig. 2.9).3"” La formazione di ROS è dovuta al rapido processo di
*'«¬.›*f"q.`
'< ._ jj 7 1. "_`,._¢f_†~ di fagocitosi assemblaggio e attivazione di un'ossidasi multicomponente (NADPH
'n*"*`*f¬c-_<`¬f`.-.¬,›*¬.«fC ' '
ossidasi, detta anche ossidasi fagocitica), che ossida NADPH (nico-
tinamide-adenin-dinucleotide fosfato ridotto) e, nel corso del pro- l

; LLI) ;;;~"-. 4 '.= Fagocitosi e distruzione intracellulare dei microbi. La fagoci- cesso, riduce fossigeno ad anione superossido (Og). Questa rapida
tosi di una particella (ad es. un batterio) implica il legame ai recettori presenti reazione ossidativa, innescata nei neutrofili da segnali di attivazione
sulla membrana leucocitaria, l'ingestione e la fusione dei lisosomi con i e associata alla fagocitosi, è chiamata esplosione o cascata respiratoria
vacuoli di fagocitosi. Questo processo e seguito dalla distruzione delle
particelle ingerire all'interno dei fagolisosomi tramite l'azione di enzimi li- (in inglese respiratory lmrst)_ L'ossidasi fagocitica è un complesso
sosomiali e l'intervento di specie reattive dell'ossigeno e dell'azoto_ l pro- enzimatico costituito da almeno sette proteine” Nei neutrofili a
dotti microbicidi generati dal superossido (OÉ) sono l'ipoclorito (HOCl') e il riposo, differenti componenti delfenzima sono localizzate a livello
radicale idrossile ('Ol-l), mentre dall'ossido di azoto (NO) ha origine il pe- della membrana plasmatica e del citoplasma. In risposta a stimoli
rossinitrito (OONO'). di attivazione, le componenti proteiche del citosol si spostano sulla
Durante la fagocitosi il contenuto dei granuli può essere liberato nello spazio
extracellulare (non illustrato). membrana del fagosoma, dove si assemblano per dare origine al
MPO, mieloperossidasi; il\iOS, NO sintetasi inducìbile. complesso enzimatico funzionante. Le ROS, pertanto, sono prodotte
alliinterno del lisosoma, dove le sostanze ingerite vengono segregate,
il che consente di proteggere gli organuli cellulari dagli effetti i
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_. inosi delle stesse. O2; è successivamente convertito in perossido nei neutrofili e in altre cellule;37 il lisozima, che idrolizza il leg o c u - t r a c
di idrogeno (H2O1), principalmente per dismutazione spontanea. acido muramico-N-acetilglucosamina, presente nelliinvolucro gli-
Di per sé, HZOZ non è in grado di uccidere in maniera efficace i copeptidico di tutti i batteri; la lattpferrína, una proteina legante il
microbi, ma i granuli azzurrofili dei neutrofili contengono l”enzima ferro presente nei granuli specifici; la proteina basica maggiore, una
mieloperossidasi (MPO) che, in presenza di un alogenuro come CIT, proteina cationica degli eosinofili dotata di attività battericida limi-
converte HZOZ in ipoclorito (OCl°, la sostanza attiva contenuta nella tata ma citotossica per molti parassiti; e la proteina battericida per-
comune candeggina domestica). Questiultimo è un potente agente ineabilizzante, che lega le endotossine batteriche e si ritiene abbia
antibiotico che distrugge i microbi per alogenazione (processo nel un ruolo importante nella difesa contro alcuni batteri Gram-
quale lialogenuro viene legato covalentemente a costituenti cellulari negativi.
batterici) o per ossidazione delle proteine e dei lipidi (perossidazione
lipidica). Il sistema H,O2-MPO-alogenuro è il meccanismo battericida
Altre risposte funzionali dei leucociti attivati
i
più efiiciente di cui dispongano i neutrofili. HZOZ viene inoltre con-
vertito a radicale idrossile ('OH), un altro potente agente Oltre a eliminare i microbi e le cellule morte, i leucociti attivati svol- i
distruttivo. gono anche molti altri ruoli nel contesto della difesa dellbspite. In
Anche NO, prodotto a partire dalfarginina per azione delfossido particolare, tali cellule - specialmente i macrofagi - producono vari
di azoto sintetasi (NOS), partecipa all'uccisione microbica.“ NO fattori di crescita responsabili di stimolare la proliferazione delle
reagisce con il superossido (Oš) per generare il radicale libero al- cellule endoteliali e dei fibroblasti nonché la sintesi di collagene, ed
tamente reattivo perossinitrito (ONOO'). Questi radicali liberi enzimi coinvolti nel rimodellamento del tessuto connettivo. Questi
derivati dallbssigeno e dall”azoto attaccano e danneggiano i lipidi, prodotti guidano il processo di riparazione che consegue al danno
le proteine e gli acidi nucleici dei microbi così come le inacromo- tissutale (Cap. 3). Studi recenti avvalorano liipotesi che i macrofagi
lecole dell'ospite (Cap. 1). Le specie reattive dellbssigeno e dell”azoto possano essere attivati per svolgere diverse funzioni: si distinguono
espletano azioni sovrapponibili come dimostra il fatto che i topi
knockout con un deficit di ossidasi fagocitica o di nitrossido sinte-
cosi macrofagi “attivati in maniera classica" che rispondono ai pro-
dotti microbici e alle citochine sintetizzate dai linfociti T (come
l i
tasi inducibile (INOS) presentano solo una lieve suscettibilità alle l'IPN-s/) ed esibiscono una maggiore attività microbicida, e macrofagi
infezioni, mentre gli esemplari carenti per entrambi gli enzimi “attivati in maniera alternativa” che rispondono a citochine quali IL-4
soccombono rapidamente a infezioni disseminate di batteri com- e IL-13 (prodotti tipicamente associati al sottogruppo di cellule T
mensali normalmente innocui. Il ruolo delle ROS e di NO quali definito TH2; si veda Cap. 6) e risultano principalmente coinvolti nella
mediatori delfinfiammazione sarà descritto più avanti nel riparazione dei tessuti e nella fibrosi (Pig. 210).” Stimoli differenti
capitolo. attivano i leucociti inducendoli a secernere mediatori delfinfiamma-
Iluccisione microbica può inoltre essere mediata dalliazione di zione nonché inibitori della risposta infiammatoria, facendo si che 1
altre sostanze contenute nei granuli leucocitari. I granuli dei neu- assolvano al contempo a funzioni di amplificazione e di controllo
trofili contengono numerosi enzimi, tra cui felastasi, che contribui- della risposta. Un altro elemento di discriminazione tra i macrofagi
scono all'uccisione microbica.” Ulteriori sostanze microbicide ad attivazione classica e quelli ad attivazione alternativa può inoltre
presenti nei granuli sono le defensine, peptidi ricchi di arginina consistere nel fatto che i primi innescano finfiammazione mentre i
tossici per i microbi;3° le catelicidine, proteine antimicrobiche reperite secondi intervengono per limitare le risposte infiammatorie.

Macrofago ad attivazione Ligandi .nqlårfbici Macrofago ad attivazione


classica (M1) per' alternativa (M2)
IFN-Y

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il `/T'/I
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Mono/cita
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7 __/
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IL-13, IL-4

ROS, NO, IL-1, IL-12, IL-23, IL-10, Arginasi, prolina


enzimi lisosomiali chemochine TGFß poliaminasi, TGFB
;

Azioni microbicide:
l 1 1 i
.
fagocitosi e uccisione infiammazione Effetti Riparazione della i
di svariati batteri patologica antinfiammatori ferita, fibrosi
e funghi

i _ . _ i Sottogruppi di macrofagi attivati. Diversi stimoli attivano i monociti/macrofagi inducendoli a differenziarsi in popolazioni funzionalmente
distinte. I macrofagi attivati in maniera classica sono indotti da prodotti microbici e citochine (in particolare lFN-y), hanno proprietà microbicide e sono
coinvolti nello sviluppo di un'infiammazione potenzialmente dannosa. l macrofagi attivati in maniera alternativa sono indotti da altre citochine nonche in
risposta alla presenza di elminti (non illustrata) e svolgono un ruolo importante nella riparazione tissutale e nella risoluzione dellinfiammazione (possono
inoltre avere un ruolo nella difesa contro i vermi parassiti, ma questo non viene mostrato nella figura).

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CAPITOLO 2 infiammazione acuta e cronica

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- :io di prodotti leucocitari e lesione tissutale
c u -tr a c k che non si prestano a essere facilmente ingeriti, come gli immurc d o c u - t r a c k
mediata dai leucociti complessi depositati su superfici piatte fisse (ad es. la membrana basale
glomerulare), fincapacità dei leucociti di accerchiare e fagocitare tali
I leucociti rappresentano una causa importante di danno per le sostanze (fagocitosi ostacolata) dà il via a una violenta attivazione e
l
cellule e i tessuti normali in svariate circostanze: determina il rilascio di grandi quantità di enzimi lisosomiali nelliam- l

biente extracellulare. La fagocitosi di sostanze lesive perla membrana,


O Nel contesto di una normale risposta di difesa contro un'infezione come i cristalli di urato, può danneggiare la membrana del fagoliso- l

microbica, quando i tessuti adiacenti subiscono un “danno col- soma e causare cosi il rilascio del contenuto dei granuli lisosomiali.
Y
laterale”. In presenza di determinate infezioni per le quali il trat-
tamento definitivo si rivela ostico, quali ad esempio la tubercolosi
Difetti della funzione leucocitaria
e alcune patologie virali, una risposta prolungata da parte
delfospite contribuisce alfevoluzione patologica più di quanto Dal momento che i leucociti svolgono un ruolo centrale nella difesa
non faccia il microbo in sé. , delfospite, eventuali difetti della funzione leucocitaria, sia ereditari I
i
O Quando la risposta infiammatoria è inopportunamente rivolta sia acquisiti, si traducono in una maggiore vulnerabilità alle infezioni ›

contro i tessuti dellbspite, come in alcune malattie autoimmuni. (Tab. 2.3). Sono state identificate alterazioni pressoché in tutte le fasi
O Quando liospite reagisce in maniera eccessiva contro sostanze della difesa leucocitaria, dall'adesione all'endotelio vascolare all'atti-
ambientali normalmente innocue, come nel caso di malattie al- vità microbicida, compresi:
lergiche quali ad esempio l'asma.
O Difetti ereditari dell'adesione leucocitaria. Abbiamo precedente-

i
In tutte queste situazioni, i meccanismi attraverso i quali i leuco- mente menzionato i difetti genetici relativi alle integrine e ai li-
citi danneggiano i tessuti normali sono gli stessi implicati nella difesa gandi delle selectine quali cause delle sindromi di deficienza di
antimicrobica in quanto i meccanismi effettori dei leucociti, una adesione leucocitaria di tipo 1 e 2. I principali problemi clinici
volta che le cellule sono state attivate, non sono in grado di distin- correlati a entrambe le condizioni sono rappresentati dal verifi-
guere l'agente dannoso dalfospite. Durante fattivazione ela fagoci- carsi di infezioni batteriche ricorrenti.
tosi, i neutrofili e i macrofagi liberano prodotti microbicidi e di altra O Difetti ereditari della funzionefagolisosomica. In questa categoria
natura non solo all'interno dei fagolisosomi ma anche nello spazio ricade la sindrome di Chédiak-Higaslii, una condizione autosomica i
extracellulare. I più importanti tra questi sono gli enzimi lisosomiali, recessiva caratterizzata da alterazioni nella fusione dei fagosomi
presenti nei granuli, e le specie reattive dellbssigeno e delliizoto, so- e dei lisosomi all`interno dei fagociti (responsabili di una maggiore
stanze che, se rilasciate, sono in grado di danneggiare l'endotelio suscettibilità alle infezioni) e da anomalie a carico dei melanociti
vascolare e le cellule normali, amplificando cosi gli effetti delliagente (albinisnio), delle cellule del sistema nervoso (deficit neurologici)
I
lesivo iniziale. Di fatto, se non controllato o erroneamente diretto e delle piastrine (disturbi della coagulazione).“ Le principali ano-
contro i tessuti dellbspite, lo stesso infiltrato leucocitario diventa un malie leucocitarie sono la neutropenia (riduzione del numero dei
agente lesivo,” meccanismo confortato dall'evidenza che il danno neutrofili), una degranulazione alterata e un ritardato effetto mi-
tissutale associato ai leucociti è alla base di molte patologie umane crobicida. I leucociti contengono granuli giganti, facilmente os-
acute e croniche (Tab. 2.2). Questo aspetto risulterà evidente nella servabili negli strisci di sangue, che si ritiene derivino dalla fusione
trattazione delle specifiche patologie. aberrante dei fagolisosomi. Il gene associato a questa malattia
Il contenuto dei granuli lisosomiali viene rilasciato dai leucociti codifica per una grossa proteina citosolica chiamata LYST, appa-
nell'ambiente extracellulare tramite vari meccanismi” La secrezione rentemente coinvolta nella regolazione del traffico lisosomiale.
controllata del contenuto dei granuli è una normale risposta dei O Difetti ereditari dell'attività microbicida_ Eimportanza dei mecca-
leucociti attivati. Quando i fagociti entrano in contatto con materiali nismi battericidi ossigeno-dipendenti è dimostrata dalfesistenza

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Disturbi Cellule e molecole coinvolte nel danno

ACUTI
Sindrome da distress respiratorio acuto Neutrofili
Rigetto acuto di trapianto Linfociti; anticorpi e complemento
Asma Eosinofili; anticorpi lgE
Glomerulonefrite Neutrofili, monociti; anticorpi e complemento
Shock settico Citochìne
Ascesso polmonare Neutrofili (e batteri)
CRONICI
Artrite Linfociti, macrofagi; anticorpi?
Asma Eosinofili; anticorpi lgE
Aterosclerosi Macrofagí; linfociti?
Rigetto cronico di trapianto Linfociti; citochine
Fibrosi polmonare Macrofagí; fibroblasti

'Sono elencati esempi di patologie in cui la risposta dell'ospite assume un ruolo significativo nella lesione tissutale, con l'indicazione delle cellule e delle
molecole principalmente responsabili del danno. Queste malattie ela relativa patogenesi saranno discusse nel dettaglio nei capitoli dedicati alle patologie
specifiche.
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CAPITOLO 2 infiammazione acuta e cronica

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Malattia Difetto {

GENETICA
Deficienza di adesione leucocitaria di tipo 1

Deficienza di adesione leucocitaria di tipo 2

Malattia granuiomatosa cronica


Difetti di adesione leucocitaria dovuti a mutazioni nella catena B
delle integrine CD11/CD18
Difetti di adesione leucocitaria dovuti a mutazioni a carico della
fucosil-transferasi necessaria per la sintesi di oligosaccaride
sialilato (ligando perle selectine)
Riduzione della cascata ossidativa
I
l
Legata al cromosoma X
Autosomica recessiva
Deficit di MPO
Ossidasi fagocitica (componente di membrana)
Ossidasi fagocitica (componenti citoplasmatici)
Ridotta uccisione microbica a causa del malfunzionamento del
l
sistema MP0-H2O2
Sindrome di Chédiak-Higashi Riduzione delle funzioni leucocitarie dovuta a mutazioni a carico
della proteina coinvolta nel traffico di membrana lisosomiale
ACQUISITA
Soppressione del midollo emopoìetico: tumori, radiazioni e Produzione di leucociti
chemioterapia
Diabete, neoplasie maligne, sepsi, dialisi cronica Adesione e chemiotassi l.

Leucemia, anemia, sepsi, diabete, malnutrizione Fagocitosi e attività microbicida li


MPO, mieloperossidasi. -I "_ Il I T fa
Modificata da Gallin Jl: Disorders of phagocytic cells. ln Gallin Jl, et al (eds): lnflammation: Basic Principles and Clinical Correlates, 2nd ed. Nevv York, (I
Raven Press, 1992, pp 860, 861.

di un gruppo di malattie congenite riunite sotto il nome di tamente nel Capitolo 6. I macrofagi riconoscono i prodotti microbici
malattia granuiomatosa cronica e caratterizzate da un'azione e secernono la maggior parte delle citochine investite di un ruolo
battericida inefficace, che rende i pazienti suscettibili a infezioni importante nelfinfiammazione acuta. La funzione dei macrofagi
batteriche ricorrenti. La malattia granuiomatosa cronica è il ri- nelfinfiammazione sarà approfondita nelle pagine successive.
sultato di difetti ereditari a carico dei geni codificanti per varie I
componenti dellbssidasifagocitica, il complesso enzimatico che
ESTINZIONE DELLA RISPOSTA
genera O2;_ Le varianti più comuni sono un difetto legato al cro-
INFIAMMATORIA ACUTA
mosoma X in una delle componenti di membrana (gp91phox) e
difetti autosomici recessivi dei geni che codificano per due com- Come si può facilmente immaginare, un sistema di difesa dellbspite
ponenti citoplasmatiche (p47phox e p67phox)_“ Il nome di questa cosi potente, con una capacità intrinseca di causare danno tissutale,
patologia deriva dalla risposta infiammatoria cronica con marcato richiede uno stretto controllo per ridurre al minimo eventuali effetti
coinvolgimento macrofagico che interviene per controllare liin- dannosi. In parte, Finfiammazione regredisce per il semplice fatto
fezione quando l'iniziale difesa neutrofila si dimostra inadeguata. che i mediatori delfinfiammazione sono prodotti rapidamente e solo
In molti casi, ciò determina Faccumulo di macrofagi attivati, che per il tempo in cui lo stimolo persiste, hanno una breve emivita e
circoscrivono i microbi formando aggregati detti granulomi (de- vengono degradati dopo il loro rilascio. Anche i neutrofili hanno
scritti nel dettaglio nelle pagine successive). unemivita breve nei tessuti e muoiono per apoptosi alcune ore dopo
O Deficit acquisiti. Sotto il profilo clinico, la causa più frequente di avere lasciato il circolo ematico. Inoltre, con il progredire dell'in-
difetti leucocitari è la soppressione del midollo emopoietico, che fiammazione, il processo innesca anche una serie di segnali di arresto
porta a una ridotta produzione di leucociti. Questo fenomeno è che servono a interrompere la i'eazione_4'l`“ Questi meccanismi attivi
generalmente osservato in pazienti sottoposti a terapie oncolo- includono: un cambiamento nel metabolismo dell'acido arachido-
giche (radioterapia e chemioterapia) e quando lo spazio midollare nico con lo spostamento della produzione di leucotriení proinfiam- l
è compromesso da neoplasie del midollo (ad es. leucemie) o da matori verso la produzione di lipossine antinfiammatorie (come
metastasi di un tumore primario localizzato in altra sede. vedremo più avanti); il rilascio di citochine antinfiammatorie, tra
cui il fattore di crescita trasformante ß (TGPB) e l'IL-10, da parte
Malgrado l'enfasi attribuita al ruolo dei leucociti reclutati dal dei macrofagi e di altre cellule; la produzione di mediatori lipidici
circolo ematico nella risposta infiammatoria acuta, occorre precisare antinfiammatori chiamati resolvine e protectine, derivati dagli acidi
che anche le cellule residenti nei tessuti svolgono importantifunzioni grassi polinsaturi;"5 e impulsi neurali (scarica colinergica) che ini-
nellesordio della stessa. Pra queste, i due tipi cellulari più importanti biscono la produzione di TNP nei macrofagi.46
sono i mastociti e i macrofagi tissutali. Queste "sentinelle” sono
presenti nei tessuti per riconoscere rapidamente gli stimoli poten-
zialmente lesivi e dare origine alla reazione di difesa delI'ospite. I Mediatori dell'infiammazione
mastociti reagiscono a traumi fisici, a prodotti di degradazione del
complemento, a prodotti microbici e neuropeptidi rilasciando ista- Dopo avere descritto la sequenza di eventi tipica delfinfiammazione
l
mina, a leucotriení, a enzimi e a varie citochine (compresi il TNP, acuta, possiamo passare ad analizzare i mediatori chimici responsa-
l'IL-1 e le chemochine), tutti fattori che contribuiscono all'infiaiii- bili di tali reazioni. Sono stati identificati molti mediatori, ma i mec- l

mazione. Le funzioni dei mastociti saranno descritte più dettaglia- canismi con cui essi agiscono in maniera coordinata non sono ancora il
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Mediatore Fonti principali Azioni


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Di DERIVAZIONE CELLULARE
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istamina Mastociti, basofili, piastrine Vasodilatazione, aumento della permeabilità r
l
vascolare, attivazione endoteliale l
Serotonina Piastrine Vasodilatazione, aumento della permeabilità
vascolare
Prostaglandine Mastociti, leucociti Vasodilatazione, dolore, febbre
Leucotrieni Mastociti, leucociti Aumento della permeabilità vascolare,
chemiotassi, adesione e attivazione dei
leucociti
Fattore attivante le piastrine Leucociti, mastociti Vasodilatazione, aumento della permeabilità
vascolare, adesione dei leucociti, r
i
chemiotassi, degranulazione, cascata
ossidativa
Specie reattive dell'ossigeno Leucociti Uccisione dei microbi, danno tissutale
Ossido di azoto Endotelio, macrofagi Rilassamento della muscolatura liscia
vascolare, uccisione microbica
Citochìne (TNF, ll.-1) Macrofagi, cellule endoteliali, mastociti Attivazione endoteliale locale (espressione
di molecole di (adesione), febbre/dolore/
anoressia/ipotensione, riduzione delle il›
resistenze vascolari (shock)
Chemochine Leucociti, macrofagi attivati Chemiotassi, attivazione leucocitaria
DERIVATO DALLE PROTEINE PLASMATICHE l
l

Prodotti del complemento (C5a, C3a, C4a) Plasma (di origine epatica) Chemiotassi e attivazione leucocitaria,
vasodilatazione (stimolazione dei
mastociti)
Chinine Plasma (di origine epatica) Aumento della permeabilità vascolare,
contrazione della muscolatura liscia,
vasodilatazione, dolore
Proteasi attivate durante la coagulazione Plasma (di origine epatica) Attivazione endoteliale, reclutamento
leucocitario l

IL-1, interleuchina-1; MAC, complesso di attacco alla membrana;TNF, fattore di necrosi tumorale.

stati del tutto compresi. Le fonti dei principali mediatori e i loro ruoli di microbi o di tessuti morti assicura che finfiammazione venga
nella reazione infiammatoria sono riportati nella Tabella 2.4. La normalmente imiescata solo quando e dove necessario.
trattazione sui mediatori delfinfiammazione si aprirà con l'analisi di Un mediatore può stimolare il rilascio di altri mediatori. La cito-
alcune delle proprietà comuni a tali fattori e con la descrizione dei china TNP, ad esempio, agisce sulle cellule endoteliali per stimo-
pi incipi generali relativi alla loro produzione e azione. lare la produzione di un'altra citochina, IL-1, e di numerose
chemochine. Gli inibitori secondari possono esercitare gli stessi
I mediatori sono prodotti dalle cellule o dalle proteine plasmatiche. effetti dei mediatori iniziali oppure avere uifattività diversa 0
I mediatori di derivazione cellulare, normalmente sequestrati nei addirittura opposta. Tali cascate forniscono meccanismi atti ad
granuli intracellulari, possono essere secreti rapidamente per amplificare - o in alcuni casi a contrastare - l'azione di un
esocitosi dei granuli (ad es. fistamina contenuta nei granuli dei mediatore iniziale.
mastociti) o essere sintetizzati de novo (ad es. prostaglandine e Imediatori hanno bersagli cellulari variabili. Essi possono agire
citochine) in risposta a uno stimolo. I principali tipi cellulari su uno o pochi tipi di cellule bersaglio, possono avere bersagli Â
responsabili della produzione dei mediatori dell'infiammazione differenti o, ancora, produrre effetti diversi a seconda del tipo
i
acuta sono le piastrine, i neutrofili, i monociti/macrofagi e i ma- cellulare che costituisce il loro bersaglio.
stociti, ma anche le cellule mesenchimali (endotelio, muscolo La maggiorparte di questi mediatori, una volta attivati e rilasciati
liscio, fibroblasti) e la maggior parte delle cellule epiteliali posso- dalla cellula, lia vita breve. Essi si degradano rapidamente (nie-
no essere indotte a sintetizzare alcuni di questi mediatori. I taboliti dell'acido arachidoiiico), vengono inattivati per via enzi-
mediatori di derivazione plasmatica (ad es. le proteine del com- matica (la chininasi inattiva la bradichinina), sono eliminati in
plemento e le chinine) sono prodotti principalmente a livello altro modo (gli antiossidanti eliminano i metaboliti tossici dellbs-
epatico e viaggiano nel circolo in forma di precursori inattivi che sigeno) oppure vengono inibiti (le proteine regolatrici del com-
acquisiranno le loro proprietà biologiche solo dopo essere stati plemento frammentano e degradano i componenti attivati del
attivati, in genere tramite una serie di clivaggi proteolitici. complemento). Esistono quindi sistemi di controllo e di riequi-
I mediatori attivi sono prodotti in risposta a vari stimoli, quali ad librio atti a regolare le azioni dei mediatori.
esempio prodotti microbici, sostanze rilasciate dalle cellule ne-
crotiche ele proteine dei sistemi del complemento, delle chinine Tratteremo ora alcuni dei più importanti mediatori delfinfiam-
e della coagulazione, a loro volta attivati da microbi e tessuti dan- mazione acuta, partendo dai mediatori di derivazione cellulare per
neggiati. Il fatto che lo stimolo iniziatore consista nella presenza poi passare a quelli derivati dalle proteine plasmatiche. 1
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MEDIATORI DI DERIVAZIONE CELLULARE di enzimi: le ciclossigenasi (dalle quali si ottengono prostagla. c u - t r a
e trombossani) e le lipossigenasi (responsabili della produzione di
Amine vasoattive: istamina e serotonina leucotriení e lipossine) (Pig. 2.11). Gli eicosanoidi si legano ai re-
cettori accoppiati a proteine G presenti su molti tipi cellulari e
Le due principali amine vasoattive, cosi definite in virtù degli possono mediare praticamente qualsiasi fase delfinfiammazione
importanti effetti prodotti sui vasi sanguigni, sono l°istamina e la (Tab. 2.5).
serotonina. Immagazzinate sotto forma di molecole preformate
all'interno delle cellule, costituiscono i primi mediatori a essere ri- O Le prostaglandine (PG), sintetizzate da mastociti, macrofagi, l

lasciati durante liinfiammazione. La fonte più ricca di istamina è cellule endoteliali e vari altri tipi cellulari, sono coinvolte nelle
rappresentata dai mastociti normalmente presenti nel tessuto con-
nettivo adiacente ai vasi sanguigni, ma tale mediatore è rinvenuto
reazioni infiammatorie vascolari e sistemiche. La produzione di
questi mediatori richiede l'intervento di due ciclossigenasi, la
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anche nei basofili e nelle piastrine circolanti. L'istamina contenuta COX-1 espressa costitutivamente e l'enzima inducibile COX-2.
nei granuli dei mastociti viene rilasciata per degranulazione delle Le prostaglandine sono suddivise in serie sulla base delle loro i

cellule in risposta a vari stimoli, tra cui (1) lesioni fisiche come caratteristiche strutturali e vengono codificate con una lettera
traumi, freddo o calore; (2) il legame degli anticorpi ai mastociti, (PGD, PGE, PGP, PGG e PGH) e un numero deponente (ad es.
fenomeno alla base delle reazioni allergiche (Cap. 6); (3) frammenti 1 e 2) che indica il numero di doppi legami nel composto. Le più
del complemento detti anafilotossine (C3a e C5a); (4) proteine di importanti nelfinfiammazione sono PGEZ, PGD2, PGP2,(, PGIZ
derivazione leucocitaria; (5) neuropeptidi (ad es. sostanza P); (6) (prostaciclina) e TXAZ (trombossano), ciascuna delle quali deriva
citochine (IL-1, IL-8). dall”azione di un enzima specifico su un intermedio nella via
Uistamina causa la dilatazione delle arteriole e determina un biosintetica. Alcuni di questi enzimi hanno una distribuzione
aumento della permeabilità delle venule. E considerata il principale tissutale limitata. Le piastrine, ad esempio, contengono l'enzima
mediatore della fase di aumento immediato della permeabilità va- trombossano sintetasi e quindi il TXAZ è il principale prodotto
scolare, responsabile - come abbiamo precedentemente visto - della di queste cellule. Il TxA2, un potente agente di aggregazione
formazione di aperture intercellulari nelfendotelio delle venuie. I piastrinica e un vasocostrittore, è di per sé instabile e viene
suoi effetti vasoattivi sono mediati principalmente dal legame dei convertito rapidamente nella sua forma inattiva TXBZ. Ikndotelio
recettori H, sulle cellule delfendotelio microvascolare” vascolare non possiede trombossano sintetasi, ma contiene pro-
La serotonina (5-idrossitriptamina) è un mediatore vasoattivo staciclina sintetasi, che determina la formazione di prostaciclina
preformato con azioni simili a quelle dell'istamina. È presente nelle (PGI2) e del suo prodotto finale stabile PGP,,,. La prostaciclina
piastrine e in alcune cellule neuroendocrine, ad esempio nel tratto è un vasodilatatore e un potente inibitore dell'aggregazione pia-
gastrointestinale, nonché nei mastociti di roditore (ma non dell°uo- strinica; inoltre potenzia notevolmente l”aumento della permea- /
mo). Il rilascio di serotonina (e istamina) da parte delle piastrine è bilità vascolare e gli effetti chemotattici propri di altri mediatori. i

stimolato dalliaggregazione piastrinica che si realizza dopo il contatto Uno squilibrio tra i livelli di trombossano e di prostaciclina è
con sostanze come il collagene, la trombina, l°adenosina difosfato e stato chiamato in causa quale evento precoce nella formazione

i complessi antigene-anticorpo. La reazione di rilascio delle piastrine, di trombi nei vasi coronarici e cerebrali (Cap. 4). La PGD2 è la
elemento chiave della coagulazione, dà quindi luogo anche a un principale prostaglandina prodotta dai mastociti; insieme alla
aumento della permeabilità vascolare, un esempio dei molteplici PGE, (più ampiamente distribuita), causa la vasodilatazione e
nessi esistenti tra la coagulazione e finfiammazione. faumento della permeabilità delle venule postcapillari, poten-
ziando cosi la formazione delfedema_ La PGP1,, stimola la con-
trazione delle piccole arteriole e della muscolatura liscia dell'ute-
Metaboliti dell'acido arachidonico (AA): ro e dei bronchi, e la PGD, è un fattore chemotattico per i
prostaglandine, leucotriení e lipossine neutrofili.
Quando le cellule vengono attivate da vari stimoli, ad esempio da O Oltre a produrre effetti locali, le prostaglandine sono coinvolte
prodotti microbici e da diversi mediatori dell'infiammazione, anche nella patogenesi del dolore e della febbre durante finfiam-
l'acido arachidonico (AA) contenuto nella membrana viene rapi- mazione. La PGE, è iperalgesica e rende la cute ipersensibile agli
damente convertito per via enzimatica allo scopo di produrre stimoli dolorosi, come ad esempio l'iniezione intradermica di
prostaglandine e leucotriení. Questi mediatori lipidici biologica- concentrazioni subottimali di istamina e bradichinina; inoltre è ›

mente attivi fungono da segnali intracellulari o extracellulari che implicata nella febbre indotta dalle citochine in presenza di in-
influenzano una serie di processi biologici, compresa liinfiamma- fezioni (si veda oltre).
zione e l'emostasi.”'5° O Gli enzimi lipossigenasi sono responsabili della produzione di
L'AA è un acido grasso polinsaturo a 20 atomi di carbonio (acido leucotriení, sostanze sintetizzate principalmente dai leucociti e
5,8,11,14-eicosatetraenoico) derivante da fonti alimentari o dalla dotate di valore chemotattico per queste stesse cellule nonché di
conversione di un acido grasso essenziale, l'acido linoleico. L°AA effetti vascolari. Esistono tre diversi tipi di lipossigenasi; di queste,
non si trova in forma libera nelle cellule, ma è normalmente este- la 5-lipossigenasi è quella predominante nei neutrofili. La 5-li-
rificato nei fosfolipidi di membrana. Stimoli meccanici, chimici e possigenasi converte FAA ad acido 5-idrossieicosatetraenoico, un
fisici o mediatori di altra natura (ad es. C5a) determinano il rilascio precursore dei leucotriení chemotattico per i neutrofili. ELTB, è
dell'AA dai fosfolipidi di membrana attraverso l'azione di fosfolipasi un potente agente chemotattico capace di attivare i neutrofili
cellulari, in particolare della fosfolipasi A2. I segnali biochimici causando llaggregazione e l'adesione delle cellule all°endotelio
coinvolti nelfattivazione della fosfolipasi A2 includono un aumento delle venule, la formazione di ROS e il rilascio di enzimi lisoso- L

della concentrazione citoplasmatica di Cal* e fattivazione di varie miali. I cisteinil-leucotriení C4, D, e E, (LTC,, LTD., e LTE,,) cau-
chinasi in risposta a stimoli esterni.51 I mediatori derivati dall'AA, sano una marcata vasocostrizione, broncospasmo (importante
detti anche eicosanoidi, sono sintetizzati da due importanti classi nell'asma) e un incremento della permeabilità vascolare. Anche l
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f Fosfolipidi della membrana cellulare

inibizione da steroidi - --X--› Fosfolipasi f

Altre I
ACIDO ARACHIDONICO HPETE í> HETE
lipossigenasi

5-lipossigenasi
acetilsalicilico
e indometacina
Prostaglandine G2 (PGG2) ì 5-HPETE P--> 5-HETE

12-lipossigenasi
V
Prostaglandina H2 (PGH2)
Leucotriene A4 (LTA4)í› Leucotriene B4
(LTB4) _
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Prostaciclina Trombossano A2 Leucotriene C4 (LTC4)
(PGI2) (TxA2) Vasocostrizione
Broncospasmo
Causa vasodilata- Causa vasocostri- Leucotriene D4 (LTD4) Aumento della
zione, inibisce zione, promuove permeabilità
l'aggregazione l'aggregazione _ vascolare
Leucotriene E4 (LTE4) ._
piastrinica piastrinica

f l Lipossina A4 Lipossina B4
PGD2 PGE2 (LXA4) (LXB4)
Vasodilatazione inibisce l'adesione dei
Aumento della permeabilità vascolare neutrofili e la chemiotassi
/

Generazione di metaboliti dell'acido arachidonico e relativi ruoli nellinfiammazione. I bersagli molecolari dell'azione di alcuni farmaci antin-
fiammatori sono indicati da una X rossa. Non vengono illustrati gli agenti responsabili di sopprimere la produzione di leucotriení mediante inibizione della
5-lipossigenasi (ad es. zileuton) o di bloccare I recettori dei leucotriení (ad es. montelukastl. COX, ciclossigenasi; HETE, acido idrossieicosatetraenoico;
HPETE, acido idroperossieicosatetraenoico.
l

in questo caso, come già osservato con l'istamina, la perdita di reclutame›i\to leucocitario e delle componenti cellulari dell'infiam-
liquidi dal lume vascolare è limitata alle venule, ma i leucotriení mazione, espletate inibendo la chemiotassi dei neutrofili e liade-
sono molto più potenti delfistamina nelllaumentare la permea- sione all'enclotelio. Esiste una correlazione inversa tra la
bilità vascolare e nel causare broncospasmo. produzione di lipossine e quella di leucotriení, la quale suggerisce
Anche le lipossine sono generate a partire dall'AA attraverso la che le lipossine possano intervenire quali regolatori negativi I
via della lipossigenasi ma, a differenza delle prostaglandine e dei endogeni dei leucotriení e svolgere pertanto un ruolo nella riso- I
leucotriení, le lipossine agiscono come inibitori dell'infiammazio- luzione delfinfiammazione.
ne* Esse si distinguono inoltre per il fatto che la biosintesi trans- I
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cellulare di questi mediatori richiede il coinvolgimento di due Molti farmaci antinfiammatori inibiscono la sintesi di L
r
popolazioni cellulari. I leucociti, in particolare i neutrofili, pro- eicosanoidi: I I
ducono intermedi della sintesi delle lipossine, successivamente , I
convertiti a lipossine dalle piastrine che interagiscono con i leu- O Inibitori della ciclossigenasi. Rientrano in questa categoria
cociti. Le principalifunzioni delle lipossine sono liinibizione del l'acido acetilsalicilico e altri farmaci antinfiainmatori non

Azione Eicosanoide ,

Vasodilatazione PGI2 (prostaciclina), PGE,, PGEZ, PGD2

Vasocostrizione Trombossano A2, leucotriení C4, D4, E4 I

Aumento della permeabilità vascolare Leucotrieni C4, D4, E4

Chemiotassi, adesione leucocitaria Leucotriene B4, HETE ,


HETE, acido idrossieicosatetraenoico; PGI2 e simili, prostaglandina I; e simili.

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steroidei (FANS) come findometacina che, inibendo sia COX-1 Fattore di attivazione delle piastrine (PAF)
sia COX-2, inibiscono la sintesi delle prostaglandine; l'acido
acetilsalicilico ottiene tale risultato acetilando in maniera ir- Il fattore di attivazione delle piastrine (PAP) è un altro mediatore di
reversibile e inattivando le ciclossigenasi. Gli inibitori selettivi derivazione fosfolipidicaff Il nome deriva dalla sua natura di promo-
della COX-2 costituiscono una classe più recente di farmaci di tore delfaggregazione piastrinica, proprietà per la quale fu caratteriz-
questo tipo. Grande interesse ha suscitato la possibilità di zato al momento della sua scoperta, sebbene negli anni successivi sia
impiegare quale bersaglio terapeutico la COX-2, enzima in- stata dimostrata la capacità di questo fattore di produrre anche vari
dotto da numerosi stimoli infiammatori e assente nella mag- effetti infiammatori. Vari tipi cellulari, tra cui le stesse piastrine, i
gior parte dei tessuti in normali condizioni di “riposo”.52 La basofili, i mastociti, i neutrofili, i macrofagi e le cellule endoteliali,
COX-1, per contro, è anch”essa prodotta in risposta a stimoli sono in grado di produrre PAP sia nella forma destinata alla secrezione I
infiammatori ma viene costitutivamente espressa nella maggior sia in quella legata alle cellule. Oltre a stimolare faggregazione piastri-
parte dei tessuti. Questa differenza ha portato ad avanzare nica, il PAP causa Vasocostrizione e broncocostrizione e, a concentra-
liipotesi che la COX-1 sia responsabile della produzione delle zioni estremamente basse, induce la vasodilatazione e aumenta la r

prostaglandine coinvolte nelfinfiammazione e nel funziona- permeabilità delle venule con una potenza da 100 a 10.000 volte su-
mento omeostatico (ad es. il mantenimento del bilancio idro- periore a quella delfistamina. Il PAP causa inoltre una maggiore ade-
elettrolitico nei reni, la citoprotezione nel tratto gastrointesti- sione dei leucociti all'endotelio (facilitando il legame mediato dalle I

nale), mentre la COX-2 sarebbe responsabile della produzione integrine) e un incremento della chemiotassi, della degranulazione e
di prostaglandine coinvolte esclusivamente nelle reazioni in- della cascata ossidativa. Il PAP, pertanto, può evocare la maggior parte
fiammatorie. Se tale concetto è esatto, gli inibitori selettivi della delle reazioni vascolari e cellulari delfinfiainmazione, oltre a poten-
COX-2 dovrebbero esercitare un”azione antinfianimatoria sen- ziare la sintesi di altri mediatori - soprattutto eicosanoidi - da parte
za determinare gli effetti tossici propri degli inibitori non se- dei leucociti e di altre cellule. Che il PAP abbia un ruolo in vivo è
lettivi, responsabili ad esempio della formazione di ulcere suggerito dalla capacità di determinati antagonisti sintetici dei recettori I
I
gastriche. Queste distinzioni, tuttavia, non sono assolute: anche per il PAP di inibire finfiammazione in alcuni modelli sperimentali.
la COX-2 sembra infatti avere un ruolo nel mantenimento della
normale oineostasi. Recentemente, i risultati prodotti da ampi I

studi clinici hanno generato apprensione circa la capacità degli Specie reattive dell'ossigeno É
inibitori selettivi della COX-2 di accrescere il rischio di episodi
cardiovascolari e cerebrovascolari, inducendo così il ritiro di I radicali liberi dell'ossigeno possono essere rilasciati nelfambiente
molti di questi farmaci dal mercato statunitense e non solo. extracellulare dai leucociti in seguito alfesposizionea microbi, che-
Una possibile spiegazione per il maggiore rischio di trombosi mochine e immunocomplessi oppure in seguito a uno stimolo di
arteriosa può risiedere nel fatto che gli inibitori della COX-2 fagocitosi” e, come abbiamo visto, la loro produzione dipende
compromettono la produzione endoteliale di prostaciclina, dalllattivazione del sistema della NADPH ossidasi. L`anione supe-
sostanza dotata di proprietà vasodilatatrici e di inibizione rossido (Of), il perossido di idrogeno (I-IZOZ) e il radicale idrossile
dell'aggregazione piastrinica, lasciando tuttavia intatta la pro- (°OH) sono le principali specie reattive prodotte all”interno della
duzione piastrinica mediata da COX-1 di TXAZ, importante cellula, e Of può combinarsi con NO per formare specie reattive
fattore di stimolazione delfaggregazione piastrinica e della delliazoto. Il rilascio extracellulare di questi potenti mediatori a bassi
Vasocostrizione. Stando a questa ipotesi, dunque, l'inibizione livelli può aumentare fespressione di chemochine (ad es. IL-8), ci-
selettiva della COX-2 altererebbe lequilibrio a favore del trom- tochine e molecole di adesione dei leucociti all'endotelio, amplifi-
bossano promuovendo la trombosi vascolare, in particolare cando la risposta infiammatoria. Come precedentemente accennato,
nei soggetti che presentino anche altri fattori di rischio per la la funzione fisiologica di queste ROS nei leucociti è distruggere i
tronibosi.5°'“ microbi fagocitati, ma il rilascio di questi potenti mediatori può
Inibitori della lipossigenasi. La 5-lipossigenasi non è influenzata rivelarsi dannoso per l'ospite (Cap. 1). Le specie reattive delfossigeno
dai PANS, ragione per cui è stato necessario sviluppare una serie sono implicate nelle seguenti risposte infiammatorie:
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di nuovi inibitori per questa via enzimatica. Gli agenti farmaco- I
logici che inibiscono la produzione di leucotrieni (ad es. zileuton) O Danno delle cellule endoteliali, con conseguente aumento della
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o bloccano i recettori dei leucotriení (ad es. montelukast) si sono permeabilità vascolare. I neutrofili che aderiscono allfendotelio,
dimostrati utili nel trattamento dell'asma. una volta attivati, non solo producono specie tossiche specifiche
Inibitori ad ampio spettro. Questi comprendono i corticosteroidi, ma stimolano anche la produzione di ROS nelle cellule
potenti agenti antinfiammatori che possono agire riducendo la endoteliali.
trascrizione dei geni codificanti per COX-2, per la fosfolipasi Al, O Lesioni a carico di altri tipi cellulari (cellule parenchimali e globuli
per le citochine proinfiammatorie (come l'IL-I e il TNP) e per la rossi).
INOS. O Inattivazione degli inibitori delle proteasi, come foi,-antitripsina_
Un ulteriore approccio alla manipolazione delle risposte infiam- Ciò porta a un'attività proteasica non controbilanciata, con un
matorie consiste nel modificare fassunzione e il contenuto dili- conseguente aumento della distruzione della matrice extracellu-
pidi nella dieta, in particolare aumentando il consumo di olio di lare. A livello polmonare, tale inibizione favorisce la distruzione
pesce. La motivazione proposta per spiegare lefficacia di tale dei tessuti elastici osservata ad esempio nell'enfisema (Cap. 15).
approccio è che gli acidi grassi polinsaturi contenuti nellblio di
pesce costituiscono un substrato scadente perla conversione a Nel siero, nei liquidi tissutali e nelle cellule delfospite sono pre-
metaboliti attivi da parte delle vie della ciclossigenasi e della li- senti meccanismi antiossidanti con funzioni protettive rispetto
possigenasi, ma al contempo forniscono un eccellente substrato all'azione di questi radicali liberi dell'ossigeno potenzialmente dan-
per la produzione dei prodotti lipidici antinfiammatori detti re- nosi. La categoria degli antiossidanti, descritta nel Capitolo 1, com-
solvine e protectinefs prende: (1) fenzima superossido dismutasi, presente o attivabile in I
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CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica l
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.e.°osi tipi cellulari; (2) lenzima catalasi, che detossifica HZOZ; e di altre cellule a opera di citochine (ad es. TNP e IFN-y) o di p.c o c u - t r a c
(3) la giutationeperossidasi, altro potente detossificatore di HZOZ; (4) dotti microbici.
la proteina sierica contenente rame detta ceruloplasniina; (5) la NO svolge un duplice ruolo nelI'i›ifig«nimazione: du una parte ri-
frazione sierica priva di ferro transƒerrina. Il ruolo svolto dai radicali lassa la muscolatura liscia dei vasi e promuove la vasodilatazione,
liberi dell'ossigeno in una qualsiasi reazione infiammatoria dipende contribuendo così alla reazione vascolare, dalliiltro funge da inibitore
pertanto dalfequilibrio tra la produzione e l'inattivazione di tali della conipoiiente cellulare della risposta inƒiai1iiiiatoi'ia.5°'57 NO ri-
metaboliti a opera di cellule e tessuti. duce faggregazione e l'adesione piastrinica (Cap. 4) e inibisce diversi
aspetti delfinfiammazione indotta dai mastociti nonché il recluta- ›
mento dei leucociti. Per via di questi efietti inibitori, si ritieíierclie la
Ossido di azoto (NO) produzione di NO rappresenti iui nieccanisino endogeno di controllo
della risposta infianiinatoría. l
Quando fu scoperto, l'ossido di azoto (NO) venne descritto come Poiché NO e i suoi derivati sono niicrobicidi, questofattore è con-
un fattore rilasciato dalle cellule endoteliali responsabile di causare siderato un mediatore della risposta dellbspite alle infezioni (di cui si
vasodilatazione, caratteristica che gli valse la definizione di fattore di è discusso nei paragrafi precedenti). Livelli elevati di NO indotto da
rilassamento di derivazione endoteliale. NO è un gas solubile pro- iNOS sono prodotti dai leucociti, in particolare neutrofili e macro-
dotto non solo dalle cellule endoteliali ma anche dai macrofagi e da fagi, in risposta a un”invasione microbica.
alcuni neuroni del cervello. Agisce per via paracrina sulle cellule
bersaglio mediante l'induzione di guanosin-monofosfato ciclico, il
quale a sua volta da inizio a una serie di eventi intracellulari gene- Citochìne e chemochine
ranti una risposta, ad esempio il rilassamento della muscolatura liscia
-«s;e=-_a›`
dei vasi. Poiché femivita in vivo di NO è di pochi secondi, il gas Le citochine sono proteine prodotte da molti tipi cellulari (soprattutto
agisce solo sulle cellule che si trovano nelle strette vicinanze della linfociti e macrofagi attivati, ma anche cellule endoteliali, epiteliali
sede dove è stato prodotto. e del tessuto connettivo) responsabili di modulare la funzione di
NO viene sintetizzato a partire dalla L-arginina a opera rielfenziina altre cellule. Queste molecole, il cui coinvolgimento nelle risposte
ossido di azoto sintetasi (NOS). Esistono tre diversi tipi di NOS: immunitarie cellulari è più che consolidato, hanno anche effetti
endoteliale (eNOS), neuronale (nNOS) e inducibile (iNOS) (Pig. importanti nelliinfiammazione tanto acuta quanto cronica. Le loro
2.12). Gli enzimi eNOS e nNOS sono costitutivamente espressi a proprietà e funzioni generali sono discusse nel Capitolo 6. Nei pa-
bassi livelli e possono essere attivati rapidamente da un incremento ragrafi che seguono andremo ad analizzare le proprietà delle cito-
della concentrazione citoplasmatica di Ca". Ifenzima iNOS, per chine implicate nelfinfiammazione acuta (Tab. 2.6). I
contro, viene indotto in conseguenza delfattivazione dei macrofagi Fattore di necrosi tumorale e interleuchina-1. Il TNP e l”IL-1 I
sono due delle principali citochine responsabili di mediare l'infiam-
mazione. Vengono prodotte principalmente dai macrofagi attivati e
Vasodilatazione e rilassamento
della muscolatura liscia vascolare la loro secrezione può essere stimolata da endotossine e altri prodotti
, I
microbici, immunocomplessi, lesioni fisiche e vari stimoli infiam- i

t \ Q /;77 matori. Le principali azioni espletate dal TNP e dall”IL-1 nell”inf1am-


I
- 'NO _ = mazione riguardano gli effetti prodotti su endotelio, leucociti e
enos . NO .È fibroblasti e l'induzione delle reazioni sistemiche di fase acuta
/ `\ Minore (Pig. 2.13). Nellendotelio questi due fattori inducono tutta una serie
l 7 adesione di alterazioni designate con il termine di attivazione endoteIiale.5"“ In
_ leucocitaria particolare, inducono Fespressione di molecole di adesione endote-
Piastrine liale e la sintesi di mediatori chimici - tra cui altre citochine, che-
mochine, fattori di crescita, eicosanoidi e NO - oltre a stimolare la

. No
Qg M'
2
. produzione di enzimi associati al rimodellamento della matrice e a
incrementare la trombogenicità della superficie dellendotelio” Il
L _
_ ["/
\ TNP, infine, potenzia la risposta dei neutrofili a stimoli di altra na-
tura quali ad esempio l'endotossina batterica.
l
.
Â
ílllJi\.\\_ll\\ La produzione di IL-1 è controllata da un complesso cellulare
multiproteico, talvolta definito “inflammasoma”, che risponde agli
l
I

stimoli provenienti dai microbi e dalle cellule morte. Questo com-


No + 0; -› oH' + N02 plesso attiva proteasi facenti parte della famiglia delle caspasi, le
quali clivano il neosintetizzato precursore inattivo dell'IL-1 nella
:V é \
citochina biologicamente attiva. Le mutazioni a carico dei geni
l ..-«J ' codificanti per i membri di questo complesso proteico sono la
stimolo di _( `; li
attivazione lt :` , /› causa delle sindroini autoinfianiinatorie ereditarie, di cui la più nota
Microbo ,W è rappresentata dalla febbre mediterranea.°° Le proteine mutanti I

possono attivare costitutivamente le caspasi infiammatorie o in-


ciioiossiciia
terferire con la controregolazione di tale processo enzimatico,
Macrofago ¬ W, determinando quale risultato finale una produzione non regolata
di IL-1.61” I pazienti affetti presentano febbre e altre manifesta-
ti i Eftetti ciell'ossido di azoto (NO) sui vasi sanguigni e sui
macrofagi. l_'ossido di azoto è prodotto da due enzimi NO sintetasi (NOS) e zioni sistemiche di infiammazione in assenza di un evento scate-
provoca vasodilatazione; i radicali liberi di NO sono tossici per le cellule nante manifesto. Nel tempo, alcuni di questi pazienti sviluppano 1
microbiche e di mammifero. anche amiloidosi, una malattia che porta alla formazione di
i

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CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica
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Citochina Fonti principali Principali agioni ne|l'infiammazione


I

NELL'lNFIAMMAZlONE ACUTA
TNF Macrofagi, mastociti, linfocitiT Stimola l'espressione delle molecole di
adesione endoteliale ela secrezione di
altre citochine; effetti sistemici
ll.-1 Macrofagi, cellule endoteliali, alcune cellule Simili a quelle delTNF; ruolo più importante ›

epiteliali nella febbre


IL-6 Macrofagi, altre cellule Effetti sistemici (risposta di fase acuta)
Reclutamento dei leucociti nei siti di l
Chemochine Macrofagi, cellule endoteliali, linfocitiT, I
mastociti, altri tipi cellulari infiammazione; migrazione delle cellule
nei tessuti normali
I

NELL'lNFlAMMAZ|0NE CRONICA
Cellule dendritiche, macrofagi Maggiore produzione di lFN-N
lL-12
IFN-y LinfocitiT, cellule NK Attivazione dei macrofagi (più efficace
eliminazione dei microbi e delle cellule
tumorali)
lL-17 LìnfoCitiT Reclutamento di neutrofili e monociti

IFN-y, interferone v; ll.-l, interleuchinal; cellule NK, cellule natural killer;TNF, fattore di necrosi tumorale.
Sono elencate le principali citochine coinvolte nelle reazioni infiammatorie. l\/lolte altre citochine possono svolgere un ruolo di secondo piano nelfinfiamma-
zione. Si riscontra inoltre un notevole grado di sovrapposizione tra le citochine coinvolte nell'infìammazione acuta e quelle coinvolte nell'infiammazione
cronica. Nello specifico, tutte le citochine elencate nella colonna dell'infiammazione acuta possono contribuire anche a reazioni infiammatorie croniche.

depositi extracellulari di sostanza amiloide, spesso in conseguenza capitolo). Il TNF partecipa inoltre alla regolazione delfequilibi'io
di un'infiammazione persistente (Cap. 6). Gli antagonisti dell”IL-1 energetico, promuovendo la mobilizzazione di lipidi e proteine e
si dimostrano eflìcaci nel trattamento di simili affezioni e costitui- riducendo l”appetito. Una produzione sostenuta di TNF contribuisce
scono un eccellente esempio di terapia razionale a bersaglio pertanto alla cachessia, uno stato patologico caratterizzato da perdita
molecolare. Lo stesso complesso delfinflammasoina può essere di peso e anoressia che si accompagna ad alcune infezioni croniche I

attivato dai cristalli di urato nella patologia definita gotta, in cui e a patologie neoplastiche (Cap. 9).
l'infiammazione sembra inoltre essere mediata almeno in parte da Chemochine. Le chemochine sono una famiglia di piccole
IL-1 (Cap. 26). proteine (8-10 l<Da) che agiscono principalmente come fattori che-
IL-1 e TNF (come anche IL-6) inducono le risposte sisteniiclie di motattici di attrazione per specifici tipi di leucocita” Sono state
fase acuta associate a infezioni o lesioni (e descritte più avanti nel identificate circa 40 diverse chemochine e 20 differenti recettori per

Prodotti microbici, altre citochine, tossine


l
ATTIVAZIONE DEI MACROFAGI
(e di altre cellule)

TNF I IL-1
F
"I I
EI=I=ETrI LocALI EFFETTI sIsTEIvIIcI
l
l Ii il
Endotelio vascolare Leucociti Fibroblasti . Febbre
~ Leucocitosi
- lEspressione delle molecole ' Attivazione ~ Proliferazione - 1Proteine di fase
di adesione leucocitaria ° Produzione ° †Sintesi acuta
- Produzione di IL-1, di citochine di collagene ° lAppetito
chemochine - †Sonno
~ tAzione procoagulante e
lazione anticoagulante
l
l I
I MANIFESTAZIONI
INFIAMMAZIONE RIPARAZIONE SISTEMICHE DELL'
INFIAMMAZIONE

_ Principali azioni locali e sistemiche del fattore di necrosi tumorale (TNF) e dell'interleuchina›l (IL-1).

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CAPITOLO 2 infiammazione acuta e cronica I
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.,_iochine. Queste proteine sono classificate in quattro gruppi, linfociti T, responsabile di promuovere il reclutamento dei neutrofili. c u -tr ack

in relazione alla disposizione dei residui conservati di cisteina (C) Bimpiego di antagonisti per queste due citochine nelle malattie in-
nelle chemochine mature:“'65 fiammatorie è attualmente oggetto di stpdi clinici. Le citochine svol-
I
gono inoltre un ruolo centrale nelfinfiammazione cronica, come l

O Le chemochine C-X-C (denominate anche oi chemochine) hanno vedremo più avanti.


un residuo amminoacidico che separa i primi due residui con-
servati di cisteina e agiscono principalmente sui neutrofili. L)IL-8 I
Costituenti lisosomiali dei leucociti
è tipica di questo gruppo: viene secreta da macrofagi attivati,
cellule endoteliali e altri tipi cellulari e causa l'attivazione e la I neutrofili e i monociti contengono granuli lisosomiali che,
chemiotassi dei neutrofili, con una limitata attività su monociti quando vengono rilasciati, possono contribuire alla risposta
ed eosinofili. I suoi più importanti induttori sono prodotti mi- infiammatoria. I neutrofili hanno due tipi principali di granuli.
crobici e altre citochine, soprattutto IL-1 e TNF. I granuli specifici (o secondari), più piccoli, contengono lisoziina, I

Il
O Le clieinochine C-C (denominate anche B chemochine) presen- collagenasi, gelatinasi, lattoferrina, attivatore del plasminogeno, t

tano i primi due residui conservati di cisteina in posizione istaminasi e fosfatasi alcalina. I granuli azzurroƒili (0 principali),
adiacente. Le chemochine C-C, che includono la proteina chemo- più grandi, contengono mieloperossidasi, fattori battericidi
tattica per i monociti (Monocyte Chemoattractant Protein-1, (lisozima e defensine), idrolasi acide e diverse proteasi neutre
MCP-1), la eotassina, la proteina infiaininatoria dei macrofagi la (elastasi, catepsina G, collagenasi aspecifiche, proteinasi 3)."
(Macrophage Inflammatory Protein-loi, MIP-loi) e RANTES Entrambi i tipi di granuli possono fondersi con i vacuoli di
(Regulated And Normal T-cell Expressed and Secreted), gene- fagocitosi contenenti il materiale inglobato oppure liberare il
ralmente attraggono monociti, eosinofili, basofili e linfociti ma loro contenuto nello spazio extracellulare.
non neutrofili. Benché la maggior parte delle chemochine di Nei granuli sono presenti vari enzimi investiti di funzioni diverse.
questa classe esibisca azioni sovrapponibili, l'eotassina recluta Le proteasi acide degradano i batteri e i detriti alliinterno deifagoliso-
selettivamente gli eosinofili. soini, in cui viene facilmente raggiunto un pH acido. Le proteasi neutre
O Le clieinocliine C (denominate anche N chemochine) mancano di hanno la capacità di degradare varie componenti extracellulari, tra cui
due dei quattro residui conservati di cisteina (nello specifico il il collagene, la membrana basale, la fibrina, l'elastina e la cartilagine,
primo e il terzo). Le chemochine C (ad es. la linfotactina) sono dando luogo alla distruzione tissutale che accompagna i processi
relativamente specifiche per i linfociti. infiammatori. Le proteasi neutre, inoltre, possono scindere diretta-
O Le clieniocliine CX3C contengono tre amminoacidi tra le due mente le proteine del complemento C3 e C5 - determinando il rilascio
cisteine. Il solo membro noto di questa classe è chiamato fractal- di anafilotossine - e liberare dal chininogeno un peptide chinina-sí-
china. Questa chemochina esiste in due forme: una legata alla mile. É stato dimostrato che lelastasi dei neutrofili degrada i fattori di I
superficie cellulare, che può essere indotta nelle cellule endoteliali virulenza dei batteri e pertanto combatte le infezioni batteriche. Anche
da citochine infiammatorie e promuove una forte adesione di i monociti e i macrofagi contengono idrolisi acide, collagenasi, elastasi,
monociti e linfociti T, e una forma solubile, derivata dalla proteo- fosfolipasi e l'attivatore del plasminogeno. Queste sostanze possono
lisi della proteina di membrana, dotata di un potente effetto essere particolarmente attive nelle reazioni infiammatorie croniche.
chemotattico di attrazione per le stesse cellule. Dati gli efietti distruttivi degli enzinii lisosomiali, l'infiltrato leuco-
citario iniziale - se non controllato ~ può ainplificare l”infianiinazione
Le chemochine mediano la loro attività legandosi ai recettori e il danno tissutale. Queste proteasi nocive, tuttavia, sono regolate
transmembrana accoppiati alle proteine G. Questi recettori (chia- da un sistema di inibitori delle proteasi presente nel siero e nei liquidi
mati CXCR 0 CCR, per i recettori della chemochina C-X-C 0 C-C) dei tessuti. Il più importante di questi è l'oi,-antitripsina, il principale
in genere presentano specificità di legame sovrapponibili e i leuco- inibitore dell'elastasi dei neutrofili. Un deficit di tali inibitori può
citi esprimono di norma più di un tipo di recettore. Come vedremo indurre un”azione prolungata delle proteasi leucocitarie, come av-
nel Capitolo 6, alcuni recettori per le chemochine (CXCR-4 e viene nei pazienti con deficienza di oi,-antitripsina (Cap. 15). Un
CCR-5) agiscono come corecettori per una glicoproteina dell'invo- altro inibitore delle proteasi presente nel siero e in varie secrezioni
lucro virale del virus delllimmunodeficienza umana 1 e sono per- è la oil-macroglobulina. i
l
tanto coinvolti nel leganie e nell'ingresso del virus all'interno delle
cellule.
Neuropeptidi
Le cliemocliine hanno duefunzioni principali: stimolano il recluta-
mento dei leucociti nelfinfiaininazione e controllano la normale nii- I neuropeptidi sono secreti dalle terminazioni nervose sensitive e da
grazione cellulare attraverso vari tessiiti.2“'“ Alcune chemochine sono vari leucociti e possono determinare l'avvio e la propagazione della
prodotte transitoriamente in risposta a stimoli infiammatori e pro- risposta infiammatoria. I piccoli peptidi, come la sostanza P e la
muovono il reclutamento dei leucociti nelle sedi di infiammazione. neurochinina A, appartengono a una famiglia di neuropeptidi ta-
Altre sono prodotte costitutivamente a livello tissutale e dirigono il chichininici prodotti nel sistema nervoso centrale e periferico.69
coordinamento dei differenti tipi cellulari nelle diverse regioni ana- Le fibre nervose contenenti la sostanza P si trovano prevalentemente
tomiche dei tessuti. In entrambe le situazioni, le chemochine possono nel polmone e nel tratto gastrointestinale, La sostanza P ha molte
essere presenti in elevate concentrazioni legate ai proteoglicani sulla funzioni biologiche, tra cui la trasmissione dei segnali dolorosi, la
superficie delle cellule endoteliali e nella matrice extracellulare. regolazione della pressione sanguigna, la stimolazione della secre-
Altre citochine nelfinfiammazione acuta. Il già consistente zione endocrina e llaumento della permeabilità vascolare. I neuroni
numero di citochine coinvolte nel processo infiammatorio è in con- sensitivi sono inoltre in grado di produrre altre molecole proinfiam-
tinuo aumento.“ Due citochine hanno recentemente destato notevole matorie, come il prodotto correlato al gene della calcitonina, che si
interesse: IL-6, prodotta da macrofagi e altre cellule, implicata nelle ritiene colleghino il rilevamento degli stimoli dolorosi allo sviluppo
reazioni locali e sistemichef" e IL-17, prodotta principalmente dai di risposte protettive da parte dellbspite.7°

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CAPITOLO 2 infiammazione acuta e cronica 1

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FUNZIONI EFFETTRICI
ATTIVAZIONE DEL COMPLEMENTO
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alternativa 5 Q
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/Reclutamento e attivazione Distruzione dei microbi
dei leucociti a opera dei leucociti

Q C38 D C3b: fagocitosi

Via
classica

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C3b viene depositato


sul microbo
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Riconoscimento del C3b legato da parte


del recettore iagocitarlo per il C3b
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Fagocitosi
del microbo
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Vla della microbo l N LN,
lectina lv.. ,_ Lectina legante Formazione del ,,¬.
Ia il mannosio complesso > (1sl A * /Iag ,\`
di attacco alla ,_ _I
membrana (MAC) `- '

I I: IIJII/I. I I Attivazione e funzioni del sistema del complemento. l_'attivazione del complemento attraverso vie diverse conduce alla scissione di C3. Le
funzioni del sistema del complemento sono mediate dai prodotti di degradazione di C3 e altre proteine del complemento e dal complesso di attacco alla
membrana (MAC).
I
I
IVIEDIATORI DERIVATI DALLE PROTEINE funzionalmente distinti, C3a e C3b. C3a viene rilasciato mentre C3b
PLASMATICHE si lega covalentemente alla cellula o alla molecola che ha scatenato
l'attivazione del complemento. Ulteriori molecole di C3b si legano poi
Diversi fenomeni tipici della risposta infiammatoria sono mediati ai frammenti generati in precedenza per formare la C5 convertasi, che
da proteine plasmatiche appartenenti a tre sistemi interconnessi: il scinde C5 liberando C5a e lasciando C5b fissato alla superficie cellu-
sistema del complemento, delle chinine e della coagulazione. lare. C5b si lega ai componenti tardivi (C6-C9), portando da ultimo
alla formazione del complesso di attacco alla membrana (Membrane
Attack Complex, MAC), composto da più molecole di C9.
Sistema del complemento Le funzioni biologiche del sistema del complemento sono suddi-
Il sistema del complemento consiste di oltre 20 proteine, tra cui le
vise in tre categorie generali (si veda Pig. 2.14):
proteine da C1 a C9. Questo sistema è coinvolto sia nelfimmunità
innata sia in quella acquisita nella difesa dell'ospite contro i microbi
patogenifli" Nel processo di attivazione vengono generati
O Inƒìammazìone. C3a, C5a e, in minor misura, C4a sono i prodotti
di clivaggio dei corrispondenti componenti del complemento che
I
stimolano la liberazione di istamina da parte dei mastociti, au-
diversi prodotti di clivaggio delle proteine del complemento respon-
mentando cosi la permeabilità vascolare e causando vasodilata- I
sabili di causare un aumento della permeabilità vascolare, chemio-
zione. Essi sono detti anafilotossine poiché hanno effetti simili a I
tassi e opsonizzazione. Uattivazioiie e le funzioni di tale sistema sono
quelli dei mediatori dei mastociti coinvolti nella reazione chiamata
illustrate nella Figura 2.14.
anafilassi (Cap. 6). C5a è inoltre un potente agente chemotattico
Le proteine del complemento sono presenti nel plasma in forma
per neutrofili, monociti, eosinofili e basofili. Nei neutrofili e nei
inattiva e molte di esse sono attivate in enzimi proteolitici che degra-
monociti attiva la via lipossigenasica del metabolismo dellAA,
dano altre proteine del complemento, generando cosi una cascata
provocando l”ulteriore rilascio di mediatori delfinfiammazione.
enzimatica dotata di un notevole potenziale di amplificazione. La fase
O Fagocitosi. Quando si fissano alla parete cellulare del microbo,
critica nel processo di attivazione del complemento è rappresentata
C3b e il suo prodotto di degradazione iC3lJ (C3b inattivo) agi-
dalla proteolisi del terzo (e più abbondante) componente, il C3. La
scono come opsonine promuovendo la fagocitosi da parte dei
degradazione di C3 può avvenire attraverso tre vie: la via classica,
neutrofili e dei macrofagi, che presentano recettori di superficie
scatenata dal legame del componente C1 con anticorpi (IgM o IgG)
per i frammenti del complemento.
combinati con Yantigene; la via alternativa, che può essere stimolata
da molecole di superficie dei microbi (ad es. endotossina o LPS), O Lisi cellulare. Il deposito del MAC sulla superficie cellulare rende
le cellule permeabili alliacqua e agli ioni, determinando la morte
complessi polisaccaridici, veleno di cobra e altre sostanze, in assenza
(lisi) di tali cellule.
di anticorpi; e la via della lectina, in cui la lectina plasmatica legante
il mannosio si lega ai carboidrati presenti sui microbi e attiva diretta-
mente C1. Indipendentemente dalla via implicata nelle prime fasi
delliattivazione del complemento, si giunge sempre alla formazione
Tra i componenti del complemento, C3a e C5a rappresentano i più
importanti mediatori delfinfiammazione. Oltre che attraverso i mec- I,
canismi già ricordati, C3 e C5 possono essere clivati da diversi enzimi
di un enzima attivo detto C3 convertasi, che cliva C3 in due frammenti
I
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íz .,____ L, _,, __ ____ ___
C h a n g e Vi C h a n g e Vi
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CAPITOLO 2 lnfiammazione acuta e cronica V
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XII Fattore XII (fattore di Hageman) I

Collagene, membrana basale, I


Cofattoreze K- piastrine attivate I
HMWK

Xlla Fattore Xlla


I I
Cascata I Cascata I
delle Callicreinasí Precallicreina Fattori della coagulazione della
chinine l 1 coagulazione

Trombina
HMWK -›Bradichinina

Plasminogeno í› Plasmina--›Fibrina<í- Fibrinogeno

Sistema
I .
fibrinomico Prodotti di degradazione I
della fibrina

C3 í> C33
Cascata del
(I, complemento
C5 í-> C5a
I E-L Ii I” II. Correlazioni tra i quattro sistemi di mediatori plasmatici innescati dall'attivazione del fattore XII (fattore di Hageman). SI noti che la trombina
induce linfiammazione legandosi a recettori attivati da proteasi (principalmente PAR-1) su piastrine, endotelio, cellule muscolari lisce e altre cellule. l-Il\/IWK,
chininogeno ad alto peso molecolare.

proteolitici presenti nellizssudato infiammatoria. Questi comprendono Il fattore XII va quindi incontro a una modificazione conformazio- III
la plasiniiia e gli enzimi lisosomiali rilasciati dai neutrofili (come pre- nale (trasformandosi nel fattore Xlla), con fesposizione del sito at- I
I
cedentemente illustrato). Le azioni chemotattiche del complemento e tivo di serina che può successivamente clivare i substrati proteici í 1
I
llattivazione del complemento a opera dei neutrofili possono pertanto e attivare vari sistemi di mediatori (si veda oltre). L`infiammazione
dare il via a un ciclo di reclutamento leucocitario che si autoalimenta. stimola la produzione di diversi fattori della coagulazione, rende
Iìittivazione del complemento èstrettaniente controllata da proteine protroiiibogenica la superficie endoteliale e inibisce i meccanismi
I
regolatrici circolanti e associate alle cellule. Varie proteine regolatrici anticoagulatori, favorendo cosi la coagulazione. La trombina, un
inibiscono la produzione dei frammenti attivi del complemento 0
rimuovono i frammenti che si depositano sulle cellule. Questi fattori
di regolazione, espressi sulle cellule normali dellbspite e quindi in-
vestiti della funzione di prevenire la lesione dei tessuti sani nei siti
prodotto della coagulazione, promuove per contro l`infiammazione
legandosi ai recettori attivati dalla proteasi (Protease-Activated Re-
ceptor, PAR), cosi chiamati per il fatto che interagiscono con una
serie di serina-proteasi tripsiiia-simili oltre che con la trombina.75 I
I
di attivazione del complemento, possono essere sopraffatti nel caso PAR sono recettori a sette domini transmembrana accoppiati a
in cui grandi quantità di complemento vengano depositate sulle proteine G espressi da piastrine, cellule endoteliali, cellule della
cellule e sui tessuti dellbspite come avviene nelle patologie autoim- muscolatura liscia e molti altri tipi cellulari. Il legame dei cosiddetti
muni, in cui i soggetti producono anticorpi fissanti il complemento recettori di tipo 1 (PAR-1) da parte delle proteasi, in particolare della
che attaccano antigeni self tissutali (Cap. 6). trombina, scatena molte risposte proinfiammatorie, tra cui la mo-
bilizzazione della selectina P, la produzione di chemochine e altre
citochine, l'espressione di molecole di adesione endoteliale per le
Sistema della coagulazione e delle chinine
integrine leucocitarie, l”induzione della ciclossigenasi-2 e la produ-
L'infiannnazione e la coagulazione ematica si trovano spesso in una zione di prostaglandine, la produzione di PAP e di NO e, infine,
I
condizione di interconnessione in virtù della quale l'una favorisce alcune variazioni morfologiche delfendotelio.75 Come abbiamo visto,
liiltra e viceversa." Il sistema della coagulazione si suddivide in due queste risposte promuovono il reclutamento dei leucociti e molte
vie convergenti, che culminano nelfattivazione della trombina e nella altre reazioni delfinfiamniazione. Poiché la coagulazione e l'infiam-
I
formazione di fibrina (si veda Pig. 2.15 e Cap. 4). La via intrinseca inazione possono innescare un circolo vizioso di amplificazione,
della coagulazione è composta da una serie di proteine plasmatiche una potenziale strategia terapeutica per le malattie infiammatorie
che possono essere attivate dal fattore di Hageman (fattore XII), una sistemiche associate a infezioni batteriche gravi disseminate consiste
proteina sintetizzata dal fegato circolante in forma inattiva. Il fattore nell'interferire con la coagulazione. Tale principio è alla base del
XII è attivato dal contatto con superfici caricate negativamente, trattamento di queste patologie con proteina C attivata, dotata di
come avviene quando la permeabilità vascolare aumenta e le pro- proprietà aiiticoagulanti, dal quale può trarre beneficio un determi-
teine plasmatiche fuoriescono nello spazio extravascolare entrando nato gruppo di pazienti (Cap. 4).”
in contatto con il collagene, oppure quando entra in contatto con le Le chinine sono peptidi vasoattivi derivati da proteine plasmaticlie
membrane basali esposte in conseguenza di un danno endoteliale. dette cliiiiinogeni per azione di proteasi specifiche chiamate callicreine. I
1

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CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica
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I

timamente connessi. La forma attiva del fattore XII - il fattore XIIa amplificando la risposta. I
- converte la precallicreina plasmatica in una forma attiva proteoli- Da questa trattazione delle proteasifplasmatiche attivate dal siste-
tica - fenzima callicreina - che cliva un precursore glicoproteico ma del complemento, delle chinine e della coagulazione si possono
plasmatico - il chininogeno ad alto peso molecolare - per produrre trarre alcune conclusioni generali:
bradicliinina (si veda Pig. 2.15).77 La lnadicliinina aumenta la per-
mealailitri vascolare e causa la contrazione della muscolatura liscia, la O La løradiclrinina, C3a e C5a (quali mediatori delfaumento della
dilatazione dei vasi sanguigni e dolore quando iniettata nella cute, permeabilità vascolare), C5a (in qualità di mediatore della che-
con effetti dunque simili a quelli dell'istamina. Ijazione della bradi- miotassi) e la troinliina (dotata di effetti sulle cellule endoteliali
chinina è di breve durata in quanto il peptide viene rapidamente e su molti altri tipi cellulari) sono probabilmente i mediatori più I.
inattivato da un enzima detto chininasi. La chinina residua, infine, importanti in vivo.
viene inattivata durante il passaggio del plasma attraverso i polmoni O C3a e C5a possono essere prodotti con varie modalità: (1) in I
dall'enzima angiotensina convertasi. La callicreina è diper se' un conseguenza di reazioni immunitarie, con il coinvolgimento di
potente attivatore delfattore di Hageman, e ciò permette l'aInplifica- anticorpi e complemento (via classica); (2) tramite l`attivazione
zione aiitocatalitica dello stimolo iniziale. È inoltre dotata di attività della via alternativa e della via della lectina da parte di microbi,
chemotattica e converte direttamente C5 nel prodotto chemioattrat- in assenza di anticorpi; (3) tramite agenti non direttamente col-
tore C5a. legati alla risposta immunitaria come la plasmina, la callicreina
Se, da un lato, il fattore XIIa induce la formazione di coaguli di e alcune serina-proteasi presenti nel tessuto normale.
fibrina, dalllaltro è anche in grado di attivare il sisteinafibrinolitico, O Ilfattore di Hageman attivato (fattore Xlla) dà inizio a quattro
un sistema a cascata che controbilancia la coagulazione degradando sistemi coinvolti nella risposta infiammatoria: (1) il sistema delle I
la fibrina e solubilizzaiido cosi il coagulo. La callicreina, al pari cliinine, che produce chinine vasoattive; (2) il sistema della coagu-
dell'attivatore del plasminogeno (rilasciato da endotelio, leucociti e lazione, che porta alla formazione di trombina, dotata di proprietà
altri tessuti), scinde il plasminogeno, una proteina plasmatica che si infiammatorie; (3) il sistema fibrinolitico, che produce plasmina e
lega al coagulo di fibrina in accrescimento, per generare plasmina, degrada la fibrina per generare fibrinopeptidi proinfiammatori;
una proteasi multifunzionale. Il sistema fibrinolitico contribuisce ai (4) il sistema del complemento, che produce anafilotossine e altri
fenomeni vascolari delfinfiammazione in diversi modi. Sebbene la mediatori. Alcuni dei prodotti di tali sistemi (in particolare la
funzione primaria della plasmina sia lisare i coaguli di fibrina, du- callicreina) possono attivare, tramite un meccanismo di feedback,
rante Finfiammazione essa cliva la proteina del complemento C3 per il fattore di Hageman, amplificando la reazione.
produrre frammenti di C3 e scinde la fibrina per generare prodotti
di scissione della fibrina, capaci di indurre permeabilità vascolare. Quando Lewis scoprì il ruolo dell'istamina nell'infiammazione, era
La plasmina può inoltre attivare il fattore di I-Iageman, che a sua opinione comune che un mediatore fosse sufficiente a spiegare il

Il

Ruolo nell'infiammazione Mediatori


Prostaglandine
VAsoDILATAzIoNE Ossido di azoto
istamina
AUMENTO DELLA PERMEABILITÀ vAscoLAI=iE istamina e serotonina
C3a e C5a (tramite la liberazione di amine vasoattive da parte dei
mastociti e di altre cellule)
Bradichinina
Leucotrieni C4, D4, E4
PAF
Sostanza P

CHEMIOTASSI, RECLUTAMENTO E ATTIVAZIONE DEI LEUCOCITI TNF, ll.-1


Chemochine
C3a, C5a
Leucotriene B.,
(Prodotti batterici, ad es. peptidi contenenti N-formilmetioninal

FEBBRE IL-1,TNF
Prostaglandine
DoLoRE Prostaglandina
Bradichinina
DANNO Tissut/tie Enzimi lisosomiali dei leucociti
Specie reattive dell'ossigeno
Ossido di azoto
IL-1, interleuchina-1; PAF, fattore di attivazione delle piastrine;TNF, fattore di necrosi tumorale.
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RISOLUZIONE
- Alterazioni vascolari - Eliminazione degli stimoli lesivi
- Reclutamento dei neutrofili - Eliminazione dei mediatori e delle
- Danno tissutale limitato cellule deltinfiammáione acuta
° Sostituzione delle cellule danneggiate
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- Infezioni batteriche
- Tossine @ J :".--.
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Progressione
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Infezioni virali É È
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- Danno persistente
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FIBROSI
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INFIAMMAZIONE CRONICA - Perdita di funzione
° Angiogenesi
- lntiltrato di cellule mononucleate
- Fibrosi (cicatrice)
- Danno tissutale progressivo I
I ›› Ii Il In I':› Esiti dell'infiammazione acuta: risoluzione, guarigione per fibrosi o infiammazione cronica. Sono elencate le componenti delle varie reazioni I

e i relativi effetti funzionali.

processo. Oggi la lista è ben più lunga. Eppure abbiamo ragione di O La guarigione mediante sostituzione con tessuto connettivo (fibro-
credere che, tra tutti questi, solo un numero esiguo di mediatori rivesta si). Ciò avviene in seguito a un danno tissutale di notevole entità,
un ruolo davvero fondamentale nelle reazioni delfinfiammazione quando la lesione infiammatoria colpisce tessuti che non sono in
acuta in vivo, di cui la Tabella 2.7 offre una sintetica presentazione. La grado di rigenerarsi o qualora vi sia un abbondante essudato ricco
ridondanza dei mediatori e delle loro azioni è intesa a garantire unef- di fibrina nei tessuti o nelle cavità sierose (pleura, peritoneo) che
ficace risposta protettiva che non possa essere facilmente turbata. non può essere adeguatamente eliminato. In tutte queste circo-
stanze, nell”area della lesione o dell'essudato si assiste allo sviluppo
di tessuto connettivo con conseguente formazione di una massa I
Esiti dell'infiammazione acuta di tessuto fibroso, un processo detto anche organizzazione.
O La progressione della risposta tissutale verso finfiainmazione
Sebbene, come immaginabile, numerose variabili - tra cui la natura cronica (descritta oltre). Ijinfiammazione cronica può seguire
e l'intensità della lesione, la sede e il tessuto interessati e la respon- un'infiammazione acuta ma è anche possibile che la risposta abbia
sività dellbspite - possano modificare il processo di base delllinfiam- un carattere cronico sin dalfesordio. La transizione da infiamma-
mazione, tutte le reazioni infiammatorie acute possono avere tre zione acuta a cronica avviene quando la risposta infiammatoria
diversi esiti (Pig. 2.16): non può essere risolta a causa della persistenza delfagente lesivo
o per qualche interferenza con il normale processo di guarigio-
O Una completa risoluzione. idealmente, tutte le reazioni infiam- ne” Un°infezione batterica del polmone, ad esempio, può iniziare
matorie, dopo avere neutralizzato ed eliminato gli stimoli lesivi, come un focolaio di infiammazione acuta (polmonite), ma l'im-
dovrebbero concludersi con il ripristino della sede dell'infiam- possibilità di giungere a una risoluzione può determinare unestesa
mazione acuta al suo stato normale. Questo fenomeno è detto distruzione tissutale con formazione di una cavità in cui l`infiam-
risoluzione e rappresenta l”esito normale quando il danno è limi- mazione continua a persistere, portando infine allo sviluppo di
tato o di breve durata 0 quando la distruzione di tessuto è stata un ascesso polmonare cronico. Un altro esempio di infiamma-
di modesta entità ele cellule parenchimali danneggiate possono zione cronica con stimolo persistente è l`ulcera peptica del duo-
rigenerarsi. La risoluzione implica la rimozione dei detriti cellu- deno o dello stomaco. Le ulcere peptiche possono persistere per
lari e dei microbi a opera dei macrofagi e il riassorbimento del mesi o anni e, come ricordato più avanti, si manifestano con
liquido delfedema nei vasi linfatici. reazioni infiammatorie tanto acute quanto croniche.

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Polmone normale Stasi e congestione vascolare infiltrato leucocitario
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Fl(-`›Ul-»1/\ 2.17 Caratteristiche istopatologiche dell'infiammazione acuta. A. Nel polmone normale si osservano vasi sanguigni di piccolo diametro (prati-
camente invisibili) nelle pareti alveolari e l'assenza di cellule negli alveoli. B. La componente vascolare dell'infiammazione acuta si manifesta nella forma
di un congestionamento dei vasi sanguigni (con un elevato contenuto di eritrociti), dovuto alla stasi. C. La componente cellulare della risposta è rappre-
sentata dal folto numero di leucociti (neutrofili) riscontrato negli alveoli.

Tipi morfologici dell'infiammazione acuta INFIAMMAZIONE FIBRINOSA

In presenza di una maggiore permeabilità vascolare, molecole di


Gli elementi morfologici distintivi di qualsiasi reazione infiamma- grandi dimensioni come il fibrinogeno possono attraversare la bar-
toria acuta sono la dilatazione dei piccoli vasi sanguigni, il rallenta- riera vascolare, formando fibrina che viene depositata nello spazio
mento del flusso ematico e l”accumulo di leucociti e liquidi nel extracellulare. Un essudato fibrinoso si sviluppa quando le aperture
tessuto extravascolare (Pig. 2.17). A questi aspetti generali, tuttavia, vascolari sono ampie o in presenza di uno stimolo procoagulante
si sommano spesso elementi morfologici peculiari, diversi a seconda locale (ad es. cellule cancerose). Un essudato fibrinoso è tipico
della gravità della reazione, della sua causa specifica e del particolare dell'infiammazione dei rivestimenti delle cavità corporee, come le
tessuto e sito coinvolto. Sapere riconoscere tali caratteristiche ma- meningi, il pericardio (Pig. 2.19 A) e la pleura. Istologicamente, la i

croscopiche e microscopiche è importante poiché in molti casi fibrina si presenta come una fitta trama eosinofila di filamenti o, i
forniscono indicazioni preziose sulla causa sottostante. talora, come un coagulo amorfo (Pig. 2.19 B). Gli essudati fibrinosi
possono essere rimossi mediante un processo di fibrinolisi e di
asportazione degli altri detriti da parte dei macrofagi. Nel tempo, se
INFIAMMAZIONE SIEROSA
non rimossa, la fibrina può stimolare Yaccrescimento di fibroblasti
lfirifiammazione sierosa è caratterizzata dalla fuoriuscita di un liquido e vasi sanguigni, determinando cosi la formazione di una cicatrice.
a scarso contenuto proteico che può derivare dal plasma o dalle se- La trasformazione dell'essudato fibrinoso in tessuto cicatriziale
crezioni delle cellule mesoteliali che rivestono la cavità peritoneale, (organizzazione) all'interno del sacco pericardico conduce a un
pleurica e pericardica. llaccumulo di liquidi in queste cavità è definito ispessimento fibroso opaco del pericardio e dell'epicardio nell`area
versamento. Le vesciche cutanee dovute a un'ustione o a un'infezione dellessudazione e, in caso di fibrosi estesa, allbblíterazione dello
virale consistono in un abbondante accumulo di liquido sieroso, spazio pericardico.
all'interno o immediatamente al di sotto dell'epidermide (Pig. 2.18). i
l
INFIAMMAZIONE SUPPURATIVA
O PURULENTA E ASCESSO
Questo tipo di infiammazione è caratterizzato dalla produzione di
grandi quantità di pus o essudato purulento, costituito da neutrofili,
necrosi colliquativa e liquido edematoso. Alcuni batteri (ad es. gli
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stafilococchi) inducono questo tipo di suppurazione localizzata e
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sono pertanto definiti batteri piogeni (che producono pus). Un esem-
pio comune di infiammazione suppurativa acuta è Fappendicite
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proliferazione di cellule parenchimali e fibroblasti, indizio dell'in-
Flriìtllš/i. 2518 infiammazione sierosa. Immagine a basso ingrandimento
di una sezione trasversale di una vescicola cutanea in cui si può osservare fiammazione cronica e del processo riparativo. Con il tempo, l°asces-
I'epidermide separata dal derma da una raccolta locale di essudato so può venire isolato dai tessuti circostanti ed essere infine sostituito
sieroso. da tessuto connettivo.
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FIGURA 2.19 Pericardite fibrinosa. A. Depositi di fibrina sul pericardio. B. Una trama rosa di essudato fibrinoso (F) ricopre la superficie del pericardio (P).

ULCERE Riassunto dell'infiammazione acuta


Un'ulcera è una lesione locale, altrimenti detta escavazione, della Dopo avere così descritto le componenti, i mediatori e le manifesta-
'.li
superficie di un organo o tessuto prodotta dalfeliminazione (distacco) zioni patologiche delle risposte infiammatorie acute, è utile riassu- ll`
di tessuto necrotico infiammato, determinante una soluzione di con- mere la sequenza di eventi che si verifica in una tipica risposta di
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tinuo che non tende alla guarigione (Pig. 2.21). Ijulcerazione si veri- questo genere." Quando un ospite entra in contatto con un agente
l
fica solamente quando la necrosi tissutale e Finfiammazione che ne lesivo, ad esempio un microbo infettivo o una cellula morta, i fagociti
consegue sono localizzate in prossimità o sulla superficie del tessuto, che risiedono in tutti i tessuti tentano di eliminarlo. Allo stesso tempo, i
)
e si riscontra con maggiore frequenza (1) nella mucosa della bocca, i fagociti e le altre cellule dellbspite reagiscono alla presenza della
dello stomaco, dell'intestíno e del tratto genitourinario e (2) nella sostanza estranea o anomala liberando citochine, messaggeri lipidici
cute e nel tessuto sottocutaneo degli arti inferiori nelle persone e ulteriori mediatori dell'infiammazione. Alcuni di questi mediatori
anziane con problemi circolatori predisponenti a necrosi ischemica agiscono sui piccoli vasi sanguigni in prossimità della lesione, pro-
estesa. muovendo la fuoriuscita di plasma e il reclutamento dei leucociti
Il migliore esempio di ulcerazione è l'ulcera peptica dello stomaco circolanti nella sede in cui è localizzato l'agente lesivo. I leucociti
o del duodeno, in cui coesistono infiammazione acuta e cronica. reclutati vengono attivati dall'agente lesivo e dai mediatori prodotti
Durante la fase acuta si osserva un`intensa infiltrazione di polimor- localmente e tentano di rimuovere l'agente dannoso fagocitandolo.
fonucleati con vasodilatazione ai margini della lesione. Con la Dopo leliminazione del1'agente lesivo e l'attivazione dei meccanismi
cronicizzazione, ai margini e alla base dell'ulcera si sviluppa una antinfiammatori, il processo si spegne e lbspite ritorna a un normale
proliferazione fibroblastica, con cicatrizzazione e accumulo di lin- stato di salute; se l”agente lesivo non può essere eliminato rapidamen-
fociti, macrofagi e plasmacellule. te, Finfiammazione da acuta può trasformarsi in cronica.

FIGURA 2.20 Infiammazione purulenta. A. Ascessì batterici multipli nel polmone di un paziente affetto da broncopolmonite. B. l_'ascesso contiene neu-
trofili e detriti cellulari ed è circondato da vasi sanguigni congestionati.

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I i-: MIRA 2.21 Morfologia dell'ulcera. A. Ulcera duodenale cronica. B. Immagine a basso ingrandimento del cratere di un'ulcera duodenale con essudato
infiammatorio acuto alla base.

Le manifestazioni cliniche e patologiche della risposta infiamma- danno tissutale osservato in alcune delle patologie umane più fre-
toria sono determinate da diverse reazioni. I fenomeni vascolari quenti e invalidanti, come l'artrite reumatoide, l'aterosclerosi, la
delfinfiammazione acuta sono caratterizzati dall'aumento del flusso tubercolosi e la fibrosi polmonare, ed è stato suggerito che possa
sanguigno nella zona lesa, che deriva principalmente dalla dilata- essere implicato nella progressione del cancro e in malattie un tempo
zione arteriolare e dall`apertura dei letti capillari, due meccanismi ritenute puramente degenerative, come il morbo di Alzheimer.
indotti da mediatori come l'istamina. Ilaumento della permeabilità
vascolare dà luogo a un accumulo di liquido extravascolare ricco di
CAUSE DELIJINFIAMMAZIONE CRONICA
proteine, che costituisce l'essudato. Le proteine plasmatiche lasciano
i vasi, il più delle volte attraverso le giunzioni tra le cellule endoteliali Lo sviluppo di un'infiammazione cronica è osservato nei seguenti
delle venule, che risultano allargate. Il rossore (rubor), il calore contesti:
(calor) e il rigonfiamento (tumor) tipici delfinfiammazione acuta Infezioni persistenti sostenute da microrganismi difficili da elimi-
sono causati dall'aumento del flusso sanguigno e dall'edema. I leu- nare, quali ad esempio i micobatteri e determinati virus, funghi e
i
cociti circolanti, all'inizio prevalentemente neutrofili, aderiscono parassiti. Questi microrganismi evocano spesso una reazione im-
alllendotelio mediante molecole di adesione, lo attraversano e mi- munitaria definita ipersensibilità ritardata (Cap. 6). La reazione i
grano nella sede della lesione guidati dagli agenti chemotattici. I infiammatoria talvolta assume un quadro caratteristico chiamato I
leucociti attivati dall`agente lesivo e dai mediatori endogeni possono reazione granuiomatosa (si veda oltre).
l
liberare metaboliti tossici e proteasi in sede extracellulare, causando Malattie infiammatorie immuno-mediate. Ijinfiammazione cro-
danno tissutale. Uno dei sintomi locali caratteristici durante la fase nica riveste un ruolo importante in un gruppo di patologie causate
di danno, dovuto in parte alla liberazione di prostaglandine, neuro- da unlattivazione eccessiva e inopportuna del sistema immunitario.
peptidi e citochine, è rappresentato dal dolore (dolor). In particolari condizioni possono infatti svilupparsi reazioni immu-
Nella pratica clinica, la causa sottostante determinerà la decisione nitarie contro i tessuti dell`individuo stesso, responsabili dell'insor- l
terapeutica improntata a promuovere o ridurre Finfiammazione. genza di malattie autoimmuni (Cap. 6). In queste malattie, gli l
Nelle infezioni, il trattamento mira ad aumentare la risposta dellbspi- antigeni self evocano una reazione immunitaria che si automantiene,
te atfinché Finfezione venga eliminata, il che spiega l'uso di impacchi dando luogo a una lesione cronica dei tessuti soggetti a infiamma-
caldi e gargarismi in caso di faringite (mal di gola). Nelle lesioni zione: ne sono un esempio l'artrite reumatoide e la sclerosi multipla.
traumatiche e nelle malattie infiammatorie croniche, per contro, In altri casi, Finfiammazione cronica è il risultato del1”allestimento
Finfiammazione non è di alcuna utilità e lbbiettivo consiste pertanto di risposte immunitarie non regolate dirette contro popolazioni l
nel ridurla con il freddo (nei casi di trauma) e con Fassunzione di microbiche, condizione osservata nelle malattie infiammatorie in-
farmaci antinfiammatori. In determinate sedi, ad esempio la cornea, testinali. Le risposte immunitarie a sostanze ambientali sono invece
può essere indicato sopprimere persino Yinfiammazione acuta, in causa di malattie allergiche come llasma bronchiale (Cap. 6). Dal
modo da preservare la trasparenza corneale. momento che simili reazioni autoimmuni e allergiche sono inap-
propriatamente innescate contro antigeni normalmente innocui,
esse non hanno alcuna utilità e non fanno altro che causare malattia.
Infiammazione cronica Tali affezioni possono mostrare quadri morfologici misti di infiam-
mazione acuta e cronica, in quanto caratterizzate da riacutizzazioni
Si definisce infiammazione cronica uninfiammazíone protratta (per infiammatorie ripetute, e negli stadi tardivi è possibile osservare una
settimane o mesi) in cui coesistono - variamente combinati - infiam- predominanza fibrotica.
mazione, danno tissutale e tentativi di riparazione. Ijinfiammazione Prolungata esposizione ad agenti potenzialmente tossici, esogeni o
cronica può seguire unlinfiammazione acuta, come abbiamo visto, endogeni. Un esempio di agente esogeno è rappresentato dalle par-
o esordire in maniera insidiosa presentandosi come una risposta ticelle di silicio, materiale inorganico non degradabile che, se inalato
debole e persistente, spesso senza manifestazioni di una reazione per periodi prolungati, causa una malattia infiammatoria dei
acuta. Quesfultimo tipo di infiammazione cronica è la causa del polmoni chiamata silicosi (Cap. 15). Si ritiene che Yaterosclerosi l
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CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica (1

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riosa indotto, almeno in parte, dalle componenti lipidiche plasma-
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CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE
A differenza dellinfiammazione acuta, che si manifesta principal-
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mente con alterazioni vascolari, edema e infiltrato prevalentemente
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Capitolo 3.
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' sistema dei fagociti mononucleati (Pig. 2.23). Il sistema dei fagociti
mononucleati (talvolta detto sistema reticoloendoteliale) è costituito
FIGURA 2.22 A. infiammazione cronica polmonare in cui è possibile os-
servare i tre aspetti istologici caratteristici: (1) reclutamento delle cellule da cellule originanti nel midollo osseo strettamente correlate tra
dell'infiammazione cronica (*l, (2) distruzione del parenchima (gli alveoli loro, compresi monociti del sangue e macrofagi tissutali. Questi
normali sono sostituiti da spazi rivestiti da epitelio cubico, punte di freccia), ultimi sono diffusamente distribuiti nel tessuto connettivo o loca-
(3) sostituzione con tessuto connettivo (fibrosi, frecce). B. NelI'infiamma- lizzati in organi come il fegato (cellule di Kupffer), la milza e i lin-
zione acuta del polmone (broncopolmonite acuta), per contro, I neutrofili fonodi (istiociti dei seni) e polmoni (macrofagi alveolari), nonché l
riempiono gli spazi alveolari e i vasi ematici sono congestionati.

Midollo osseo Sangue Tessuti Microglia (SNC)


Cellule di Kupffer (fegato) «-
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FIGURA 2.23 Maturazione dei fagociti mononucleati. (Da Abbas AK et al: Cellular and Molecular lmmunology, 5th ed. Philadelphia, WB Saunders, 2003)
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CAPITOLO 2 Infiammazione acuta e cronica

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derivano tutti da un precursore comune nel midollo osseo, che dà


origine ai monociti circolanti. Dal sangue, i monociti migrano in
vari tessuti e si differenziano in macrofagi. Ilemivita dei monociti :l
circolanti è di circa un giorno, mentre quella dei macrofagi tissutali
è di diversi mesi o anni. Il passaggio da cellula staminale del midollo l

osseo a macrofago tissutale è regolato da numerosi fattori di crescita


e di differenziamento, dalle citochine, dalle molecole di adesione e
dalle interazioni cellulari. i
Come descritto nei paragrafi precedenti, durante Finfiammazione
acuta i monociti iniziano a migrare nel tessuto extravascolare piut-
tosto precocemente ed entro 48 ore possono diventare il tipo cellulare Macrofago tissutale
l
prevalente. La fuoriuscita dei monociti dai vasi è regolata dagli stessi
fattori coinvolti nella migrazione dei neutrofili, ossia da molecole di Risposta 7 i
l

adesione e da mediatori chimici con proprietà chemotattiche e atti- immunitaria:


cellula
vatrici.*“ Quando raggiungono il tessuto extravascolare, i monociti T attivata l
si trasformano in cellule fagocitarie di maggiori dimensioni, i ma- Microbi, IL 4
crofagi. I macrofagi possono essere attivati da vari stimoli, compresi 't h' IFN- ' › 4

aloc ma ( Y) «ì altre citochine l


i prodotti microbici che si legano ai TLR e ad altri recettori cellulari,
le citochine (ad es. IFN-'y) secrete dai linfociti T sensibilizzati e dalle
cellule natural killer, e altri mediatori chimici (Fig. 2.24).
I prodotti dei iiiacroƒagi attivati servono a elimiiiare gli agenti lesivi , Macrofagi
come i microbi e a iniziare il processo riparativo; Iielli/ifiammazioite attivati
cronica, inoltre, sono in larga misura respoizsabili del danno tissutale.
Uattivazione dei macrofagi determina un aumento dei livelli degli
enzimi lisosomiali e delle specie reattive dell'ossigeno e dell”azoto,
oltre a indurre la produzione di citochine, fattori di crescita e altri
1 l
mediatori dellinfiammazione. Alcuni di questi prodotti sono tossici INFIAMMAZIONE RIPARAZIONE
per i microbi e per le cellule dell'ospite (ad es. le specie reattive E DANNO TISSUTALE - Fattori di crescita
° Specie reattive dell'ossi- (PDGF, FGF, TGFB)
dell'ossigeno e delfazoto) o per la matrice extracellulare (proteasi); geno e dell'azoto ~ Citochìne fibrogeniche
alcuni causano Fafflusso di altri tipi cellulari (ad es. citochine e fattori ~ Proteasi - Fattori angiogenici
chemotattici); altri ancora determinano la proliferazione di fibro- - Citochìne, comprese (FGF)
blasti, il deposito di collagene e Fangiogenesi (ad es. i fattori di cre- le chemochine ~ Collegenasi
scita). Come illustrato nella Figura 2.10, popolazioni di macrofagi - Fattori della coagulazione “rimodellante"
° Metaboliti dell'AA
diverse assolvono a funzioni distinte, in alcuni casi partecipando
all'uccisione microbica e alliinfiammazione, in altri contribuendo l›ltìtJl~ì/\ '2.2›f! Ruolo dei macrofagi attivati nell'infiammazione cronica. I
alla riparazione” Il loro impressionante arsenale di mediatori li macrofagi sono attivati da stimoli non immunitari come le endotossine o
rende potenti alleati delle difese delFoi'ganis1no contro gli invasori dalle citochine secrete dai linfocitiT attivati (in particolare IFN-y). Sono in-
indesiderati, ma queste stesse armi possono anche indurre una dicati i prodotti dei macrofagi attivati responsabili del danno tissutale e della
considerevole distruzione tissutale quando i macrofagi sono attivati fibrosi. AA, acido arachidonico; PDGF, fattore di crescita di derivazione
piastrinica; FGF, fattore di crescita fibroblastico; TGFB, fattore di crescita
inopportunamente. E la distruzione tissutale clie costituisce un segno trasformante ß,
distintivo alelI'z'nfiammazione cronica è dovuta proprio all'azione di
questa popolazione cellulare. A sua volta, la distruzione tissutale in
atto può attivare la cascata infiammatoria, il che spiega come mai in T e B) stimolati dagli antigeni (linfociti attivati e cellule memoria) l
(1
certi casi possano coesistere caratteristiche tipiche delfinfiamma- utilizzano varie coppie di molecole di adesione (selectine, inte- ,i
i
zione acuta e di quella cronica. grine e relativi ligandi) e chemochine per migrare nella sede ;
Nelfinfiammazione di breve durata, se l”agente irritante viene dellinfiammazione. Le citochine dei macrofagi attivati, soprat-
eliminato, i macrofagi scompaiono (morendo o ritornando nei vasi tutto TNF, IL-1 e chemochine, promuovono il reclutamento dei
linfatici e nei linfonodi). Nell'inf1ammazione cronica, invece, llaccu- leucociti, ponendo le basi per la persistenza della risposta infiam-
mulo di macrofagi persiste in conseguenza dell'ininterrotto recluta- matoria. I linfociti e i macrofagi agiscono in stretta relazione,
mento delle cellule circolanti nonché per effetto della proliferazione guidando reazioni che rivestono un ruolo importante nell'infiam-
locale nella sede dell'infiammazione. mazione cronica (Fig. 2.25). I macrofagi presentano gli antigeni
ai linfociti T ed esprimono molecole di membrana (costimolatori)
ALTRE CELLULE DELIJINFIAMMAZIONE e citochine (in particolare IL-12) che stimolano la risposta delle
CRONICA cellule T (Cap. 6). I linfociti T attivati producono citochine, al-
cune delle quali reclutano i monociti circolanti; una in partico-
Gli altri tipi cellulari coinvolti nell'infiammazione cronica compren- lare, l)IFN-31, è un potente attivatore dei macrofagi. A causa di
dono linfociti, plasmacellule, eosinofili e mastociti: tali interazioni tra i linfociti T e i macrofagi, una volta che il si-
stema immunitario è stato coinvolto in una reazione infiamma-
O I linfociti vengono mobilitati sia nelle reazioni immunitarie umo- toria questa tende ad assumere carattere di cronicità e severità,
rali sia in quelle cellulo-mediate. Linfociti di diverso tipo (cellule tantiè vero che liinfiammazione caratterizzata da una marcata i

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CAPITOLO 2 infiammazione acuta e cronica !

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Presentazione dell'antigene
, alle cellule T teina basica maggiore, una proteina altamente cationica tossica
Ce||u|e Citochìne (ad es. IL-12) per i parassiti ma capace anche causare la lisi delle cellule l.
`›
T attivate M f epiteliali di mammifero. Gli eosinofili, pertanto, possono essere l

acro ago
/(6 / ,.__. attivato
molto utili nel controllo delle infezioni parassitarie, ma contri-
buiscono al danno tissutale in reazioni immunitarie come le al- l
lergie (Cap. 6).”
È É. TNF,
l ~-f .i- O I mastociti sono ampiamente distribuiti nel tessuto connettivo i I

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e partecipano sia all'infiammazione acuta sia a quella cronica. l
TNF, IL-17 s I mastociti esprimono sulla loro superficie il recettore legante
chemochine _
la porzione Fc delle IgE (recettore FCSRI). Nelle reazioni di

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Attivazione dei
macrofagi
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ipersensibilità immediata, le IgE si legano ai suddetti recettori
dei mastociti, facendo si che le cellule si degranulino e rilascino
mediatori come l'istamina e le prostaglandine (Cap. 6). Questo I

lnfìammazione tipo di risposta si verifica nelle reazioni allergiche nei confronti


Reclutamento di di alimenti, veleno di insetti o farmaci, spesso con risultati ca-
neutrofili e macrofagi tastrofici (ad es. shock anafilattico). I mastociti partecipano
Infiammazione inoltre alle reazioni infiammatorie croniche e, poiché secernono
: if .l If “ Interazioni macrofago-linfocita nell'infiammazione cronica. un vasto numero di citochine, sono in grado sia di promuovere
Le celluleT attivate producono citochine che reclutano i macrofagi (TNF, sia di limitare le reazioni infiammatorie a seconda della l|;
ll.-17, chemochine) e altri fattori che attivano i macrofagi (IFN-yi. Diversi situazione.
sottogruppi di cellule T (TH1 eTH17) producono tipi di citochine differenti,
come descritto nel Cap. 6. I macrofagi attivati a loro volta stimolano le cellule I neutrofili, pur essendo le cellule caratteristiche delfinfiamma- I
T presentando l'antigene e secernendo citochine (ad es. ll.-12).
zione acuta, sono presenti in grandi quantità anche in molte forme
di infiammazione cronica che si protraggono per mesi, nel qual caso
attivazione immunitaria (ad es. risposte dei linfociti T e B) è sono indotti sia dalla persistenza dei microbi sia dai mediatori pro-
talvolta definita infiaininazione inimanitaria (Cap. 6). dotti da macrofagi e linfociti T attivati. Nellinfezione cronica dellbs-
so di origine batterica (osteomielite) un essudato ricco di neutrofili
O Le plasniacellule originano dai linfociti B attivati e producono può persistere per diversi mesi. A livello polmonare, poi, i neutrofili
anticorpi diretti contro antigeni estranei persistenti o antigeni hanno un ruolo importante nel danno cronico indotto dal fumo o
dell'ospite nella sede delfinfiammazione ovvero contro compo- da altri stimoli irritanti (Cap. 15).
nenti tissutali alterate. In alcune reazioni infiammatorie croni- Oltre agli infiltrati cellulari, nelle reazioni infiammatorie cro- i
¬

che di particolare intensità, l”accumulo di linfociti, cellule niche si osserva spesso anche un”evidente proliferazione di vasi
presentanti gli antigeni e plasmacellule può assumere le carat- sanguigni e linfatici, fenomeno stimolato da fattori di crescita
teristiche morfologiche proprie degli organi linfoidi, soprattutto come il VEGF, prodotto dai macrofagi e dalle cellule endoteliali
l
dei linfonodi, e contenere addirittura centri germinali ben (Cap. 3).
formati. Simili formazioni sono definite organi linfoidi terziari
e questo tipo di organogenesi linfoide è molto frequente nella
INFIAMMAZIONE GRANULOIVIATOSA
sinoviale di pazienti affetti da artrite reumatoide da lunga
data” L”infian1r'nazione granulomatosa è unaforina caratteristica di infiam-
O Gli eosinofili abbondano nelle reazioni immunitarie mediate dalle mazione cronica riscontrata in un numero limitato di condizioni
IgE e nelle infezioni da parassiti (Pig. 2.26). Una chemochina infettive e in alcune condizioni non infettive. Le reazioni immuni- i
particolarmente importante per il reclutamento degli eosinofili tarie sono in genere implicate nello sviluppo dei granulomi, per cui l
tale processo sarà descritto in maniera più approfondita nel
Capitolo 6. Fondamentalmente, tuttavia, un granuloma si può defi-
nire come un tentativo cellulare di contenere un agente lesivo difficile
.Ø da eliminare. Tale azione è spesso associata a una potente attivazione

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dei linfociti T con conseguente attivazione dei macrofagi, i quali
possono danneggiare i tessuti normali. La tubercolosi è il prototipo
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delle malattie granulomatose, che comprendono anche la sarcoidosi,
le malattie da graffio di gatto, il linfogranuloma inguinale, la lebbra,
la brucellosi, la sifilide, alcune infezioni micotiche, la berilliosi, le
reazioni a lipidi irritanti e alcune malattie autoimmuni (Tab. 2.8). Il
riconoscimento della natura granulomatosa delliinfiammazione in
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diagnosi associate alle lesioni.
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Un granuloma è unfocolaio di infiammazione cronica costituito
da un aggregato microscopico di macrofagi nioifologicamente
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trasformati in cellule epitelioidi, circondato da leucociti mononucleati,
l~`I1il"/x 1._':,, Un focolaio di infiammazione con numerosi eosinofili. soprattutto linfociti e, occasionalmente, plasmacellule. Nelle abituali
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CAPITOLO 2 infiammazione acuta e cronica

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Malattia Causa Reazione tissutfle

Tubercolosi Mycobacteríum tubercu/osis Granuloma caseoso (tubercolo): focolaio di


macrofagi attivati (cellule epitelioidi),
circondato da fibroblasti, linfociti, istiociti
e, occasionalmente, cellule giganti di tipo
Langhans; necrosi centrale con detriti
granulari amorfi; bacilli acido-resistenti

Lebbra Mycobacterium Ieprae Presenza di bacilli acido-resistenti nei


macrofagi; granulomi non caseosi

Sifilide Treponema pa//idum _ Gomma: lesione di entità variabile, da


microscopica a visibile a occhio nudo, con
palizzate di istiociti; infiltrato di
plasmacellule; cellule necrotiche al centro,
senza perdita dei margini cellulari

Malattia da graffio di gatto Bacilli Gram-negativi Granuloma circolare o stellato contenente


detriti granulari centrali e neutrofili; cellule
giganti poco frequenti

Sarcoidosi Eziologia ignota Granulomi non caseosi con abbondante


presenza di macrofagi attivati
Malattia di Crohn (malattia infiammatoria Reazione immunitaria rivolta contro batteri Occasionali granulomi non caseosi nelle
intestinale) intestinali e antigeni self pareti dell'intestino con denso infiltrato
infiammatorio cronico

sezioni tissutali colorate con ematossilina ed eosina, le cellule epi- proteico estraneo, lo processano e ne presentano i peptidi ai linfociti
telioidi (le quali sono istiociti modificati e vengono dette epitelioidi T antigene-specifici, attivandoli (Cap. 6). I linfociti T che rispondono
perché si trovano a mutuo contatto tra di esse, simulando dunque all'antigene producono citochine come l'IL-2, che attiva altre cellule
un epitelio) presentano un citoplasma granulare rosa pallido con T, amplificando cosi la risposta, e l'IPN-y, importante nelfattivazione
margini cellulari indistinti che spesso appaiono confluenti. Il nucleo dei macrofagi e nella loro trasformazione in cellule epitelioidi
è meno denso di quello di un linfocita, ha forma ovale o allungata e e cellule giganti multinucleate.
può mostrare ripiegamenti della membrana nucleare. Una parete di Il prototipo del granuloma di tipo immunitario è quello causato li
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fibroblasti e tessuto connettivo circonda i granulomi più vecchi. dall'infezione da Mycolzacteriuni tulzerculosis. In questa patologia, il
Spesso le cellule epitelioidi si fondono per formare cellule giganti, granuloma - definito tubercolo - è spesso caratterizzato dalla presen-
localizzate in periferia o talvolta al centro dei granulomi. Queste za di necrosi caseosa centrale (si veda Pig. 2.27), condizione per
cellule giganti, le quali possono raggiungere un diametro di 40- contro rara in altre malattie granulomatose. Le caratteristiche mor-
50 p.m, presentano un`ampia massa di citoplasma contenente 20 o fologiche dei vari granulomi possono essere abbastanza differenti
più nuclei di piccole dimensioni disposti perifericamente (cellule da consentire una diagnosi ragionevolmente accurata se eseguita da
giganti di tipo Langhans) o dispersi nel citoplasma in maniera di- un anatomo-patologo esperto (si veda Tab. 2.8); tuttavia, i casi atipici
sordinata (cellule giganti da corpo estraneo) (Pig. 2.27). Non si
conoscono differenze funzionali tra questi due tipi di cellule giganti,
ciononostante i patologi insistono nel distinguerli (probabilmente =."-«<:†“.*«.=:f ". . 'I
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perché offrono un utile spunto per le domande di esame). .›¢* 1 . '~:.. _-.›¦_ , " : i

Esistono due tipi di granulomi, diversi per patogenesi. I gran uloini _


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reazione specifica di tipo infiammatorio o immunitario. Cellule I ,\.,`~\ 1 !¬ . ' :"\' "v.:";:$,i'.<›{§'3§- '
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fa apparire rifrangente.
I granulomi di tipo innnunitario sono causati da vari agenti capaci
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norma, questo tipo di risposta immunitaria produce granulomi


H " ii ~ Tipico granuloma tubercolare che mostra un'area di ne-
quando liagente scatenante è scarsamente degradabile o permane in crosi centrale circondata da molteplici cellule giganti di tipo Langhans,
forma corpuscolata. In tal caso, i macrofagi inglobano l'antigene cellule epitelioidi e linfociti.
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, .anto numerosi da rendere sempre necessaria liidentificazione causata da qualsiasi tipo di stimolo. Le proteine di fase aca. o c u - t r a c
dell'agente eziologico con colorazioni specifiche per i microrganismi producono effetti benefici durante l'infiammazione acuta ma,
(ad es. colorazioni acidofile per i bacilli tubercolari), con metodi di come vedremo in seguito (Cap. 6),,una produzione protratta di
coltura (ad es. nella patologia tubercolare e micotica), con tecniche tali proteine (in particolare SAA) in stati di infiammazione cronica
molecolari (ad es. la PCR nella tubercolosi) e con prove sierologiche è causa di amiloia'osi secondaria. Livelli sierici elevati di CRP sono
(ad es. nella sifilide). stati proposti quali indicatori di rischio per l'infarto del miocardio
in pazienti con patologie coronariche.^"6 Si ritiene che lfinfiamma-
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zione che coinvolge le placche aterosclerotiche nelle coronarie
Effetti sistemici dell'infiammazione predisponga alla trombosi e al conseguente infarto, e la CRP è
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prodotta nel corso dell'infiammazione. Un altro peptide la cui
Chiunque abbia sofferto di un grave mal di gola o di un'infezione produzione risulta aumentata nella risposta di fase acuta è l'epci-
respiratoria ha sperimentato le manifestazioni sistemiche dell'in- dina, peptide regolatore del ferrof” Concentrazioni plasmatiche
fiammazione acuta. Le alterazioni sistemiche associate all'infiam- cronicamente elevate di epcidina riducono la disponibilità di ferro i K

mazione acuta - definite nel complesso reazione difase acuta o e sono responsabili dell'insorgenza dell'aneinia associata all'in-
sindrome da risposta infiammatoria sistemica - sono reazioni alle fiammazione cronica (Cap. 14).
citochine prodotte in risposta a prodotti batterici come LPS e altri La leucocitosi è una caratteristica comune delle reazioni infiam-
stimoli infiammatori. La reazione di fase acuta consiste in numerose matorie, specie quelle generate da infezioni batteriche. La conta
modificazioni cliniche e anatomo-patologiche: leucocitaria progredisce in genere da 15.000 a 20.000 cellule/ uL, i
ma può talvolta raggiungere livelli eccezionalmente alti di 40.000-
O La febbre, caratterizzata da un innalzamento della temperatura 100.000 cellule/ |.iL. Questi innalzamenti estremi sono detti rea-
corporea, in genere di 1-4°C, è una delle manifestazioni più evi- zioni leucemoiali per l'affinità alle conte leucocitarie riscontrate
denti della reazione di fase acuta, soprattutto quando l'infiamma- nella leucemia, ma è importante che le due condizioni vengano
zione è associata a un'infezione. La febbre è generata in risposta a distinte. La leucocitosi compare inizialmente a causa di un au-
sostanze dette pirogeni, che stimolano la sintesi delle prostaglan- mentato rilascio di cellule dal pool di riserva del midollo osseo
dine nelle cellule vascolari e perivascolari dell'ipotalamo. I prodotti (indotto da citochine, tra cui TNP e IL-1) ed è perciò associata
batterici come LPS (detti pirogeni esogeni) stimolano i leucociti a alliaumento del numero di neutrofili irnmaturi nel sangue (spo-
rilasciare citochine quali IL-1 e TNP (detti pirogeiii endogeni) stamento a sinistra). Infezioni prolungate inducono anche la
determinanti la sovraespressione degli enzimi che convertono FAA proliferazione dei precursori nel midollo osseo, causata dalla
e prostaglandine (ciclossigenasi).°“ Nelfipotalamo, le prostaglan- maggiore produzione di fattori stimolanti le colonie. La produ-
dine - soprattutto PGE; - stimolano la produzione di neurotra-
smettitori come l'adenosina monofosfato ciclico, che agisce
zione di leucociti del midollo osseo viene dunque incrementata
per compensare la perdita di tali cellule nella reazione infiamma-
3
regolando la temperatura basale a un livello più alto. I PANS, toria (si veda anche la trattazione della leucocitosi nel Cap. 13). i
compreso l'acido acetilsalicilico, riducono la febbre inibendo la La maggior parte delle infezioni batteriche induce un aumento
sintesi di prostaglandine. È stato dimostrato che un'elevata tempe- della conta di neutrofili nel sangue, detta neutrofilia. Infezioni
ratura corporea aiuta gli anfibi a bloccare le infezioni microbiche virali come la mononucleosi infettiva, la parotite e la rosolia
e si ritiene che la febbre agisca nello stesso modo anche nei mam- provocano un aumento assoluto del numero di linfociti (linfoci-
miferi, benché il meccanismo sia sconosciuto. Un'ipotesi è che la tosi). Nell'asma bronchiale, nelle allergie e nelle infestazioni pa-
febbre possa indurre fespressione di proteine da shock termico, le rassitarie si osserva invece un aumento assoluto del numero di
quali aumentano le risposte linfocitarie agli antigeni microbici. eosinofili, determinante una condizione di eosinofilia. Alcune
O Le proteine difase acuta sono proteine plasmatiche, sintetizzate infezioni (febbre tifoide e infezioni causate da determinati virus,
soprattutto nel fegato, le cui concentrazioni nel plasma possono rickettsie e taluni protozoi) sono infine associate a una riduzione
aumentare di diverse centinaia di volte nel corso della risposta agli del numero di globuli bianchi circolanti (leucopenia), riscontrata
stimoli inf1ammatori.”5 Pra le più note figurano la proteina C-re- anche nelle infezioni che sopraffanno i pazienti debilitati da
attiva (C-Reactive Protein, CRP), il fibrinogeno e la proteina sieri- cancro disseminato, tubercolosi cronica o grave alcolismo.
ca A delliamiloide (Serum Amyloid A, SAA). La sintesi di queste Altre manifestazioni della reazione di fase acuta comprendono
molecole da parte degli epatociti è sovraregolata dalle citochine, l'aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa; la
nello specifico da IL-6 (per CRP e fibrinogeno) e da IL-I o TNP diminuzione della sudorazione, soprattutto a causa del ridirezio-
(per SAA). Molte proteine di fase acuta, come CRP e SAA, si le- namento del flusso ematico dal letto vascolare cutaneo a quello
gano alle pareti cellulari dei microbi e possono agire come opso- profondo, per ridurre al minimo la perdita di calore attraverso la
nine e fissare il complemento. Esse interagiscono inoltre con la cute; brividi (ricerca di calore), anoressia, sonnolenza e malessere,
cromatina, probabilmente contribuendo all'eliminazione dei nu- probabilmente causati dagli effetti delle citochine sulle cellule
clei delle cellule necrotiche. Durante la reazione di fase acuta, la cerebrali.
proteina SAA sostituisce llapolipoproteina A, una componente Nelle infezioni batteriche gravi (sepsi), lì-:levata concentrazione
delle lipoproteine ad alta densità. Questo evento può modificare di microrganismi e LPS nel sangue stimola la produzione di
la destinazione delle lipoproteine ad alta densità dalle cellule enormi quantità di determinate citochine, in particolare TNP e
epatiche ai macrofagi, che possono utilizzarle come fonte di lipidi IL-1.88” Di conseguenza, ilivelli circolanti di queste citochine
energetici. Il fibrinogeno si lega ai globuli rossi causando la for- aumentano e il tipo di risposta dell'ospite varia. Alti livelli di ci-
mazione di accumuli di eritrociti (rouleaux) che sedimentano più tochine causano diverse manifestazioni cliniche come coagula-
rapidamente rispetto agli eritrociti isolati. Questo concetto è alla zione intravascolare disseminata, insuflìcienza cardiaca e disturbi
base della misurazione della velocità di eritrosedimeiitazione, usata
come semplice esame della risposta infiammatoria sistemica
del metabolismo, descritte con il termine di shock settico e di cui
si parlerà più approfonditamente nel Capitolo 4.
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..iiiseguenze di un'infiammazione Lentsch AB, Ward PA: Regulation of inflammatory vascular damage. I P1...
1901343, 2000.
insufficiente o eccessiva Valbuena G, Walker DI-I: Endothelium as a target of infections. Annu Rev Pathol
Mach Dis 11151, 2006. I
Dvorak AM, Feng D: The vesiculo-vacuolar organelle (VVO). A new endothelial
Dopo avere descritto il processo dell'infiammazione e i suoi esiti, è cell permeability organelle. I Histochem Cytochem 49:419, 2001.
utile riassumere le conseguenze cliniche e anatomo-patologiche di Oliver G, Alitalo K: The lymphatic vasculature: recent progress and paradigms.
Annu Rev Cell Dev Biol 211457, 2005.
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nesis. Nat Rev Mol Cell Biol 8:46-1, 2007.
O Un'i›ifiaiiimazione insufliciente genera tipicamente un aumento Muller WA: Leukocyte-endothelial cell interactioiis in the inflainmatory respon-
della suscettibilità alle infezioni giacché la risposta infiammatoria se. Lab Invest 82:521, 2002.
Luster AD et al.: lininune cell inigration in inflammation: present and future
è una componente centrale dei meccanismi di difesa di prima
therapeutic targets. Nat Immunol 6:1182, 2005.
linea che gli immunologi definiscono iiiiinuiiità innata (Cap. 6). McEver RP: Selectins: lectins that initiate cell adhesion under flow. Curr Opin
Inoltre può essere associata a ritardi nella riparazione delle ferite Cell Biol 14:581,2002.
in quanto la risposta infiammatoria non soltanto è essenziale per Sperandio M: Selectins and glycosyltransferases in leukocyte rolling in vivo.
eliminare i tessuti danneggiati e i loro detriti ma fornisce anche PEBS I 273:4377, 2006.
Hehlgans T, Pfeffer K: The intriguing biology of the tumour necrosis factor/tu-
lo stimolo necessario per avviare il processo di riparazione. mour necrosis factor receptor superfainily: players, rules and the games. Immu-
O Un°infiaininazione eccessiva è alla base di molti tipi di patologie nology115:1,2005.
umane. Le allergie - in cui gli individui presentano risposte im- Dinarello CA: Interleukin-lß. Crit Care Med 33:S460, 2005.
munitarie non regolate nei confronti di antigeni comunemente Johnston B, Butcher EC: Chemokines in rapid leukocyte adhesion triggering and
migratioii. Seinin Immunol 14:83, 2002.
presenti nell'ambiente - e le malattie autoimmuni - in cui
Sallusto P, Mackay CR: Chemoattractants and their receptors in homeostasis and
l'ospite sviluppa risposte immunitarie contro antigeni self nor- inflammation. Curr Opin Immunol l6:724, 2004.
malmente tollerati - sono patologie in cui la causa fondamentale 1-lynes RO: Integrins: bidirectional, allosteric signaling machines. Cell 1lO:673,
della lesione tissutale è rappresentata dalfinfiammazione (Cap. 2002.
6). Come menzionato all'inizio, inoltre, studi recenti indicano Cook-Mills IM, Deem TL: Active participation ofendothelial cells in inllamma-
tion. I Leukoc Biol 77:487, 2005.
che finfiammazione ha un ruolo importante in un'ampia varietà Petri B, Bixel MG: Molecular events during leukocyte diapedesis. FEBS I 273:4399,
di malattie umane che non sono in primo luogo disturbi del si- 2006.
stema immunitario. Queste comprendono l'aterosclerosi e la Muller WA: Leukocyte-endothelial-cell interactions in leukocyte transmigration
cardiopatia ischemica e alcune malattie neurodegenerative come and the inflammatory response. Trends Immunol 24:327, 2003.
Weber C et al.: 'Ihe role ofjunctional adhesion molecules in vasculai' inflainma-
il morbo di Alzheimer. Ijinfiammazione protratta e la fibrosi
tion. Nat Rev Immunol 7:467, 2007.
che l'accompagna sono anchesse responsabili di gran parte delle Buntiiig M et al.: Leiikocyte adhesion deficiency syndromes: adhesion and te-
manifestazioni patologiche riscontrate in molte malattie infettive, thering defects involving beta 2 integrins and selectin ligands. Curr Opin He-
metaboliche e di altra natura. Le malattie specifiche verranno matol 9:30, 2002.
descritte nei capitoli successivi di questo libro. Van Haastert PI, Devreotes PN: Cheinotaxis: signalling the way forward. Nat
Rev Mol Cell Biol 5:626, 2004.
Akira S et al.: Pathogen recognition and Innate iininunity. Cell 124:783, 2006.
Conclusa dunque l'analisi degli eventi molecolari e cellulari tipici Meylan E et al.: lntracellular pattern recognition receptors in the host response.
delfinfiammazione acuta e cronica, nel Capitolo 3 proseguiremo la Nature 442:39, 2006.
trattazione descrivendo le misure messe in atto dall'organismo Underhill DM, Ozinsky A: Phagocytosis of microbes: complexity in action. Annu
nelfintento di guarire il danno, ossia iprocessi di riparazione. La Rev Immunol 201825, 2002.
Segal AW: How neutrophils kill inicrobes. Annu Rev Immunol 23:197, 2005.
riparazione prende avvio quasi immediatamente dopo l'inizio della Faiig PC: Antimicrobial reactive oxygen and nitrogeii species: concepts and
reazione infiammatoria e implica vari processi tra cui la prolifera- controversies. Nat Rev Microbiol 2:820, 2004.
zione cellulare, fangiogenesi e la sintesi e il deposito di collagene. Babior BM: NADPH oxidase. Curr Opin lminunol 16:42, 2004.
Molti aspetti della riparazione sono stati menzionati nei paragrafi Nathan C, Shiloh MU: Reactive oxygen and nitrogen intermediates in the rela-
tionship between mammalian hosts and microbial pathogens. Proc Natl Acad
precedenti, ma il processo è abbastanza complesso e importante da Sci U S A 9728841, 2000.
meritare un intero capitolo. Belaaouaj A: Neutrophil elastase-mediated killing of bacteria: lessons from Ii
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Rinnovamento, rigenerazione
e riparazione tissutale
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Controllo della proliferazione e dell'omeostasi Matrice extracellulare e interazioni cellule-matrice I

tissutale Coflagene
Attività proliferativa dei tessuti Elastina, fibrillina e fibre elastiche <

Cellule staminali Molecole di adesione


Staminali' embrionali I I
Glicosaminoglicani (GAG) e proteoglicani
Hlpragrammazione delle cellule differenziate: cellule
staminali pluripotenti indotte Guarigione per riparazione, cicatrizzazione e fibrosi I
Staminali adulte (somatlche) Angiogenesi
Ruolo delle cellule staminali ne/l'omeostasi tissutale Fattori di crescita e recettori' implicati
Ciclo cellulare e controllo della proliferazione nellanglogenesi
Proteine della matrice implicate nel contro/lo
Fattori di crescita del/'angiagenesi
Segnali proliferativi Guarigione delle ferite cutanee
Hecettari e trasduzione de/ segnale
Fattori di trascrizione Fattori locali e sistemici che influiscono sulla
guarigione delle ferite
Meccanismi di rigenerazione di tessuti e organi Aspetti patologici della guarigione delle ferite
Rigenerazione epatica Fibrosi

Le lesioni cellulari e tissutali attivano una catena di eventi che circo- potenziale proliferativo, come il midollo osseo e gli epiteli cutaneo
scrivono il danno e avviano iprocessi riparatìvi. Tali processi possono e gastroenterico, si rinnovano continuamente e possono rigenerare
essere genericamente distinti in: rigenerazione e riparazione (Pig. 3.1). dopo un danno, fintanto che le relative cellule staminali non vengano I

La rigenerazione ripristina integralmente il tessuto leso o perso; la distrutte?


I

riparazione, invece, lo ricostruisce solo parzialmente e spesso si Nella maggiorparte dei casi, la riparazione è una combinazione di I

associa ad alterazioni strutturali. La guarigione delle lesioni nei rigenerazione e cicatrizzazione con deposizione di collagene; e il
tessuti sani avviene sempre per rigenerazione o riparazione ed è contributo relativo dei due processi dipende dalla capacità rigene-
essenziale per la sopravvivenza dell'organismo.1 rativa del tessuto e dall`entità della lesione. Le ferite cutanee super- I
I
Per rigenerazione si intende la crescita di cellule e tessuti per ripri- ficiali, ad esempio, guariscono per rigenerazione epiteliale; ma le
stinare le strutture lese, come nel caso della ricrescita delle estremità ferite gravi in cui la struttura della matrice extracellulare (ECM) è
di.-Iristerviati amputate degli anfibi. Nei mammiferi, la rigenerazione postlesionale danneggiata, guariscono per cicatrizzazione (Pig. 3.2), come vedre-
di un intero organo o di un tessuto complesso è rara; il termine si mo più avanti. La flogosi cronica dovuta alla persistenza di stimoli
Tutti
applica generalmente a processi come la rigenerazione epatica dopo dannosi esita nella cicatrizzazione, poiché attiva la produzione
epatectomia parziale o dopo necrosi, anche se in realtà si tratta locale di fattori di crescita e citochine che promuovono la prolifera-
di una crescita compensatoria piuttosto che di una rigenerazione zione dei fibroblasti e la sintesi di collagene. La deposizione di col-
vera e propria? Ciononostante, il termine rigenerazione è entrato lagene viene definita fibrosi. Le componenti dell'ECM hanno
nell'uso comune e sarà usato anche in questo testo. I tessuti a elevato un ruolo chiave nella guarigione delle ferite poiché formano
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CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

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(equilibrio tra proliferazione e apoptosi)

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Guarigione completa: Crescita compensatoria Guarigione della lesione,
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Fibrosi
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epidermide, epitelio dei dei fegato e dei rene formazione della cicatrice
tratto Gi, sistema
emopoietico
¦'|<-ìtiit/'\ liƒi Guarigione in vari processi patologici. La guarigione da una patologia acuta può avvenire per rigenerazione, con il ripristino della normale
struttura tissutale, o per riparazione, con formazione di una cicatrice. La guarigione da una patologia cronica implica la formazione di cicatrici e la fibrosi
(si veda il testo). GI, gastroenterico. I

l'impalcatura lungo la quale le cellule migrano, mantengono la cor- aumento della proliferazione o da una riduzione della mortalità
i
retta polarizzazione cellulare necessaria alla ricostruzione delle cellulare.5 Liapoptosi è un processo fisiologico necessario per liomeo-
strutture pluristratificate* e contribuiscono alla formazione di nuovi stasi tissutale, ma può essere indotta anche da stimoli patologici
vasi (angiogenesi). Le cellule dell›ECM (fibroblasti, macrofagi e al- (Cap. 1). Le cellule differenziate incapaci di replicarsi sono dette
tre), inoltre, producono fattori di crescita, citochine e chemochine cellule terminali. L'impatto del diflereiizíameuto dipende dal tessuto
essenziali per la rigenerazione e la riparazione. La riparazione tis- in cui si verifica. Le cellule differenziate di alcuni tessuti non si
sutale consente la guarigione delle lesioni, ma può anche causare rinnovano mai, mentre in altri si verifica un ricambio continuo
disfunzioni, come ad esempio avviene nelllaterosclerosi (Cap. 11). di cellule che muoiono e vengono sostituite da nuovi elementi ge-
Per comprendere i processi rigenerativi e riparativi è necessario nerati dalle cellule staminali (descritte oltre).
conoscere i meccanismi di controllo della proliferazione, le vie di La proliferazione può essere stimolata da condizioni fisiologiche
trasduzione del segnale e le molteplici funzioni delle componenti e patologiche. La proliferazione dell'endometrio sotto lo stimolo
dell'ECM. degli estrogeni durante il ciclo mestruale e la replicazione dei tireo-
Introdurremo quindi brevemente il ciclo cellulare, il potenziale citi, indotta dall'ormone tireotropo che determina l'aumento di
proliferativo dei tessuti e il ruolo delle cellule staminali nell'omeostasi dimensioni della ghiandola in gravidanza, sono esempi di prolife-
tissutale. Seguirà una panoramica dei fattori di crescita e dei mecca- razione fisiologica. Gli stimoli fisiologici possono però divenire
nismi di trasduzione del segnale implicati nei processi riparativi. eccessivi e creare stati patologici, come nel caso delfiperplasia pro-
Tratteremo infine la rigenerazione, con particolare riferimento alla statica nodulare causata dal diidrotestosterone (Cap. 21) e dei gozzi
rigenerazione epatica, ed esamineremo le proprietà dell'ECM e delle tiroidei nodulari, dovuti alllaumento dei livelli sierici dell`ormone
sue componenti. Questi argomenti sono essenziali per comprendere tireotropo (Cap. 24). La proliferazione è controllata principalmente
la guarigione delle ferite e la fibrosi. da segnali (solubili o contatto-dipendenti) presenti nel microam-
biente, che stimolano o inibiscono tale processo. Un eccesso di at-
tivatori 0 un deficit di inibitori si traducono in una crescita netta e,
Controllo della proliferazione nel caso del cancro, incontrollata.
e deii'omeostasi tissutale
ÀTTIVITÀ PÉQLIFÈRATIVA DEI TESSUTI
Nei tessuti adulti le dimensioni delle popolazioni cellulari sono deter- I tessuti sono classificati in tre gruppi in base alloro potenziale prolife-
minate dai tassi di proliferazione, diflereiiziameiito e morte apoptotíca rativa: tessuti proliferaiiti (labili), tessuti quiesceutì (stabili) e tessuti non
(Pig. 3.3). Un aumento del numero di cellule può derivare da un proliƒemiiti (permanenti). Questa classificazione storica va però rivista
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CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale l
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velopment of the immune system: grovvth factors, clonal selection and
bcl-2. Cancer l\/letastasis Rev il :i57, 1992)
Promerazionl delle Cellule Deposito dei tessuto connettivo,
S.d d t I mamc .mana proliferazione delle cellule residue
re ' ue en ro il e' dentro la matrice danneggiata nali adulte, dotate di un enorme potenziale proliferativo, la cui
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progenie si differenzia in varie linee cellulari (come vedremo più


avanti).
O I tessuti quiescenti (0 stabili) hanno normalmente una bassa atti-
vità proliferativa; ma le cellule possono moltiplicarsi rapidamente
`l
in risposta a vari stimoli e possono quindi ricostruire il tessuto
di origine. In questa categoria rientrano: le cellule parenchimali l
del fegato, dei reni e del pancreas, le cellule mesenchimali (ad es.
fibroblasti e cellule muscolari lisce), le cellule dell'endotelio vasale,
ilinfociti e i leucociti quiescenti. Il classico esempio che illustra l
il potenziale rigenerativo delle cellule stabili è la rigenerazione iI
RIGENERAZIONE RIPARAZIONE PER epatica dopo epatectomia parziale 0 dopo danno acuto da so-
CICATRIZZAZIONE stanze chimiche. Nei mammiferi adulti anche i fibroblasti, le
i ' I Ruolo della matrice extracellulare nei processi rigenerativi e cellule endoteliali, le cellule muscolari lisce, i condrociti e gli
riparativi. Per la rigenerazione epatica con ripristino della normale citoarchi- osteociti sono cellule quiescenti, che però proliferano in risposta i
tettura e necessario chela matrice extracellulare sia intatta. Se la matrice alle lesioni. I fibroblasti, in particolare, si moltiplicano attivamen- a
e danneggiata la lesione ripara con deposizione di tessuto fibroso e forma- l
zione di una cicatrice. te nei processi di cicatrizzazione e fibrosi, discussi più avanti.
O I tessuti non proliferauti (perenni) sono formati da cellule che sono
uscite dal ciclo cellulare e non sono in grado di dividersi nella
alla luce delle recenti acquisizioni nel campo delle cellule staminali e vita postnatale (ad es. neuroni e cellule muscolari scheletriche e
della riprogrammazione delle cellule differenziate. cardiache). Nel sistema nervoso centrale, i neuroni distrutti da
processi patologici vengono generalmente sostituiti dalla proli-
O Nei tessuti proliferanti le cellule si moltiplicano per tutta la vita ferazione degli elementi di supporto: le cellule gliali. Dati recenti
per sostituire gli elementi che vengono continuamente persi. Sono mostrano, però, che anche nel cervello adulto esiste una forma
tessuti proliferanti: gli epiteli di rivestimento (ad es. gli squamosi di neurogenesi a partire dalle cellule staminali (si veda oltre).
i
stratificati della cute, del cavo orale, della vagina e della cervice Anche i miociti scheletrici maturi non si dividono, ma il musco-
uterina), le mucose di rivestimento dei dotti escretori delle ghian- lo sclieletrico ha un potenziale rigenerativo grazie alle cellule
dole (ad es. ghiandole salivari, pancreas, vie biliari), l'epitelio satelliti attaccate alle guaine endomisiali. I cardiomíociti,
colonnare gastroenterico e uterino, l'epitelio di transizione delle invece, hanno un potenziale rigenerativo molto limitato se non
vie urinarie, il midollo osseo e i tessuti emopoietici. Nella maggior inesistente e le gravi lesioni miocardiche, come l”infarto, riparano
parte di questi tessuti le cellule mature derivano da cellule stami- per cicatrizzazione.
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CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

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pancreatiche ' `5 Epatocili

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Cellule ` ' Negroni


em0P0iellChe Cardiomiociti
Genesi e differenziamento delle cellule staminali. Lo zigote, formato dall'unione dello spermatozoo con l'oocita, si divide per formare la
blastocisti e la massa cellulare interna della blastocisti genera I'embrione. Le cellule del cumulo interno, dette staminali embrionali (ES), messe in coltura,
possono essere indotte a differenziarsi in tutte le linee cellulari dei tessuti embrionali. Nell'embrione, le cellule staminali pluripotenti si dividono, ma il
compartimento staminale si mantiene (si veda il testo). Con il differenziamento, le cellule pluripotenti danno origine a cellule con un potenziale differenziativo
ridotto che a loro volta generano cellule staminali "predestinate',' che possono differenziarsi solo in determinate linee cellulari.

CELLULE STANIINALI
animali e nell'uomo, di cellule staminali nervose e delllesistenza di
Gli studi sulle cellule staminali sono la nuova frontiera della ricerca neurogenesi in alcune aree del sistema nervoso centrale adulto? Le
biomedica e hanno dato origine a un nuovo campo di indagine detto staminali somatiche sono localizzate per la maggior parte in speciali
medicina rigenerativo. Uentusiasmo per le staminali deriva da sco- microambienti detti nicchie staminali (Pig. 3.5), formate da cellule
perte recenti, che hanno messo in discussione i dogmi consolidati mesenchimali, endoteliali e altre cellule.l“'“ Si ritiene che le cellule
sul differenziamento, e dalla speranza che queste cellule possano della nicchia staminale generino e trasmettano segnali che regolano
essere usate in futuro per riparare tessuti umani, come il cuore, il l'autonzantenimento e il difierenziamento delle cellule staminali. Studi
cervello, il fegato e i muscoli scheletrici.3'6'7 recenti, estremamente innovativi, hanno mostrato che le cellule l
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Le cellule staminali sono caratterizzate da due proprietà: la capacità difierenziate dei roditori e dell'uomo possono essere riprogrammate
di autorinnovarsi e la capacità di generare linee cellulari dzflerenziate per generare staminali pluripotenti, simili alle cellule ES, mediante la
(Pig. 3.4). Per essere in grado di dare origine alle cellule differenziate, trasfezione dei geni che codificano ifattori di trascrizione delle cellule
la popolazione di cellule staminali deve conservarsi tale per tutta la ES.“"3 Queste cellule riprogrammate sono state denominate stami-
vita dell'organismo. Uautorinnovamento si realizza con due nali pluripotenti indotte (cellule iPS). La possibilità di riprogrammare
meccanismizg (a) la divisione asimmetrica obbligata, in cui in ogni le cellule differenziate apre nuove prospettive per le staminali e le
ciclo mitotico della cellula staminale si generano due cellule diverse: loro applicazioni.
una staminale figlia che conserva la capacità di replicarsi e una Iniziamo la nostra trattazione delle cellule staminali con una breve
cellula figlia non staminale che si differenzia e (b) il dtƒerenziamento descrizione delle cellule ES e delle cellule iPS appena identificate.
stocastico, in cui la popolazione staminale si conserva grazie albi- Seguirà una descrizione delle staminali adulte di alcuni particolari
lanciamento tra due tipi di divisioni cellulari simmetriche: divisioni tessuti e del loro ruolo nei processi rigenerativi e riparativi.
che generano due staminali figlie che si replicano e divisioni che
generano due cellule figlie non staminali che si differenziano. Nelle
prime fasi dello sviluppo embrionale, le cellule staminali, dette Staminali embrionali
staminali emlirionalí o cellule ES, sono pluripotenti, possono cioè La massa cellulare interna della blastocisti siƒorma nella prima fase
dare origine a tuttii tessuti delforganismo (si veda Pig. 3.4). Le cellule dello sviluppo embrionale ed è costituita da cellule staminali pluripo-
staminali pluripotenti generano cellule staminali multipotenti, con tenti dette cellule ES.“ Le cellule isolate dalla blastocisti possono
un potenziale differenziativo ridotto, che a loro volta danno origine essere propagate in coltura come linee indifferenziate o indotte a
alle cellule differenziate dei tre foglietti embrionali. Il termine tran- differenziarsi in vari tipi cellulari, dai cardiomiociti agli epatociti
sdzflerenziamento (discusso più avanti) indica un cambiamento del (si veda Pig. 3.4).l5
programma differenziativo della cellula staminale (da una linea Lo studio delle cellule ES ha avuto un impatto enorme in campo
cellulare a un'altra). biomedico:
Nelliadulto cellule staminali con un potenziale ditferenziativo
limitato (dette staminali adulte o staminali somatiche) sono state O Le cellule ES sono state utilizzate per studiare i segnali e le fasi
identificate in molti tessuti. Le staminali adulte più studiate sono del differenziamento tissutale durante lo sviluppo embrionale.
quelle della cute, dell'epitelio gastroenterico, della cornea e soprattutto O Le cellule ES hanno consentito di ottenere i topi transgenici, uno l

del tessuto emopoietico. Inattesa è stata la scoperta, in modelli strumento essenziale per la comprensione dellefunzioni biologiche
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CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale
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Nicchie staminali nei vari tessuti. A. Le staminali cutanee si trovano nel bulbo del foliicolo pilifero, nelle ghiandole sebacee e negli strati più r
profondi dell'epidermide. B. Le staminali dell'intestino tenue si trovano in prossimità del fondo delle cripte, sopra le cellule di Paneth (ma possono trovarsi
anche sul fondo delle cripte 25). C. Le staminali epatiche (progenitori), dette cellule ovali, si trovano nei canali di Hering (freccia grande), strutture che col-
legano l canalicoli biliari (freccia sottile) agli epatociti li dotti biliari e i canali di l-lering sono stati colorati con una colorazione che evidenzia la citocheratina
7). D. Le staminali corneali si trovano nella regione del limbo, tra la congiuntiva e la cornea. (C. Per gentile concessione diTania Ftoskams, l\/lD, Università
di Leuven, Leuven, Belgio. D. Per gentile concessione diT-T Sun, l\/ID, New York University, NeWYorl<, NY)

di molti geni e per lo sviluppo di modelli umani di malattia. La L'eflicacia di queste procedure nei modelli animali è ancora allo
prima tappa nella produzione dei topi transgenici knockout è studio ed è in corso un acceso dibattito sui problemi etici connessi
llinattivazione o la delezione di un gene nelle cellule ES in coltura. all'uso di cellule ES derivate da blastocisti umane.
Queste cellule vengono poi iniettate nella blastocisti, che viene
impiantata nell'utero di una madre surrogata. Se il difetto gene-
Riprogrammazione delle cellule differenziate:
tico non è letale, la blastocisti geneticamente modificata e im- cellule staminali pluripotenti indotte
piantata da origine a un embrione vitale. Con una tecnica simile
vengono prodotti i topi transgenici knockin, nei quali un gene Le cellule diflerenziate dei tessuti adulti possono essere riprogranunate
endogeno è sostituito da una sequenza mutata di DNA.'“ Si pos- e convertite in cellule pluripotenti trasferendo il loro nucleo in un
sono anche produrre topi transgenici con difetti genetici specifici oocita enucleato. Questi oociti impiantati in una madre surrogata
per un determinato tessuto o tipo cellulare 0 con difetti genetici generano embrioni clonati che si sviluppano in animali completi.
“condizionabili”, cioè attivabili 0 disattivabili nellianimale adulto. Questa procedura, detta clonazione riproduttiva, è stata sperimentata
I topi transgenici knockout si sono rivelati essenziali per la com- con successo nel 1997 con la clonazione della pecora Dolly" e ha
prensione del ruolo in vivo di molti geni. Usando i topi transge- alimentato molte speranze sul possibile utilizzo del trasferimento
nici si sono ottenuti più di 500 modelli animali di malattie. nucleare negli oociti per la clonazione terapeutica finalizzata al trat-
O In futuro le cellule ES potrebbero essere impiegate per riparare gli tamento delle patologie umane (Pig. 3.6). Con questa tecnica il
organi danneggiati. Cellule ES in grado di differenziarsi in cellule nucleo di un fibroblasto cutaneo del paziente viene introdotto in un
pancreatiche in grado di secernere insulina, cellule nervose, oocita umano enucleato, generando cellule ES che vengono messe
cardiomiociti ed epatociti sono state impiantate in modelli ani- in coltura e indotte a differenziarsi in vari tipi cellulari. In linea di
mali nei quali il diabete, difetti neurologici, infarto miocardico principio, queste cellule differenziate potrebbero essere ritrasferite
o insufficienza epatica erano stati indotti sperimentalmente. nel paziente per ricostituire gli organi malati” Tuttavia, oltre ai
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CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tìssutal
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Fibroblasti umani di adulti e neonati sono stati riprograinn.a.
Oocita privato cellula del
del nucleo Pazlenle cellule pluripotenti mediante trasƒezione con igeni di quattroƒattori
,_ì "sl di trascrizione delle cellule ES (Oct8'/4, So.\'2, c-myc e Kfl4 in un la-
boratorio; Oct3/4, Sox2, Nanog e Liii28 in un altro laboratorio).“'“
ri ,_ Le cellule riprogrammate, dette cellule iPS, possono generare cellule
,« C/ , , endodermiche, mesodermiche ed ectodermiche. Queste cellule sono
litlifbm state anche usate per indurre la guarigione in un modello murino
_ ________,/~_ .`_.-«~› Trasduzione
genica di anemia falciforme, a dimostrazione del fatto che mantengono la
Trasferi- Coltura loro funzionalità in vivo anche dopo la manipolazione genetica e il
mento nucleare cellulare trapianto” Recentemente, le cellule iPS pluripotenti sono state ge- l
nerate anche a partire da altre cellule murine (epatociti, cellule ga-
Embrione ffi striche e linfociti B maturi) trasfettate con i geni degli stessi quattro
con il l, ~ ¬f-/,l . -. i
nucleo `
.
_ _» r fattori di trascrizione.“'l5 Le cellule iPS potrebbero quindi diventare
trasferito unaƒbnte alternativa per la terapia individualizzata con cellule sta-
minali, che consentirebbe di evitare il ricorso al trasferimento nucleare
negli oociti (si veda Pig. 3.6). Cè ancora molta strada da fare per re-
._\;l†'r;";\~-,C ` alizzare il sogno di usare le cellule iPS (dette anche cellule ES senza
il F1. 1,', 'if `
`i '\"\ embrione) nella medicina rigenerativa umana: vanno sviluppate
Blastocisti ,i//1i;_,f-E 1,-'i~;`;'Q;§\i nuove metodiche di trasferimento genico e gli oncogeni c-myc e Kƒl4
r

con il l *W* F

nucleo \ ``t:, '\`i., vanno sostituiti con altri geni non oncogeni.3° In ogni caso, dobbiamo
trasferito ,47/' aspettarci nuove ed entusiasmanti scoperte dal lavoro sulle cellule
>\\("F;iT\'Ã/` fl'
ES, sulle cellule iPS e sulla riprogrammazione cellulare.

Cellule
--.l1~ _ --I Cellule \“ , ,
staminali `- -~,-' '., /_-il Staminali adulte (somatiche)
Fs[3.~ .v,\~-'_ /H`Jkl..-, )
\\1l

staminali J/\ /\«/


_ , f\,H \__,_I l r
pluripotenti J ,-Li..-gf A _\,
I embrionali indotte ef' I Negli adulti, le cellule staminali sono presenti nei tessuti che si riiiiio-
vano continuamente, come il midollo osseo, la cute ela mucosa ga-
Differenziamento in coltura o in vivo stroenterica. Le staminali sono presenti anche in organi come il

/yl \ fegato, il pancreas e il tessuto adiposo, dove sono però normalmente


quiescenti e non producono linee cellulari differenziate. Nella mag-
gior parte dei tessuti le cellule staminali si moltiplicano molto len-
I

tamente, ma alcuni dati indicano che probabilmente le staminali


dellepitelio intestinale si replicano continuamente." Indipendente-
Cellule , Cellule mente dall'attività proliferativa, le staminali somatiche generano
ematiche ` ' muscolari cellule che si dividono rapidamente dette progenitori di transito.
Neuroni Queste cellule perdono la capacità di rigenerarsi indefinitamente (la
i ir :i `1:.~. Clonazione terapeutica con staminali embrionali (ES) e sta- staminalità) per dare origine a cellule con un potenziale differenzia-
minali pluripotenti indotte (iPS). A sinistra, clonazione terapeutica con cellule tivo limitato, dette progenitori. Purtroppo, i termini cellula staminale
ES. ll nucleo dìploide di una cellula adulta del paziente viene introdotto in e progeiiitore continuano a essere usati come sinonimi, nonostante
un oocita enucleato. Eoocita viene attivato e lo zigote si divide dando origine il fatto che le gerarchie cellulari siano chiare solo per le cellule sta-
a una blastocisti contente il DNA donatore. La blastocisti viene dissociata
per ottenere le cellule ES. A destra, clonazione terapeutica con cellule iPS. minali emopoietiche (HSC).
Le cellule del paziente sono messe in coltura e trasfettate con geni che Il cambiamento del programma difiereitziativo da una linea cel-
codifìcano fattori di trascrizione, per generare le cellule iPS. Sia le cellule lulare all°altra è detto transdhjferenziaineiito e la capacità di una
ES sia le iPS possono differenziarsi in vari tipi cellulari. [obiettivo della cellula di transdifferenziarsi in diverse linee cellulari è detta plasticìtà
clonazione terapeutica e ripopolare gli organi danneggiati e correggere i
difetti genetici usando le cellule del paziente in modo da evitare il rigetto. di sviluppo. In vitro le HSC hanno mostrato la capacità di transdif-
(l\/lodificata da Hochedlinger K, Jaenisch R: Nuclear transplantation, embr- ferenziarsi in altri tipi cellulari, come epatociti e neuroni. Alcuni
yonic stem cells and the potential for cell therapy. N Engl J l\/led 349275- studi hanno riportato che, iniettate nelle sedi appropriate, le HSC
286, 2003) possono transdifferenziarsi in neuroni, cellule muscolari scheletri-
che, cardiomiociti ed epatociti anche in vivo. Molti dati sul transdif-
ferenzíamento in vivo, però, si sono rivelati poco riproducibili (la
problemi etici connessi all'utilizzo di queste tecniche, la clonazione
frequenza di cellule transdifferenziate era molto bassa rispetto alle
terapeutica e riproduttiva sono ancora inefficienti e spesso inaccu-
attese o addirittura nulla).2S E la supposta generazione di neuroni,
rate. Uno dei problemi principali è la mancata metilazione degli
miociti scheletrici ed epatociti da parte di HSC inoculate sembra
istoni nelle cellule ES riprogrammate, che causa un°espressione ge-
dovuta principalmente allaƒusioiie delle cellule HSC o della loro
nica inappropriata.
progenie con cellule differenziate o progeiiitori dei relativi tessuti.29*3°
Pino a pochi anni fa i meccanismi che consentono alle cellule ES
In breve, non esistono prove certe che il transdflfferenziamento delle
di rimanere pluripotenti erano sconosciuti. In una serie di esperi-
HSC contribuisca al rinnovamento tissutale nei normaliprocessi
menti recenti, che sono una pietra miliare nella storia delle staminali,
oineostatici 0 nella guarigione delle lesioni” E possibile però che le
si è dimostrato che la pluripotenzialità delle cellule ES murine dipende
I-ISC inigrino nei focolai infiammatori, nelle ferite e nei tessuti
dall”espressione di quattrofattori di trascrizione - Oct3/4, Sox2, c-inyc
malati, generando cellule immunitarie o rilasciando fattori di cre-
e Klf4 - mentre la proteina homeobox Nanog (da Tir na n'Og, la terra
celtica dell”eterna giovinezza) impedisce il differenziamentofgizl
scita e citochine che stimolano la riparazione e la proliferazione È
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CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

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.lare con effetto paracrino.32 Il ruolo del transdifferenziamento -11 c u -tr a c k
dell'epidermide e nelle ghiandole sebacee (si veda Pig. 3.5). 1.

e della plasticità di sviluppo nella ricostruzione dei tessuti è tuttora staminali del bulbo pilifero possono rigenerare tutte le cellule fol-
oggetto di studio. licolari” Le staminali ínterƒollicolapi sono cellule isolate, disperse
nelllepiderniide, che non risiedono in una nicchia. Si dividono ra-
ramente, ma generano progenitori di transito che danno origine a
Ruolo delle cellule staminali nell'omeostasi tissutale
cellule epidermiche differenziate” Eepidermide umana ha un
Per illustrare l'importanza delle staminali nell”omeostasi e nella ri- turnover elevato e si rinnova approssimativamente ogni 4 settima-
generazione tissutale descriveremo brevemente le cellule staminali ne. Le staminali follicolari umane e murine sono state caratterizzate:“
l
del midollo osseo, della cute, dell'intestino, del fegato, del cervello, queste cellule partecipano alla ricostruzione dell'epidermide nella
del muscolo e della cornea. riparazione delle ferite cutanee, ma non alla normale omeostasi. ii
l
Le cellule follicolari sono attivate dal sistema Wnt e inibite dal si- ›
O Midollo osseo. ll midollo osseo contiene HSC e cellule stromali stema della proteina morƒogenetica dell'osso (BMP).
(dette anche cellule stromali multipotenti, cellule staminali me- O Epitelio intestinale. Ogni cripta dell'intestino tenue è una struttura
l
senchimali o MSC). monoclonale derivata da uifunica cellula staminale: il víllo è un
O Cellule staminali ernopoietiche. Le HSC sono il capostipite di coinpartiniento diflerenziato derivato da cellule di cripte diverse
l
tutti gli elementi particolati del sangue (Cap. 13), possono (si veda Fig. 3.5). Le staminali dell°intestino tenue rigenerano le
ricostituire il midollo osseo depleto da malattie o dall'irradia- cripte ogni 3-5 giorni* Come per le staminali cutanee, isisteini
zione e sono molto usate nella terapia delle malattie ematolo- Wnt e BMP controllano la proliferazione e il dijĒzrenziamento delle
giche” Possono essere isolate direttamente dal midollo osseo, staminali intestinali. Le staminali intestinali si trovano immedia-
dal sangue del cordone ombelicale e dal sangue periferico, tamente al di sopra delle cellule di Paneth nel tenue e alla base
dopo aver trattato il paziente con citochine come il fattore delle cripte nel colon.27'“'
stimolante la crescita di colonie granulocito-macrofagiche che O Muscolo sclieletrico e cardiaco. I miociti scheletrici non si dividono ll
l
mobilízza le HSC.“ É stato stimato che il midollo osseo umano mai; la crescita e la rigenerazione postlesionale del muscolo sche- l
E.
produca circa 1,5 >< 106 cellule ematiche al secondo, un tasso letrico sono dovute alla moltiplicazione delle cellule satelliti. Queste
proliferativo sorprendente! cellule, situate sotto la lamina basale dei miociti, formano un
O Cellule midollari stromali. Le MSC sono multipotenti e potreb- compartimento staminale di riserva che può attivarsi in caso di
bero avere importanti applicazioni terapeuticlie. Infatti, possono lesione generando miociti differenziati." La proliferazione delle
generare vari tipi di precursori (ad es. condrociti, osteoblasti, cellule satelliti è stimolata dal recettore Notch, attivato dai ligandi
adipociti, mioblasti e cellule endoteliali), in base al tessuto in Delta-simili (Dll) (il sistema di Notch è descritto più avanti tra i
cui migrano. Le MSC migrano nei tessuti danneggiati e gene- "Fattori di crecita e recettori implicati nell”angiogenesi”). Eesi- I
rano cellule stromali o di altro tipo, ma non sembrano parte- stenza delle staminali cardiache è controversa. É stato proposto
cipare alla normale omeostasi tissutale.35'“” che nel cuore esistano cellule simili a progenitori, in grado di
O Fegato. Le cellule staminali/progenitori epatiche sono state identi- attivarsi dopo una lesione ma non di sostituire le cellule danneg-
ficate nei dotti di Hering (si veda Pig. 3.5), al confine tra il sistema giate dallinvecchiamento fisiologico.°"“° l
~

duttale biliare e il parenchima epatico (Cap. 18). Le cellule resi- O Cornea. La trasparenza della cornea dipende dall`integrità dell”epi-
denti in questa nicchia staminale danno origine a una popola- telio corneale esterno, mantenuta dalle cellule staminali limbi-
zione di precursori, detti cellule ovali: progenitori bipotenti che che (LSC). Queste cellule si trovano al confine tra l'epiteli0
possono generare sia epatociti che cellule dei dotti biliari.2'37 corneale e la congiuntivasll (si veda Fig. 3.5). Le patologie eredi-
Contrariamente alle staminali dei tessuti proliferanti, le staminali tarie e acquisite che causano una riduzione delle LSC e opaciz-
epatiche fungono da compartimento secondario o di riserva che zazione corneale possono essere trattate con il trapianto di tessuto
si attiva solo quando la proliferazione degli epatociti è bloccata. limbico 0 di LSC. l dati ottenuti nei modelli animali suggeriscono
Le cellule ovali si attivano, infatti, dopo un`epatite fulminante, anche la possibilità di correggere la perdita di fotorecettori che si
nella tumorigenesi epatica e in alcuni casi di epatite cronica e di verifica nelle retinopatie degenerative con il trapianto di cellule
cirrosi epatica avanzata. staminali retiniches'
0 Cervello. Eesístenza di neurogenesi adulta a partire da staminali
neuronali (NSC) è stata dimostrata nel cervello umano e murino,
invalidando lo storico dogma che nel cervello dei mammiferi adulti Ciclo cellulare e controllo
non si generino nuovi neuroni in condizioni normali. NSC (dette
anche precursori neurali) in grado di differenziarsi in neuroni,
della proliferazione
astrociti e oligodendrociti, sono state identificate in due aree cere-
brali del cervello adulto, la zona sottoventricolare (SVZ) e il giro La proliferazione è un processo strettamente controllato che coin-
dentato delllippocampofs Non si conosce però la funzione di que- volge un grande numero di molecole e vie di trasduzione correlate
sta neurogenesi adulta e non è chiaro se i neuroni generati nel tra loro. Per comprendere i meccanismi proliferativi della rigenera-
cervello umano adulto con questo processo si integrino nei circuiti zione e della riparazione, descriveremo brevemente il ciclo cellulare
neurali in condizioni fisiologiche o patologiche” Vi sono, tuttavia, e la sua regolazione. Per una descrizione dettagliata del ciclo cellulare
molte speranze che il trapianto di cellule staminali o l`induzione e delle sue anomalie si veda il Capitolo 7 riguardante il cancro. In
del differenziamento di cellule NSC endogene possano essere questo capitolo riassumeremo solo le caratteristiche salienti.
impiegati nella terapia dell'ictus, delle malattie neurodegenerative La proliferazione è stimolata da fattori di crescita o da segnali ge-
come il Parkinson e l)Alzheimer, e delle lesioni midollari.*° nerati dalle componenti dell'ECM attraverso le integrine. Per duplicare
O Cute. Le staminali cutanee si trovano in tre diverse aree dell'epider- il proprio DNA e generare le due cellule figlie, la cellula segue un l
mide: nel bulbo delfollicolo pilijero, nelle aree interfollicolari percorso a tappe strettamente controllato detto ciclo cellulare, che si
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Duplicazione cromosomíca/ S iv ) “` “/ G2\ I
Controllo de, / \ \"/ Controllovdel DNA
DNA danneggiato danneggiato o non l
(checkpoint G,/S) / /¬ ) (checkpoint G2/M)
duplicato `l
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~\ç'f~4g~\£

Punto di restrizione _-
\ //¬ /¬ `\ À/ /› M M/rosi ›
Duplícazione del centrosoma \ ,v /\
Crescita della massa \< ~ S
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/ ce/lu/are
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(V, conJ<
N ¬ .~ Ciclo cellulare. La figura mostra le fasi del ciclo cellulare (G0, GM G2, S e l\/l), il punto di restrizione della fase G0 e i checkpoint delle transizioni
di fase G,/S e G2/l\/l. Le cellule dei tessuti labili come l'epidermide e il tratto gastroenterico "ciclano" continuamente; le cellule stabili come gli epatociti
sono quiescenti, ma possono rientrare nel ciclo cellulare; le cellule perenni come i neuroni e i cardiomiociti hanno perso la capacità di proliferare. (l\/lodificata
da PollardTD, Earnshaw WC: Cell Biology. Philadelphia, Saunders, 2002)

articola nelle fasi: G, (presintetica), S (sintesi del DNA), G2 (premito- favoriscono la progressione del ciclo cellulare. Questi meccanismi
tica) e M (mitotico). Le cellule quiescenti fuori dal ciclo cellulare si sono illustrati in dettaglio nel Capitolo 7.
trovano infase G0 (si veda Pig. 3.7). Ogni fase del ciclo cellulare si llattività dei complessi cicline-CDK è strettamente controllata
attiva solo dopo che la fase precedente si è conclusa correttamente dagli inibitori delle CDK. Alcuni fattori di crescita bloccano la pro-
e se un gene essenziale è difettoso, il ciclo cellulare si arresta. Il ciclo duzione di tali inibitori. I principali meccanismi di controllo del
cellulare ha un ruolo chiave nell°omeostasi tissutale e nei processi ciclo cellulare sono sensibili soprattutto ai danni del DNA e dei
fisiologici di crescita tissutale, come la riparazione ela rigenerazione, cromosomi. Questi controlli di qualità sono detti checkpoint e
ed è pertanto caratterizzato da ridondanze e sistemi di controllo assicurano che le cellule con danni genetici e cromosomici non
multipli, soprattutto in corrispondenza della transizione tra lefasi G, completino il ciclo replicativo.53 Il checkpoint G1/S controlla l”inte-
ed S. I sistemi di controllo comprendono attivatori, inibitori e i grità del DNA prima della replicazione, mentre il checkpoint G2/M
sensori dei punti di controllo (clieckpoiiit), descritti più avanti." controlla Fintegrità del DNA dopo la replicazione e verifica che la
Le cellule entrano in G1 dalla fase Gt, (cellule quiescenti) o dopo cellula sia in condizioni di entrare in mitosi. Quando i sensori cel-
aver completato la mitosi (cellule in replicazione continua). Per lulari riscontrano un danno del DNA, l`attivazione dei checkpoint
entrare nel ciclo cellulare, le cellule quiescenti devono prima passare blocca il ciclo cellulare e attiva la riparazione del DNA. Se il danno
dalla fase G0 alla fase G1, questo rappresenta il primo livello decisio- del DNA è troppo esteso per essere riparato, le cellule vengono eli-
nale che funge da porta di ingresso nel ciclo cellulare. Questa tran- minate per apoptosi o entrano in uno stato quiescente detto sene-
sizione implica l”attivazione trascrizionale di un folto gruppo di geni, scenza, grazie soprattutto a meccanismi p53-dipendenti. I difetti dei
tra i quali vari proto-oncogeni e i geni necessari per la sintesi dei checkpoint che consentono a cellule con rotture dei filamenti di
ribosomi e la traduzione delle proteine. Le cellule che sono entrate DNA e anomalie cromosomiche di dividersi producono mutazio-
in G1 proseguono nel ciclo fino alla transizione da G, a S, una tappa ni nelle cellule figlie che possono portare all'insorgenza di neoplasie
critica detta “punto di restrizione': fase limitante per la replicazione (Cap. 7).”
cellulare (si veda Pig. 3.7). Le cellule normali che hanno oltrepassato
questo punto di restrizione sono irreversibilmente destinate alla FAT?-GR! Di (-.R[;§mT,x
replicazione del DNA. La progressione del ciclo cellulare e soprattutto A J J ”
la transizione G,/S, sonofinemente regolate dalle cicline e dagli enzimi La proliferazione è controllata da polipeptidì detti fattori di crescita.
a esse associati, le chinasi ciclina-dipendenti (CDK). Le CDK acqui- I fattori di crescita possono avere un numero limitato o ampio di
siscono l”attività catalitica legandosi alle cicline e formando con esse bersagli cellulari e possono promuovere la sopravvivenza della cel-
dei complessi. Ilattivazione delle CDK promuove la progressione del lula, il suo movimento, la contrattilità, il differenziamento e l'angio-
ciclo cellulare fosforilando le proteine essenziali per le varie fasi. Una genesi, effetti altrettanto importanti dello stimolo proliferativo. Tutti
di queste è la proteina del retinoblastoma (RB), che normalmente i fattori di crescita funzionano interagendo con specifici recettori
forma un complesso inattivo con il fattore trascrizionale EZP bloc- che trasmettono i segnali alle cellule bersaglio. Questi segnali atti-
cando la proliferazione. La fosforilazione della proteina RB permette vano la trascrizione di specifici geni che possono essere silenti nelle
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il rilascio di EZP, che si attiva e induce la trascrizione di geni che cellule quiescenti, tra i quali i geni che controllano liingresso nel ciclo
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CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

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Fattori di crescita Simbolo Origine Funzioni
I i.
Fattore di crescita epidermico EGF Piastrine, macrofagi, saliva, Mitogenico per cheratinociti e fibroblasti; stimola l
urine, latte materno, plasma la migrazione dei cheratinociti e la formazione
del tessuto di granulazione il
Fattore di crescita TGFu
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Macrofagi, linfocitiT, cheratinociti Simile all'EGF; stimola la replicazione degli
trasformante cr e molti tessuti epatociti e della maggior parte delle cellule
epiteliali
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EGF legante l'eparina HB-EGF Macrofagi, cellule mesenchimali Mitogenico per i cheratinociti l
i
i
Fattore di crescita epatocitario/ HGF Cellule mesenchimali Mitogenico per gli epatociti e per le cellule
fattore di dispersione epiteliali ed endoteliali; aumenta la motilità I

cellulare, mitogenico per i cheratinociti

Fattore di crescita endoteliale VEGF Molti tipi cellulari Aumenta la permeabilità vasale; mitogenico per le
vascolare (isoforme A, B, C, D) cellule endoteliali (si vedaTab. 3.3); angiogenesi
Fattore di crescita piastrine- PDGF Piastrine, macrofagi, cellule Chemotattico per PMN, macrofagi, fibroblasti e
derivato (isoforme A, B, C, D) endoteliali, cheratinociti, cellule muscolari lisce; attiva PMN, macrofagi e
cellule muscolari lisce fibroblasti; mitogenico per fibroblasti, cellule
endoteliali e cellule muscolari lisce; stimola la
produzione di l\/IMP, fibronectina e HA; stimola
li
Famiglia dei fattori di crescita FGF Macrofagi, mastociti, linfocitiT,
l'angiogenesi e la contrazione della ferita

Chemotattico per i fibroblasti; mitogenico per


il
fibroblastici 1 (acido) e 2 cellule endoteliali, fibroblasti fibroblasti e cheratinociti; stimola la migrazione
(basico) dei cheratinociti, l'angiogenesi, la contrazione
delle ferite ela deposizione della matrice
Fattore di crescita trasformante ß TGFß Piastrine, linfocitiT, macrofagi, Chemotattico per PMN, macrofagi, linfociti,
(isoforme 1, 2, 3); della cellule endoteliali, fibroblasti e cellule muscolari lisce; stimola la
famiglia fanno parte anche i cheratinociti, cellule muscolari sintesi di TIMP, l'angiogenesi e la fibrogenesi;
BMP e l'attivina lisce, fibroblasti inibisce la produzione di MMP ela I

proliferazione dei cheratinociti

Fattore di crescita dei KGF Fibroblasti Stimola la migrazione, la proliferazione e il


cheratinociti (detto anche differenziamento dei cheratinociti i
FGF-7)
Fattore di necrosi tumorale TNF Macrofagi, mastociti, linfocitiT Attiva i macrofagi; regola l'attività delle altre
citochine; molteplici funzioni
Bl\/lF? proteina morfogenetica dell'osso; HA, acido ialuronico; l\/ll\/IF) metalloproteasi della matrice; Pl\/IN, leucociti polimorfonucleati;Tll\/lP, inibitore tissutale
delle l\/ll\/IF?
l\/lodificato da Schwartz Sl: Principles of Surgery. Nevx/York, l\/lcGraW-Hill, 1999

cellulare e la sua progressione. La Tabella 3.1 elenca i più importanti l'HB-EGF (EGF che lega lieparina) e fanfiregulina. Mutazioni e ain-
fattori di crescita implicati nella rigenerazione e nella riparazione plificazione dell'EGFR1 sono state riscontrate in varie neoplasie (pol-
dei tessuti, ma in questa sezione tratteremo solo i principali. Gli altri monari, niannnarie, cervicali, della testa, glioblastomi e altri tumori)
sono descritti in altre sezioni. e questa scoperta lia portato allo sviluppo di nuove terapie antineo-
Fattore di crescita epidermico (EGP) e fattore di crescita tra- plasticlie specifiche. Il recettore ERB B2 (detto anche HER-2 o HER2/
sformante oi (TGP11). Questi due fattori appartengono alla famiglia Neu), il cui ligando non è stato identificato, e stato molto studiato
dell'EGP e riconoscono lo stesso recettore (EGPR).55 L'EGF è mito- perché è iperespresso in un sottotipo di neoplasie mammarie ed è
genico per varie cellule epiteliali, per gli epatociti e per i fibroblasti un importante bersaglio terapeutico.
ed è diffuso nelle secrezioni e nei fluidi interstiziali. Durante la Fattore di crescita epatocitario (HGF). UHGF è stato origina- i

guarigione delle ferite cutanee, FEGP viene prodotto da cheratinociti, riamente isolato dalle piastrine e dal siero. Studi successivi hanno i
macrofagi e altre cellule infiammatorie che migrano nella sede di dimostrato che è identico al fattore di crescita precedentemente .
r
lesione. Il TGPoi, originariamente estratto dalle cellule trasformate isolato dai fibroblasti e detto fattore di dispersione (scatterƒactor).56
con il virus del sarcoma, stimola la proliferazione delle cellule epi- É spesso definito HGF/SP, ma in questo capitolo lo chiameremo
teliali embrionali e adulte e la trasformazione neoplastica. Il TGPoi semplicemente HGP.
è omologo all)EGP, si lega all'EGPR e ha effetti biologici molto simili IÃHGP è mitogenico per gli epatociti e per la maggior parte delle
all'EGP. Il “recettore dell›EGP” è in realtà una famiglia di quattro cellule epiteliali (ad es. epitelio biliare, polmonare, renale, mammario
recettori di membrana ad attività tirosin-chinasica intrinseca. Il più e cutaneo). Agisce come morfogeno durante lo sviluppo embrionale,
noto EGPR, detto EGPR1, ERB B1, o semplicemente EGPR, risponde stimolando la diffusione e la migrazione cellulare e aumentando
all”EGP, al TGPoi e ad altri ligandi della famiglia dell”EGP, come la sopravvivenza degli epatociti. É prodotto dai fibroblasti e dalla
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CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

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c u -tr a c k _. aggior parte delle cellule mesenchimali, dalle cellule endoteliali e O Emopoiesi: gli FGF stimolano il differenziamento di detein o c u - t r a c k
dalle cellule non parenchimali del fegato. È sintetizzato come poli- linee cellulari ematiche e lo sviluppo della componente stromale
peptide inattivo (pro-HGF) e viene attivato dalle serina-proteasi del midollo osseo. ,f
rilasciate dai tessuti danneggiati. Il recettore dell'HGP, c-MET, è O Sviluppo: gli PGP promuovono lo sviluppo del muscolo schele-
spesso iperespresso o mutato nei tumori umani, soprattutto nei trico e cardiaco, la maturazione del polmone e il differenziamento
carcinomi renali e nei carcinomi papillari tiroidei. L`HGP è neces- del fegato dalle cellule endodermiche.
sario alla sopravvivenza e allo sviluppo embrionale, come è dimo-
strato dai difetti dello sviluppo muscolare, renale, epatico e cerebrale Fattore di crescita trasformante [3 (TGFB) e fattori di crescita l
e dalla letalità osservati nei topi transgenici knockout per c-met. Vari correlati. Il TGPB fa parte di una superfamiglia di circa 30 poli-
inibitori di HGF e c-MET sono in corso di valutazione nei trial peptidi che comprende tre isoforme di TGFB (TGFBI, TGFBZ,
l
clinici per la terapia antitumorale. TGFB3) e fattori con molteplici funzioni, come le BMP, le attivine,
Fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGF). Il PDGP è le inibine, e il fattore inibitorio del dotto del Muller.“° Il TGFB1 è il
una famiglia di proteine dimeriche strettamente correlate. Tre iso- più diffuso nei mammiferi e sarà definito semplicemente TGFB. È
forme di PDGP (AA, AB e BB) sono secrete in forma attiva. Il PDGP- una proteina omodimerica prodotta da vari tipi cellulari (piastrine,
CC e PDGP-DD, identificati più recentemente, vengono attivate in cellule endoteliali, linfociti e macrofagi). I TGFB nativi vengono
seguito a clivaggio proteolitico.57 Tutte le isoforme di PDGP si legano sintetizzati come precursori, che vengono secreti e poi scissi proteo-
a due recettori di membrana, detti PDGFR oi e B, con diversa spe- liticamente rilasciando il fattore di crescita attivo e un secondo
cificità di ligando. Il PDGF è immagazzinato nei granuli A delle componente latente. Il TGFB attivo si lega a due recettori di mem-
piastrine e rilasciato con liattivazione piastrinica, ma è prodotto brana (di tipo I e II) ad attività serina/treonin-chinasica e induce la
anche da altre cellule (ad es. macrofagi attivati, cellule endoteliali, fosforilazione di specifici fattori di trascrizione citoplasmatici detti
cellule muscolari lisce e molti tumori). Il PDGP induce la migrazione Smad (dei quali esistono varie isoforme: Smad 1, 2, 3, 5 e 8). Gli
e la proliferazione dei fibroblasti, delle cellule muscolari lisce e dei
monociti, come dimostrato dai difetti di queste funzioni che si ve-
Smad fosforilati formano eterodimeri con Smad 4, traslocano nel
nucleo e si associano con altre proteine che legano il DNA, attivando
l
rificano in topi transgenici knockout deficitari di entrambe le catene o inibendo la trascrizione genica. Il TGFB ha effetti molteplici e
A e B. I PDGP-B e C attivano le cellule stellate del fegato nelle fasi spesso contrastanti, che dipendono dal tessuto bersaglio e dal tipo
iniziali della cirrosi (Cap. 18) e inducono la contrazione delle di lesione. Gli agenti con effetti vari e molteplici sono detti pleiotro-
ferite. pici; per l'eterogeneità dei suoi effetti il TGFB e stato definito “ple-
Fattori di crescita endoteliali vascolari (VEGF). I VEGF sono iotropico per antonomasia”.
una famiglia di proteine omodimeriche che comprende il VEGF-A
(detto VEGF in questo testo), il VEGF-B, il VEGF-C, il VEGF-D e il O Il TGFB è inibitore della crescita della maggior parte delle cellule I
PIGF (fattore di crescita placentare).5“ Il VEGF è un potente induttore epiteliali. Infatti stimola liespressione degli inibitori appartenenti
delliangiogenesi nelle prime fasi dello sviluppo embrionale (vasculo- alle famiglie Cip/Kip e INK4/ARF, bloccando così il ciclo cellulare
genesi) e nelliadulto (angiogenesi) (si veda Tab. 3.3). Questo fattoreè (Cap. 7). Gli effetti del TGFB sulle cellule mesenchimali dipen-
responsabile dell'angiogenesi associata all'infianunazi0ne cronica, alla dono dal microambiente tissutale, ma in caso di crescita tumorale l

guarigione delleferite e ai tumori (il suo ruolo è discusso più avanti tra può favorire l'invasività e la formazione di metastasi. Nei tumori
nel paragrafo “Angiogenesi”). Nei topi transgenici knockout, la perdita umani la perdita dei recettori per il TGFB è frequente e conferisce
di un solo allele del VEGF è letale in utero a causa di gravi difetti della un vantaggio proliferativo. Uespressione di TGFB può venire
vasculogenesi e delllemopoiesi. I membri della famiglia del VEGF stimolata nel microambiente che circonda il tumore, generando
trasducono il segnale mediante tre recettori ad attività tirosin-china- interazioni epitelio-stromali che promuovono la crescita neopla-
sica: VEGPR-1, VEGFR-2 e VEGFR-3. Gli effetti vasculogenetici e stica e l'invasività.
angiogenetici del VEGF sono mediati principalmente dal VEGFR-2, O Il TGFß è un potente agentefibrogenico, stimola la chemiotassi
espresso dalle cellule endoteliali e da molti altri tipi cellulari. Il ruolo dei fibroblasti e la produzione di collagene, fibronectina e prote-
del VEGFR-1 è meno chiaro, ma è implicato nelllinfiammazione e oglicani. Il TGFB, inoltre, inibisce la degradazione del collagene,
potrebbe favorire la mobilizzazione delle staminali endoteliali. VEGF-C riducendo la sintesi delle proteasi della matrice e stimolando gli
e VEGF-D si legano al VEGPR-3 e stimolano l°endotelio linfatico in- inibitori delle proteasi. Il TGPB promuove la fibrosi associata alle
ducendo la formazione di neovasi linfatici (linfangiogenesi). malattie infiammatorie croniche, soprattutto polmonari, renali
Fattori di crescita dei fibroblasti (FGF). Questa famiglia di ed epatiche. L'espressione del TGPB infine è alta nelle cicatrici
fattori di crescita comprende oltre 20 polipeptidi, tra i quali l°FGF ipertrofiche (trattate più avanti), nella sclerosi sistemica (Cap. 6)
acido (aPGP, o FGF-1) e l'FGF basico (bFGF, 0 FGF-2) sono i più e nella sindrome di Marfan (Cap. 5).
noti” Gli FGF trasducono il segnale attraverso quattro recettori ad O Il TGF,8 ha un potente ejfetto antinfiammatorio, ma potenzia anche
attività tirosin-chinasica (FGFR 1-4). IJPGF-1 si lega a tutti i recet- alcunefunzioni immunitarie. I topi knockout nei quali il gene del
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tori; l'PGF-7 e dettofattore di crescita dei cheratinociti 0 KGF. Gli TGFß1 è stato inattivato selettivamente nei linfociti T presentano
FGF secreti si legano all”eparan-solfato nell`ECM, formando un deficit dei linfociti T regolatori che causano uno stato infiamma-
serbatoio di fattori inattivi. Gli FGF contribuiscono alla guarigione torio diffuso con iperplasia dei linfociti T e differenziamento dei
delle ferite, all`emopoiesi, alfangiogenesi, allo sviluppo embrionale linfociti T helper CD4+ in senso TH1 e TH2. Il TGFB, inoltre,
e ad altri processi, in virtù delle loro molteplici funzioni: stimola lo sviluppo dei linfociti T che producono interleuchina-17
(IL-17) (TH17), verosimilmente implicati nelfautoimmunità, e
O Riparazione delleferite: FGF-2 e KGF (FGF-7) contribuiscono stimola la produzione di IgA nella mucosa intestinale.
alla riepitelizzazione delle ferite cutanee.
O Angiogenesi: FGF-2, in particolare, induce la formazione di neo- Citochìne. Le citochine sono importanti mediatori dell'infiam-
vasi (trattato più avanti). mazione e dell'immunità (Cap. 6). Alcune citochine possono anche l
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.- considerate fattori di crescita per varie cellule. Le citochine O Segnali autocrini: la cellula risponde a molecole segnale prodcu c u -tr ack

sono trattate nei Capitoli 2 e 6. Il fattore di necrosi tumorale (TNP) dalla cellula stessa, creando un circuito autocrino. I segnali au-
e l'lL-1 contribuiscono alla guarigione delle ferite (si veda Tab. 3.1) tocrini sono importanti nella rigenprazione epatica e nella pro-
e il TNF e l”IL-6 contribuiscono all'attivazione della rigenerazione liferazione linfocitaria indotta dalla stimolazione antigenica. I
epatica (si veda oltre). tumori producono frequentemente un eccesso di fattori di cre-
scita e dei rispettivi recettori, stimolando cosi la loro stessa pro-
liferazione con modalità autocrina.
SEGNALI PROLIFERATIVI l
O Segnali paracrini: le cellule producono ligandi che agiscono sulle
In questa sezione tratteremo le vie di trasduzione mediate da recettori, cellule adiacenti dotate di recettori appropriati. Le cellule bersa-
attivate da fattori di crescita e citochine. I vari recettori e sistemi di glio sono molto vicine alla cellula che produce il ligando e sono
trasduzione attivano una cascata di eventi attraverso i quali l”attiva- generalmente di tipo diverso. La stimolazione paracrina è comu-
zione recettoriale si traduce nell'induzione di specifici geni. In questa ne nella riparazione delle lesioni connettivali, nelle quali fattori
sezione ci concentreremo sulle vie biochimiche di trasduzione del
segnale e sulla regolazione trascrizionale attivate dai fattori di
prodotti da un particolare tipo cellulare (ad es. macrofagi) sti-
molano la crescita delle cellule adiacenti (ad es. fibroblasti). La
l
crescita. stimolazione paracrina è necessaria per la proliferazione degli
In base al tipo di ligando e alla localizzazione del recettore (nella epatociti durante la rigenerazione epatica (si veda oltre) e per la
stessa cellula, in cellule adiacenti o in cellule distanti): si distinguono funzione del recettore Notch nello sviluppo embrionale, nella
tre nzodalitrl di trasduzione del segnale: autocrina, paracrina ed en- guarigione delle ferite e nel rinnovamento tissutale.
docrina (Pig. 3.8): O Segnali endocrini: gli ormoni sintetizzati dai tessuti endocrini
vengono trasportati dal sistema circolatorio e agiscono su cellule

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bersaglio distanti. Anche i fattori di crescita possono diffondersi
SEGNALAZIONE AUTOORINA in circolo e agire a distanza, come nel caso dell›HGF. Le citochine
O O
che inducono gli effetti sistemici delllinfiammazione descritti nel l
Capitolo 2, agiscono con modalità endocrina.
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O extracellulare Recettori e trasduzione del segnale
0:: °
O . - .. Il legame di un ligando al suo recettore attiva una catena di eventi che
Y Recettore trasmettono i segnali extracellulari all”interno della cellula (trasdu-
zione del segnale) modificando Fespressione genica. Una singola mo- I
lecola recettoriale attivata può trasdurre alcuni segnali, ma per la
Siti bersaglio sulla stessa cellula
trasduzione completa del segnale è necessaria Faggregazione di due
o più recettori indotta dal ligando. I recettori sono generalmente
espressi sulla membrana delle cellule bersaglio, ma possono anche
SEGNALAZIONE PARACRINA essere citoplasmatici o nucleari.
Per una migliore comprensione della proliferazione fisiologica e
patologica (neoplastica) (Cap. 7), introdurremo i principali tipi di
,~ ' 0.0 0 recettori e i loro sistemi di trasduzione del segnale (Pig. 3.9).
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0 . ° /”
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O Recettori ad attività tirosin-chinasica intrinseca. I ligandi dei re-
cettori ad attività tirosin-chinasica intrinseca sono la maggior
parte dei fattori di crescita, come l'EGF, il TGFoi, IIHGF, il PDGP,
Cellula secretrice Cellula bersaglio il VEGF, il PGP, il ligando di c-KIT e l'insulina. Questi recettori
adiacente sono formati da un dominio extracellulare che lega il ligando, da
una regione transmembrana e da una porzione citoplasmatica
SEGNALAZIONE ENDOCRINA
dotata di attività tirosin-chinasica intrinseca.“ ljinterazione con
il ligando induce la dinzerizzazione del recettore, la fosforila-
zione delle tirosine e l'attivazione della tirosin-chinasi recettoriale
Q.) O Vaso sanguigno
(si veda Fig. 3.10). La chinasi attivata fosforila attivandole varie
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' IQ . molecole eflettrici poste a valle (che mediano gli effetti dell'attiva-
O

:ø ,, - . . zione recettoriale). Ijattivazione delle molecole eifettrici può es-


I sere diretta 0 mediata da proteine adattatrici. Una tipica proteina
e Q 0 Q adattatrice è GRB-2, che lega il fattore di scambio guanosin-
trifosfato/guanosin-difosfato (GTP-GDP), detto SOS. SOS agisce
sulla proteina RAS, che lega il GTP (proteina G), catalizzando
Secrezione ormonale nel sangue
a opera di una ghiandola endocrina. la formazione di RAS-GTP, che a sua volta scatena la cascata delle
Cellule bersaglio lontane chinasi attivate dai mitogeni (chinasi MAP) (Pig. 3.10). Le chinasi
MAP attivate inducono la sintesi e la fosforilazione di fattori di
.-1~ :i I ' Trasduzione del segnale con modalità autocrina, paracrina
ed endocrina (si veda il testo). (l\/lodlficato da Lodish H et al: Molecular Cell trascrizione come POS e IUN. I fattori di trascrizione attivati dalle
Biology, 3rd ed. NeWYorl<, WH Freeman, 1995, p. 855. © 1995 by Scientific varie cascate di segnali inducono a loro volta la produzione di
American Books. Per gentile concessione di WH Freeman and Company) fattori di crescita e dei loro recettori e la sintesi di proteine
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Fano,-e di Crescita Q Recettori contenenti sette J Citochina


domini transmembrana l
associati alle proteine G I l
Recettori con attività Recettori che non hanno É
tirosin-chinasica attività
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PKB/Aia Ras/Raf R"as°l° di 'P3 CAMP STAT if


\ _ _ l _ (legame diretto con il DNA) l,i
Cascata dana Rilascio di Ca2+
fosforilazione mediata J(
dalle chinasi Map _ _ _ , _ ,
\ Effetti molteplici Effetti molteplici
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_. ' Attivazione del fattore di trascrizione

.-ii-ii i;i,~\ :im I principali recettori di membrana e i relativi sistemi di trasduzione del segnale (si veda il testo). ln figura sono mostrati: i recettori ad attività
tirosin-chinasica intrinseca, i recettori a sette domini transmembrana associati a proteine G (GPCR) e i recettori privi di attività tirosin-chinasica intrinseca
cAMFì adenosin-monofosfato ciclico; IP3, inositolo trifosfato; JAK, chinasi Janus; chinasi MAR protein-chinasi attivate da mitogeni; PI3 chinasi, chinasi i
dellinositolo trifosfato; PKB, protein-chinasi B, detta anche Akt; PLC-y, fosfolipasi C gamma; STAT, trasduttori del segnale e attivatori della trascrizione.

che controllano l'ingresso nel ciclo cellulare. Altre molecole ef- O Recettori accoppiati a proteine G (GPCR). Questi recettori trasdu-
fettrici attivate dai recettori ad attività tirosin-chinasica intrinseca cono il segnale attraverso proteine trimeriche che legano il GTP
sono: la fosfolipasi Cy (PLCy) e la chinasi dell'inositolo trifosfato (proteine G). Sono formati da sette domini transineinbrana ad i

(PI3K) (si veda Pig. 3.9). La PLCy scinde i fosfolipidi inositolici oi-elica (si veda Pig. 3.9) e sono la famiglia più numerosa di re- l

di membrana in due prodotti, l`inisitolo 1,-1,5-trifosfato (IP3), che cettori di membrana, insieme ai geni dei GPCR non olfattivi
aumenta le concentrazioni citosoliche di calcio, un`altra impor- costituiscono circa l”1% del genoma umano. I ligandi di questi
tante molecola effettrice, e il diacilglicerolo, che attiva la protein- recettori sono vari: chemochine, vasopressina, serotonina, ista-
chinasi C (PKC), una serina-treonin-chinasi che a sua volta attiva mina, adrenalina e noradrenalina, calcitonina, glucagone, para-
vari fattori di trascrizione. La P131( fosforila un fosfolipide di tormone, corticotropina e rodopsina. Anche moltissimi farmaci
membrana, generando prodotti che attivano la chinasi Akt (detta di uso comune agiscono sui GPCR” Ilinterazione con il ligando
anche protein-chinasi B), che inibisce liapoptosi, promuovendo induce una modificazione conformazionale nel recettore che lo
la sopravvivenza e la proliferazione cellulare. Alterazioni dell”at- attiva, consentendogli di interagire con varie e molteplici proteine
tività tirosin-chinasica e mutazioni recettoriali sono presenti in G. Ilattivazione delle proteine G avviene attraverso lo scambio i
l
molti tumori e sono importanti bersagli per la terapia (Cap. 7). del GDP, legato alla proteina inattiva, con il GTP, che attiva la
Recettori privi di attivita tirosin-chinasica intrinseca che trasducono proteina. Fra le molte vie collaterali di questa via di trasduzione
il segnale reclutando altre chinasi. I ligandi di questi recettori sono del segnale vi sono quelle che impiegano come secondi messaggeri
il calcio e l'AMP ciclico (adenosin-monofosfato ciclico 325” o CAMP). i
varie citochine (IL-2, IL-3 e altre interleuchine), gli interferoni-oi,
ß e y, l'eritropoietina, il fattore stimolante la crescita di colonie L'attivazione dei GPCR (e dei recettori ad attività tirosin-chinasica)
granulocitiche, l'ormone somatotropo e la prolattina. Questi re- genera inositolo trifosfato (IP3) che induce il rilascio di calcio i
cettori trasmettono i segnali extracellulari al nucleo attivando le dal reticolo endoplasmatico. I segnali del calcio, generalmente ad
proteine IAK (chinasi lanus) (si veda Pig. 3.9). Le IAK si legano andamento oscillatorio, agiscono su vari bersagli: le proteine
ai recettori e attivano i fattori di trascrizione citoplasmatici STAT citoscheletriche, le pompe ioniche del cloro e del potassio, gli
(trasduttori del segnale e attivatori trascrizionali), che traslocano enzimi come la calpaina e le proteine che legano il calcio come
nel nucleo inducendo la trascrizione di specifici geni” I recettori la calmodulina. Il cAMP attiva una serie più ristretta di bersa-
delle citochine impiegano anche altre vie di trasduzione, come la gli che comprendono la protein-chinasi A e i canali ionici rego-
cascata delle chinasi MAP sopramenzionata. lati dal cAMP, importanti nella via visiva e olfattiva. I difetti i
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Ligando del fattore di crescita 0

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Complesso recettore-ligando i

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Recettore dei
fattori di (MKKK)
crescita
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Altri substrati: Complesso delle ii:

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proteine adattatrici
Effetti l :'É°'C“f2'“aS' (GRB2, sos) Cascata
citoplasmatici sm l 1 \ delle chinasi

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“_ ___/______= Effetti / (MKK)
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-~~_F` 'D / ERK
_ R (MK)

:_~ Nucleo Attivazione genica

l-'lt-ìlJRA 3,10 Trasduzione del segnale nei recettori tirosin-chinasici. Il legame di un fattore di crescita (ligando) induce la dimerizzazione del recettore e
l'autofosforílazione delle tirosine. l_'attacco di proteine adattatrici lo di collegamento) (ad es. GRB2 e SOS) accoppia il recettore alla proteina RAS inattiva.
i.
La conversione ciclica di RAS nelle sue forme attiva e inattiva è regolata da GAP La forma attiva di RAS interagisce con RAF (detto anche chinasi della /i
chinasi della chinasi MAP ovvero chinasi della chinasi MEK) attivandolo. RAF attivato fosforila MEK (detto anche chinasi della chinasi MAP), una componente
della via di trasduzione del segnale delle chinasi MAP che a sua volta fosforila ERK (chinasi MAP). La chinasi MAP attivata fosforila altre proteine citopla- lii
smatiche e fattori di trascrizione nucleari, producendo le risposte cellulari, ll recettore tirosin-chinasico fosforilato può legare anche altre componenti, come
la chinasi dell'inositolo trifosfato (chinasi IP3), che attiva altre vie di trasduzione del segnale.

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congeniti dei GPCR causano la retinite pigmentosa, il deficit di a vari geni. La regione di transattivazione, invece, stimola la trascri-
corticotropina e Fiperparatiroidismo. zione delle sequenze geniche adiacenti.
0 Recettori degli ormoni steroidei. Sono recettori nucleari che, dopo I fattori di crescita inducono la sintesi o l'attivazione dei fattori di
aver legato il ligando, funzionario conieƒattori di trascrizione. I trascrizione. Gli eventi cellulari che richiedono risposte rapide non
loro ligandi diffondono attraverso le membrane cellulari e si inducono la sintesi dei fattori di trascrizione ma causano modifica- i
legano al recettore inattivo, attivandolo. Il recettore si lega a spe- zioni post-traduzionali che li attivano: (a) l'eterodimerizzazione,
cifiche sequenze dei geni bersaglio, dette elementi di risposta ormo- come la dimerizzazione dei prodotti dei proto-oncogeni c-FOS e
nale (HRE), e ad altri fattori di trascrizione. Oltre agli ormoni c-IUN, attivata dalle chinasi MAP, che dà origine al fattore di tra-
steroidei, altri ligandi di questi recettori sono gli ormoni tiroidei, scrizione detto proteina attivatrice-1 (AP-1), (b) Ia _fosforiIazione, l
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la vitamina D e i retinoidi. Di questa famiglia fanno parte anche come nel caso dei fattori STAT del sistema IAK/STAT, (c) la riino-
i recettori attivati di proliferazione perossisoniiale (PPAR),6J' recet- zione di componenti iizibitorie, che consente la traslocazione
tori nucleari implicati in unlampia gamma di risposte che vanno nucleare, come nel caso di NF-KB e (d) il rilascio dalle nieinbrane
dalliadipogenesi (Cap. 24), all'infiammazione e alfaterosclerosi. mediante clivaggio proteoliticc, come nel caso dei recettori Notch
(si veda Fig. 3.16).
Fattori di trascrizione
Molte vie di trasduzione recettoriale utilizzate dai fattori di crescita Meccanismi di rigenerazione
modulano la trascrizione genica attraverso i fattori di trascrizione.
I fattori di trascrizione che regolano la proliferazione comprendono
di tessuti e organi
i prodotti di molti geni che promuovono la crescita come c-MYC e
c-IUN e di geni che inibiscono il ciclo cellulare, come p53. I fattori Gli anfibi urodeli come il tritone possono rigenerare la coda, gli arti,
di trascrizione hanno una struttura modulare, formata da regioni il cristallino, la retina, le fauci e gran parte del cuore, ma nei mani-
che legano il DNA e regioni che regolano la trascrizione. Il dominio niiƒeri la capacità di rigenerare interi tessuti e organi si è persaf Si
che lega il DNA consente al fattore di trascrizione di riconoscere ritiene che l'assenza di una vera e propria rigenerazione nei mam-
corte sequenze di DNA, specifiche di un determinato gene 0 comuni miferi sia dovuta alla mancata formazione del blastenia (fonte di

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.e.lule per la rigenerazione) e alla rapida risposta fibroproliferativa adulto non si possono generare nuovi nefroni, perciò l'iperpia. L
indotta dalle ferite. Il sistema Wnt/,B-catenina è una via di segnala- compensatoria del rene controlaterale dopo nefrectomia unilaterale
zione altamente conservata, implicata nella rigenerazione delle pla- è dovuta a ipertrofia dei nefroni residui e Fiperplasia parziale del
narie, nella rigenerazione della pinna e del cuore del pesce farfalla e tubulo prossimale. ll pancreas, sia esocrino che endocrino, ha un l
nella formazione del blastema e nella rigenerazione ordinata degli limitato potenziale rigenerativo e la rigenerazione delle cellule beta l
arti nelle salamandre. Nei mammiferi, il sistema Wnt/B-catenina pancreatiche è dovuta alla loro proliferazione, al transdifferenzia-
controlla le funzioni delle cellule staminali dell°epitelio intestinale, mento delle cellule duttali e al differenziamento di cellule staminali
del midollo osseo e del muscolo, è implicato nella rigenerazione putative che esprimono i fattori di trascrizione Oct4 e Sox2.“7 Re- .lì

epatica dopo epatectomia parziale e stimola la proliferazione delle centemente, le cellule pancreatiche esocrine sono state riprogram-
cellule ovali dopo un danno epatico.27'°5'“ mate e convertite in cellule B a secrezione insulinica.
Abbiamo scelto come esempio la rigenerazione epatica perché è
stata molto studiata e presenta importanti caratteristiche biologiche RIGENERAZIONE EPATICA
e cliniche. La rigenerazione epatica non è una rigenerazione vera
e propria, perché Yablazione tissutale non induce la ricrescita del Il fegato umano lia una notevole capacità rigenerativo, come dimo- l

fegato, ma stimola un'iperplasia compensatoria della porzione resi- strato dalliperplasia compensatoria indotta dalfepatectonzia parziale,
dua dell'organo (si veda oltre). Altri organi come rene, pancreas, in caso di neoplasie o di trapianto da donatore vivente (Pig. 3.11).
surrene, tiroide e polmoni di animali molto giovani, possono andare Nelfimmaginario popolare la rigenerazione epatica è rappresentata
incontro a iperplasia compensatoria dopo resezione parziale (ad dal fegato di Prometeo, divorato ogni giorno da un'aquila inviata
es. nefrectomia), ma in misura minore rispetto al fegato. Nel rene da Zeus che ricresce miracolosamente ogni giorno (Zeus era in

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C, lobo caudato). llepatectomia parziale rimuove due terzi del fegato (lobi mediano e laterale sinistro) Dopo 3 settimane il lobo laterale e il lobo caudato
aumentano di volume fino a raggiungere una massa equivalente a quella del fegato originale, senza che si abbia però la ricrescita dei lobi mediano e laterale
sinistro. B. Ingresso e progressione degli epatociti nel ciclo cellulare (descrizione dettagliata nel testo). C. Rigenerazione del fegato umano nel trapianto
da donatore vivente. Tomografia computerizzata (TC) del fegato del donatore dopo trapianto da donatore vivente. ll pannello superiore mostra una scansione
del fegato del donatore prima dellintervento, evidenziando il lobo destro, che verrà usato per il trapianto. ll pannello inferiore mostra una scansione del
fegato 1 settimana dopo l'epatectomia parziale. Da notare il notevole aumento di volume del lobo sinistro (evidenziato nel pannello), in assenza di ricrescita
del lobo destro. (A. Da Goss RJ: Regeneration versus repair. In Cohen IK et al ledsl: Wound healing. Biochemical e Clinical Aspects. Philadelphia, WB
Saunders, 1992, pp 20-39. C. Per gentile concessione di: R.Troisi, MD, Ghent University, Ghent, Belgio; Riprodotto in parte da: Fausto N: Liver regeneration.
ln: Arias, et al:The Liver: Biology e Pathobiologv, 4th ed. Philadelphia, Lippincott Williams &Will<ins, 2001)
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ia con Prometeo che gli aveva sottratto il segreto del fuoco, ma
sapeva che il fegato di Prometeo sarebbe ricresciuto?). La realtà,
Matrice extracellulare e interazioni
meno drammatica, è comunque impressionante. Nellluomo la rese- cellule-matrice ,
zione di circa il 60% del fegato nei donatori viventi induce il rad-
doppiamento del fegato residuo in circa un mese. Dopo epatectomia La rigenerazione e la riparazione sono regolate, oltre che da fattori
parziale il fegato residuo forma un “mini-fegato” intatto che si espan- solubili anche dalle interazioni intercellulari e dalle interazioni delle
de rapidamente fino a raggiungere la massa del fegato originale cellule con le componenti della matrice extracellulare (ECM). EECM
(si veda Pig. 3.11). Il ripristino della massa originale delƒegato, però, controlla la crescita, la proliferazione, la motilità e il differenziamen-
non è dovuto alla ricrescita dei lobi asportati, ma alla crescita dei lobi to delle cellule che si trovano al suo interno. Il rimodellamento della i
residui dopo llintervento, detta crescita conipensatoria o iperplasia matrice è continuo (per degradazione e sintesi) ed è parte integrante
compensatoria. Nell'uomo e nel topo, la rigenerazione epatica dopo
epatectomia parziale ripristina la massa funzionale, ma non rico-
della inorfogenesi, della rigenerazione, della guarigione delle ferite,
della fibrosi cronica, dell'invasività e della metastatizzazione dei
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struisce la struttura originale” tumori. L'ECM sequestra l`acqua che conferisce il turgore ai tessuti
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Nella rigenerazione epatica dopo epatectomia parziale, quasi tutti molli e i minerali che rendono rigido l'osso, ma è molto di più di un i
gli epatociti proliferano. Gli epatociti sono cellule quiescenti e hanno semplice collante che tiene unite le cellule e preserva l'integrità
bisogno di diverse ore per entrare nel ciclo cellulare, completare la strutturale dei tessuti. Le sue funzioni comprendono:
fase G, e raggiungere la fase S della replicazione del DNA. L'onda
proliferativa epatocitaria è sincronizzata ed è seguita dalla replica- O Fornire il supporto ineccanico per llancoraggio e la migrazione
zione sincrona delle cellule non parenchimali (cellule di Kuplfer, cellulare e il mantenimento della polarità cellulare.
cellule endoteliali e cellule stellate). O Controllare la proliferazione. Le sue componenti controllano la
Vi sono prove consistenti che la proliferazione epatocitaria nel proliferazione attraverso i recettori della famiglia delle integrine.
fegato in rigenerazione sia indotta dalllrizione combinata di citocliine O Mantenere il di_/ƒereiiziaiiieiito cellulare. La composizione dell'ECM
efattori di crescita polipeptidici. Con lleccezione dello stimolo au- influisce sul grado di differenziamento cellulare del tessuto, un
tocrino del TGFoi, la replicazione epatocitaria è strettamente di- processo mediato in gran parte dalle integrine.
pendente dalla stimolazione paracrina dei fattori di crescita e delle O Fiingere da inipalcatnra per la rigenerazione. La membrana basale
citochine, come I-IGP e IL-6, prodotti dalle cellule epatiche non e llimpalcatura stromale sono indispensabili per il mantenimento
parenchimali. Due sono le tappe limitanti della proliferazione della normale architettura tissutale e l'integrità di queste strutture
epatocitaria: la transizione G0/G1, che consente l”ingresso degli è essenziale per la rigenerazione ordinata dei tessuti. Dopo una
epatociti quiescenti nel ciclo cellulare, e la transizione G,/S, che lesione, infatti, le cellule labili e stabili possono rigenerarsi, ma la
consente agli epatociti di superare l`ultimo punto di restrizione normale struttura tissutale può essere ricostruita solo se FECM l
della fase G,. L°espressione genica nel fegato in rigenerazione pro- è intatta poiché la distruzione della matrice induce la deposizione
cede a tappe e inizia con l'induzione dei geni precoci-immediati, di collagene e la formazione di cicatrici (si veda Pig. 3.2).
una risposta transitoria che corrisponde alla transizione G),/G1. O Creare i niicroainbienti tissutali. La membrana basale è un confine
Oltre 70 geni si attivano in questa risposta, tra i quali: i proto-on- tra l'epitelio e il connettivo sottostante ed è parte integrante
cogeni c-POS e c-IUN, i cui prodotti dimerizzano formando il dell”apparato di filtrazione del glomerulo renale.
fattore di trascrizione AP-1; c-MYC, che codifica un fattore di O Acciiniulare e presentare alle cellule bersaglio molecole regolatorie.
trascrizione che attiva vari geni; e altri fattori di trascrizione, come Fattori di crescita come l'PGP e YHGP vengono immagazzinati
NP-KB, STAT-3 e C/EBP.7“ La risposta genica precoce-immediata nell'ECM di alcuni tessuti e possono venire cosi liberati rapida-
pone le basi per l'attivazione sequenziale di altri geni, con l”ingresso mente in seguito a lesioni locali o durante la rigenerazione.
degli epatociti nella fase G,. La transizione G,-S avviene come
descritto precedentemente (si veda Pig. 3.7). BECM è formata da tre tipi di macromolecole: le proteine striit-
Gli epatociti quiescenti diventano competenti a proliferare dopo tiiralifibrose, come i collageni e le elastine, che conferiscono resi-
una fase di innesco, mediata principalmente da TNP e IL-6 e dal stenza ed elasticità ai tessuti; le glicoproteine di adesione che uniscono
sistema del complemento. I segnali di innesco attivano i sistemi di gli elementi della matrice tra loro e alle cellule; e i proteoglicani e i
l
trasduzione necessari alla proliferazione. Stimolati da HGP, TGPoi l'acido iariilonico che conferiscono resistenza meccanica e hanno un
e HB-EGP, gli epatociti attivati entrano nel ciclo cellulare e replicano effetto lubrificante. Queste molecole vengono assemblate a formare
il loro DNA (si veda Pig. 3.11). La noradrenalina, la serotonina, due tipi di ECM: la matrice interstiziale e le nieinbrane basali. La
l'insulina, gli ormoni tiroidei e l`ormone somatotropo sono adiuvanti matrice interstiziale si trova negli spazi tra le cellule epiteliali, endo-
nella rigenerazione epatica poiché favoriscono l`ingresso degli epa- teliali, muscolari lisce e nel connettivo ed è costituita principalmente
tociti nel ciclo cellulare.
Durante la rigenerazione epatica, ogni epatocita si replica una o
da collagene fibrillare e non fibrillare, elastina, fibronectina, proteo-
glicani e acido ialuronico. Le membrane basali sono strettamente
l
due volte al massimo per poi tornare allo stato quiescente in una associate alle membrane cellulari e sono formate da collagene non
catena di eventi strettamente regolata, ma i meccanismi che bloccano fibrillare (principalmente di tipo IV), laminina, eparan-solfato e
la proliferazione non sono noti. Pattori antiproliferativi, come il proteoglicani."
TGPB e le attivine, potrebbero essere implicati nelliarresto prolife- Passiamo ora a descrivere le componenti principali dell'ECM.
rativoTGP, ma il loro meccanismo dlazione non è chiaro. Le staminali
e iprogenitori intraepatici non intervengono nelliiperplasia compen-
COLLAGENE
satoria dopo epatectomia parziale, e non ci sono prove della genera-
zione di epatociti da precursori n1idollari;”'37 mentre le cellule Il collagene è la proteina più abbondante nel regno animale efornia
endoteliali e altre cellule non parenchimali del fegato in rigenera- l'iinpalcatiira extracellulare di tutti gli organismi iniilticelliilari. Senza
zione potrebbero derivare da precursori midollari. collagene, l'uomo sarebbe un ammasso di cellule somiglianti al

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Tipo di collagene Distribuzione tissutale Difetti genetici I

COLLAGENI FIBRILLARI

I Ubiquitario nei tessuti duri e molli Osteogenesi imperfetta; sindrome di Ehlers-Danlos -


artroclasie di tipo I
Il Cartilagíne, dischi intervertebrali, corpo vitreo Acondrogenesi di tipo ll, sindrome displasica i
spondiloepifisaria I
Ill Visceri cavi, tessuti molli Sindrome vascolare di Ehlers-Danlos
V Tessuti molli, vasi Sindrome classica di Ehlers-Danlos l
IX Cartilagíne, corpo vitreo Sindrome di Stickler i

COLLAGENI DELLE MEMBRANE BASALI


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IV Membrane basali Sindrome di Alport

ALTRI COLLAGENI
VI Ubiquitario nelle microfibrille Miopatia di Betlemme
VII Fibrille di ancoraggio delle giunzioni dermo- Epidermolisí bollosa distrofica
epidermiche
IX Cartilagíne, dischi intervertebrali Displasie epifisarie multiple l
l
XVII Collagene transmembrana delle cellule epidermiche Epidermolisí bollosa atrofica benigna generalizzata
XV e XVIII Collageni che formano endostatina, cellule endoteliali Sindrome di Knobloch (collagene di tipo XVIII)
Per gentile concessione del Dr. Peter I-l. Byers, Department of Pathology, University of Washington, Seattle, WA.

“Blob” (la creatura gelatinosa venuta dallo spazio del film degli di molte sindromi ereditarie, come le varie forme della sindrome di
anni '50), connesse tra loro da pochi neuroni. Sono stati identificati Ehlers-Danlos e l'osteogenesi imperfetta” (Capp. 5 e 26).
27 diversi tipi di collagene, codificati da 41 geni distribuiti su almeno
14 cromosomi” (Tab. 3.2). Ogni molecola di collagene è formata da
ELASTINA, FIBRILLINA E FIBRE ELASTICHE
tre catene disposte a elica a formare un trimero (tropocollagene). ll
polipeptide è caratterizzato da una sequenza amminoacidica ripe- llelasticità è necessaria per un corretto funzionamento dei tessuti I

titiva nella quale in terza posizione è sempre presente una glicina costituenti i vasi sanguigni, la cute, llutero e i polmoni. Le proteine
(Gly-X-Y, X e Y possono essere qualsiasi amminoacido tranne ci- della famiglia del collagene conferiscono resistenza alla tensione,
steina e triptofano) e contiene gli amminoacidi specializzati 4-idros- ma la capacità di questi tessuti di espandersi, recuperando poi la
siprolina e idrossilisina. Le proline in posizione Y sono tipicamente forma originaria (elasticità), dipende dalle fibre elastiche che pos-
idrossilate a idrossiproline e servono a stabilizzare la tripla elica. l sono allungarsi per poi tornare alle dimensioni originali quando la
collagenifibrillari (di tipo l, ll, Ill e V e XI) sono costituiti da lunghe tensione viene rilasciata. Dal punto di vista strutturale, le fibre ela-
sequenze ininterrotte a tripla elica costituite da oltre 1.000 residui e stiche sono formate da un nucleo centrale di elastina, circondato da
formano le strutture fibrillari extracellulari. I collageni di tipo IVsono una rete periferica di microfibrille. Le pareti dei grandi vasi come
costituiti ancli'essi da liinglie sequenze a tripla elica, che sono però l'aorta, l'utero, la cute e i legamenti sono ricchi di elastina. La rete
discontiiiue eƒorinanoƒoglietti anzicliéfibrille; insienie alla lainiiiiiia microfibrillare periferica che circonda il nucleo centrale è formata
sono la componenteprincipale delle nieinbrane basali. Un altro tipo principalmente dafibrillina, una glicoproteina secretoria di 350 l<Da
di collagene costituito da lunghe sequenze di tripla elica discontinua che si lega ad altre molecole di fibrillina e ad altre componenti
(il tipo VII) forma le fibrille che ancorano alcuni epiteli alle strut- dell'ECM. Durante Fassemblaggio delle fibre elastiche, le microfi-
ture mesenchimali, come l'epidermide al derma. Altri tipi di colla- brille servono in parte da iinpalcatura sulla quale si deposita l”elasti-
gene sono proteine transmembrana che ancorano fra loro epidermide na. Le microfibrille inoltre regolano la disponibilità di TGPB attivo
e derma. nell°ECM. I difetti ereditari della fibrillina sono responsabili della
Gli RNA messaggeri del collagene fibrillare sono tradotti in catene formazione di fibre elastiche anomale nella sindroine di Marfan,
pre-pro-oi che vengono assemblate in trimeri tipo-specifici. Llidros- caratterizzata da patologie cardiovascolari (dissezione aortica) e
silazione delle proline e delle lisine e la glicosilazione delle lisine scheletriche" (Cap. 5).
hanno luogo durante la traduzione. Per ogni tipo di collagene tre
catene specifiche vengono assemblate a formare una tripla elica
IVIOLECOLE DI ADESIONE
(protocollagene) (Pig. 3.12). ll protocollagene viene quindi secreto e
le proteasi rimuovono dei frammenti terminali per formare llunità La maggiorparte delle inolecole di adesione, dette CAM (molecole di
di base delle fibrille. ljassemblaggio delle fibrille si associa all'ossida- adesione cellulare), possono essere classificate in quattro grandiƒaini-
zione dei residui di lisina e idrossilisina a opera dell'enzima glie: le iinniunoglobuline CAM, le caderiiie, le integrine e le selettiiie.
extracellulare lísil ossidasi: Si formano cosi i legami crociati tra mo- Queste proteine sono recettori di membrana, ma possono anche
lecole adiacenti che stabilizzano la fibrilla e sono i principali deter- essere immagazzinate nel citoplasma” Come recettori, le CAM si
minanti della resistenza alla tensione del collagene. La vitamina C è legano a molecole simili 0 diverse presenti sulla membrana di altre
necessaria all 'idrossilazione delprocollagene e questo spiega la ritardata cellule con cui vengono in contatto, stabilendo interazioni tra cellule
guarigione delle ferite che si osserva nello scorbuto (Cap. 9). I difetti dello stesso tipo (interazioni omotipiche) e tra cellule diverse (inte-
genetici della sintesi del collagene (si veda Tab. 3.2) sono responsabili razioni eterotipiche). Le selettine sono state trattate nel Capitolo 2 l

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fibroblasti) interagiscono con l'ECM attraverso le integrine. Le membrane basali e la matrice interstiziale (ECM) sono diverse per architettura e composi-
zione, ma hanno in comune alcune componenti. Per semplicità molte componenti dell'ECM (ad es. elastina, fibrillina, acido ialuronico e sindecano) sono
Slâlë OITIGSSG.

nell'ambito delle interazioni tra i leucociti e l”endotelio vasale. In Il nome caderina significa “proteina di adesione calcio-dipendente”.
questo capitolo tratteremo solo alcuni aspetti di altre molecole di Questa famiglia comprende oltre 90 proteine che mediano le inte- I
adesione. Le integrine si legano a proteine dell”ECM (fibronectina, razioni omotipiche che collegano le membrane di cellule adiacenti.
laminina e osteopontina) e collegano le cellule all'ECM e alle CAM Le caderine generano due tipi di giunzioni: (1) la zonula aderen-
di altre cellule, stabilendo cosi contatti intercellulari e con la matrice. te, piccole giunzioni puntiformi localizzate al polo apicale delle I
Lafibronectina è una grossa proteina che lega molte molecole, come cellule epiteliali e (2) i desniosonii, giunzioni resistenti ed estese
il collagene, la fibrina, i proteoglicani e i recettori di membrana. È delle cellule epiteliali e muscolari. Nella riepitelizzazione delle fe-
formata da due catene glicoproteiche unite da ponti disolfuro. rite cutanee, la migrazione dei cheratinociti dipende dalla forma-
L”mRNA della fibronectina dà origine a due forme di splicing alter- zione di desmosomi. Le caderine si legano al citoscheletro attraverso
nativo, per la forma tissutale e plasmatica. La fibronectina plasmatica due classi di catenine. La (3-catenina unisce le caderine alla
lega la fibrina, stabilizzando i coaguli che chiudono le ferite, e funge oi-catenina, che, a sua volta, lega l'actina, completando il collega-
da substrato per la deposizione di ECM e la formazione della matrice mento con il citoscheletro. Le interazioni intercellulari mediate da
provvisoria durante la guarigione delle ferite (si veda oltre). La la- caderine e catenine sono essenziali per la regolazione della motilità
minina è la componente principale delle membrane basali e contiene cellulare, della proliferazione e del differenziamento; inoltre, inibi-
domini che legano l'ECM e domini che legano i recettori di mem- scono la proliferazione quando le cellule normali in coltura vengono
brana. Nelle membrane basali, i polimeri di laminina e collagene di a contatto tra loro (“inibizione da contatto”). Un deficit funzionale
tipo IV formano reti ben salde. La laminina, inoltre, ancora le cellule di E-caderina è implicato in alcuni tumori mainmari e gastrici. La
al connettivo sottostante. [3-catenina libera fa parte, indipendentemente dalle caderine, del
Le caderine e le integrine, legandosi all'actina e ai filamenti inter- sistema di segnalazione di Wnt, che regola Fomeostasi delle cellule
inedi, uniscono la nieinbrana plasmatica al cìtosclieletro. Questo staminali e la rigenerazione. Le mutazioni e llespressione
legame, soprattutto nel caso delle integrine, trasmette la forza mec- aberrante del sistema Wnt/ß-catenina sono implicati nella patoge-
canica e attiva la trasduzione del segnale in risposta alle trazioni nesi delle neoplasie, soprattutto gastroenteriche ed epatiche
meccaniche. L' attivazione delle integrine induce Yaggregazione dei (Cap. 7).
recettori di membrana e la formazione delle placche di adesione Oltre alle grandi famiglie di molecole di adesione citate, accen-
focale. Le proteine citoscheletriche che colocalizzano con le integrine neremo ad alcune molecole di adesione secretorie che hanno un
nelle placche di adesione focale sono la talina, la vinculina e la pa- ruolo potenziale in alcuni processi patologici: (1) SPARC (proteina
Xillina. I complessi integrine-citoscheletro fungono da recettori at- acida secreta, ricca di cisteina), detta anche osteonectina, partecipa
tivati e attivano vari sistemi di trasduzione del segnale, quali le al rimodellamento tissutale postlesionale e inibisce Yangiogenesi;
chinasi MAP, il sistema della PKC e della PI3K, sistemi attivati anche (2) le troinbospondiline, una famiglia di grandi proteine con effetti
dai fattori di crescita. Oltre alla sovrapposizione funzionale, le inte- pleiotropici, alcune delle quali, simili alle SPARC, inibiscono lian-
grine e ifattori di crescita interagiscono anche tra loro (“cross-talk”) giogenesi; (3) Posteopontina (OPN), una glicoproteina che regola la
trasmettendo alla cellula i segnali ambientali che regolano la prolife- calcificazione e la migrazione leucocitaria ed è implicata nell'infiam-
razione, l°apoptosi e il differenziamento (Pig. 3.13). mazione, nel rimodellamento vascolare e nella fibrosi di vari organi76'77 1

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SINTESI PROTEICA, ADESIONE,
MIGRAZIONE, CAMBIAMENTO
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I-liìi IW. Z1. if: Interazioni e trasduzione del segnale delle componenti dell'ECM e dei fattori di crescita. In corrispondenza delle placche di adesione focale
(strutture proteiche formate da vinculina, ot-actina e talina), le integrine legano le componenti dell'ECM e interagiscono con il citoscheletro. l_'interazione
genera secondi messaggeri intracellulari o invia segnali direttamente al nucleo. I recettori di membrana dei fattori di crescita attivano vie di trasduzione,
che si sovrappongono a quelle attivate dalle integrine. I segnali generati dell'ECM e dai fattori di crescita vengono integrati dalla cellula per produrre risposte
differenziate: proliferazione, movimento e differenziamento.

(si veda oltre); e (4) la famiglia delle terrascine, grandi proteine mul- crescita e chemochine, modulano Finfiammazione, Yimmunità, la
timeriche che regolano la morfogenesi e l`adesione cellulare. proliferazione e il differenziamento cellulare.
Esistono quattro famiglie di GAG distinte dal punto di vista strut-
turale: l'eparan-solfato, il condroitín/derriiatair-sobfato, il cheratair-
GLICOSAMINOGLICANI (GAG) solfato e I'acido ialuroirico (HA). Le prime tre sono sintetizzate e
E PROTEOGLICANI assemblate nell'apparato del Golgi e nel reticolo endoplasmatico
I GAG sono la terza componente dell'ECM, dopo le proteine strut- rugoso come proteoglicani. L'HA, invece, è prodotto nella membrana
turali fibrose e le molecole di adesione. Sono formati da lunghe plasmatica da enzimi detti acido ialuronico-sintasi e non è coniugato
catene ripetitive di specifici disaccaridi. Ad eccezione dell'acido irl- a una catena proteica.
Iuronico (si veda oltre), i GAG sono uniti a un nucleo proteico, L'HA è un polisaccaride della famiglia GAG presente nell”ECM di
formando i proteoglícanì.7“ I proteoglicani sono molto diversi fra molti tessuti ed è abbondante nelle valvole cardiache, nella cute e
loro. Nella maggior parte dei tessuti FECM può contenere vari e nello scheletro, nel liquido sinoviale nel corpo vitreo dell'occhio e
diversi nuclei proteici, ciascuno coniugato con GAG diversi. Inizial- nel cordone ombelicale” É una molecola di notevoli dimensioni,
mente i proteoglicani erano detti sostanza fondamentale o mucopo- formata una lunga catena di migliaia di unità ripetitive di un disac-
Iisaccaridi e si riteneva che il loro ruolo fosse principalmente caride semplice (acido glucuronico e N-acetilglucosamina), che si
strutturale, ma è ormai chiaro che, oltre a regolare la struttura e la estendono da un”estremità alI'altra. Lega grandi quantità d'acqua,
permeabilità del connettivo, hanno molte altre funzioni (Fig. 3.14). formando un gel vischioso idratato, che conferisce al connettivo la
Alcuni proteoglicani sono proteine integrali di membrana che, resistenza alla compressione meccanica. L'I-IA lubrifica e conferisce
mediante liinterazione con altre proteine e l'attivazione di fattori di resistenza meccanica ai tessuti connettivali e in particolare alla I
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CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

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Q1 Acido ialuronico

Proteoglicani \ , ,z _, r Q .
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Acido ialuronico Proteoglicani
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FIGUR/\ 3. I/I Proteoglicani, glicosaminoglicani (GAG) e acido ialuronico. A. Regolazione dell'attività di FGF-2 da parte dell'ECM e dei proteoglicani cellulari.
l_'eparan-solfato lega l'FGF-2 (FGF basico) secreto all'interno dell'ECl\/I. ll sindecano e un proteoglicano di membrana costituito da: un nucleo proteico
transmembrana, catene laterali extracellulari di GAG che legano l'FGF-2 e una coda citoplasmatica che lega il citoscheletro di actina. La catena laterale del Il
I
sindecano lega l'FGF-2 rilasciato dall'ECM danneggiata, consentendo all'FGF-2 di interagire con i recettori di membrana. B. Sintesi dell'acido ialuronico sul I
versante citoplasmatico della membrana cellulare. La molecola si estende verso lo spazio extracellulare, mentre è ancora unita alla sintasi dell'acido ialu- II
ronico. C. Le catene di acido ialuronico nello spazio extracellulare sono unite alla membrana plasmatica attraverso il recettore CD44. Vari proteoglicani II
possono unirsi alle catene di acido ialuronico dell'ECM. (B e C. Modificato da Toole KR: I-lyaluronan: from extracellular glue to pericellular cue. Nat Rev
Cancer 4:528, 2004) I

cartilagine articolare. La sua concentrazione aumenta nelle malattie rigenerazione, che ricostruisce la struttura del tessuto, la riparazio-
infiammatorie come Fartrite reumatoide, la sclerodermite, la psoriasi ne è una risposta fibroproliferativa che “rattoppa” il tessuto anziché
e Fosteoartrite. Alcuni enzimi, detti íaluronidasi, degradano I'I-IA in ricostruirlo. Il termine cicatrice è usato soprattutto per la guarigione
molecole a basso peso molecolare (LMW HA) con funzioni diverse delleferite cutanee, ma può indicare la sostituzione, da parte delle fi-
rispetto alla molecola originale. Il LMW HA prodotto dalle cellule bre collagene, delle cellule parenchimali di qualsiasi tessuto, come
endoteliali si lega al recettore CD44 dei leucociti e promuove il nell'infarto miocardico. Gli aspetti caratteristici della riparazione
reclutamento dei leucociti nei focolai infiammatori. I LMW HA, per cicatrice sono: I
inoltre, stimolano la produzione di citochine e chemochine infiam- I
matorie da parte dei leucociti reclutati in sede di lesione. La chemio- O Infiammazione I
tassi leucocitaria e la produzione di molecole proinfiammatorie da 0 Angiogenesi
parte dei LMW HA sono processi strettamente regolati; questi effetti O Migrazione e proliferazione di fibroblasti
sono benefici a breve termine, ma se diventano persistenti causano O Cicatrizzazione
infiammazione cronica. O Rimodellamento connettivale

Descriveremo questi aspetti nel contesto della guarigione delle


Guarigione per riparazione, ferite cutanee, come prototipo di processo riparativo. Indipendente-
mente dalla sede, la reazione flogistica scatenata dalle ferite limita il
cicatrizzazione e fibrosi danno, rimuove le componenti tissutali danneggiate e stimola la de-
posizione dell'ECM nel tessuto leso, inducendo anche Fangiogenesi.
Nei processi patologici gravi o cronici che interessano sia le cellule Se però lo stimolo patologico persiste, Finfiammazione si cronicizza
parenchimali che lo stroma, la guarigione non può avvenire per causando un accumulo eccessivo di tessuto connettivale, dettofibrosi.
rigenerazione, ma avviene per riparazione ed è caratterizzata dalla La maggior parte dei processi riparativi sono una combinazione di
deposizione di collagene e di altre componenti della matrice che si riparazione e rigenerazione e il contributo relativo delle due compo-
conclude con la formazione ali ana cicatrice. Contrariamente alla nenti dipende: (1) dalla capacità proliferativa delle cellule parenchimali; I

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`I CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

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c u -tr a c k (2) dall°integrità della matrice extracellulare e (3) dalla risoluzione o Angiogenesi da vasi preesistenti. È caratterizzata daLa d o c u - t r a c k
dalla cronicizzazione della lesione e delfinfiammazione. latazione e dall'aumento di permeabilità dei vasi esistenti, dalla
Prima di descrivere la guarigione delle ferite, ci sotfermeremo degradazione della matrice e dalla migrazione delle cellule endote-
sull'angiogenesi, una riposta importante anche in processi diversi liali e comprende varie fasi:
dalla guarigione delle ferite.
O Vasodilatazione in risposta all”ossido nitrico e aumento della
ANGIOGENESI permeabilità dei vasi preesistenti indotta dal VEGF
O Degradazione proteolitica della membrana basale del vaso di
Ijangiogenesi è parte integrante di vari processi fisiologici (ad es.
guarigione delle ferite, rigenerazione, rivascolarizzazione dei tessuti
origine a opera delle metalloproteasi della matrice (MMP), e delle
giunzioni intercellulari delle cellule endoteliali a opera dell”atti-
I
ischemici e mestruazione) e patologici (ad es. lo sviluppo di tumori vatore del plasminogeno
e metastasi, la retinopatia diabetica e Iinfiammazione cronica). Per O Migrazione delle cellule endoteliali verso lo stimolo angiogenetico
questo la comprensione dei meccanismi molecolari e lo sviluppo di O Proliferazione delle cellule endoteliali, contigue al fronte delle I

agenti pro- o antiangiogenetici suscita un grande interesse nella cellule migranti I

comunità scientifica. O Maturazione delle cellule endoteliali, che cessano di proliferare e


Intorno al 4000 a.C., i medici egiziani ritenevano che vi fossero formano neotubi capillari
“vasi in ogni regione corporea, che sono strutture cave, con un 0 Reclutamento di cellule periendoteliali (periciti e cellule muscolari
ostio che si apre per assorbire i farmaci ed eliminare i prodotti di lisce vasali) per formare il vaso maturo.
scarto”.8° Fortunatamente le nostre conoscenze sui vasi hanno fatto
molti progressi da alloraml e ora sappiamo che i vasi si formano Angiogenesi da precursori endoteliali (EPC). I tessuti posso-
per vasculogenesi durante lo sviluppo embrionale, a partire da no reclutare precursori midollari angiogenetici (Pig. 3.15). Il mec- I
precursori endoteliali (angioblasti) o precursori bifunzionali canismo con cui i precursori midollari riconoscono e raggiungono I
emopoietici/endoteliali detti emangioblasti che danno origine alla il tessuto bersaglio (detto anche homing) non è chiaro. Questi
rete vascolare primitiva. La generazione di nuovi vasi nelllorgani- precursori esprimono sia marcatori delle cellule staminali emopo-
smo adulto, detta angiogenesí o neovascolarizzazione, avviene, ietiche che VEGFR-2 e caderina endoteliale (caderina-VE). I pre-
invece, per ramificazione ed estensione dei vasi preesistenti adia- cursori endoteliali contribuiscono alla riendotelizzazione delle
centi oppure per reclutamento di progenitori endoteliali (EPC) dal protesi vascolari (ad es. stent) e alla neovascolarizzazione degli
midollo osseo (Pig. 3.15).8' organi ischemici, delle ferite cutanee e dei tumori. Il numero
I

A. Angiogenesi da vasi preesistenti


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B. Angiogenesi per mobilizzazione delle EPC nel midollo osseo


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I un li:/M 11 II; Angiogenesi per mobilizzazione di precursori endoteliali midollari (EPC) e per "gemmazione" dai vasi preesistenti (crescita capillare).
A. Nell'angiogenesi dai vasi preesistenti, le cellule dell'endotelio vasale migrano e proliferano formando "gemme" capillari. Indipendentemente dalla genesi,
la maturazione dei vasi (stabilizzazione) implica il reclutamento di periciti e di cellule muscolari lisce per formare lo strato periendoteliale. Gli EPC vengono
mobilizzati dal midollo osseo e migrano verso un'area lesionata o un focolaio neoplastico. Qui gli EPC si differenziano formando una rete matura che si
unisce ai vasi preesistenti. (Modificato da Conway EM et al: Molecular mechanisms of blood vessel growth. Cardiovasc Res 491507, 2001)
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CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale 1
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I C circolanti aumenta enormemente nei pazienti con sono stati identificati cinque ligandi del recettore Notch (laggeu . o c u - t r a c
patologie ischemiche, a indicare che queste cellule possono in- e 2 e i ligandi Delta-simili 1, 3 e 4) e quattro recettori Notch trans-
fluenzare la funzione dei vasi e determinare il rischio di malattie membrana (1-4). I recettori contengpno domini ripetitivi EGF-
cardiovascolari. simili, localizzati nella regione extracellulare che interagisce con
il ligando (Pig. 3.16). ll ligando Delta-simile 4 (D114) è specifico
Fattori di crescita e recettori implicati . per le cellule endoteliali ed è espresso nelle arterie e nei capillari
ma non nelle vene; la sua importanza è dimostrata dalla letalità
neII'angiogenesi
embrionale dei topi transgenici knockout privi di un solo allele
Moltifattori contribuiscono alfangiogenesi, ina nei tessuti adulti il D114. Durante l`angiogenesi, le cellule più avanzate del fronte di
VEGF è ilpiù importante, sia per l'angiogenesifisiologica (ad es. migrazione, dette cellule apicali o “della punta”, migrano e proli-
proliferazione endometriale) sia per l'angiogenesi che avviene nella ferano, mentre le cellule “del tronco” restano unite al vaso di ori-
guarigione delleferite, nelfinfiammazione cronica, nella retiiiopatia gine. Il VEGF induce 1'espressione del ligando D114 nelle cellule
diabetica e nei tii›11oi'i."“2 “della punta”, mentre Notchl e Notch4 sono espressi nelle cellule
Il VEGF” è secreto da varie cellule mesenchimali e stromali. Tra “del tronco” (si veda Fig. 3.16 C). Uinterazione tra il ligando D114
i recettori del VEGF, il VEGFR-2, dotato di attività tirosin-chinasica e i recettori Notch di cellule adiacenti della punta e del tronco del
intrinseca, è il più importante per l'angiogenesi. 11 VEGFR-2 (KDR vaso in formazione induce il clivaggio proteolitico del recettore
nellluomo e fl1<-1 nel topo) è espresso dalle cellule endoteliali e dai Notch, in due fasi sequenziali, rilasciando il dominio intracellulare
loro precursori, ma anche da altri tipi cellulari e da molti tumori e di Notch che trasloca nel nucleo per attivare i geni che attenuano
lega le isoforme circolanti di VEGF, VEGFU, e VEGFW. Il VEGF la sensibilità al VEGF. Il blocco del ligando D114 stimola la proli-
induce la migrazione dei precursori midollari nelle sedi di angioge- ferazione endoteliale e la gemmazione di capillari; il blocco del
nesi e ne stimola la proliferazione e il differenziamento. Nelliangio- VEGF ha lleffetto opposto, e inoltre riduce la sopravvivenza delle
genesi da vasi preesistenti, il VEGF promuove la sopravvivenza, la cellule endotelia1i(Fig. 3.17).
proliferazione e la motilità delle cellule endoteliali, stimolando la Indipendentemente dal processo angiogenetico, i neovasi sonofragili
“gemmazione” di nuovi capillari. Le componenti principali del si- e devono “štabilizzarsi”. La stabilizzazione avviene grazie al recluta-
stema VEGF/VEGFR e le loro azioni sono elencate nella Tabella 3.3. mento dei periciti e delle cellule muscolari lisce (cellule periendo-
Anche FGF-2 stimola la proliferazione, il differenziamento e la teliali) e alla deposizione delle proteine dell°ECM. Le angiopoietine
migrazione delle cellule endoteliali. 1 e 2 (Angl e Ang2), il PDGF e il TGFB contribuiscono alla stabiliz-
Data la complessità degli effetti del VEGF e dei meccanismi che zazione. Angl interagisce con il recettore Tie2, un recettore di mem-
ne regolano liespressione, come fanno le cellule endoteliali a gene- brana delle cellule endoteliali, per reclutare le cellule periendoteliali.
rare una rete vascolare perfetta durante liangiogenesi? Un mecca- 11 PDGF contribuisce al reclutamento delle cellule muscolari lisce
nismo di controllo della vasculogenesi identificato di recente è il mentre il TGFB stabilizza i vasi neoformati stimolando la produzio-
sistema Notch, che promuove la corretta ramificazione dei neovasi ne di proteine della matrice extracellulareis Ifinterazione Angl -Tie2
e limita llangiogenesi in eccesso riducendo la sensibilità endoteliale induce la maturazione dei vasi da semplici tubi endoteliali a strutture I

al VEGF.`“'l¬“5 I ligandi e i recettori del sistema Notch sono molecole più complesse e mantiene l`endotelio quiescente. Ang2, al contra- i

di membrana altamente conservate tra le specie. Nei mammiferi rio, interagendo a sua volta con Tie2, ha l'elfetto opposto e rende I

I II ., .¬.I I ,, j.I¬ III I . ,),.,i 1., IH II,I

Proteine Membri della famiglia: VEGF (VEG F-A), VEG F-B, VEG F-C, VEG F-D
Glicoproteine dimeriche con isoforme multiple
Le mutazioni di regioni specifiche dei VEGF causano deficit nella vasculogenesi e neII'angiogenesi.

Produzione Espresso a bassi livelli in molti tessuti adulti e ad alti livelli in pochi tessuti selezionati (podociti dei
glomerulo renale e cardiomiociti)
induttori Ipossia
TGFB
PDGF
TG For
I
Recettori VEGFR-1
VEG FR-2
VEGFR-3 (endotelio dei vasi linfatici)
Le mutazioni di regioni specifiche dei recettori aboliscono la vasculogenesi

Funzioni induce l'angiogenesi


Aumenta la permeabilità vasale
Stimola la migrazione delle cellule endoteliali
Mitogenico per le cellule endoteliali
VEGF-C induce selettivamente I'iperpIasia dei vasi linfatici
induce l'espressione endoteliale deli'attivatore del plasminogeno, dell'inibitore-I dell'attívatore del
plasminogeno e della collagenasi

PDGF, fattore di crescita piastrine-derivato; TGFß, -ot, fattore di crescita trasformante beta, alfa.

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CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale
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,, . ,, Trascrizione genica
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Trasduzione del segnale lperespressiøne di
DII4 mRNA 1 I

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intracellulare Notch dellaplce
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ACellula ricevente // Bšglpšãyepiteliale def/ 'MR J',_`† 7",,`¢ “N.4

FIGURA 3.16 ll recettore Notch nell'angiogenesi. A. il recettore Notch si lega al ligando (in figura è mostrato il ligando Delta-simile, Dll) espresso da una
cellula adiacente, quindi subisce due clivaggi proteolitici (il primo da parte della proteasi ADAM, il secondo da parte della secretasi-8), rilasciando un fram-
mento C-terminale detto dominio intracellulare di Notch (Notch-ICD). B. Attivazione di Notch nelle cellule endoteliali durante l'angiogenesi indotta dal legame
del ligando DII4 di una cellula endoteliale dell'apice a un recettore Notch di una cellula endoteliale del “tronco'.' Notch-ICD migra nel nucleo attivando la
trascrizione dei geni bersaglio. C. Angiogenesi dai vasi preesistenti: cellula endoteliale migrante dell'apice e cellule del tronco unite alle cellule endoteliali
del vaso principale. (A. Modificato da Weinberg RA:The Biology of Cancer. Nei/vYorl<, Garland Science, 2007, Fig. 5.22. B. Modificato da Kerbel RS:Tumor
angiogenesis. N Engl J Med 35822039, 2008)

1'endotelio più labile, aumentandone la sensibilità ai fattori di crescita Proteine della matrice implicate nel controllo
come il VEGF e, in assenza di VEGF, agli inibitori de1l'angíogenesi. deII'angiogenesi
Una prova eloquente de11'importanza di queste molecole è l'esistenza
di una malattia ereditaria causata da mutazioni di Tie2 che causa Due aspetti essenziali delfangiogenesi sono la motilità e la migra-
malformazioni venose. I fattori che stimolano l'espressione di VEGF, zione direzionale delle cellule endoteliali, necessarie per la forma-
come certe citochine e fattori di crescita (ad es. TGFB, PDGF, TGFoi) zione dei neovasi. Questi processi sono controllati da varie classi di
e soprattutto Iipossia, influiscono sulfangiogenesi fisiologica e pa- proteine: (1) le integrine, specialmente oi\Iß,, essenziale per la for- I
tologica. La trascrizione del VEGF è regolata dalfattore di trascrizione mazione e il mantenimento dei neovasi, (2) le proteine matricellulari I

HIF, indotto dallipossia. trombospondina 1, SPARC e tenascina C, che destabilizzano le in-


terazioni tra le cellule e la matrice promuovendo così l°angiogenesi II
e (3) le proteasi, come gli attivatori del plasminogeno e le MMP, che I›
Blocco di DLL4 Blocco di VEGF contribuiscono al rimodellamento dei tessuti durante llinvasione
endoteliale. Queste proteasi, inoltre, scindono le proteine della ma-
Gemmazione f Gemmazione I
trice, rilasciando fattori di crescita legati alla matrice come il VEGF
Proliferazione f Proliferazione I
delle EC delle EC e l`FGF-2, che stimolano Fangiogenesi. Le proteasi possono anche
Dimensioni del I Spravvivenza I rilasciare inibitori come Fendostatina, un piccolo frammento del
lume del vaso delle EC collagene che inibisce la proliferazione endoteliale e Fangiogenesi.
Organizzazione g Organizzazione ì L”ipossia induce nelle cellule endoteliali 1'espressione dell'integrina
vascolare vascolare crv(-33, che ha effetti molteplici sulfangiogenesiz interagisce con la
metalloproteasi MMP-2 (che tratteremo più avanti), lega il VEGFR-2
l-`l(jUlI/'\ I7 Interazioni tra Notch eVEGF nell'angiogenesi. il VEGF
stimola la formazione del complesso ligando Delta-simile 4 (DII4)/Notch, regolandone l'attività e infine media liadesione alle componenti
che inibisce la via di segnalazione mediata da VEGFR. ll blocco di DII4 in- dell›ECM, quali la fibronectina, la trombospondina e 1°osteopontina
duce un aumento della "gemmazione" dei capillari e della proliferazione OPN.” Dopo aver introdotto le interazioni delle componenti
delle cellule endoteliali (EC), rispetto alla normale angiogenesi, con la dell'ECM, le interazioni cellule-matrice e i meccanismi di angioge-
creazione di vasi disorganizzati e con un lume ristretto. il blocco del VEGF
riduce la "gemmazione" dei capillari e la proliferazione e sopravvivenza nesi, possiamo finalmente passare alla guarigione per riparazione e
delle EC. (Per gentile concessione di Minhong Yan, Genentech, San Fran- per cicatrizzazione, soffermandoci in particolare sulla guarigione
cisco, CA) delle ferite cutanee.
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rossi intrappolati, fibrina, fibronectina e fattori del complemento. I
Maturazione coagulo arresta il sanguinamento (eiiiostasi) e costituisce uniimpalca-
á;;š:: `fi2~\-
7 ,_ tura per la migrazione delle cellule, attyatte da fiittori di crescita, ci-
tochine e clieinocliine rilasciate local›nente.” Il rilascio di VEGF
1 . ,Ia
Proliferazione ,Q _ ' aumenta la permeabilità capillare inducendo liedema, mentre la
,I Deposizione superficie esterna del coagulo si disidrata, formando un'escara che
I,»I del collagene II
copre la ferita. Nelle ferite con significativa perdita di tessuto, il
infiammazione X
,I coagulo fibrinoso è più esteso e l'essudato e i detriti necrotici sono Ii
I
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più abbondanti. Entro 24 ore, i neutrofili appaiono ai margini dell'in-
~ Formazione di /' - Matrice del collagene cisione e migrando lungo l`impalcatura del coagulo fibrinoso colo-
coaguli I/ ~ Contrazione della lesione II
nizzano la ferita. Queste cellule rilasciano enzimi proteolitici che
° chemmtassl I ' ~ Riepiteiizzazione degradano i detriti e gli eventuali batteri che hanno colonizzato la
,f ' - Angiogenesi e tessuto
1/ di granulazione ferita, sterilizzandola.
I/ - Matrice provvisoria Formazione del tessuto di granulazione. Nelle prime 24-72 ore
I
I I I I I I I I del processo riparativo, i fibroblasti e le cellule endoteliali iniziano
2 4 6 8 10 12 14 16 a proliferare formando un tessuto specializzato detto tessuto di gra-
Giorni dopo la lesione nulazione, che è indice di riparazione tissutale. Il termine deriva dal
.1 II :IJII/\ 1š.IãI Fasi della guarigione delle ferite cutanee: infiammazione, tipico aspetto granulare e rosato della superficie delle ferite. La ca-
proliferazione e maturazione (si veda il testo per una spiegazione dettaglia- ratteristica istologica distintiva del tessuto di granulazione è la pre-
ta). (Modificato da Broughton G et al:The basic science of Wound healing. senza di neovasi (angiogenesi) e la proliferazione ƒilzroblastica
Plast Reconstr Surg il7:l2S-34S, 2006) (Fig. 3.21). I neovasi sono molto permeabili e consentono il passag-
gio di proteine e fluidi plasmatici nello spazio extravasale. Pertanto,
GUARIGIONE DELLE FERITE CUTANEE il tessuto di granulazione neoformato risulta spesso edematoso. Il
tessuto di granulazione invade progressivamente l'area delllincisione;
Nella guarigione delle ferite cutanee si distinguono tre fasi: infiain- la quantità di tessuto di granulazione dipende dall'esteiisione della
mazione, proliferazione e inaturazíonesfi (Fig. 3.18). In realtà la di- lacuna tissutale creata dalla ferita e dall”intensità della risposta iii-
stinzione è arbitraria, perché le fasi si sovrappongono, ma e utile per fiannnatoria ed è quindi molto più abbondante nella guarigione per
comprendere il processo di guarigione. La lesione iniziale induce seconda intenzione. Dopo 5-7 giorni, il tessuto di granulazione ha
l'adesione e Faggregazione delle piastrine che formano un trombo colmato la ferita e la neovascolarizzazione è massima. I meccanismi
alla superficie della ferita (emostasi), l'attivazione piastrinica causa di angiogenesi nel processo riparativo sono stati trattati all°inizio di
la flogosi. Nella fase proliferativa si forma il tessuto di granulazione, questo capitolo.
le cellule connettivali proliferano e migrano nella sede di lesione e Proliferazione cellulare e deposizione di collagene. Entro 48-96
si ha la riepitelizzazione superficiale della ferita. La fase di inatura- ore i neutrofili sono sostituiti dai macrofagi. I macrofagi hanno un
zione è caratterizzata da deposizione di ECM, rimodellamento tis- ruolo cliiave nei processi riparativi, poiché rimuovono i detriti extra-
sutale e contrazione della ferita. cellulari, la fibrina e il materiale estraneo presente nella ferita e
E esempio più semplice di guarigione di una ferita è la riinargina- promuovono l'angiogenesi e la deposizione di ECM (Fig. 3.22).
zione di uifincisione chirurgica pulita e non infetta i cui lembi siano La migrazione difilnoblasti nella ferita è guidata dalle clieiiiocliiiie,
mantenuti giustapposti da una sutura chirurgica (Fig. 3.19). In TNE PDGF, TGFB e FGE La loro successiva proliferazione è stiiiiolrita
questo caso la guarigione avviene per prima intenzione (o unione da varifattori di crescita, tra i quali PDGF, EGF, TGFß, FGF e le
pi'iiiiai'ia).`“°`*“ ljincisione chirurgica causa la morte di un numero citochine IL-1 e TNF (si veda Tab. 3.4), prodotte principalmente dai
limitato di cellule epiteliali e connettivali e crea una soluzione di macrofagi stessi, ma anche da altre cellule infiammatorie e dalle
continuità nella membrana basale delliepitelio. La riepitelizzazione piastrine. Le fibre collagene che appaiono inizialmente ai margini
che rimargina laƒeritri produce una cicatrice relativaineiite sottile. La delliincisione sono orientate verticalmente e non congiungono i
riparazione è più complessa, invece, nelle ferite in cui viene persa bordi della ferita. In 24-48 ore, gruppi di cellule epiteliali (iiiizialniente
una notevole porzione di tessuto sulla superficie cutanea, causando con bassa attività proliferativa) si spostano dai bordi dellaƒerita lungo
una lacuna. La guarigione di questeƒerite si associa aƒlogosípiù in- i margini tagliati del derma, depositando le coinponenti della mein-
tensa, alla formazione di un cospicuo tessuto di granulazione (descritto braiia basale mentre procedono. Queste cellule si fondono al centro
più avanti) e ad abbondante deposizione di collagene, conforinazioiie della ferita, sotto l'escara superficiale, producendo uno strato epite-
di una cicatrice voluminosri, che poi nella maggiorparte dei casi, si liale continuo, ma sottile che chiude la ferita. La riepitelizzazione
retrae. In questo caso si ha la cosiddetta guarigione per seconda iii- completa della superficie della ferita è molto più lenta nella guari-
tenzione (o per unione secondaria) (si vedano Figg. 3.19 e 3.20). gione per seconda intenzione perché l'interva11o da colmare è molto
Nonostante le differenze, il meccanismo di base della guarigione per più esteso. La successiva proliferazione delle cellule epiteliali aumen-
prima e per seconda intenzione è lo stesso; pertanto verranno de- ta lo spessore dello strato epidermico. I macrofagi stimolano i fibro-
scritte insieme, specificando le differenze. blasti a produrre FGF-7 (fattore di crescita dei cheratinociti) e IL-6
Alla guarigione delle ferite cutanee contribuiscono un gran nume- che aumentano la migrazione e la proliferazione dei cheratinociti.
ro di fattori di crescita e citochine” elencati nella Tabella 3.4 insieme Altri mediatori della riepitelizzazione sono l'HGF e l'HB-EGFI”
alle fasi riparative alle quali prendono parte. Passeremo ora a discutere Anche l'attivazione del recettore CXCR 3 delle chemochine stimola
la catena di eventi che caratterizza la guarigione delle ferite. la riepitelizzazione cutanea.
Formazione del coagulo (emostasi). Le ferite attivano rapida- Con la riepitelizzazione, le flbrille collagene diventano più abbon-
mente la coagulazione che porta alla formazione di un coagulo alla danti e iniziano a disporsi a ponte sopra l°incisione. Inizialmente si
supeificie della ferita (Cap. 4). Il coagulo contiene, oltre ai globuli forma una matrice provvisoria contenente fibrina, fibronectina pla- I
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CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

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A. GUARIGIONE PER PRIMA lNTENZ|ONE B. GUARIGIONE PER SECONDA


INTENZIONE
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. i. . 1 Guarigione delle ferite e cicatrizzazione. A. Guarigione di una ferita con scarsa perdita di tessuto: notare la scarsità del tessuto di granula- 1
zione e la formazione di una sottile cicatrice che va incontro a una retrazione rninima. B. Guarigione di una ferita estesa: notare Vabbondanza del tessuto
di granulazione e del tessuto cicatriziale e la retrazione della ferita.

smatica e collagene di tipo III, sostituita poi da una matrice formata distrutti lungo la linea di incisione non vengono ripristinati. Nel
principalmente da collagene di tipo l. ll TGFß è il principale agente ratto tuttavia, nella guarigione di ferite estese si è osservato lo svi-
fibrogeizetico (si veda Tab. 3.4). É prodotto dalla maggior parte delle luppo di nuovi follicoli sotto la stimolazione di Wnt,” un dato che
cellule del tessuto di granulazione e induce la migrazione e la proli- fa sperare che, con le opportune terapie, anche nell)uomo si possa
ferazione fibroblastica, stimola la sintesi di collagene e fibronectina ottenere la ricrescita degli annessi cutanei. Alla fine del primo mese
e riduce la degradazione dell'ECM a opera delle metalloproteasi. Lo la cicatrice èƒormata da tessuto connettivo privo di infiltrato inflam-
spessore fisiologico e la cheratinizzazione superficiale dellepidermide matorío, rivestito da epidermide intatta.
sono finalmente ripristinate e la normale architettura è ricostruita. Contrazione della ferita. La contrazione della ferita si verifica
Cicatrizzazione. Nella seconda settimana l'infiltrato leucocitario, generalmente nelle ferite cutanee estese. La contrazione favorisce la
l°edema e i neovasi scompaiono quasi del tutto. La ferita si schiarisce, rimarginazione riducendo l”area complessiva della ferita e l°intervallo
per accumulo di collagene e regressione dei neovasi. Alla fine il tra i margini dermici ed è pertanto un aspetto importante della
tessuto di granulazione si trasforma in una cicatrice chiara, avasco- guarigione per seconda intenzione. Nelle prime fasi della contrazio-
lare, formata da fibroblasti affusolati, collagene denso, frammenti di ne della ferita, ai margini si forma una rete di miofibroblasti che
tessuto elastico e altre componenti dell'ECM. Gli annessi cutanei esprimono le proteine del muscolo liscio, ot-actina e vimentina.

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CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale
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FIGURA 3.20 Guarigione di ulcere cutanee. A. Ulcera da decubito, comune nei pazienti diabetici. [esame istologico mostra: in B, ulcera cutanea con
arnpio spazio tra i margini della lesione; in C, sottile strato di riepitelizzazione epidermica ed estesa formazione di tessuto di granulazione nel derma e in
D, la riepitelizzazione epidermica e retrazione della ferita. (Per gentile concessione di Z Argenyi, l\/l.D., University of Washington, Seattle, WA) Ii
l
Queste cellule sono strutturalmente simili a cellule muscolari lisce, Rimodellamento connettivale. La sostituzione del tessuto di
sono contrattili e sintetizzano attivamente componenti della matrice granulazione con una cicatrice comporta una modificazione nella
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(si veda la descrizione delle cicatrici ipertrofiche più avanti), come composizione dell”ECM. Il rimodellamento della trama connettivale,
il collagene di tipo I, la tenascina-C, la SPARC e l`extra dominio della un aspetto importante dei processi riparativi, avviene per sintesi e
fibronectina” I miofibroblasti derivano dai fibroblasti tissutali, in degradazione del1'ECM. Alcuni fattori di crescita che stimolano la
seguito alla stimolazione con PDGF, TGFB e FGF-2 rilasciati dai sintesi di collagene e delle altre molecole connettivali controllano
macrofagi presenti nella ferita, ma possono anche derivare da pre- anche la sintesi e Fattivazione delle metalloproteasi, gli enzimi che l

cursori midollari detti fibrociti, o da cellule epiteliali, in seguito a degradano queste componenti dell'ECM.
transizione epitelio-mesenchimale. Il collagene e le altre proteine connettivali sono degradate dalle
metalloproteasi della matrice (MMP), una famiglia di oltre 20 enzimi
dotati di un comune dominio zinco-proteasico di 180-residui i
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l'elastasi dei neutrofili, la catepsina G, le chinine, la plasmina e altre,
Chemiotassi dei monociti Chemochine,TNF, PDGF, che sono però serina-proteasi e non metalloproteasi). Le MMP com-
FGF, TGFß prendono collagenasi interstiziali (MMP-1, -2 e -3), che degradano
il collagene fibrillare di tipo I, Il e III; le gelatinasi (MMP-2 e -9), che
Migrazione/proliferazione dei PDGF, EGF, FGF, TGFß,TNF, IL-1 degradano il collagene amorfo e la fibronectina; le stromalisine
fibroblasti
(MMP-3, -10 e -1 1), che degradano varie componenti dell'ECM,
Proliferazione dei cheratinociti HB-EGF, FGF-7, HGF compresi i proteoglicani, la laminina, la fibronectina e i collageni
amorfi; e le metalloproteasi della matrice legate alle membrane
Angiogenesi VEGF, angiopoietine, FGF (MBMM) (descritte oltre). Le MMP sono prodotte da fibroblasti,
Sintesi del collagene TGFB, PDGF macrofagi, neutrofili, cellule sinoviali e da alcune cellule epiteliali.
La loro secrezione è stimolata da fattori di crescita (PDGF, FGF),
Secrezione di collagenasi PDGF, FGF,TNF; ilTGFß la citochine (IL-1, TNF) e dalla fagocitosi dei macrofagi ed è inibita
inibisce dal TGFB e dagli steroidi. Le collagenasi scindono il collagene in
HB-EGF, EGF legante l'eparina; IL-1, interleuchina~l;Tl\lF, fattore di necrosi condizioni fisiologiche. Le collagenasi sono sintetizzate come pre-
tumorale; le altre abbreviazioni sono riportate nella Tabella 3.1. cursori latenti (procollagenasi), attivati da sostanze chimiche come

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CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale
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FIGURA 3.21 A. Tessuto di granulazione: numerosi vasi, edema e sporadiche cellule infiammatorie nell'ECl\/l. Colorazione tricromica: il collagene e co-
lorato in blu, in questa fase le fibre collagene mature sono molto scarse. B. Colorazione tricromica di una cicatrice matura che mostra un collagene denso,
relativamente povero di vasi.

i radicali liberi prodotti dall'esplosionc ossidativa dei leucociti e dalle L'acciinniIo netto di collagene dipende però non solo da an'au›nentata
proteasi (plasmina). Le collagenasi attivate vengono rapidamente sintesi, ma anche da una ridotta degradazione. Quanto tempo è ne-
inibite dagli inibitori tissutali delle metalloproteasi (TIMP), una fa- cessario perché la ferita riparata recuperi la sua resistenza massima?
miglia di inibitori specifici prodotti dalla maggior parte delle cellule Quando si rimuovono le suture chirurgiche, solitamente dopo una
mesenchimali per impedire l'attivazione incontrollata di queste pro- settimana, la resistenza della ferita è all°incirca il 10% di quella della
teasi (Fig. 3.19). Le collagenasi sono essenziali per la rimozione dei cute sana. L'aumento della resistenza dellaferita è rapido nelle 4 set-
detriti cellulari nei tessuti danneggiati e per il rimodellamento con- timane successive, rallenta al terzo mese dopo l'incisione e raggiunge
nettivale necessario alla riparazione delle lesioni. infine un plateau recuperando circa il 70-80% della resistenza origi- i
Le proteasi ADAM (disintegrine con dominio metalloproteasico) nale della cute sana. Una ferita guarita può avere una resistenza ri- iil
sono una numerosa e importante famiglia di enzimi correlati alle dotta per tutta la vita. Il recupero della resistenza alla tensione deriva, l

MMP. La maggior parte delle ADAM sono ancorate alle membrane nei primi 2 mesi di guarigione, dall'aumentata sintesi del collagene
da un'unica regione transmembrana. ADAM- 17 (detta anche TACE, che prevale sulla sua degradazione e dalla successiva modificazione
ovvero enzima di conversione del TNF) scinde i precursori di mem- strutturale delle fibre collagene dopo che la sintesi è terminata (for-
brana del TNF e del TGFoi, rilasciando le molecole attive. I topi mazione di legami crociati, aumento di dimensione delle fibre).
transgenici con deficit di ADAM-17 muoiono in utero o subito dopo
la nascita per ipoplasia polmonare. Le proteasi ADAM sono impli- i
FATTORI LOCALI E SISTEMICI CHE INFLUISCONO
cate nella patogenesi dell°asma bronchiale (Cap. 15) e nella micro- SULLA GUARIGIONE DELLE FERITE
angiopatia trombotica (Cap. 13).
Ripristino della resistenza alla tensione. Il tessuto connettivo La guarigione delle ferite può essere compromessa da fattori locali e
delle cicatrici è formato principalmente da collagene fibrillare, che sistemici deIl'ospite.
conferisce resistenza al tessuto durante la guarigione delle ferite. I fattori sistemici sono:

O Lo stato nutrizionale influisce notevolmente sulla guarigione delle


Rim°zi°"e del Fagocitosi, collagenasi, ferite. Ad esempio, le carenze proteiche e soprattutto la carenza
tessuto danneggiato elastasi
e dei detriti: _
di vitamina C, inibiscono la sintesi di collagene, rallentando la
guarigione delle ferite.
Attività
/antimicrobica: Acido nitrico, ROS 0 Lo stato metabolico influisce sulla guarigione delle ferite. Nel
.
diabete mellito, ad esempio, ritarda la guarigione a causa della
, Chemiotassi e microangiopatia caratteristica di questa patologia (Cap. 24).
_. ` proliferazione PDGF, TGFß, TNF,
_ '_' difibrobiasii iL-1,KeF-7 0 Lo stato del circolo influisce sulla guarigione delle ferite. La ridotta
' e cheratinociti: A-l perfusione causata dalfaterosclerosi o da patologie venose (ad es.
vene varicose) che rallentano il drenaggio venoso, compromette
Macrofago Angiogenesi: VEGF, FGF-2, PDGF la guarigione.
0 Gli ormoni come i glucocorticoídí hanno ben noti effetti antin-
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de".EcM: IL-1, collagenasi, MMP
fiammatori agendo su varie componenti dell'infiammazione e
inibiscono anche la sintesi del collagene.

FIGURA 3.22 Ruolo dei macrofagi nella guarigione delle ferite. I ma- I fattori locali sono:
crofagi contribuiscono alla detersione della ferita, hanno attività batteri-
cida, stimolano la chemiotassi e l'attivazione delle cellule infiammatorie
e dei fibroblasti, inducono l'angiogenesi e stimolano il rimodellamento e 0 Ijinƒezione è la causa principale della ritardata guarigione delle
la sintesi della matrice. ROS, radicali liberi dell'ossigeno. ferite perché cronicizza il danno tissutale e Finfiammazione.
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CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale
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,attori meccanici, come la mobilizzazione precoce, possono ri~ prodotto dai miofibroblasti che persistono nella lesione, a caus
tardare la riparazione comprimendo ivasi e separando i lembi della produzione autocrina di TGFB e allo sviluppo di placche di
della ferita. adesione focale” 1
O I corpi estranei, come suture superflue, frammenti di acciaio, vetro Eipertofia del tessuto di granulazione è un altro aspetto patologico
o osso, ostacolano la guarigione. della guarigione delle ferite e consiste nella formazione di tessuto
O Dimensioni, localizzazione e tipo diferita. Le ferite che interessano di granulazione in eccesso che deborda sul piano cutaneo circo-
aree molto vascolarizzate, come il volto, guariscono più veloce- stante impedendo la riepitelizzazione (un fenomeno detto, con
mente rispetto a quelle che interessano regioni poco vascolariz- fervore letterario, “carne esuberante”). Il tessuto di granulazione l
l
zate, come il piede. Come abbiamo già detto, le piccole ferite da in eccesso va rimosso mediante cauterizzazione o escissione r
taglio guariscono più velocemente e con cicatrici più piccole ri- chirurgica per consentire il ripristino della continuità epiteliale.
spetto a estese ferite escissionali 0 alle ferite non da taglio.
l
Infine (e fortunatamente di rado), le ferite traumatiche e da taglio
possono indurre l'iperplasia dei fibroblasti e degli altri elementi
ASPETTI PATOLOGICI DELLA GUARIGIONE connettivali, che recidiva dopo escissione chirurgica. Queste
DELLE FERITE neoformazioni, dette desmoidi ofibromatosi aggressive, sono al
limite tra Fiperplasia benigna, caratteristica della riparazione, e
La guarigione delle ferite può essere complicata da anomalie che il cancro (benché a basso grado di malignità), ma il confine è
sono essenzialmente di tre tipi: (1) cicatrizzazione insuflìciente, spesso sottile (Cap. 7).
(2) cicatrizzazione iperplastica e (3) retrazione. La retrazione delle ferite è parte integrante del normale processo
di cicatrizzazione; portata all`eccesso, però, deforma la ferita e i
O Uinadeguataformazione del tessuto di granulazione e la cicatriz- tessuti circostanti. Le retrazioni si sviluppano soprattutto nelle
zazione insuflìciente causano due tipi di complicanze: la deiscenza regioni palmari e plantari e sulla superficie anteriore del torace;
della ferita e l”ulcerazíone (ferite che non guariscono spontanea- sono generalmente una complicanza delle ustioni gravi e possono
mente). La deiscenza o rottura della ferita si verifica soprattutto compromettere i movimenti articolari (Fig. 3.24).
nelle ferite chirurgiche addominali ed è causata dall'aumento della
pressione addominale (in seguito a vomito, tosse o ileo, fattori
di stress meccanico per le ferite addominali). Le ferite possono
Fibrosi
ulcerarsi se la perfusione è insufficiente; un esempio tipico La deposizione di collagene è parte integrante della guarigione delle
sono le ulcere agli arti inferiori dei soggetti con arteriopatia ferite; la fibrosi, però, denota liaccumulo eccessivo di collagene e di l
periferica aterosclerotica (Cap. 11). Le ulcere si possono formare altre componenti dell'ECM. Come già detto, i termini cicatrizzazione r

anche in aree prive di sensibilità (ulcere neuropatiche) e si efibrosi sono usati spesso come sinonimi, ma la fibrosi indica gene- I,

osservano a volte nei pazienti con neuropatia diabetica periferica ralmente liaccumulo di collagene associato a malattie croniche. Il
(Capp. 24 e 27). meccanismo eziopatogenetico della fibrosi nelle malattie infiamma- ` l
O L'eccessiva produzione di componenti della matrice connetlivale da torie croniche è simile alla cicatrizzazione delle ferite cutanee di-
origine a cicatrici ipertrofiche e cheloidi. Ijaccumulo di collagene scussa in questo capitolo. Con la differenza, però, che mentre lo
in eccesso produce cicatrici rilevate dette cicatrici ipertrofiche; stimolo che attiva la catena ordinata di eventi della cicatrizzazione
mentre il tessuto cicatriziale che supera i limiti della ferita e non delle ferite cutanee è di breve durata, nelle malattie croniche gli
regredisce, è detto cheloide (Fig. 3.23). La formazione dei cheloidi stimoli flogistici (infezioni, reazioni autoimmuni, traumi e altre
sembra dovuta a predisposizione individuale e, per motivi sco- patologie) sono persistenti e causano perciò un danno d'organo che
nosciuti, è più frequente negli afroamericani. Le cicatrici ipertro- spesso porta a una definitiva compromissione funzionale.
fiche si sviluppano solitamente in seguito a ustioni o traumi che La persistenza del processo patologico, infatti, causa infiamma-
abbiano interessato gli strati profondi del derma. Il collagene è zione cronica, che si accompagna alla proliferazione e all'attivazione

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J-!!.`l,.l1;/\ ;š.,i:'l; Cheloide. A. Deposizione cutanea di collagene in eccesso che dà luogo alla formazione di una cicatrice rilevata detta cheloide. B. Da notare
l'accumulo di uno spesso strato di connettivo nel derma. (A. Da Murphy GF, l-lerzberg AJ: Atlas di Dermatopathology. Philadelphia, WB Saunders, 1996,
p 219. B. Per gentile concessione di Z Argenyi, l\/ID, University of Washington, Seattle, WA)

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particolare IFN-'y e TNF, mentre quelle che attivano i macrofagi per l

la via alternativa sono principalmente IL-4 e IL-13, prodotte dai


linfociti TH2 e da altre cellule come ignastocíti e gli eosinofili. I
macrofagi attivati per la via alternativa producono TGFB e altri
fattori di crescita che stimolano la riparazione tissutale.
Il TGFB è un importante agentefibrogenetica ed è sempre coinvolto
nelle malattie infiammatorie croniche (si veda Tab. 3.4), indipen-
dentemente dalleziopatogenesi. È prodotto dalla maggior parte delle
cellule del tessuto di granulazione e stimola la migrazione e la pro-
liferazione dei fibroblasti e la sintesi di collagene e fibronectina l

mentre inibisce la degradazione dell'ECM inibendo le metallopro-


i
teasi. I livelli tissutali di TGFB non dipendono tanto dalla trascri-
zione genica, quanto dall'attivazione post-transcrizionale del TGFB
latente, dalla velocità di secrezione della molecola attiva e da fattori
dell'ECM che ne aumentano o riducono l'attività.
Il meccanismo di attivazione del TGFB nella fibrosi non è chiaro,
ma la morte cellulare, per necrosi o apoptosi, e la produzione di
radicali liberi dell'ossigeno sembrano attivarlo in tutti i tessuti. Le
cellule bersaglio del TGFB, che vengono stimolate a produrre col-
lagene, variano nei diversi tessuti; nella maggior parte dei casi, come
lflfìlllt/\ f-:J/Il Fletrazione delle ferite. Grave retrazione di una cicatrice da nella fibrosi renale e polmonare, la sorgente principale di collagene
ustione. (Da Aarabi S et al: Hypertrophic Wound healing following burns e sono i miofibroblasti (già descritti), ma nella cirrosi epatica sono
trauma: new approaches to treatment. PLOS Med 4:e234, 2007) le cellule stellate.
Dati recenti indicano che llosteopontina (OPN) è importante nella
guarigione delle ferite e nella fibrosi." UOPN è espressa a livelli
dei macrofagi e dei linfociti e alla produzione di una pletora di fattori elevati nella fibrosi cardiaca, polmonare, epatica, renale e di altri
di crescita e citochine infiammatorie fibrogenetici (già menzionati tessuti. Nei modelli animali, il blocco dell'espressione di OPN du-
ed elencati nella Pig. 3.25). rante la guarigione delle ferite riduce la formazione di tessuto di
La risposta dell'ospite agli stimoli patogeni ha lo scopo primario granulazione e la cicatrizzazione.9l Il meccanismo fibrogenetico
di eliminarli e, in un secondo tempo, riparare il danno. Come si è dell'OPN non è noto, ma dati recenti suggeriscono che questo fattore
visto nel Capitolo 2 (Fig. 2.10), la fase iniziale della risposta delllospi- sia un mediatore del differenziamento dei miofibroblasti indotto
te agli agenti esogeni e alle lesioni tissutali genera i "macrofagi atti- dal TGFB.
vati per la via classica”, dotati di attività fagocitaria in grado di Contrariamente ai soggetti adulti, le ferite cutanee fetali riparano
degradare microbi e tessuti morti. A questa fase segue l'accumulo senza cicatrice.°5'96 Vari meccanismi sono stati proposti per spiegare
dei “macrofagi attivati per la via alternativa”, che inibiscono l'attività questo fenomeno: la secrezione di una forma non fibrogenetica di
microbicida e stimolano il rimodellamento tissutale promuovendo TGFB, llassenza di osteopontina e llassenza di risposte TH2, ma non
Fangiogenesi e la cicatrizzazione” Le citochine che attivano i disponiamo ancora di dati definitivi. Dati i gravi danni dlorgano
macrofagi per la via classica sono prodotte dai linfociti TH1, in prodotti dalla fibrosi, lo sviluppo di agenti antifibrotici da impiegare

STIMOLO PER SISTENTE


(intiammazio ne cronica)
'

l Attivazione di macrofagi e linfociti l

l
Fattori di crescita Citochìne Ridotta attività delle
(PDGF, FGF, TGFß) (TNF, IL-1, lL-4, lL-13) 1 l metalloproteasi
l

Proliferazione di fibroblasti,
l l «
Aumento della sintesi Diminuzione della degra-
cellllle elldmellall e cellule del collagene dazione del collagene
specializzate fibrogeniche

@4
l'l(%Ul</~. :<,.2!§ Sviluppo della fibrosi nell'infiammazione cronica. [infiammazione cronica attiva i macrofagi e i linfociti, inducendo la produzione di fattori
di crescita e citochine che stimolano la sintesi del collagene. La deposizione di collagene è aumentata ulteriormente dalla ridotta attività delle
metalloproteasi. l
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CAPITOLO 3 Rinnovamento, rigenerazione e riparazione tissutale

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Risposta cellulare e vascolare

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Rimozione della stimolazione Danno tissutale persistente
(lesione acuta)
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Morte delle cellule parenchimali Morte delle cellule parenchimali
(tessuto con struttura integra) (tessuto con struttura danneggiata)
Ferite superficiali Ferite profondìe
Alcuni processi infiammatori
›.__z-›

RIGENERAZIONE GUARIGIONE FIBROSI


Ripristino della Formazione della
struttura normale Tessuto cicatriziale
cicatrice
Esempi: Esempi: Esempi:
Rigenerazione epatica dopo Ferite per escissione profonda Malattie infiammatorie croniche
epatectomia parziale Infarto del miocardio (cirrosi, pancreatite cronica,
Ferite superficiali della cute fibrosi polmonare)
Riassorbimento di essudato
nella polmonite lobare
Riparazione, rigenerazione e fibrosi dopo danno e infiammazione.

nella pratica clinica è oggetto di molti studi. I fattori attualmente I 1. Xie T, Li L: Stem cells and their niche: an inseparable relationship. Development
utilizzati in studi clinici e preclinici sono: gli inibitori del TGFB 13412001, 2007.
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recettoriale), gli inibitori delllangiogenesi, gli antagonisti dei recettori 13. Yu I et al.: lnduced pluripotent stem cell lines derived from human somatic cells.
I
II
Toll-simili (T1.R) e il recettore esca (decoy receptor) IL-13Rot2 che Science 318:19l6, 2007. I
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Le patologie caratterizzate da fibrosi sono varie e molteplici: la
15. Laflamme MA et al.: Cardiomvocvtes derived from human embryonic stem cells
cirrosi epatica, la sclerosi sistemica, vari tipi di fibrosi polmonare in pro-survival factors enhance function ofinfarcted rat hearts. Nat Biotechnol
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dafarmaci e da radiazioni), la pancreatite cronica, la glomerulonefrite 16. Manis IP: Knock out, knock in, knock down-genetically manipulated mice and
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Si conclude qui la trattazione, iniziata nel Capitolo 1, delle lesioni cations and potentials. Applications of reproductive cloning. Anim Reprod Sci
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Alterazioni emodinamiche, malattia
tromboembolica e shock
RICHARD N. I\/IITCHELL al:í:;ì_ -ií_.,

Edema Emholia
lperemia e congestione Embmla P°|m°"a'e
E ia Tromboembolia sistemica
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Embolia grassosa e midollare
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Emostasi e trombosi Embofia gassosa
Emostasl '_l°""a|e Embolia da liquido amniotico
Endote//o
Piastrine |"ffif\°
Cascata della coagulazione shock i
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T'°mb°sl_ _ Patogenesi dello shock settico l
Coagulazione intravascolare disseminata Stadi dano Shock
(CID)

Le malattie cardiovascolari nel loro complesso rappresentano la nonché sulle differenti forme di embolia. Le patologie relative ai
principale causa di morbilità e mortalità nella società occidentale. vasi sanguigni e al cuore saranno trattate rispettivamente nei
Si stima che, nell”anno 2005, 81 milioni di cittadini statunitensi Capitoli Il e 12.
abbiano sofferto di una 0 più forme di malattia cardiovascolare,
alle quali è stata ricondotta una percentuale di decessi compresa

iserva

d'rr'tt'
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tra il 35 e il 45%. Tali patologie riguardano principalmente il
cuore, i vasi sanguigni e il sangue, composto da acqua, sali, pro-
teine, elementi deputati al controllo della coagulazione (fattori
della coagulazione e piastrine) ed elementi figurati (globuli rossi
Edema
Circa il 60% del peso corporeo è rappresentato dall'acqua, contenuta
per i due terzi nell'ambiente intracellulare e per il rimanente terzo
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,J e globuli bianchi). Per maggiore semplicità le patologie che inte- nello spazio extracellulare, principalmente come liquido interstiziale
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ressano ciascun componente del sistema cardiovascolare verranno (o “terzo spazio”); solo il 5% circa dell°acqua totale si trova nel pla-
discusse singolarmente anche se i disturbi che colpiscono uno di sma. Lo spostamento di acqua e soluti a basso peso molecolare
questi componenti coinvolgono spesso anche gli altri. In questa (come i sali) tra lo spazio intravascolare e quello interstiziale è con-
sede ci concentreremo sulle alterazioni emodinamiche (edema, trollato dagli opposti effetti della pressione idrostatica vascolare e
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congestione e shock) e sull'emostasi (emorragia e trombosi), della pressione colloidosmotica plasmatica. Normalmente la fuoriu-
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CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

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del microcircolo è pressoché bilanciata dal suo rientro alla termina-
zione venulare e il piccolo residuo di liquido che potrebbe rimanere AUMENTO DELLA PRESSIONE IDn0sTATIgA
nello spazio interstiziale viene drenato dai linfatici per poi rientrare Ostacolato ritorno venoso
Insufficienza cardiaca congestizia
nel circolo ematico attraverso il dotto toracico. L'aun1ento della pres- Pericardite costrittiva
sione capillare e la diminuzione della pressione colloidosmotica pos- Ascite (cirrosi epatica)
sono avere come conseguenza un aumento del liquido interstiziale Ostruzìone venosa o compressione
(Fig. 4.1). Se il passaggio dell'acqua nei tessuti o nelle cavità corporee Trombosi i
Pressione esterna (ad es. presenza di una massa)
è superiore al drenaggio linfatico, si verifica un accumulo di liquido. lnattività degli arti inferiori per prolungato allettamento
Un aumento anomalo di liquido interstiziale all'interno dei tessuti Dilatazione arteriolare
è chiamato edema, mentre l'accumulo di liquido nelle diverse cavità Calore
corporee è denominato in vari modi a seconda della sua localizza- Deregolazione neuroumorale
zione: si parlerà dunque di idrotorace, idropericardio e idroperitoneo RIDUZIONE DELLA PRESSIONE c0LLoIDosMoTIcA PLAsMATIcA '.v;-A;-_
(più comunemente chiamato ascite). L”anasarca è un edema grave (IPOPROTEINEMIA) il
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e generalizzato, con un rigonfiamento diffuso del tessuto Glomerulopatìe con perdita di proteine (sindrome nefrosìca)
sottocutaneo. Cirrosi epatica (ascite)
Malnutrizìone
Nella Tabella 4.1 sono elencate le cause fisiopatologiche dell”ede- Gastroenteropatie con perdita di proteine
ma. L›edema provocato dall'aumento della pressione idrostatica o
osTRUZIONE LINFATICA
dalla riduzione delle proteine plasmatiche è di norma un fluido
lnfiammatoria
povero di proteine detto trasudato, che si forma in caso di insufli-
cienza cardiaca, renale ed epatica, nonché in alcune forme di mal-
nutrizione, come descritto di seguito e illustrato nella Figura. 4.2.
Neoplastica
Postchirurgica
Postirradiazione
l
L'edema infiammatorio, invece, è un essudato ricco di proteine, do- RITENZIONE DI s0DIO
vuto alllaumento della permeabilità vascolare. L”edema causato da Eccessiva assunzione di sale con insufficienza renale
infiammazione è discusso nel Capitolo 2; le cause non infiammatorie Aumentato riassorbimento tubulare del sodio
di edema (Fig. 4.2) sono descritte di seguito. lpoperfusione renale
Aumentata secrezione di renina-angiotensina-aldosterone
Aumento della pressione idrostatica. L'aumento della pressione
idrostatica in un particolare distretto corporeo può derivare da un INFIAMMAZIONE
ostacolo locale al ritorno venoso: la trombosi venosa profonda in un lnfiammazione acuta t

lnfiammazione cronica
arto inferiore può pertanto provocare un edema localizzato nella
Angiogenesi
gamba interessata. L'aumento generalizzato della pressione venosa e
il conseguente edema sistemico, invece, si verificano in genere nei l\/lodificata da LeafA, Cotran RS: Renal Pathophysiology, 3rd ed. NeWYorl<,
Oxford University Press, 1985, p 146.

si
casi di insnflicienza cardiaca congestizia (Cap. 12), in cui la compro-

missione della funzione ventricolare destra provoca stasi ematica


Al dotto toracico e infine
,' _ alla vena succlavia sinistra nel lato venoso del circolo.
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Riduzione della pressione colloidosmotica plasmatica. La ri-
duzione della pressione colloidosmotica plasmatica è dovuta a una
sintesi insufficiente di albumina, la principale proteina plasmatica,
o alla sua fuoriuscita dal circolo. Uniimportante causa di perdita di
r' 1 - K Aumento della pressione albumina è la sindrome nefrosica (Cap. 20), caratterizzata da un
Pressione idrostatica \ \ del liquido interstiziale
aumento della permeabilità dei capillari glomerulari e da edema
generalizzato. La riduzione della sintesi dell'albumina si verifica
anche nel contesto di gravi malattie epatiche (ad es. cirrosi, Cap. 18),
o di malnutrizione proteica (Cap. 9). In ogni caso, la diminuzione
della pressione colloidosmotica plasmatica porta a un netto sposta-
mento di liquidi nel tessuto interstiziale con conseguente contrazio-
ne del volume plasmatico. Alla riduzione del volume intravascolare
fa seguito un'ipoperfusione renale, che porta all'aumento della pro-
duzione di renina, angiotensina e aldosterone, ma la conseguente
Terminazione LETTO CAPILLARE Terminazione ritenzione di sali e acqua non è sufficiente a correggere il deficit
arteriosa venosa di volume plasmatico, a causa del persistere del deficit primitivo di
proteine sieriche.
I II ;I..IiI/\ l Fattori che influenzano il transito dei liquidi attraverso le pareti
capillari. Le forze idrostatiche e osmotiche capillari sono normalmente bi- Ritenzione di sodio e acqua. Anche la ritenzione di sali e acqua
lanciate in modo tale che alla fine non vi siano perdite o aumenti di liquido può essere una causa primaria di edema. Una maggiore ritenzione
attraverso il letto capillare, ma l'aumento della pressione idrostatica o la di sali, necessariamente associata ad un aumento di acqua, causa sia
riduzione della pressione osmotica del plasma possono portare a un accu- l'aumento della pressione idrostatica (per espansione della quota
mulo di liquido extravascolare. l linfatici presenti nei tessuti rimuovono gran liquida intravascolare) sia la riduzione della pressione colloidosmo-
parte deil'eccesso di volume, riportando il liquido in circolo attraverso il
dotto toracico.Tuttavia, quando l'aumento della quantità di liquido supera tica vascolare (dovuta alla diluizione). La ritenzione di sali si associa
la capacità di drenaggio dei vasi linfatici si assiste alla formazione di edema a una compromissione della funzione renale, come si osserva nelle
tissutale. patologie primitive del rene e nelle malattie che provocano ipoper- I
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l sintesi Ei=›A†icA, Morfologia L'edema è più facilmente riconoscibile macro-
siNoi=ioiiiie Nernosicii scopicamente; all'esame microscopico l'edema si manifesta
in genere solo con un lieve rigonfiamento cellulare e con la
† _ l Flusso ematico
Pressione rena|e chiarificazione e la separazione degli elementi della matrice l
idrostatica + l Albumina plasmatica cellulare. L'edema può interessare qualsiasi organo o tessuto
capillare del corpo, ma si riscontra più comunemente nei tessuti sot-
Attivazione del
sistema renina-angiotensina tocutanei, nei polmoni e nel cervello. L'edema sottocutaneo
può essere diffuso o più evidente nelle sedi dove la pressione I
idrostatica è più alta. Nella maggior parte dei casi la distri-
l:l'le:'Z'°ne iNsui=i=icIeNzA buzione dell'edema è influenzata dalla forza di gravità: edema
di Na e H2O RENALE
dipendente (ad es. le gambe nella stazione eretta, il sacro
nella posizione supìna). La pressione digitale sul tessuto
fi* Volume ematico lPressione osmotica sottocutaneo fortemente edematoso determina lo sposta-
+ plasmatica mento del liquido interstiziale e lascia una depressione, il
cosiddetto edema foveolare.
L'edema conseguente a disfunzione renale può interessare
< qualsiasi parte del corpo. Inizialmente si manifesta nei tessuti
' Sequenza di eventi che porta all'edema sistemico secondario con una matrice connettiva lassa, ad esempio le palpebre;
a insufficienza cardiaca primitiva, insufficienza renale primitiva o ridotta l'edema periorbitale è dunque un segno caratteristico nelle
pressione osmotica del plasma (come nella malnutrizione, nella diminuita patologie renali gravi. Nell'edema polmonare, i polmoni
sintesi epatica o nella perdita di proteine per sindrome nefrosica).
spesso raddoppìano o triplicano il proprio peso normale e la l
superficie di taglio mostra un liquido schiumoso e rosato
fusione renale. Una delle principali cause di ipoperfusione renale è formato da una miscela di aria, liquido edematoso e strava-
llinsutficienza cardiaca congestizia, che (analogamente all”ipopro- so di globuli rossi. L'edema cerebrale può essere localizzato
teinemia) provoca l'attivazione del sistema renina-angiotensina- o generalizzato a seconda della natura e dell'entità del processo
aldosterone. Negli stadi iniziali delfinsufficienza cardiaca congesti- patologico e del tipo di lesione. ln caso di edema generalizzato,
zia, questa risposta tende a produrre un beneficio, poiché la riten- il cervello è macroscopicamente rigonfio, con solchi ristretti;
zione di sodio e acqua, insieme ad altri fattori come l'aumento del le circonvoluzioni risultano appiattite e mostrano segni di
tono vascolare e dei livelli di ormone antidiuretico (ADH), miglio- schiacciamento contro il cranio che è inestensibile (Cap. 28).
l
rano la gittata cardiaca e ripristinano la normale perfusione renale":
Con il peggioramento delfinsuflìcienza cardiaca ela riduzione della
gittata cardiaca, tuttavia, la ritenzione di liquidi aumenta solo la Conseguenze cliniche. Gli effetti delliedema possono essere
pressione venosa, che - come già menzionato - è una delle principali quasi nulli o essere tanto gravi da risultare fatali. L°importanza l
cause di edema in questa patologia. Il mancato ripristino della gittata dell'edema deriva soprattutto dal fatto che esso rappresenta un se-
cardiaca o la mancata riduzione della ritenzione renale di acqua e gnale di malattia cardiaca 0 renale; quando è significativo, tuttavia,
sodio (ad es. con la restrizione dell'apporto di sale o l'assunzione di può compromettere la cicatrizzazione delle ferite 0 la guarigione
diuretici o antagonisti delfaldosterone) determina finstaurarsi di dalle infezioni. L'edema polmonare rappresenta un problema clinico
un circolo vizioso di ritenzione idrica e un peggioramento dell'ede- frequente, riscontrato più spesso nel contesto di uifiiisuflìcienza
ma. La riduzione dell'apporto di sale e l'assunzione di diuretici e di ventricolare sinistra, ma può anche verificarsi in quadri di insuflì-
antagonisti delfaldosterone sono utili rimedi anche nel trattamento cienza renale, sindrome da distress respiratorio acuto (Cap. 15) e
delliedema generalizzato secondario ad altre cause. La ritenzione infiammazione o infezione polmonare. Non solo la raccolta di liqui-
idrica e una modesta Vasocostrizione sono dovute al rilascio di ADI-I do nei setti alveolari intorno ai capillari impedisce la diffusione
dall'ipofisi posteriore, cosa che si verifica se viene ridotto il volume dell'ossigeno, ma il liquido dell'edema, negli spazi alveolari, crea
plasmatico 0 vi è un incremento delliosmolarità plasmatica? L'in- anche un ambiente favorevole alle infezioni batteriche. L'edema
nalzamento dei livelli di ADH, che si osserva nel corso di alcuni cerebrale può avere conseguenze letali; nei casi gravi, la sostanza
tumori maligni e di determinate patologie polmonari e ipofisarie, cerebrale può protrudere (ernia) attraverso il foraine magno, oppure
può portare a iponatriemia ed edema cerebrale (ma stranamente può verificarsi la compromissione del sistema vascolare del tronco
non provoca edema periferico). encefalico; in entrambi i casi con danni ai centri midollari e possibile
Ostruzìone linfatica. La diminuzione del drenaggio linfatico
provoca Iinfedema, generalmente localizzato, e può essere causata
da infiammazione cronica con fibrosi, tumori maligni invasivi, de-
grado fisico, danni da radiazioni e da alcuni agenti infettivi. Un
esito fatale (Cap. 28).

lperemia e congestione
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esempio importante è offerto dalla filariosi, nella quale l'ostruzione
linfatica, dovuta alla fibrosi massiva dei vasi linfatici e dei linfonodi Liiperemia e la congestione derivano entrambe da un incremento lo-
nella regione inguinale, può provocare un edema dei genitali esterni cale del volume di sangue. L°iperemi'a è un processo attivo nel quale la
e degli arti inferiori tanto accentuato da essere definito eleƒantiasi. dilatazione arteriolare (ad es. nel muscolo scheletrico durante lieser-
Nelle pazienti affette da cancro della mammella, inoltre, un grave cizio fisico o nei siti di infiammazione) provoca un incremento del
edema degli arti superiori può complicare l'asportazione chirurgica flusso ematico. Il tessuto appare arrossato (eritema) a causa della
e/0 l'irradiazione della mammella e dei linfonodi ascellari congestione dei vasi, per accumulo di sangue ossigenato. La conge- i

associati. stione è un processo passivo derivante dal ridotto deflusso di sangue


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tessuto. Può essere sistemica, come nellinsuflìcienza cardiaca,
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oppure locale, ad esempio nel caso di unfostruzione venosa isolata.
Emorragia .d o
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I tessuti congestionati assumono un colore blu-rossastro (cianosi)


dovuto alla stasi dei globuli rossi e all'accumulo di emoglobina Con il termine “emorragia” si intendefa fuoriuscita di sangue nello
deossigenata. , spazio extravascolare. Come descritto in precedenza, in caso di
In conseguenza delfaumento di volume e pressione, la congestio- congestione cronica si può verificare un sanguinamento dei capillari.
ne porta generalmente all'edema. Nella congestione di lunga durata, Una maggiore tendenza alfemorragia (di norma con lesioni di scarsa
detta congestione passiva cronica, la stasi di sangue scarsamente entità) è presente in una grande varietà di disordini clinici, raggrup-
ossigenato provoca ipossia cronica, con possibile esito in danno pati sotto il nome di díatesi emorragiclie. La rottura di un'arteria o
ischemico tissutale e formazione di cicatrici. La rottura di capillari di una vena di grosso calibro provoca una grave emorragia ed è quasi l
I
nella sede di congestione cronica può anche causare piccole zone di sempre dovuta a lesioni vascolari quali traumi, aterosclerosi o ero-
emorragia; il successivo catabolismo dei globuli rossi fuoriusciti dai sione infiammatoria o neoplastica della parete vasale.
vasi può determinare la comparsa di accumuli di macrofagi carichi L`emorragia tissutale può presentarsi in modi diversi, ciascuno
di emosiderina. con specifiche conseguenze cliniche:
l
O Llemorragia può essere esterna 0 contenuta all'interno di un
Morfologia Le superfici di taglio dei tessuti congestionati tessuto. Eventuali accumuli, detti eniatomi, possono essere rela-
sono spesso chiare a causa della presenza di elevati livelli di tivamente insignificanti o tanto estesi da risultare fatali.
sangue scarsamente ossigenato. Microscopicamente, la O Piccole emorragie di 1-2 mm della pelle, delle mucose o delle
congestione polmonare acuta è caratterizzata da capillari superfici sierose, definite petecchie (Fig. 4.4 A), sono tipicamente
alveolari ripieni di sangue, spesso con edema dei setti alve- associate ad aumento locale della pressione intravascolare, basso
olari ed emorragia focale intra-alveolare. Nella congestione numero di piastrine (tronibocitopenía) o funzione piastrinica
polmonare cronica, i setti sono ispessiti e fibrotici e gli spazi deficítaria (come nelliuremia).
alveolari contengono numerosi macrofagi carichi di emosi- 0 Emorragie leggermente più ampie (>3mm) prendono il nome
derina denominati cellule da insufficienza cardiaca. Nella di porpora. La porpora si associa a molte delle malattie responsa-
congestione epatica acuta, la vena centrale e i sinusoidi sono bili della formazione di petecchie, ma può essere anche la conse-
dilatati; gli epatociti centrolobulari possono essere chiara- guenza di un trauma, di un”infiammazione vascolare (vasciilite)
mente ischemici, mentre gli epatociti periportali, meglio o di un'aumentata fragilità vascolare (ad es. nelfamiloidosi).
ossigenati perla loro vicinanza alle arteriole epatiche, pos- 0 Ematomi sottocutanei di maggiori dimensioni (da 1 a 2cm; i l
l
sono sviluppare solo una degenerazione grassa. Nella con- comuni lividi) sono detti eccliimosi. In queste lesioni, gli eritrociti l
gestione epatica cronica passiva, le regioni centrolobulari sono degradati e fagocitati dai macrofagi. L'emoglobina (di colore
sono macroscopicamente rosso-marroni e lievemente rosso-bluastro) vieneconvertita a opera di enzimi prima in bili-
depresse (a causa della morte cellulare) e risaltano rispetto rubina (colore blu-verde) e infine in emosiderina (colore marro-
alle zone circostanti di fegato non congesto marrone chiaro ne-dorato); tutto ciò spiega i caratteristici cambiamenti di colore
(fegato a noce moscata) (Fig. 4.3 A). A livello microscopico, delliematonia.
si evidenziano emorragia centrolobulare, presenza di macro- 0 Grandi accumuli di sangue in una delle cavità delforganísmo
fagi carichi di emosiderina e degenerazione degli epatociti sono chiamati, a seconda della loro localizzazione, emotorace,
(Fig. 4.3 B). L'area centrolobulare, trovandosi al margine emopericardio, emoperitoneo, oppure emartrosi (quando interes-
distale della vascolarizzazione epatica, tende alla necrosi sano le articolazioni). I pazienti con uniimportante emorragia
qualora l'apporto sanguigno risulti compromesso. possono sviluppare un ittero a causa del massiccio catabolismo
di globuli rossi ed emoglobina.

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FIGURA 4.3 Fegato con congestione cronica passiva e necrosi emorragica. A. Le aree centrali sono rosse e lievemente depresse rispetto al circostante
parenchima vitale di colore bruno, quadro caratterizzato da un aspetto detto "a noce moscata” (perla rassomiglianza con la superficie di taglio di una noce
moscata), B. Necrosi centrolobulare con epatociti degenerati ed emorragia. (Per gentile concessione del Dr. James Crawford, Department of Pathology, `
University of Florida, Gainesville, FL)
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CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

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I»-II'ìlJR/X «-I/.I A. Emorragie petecchiali puntiformi della mucosa del colon in seguito a trombocitopenia. B. Emorragia cerebrale fatale.
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I Il
La significatività clinica di un”emorragia dipende dal volume e O La lesione endoteliale comporta l'esposizione di sostanze suben-
dalla velocità del sanguinamento. Una perdita rapida pari al 20% del doteliali altamente trombogeniche della matrice extracellulare
volume ematico o perdite lente di quantità di sangue persino mag-
giori possono avere ripercussioni trascurabili negli adulti in buona
(ExtraCellular Matrix, ECM), che promuovono l'adesione e latti-
vazione delle piastrine. Le piastrine attivate subiscono una drastica
l
salute; perdite di maggiore entità, tuttavia, possono provocare uno modificazione nella forma (da piccoli dischi arrotondati diven-
sliock emorragíco (ipovoleniico) (di cui si parlerà più avanti). Altret- tano piastre appiattite con notevole aumento dell'area di 'l
tanto importante è la sede delfemorragia: un sanguinamento che superficie) e rilasciano granuli secretori. Entro pochi minuti i
sarebbe insignificante nel tessuto sottocutaneo, ad esempio, può prodotti secreti richiamano altre piastrine (aggregazione) per
avere esito fatale se localizzato nel cervello (Fig. 4.4 B). Dato che il formare un tappo emostatico; questo processo viene definito i.

cranio è inestensibile, l'emorragia intracranica può infatti determi- emostasi primaria (Fig. 4.5 B).
nare un aumento di pressione sufficiente a compromettere la vasco- O Nella sede della lesione viene anche rilasciato unfattore tissutale,
li
Il
larizzazione o a causare un'ernia del tronco encefalico (Cap. 28). ilfiittore III o tromboplastina, che è una glicoproteina procoagu- I
Infine, perdite ematiche esterne croniche o ricorrenti (ad es. ulcere lante di membrana sintetizzata dalle cellule endoteliali che agisce,
peptiche o emorragie mestruali) possono provocare una perdita di insieme al fattore VII (si veda oltre), come principale attivatore
ferro e portare allo sviluppo di un°anemia da deficit di ferro. Quando in vivo della cascata della coagulazione, culminante nella
invece i globuli rossi sono imprigionati (come nelle emorragie nelle produzione di trombina. La trombina, dal canto suo, trasforma il
cavità o all'interno dei tessuti) il ferro può essere recuperato e riu- fibrinogeno circolante in fibrina insolubile, creando una rete di
tilizzato per la sintesi di emoglobina. fibrina e provocando un'ulteriore aggregazione e attivazione
delle piastrine. Questa sequenza, detta emostasi secondaria, ri-
chiede più tempo rispetto alla formazione del tappo piastrinico
Emostasi e trombosi iniziale (Fig. 4.5 C).
O La fibrina polimerizzata e gli aggregati piastrinici formano
Liemostasi normale dipende da una serie di processi finemente re- un solido tappo permanente che impedisce ogni ulteriore
golati che mantengono fluido il sangue nei vasi normali e inducono emorragia. A questo punto entrano in azione meccanismi con-
la rapida formazione di un tappo emostatico nella sede di una lesione troregolatori (ad es. l”attivatore tissutale del plasminogeno) per
vascolare. Liequivalente patologico dell'emostasi è la trombosi, che circoscrivere il tappo emostatico alla sola sede della lesione
comporta la formazione di un coagulo (tromlio) all`interno di vasi (Fig. 4.5 D).
sanguigni non lesionati. Liemostasi e la trombosi dipendono da tre
fattori: la parete vascolare (in particolare fendotelío), le piastrine e la I successivi paragrafi prenderanno in esame i ruoli dell'endotelio,
cascata della coagulazione. Descriveremo per primo il normale delle piastrine e i dettagli della cascata della coagulazione.
processo dell'emostasi e la sua regolazione.
Endotelio
EMOSTASI NORMALE
Le cellule endoteliali svolgono un ruolo fondamentale nella rego-
La sequenza degli eventi che si innescano in presenza di una lesione lazione delfemostasi, in quanto è proprio l'equilibrio tra l'attività
vascolare è illustrata nella Figura 4.5.3” antitrombotica e protrombotica svolta dalfendotelio a determi- I

nare la formazione, l”espansione o la dissoluzione del trombof”


O Dopo la lesione iniziale vi è un breve periodo di vasocostrizíone Normalmente, le cellule endoteliali hanno proprietà antipiastri-
arteriolare, mediata da meccanismi riflessi neurogeni e sostenuta niche, anticoagulanti e fibrinolitiche; tuttavia, in seguito a una
dalla secrezione locale di fattori come liendotelina (un potente lesione o se vengono attivate, possono avere funzioni procoagu-
vasocostrittore di derivazione endoteliale) (Fig. 4.5 A). L'effetto, lanti (Fig. 4.6). L'endotelio può essere attivato, oltre che dai trau-
tuttavia, è transitorio e femorragia riprenderebbe se non venissero mi, da agenti infettivi, fattori emodinamici, mediatori plasmatici
attivati le piastrine e i sistemi della coagulazione. e citochine.

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c u -tr a c k I If-,I,lI~¢.,iI. ~ ¬ Emostasi normale. A. Dopo il danno vascolare, fattori c u -tr a c k
` ` 'STRIZIONE Muscolatura liscia neuroumorali locali inducono una vasocostrizione transitoria. B. l\/lediante i
Endotelio Membrana basale delle arteriole recettori della glicoproteina lb (Gplb), le piastrine si legano al fattore di von
_ - L :; __ _ (___ 2 Willebrand (VWF) sulla matrice extracellulare (sposta (ECM) e vengono I
II
attivate, subendo modificazioni morfologiche e rilasciando il contenuto
dei granuli. lladenosina difosfato (ADP) e il trombossano A; (T><A2) secreti
inducono un'ulteriore aggregazione piastrinica attraverso il legame dei
recettori Gpllb-llla piastrinici con il fibrinogeno per formare il tappo emosta-
T-6 sede delia iesione
(Fic. 12 Q
ir* tico primario. C. L'attivazione locale della cascata della coagulazione (che
l Q coinvolge il fattore tissutale e i fosfolipidi piastrinici) porta alla polimerizza-
zione della fibrina, "cementando" le piastrine in un definitivo tappo
emostatico secondario. D. I meccanismi di controregolazione mediati dall'at-

_ , _ __ _ __ tivatore tissutale del plasminogeno (t-PA, un prodotto fibrinolitico) e dalla


trombomodulina limitano il processo emostatico alla sede della lesione.
l
ll rilascio di endotelina Vasocostrizione ECM (collagene)
provoca vasocostrizione riflessa Proprietà antitrombotiche
In circostanze normali, le cellule endoteliali prevengono la trombosi
I
producendo fattori che bloccano in vari modi liadesione e l'aggre-
I
B. EMOSTASI PRIMARIA gazione piastrinica, inibiscono la coagulazione e lisano i coaguli I
4 f 'T _ __ _/ ematici. .
I

O Efletti antipiastrinici. Lfendotelio intatto isola le piastrine (e i


VAT- X- lc- X`3€-Tx- 1...' I
® Cambiamento ®Ri|aSc;° @Flecluta nio fattori plasmatici della coagulazione) dalle sostanze fortemente l

trombogeniche dell”ECM subendoteliale. Le piastrine non attivate


I di l°"ma
@Adesionepiastrinica
dei granuli
(Agp, -I-XA2) Aggreg zione non aderiscono all”endotelio, e, anche se le piastrine vengono l
- ' I (tappo em tatico) attivate, la loro adesione all'endotelio circostante è inibita dalla
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Endotelio

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© prostaciclina (PGI2) e dall”ossido di azoto prodotti dalle cellule
endoteliali. Entrambi i mediatori sono potenti vasodilatatori
e inibitori della aggregazione piastrinica; la loro sintesi da parte
dell'endotelio è stimolata da una serie di fattori prodotti durante
la coagulazione (ad es. trombina e citochine). Le cellule endote- /
liali elaborano inoltre l”adenosina difosfatasi, che degrada llade-
nosina difosfato (ADP) inibendo così ulteriormente faggregazio-
ne piastrinica (si veda oltre).
C. EMOSTASI SECONDARIA O Proprietà aiiticoagulanti” Sono mediate da molecole endoteliali
É: _- ::__ I -í
eparino-simili associate alla membrana, dalla trombomodulina
e dall'inibitore della via del fattore tissutale (Fig. 4.6). Le molecole
ii - ' ' ' .ì' _ _ .. K J eparino-simili agiscono indirettamente: si tratta infatti di cofattori
® Espressione di Alli)/aZl°"° che inibiscono l'attivazione della trombina e di molti altri fattori
J complessi fosiolipldicì ® d°"al'°'"bl"a della coagulazione per mezzo della proteina plasmatica aiititrom- l
1 Q.) Polimerizzazione bina III (si veda oltre). La tromliomodulina si lega alla trombina,
® Fattore tissutale

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e"afib"l"a .

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Fartãåsutale

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convertendola da procoagulante ad anticoagulante grazie alla sua
capacità di attivare la proteina C, la quale a sua volta inibisce la
coagulazione inattivando i fattori Va e VIIIa.9 L'endotelio produce
inoltre la proteina S, un cofattore della proteina C, e finibitore
I

_ È, _ -22
_ della via delfattore tissutale (Tissue Factor Patliway Inliibitor, l
Fibrina TFPI) una proteina di superficie che inibisce direttamente l`atti-
vità del fattore tissutale VIIa e del fattore Xa.1°
O Eflettifilirinolitici. Le cellule endoteliali sintetizzano l'attivatore
tissutale del plasminogeno (Tissue Plasminogen Activator, t-PA),
D. TROMBO ED EVENTI ANTITROMBOTICI una proteasi che attiva il plasminogeno per formare la plasmina,
1 -7 :l __ 7 í la quale a sua volta attiva la fibrina per degradare il trombo.°

Riiasgio di; Neutrofilo intrappolato Proprietà protrombotiche


J -t-PA(fibrinolisi) ,;?!'^ "agg Globuli rossi Lfendotelio normalmente limita la formazione di coaguli, ma traumi
-trombomodulina ` intrappolati
o infiammazioni delle cellule endoteliali inducono uno stato pro- l,I
ël I-c
_ (blocca la cascata della ____`=å§~' _ _
trombotico che modifica l'attività delle piastrine, delle proteine della
› coagulazione)
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- olimer zata coagulazione e del sistema fibrinolitico.

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_, ___ _-ì O Effetti piastrinici. Una lesione endoteliale consente alle piastrine
di entrare in contatto con la sottostante matrice extracellulare; in fl.
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Yaichiede proteina S) <_\ É coagulazione l
inattiva ` *~\`*_,, estrinseca
la trombma Proteina C attiva <i† Proteina C \
Adesione delle piastrine È
lnibiscono (tenute insieme dal fibrinogeno)
inattiva | complessi fattor Faggregazione Esposizione
tissutale-fattore Vlla piastrinica del fattore tissutale
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ntitrombìna ¦ Trombin PGIZ, NO
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inibitore della via del Trombomodulina l
fattore tissutale
' .:. ›~ a r Proprietà pro« e anticoagulanti del|'endotelio. NO, ossido di azoto; PGIQ, prostaciclina, t-PA, attivatore tissutale del plasminogeno; vWF, fattore
di von Willebrand. Il recettore della trombina e chiamato anche recettore attivato dalla proteasi (PAR).
I

seguito l'adesione avviene tramite Finterazione con il fizttore di O Efietti procoagulanti. Le cellule endoteliali sono indotte a sintetiz-
von Willebrana' (vWF), prodotto delle cellule endoteliali normali, zare il fattore tissutale - principale attivatore della cascata della
che è un cofattore essenziale per il legame delle piastrine agli coagulazione estrinseca - dalle endotossine batteriche o dalle ci-
elementi della matrice (Fig. 4.7).“ tochine (ad es. fattore di necrosi tumorale [TNF] o interleuchina-1
[IL-1]).““3 Inoltre, le cellule endoteliali attivate potenziano la fun-
zione catalitica dei fattori della coagulazione attivati IXa e Xa.
Deficit: sindrome O Efiettí antifibrinolitici. Le cellule endoteliali secernono inibitori
di Bernard- dell'attivatore del plasminogeno (Plasminogen Activator Inhibi-
Soulier ` tor, PAI), che limitano la fibrinolisi e tendono a favorire la
Deficit: G | trombosi.
trombastenia Piasmna . pb
` di Glanzmann / Riassu›nena'o, le cellule endoteliali intatte e non attivate inibiscono
l”adesione piastrinica e la coagulazione del sangue, nia una lesione
Complesso
Gp“b_“|a ì . .
Fibrinogeno f delle/rdotelío o l”attii/azione delle cellule endoteliali inducono unfeno-
tipo procoagulante che promuove Informazione di coaguli.

Endotelio §\\ 009)/ Gplb


Piastrine
IJADP induce\ \
un cambiamento
_ di/ ` \ \ Le piastrine sono frammenti di cellule di forma discoidale prive di
Q conformazione \ \_ Fattore divon nucleo, riversate nel flusso ematico dai megacariociti del midollo li
ì,
` Willebrand osseo. Esse hanno un ruolo centrale nella normale emostasi,“ sia ,i
r
perché formano il tappo emostatico utilizzato per riparare in fase i
Deficit: malattia
iniziale i danni vascolari, sia perché creano una superficie che attira
di von
Subendotelio Wmebfand e concentra i fattori della coagulazione attivati. La loro funzione
dipende da numerosi recettori glicoproteici, un citoscheletro con-
, i' i i . Adesione e aggregazione piastrinica, Il fattore di von Wille› trattile e due tipi di granuli citoplasmatici: (1) i granuli ot che espri-
brand funge da ponte di adesione tra il collagene subendoteliale e il recet- mono sulla membrana la molecola di adesione P-selectina (Cap. 2)
tore piastrinico della glicoproteina lb (Gplb). llaggregazione avviene grazie
ai ponti di fibrinogeno legati ai recettori Gpllb-illa sulle piastrine. Deficit e contengono fibrinogeno, fibronectina, fattore V e VIII, fattore
congeniti a carico dei recettori o delle molecole di ponte determinano le piastrinico 4 (una chemochina che lega lleparina), fattore di crescita
patologie indicate nelle caselle colorate. ADR adenosina difosfato. piastrine-derivato (Platelet-Derived Growth Factor, PDGF) e fattore
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,na trasformante-ß (Transforming Growth Factor-B, TGFB); c u -tr a c k
collagene (Fig. 4.8). Le piastrine possono aderire anche ad altrc
(A) tgranulí densi (0 Ö), che contengono ADP e ATP, ioni calcio, componenti della ECM (ad es. la fibronectina), ma sono necessari
istamina, serotonina ed epinefrina. i forti legami VWF-Gplb per vincerefla forza di rimozione del
ln seguito a un danno vascolare, le piastrine vengono in con- torrente ematico. Queste interazioni hanno notevole importanza,
tatto con i costituenti dell)ECM, tra cui il collagene e la glicopro- infatti il deficit ereditario di VWF (malattia di von Willebrand,
teina di adesione vWF. A contatto con queste proteine, le piastrine Cap. 14) o del suo recettore (sindrome di Bernard-Soulier) pro-
subiscono tre tipi di reazione: (1) adesione e modificazione di for- voca alterazioni patologiche delliemostasi.
ma, (2) secrezione (reazione di rilascio) e (3) aggregazione (si veda La secrezione (reazione di rilascio) del contenuto dei due tipi di
Fig. 4.5 B). granuli avviene subito dopo l'adesione. Il processo inizia con il
legame di diversi agonisti con i recettori di superficie delle pia-
O L'adesione piastrinica alla ECM è mediata in gran parte dalle strine, per avviare la cascata di fosforilazione delle proteine in-
interazioni con il VWF, che agisce come ponte tra i recettori di tracellulari destinata a condurre alla degranulazione finale. Il
superficie delle piastrine (ad es. la glicoproteina lb [Gplb]) e il rilascio del contenuto dei corpi densi è particolarmente impor-
i

VIA INTRINSECA VIA ESTHINSECA

XII (Fattore di Hageman) Danno tissutale

callicreina? lCollagene HMWK g

Precallicreina Xlla Fattore tissutale i


(tromboplastina)
VII

XI P Xla IX

Trombina /
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IXa / inibitore della via del Fattore ussutaie
/ fattore tissutale (TFP|) vita l

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Trombina
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(Protrombina) (Trombina)
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Superficie
fosfolipidica

0 Attivo [ì
Fibrinogeno Fibrina P0iifl'16fi
inattivo di fibrina

VIA COMUNE

;1li,;i.li<.f\ Cascata della coagulazione. ll fattore IX può essere attivato dal fattore Xla o dal fattore Vlla; nei test di laboratorio, l'attivazione dipende
fondamentalmente dal fattore Xla della via intrinseca. I fattori nei riquadri rossi rappresentano molecole inattive, mentre i fattori attivati sono indicati con
una lettera minuscola "a" su sfondo verde. Si noti inoltre come la trombina (fattore lla; riquadri azzurri) contribuisca alla coagulazione in diverse tappe del
processo. Le "X" in rosso indicano i punti in cui entra in azione l'inibitore della via del fattore tissutale (TFPI), che inibisce l'attivazione dei fattori X e IX
mediante il fattore Vlla. HMWK, chininogeno ad alto peso molecolare (I-ligh~l\/iolecular›Weight Kininogen)

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..:e, poiché il calcio rappresenta un elemento necessario nella bile della ciclossigenasi) nei soggetti a rischio di trombosi coronar;c. c u -tr ack

cascata della coagulazione e l'ADP è un potente attivatore dell'ag- è in gran parte dovuta alla sua capacità di bloccare la sintesi di TXAZ.
gregazione piastrinica. L°ADP causa inoltre ulteriore rilascio di Sebbene l'acido acetilsalicilico inibiscalanche la produzione di PGI2
ADP, amplificando il processo di aggregazione. Da ultimo, endoteliale, le cellule endoteliali sono in grado di risintetizzare la t

llattivazione piastrinica porta alla comparsa, sulla superficie delle ciclossigenasi attiva e superare cosi il meccanismo di blocco.
piastrine stesse, diƒosƒolipidi a carica negativa (in particolare Con modalità simili a quelle dellaPGI2, anche l”ossido di azoto pro-
fosfatidilserina), i quali forniscono un substrato per il legame del dotto dall`endotelio agisce come vasodilatatore e inibitore dell'ag- I

calcio e per Fassemblaggio dei complessi contenenti i vari fattori gregazione piastrinica (si veda Fig. 4.6).
I
della coagulazione.“'15
O Uaggregazione piastrinica segue all'adesione e alla secrezione. Un
importante stimolo (di derivazione piastrinica) per Iaggregazione
Cascata della coagulazione i
delle piastrine è costituito, oltre che dall`ADP, dal vasocostrittore
i
La cascata della coagulazione rappresenta il terzo fattore del processo
trombossano A2 (TXAZ, Cap. 2), che porta alla formazione del emostatico. La Figura 4.8 illustra schematicamente le vie della ca-
tappo emostatico primario. Questa aggregazione iniziale è rever- scata della coagulazione, di cui ci soffermeremo a esaminare soltanto
sibile, ma la contemporanea attivazione della cascata della coa- i principi generali.“9
gulazione genera trombina che stabilizza il tappo piastrinico La cascata della coagulazione consiste essenzialmente di una serie
mediante due meccanismi. Dapprima la trombina si lega a un di conversioni enzimatiche a progressiva amplificazione, in cui a
recettore attivato dalla proteasi (PAR, si veda oltre) sulla mem- ogni passaggio si assiste alla scissione proteolitica di un proenzima
brana della piastrina che, insieme a ADP e TXAZ, provoca un”ul- inattivo nella sua forma attiva, e termina con la produzione di trom-
teriore aggregazione piastrinica. Segue poi la contrazione delle bina. La trombina è il più importante fattore della coagulazione e
piastrine, un evento dipendente dal citoscheletro piastrinico che può intervenire in fasi diverse del processo (si vedano i riquadri
dà luogo ad un aggregato piastrinico irreversibile che costituisce azzurri nella Figura 4.8)” Al termine della cascata proteolitica, la
il definitivo tappo emostatico secondario. Successivamente, la trombina trasforma la proteina plasmatica solubile chiamata fibri-
trombina converte il fibrinogeno in fibrina in prossimità del nogeno in monomeri di fibrina che polimerizzano in un gel insolu-
tappo piastrinico, cementando le piastrine nella sede della bile, Il gel di fibrina ingloba le piastrine e le altre cellule del tappo il
lesione. emostatico secondario definitivo, mentre i polimeri di fibrina
O Ilfibrinogeno non scisso è un altro importante fattore nelllaggre- vengono interconnessi con legatni covalenti e stabilizzati dal fattore
gazione piastrinica. L'attivazione piastrinica mediata dall”ADP Xllla (anch`esso attivato dalla trombina).
innesca un cambiamento nella conformazione dei recettori Gpl- Ogni reazione lungo il percorso è il risultato dell'unione di un
Ib-IIIa in modo che possano legarsi al fibrinogeno, una grossa complesso composto da un enzima (fattore di coagulazione attivato), /
proteina che istituisce legami a ponte tra le piastrine promuoven- un substrato (forma proenzimatica del fattore della coagulazione) e
done Faggregazione (si veda Fig. 4.7). Come si può intuire, un di- un cofattore (acceleratore di reazione). Questi composti sono assem-
fetto ereditario nella sintesi di GpIIb-IIIa dà luogo a disturbi della blati su una superƒicieƒosƒolipidica e tenuti insieme da ioni calcio (per
coagulazione (trombastenia di Glanz1nann).l“ La scoperta del inciso, la coagulazione del sangue è evitata dalla presenza di fattori
ruolo fondamentale svolto dai vari recettori e mediatori nell”ag- chelanti gli ioni calcio). I fattori della coagulazione devono essere
gregazione delle piastrine ha portato allo sviluppo di farmaci strettamente legati per assicurare che il coagulo rimanga localizzato
capaci di prevenire Faggregazione piastrinica, ad esempio, inter- sulla superficie delle piastrine o delle cellule endoteliali attivate;4
ferendo con llattività della trombina,l7 bloccando il legame come illustrato dalla Figura 4.9, il processo può essere paragonato
dell'ADP (clopidogrel) o legando i recettori GpIIb-IIIa (antago- a un “danza” di composti, in cui i fattori della coagulazione passano
nisti sintetici 0 anticorpi monoclonali).1“ Anticorpi contro la da un partner a quello successivo. Si noti che il legame dei fattori
Gplb sono in fase di studio. della coagulazione II, XII, IX e X con il calcio dipende dall'aggiunta di
gruppi 'y-carbossilici ad alcuni residui di acido glutammico su queste
Nei tappi emostatici sono presenti anche globuli rossi e leucociti. proteine. Tale reazione impiega la vitamina K come cofattore e ha
I leucociti, che aderiscono alle piastrine attraverso la P-selectina e come antagonisti farmaci quali il warfarin, un anticoagulante di
all`endotelio mediante molecole di adesione (Cap. 2), contribuiscono largo impiego.
alla risposta infiammatoria che accompagna la trombosi. Anche la Tradizionalmente lo schema della coagulazione del sangue viene
trombina partecipa alla risposta infiammatoria, stimolando diretta- suddiviso in una via estrinseca e in una via intrinseca, che convergono
mente l'adesione di neutrofili e monociti e, durante la scissione del nell'attivazione del fattore X (si veda Fig. 4.8). La via estrinseca richie-
fibrinogeno, genera prodotti di degradazione della fibrina dotati di de, come indica la parola, l'aggiunta di uno stimolo esogeno (origina-
azione chemotattica.
Interazioni tra piastrine e cellule endoteliali. L'interazione tra
piastrine ed endotelio ha notevole importanza nella formazione dei
riamente fornito da estratti tissutali), mentre la via intrinseca necessita
soltanto dell`esposizione del fattore XII (fattore di Hageman) a super-
fici trombogeniche (persino il vetro sarebbe suflìciente). Tale divisio- l
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coaguli. La PGI2 endotelio-derivata (prostaciclina) è un potente ne, tuttavia, è solo un artefatto degli studi in vitro: esistono infatti
vasodilatatore e inibisce Faggregazione piastrinica, mentre la pro- numerose interconnessioni tra le due vie. Dal punto di vista fisiolo-
staglandina TXA2 derivata dalle piastrine è un vasocostrittore che gico, inoltre, la via estrinseca, attivata da unfattore tissutale noto anche
attiva llaggregazione piastrinica (Cap. 2). Gli efletti mediati da PGI2 come tromlroplastina o fattore III (una lipoproteina di membrana
e TXAZ sono perfettamente bilanciati per modulare in modo efficace espressa nella sede della lesione), è il percorso più importante per la
la funzione delle piastrine e delle pareti vascolari, che in condizioni coagulazione conseguente a danno vascolare (si veda Pig. 4.8)."
fisiologiche impediscono Faggregazione piastrinica, ma in presenza I laboratori clinici valutano la funzione dei due percorsi della via
di una lesione endoteliale favoriscono la formazione del tappo emo- della coagulazione utilizzando due parametri standard: il tempo di
statico. L'utilità clinica dell°acido acetilsalicilico (inibitore irreversi- protrombina (PT) e il tempo di tromboplastina parziale (PTT). Il
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Cofattore Va
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` l- *T '_ : Rappresentazione schematica della conversione del fattore Xin fattore Xa mediante la via estrinseca, con conseguente conversione del
fattore ll (protrombina) in fattore lla (trombina). ll complesso iniziale della reazione e formato da un enzima proteolitico (fattore Vlla), un substrato (fattore
X) e un acceleratore di reazione (fattore tissutale). assemblati sulla superficie fosfolipidica delle piastrine. Gli ioni calcio mantengono uniti i componenti
assemblati e sono essenziali per la reazione. ll fattore Xa attivato diventa la proteasi del complesso adiacente nella cascata della coagulazione, convertendo
il substrato protrombina (ll) in trombina (lla), con la cooperazione del fattore Va in funzione di acceleratore di reazione.

valore PT valuta la funzione delle proteine nella via estrinseca (fattori


VII, X, II, V e fibrinogeno). Il test è eseguito aggiungendo fattore
tissutale e fosfolipidi al plasma citrato (il citrato di sodio chela il
calcio e previene la coagulazione spontanea). La coagulazione viene
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Aggregazione . _ I

avviata mediante Faddizione di calcio esogeno e in seguito si procede


'°'aS"l“l°a PGIZ d/ãiiigåšiiigiio

r¢.va
ECM A/qš IPA
alla registrazione del tempo necessario perla formazione del coagulo Attivazione
di fibrina. Il tempo di troiiilaoplastina parziale (PTT) controlla invece TXA2 dei iinfaciti

,..s
la funzione delle proteine nella via intrinseca (fattori XII, XI, IX, Fibrina
VIII, X, V, II e fibrinogeno). In questo test, la coagulazione viene Trombina
z.a.e '-
innescata mediante l'aggiunta di particelle a carica negativa (ad es.
vetro smerigliato) che, come abbiamo detto, attivano il fattore XII Adesione Attivazione
(di Hageman), i fosfolipidi e il calcio; si procede quindi alla regi- dei neutrofili dei monociti PDGF
strazione del tempo necessario per la formazione del coagulo di
l
fibrina.
Oltre a catalizzare le tappe finali della cascata della coagulazione, PDGF
la trombina esercita numerosi effetti proinfiammatori (Fig. 4.10),
per la maggior parte indotti tramite l'attivazione di una famiglia
ft
di recettori attivati dalle proteasi (Protease-Activated Receptor, Cellula t

PAR), appartenenti alla famiglia dei recettori accoppiati alle pro- muscolare
liscia I
teine G (dotati di sette domini transmembrana)“'” (si veda anche
Pig. 4.6). I PAR sono espressi su endotelio, monociti, cellule den- . 9. A .=1 . Ruolo della trombina nellemostasi e nellattivazione cellu-
dritiche, linfociti T e anche da altri tipi di cellule. L'attivazione del lare. La trombina svolge un ruolo fondamentale nella generazione di polimeri
di fibrina (attraverso la conversione del fibrinogeno in fibrina e l'attivazione
recettore è innescata dalla scissione della terminazione extracellu- del fattore Xlll), oltre che nellattivazione di numerosi altri fattori della coa-
lare del PAR; ciò porta alla formazione di un peptide che si lega al gulazione (si veda Fig. 4.8). Attraverso recettori attivati dalle proteasi (PAR,
recettore legato alla membrana e provoca a sua volta modificazioni si veda il testo), la trombina modula anche varie attivita cellulari. induce
nella conformazione del complesso che innescano la trasmissione direttamente l'aggregazione piastrinica e la produzione diTxA2 e attiva le
cellule endoteliali per lespressione di molecole di adesione e vari mediatori
dei segnali. fibrinolitici (t-PA), vasoattivi (NO, PGIQ) e citochinici (ad es. PDGF). Inoltre,
Una volta attivata, la cascata della coagulazione deve rimanere la trombina attiva direttamente i leucociti. ECIVI, matrice extracellulare; NO,
confinata nella sede del danno vascolare per evitare la coagulazione ossido di azoto; PDGF, fattore di crescita piastrine-derivato; PGIZ, prostaci-
dell'intero letto vascolare. Tale obiettivo viene ottenuto limitando clina;T><A2, trombossano A2; t-PA, attivatore tissutale del plasminogeno.
i fattori attivanti sulla superficie dei fosfolipidi esposti e mediante il Nella Figura 4.7 sono illustrate ulteriori attivita anticoagulanti mediate dalla
trombina, anche attraverso la trombomodulina. (l\/lodificata per gentile
controllo da parte di tre gruppi di sostanze ad azione anticoagulante concessione di Shaun Coughlin, l\/ID, PhD, Cardiovascular Research Insti-
endogena: tute, University of California at San Francisco) l
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CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

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Plasminogeno Piastrine Plasmina Endotelio
ll sistema iibrinolitico, con rappresentazione dei vari attivatori e inibitori del plasminogeno (si veda il testo).

O Le antitrornbine (ad es. l'antitrombina III) che inibiscono llattività Le cellule endoteliali inoltre modulano l”equilibrio coagulazione/
della trombina e di altre proteasi sieriche, tra cui i fattori IXa, Xa, anticoagulazione rilasciando l'inibitore dell`attivatore del plasmino-
Xla e Xlla. L'antitrombina III è attivata dal legame di molecole geno (PAI), il quale blocca la fibrinolisi inibendo il legame del t-PA
eparino-simili sulle cellule endoteliali; da qui l'utilità clinica di con la fibrina e conferisce un globale effetto procoagulante
somministrare eparina per curare la trombosi (si veda Fig. 4.6). (si veda Fig. 4.11). La produzione di PAI è stimolata dalla trombina
O Le proteine C e S, due proteine vitamina K-dipendenti, che agi- e da alcune citochine, e probabilmente questo effetto ha importanza
scono congiuntamente per inattivare in modo proteolitico i fattori nel determinare la trombosi intravascolare che accompagna le gravi
Va e VIIIa. L'attivazione della proteina C da parte della trombo- infiammazioni”
i
modulina è stata descritta in precedenza. i
O Il TFPI, che è una proteina prodotta dall'endotelio (e da altri tipi
TROMBOSI l
di cellule) e inattiva i complessi fattore tissutale-fattore Vila l
(si vedano Figg. 4.6 e 4.8).1° Dopo avere descritto i processi dell”emostasi normale, passeremo a ii
esaminare le tre principali alterazioni che predispongono alla fornia-
L'attivazione della cascata della coagulazione attiva a sua volta la zione di un trombo (la cosiddetta Triade di Virclzow): (1) lesione
cascata ƒibrinoiitica, che limita le dimensioni del coagulo finale. endoteliale, (2) stasi o turbolenza del flusso ematico e (3) ipercoa-
La fibrinolisi si esplica in larga misura grazie all`attività enzimatica gulabilità del sangue (Fig. 4.12).
della plasmina, che scinde la fibrina e interferisce con la sua polime- Lesione endoteliale. La lesione endoteliale è di particolare im-
rizzazione (Fig. 4.11).” Iprodotti di scissione della fibrina (FSP o portanza quando la formazione del trombo avviene nel cuore o nel
prodotti di degradazione della fibrina) che ne derivano agiscono circolo arterioso, dove l'alta velocità del flusso potrebbe impedire la
anche come deboli anticoagulanti. Elevati livelli di FSP (in partico-
lare i D-diineri derivati dalla fibrina) sono utili nella diagnosi dei
disturbi della coagulazione, come la coagulazione intravascolare DANNO ENDOTELIALE
disseminata (CID), la trombosi venosa profonda o la tromboembolia
polmonare (descritta di seguito). La plasmina deriva dal catabolismo
enzimatico del plasminogeno, suo precursore circolante inattivo, sia

WW
attraverso una via fattore XII-dipendente, sia mediante attivatori del
plasminogeno (Plasminogen Activator, PA; si veda Pig. 4.11). Il più
importante tipo di PA è il t-PA, sintetizzato soprattutto dalle cellule
TROM
endoteliali e più attivo quando legato alla fibrina. L'aflìnità per la
fibrina rende il t-PA un utile agente terapeutico, perché confina
l'attività fibrinolitica alle sedi di trombosi recente. Il PA simiI-uro-
chinasi (Lr-PA) è un altro PA presente nel plasma e in vari tessuti,
Fi_usso i:iviA†ico `
capace di attivare la plasmina nella fase fluida. Infine, il plasmino- ALTERATO I iPERooAGuL/-\BiLiTA | iI
geno può essere convertito in plasmina dalllenzima streptochinasi
prodotto dai batteri, attività che può avere significato clinico in al-
cune infezioni batteriche. Come avviene per tutti i potenti regolatori,
anche l'attività della plasmina è rigorosamente limitata. Per evitare V - Triade di Virchow nella trombosi. l_'integrità endoteliale è il
fattore più importante. ll danno delle cellule endoteliali puo alterare il flusso
che un eccesso di plasmina demolisca i trombi in altre parti del ematico locale ela coagulabìlìtà del sangue. [alterato flusso ematico (stasi |
corpo, la plasmina libera è rapidamente inattivata dall`inibitore della o turbolenza), a sua volta, puo provocare una lesione endoteliale. l fattori
oiz-plasmina (si veda Fig. 4.11). possono favorire la trombosi in modo indipendente o interagendo tra loro.
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tando altrove i fattori della coagulazione attivati. La formazione del contribuisce meno frequentemente allo sviluppo di stati trombotici,
trombo all'interno delle cavità cardiache (ad es. in seguito a lesioni ma cionondimeno rappresenta un importante fattore nell'equilibrio
endocardiache per infarto del miocardio), sulle placche ulcerate nelle della coagulazione e, in alcuni casi, può essere il fattore predominante.
arterie aterosclerotiche, o nelle sedi di lesioni vascolari traumatiche É genericamente definita come un'alterazione delle vie della coagu-
o infiammatorie (vasculite) è pertanto dovuta in particolare a lesioni lazione che predispone alla trombosi e può essere divisa in forme
delllendotelio vasale. La perdita della membrana superficiale dell”en- primarie (genetiche) e secondarie (acquisite) (Tab. 4.2).27'29 Tra le
dotelio porta pertanto all'esposizione dell'ECM subendoteliale, cause ereditarie di ipercoagnlaløilità, le piùfrequenti sono le mutazioni
all`adesione piastrinica, alla liberazione di fattore tissutale e alla puntiformi nei geni delƒattore V e della protrombina.
riduzione locale di PGI1 e attivatori del plasminogeno. Tuttavia, è
i/nportante sottolineare che perfavorire lo sviluppo della trombosi non O Il 2-15% della popolazione di razza caucasica è portatore di una
è necessario che I 'endotelio sia fisicamente danneggiato: qualsiasi al- mutazione a carico di un singolo nucleotide del fattore V
terazione nell 'equilibrio dinamico delle attività pro- e antitromltoticlte (chiamata mutazione di Leiden, dalla città olandese dove fu
1
dell”endotelio può avere effetto sugli eventi locali di coagulazione scoperta). Nei pazienti con trombosi venosa profonda ricorrente
(si veda Fig. 4.6). Cellule endoteliali alterate possono produrre mag-
i
questa mutazione è presente con una frequenza considerevol-
giori quantità di fattori procoagulanti (ad es. molecole di adesione mente più alta, vicina al 60%. La mutazione provoca la sostitu-
piastrinica, fattore tissutale, PAI) o ridurre la sintesi di fattori anti- zione con una base di glutammina della normale arginina in i
coagulanti (ad es. trombomodulina, PGI2, t-PA). Danni all°endotelio posizione 506, variazione che rende il fattore V resistente alla
possono essere indotti da numerosi fattori, ad esempio da iperten- scissione da parte della proteina C. Ne consegue la perdita di un
sione, turbolenza del flusso ematico, endotossine batteriche, danni importante meccanismo controregolatore (si veda Fig. 4.6). Negli
da radiazioni, anomalie metaboliche quali omocistinemia 0 iperco- l
eterozigoti il rischio relativo di trombosi venosa aumenta di
lesterolemia, e assorbimento di tossine prodotte dal fumo di cinque volte e negli omozigoti cresce fino a 50 volte.3“
sigaretta. 0 La sostituzione di un solo nucleotide (G20210A) nella regione 3°
Alterazioni del normale flusso ematico. La tiirbolenza contri- non tradotta del gene per la protrombina è unlaltra mutazione
buisce alla trombosi arteriosa e cardiaca provocando danno abbastanza frequente nei soggetti affetti da ipercoagulabilità (1-2%
o disfunzione endoteliale, o causando la formazione di flussi in della popolazione) ed è associato a livelli di protrombina elevati e
controcorrente e di zone localizzate di stasi; la stasi rappresenta il a un rischio di trombosi venosa pressoché triplicato.2S`“ l

fattore più importante nello sviluppo dei trombi venosi.15 Il flusso


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sanguigno normale è laminare e questo significa che le piastrine
(e gli altri elementi figurati del sangue) scorrono centralmente nel ' Il"\"l?'f '. ` illiflll*l,lfi}i`ilÉl'llil2lill
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lume vascolare, separate dall'endotelio da uno strato di plasma che
PRIMARIA (eENEricA)
scorre a minore velocità. Stasi e turbolenza pertanto:
Comuni
O promuovono l'attivazione dell”endotelio, favorendo l'attività Mutazione del fattoreV (mutazione G'l691A; fattore V di Leiden) i I
Mutazione della protrombina (variante G20210A)
procoagulante, l'adesione dei leucociti ecc., in parte mediante 5,10-metilenetetraidrofolato reduttasi (mutazione C677T in
cambiamenti indotti dal flusso nell`espressione dei geni delle omozigosi)
cellule endotelialifl Incremento dei livelli dei fattoriVlll, IX, XI o del fibrinogeno
O interrompono il flusso laminare portando le piastrine a contatto Rari
con l'endotelio;2“ Deficit di antitrombina Ill
O impediscono la rimozione e la diluizione dei fattori della Deficit di proteina C
coagulazione attivati da parte del flusso di sangue fresco e Fafflusso Deficit di proteina S
di fattori inibitori della coagulazione. Molto rari
Difetti nella fibrinolisi
Turbolenza e stasi contribuiscono alla trombosi in molti quadri Omocistinuria omozigote (carenza di cistatíone B-sintetasi)
i 1
clinici. Le placche aterosclerotiche ulcerate non solo espongono si:coNDAniA (Acou|siTA)
l'ECM subendoteliale, ma sono anche fonte di turbolenza. Le di-
Alto rischio di trombosi
latazioni anomale delliaorta o delle arterie, dette aneurismi, cau-
Prolungato allettamento 0 immobilizzazione
sano stasi locale e rappresentano pertanto sedi preferenziali di Infarto miocardico
trombosi (Cap. 11). Gli infarti acuti del miocardio provocano la Fibrillazione atriale
formazione di aree di miocardio non contrattile e, in alcuni casi, Danni tissutali (interventi chirurgici, fratture, ustioni)
di aneurismi cardiaci: entrambi sono associati a stasi e ad anomalie Cancro
Protesi valvolari cardiache
di flusso che favoriscono la formazione di trombi murali cardiaci i
Coagulazione intravascolare disseminata
(Cap. 12). La stenosi reumatica della valvola mitralica determina Trombocitopenía indotta da eparina
la dilatazione dell'atrio sinistro. In condizioni di fibrillazione atria- Sindrome da anticorpi antifosfolipidi
le, un atrio dilatato rappresenta un sito di grave stasi ed è una sede Minore rischio di trombosi
preferenziale per lo sviluppo di un trombo (Cap. 12). Liiperviscosità
Miocardiopatia
(osservata ad esempio nella policitemia vera, Cap. 13) aumenta la Sindrome nefrosíca
resistenza al flusso ematico e provoca stasi nei piccoli vasi; i globuli Stati iperestrogenici (gravidanza e postpartum)
rossi deformati dell°anemiaƒalcüforine (Cap. 14) sono causa di Uso di contraccettivi orali
occlusioni vascolari e la stasi che ne consegue predispone alla Anemia falciforme
Fumo
trombosi.

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..vati livelli di omocisteina contribuiscono alla trombosi arte- non frazionata, che può indurre la comparsa di anticorpi in gradi o c u - t r a c
riosa e venosa, nonché allo sviluppo di aterosclerosi (Cap. 11). di riconoscere i complessi di eparina e fattore piastrinico 4 sulla
Gli effetti protrombotici delfomocisteina possono essere dovuti superficie delle piastrine (Cap. 14) nopché i complessi di molecole
ai legami solfo-esterici tra i metaboliti delfomocisteina e una serie eparino-simili e proteine simili al fattore piastrinico 4 sulle cellule
di proteine, tra cui il fibrinogeno” Livelli di omocisteina endoteliali.*°'“ Il legame tra questi anticorpi e le piastrine ne provoca
marcatamente elevati possono derivare da un deficit congenito l'attivazione, faggregazione e il consumo (da cui il nome tromboci-
di cistatíone ß-sintetasi, ma molto più spesso la responsabili- topenia). L'eHetto sulle piastrine e il danno endoteliale si sommano 'l
tà di unlomocistinemia lieve nel 5-15% della popolazione cauca- determinando uno stato protrombotica, anche in corso di trattamento J
sica e dell'Est asiatico è dovuta a una variante dell`enzima I
con eparina e nonostante la presenza di un numero di piastrine
5,10-metilenetetraidrofolato reduttasi. La frequenza di questa ridotto. I recenti preparati con eparina a basso peso molecolare in-
possibile eziologia delllipercoagulabilità è simile a quella del ducono più raramente la formazione di anticorpi, ma non dimi-
fattore V di Leiden." La somministrazione di acido folico, piri- nuiscono il rischio di trombosi se gli anticorpi si sono già formati.¬“
dossina e/0 vitamina B12 consente di ridurre le concentrazioni di Anche altri anticoagulanti come il fondaparinux (un pentasaccaride
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omocisteina plasmatica (stimolandone il metabolismo), ma non inibitore del fattore X) causano in rari casi una sindrome simile
diminuisce il rischio di trombosi e ciò indica l'importanza che alla HIT."
l
può avere un'omocistinemia anche modesta” Sindrome da anticorpi antifosfolipidi” Questa sindrome (pre-
O Altri fattori ereditari di ipercoagulabilità primaria comprendono i cedentemente chiamata sindrome anticoagulante del lupus) ha una
deficit di anticoagulanti come Fantitrombina III, la proteina C e la presentazione clinica variabile, con trombosi ricorrenti, aborti ripe-
proteina S; gli individui affetti da tali patologie presentano trombosi tuti, formazione di coaguli sulle valvole cardiache e trombocitopenia.
venose e tromboembolie ricorrenti fin dalfadolescenza o comunque A seconda del vaso colpito, la presentazione clinica può variare
dalla giovinezza” Inoltre polimorlismi nei geni dei fattori della dallfembolia polmonare (secondaria a trombosi venosa di un arto
coagulazione possono determinare una maggiore sintesi di tali inferiore), alfipertensione polmonare (da embolia polmonare sub-
fattori e comportare un elevato rischio di trombosi venosa” clinica ricorrente), all'ictus, alliinfarto intestinale, all'ipertensione
renale. La perdita del feto è attribuibile all”inibizione anticorpo-
In studi di popolazione è stato rilevato che i più comuni genotipi mediata dell°attività del t-PA, necessaria per finvasione trofoblastica
con tendenza alla trombosi (eterozigosi per il fattore V di Leiden ed dell'utero. La sindrome da anticorpi antifosfolipidi è anche causa di
eterozigosi per la protrombina) determinano solo un aumento mo- microangiopatia renale e provoca insufficienza renale associata a
derato del rischio di trombosi; nella maggior parte dei casi i portatori trombosi multiple dei capillari e delle arterie (Cap. 20). La definizio-
di questi genotipi, se non sono affetti da altre patologie, non presen- ne “sindrome da anticorpi antifosfolipidi” è per certi versi impropria,
tano complicanze trombotiche. Tuttavia, le mutazioni nel fattore V poiché si ritiene che i principali effetti patologici siano mediati dal /
e nella protrombina sono abbastanza frequenti per cui può essere legame degli anticorpi con gli epitopi sulle proteine plasmatiche (ad
tutt'altro che rara fassociazione di entrambi i genotipi in omozigosi es. la trombina) che sono in qualche modo indotti o “smascherati”
o in eterozigosi e questa evenienza aumenta il rischio di trombosi” dai fosfolipidi. In vivo, gli anticorpi inducono uno stato di ipercoa-
Tali imitazioni, inoltre, nei soggetti che presentano altri fattori di gulabilitri provocando un danno endoteliale, attivando direttamente
rischio acquisiti (ad es. gravidanza o prolungato allettamento) sono piastrine e complemento e interagendo con i domini catalitici di
associate a una frequenza significativamente maggiore di trombosi determinati fattori della coagulazione." In vitro invece, (in assenza
venosa. L'eterozigosi per il fattore V di Leiden (che di per se ha un di piastrine e cellule endoteliali) gli anticorpi interferiscono con i
effetto modesto) può pertanto provocare una trombosi venosa pro- fosfolipidi inibendo la coagulazione. In presenza di questi anticorpi
fonda se abbinata a inattività forzata, come in caso di lunghi viaggi spesso i test sierologici per la sifilide risultano falsamente positivi, l
in aereo. Di conseguenza, è opportuno che per i pazienti con meno perché llantigene nel test diagnostico è fissato su cardiolipina. La
di 50 anni afietti da tromlrosi vengano prese in considerazione anche sindrome da anticorpi antifosfolipidi può assumere due diverse
eventuali cause ereditarie di ípercoagulabilità, indipendentemente forme: primaria e secondaria. I pazienti con una malattia autoim-
dalla presenza di fattori di rischio acqzrisitifw mune chiaramente definita come il lupus eritematoso sistemico (Cap.
Diversamente dalle malattie ereditarie, la patogenesi della diatesi 6) sono affetti da sindrome da antifosfolipidi secondaria (da cui la
trombotica acquisita è spesso multifattoriale (si veda Tab. 4.2). In al- definizione prima menzionata di “sindrome anticoagulante del lu-
cune situazioni (ad es. insufficienza cardiaca o trauma), fattori come pus”). Nella sindrome da antifosfolipidi primaria, invece, i pazienti
la stasi o la lesione vascolare possono essere di estrema importanza. presentano solo le manifestazioni di uno stato di ipercoagulabilità,
Uipercoagulabilità dovuta all'uso di contraccettivi orali o alla condi- senza alcuna evidenza di altre malattie autoimmuni; a volte questa
zione iperestrogenica della gravidanza è probabilmente dovuta a un sindrome può verificarsi in associazione con alcuni farmaci o infe-
aumento della sintesi epatica dei fattori della coagulazione e a una zioni. Una forma di particolare aggressività (sindrome da antifosfo-
ridotta sintesi di anticoagulantifls Nei tumori disseminati la liberazione lipidi catastrofica) è caratterizzata da trombi diffusi nei piccoli vasi
nel torrente circolatorio di prodotti tumorali procoagulanti rappre- e da scompensi in diversi organi e provoca la morte nel 50% dei
senta un fattore predisponente alla trombosi” L'ipercoagulabilità pazienti.“ Gli anticorpi rendono più diflicili anche gli interventi i
dovuta all'età avanzata è probabilmente collegata alla minore sintesi chirurgici: circa il 90% dei pazienti con anticorpi antifosfolipidi
di PGI2 da parte delfendotelio. I meccanismi attraverso i quali il fumo sottoposti a chirurgia cardiovascolare, ad esempio, va incontro a
e l'obesità favoriscono fipercoagulabilità restano invece sconosciuti. complicanze connesse a tali anticorpi” La terapia prevede l'uso di
Fra le cause acquisite di diatesi trombotica, due condizioni clini- anticoagulanti e fimmunosoppressione. Sebbene gli anticorpi anti-
che rivestono particolare importanza e vengono pertanto illustrate fosfolipidi siano chiaramente associati alla diatesi trombotica, questi
più estesamente. sono stati identificati anche in una percentuale di individui appa-
Sindrome da trombocitopenia indotta da eparina (HIT). Questa rentemente normali compresa tra il 5 e il 15%, quindi rappresentano
sindrome si sviluppa in seguito alla somministrazione di eparina la causa necessaria ma non sufficiente per la sindrome descritta.
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Morfologia I trombi possono svilupparsi in qualsiasi punto trombi tendono a contenere un maggior numero di globuli
del sistema cardiovascolare (ad es. nelle camere cardiache, rossi sovrapposti le relativamente poche piastrine) e sono
sulle valvole o in arterie, vene e capillari). A seconda della perciò definiti anche trombi rossi o da stasi. La flebotrom- I .
sede di origine e delle circostanze che portano alloro sviluppo, bosi interessa più frequentemente le vene degli arti inferiori
assumono dimensioni e forma variabili. I trombi arteriosi o (90% dei casi); tuttavia, i trombi venosi si possono svilup-
cardiaci solitamente iniziano in un punto di turbolenza o nella pare anche negli arti superiori, nel plesso periprostatico o I I
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sede di una lesione endoteliale, mentre i trombi venosi si nelle vene ovariche e periuterine, nonché, in particolari [ .
verificano tipicamente nelle sedi di stasi. I trombi aderiscono circostanze, nei seni durali, nella vena porta o nella vena i
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alla superficie vascolare sottostante: quelli arteriosi tendono epatica. .I

ad accrescersi in direzione retrograda dal punto di attacco, I coaguli postmortem possono essere talvolta confusi con i
mentre i trombi venosi si estendono in direzione del flusso trombi venosi antemortem. I coaguli postmortem, tuttavia,
sanguigno (in entrambi i casi, dunque, in direzione del cuore). sono gelatinosi con una zona rosso scura declive in cui i
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La parte in accrescimento spesso non aderisce saldamente al globuli rossi sono stratificati per gravità e una porzione su-
vaso e tende a frammentarsi provocando un embolo. periore gialla, simile a grasso di pollo; generalmente non
I trombi presentano spesso striature evidenti a livello ma- sono adesi alla parete sottostante. I trombi rossi, invece, sono
croscopico e microscopico, chiamate strie di Zahn, dovute più consistenti e adesi alla parete del vaso; inoltre di norma
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aIl'aIternanza di strati chiari di piastrine e fibrina e strati più se sezionati contengono le strie di Zahn, visibili macrosco- I
scuri contenenti un maggior numero di globuli rossi.Tali picamente e/o microscopicamente. I I

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striature indicano la formazione di un trombo nel flusso I trombi sulle valvole cardiache sono chiamati vegetazioni.
ematico e la loro presenza consente pertanto di distinguere Batteri o miceti a diffusione ematica possono aderire a val-
la trombosi antemortem dai coaguli non striati che si verifi- vole già danneggiate (ad es. a causa di una cardiopatia reu-
cano postmortem (si veda oltre). matica) o causare direttamente una lesione valvolare; in
I trombi che si formano in una cavità cardiaca o nel lume entrambi i casi, il danno endoteliale e I'alterazione del flusso
aortico sono chiamati trombi murali. Contrazioni anomale ematico possono indurre la formazione di ampie masse
del miocardio (aritmie, cardiomiopatie dilatative o infarto del trombotiche (endocardite infettiva, Cap. 12). Vegetazioni
miocardio) o lesioni endomiocardiche (miocardite o trauma sterili possono inoltre svilupparsi su valvole non infette in
da catetere) favoriscono la formazione di trombi murali pazienti con stati di ipercoagulabilità (endocarditi tromboti-
cardiaci (Fig. 4.13 A), mentre la presenza di placche atero- che non batteriche, Cap. 12).
sclerotiche ulcerate ela dilatazione degli aneurismi predi- Più raramente, nei pazienti con lupus eritematoso sistemico I.

spongono più facilmente ai trombi aortici (Fig. 4.13 B). può instaurarsi un'endocardite verrucosa non infettiva (detta
ltrombi arteriosi sono spesso occlusivi e le sedi di insorgenza di Libman-Sacks, Cap. 6).
più frequenti sono, in ordine decrescente, le arterie coronarie,
le arterie cerebrali e le arterie femorali. Di norma i trombi
sono costituiti da una fragile rete di piastrine, fibrina, globuli
rossi e leucociti degenerati. Sebbene in genere insorgano Destino del trombo. Se il paziente sopravvive alla trombosi I
I
sulla sede di rottura di una placca aterosclerotica, la causa iniziale, nei giorni e nelle settimane successivi i trombi vanno in-
di insorgenza può essere rappresentata da lesioni vascolari contro a quattro tipi di evoluzione:
di diverso tipo (ad es. vasculiti e traumi).
La trombosi venosa (flebotrombosi) è quasi sempre occlu- O Propagazione. I trombi accumulano ancora piastrine e fibrina (il
siva e il trombo spesso assume una forma di stampo del
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processo è già stato descritto in precedenza).
lume. Poiché si formano nel lento circolo venoso, questi O Emlßolizzazione. Il trombo si stacca e si sposta verso altri distretti I

del circolo. Questo processo sarà descritto in seguito.

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dilatato dell'aorta addominale. Numerosi trombi murali friabili sono inoltre visibili su lesioni aterosclerotiche avanzate deII'aorta più prossimale I/ato sinistro
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is. olvimen to. Il dissolvimento è il risultato della fibrinolisi che può congestione locale, tumefazione, dolore e indolenzimento, ma
condurre a una rapida contrazione e perfino alla totale scomparsa raramente danno origine a emboli. Ciononostante, lledema locale e
dei trombi di recente formazione. Nei trombi di vecchia data, invece, il ridotto drenaggio venoso predispongono la cute sovrastante a ip.
l'esteso deposito di fibrina e la sua polimerizzazione provocano una infezioni secondarie a traumi anche modesti e al formarsi di ulcere il
maggiore resistenza alla lisi. Questo spiega perché la somministra- varicose. La trombosi venosa profonda (TVP) nelle vene maggiori della
zione di agenti fibrinolitici come il t-PA (ad es. nel quadro di una gamba - alginocchio o al di sopra del ginocchio (ad es. nella vena
trombosi coronarica acuta) è generalmente efficace solo se istituita poplitea, nella vena femorale o in quella iliaca) - è più pericolosa
nelle ore immediatamente seguenti liepisodio trombotico. poiché i trombi tendono più spesso a embolizzare nei polmoni
O Organizzazione e ricanalizzazione. All'interno dei trombi più e provocare infarto polmonare (si veda oltre e Cap. 15). Anche se
vecchi le cellule endoteliali, le cellule muscolari lisce e i fibroblasti può provocare dolore locale ed edema, l'ostruzione venosa da
si organizzano (Fig. 4.14). Col tempo si formano capillari che TVP può essere rapidamente compensata da circoli collaterali, ra-
ristabiliscono la continuità del lume originale. gione per cui le TVP sono asintomatiche nel 50% circa dei pazienti
Questi primi canali capillari non sono sufficienti a ristabilire un e vengono riconosciute solo dopo che si sono verificati emboli.
flusso ematico significativo nei vasi ostruiti, ma a lungo andare la La TVP agli arti inferiori è associata a stati di ipercoagulabilità,
ricanalizzazione può convertire il trombo in una massa più piccola come illustrato in precedenza (si veda Tab. 4.2). Tra i comuni fattori
di tessuto connettivo che viene integrata nella parete vascolare. predisponenti figurano l'allettamento e Fimmobilizzazione (a causa
Col tempo, con il rimodellamento e la contrazione degli elementi della minore spinta verso l'alto dei muscoli della gamba con con-
mesenchimali, nella sede originale del trombo può non restare seguente riduzione del ritorno venoso) e liinsufficienza cardiaca
altro che una massa fibrosa. In alcuni casi, il centro del trombo va congestizia (anch”essa causa di riduzione del ritorno venoso). Trau-
incontro a digestione enzimatica, probabilmente per effetto del mi, interventi chirurgici e ustioni non soltanto determinano liim-
rilascio di enzimi lisosomiali da parte di piastrine e leucociti in- mobilizzazione, ma sono anche associati a danni vascolari, rilascio l
trappolati. Nel contesto di una batteriemia tali trombi possono di procoagulanti dai tessuti danneggiati, aumento della sintesi
infettarsi e dare origine a una massa infiammatoria che erode e epatica dei fattori della coagulazione e alterata produzione di t-PA.
indebolisce la parete vascolare, condizione che, se trascurata, può In gravidanza, sono numerosi i fattori che contribuiscono alla
condurre alla formazione di un aneurisma micotico (Cap. ll). diatesi trombotica: al rischio che il liquido amniotico venga im-
messo in circolo al momento del parto si aggiunge il fatto che
Conseguenze cliniche. Il trombo è un evento significativo in l'ultimo periodo della gravidanza e il periodo postpartum sono
quanto provoca I 'ostruzione di arterie e vene e rappresenta una pos- associati a ipercoagulabilità sistemica. L”inf1ammazione associata
sibìlefonte di embolia. Quale sia l”eft`etto predominante dipende dalla a neoplasie e la liberazione di fattori della coagulazione (fattore
sede della trombosi. I trombi venosi possono causare congestione tissutale, fattore VIII) e procoagulanti (ad es. la mucina) da parte
ed edema nei letti vascolari distali all'ostruzione, ma sono molto più delle cellule tumorali contribuiscono ad aumentare il rischio di
pericolosi se embolizzano nei polmoni, dove possono avere conse- tromboembolia nel cancro disseminato, condizione detta trombo-
guenze fatali (si veda oltre). Anche i trombi arteriosi hanno la capa- flebite migrante o sindrome di Ti'oiisseaii.”'“ Indipendentemente
cità di embolizzare e provocare infarti a valle, ma le conseguenze dai quadri clinici specifici, infine, anche l`età avanzata aumenta il
cliniche più gravi si hanno in caso di occlusione trombotica in una rischio di TVP.
sede critica (ad es. un'arteria coronaria.). Trombosi arteriosa e cardiaca. L'ateroscIerosi rappresenta una
Trombosi venosa (flebotrombosi). La maggior parte dei trombi delle principali cause di trombosi arteriosa, essendo correlata a un
venosi si forma nelle vene superficiali o profonde della gambafã e le flusso vascolare alterato e alla perdita diintegrità dell'endotelio (si
trombosi superficiali interessano in genere il sistema della safena, veda Fig. 4.13 B). Llinfarto del miocardio può predisporre alla for-
soprattutto in presenza di varici. Questi trombi possono provocare mazione di trombi murali cardiaci provocando contrazioni discine-
tiche del miocardio e danni all'endocardio adiacente (si veda
Fig. 4.13 A), mentre una cardiopatia reumatica può generare trombi
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murali atriali, come illustrato in precedenza. I trombi murali di cuore
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1 'V - - Una serie di alterazioni, dalle complicanze ostetriche al cancro
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›' ›-¬ ›.. ;_ † Q avanzato, possono essere complicate dalla CID, con comparsa im-
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rr.†?.:†.í'§al?
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sono ben riconoscibili all'esame microscopico e possono provocare
una diffusa insufficienza circolatoria, in particolare a livello di en-
I I(-ìl,ll';'/i\ fißrfì Visione a bassa risoluzione di un'arteria trombizzata, con cefalo, polmoni, cuore e reni. A complicare ulteriormente il quadro,
colorazione per tessuto elastico. ll lume originale e delimitato dalla lamina insieme al formarsi di trombi multipli, vi è un rapido e concomitante
elastica interna (frecce) ed è totalmente obliterato da un trombo organizzato,
costellato da numerosi vasi di ricanalizzazione rivestiti da endotelio consumo di piastrine e di proteine della coagulazione (da cui il si-
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(spazi bianchi). nonimo coagulopatia da consumo). Nello stesso tempo si attivano i li
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._ - -a aismi fibrinolitici, facendo si che una patologia inizialmente
trombotica possa evolvere in una grave patologia emorragica. Biso-
gna sottolineare chela CID non è una malattia primitiva ma piuttosto
una possibile complicanza di qualsiasi condizione associata alI'attiva-
zione difiusa della tronibina." Per una trattazione più dettagliata
della CID e di altre diatesi emorragiche rimandiamo il lettore al
Capitolo 14.

Embolia
Un enibolo è una massa libera intravascolare solida, liquida o gassosa
che viene trasportata dal sangue in una sede distante dal suo punto
di origine. Il termine “embolo” fu coniato nel 1848 da RudolfVirchow
per descrivere qualunque cosasi depositi nei vasi sanguigni ostaco-
lando il flusso ematico. Quasi tutti gli emboli rappresentano una
liltìilll/\ fl . 'I £› Embolo derivato da una trombosi venosa profonda dell'arto
porzione dislocata di un trombo, da cui il termine di tromboembolia. interiore e incuneato in un ramo dell'arteria polmonare.
Rare forme di emboli comprendono goccioline di grasso, bolle di
azoto, detriti aterosclerotici (emboli di colesterolo), frammenti tumo-
rali, frammenti di midollo osseo e persino di corpi estranei. Se non O La maggior parte degli emboli polmonari (dal 60 all)80%) è clinica-
diversamente specificato, tuttavia, un'embolia deve essere conside- mente silente perché di piccole dimensioni. Con il tempo gli emboli
rata di origine trombotica. inevitabilmente, l'embolo raggiunge vasi vanno incontro a organizzazione e vengono incorporati nella parete
troppo piccoli per permetterne liulteriore passaggio, dando luogo a vascolare; può capitare che dopo che che l”embolo è stato incorporato åffT----
un”occlusíone vascolare parziale o completa: la principale conse- nella parete vascolare, rimanga una delicata rete fibrosa a ponte.
guenza è la necrosi ischemica (infarto) del tessuto a valle. L”embolo O Morte improvvisa, insuflìcienza cardiaca destra (cuore polmonare)
può localizzarsi in qualsiasi punto dellialbero vascolare, a seconda o collasso cardiocircolatorio si verificano quando il 60% o più del
della sede di origine; l'esito clinico dipenderà della sede di localiz- circolo polmonare è ostruito dalliembolo.
zazione dell`embolo: nel circolo polmonare o nella circolazione O L`ostruzione embolica di uniarteria di medio calibro con conse-
sistemica. guente rottura vascolare può causare un”emorragia polmonare, l

ma di solito non provoca infarto polmonare per la doppia irro-


razione sanguigna della zona, fornita dal circolo bronchiale che
EMBOLIA POLMONARE continua a irrorare l”area colpita. Questo tipo di embolo, nel
contesto di unlinsuflicienza cardiaca sinistra (con flusso arterioso
L`incidenza dell'embolia polmonare si è mantenuta piuttosto sta- bronchiale rallentato), può però causare un infarto.
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bile dagli anni Settanta del secolo scorso a un valore di circa 2-4 O L°ostruzione embolica di piccole diramazioni arteriolari terminali l
pazienti ogni 1.000 ricoverati negli Stati Uniti, sebbene le percen- di solito provoca emorragia o infarto.
tuali possano variare in base all'età del paziente e alla patologia O Emboli multipli, con il trascorrere del tempo, possono causare
(intervento chirurgico, gravidanza e tumore maligno contribui- ipertensione polmonare e insufficienza ventricolare destra.
scono ad aumentare il rischio).”"* Malgrado la frequenza dell'em-
bolia polmonare fatale (confermata dall'esame autoptico) si sia
ridotta dal 6 al 2% negli ultimi 25 anni, tale condizione causa an- TROMBOEMBOLIA SISTEMICA
cora circa 200.000 decessi allianno negli Stati Unitif” Inoltre nel
95% dei casi, le embolie polmonari hanno origine da trombosi Il termine “tromboembolia sistemica” si riferisce alla presenza di
venose profonde della gamba (TVP), sebbene sia importante sot- emboli trasportati alllinterno della circolazione arteriosa. Nella
tolineare che la TVP sia circa 2-3 volte più frequente dell'embolia maggior parte dei casi (80%) questi derivano da trombi murali in-
polmonare” tracardiaci, per i due terzi associati a infarti della parete ventricolare
I frammenti di trombi derivati da TVP vengono trasportati at- sinistra e per un quarto associati a fibrillazione e dilatazione atriale
traverso vasi progressivamente più grandi e in genere passano at- sinistra. I rimanenti possono avere in parte origine da aneurismi
traverso il cuore destro nella circolazione polmonare arteriosa. In dell'aorta, da trombi su placche aterosclerotiche ulcerate o da fram-
base alle sue dimensioni, l'embolo può ostruire l`arteria polmonare mentazione di una vegetazione valvolare, con una piccola quota di
principale, arrestarsi contro una biforcazione (einbolo a sella) o emboli paradossi, mentre il restante 10-15% degli emboli sistemici
procedere nelle diramazioni arteriolari più piccole (Fig. 4.15). ha origine ignota. Contrariamente alllembolo venoso, che tende a 4
Spesso l”embolia polmonare è dovuta a emboli multipli, forse se- localizzarsi soprattutto in un letto vascolare (il polmone), l”embolo l

quenziali, oppure a una pioggia di piccoli emboli derivati da un”uni- arterioso può raggiungere diverse sedi: quella di arresto dipenderà
ca grande massa; in genere, il paziente che lia avuto un episodio di dal volume del flusso ematico che irrora i tessuti a valle. Le principali
embolia polmonare è ad alto rischio di averne altri. A volte un em- sedi di embolia arteriolare sono gli arti inferiori (75%) e l'encefalo
bolo può introdursi attraverso una comunicazione interatriale o (10%) e, in minore misura, intestino, reni, milza e arti superiori. Le
interventricolare, immettendosi nella circolazione sistemica (em- conseguenze degli emboli sistemici in un tessuto dipendono dalla
bolia paradosso). Un”ana1isi più completa dell°embolia polmonare è sua vulnerabilità all'ischemia, dal calibro del vaso occluso e dall'esten-
esposta nel Capitolo 15; in questa sezione viene presentata solo una sione del circolo collaterale di compenso; in generale, l'embolia
semplice panoramica.”"5l arteriosa provoca un infarto del tessuto a valle del vaso ostruito.
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.JLIA GRASSOSA E MIDOLLARE EMBOLIA GASSOSA

Microscopici globuli di grasso - con o senza elementi di midollo Bolle di gas in circolo possono unirsi Wformare masse schiumose
emopoietico associati - possono essere presenti nella circolazione che ostruiscono il flusso vascolare (causando danno ischemico
ematica e nel circolo polmonare in seguito a fratture delle ossa distale). Una bolla d`aria di volume estremamente ridotto intro-
lunghe (che possiedono midollo ricco di lipidi) o, più raramente, in dotta in un'arteria coronaria durante un intervento di bypass o
conseguenza di traumi dei tessuti molli e ustioni. Il grasso e le cellule nel circolo cerebrale nel corso di interventi di neurochirurgia in
associate rilasciati nel contesto di lesioni del midollo o del tessuto “posizione seduta”, ad esempio, può ostruire il flusso ematico con
adiposo possono entrare in circolo in seguito alla rottura di venule conseguenze gravissime. Generalmente, per avere un effetto cli-
o di sinusoidi midollari. Le embolie polmonari grassose e midollari nico sul circolo polmonare sono necessari più di 100 cc di aria,
rappresentano reperti incidentali estremamente comuni in seguito che può entrare accidentalmente in circolo durante procedure
a rianimazione cardiopolmonare e probabilmente non hanno con- ostetriche o laparoscopiche, oppure in seguito a traumi della
seguenze cliniche. L'embolia grassosa, di fatto, si verifica nel 90% parete toracica.5*
circa dei soggetti con gravi lesioni scheletriche (Fig. 4.16), ma meno Una particolare forma di embolia gassosa, chiamata malattia da
del 10% di questi pazienti mostra segni clinici. deconipressione, si verifica quando un soggetto è esposto a un'im-
“Sindrome da embolia grassosa” è il termine usato per quella provvisa riduzione della pressione atmosferica.55 Sono a rischio i
minoranza di pazienti che presenta sintomi clinici. É caratterizzata sub, i palombari, i lavoratori nelle campane sottomarine e i soggetti
da insuflicienza polmonare, segni neurologici, anemia e tromboci- in velivoli non pressurizzati in rapida ascesa. Quando l'aria viene
topenia e risulta fatale in circa il 5- 1 5% dei casi.5“'l I sintomi iniziano respirata ad alta pressione (ad es. durante un°immersione profonda),

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a distanza di 1-3 giorni dal trauma, con improvvisa comparsa di grandi quantità di gas (in particolare azoto) si sciolgono nel sangue
tachipnea, dispnea e tachicardia; irritabilità e agitazione possono e nei tessuti. Se il sub risale (depressurizza) troppo rapidamente,
evolvere fino al delirio o al coma. I pazienti possono presentare l'azoto si espande nei tessuti e torna in forma di bolle nel sangue
trombocitopenia, attribuibile all'adesione ai globuli di grasso delle circolante formando emboli gassosi.
piastrine, che quindi vengono sottratte alla circolazione; l'anemia La rapida formazione di bolle di gas nei muscoli scheletrici e nei
può essere la conseguenza di un processo di aggregazione eritroci- tessuti di sostegno dentro e intorno alle articolazioni è responsabile
taria e/o emolisi. Unleruzione cutanea petecchiale diffusa (osservata di una condizione dolorosa chiamata the bends (cioè “le curve”, così
nel 20-50% dei casi) è correlata all'insorgenza rapida di tromboci- denominata perche' i soggetti colpiti inarcano in modo caratteristico
topenia ed è utile per la formulazione della diagnosi. la schiena). Nei polmoni, le bolle di gas in circolo causano edema,
La patogenesi della sindrome da embolia grassosa probabilmente emorragie, enfisema o atelettasia focali, portando a una forma di
implica un meccanismo ostruttivo unito a un danno biochimicoff I insufficienza respiratoria detta collare soflocante (cliokes). Una forma I
microemboli di grasso forse provocano l'occlusione del microcircolo più cronica di malattia da decompressione è chiamata malattia dei
l
polmonare ed encefalico, e il quadro è aggravato dalfaggregazione cassoni (così definita per i contenitori pressurizzati usati nella co-
piastrinica ed eritrocitaria locale e ulteriormente esacerbato dal rila- struzione della base dei ponti; i lavoratori che si immergevano in
scio di acidi grassi liberi da parte dei globuli di grasso, che provocano questi cassoni soffrivano sia della forma acuta sia della forma cronica
danni tossici locali a livello endoteliale, mentre l'attivazione piastri- della malattia da decompressione). Nella malattia dei cassoni, la
nica e il reclutamento di granulociti (con rilascio di radicali liberi, persistenza di bolle di gas nel sistema scheletrico provoca focolai
proteasi ed eicosanoidi) completano Faggressione vascolare. Poiché multipli di necrosi ischemica; le sedi più frequentemente interessate
i lipidi sono sciolti dai solventi utilizzati nella routine d'inclusione sono le teste del femore, della tibia e delllomero.
dei tessuti in paraflina, la dimostrazione microscopica di microglo- Il trattamento della malattia da decompressione acuta prevede
buli di grasso (in assenza di midollo osseo) richiede tecniche speciali, che il soggetto sia collocato in una camera di compressione, cosi da
come sezioni al congelatore e colorazioni speciali per i grassi. forzare le bolle di gas a tornare in soluzione. Una successiva decom-
pressione lenta teoricamente permette il graduale riassorbimento I

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L`embolia da liquido amniotico è una complicanza grave del travaglio
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parto negli Stati Uniti e di un deficit neurologico permanente
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coma. Se la paziente sopravvive alla crisi iniziale, si sviluppa un
t'lt1lllì/"\ ilyltì Embolo di midollo osseo nel circolo polmonare. Gli elementi
cellulari sul lato sinistro dell'embolo sono precursori emopoietici, mentre edema polmonare - accompagnato a CID (nella metà delle
ivacuoli vuoti rappresentano il grasso midollare. La zona rossa relativamen- pazienti) - in conseguenza del rilascio di sostanze trombogeniche
te uniforme a destra dell'embolo è un trombo in via di organizzazione. da parte del liquido amnioticofñ
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_ -;¬._- Morfologia Gli infarti sono classificati, in base al loro colore e
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3 7 ..Ú alla presenza o meno di infezione, rispettivamente in infarti rossi
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É! ¢›"\ '“-l ` T5; _l'.~ -1 V' 7 " O Gli infarti rossi (Fig. 4.18 A) si verificano (1) in caso di
i I ,z "_ l ..,.;~,«`§' ;›~ /ftfw -,É.- occlusioni venose (ad es. nelle ovaie); (2) nei tessuti lassi
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es. polmone e intestino tenue), che permettono l'afflusso
di sangue alla zona necrotica da vasi paralleli non ostruiti;
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,tizi (4) nei tessuti in precedenza congesti per un rallentato
drenaggio venoso; (5) quando si ristabilisce il flusso
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›ì `¢*»_'.`;- ' " 4'". . -1 I fa _~". nell'area di una precedente occlusione arteriosa con ne-
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O Gli infarti bianchi (Fig. 4.18 B) si verificano con occlusione
li- l 1:'/¬ /: l Embolia da liquido amniotico. Due piccole arteriole polmo- arteriosa in organi solidi a circolazione arteriosa terminale
iari sono ostruite da lamine concentriche di cellule squamose fetali. Si ri- (come cuore, milza e rene), dove la compattezza del tes-
;contrano edema e congestione di livello marcato ma in altri punti del suto limita la quantità di sangue che può infiltrarsi nella
iolmone erano evidenti anche piccoli trombi in fase di organizzazione, zona di necrosi ischemica dalla rete capillare contigua.
iegno di coagulazione intravascolare disseminate. (Per gentile concessione
lel Dr. Beth Schvvartz, Baltimore, l\/ID)
Gli infarti tendono ad avere una forma a cuneo, in cui l'apice
è rappresentato dal vaso occluso e la base dalla periferia
La causa è rappresentata dall'ingresso di liquido amniotico odi dell'organo (si veda Fig. 4.18); quando la base è una super-
essuto fetale nel circolo materno in seguito ad una lacerazione delle ficie sierosa, viene spesso ricoperta da un essudato fibrinoso.
nembrane placentari o alla rottura di una vena uterina. I reperti Gli infarti acuti sono mal definiti e lievemente emorragici. l
:lassici sono quindi la presenza nel microcircolo polmonare ma- margini con il tempo tendono a delimitarsì meglio, con un
erno di cellule squamose della cute del feto, lanugine fetale, grasso sottile bordo di iperemía dovuta all'infiammazione.
lella vernice caseosa e mucina derivante dai tratti respiratorio 0 Gli infarti derivanti da un'occlusione arteriosa in organi senza l
gastrointestinale del feto (Fig. 4.17). Si riscontra inoltre un marcato doppia vascolarizzazione diventano sempre più pallidi e
rdema polmonare e alterazioni da danno alveolare difiiso (Cap. 15), nettamente definiti con íl trascorrere del tempo (si veda
ionché la presenza di trombi di fibrina sistemici, indicativi di co- Fig. 4.18 B). Nel polmone, invece, gli infarti sono di regola
igulazione intravascolare disseminata. emorragici (si veda Fig. 4.18 A). Negli infarti emorragicii
globuli rossi fuoriusciti vengono fagocitati dai macrofagi, che
convertono il ferro eme in emosiderina; piccole quantità non
nfaito producono effetti macroscopicamente apprezzabili sul colore
del tessuto, ma emorragie estese possono diventare più
ii definisce infarto un'area di necrosi ischemica causata dal blocco consistenti e scure.
lell'apporto ematico arterioso 0 del drenaggio venoso. L'infarto dei
essuti rappresenta una patologia estremamente importante e fre-
iuente. Negli Stati Uniti circa il 40% dei decessi è causato da malattie
tardiovascolari, per la maggior parte attribuibili a infarto miocardico
› cerebrale. Anche l'infarto polmonare è una complicanza frequente
li numerose situazioni cliniche; l`infarto intestinale è spesso fatale
s la necrosi ischemica delle estremità (gangrena) rappresenta un
›roblema serio nei pazienti diabetici.
Quasi tutti gli infarti sono causati da eventi trombotici o occlusioni
imboliche arteriose. Talvolta, un infarto può essere dovuto ad altri
neccanismi, come vasospasmo locale, emorragia in una placca atero-
natosa o compressione estrinseca di un vaso (ad es. a causa di un
umore). Cause più rare possono essere la torsione di un vaso (ad es.
lella torsione del testicolo o nel volvolo intestinale), la rottura trauma-
ica 0 la compromissione vascolare da edema (ad es. nella sindrome
ompartimeiitale anteriore) 0 da intrappolamento in un sacco erniario.
Lebbene la trombosi venosa possa determinare llinfarto, la conseguen-
a più comune è la semplice congestione; in questo caso, si aprono
apidamente canali collaterali, i quali permettono un certo deflusso
lalla zona e ciò, a sua volta, migliora l'afflusso arterioso. L'infarto se- li i;~i,1 1. 2-; Infarto rosso e infarto bianco. A. Infarto rosso polmonare
ondario a trombosi venosa è pertanto più frequente negli organi dotati emorragico di forma grossolanamente triangolare. B. Infarto bianco della
li un singolo vaso venoso efferente (ad es. il testicolo e l'ovaio). milza nettamente de-marcato. 1
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CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

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O Velocità di sviluppo dellbcclusione. Le occlusioni che si sviluppaat
lentamente hanno minore probabilità di causare infarto, poiché
concedono tempo per lo sviluppo di,vie di perfusione alternative.
Piccole anastomosi interarteriolari, ad esempio, normalmente con
flusso funzionale minimo, interconnettono le tre arterie coronarie
principali nel cuore. Se una delle coronarie viene occlusa lentamen-
te (per una placca aterosclerotica in espansione), il flusso all'interno
di questi circoli collaterali può aumentare quanto basta per impedire ›
l'infarto, persino se alla fine l°arteria coronaria è occlusa.
O Vulnerabilità all'ipossia. I neuroni vanno incontro a un danno i
irreversibile se privati delliapporto di sangue per soli 3-4 minuti.
Anche le cellule miocardiche, benché più resistenti rispetto ai
neuroni, sono molto sensibili e muoiono dopo soli 20-30 minuti
di ischemia. I fibroblasti alllinterno del miocardio, al contrario,
rimangono vitali anche dopo molte ore di ischemia (Cap. 12).
1 l-I :'. l;~:/M f iii Pregresso infarto renale, sostituito da un'ampia cicatrice
O Contenuto in ossigeno del sangue. L'ostruzione parziale del flusso
fibrosa.
di un piccolo vaso, che non avrebbe alcun effetto su una persona
in normali condizioni, in un paziente anemico o cianotico può
portare a infarto tissutale.
La caratteristica istologica dominante dell'infarto è la necrosi
ischemica coagulativa (Cap. 1). È importante ricordare che
se l'occlusione vascolare è avvenuta poco prima del decesso Shock
del paziente (minuti o ore) è possibile che non ci siano mo-
dificazioni istologiche evidenti: sono infatti necessarie da 4 Lo shock è la condizione terminale comune a numerosi eventi clinici
a 12 ore prima che il tessuto mostri una manifesta necrosi. potenzialmente letali, come gravi emorragie, ustioni o traumi estesi,
Un'infiammazione acuta compare lungo i margini dell'infarto vasti infarti miocardici, embolia polmonare massiva e sepsi micro-
entro poche ore ein genere assume un aspetto ben definito bica. Lo shock è caratterizzato da ipotensíone sistemica causata da
nell'arco di 1 o 2 giorni. Alla fine, la risposta infiammatoria una riduzione della gittata cardiaca o dell 'efiettívo volume di sangue
è seguita da una risposta riparativa che inizia dai margini circolante. Le conseguenze sono diminuita perfusione tissutale e
conservati (Cap. 2). Nei tessuti stabili o labili si può verificare ipossia cellulare. All'inizio, il danno cellulare è reversibile, ma la I
una rigenerazione parenchimale in periferia, dove la sotto- persistenza della condizione di shock provoca danni tissutali i
stante architettura stromale è stata risparmiata, tuttavia la irreversibili e spesso risulta fatale. Le cause di shock sono raggrup-
maggior parte degli infarti viene sostituita da tessuto pate in tre categorie principali (Tab. 4.3).
cicatriziale (Fig. 4.19). Il cervello costituisce un'eccezione a
queste generalizzazíoni, poiché un infarto nel sistema nervo- O Lo shock cardiogeno è il risultato di una ridotta gittata cardiaca
so centrale provoca una necrosi colliquativa (Cap. 1). dovuta a insuflicienza della pompa cardiaca. Questa insufficienza
L'infarto settico può svilupparsi in seguito all'embolizzazione può essere causata da danno miocardico intrinseco (infarto),
di vegetazioni su valvole cardiache infette o quando dei mi- aritmie ventricolari, compressione estrinseca (tamponamento
crorganismi invadono un'area di tessuto necrotico. ln questi cardiaco, Cap. 12) 0 da ostacolo al deflusso (ad es. embolia
casi l'infarto si trasforma in un ascesso, con una maggiore polmonare).
risposta infiammatoria (Cap. 2). La sequenza finale di orga- O Lo shock ipovolemico è dovuto a una ridotta gittata cardiaca in
nizzazione, tuttavia, segue le modalità già descritte. seguito a perdita di volume di sangue 0 plasma per un'estesa
emorragia 0 per perdita di liquidi in seguito a gravi ustioni.
O Lo shock settico è causato da vasodilatazione e stasi ematica
Fattori che determinano lo sviluppo di un infarto. Gli effetti periferica nel corso di una risposta immunitaria sistemica a
di uniocclusione vascolare possono variare da un danno minimo fino un'infezione batterica o micotica. La sua complessa patogenesi
alla morte di un tessuto 0 anche del paziente. sarà discussa in dettaglio nel paragrafo successivo.
I maggioriƒattori determinanti sono: (1) la natura delllapporto
vascolare, (2) la velocità di sviluppo dellbcclusione, (3) la vulneraløilità Più raramente, lo shock può verificarsi nel contesto di un incidente l
del tessuto colpito all 'ipossia e (4) il contenuto in ossigeno del sangue. anestesiologico o a causa di una lesione spinale (shock neurogeno),
per effetto della perdita di tono vascolare e del sequestro di sangue
O Natura dell 'apporto vascolare. La disponibilità di vasi collaterali nei distretti periferici. Lo shock anafilattico, innescato da una rispo-
alternativi è il fattore più importante nel determinare se l'occlusione sta di ipersensibilità IgE-mediata, è associato a vasodilatazione
di un vaso sarà causa di lesioni. Come già menzionato, i polmoni sistemica e aumento della permeabilità vascolare (Cap. 6). In queste
hanno un duplice apporto di sangue arterioso, polmonare e bron- situazioni, la vasodilatazione estesa acuta provoca ipoperfusione e
chiale, che assicura una protezione dall°infarto indotto da trombo- ipossia dei tessuti.
embolia; allo stesso modo sono relativamente insensibili all'infarto
il fegato, con la sua doppia circolazione arteriosa e portale, la mano
PATOGENESI DELLQ SHOCK SETTICO
e l'avambraccio, dotati del doppio apporto arterioso radiale e ulnare.
La circolazione arteriosa di reni e milza, invece, è di tipo terminale Lo shock settico è associato a gravi alterazioni emodinamiche ed
e l`ostruzione di tali vasi è di solito all'origine di un infarto. emostatiche e pertanto merita di essere maggiormente approfondito
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Tipo di shock Esempio clinico Principali meccanismß
CARDIOGENO
Infarto miocardico
Rottura ventricolare Insufficienza della pompa cardiaca a causa
Aritmìa di danno miocardico intrinseco, pressione
Tamponamento cardiaco estrinseca o ostruzione all'efflusso
Embolia polmonare
|P0voLEM|co
Perdita di liquidi (ad es. emorragia, vomito, Volume insufficiente di sangue o plasma
diarrea, ustioni o trauma) li
SETTICO 4
infezione microbica incontrollata (batterica Vasodilatazione periferica e stasi ematica; A
e micotica) attivazione/danno endoteliale; danno
Superantigeni (ad es. sindrome da shock indotto dai leucociti, coagulazione
settico) intravascolare disseminata; attivazione l

della cascata di citochine

in questa sede. Con un tasso di mortalità prossimo al 20%, lo shock (TLR, Cap. 2) riconoscono gli elementi microbici e danno il via
settico rappresenta la prima causa di morte nei reparti di terapia alle reazioni che portano alla sepsi. Anche i topi con un deficit
intensiva e viene ritenuto responsabile di oltre 200.000 decessi ogni genetico per i TLR, tuttavia, sono vittime di sepsiâw e si ritiene
anno negli Stati Uniti.57 La sua incidenza è in crescita, a causa del che, nell'uomo, la sepsi coinvolga anche altre vie, ad esempio i
miglioramento delle tecniche rianimatorie per pazienti ad alto ri- recettori associati alla proteina G che rilevano i peptidi batterici
schio e per il numero crescente di soggetti immunocompromessi (a ele proteine NODI e NOD2 (proteine dotate di un dominio per
causa di chemioterapia, immunosoppressione o infezione da HIV). il legame di oligomerizzazione dei nucleotidi).(`l Quando vengono
Attualmente, lo shock settico è scatenato nella maggior parte dei attivate, le cellule infiammatorie producono TNF, IL-I, IFN-3/,
casi da infezioni da batteri Gram-positivi, seguite da infezioni da IL-12 e IL-18, nonché altri mediatori delfinfiammazione come
batteri Gram-negativi e infezioni micotiche." Il vecchio termine di la proteina HMGB1 (High Mobility Group Box 1),“ ma vengono
“shock endotossico” non è quindi più appropriato. prodotti anche ossigeno nascente e mediatori lipidici come le
Nello shock settico, la vasodilatazione sistemica e il sequestro di prostaglandine e il fattore di attivazione piastrinica (PAF). Queste I

sangue nei distretti periferici porta a ipoperfusione dei tessuti, seb- molecole attivano le cellule endoteliali (e altri tipi di cellule)
bene la gittata cardiaca possa nelle prime fasi risultare invariata o inducendo la produzione di molecole di adesione, sostanze
addirittura aumentare. Ciò si accompagna a danno e ad attivazione procoagulanti e, in un secondo tempo, ancora citochine.(" I com-
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endoteliale diffusi, spesso responsabili di uno stato di ipercoagula- ponenti microbici attivano anche la cascata del conipleinento, sia
bilità che può manifestarsi sotto forma di CID. Inoltre, lo shock direttamente sia mediante l'attività proteolitica della plasmina
settico è associato ad alterazioni metaboliche che inibiscono diret- (Cap. 2), che stimola la produzione di anafilotossine (C3a, C5a),
i
tamente la funzione cellulare. L'effetto ultimo di queste anomalie è frammenti chemotattici (C5a) e opsonine (C3b) che contribui-
fipoperfusione che provoca disfunzione in molti organi, con livelli scono a provocare l'infiammazione.(`3 Inoltre, componenti
altissimi di morbilità e mortalità associati a sepsi. microbici come l'endotossina possono attivare la coagulazione
La capacità di differenti microrganismi di provocare shock settico direttamente tramite il fattore XII e indirettamente alterando la
(talvolta anche quando l”infezione è localizzata in una zona del cor- funzione endoteliale (come illustrato di seguito). Lo stato proco-
po)5S conferma l'ipotesi che il processo possa essere avviato da dif- agulante sistemico indotto dalla sepsi non solo porta alla trom- i
ferenti tipi di microrganismi. Come illustrato nel Capitolo 2, macro- bosi, ma aumenta anche finfiammazione a causa degli effetti
fagi, neutrofili e altre cellule del sistema immunitario innato espri- mediati dai recettori attivati dalle proteasi (PAR) presenti sulle i
mono una serie di recettori in grado di rispondere a numerose so- cellule infiammatorie.
stanze derivate dai microrganismi. Una volta attivate, queste cellule Attivazione e lesione delle cellule endoteliali. L'attivazione delle
rilasciano mediatori delfinfiammazione e differenti fattori immu- cellule endoteliali da parte dei costituenti microbici o dei me-
nosoppressori che modificano la risposta dell'ospite. Inoltre, i costi- diatori delllinfiammazione prodotti dai leucociti ha tre princi-
tuenti microbici attivano anche elementi umorali delfimmunità pali conseguenze: (1) trombosi, (2) maggiore permeabilità
innata, in particolare le vie del complemento e della coagulazione. vascolare e (3) vasodilatazione. L'alterazi0ne della coagulazione
Tali mediatori si combinano con le sostanze prodotte dai microrga- èsufiiciente perprodurre la temibile complicanza detta CID in
nismi sulllendotelio in un modo complesso e ancora non del tutto una percentuale di pazienti con shock settico che può raggiungere
chiaro, fino a provocare lo shock settico (Fig. 4.20).5”'“ I principali il 50%.” La sepsi altera fespressione di molti fattori favorendo
fattori responsabili della fisiopatologia dello shock settico sono i la coagulazione. Le citochine proinfiammatorie provocano l`au-
seguenti: mento della produzione di fattore tissutale da parte delle cellule
endoteliali (e dei monociti) e determinano contemporaneamen-
O Mediatori dell'inƒia›nmazione. Vari costituenti della parete te il rallentamento della fibrinolisi come conseguenza di una
cellulare microbica si legano ai recettori presenti sui neutrofili, maggiore espressione di PAI-I (si vedano Figg. 4.6 B e 4.8). La
sulle cellule infiammatorie mononucleate e sulle cellule endote- produzione di altri fattori endoteliali anticoagulanti, come l'ini-
liali, provocando l'attivazione cellulare. I recettori Toll-simile bitore della via del fattore tissutale, la trombomodulina e la

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CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock

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Attivazione endoteliale Citochìne e mediatori
citochino-simili
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Procoagulante Antrifibrinolitico IL-6, IL-8, NO, PAF, IL-10, apoptosi,
prodotti che intergiscono sTNFFt
t TF i PAI-1 con l`ossigeno ecc.
lTFPl, trombomodulina, Mediatori antinfiammaiori
proteina C secondari

TROMBOSI VASODILATAZIONE ` EFFETTI


l li
MICROVASCOLARE MAGGIORE PERMEABILITA IMMUNOSOPPRESSIONE
(CID) FilDOTTA PEHFUSIONE SISTEMICI

Febbre, ridotta
contrattilità del miocardio,
ISCHEMIA TISSUTALE anomalie metaboliche
1.
Insufficienza surrenalica INSUFFICIENZA MULTIORGANO il

Principali meccanismi patogeni nello shock settico. l prodotti microbici attivano le cellule endoteliali e gli elementi cellulari e umorali del
sistema immunitario innato, avviando una sequenza di eventi che portano alla fine allinsufficienza di vari organi. Per ulteriori dettagli si veda il testo. CID,
coagulazione intravascolare disseminate; l-il\/lGBl, proteina High Mobility Group Box l; NO, ossido di azoto; PAF, fattore di attivazione piastrinica; PAI-1,
inibitore dell'attivatore del plasminogeno 1; sTNFR, recettore solubile delTNF;TF, fattore tissutale;TFPl, inibitore della via del fattore tissutale.

proteina C (si vedano Figg. 4.6 e 4.8) viene diniinuita.°“'°1'“ La alla gluconeogenesi. Al contempo, le citochine proinfiammatorie
tendenza alla coagulazione è ulteriormente aggravata dal ridotto inibiscono il rilascio di insulina favorendo la resistenza all`insu-
flusso ematico a livello dei piccoli vasi, che determina stasi e lina nel fegato e in altri tessuti, probabilmente impedendo
riduce lo smaltimento dei fattori della coagulazione attivati. fespressione sulla superficie cellulare di GLUT-4,65 un traspor-
L'insieme di questi effetti favorisce il deposito di trombi ricchi tatore di glucosio. L”iperglicemia riduce la funzionalità dei
di fibrina nei piccoli vasi, spesso di tutto il corpo, e contribuisce neutrofili - sopprimendo la loro attività battericida ~ e causa un
cosi alfipoperfusione dei tessuti.°“ Nella CID conclamata, il incremento di espressione di molecole di adesione sulle cellule
consumo dei fattori della coagulazione e delle piastrine è cosi endoteliali.“ Sebbene la sepsi sia inizialmente associata a un
ingente da renderli insufficienti, e si verificano contemporanee picco acuto di produzione di glucocorticoidi, questa fase è spesso i
emorragie (Cap. I4). L°aumento della permeabilità vascolare seguita da insufficienza surrenalica e deficit funzionale di
porta alfessudazione di fluido nell'interstizio, provocando ede- glucocorticoidi. Ciò può essere dovuto alla depressione della
ma e aumento della pressione del liquido interstiziale, che può capacità di sintesi delle ghiandole surrenali sane o a una grave
i
ulteriormente ostacolare il flusso ematico nei tessuti, soprattutto necrosi surrenalica dovuta a CID (sindrome di Waterhouse- l

in seguito alla rianimazione del paziente con fluidi per endove- Friderichsen, Cap. 24).
na. L'endotelio aumenta inoltre la sintetasi dell'ossido di azoto Immunosoppressione. Lo stato iperinfiammatorio avviato dalla
(NO) e quindi la produzione di questo composto. Tali alterazio- sepsi può attivare meccanismi immunosoppressivi controrego-
ni, insieme all'aumento dei mediatori dell'infiammazione vaso- latori, che possono coinvolgere il sistema immunitario sia innato
attivi (ad es. C3a, C5a e PAF), causano il rilassamento sistemico sia adattativo.5°*61 I meccanismi che sembrano essere coinvolti
della muscolatura vascolare liscia, determinando ipotensione e nelfimmunosoppressione comprendono la conversione di cito-
ridotta perfusione tissutale. chine proinfiammatorie (TH1) in antinfiammatorie (TH2) (Cap. 6),
O Anomalie metaboliclie. I pazienti con shock settico sviluppano la produzione di mediatori antinfiammatori (ad es. recettore
insulino-resistenza e iperglicemia. Le citochine come il TNF e solubile del TNF, antagonista del recettore IL-I e IL-10), l”apoptosi
la IL-I, gli ormoni legati allo stress (come glucagone, ormone dei linfociti, gli effetti immunosoppressivi delle cellule apoptoti-
della crescita e glucocorticoidi) e le catecolamine contribuiscono che e l'induzione di anergia cellulare.59'“ Non è ancora chiaro se

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ri delfimmunosoppressione abbiano un effetto nocivo
c u -tr a c k All'inizio della fase non progressiva dello shock, vari meccanismi c u -tr a c k

o protettivo nella sepsi.” neuroumorali aiutano a mantenere stabili la gittata cardiaca e la


O Disfunzione dbrgano. L'ipotensione sistemica, l'edema interstiziale pressione arteriosa. Questi comprendono i rjflessi barorecettoriali,
e la trombosi dei piccoli vasi riducono fapporto di ossigeno e di il rilascio di catecolamine, l'attivazione del sistema renina-
nutrimento ai tessuti, i quali, a causa delle alterazioni del meta- angiotensina, il rilascio di ADH e la stimolazione simpatica gene-
bolismo cellulare, non riescono a usare correttamente le sostanze ralizzata. Gli effetti visibili sono tachicardia, vasocostrizione periferica
nutritive che ricevono. Alti livelli di citochine e di mediatori se- e ritenzione renale di liquidi. La vasocostrizione cutanea, ad esempio,
condari possono diminuire la contrattilità miocardica e la gittata è responsabile della caratteristica cute pallida e fredda nello shock
cardiaca, mentre la maggiore permeabilità vascolare e il danno conclamato (sebbene lo shock settico possa inizialmente causare
endoteliale possono provocare la sindrome da distress respiratorio vasodilatazione cutanea e quindi accompagnarsi a una cute calda e
dell 'adulto (Cap. 15). Infine, tutti questi fattori possono interagire arrossata). I vasi coronarici e cerebrali sono meno sensibili a questa
e determinare danni a più organi, in particolare a reni, fegato, risposta compensatoria del simpatico e pertanto il loro calibro, il
polmoni e cuore, con esiti fatali. flusso sanguigno e il rilascio di ossigeno restano entro valori relati-
vamente normali.
La gravità e l”esito dello shock settico dipendono probabilmente Se le cause scatenanti non sono rimosse, lo shock evolve imper-
dall'estensione e dalla virulenza dell'infezione, dalla condizione cettibilmente verso la fase progressiva, nella quale compare una dif-
immunitaria del paziente, dalla presenza di altre condizioni di fusa ipossia tissutale. Nel contesto di un persistente deficit di ossigeno,
comorbilità e dal livello di produzione dei mediatori. La quantità la respirazione aerobica intracellulare viene sostituita dalla glicolisi
di fattori interessati e la complessità delle interazioni che sono alla anaerobia con produzione di eccesso di acido lattico. La risultante
base della sepsi spiegano il motivo per cui la maggior parte dei acidosi lattica metabolica abbassa il pH tissutale e attenua le risposte
tentativi terapeutici con antagonisti di mediatori specifici ha vasoniotorie; le arteriole si dilatano e il sangue inizia ad accumularsi
prodotto nel migliore dei casi esiti modesti e, in alcuni casi, nel microcircolo. L'accumulo periferico non solo peggiora la gittata
addirittura effetti nocivi” Il trattamento standard rimane la som- cardiaca, ma espone le cellule endoteliali al rischio di sviluppare un
ministrazione di antibiotici appropriati, la terapia insulinica inten- danno anossico con conseguente CID. Llipossia tissutale diffusa
siva per lliperglicemia, la rianimazione volemica per preservare colpisce gli organi vitali, che iniziano a dare segni di insufficienza.
le pressioni sistemiche e “dosi fisiologiche” di corticosteroidi per In assenza di intervento, il processo è destinato a entrare nello
correggere finsuflìcienza surrenalica relativa” La somministra- stadio irreversibile. Il danno cellulare diffuso si riflette nella libera-
zione di proteina C attivata (per evitare la generazione di trombina zione di enzimi lisosomiali, evento che aggrava ulteriormente lo
e ridurre dunque la coagulazione e llinfiammazione) può essere stato di shock. La funzione contrattile del miocardio peggiora in
di aiuto in casi di grave sepsi, ma i benefici reali sono ancora parte a causa della sintesi di ossido di azoto. Se, a causa dell'ischemia
oggetto di controversie; anche nei migliori ospedali, lo shock intestinale, la flora batterica intestinale riesce a penetrare nel circolo,
settico rimane infatti un problema clinico estremamente difficile allo stato già critico si può sovrapporre uno shock batteriemico. A
da risolvere.5“ questo punto il paziente va incontro a un”insufficienza renale com-
Un altro gruppo di proteine batteriche chiamate superantigeni pleta secondaria a necrosi tubulare acuta (Cap. 20) e, qualunque
può provocare una sindrome simile allo shock settico (ad es. la misura venga adottata, la spirale di eventi clinici culmina pressoché
sindrome da shock tossico). I superantigeni sono attivatori poli- inevitabilmente nella morte.
clonali dei linfociti T che inducono il rilascio di alti livelli di
citochine e provocano una serie di manifestazioni cliniche, che
vanno dal rash diffuso alla vasodilatazione e all'ipotensione, fino Morfologia Le alterazioni cellulari e tissutali indotte dallo
alla morte.“ shock cardiogeno o ipovolemico sono fondamentalmente
quelle osservate nelle lesioni ipossiche (Cap. 1) e possono
STADI DELLO SHOCK manifestarsi in qualsiasi tessuto, sebbene siano particolar-
mente evidenti a livello di cervello, cuore, polmoni, reni,
Lo shock è un'alterazione progressiva che, se non curata, conduce ghiandole surrenali e tratto gastrointestinale. Le modificazio-
a esiti fatali. Il meccanismo preciso della morte da sepsi è tuttora ni del surrene in un quadro di shock sono le stesse osservate
incerto: a parte l'aumento delfapoptosi linfocitaria ed enterocitaria, in qualsiasi forma di stress e sono caratterizzate dalla
la morte cellulare è minima e i pazienti raramente presentano ipo- deplezione di lipidi delle cellule corticali, dovuta non tanto a
tensione resistente alla terapia.6l Tuttavia, per quanto riguarda lo un esaurimento surrenalico quanto piuttosto alla conversione
shock ipovolemico e cardiogeno i meccanismi sono piuttosto chiari. delle cellule vacuolate relativamente inattive in cellule me-
Se il danno non è massive e rapidamente letale (ad es. un”emorragia tabolicamente attive che utilizzano i lipidi immagazzinati per
massiva per rottura di un aneurisma aortico), lo shock tende a la sintesi degli steroidi. I reni vanno incontro a necrosi tubu-
evolvere in tre fasi (più convenzionali che reali): lare acuta (Cap. 20). I polmoni sono raramente coinvolti nello
shock ipovolemico puro, grazie alla loro relativa resistenza
O una inizialefase non progressiva durante la quale vengono attivati al danno ipossico.Tuttavia, quando lo shock è causato da
i meccanismi riflessi compensatori, mantenendo la perfusione sepsi batterica o da trauma, possono verificarsi alterazioni
degli organi vitali; da danno alveolare diffuso (Cap. 15), il cosiddetto "polmo-
O uno stadio progressivo caratterizzato da ipoperfusione tissutale e ne da shock'.' Nello shock settico, lo sviluppo di CID porta
dalllinizio di scompensi metabolici e circolatori, come l'acidosi; al deposito diffuso di microtrombi ricchi di fibrina, in parti-
O uno stadio irreversibile che si instaura dopo che l'organismo ha colare nel cervello, nel cuore, nei polmoni, nei reni, nelle
subito danni cellulari e tissutali talmente gravi che, anche correg- ghiandole surrenali e nel tratto gastrointestinale. ll consumo
gendo i deficit emodinamici, la sopravvivenza non è possibile.
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CAPITOLO 4 Alterazioni emodinamiche, malattia tromboembolica e shock I
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c u -tr a c k 17 I-lusmann M, Barton M: Therapeutical potential of direct thrombin inhihnt o c u - t r a c
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Fatta eccezione perla perdita ischemica neuronale e di 19 Mackman N, et al: Role of the extrinsic pathway ofblood coagulation in bemo-
miociti, praticamente tutte queste modificazioni tissutali stasis and thrombosis. Arterioscler Thromb Vasc Biol 27:1687, 2007.
20 Crawley I, et al: The central role ofthrombin in hemostasis. I Thromb Haemost 'I
possono normalizzarsi se il paziente sopravvive. Sfortunata- I
5(Suppl 1):95, 2007.
mente, la maggior parte dei pazienti con alterazioni irrever- 21 Coughlin S: Protease-activated receptors in hemostasis. thrombosis and vascular
sibili da shock grave muore prima che i tessuti possano biology. I Thromb Haemost 3:l800, 2005.
recuperare. 22 Landis R: Protease activated receptors: clinical relevance to hemostasis and in-
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23 Cesarinan-Maus G, Hajjar K: Molecular mechanisrns of fibrinolysis. Br I Hae-
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Conseguenze cliniche. Le manifestazioni cliniche dello shock 24 Cale I, Lawrence D: Structure-function relationships of plasminogen activator
dipendono dal fattore lesivo scatenante. Nello shock ipovolemico inhibitor-1 and its potential as a therapeutic agent. Curr Drug Targets 8:971,
e cardiogeno ilpaziente presenta ipotensione, polso debole e rapido, 2007.
25 Cushman M: Epidemiology and risk factors for venous thrombosis. Semin
tachipnea e cutefredda, umida e cianotica. Nello shock settico,
Hematol 44:62, 2007.
invece, la cute inizialmente può essere calda e arrossata a causa 26 Nesbitt W. et al: The impact of blood rheology on the molecular and cellular
della vasodilatazioneperderica. Lieffettivo pericolo di vita dipende events underlying arterial thrombosis. I M01 Med 841989, 20()6.

I
dalla patologia che ha provocato lo stato di shock (ad es. infarto 27 Seligsohn U, Lubetsky A: Genetic susceptibility to venous thrombosis. N Engl I
del miocardio, emorragia grave 0 sepsi). In breve tempo, tuttavia, Med 34411222, 2001.
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le alterazioni cardiache, cerebrali e polmonari secondarie allo 29 Middeldorp S, Levi M: Thrombophilia: an update. Semin Thromb Hemost 33:563,
stato di shock peggiorano il problema, un'evoluzione a cui parte- 2007.
cipano anche gli squilibri elettrolitici e l'acidosi metabolica. Se 30 Rosendorlf A, Dorfman D: Activated protein C resistance and factor V Leiden.
sopravvive alle complicanze iniziali, il paziente entra in una se- Arch Pathol Lab i\/led 131:S66, 2007.
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La prognosi varia a seconda della causa dello shock e della sua 33 Gatt A, M-akris M: I-Iyperhomocysteinemia and venous thrombosis. Semin
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Malattie genetiche

Architettura della genetica umana Malattie citogenetiche che interessano


Geni e malattie umane i cromosomi sessuali
Sindrome di K/inefelter
Mutazioni Sindrome di Turner
Malattie mendeliane Ermafroditismo e pseudoermafroditismo
Modalità di trasmissione delle malattie monogeniche Malattie monogeniche con ereditarietà atipica
Malattie autosomíche dominanti Malattie causate da espansioni di triplette ripetute
Malattie autosomicne recessiva Sindrome del/'Xfragile
Malattie legate a/I'X
Mutazioni dei geni mitocondriali, neuropatia ottica
Basi biochimiche e molecolari delle malattie ereditaria di Leber
monogeniche (mendeliane)
Difetti enzimatici e loro conseguenze lmprínting genomico
Difetti dei sistemi recettoriali e di trasporto Sindrome di Prader-Vl/illi e sindrome di Angelman
Alterazioni della struttura, funzione 0 quantità Mosaicismo gonadico
delle proteine non enzimatiche Diagnosi molecolare delle malattie genetiche*
Reazioni avverse ai farmaci geneticamente determinate Indicazioni per l'analisi di alterazioni
Malattie associate a difetti delle proteine strutturali genetiche germinali
Sindrome di Marfan Indicazioni per l'analisi di alterazioni genetiche
Sindromi di Ehlers-Danlos acquisite
Malattie associate a difetti delle proteine recettoriali PCR e rilevazione di alterazioni della sequenza
/percolesterolemia familiare del DNA
Malattie associate a difetti enzimatici Hilevazione diretta delle alterazioni della sequenza
Malattie da accumulo lisosomiale del DNA tramite sequenziamento
Malattie da accumulo di glicogeno lglicogenosi) Rilevazione di mutazioni del DNA tramite metodi
A/captonuria locronosi) indiretti
Malattie associate a difetti nelle proteine Marcatori polimorfici e diagnosi molecolare
che regolano la crescita cellulare Po/imorflsmi e analisi genome-wide
Malattie multigeniche complesse Analisi molecolare delle alterazioni genomiche
Southern b/ot
Malattie cromosomiche lbridazione fluorescente in situ (FISH)
riservati. Cariotipo normale lbridazione genomica comparativa basata sugli array
Anomalie strutturali dei cromosomi larray CGH)
d`ritti
'JJ
Malattie citogenetiche che interessano gli autosomi Alterazioni epigenetiche
._.
Trisomia 27 (sindrome di Down) Analisi de|l'RNA
Altre trisomie
Tu
ERsr Sindrome da delezione del cromosoma 22qI 7.2

.-t
*Un particolare ringraziamento va al Dr. A. Iohn Iafrate (Massachusetts General Hospital, Boston, MA) per Passistenza offerta nella revisione
©
ELsEvi
200 della sezione sulla diagnostica molecolare.

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i.. .....ettura della genetica umana popolazione; in altri casi si osservano complessi riarrangiamenti del
materiale genomico, con alleli multipli nella popolazione umana.
Recenti valutazioni indicano clie, nella sequenza genomica di due 1
La sequenza del genoma umano è a oggi completa e molto è stato individui differenti, le CNV siano responsabili della differenza di un l
compreso circa l'“architettura genetica” dellluomof con scoperte in numero di paia di basi compreso tra 5 e 24 milionif Circa il 50%
parte inaspettate. Ora sappiamo, ad esempio, che meno del 2% del delle CNV interessa sequenze codificanti per un gene; le CNV pos-
genoma umano codifica per le proteine, mentre più della metà è sono pertanto costituire la causa di un'ampia porzione della diversità
costituita da blocchi di sequenze ripetute di nucleotidi la cui fun- fenotipica umana. Nelle regioni interessate da CNV si osserva una
zione rimane sconosciuta. Nessuno poteva però immaginare che significativa iper-rappresentazione di alcune famiglie di geni: queste
solo 20-25.000 geni del corredo umano - anziché i 100.000 ipotizzati includono geni coinvolti nel sistema immunitario e nel sistema
- codificassero per le proteine, una cifra grosso modo pari a quella nervoso. Si pensa che la diversità in termini di numero di copie in
del genoma di senape (che conta 26.000 geni). Bisogna tuttavia te- tali famiglie geniche sia andata incontro a una marcata selezione nel
nere conto del fatto che, con lo splicing alternativo, i 25.000 geni corso dell”evoluzione, poiché esse migliorerebbero fadattamento
umani possono codificare per più di 100.000 proteine, per cui la umano ai mutevoli fattori ambientali. Attualmente, la conoscenza
specie umana non è poi così povera. Con il completamento del delle CNV non è tanto approfondita quanto quella degli SNP, per
Progetto Genoma Umano, un nuovo termine, “genomica”, è stato cui la loro influenza sulla suscettibilità alla malattia è quantificata in
aggiunto al dizionario scientifico. Mentre la genetica consiste nello maniera meno precisa, sebbene si ritenga sia sostanziale.
studio di uno o pochi geni e dei loro effetti fenotipici, la genomica Occorre sottolineare che, nonostante tutti questi progressi nella
è lo studio di tutti i geni presenti nel genoma e delle loro interazioni.: comprensione delle variazioni umane, le alterazioni nella sequenza
L”analisi dei tumori tramite microarray a DNA (Cap. 7) rappresenta del DNA chiaramente non possono spiegare da sole la diversità dei
un eccellente esempio di genomica applicata all'odierna pratica fenotipi nelle popolazioni umane, né la genetica classica è in grado
clinica. di spiegare il fatto che gemelli monozigoti possano mostrare fenotipi
Un'altra scoperta sorprendente emersa dai recenti progressi nel ditferenti.7 La risposta deve risiedere nelfepigenetica, definita come
campo della genomica è che, in media, due individui qualunque lo studio dei cambiamenti ereditabili nell'espressione genica non
condividono più del 99,5% delle sequenze di DNA.3 Ciò che diffe- imputabili ad alterazioni nella sequenza del DNA. Le modificazioni
renzia un essere umano dal1”altro è dunque codificato in meno dello epigenetiche sono coinvolte nell'espressione genica specifica per i
0,5% del nostro DNA. La predisposizione a una determinata pato- tessuti e nell'imprinting genomico. Le basi biochimiche dei cambia-
logia e la risposta ai fattori ambientali e ai farmaci deve essere rac- menti epigenetici e la loro individuazione sono trattate nella sezione
chiusa in queste variazioni. Pur essendo una percentuale minima “Diagnosi molecolare delle malattie genetiche”. i

rispetto alla sequenza iiucleotidica totale, tale 0,5% è rappresentato Come la genomica implica lo studio di tutte le sequenze di DNA, l

da circa 15 milioni di paia di basi. Le due forme più comuni di va- la proteomicn si occupa di saggiare tutte le proteine espresse in una
riazioni del DNA nel genoma umano sono ipoliinoifismi ri singolo cellula 0 in un tessuto. L”analisi simultanea dei pattern di espressione
nucleotide (Single Nucleotide Polymorphism, SNP) e le variazioni di migliaia di geni e proteine ha richiesto lo sviluppo in parallelo di
nel numero di copie (Copy Number Variation, CNV). Gli SNP defi- tecniche informatiche capaci di gestire vaste collezioni di dati. Per
niscono variazioni localizzate a livello di un singolo nucleotide, rispondere a questa esigenza è nata una nuova entusiasmante disci-
pressoché sempre bialleliche (vale a dire che, in un dato locus all'in- plina, la lzioíiiƒoi'niatícn.”
terno della popolazione, esistono solo due scelte possibili, ad esem- Vale la pena notare che fino a poco tempo fa la ricerca genica si
pio. A o T). Il notevole impegno profuso nella mappatura degli SNP è concentrata principalmente sulfindividuazione di geni strutturali
del genoma umano ha portato a identificate più di 6 milioni di SNP i cui prodotti codifìcano per le proteine. Studi recenti indicano
nella popolazione umana, molti dei quali mostrano un'ampia varia- tuttavia che un gran numero di geni non codifica per proteine, ma
zione in termini di frequenza in popolazioni differenti. Gli SNP i loro prodotti ricoprono importanti funzioni di regolazione. Alllin-
possono trovarsi ovunque nel genoma - all'interno degli esoni, degli terno di questa classe di geni, quelli scoperti più recentemente co-
introni o in regioni intergeniche - ma meno dell'1% è presente in dificano per piccole molecole di RNA, denominate microRNA
regioni codificanti. Queste variazioni della sequenza codificante (miRNA). I 1niRNA, diversamente da altri RNA, non codificano per
sono importanti, dal momento che potrebbero ovviamente alterare le proteine, ma inibiscono piuttosto l`espressione genica. Il silenzia-
il prodotto genico e predisporre a una differenza fenotipica 0 a una mento delfespressione genica da parte dei miRNA è conservato in
patologia. Molto più comunemente, uno SNP è solo un marcatore tutte le specie viventi, dalle piante agli esseri umani, e perciò deve
che, trovandosi fisicamente vicino a un gene-malattia, viene coere- costituire un meccanismo fondamentale di regolazione genica. A
ditato insieme a quest'ultimo. Un altro modo per esprimere questo causa della loro profonda influenza sulla regolazione genica, i
concetto è il fatto che lo SNP e il locus genico sono in lirikage dise- miRNA stanno assumendo unlimportanza centrale nella compren-
qililibriuiii. Si nutre un certo ottimismo sulla possibilità che gruppi sione dei normali processi di sviluppo, come anche di condizioni
di SNP possano fungere da marcatori di rischio aflìdabili per malattie patologiche quali il cancro.9 Tale è l'importanza della scoperta del
iiiultigeiiiclie complesse, come il diabete di tipo 2 e l'ipertensione, e silenziainento genico da parte dei miRNA che Andrew Fire e Craig
che si possano sviluppare strategie (discusse più avanti) per la pre- Mello vennero premiati nel 2006 con il Premio Nobel per la medi-
venzione di malattie a partire dalllidentificazione di tali varianti. cina e la fisiologia, a soli otto anni dalla pubblicazione del loro ini-
Le CNV sono una forma di variazione genetica recentemente ziale lavoro.
identificata, che consiste di differenti numeri di copie di sequenze I dati attuali indicano l'esistenza nella specie umana di
di DNA estese e contigue che vanno dalle 1.000 paia di basi fino a approssimativamente 1.000 geni codificanti per i miRNA, valore che
milioni di paia di basi.*'5 In alcuni casi questi loci, come gli SNP, sono corrisponde a circa il 5% del genoma umano. La trascrizione di geni
biallelici e semplicemente duplicati o deleti in un sottogruppo della miRNA produce trascritti primari miRNA, che sono processati

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CAPITOLO 5 Malattie genetiche
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doppio frammento vengono incorporati in un complesso multipro
Gene miRNA ]}.,|l,§\l|\,|l,f\l}.,|l,!\l teico chiamato complesso silenziatore indotto da RNA (RNA-
Induced Silencing Complex, RISC).J'fappaiamento di basi tra il
ll I1filamento di miRNA e il suo RNA messaggero (mRNA) bersaglio

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9:-Ö :?
9 S/ il
direziona il RISC affinché causi il clivaggio dell)mRNA o ne reprima
la sua traduzione. In questo modo, il gene di derivazione dell'mRNA
pri-miRNA
bersaglio è silenziato (a un livello post-trascrizionale).l° Dal mo-
i
mento che i geni miRNA sono molto meno numerosi di quelli che l
l
codificano per le proteine, ne consegue che un dato miRNA può l
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Gene bersaglio :W I/1 silenziare molti geni bersaglio. Rimane ancora da chiarire il mecca-
0 l`\ nismo preciso tramite cui viene determinata la specificità del ber-
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saglio del miRNA.


pre-miRNA .›_† Un'altra forma di RNA per silenziamento genico, chiamata RNA l

à 'J Proteina a breve iiiteiƒereiiza (siRNA), opera in maniera abbastanza simile


,\ «. › di trasporto
__\_ _ gf" X extranucleare a quella del miRNA. A differenza di quanto accade per il miRNA,
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tuttavia, i precursori dei siRNA sono introdotti nella cellula da
“investigatori”. Il loro processamento da parte del Dicer e il loro
i
Proteina
I., pre-miRNA funzionamento attraverso il RISC sono essenzialmente simili a
frammenlatrice (Dicer) 'f'-eg quelli descritti per il miRNA. I siRNA stanno diventando potenti
strumenti per lo studio della funzione genica e in futuro potrebbero il
essere usati a fini terapeutici per silenziare geni specifici - come gli
oncogeni - i cui prodotti sono coinvolti nella trasformazione
neoplastica. I

mRNA
bersaglio

>t<e
miRNA
Geni e malattie umane
Srotolamento del
M' miRNA a doppio Le malattie genetiche sono di gran lunga più frequenti di quanto si
frammento
immagini. Si stima che la frequenza delle malattie genetiche nel i
Complesso f ß corso della vita sia di 670 casi su 1.000. Le malattie genetiche che si
asc
fe-a
riscontrano nella comune pratica clinica, ossia quelle caratterizzate
da difetti genetici meno gravi e tali da permettere uno sviluppo
embrionale completo e quindi la nascita, rappresentano solo la punta
J-
dell'iceberg. Si calcola che il 50% degli aborti spontanei che avven-
\Jl> ..... -- mRNA gono durante i primi mesi di gravidanza siano associati a un`anomalia
_______ bersaglio croinosomica dimostrabile. Esistono inoltre numerose anomalie
Inibizione Clivaggio minori individuabili e molte altre che non siamo ancora in grado di
della traduzione dell'mFtNA identificate. Circa l'1% dei neonati possiede un'anomalia cromoso-
l mica macroscopica e circa il 5% dei soggetti sotto i 25 anni sviluppa

Q -¬
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una grave patologia con una notevole componente genetica. Quante
altre mutazioni rimangono sconosciute?
Prima di descrivere le aberrazioni specifiche che possono causare
malattie genetiche, è utile riassumere quale sia il contributo della
l

Ribosoma @ ll genetica alle malattie umane. In termini generali, le malattie gene-


v
tiche uinane possono essere classificate in tre categorie: l

O Malattie correlate a imitazioiii di singoli geni ad ampio efietto. i


_ w Produzione di microRNA e loro modalità di azione nella Queste mutazioni provocano la malattia o predispongono alla i
regolazione della funzionalità genica. Pri-miRNA, trascritto primario del malattia e tipicamente non sono presenti nella popolazione sana.
microRNA; pre-miRNA, precursore del microRNA; RISC, complesso silen-
ziatore indotto da RNA. Tali mutazioni e le malattie a esse associate sono ad alta pene-
tranza, il che significa che la presenza della mutazione è associata
alla malattia in un grande numero di soggetti. Essendo causate
all'interno del nucleo per formare un`altra struttura, chiamata pre- da mutazioni di un singolo gene, queste malattie seguono di solito
miRNA (Fig. 5.1). Con l'aiuto di specifiche proteine di trasporto, il la classica modalità di trasmissione mendeliana e sono dunque
pre-miRNA è traslocato nel citoplasma. Un ulteriore “taglio” a opera definite anche malattie mendeliane. Alcune importanti eccezioni
di un enzima, convenientemente chiamato Dicer (“frammentatore”), a tale regola sono descritte più avanti.
genera miRNA maturi con una lunghezza di 21-30 nucleotidi (da Lo studio di singoli geni e di mutazioni con ampi effetti è stato
qui il nome di “micro”). In questo stadio il miRNA è ancora a doppio estremamente istruttivo in medicina dal momento che gran
filamento. Successivamente, si srotola e singoli filamenti di questo parte di ciò che sappiamo su molte vie fisiologiche (come il
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_ 1 to del colesterolo e la secrezione del cloro) è stato dedotto Leu-Val-Val-Thr-Pro ._sc

dall'analisi di malattie dovute alla mutazione di un singolo gene. ^"°'°AB°A ore ore ore Acc CCT T...
Sebbene costituiscano una preziosa fonte di informazioni, que- il i

ste malattie sono generalmente rare ameno che siano pi'eservate


in una popolazione da potenti forze selettive (come nel caso
dellianemia falciforme in aree dove la malaria è endemica,
CTC GTG GT- ASC (ì(l3T T'. ..
Cap. 14). Allele ABO O
O Malattie croinosoiniclie. Derivano da alterazioni nella struttura o Leu-Val - Val- Pro~-Leu
l
nel numero degli autosomi e dei cromosomi sessuali. Come le
sequenza di lettura
malattie monogeniche, esse non sono di comune riscontro ma si alterata -=-š>
associano a un'alta penetranza.
O Malattie niultigeniclie complesse. Queste malattie sono molto più Delezione di una singola base nel locus ABO (glicosiltran-
comuni delle due categorie precedenti e sono causate da intera- sferasil che porta a una mutazione frameshitt responsabile dell'allele O. l

(DaThornpson l\/IW et al.:Thompson andThompson Genetics in Medicine,


zioni tra molteplici forme varianti di geni e fattori ambientali. 5th ed. Philadelphia, WB Saunders, 1991, p 134)
Tali variazioni geniche sono comuni all'interno della popolazione
e sono anche chiamate polinioifisnii. Ciascuna variante genica l
conferisce un lieve aumento nel rischio di malattia e nessun si parla di inutnzioniƒrainesligct (Figg. 5.2 e 5.3). In questa sezione
singolo gene di suscettibilità è necessario o sufficiente a produrre presenteremo in breve alcuni principi generali relativi agli effetti
la patologia. È solo quando diversi polimorfismi di questo tipo delle mutazioni geniche. l
sono presenti in un individuo che si presenta la malattia: da qui l
la definizione di malattie ntultígeniclie o poligeniclie. A differenza O Mutazioni puiitijbrnii nelle sequenze coclificanfi. Una mutazione
dei geni mutati con efl°etti significativi, ad alta penetranza e de- puntiforme può alterare il codice di lettura di una tripletta di basi
terminanti l”insorgenza di malattie mendeliane, ciascun polimor- e può quindi portare alla sostituzione di un amminoacido con un
fismo ha quindi un modesto effetto ed è a bassa penetranza. altro nel prodotto genico. Poiché alterano il significato della se-
l
Poiché le interazioni ambientali sono importanti nella patogenesi quenza di proteine codificate, queste mutazioni sono spesso chia-
di queste malattie, esse sono chiamate anche malattie multifatto- mate nnitazioiii inìssense. Se famminoacido sostituito causa solo
riali. In questa categoria rientrano alcune delle più comuni ma- piccole modificazioni funzionali della proteina si parla di muta-
lattie che colpiscono l”uomo, inclusi l”aterosclerosi, il diabete zione “conservativa”. Nel caso invece di una mutazione “non con-
mellito, l”ipertensione e le malattie autoimmuni. Persino tratti servativa” l'amminoacido normale viene sostituito da un altro
non patologici come l°altezza e il peso sono determinati da poli- marcatamente diverso. Un chiaro esempio di questo tipo di l

morfismi in diversi geni. mutazione è quella che colpisce la catena B dell°emoglobina


Dal momento che i tratti complessi non seguono una modalità nell°anemia falciforme (Cap. 14). Qui la tripletta nucleotidica CTC l
di trasmissione mendeliana, è stato molto diflìcile identificare i (o GAG nell'mRNA), che codifica per l'acido glutammico, è sosti-
geni e i polimorfismi che contribuiscono a tali malattie. Tuttavia, tuita da CAC (0 GUG nell)mRNA), che codifica per la valina.
i recenti progressi nella genomica e nella tecnologia di sequen- Questa singola sostituzione ainminoacidica modifica le proprietà
ziamento “high throughput” hanno reso possibili studi di asso- fisico-chimiche dell'emoglobina causando llanemia falciforme
ciazione sulllintero genoma (Genoine-wide Association Study, (0 drepanocitosi). Oltre a produrre una sostituzione amminoaci-
GWAS), un metodo sistematico di identificazione di polimorfismi dica, una mutazione puntiforme può trasformare un codone che
associati alla malattia che sta cominciando a svelare la base mo- codifica per un amminoacido in un codone di stop (mutazione
lecolare delle malattie complesse. Il principio dei GWAS sarà nonsense). Tornando all'esempio della catena [3 delllemoglobina,
discusso più avanti nel capitolo. una mutazione puntiforme che colpisce il codone per la glutain-
mina (CAG) crea un codone di stop (UAG) se la U sostituisce la
La nostra trattazione prenderà le mosse dalla descrizione delle C (Fig. 5.4). Questo cambiamento conduce a una prematura in-
mutazioni che colpiscono singoli geni, poiché queste sono alla base terruzione nella traduzione genica della catena B delfeinoglobina
delle malattie mendeliane, per poi passare alle modalità di trasmis- e il breve peptide prodotto viene rapidamente degradato. La ri-
sione con esempi selezionati di malattie monogeniche. sultante mancanza delle catene B delllemoglobina può causare una
grave forma di anemia chiamata ß"-talassemia (Cap. 14).
O Mutazioni in sequenze non codificanti. Si possono avere effetti
MUTAZlONl
dannosi anche quando le mutazioni non coinvolgono gli esoni,
Si definisce mutazione una modificazione permanente del DNA. Si ricorderà che la trascrizione del DNA è iniziata e regolata da
Le mutazioni che colpiscono le cellule della linea germinale sono sequenze promotrici e intensificatrici (enhancer). Le mutazioni
trasmesse alla progenie e possono dare luogo a malattie ereditarie. puntiformi o le delezioni che coinvolgono queste sequenze di
Le mutazioni che colpiscono le cellule somatiche evidentemente non regolazione possono interferire con il legame dei fattori di tra-
causano malattie ereditarie ma sono importanti nella genesi dei scrizione e portare a una marcata riduzione o alla totale assenza
tumori e di alcune malformazioni congenite. di trascrizione. Questo è ciò che succede in alcune forme di ane-
Le mutazioni possono riferirsi a delezioni parziali o complete di mia ereditaria. Inoltre, le mutazioni puntiformi negli introni 1
un gene 0, più spesso, interessare una singola base. Una singola base possono portare a uno splicing difettoso delle sequenze introni-
nucleotidica, ad esempio, può essere sostituita da una base diversa, che. Questo, a sua volta, interferisce con il normale processainen-
dando luogo a una nintazionepuntgbrnie. Meno comunemente, una to dei trascritti primari di mRNA con conseguente impossibilità
o due coppie di basi possono essere inserite o delete, portando ad di produrre trascritti maturi di mRNA. La traduzione non ha
alterazioni nel modulo di lettura del filamento di DNA: in tal caso pertanto luogo ela proteina non viene sintetizzata. l
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."l<JUll/`\5.1-2 Inserzione di quattro basi nel gene per lesosaminidasi A determinante una mutazione trameshitt. Questa mutazione è la principale causa il
della malattia diTay-Sachs negli ebrei ashkenaziti. (Da Nussbaum RL et al:Thompson and Thompson Genetics in Medicine, 6th ed. Philadelphia, WB
Saunders, 2001, p 212)
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O Delezioni e inserzioni. Piccole delezioni 0 inserzioni interessanti mutazioni clie colpiscono gli introni o le giunzioni di splicing o en-
la sequenza codificante portano ad alterazioni nel modulo di trainlzi possono provocare un'anon1ala maturazione dell'›nRNA. La
lettura del filamento di DNA. In questo caso si parla di mutazioni traduzione è coniproinessa se si crea un codone di stop (mutazione da
framesliift (si vedano Figg. 5.2 e 5.3). Se le coppie di basi interes- terminazione di catena) in un esone. Infine, alcune mutazionipunti-
sate sono tre o multipli di tre non si ha frameshift (Fig. 5.5); viene jornii possono portare alla produzione di proteine anomale senza
invece sintetizzata una proteina anomala con un numero inferiore alterare nessuna dellefasi della sintesi proteica.
o superiore di amminoacidi. Da ultimo, è opportuno osservare che, sia pur raramente, le mu-
O Mutazioni da triplette ripetute. Le mutazioni da triplette ripetute tazioni possono essere benefiche. Come verrà descritto più avanti
appartengono a una speciale categoria di alterazione genetica. nel Capitolo 6, il virus dellimmunodeficienza umana (HIV) utilizza
Queste mutazioni sono caratterizzate dall'amplificazione di una un recettore delle chemochine, CCR5, per entrare nelle cellule; una
sequenza di tre nucleotidi. Sebbene la specifica sequenza nucleo- delezione nel gene CCR5 protegge quindi dall”infezione da HIV.
tidica amplificata diiferisca da patologia a patologia, in quasi tutte Fatte queste opportune premesse, passiamo quindi a esaminare
le sequenze coinvolte sono presenti guanina (G) e citosina (C). le tre principali categorie di malattie genetiche: ( 1) malattie correlate
Nella sindrome dell°X fragile, ad esempio, prototipo di questa a geni mutati ad ampio effetto, (2) malattie con ereditarietà multi-
categoria di patologie, si contano da 250 a 4.000 ripetizioni in fattoriale e (3) malattie cromosomiche. A queste tre categorie note
tandem della sequenza CGG nel gene detto del ritardo mentale va aggiunto poi un gruppo eterogeneo di malattie monogeniche con
familiare 1 (Familial Mental Retardation 1, FMR1). Nelle popo- modalità di trasmissione atipica. Questo gruppo comprende pato-
lazioni sane, il numero di tali ripetizioni (repeats) è basso e me- logie causate dall”amplif1cazione di triplette ripetute, quelle derivanti
diamente pari a 29. L'espansione delle triplette impedisce da mutazioni nel DNA mitocondriale (mtDNA) e quelle in cui la i
i
E
la corretta espressione del gene FMR1 causando ritardo mentale. trasmissione è influenzata dall`imprinting genomico o dal mosaici- ir

Un altro aspetto che caratterizza le mutazioni da triplette ripetute smo gonadico. Le malattie di questo gruppo sono causate da muta- l
T
è la loro dinamicità (il grado di amplificazione aumenta durante zioni in singoli geni, ma non seguono la modalità di trasmissione
la gametogenesí). Queste caratteristiche, descritte in seguito più mendeliana. Queste patologie verranno trattate più avanti in questo
dettagliatamente, influenzano il pattern di ereditarietà e le ma- capitolo.
nifestazioni fenotipiche delle malattie provocate da questo tipo Esula dall'intento di questo libro fornire una trattazione esaustiva
di mutazioni. sulla genetica umana. Tuttavia, è importante definire alcuni termini
comunemente usati quali ereditario, familiare e congenito. I disturbi
Riassuinenalo, le niutazionipossono interferire con la sintesipro- ereditari, per definizione, derivano dai genitori di un individuo e
teica a vari livelli. Le delezionigeniclie e le mutazionipuntgfornii che sono trasmessi di generazione in generazione attraverso la linea
interessano il promotore possono sopprimere la trascrizione. Le germinale, quindi sono familiari. Il termine congenito implica sem- i
plicemente “l”essere nati con”. Alcune malattie congenite non sono
I
genetiche, ad esempio la sifilide congenita, e non tutte le malattie
38 39 40 genetiche sono congenite: i pazienti con la malattia di Huntington, T
Allele normale
della i- Thr i Gin i Arg i
ß-globina '-

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DNA normale T ATC ATC TTT GGT GTT...
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Allele [50 della i Thr i STOP lì!
globina 38 DNA CF T ATC AT- --T GGT GTT...
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l'flGLlR/A !ì.1l Mutazione puntiforme che porta a una precoce interruzione
della catena peptidica. La sequenza parziale dell'mRNA della catena Fl(-`›URA 5.5 Delezione di tre basi nell'allele comune della fibrosi cistica
ß dell'emoglobina mostra i codoni per gli amminoacidi da 38 a 40. Una mu- (CF) che da luogo alla sintesi di una proteina priva dell'amminoacido 508
tazione puntitorme (C-›U) nel codone 39 converte il codone perla glutam- (tenilalanina). Poiché la delezione è un multiplo di tre, questa non è una
mina (Gln) in un codone di arresto e, quindi, la sintesi proteica si arresta al mutazione trameshitt. (Da Thompson MW et al.:Thompson andThompson
38° amminoacido. Genetics in Medicine, 5th ed. Philadelphia, WB Saunders, 1991, p 135) ti
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c u -tr a c k la loro condizione patologica solo Malattie autosomiche dominanti c u -tr a c k

dopo i venti o trent`anni.


Le malattie autosomiche dominanti si mgnifestano in eterozigosi e
ciò significa che almeno uno dei genitori, in genere, è malato. Pos-
Malattie mendeliane sono essere colpiti sia i maschi sia le femmine ed entrambi possono
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a loro volta trasmettere la patologia. Se un soggetto malato si unisce


Tutte le malattie mendeliane sono il risultato di mutazioni in singoli a uno sano, ciascun figlio avrà una probabilità su due di contrarre
geni ad ampio effetto. Non reputiamo necessario ripetere le leggi di la malattia. Oltre a queste caratteristiche essenziali, le malattie au-
Mendel in questa sede dato che qualunque studente le avrà sicura- tosomiche dominanti hanno le seguenti proprietà:
mente già studiate in passato. Ci limiteremo piuttosto a proporre
alcune considerazioni dotate di rilevanza clinica. O Per tutte queste patologie, una parte dei pazienti non ha genitori
Si calcola che ogni individuo sia portatore di un numero di geni affetti e si ammala perché nuove mutazioni si sono verificate
anomali variabile da cinque a otto. Per la maggior parte, tali geni nell'oocita o nello spermatozoo da cui ha avuto origine. I fratelli
sono recessivi e perciò non hanno effetti fenotipici evidenti, e circa di questi individui non sono né affetti né esposti a un rischio
l”80-85% di queste mutazioni sono familiari; il resto rappresenta maggiore di sviluppare la malattia. La proporzione di soggetti
mutazioni acquisite de novo dall'individuo affetto. che sviluppa la malattia in conseguenza di una nuova mutazione
Alcune mutazioni autosomiche hanno un'espressione parziale è legata agli effetti che la malattia produce sulla capacità ripro-
nelfeterozigote e completa nell'omozigote. L'anemia falciforme è duttiva. Se una malattia riduce notevolmente la capacità ripro-
causata dalla sostituzione dell'emoglobina normale (HbA) con emo- duttiva, è ragionevole attendersi che la maggior parte dei casi sia
globina S (I-lbS). Quando un individuo è omozigote per il gene il risultato di nuove mutazioni. Sembra che molte nuove muta-
mutato tutta femoglobina prodotta è alterata (di tipo HbS) e anche zioni si verifichino nelle cellule germinali di padri relativamente
con una normale saturazione di ossigeno la malattia si esprime com- anziani.
pletamente (forma a falce per tutti i globuli rossi e anemia emolitica). O Le caratteristiche cliniche possono essere modificate da variazioni
Nelfeterozigote, solo una parte delliemoglobina è HbS (la restante nella penetranza e nell'espressività. Alcuni individui ereditano il
parte è HbA), per cui i globuli rossi diventano falciformi e si ha gene mutato ma sono fenotipicamente normali, nel qual caso si
emolisi solo quando la tensione di ossigeno si abbassa. Si parla in parla di penetranza incompleta. La penetranza è espressa in
questo caso di tratto per Faneiniafalcifornie per distinguerlo dall'ane- termini matematici: 50% di penetranza indica che il 50% degli
mia falciforme vera e propria. individui portatori del gene mutato manifesta la malattia. Se
Sebbene fespressione genica e i tratti mendeliani siano solitamen- invece una malattia si manifesta in tutti i soggetti portatori del
te descritti come dominanti o recessivi, in alcuni casi entrambi gli gene mutato ma con una gravità variabile da individuo a indivi-
l
alleli di una coppia di geni possono contribuire al fenotipo, una duo, si parla di espressivitr`z varialJile. Ad esempio, le manifestazioni
condizione chiamata codoininanza. Gli antigeni del complesso mag- cliniche della neurofibromatosi di tipo I vanno dalla presenza di
giore di istocompatibilità e dei gruppi sanguigni sono buoni esempi macchie brunastre sulla pelle a neoplasie cutanee multiple e
di ereditarietà codominante. deformità dello scheletro. I meccanismi alla base della penetranza
Un singolo gene mutato può dare origine a numerosi effetti, fe- incompleta e delllespressività variabile non sono stati chiariti del i

nomeno chiamato pleiotropisnio; viceversa, mutazioni in diversi loci tutto ma molto probabilmente sono il risultato degli effetti di altri
genetici possono produrre lo stesso carattere (eterogeneità genetica). genio fattori ambientali che modificano lfespressione fenotipica
L'anemia falciforme è un esempio di pleiotropismo. In questa ma- dellfallele mutato. Il fenotipo di un paziente con anemia falcifor-
lattia ereditaria, non solo la mutazione puntiforme del gene produce me (risultante dalla mutazione della catena B dell'emoglobina),
HbS, che predispone i globuli rossi a emolisi, ma gli stessi globuli ad esempio, è influenzato dal genotipo del locus della catena
rossi anomali tendono a ostruire i piccoli vasi sanguigni provocando, ot poiché quest'ultimo influenza la quantità totale di emoglobina
ad esempio, fibrosi della milza, infarti dbrgano e alterazioni della prodotta (Cap. 14). L'influenza dei fattori ambientali è esempli-
struttura ossea. I numerosi danni che si riscontrano in vari organi ficata dall'ipercolesterolemia familiare. L'espressione della malattia
sono tutti correlati al difetto primario nella sintesi di emoglobina. sotto forma di aterosclerosi è condizionata dalfapporto dietetico
\ 1r
Dall'altro lato, la sordità infantile completa, una patologia apparen- di lipidi.
temente omogenea dal punto di vista clinico, può essere causata da O In molti casi, lletà di esordio della patologia è ritardata: i sintomi
molti tipi di imitazione autosomica recessiva. Riconoscere lfeteroge- e i segni possono non comparire fino allfetà adulta (come nella
neità genetica non solo è importante in caso di consulenza genetica malattia di Huntington).
ma è anche essenziale per comprendere la patogenesi di alcune
malattie comuni, come il diabete mellito. I meccanismi biochimici delle malattie autosomiche dominanti
si comprendono meglio se si considerano la natura della mutazione
MODALITÀ o|TRAsiv||ss|oNE e il tipo di proteina coinvolta. La maggior parte delle mutazioni porta
DELLE MALATHE ivioNocsEN|ci~|E alla produzione di una proteina inattiva o quantitativamente ridotta.
Gli effetti di tali mutazioni con perdita di funzione dipendono dalla
Le malattie monogeniche seguono tipicamente una delle tre possibili natura della proteina colpita. Se la mutazione interessa un enzima,
modalità di trasmissione: autosomica dominante, autosomica reces- gli eterozigoti sono solitamente normali. Poiché è possibile compen-
siva e legata al cromosoma X (X-linked). Le regole generali che sare una perdita di attività enzimatica fino al 50%, le mutazioni in
governano la trasmissione di malattie monogeniche sono ben note, geni che codificano per proteine enzimatiche non manifestano una
pertanto ci limiteremo a riassumerne le caratteristiche salienti” Le modalità di trasmissione di tipo autosomico dominante. Al contra-
malattie monogeniche con modalità di trasmissione atipiche saranno rio, due principali categorie di proteine non enzimatiche sono coin-
descritte più avanti. volte nei disturbi autosomici dominanti: T f
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CAPITOLO 5 Malattie genetiche

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c u -tr a c k_ .oteine implicate nella regolazione di vie metaboliche complesse c u -tr a c k

soggette a un controllo di tipo feedback. Ne sono un esempio i


recettori di membrana come il recettore per le lipoproteine a bassa Sistema D i stu rbo 4,
densità (LDL): nell'ipercolesterolemia familiare, descritta in det-
Nervoso Malattia di Huntington
taglio successivamente, una perdita del 50% dei recettori per le Neurofibromatosi
LDL determina un conseguente aumento del colesterolo che, a Distrofia miotonica
sua volta, predispone i soggetti eterozigoti alllaterosclerosi. Sclerosi tuberosa
2. Proteine strutturali chiave, quali il collagene e gli elementi cito-
Urinario Malattia del rene policistico
scheletrici della membrana del globulo rosso (ad es. la spectrina).
I meccanismi biochimici attraverso cui una riduzione del 50% nei Gastrointestinale Poliposi familiare del colon
livelli di tali proteine provoca un fenotipo alterato non sono
ancora stati compresi appieno. In alcuni casi, specialmente quan- Emopoietico Sferocitosi ereditaria
Malattia di von Willebrand
do il gene codifica per una subunità di una proteina multimerica,
il prodotto dell'allele mutato può interferire con lfassemblaggio Scheletrico Sindrome di Marfan'
di un complesso multimerico funzionalmente normale. Il colla- Sindrome di Ehlers-Danlos (alcune variantí)'
gene, ad esempio, è un trimero nel quale le tre catene di collagene Osteogenesi imperfetta
sono disposte a formare una configurazione a elica. Ciascuna Acondroplasía
delle tre catene di collagene nell”elica deve essere normale per il Metabolico lpercolesterolemia familiare'
corretto assemblaggio e la stabilità della molecola. Anche con Porfiria intermittente acuta i
una sola catena mutata il trimero non può formarsi normalmen- l
`Trartate in questo capitolo. Le altre malattie elencate sono discusse in
te, determinando cosi un marcato deficit di collagene. In questo
specifici capitoli di questo libro.
caso, l'allele mutato è definito dominante negativo poiché com-
l
promette la funzione dell'allele normale. Questo effetto è dimo- .l
strato da alcune forme di osteogenesi imperfetta, caratterizzate ma i fratelli possono manifestare la malattia; (2) i fratelli hanno una
da un grave deficit di collagene e da gravi anomalie scheletriche probabilità su quattro di essere affetti (il rischio di manifestarsi è del
(Cap. 26). 25% per ogni nascita); (3) se il gene mutato ha bassa frequenza nella
popolazione vi è una forte probabilità che il soggetto affetto (pro-
Le mutazioni con aumento difunzione sono meno frequenti delle bando) sia il frutto di un'unione tra consanguinei. Le seguenti ca-
mutazioni con perdita di funzione. Come indica il nome, in questo ratteristiche sono generalmente riscontrate nella maggior parte delle
tipo di mutazione il prodotto proteico dell'allele mutato acquisisce malattie autosomiche recessive e le distinguono dalle malattie auto-
proprietà normalmente non associate alla proteina wild-type. somiche dominanti:
La trasmissione di patologie prodotte da mutazioni con aumento di
funzione è quasi sempre autosomica dominante, come illustrato O La manifestazione della malattia tende a essere più uniforme
dalla malattia di Huntington (Cap. 28). In questa malattia, la muta- rispetto che nelle malattie autosomiche dominanti.
zione da triplette a carico del gene di Huntington (si veda oltre) causa O La penetranza completa è frequente.
la formazione di una proteina anomala, chiamata huntingtina, tos- O L'esordio avviene spesso in età precoce.
sica per i neuroni, facendo si che anche gli eterozigoti sviluppino un O Sebbene possano verificarsi nuove mutazioni associate alle ma-
deficit neurologico. lattie recessive, queste sono rilevate raramente a livello clinico.
Per riassumere, due tipi di mutazioni e due categorie di proteine Essendo l'individuo con la nuova mutazione un eterozigote asin-
sono coinvolti nella patogenesi delle malattie autosomiche domi- tomatico, potrebbero trascorrere numerose generazioni prima
nanti. Le più comuni mutazioni con perdita di funzione colpiscono che i suoi discendenti si uniscano ad altri eterozigoti e diano
le proteine regolatrici e le subunità delle proteine multimeriche, in origine a una progenie malata.
quest'ultimo caso esercitando un effetto dominante negativo. O Molti dei geni mutati codificano per proteine enzimatiche. Negli Iii
l
Le mutazioni con aumento di funzione, meno comuni, spesso attri- eterozigoti vengono sintetizzate uguali quantità di enzima nor- l

buiscono a proteine normali proprietà tossiche, o più raramente ne male e alterato. Nella maggior parte dei casi, il naturale “margine
i
aumentano la normale attività (attivando ad esempio una mutazione di sicurezza” assicura che cellule con la metà del normale corredo IT
nel recettore della eritropoietina associato a un aumento patologico enzimatico funzionino normalmente.
della produzione di eritrociti).
La Tabella 5.1 elenca le più comuni malattie autosomiche domi- Le malattie autosomiche recessive includono quasi tutti gli errori l

nanti, molte delle quali sono descritte in altri capitoli. Alcune delle congeniti del metabolismo. Le differenti conseguenze dei deficit
malattie non trattate altrove sono prese in considerazione più avanti enzimatici sono descritte più avanti e le più frequenti di queste
in questo capitolo allo scopo di illustrare importanti principi condizioni sono elencate nella Tabella 5.2. Sebbene la maggior parte
genetici. delle malattie autosomiche recessive sia illustrata in altri capitoli,
alcuni prototipi sono trattati nelle pagine successive.
i
Malattie autosomiche recessive
Malattie legate alI'X
La trasmissione ereditaria di tipo autosomico recessivo rappresenta
la più grande categoria di malattie mendeliane. Poiché le malattie Tutte le malattie legate al sesso sono trasmesse dal cromosoma X
autosomiche recessive si manifestano solo quando entrambi gli alleli (legate all 'X) e quasi tutte sono recessive. Numerosi geni sono codi-
di un dato locus genico sono mutati, esse sono caratterizzate dalle ficati dal “cromosoma Y specifico del sesso maschile” e la totalità di
seguenti peculiarità: (1) il carattere di solito non interessa i genitori, questi è correlata alla spermatogenesiw I maschi con mutazioni a il
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i _ _; Mlflltie áutosiimišeêääiije A - TABELLA 5 3 Melanie reces-give legate al cromosoma X_
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Sistema Disturbo Sistema Malattia I
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Metabolico Fibrosi cistica Muscoloscheletrico Distrofia muscolare di Duchenne
Fenilchetonuria
Galattosemia Ematico Emofilía A e B
Omocistinuria Malattia granulomatosa cronica
Malattie da accumulo lisosomiale' Deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi I

Deficit di oi,-antitripsina i il
Malattia diWilson immunitario Agammaglobulinemia
Emocromatosi Sindrome diWiskott-Aldrich
Malattie da accumulo di glicogeno'
Metabolico Diabete insipido
Emopoietico Anemia falciforme Sindrome di Lesch-Nyhan
Talassemie
Nervoso Sindrome dell'X fragile'
Endocrino lperplasía surrenale congenita
°Trartata in questo capitolo. Le altre malattie elencate sono discusse in
Scheletrico Sindrome di Ehlers-Danlos (alcune varianti)' specifici capitoli di questo libro. ›

Alcaptonuria' i

Nervoso

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Atrofie muscolari neurogeniche
Atassia di Friedreich
Atrofia muscolare spinale
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globuli rossi anomali nelle femmine eterozigoti dipende dalllinat-
tivazione casuale di uno dei cromosomi X, la gravità della rea-
zione emolitica è quasi sempre minore nelle donne eterozigoti
1 i

'Trattare in questo capitolo. Molte altre sono discusse altrove nel testo. che negli uomini emizigoti. La maggior parte delle malattie legate
all'X elencate nella Tabella 5.3 è descritta in altri capitoli.

carico dei geni legati all`Y di solito non sono fertili, perciò non cè Esiste solo un numero limitato di condizioni dominanti legate
trasmissione legata all'Y. Come vedremo più avanti, sul cromosoma all›X, causate da alleli dominanti associati alla malattia sul cromosoma
Y è stato mappato un piccolo numero addizionale di geni dotati di X. Queste malattie sono trasmesse da una femmina eterozigote alla
omologhi sul cromosoma X, ma non sono state descritte malattie metà dei figli e a metà delle figlie, e da un padre malato a tutte le figlie
risultanti da mutazioni in tali geni. ma a nessuno dei figli maschi se la madre è sana. Il rachitismo resi- i
L°ereditarietr`r recessiva X-linked spiega un esiguo numero di stente alla vitamina D è un esempio di questo tipo di ereditarietà. l
condizioni cliniche ben definite. Il cromosoma Y, per la maggior
parte, non è omologo all'X e pertanto i geni mutati sul cromosoma
BASI BIOCHIMICHE E MOLECOLARI DELLE
X non hanno alleli corrispondenti sul cromosoma Y. Si dice pertanto MALATTIE MONOGENICHE (IVIENDELIANE)
che il maschio è emizigote per i geni mutati legati all”X e, di conse-
guenza, queste malattie si esprimono nel maschio. Altri aspetti ca- Le malattie mendeliane sono il risultato di alterazioni riguardanti
ratterizzano queste malattie e vengono illustrati di seguito: singoli geni. L'alterazione genetica può portare alla formazione di
una proteina alterata o a una riduzione nella quantità del prodotto
0 Un maschio affetto non trasmette la malattia ai figli, ma tutte le genico sintetizzato. Praticamente qualsiasi proteina può essere coin-
figlie sono portatrici. I figli delle madri eterozigoti hanno, ovvia- volta nelfinsorgenza di una malattia monogenica e per effetto di
mente, una probabilità su due di ricevere il gene mutato. molteplici meccanismi (Tab. 5.4). In un certo senso, la modalità di
0 La femmina eterozigote di solito non esprime la piena alterazione trasmissione della malattia è legata al tipo di proteina colpito dalla
fenotipica grazie alla presenza del corrispondente allele normale. mutazione, come si è detto in precedenza e come verrà ribadito
A causa delllinattivazione casuale di uno dei due cromosomi X in seguito. Per gli scopi di questa trattazione, i meccanismi implica-
nella femmina, tuttavia, le femmine presentano una proporzione ti nelle malattie monogeniche possono essere raggruppati in l
variabile di cellule in cui è attivo il cromosoma X mutato. Esiste quattro categorie: (1) difetti enzimatici e relative conseguenze; i
v
dunque anche la possibilità, seppur rara, che l”allele normale sia (2) difetti dei sistemi recettoriali di membrana e dei sistemi di traspor-
inattivato nella maggior parte delle cellule, causando la piena to; (3) alterazioni relative alla struttura, funzione o quantità di pro-
espressione nella femmina di una malattia legata all°X in etero- teine non enzimatiche; (4) mutazioni responsabili di alterate reazioni
zigosi. Molto più comunemente, l`allele normale viene inattivato aiƒarmaci.
solo in alcune delle cellule e quindi la femmina eterozigote espri-
me parzialmente la malattia. Una condizione esemplificativa è il
Difetti enzimatici e loro conseguenze
deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD). Questo deficit
enzimatico, trasmesso sul cromosoma X, che predispone all`emo- Le mutazioni possono avere come risultato la sintesi di un enzima
lisi dei globuli rossi in soggetti che assumono determinati tipi di alterato, con una ridotta attività, o di una quantità ridotta dell'enzi-
farmaci (Cap. 14) si esprime soprattutto nei maschi. Nella fem- ma normale. In entrambi i casi, la conseguenza è il blocco di una
mina, una parte dei globuli rossi può derivare da cellule del mi- via metabolica. La Figura 5.6 fornisce un esempio di reazione enzi- l
dollo con inattivazione dell°allele normale. Questi globuli rossi matica in cui il substrato è convertito da enzimi intracellulari -
hanno un rischio di subire emolisi pari a quello dei globuli rossi indicati come I, 2 e 3 - in un prodotto finale attraverso i prodotti
del maschio emizigote. La femmina, quindi, non è soltanto por- intermedi I e 2. In questo modello, il prodotto finale esercita un
tatrice di questo carattere ma è anche suscettibile alle reazioni controllo a feedback sulfenzima I. Esiste inoltre una via secondaria
emolitiche indotte dai farmaci. Tuttavia, poiché la percentuale di responsabile della produzione di piccole quantità di M1 e M2. ll
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CAPITOLO 5 Malattie genetiche
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Tipo di proteina/funzione Esempio Lesione molecolare /Malattia

ENZIMA Fenilalanina idrossilasi Mutazione del sito di splicing: quantità Fenilchetonuria


' ridotta
Esosaminidasi Mutazione del sito di splicing o mutazione Malattia diTay-Sachs
frameshift con codone di arresto:
quantità ridotta
Adenosina deaminasi Mutazioni puntiformi: proteina alterata lmmunodeficìenza
con attività ridotta combinata grave
1.
INIBITORE ENZIMATICO a,-antitripsina Mutazione missense: alterata secrezione Enfisema ed epatopatia
dal fegato al siero l
RECETTORE Recettore per la lipoproteina Delezioní, mutazioni puntiformi: riduzione lpercolesterolemia familiare
a bassa densità della sintesi, del trasporto verso
la superficie cellulare o del legame
alla lipoproteina a bassa densità
Recettore perla vitamina D Mutazioni puntiformi: mancanza Rachitismo resistente alla
del normale sistema di segnale vitamina D
TRASPORTO I
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Ossigeno Emoglobina Delezioni: quantità ridotta <1-talassemia I'
Alterata espressione delI'mRNA: quantità ß-talassemia `È
ridotta
Mutazioni puntiformi: struttura anormale Anemia falciforme
Ioni Regolatore della conduttanza di Delezioni e altre mutazioni: proteine non Fibrosi cistica
membrana nella fibrosi cistica funzionali o strutturalmente alterate
sTRUTru RALE
Extracellulare Collagene Delezioni o mutazioni puntiformi causano Osteogenesi imperfetta;
una ridotta quantità di collagene sindromi di Ehlers-Danlos
normale o normali quantità di
collagene mutante
Fibrillina Mutazioni missense Sindrome di Marfan
Membrana cellulare Distrofina Delezione con ridotta sintesi Distrofia muscolare
di Duchenne/Becker
Spectrina, anchirína o proteina Eterogenea Sferocitosí ereditaria
4.1

EMOSTASI Fattore VIII Delezioni, inserzioni, mutazioni nonsense Emofilía A I I

e altre: sintesi ridotta o alterata del


fattore VIII
REGOLAZIONE DELLA CRESCITA Proteina Rb
Neurofibromina
.-_.--=e:;.~:;:.7_ _-_ -_ _ fi_.:.-. ___ _ _ :_ _ _-_ *_
Delezioni
Eterogenea
Retinoblastoma ereditario
Neurofibromatosi di tipo 1
I
Le conseguenze biochimiche di un difetto enzimatico in reazioni di
questo tipo possono avere tre esiti fondamentali:

I Accumulo del substrato, che a seconda del punto di blocco può


Enzima 1 essere associato all'accumulo di uno o di entrambi i prodotti
intermedi. Un'elevata concentrazione del prodotto intermedio 2,
Intermedio 1 inoltre, può stimolare la via secondaria e portare cosi a un eccesso
di M1 e M2. In tali circostanze, se il precursore, gli intermedi o
Enzima 2 i prodotti delle vie secondarie alternative sono tossici a elevate
concentrazioni, possono prodursi danni tissutali. Nella galatto-
lntermedio2 *> M1 __> M2 semia, ad esempio, il deficit di galattosio-I-fosfato uridiltransfe-
rasi (Cap. IO) porta alfaccumulo di galattosio e a conseguente
Enzima 3 danno tissutale. L°eccessivo accumulo di substrati complessi alfin-
terno dei lisosomi per effetto di un deficit degli enzimi degrada-
tivi è responsabile di un gruppo di malattie generalmente indicate
Prodotto
come malattie da accumulo lisosomiale.
I“~l(3l_Jl¬./\ 5.6 Schema di una possibile via metabolica nella quale un sub- 2. Un difetto enzimatico può condurre a un blocco metabolico e a
strato viene convertito a prodotto finale tramite una serie di reazioni enzi- una quantità ridotta di prodottofinale che può essere necessario
matiche. M1 e M2 sono prodotti di una via secondaria. per la regolare funzionalità della cellula. Un deficit di melanina,
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›LO 5 Malattie genetiche

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. o c u - t r a c kna, può derivare dalla mancanza di tirosinasi, enzima un deficit dell'enzima G6PD. In condizioni normali, il deficit di c u -tr a c k

necessario per la biosintesi di melanina a partire dal suo precur- G6PD non causa alcuna manifestazione patologica, ma in seguito
sore, la tirosina. Ne risulta una condizione clinica chiamata al- alla somministrazione del farmaco antimalafico primachina, ad
binismo. Se il prodotto finale è un inibitore a feedback degli esempio, può determinare una grave anemia emolitica (Cap. 14).
enzimi coinvolti nelle reazioni iniziali (nella Fig. 5.6 il prodotto Negli ultimi anni è stato identificato un numero crescente di poli-
finale inibisce l'enzima 1), il deficit di prodotto finale può deter- morfismi nei geni codificanti per enzimi che metabolizzano i far-
minare un”eccessiva produzione degli intermedi e dei loro cata- maci, per proteine di trasporto e per recettori. In alcuni casi, questi
boliti, alcuni dei quali possono avere effetti dannosi a elevate fattori genetici influenzano principalmente la sensibilità ai farmaci
concentrazioni. Un eccellente esempio di malattia basata su un e le reazioni avverse. Ci si attende che i progressi della farmacoge-
meccanismo di questo genere è la sindrome di Lesch-Nyhan netica porteranno a una terapia a misura di paziente, a una “medi-
(Cap. 26). cina personalizzata”.
3. L'incapacità di inattivare un substrato dannoso per i tessuti è ben A conclusione di questa panoramica sulle basi biochimiche delle
esemplificata dal deficit di oil-antitripsina. I soggetti con un malattie monogeniche, prenderemo ora in considerazione alcuni
deficit ereditario di oil-AT sierica non sono in grado di inattivare esempi raggruppati in funzione del difetto su cui si basano.
l`elastasi neutrofila nei loro polmoni. L'attività incontrollata di
questa proteasi provoca la distruzione dell'elastina nelle pareti
MALATTIE ASSOCIATE A DIFETTI
degli alveoli polmonari causando, in ultima istanza, enfisema
DELLE PROTEINE STRUTTURALI
polmonare (Cap. 15).
Numerose malattie provocate da mutazioni in geni codificanti per ø
proteine strutturali sono elencate nella Tabella 5.4 e molte sono I
Difetti dei sistemi recettoriali e di trasporto
trattate in altri capitoli. Solo la sindrome di Marfan e le sindromi di
Molti composti biologicamente attivi devono essere trasportati at- Ehlers-Danlos vengono qui trattate poiché colpiscono il tessuto
tivamente attraverso la membrana cellulare. Questo trasporto si connettivo e quindi coinvolgono diversi organi.
realizza in genere per endocitosi mediata da recettori oppure tramite
una proteina di trasporto. Un difetto genetico in un sistema di tra-
sporto mediato da recettore è rappresentato dalfipercolesterolemia
Sindrome di Marfan
familiare, in cui la ridotta sintesi o funzionalità dei recettori per la La sindrome di Marfan è una malattia dei tessuti connettivi che si
LDL determina un alterato trasporto di LDL nelle cellule e secon- manifesta principalmente con alterazioni a carico di scheletro, occhi
dariamente, in conseguenza di complessi meccanismi, un'eccessiva e sistema cardiovascolare.l5 Si stima che la sua prevalenza sia di 1 su
sintesi di colesterolo. Nella fibrosi cistica, il sistema di trasporto per 5.000. All'incirca il 70-85% dei casi è familiare e trasmesso mediante I
gli ioni cloro nelle ghiandole esocrine, nei dotti sudoripari, nei ereditarietà autosomica dominante. I rimanenti casi sono sporadici
polmoni e nel pancreas risulta alterato. Un trasporto anomalo di e derivano da nuove mutazioni.
cloro porta a gravi lesioni ai polmoni e al pancreas attraverso mec- Patogenesi. La sindrome di Marfan è il risultato di un difetto
canismi non completamente conosciuti (Cap. 10). ereditario in una glicoproteina extracellulare chiamata fibrillina-1.
Come si è accennato nel Capitolo 3, la fibrillina è il principale com-
Alterazioni della struttura, funzione o quantità ponente delle microfibrille che si trovano nella matrice extracellu-
delle proteine non enzimatiche lare. Queste fibrille formano un'impalcatura su cui si colloca la
tropoelastina per formare le fibre elastiche. Sebbene siano ampia-
Le anomalie genetiche aventi quale risultato alterazioni di proteine mente distribuite nelllorganismo, le microfibrille sono particolar-
non enzimatiche producono spesso ampi effetti secondari, come mente abbondanti nell`aorta, nei legamenti e nelle zonule ciliari che
dimostrato dall'anemia falciforme. Le emoglobinopatie - tra cui sostengono il cristallino, tessuti prevalentemente colpiti nella sin-
l'anemia falciforme - sono tutte caratterizzate da anomalie nella drome di Marfan.
struttura della molecola globinica e costituiscono il migliore esempio La fibrillina si presenta in due forme omologhe, la fibrillina-1 e
di questa categoria. Contrariamente alle emoglobinopatie, le talas- la fibrillina-2, codificate da due geni separati, FBNJ e FBN2, loca-
semie derivano da mutazioni nei geni per la globina che influenzano lizzati rispettivamente sui cromosomi 15q21.l e 5q23.31. Le muta- F
f
la quantità di catene globiniche sintetizzate. Le talassemie sono as- zioni di FBN1 sono alla base della sindrome di Marfan, mentre le I
sociate a una quantità ridotta di catene ot- o ß-globiniche struttu- mutazioni del gene correlato FBN2, meno frequenti, danno origine
ralmente normali (Cap. 14). Altri esempi di proteine strutturali che all”aracnodattilia contratturale congenita, una malattia autosomica I
possono essere geneticamente alterate comprendono il collagene, dominante caratterizzata da anomalie scheletriche. Sono state iden- I

la spectrina e la distrofina, che danno origine rispettivamente all'oste- tificate più di 600 diverse mutazioni del gene FBNI nei pazienti con
ogenesi imperfetta (Cap. 26), alla sferocitosi ereditaria (Cap. 14) e sindrome di Marfan. La maggior parte delle mutazioni descritte sono
alle distrofie muscolari (Cap. 27). missense e producono una fibrillina-1 alterata. Molte delle manife-
stazioni cliniche della sindrome di Marfan possono essere spiegate
Reazioni avverse ai farmaci geneticamente dalle modificazioni delle proprietà meccaniche della matrice extra-
determinate cellulare causate dalla fibrillina alterata, mentre numerose altre
manifestazioni - ad esempio l”iperplasia ossea - non possono essere
l
Alcuni deficit enzimatici geneticamente determinati si manifestano attribuite a modificazioni dell”elasticità tissutale. Studi recenti indi-
solo dopo l°esposizione del soggetto colpito a determinati farmaci. cano che la perdita delle microfibrille possa causare un'attivazione
Questa particolare branca della genetica, chiamataƒarmacogenetica, eccessiva e anomala del fattore di crescita trasformante ß (TGFB):
è di rilevante importanza clinica. Il classico esempio di lesione in- le microfibrille non alterate sequestrano il TGFB e controllano la
dotta da farmaco in soggetti geneticamente suscettibili è dovuto a biodisponibilità di questa citochina. Un eccessivo segnale di TGFB
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CAPITOLO 5 Malattie genetiche

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.cca effetti deleteri sullo sviluppo della muscolatura vasale liscia rispetto a quelle aortiche. La perdita del sostegno fornito dal tessa. o c u - t r a c
e sull'integrità della matrice extracellulare. Questa ipotesi è suppor- connettivo nei lembi della valvola mitralica li rende cedevoli e on-
tata da due osservazioni. In primo luogo, in un piccolo gruppo di deggianti, creando la cosiddetta valvola molle (o “floppy valve”, Cap.
soggetti con manifestazioni cliniche della sindrome di Marfan 12). Le lesioni valvolari, insieme all'allungamento delle corde tendi- '.-.:_ «,_ _._

(MFS2) non sono state osservate mutazioni nel gene FBNJ ma sono nee, danno spesso origine a riflusso mitralico. Simili modificazioni
state rilevate mutazioni nei geni che codificano per i recettori del possono interessare la tricuspide e, raramente, le valvole aortiche.
TGFB In secondo luogo, nei modelli murini per la sindrome di L'ecocardiografia accresce notevolmente la capacità di identificare le
Marfan indotti da mutazioni di Fbnl, la somministrazione di anti- anomalie cardiovascolari ed è perciò estremamente utile per la
corpi anti-TGF[3 previene le alterazioni a carico delle valvole aorti- diagnosi della sindrome di Marfan. La maggior parte dei decessi è
che e mitralichefñ Studi clinici sull'uomo basati su una strategia causata dalla rottura di un aneurisma dissecante, seguita in ordine
analoga sembrano essere promettenti. di importanza dalfinsuflìcienza cardiaca.
Sebbene le lesioni appena descritte caratterizzino la sindrome
di Marfan, bisogna sottolineare che vi è una grande variabilità
Morfologia Le anomalie scheletriche rappresentano la nelliespressione clinica di questa malattia genetica. Pazienti con
caratteristica peculiare della sindrome di Marfan. ln genere, alterazioni cardiovascolari o della vista rilevanti possono presen-
il soggetto è insolitamente alto con estremità eccezional- tare poche anomalie scheletriche, mentre altri con singolari varia-
mente lunghe e dita dei piedi e delle mani lunghe e affuso- zioni nella costituzione corporea non mostrano alterazioni della
late. I legamenti delle articolazioni delle mani e dei piedi vista. Sebbene all'interno di una stessa famiglia si possa osservare
sono lassi, per cui è come se il paziente avesse un'articola- variabilità nelliespressione clinica, la variabilità interfamiliare è
zione doppia; il pollice può essere tipicamente iperesteso molto più comune e ampia. Per via di queste variazioni, la diagnosi
all'indietro fino al polso. Il capo è spesso dolicocefalo (testa clinica della sindrome di Marfan deve basarsi sul coinvolgimento
allungata) con bozze frontali in rilievo e creste sovraorbitali principale di due dei quattro sistemi (scheletrico, cardiovascolare,
prominenti. Possono comparire diverse deformità spinali, oculare e cutaneo) e sull'interessamento secondario di un altro
comprese cifosi, scoliosi e rotazione o scivolamento delle organo.
vertebre dorsali o lombari. Il torace è classicamente defor- Per spiegare l'estrema variabilità clinica si è ipotizzato che la sin-
mato e si può osservare sia il pectus excavatum (sterno drome di Marfan sia geneticamente eterogenea. Con un”unica ecce-
profondamente depresso) sia il torace carenato (a torace di zione, però, tutti gli studi finora condotti indicano le mutazioni nel
piccione). gene FBN1 - sul cromosoma 15q21.l - quale causa di questa ma-
Le alterazioni oculari si presentano in varie forme. La più lattia” L'espressività variabile, dunque, si spiega meglio sulla base
caratteristica è la sublussazione o lussazione bilaterale (in di mutazioni alleliche all”interno dello stesso locus. La diagnosi di- ;,

genere verso l'esterno e verso l'alto) del cristallino, nota retta attraverso il sequenziamento del DNA non è attualmente pos- l

come ectopia lentis, un'alterazione talmente rara nei soggetti sibile, poiché il gene FBN1 è ampio e sono state identificate molte
non affetti da questa malattia genetica che il riscontro di mutazioni diverse; tuttavia, questa limitazione potrebbe essere su-
ectopia lentis bilaterale dovrebbe indurre a sospettare la perata nelllimmediato futuro grazie allo sviluppo di nuove
sindrome di Marfan. tecnologie.
l danni cardiovascolari sono la caratteristica a cui è associato
il maggiore rischio di complicanze mortali. Le due lesioni più
Sindromi di Ehlers-Danlos
frequenti sono il prolasso della valvola mitralica e, di mag-
giore importanza, la dilatazione dell'aorta ascendente dovuta Le sindromi di Ehlers-Danlos (EDS) comprendono un gruppo clinica-
a medionecrosi cistica. lstologicamente, le modificazioni mente e geneticamente eterogeneo di malattie che derivano da
della tonaca media sono praticamente identiche a quelle alterazioni nella sintesi 0 nella struttura del collagenefibrillare. Altre
osservate nella medionecrosi cistica non correlata alla sin- malattie secondarie a mutazioni dotate di ripercussioni sulla sintesi
drome di Marfan (Cap. 12). La perdita del sostegno dovuto di collagene includono l'osteogenesi imperfetta (Cap. 26), la sindro-
alla tonaca media determina una progressiva dilatazione me di Alport (Cap. 20) e l`epidermolisi bollosa (Cap. 25).
della valvola aortica e del bulbo aortico, dando luogo a una La biosintesi del collagene è un processo articolato che può essere
grave insufficienza aortica. Un eccessivo segnale delTGF ß compromesso da errori genetici a carico di uno qualunque dei mol-
nella tonaca avventizia, inoltre, contribuisce probabilmente teplici geni strutturali del collagene o degli enzimi necessari per le
alla dilatazione aortica. L'indebolimento della tonaca media
predispone alla lacerazione dell'intima, da cui può originare
modificazioni post-trascrizionali di tale proteina. Il meccanismo di
trasmissione delle EDS, dunque, comprende tutte e tre le modalità
l
un ematoma intramurale determinante lo scollamento degli
strati della tonaca media e un aneurisma dissecante. Dopo
di trasmissione mendeliana. Sulla base delle caratteristiche cliniche
e molecolari, sono state riconosciute sei varianti di EDS," elencate
l
avere dissecato gli strati dell'aorta per grossi tratti, talvolta nella Tabella 5.5. Esula dall'intento di questo libro trattare singolar-
risalendo fino a raggiungere la radice dell'aorta o verso il mente ogni variante, ma riteniamo opportuno riassumere le carat-
basso fino alle arterie iliache, l'emorragia spesso si fa strada teristiche cliniche rilevanti comuni alla maggior parte delle varianti,
attraverso la parete aortica. Questo evento rappresenta per poi mettere in relazione alcune delle sintomatologie cliniche con
la causa di morte nel 30-45% dei soggetti affetti da sindro- le sottostanti alterazioni molecolari relative alla sintesi o alla strut-
me di Marfan. tura del collagene.
Come prevedibile, i tessuti ricchi di collagene, come la cute, i
legamenti e le articolazioni, sono spesso interessati nella maggior
Caratteristiche cliniche. Malgrado la loro maggiore frequenza, parte delle varianti di EDS. Poiché le fibre di collagene alterate sono ›
le lesioni della valvola mitralica sono clinicamente meno importanti prive di uniappropriata forza tensile, la cute è iperestensibile e le
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TABELLA 5 5 Classificazione delle sindromi di Ehlers Danlos
Tipo di EDS' Caratteristiche cliniche Ereditarietà Alteragione genica

Classico (I/ll) lpermobilità articolare e della cute, cicatrici Autosomica dominante COL5A 1, COL5A2
atrofiche, suscettibilità all'ecchimosi
lpermobilità (Ill) lpermobilità articolare, dolore, lussazioni Autosomica dominante Sconosciuta

Vascolare (IV) Cute sottile, rottura di arterie o dell'utero, Autosomica dominante COL3A1
ecchimosi, iperestensibilità delle piccole
articolazioni

Cifoscoliotico (VI) lpotonia, lassità articolare, scoliosi congenita, Autosomica recessiva Lisil idrossilasi
fragilità oculare ii
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Artrocalasia (Vlla, b) Grave ipermobilità articolare, (lievi) alterazioni Autosomica dominante COL 1A 1, COL1A2 i
della cute, scoliosi, ecchimosi
Dermatosparassi (Vllc) Grave fragilità cutanea, cutis laxa, ecchimosi Autosomica recessiva Procollagene N-peptidasi
`Le EDS erano inizialmente classificate con numeri romani. Fra parentesi sono indicati i precedenti equivalenti numerici.

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articolazioni sono estremamente mobili. Queste caratteristiche strutturale (piuttosto che una proteina enzimatica), è lecito atten-
consentono bizzarre contorsioni, come piegare il pollice all`indietro dersi una modalità di trasmissione autosomica dominante. In
fino a toccare l'avambraccio e curvare il ginocchio in avanti per secondo luogo, dato che i vasi sanguigni e l'intestino sono notoria-
formare un angolo quasi retto. Si ritiene che la maggior parte dei mente ricchi di collagene di tipo III, uifanomalia di questo tipo di
contorsionisti abbia una forma di EDS. Una predisposizione alla collagene è compatibile con il verificarsi di gravi lesioni (ad es.
lussazione articolare, tuttavia, è uno dei prezzi da pagare per questa rottura spontanea) in questi organi.
destrezza. La pelle è straordinarianieiite estensibile, estremamente In due forme di EDS, tipo artrocalasia e tipo dernzatosparassi, il
fragile e vulnerabile ai trainní. Piccoli traumi provocano ferite che si difetto principale risiede nella conversione del procollagene di tipo I a
cicatrizzano con difficoltà e l'intervento e la riparazione chirurgica collagene. Questo passaggio nella sintesi del collagene riguarda il I
della lesione sono particolarmente difficili a causa della ridotta clivaggio dei peptidi non collagenici alle estremità N-terminale e
tensione elastica. Il difetto fondamentale del tessuto connettivo può C-terminale della molecola di procollagene. Il taglio è effettuato dalle
causare gravi complicanze interne, tra cui la rottura del colon e delle peptidasi specifiche per l'N-terminale e per il C-terminale. Il difetto
grosse arterie (EDS vascolare), fragilità oculare con rottura della nella conversione del procollagene a collagene nel tipo artrocalasico è l
cornea e distacco della retina (EDS cifoscoliotica) ed ernia diafram- stato ricondotto a imitazioni clie alterano uno dei due geniper il l
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matica (EDS classica). collagene di tipo I, COLIAI e COL1A2. Di conseguenza si formano
Le basi biochimiche e molecolari di queste anomalie sono note catene pro-oil (I) o pro-012 (I) strutturalmente anomale resistenti al
in parecchie forme di EDS e verranno qui brevemente descritte taglio dei peptidi N-terminali. Nei pazienti con un singolo allele
poiché aiutano a comprendere la complicata eterogeneità clinica mutato, solo il 50% delle catene di collagene tipo I è anomalo, ma
delle EDS. Quella meglio caratterizzata è probabilmente il tipo cifo- dato che queste catene interferiscono con la formazione delle regolari
scoliotico, la più comuneforma autosomica recessiva di EDS, derivante eliche di collagene, gli eterozigoti manifestano la malattia. Il tipo
da mutazioni nel gene che codifica per la lisil idrossilasi, un enzima dermatosparassico è invece causato da mutazioni nei geni per le
necessario per l'idrossilazione dei residui di lisina durante la sintesi N-peptidasi del procollagene, essenziali per la scissione dei collageni.
di collagene” I soggetti affetti presentano livelli notevolmente ridotti In questo caso, il deficit enzimatico è trasmesso secondo una mo-
di questo enzima. Poiché l”idrossilisina è essenziale per il cross- dalità autosomica recessiva.
linking delle fibre di collagene, un deficit di lisil idrossilasi ha come Il tipo classico di EDS, infine, merita un breve accenno, poiché
risultato la sintesi di collagene privo della normale stabilità l'analisi molecolare della variante suggerisce che nella sua patoge-
strutturale. nesi possano essere implicati geni diversi da quelli per il collagene.
L'EDS vascolare deriva da anomalie del collagene di tipo HL” Nel 30-50% di questi casi sono state individuate mutazioni nei geni
Questa forma è geneticamente eterogenea poiché almeno tre tipi per il collagene di tipo V (COL5A1 e COL5/¬l2).2“ Sorprendente-
distinti di mutazione a carico del gene COL3A1 codificante per il mente, nonostante la presenza di un fenotipo clinico tipico per le
collagene di tipo III possono dare origine a questa variante. Alcune EDS, nei rimanenti casi non sono state rilevate altre anomalie nei
influenzano il tasso di sintesi delle catene pro-oil (Ill), altre la se- geni per il collagene. Per riassumere, la caratteristica comune ai vari
crezione del procollagene di tipo III e altre ancora portano alla tipi di EDS è una qualche anomalia del collagene. Queste patologie,
sintesi di collagene di tipo III strutturalmente anomalo. Alcuni alleli tuttavia, sono estremamente eterogenee. A livello molecolare sono
mutati si comportano come dominanti negativi (si veda la trattazio- stati individuati numerosi difetti, dalle mutazioni a carico dei geni
ne al paragrafo “Malattie autosomiche dominanti”) e producono strntturaliper il collagene a quelle che interessano gli enzimi respon-
quindi efietti fenotipici gravi. Questi studi molecolari forniscono sabili delle modificazionipost-trascrizionali dell'mRNA. Questa
una base scientifica alla modalità di trasmissione e alle caratteristiche eterogeneità niolecolarefa in modo che le EDS si esprimono come
cliniche tipiche di questa variante. Anzitutto, dato che l›EDS di tipo una patologia clinicamente eterogenea con diversi modelli di trasmis-
vascolare è il risultato di mutazioni che interessano una proteina sione ereditaria. l

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DELLE PROTEINE RECETTORIALI O Trigliceridi I il 5.100 ,4` il .V Il -~--L, _._

lpercolesterolemia familiare ApoC \


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L'ipercolesterolemia familiare è una “malattia recettoriale” dovuta a
una mutazione nel gene che codifica per il recettore per le LDL, coin- ,
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volto nel trasporto e nel metabolismo del colesterolo. In conseguenza
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delle alterazioni recettoriali, si osserva una perdita del controllo a O Cellule O8
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feedback e un aumento dei livelli di colesterolo responsabili dell°in- o adipose
sorgenza di aterosclerosi precoce, con un rischio molto elevato di Lipolisi lì
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infarto miocardico."
L'ipercolesterolemia familiare è una delle malattie mendeliane O
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più frequenti. Alla nascita, gli eterozigoti con un gene mutato (circa O *I

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1 soggetto su 500) presentano un livello plasmatico di colesterolo Recettore ÈO (E) , -'52
per le LDL O
da due a tre volte maggiore rispetto alla norma, che favorisce lo
sviluppo di xantoma tendineo e aterosclerosi precoce in età adulta Ö
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(Cap. ll). Gli omozigoti, i quali hanno entrambi i geni mutati, sono i
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colpiti molto più gravemente e i loro livelli plasmatici di colesterolo ` Ii* li I

possono essere superiori nella misura di 5-6 volte. Questi soggetti Clearance dellelDL `“ I i l
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sviluppano xantomi cutanei e aterosclerosi coronarica, cerebrale e mediata dal recettore B-100
vascolare periferica in età precoce. L'infarto miocardico può verifi-
carsi prima dei vent°anni. Studi su larga scala hanno rilevato che
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l'ipercolesterolemia familiare è presente nel 3-6% dei soggetti so- Clearance delle LDL _ I
pravvissuti a infarto miocardico. mediata dal recettore Conversione
La comprensione di questo disturbo richiede una breve descri- u delle IDL a LDL
zione del normale processo di metabolismo e trasporto del B-100
Altra eliminazione LDL
colesterolo. Il 7% circa del colesterolo corporeo circola nel plasma,
soprattutto sotto foi-ma di LDL. Com”è logico attendersi, il livello lltìl lit/\ £›.`/ Metabolismo della lipoproteina a bassa densità (LDL) e ruolo
del fegato nella sua sintesi e clearance. La lipolisi delle lipoproteine a bas-
plasmatico di colesterolo è influenzato dalla sua sintesi e dal suo sissima densità (VLDL) da parte della lipasi lipoproteica nei capillari libera 1
catabolismo e il fegato gioca un ruolo cruciale in entrambi i processi trigliceridi, che vengono poi immagazzinati negli adipociti e utilizzati come
(Fig. 5.7). La prima fase in questa complessa sequenza di eventi è la fonte di energia nel muscolo scheletrico. Si veda il testo perla spiegazione
secrezione da parte del fegato di lipoproteine a bassissima densità delle abbreviazioni usate.
(VLDL) nel torrente circolatorio. Le VLDL sono ricche di trigliceridi,
ma contengono una minore quantità di esteri del colesterolo. Quan-
do raggiunge i capillari del tessuto adiposo o muscolare, la particella essere eliminato dal fegato attraverso un sistema di trasporto piut-
VLDL viene scissa dalla lipasi lipoproteica, processo che determina tosto sofisticato (Fig. 5.8). Il primo passaggio prevede il legame delle
liestrazione della maggior parte dei trigliceridi. La molecola che ne LDL con i recettori di superficie, raggruppati in regioni specializzate
risulta, chiamata lipoproteina a densità intermedia (IDL), ha un ri- della membrana plasmatica dette fossette rivestite. Dopo il legame,
dotto contenuto di trigliceridi ed è arricchita di esteri del colesterolo, le fossette rivestite contenenti il complesso recettore-LDL sono in-
ma conserva due delle tre apoproteine (B-100 ed E) presenti nella globate per invaginazione per formare le vescicole rivestite, le quali
particella VLDL originaria (si veda Fig. 5.7). Dopo il rilascio da parte migrano alliinterno della cellula per fondersi con i lisosomi. Qui le
dell'endotelio capillare, le particelle IDL hanno due possibili desti- LDL si dissociano dal recettore, il quale viene riportato verso la
nazioni. Il 50% circa delle IDL di nuova formazione è rapidamente superficie. Nei lisosomi, la molecola LDL viene degradata per via
captato dal fegato attraverso un trasporto mediato da recettore. Il enzimatica: la porzione apoproteica viene idrolizzata in amminoa-
i
recettore responsabile del legame delle IDL sulla membrana delle cidi, mentre gli esteri del colesterolo sono scissi per formare cole-
cellule epatiche riconosce sia Lapoproteina B-100 sia liapoproteina sterolo libero. Questlultimo, a sua volta, attraversa la membrana
E, ciò nonostante è chiamato recettore per le LDL in quanto è coin- lisosomiale ed entra nel citoplasma, dove viene utilizzato per la
volto anche nella clearance epatica delle LDL, come vedremo più sintesi della membrana e come regolatore delfomeostasi del coleste-
avanti. Nelle cellule epatiche, le IDL vengono riciclate per generare rolo. La fuoriuscita del colesterolo dai lisosomi necessita delllazione
le VLDL. Le particelle IDL non captate dal fegato subiscono un ul- di due proteine, chiamate NPC1 e NPC2 (si veda il paragrafo
teriore rimaneggiamento metabolico che rimuove la maggior par- “Malattia di Niemann-Pick, tipo C”). Tre distinti processi sono
te dei trigliceridi rimanenti e l'apoproteina E, generando le LDL scatenati dal rilascio di colesterolo intracellulare:
ricche di colesterolo. Occorre sottolineare che le IDL rappresentano
la fonte diretta e primaria delle LDL plasmatiche. Sembra che esi- O Il colesterolo sopprinie la sintesi intracellulare di colesterolo
stano due meccanismi per la rimozione delle LDL dal plasma, uno inibendo llattività dell”enziina 3-idrossi-3-metilglutaril coenzima
mediato da un recettore per le LDL e l°altro mediato da un recettore A (HMG CoA) reduttasi, l'enzima che condiziona la velocità nella I
per le LDL ossidate (recettore “scavenger” o spazzino), descritto più via di sintesi.
avanti. Sebbene molti tipi di cellule, come fibroblasti, linfociti, cellule O Il colesterolo attiva l'enzima acil-coenzima A: colesterolo acil-
muscolari lisce, epatociti e cellule surrenaliche, posseggano recettori transferasi, favorendo Festerificazione e l'accumulo del colesterolo I
per LDL ad alta affinità, il 70% circa delle LDL plasmatiche sembra in eccesso.
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Membrana plasmatica X X X Fossetta


rivestita

Clatrina Vescicola S
di riciclo
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del Golgi ø Cà "Vesma Endosoma/
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â Sintesi dei recet- Sintesi


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/ colesterolo
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«fw RNA inibisce /n/b/see \ , io. / A


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Recettore
_@›_. Produzione in eccesso
d'I CO | es I ero | O <1 Colesterolo

Stimola
\ Membrana cellulare,
ormoni steroidei
Reticolo Proteina Ribosoma Stoccaggio degli e acidi biliari
endoplasmatico recettoriale esteri del colesterolo
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' Ciclo dei recettori per le LDL e regolazione del metabolismo del colesterolo. I

O Il colesterolo sopprinie la sintesi dei recettori per le LDL, proteg- quantità di LDL captata attraverso la via del recettore scavenger è
gendo quindi le cellule da un eccessivo accumulo di colesterolo. minore rispetto a quella mediata da meccanismi dipendenti dal
recettore per le LDL. Nonostante Fipercolesterolemia, tuttavia, si
Come detto in precedenza, Fipercolesterolemia familiare deriva riscontra un forte aumento del traffico di colesterolo LDL mediato
da mutazioni nel gene che codifica per il recettore per le LDL. Gli dal recettore scavenger nelle cellule del sistema dei fagociti mono-
eterozigoti con ipercolesterolemia familiare possiedono solo il 50% nucleati e probabilmente nelle pareti vascolari (Cap. ll). Questo
del normale numero di recettori ad alta affinità per le LDL poiché aumento è responsabile della comparsa degli Xantomi e contribuisce
hanno un solo gene normale. In conseguenza di questa alterazione alla patogenesi dell'aterosclerosi precoce.
nel trasporto, il catabolismo delle LDL mediato da recettore è alte- La genetica molecolare dell'ipercolesterolemia familiare è estre-
rato e il livello plasmatico delle LDL aumenta di circa due volte. Gli mamente complessa. Sono state identificate più di 900 mutazioni,
omozigoti non hanno praticamente alcun recettore normale per le comprendenti inserzioni, deiezioni e mutazioni missense e nonsense
LDL e manifestano livelli molto più alti di LDL circolanti. Oltre a carico del gene per il recettore delle LDL, le quali possono essere
all'alterato smaltimento delle LDL, sia gli omozigoti sia gli eterozigoti suddivise in cinque gruppi (Fig. 5.9): le mutazioni di classe I sono I
esibiscono unaumentata sintesi di LDL. Anche il meccanismo di piuttosto rare e portano a una completa assenza di sintesi della
aumentata sintesi che contribuisce alllipercolesterolemia deriva da proteina recettoriale (allele nullo). Le mutazioni di classe II so-
una carenza di recettori per LDL (si veda Fig. 5.7). Si ricordi che no piuttosto comuni e codificano per proteine recettoriali che, non
anche le IDL, che sono il precursore diretto delle LDL plasmatiche, potendo essere trasportate al complesso del Golgi, si accumulano
usano i recettori epatici per le LDL (recettori per l`apoproteina B-100 nel reticolo endoplasmatico. Le mutazioni di classe III riguardano il
ed E) per il loro trasporto nel fegato. Nelfipercolesterolemia fami- dominio del recettore che lega le LDL: le proteine codificate rag-
liare, l`alterato trasporto di IDL nel fegato dirotta conseguentemente giungono la superficie cellulare ma non riescono a legare le LDL o
una quota maggiore di IDL plasmatiche nel pool di precursori per lo fanno con una scarsa aflìnità. Le mutazioni di classe IV codificano
le LDL plasmatiche. per proteine efficientemente sintetizzate e trasportate verso la su-
Il trasporto delle LDL attraverso i recettori scavenger sembra perficie cellulare le quali legano normalmente le LDL ma non rie-
verificarsi almeno in parte nelle cellule del sistema dei fagociti mo- scono a collocarsi nelle fossette rivestite; di conseguenza, le LDL
l
nonucleati. I monociti e i macrofagi hanno recettori per le LDL legate non vengono fagocitate. Le mutazioni di classe V codificano i
chimicamente alterate (ad es. acetilate o ossidate). Normalmente, la per proteine che sono espresse sulla superficie cellulare, possono il
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del Golgi. All interno del complesso del Golgi subiscono una serie t
/ Reticolo Apparato del Golgi \
endoplasmatico â â modificazioni post-traduzionali, una delle quali merita particolare
attenzione. Questa consiste nell'attacco4eli gruppi mannosio-6-fosfato
terminali ad alcune delle catene oligosaccaridiche laterali. I residui di

fa
I doc; ><
o Q H <=> mannosio fosforilato possono essere considerati come un “marcatore”
riconosciuto da specifici recettori che si trovano sulla superficie interna

@ F
@ lo D-<
LDL
della membrana del Golgi. Gli enzimi lisosomiali si legano a questi
recettori e vengono cosi separati dalle numerose altre proteine secre-
torie alllinterno del Golgi. Di conseguenza, le piccole vescicole di
trasporto contenenti gli enzimi legati al recettore si staccano dal Golgi
If

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e proseguono fondendosi con i lisosomi. Gli enzimi vengono quindi


indirizzati verso le loro sedi intracellulari e le vescicole vengono ripor-

Endosoma
eci,Ö FOSSetta
tate indietro al Golgi (Fig. 5.10). Come descritto oltre, errori geneti-
camente determinati in questo straordinario meccanismo di separa-
zione possono dare origine a una delle diverse forme di malattia da
rivestita accumulo lisosomiale.”
CI . . _ _ _
Le idrolasi acide lisosomiali catalizzano la degradazione di nume-
dellãsåìì Sintesi Trasporto Legame Ragngggtrgpa- Riciclaggio rose macromolecole complesse. Queste grosse molecole possono
tazione derivare dal turnover metabolico degli organelli intracellulari ._-«i<›-._~:'-.`_†._«
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I X (autofagia) o essere acquisite per fagocitosi dall'ambiente extracellu- ii'

Il X
lare (eterofagia). In presenza di un deficit ereditario di un enzima 'yi
lll X
IV X . O Mannosio-6-fosfato
V X
| l l l * Recettore per
. . \il mannosio-6-fosfato
. .
¦ lf.'.' li:/\ ti il Classificazione delle mutazioni del recettore per le LDL ba-
sata sul funzionamento anomalo della proteina mutata. Queste mutazioni
interrompono la sintesi del recettore nel reticolo endoplasmatico, il traspor- Proteina H7 .
l

to al complesso del Golgi, il legame dei ligandi apoproteici, il raggruppa- ` enzimatica


I

mento nelle fossette rivestite e il riciclo negli endosomi. Ogni classe e lisosomiale . 1
eterogenea a livello del DNA. (l\/lodificata per gentile concessione di Hobbs
HH et al.:The LDL receptor locus in familial hypercholesterolemia: muta- O O Q
tional analysis of a membrane protein. Annu Rev Genet 24:l33-170, 1990. I
i
© 1990 by Annual Reviews)
Fl l
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Ap parato. \
endoãldêfricàtico del Golg'
rugoso
legare le LDL e possono essere internalizzate; tuttavia non si verifica
la dissociazione pH-dipendente tra recettore e LDL legate, per cui i
recettori restano intrappolati negli endosomi, dove vengono degra- ®
dati, senza riuscire dunque a riportarsi sulla superficie cellulare.
La scoperta del ruolo cruciale dei recettori per le LDL nelllomeo- /Q/D\
fm
stasi del colesterolo ha portato alla progettazione di farmaci capaci
di abbassare il livello plasmatico di colesterolo aumentando il numero \›.*` 17 W Q I
di recettori per le LDL. Una strategia si basa sulla capacità di certi Mitocondrio Q5 <2 TQQQ
farmaci (statine) di sopprimere la sintesi di colesterolo intracellulare
inibendo l'enzima HMG CoA reduttasi, il quale, a sua volta, permette . 1* «› 4' 1
una maggiore sintesi di recettori per le LDL (si veda Fig. 5.8). ›- ^
" 1
\› Enzima
lisosomiale
l
MALATTIE ASSOCIATE A DIFETTI ENZIMATICI Ö lì
5 Q lì Q9
Malattie da accumulo lisosomiale $ seen Qú
' Autofagia og' W
I lisosomi sono elementi chiave del "sistema digestivo intracellulareif O.:
Essi contengono una serie di enzimi idroliticí dotati di due particolari
proprietà: in primo luogo operano nell'ambiente acido lisosomiale; in / Fagocitosi
secondo luogo costituiscono una speciale categoria di proteine secre-
torie che non sono destinate ai fluidi extracellulari bensi agli organelli \
intracellulari. Quest”ultima caratteristica richiede un peculiare rima- ogg'
neggiamento alllinterno dell'apparato del Golgi, che viene brevemente
descritto. In maniera simile a tutte le altre proteine secretorie, gli en-
zimi lisosomiali (o idrolasi acide, come sono talvolta chiamati) ven-
gono sintetizzati nel reticolo endoplasmatico e trasportati nell'apparato '-H.-Hit/\ R. 10 Sintesi e trasporto intracellulare degli enzimi lisosomiali. I
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Substrato complesso ridotta perché le proteine mutate sono instabili e inclini al misfolding
proteico, e quindi destinate a essere degradate nel reticolo endopla-
smatico. In tali malattie, un inibitore esogeno qancorrenziale dell°en- I
ziina può, paradossalmente, fissarsi all'enzima mutato e agire come I
Degradazione Deficit enzimatico “modello di assemblaggio” che controlla il corretto assemblaggio
lisosomiale normale lisosomiale dell'enzima prevenendone dunque la degradazione. Questa terapia
con molecole chaperon è attualmente oggetto di studio”
Le malattie da accumulo lisosomiale comprendono parecchie
Al /il condizioni specifiche e distinte (Tab. 5.6). Generalmente, la distri-
buzione del materiale accumulatosi - e quindi gli organi interessati
o
Q O f - è determinata da due fattori interconnessi: (1) il tessuto in cui si
O O Q trova la maggiore quantità di materiale da degradare e (2) la normale
O Prodotti
sede in cui si realizza la maggior parte della degradazione. Il cervello,
O08; :Q f*"a.'dimensioni
*dfP*P°<?'e ad esempio, è ricco di gangliosidi e quindi un'alterata idrolisi dei
diffusibili gangliosidi, riscontrata nelle gangliosidosi GM, e Gm, deterniiiiafon-
daiiientaliiiente l'accumulo nei neuroni e i conseguenti sintomi neu-

°l , “I e Q rologici. Le anomalie della degradazione dei mucopolisaccaridi


colpiscono in pratica qualsiasi organo, dato che tali composti sono
ampiamente distribuiti nell”organismo. Poiché le cellule del sistema

°° Pet»
Accumulo di prodotti
non melabolizzati
dei fagociti mononucleati sono particolarmente ricche di lisosomi
e sono coinvolte nella degradazione di una molteplicità di substrati,
gli organi ricchi di cellule fagocitarie, come la milza e il fegato, si
presentano spesso ingrossati in diverse forme di malattie da accu-
mulo lisosomiale. Il numero sempre crescente di malattie da accu-
mulo lisosomiale può essere organizzato in categorie logiche in
funzione della natura biochimica del metabolita accumulato, con la
llulllt/\ *›.'ii Patogenesi delle malattie da accumulo lisosomiale. conseguente creazione di sottogruppi come le glicogeiiosi, le sfingo-
l\lell'esempio illustrato, un substrato complesso viene normalmente de- lipidosi (lipidosi), le mucopolisaccaridosi (MPS) e le mucolipidosi
gradato in prodotti finali solubili da una serie di enzimi lisosomiali (A, B e (si veda Tab. 5.6). Degli altri gruppi, esamineremo solo le malattie
C). ln presenza di un deficit o di una disfunzione di uno degli enzimi coinvolti
(ad es. l'enzima B), il catabolismo e incompleto e gli intermedi insolubili si più comuni. I

accumulano nei lisosomi.


Malattia di Tay-Sachs (gangliosidosi GW: deficit
lisosomiale, il catabolismo del suo substrato resta incompleto, por-
della subunità o de//'esosamínidasil _l
tando all'accumulo del metabolita insolubile parzialmente degradato Le gangliosidosi GM, raggruppano tre malattie da accumulo lisoso-
alllinterno dei lisosomi. Questi organelli, pieni di macromolecole miale causate dall`incapacità di catabolizzare i gangliosidi Gm. La
parzialmente digerite, diventano talmente grandi e numerosi da in- degradazione dei gangliosidi Gm richiede tre polipeptidi codificati
terferire con le normali funzioni cellulari, dando luogo alle cosiddette da tre geni distinti. Gli effetti fenotipici delle mutazioni che colpi-
malattie da accumulo lisosomiale (Fig. 5.11). Oltre che a causa di una scono questi geni sono piuttosto simili, in quanto derivano dall°ac-
“carenza enzimatica”, le malattie da accumulo lisosomiale possono cumulo di gangliosidi Gm” ma il deficit enzimatico che è alla base
insorgere anche per la mancanza di una qualsiasi proteina essenziale della malattia è differente per ciascuno di essi. La malattia di Tay-
per il normale funzionamento dei lisosomi, ad esempio per: Sachs, la forma più comune di gangliosidosi Gm, deriva da muta-
zioni a carico del locus della subunità oi sul cromosoma 15 respon-
O La mancanza di un attivatore o di una proteina di protezione sabili di un grave deficit di esosaminidasi A. Questa malattia è par- i
dell'enzima. ticolarmente diffusa tra gli ebrei, in particolare tra quelli originari
O La mancanza di una proteina attivatrice del substrato - in alcuni dell'Europa dell'Est (ashkenaziti), per i quali è stata descritta una
casi le proteine che reagiscono con il substrato per facilitarne frequenza di portatori di 1 a 30.
llidrolisi possono essere assenti o alterate.
O La carenza di una proteina di trasporto necessaria per l'uscita del
materiale digerito dai lisosomi. Morfologia La esosaminidasi A è praticamente assente in
tutti i tessuti esaminati, per cui il ganglioside GM, si accumula
Esistono tre approcci generali al trattamento delle malattie da in molti tessuti (ad es. cuore, fegato, milza), ma il coinvolgi-
accumulo lisosomiale. Il più ovvio è costituito dalla terapia di sosti- mento dei neuroni del sistema nervoso centrale e autonomo
tuzione enzimatica, attualmente utilizzata per diverse malattie da e della retina domina il quadro clinico. All'esame istologico,
accumulo lisosomiale. Un altro approccio, la “terapia di riduzione i neuroni sono rigonfi di vacuoli citoplasmatici, ciascuno dei
del substrato”, si basa sul presupposto per cui, se è possibile ridurre quali costituisce un Iisosoma notevolmente dilatato pieno di
il substrato che deve essere degradato dalllenzima lisosomiale, l”at- gangliosidi (Fig. 5.12A). Le colorazioni per i grassi come l'olio
tività residua dell'enzima può essere sufficiente per catabolizzarlo e rosso O e il Sudan nero B risultano positive. Con il microsco-
prevenire l'accumulo. Una strategia più recente è imperniata sulla pio elettronico, possono essere visualizzati diversi tipi di
comprensione delle basi molecolari della carenza enzimatica. In inclusioni citoplasmatiche, le più rilevanti delle quali sono
molte malattie, tra cui la malattia di Gaucher, l”attività enzimatica è
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Malattia Deficit enzimatico Principfili metaboliti in accumulo

GLICOGENOSI

Tipo 2, malattia di Pompe oi-1,4-glucosidasi (glucosidasi lisosomiale) Glicogeno

SFINGOLIPIDOSI
Gangliosidosi GM, Ganglioside GM, ß-galattosidasi Ganglioside GM,, oligosaccaridi
Tipo 1, infantile, generalizzato .--¬..L
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contenenti galattosio
Tipo 2, giovanile

GAi\iGLiosiDosi GM, I
Malattia diTay-Sachs Esosaminidasi, subunità ti Ganglioside GM2
Malattia di Sandhoff Esosaminidasi, subunità ß Ganglioside GM2, globoside
Gangliosidosi GM2, variante AB Proteina di attivazione del ganglioside Ganglioside GM2
SULFATIDOSI

Leucodistrofia metacromatica Arilsulfatasi A Sulfatide


Deficit multiplo di solfatasi Arilsulfatasi A, B, C; solfatasi steroidea; iduronato Sulfatide, steroide solfato, eparan
solfatasi; eparan N-solfatasi solfato, dermatan solfato
Malattia di Krabbe Galattosilceramidasi Galattocerebroside
Malattia di Fabry ot-galattosidasi A Triesosil ceramide
Malattia di Gaucher Glucocerebrosídasi Glucocerebroside I
Malattia di Niemann-Pick: tipo A e B Sfingomielinasi Sfingomielina ,
il

MucoPoLisAccAn|oosi (Mes)
MPS I H (Hurler)
MPS ll (Hunter)
cv-L-iduronidasi
I.-iduronosolfato solfatasi
Dermatan solfato, eparan solfato I
Mucoueioosi (ML)
Malattia a cellule I (ML ll) e polidistrofia Deficit degli enzimi fosforílanti essenziali per la Mucopolisaccaride, glicolipide
pseudo-Hurler formazione del marker di riconoscimento per il
1
mannosio-6-fosfato; le idrolasi acide prive del marker
di riconoscimento non possono essere indirizzate ai
lisosomi ma sono secrete nell'ambiente extracellulare
¬
ALTRE MALATTIE DEI CARBOIDRATI coMPLEss|
Fucosidosí ti-fucosidasi Sfingolipidi contenenti fucosio
e frammenti di glicoproteina
Mannosidosi cv-mannosidasi Oligosaccaridi contenenti mannosio
Aspartilglicosaminuria Aspaitilglicosamina amido idrolasi Aspartil-2-desossi-2-acetamido-
glicosilamina
ALTRE MALATTIE DA ACCUMULO LISOSOMIALE

Malattia diWolman Lipasi acida Esteri del colesterolo, trigliceridi


Deficit di fosfatasi acida Fosfatasi acida lisosomiale Esteri fosforici

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strutture raggomitolate all'interno dei lisosomi costituite da resto della retina (Cap. 29). Questa manifestazione è tipica
strati concentrici di membrane (a bulbo di cipolla) (Fig. 5.12 della malattia diTay-Sachs e di altre patologie da accumulo
B). Col tempo si osserva la progressiva distruzione dei neu- che colpiscono i neuroni.
roni, la proliferazione della microglia e un accumulo di lipidi
complessi nei fagociti all'interno della sostanza cerebrale.
Un processo simile avviene nel cervelletto così come nei Caratteristiche cliniche. I neonati affetti sembrano normali alla
neuroni dei gangli della base, del tronco encefalico, del mi- nascita ma cominciano a manifestare segni e sintomi attorno ai
dollo spinale e dei gangli della radice dorsale, nonché nei 6 mesi, quando inizia un inesorabile deterioramento mentale e
neuroni del sistema nervoso autonomo. Le cellule gangliari motorio che si manifesta in principio con una mancanza di coordi-
della retina sono analogamente ripiene di gangliosidi GM2, in nazione motoria e ottundimento mentale destinato a evolvere in
particolare ai margini della macula. Nella macula compare flaccidità muscolare, cecità e demenza progressiva. In quasi tutti i
quindi una chiazza rosso ciliegia, che rappresenta l'enfatiz- pazienti compare, talvolta già nelle prime fasi della malattia, la
zazione del normale colore della coroide maculare in contra- peculiare ~ ma non patognomonica - chiazza rosso ciliegia nella
sto con il pallore prodotto dalle cellule gangliari rigonfie nel macula del fondo oculare. Nell'arco di 1 o 2 anni si raggiunge un
completo stato vegetativo, seguito dalla morte entro i 2-3 anni. Sono

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FIGURA 5.12 Cellule gangliari nella malattia diTay-Sachs. A. Al microscopio ottico, un grosso neurone mostra un'evidente vacuolizzazione lipidica. B.
Una parte di un neurone al microscopio elettronico evidenzia lisosomi voluminosi con strutture a spirale. Parte del nucleo è visibile in alto. (A. Per gentile
concessione del Dr. ArthurWeinberg, Department of Pathology, University of Texas Southwestern Medical Center, Dallas, TX; B. Micrografia elettronica
I
per gentile concessione del Dr. Joe Rutledge, University ofTe><as Southwestern Medical Center, Dallas, TX)

state descritte più di 100 mutazioni nel gene che codifica per la su- I
bunità oi, la maggior parte delle quali coinvolge il ripiegamento dei lisosomi, in particolare nelle cellule del sistema dei fago- I
proteico. Queste proteine dalla struttura anomala scatenano la co- citi mononucleati. Le cellule colpite si ingrossano, talvolta
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siddetta risposta “da proteine non ripiegate” (Cap. 1), che causa fino a raggiungere i 90 p.m di diametro, in conseguenza del
apoptosi. Tali reperti hanno suggerito la possibilità di una “terapia riempimento dei lisosomi con sfingomielina e colesterolo e
con chaperon” per la malattia di Tay-Sachs. si assiste alla formazione di innumerevoli piccoli vacuoli di
La diagnosi prenatale e fidentificazione dei portatori sono pos- dimensioni piuttosto omogenee che conferiscono al citopla-
sibili tramite analisi enzimatiche e basate sul DNA. Le caratteristiche sma un aspetto schiumoso (Fig. 5.13). Nelle sezioni congelate
cliniche delle altre due forme di gangliosidosi GM; - la malattia di di tessuto fresco, i vacuoli si colorano per i grassi. La micro-
Sandhoff, causata da un difetto della subunità B, e il deficit dell'atti- scopia elettronica conferma il fatto che i vacuoli siano
vatore Gm - Sono analoghe a quella della malattia di Tay-Sachs. costituiti da lisosomi secondari rigonfi. In molti casi, questi
contengono corpi membranosi citoplasmatici somiglianti a
Malattia di Niemann-Pick, tipo A e B figure mieliniche lamellari concentriche, talvolta chiamate
"corpi zebrati'.'
I tipi A e B della malattia di Niemann-Pick consistono in due malattie Le cellule schiumose fagocitiche cariche di lipidi sono am-
correlate, caratterizzate dall'accumulo lisosomiale di sfingomielina piamente distribuite nella milza, nel fegato, nei linfonodi, nel
dovuto a un deficit ereditario di sfingomielinasizs Il tipo A è una midollo osseo, nelle tonsille, nel tratto gastrointestinale e nei
forma infantile grave con un notevole coinvolgimento neurologico, polmoni. Il coinvolgimento della milza produce in genere un
evidenti accumuli viscerali di sfingomielina e un progressivo deterio- I
ramento con morte prematura entro i primi 3 amii di vita. I pazienti I
affetti dal tipo B presentano invece organomegalia ma in genere non l
mostrano un coinvolgimento del sistema nervoso centrale e di nor- 3.1? .""}."~fíL“3ií°".1 '.'É;}.}t;`~§ `1*"-" ì'-f7š*5šä3*È~- »i
ma sopravvivono sino all'età adulta. Al pari della malattia di Tay- 4 «.» È;
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Sachs, le sindromi di Niemann-Pick di tipo A e B sono frequenti
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negli ebrei ashkenaziti. Il gene della sfingomielinasi acida è localiz- fj?è1'.'f»† .. '*”'
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zato sul cromosoma 11p15.4 ed è uno dei geni che viene preferen-
zialmente espresso dal cromosoma materno quale risultato del
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silenziamento epigenetico del gene paterno (descritto in seguito). i "=;Ri›f.-=.:-š- e*~r»<*.:¬:-'-› *I*-;=†'~_š =t.-. ~†
Nel gene della sfingomielinasi acida sono state identificate più di 100
mutazioni e sembra che esista una correlazione tra il tipo di muta- É”
zione, la gravità del deficit enzimatico e il fenotipo.
._.'§___ ' , _-:_, 4- I; '_;_ -. 41.' "-. r',-4-' ”ff;1 . " " ¢.'_-,_,'
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Morfologia Nella classica variante infantile di tipo A, una


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mutazione missense provoca un deficit pressoché totale di ›.~tg1;,;;.#
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sfingomielinasì. La sfingomielina è una componente ubiqui-
taria delle membrane cellulari (comprese quelle degli
craig. A9 "1 ,le i,;.+.'.;;í'¬'.~.›_› 'sârii-tfåifs.-' Qi- oi. .-*›;
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organelli), e pertanto il deficit enzimatico ne blocca la degra- FIGURA 5.'i3 Malattia di Niemann-Pick nel fegato. Gli epatociti e le cellule
di Kupffer hanno un aspetto schiumoso e vacuolizzato dovuto al deposito
dazione, determinandone l'accumulo progressivo all'interno di lipidi. (Per gentile concessione del Dr. ArthurWeinberg, Department of
Pathology, University ofTe><as Southwestern Medical Center, Dallas, TX) i
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c u -tr a c k derivanti principalmente dalle membrane cellulari di leucociti e. o c u - t r a c k
enorme ingrossamento, facendo si che l'organo raggiunga eritrociti invecchiati. Attualmente è noto che le alterazioni patologi-
talvolta un peso 10 volte maggiore del normale, mentre l'epa- che nella malattia di Gaucher sono cagsate non solo dal gravare del
tomegalia non è di solito così spiccata. I linfonodi, di solito, materiale di accumulo, ma anche dall'attivazione dei macrofagi e dalla
si presentano da lievemente a notevolmente ingrossati in conseguente secrezione di citochine come IL-1, IL-6 e il fattore di
tutto l'organismo. necrosi tumorale (TNF). Sono stati distinti tre sottotipi clinici della
Il coinvolgimento del cen/ello e dell'occhio merita particolare malattia di Gaucher: il più comune (99% dei casi) è chiamato tipo I
considerazione. Nel cervello, le circonvoluzioni si restringono 0 forma cronica non neuropatica. In questo sottotipo l'accumulo di
e i solchi si allargano. L'interessamento neuronale è vasto e glucocerebrosidi è circoscritto ai fagociti mononucleati di tutto l'orga- 4..¬-_._».-_. ~<›_
colpisce tutti gli elementi del sistema nervoso. La vacuolizza- nismo ma non interessa il cervello. Il coinvolgimento di milza e scheletro
zione e il rigonfiamento dei neuroni costituiscono I'alterazione rloniina questo tipo di malattia, riscontrato soprattutto negli ebrei di
istologica prevalente, che nel tempo porta alla morte cellulare origine europea. I soggetti affetti da questa malattia mostrano livel-
e alla perdita di sostanza cerebrale. Una chiazza retinica rosso li ridotti ma rilevabili di attività glucocerebrosidasica. L`aspettativa di
ciliegia simile a quella osservata nella malattia diTay-Sachs è vita diminuisce, ma non in maniera marcata. La malattia di tipo II,
presente nel 33-50% circa degli individui affetti. o malattia di Gaucher neuropatica acuta, è la jbrina acuta cerebrale
infantile. A dzflerenza della forma di tipo I, questa non lia predilezio-
ne per gli ebrei. Nei tessuti dei pazienti afletti non esiste praticamente
Le manifestazioni cliniche della malattia di tipo A possono essere attività glucocerebrosidasìca rilevabile. Anche in questa forma di
presenti alla nascita ma quasi invariabilmente diventano evidenti malattia di Gaucher si osserva epatosplenomegalia, ma il quadro
intorno ai 6 mesi d'età. Tipicamente i neonati presentano un addome clinico è dominato dal progressivo interessamento del sistema ner- ,
voluminoso a causa dell'epatosplenomegalia Dopo la comparsa dei
sintomi, si riscontra un progressivo deficit di accrescimento, vomito,
voso centrale che porta alla morte in età precoce. Tra i tipi I e II esiste
poi una terza variante, la forma di tipo III. I pazienti affetti presentano i
febbre e linfoadenopatia generalizzata, nonché un progressivo peg-
gioramento della funzionalità psicomotoria. La morte sopraggiunge
il coinvolgimento sistemico caratteristico del tipo I ma mostrano
unlalterazione progressiva del sistema nervoso centrale che solita- I
in genere entro il 1° o 2° anno di vita. mente esordisce nell°adolescenza o nella prima età adulta.
La diagnosi viene effettuata tramite test biochimico per l'attivita
della sfingomielinasi in campioni bioptici di fegato 0 midollo osseo.
I soggetti affetti dai tipi A e B, così come i portatori, possono essere Morfologia I glucocerebrosidi si accumulano in enormi
individuati attraverso l'analisi del DNA. quantità all'interno dei fagociti del|'intero organismo in tutte
le forme di malattia di Gaucher. I macrofagi rigonfi, noti come I

Malattia di Niemann-Pick, tipo C (NPC) cellule di Gaucher, si trovano nella milza, nel fegato, nel
midollo osseo, nei linfonodi, nelle tonsille, nel timo e nelle
La malattia di Niemann-Pick di tipo C (NPC), sebbene precedente- placche di Peyer. Simili cellule si possono riscontrare sia nei
mente considerata una patologia correlata ai tipi A e B, presenta setti alveolari sia negli spazi aerei dei polmoni. A differenza
peculiarità alquanto evidenti a livello biochimico e molecolare e si di quanto osservato in altre malattie da accumulo lipidico, le
manifesta con una maggiore frequenza rispetto ai tipi A e B. cellule di Gaucher appaiono raramente vacuolizzate e pre-
L'insorgenza della malattia può essere la conseguenza di mutazioni sentano piuttosto un citoplasma fibrillare il cui aspetto richia-
in due geni correlati, NPC1 e NPC2, il primo dei quali (NPC1) è re- ma quello di una carta velina raggrinzita (Fig. 5.14). Le cellule
sponsabile del 95% dei casi. Diversamente dalla maggior' parte delle di Gaucher sono spesso grandi, talvolta con un diametro di
altre malattie da accumulo lisosomiale, la NPC è dovuta a un deficit 100|im, e hanno uno o più nuclei scuri, in posizione perife-
primario nel trasporto lipidico, a causa del quale le cellule colpite rica. La colorazione con l'acido periodico di Schiff è di solito
accumulano colesterolo e gangliosidi quali GM, e Gm. Sia NPC1 sia fortemente positiva. Al microscopio elettronico, il citoplasma
NPC2 sono coinvolti nel trasporto del colesterolo libero dai lisosomi fibrillare risulta costituito da lisosomi allungati e rigonfi di
al citoplasmazó La NPC è clinicamente eterogenea: si può presentare doppi strati lipidici accumulati.
con idrope fetale e morte alla nascita, come un'epatite neonatale o Nella malattia di tipo I, la milza è ingrossata (in alcuni casi
come una forma cronica caratterizzata da deterioramento neurolo- può raggiungere i 10 kg). La linfoadenopatia varia da lieve a
gico progressivo. La forma più comune si manifesta nell'infanzia ed moderata e interessa tutto il corpo. L'accumulo di cellule di
è caratterizzata da atassia, paralisi sovranucleare dello sguardo verti- Gaucher nel midollo osseo si verifica nel 70-100% dei pazienti
cale, distonia, disartria e regressione psicomotoria. affetti da malattia di Gaucher di tipo l e produce aree di ero-
sione ossea talvolta di piccole dimensioni o sufficientemente
Malattia di Gaucher grandi da provocare fratture patologiche. La distruzione
dell'osso è una conseguenza della secrezione di citochine da
La malattia di Gaucher indica un insieme di alterazioni autosomiche parte di macrofagi attivati. Nei pazienti con interessamento
recessive derivanti da mutazioni a carico del gene che codifica per la cerebrale, è possibile osservare cellule di Gaucher negli spazi
glucocerebrosidasi” ed è la più comune tra le malattie da accumulo di Virchow-Robin, mentre le arteriole sono circondate da cel-
lisosomiale. Il gene coinvolto codifica per la glucocerebrosidasi, un lule avventizie rigonfie. Nei neuroni non si evidenziano lipidi,
enzima che normalmente scinde il residuo glucosidico dalla cerami- ma tali cellule appaiono raggrinzite e vanno progressivamen-
de. In conseguenza del deficit enzimatico, il glucocerebroside si ac- te incontro a distruzione. Si sospetta che i lipidi che si accu-
cumula principalmente nei fagociti, ma alcuni sottotipi evidenziano mulano nelle cellule fagocitarie attorno ai vasi sanguigni
un accumulo anche nel sistema nervoso centrale. I glucocerebrosidi secernano citochine che danneggiano i neuroni circostanti. i
vengono prodotti in maniera continua dal catabolismo dei glicolipidi
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La terapia sostitutiva con enzimi ricombinanti è il caposaldo del
trattamento della malattia di Gaucher: oltre a essere efficace, questo
*c approccio terapeutico offre ai pazienti affetti dalla forma di tipo I
un'aspettativa di vita normale. D'altro canto, però, tale terapia è l
X estremamente costosa. Poiché I'alterazione principale risiede nei
ì .4 fagociti mononucleati derivanti dalle cellule staminali del midollo,
si è inoltre tentato il trapianto di midollo osseo. Gli sforzi mirano
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anche alla correzione del difetto enzimatico mediante trasferimento
l
del gene normale per la glucocerebrosidasi nelle cellule midollari
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2 del paziente. La terapia di riduzione del substrato con inibitori della
glucosilceramide sintetasi è in corso di valutazione.

Mucopo/isaccaridosi
Le mucopolisaccaridosi (MPS) sono un gruppo di sindromi stret-
tamente correlate derivanti da deficit geneticamente determinati
degli enzimi lisosomiali implicati nella degradazione dei mucopo-
› ¬=w*_"/ lisaccaridi (glicosaminoglicani). Sotto il profilo chimico, i mucopo-
lisaccaridi sono carboidrati complessi a catena lunga legati alle
proteine per formare i proteoglicani, presenti in cospicue quantità
nella sostanza fondamentale del tessuto connettivo. I glicosamino-
glicani che si accumulano nelle MPS sono il dermatan solfato, l`epa- I
ran solfato, il cheratan solfato e il condroitin solfato. Gli enzimi
implicati nella degradazione di queste molecole scindono gli zuc-
cheri terminali dalle catene polisaccaridiche attaccate a un polipep-

c.~ °. iii' *
tide o a una proteina centrale. In assenza di enzimi, queste catene si
accumulano alllinterno dei lisosomi in vari tessuti e organi del
corpo.
Sono state descritte parecchie varianti cliniche di MPS, classificate
numericamente come MPS da I a VII, ciascuna derivante dal deficit
di uno specifico enzima. A eccezione di una, tutte le MPS sono
I

IC __ ereditate come tratti autosomici recessivi; l'eccezione, correlata alla


_. \ sinrlrome di Hunter; è un tratto recessivo legato all'X. All”interno di

B/L un dato gruppo (ad es. MPS I, caratterizzato da una carenza di


oi-l-iduronidasi) esistono sottogruppi che derivano dalla mutazione
ill.-il ll l/\ 5511; Malattia di Gaucher nel midollo osseo. Le cellule di Gaucher di alleli differenti nello stesso locus genico. La gravità del deficit
(A. Colorazione ematossilina eosina; B. Colorazione di Wright) sono macro- enzimatico e il quadro clinico, quindi, sono spesso differenti perfino
fagi rigonfi tipicamente caratterizzati da un citoplasma il cui aspetto richiama all'interno dei sottogruppi.
quello di una carta velina spiegazzatz-1(B)a causa dell'accumulo di glucoce-
rebroside. (Per gentile concessione del Dr. John Anastasi, Department of Le MPS, in genere, sono malattie progressive caratterizzate da
Pathology, University of Chicago, Chicago, IL) trattifacciali grossolani, opacizzazione della cornea, rigidità articolare
l
e ritardo mentale, spesso associate a un'aumentata escrezione urina-
ria dei mucopolisaccaridi accumulatisi.

Caratteristiche cliniche. Il decorso clinico della malattia di l i

Gaucher dipende dal sottotipo clinico. Nel tipo I, i segni e i sintomi Morfologia I mucopolisaccaridi si accumulano soprattutto l

compaiono per la prima volta in età adulta e sono legati alla spleno- nei fagociti mononucleati, nelle cellule endoteliali, nelle fibre
megalia o al coinvolgimento osseo. In genere si osservano pancito- muscolari lisce dell'intima e nei fibroblasti dell'intero orga-
penia o trombocitopenia secondaria all'ipersplenismo. Se vi è stata nismo. Le sedi comuni di interessamento sono la milza, il
vasta espansione dello spazio midollare si hanno fratture patologiche fegato, il midollo osseo, i linfonodi, i vasi sanguigni e il
e indolenzimento osseo. La malattia, sebbene sia progressiva cuore.
nellladulto, è compatibile con una lunga sopravvivenza. Nei tipi II All'esame microscopico, le cellule colpite si presentano ri-
e III dominano la disfunzione del sistema nervoso centrale, le con- gonfie e con un'evidente chiarificazione del citoplasma, da
vulsioni e il progressivo deterioramento mentale, benché anche cui la definizione di "cellule balloniformi'.'Al microscopio
organi come fegato, milza e linfonodi siano colpiti. elettronico, all'interno del citoplasma chiaro si possono di-
La diagnosi degli omozigoti può essere effettuata mediante misura stinguere numerosi piccoli vacuoli. Questi sono lisosomi
dell'attività glucocerebrosidasica nei leucociti del sangue periferico rigonfi contenenti un materiale finemente granulare positivo
o negli estratti di fibroblasti cutanei in coltura. In teoria, gli eterozi- all'acido periodico di Schiff che può essere identificato dal
goti possono essere individuati attraverso il rilevamento delle mu- punto di vista biochimico come mucopolisaccaride. Altera-
tazioni. Tuttavia, poiché la malattia di Gaucher può essere provocata zioni lisosomiali simili si osservano a livello neuronale nel-
da più di 150 mutazioni, non è praticabile l`utilizzo di un singolo le sindromi caratterizzate da interessamento del sistema l
test genetico. i
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CAPITOLO 5 Malattie genetiche

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crescere” Criteri fisiopatologici prevedono invece la suddivisicr.
nervoso centrale. Alcuni dei lisosomi nei neuroni, tuttavia, delle glicogenosi in tre sottogruppi principali (Tab. 5.7).
sono anche sostituiti da corpi zebrati lamellari simili a quelli I
osservati nella malattia di Niemann-Pick. L'epatosplenome- O Forme epatiche. Il fegato riveste un ruolo fondamentale nel me-
galia, le deformità scheletriche, le lesioni valvolari, i depositi tabolismo del glicogeno. Esso contiene infatti gli enzimi che
subendoteliali nelle arterie, in particolare nelle arterie coro- sintetizzano glicogeno per l'accumulo e che alla fine lo frazionano li
nariche, e le lesioni cerebrali sono elementi ricorrenti riscon- in glucosio libero, successivamente rilasciato nel sangue. ili

tratì in tutte le MPS. In molte delle sindromi a lungo decorso, Un deficit ereditario degli enzimi epatici coinvolti nel metaboli- F
le lesioni subendoteliali delle coronarie portano a ischemia smo del glicogeno porta quindi non solo all°accumulo di glico-
del miocardio. L'infarto del miocardio e l'insufficienza car- geno nel fegato, ma anche a una riduzione del livello ematico di
diaca sono quindi importanti cause di morte. glucosio (ipoglicemia) (Fig. 5.16). Il deficit dell'enzima glucosio-
6-fosfatasi (malattia di von Gierke, o glicogenosi di tipo I) è un
chiaro esempio di malattia da accumulo di glicogeno di forma
Caratteristiche cliniche. Delle sette varianti note, ci sofferme- epato-ipoglicemica (Tab. 5.7). Altri casi sono l'assenza di fosfo-
remo solo su due sindromi ben caratterizzate. La sindrome di Hurler, rilasi epatica e dell'enzima deramificante, entrambi coinvolti nella
detta anche MPS I-H, deriva da un deficit di oi-l-iduronidasifs ed è degradazione del glicogeno (si veda Fig. 5.15). In tutte queste
una delle forme più gravi di MPS. I bambini affetti sembrano nor- patologie, il glicogeno si accumula in molti organi, ma l”ingros-
mali alla nascita ma sviluppano epatosplenomegalia tra i 6 e i samento epatico e lipoglicemia dominano il quadro clinicoƒlf
24 mesi. La loro crescita è ritardata e, come in altre forme di MPS, O Forme miopaticlte. Nei muscoli scheletrici, diversamente da quan-
sviluppano tratti facciali grossolani e deformità scheletriche. La to accade a livello epatico, il glicogeno viene utilizzato soprattutto
morte avviene tra i 6 e i 10 anni ed è spesso dovuta a complicanze come fonte di energia durante l'esercizio fisico. L”ATP è generato
cardiovascolari. La sindrome di Hunter, chiamata anche MPS II, per glicolisi, processo che porta in ultima istanza alla formazione
differisce dalla sindrome di Hurler per la modalità di trasmissione di acido lattico (si veda Fig. 5.16). Se gli enzimi che alimentano i
-1

ereditaria (legata all”X), per l'assenza di opacità della cornea e per il la via glicolitica sono deficitari, si ha un accumulo di glicogeno
decorso clinico più blando” nei muscoli associato a debolezza muscolare dovuta alla ridotta
produzione di energia. Esempi pertinenti includono, tra gli altri,
i deficit della fosforilasi muscolare (malattia di McArdle o glico-
Malattie da accumulo di glicogeno (glicogenosi)
genosi di tipo V) e della fosfofruttochinasi muscolare (malattia
Le malattie da accumulo di glicogeno derivano da un deficit ereditario da accumulo di glicogeno di tipo VII). Tipicamente, isoggetti
di uno degli enzimi coinvolti nella sintesi o nella degradazione affetti da forme miopaticlie presentano crampi muscolari e un /
sequenziale del glicogeno. A seconda della distribuzione - tissutale mancato innalzamento dei livelli di lattato nel sangue dopo l'eser-
o dbrgano - dello specifico enzima in condizioni normali, l 'accumulo ciziofisico a causa del blocco della glicolisi”
di glicogeno in queste patologie può essere limitato apoclii tessuti, può O Le malattie da accumulo di glicogeno associate a (1) deficit di
essere più esteso senza tuttavia colpire la totalità dei tessuti oppure ci-glucosidasi (maltasi acida) e a (2) mancanza dellienzima rami-
può essere distribuito in tutto l'oiganismo."°
Il significato del deficit enzimatico specifico può essere meglio
ficante non rientrano nelle forme epatiche o miopatiche appena
descritte. Esse causano accumulo di glicogeno in molti organi e
l
compreso considerando il normale metabolismo del glicogeno morte precoce. La maltasi acida è un enzima lisosomiale e per-
(Fig. 5.15). Il glicogeno costituisce una forma di stoccaggio del tanto il suo deficit determina il deposito lisosomiale di glicogeno
glucosio. La sintesi di glicogeno inizia con la conversione del gluco- (glicogenosi di tipo Il o malattia di Pompe) in tutti gli organi, ma
sio a glucosio-6-fosfato da parte di un'esochinasi (glucochinasi). Una la cardiomegalia è la manifestazione più rilevante” (Fig. 5.17).
fosfoglucomutasi trasforma quindi il glucosio-6-fosfato in glucosio-
1-fosfato che, a sua volta, è convertito a uridin difosfoglucosio. Viene
Alcaptonuria (ocronosi)
quindi assemblato un polimero altamente ramificato di grosse di-
mensioni (con un peso molecolare che può raggiungere i 100 milioni L'alcaptonuria, la prima malattia congenita del metabolismo a essere
di dalton), contenente fino a 10.000 molecole di glucosio tenute stata scoperta nell'uomo, è una malattia autosomica recessiva carat-
l
insieme da legami or-1,4-glucosidici. La catena di glicogeno e le terizzata da una mancanza di ossidasi omogentisico - un enzima che
ramificazioni sono costantemente allungate tramite l'aggiunta di converte l'acido omogentisico in acido metilacetoacetico durante il
molecole di glucosio mediata dalla glicogeno sintetasi. Durante la processo di degradazione della tirosinaif - e quindi responsabi-
degradazione, diverse fosforilasi nel fegato e nei muscoli separano le dell'accumulo di acido omogentisico nell'organismo. Una gran
il glucosio-I-fosfato dal glicogeno fino a che in ciascuna ramifica- parte di tale sostanza viene escreta e conferisce un colore nero alle
zione rimangono circa quattro residui di glucosio e lasciando un urine lasciate a contatto con l'aria, a causa delfossidazione.
oligosaccaride ramificato chiamato destrina limite che può essere
ulteriormente degradato solo dallfenzima deramificante. Oltre che
attraverso queste vie principali, il glicogeno viene anche degradato Morfologia L'acido omogentisico accumulatosi si lega se-
nei lisosomi dalla maltasi acida. Se i lisosomi sono deficitari per lettivamente al collagene nei tessuti connettivi, nei tendini e
questo enzima, il glicogeno in essi contenuto non è accessibile alla nella cartilagine, conferendo a questi tessuti una pigmenta-
degradazione da parte degli enzimi citoplasmatici quali le zione brunastra (ocronosi), evidente soprattutto a livello di
fosforilasi. orecchie, naso e guance. Le conseguenze più gravi delI'ocro- i.
A seconda dei deficit enzimatici specifici e dei conseguenti quadri nosì, tuttavia, derivano dal deposito del pigmento nelle car-
clinici, le glicogenosi sono tradizionalmente distinte in una dozzina tilagini delle giunzioni articolari. L'accumulo di pigmento
circa di sindromi indicate con numeri romani, ela lista continua a
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Destrina limite acida I
(4 residui di glucosio nella P,P, I-
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configurazione ramificala) G|uC0s|0-1-fosfato
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deramificante (III) F0Sf09lUC0mUt«'=1Sl
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GLUCOSIO---í> Glucosio-6-fosfato
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Glucochinasi \ *GIucosio-6-
fosfatasi (I) I
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Fosfoglucomutasi
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Glucosio-6-fosfato
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*Fosfofruttochinasi (VII)
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Fruttosio-1,6-difosfato
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Pi ruv ar o ir
M attato I

' ' “Ill” l~ ll- Vie del metabolismo del glicogeno. Gli asterischi indicano i deficit enzimatici associati alle malattie da accumulo di glicogeno. I numeri
romani indicano il tipo di malattia da accumulo di glicogeno associata al deficit di un dato enzima. I tipiV eVI derivano da deficit delle fosforilasi muscolari
ed epatiche rispettivamente. (Modificata da Hers H et al.: Glycogen storage diseases. In Scriver CR et al Ieds]:The Metabolic Basis of Inherited Disease,
6th ed. NeWYork, I\/IcGraW-Hill, 1989, p 425) I
I I
non diventa clinicamente evidente fino ai trentfanni. Pur non essen-
provoca la perdita della normale elasticità della cartilagine, do letale, l'alcaptonuria può essere seriamente invalidante. Lfinvali-
che diviene fragile e friabile. L'erosione da Iogoramento di dità può essere grave come quella che si riscontra nelle forme severe
questa cartilagine patologica porta aII'esposizione dell'osso di artrosi (Cap. 26) degli anziani, ma nellfalcaptonuria llartropatia
subcondrale e, spesso, sottili frammenti di cartilagine ven- si verifica a unetà molto più precoce.
gono spinti neII'osso sottostante, aggravando il danno. La I
I
colonna vertebrale, in particolare il disco interveitebrale,
MALATTIE ASSOCIATE A DIFETTI
rappresenta la prima struttura anatomica colpita, ma la pa-
NELLE PROTEINE CHE REGOLANO
tologia può successivamente estendersi a ginocchia, spalle
LA CRESCITA CELLULARE
e fianchi. Le piccole articolazioni di mani e piedi sono in
genere risparmiate. La crescita e il differenziamento normali delle cellule sono regolate
da due classi di geni: i proto-oncogeni e i geni oncosoppressori, i cui
prodotti promuovono o reprimono la crescita cellulare (Cap. 7).
Caratteristiche cliniche. Il difetto metabolico è presente alla É ormai assodato che le mutazioni a carico di queste due classi di
nascita, ma l°artropatia degenerativa si sviluppa lentamente e di solito geni svolgono un ruolo importante nella patogenesi dei tumori. Nella 'I
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CAPITOLO 5 Malattie genetiche
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Categoria
clinicopatologica Tipo specifico Deficit enzimatico Alterazioni morfologiche Caratteriáiche cliniche

Tipo epatico Epatorenale, malattia Glucosio-6-fosfatasi Epatomegalia - accumuli Nei pazienti non trattati: mancanza
di VOTI Giefke IIIDO Il intracitoplasmatici di di sviluppo, ritardo nella crescita, T A- 1
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glicogeno e di piccole epatomegalia e aumento di volume I
quantità di lipidi; glicogeno dei reni

intranucleare lpoglicemia dovuta a carenza
Aumento di volume dei di mobilizzazione del glucosio,
reni - accumuli che spesso porta a convulsioni.
intracitoplasmatici di Iperlipidemia e iperuricemia derivanti I
glicogeno nelle cellule da alterazioni del metabolismo del
deII'epiteIio tubulare glucosio; molti pazienti sviluppano
coiticale gotta e xantomi cutanei
Tendenza emorragica dovuta I
I
a disfunzione piastrinica
Con il trattamento: la maggior parte
dei pazienti sopravvive e sviluppa
complicanze tardive (ad es.
adenomi epatici)
Tipo miopatico Sindrome di McArdle Fosforilasi muscolare Solo a carico della Crampi dolorosi associati a esercizio
(tipo V) muscolatura scheletrica -
accumuli di glicogeno
predominanti in
localizzazione
subsarcolemmica
fisico intenso; la mioglobinuria si
presenta nel 50% dei casi; esordio
in età adulta (>2O anni); I'esercizio
muscolare non fa aumentare i
livelli di Iattato nel circolo venoso;
la creatinchinasi sierica è sempre
I
aumentata; compatibile con una
normale aspettativa di vita
A/tro tipo Glicogenosi Glucosidasi Epatomegalia lieve - Cardiomegalia massiva, ipotonia
generalizzata lisosomiale rigonfiamento dei lisosomi muscolare e insufficienza
- malattia di Pompe (maltasi acida) con glicogeno, con la cardiorespiratoria entro 2 anni; una
(tipo II) creazione di un profilo forma meno severa delI'aduIto con I

citoplasmatico reticolato esclusivo coinvolgimento


Cardiomegalia - glicogeno scheletrico, che si presenta con
nel sarcoplasma nonché miopatia cronica
legato alla membrana
Muscolatu ra scheletrica -
alterazioni simili a quelle
cardiache

vasta maggioranza dei casi, le mutazioni che provocano il cancro O Mentre le malattie complesse derivano dalfereditarietà collettiva
colpiscono le cellule somatiche e quindi non sono trasmesse alla di molti polimorfismi, i diversi polimorfismi si differenziano per
linea germinale. Nel 5% circa di tutte le neoplasie, tuttavia, le mu- importanza. Dei 20-30 geni implicati nel diabete di tipo 1, ad
tazioni trasmesse attraverso la linea germinale contribuiscono allo esempio, i più importanti sono solo 6-7 e pochi alleli I-ILA con-
sviluppo del cancro. La maggior parte delle neoplasie familiari è tribuiscono a determinare oltre il 50% del rischio di sviluppare
ereditata con modalità autosomica dominante, ma sono stati anche la patologia (Cap. 24).
descritti alcuni casi di malattia recessiva (argomento discusso nel O Alcuni polimorfismi sono comuni a più malattie dello stesso tipo,
Cap. 7). Le forme specifiche di tumore familiare sono descritte nei mentre altri sono specifici per una data patologia, come esempli-
capitoli di pertinenza. ficato chiaramente dalle malattie infiammatorie immuno-mediate I
I
(Cap. 6).

Malattie multigeniche complesse Numerose caratteristiche fenotipiche normali come il colore dei
capelli, il colore degli occhi, il colore della pelle, l`altezza e l'intelli-
Come esposto precedentemente, le malattie multigeniche complesse genza sono regolate da unereditarietà di tipo multifattoriale. Questi i
sono causate da interazioni tra varianti geniche e fattori ambientali. caratteri mostrano una variabilità di tipo continuo nella popolazione
Una variante genica che ha almeno due alleli e che si verifica in al- con la caratteristica curva di distribuzione a campana. Le influenze
meno l'1% della popolazione è definita polimorfismo. Secondo ambientali, tuttavia, modificano in modo significativo l'espressio-
lfipotesi della malattia comune/variante comune, le malattie multi- ne fenotipica dei caratteri multifattoriali. Il diabete mellito di tipo
geniche complesse si verificano quando vengono ereditati molti 2, ad esempio, possiede molte delle caratteristiche di una malattia
polimorfismi, ciascuno con un effetto modesto e a bassa penetran- multifattoriale. É clinicamente accertato che i soggetti spesso mani-
za.3° Due elementi aggiuntivi sono però emersi da studi sulle malattie festano perla prima volta questa malattia dopo un aumento di peso,
complesse comuni come il diabete di tipo 1: e ciò significa che l°obesità cosi come altri fattori ambientali promuove I
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A. NORMALE L'attribuzione di questa modalità di trasmissione a una malattia
richiede cautela. Numerosi fattori devono essere presi in considera-
zione, in primo luogo la distribuzione familiare e l'esclusione delle I
Tessuti vari modalità di trasmissione mendeliana e cromosomica. La presenza
di livelli di gravità variabili nelle manifestazioni patologiche è un
possibile indizio di malattia multigenica complessa ma, come pun-
I I
Glucosio
ematico MuSC°l° tualizzato in precedenza, anche l'espressività variabile e la penetranza
incompleta di singoli geni mutati possono spiegare questo fenomeno.
Per tutte queste ragioni, distinguere l'ereditarietà mendeliana dall'ere-
ditarietà multifattoriale è talvolta difficile.
I
B. MALATTIA DA ACCUMULO DI GLICOGENO - TIPO EPATICO Malattie cromosomiche
CARIOTIPO NORMALE
Come è ben noto, le cellule somatiche umane contengono 46 cro-
mosomi, i quali comprendono 22 coppie omologhe di autosomi e
Bassa disponibilità due cromosomi sessuali - XX nella femmina e XY nel maschio.
di glucosio ematico
Lo studio dei cromosomi - cariotipizzazione - è lo strumento fon-
damentale del citogenetista. La procedura usuale per esaminare i
C. MALATTIA DA ACCUMULO DI GLICOGENO - TIPO cromosomi consiste nell'arrestare la divisione cellulare in metafase
MIOPATICO con inibitori del fuso mitotico (ad es. N-deacetil-N-metilcolchicina ilI
Glicolisi Icolcemidel) e quindi nel colorare i cromosomi. In una piastra
Glucosio Ø Flidottaf.- metafasica, i singoli cromosomi hanno la forma di due cromatidi
( L roduzione collegati a livello del centromero. Un cariotipo è ottenuto ordinando I
I
17 Glicogeno di energia ciascuna coppia di autosomi a seconda della lunghezza, con i cro-
I

mosomi sessuali in ultima posizione.


FIGURA 5.16 A. Metabolismo normale del glicogeno nel fegato e nel Sono stati sviluppati numerosi metodi di colorazione che con-
muscolo scheletrico. B. Effetti di un deficit ereditario degli enzimi epatici
coinvolti nel metabolismo del glicogeno. C. Conseguenze di un deficit sentono fidentificazione di ciascun singolo cromosoma sulla base di I

genetico degli enzimi che metabolizzano il glicogeno nei muscoli una distribuzione caratteristica e riproducibile di bande chiare e
scheletrici. scure. Quello più comunemente usato prevede una colorazione
Giemsa ed è perciò chiamato bandeggio G. Un normale cariotipo
maschile con bandeggio G è illustrato nella Figura 5.18. Un bandeg-
il manifestarsi del carattere genetico per il diabete. Le influenze gio G standard consente di individuare approssimativamente da
nutrizionali possono perfino determinare stature differenti nei ge- 400 a 800 bande per ogni aploide. La risoluzione ottenuta con le
melli monozigoti, mentre un bambino che non riceve stimoli cul- tecniche di bandeggio può essere decisamente migliorata analizzando
turali non riesce a raggiungere una piena capacità intellettiva. cellule in profase. I singoli cromosomi appaiono notevolmente

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FIGURA 5.17 Malattia di Pompe (malattia da accumulo di glicogeno di tipo II). A. Miocardio normale con abbondante citoplasma eosinofilo. B. Le fibre
miocardiche di un paziente con malattia di Pompe (stesso ingrandimento) sono piene di glicogeno, che si presenta sotto forma di spazi chiari. (Per gentile
concessione del Dr. Trace Worrell, Department of Pathology, University ofTe><as Southwestern Medical Center, Dallas, TX)
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CROMOSOMA X
I l< Il fil/I 'I Cariotipo con bandeggio G di un maschio normale I46,XY) Iper gentile concessione del Dr. Stuart Schwartz, Department of Pathology,
University of Chicago, Chicago, IL). Viene inoltre mostrato il modello a bande del cromosoma con X, con nomenclatura di braccia, regioni, bande e
sottobande.
I

allungati e si possono riconoscere fino a 1.500 bande per cariotipo. normale di cromosomi si esprime come 46,XX perla femmina
Lluso di queste tecniche di bandeggio permette di identificare con e 46,XY per il maschio. Ogni multiplo esatto del numero aploide è
sicurezza ogni cromosoma nonché di individuare i precisi punti di detto euploide. Se tuttavia si verifica un errore in meiosi o mitosi e
rottura e altre piccole alterazioni, descritte oltre. una cellula eredita un corredo cromosomico che non è un multiplo
Prima di concludere questa trattazione sul cariotipo normale, è esatto di 23, si parla di aneuploidia. Le cause comuni di aneuploidia
dbbbligo un accenno alla terminologia citogenetica comunemente sono la non disgiunzione e il ritardo anaƒasico. Se la non disgiunzione
impiegata. I cariotipi sono abitualmente descritti utilizzando un si verifica durante la gametogenesi, i gameti formati avranno o un
sistema stenografico di annotazioni, nell°ordine seguente: prima si cromosoma extra (n+1) o un cromosoma in meno (n-1). La fecon-
indica il numero totale dei cromosomi, seguito dalfindicazione dei dazione di tali gameti da parte di gameti normali dà luogo a due tipi
cromosomi sessuali e, infine, dalla descrizione delle anomalie in di zigoti, trisomici (2n+1) o monosomici (Zn-1). Nel ritardo anafa-
ordine numerico crescente. Un maschio con trisomia 21, ad esempio, sico, un cromosoma omologo in meiosi oppure un cromatide in
è indicato con la notazione 47,Xl§ +21 . Alcune delle annotazioni che mitosi è in ritardo e rimane fuori dal nucleo cellulare. Il risultato è
indicano alterazioni strutturali dei cromosomi sono descritte suc- una cellula normale e una cellula con monosomia. Come vedremo
cessivamente nei paragrafi dedicati alle singole anomalie. Dobbiamo in seguito, la monosomia o la trisomia a carico dei cromosomi
ricordare che il braccio corto di un cromosoma è chiamato p (da sessuali - o aberrazioni ancora più strane - sono compatibili con la
petit, piccolo) e il braccio lungo è chiamato q (la lettera successiva vita e sono di solito associate a gradi variabili di anomalie fenotipi-
dellialfabeto). In un cariotipo con bandeggio, ciascun braccio del che. La monosomia che interessa un autosonia generalmente comporta
cromosoma è suddiviso in due o più regioni delimitate da bande una perdita eccessiva di informazione genetica per permettere la na-
evidenti. Le regioni sono numerate (ad es. 1, 2, 3) dal centromero scita o persino l'emlJriogenesi, ma alcune trísornie autosomiclie con-
verso l'esterno e ogni regione è ulteriormente suddivisa in bande e sentono la sopravvivenza. Con l'eccezione della trisomia 21, tutte
sottobande, anch'esse ordinate numericamente (Fig. 5.18). Llanno- portano a bambini gravemente menomati che quasi invariabilmente
tazione Xp21.2 si riferisce quindi a un segmento cromosomico lo- muoiono in età precoce.
calizzato sul braccio corto del cromosoma X, nella regione 2, banda Occasionalmente, errori mitotici nelle primefasi di sviluppo danno
1 e sottobanda 2. origine a due o piùpopolazioni di cellule con corredi cromosomici
differenti, una condizione nota come mosaicismo. Il mosaicismo può
ANOMALIE STRUTTURALI DEI CROIVIOSOIVII derivare da errori mitotici durante la divisione dellloocita fecondato
o durante la divisione di cellule somatiche. ll mosaicismo dei cro-
Le aberrazioni che stanno alla base delle malattie citogenetiche mosomi sessuali è relativamente comune. Nella prima divisione
possono presentarsi sotto forma di un numero alterato di cromosomi dellfoocita fecondato, un errore può portare una delle cellule figlie a
o di alterazioni nella struttura di uno 0 più cromosomi. Il numero ricevere tre cromosomi sessuali, mentre l'altra ne riceve solo uno,
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deter c u - t r a .› ad esempio un mosaico 45,X/47,XXX. Tutte le cellule interstiziali avvengono quando ci sono due rotture entro un braccio
che derivano da ciascuno di questi precursori hanno pertanto un cromosomico, seguite da perdita del materiale cromosomico tra le
corredo 47,XXX o un corredo 45,X. Una simile paziente è una va- rotture e dalla fusione delle estremità spezzatejšsiste un metodo di
riante a mosaico della sindrome di Turner, con un”estensione notazione anche per indicare in quale regione (0 regioni) e in quali I .
dell'espressione fenotipica che dipende dal numero e dalla distribu- bande si sono verificate le rotture: 46,XY,del(16)(p11.2p13.1), ad
zione delle cellule 45,X. esempio, definisce i punti di rottura nel braccio corto del cromosoma
Il mosaicismo degli autosomi è molto meno comune di quello 16 in 16p11.2 e 16p13. 1 con perdita di materiale tra le rotture. Le
che coinvolge i cromosomi sessuali. Un errore in una divisione deiezioni terminali derivano da una singola rottura in un braccio I
mitotica precoce degli autosomi porta di solito a un mosaico non cromosomico che produce un frammento senza centromero, il quale I
vitale a causa di monosomia autosomica. In alcuni casi una linea viene perso alla successiva divisione cellulare, e un cromosoma re-
cellulare non vitale va persa durante fembriogenesi, dando origine cante una delezione. L'estremità del cromosoma viene protetta me- I
a un mosaico vitale (ad es. 46,XY/47,XY,+21). Un soggetto di questo diante acquisizione di sequenze telomeriche.
tipo è un mosaico della trisomia 21 con espressione variabile della Il cromosoma ad anello rappresenta una forma particolare di
sindrome di Down, a seconda della percentuale di cellule che por- delezione. Si produce quando avviene una rottura su entrambe le
tano la trisomia. estremità di un cromosoma, con fusione delle estremità danneggiate
Una seconda categoria di aberrazioni cromosomiche è caratte- (si veda Fig. 5.19). L'eventuale perdita di materiale genetico impor-
rizzata da alterazioni nella struttura dei cromosomi. Per essere visi- tante si traduce in alterazioni fenotipiche. Questa anomalia viene
bile con le consuete tecniche di bandeggio, queste alterazioni devono indicata come 46,Xl{r(14). I cromosomi ad anello non si compor-
coinvolgere una quantità piuttosto cospicua di DNA (circa 2-4 mi- tano normalmente in meiosi o mitosi e in genere sono causa di gravi
lioni di paia di basi), contenente molti geni. La risoluzione è molto alterazioni. I
più elevata con l'ibridazione fluorescente in situ (FISH), che consente L”inversione si riferisce a un riarrangiamento dovuto a due rotture
di individuare piccole variazioni nell'ordine di chilobasi. Le altera- all'interno di un singolo cromosoma con reincorporazione del seg-
zioni strutturali dei cromosomi in genere derivano da rotture mento centrale invertito (si veda Fig. 5.19). L'inversione che interessa
cromosomiche seguite da perdita o riarrangiamento di materiale un solo braccio del cromosoma è definita paracentrica. Se le rotture
genetico e si verificano spontaneamente con una bassa frequenza sono sui lati opposti del centromero, l'inversione si definisce invece
che aumenta in seguito a esposizione a mutageni ambientali, come pericentrica. Le inversioni in genere sono perfettamente compatibili
sostanze chimiche e radiazioni ionizzanti. Nei paragrafi che seguono con uno sviluppo normale.
descriveremo brevemente le più comuni forme di alterazione della La formazione di un isocromosoma si verifica quando un braccio I
struttura cromosomica e le annotazioni utilizzate per indicarle. di un cromosoma viene perso e il braccio rimanente viene dupli-
Delezione vuol dire perdita di una porzione cromosomica cato, dando luogo a un cromosoma costituito solamente da due I

(Fig. 5.19). La maggior' parte delle delezioni è di tipo interstiziale, braccia corte o da due braccia lunghe (si veda Fig. 5.19). Un iso-
ma in rari casi si possono verificare deiezioni terminali. Le deiezioni cromosoma possiede quindi la stessa informazione genetica in

TFIASLOCAZIONI
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Il V Fusione centrica
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vivi interessa il braccio lungo del cromosoma X ed è indicato come


i(X)(qI0). L'isocromosoma Xq è associato a monosomia per i geni
del braccio corto della X e a trisomia per i geni del braccio lungo
della X. - 4;-¬_-, f
In una traslocazione, un segmento di un cromosoma viene l
trasferito a un altro (si veda Fig. 5.19). In una forma chiamata i
traslocazione bilanciata reciproca si producono rotture singole in
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ciascuno dei due cromosomi, con scambio di materiale. Una tra- .¬
slocazione bilanciata reciproca tra il braccio lungo del cromosoma
2 e il braccio corto del cromosoma 5 si indica come 46,XX,t(2;5)
(q31;p14). Questo soggetto ha 46 cromosomi con morfologia alte-
rata di uno dei cromosomi 2 e di uno dei cromosomi 5. Poiché non
c'è stata perdita di materiale genetico, è probabile che il soggetto sia
fenotipicamente normale. Un portatore di traslocazione bilanciata,
tuttavia, è a maggior rischio di produrre gameti alterati. Nel caso
citato sopra, ad esempio, si potrebbe formare un gamete contenente
un cromosoma 2 normale e un cromosoma 5 traslocato. Un gamete
con questa struttura sarebbe sbilanciato poiché non conterrebbe il
normale corredo di materiale genetico. La successiva fecondazione I ' 11 L'analisí FISH di un nucleo in interfase, tramite l'utilizzo di
da parte di un gamete normale porterebbe alla formazione di uno sonde locus-specifiche per il cromosoma 13 (verde) e per il cromosoma 21
zigote anormale (sbilanciato) che può essere causa di aborto spon- (rosso), mostra tre segnali rossi indicanti una trisomia 21. (Per gentile
taneo o di nascita di un bambino malformato. L'altro importante concessione del Dr. Stuart Schvvartz, Department of Pathology, University
ot Chicago, Chicago, IL) l
tipo di traslocazione è chiamato traslocazione robertsoniana
(0 fusione centrica) e consiste nella traslocazione tra due cromo-
somi acrocentrici. Tipicamente le rotture avvengono vicino al cen- un numero normale di cromosomi, ma il materiale extracromosomico
tromero di ciascuno dei due cromosomi. Il trasferimento dei è presente sotto forma di traslocazione. Come ricordato in prece-
segmenti porta quindi alla formazione di un cromosoma molto denza, la causa più frequente di trisomia e quindi della sindrome di
grande e di uno estremamente piccolo. Spesso quello più piccolo Down è la non disgiunzione meiotica. I genitori di questi bambini i
viene perso (si veda Fig. 5.19) ma poiché porta solo geni altamente hanno un cariotipo normale e sono normali sotto tutti i punti di ›
ripetuti (ad es. i geni per l›RNA ribosomiale), tale perdita è com- vista.
patibile con un fenotipo normale. La traslocazione robertsoniana L'età della madre ha unaforte influenza sirlfincidenza della triso-
r

tra due cromosomi si riscontra in 1 individuo su 1.000 apparente- mia 21. Quest°ultima si manifesta, infatti, in 1 su 1.550 nati vivi li

mente normali. Anche questa forma di traslocazione può portare quando la donna ha meno di 20 anni e in 1 su 25 nati vivi quando
alla comparsa di progenie anormale, come descritto nel paragrafo la madre è ultraquarantacinquenne. La correlazione con lieta della
sulla sindrome di Down. madre suggerisce che nella maggior parte dei casi la non disgiun-
Molte altre aberrazioni cromosomiche di tipo numerico e strut- zione meiotica del cromosoma 21 avvenga nella cellula uovo. Studi
turale sono descritte in testi specializzati e continua a crescere il in cui i polimorfismi del DNA sono stati usati per definire l`origine
numero di cariotipi anomali identificati in diverse malattie. Come parentale del cromosoma 21 hanno rivelato che nel 95% dei casi con
sottolineato in precedenza, le malattie cromosomiche clinicamen- trisomia 21 il cromosoma soprannumerario è di origine materna.
te individuate rappresentano solo la “punta dell”iceberg”. Si valuta Sebbene siano state avanzate molte ipotesi, la causa dell'aumentata
che il 7,5% circa di tutti i concepimenti abbia un'anomalia cromo- suscettibilità della cellula uovo alla non disgiunzione rimane
somica, nella maggior parte dei casi non compatibile con la soprav- sconosciuta.
vivenza 0 con la nascita. Persino nei bambini nati vivi, la frequenza Nel 4% circa dei casi di sindrome di Down, il materiale extracro-
si aggira attorno allo 0,5-1,0%. Esula dall”intento di questo libro mosomico deriva dalla presenza di una traslocazione robertsoniana
discutere la maggior parte delle malattie cromosomiche clinica- del braccio lungo del cromosoma 21 su un altro cromosoma acro- r

mente riconoscibili e ci limiteremo pertanto ad analizzare quelle centrico (ad es. 22 0 14). Poiché la cellula uovo fecondata possiede
più comuni. già due autosomi 21 normali, il materiale traslocato fornisce la stessa
dose genica triplicata della trisomia 21. Casi del genere sono fre-
MALATTIE CITOGENETICHE quentemente (ma non sempre) familiari e il cromosoma traslocato
CHE INTERESSANO GLI AUTOSONII viene ereditato da uno dei genitori (abitualmente la madre) che è l
portatore di una traslocazione robertsoniana, ad esempio una madre l
Trisomia 21 (sindrome di Down) con cariotipo 45,XX,der(14;21)(q10;q10).
Circa l”1% dei soggetti affetti da sindrome di Down è un mosaico
La sindrome di Down è la più comune tra le malattie cromosomiche che in genere presenta una combinazione di cellule con 46 e 47
ed è una delle cause principali di ritardo mentale. Negli Stati Uniti cromosomi. Questo mosaicismo deriva da una non disgiunzione
l°incidenza nei neonati è di circa 1 su 700. Dei soggetti affetti, circa mitotica del cromosoma 21 durante uno stadio precoce dell'embrio-
il 95% presenta una trisomia 21 - e ha quindi un numero di cromo- genesi. I sintomi in questi casi sono variabili e più lievi, a seconda
somi pari a 47. In tali casi, la FISH con sonde specifiche per il cro- della proporzione di cellule alterate. Chiaramente, nei casi a'i sindro-
mosoma 21 consente di rilevare la copia extra del cromosoma 21 me di Down da traslocazione 0 mosaicismo Vetri della madre non ha
(Fig. 5.20). La maggior parte dei soggetti appartenenti all`altro 5% ha importanza.
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piatto TRISOMIA 21: SINDROME DI DOWN
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singola Trisomia 21: 47,XX, +21
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Tipo di traslocazione: 46,XX,der(14;21) (q10;q10), +21 i

Tipo di mosaicismo: 46,XX/47,XX, +21


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cardiaci 7 *
congeniti ; L
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intestinale \ ;
Predisposizione
alla leucemia
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Spazio interdigitale aumentato tra


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Incidenza: 1 su 8.000 nati /
Cariotipi: Maltormazioni renali
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Tipo di mosacismo: 46,XX/47,XX, +18 Q1
Abduzione limitata dell'anca ' H l

Microftalmia
Microcetalia
Polidattilia e ritardo
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Incidenza: 1 su 15.000 nati
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Cariotipi:
Trisomia 13: 47,XX, +13
Tipo di traslocazione: 46,XX,+13,der(13;14)(q10;q10)
Tipo di mosaicismo: 46,XX/47,XX, +13

Piedi a deformità convessa

- i Caratteristiche cliniche e cariotipi di alcune trisomie autosomiche.


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caratteristiche cliniche diagnostiche di questa condizione, quali Altre trisomie c u -tr

il profilo facciale piatto, le fessure palpebrali oblique e l'epicanto


(Fig. 5.21), sono di solito ben evidenti, fin dalla nascita." La sindro- Molteplici altre trisomie legate ai cromosomi 8, 9, 13, 18 e 22 sono
me di Down è una delle cause principali di grave ritardo mentale: state descritte. Tuttavia, solo la trisomia 18 (sindrome di Edwards) 3
circa l`80% di coloro che ne sono affetti ha un QI compreso tra 25 e e la trisomia 13 (sindrome di Patau) sono abbastanza frequenti da
50. Ironicamente, questi bambini gravemente svantaggiati possono meritare di essere brevemente menzionate in questa sede. Come
avere un carattere gentile e timido e possono essere educati più fa- si osserva nella Figura 5.21, queste due trisomie condividono nu-
cilmente rispetto ai loro fratelli normali più fortunati. Occorre sot- merosi aspetti clinici e cariotipici con la trisomia 21. La maggior
tolineare che alcuni mosaicismi con sindrome di Down mostrano parte dei casi deriva dunque da una non disgiunzione meiotica e
alterazioni fenotipiche lievi e spesso hanno persino un`intelligenza porta una copia completa in più del cromosoma 18 o 13. Come nella
normale o quasi normale. Oltre alle alterazioni fenotipiche e al ri- sindrome di Down, si nota inoltre uniassociazione con l”aumento i
s
tardo mentale già menzionati, esistono alcune altre manifestazioni dell`età materna, ma rispetto alla trisomia 21 le malformazioni sono
cliniche degne di nota. molto più gravi ed estese. Di conseguenza, solo raramente questi 1
i
neonati sopravvivono oltre il primo anno di vita: la maggior parte i
O Il 40% circa dei soggetti presenta cardiopatie congenite, nella muore entro alcune settimane o mesi.
maggior parte dei casi alterazioni del cuscinetto endocardico,
comprendenti ostium primum, difetto del setto atriale, malfor-
mazioni delle valvole atrioventricolari e alterazioni del setto Sindrome da delezione del cromosoma 22q11.2
ventricolare. I problemi cardiaci sono responsabili della maggio-
ranza dei decessi in età neonatale e nella prima infanzia. Si pos- La sindrome da delezione del cromosoma 22q11.2 comprende una
sono inoltre verificare numerose altre malformazioni congenite, serie di malattie che derivano da una piccola delezione della banda
comprese l'atresia esofagea e un piccolo intestino. ql 1.2 sul braccio lungo del cromosoma 22." La sindrome è piuttosto
O I bambini con trisomia 21 hanno un rischio da 10 a 20 volte comune e si manifesta in 1 nato su 4.000, ma spesso passa inosser-
maggiore di sviluppare leucemia acuta, sia linfoblastica sia mie- vata a causa delle manifestazioni cliniche variabili. Queste compren-
loide. I pazienti con leucemia mieloide acuta presentano nella dono cardiopatie congenite, anomalie del palato, dismorfismo fac-
maggior parte dei casi la forma megacarioblastica acuta” ciale, ritardo dello sviluppo e gradi variabili di immunodeficienza
O Praticamente tutti i pazienti con trisomia 21 che raggiungono i delle cellule T e ipocalcemia. In passato si pensava che queste ma-
40 anni sviluppano le alterazioni neuropatologiche tipiche della nifestazioni cliniche rappresentassero due malattie differenti: la
malattia di Alzheimer', una malattia neurodegenerativa. sindrome di DiGeorge e la sindrome velocardiofacciale. I pazienti con
O I soggetti con sindrome di Down hanno risposte immunita- sindrome di DiGeorge mostrano ipoplasia timica con conseguente
rie anomale che li predispongono a gravi infezioni, in particolare immunodeficienza delle cellule T (Cap. 6), ipoplasia paratiroidea
dei polmoni, e ad autoimmunità tiroidea. Sebbene siano state determinante ipocalcemia, numerose malformazioni cardiache che
osservate numerose anomalie, relative soprattutto alla funzio- interessano il tratto di efllusso e anomalie facciali lievi. Le caratteri-
l
nalità delle cellule T, la base dei disordini immunologici non è stiche cliniche della cosiddetta sindrome velocardiofacciale com- ›

chiara. prendono dismorfismo facciale (naso prominente, retrognazia),


palatoschisi, anomalie cardiovascolari e difficoltà di apprendimento.
Nonostante tutti questi problemi, la migliore assistenza medica Meno frequentemente, questi soggetti presentano anche immuno-
ha aumentato la longevità dei pazienti con trisomia 21. Attualmente deficienza. Fino a poco tempo fa la sovrapposizione delle caratteri-
l”età media del decesso è 47 anni (25 anni nel 1983). stiche cliniche di queste due condizioni (ad es. malformazioni car-
Sebbene il cariotipo e gli aspetti clinici della trisomia 21 siano diache e dismorfismo facciale) non fu compresa; solo la scoperta
conosciuti da decenni, le conoscenze circa la base molecolare della che queste due sindromi, a quanto pare non correlate, erano asso-
sindrome di Down sono scarse. Il cromosoma 21 contiene appros- ciate a un°anomalia citogenetica simile, ha portato a considerare le
simativamente 430 geni. Curiosamente, esistono numerosi gruppi manifestazioni cliniche sovrapposte. Studi recenti indicano che, oltre
di geni che ci si aspetta partecipino allo stesso processo biologico: ad avere una predisposizione per numerose malformazioni struttu-
ad esempio ci sono 16 geni coinvolti nel metabolismo energetico rali, i soggetti affetti dalla sindrome da delezione 22q11.2 sono
mitocondriale, altri che probabilmente influenzano lo sviluppo del esposti anche a un rischio particolarmente elevato di sviluppare
sistema nervoso centrale e un gruppo coinvolto nel metabolismo malattie psicotiche, come la schizofrenia e i disturbi bipolarifl Si
dell°acido folico. Non è noto in quale modo ciascuno di questi stima infatti che il 25% circa degli adulti con questa sindrome svi-
gruppi sia legato alla sindrome di Down. L'ipotesi della dose genica luppi schizofrenia. Viceversa, delezioni della regione possono essere
presume che le caratteristiche fenotipiche della trisomia 21 siano
correlate alla sovraespressione di geni. In realtà, solo il 37% circa
riscontrate nel 2-3% dei soggetti con schizofrenia a esordio infantile.
Il disturbo da deficit d'attenzione e iperattività è registrato inoltre
l
dei geni sul cromosoma 21 sono sovraespressi nella misura del nel 30-35% dei bambini affetti.
150%, mentre i rimanenti hanno gradi variabili di variazioni di La diagnosi di questa malattia può essere sospettata su base cli-
espressione. nica, ma può essere confermata solo tramite dimostrazione della
Un ulteriore elemento di complessità nella definizione dei geni delezione con la FISH (Fig. 5.22). Utilizzando questa metodica, il
specifici coinvolti nella patogenesi della sindrome di Down è legato 90% circa dei soggetti precedentemente diagnosticati come affetti
alla presenza sul cromosoma 21 di diversi geni miRNA che pos- da sindrome di DiGeorge e 1,80% di quelli con sindrome velocar-
sono interrompere la traduzione dei geni che mappano altrove nel diofacciale presenta una delezione 22q11.2.
genoma” Nonostante la disponibilità della mappatura genica del Anche il 30% dei soggetti con alterazioni cardiache conotroncali
cromosoma 21, pertanto, la comprensione della base molecolare ma senza altre caratteristiche tipiche di questa sindrome mostrano
della sindrome di Down avanza lentamente” delezioni della stessa regione cromosomica.

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Nel 1961, Lyonii descrisse l'inattivazione del cromosoma X
secondo quella che ora è comunemente nota come lwipotesi di
Lyon”. Questa postula che (1) solo uno dei crpmosomi X ègenetica-
mente attivo, (2) l'altro cromosoma X, sia esso di origine materna 0
paterna, va incontro a eteropicnosi e viene inattivato, (3) l'inattiva-
zione del cromosoma X materno o paterno avviene secondo un
pattern casuale in tutte le cellule della blastocistipressappoco al
16° giorno di vita embrionale e (4) l'inattivazione dello stesso cro-
mosoma Xpermane in tutte le cellule derivate da ciascuna cellula
precursore. Per la maggior parte, dunque, le femmine normali sono
l
in realtà mosaici e hanno due popolazioni di cellule, una con l`X ›

materno inattivato e l°altra con inattivazione del cromosoma X


paterno. Ciò spiega perché le femmine abbiano una dose di geni i

attivi legati all'X pari a quella dei maschi. L'X inattivo può essere i
osservato nel nucleo in interfase come una piccola massa di colo-
razione scura in contatto con la membrana nucleare nota come
corpo di Barr, o cromatina X. La base molecolare dell'inattivazione
l
 . ' ' FISH su cromosomi in metafase e su una cellula in interfase del cromosoma X coinvolge un unico gene chiamato XIST, il cui
ottenuti da un paziente con sindrome di DiGeorge: e evidente la delezione prodotto è un RNA non codificante che viene mantenuto nel nu-
della sonda TUPLE7 (nome ufficiale H/RA) localizzata sul cromosoma cleo, dove “riveste” il cromosoma X promuovendone la trascrizione
22q11.2. La sonda TUPLE1è di colore rosso, mentre la sonda di controllo, e iniziando un processo di silenziamento genico mediante modi-
localizzata a livello 22q, e di colore verde. La piastra metafasica mostra un
cromosoma 22 con un segnale verde (sonda di controllo) e un segnale ficazione della cromatina e metilazione del DNA. L`allele XIST è
rosso (dalla sonda TUPLE7). l_'altro cromosoma 22 mostra esclusivamente spento nel cromosoma X attivo."
un'ibridazione con la sonda di controllo (verde), ma nessun segnale rosso Sebbene inizialmente si pensasse che tutti i geni presenti sul
poiché su questo cromosoma si e verificata una delezione. La cellula in cromosoma X inattivo fossero “repressi”, studi molecolari più recenti
interfase mostra due aree di lbridazione con la sonda di controllo (verde) hanno rivelato che molti geni sfuggono alliinattivazione; tra questi,
ma anche una sola area di lbridazione con la sonda di TUPLE7 (rosso),
evidenziando una delezione del cromosoma 22q11.2. (Per gentile conces- il 21% dei geni su Xp e un numero minore (3%) di geni su Xq.
sione del Dr. Stuart Schvvartz, Department of Pathology, University of
Chicago, Chicago, IL)
Almeno alcuni dei geni espressi da entrambi i cromosomi X sono
importanti per una crescita e uno sviluppo normalifñ nozione sup-
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portata dal fatto che pazienti con monosomia del cromosoma X
(sindrome di Turner: 45,X) hanno gravi anomalie somatiche e go-
nadiche. Se fosse suflìciente una singola dose dei geni legati all'X,
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Le basi molecolari di questa sindrome non sono del tutto note. non ci si aspetterebbero effetti dannosi in tali casi. Inoltre, sebbene
La regione deleta è ampia (circa 1,5 megabasi) e include molti geni. un cromosoma X sia inattivato in tutte le cellule durante l'embrio-
Letei'ogeneità clinica, con predominanza delliimmunodeficienza in genesi, questo viene selettivamente riattivato negli ovogoni prima
alcuni casi (sindrome di DiGeorge) e predominanza del dismorfismo della prima divisione meiotica. Sembra quindi che entrambi i cro-
e delle malformazioni cardiache in altri, probabilmente riflette la mosomi X siano necessari per la normale oogenesi. 1
grandezza e la posizione variabile del segmento deleto di questa Riguardo al cromosoma Y, sappiamo bene che esso è necessario
regione genetica. Sono stati mappati circa 30 geni candidati nella e sufficiente per lo sviluppo maschile. Indipendentemente dal numero
regione deleta. Tra questi TBX1, un fattore di trascrizione T-box, è dei cromosomi X, la presenza di un solo Ydetermina il sesso maschile,
quello più strettamente associato alle caratteristiche fenotipiche di
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e il gene responsabile dello sviluppo dei testicoli (SRY, nella regione
questa sindrome.¬“ Tale gene è espresso nel mesenchima faringeo e del cromosoma Y che determina il sesso) è stato localizzato sulla
nella tasca endodermica dalla quale derivano le strutture facciali, il porzione distale del braccio corto. Per un periodo di tempo piuttosto
timo e la paratiroide. Tra i bersagli di TBX1 figura PAX9, un gene lungo, questo è stato considerato liunico gene importante sul cro- i
che controlla lo sviluppo di palato, paratiroide e timo. Chiaramente mosoma Y, ma recenti studi hanno messo in luce l'esistenza di un l l

rimangono ancora da identificare altri geni che contribuiscono ai cospicuo numero di famiglie geniche nella cosiddetta “regione Y
disturbi comportamentali e psichiatrici. maschio-specifica”, o regione MSYC" e si pensa che tutti questi geni
siano testicolo-specifici e coinvolti nella spermatogenesi. In tale
l
MALATTIE ClTOGENETlCHE contesto, rivediamo alcune caratteristiche comuni a tutte le malattie
CHE INTERESSANO I CROMOSOIVII SESSUALI con alterazioni dei cromosomi sessuali.

Le malattie genetiche associate ad alterazioni dei cromosomi sessuali O In generale, esse causano lievi problemi cronici in relazione allo
sono molto più comuni di quelle correlate alle aberrazioni autoso- sviluppo sessuale e alla fertilità. l
miche. Inoltre, gli sbilanciamenti (eccesso o perdita) dei cromosomi O Sono spesso di diflìcile diagnosi alla nascita e molte si riconosco-
sessuali sono molto meglio tollerati rispetto a sbilanciamenti ana- no per la prima volta alla pubertà.
loghi degli autosomi. In gran parte, questa tolleranza dipende da O Solitamente, quanto più alto è il numero dei cromosomi X, sia i
due elementi specifici dei cromosomi sessuali: (1) la lyonizzazione nei maschi sia nelle femmine, tanto maggiore è la probabilità di
o l”inattivazione di tutti i cromosomi X tranne uno e (2) la modesta ritardo mentale.
quantità di materiale genetico portato dal cromosoma Y.“ Una
sintetica analisi di queste caratteristiche sarà di ausilio per compren- I più importanti disturbi derivanti dalle aberrazioni dei cromo-
dere le malattie legate ai cromosomi sessuali. somi sessuali sono descritti brevemente di seguito. l
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..ome di Klinefelter ripetizioni di triplette CAG altamente polimorfiche. La rispost. c u -tr

funzionale agli androgeni è dettata in parte dal numero di ripetizioni


La sindrome di Klinefelter è meglio definita come ipogonadismo ma- di CAG, per cui in presenza di ripetizioni CAG più brevi l'effetto
schile e si verifica quando ci sono due o più cromosomi X e uno o più degli androgeni risulta più pronunciato. Nei soggetti con la sindrome l
cromosomi Yi* Rappresenta una delle più frequenti forme di malattia di Klinefelter, il cromosoma X - che porta il recettore degli andro-
genetica a carico dei cromosomi sessuali, nonché una delle più fre- geni con il numero più breve di ripetizioni CAG - è preferenzial-
quenti cause di ipogonadismo nel maschio. Ha un”incidenza di circa mente inattivato. Tale inattivazione non casuale dell)X lascia attivo
1 su 660 maschi nati vivi” e raramente può essere diagnosticata prima l`allele con il numero di ripetizioni CAG più lungo, il che spiega
della pubertà, in particolare perché le alterazioni testicolari non si l'ipogonadismo.
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sviluppano fino a quel momento. La maggior parte dei soggetti pre-
senta una caratteristica costituzione fisica con un aumento della di-
stanza tra la pianta del piede e liosso pubico, il che dà l`aspetto di un Sindrome diTurner
corpo allungato. Altre caratteristiche tipiche comprendono la costi-
tuzione fisica eunucoide con gambe innaturalmente lunghe, piccoli La sindrome di Turner' deriva dalla monosomia parziale o completa
testicoli atrofici spesso associati a un pene piccolo, e la mancanza dei del cromosoma X edè caratterizzata primariamente da ipogonadismo
caratteri secondari maschili come voce profonda, barba e la distri- in soggettiƒenotipicamentefemminili.51 È la più comune anomalia
buzione maschile dei peli pubici. Può essere inoltre presente gineco- legata al cromosoma sessuale nelle femmine, e colpisce 1 femmina
mastia. Il QI medio è alquanto più basso della norma, ma il ritardo su 2.000 nate vive.
mentale è raro. Nei pazienti con sindrome di Klinefelter si rileva una Le consuete tecniche citogenetiche consentono di osservare tre
maggiore incidenza di diabete di tipo 2 e di sindrome metabolica e, tipi di anomalie cariotipiche nei soggetti con sindrome di Turner.
curiosamente, il prolasso della valvola mitralica è riscontrato in circa Circa il 57% non possiede un intero cromosoma X, il che determina
il 50% dei soggetti adulti. É evidente che le caratteristiche cliniche di un cariotipo 45,X. Del rimanente 43%, approssimativamente un
questa condizione sono variabili e il solo elemento costante è l”ipo- terzo (circa il 14%) presenta anomalie strutturali dei cromosomi X,
gonadismo. I livelli plasmatici di gonadotropina, in particolare di e due terzi (circa il 29%) sono mosaici. Lieffetto complessivo delle
ormone follicolo-stimolante, sono notevolmente alti, mentre i livelli anomalie strutturali è l`induzione di una monosomia parziale del
di testosterone sono ridotti in misura variabile. I livelli plasmatici cromosoma X. In ordine di frequenza, le anomalie strutturali del
medi di estradiolo sono elevati per via di un meccanismo ancora cromosoma X comprendono: (1) un isocromosoma del braccio
sconosciuto. ll rapporto tra estrogeni e testosterone determina, nei lungo, 46,X,i(X)(q10), determinante la perdita del braccio corto;
singoli casi, il grado di femminilizzazione. (2) la delezione di porzioni di entrambe le braccia - lunghe e corte
La sindrome di Klinefelter rappresenta uniimportante causa ge- - con conseguente formazione di un cromosoma ad anello, 46,X,r(X);
netica di spermatogenesi ridotta e di infertilità maschile.5“ In alcuni e (3) delezione di porzioni del braccio lungo o corto, 46X,del(Xq) o
pazienti i tubuli seminiferi sono totalmente atrofici e sostituiti da 46X,del(Xp). I soggetti con mosaicismo presentano una popolazione
residui ialini di collagene; in altri, tubuli apparentemente normali cellulare 45,X insieme a uno o più tipi cellulari con cariotipo normale
sono frammisti a tubuli atrofici. In alcuni soggetti, tutti i tubuli sono o anomalo. Tra i cariotipi riscontrabili nelle femmine Turner a mo-
primitivi e appaiono embrionali, ossia composti da cordoni di cellule saico figurano i seguenti: (1) 45,X/46,XX, (2) 45,X/46,XY,
che non hanno costituito un lumen né hanno raggiunto una sper- (3) 45,X/47,XXX o (4) 45,X/46,X,i(X)(q10). Studi suggeriscono che
matogenesi matura. Le cellule di Leydig appaiono prominenti, a la prevalenza di mosaicismo nella sindrome di Turner può essere
causa dell'atrofia e della struttura compatta dei tubuli nonché delle molto maggiore del 30% rilevato dagli esami citogenetici conven-
elevate concentrazioni di gonadotropina. zionali. Con l'impiego di tecniche più sensibili- come la FISH (trat-
I pazienti affetti dalla sindrome di Klinefelter hanno un rischio tata in seguito) e la reazione a catena della polimerasi (PCR) - e
maggiore di sviluppare tumore al seno (20 volte più frequente che l”analisi di più di un tipo cellulare (ad es. sangue periferico e fibro-
nei maschi normali), tumori delle cellule germinali extragonadiche blasti), la prevalenza della sindrome di Turner a mosaico sale al 75%.
e malattie autoimmuni come il lupus eritematoso sistemico. Poiché il 99% dei concepimenti con cariotipo 45,X non è vitale, molti
Il profilo tipico della sindrome di Klinefelter è associato al cario- esperti ritengono che non esistano in realtà soggetti con sindrome
tipo 47,XXY (90% dei casi). Questo assetto deriva dalla non disgiun- di Turner non a mosaico. Malgrado tale questione rimanga contro-
zione durante le divisioni meiotiche in uno dei genitori. Le non versa, è importante riconoscere l'eterogeneità cariotipica associata
disgiunzioni materna e paterna durante la prima divisione meiotica alla sindrome di Turner poiché essa è responsabile delle significative
sono implicate all”incirca nella stessa misura. Non cè differenza fe- variazioni del fenotipo. Nei pazienti che sono realmente 45,X o in
notipica tra coloro che ricevono il cromosoma X extra dal padre e cui la percentuale di cellule 45,X è alta, le alterazioni fenotipiche
coloro che lo ereditano dalla madre. L”età della madre è maggiore sono più gravi rispetto a coloro che hanno un mosaicismo facilmente
nei casi associati a errori nellioogenesi. Oltre a questo cariotipo determinabile. Questi ultimi possono avere un aspetto pressoché
classico, nel 15% circa dei soggetti con sindrome di Klinefelter sono normale e manifestare solo amenorrea primaria. In modo analogo,
stati riscontrati numerosi mosaici, la maggior parte dei quali di tipo i soggetti con una popolazione di cellule contenente un cromosoma
46,XY/47,XXY. Altri pattern sono 47,XXY/48,XXXY e variazioni sul Y (ad es. cariotipo 45,X/46,XY) possono essere a rischio di svilup-
tema. Come accade nelle femmine normali, tutti i cromosomi X pare una neoplasia gonadica (gonadoblastoma).
eccetto uno sono inattivati nella sindrome di Klinefelter. Perché I soggetti più gravemente colpiti in genere manifestano durante
dunque i pazienti con questa sindrome presentano ipogonadismo e l'infanzia edema del dorso della mano e del piede (a causa della stasi
le caratteristiche a esso associate? La spiegazione risiede nel modello linfatica) e talvolta rigonfiamento della parte posteriore del collo.
di inattivazione dell°X. Il gene che codifica per il recettore degli Questiultimo è dovuto alla notevole dilatazione dei vasi linfatici, che
androgeni, attraverso cui il testosterone media i propri effetti, mappa produce un cosiddetto igroma cistico (Cap. 10). Quando questi
sul cromosoma X. Il gene del recettore per gli androgeni contiene bambini si sviluppano, i rigonfiamenti scompaiono ma spesso l 1

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Cariotipi: I

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infertilità,
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periferico
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I If ll 'I-1” -«'14 Caratteristiche cliniche e cariotipi della sindrome diTurner.

residuano uno pterigio bilaterale e persistente lassità della pelle nella Come indicato in precedenza, entrambi i cromosomi X sono attivi
parte posteriore del collo. Comune è anche il disturbo cardiaco durante l”oogenesi e sono essenziali per il normale sviluppo delle
congenito, che colpisce dal 25 al 50% dei pazienti. Le anomalie car- ovaie. Durante lo sviluppo fetale normale le ovaie contengono
diovascolari della parte sinistra, in particolare la coartazione pre- 7 milioni di oociti. Gli oociti scompaiono gradualmente: al menarca
duttale dell'aorta e della valvola aortica bicuspide, sono evidenziate il loro numero è sceso a soli 400.000 e quando inizia la menopausa
molto frequentemente e proprio le anomalie cardiovascolari rappre- ne rimangono meno di 10.000. Nella sindrome di Turner, le ovaie
sentano la causa più importante di aumento della mortalità nei fetali si sviluppano normalmente nella fase precoce dell`embrioge-
bambini con sindrome di Turner” nesi, ma l'assenza del secondo cromosoma X porta a una perdita
Le principali caratteristiche cliniche nell'adolescente e nell'adul- accelerata degli oociti, che si completa entro i 2 anni d°età. In un
to sono illustrate nella Figura 5.23. Alla pubertà si osserva un man- certo senso, perciò, si può dire che la menopausa avviene prima del I
cato sviluppo dei normali caratteri sessuali secondari. I genitali restano menarca, e le ovaie sono ridotte a strisce fibrose atrofiche, prive di
infantili, lo sviluppo del seno è inadeguato e la peluria scarsa. Lo sta- ovuli e follicoli (ovaie a striscia). Poiché i pazienti con la sindrome
to mentale di questi soggetti è di solito normale, ma sono stati ri- di Turner presentano anche altre anomalie (non gonadiche), ne
portati lievi difetti nelfelaborazione delle informazioni non verbali, consegue che alcuni geni necessari per la normale crescita e il nor- I
visivo-spaziali. Nello stabilire la diagnosi nell`adulto riveste partico- male sviluppo dei tessuti somatici devono risiedere anche sul cro-
lare importanza la bassa statura (raramente vengono superati i mosoma X. Tra i geni coinvolti nel fenotipo di Turner vi è il gene
150 cm di altezza) e liamenorrea. La sindrome di Turner è la principale homeobox della bassa statura (SHOX) a livello Xp22.33. Questo è I

causa singola di amenorrea primaria ed è responsabile di circa un uno dei tanti geni che rimangono attivi in entrambi i cromosomi X I
terzo dei casi. Per ragioni non del tutto chiare, il 50% circa dei sog- e ha un omologo attivo sul braccio corto del cromosoma Y. Sia i
getti sviluppa autoanticorpi contro la tiroide e la metà di questi può maschi sia le femmine normali sono pertanto dotati di due copie di
sviluppare ipotiroidismo clinicamente evidente. Ugualmente miste- questo gene. Uaploinsuflicienza di SHOX dà origine alla bassa sta-
riosa è la presenza di intolleranza al glucosio, obesità e insulino- tura: le delezioni del gene SHOX sono infatti riscontrate nel 2-5% dei l

resistenza in una minoranza di soggetti. Quest`ultima è importante bambini di bassa statura altrimenti normali. In linea con il suo ruolo
perché la terapia con l'ormone della crescita, comunemente sommi- di regolatore fondamentale della crescita, il gene SHOX è espresso
nistrato a tali pazienti, peggiora liinsulino-resistenza. durante la vita fetale nelle cartilagini di coniugazione di diverse ossa
La patogenesi molecolare della sindrome di Turner non è del tutto lunghe, come il radio, l'ulna, la tibia e il perone, nonché nel primo I
e nel secondo arco faringeo, e se la mancanza di SHOX è sempre
conosciuta, ma gli studi hanno iniziato a chiarire alcuni aspetti”
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iciata alla bassa statura, la presenza di copie in eccesso di questo gonadi sono esclusivamente testicoli, ma i dotti genitali o i genna
gene risulta viceversa associata all'alta statura. Malgrado possa giu- esterni sono differenziati in maniera incompleta in senso maschile.
stificare il deficit di crescita nella sindrome di Turner, però, l'aploin- I genitali esterni sono ambigui o completamente femminili. Lo
sufficienza di SHOX non è in grado di spiegare altre importanti pseudoermafroditismo maschile è estremamente eterogeneo, con
caratteristiche cliniche come le malformazioni cardiache e le ano- una molteplicità di cause. Comune a tutti è l”alterata virilizzazione
malie endocrine. É dunque chiaro che debbano essere coinvolti delfembrione maschile, che di solito deriva da deficit geneticamente
anche molti altri geni localizzati sul cromosoma X. determinati nella sintesi degli androgeni o nella loro attività, o in
entrambi. La forma più comune, chiamata sindrome da completa |I
insensiløilita agli androgeni (femminilizzazione testicolare), deriva da
Ermafroditismo e pseudoermafroditismo
mutazioni nel gene che codifica per il recettore degli and1'ogeni.5“
Il problema delllambiguità sessuale è estremamente complesso ed è Questo gene è localizzato a livello Xq12, per cui questa malattia è I
possibile riportare in questa sede solo alcune limitate osservazioni, ereditata come un carattere recessivo legato all'X.
rimandando per maggiori dettagli alla letteratura specializzata.5`l I

Non sorprenderà gli studenti di medicina il fatto che il sesso di un


individuo possa essere definito a vari livelli. Il sesso genetico è dete1'- Malattie monogeniche con ereditarietà
minato dalla presenza o dalliassenza di un cromosoma Y e non
importa quanti siano i cromosomi X presenti: un singolo cromoso-
atipica
ma Y determina lo sviluppo dei testicoli e il genere genetico maschi-
le. Le gonadi inizialmente indifferenziate degli embrioni sia maschili È diventato sempre più evidente che la trasmissione di alcune ma-
sia femminili hanno una tendenza intrinseca a femminilizzarsi, a lattie monogeniche non segue i classici principi mendeliani. Questo
meno che non siano influenzate da fattori mascolinizzanti dipen- gruppo di malattie può essere suddiviso in quattro categorie:
denti dal cromosoma Y. Il sesso gonadico si basa dunque sulle carat- I
teristiche istologiche delle gonadi. Il sesso duttale dipende dalla
presenza dei derivati dei dotti di Müller 0 di Wolff. Il sessoƒenotipico,
0 Malattie causate da espansioni di t1'iplette ripetute
O Malattie causate da mutazioni nei geni mitocondriali I
o genitale, si basa sull`aspetto dei genitali esterni. Liambiguità sessuale O Malattie associate a imprinting genomico
è presente ogni qualvolta vi sia disaccordo t1'a questi differenti livelli O Malattie associate a mosaicismo gonadico.
nella determinazione del sesso.
Il termine ermafrodita vero implica la presenza di entrambi i tessuti Le caratteristiche cliniche e molecolari di alcune malattie mono-
ovarico e testicolare. Lo psezidoermaƒroditisnzo, per contro, rappresenta geniche che esemplificano i modelli di ereditarietà atipica (non I
una situazione di discordanza tra sessojenotipico e gonadico (una classica) sono descritte di seguito.
femmina pseudoermaf1'odita ha le ovaie ma è dotata di genitali
esterni maschili; un maschio pseudoermafrodita ha i testicoli ma
MALATTIE CAUSATE DA ESPANSIONI
genitali tipici della femmina).
DITRIPLETTE RIPETUTE
Uermafroditismo vero, che implica la presenza sia di tessuto ova-
rico sia di tessuto testicolare, è una malattia estremamente rara. In La scoperta nel 1991 dell'espansione di sequenze trinucleotidiche
alcuni casi, vi è un testicolo da un lato e un ovaio dall`altro, mentre quale causa della sindrome dell)X fragile è rimasta una pietra miliare
in altri casi si può osservare una combinazione di tessuto ova1'ico e nella genetica umana. Da allora, almeno 40 malattie umane (Tab. 5.8)
testicolare, nota come ovotestis. Il cariotipo è 46,XX nel 50% dei sono state ricondotte alla ripetizione di nucleotidi instabili,57 e il
soggetti; dei rimanenti, la maggior' parte sono mosaici con un cari- numero continua ad aumentare. Alcuni principi generali validi per
otipo 46,XX/46,XY. Solo di rado vi è un corredo c1'omosomico queste malattie sono i seguenti:
46,XY. La presenza dei testicoli implica che i soggetti con cariotipo
46,XX potrebbero possedere materiale cromosomico Y, e in pa1'ti- O Le mutazioni causali sono associate all'espansione di una sequen-
colare il gene SRY che impone la differenziazione testicolare. Effet- za di trinucleotidi che di solito posseggono i nucleotidi G e C. In
tivamente, l'analisi molecolare ha evidenziato espressione del gene tutti i casi il DNA è instabile e l”espansione delle triplette oltre una
SRY nell”ovotestis degli ermafroditi veri 46,XX, indicando un chi- determinata soglia altera la funzione del gene in vari modi, come
merismo criptico localizzato alle gonadi o probabilmente una tra- illustrato più avanti.
slocazione tra il cromosoma Y e un autosomafis 0 La propensione all'espansione dipende fortemente dal sesso del
Lo pseudoermafioditismo femminile è molto meno complesso. Il genitore che la trasmette. Nella sindrome dell'X fragile, le espan-
sesso genetico in tuttii casi è XX e lo sviluppo delle gonadi (ovaie) sioni avvengono durante lioogenesi, mentre nella malattia di
e dei genitali interni è normale. Solo gli organi genitali esterni sono Huntington si verificano durante la spermatogenesi.
ambigui o virilizzati. La base dello pseudoermafroditismo femminile O Da un punto di vista pratico, le mutazioni possono essere suddi-
è l'eccessiva e inopportuna esposizione agli steroidi and1'ogeni du- vise in due gruppi. Nel primo gruppo, in cui rientrano la sindrome
rante la p1'ima fase di gestazione. Tali steroidi derivano principal- dell)X fragile e la distrofia miotonica, le espansioni delle ripeti-
mente dalle sur1'enali fetali affette da iperplasia surrenale congenita, zioni avvengono nelle regioni non codificanti, mentre in alt1'e
che è trasmessa come carattere autosomico recessivo. In questi pa- condizioni, come la malattia di Huntington, le espansioni si ve-
zienti sono presenti difetti di biosintesi nella via del cortisolo, che rificano in regioni codificanti (Fig. 5.24).
porta secondariamente a un'eccessiva sintesi di steroidi androgeni
da parte della corteccia su1'renale fetale (Cap. 24). I meccanismi patogenetici alla base delle malattie causate da
Lo pseudoermafioditismo maschile rappresenta il più complesso mutazioni che coinvolgono le regioni codificanti sembrano essere
di tutti i disturbi del differenziamento sessuale. I soggetti caratteriz- diversi da quelli in cui le espansioni colpiscono regioni non
zati da tale condizione possiedono un cromosoma Y e quindi le loro codificanti.” I primi interessano di solito le ripetizioni della tripletta

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/N° di ripetizioni I
Malattia Gene Locus Proteina Ripetizione Normale Malattia I
ESPANSIONI RELATIVE A REGIONI NON CODIFICANTI

Sindrome dell'X fragile FMR/ Xq27.3 Proteina F MR1 (FMRP) CGG 6-53 60-200 (pre);
(FRAXA) >230 (full)
Atassia di Friedreich FXN 9q21.1 Fratassina GAA 7-34 34-80 (pre);
>100 (full)
Distrofia miotonica Dll/(PK 1sq13.3 Protein-chinasi della distrofia CTG 5-37 34-80 (pre);
miotonica (DMPK) >100 (full)
ESPANSIONI RELATIVE A REGIONI CODIFICANTI

Atrofia muscolare AH xq12 Recettore degli androgeni (AR) CAG 9-36 38-62
spinobulbare (malattia
di Kennedy)
Malattia di Huntington HTT 4p163 Huntingtína CAG 6-35 36-121
Atrofia dentato-rubro-pallido ATNL 12p1331 Atrofina-1 CAG 6-35 49-88
luisiana (sindrome di Haw
River)
Atassia spinocerebellare ATXN1 6p23 Atassina-1 CAG 6-44 39-82
di tipo 1
Atassia spinocerebellare ATXN2 12q24J Atassina-2 CAG 15-31 36-63
di tipo 2
Atassia spinocerebellare ATXN3 14q21 Atassina-3 CAG 12-40 55-84
di tipo 3 (malattia
di Machado-Joseph)
Atassia spinocerebellare CACNA2A 19p13.3 Subunità del canale del calcio CAG 4-18 21-33
di tipo 6 voltaggi o-dipendente am
Atassia spinocerebellare ATXN7 3p14.1 Atassina-7 CAG 4-35 37-306 i
I

di tipo 7 I

1
CAG che codifìcano per tratti di poliglutammina nelle proteine espansioni interessano regioni non codificanti, per contro, le muta-
corrispondenti. Tali “malattie da poliglutammina” sono caratteriz- zioni che ne conseguono sono mutazioni con perdita di funzione,
zate da progressiva neurodegenerazione, che di solito colpisce poiché la sintesi p1'oteica (ad es. quella della proteina del ritardo I' I

persone di mezza età. Le espansioni di poliglutammina po1'tano mentale familiare, PMRP) è inibita. Di solito, tali disturbi colpiscono
alliacquisizione di una funzione tossica, per cui la proteina anomala molti sistemi. Molte patologie da amplificazione di ripetizioni non
interferisce con la funzione della proteina normale” Il meccanismo codificanti, infine, sono caratterizzate da un gruppo di espansioni
preciso attraverso cui le proteine con poliglutammina espansa pro- di entità intermedia, o premutazioni, che estendono l'espansione a
vocano la malattia non è stato ancora totalmente compreso, ma sono livello delle cellule germinali, costituendo cosi mutazioni
comunque emersi alcuni elementi generali. Nella maggior parte dei complete.
casi le proteine sono strutturalmente alterate e tendono ad aggre-
garsi; gli aggregati possono sopprimere la trascrizione di altri geni,
causare disfunzione mitocondriale o scatenare la risposta da stress
Sindrome dell'X fragile
da proteine non ripiegate e l'apoptosi (Cap. 1). Una peculiare carat- La sindrome dell'Xfragile è ilprototipo delle malattie in cui la muta-
teristica morfologica di queste patologie è liaccumulo di proteine zione è caratterizzata da una lunga sequenza di ripetizione di tre I
mutate aggregate in ampie inclusioni intranucleari. Quando le nucleotidi. Sebbene la specifica sequenza nucleotidica che subisce

Promotore UTF1 Introne Esone UTR


I
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Espansioni

Sequenze CCCCGCCCCGCG Tripletta Tripletta Tripletta Tripletta


12 mer CGG GAA CAG CTG
Malattia Epilessia Sindrome Atassia Malattia Distrofia
mioclonica* delI'X fragile di Friedreich di Huntington miotonica
' I 1 . '1 Sedi di espansione e sequenze coinvolte nelle principali malattie provocate da mutazioni di ripetizioni nucleotidiche. UTR, regione non
tradotta.
*Sebbene non sia una malattia da triplette ripetute in senso stretto, l'epilessia mioclonica progressiva e causata - come altre patologie di questo gruppo -
da un'espansione ereditaria del DNA. ll segmento espanso si trova nella regione genica del promotore. Il
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CAPITOLO 5 Malattie genetiche

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gene per il ritardo mentale familiare 1 (FMR1). L'alterazione citoge-
netica è visibile come una discontinuità di colorazione oppure come
un restringimento nel braccio lungo del cromosoma X quando le ›

cellule sono coltivate in un mezzo privo di folato. Tale punto, in cui


sembra che il cromosoma sia “rotto”, è definito sitofragile (Fig. 5.25).
Occorre notare che nel genoma umano sono stati identificati più di
100 “siti fragili”. Molti, come quello osservato nella sindrome dell'X
fragile, sono sensibili all”assenza di folato nel mezzo, mentre altri
1'ichiedono differenti condizioni di coltura. Il significato della mag-
. ` ` ¬ ` . Xfragile, osservabile come una discontinuità di colorazione. gior parte dei siti fragili resta sconosciuto, dal momento che molti
(Per gentile concessione del Dr. Patricia Howard-Peebles, University of sono presenti in individui normali.
Texas Southwestern Medical Center, DalIas,TX) Nella sindrome dell'X fragile, i maschi affetti sono mentalmente
ritardati, con un QI t1'a 20 e 60, ed esprimono un fenotipo fisico
caratteristico che comprende un viso lungo con mandibola grossa,
l'amplificazione differisca nelle circa 20 malattie facenti parte di grandi orecchie a sventola e grossi testicoli (macro-orchidismo).
questo gruppo, nella maggior parte dei casi le sequenze colpite Le articolazioni iperestensibili, un palato a1'cuato e il prolasso della
condividono i nucleotidi guanina (G) e citosina (C). Nella trattazione valvola mitralica riportati in alcuni soggetti simulano una patologia
che segue considereremo le caratteristiche cliniche e la modalità di del tessuto connettivo. Queste e altre anomalie fisiche descritte in
trasmissione della sindrome dell”X fragile, per poi passare ad ana- tale condizione, tuttavia, non sono sempre presenti e, talora, sono
lizzare la lesione molecolare che ne costituisce la causa. Le rimanenti piuttosto lievi. La caratteristica più distintiva è il macro-orchidismo,
malattie appartenenti a questo gruppo sono descritte più avanti, in osservato in almeno il 90% dei maschi in età postpuberale.
questo e in altri capitoli. Come per tutte le malattie legate all'X, la sindrome dell)X fragile
Con una frequenza di 1 su 1.550 per i maschi e di 1 su 8.000 per colpisce i maschi. L'analisi di diversi alberi genealogici, tuttavia,
le femmine, la sindrome dell'X fragile è la seconda causa genetica più evidenzia alcune modalità di trasmissione che non sono tipiche di
comune di ritardo mentale dopo la sindrome di Down. Si tratta di altre malattie recessive legate all'X (Fig. 5.26), in pa1'te descritte
un disturbo legato all'X ca1'atterizzato da un'alterazione citogenetica sotto:“

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MASCHIO POFITATORE FEMMINA NORMALE

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Cromosomi X e Premutazione Normale

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FEMMINA PORTATRICE FEMMINA PORTATFIICE IMPARENTATO

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Cromosomi X ; Normale Normale/premutazione Normale Normale/premutazione Normale

Fenotipo ì Normale Normal Normale Normale Normale

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Cromosomi X 1+-E Mutazione Normale/mutazione Normale Normale
completa completa
50% delle femmine affetto, Normale Normale
Fenotipo Affetto spesso in maniera lieve
Albero genealogico di una sindrome dell'Xfragile. Si noti che nella prima generazione tutti i figli sono normali e tutte le figlie sono portatrici.
Durante I'oogenesi nella femmina portatrice, la premutazione si espande sino a mutazione completa; ne consegue che, nella generazione successiva, tutti
i maschi che ereditano il cromosoma X con mutazione completa saranno a'rfetti.Tuttavia, solo il 50% delle femmine che ereditano la mutazione completa
sarà affetto, e solo in maniera lieve. (Per gentile concessione del Dr. Nancy Schneider, Department of Pathology, University ofTexas Southwestern Medical
Center, Dallas, TX) i

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e dell'albero genealogico indicano essere portatori di una muta- tuale di cellule in cui è attivo il cromosoma X che porta la mutazio-
zione X fragile è clinicamente e citogeneticamente normale. ne). Recenti studi indicano che, dopotutto, le,premutazioni non sono
I poi'tatori maschi, poiché trasmettono il carattere attr'ave1'so tutte cosi benigne. Circa il 30% delleƒeiiiinine portatrici della premutazione
le lor'o figlie (fenotipicamente normali) ai nipoti affetti, -sono
definiti maschi normali portatori.
O Feimnine aflette. Le femmine portatrici sono affette (ossia men-
talmente r'itar'date) nel 30-50% dei casi, una percentuale molto
ha uifiizsimjicíeiiza ovarica precoce (pi'iina dei 40 anni) e cii'ca un
terzo dei maschi portatori della premutazione manifesta una sindrome
neurodegeiierativa progi'essiva che esordisce nella 6" decade di vita.
Questa sindrome, indicata come trernore/atassia associata all”X, è
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più alta di quella di altr'e malattie recessive legate all'X. car'atterizzata da tr'emore intenzionale e atassia cerebellar'e e può
O Rischio di efifettifenotipici. Il rischio dipende dalla collocazione degener'ar'e ver'so il parkinsonismo. E tuttavia chiar'o che le anomalie
dell'individuo nell`albero genealogico. I fratelli dei maschi por- nei portatori di pr'emutazioni sono più lievi e si manifestano più
tatori, ad esempio, sono esposti a un rischio del 9% di essere tai'di nel cor'so della vita.
mentalmente ritardati, mentre i nipoti dei maschi portatori han- La base molecolare del ritardo mentale e delle altre alterazioni I
no un r'ischio del 40%. somatiche è cor'r'elata a una perdita di funzione della proteina del i
O Anticipazione. Questo termine indica il fatto che le caratteristiche ritar'do mentale familiare (FMRP). Come indicato in precedenza, il I

cliniche della sindrome dell`X fragile peggior'ano a ogni genera-


zione successiva, come se la mutazione diventasse sempre più
gene normale FMR] contiene fino a 46 ripetizioni della tripletta CGG
nella sua regione 5' non t1'adotta. Quando le ripetizioni della tripletta I I
dannosa quando viene trasmessa da un maschio ai suoi nipoti e CGG nel gene FMR1 superano le 230 unità circa, il DNA dell”intera
pronipoti. regione 5) del gene viene metilato in modo anomalo. La metilazione
si estende anche a monte nella regione promotrice del gene, deter'-
Per anni queste insolite caratteristiche hanno costituito un pr'o- minando la soppressione della trascrizione di FMR1. Si pensa che
blema per i genetisti, ma gli studi molecolari hanno finalmente l”assenza di FMRP che ne consegue causi le alterazioni fenotipiche.
iniziato a far'e luce sulla complessità della sindrome dell'X fr'agile.“'“ FMRP è una proteina citoplasmatica esp1'essa in diversi tessuti,
La p1'ima scoperta è arrivata quando gli studi di associazione hanno più abbondante nel cervello e nei testicoli, i due or'gani maggior-
localizzato la mutazione responsabile di questa malattia su Xq27.3, mente colpiti in questa malattia. La funzione di FMRP nel cervello
all'interno della regione citogeneticamente anomala. In questa re- comincia ora a essere compresa” FMRP è una proteina legante
gione si trova il gene FMR1, car'atter'izzato da numerose ripetizioni l'RNA associata ai polisomi. A differenza di quanto osser'vato in altr'e
in tandem della sequenza nucleotidica CGG nella sua regione 5° non cellule, nei neuroni la sintesi delle proteine avviene sia nel citoplasma
tr'adotta. Nella popolazione normale, il numer'o di ripetizioni CGG per'inucleare sia nelle spine dendr'itiche. Stando alle conoscenze
è r'idotto e varia da 6 a 55 (media 29). La presenza dei sintomi clinici attuali, FMRP viene pr'ima ti'aspor'tata dal citoplasma al nucleo, dove I
e di un sito fragile citogeneticamente individuabile è correlata all'am- si assernbla in un complesso contenente specifici tr'ascr'itti di mRNA.
plificazione delle triplette CGG. I maschi portatori normali e le Il complesso assemblato è poi esportato nel citoplasma. Da qui, il
femmine portatrici presentano quindi da 55 a 200 ripetizioni CGG. complesso FMRP-mRNA è tr'asportato ai dendriti vicini alla sinapsi i
I
Espansioni di queste dimensioni sono chiamate pi'einutazioni. I (Fig. 5.27). Non tutte le specie di mRNA sono trasportate da FMRP
soggetti affetti, per contro, hanno un'espansione estremamente ampia
I
della regione 1'ipetuta (da 200 a 4.000 ripetizioni, o mutazione com-
pleta). Si pensa che le imitazioni complete nascano dall'ulteriore
amplificazione delle ripetizioni CGG osservate nelle premutazioni.
Il modo in cui questo processo si ver'ifica è abbastanza peculiare. I
maschi portatori trasmettono le ripetizioni alla pr'ogenie con piccoli
I
cambiamenti nel numer'o di ripetizioni. Quando la pr'emutazione è I

tr'asinessa da una femmina portatrice, tuttavia, vi è un'alta probabilità


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che si ve1'ifichi una notevole amplificazione delle ripetizioni CGG,
portando a ritardo mentale nella maggior par'te della progenie ma- *___ ._ìV oENoRiTE y I
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schile e nel 50% di quella femminile. Pare dunque che durante il
processo di oogenesi - ma non durante quello di spermatogenesi -
le preimitazioni possano essere trasformate in mutazioni mediante
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amplificazione della sequenza di triplette ripetute. Questo spiega FMRP E di , I_ _ , ,
l'inusuale modalità di trasmissione, ossia il fatto che la probabilità Ribosomi Proteine I
di ritar'do mentale sia molto più alta nei nipoti che nei fratelli dei
I Complesso
maschi portatori, giacché i nipoti cor'r'ono il rischio di er'editare una
FMRP-mRNP
pr'emutazione dal nonno che viene amplificata a “mutazione com-
pleta” negli oociti della madre. In confr'onto, i fratelli dei maschi
portatori, essendo “più in alto” nell'albero genealogico, hanno meno i jj Ribosomi
probabilità di avere una mutazione completa. Queste caratteristiche ASSONE I
molecolari hanno anche for'nito una spiegazione soddisfacente .,-fà? Proteine assonali
delfanticipazione, un fenomeno osser'vato dai genetisti clinici ma ì ,

non ritenuto vero dai genetisti molecolari finché non sono state
identificate le mutazioni da triplette ripetute. La ragione per cui solo I-`ir_ìi.Iii/I 5.*/Il Meccanismo d'azione della proteina del ritardo mentale
familiare (FMRP) nei neuroni. (Adattata da Hin P,Warren ST: New insights
il 50% delle femmine con mutazione completa sia clinicamente af- into fragile-X syndrome: from molecules to neurobehavior. Trends Biochem
fetta non è chiara. Presumibilmente, quelle clinicamente affette Sci 281152, 2003) I
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...dritiz ciò avviene solo per quelle che codificano per proteine ma non tutte queste molecole. I tessuti e, di fatto, l'intero ind... o c u - t r a c k
cne regolano la funzione sinaptica. A livello delle giunzioni sinap- duo possono quindi presentare sia mtDNA wild-type sia mtDNA
tiche, FMRP sopprime la sintesi proteica dell›mRNA legato, stimolata mutato, una condizione chiamata eteroplasmia. E evidente che ci
dal gruppo I dei recettori metabotropi del glutammato (mGlu-R). debba essere almeno una minima quantità di mtDNA mutato in I
Nella sindrome dell”X fragile una riduzione di FMRP hacome con- una cellula o tessuto prima che la disfunzione ossidativa dia
seguenza un'aumentata traduzione degli mRNA legati a livello delle origine alla malattia, il cosiddetto “effetto soglia”. Non sorprende
giunzioni sinaptiche. Tale disequilibr'io a sua volta causa alterazioni che la soglia sia r'aggiunta molto più facilmente nei tessuti meta-
permanenti nell'attività sinaptica e, da ultimo, ritar'do mentale. bolicamente attivi elencati in precedenza.67
Sebbene la dimostrazione di un cariotipo alterato abbia por'tato O Durante la divisione cellulare, i mitocondri e il DNA in essi conte-
I
alfidentificazione della sindrome dell'X fi'agile, liindividuazione nuto sono distribuiti a caso alle cellule figlie. Quando una cellula
mediante PCR delle tr'iplette ripetute rappresenta oggi il metodo contenente mtDNA normale e mutato si divide, quindi, la
elettivo di diagnosi. Lianalisi con Southern blot consente di distin- percentuale di mtDNA normale e mutato nelle cellule figlie è estre-
guere tra p1'emutazioni e mutazioni in fase di diagnosi sia prenatale mamente variabile. Ne consegue che anche l'espressione delle pato-
sia postnatale. Questa tecnica - desci'itta nel dettaglio più avanti - si logie derivanti dalle mutazioni del mtDNA è piuttosto variabile.
dimostra dunque valida non solo per stabilir'e la diagnosi, ma anche
per orientare la consulenza genetica. Le malattie associate all'ereditarietà mitocondriale sono r'are e,
come ricordato in precedenza, molte di queste interessano il sistema
neuromuscolare. La neuropatia ottica ereditai'ia di Leber è un pr'o-
MUTAZIONI DEI GENI MITOCONDRIALI,
NEUROPATIA OTTICA EREDITARIA DI LEBER totipo di questo tipo di malattia. Si tratta di una malattia neur'ode- I
gener'ativa che si manifesta con una pr'ogr'essiva perdita bilaterale l II
I
La grande maggioranza dei geni è localizzata sui cromosomi nel della visione centrale. Lialterazione visiva è osser'vata per la pr'iina I

nucleo delle cellule ed è er'editata secondo le classiche modalità volta tr'a i 15 e i 35 anni e conduce, nel tempo, alla cecità. In alcune
mendeliane. Numerosi geni mitocondriali mostrano tuttavia un famiglie sono state anche evidenziate alterazioni della conduzione
meccanismo di trasmissione differente. Una caratteristica unica del car'diaca e manifestazioni neurologiche secondarie”
DNA inítocondi'iale (mtDNA) è l'ei'editarietr`i materna. Questa pecu-
liarità esiste pe1'ché le cellule uovo contengono numerosi mitocondri
IMPRINTING GENOMICO
all”interno del lor'o abbondante citoplasma, mentre gli spermatozoi
ne contengono pochi o nessuno. Il corredo di mtDNA dello zigote Tutti ereditiamo due copie di ciascun gene autosomico, portate dai
proviene dunque quasi esclusivamente dall`oocita. Pertanto, la madi'e cromosomi omologhi materno e pater'no. In passato si è sostenuto
trasmette il mtDNA a tutta la progenie, maschile e femminile; sono che non vi fosse alcuna differenza funzionale tr'a gli alleli derivati
però soltanto le figlie - e non i figli - a trasmettere ulteriormente il dalla madr'e o dal padi'e. Studi condotti negli ultimi ventianni hanno
DNA alla pr'ogenie (Fig. 5.28). L°ereditarietà mitocondriale presenta pr'ovato definitivamente che, almeno per quanto r'iguar'da alcuni
inoltre molte altr'e car'atte1'istiche,“*“ di seguito esposte: geni, esistono importanti differ'enze funzionali tr'a l'a1lele pater'no e
1'allele mater'no. Queste differenze derivano da un processo epige-
O Il mtDNA umano contiene 37 geni, 22 dei quali sono trascritti netico (il1ustr'ato di seguito) chiamato imprinting. Nella maggior
in RNA di tr'asporto e 2 in RNA r'ibosomiale. I 13 geni rimanenti parte dei casi, l'imprinting inattiva selettivamente llallele materno o
codificano per subunità degli enzimi della catena r'espirator'ia. paterno. L`iiiipri`nting materno, quindi, indica il silenziamento tra-
Poiché il mtDNA codifica per enzimi coinvolti nella fosforilazione scrizionale dell'allele materno, mentre irnpi'inting paterno significa
ossidativa, le mutazioni che colpiscono questi geni esercitano i che viene inattivato l'allele paterno. L°imprinting avviene nell'uovo
loro effetti patologici primariamente sugli organi più dipendenti o nello sper'ma, prima della fecondazione, ed è poi tr'asmesso stabil- I
I
dalla fosforilazione ossidativa, come il sistema nervoso centrale, mente a tutte le cellule somatiche attr'ave1'so la mitosi” Come in i
I
i muscoli scheletrici, il muscolo car'diaco, il fegato e i r'eni. altri esempi di regolazione epigenetica, l'imprinting è associato a
O Ogni mitocondrio contiene migliaia di copie di mtDNA e, tipi- pr'ofili differenziali di metilazione del DNA a livello dei nucleotidi
camente, le mutazioni dannose del mtDNA interessano alcune CG. Altri meccanismi comprendono la deacetilazione e la metilazione

(cerchi scuri).
I"lìI.“lì äå
!il«"ì~' i"T.I'T I~?.i".*f Albero genealogico della neuropatia ottica ereditaria di Leber, patologia causata da una mutazione nel DNA mitocondriale. Si noti che tutta
la progenie di un maschio affetto (quadrati scuri) è normale, ma tutti I figli della femmina affetta, indipendentemente dal sesso, manifestano la patologia
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(M) (P)

Gene/i Prader-Willi Gene/i Prader-


soiioposii a impriniing N /li Wiiii arrivi
Gene Angelman I7 <7Gene Angelman sottoposto
attivo (UBESA) a imprinting (UBE3A)

/
:IDG :IDG \ 4

Delezione nel cromosoma Delezione nel


I
(M) (P) materno

\
CTOITIOSOITIB paI9l'l1O (M) (P)

/
A Gene/I Prader- Gene/i Prader-Willi [X
Sito di delezione [> WH" atm" sottoposti a imprinting -È <} sito di dekšzione I
I
W Gene UBE3/I Gene UBE3A inattivof/
inattivo

SINDROME DI ANGELMAN
íi ìo :IDG
SINDROME DI PRADER-WILLI
I ICUH/í\ II.:/1) Rappresentazione schematica delle alterazioni nelle sindromi di Prader-Willi e di Angelman.

I
dell`istone H4. Indipendentemente dal meccanismo, si ritiene che La base molecolare di queste due sindromi risiede nell'imprin-
la marcatura dei cromosomi rnaterni e paterni si verifichi durante ting genomico (Fig. 5.29). Sappiamo che un gene o un set di ge-
la gainetogenesi e sembi'a perciò che dal momento del concepimento ni sul cromosoma 1nater'no 15q12 è sottoposto a impi'inting (e
alcuni cromosomi ricordino da dove pr'ovengono (dal padre o dalla quindi silenziato), per cui il solo allele o i soli alleli attivi si trovano
madr'e). Il numero esatto di geni che subisce l°imprinting non è noto, sul cromosoma paterno. Quando questi vengono persi in seguito
ma si stima che sia compreso tr'a 200 e 600. Sebbene i geni che hanno a una delezione, il soggetto sviluppa la sindrome di Prader'-Willi.
subito liimprinting possano essere isolati, più frequentemente si Viceversa, un diver'so gene che mappa anch'esso sulla stessa regione
trovano in gruppi regolati da elementi comuni che agiscono in po- del cromosoma 15 è sottoposto a impr'inting sul cromosoma pa-
sizione cis chiamati regioni di contr'ollo dell'imprinting. Come spes- ter'no. Solo l”allele di questo gene derivante dalla madr'e è nor'rnal-
so accade in medicina, l'imprinting genomico può essere meglio mente attivo e la delezione di tale gene 1nater'no sul cromosoma
compr'eso considerando due rar'e malattie genetiche: la sindrome di 15 dà origine alla sindrome di Angelman. Studi molecolari su
Prader'-Willi e la sindrome di Angelman. pazienti citogeneticamente normali che presentano la sindrome di
Prader'-Willi (ossia su pazienti senza la delezione) hanno r'ivelato
che questi soggetti hanno due copie materne del cromosoma 15.
Sindrome di Prader-Willi e sindrome di Angelman
L'ereditarietà di entrambi i cromosomi di una coppia da un solo
La sindrome di Prader- Willi è car'atterizzata da ritar'do mentale, bassa genitore è chiamata disomia iiiiiparentale. Il r'isultato finale è lo
statura, ipotonia, grave iper'fagia, obesità, mani e piedi piccoli e stesso: il soggetto non riceve un set di geni funzionali dai cr'orno-
ipogonadismo” Nel 65-70% dei casi può essere identificata una somi 15 paterni (non imprinted). Anche la sindrome di Angelman,
delezione inter'stiziale della banda q12 nel br'accio lungo del cr'omo- come atteso, può derivar'e da disomia monoparentale del cr'omo-
soma 15, del(15)(q11.2q13). Nella maggior pa1'te dei casi i punti di soma 15 paterno.
rottu1'a sono gli stessi e causano una delezione di 5 Mb. In tutti i casi, La base genetica di questi due disturbi da impr'inting è attual-
sorpieiideiitemente, la delezione interessa il cromosoma 15 di deriva- mente in fase di definizione. Nella sindrome di Angelman il gene
zione paterna. A differenza di quanto avviene nella sindrome di colpito è una ligasi dell'ubiquitina coinvolta nella catalizzazione del
Prader'-Willi, i pazienti con la sindrome di Angelman, fenotipica- trasferimento dell'ubiquitina attivata ai substrati pr'oteici bersaglio.
mente distinta, nascono con una delezione della stessa regione ci'o- Il gene, chiamato UBE3A, mappa all”interno della regione 15q12, è
mosomica di derivazione materna. Anche i soggetti affetti dalla sottoposto a imprinting sul cromosoma paterno ed è espresso
sindrome di Angelman sono mentalmente ritardati, ma in più pre- dall'allele materno soprattutto in specifiche regioni dell'encefalo.72
sentano andatura atassica, epilessia e crisi di r'iso immotivato. L°imprinting è tessuto-specifico in quanto UBE3A è espresso da
A causa della lor'o ilarità e delliatassia, sono stati definiti “burattini entrambi gli alleli nella maggior' parte dei tessuti. Nel 10% circa dei
felici”.“ Il confronto di queste due sindromi dimostra chiaramente casi, la sindrome di Angelman si manifesta non a causa delliimprin-
gli effetti che liorigine parentale produce sulla funzione genica. ting, ma a causa di una mutazione puntifor'me nell'allele matei'no,
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CAPITOLO 5 Malattie genetiche

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. istituisce quindi una forte relazione tra il gene UBE3A e la a livello del DNA e pr'oporre test diagnostici per un numero cresce.II o c u - t r a c
sindrome di Angelman. A differenza della sindrome di Angelman, di malattie genetiche. Inolt1'e, gli strumenti di genetica molecolare
nessun gene singolo è stato implicato nella sindrome di Prader- sono diventati estremamente importan,t«i per l'indagine ela scoperta
Willi. Si ritiene piuttosto che sia coinvolta una serie di geni localiz- delle basi genetiche delle patologie complesse di più frequente riscon- I
zati nelliintervallo 15q11.2-q13 (che sono sottoposti a imprinting tro, come il diabete mellito, l'aterosclerosi e il cancro. La diagnosi
sul cromosoma materno ed espressi dal cromosoma paterno), trai molecolare delle malattie ereditarie a livello dell'acido nucleico pre-
quali figur'a un gene codificante per una piccola r'iboproteina nu- senta chiari vantaggi r'ispetto ad altr'e tecniche alternative:
cleare N, che controlla lo splicing dei geni ed è altamente espressa
nell'encefalo e nel cuore. Si pensa che la perdita di funzionalità della O Le analisi molecolari sono altamente sensibili. Liutilizzo della
piccola riboproteina nucleare N contribuisca alla sindrome di PCR, ad esempio, consente di amplificare il DNA o l'RNA nella
Prader-Willi. La diagnosi molecolare (si veda oltre) di queste sin- misura di molti milioni di volte, al punto che è possibile utilizzar'e
dromi si basa sulla ver'ifica dello stato di metilazione dei geni mar- anche solo una o 100 cellule per l”analisi. Una quantità di DNA
catori e sulla FISH. sufficiente per liamplificazione tramite PCR può essere inoltre
L”importanza dell°imprinting non è limitata ai rari disturbi cro- ottenuta da 0,1 ul di sangue o da cellule prelevate dalla mucosa
mosomici. Effetti di origine parentale sono stati identificati in una della bocca.
varietà di malattie er'editarie, come la malattia di Huntington e la O Le analisi basate sul DNA non dipendono da un prodotto genico
distrofia miotonica, nonché nella cancerogenesi. che potrebbe essere presente soltanto in cer'te cellule specializza-
te (ad es. cervello), né dalfespressione di un gene che potrebbe II .
IVIOSAICISIVIO GONADICO avvenire in età avanzata. Poiché il gene difettoso responsabile del-
le malattie genetiche er'editarie è presente nelle cellule ger'minali, II
E stato detto in precedenza che in ogni malattia autosomica domi- ciascuna cellula postzigotica sarà portatrice della mutazione.
nante alcuni soggetti non hanno genitori affetti. In tali soggetti,
l”alterazione è il risultato di una nuova mutazione nell'oocita o nello
INDICAZIONI PER L'ANALlSI DI ALTERAZIONI
sper'matozoo da cui essi derivano, e pertanto i loro fratelli non sono
GENETICHE GERMINALI
né affetti né esposti a un r'ischio maggiore di sviluppar'e la malattia.
Questo tuttavia non avviene sempre. In alcune malattie autosomiche Poiché molte tecniche sono attualmente disponibili per l'analisi di
dominanti, di cui fosteogenesi imperfetta costituisce un esempio, malattie genetiche, per usar'e in maniera oculata questi metodi è
genitori fenotipicamente normali hanno più di un figlio affetto. importante definire quali siano i soggetti che necessitano di test
Questo chiaramente infrange le leggi dell'ereditarietà mendeliana. genetici.
Gli studi indicano che il mosaicismo gonadico possa essere respon- Le analisi per le alterazioni er'editar'ie della linea ger'minale si
sabile di questi insoliti alberi genealogici.7" Il mosaicismo gonadico possono dividere, in generale, in analisi pr'enatali e postnatali. Tali
deriva da una mutazione che si verifica nella fase postzigotica du- test possono comprendere la citogenetica convenzionale, l'ibrida-
rante il primo stadio di sviluppo (embrionale). Se la mutazione zione fluor'escente in situ (FISH), altre analisi di diagnostica mole-
colpisce soltanto le cellule destinate a fo1'mar'e le gonadi, i gameti colare o una combinazione di queste tecniche.
por'tano la mutazione ma le cellule somatiche del soggetto sono Lianalisi genetica prenatale dovrebbe essere pr'oposta a tutti i
completamente normali, nel qual caso si dice che liindividuo in soggetti a r'ischio di pr'ogenie citogeneticamente anomala. Può essere
questione presenta mosaicismo della linea germinale o gonadico. Un eseguita su cellule ottenute per amniocentesi, su campioni di villi
genitore fenotipicamente normale con mosaicismo della linea ger'- cor'iali o su sangue di cordone ombelicale. Alcune importanti indi-
rninale può trasmettere la mutazione causa della malattia alla pr'o- cazioni sono quelle elencate di seguitozli
genie attr'aver'so il garnete mutato e poiché le cellule pr'ogenitr'ici dei
gameti portano la mutazione, esiste una probabilità concr'eta che più O Età avanzata della madre (>35 anni), a causa del maggiore rischio
di un figlio sia affetto. Ovviamente la probabilità di un evento di di trisomie
questo tipo dipende dalla percentuale di cellule germinali che por- O Un genitore portatore di una tr'aslocazione r'eciproca bilanciata,
tano la mutazione. tr'aslocazione robertsoniana o inversione (in questi casi i gameti
possono essere sbilanciati e, quindi, la progenie sarebbe a rischio
di patologie cromosomiche)
Diagnosi molecolare delle malattie O Un genitore che ha già un figlio con un'anomalia cromosomica
O Un feto con anomalie evidenziate all'ecografra
genefiche O Un genitore portatore di una malattia genetica legata all'X (per
determinare il sesso del feto)
Le applicazioni mediche della tecnologia del DNA ricombinante sono O Livelli anor'rnali di AFP, ß HCG ed estr'iolo determinati dal co-
diventate di attualità. Con il completamento del Progetto Genoma siddetto triple-test.
Umano, l'analisi del DNA è divenuta un potente strumento per la
diagnosi delle malattie umane, sia genetiche sia acquisite. Le tecniche L'analísi genetica postnatale viene di solito effettuata sui linfociti
di diagnostica molecolare hanno trovato applicazione praticamente di sangue pe1'iferico. Le indicazioni sono le seguenti:
in tutti i campi della medicina. Fino a quando i modelli di diagnostica
molecolare non sono stati facilmente disponibili, l'analisi delle pato- O Anomalie congenite multiple
logie monogeniche (mendeliane) dipendeva dalfidentificazione di O Inspiegabile ritardo mentale o r'itardo nello sviluppo da causa
prodotti genici mutati (ad esempio mutazioni dell'emoglobina o ignota
metaboliti patologici) o dei loro efietti clinici, come il ritardo mentale O Sospetta aneuploidia (ad es. caratteristiche della sindrome di
(ad es. nella fenilchetonu1'ia). Oggi è possibile identificar'e le mutazioni Down)
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Rilevazione diretta delle alterazioni della sequenza
> Sospetto sbilanciamento di un autosoma (ad es. sindrome di
del DNA tramite sequenziamento
Prader-Willi) 1
) Sospetta anomalia dei cromosomi sessuali (ad es. sindrome di
ll DNA può essere sequenziato per ottenere una lettura della se- l
Turner) _
quenza dei nucleotidi, e le mutazioni possono essere identificate
J Sospetta sindrome dell'X fragile
confrontando tale sequenza con una normale (wild-type). La di-
D Infertilità (per escludere un”anomalia dei cromosomi sessuali)
sponibilità del sequenziatore di Sanger con nucleotidi modificati t
4
D Aborti spontanei multipli (per escludere che i genitori siano
e dell'elettroforesi capillare automatizzata permette di sequenziare !
portatori di traslocazione bilanciata; entrambi i partner devono 1
i
di routine migliaia di basi di DNA genomico in alcune ore.75 Sono
essere esaminati).
stati quindi identificati geni mutati in centinaia di malattie men-
deliane, per la maggior parte delle quali è possibile porre una
l
INDICAZIONI PER L'ANALISI DI ALTERAZIONI diagnosi definitiva tramite sequenziamento diretto. Alcune pato-
GENETICHE ACQUISITE logie, per lo più a trasmissione recessiva, sono associate a un nu- i
4
mero limitato di mutazioni ricorrenti (ad es. la fibrosi cistica); i
ln questa era della “target therapy” sta divenendo sempre più im-
molte altre, specialmente quelle a trasmissione dominante, possono
portante ideiitificare le specifiche caratteristiche genetico-molecolari
avere mutazioni nelle regioni codificanti del gene. Ostacoli alliuti-
delle malattie acquisite (ad es. cancro e malattie infettive) che in
lizzo esclusivo del sequenziamento genico per la diagnosi di tali
precedenza venivano diagnosticate e trattate sulla base di dati clini-
patologie includono sia la difficoltà sia gli alti costi dell”analisi di
copatologici non molecolari. Gli strumenti tecnici sono gli stessi I
grossi geni. Il gene associato alla distrofia muscolare di Ducheniie, l
usati per le patologie mendeliane germinali, e le attuali indicazioni
ad esempio, possiede 79 esoni e il gene FBN1 mutato nella sindro-
includono:
me di Marfan ne possiede 65; il sequenziamento di questi geni
nella loro totalità può rivelarsi economicamente proibitivo con le l
Diagnosi e trattaniento del cancro (si veda anche Cap. 7)
attuali metodiche. Tra le altre diflìcoltà, non è infrequente eviden-
O Rilevamento di mutazioni acquisite tumore-specifiche e di alte-
ziare alterazioni di sequenza dal significato sconosciuto che non è
razioni citogenetiche che costituiscono i marcatori di tumori
possibile classificare con certezza come patogenetiche in assenza
specifici (ad es. BCR-ABL1 nella leucemia mieloide cronica
di dati funzionali.
[LMC]).
Questo quadro cambia tuttavia a una velocità incredibile. La
O Determinazione di cloni cellulari quali indicatori di una condi-
tecnologia in rapida evoluzione renderà possibile applicare il se-
zione neoplastica (ossia non reattiva).
quenziamento della linea germinale su larga scala e porterà in un
O Identificazione di specifiche alterazioni genetiche che possono
futuro non distante al sequenziamento routinario delllintero geno- I

indirizzare le scelte terapeutiche (ad es. HER2/Neu [nome uffi-


ma del singolo individuo. La tecnologia high-throughput usa i chip
ciale ERBB2] nel tumore della mammella o mutazioni EGFR nel
(microarray) per sequenziare i geni 0 porzioni di geni." Brevi se-
tumore del polmone).
quenze di DNA (oligonucleotidi) complementari alla sequenza
O Determinazione dell'efficacia terapeutica (ad es. riscontro di un
wild-type e alle mutazioni note sono affiancate le une alle altre sul
residuo minimo di malattia di BCR-ABLI tramite PCR nella
chip, e il campione di DNA che deve essere analizzato è ibridato
LMC).
sull'array (Fig. 5.30). Prima dell'ibridazione il campione è marcato
O Riscontro di forme Gleevec resistenti nella leucemia mieloide
con coloranti fluorescenti. L'ibridazione (e di conseguenza il se-
cronica e nei tumori stromali gastrointestinali.
gnale fluorescente emesso) sarà più forte per il nucleotide che è
complementare alla sequenza wild-type se non vi sono mutazioni,
Diagnosi e trattamento delle malattie infettive (si veda anche
mentre la presenza di una mutazione determinerà l°ibridazione
Cap. 8)
dell'oligonucleotide mutato complementare. Algoritmi compute-
O Evidenza di materiale genetico microrganismo-specifico per una
rizzati possono poi rapidamente decodificare la sequenza di DNA
diagnosi definitiva (ad es. HIV, micobatteri, virus del papilloma
per centinaia di migliaia di paia di basi a partire dal pattern dell'ibri-
umano, virus erpetici nel sistema nervoso centrale).
dazione fluorescente sul chip e identificare quindi potenziali mu-
O Identificazione di alterazioni genetiche specifiche nel genoma di
tazioni. L'avanzamento tecnologico più entusiasmante è forse il
batteri associati a farmacoresistenza.
sequenziamento denominato “next-generation”, in cui la PCR è
O Determinazione dell”efficacia terapeutica (ad es. misurazione della
effettuata in un°emulsione a olio che rende possibile oltre un milione
carica virale nelle infezioni da virus HIV o HCV).
di singole reazioni PCR in una sola volta." Anche se attualmente
la tecnica e molto costosa, per ogni singola corsa possono essere
PCR E RILEVAZIONE DI ALTERAZIONI sequenziati oltre un miliardo di nucleotidi (un terzo del genoma
DELLA SEQUENZA DEL DNA umano). Le sfide bioinformatiche relative alla gestione e all'inter-
pretazione di un cosi imponente numero di dati sono attualmente
Ijanalisi tramite PCR, basata su un'amplificazione esponenziale del
impressionanti e grande attenzione si concentra su tali analisi.
DNA, ha rivoluzionato la biologia molecolare e oggi è ampiamente
utilizzata nella diagnosi molecolare delle patologie umane. ll DNA
viene enormemente amplificato mediante DNA-polimerasi e con-
Rilevazione di mutazioni del DNA tramite
dizioni di temperatura appropriate, producendo cosi milioni di
metodi indiretti
copie della sequenza di DNA compresa tra i due primer. La suc-
cessiva identificazione di una sequenza anomala può essere effet-
Esistono molte tecniche molecolari capaci di rilevare mutazioni del i
tuata utilizzando un numero di analisi in continuo aumento. L'ana- 4
DNA senza un sequenziamento diretto, il cui sviluppo è trainato dai
lisi diretta dei prodotti di PCR è attualmente il metodo più il
costi inferiori e dalla più elevata processività (throughput).
semplice.
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CAPITOLO 5 Malattie genetiche

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l `l lit./1. W'-'<1 Sequenziamento del DNA basato su microarray. A. Una scansione digitalizzata a bassa risoluzione di un “chip genetico" non supera le
dimensioni di una piccola moneta ma è in grado di sequenziare migliaia di paia di basi di DNA. Microarray di tipo high-throughput sono stati usati per se-
quenziare interi organismi (come i virus), organelli (come i mitocondri) e interi cromosomi umani. B. Un'immagine ad alta risoluzione del chip illustra il
modello di lbridazione corrispondente alla sequenza di un filamento di DNA. Di norma è possibile utilizzare un algoritmo computerizzato che, nell'arco di
pochi minuti, converte l singoli modelli di lbridazione del chip in dati di sequenziamento (con le tecnologie di sequenziamento "tradizionali" occorrerebbero
da giorni a settimane per eseguire tale analisi). Nell'immagine, la sequenza in alto rappresenta la sequenza di riterimento (vvild-type), mentre quella in
basso corrisponde alla sequenza del campione analizzato. Come si può vedere, l'algoritmo computerizzato ha identificato una mutazione C-›G nel campione
testato. (Adattato da l\/laitra A et al.:The Human l\/litoChip: a high-throughput sequencing microarray for the mitochondrial mutation detection. Genome
Res l4:8i2, 2004)

Un approccio semplice si avvale della digestione del DNA tramite ripetizione di trinucleotidi al terminale 5” del gene FMR] sono
enzimi noti come enzimi di restrizione che riconoscono e suc- utilizzati per amplificare le sequenze centrali. Poiché esistono
cessivamente tagliano il DNA a livello di sequenze specifiche. Se grosse differenze nel numero di ripetizioni, la dimensione dei
è noto che una specifica mutazione coinvolge un sito di restrizio- prodotti di PCR ottenuti dal DNA di soggetti normali o di quelli
ne, allora il DNA amplificato potrà essere digerito. Poiché la con premutazione è alquanto diversa. Queste differenze di di-
mutazione riguarda un sito di restrizione, l'allele mutato e l”allele mensione sono rivelate per migrazione differenziale su gel dei
normale daranno origine a prodotti di PCR di diverse dimensio- prodotti del DNA ainplificato. A questo punto la mutazione com-
ni, che appariranno come bande differenti all'elettroforesi su gel pleta non può essere identificata mediante PCR perché il segmen-
di agarosio. Non occorre dire che questo approccio è considere- to di DNA interessato è troppo grande per la PCR convenzionale:
i1
volmente meno esaustivo del sequenziamento diretto, ma rimane occorre dunque eseguire un°analisi del DNA genomico mediante i
utile nella diagnosi molecolare quando la mutazione causale si Southern blot (si veda il paragrafo “Southern blot”)
verifica sempre a livello di una posizione nucleotidica invariata.
Un altro approccio per l'identificazíone di mutazioni in una
specifica posizione nucleotidica (ad es. una mutazione nel codone Mutazione puntiforme
12 nellioncogene KRAS che converte la glicina [GGT] in acido
aspartico [GAT]) consisterebbe nell'aggiungere alla mix PCR
<¦afi»
nucleotidi C e T marcati in fluorescenza, nucleotidi che sono
complementari rispettivamente alla sequenza wild-type (G) o
mutata (A). Poiché questi due nucleotidi sono marcati con fluo-
rofori differenti, la fluorescenza emessa dal risultante prodotto Primer
di PCR può essere dell'uno o dell'altro colore, a seconda che una ca* ci
“C” o una “T” venga incorporata nel processo di estensione del
primer (Fig. 5.31). Il vantaggio di questa strategia di “estensione
@^ ©"
Nucleotidi marcati
allele-specifica” consiste nel fatto che permette di rilevare la pre-
in fluorescenza
senza di DNA mutato anche in miscele eterogenee di cellule
normali e anomale (ad es. nei campioni ottenuti da pazienti con
una neoplasia sospetta).
Sono disponibili numerose tecniche basate sulla PCR che utiliz-
zano indicatori fluorescenti per rilevare la presenza o liassenza
di mutazioni in “tempo reale” (ossia durante la fase esponenziale
2/|\š Fì-ííâ :D
di amplificazione del DNA). Questo ha notevolmente ridotto il
DNA wild-type D DNA mutato
tempo necessario per rilevare la mutazione eliminando le fasi di
D
restrizione-digestione e di elettroforesi utilizzate nei saggi di PCR
convenzionale. DNA wild-type
Anche le mutazioni che alterano la lunghezza del DNA (ad es. e mutato mescolati
delezioni 0 espansioni) possono essere individuate con l'analisi . il il `i ;. x ›- . PCR allele-specifica per levidenziazione di mutazioni in un
mediante PCR. Come abbiamo visto in precedenza, numerose campione eterogeneo contenente un mi>< di DNA normale e mutato. I
malattie, tra cui la sindrome dell'X fragile, sono associate alla nucleotidi complementari ai nucleotidi mutati e Wild-type, nella posizione
nota della base, sono marcati con tluoroiori differenti, cosicché l'incorpo-
ripetizione di trinucleotidi. La Figura 5.32 mostra come può es- razione nel prodotto di PCR risultante determini un segnale fluorescente
sere usata l”analisi mediante PCR per identificare questa muta- di intensità variabile a seconda del rapporto tra il DNA mutato e il DNA
zione. Due primer fiancheggianti la regione interessata dalla Wild-type.
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1 f O 5 Malattie genetiche I

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Regione di Sequenza codificante possono essere usati per localizzare le regioni cromosomiche di in-
ripetizioni CGG per il gene FMFl1 teresse sulla base della loro associazione (linkage) a uno o più geni
Nfflmale ofti//r'ìi1)'”{v)"°\v/T\\1}'°'\`\1/117°uomwfuuèulf putativi di malattia. Lianalisi di Iinkage consistenella definizione di
questi loci marcatori nei membri di una famiglia che mostrano la
P'em“ffi2l°“e u1}`Ruu““\\1í“uz7°`\su'"\\1}'°u//f^\\u"“iu//f`uu°`uuI°ui}“ malattia o un tratto di interesse sulla base del presupposto che i loci
marcatori molto vicini all'allele patologico vengono trasmessi lungo
Mut . rr /7:-¬ /xx rx\,/,`K\ fw ,¬¬ f-«¬ f¬<¬ ¢v\ ,¬<\ ,¬,-\
aZ'°“e ..f/ti ~ ~l,,›,
xiuksl/\\1/\\1/\\1/\\1/KS.//kw ou klu`,, uu ou,¬ l`albero genealogico (linkage disequilibrium). Con il tempo diventa
completa possibile definite un “aplotipo di malattia” basato su un panel di loci
I

Siti di riconoscimento EcoR I marcatori che cosegregano tutti con l'allele putativo di malattia. i
I
L'analisi di linkage, pertanto, facilita la localizzazione e il clonaggio
mmmmmmmmmmmw f-\f-«,-.¬,¬.`,-nf-.~¬,v¬¬¬,.,,.¬›.¬ dell'allele responsabile della malattia. I loci marcatori usati negli studi
\il/\W\Il/\V/\l1/\Il/\\l/\§l/W/\lI/KSIJW/" \i!/\I1/W/\Sl/\II/W/\lZ/ki!/\\l/\il)\ll/\t[)`
di associazione sono variazioni che si presentano spontaneamente
Sonda(,,}“\y]§( "› Prilglãf <- nelle sequenze di DNA note come poliinoifisrni. Due tipi di polimor-
fisini genetici si dimostrano maggiormente utili per le analisi di
linkage: gli SNP (che includono anche piccoli polimorfismi a inser-
zione-delezione) e i poliniorfisnii a lunghezza ripetuta definiti mini-
satelliti e microsatelliti. Entrambi sono descritti di seguito.
Gli SNP si presentano approssimativamente con una frequenza
di 1 nucleotide in ogni filamento di circa 1.000 paia di basi e si
Normale Premuta- Mutazione Normale Premuta- Mutazione trovano sparsi in tutto il genoma (ad es. negli esoni e negli introni
zione completa zione completa
e nelle sequenze di regolazione). Gli SNP servono sia come punto
Southern blot PCR di riferimento all'interno del genoma sia come marcatore genetico
llrìl H2/\ 1-» :iv Applicazione diagnostica dell'analisi con PCR e Southern la cui trasmissione può essere tracciata dal genitore al figlio. Grazie
blot nella sindrome dell'>< fragile. Grazie alla PCR, le diverse dimensioni alla loro prevalenza nel genoma e alla loro relativa stabilità, gli SNP
delle ripetizioni della tripletta CGG in condizioni di normalità e di premuta- possono essere usati nell`analisi di linkage per identificare aplotipi
zione danno origine a prodotti con dimensioni e mobilità differenti. Nel caso
di una mutazione completa, la regione tra i primer è troppo ampia per es- associati alla malattia.
sere ampliticata mediante PCR convenzionale. Nell'analisi mediante Il DNA umano contiene brevi sequenze ripetute di DNA che
Southern blot il DNA viene tagliato da enzimi fiancheggianti la regione delle danno origine ai cosiddetti polimorfismi a lunghezza ripetuta. Que-
ripetizioni CGG e viene quindi ibridato con una sonda di DNA complemen- sti polimorfismi sono spesso suddivisi in base alla loro lunghezza in
tare che si lega alla porzione genica interessata. Nei maschi normali si microsatelliti e minisatelliti. I microsatelliti sono generalmente più
osserva una sola piccola banda, nei maschi con premutazione una banda I

con un peso molecolare maggiore e nei soggetti con mutazione completa piccoli di 1 chilobase e sono caratterizzati da ripetizioni della di-
una banda molto grande (di solito diffusa). mensione di 2-6 paia di basi. I minisatelliti, in confronto, sono più
grandi (l-3 chilobasi) e il motivo ripetuto consiste di solito di 15-70
paia di basi. E importante osservare che il numero di ripetizioni, sia gl
MARCATORI POLIMORFICI E DIAGNOSI
MOLECOLARE nei microsatelliti sia nei minisatelliti, è estremamente variabile in
una data popolazione e pertanto queste sequenze di DNA possono
Llindividuazione di mutazioni attraverso i metodi sopra illustrati è essere utilizzate molto efficacemente per stabilire l'identità genetica
possibile solo se il gene responsabile di una data malattia genetica è nelle analisi di linkage. I microsatelliti e i più piccoli minisatelliti
conosciuto e la sua sequenza è nota. In alcune patologie dotate di una possono essere facilmente distinti utilizzando primer di PCR che si
base genetica tali approcci non sono praticabili, sia perche' il gene trovano adiacenti alla regione ripetuta (Fig. 5.33 A). Si noti che
causale non è stato identificato sia perché la malattia è multifattoriale nell'esempio proposto nella Figura 5.33 tre alleli differenti danno
e non è coinvolto esclusivamente un singolo gene. In questi casi, origine a prodotti di PCR di lunghezze diverse (da qui il nome
marcatori alternativi nel genoma, noti anche come loci marcatori, “polimorfismi di lunghezza”).
i

A Primer PCR B AB BC
CA CA CA CA CA CA
^"e'e A

Allele B
CA CA CA CA CA CA CA CA CA CA
I-is E-ti O-a Q-5
CA CA CA CA CA CA CA CA CA CA CA CA C Ci
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Gene PKD
A
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B _ B -

;lli}tll;/I. :sfšíã Polimorfismi del DNA dati da un numero variabile di ripetizioni CA. I tre alleli producono prodotti di PCR di dimensioni diverse, rivelando
così la loro provenienza da specifici cromosomi. Nell'esempio illustrato, l'allele C è legato a una mutazione responsabile della malattia autosomica domi-
nante del rene policistico (PKD). Una sua applicazione per rilevare la progenie che porta il gene-malattia (simboli rossi) è illustrata con un ipotetico albero
genealogico in cui i maschi corrispondono ai quadrati e le femmine sono rappresentate dai cerchi.
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CAPITOLO 5 Malattie genetiche

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_ analisi di linkage può essere utile nella diagnosi prenatale o patologia esaminata. Una variazione in un gene il cui prode. o c u - t r a c
presintoinatica di patologie quali la malattia di Huntington e il rene regola il tono della muscolatura liscia vasale (come l'angiotensina),
policistico a trasmissione autosomica dominante, sebbene il gene ad esempio, ha una forte probabilità di influenzare il rischio di
associato alla malattia sia noto in entrambe le condizioni. In gene- ipertensione. Come si può immaginare, tuttavia, nessuna cono-
rale, quando il gene associato alla patologia è noto, la scelta di scenza pregressa avrebbe fatto sospettare che alcuni geni candidati
elezione rimane l`individuazione della mutazione responsabile fossero associati a particolari malattie: simili sorprese sono uno
tramite sequenziamento diretto. L°analisi di linkage, tuttavia, può dei vantaggi della natura sistematica e senza rumore di fondo dei
essere utile se la malattia origina da svariate mutazioni differenti in GWAS.
un dato gene (ad es.fibrillina-1, si veda il paragrafo “Sindrome di Due importanti avanzamenti tecnologici hanno aperto la nuova
Marfan”) e se il sequenziamento del gene è non praticabile o risulta strada dei GWAS: dapprima il completamento del cosiddetto pro-
negativo ma sussiste un forte sospetto clinico. La Figura 5.33 B il- getto “HapMap” che ha fornito modelli di linkage disequilibrium
lustra come i polimorfismi dei microsatelliti possano essere utiliz- più completi per i principali gruppi etnici, sulla base della mappa-
zati per tracciare l'ereditarietà della malattia autosomica dominante tura genome-wide di polimorfismi a singolo nucleotide (SNP).
del rene policistico. In questo caso l'allele C, che fornisce un pro- L'intero genoma umano può essere ora suddiviso in blocchi noti
dotto di PCR più grande rispetto all'allele A o B, porta il gene cor- come “aplotipi” contenenti un numero variabile di SNP adiacenti
relato alla malattia. Tutti i soggetti che portano l'allele C sono quindi sullo stesso cromosoma che si trovano in linkage disequilibrium
affetti. e che vengono pertanto ereditati insieme in un unico raggruppa-
Le analisi per identificare i polimorfismi genetici sono anche mento. Di conseguenza, piuttosto che analizzare ogni singolo SNP I
importanti in molte altre aree della medicina, ad esempio per la nel genoma umano, è possibile ottenere informazioni analoghe su
determinazione della parentela e dell'identità nel trapianto, nella un tratto di DNA comune cercando semplicemente gli aplotipi che
genetica del cancro, per il test di paternità e nella medicina forense. tendono a cosegregare, usando uno o più SNP che “etichettano” o
Grazie alla loro diffusione nell'intero genoma umano ed essendo identificano uno specifico aplotipo. Il secondo avanzamento tec-
I
altamente polimorfi, i microsatelliti costituiscono lo strumento nologico riguarda la possibilità di genotipizzare simultaneamente Il
ideale per distinguere due individui e per seguire la trasmissione del in una sola volta un numero variabile da centinaia di migliaia a un
marcatore da genitore a figlio. Le analisi PCR con panel di microsa- milione di SNP, con un buon rapporto costo/efficacia, usando la
telliti sono state ampiamente validate e sono oggi usate di routine tecnologia dei chip di SNP ad alta densità. La Figura 5.34 mostra
per determinare la paternità e nelle indagini criminali. La tecnologia come le informazioni fornite da “HapMap” - consultabili pubbli-
del DNA costituisce uno strumento di importanza critica nelle camente - siano utilizzate per fabbricare i chip di SNP capaci di
identificazioni forensi poiché la PCR può essere effettuata anche con individuare gli aplotipi genome-wide in modo imparziale. Il DNA
campioni biologici altamente degradati. Le stesse analisi sono state di una coorte di individui con un tratto definito di patologia
utilizzate per l'individuazione e la quantificazione del chimerismo (ad es. ipertensione) è dunque analizzato utilizzando i chip di SNP
nei trapianti di midollo osseo allogenico. per Findividuazione di aplotipi iperrappresentati rispetto agli in-
dividui che non portano tale tratto (ossia nei controlli). Tale analisi
è seguita dall'approccio precedentemente descritto del “gene can- I

Polimorfismi e analisi genome-wide


didato” per la localizzazione del gene causale (e in alcuni casi, dei
L°analisi di linkage che utilizza il DNA dei familiari afletti da una polimorfismi funzionali all'interno di quel gene) associato al tratto
patologia, come descritto in precedenza, è stata utilizzata per indi- analizzato.
viduare geni con effetti rilevanti e con uifalta penetranza, ossia quei I GWAS non solo hanno permesso di fare luce su alcune delle
geni che determinano malattie mendeliane. Analisi di questo tipo patologie umane più frequenti come il diabete, l'ipertensione, le
per patologie complesse (multifattoriali) si sono rivelate tuttavia coronaropatie, la schizofrenia, altri disturbi mentali e liasma, ma
ineflìcaci poiché gli studi di linkage tradizionali non possiedono una hanno portato anche all”identificazione di loci genetici che mo-
potenza statistica sufficiente per evidenziare varianti geniche con dulano tratti quantitativi comuni nelliuomo, come l'altezza, la
effetti modesti e bassa penetranza, caratteristiche dei geni coinvolti massa corporea, il colore dei capelli e degli occhi e la densità ossea.
nelle malattie complesse. Un elenco aggiornato dei GWAS pubblicati - che attualmente
Tali limitazioni sembrano essere state superate con gli studi di raccoglie oltre 200 studi, ma in costante espansione - è tenuto dal
associazione genome-wide (GWAS), un potente strumento per National Human Genome Research Institute (www.genome.gov).
fidentificazione di varianti genetiche associate a un aumentato La potenza dei GWAS è sottolineata dal fatto che nell'arco di un
rischio di sviluppare una particolare patologia." Alcune varianti periodo estremamente breve sia stata identificata quasi una doz-
possono essere direttamente causa di malattia oppure possono zina di geni responsabili di conferire un rischio per il diabete di
trovarsi in linkage disequilibrium con altre varianti geniche re- tipo 2, tra i quali uno in particolare, TCF7L2, che si è imposto
sponsabili di un accresciuto rischio di sviluppare la patologia. Nei quale forte gene candidato (si veda il Cap. 24 per una trattazione
GWAS viene analizzato liintero genoma di ampie coorti di pazien- approfondita).
ti con e senza malattia (anziché famiglie) alla ricerca di varianti Con il progressivo ridursi dei costi relativi alla genotipizzazione
geniche o polimorfismi che risultino iperrappresentati nei pazienti dei singoli pazienti per gli SNP che li renderebbero “a rischio” per
affetti dalla patologia. Questo processo consente di identificare una varietà di malattie multifattoriali nel corso della loro vita, va
regioni del genoma contenenti varianti geniche o geni che confe- emergendo nella comunità biomedica la preoccupazione che tali
riscono una suscettibilità di malattia. La variante genica all'interno informazioni possano essere utilizzate con intento discriminatorio
della regione è in seguito identificata in maniera provvisoria usan- nell'ambito professionale 0 dalle assicurazioni sanitarie. Per questa
do l'approccio del “gene candidato”, nel quale i geni vengono se- ragione, nel 2008, negli Stati Uniti è stata varata una legge che proi-
lezionati in base al grado di associazione alla patologia e alla bisce esplicitamente la discriminazione basata sul patrimonio gene-
probabilità che la loro funzione biologica sia coinvolta nella tico dellfindividuo.

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HapMap
Si selezionano SNP che etichettano o
A Gj;§j) A QÉEID I,
identificano aplotipi neII'intero genoma B (l:I:l:¦) B CEEIIÉ il
0 C§_C=D
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Chip di SNP I
Si costruiscono chip di SNP al alta risoluzione
che possono tipizzare fino a un milione di SNP
OQQ COO UOC) OOQ QOQ QQQ OQO

Studio caso-controllo

asaÂ:-e
Si confronta il DNA proveniente da una coorte di W
individui con un tratto definito (ad es. ipertensione) ` `i
con controlli appaiati che non mostrano questo tratto,
utilizzando chip di SNP OOQ ìëà009 (300
ãsi ìo 3
ä2:;†;2<>0
Casi di malattia
se.: Controlli

Risultati
Si identificano gli SNP significativamente 2i}>X$`›1í} 1íl>
' tt' I ' ' 'h h tir ri: tt rt»
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en e a gi )ne| casi risp o ai
controlli. Il numero di stelle corrisponde alla '
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fi fa fa
forza deII'associazione con il tratto Chr 1 Chr 22

I
Approccio del gene candidato
mi AHQIOIBBSIBOQBBO (AGT)
Si effettua un secondo studio caso-controllo '¬ E E E
di conferma, focalizzando I'attenzione in modo -I!) I | I Il I
specifico su geni candidati localizzati aIl`interno i1kb
di regioni iperrappresentate
FIGLIH/\ 5.3/I Schema generale per condurre uno studio di associazione genome-wide (GWAS). Utilizzando I dati di “Hapl\/lap" (liberamente
accessibili), è possibile dividere il genoma umano in "aplotipi" - ossia regioni di DNA contiguo ereditate in blocco - ognuno identificato da uno o più
SNP, "etichette" che identificano l'aplotipo stesso. NelI'esempio illustrato, il locus I contiene tre aplotipi definiti da combinazioni diverse di SNP in
cui il colore bianco indica la sequenza "normale" più comune mentre ogni altro colore indica uno SNP diverso; così, questi aplotipi possono essere
distinti saggiando solamente gli SNP marcati in blu o in lilla. Vengono quindi costruiti chip ad alta densità di SNP contenenti queste "etichette" al fine
di ottenere un'analisi genome-wide priva di bias di aplotipi condivisi tra le popolazioni affette e quelle di controllo. Si precisa che il termine "malattia"
indica qualsiasi fenotipo definito: potrebbe pertanto denotare sia una patologia vera e propria come I'ipertensione sia un tratto quantitativo come il
colore dei capelli o degli occhi. Successivamente, il DNA ottenuto dalle due coorti viene analizzato per evidenziare un'iperrappresentazione di SNP
nella popolazione affetta (i “casi") rispetto ai campioni di controllo - un'anaIisi è nota come studio caso-controllo. Le regioni genomiche condivise più
significative e di interesse sono poi esaminate per geni candidati (ne è un esempio, in uno studio volto a indagare loci associati all'ipertensione,
l'ang/otensinogeno, un gene sul cromosoma I il cui prodotto regola il tono della muscolatura liscia vasale). Il passo finale è I'esecuzione di un secondo
studio caso-controllo, questa volta utilizzando gli SNP localizzati all'interno del gene di interesse al fine di confermare o confutare l'associazione con
il tratto, spesso in una popolazione indipendente da quella nella quale è stato condotto il GWAS iniziale. In questo esempio, i singoli SNP all'interno
del gene delI'angiotensinogeno vengono evidenziati come barre verticali rosse, e tali SNP saranno esaminati nella seconda fase dello studio caso-
controllo. (l\/lodificata da l\/Iathew CG: New links to the pathogenesis of Crohn disease provided by genome-wide association scans. Nat Rev Genet
9Il):9-14, 2008)

ANALISI MOLECOLARE DELLE ALTERAZIONI Southern blot


GENOMICHE
Eventuali modificazioni nella struttura di specifici loci possono
Un numero significativo di alterazioni genetiche comprende
le delezioni estese, le duplicazioni o riarrangiamenti più comples-
essere identificate con il Southern blot, tecnica che prevede l'ibri-
dazione di sonde marcate con sostanze radioattive sequenza-
I
si che non sono facilmente evidenziati con liausilio di metodi specifiche per il DNA genomico che è stato prima digerito con un
di PCR o con il sequenziamento. Tali alterazioni “genomiche” enzima di restrizione e separato mediante elettroforesi su gel. La
possono essere studiate utilizzando una varietà di tecniche basate sonda individua di solito una banda della linea germinale in indi-
sull'ibridazione. vidui normali. Un campione di DNA normale è fondamentale per

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C h a n g e Vi C h a n g e Vi
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CAPITOLO 5 Malattie genetiche I

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c u -tr a c k
tzitare il modello del DNA in questione. Dopo liintroduzione acuta con acido retinoico, sostanza efficace esclusivamente in i... c u -tr a c k

della FISH e della tecnologia dei microarray, l'impiego del Southern particolare sottotipo di leucemia con una traslocazione cromoso-
blot è divenuto più sporadico, ma rimane comunque utile per in- mica del gene codificante per il recettoige dell”acido retinoico (Cap. Èwéßäí
_ _ _. a
dividuare malattie da espansione di triplette tra cui la sindrome 14). La FISH può essere effettuata su campioni prenatali (ad es.
dell°X fragile (si veda Fig. 5.32) e per definire i riarrangiamenti cellule ottenute dall`amniocentesi, dalla biopsia dei villi coriali o
genici delle immunoglobuline clonali nella diagnosi di linfoma. Il dal sangue del cordone ombelicale), su linfociti del sangue perife-
Southern blot verrà sostituito progressivamente da metodi basati rico, su preparati da biopsie di tumori e anche da sezioni tissutali
sulla PCR. precedentemente archiviate. La FISH è stata usata per individuare
anomalie cromosomiche di tipo numerico (aneuploidia, si veda Fig.
5.20), per dimostrare piccole microdelezioni (si veda Fig. 5.22) o
lbridazione fluorescente in situ (FISH)
complesse traslocazioni non evidenziabili dall”analisi routinaria del
La FISH usa sonde di DNA che riconoscono sequenze specifiche cariotipo, per l°analisi dell'amplificazione di geni (ad es. HER2/NE U
di particolari regioni cromosomiche. Nell'ambito del Progetto nel tumore della mammella o l'amplificazione di N-MYC nel neu-
Genoma Umano, sono state create grandi biblioteche di cromosomi roblastoma) e per la mappatura di geni di interesse recentemente
artificiali tramite batteri che coprono l'intero genoma umano. isolati ai loro loci cromosomici. La colorazione del cromosoma è
L°inserzione di DNA umano in questi cloni è nell'ordine di un'estensione della FISH e prevede la preparazione di sonde per
100.000-200.000 paia di basi, valore che definisce il limite di riso- interi cromosomi. Il numero di cromosomi che possono essere
luzione della FISH per identificare i cambiamenti cromosomici. rilevati coiiteinporaneanzente mediante chromosome painting è li-
Questi cloni di DNA sono marcati con coloranti fluorescenti e si mitato dalla disponibilità di coloranti fluorescenti che emettano
legano ai cromosomi inetafasici o ai nuclei in interfase. La sonda si segnali a differenti lunghezze d'onda. Questa limitazione è stata
ibrida alla sua sequenza genomica omologa e quindi marca una superata dalliintroduzione del cariotipo mediante spettroscopia
specifica regione cromosomica che può essere visualizzata con un (anche chiamato FISH multicolore). Usando una combinazione di
microscopio a fluorescenza. La metodica FISH permette di ovviare cinque fluorocromi e appropriati segnali generati elettronicamente
alla necessità di cellule in divisione ed è di particolare importanza è possibile visualizzare l'intero genoma umano (Fig. 5.35). Il cari-
I
quando è necessaria una rapida diagnosi - ad esempio. nel caso in otipo mediante spettroscopia (SKY) è talmente potente che lo si
I
cui si debba decidere di trattare un paziente con leucemia mieloide potrebbe definire “cariotipo spettacolare”.

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I
. Studi FISH in cui viene impiegata una FISH multicolore in un bambino con un'anomaIia indeterminata. Questa tecnica usa sonde marcate
I
con una sostanza radioattive con 23 miscele distinte di 5 fluorocromi per creare un "colore" unico per ciascun cromosoma. Questa analisi ha rivelato un
cromosoma 9 anomalo, con una regione 9p che contiene materiale supplementare proveniente da 22q. (Per gentile concessione del Dr. Stuart Schwartz,
Department of Pathology, University ot Chicago, Chicago, IL)
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B Posizione in megabasi
I l= `~lII</\ I»-Ill A. I_'anaIisi array CGH prevede l'ibridazione del DNA “campione” marcato in fluorescenza e del DNA di "controllo" su una superficie con-
tenente migliaia di sonde che corrispondono a regioni cromosomiche definite nel genoma umano. La risoluzione della maggior parte degli array CGH at-
tualmente disponibili e neII'ordine delle 200-500 chilobasi circa. Una lettura a più alta risoluzione degli array mostra le anomalie relative al numero di copie
nel campione (Cy5, rosso), con l'inclusione delle regioni di amplificazione (spot con eccesso di segnale rosso) e di delezione (spot con eccesso di segnale
verde); gli spot gialli corrispondono a regioni con un normale numero di copie (diploidil. B. I segnali di lbridazione vengono digitalizzati per ottenere un
cariotipo virtuale del genoma del campione testato. NeIl'esempio illustrato, un array CGH di una linea cellulare neoplastica identifica unamplificazione a
livello del braccio lungo del cromosoma 8 distalmente, che corrisponde a un aumentato numero deII'oncogene /I/I)/C. (A. Da Snijders Ai\/I et al.: Assembly I
of microarrays for genome-wide measurement of DNA copy number. Nat Genet 291263, 200'l. Web Figure A, Copyright 2001. Ristampata per gentile
concessione di l\/lacmillan Publishers Ltd)
I

lbridazione genomica comparativa basata sugli array possono essere localizzate in maniera ancora più efficiente, spesso
(array CGH) fino ad alcune migliaia di paia di basi. Array più recenti forniscono
inoltre una risoluzione più alta con più di 100.000 sonde per array
Risulta evidente dalla discussione appena conclusa che la FISH e sono utilizzati per evidenziare anomalie relative al numero di
richiede una conoscenza pregressa dell`una o più regioni cromo- copie in una varietà di malattie, dal cancro all”autismo. Un array
somiche specifiche che si sospetta siano alterate nel campione te- CGH è regolarmente effettuato nei casi di ritardo dello sviluppo
stato. Le anomalie genomiche, tuttavia, possono anche essere in- mentale di eziologia sconosciuta o nei bambini con caratteristiche
dividuate senza che vi sia una precedente conoscenza di quali dismorfiche a cariotipo negativo.
possano essere tali aberrazioni, utilizzando una strategia globale
come gli array CGH. Nell'analisi array CGH il DNA da testare e il
DNA di riferimento (normale) vengono marcati con due coloranti
Come indicato nelle pagine precedenti, le CNV sono una fonte
di polimorfismo genetico di recente individuazione, scoperte usando
la tecnologia array CGH. Sebbene rappresentino una pista partico-
I
fluorescenti diversi (in genere Cy5 e Cy3, che possiedono rispet- larmente interessante per cercare di comprendere le marcate diffe-
tivamente una fluorescenza rossa e verde, Fig. 5.36). I campioni renze tra i genomi dei diversi individui, le CNV possono porre dei
marcati in modo diflferente sono poi ibridati su una superficie di problemi nelliinterpretazione clinica dei dati degli array CGH.”
vetro puntinata con sonde di DNA che coprono il genoma umano Quando si confrontano due genomi che includono milioni di basi
a intervalli regolari; di solito coprono tutti i 22 autosomi e il cro-
mosoma X. Se i contributi di entrambi i campioni risultano uguali
per una data regione cromosomica (ossia se l'esemplare testato è
di DNA, di solito si osservano numerose CNV e può risultare diflìcile
decidere se uno specifico cambiamento sia un polimorfismo benigno
oppure una duplicazione o una delezione causa di malattia. Gli
I
i
diploide), tutte le macchie sull'array appariranno con una fluore- odierni database delle CNV si dimostrano di grande aiuto per sta- I
scenza gialla (il risultato di una uguale mescolanza dei coloranti bilire la rilevanza di CNV dubbie. Un'altra limitazione delle piatta-
verde e rosso). Viceversa, se il campione analizzato mostra un
eccesso di DNA in una data regione cromosomica (risultato di
forme di array CGH esistenti è che non sono in grado di evidenziare
traslocazioni bilanciate, in cui clè un riarrangiamento ma senza I
un'amplificazione), si rileverà un corrispondente eccesso di segnale
del colorante con il quale era stato marcato tale campione. L”op-
acquisizione o perdita di materiale genetico. A ogni modo, la sensi-
bilità enormemente superiore degli approcci di biologia molecolare
I
posto avverrà nel caso di una delezione, con un eccesso del segnale
utilizzato per identificare il campione di riferimento. Allo stato
giustificherebbe l`utilizzo di analisi quali liarray CGH come test
diagnostici genomici di prima linea dotati del potenziale per sosti- I
attuale le amplificazioni e le delezioni del campione analizzato tuire le tecniche di cariotipizzazione tradizionali. I

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c u -tr a c k .JRAZIONI EPIGENETICHE l°HCV. Il profilo di espressione dell'mRNA (descritto nei Capp. 7 e L3, o c u - t r a c
inoltre, sta rapidamente diventando uno strumento significativo per
L'epigenetica è definita come lo studio delle modificazioni chimiche la stratificazione molecolare dei tumorjz Alcune cellule tumorali che
ereditabili del DNA o della cromatina che non alterano la sequenza mostrano una particolare traslocazione cromosomica sono eviden-
del DNA stesso. Esempi di tali modificazioni includono la metila- ziate con maggiore sensibilità tramite l°analisi dell'mRNA (ad es.
zione del DNA e la metilazione e acetilazione degli istoni. Le cono- la fusione di BCR-ABL nella LMC). Ciò è dovuto per lo più al fatto
scenze relative a questi tipi di alterazione molecolare evolvono che la maggior parte delle traslocazioni si verifica in ubicazioni
rapidamente ed è chiaro che le modificazioni epigenetiche hanno sparse all°interno di particolari introni che possono essere molto
un'importanza critica per il normale sviluppo dell°individuo - grandi e superare di gran lunga la capacità di amplificazione della
inclusa la regolazione dell`espressione di geni tessuto-specifici, PCR convenzionale. Poiché gli introni vengono rimossi dallo spli-
l'inattivazione del cromosoma X e l'imprinting, nonché per la com- cing durante la formazione dell°mRNA, llanalisi PCR è possibile se
prensione delle alterazioni cellulari coinvolte nel processo di invec- l'RNA viene dapprima convertito a cDNA dalla trascrittasi inversa.
chiamento e nel canci'o.*“““ La PCR effettuata sul cDNA è il metodo di elezione per rilevare I
L'espressione di un gene correla frequentemente con il grado di residui minimi di malattia in pazienti con leucemia mieloide cronica
I
metilazione del DNA, di solito a livello del nucleotide citosina, in (Cap. 13).
modo specifico nelle regioni del promotore ricche di dinucleotidi In conclusione, occorre sottolineare che i progressi compiuti nello
CG note come “isole di CpG”. Come illustrato in precedenza nella svelare le basi genetiche delle malattie umane promettono svilup-
sezione sulfimprinting genomico, un”aiimentata metilazione di questi pi sbalorditivi per gli anni a venire. Un settore completamente nuo-
loci è associata a una ridotta espressione genica ed è accompagnata vo della medicina personalizzata e della genomica sta per essere
da un pattern concomitante di metilazione e acetilazione degli istoni. sviluppato.
Un numero sempre crescente di patologie necessita dellianalisi della
metilazione del promotore - ad esempio per la diagnosi della sin- BIBLIOGRAFIA
drome dell›X fragile, in cui uniipermetilazione determina il silenzia- 1. International Human Genome Sequencing Consortium: Finishing the euchro›
mento del gene FMR1. L'analisi della metilazione è inoltre essenziale niatic sequence of the human genome. Nature 431931, 2004.
nella diagnosi delle sindromi di Prader-Willi e di Angelman. 2. Plomin R, Sclialkivyk LC: Microarrays. Dev Sci 10:19, 2007.
Poiché il sequenziamento tradizionale di Sanger consente di 3. Greshaiii D et al.: Comparing whole genoines using DNA microarrays. Nat Rev
evidenziare una metilazione del DNA, sono state sviluppate altre Genet 9:291, 2008.
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tecniche per scoprire queste modificazioni chimiche. Un approccio Genet 36:949, 2004.
comune è il trattamento del DNA genomico con bisulfito di sodio, 5. Sebat I et al.: Large-scale copy number polymorphism in the human genome.
una sostanza chimica che converte in uracile le citosine non metilate, Science 305:525, 2004.
mentre le citosine metilate non vengono alterate. Un'analisi chiamata 6. Redon R et al.: Global variation in copy number in the human genoine. Nature
4442444, 2006.
PCR metilazione-specifica utilizza due coppie di primer per analiz- 7. Esteller M: Epigenetics and cancer. N Engl I Med 358:1148, 2008.
zare i loci di una singola catena di DNA: una coppia di primer evi- 8. Bayat A: Science, medicine, and the future: bioinformatics. BM] 32-l:1018, 2002.
denzia una sequenza di DNA con citosine non metilate (che sono 9. lay C et al.: miRNA profiling for diagnosis and prognosis ofhuman cancer. DNA
convertite a uracile in seguito al trattamento con bisulfito) e l'altra Cell Biol 261293, 2007.
10. Eulalio A et al.: Getting to the root of miRNA-mediated gene silencing. Cell
evidenzia le sequenze di DNA con citosine metilate (che rimangono
13229, 2008.
citosine in seguito al trattamento con bisulfito)” Sono in fase di 11. Rimoin DL et al.: Nature and frequency of genetic disease. In Rimoin DL, et al
sviluppo tecniche supplementari che forniscano una fotografia (eds): Einery and Rimoin's Priiiciples and Practice of Medical Genetics. 3rd ed.
istantanea ad ampio spettro di tutto il genoma del DNA regolato New York, Churchill Livingstone, 1997, p 32.
epigeneticamente. Queste tecniche si basano sulla capacità di rilevare 12. Ensenauer RE et al.: Primer on medical genoinics. Part VIII: essentials ofmedical
genetics for the practicing physician. Mayo Clin Proc 782846, 2003.
modificazioni degli istoni come le inetilazioni e le acetilazioni (che, 13. Willard HF: Tales of the Y chromosome. Nature 423:810, 2003.
al pari della metilazione del DNA, sono regolatori importanti 14. Goinase VS et al.: Pharinacogenomics. Curr Drug Metab 9:207, 2008.
dell'espressione genica) usando anticorpi contro istoni specificamen- 15. Ramirez F, Dietz HC: Marfan syndrome: from molecular pathogenesis to clinical
te modificati. Tali anticorpi possono essere usati per fare precipitare treatment. Curr Opin Genet Dev 17:252, 2007. I
16. Iudge DP, Dietz HC: Therapy oflvlarfan syndrome. Ann Rev Med 59:43, 2008. I
sequenze di DNA legato, secondo un metodo definito immunopre-
17. Mao IR, Bristow I: The Ehlers-Danlos syndrome: on beyond collagens. I Clin
cipitazione della cromatina (ChIP). Queste sequenze precipitate Invest 07:l063, 2001.
possono essere poi amplificate e analizzate tramite l'ibridazione con 18. Yeowell HN, Walker LC: Mutations in the lysyl liydroxylase 1 gene that result in
i microarray (“ChIP on Chip”) 0 sequenziate (“ChIP-Seq”) al fine di enzyme deficiericy and the clinical phenotype of Ehlers-Danlos syndrome type
mappare i geni modificati epigeneticainente in tutto il geno1na.83'84 VI. Mol Genet Metab 71:212, 2000.
19. Pepin MG, Byers PH: Ehler-Danlos syndrome, vascular type. Gene Rev. Available
at <http://wwiv.ncbi.nlin.nih.gov/bookshelf/br.fcgi?bool<=gene8<pai't=eds4>.
(2006).
ANALISI DELL'RNA 20. Wenstrup R, De Paepe A: Ehler-Daiilos syndrome, classic type. Gene Rev. Avai-
lable at <http://www.ncbi.nlm.nih.gov/bookslielf/bizfcgi?book:gene&part=eds>.
(2007).
Modificazioni a livello del DNA determinano alterazioni nell'espres-
21. Soutar AK, Naoumova RP: Mechanisms ofdisease: genetic Causes of familial
sione dell)mRNA. Partendo da questo presupposto, dovrebbe essere hypercholesterolemia. Nat Clin Pract Cardiovasc Med 4:21-l, 2007.
possibile utilizzare lianalisi dell'espressione dell”mRNA nella diagnosi 22. Vellodi A: Lysosoinal storage disorders. Br I Hematol 128:413, 2004.
delle malattie genetiche, ma da un punto di vista pratico si preferisce 23. Fan IQ: A counterintuitive approach to treat enzyme deficiencies: use of enzyme
nettamente la diagnosi basata sul DNA, poiché il DNA è molto più inhibitors for restoring mutaiit enzyme activity. Biol Chem 389:1, 2008.
24. Kaback MM: Hexosaminidase A deficiency. Gene Rev. Available at <http://\v\v\v.
stabile. L'analisi dell›RNA è nondimeno fondamentale in molti campi ncbi.nlin_nih.gov/bookshelf/br.fcgi?bool<=gene8zpart:tay-sachs>.(2006).
della diagnostica molecolare. L'applicazione più importante riguarda 25. Schuchman EH: The pathogenesis and treatment of acid sphingomyelinase-
l`identificazione ela quantificazione dei virus a RNA come l'HIV e deficient Niemann-Pick disease. I lnherit Metab Dis 30:654, 2007.
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c u -tr a c k Ortenberg I et al.: SRY gene expression in the ovotestes of XX true hermaphro- c u -tr a c k
. 1\eceptor-mediated and bullephase endocytosis cause macrophage and
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Malattie del sistema
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immunitario
Risposte immunitarie fisiologiche Sclerosi sistemica (sclerodermial
lmmunità innata Eziologia e patogenesi
lmmunità acquisita Miopatie infiammatorie
Componenti del sistema immunitario: cellule, tessuti Connettivite mista
e molecole Poliarterite nodosa e altre vasculiti l
Cellule del sistema immunitario
Rigetto dei trapianti
Tessuti del sistema immunitario
Riconoscimento e rigetto di trapianti allogenici
Complesso maggiore di istocompatibilità (il/lHC):
presentazione dell'antigene nell'immunità acquisita Fiigetto dei trapianti di rene
Citochine: messaggeri del sistema immunitario Trapianto di altri organi solidi
Trapianto di cellule emopoietiche i
Attivazione linfocitaria e risposte immunitarie
Presentazione e riconoscimento dell'antigene Sindromi cla immunodeficienza l
immunità cellulo-mediata: attivazione dei linfociti T Sindromi da immunodeficienza primaria
l
ed eliminazione dei patogeni intracellulari Agammaglobu/inemià legata alla X
immunità umorale: attivazione dei linfociti B lagammaglobulinemia di Bruton)
ed eliminazione di patogeni extracellulari immunodeficienza comune variabile
Declino delle risposte immunitarie e memoria Deficit specifico di IgA l
immuno/ogicà Sindrome da /per-lg/l/l
Ipersensibilità e malattie autoimmuni Sindrome di Dißeorge (ipoplasia timica)
immunodeficienza combinata grave
Meccanismi delle reazioni da ipersensibilità Sindrome di l/l/iskott-Aldrich (immunodeficienza,
ipersensibilità immediata (tipo ll trombocitopenia ed eczema)
ipersensibilità mediata da anticorpi (tipo ll) Deficit congeniti del complemento
ipersensibilità mediata da immunocompless/Ttipo lil)
ipersensibilità cellulo-mediata ltipo IV) lmmunodeficienze acquisite
Sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS)
Malattie autoimmuni Epidemiologia
Tolleranza immunologica
Eziologia' le proprietà dell'HIV
Meccanismi autoimmunitari: principi generali
Patogenesi dell'infezione da HlVe dell'AlDS
Il/lalattie autoimmuni
Storia naturale dell'infezione da H/V
UZ' Lupus eritematoso sistemico (LES) Ouadro clinico de/l'AlDS
Autoànticorpi del LES
Eziologia e patogenesi del LES Amiloidosi
LES iàtrogeno Proprietà delle proteine amiloidi
dir1istertiva
Artrite reumatoide Patogenesi
Sindrome di Sjögren Classificazione
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Il sistema immunitario è essenziale per la sopravvivenza: l'ambiente sono espressi sulla membrana o negli endosomi e possono quindi
riconoscere sia i microbi extracellulari che quelli internalizzati, at-
che ci circonda pullula di germi potenzialmente letali e il sistema
tivando le risposte cellulari contro questi patogeni. Altri sensori
immunitario offre protezione dalle infezioni; perciò, un deficit I
microbici si trovano nel citoplasma dove riconoscono batteri e virus
immunitario ci rende facile preda degli agenti infettivi. Il sistema
immunitario, però, è un`arma a doppio taglio. Normalmente ci di- che hanno colonizzato le cellule. Dopo aver riconosciuto i germi, i
fende, ma quando diventa iperattivo causa malattie potenzialmente TLR e gli altri sensori inviano un segnale comune che attiva i fattori l

fatali. Le reazioni allergiche e le reazioni rivolte contro inostri tessuti di trascrizione e principalmente NF-KB (fattore nucleare KB). NF-KB
e cellule (autoinnnunità) sono esempi di malattie causate da risposte a sua volta induce la produzione di citochine e di proteine che sti-
immunitarie. molano l'attività microbicida di varie cellule ma soprattutto dei fa-
In questo capitolo tratteremo le patologie causate da una risposta gociti. Altri recettori cellulari si legano ai microbi promuovendone
la fagocitosi: i recettori del mannosio, un carboidrato tipico delle
immunitaria debole o eccessiva. Descriveremo anche l'amiloidosi,
glicoproteine microbiche ma non di quelle dell'ospite, e i recettori
una malattia in cui una proteina aberrante, derivata in alcuni casi
delle opsonine, quali anticorpi e complemento, che rivestono i
da frammenti di immunoglobuline, si deposita nei tessuti. Prima di
microbi.
descrivere le risposte anomale responsabili delle malattie immuni-
Gli epiteli cutaneo, gastroenterico e respiratorio sono barriere
tarie ci soffermeremo sulle caratteristiche principali delle risposte
meccaniche che ostacolano la penetrazione dei microbi provenienti
immunitarie fisiologiche.
dalllambiente esterno. Le cellule epiteliali producono anche molecole
antinfettive, come le difensine e i linfociti intraepiteliali attaccano i
germi direttamente in loco. Se i germi riescono a superare le barriere
Risposte immunitarie fisiologiche epiteliali entrano in gioco altri meccanismi difensivi.
I monociti e i neutrofili sono fagociti circolanti che vengono
Il prototipo di risposta immunitaria fisiologica è la difesa contro
reclutati rapidamente in qualsiasi focolaio infettivo; i monociti che
le infezioni, che rappresenta la classica immunità. Le risposte pro- l
migrano nei tessuti e vanno incontro a maturazione sono detti
tettive contro le infezioni sono di due tipi. L'i›ninunità innata (detta
macrofagi (Cap. 2). Le cellule dendríticlie producono interferoni di
anche immunità naturale, o congenita) comprende le risposte im-
tipo I, citochine antivirali che inibiscono l'infezione e la replicazione
munitarie preesistenti alle infezioni, evolutesi specificamente per
virale; queste cellule saranno descritte più avanti, a proposito della
riconoscere i germi e proteggerci dalle infezioni. Llinnnunitri acqui-
sita (detta anche immunità adattativa o specifica) comprende le presentazione dell'antigene ai linfociti. Le cellule natural killer co-
stituiscono un sistema di difesa precoce contro molti virus e batteri
risposte immunitarie indotte dai germi e che sono in grado di rico-
intracellulari e verranno descritte più avanti.
noscere molecole di origine microbica o di diversa provenienza.
Le proteine del complemento, trattate nel Capitolo 2, sono tra le I
Llimmunità innata è la prima linea di difesa, perché è sempre pronta
proteine plasmatiche più importanti del sistema immunitario innato.
a bloccare ed eradicare le infezioni. L'immunità adattativa si sviluppa
Nelfimmunità innata, il complemento è attivato dai batteri attraverso
invece in un secondo tempo, solo dopo l'esposizione ai germi, ed è
la via alternativa e la via della lectina; mentre nelfimmunita acquisita
ancora più potente delle risposte innate nel combattere le infezioni. l
l
è attivato dagli anticorpi attraverso la via classica. Altre proteine
Per convenzione, la locuzione “risposta immunitaria” si riferisce
delfimmunità innata circolanti sono la lectina legante il mannosio
alllimmunità acquisita.
e la proteina C reattiva, che rivestono i batteri favorendone la fago-
citosi. Anche il surfactante polmonare partecipa risposte innate,
uvuv|uN|TÀ INNATA proteggendo l'epitelio respiratorio dai batteri inalati.
Le risposte immunitarie precoci sono la prima linea di difesa
Le componentiprincipali dell'im›nunità innata sono le barriere epite-
liali che bloccano l”ingresso dei inicrorganisrnipresenti iiellaiiibieiite, contro le infezioni e sono responsabili dell”attivazione successiva
delle più efficaci risposte acquisite.
le cellulefagocitarie (principalmente neutrofili e macrofagi), le cellule
dendriticlie, le cellule natural killer (NK) e varie proteine plasmatiche,
tra le quali le proteine del complemento. Le due risposte cellulari uvuv|uN|TÀ Acou|s|TA l
principali dell'immunità naturale sono: l'infiani›nazione, in cui av-
Le risposte acquisite si basano sui linfociti e i loro prodotti, tra ì quali
viene il reclutamento dei fagociti che vengono attivati allo scopo di
uccidere i microbi e le difese antivirali, mediate dalle cellule dendri- gli anticorpi. I recettori linfocitari sono molto più variegati rispetto
a quelli del sistema innato, anche se i linfociti non sono intrinseca-
tiche e dalle cellule NK. I leucociti e le cellule epiteliali che partecipano
mente specifici per i batteri tuttavia sono in grado di riconoscere I
alle risposte innate riconoscono componenti microbiche comuni a
una vasta gamma di sostanze estranee. Nella parte restante di questa
germi correlati e spesso essenziali per Finfettività (componenti che
non possono quindi essere mutate per consentire ai microbi di sezione introduttiva saranno esaminati in dettaglio i linfociti e le
risposte acquisite.
evadere la sorveglianza immunitaria). Queste strutture microbiche
Esistono due tipi di innnunitri acquisita: l'in1›nunità umorale, che
sono dette strutture molecolari associate ai patogeni. I leucociti rico-
protegge daipatogeni extracellulari e dalle loro tossine, e l'innnunità
noscono anche molecole che vengono rilasciate dalle cellule dan-
cellulo-mediata (0 cellulare), clie difende daipatogeni intracellulari.
neggiate o necrotiche, dette anche strutture molecolari associate al
L`immunità umorale è mediata dai linfociti B (originati dal midollo
pericolo (allarrnine). I recettori cellulari che riconoscono queste
osseo) e dai loro prodotti di secrezione, gli anticorpi (o immuno- l
molecole sono detti recettori che riconoscono le strutture (pattern l
globuline, Ig), mentre l'immunità cellulare è mediata dai linfociti
recognition receptors). I più noti recettori che riconoscono le mole-
T (originati dal timo). Entrambe le classi di linfociti esprimono
cole associate ai patogeni sono i recettori Toll-simili (TLR),' una fa-
recettori altamente specifici per un`ampia gamma di molecole dette
miglia di proteine omologhe alla proteina Toll della Drosophila. TLR
antigeni.
diversi riconoscono componenti batteriche e virali differenti. I TLR
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CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

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Cellula infetta contenente
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l`antigene microbico
ill il tim ii i Le principali classi di linfociti e il loro ruolo nell'immunità acquisita.

COMPONENTI DEL SISTEMA IMMUNITARIO: Linfociti T l


l
CELLULE,TESSUTl E MOLECOLE
I linfociti T derivano da precursori timici. I linfociti T maturi sono
Prima di descrivere le risposte immunitarie fisiologiche e patologi- presenti in circolo dove rappresentano il 60-70% circa dei linfociti
che riassumeremo le caratteristiche salienti dei protagonisti princi- circolanti e nelle zone a cellule T degli organi linfoidi periferici
pali di queste risposte. (descritti oltre). Attraverso il proprio recettore per l”antigene (TCR),
ciascun linfocita T riconosce uno specifico antigene legato alla
membrana cellulare? Nel 95% circa dei linfociti T il TCR è un ete-
Cellule del sistema immunitario
rodimero formato da due catene polipetidiche, oi e ß (Fig. 6.2), unite
I linfociti hanno una morfologia molto semplice e sembrano in- da ponti disolfuro e caratterizzate da una regione costante e una
distinguibili, ma in realtà sono notevolmente eterogenei e specia- regione variabile (che lega l'antigene). Il TCROLB riconosce antigeni
lizzati dal punto di vista strutturale e funzionale. Le principali peptidici presentati da molecole del complesso maggiore di istocom-
classi di linfociti e il relativo ruolo nelle risposte immunitarie patibilità (MHC) esposte sulla membrana delle cellule che presentano
acquisite sono illustrati nella Figura 6.1. I linfociti e le altre cellule Fantigene (APC) (Le proteine MHC sono descritte più avanti). Li-
immunitarie non risiedono in un dato tessuto (come la maggior mitando la specificità dei linfociti T ai peptidi presentati in mem-
parte delle cellule dell'organismo), ma sono cellule itineranti che brana dalle molecole MHC, un meccanismo detto restrizione MHC,
migrano negli organi linfoidi e in altri tessuti e nel sistema circo- il sistema immunitario fa si che i linfociti T identifichino solo
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latorio e linfatico. Questa caratteristica consente ai linfociti di gli antigeni associati alle cellule (ad es. derivati da microbi I

riconoscere i focolai di infezione e migrare attivamente verso intracellulari). i l


di essi (un processo detto liomìng). All'interno degli organi linfoidi La diversità dei TCR è generata dal riarrangiamento somatico dei
le diverse classi di linfociti sono segregate anatomicamente cosi geni che codificano le catene oi e B del recettore? Tutte le cellule dell'or-
da interagire reciprocamente solo in risposta alla stimolazione ganismo, compresi i progenitori linfocitari, sono portatrici dei geni
antigenica o ad altri stimoli. I linfociti maturi che non hanno
ancora incontrato i rispettivi antigeni sono detti vergini (immu-
nologicamente inesperti). Una volta attivati dal riconoscimento
delfantigene e da altri segnali descritti più avanti, questi linfociti
TCR in forma germinale, che non possono essere espressi come pro-
teine TCR. I geni del TCR si riarrangiano durante la maturazione nel
timo dei linfociti T, generando un'infLnit`a di combinazioni che possono
essere trascritte e tradotte in recettori per l”antigene funzionali. L'en-
l.
si differenziano in cellule efiettrici, che sono in grado di eliminare zima responsabile del riarrangiamento genico è codificato dai geni
gli antigeni, e cellule della memoria imniunologica, che vivono in RAG-1 e RAG-2 (geni che attivano la ricombinazione); i difetti eredi-
uno stato di allerta permanente e sono più efiicienti nel combat- tari delle proteine RAG bloccano la maturazione dei linfociti. Ogni
tere i patogeni dei quali hanno già avuto esperienza. La matura- linfocita T esprime un solo tipo di TCR con un'unica specificità, ma
zione dei linfociti in cellule effettrici e della memoria è riassunta la popolazione T cellulare complessiva delfindividuo è in grado di
più avanti. riconoscere un numero enorme di antigeni. È importante notare che
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CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

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-_ i_i_ULA CHE PRESENTA L'ANT|GENE molto limitata e riconoscono i glicolipidi della proteina CD1, un
analogo delle proteine MHC; il ruolo di questi linfociti non è noto.
Molecola MHC di classe ll `
im Oltre alle proteine CD3 e Q, ilinfociti Tesprimono anche una serie
Catena oi Catena ß di proteine ausiliarie del complesso del TCR, coinvolte nelle risposte
funzionali: CD4, CD8, CD2, le integrine e CD28.7 CD4 e CD8 sono
!»~:e1-~i¬%fe¬i\¬«1›-%«»f=««e¢+ee--2†i«=f« --_ - F--:~-›~-efee.--f ^~:_=-H: '.:~.-, ~ ~-= s-i
espressi con modalità mutuamente esclusiva da due sottotipi di lin-
;-:-5 7 .- jff-_ f ;-2 ›: f ff- 'J .“:~ '=,.; 2-.'12 \ F: '-5 7. -5 si .Q =¦¬ .T if'. ›: :;=,:;_
fociti Tozß. La proteina CD4 è espressa dal 60% circa dei linfociti T
l.
CD80 CD3+ maturi, i cosiddetti linfociti T helper che producono citochine
o CD86 e aiutano i macrofagi e i linfociti B a contrastare le infezioni; mentre
la proteina CD8 è espressa dal 30% circa dei linfociti T, i cosiddetti
Peptide linfociti T citotossici (o killer, CTL) che eliminano le cellule infette
antigenico dell°ospite, colonizzate da patogeni intracellulari. CD4 e CD8 sono

ai-'
corecettori nell'attivazione dei linfociti T e collaborano con il TCR
nella risposta alla stimolazione antigenica. Durante la presentazione
dell'antigene, il corecettore CD4 si lega alle molecole MHC-II che
_ .M mi-..if-~ -...S -,, _ ›1-›.a-.- , ¬--mi-= -,,,=-

¢'\ espongono fantigene (si veda Fig. 6.2) mentre il corecettore CD8 si

È*faq.
ti lega alle molecole MHC-I. Quando il TCR riconosce fantigene, i
corecettori CD4 e CD8 trasmettono i segnali necessari per attivare il 4
linfocita T. Il requisito dei corecettori consente ai linfociti T helper
CD4+ di discriminare e rispondere selettivamente solo agli antigeni
Proteine Catene TCR Proteine presentati da molecole MI-IC-II, mentre i linfociti T citotossici CD8+ l
l CD3 Q eterodimerico CD3 J rispondono solo agli antigeni legati alle cellule e associati a molecole
MHC-I; questo fenomeno di restrizione è descritto più avanti.
LiNFocirA T co4+ Segnale 1 Segnale 2 Oltre al riconoscimento dei complessi MHC-antigene, i linfociti
T hanno bisogno anche dei segnali accessori generati dalle APC per
t ltìllit/`\ t;.;«'. Complesso recettoriale dei linfocitiT (TCR) e altre molecole attivarsi. Descriveremo questi segnali più avanti nella sezione dedi-
implicate nell'attivazione linfocitaria. l_'eterodimero TCR, formato da una cata alle risposte cellulo-mediate.
catena oi e una catena B, riconosce l'antigene (sotto forma di complesso
l\/IHC-peptide espresso dalle cellule che presentano l'antigene o APC), e
l'associazione del complesso CD3 e delle catene L dà inizio alla trasduzione Linfociti B
dei segnali di attivazione linfocitaria. Anche CD4 e CD28 sono implicati l
nellattivazione dei linfocitiT. (Alcuni linfocitiT esprimono CD8 e non CD4; I linfociti B originano da precursori midollari. Il linfociti B maturi
le due molecole hanno un ruolo analogo). Le dimensioni molecolari non sono il 10-20% dei linfociti circolanti e sono presenti anche negli
sono in scala. l\/IHC, complesso maggiore di istocompatibilità.
organi linfoidi periferici: i linfonodi, la milza e i tessuti linfoidi as-
sociati alle mucose. I linfociti B riconoscono l'antigene attraverso il
complesso recettoriale delle cellule B (BCR). Gli anticorpi di mem-
in tutte le cellule non-T delforganismo sono presenti geni del TCR brana IgM e IgD, espressi da tutti i linfociti B, sia maturi sia vergini,
non-riarrangiati (forme germinali), ma solo nei linfociti T i geni del sono la componente del BCR che lega fantigene (Fig. 6.3). Come
TCR sono riarrangiati. Il riarrangiamento dei geni del TCR, dimostra- per i linfociti T, ogni BCR ha un'unica specificità antigenica generata
bile con tecniclie di biologia molecolare, è quindi il segno distintivo delle dal riarrangiamento dei geni delle immunoglobuline indotto dai
linee cellulari T Dal momento che ogni linfocita T e la sua progenie geni RAG. Come per i linfociti T, l'analisi del riarrangiamento dei
clonale esprimono un unico riarrangiamento genico (e quindi un geni delle Igè un utile strumento diagnostico per liidentificazione dei
unico TCR), è possibile distinguere una proliferazione linfocitaria linfomi monoclonali a cellule B. I linfociti B attivati dalla stimolazione
policlonale (non-neoplastica) da una monoclonale (neoplastica). antigenica e da altri segnali (descritti oltre), maturano in plasmacel-
L'analisi del riarrangiamento genico del TCR è quindi un valido stru- lule clie secernono anticorpi, i mediatori delfimmunità umorale.
mento diagnostico per i tumori linfoidi a cellule T (Cap. 13). Oltre alle immunoglobuline di membrana, il complesso recettoriale
Ogni eterodimero di TCR è unito da legami non covalenti al antigenico delle cellule B contiene un eterodimero formato dalle due
complesso pentamerico del CD3 e al dimero delle catene § (Fig. 6.2).“' proteine Igor e Igß. Come le proteine CD3 e Q del complesso del TCR,
Le proteine CD3 e Q sono identiche in tutti i linfociti T e trasducono le proteine Igor e Igß trasducono il segnale indotto dalla stimolazione
il segnale del TCR generato dalla stimolazione antigenica e insieme antigenica. I linfociti B esprimono anche altre molecole essenziali
al TCR formano il “complesso del TCR'f per le loro risposte: i recettori del complemento, i recettori Fc e il
Una piccola sottopopolazione di linfociti T maturi esprime un CD40. Il recettore del complemento di tipo 2 (CR2 o CD21) è anche
secondo tipo di TCR, formato dalle catene ¬/ e 8.5 Il TCRyô riconosce il recettore del virus di Epstein-Barr (EBV), che perciò infetta facil-
direttamente peptidi, lipidi e piccole molecole, senza bisogno di mente i linfociti B.
presentazione da parte delle molecole MI-IC. I linfociti Työ tendono
a formare aggregati sulle superfici epiteliali, come la cute e le mucose
Cellule dendritlche
gastroenterica e urogenitale, e questo suggerisce che queste cellule
siano una sorta di sentinelle che proteggono l'organismo dai germi Sono stati identificati due tipi di cellule con morfologia dendritica,
che cercano di attraversare gli epiteli; il loro ruolo però non è stato ma con importanti differenze funzionali. Entrambe sono ricche di
ancora chiarito. Un”altra piccola sottopopolazione di linfociti T fini processi citoplasmatici simili a dendriti (da cui il nome). Le
esprime marcatori tipici delle cellule NI( e queste cellule sono perciò cellule dendriticlie interdigitate, dette anche semplicemente cellule
dette linfociti T-NK.6 I TCR dei linfociti T-NI( hanno una variabilità dendriticlie (Fig. 6.4)* sono le principali cellule che presentano li
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CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario l
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numerosi processi cellulari. B. Localizzazione delle cellule dendritiche
(cellule di Langerhans) epidermiche (ia reazione immunoistochimica le
colora in blu). (Per gentile concessione del Dr. Y-J. Liu, l\/l.D. Anderson
Cancer Center, Houston)

e selezionano i cloni con la maggiore aflinità per fantigene, miglio- l

rando quindi la qualità della risposta umorale.

Macrofagi
i i . * .s i Struttura degli anticorpi e del recettore per l'antigene dei I macrofagi fanno parte del sistema dei fagociti mononucleati; le
linfociti B. A. ll complesso recettoriale dei linfociti B è formato da una lgl\/I
di membrana (o da una IgD, non mostrata in figura), che riconosce l'antigene loro origini, la loro maturazione e le loro funzioni proinfiammatorie
e dalle proteine associate, lga e lgß, che trasducono il segnale. CD2l e il sono descritte nel Capitolo 2. In questo capitolo ci concentreremo
recettore di una frazione del complemento che attiva i linfociti B. B. Struttura solo sul loro ruolo nell'induzione e nella fase effettrice delle risposte
cristallografica di una IgG secretoria, che evidenzia le regioni variabili (V) e immunitarie acquisite.
costanti (C) delle catene pesanti (H) e leggere (L). (Per gentile concessione
del Dr. Alex l\/lcPherson, University of California, lrvine, CA)
O I macrofagi che hanno internalizzato microbi e antigeni proteici
ne processano gli antigeni e presentano frammenti peptidici ai
l'antigene (APC), responsabili dell'attivazioneprimaria delle risposte linfociti T attivandoli e fungendo cosi da APC.
Tcellulari agli antigeni proteici (descritte più avanti). Queste cellule i
O I macrofagi sono le principali cellule effettrici in determinate l
hanno un ruolo chiave nella presentazione dell'antigene per i seguenti forme di immunità cellulo-mediata come la reazione che elimina
motivi. (1) Si trovano nel posto giusto per catturare l'antigene, sotto i patogeni intracellulari. In queste risposte i macrofagi sono atti-
gli epiteli, la comune porta d'ingresso di microbi e antigeni estranei, vati dai linfociti T che potenziano l'attività microbicida dei
e nell”interstizio di tutti i tessuti, dove si possono produrre gli anti- macrofagi (trattata oltre).
geni. Nelfepidermide, le cellule dendritiche immature sono dette 0 I macrofagi partecipano anche alla fase effettrice delle risposte
cellule di Langerlians. (2) Sono ricche di recettori che catturano e umorali. Infatti, come si è detto nel Capitolo 2, internalizzano e
reagiscono ai microbi (e ad altri antigeni), tra i quali i recettori TLR degradano eflìcacemente i batteri opsonizzati (rivestiti) da IgG
e del mannosio. (3) In risposta alle infezioni migrano nelle zone T e C3b.
cellulari degli organi linfoidi, dove vengono a trovarsi in posizione
ideale per presentare gli antigeni ai linfociti T. (4) Esprimono livelli Cellule natural killer (NK)
elevati di molecole per la presentazione delfantigene ai linfociti T
CD4+ e per l'attivazione linfocitaria. Le cellule NK sono il 10-15% circa dei linfociti circolanti. Osservate
Le cellule deiidriticliefollicolari, identificate nei centri germinativi negli strisci periferici sono un po) più grandi dei piccoli linfociti e
dei follicoli linfoidi della milza e dei linfonodi9 sono dotate di recet- sono ricche di granuli azzurrofili e sono perciò dette grandi linfociti
tori Fc per le IgG e di recettori per il C3b e quindi catturano gli granulari. Le cellule NI( non esprimono il TCR né le Ig e sono in
antigeni legati agli anticorpi e al complemento. Queste cellule par- grado di lisare direttamente una varietà di cellule infettate e di cellule
tecipano alle risposte umorali: presentano gli antigeni ai linfociti T trasformate, senza bisogno di essere sensibilizzate o attivate da una

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V .uente esposizione agli antigeni microbici o tumorali. Queste prima difesa contro le infezioni intracellulari. L'attività delle celluic
cellule sono quindi la prima linea di difesa antivirale e forse anche NK è regolata da varie citochine, tra le quali IL-2, IL-15 e IL-12.
antitumorale. Le cellule NI( sono comunemente identificate da IL-2 e IL-15 sono mitogene per le cellule NK, mentre IL-12 induce
due marcatori di membrana: il CD16 e il CD56. CD16 è un recettore la citotossicità e la secrezione di IFN-'y.
per il frammento Fc delle IgG e conferisce alle cellule NK la capacità
di lisare le cellule bersaglio rivestite da IgG, una risposta detta cito-
Tessuti del sistema immunitario
tossicità cellulo-mediata antícorpo-dipendente (ADCC).
L'attii/ità delle cellule NKè regolata dall'equilibrio tra isegiiali Il sistema immunitario è formato dagli organi linfatici centrali (pri-
l
attivatori e inibitori trasmessi dai suoi recettori” (Fig. 6.5). I recettori mari o generativi), nei quali avviene la maturazione dei linfociti T
attivatori sono molteplici e tra questi la famiglia degli NKG2D è la e B che diventano competenti a rispondere agli antigeni, e dagli
più nota. I recettori NKGZD riconoscono gli antigeni di membrana organi linfatici periferici (o secondari), nei quali si attivano le rispo-
indotti da stress divario tipo, come le infezioni e i danni genetici. I ste immunitarie adattative in risposta alle infezioni. i
recettori inibitori, invece, riconoscono le molecole MHC di classe I l
self, presenti su tutte le cellule nucleate normali. Questi recettori
Organi linfatici centrali
appartengono a due famiglie: recettori citotossici simili alle Ig e
recettori CD94 della famiglia delle lectine (proteine che riconoscono Sono organi linfatici centrali: il timo, sede di maturazione dei linfo-
i carboidrati). I recettori inibitori bloccano le cellule NK, impeden- citi T, e il midollo osseo, che genera tutte le cellule ematiche ed è la
dogli di attaccare le cellule normali. In caso di infezione virale e sede di maturazione dei linfociti B. Questi organi sono descritti nel
trasformazione neoplastica spesso si verifica l'espressione di ligandi Capitolo 13. l
attivatori mentre si riduce llespressione di molecole MHC-I. L`equi-
i
librio si sposta cosi verso fattivazione e la cellula infetta o trasformata
Organi linfatici periferici
viene uccisa.
Le cellule NK, inoltre, secernono attivamente citochine come Sono organi linfatici periferici: i linfonodi, la milza e i tessuti linfatici
l`interferone-'y (IFN-7), che attiva la capacità dei macrofagi di ucci- associati alle mucose e alla cute. Sono organizzati in modo che gli
dere patogeni internalizzati; queste cellule costituiscono, quindi, la antigeni, le APC e i linfociti si concentrino così da ottimizzare le
interazioni tra queste cellule e ottenere la maturazione delle risposte
immunitarie adattative.
I linfonodi sono aminassi nodulari di tessuto linfoide intercalati
A. Attivazione del recettore inibitorio lungo ivasi linfatici e diffusi in tutto l'organismo (Fig. 6.6). Quando
la linfa attraversa i linfonodi, le APC presenti al loro interno cam-
s- -«L ll I NK La cellula
. NK non viene I

Ce U a attivata; la cellula NK pionano gli antigeni dei microbi che hanno attraversato gli epiteli e
non uccide la cellula sono penetrati nei tessuti trasportati dalla linfa. Le cellule dendriti-
Recettore __ Recettore bersaglio autologa che presenti negli epiteli catturano gli antigeni microbici e attraverso
attivante ' inibitorio ' f' ` '¬ ' " ' *` ivasi linfatici li trasportano ai linfonodi. In questo modo gli antigeni

oto Complesso i dei microbi che attraversano gli epiteli e colonizzano i tessuti ven-
,_ , MHC-I autologo- .. I gono concentrati nei linfonodi drenanti.
Cellula i f . ›
normale U i pephde La milza è un organo addominale con un ruolo analogo ai linfo-
autologo _ nodi nelfattivazione delle risposte immunitarie acquisite. La milza,
però, risponde ad antigeni di origine ematogena, mentre i linfonodi
B. Flecettore inibitorio non attivato, rispondono ad antigeni derivati dal sistema linfatico. Il sangue dre-
recettore attivante attivato La cellula NK nato dalla milza confluisce in una rete di sinusoidi, dove gli antigeni
viene attivata; provenienti dal circolo periferico vengono catturati dalle cellule
I
-"T"* Cellula NK la cellula NK dendritiche e dai macrofagi splenici.
uccide la Il tessuto linfatico mucocutaneo si trova in posizione subepiteliale
Ligando ,_ _ ce Il u I a in
' fetta
1 < ,. . . a livello della cute e delle mucose respiratoria e gastroenterica. Ri-
attivatore [ill] ,L l_i_nf_ezioil1,e virale _
dena inibisce espressione Ø sponde agli antigeni che penetrano nell'organismo attraverso le i

~›< ti::'::;:::::°i;:..i:.:.;. ,-f¬-


l
discontinuità epiteliali. Le tonsille faringee e le placche di Peyer
intestinali sono veri e propri organi linfoidi. Oltre la metà dei linfociti l
ne di ligandi che i sono normalmente localizzati nelle mucose (a indicare la notevole l
~ attivano le cellule NK Ø ` ` Q estensione di questi tessuti) e molti di questi linfociti sono cellule
Cellula iniettata da un virus
c> ©
della memoria immunitaria.
(non esprime molecole MHC-I) Negli organi linfatici periferici i linfociti T e B sono segregati in re-
li
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gioni distinte (si veda Fig. 6.6). Nei linfonodi i linfociti B si concen-
¬ il Jin?/*-. Recettori attivanti e inibitori delle cellule natural killer (NK).
A. Le cellule sane esprimono molecole l\/IHC-I autologhe che sono ricono-
trano in strutture discrete, dettefollicoli, situati nella regione perife-
sciute dai recettori inibitori, un meccanismo protettivo delle cellule normali rica o corticale dei linfonodi. I follicoli i cui linfociti B hanno subito
dall'attacco delle NK. Le cellule sane possono anche esprimere ligandi per una stimolazione antigenica recente, possono contenere una regione
i recettori attivatori (non mostrati in figura) o non esprimere tali ligandi (come centrale detta centro gerininativo. I linfociti T, invece, si concentrano
nel caso mostrato in figura). ma questi ligandi non attivano le cellule NK se nella zona paracorticale, adiacente ai follicoli. I follicoli contengono
i recettori inibitori sono attivati. B. Le cellule infettate o "stressate',' riducono
(espressione di molecole MHC-l, riducendo cosi l'attivazione dei recettori le cellule dendritiche follicolari, che attivano i linfociti B, mentre la
inibitori, ed esprimono invece i ligandi per i recettori attivatori. Questo attiva zona paracorticale contiene le cellule dendritiche che presentano gli
le cellule NK che uccidono le cellule infettate. antigeni ai linfociti T. Nella milza, i linfociti T sono concentrati nelle
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guaine linfatiche periarteriolari disposte a manicotto intorno an
Follicoli
piccole arteriole mentre i linfociti B risiedono nei follicoli.
La citoarchitettura degli organi linfatici è funzionale alla matu-
razione delle risposte immunitarie ed è regolata con precisione.“'13 l

La concentrazione dei linfociti B nei follicoli linfatici e dei linfociti


T nelle aree paracorticali è mediata dalle chemochine prodotte in
questi distretti. La stimolazione antigenica modifica fespressione dei
recettori linfocitari per le chemochine. Di conseguenza, i linfociti B i
ãh e T lasciano le loro sedi e migrano gli universo gli altri per incon- i
\
trarsi ai margini dei follicoli, dove i linfociti T helper interagiscono
con i linfociti B, aiutandoli a differenziarsi nelle cellule che produ-
cono gli anticorpi.
i

Cortícale Ricírcolazlone del linfociti


Midollare I linfociti ricircolano continuamente tra i tessuti e migrano verso de-
terminate sedi; i linfociti vergini attraversano gli organi linfatici peri-
ferici dove si attivano le risposte immunitarie e i linfociti eflettori
Vaso migrano neifocolai di infezione e infiammazione" (Fig. 6.7). La ri-
Cellula linfatico Linfgciia circolazione linfocitaria è importante soprattutto per i linfociti T; i -›_:-T
dendritlca afferente Bvergine
:__ìi linfociti T citotossici, infatti, devono individuare ed eliminare i germi
" Linfocita in qualsiasi tessuto infetto. Invece, le plasmacellule restano negli
Tvergine organi linfoidi e non devono migrare nei focolai di infezione; queste

ic\> e
cellule, infatti, producono anticorpi che vengono trasportati a di-
stanza nei tessuti. Limiteremo quindi la discussione della ricircola- l
Zona T zione linfocitaria ai linfociti T.
cellulare I linfociti T vergini usciti dal timo, migrano nei linfonodi e colo-
Zona B nizzano le zone T cellulari attraverso venule postcapillari specializ-
cellulare zate, dette venule a endotelio alto (HEV) (si veda Fig. 6.7). Giunti nei i
linfonodi, i linfociti T vergini, possono incontrare gli antigeni spe- l
cifici, presentati dalle APC ed essere attivati. L'attivazione altera
llespressione linfocitaria delle molecole di adesione e dei recettori
Arferia per le chemochine. I linfociti T citotossici maturi lasciano infine i
linfonodi, passano in circolo e migrano nei tessuti infettati.
l-lnfoclla Linfocita B
Complesso maggiore di istocompatibilità (MHC):
presentazione dell'antigene nell'immunità acquisita
Le molecole MHC hanno un ruolo chiave nel riconoscimento degli
antigeni da parte dei linfociti T e sono associate a molte malattie
autoimmuni; ne riassumeremo quindi brevemente la struttura e le
funzioni." Questi antigeni sono stati scoperti studiando i geni im-
plicati nel rigetto dei trapianti e il loro nome deriva dal fatto che
sono responsabili della compatibilità tissutale fra soggetti diversi.
La funzionefisiologica delle molecole MHC è la presentazione dei
frammenti peptidici derivati dalle proteine in modo clie siano ricono-
scibili per i linfociti Tantigene-specifici.16 Nell”uomo i geni MHC sono
raggruppati in un breve tratto del cromosoma 6, il complesso mag-
giore di istocoinpatibílità o complesso degli antigeni leucocitari umani
i
(HLA) (Fig. 6.8), cosi denominato perché le proteine MHC umane
sono state inizialmente identificate nei leucociti mediante anticorpi l

I I specifici. Il sistema HLA ha un elevato polimorfismo, ogni gene


C Linfociti B Linfociti T MHC ha numerose varianti alleliche distribuite nella popolazione
l
l
e ciascuno di noi eredita una serie di alleli MHC diversi da quelli
della maggior parte degli altri soggetti. Questo, come si vedrà in
l-l(-;Ul'l./\ olo Struttura del linfonodo. A. Struttura istologica: nel linfonodo seguito, è una forte limitazione ai trapianti diorgano.
si distinguono una zona corticale, contenente ifollicoli, e una zona midollare I prodotti dei geni MHC sono classificati in tre gruppi, in base alle
interna. B. Segregazione dei linfociti B eT nelle relative regioni all'interno caratteristiche strutturali e funzionali e alla distribuzione cellulare.
del linfonodo. C. Localizzazione dei linfociti B (immunofluorescenza verde)
e dei linfocitiT (immunofluorescenza rossa) all'interno del linfonodo. (Per
gentile concessione delle Dr. Kathryn Pape e JenniferWalter, University of 0 Le molecole MHC di classe I (MHC-I) sono espresse da tutte le
Minnesota School di Medicine, Minneapolis, MN) cellule nucleate e dalle piastrine. Sono codificate da tre loci
h a n g e Vi h a n g e Vi
XC e XC e
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Venule linfonodali a endotelio alto Endotelio nella sede di infezione


FIGURA 6.7 Migrazione dei linfocitiT vergini ed effettori. I linfocitiT vergini migrano nei linfonodi guidati dal legame della l_-selectina e delle integrine ai
ligandi espressi dalle venuie a endotelio alto (HEV). Le chemochine espresse nei linfonodi (CCLl9 e CCL21) si legano ai loro recettori (CCFi7i sui linfociti
T vergini, potenziando l'adesione mediata da integrine e inducendo la migrazione delle cellule attraverso la parete delle HE\/, l linfocitiT attivati, effettori e
della memoria, migrano nei focolai di infezione nei tessuti periferici, guidati dalla E-selectina e dalla P-selectina, dalle integrine e dalle chemochine secrete
dai tessuti infiammati (ad es. CXCLl0) che vengono riconosciute dai recettori delle chemochine (ad es. CXCR3) espressi dai linfocitiT attivati. APC, cellula
che presenta l'antigene; ICAIVI-1, molecola di adesione intercellulare-1; VCAIVI-1, molecola di adesione cellulare vascolare di tipo 1.
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strettamente correlati: HLA-A, HLA-B e HLA-C (Fig. 6.9). Ogni a molecole autologhe MHC-I e sono quindi detti MHC I-ristretti.
i
molecola di classe I è un eterodimero, formato da una catena Una delle funzioni principali dei CTL CD8+ è l'eradicazione delle
polimorfica or, o catena pesante (44l<Da), unita da legami non infezioni virali che possono colpire tutte le cellule nucleate, per
covalenti a un peptide non polimorfico più piccolo (12l<Da), questo tutte le cellule nucleate esprimono molecole HLA-I e sono
detto B2-microglobulina, non codificato dal complesso MHC. La sorvegliate dai CTL CD8+.
i
regione extracellulare della catena or è divisa in tre domini: oil, 0 Le molecole MHC di classe II (MHC-II) sono codificate dalla re-
042 e 013. L'analisi cristallografica ha mostrato che i domini al e gione HLA-D, nella quale sono stati identificati tre loci: HLA-DP,
a2 delle molecole MHC-I formano una fenditura, o solco, che HLA-DQ e HLA-DR. Ogni molecola MHC-II è un eterodimero
corrisponde al sito di legame per i peptidi” Le facce laterali e la formato da una catena or e da una catena B, unite da legami non l
base della tasca di legame per i peptidi sono formate da residui covalenti. Le porzioni extracellulari delle catene oi e B sono for- I
a elevato polimorfismo; la variabilità di questa regione fa si che i mate a loro volta da due domini: oil, or2 e B 1, B2. L'analisi cristal-
i
diversi alleli leghino peptidi differenti. lografica ha mostrato che, come nelle molecole MHC-I, nelle
Le molecole MHC-Ipresentano peptidi derivati da proteine cito- molecole MHC-Il è presente una tasca di legame per i peptidi
plasmatiche, come gli antigeni virali, generalmente prodotte dalla rivolta verso llesternolñ (si veda Fig. 6.8). La tasca è formata
cellula; i peptidi associati alle molecole MHC-I sono riconosciuti dalliinterazione tra i domini oil e B1 ed è in questa porzione che l
dai linfociti T CD8+ (Fig. 6.9 A). Le proteine citoplasmatiche sono differisce la maggior parte degli alleli dell'MHC-ll. Quindi, come
degradate nei proteasomi e ipeptidi derivati sono convogliati nel per le molecole MHC-I, il polimorfismo delle molecole MHC-II
reticolo endoplasmatico (RE) dove si legano alle molecole MHC-I è responsabile della diversa specificità antigenica.
neosintetizzate” Dopo aver legato il peptide, le molecole MHC-I Le molecole MHC-IIpresentano antigeni internalizzati in vescicole,
si associano alla B2-microglobulina formando un trimero stabile generalmente derivati da patogeni extracellulari e da proteine so-
che viene trasferito sulla membrana cellulare. Il dominio non lubili (Fig. 6.9 B). Le proteine internalizzate vengono idrolizzate negli 'r
i
polimorfico a3 delle molecole MHC-I contiene il sito di legame endosomi e nei lisosomi. I peptidi derivati dalla digestione pro- .
i
per il corecettore CD8 e quindi i complessi peptide-MHC-I sono teolitica si associano agli eterodimeri MHC-II all°interno delle i
riconosciuti dai linfociti T citotossici CD8+ (CTL). Nell°intera- vescicole e i complessi stabili peptide-MHC-Il sono quindi tra- i
zione, il TCR riconosce il complesso MHC-peptide mentre il sferiti sulla membrana cellulare. Il dominio B2 delle molecole
corecettore CD8 si lega alla catena pesante della molecola di classe MHC-Il contiene il sito di legame per il corecettore CD4+ e
I. In tal modo i CTL CD8+ possono riconoscere peptidi derivati quindi i complessi peptide-MHC-II sono riconosciuti dai linfociti
da patogeni intracellulari (tipicamente virus) e da tumori e ucci- T helper CD4+. Nell°interazione, la molecola CD4 funge
dere le cellule infettate da questi patogeni ele cellule tumorali. I da corecettore. I linfociti T CD4+ possono riconoscere solo an-
CTL CD8+ riconoscono ipeptidi antigenici solo se sono associati tigeni presentati da molecole MHC-Il autologhe e sono perciò i
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_ CAPITOLO6 Malattie del sistema immunitario A 1
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FIGURA 6.8 Complesso degli antigeni leucocitari umani (I-lLAl e struttura delle molecole HLA. A. Localizzazione dei geni del complesso HLA. Le di-
mensioni e le distanze tra geni non sono in scala. I geni che codifìcano varie proteine implicate neIl'elaborazione deIl'antigene (il trasportatore TAP, le
componenti del proteasoma e HLA-Dl\/I) si trovano nella regione contenente i geni di classe Il (non mostrata in figura). B. Diagramma e struttura cristallo-
grafica delle molecole I-ILA di classe I e Il. (La struttura cristallografica è stata gentilmente fornita dal Dr. P Bjorkman, California Institute ofTechnology,
Pasadena, CA)

detti MHC-Il ristretti. Contrariamente alle molecole MHC-I, le microbico e di sviluppare una risposta immunitaria contro qualsiasi
molecole MHC-II sono espresse soprattutto dalle cellule che patogeno. Il polimorfismo, però, implica anche che non esistono due
presentano antigeni internalizzati e che rispondono ai linfociti T soggetti aploidentici, tranne i gemelli monozigoti, e quindi tutti i
helper (macrofagi, linfociti B e cellule dendritiche). trapianti eterologhi (trapianti di tessuti tra soggetti diversi) sono ri-
0 Il locus MHC contiene anche i geni di alcune componenti del conosciuti come estranei e attaccati dal sistema immunitario.
complemento e delle citochine quali il fattore di necrosi tumorale Le molecole MHC controllano le risposte immunitarie dei linfociti
(TNF) e la linfotossina, ma anche altri geni apparentemente T In primo luogo, dato che peptidi antigenicí diversi sono ricono-
estranei al sistema immunitario. Il locus MHC-II contiene anche i sciuti da molecole MHC differenti, un individuo risponde a un
geni di varie proteine implicate nella elaborazione e presentazione antigene proteico solo se ha ereditato il/i gene/i MHC in grado di
dell'antigene, come le componenti del proteasoma, i trasportatori riconoscere i peptidi derivati da quell'antigene e di presentarlo ai
di peptidi e la proteina DM, simile alle molecole MHC-II, che linfociti T. Le conseguenze della trasmissione ereditaria di determi-
favorisce il legame dei peptidi alle molecole MHC-II. nati geni MHC (ad es. MHC-Il) dipendono dalla natura delllantigene I
I
riconosciuto. Ad esempio, se Fantigene è un peptide del polline di
La combinazione di alleli HLA espressa da ciascun individuo è una graminacea, l'individuo che ha ereditato le molecole MHC-Il
II
detta aplotipo HLA. Ognuno di noi riceve da ciascun genitore una che legano quell”antigene sarà geneticamente predisposto all'allergia
serie di alleli HLA ed esprime quindi due molecole diverse per ogni al polline. Al contrario, la trasmissione ereditaria di molecole MHC
locus. Dato il polimorfismo dei loci HLA, nella popolazione è presente che legano un peptide batterico conferisce resistenza alllinfezione,
un numero virtualmente illimitato di combinazioni alleliche e ognuno evocando una risposta anticorpale protettiva. In secondo luogo,
di noi esprime alla superficie delle proprie cellule un profilo MHC grazie alla capacità di discriminare tra antigeni citoplasmatici e
caratteristico, diverso da quello della maggior parte degli altri indivi- antigeni internalizzati, le molecole MHC selezionano la risposta
dui. Si ritiene che il polimorfismo si sia evoluto per proteggere la immunitaria più appropriata alle diverse infezioni: i CTL contro i
specie dalle infezioni; il polimorfismo infatti fa si che nella specie esista patogeni intracellulari e gli anticorpi e imacrofagi (entrambi attivati
sempre qualche individuo in grado di riconoscere qualsiasi peptide dai linfociti T helper) contro i patogeni extracellulari. I
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TAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario
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_ . JESENTAZIONE DELL'AN- B. PRESENTAZIONE DELL'AN- I. Malattie infiammatorie: come la spondilite anchilosante e varie
TIGENE ATTRAVERSO TIGENE ATTRAVERSO LE artropatie postinfettive, tutte associate all`allele HLA-B27.
LE MOLECOLE MHC-I MOLECOLE MHC-ll 2. Malattie autoimmuni: come le endocrirnopatie autoimmuni, molte
delle quali associate ad alleli del locus DR.
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*I 3. Difetti genetici del metaløolismoz come il deficit di 21-idrossilasi
' _ / ` 1*" ' (HLA-BW47) e l'emocromatosi ereditaria (HLA-A)
\ Proteina 4 Endocitosi
microbica .del microbo Il ruolo patogenetico di queste associazioni non è chiaro. Nelle
) extracellulare
Proteina (\D , ° malattie autoimmuni infiammatorie, certi alleli HLA a trasmissione
denaturata Vesckpla ° ° ereditaria influiscono verosimilmente sulle risposte dei linfociti T,
_ _ endocitica 0
O (O Peptidi ma le modalità restano da chiarire. Alcune malattie (ad es. deficit di
Molecola citosolici Molecola 21-idrossilasi) si associano a un dato aplotipo HLA perché il gene

le a,
MHC_| 0 MHC-Il deficitario (ad es. gene della 21-idrossilasi) è mappato nel locus HLA.
II
Un'altra malattia causata da un gene mutato mappato nel locus HLA
è l'emocromatosi ereditaria; il gene HFE codifica per una proteina
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(HFE) strutturalmente simile alle molecole MHC, che regola però
il trasporto del ferro (Cap. 18).
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Citochìne: messaggeri del sistema immunitario

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Le risposte immunitarie sono attivate e controllate grazie a molteplici
interazioni tra linfociti, monociti, cellule infiammatorie (ad es.
I

neutrofili) e cellule endoteliali. Alcune interazioni e funzioni effet-


.ik CD8 K CD4 trici sono dovute a contatti diretti tra le cellule, ma la maggior parte
o ø è mediata da citochine, fattori solubili di breve durata. Alcune cito-
chine sono dette interlericlzine, a sottolineare il loro ruolo di media-
tori molecolari delle comunicazioni leucocitarie. La maggior parte
CD8+ Linfocita T
delle citochine ha effetti e alcune sono prodotte da vari tipi
i CTL al CD4+
cellulari. I
I1lr.;lIl`I/"\ I-:AI Elaborazione e presentazione dellantigene associato a È utile distinguere le citochine in classi funzionali, ma molte ri-
molecole del complesso maggiore di istocompatibilità (l\/IHC). A. Presen- entrano in più di una categoria.
tazione su molecole l\/Il-IC-I: i peptidi derivati da proteine citosoliche sono I
trasportati nel reticolo endoplasmatico (RE), dove si legano alle molecole
l\/IHC-I. I complessi MHC-peptide sono trasportati in membrana e presentati O Citochìne dell'iInInnnI'tr`I naturale: TNF, IL-1, IL-12, IFN di tipo I, I
ai linfocitiT CD8+ per essere riconosciuti. B. Presentazione su molecole IFN-y e chemochine (Cap. 2). Sono prodotte rapidamente so-
I\/IHC-ll: le proteine internalizzate nelle vescicole e degradate in peptidi, si prattutto da macrofagi, cellule dendritiche e cellule NI( in risposta
II
I.
legano alle molecole l\/ll-IC-ll trasportate nelle stesse vescicole. I complessi
l\/IHC-Il-peptide sono espressi in membrana e riconosciuti dai linfocitiT alle infezioni e ad altri stimoli; sono i mediatori dell”infiamma-
CD4+. zione e delle difese antivirali.
O Citoclrine dell”immunità acquisita: IL-2, IL-4, IL-5, IL-17 e IFN-y.
Sono prodotte principalmente dai linfociti T CD4+ in risposta
alla stimolazione antigenica e ad altri segnali; stimolano la pro-
HLA e malattie
liferazione e la maturazione linfocitaria e attivano le cellule effet-
Varie malattie a trasmissione ereditaria si associano a specifici aplo- trici. Il loro ruolo nelle risposte immunitarie è descritto più
tipi HLA (Tab. 6.1).18 L'associazione più forte è quella tra la spondilite avanti. I
anchilosante e llallele HLA-B27; la presenza di questo allele HLA-I O Fattori stimolanti le colonie: citochine che stimolano l'emopoiesi, I
aumenta il rischio di sviluppare la malattia di 90 volte (rischio rela- la loro attività, infatti, è misurata in base alla capacità di indurre
tivo). Le malattie associate a specifici aplotipi HLA sono classificate la formazione di colonie di cellule ematiche a partire dai proge-
in tre gruppi: nitori midollari (Cap. 13). Vengono prodotte nelle risposte in-
fiammatorie e immunitarie e inducono un aumento del numero
di leucociti, promuovendo la sostituzione dei leucociti consumati
Iíí-flìlifillfIí'}t*i?ffíl› -/.^”llI1ilIIRIIi^\IšI:Irii`f=i'lš'rIšS*II'r=II:II'III=›~IrIII:_II@II“iI.II._IIrrf in queste risposte.

Malattia Allele HLA Rischio relativo La conoscenza delle citochine è utile nella pratica clinica. L'ini-
Spondilite anchilosante B27 90-100 bizione della sintesi e dell'attività delle citochine consente di con-
Artrite postgonococcica
Uveite anteriore acuta
B27
B27
14
14
trollare le pericolose conseguenze della flogosi e delllautoimmunità.
I pazienti con artrite reumatoide spesso mostrano una risposta
I
Artrite reumatoide DR4 4
Epatite cronica attiva DR3 13 notevole agli antagonisti del TNF, un esempio elegante di terapia
Sindrome di Sjögren primaria DR3 9 progettata scientificamente e diretta contro un bersaglio moleco-
Diabete di tipo 1 DR3 5 lare. Invece, la somministrazione di citochine ricombinanti (im-
DR4 6 munoterapia) potenzia le risposte immunitarie antitumorali e
DR3/DR4 20
antinfettive.

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CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario
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..VAZIONÉ LINFOCITARIÂ É RISPOSTE c u -tr a c k
che migrano per raggiungere l'antigene (microbo) nei tessuti, ovuu
IIIIINIUNITARIE que si trovi (si veda Fig. 6.10). Una delle risposte più precoci dei
linfociti T helper CD4+ è la secrezione della citochina IL-2 e l'espres-
Le risposte acquisite si sviluppano a tappe: (1) riconoscimento sione dei recettori ad alta affinità per IL-2. IL-2 è un fattore di crescita
dell'antigene, (2) attivazione dei linfociti antigene-specifici che pro- che agisce su questi linfociti T e ne stimola la proliferazione, aumen-
liferano e si differenziano in cellule effettrici e cellule della memoria tando cosi il numero di linfociti antigene-specifici. I linfociti T helper
immunitaria, (3) eliminazione dell°antigene e declino della risposta; sono attivati dalla stimolazione combinata del ligando di CD40
le cellule della memoria sono le uniche che sopravvivono a lungo. (CD40L) e delle citochine. Quando i linfociti T helper CD4+ rico-
Le varie fasi sono riassunte di seguito e sono comuni alle risposte noscono antigeni presentati da macrofagi o linfociti B, esprimono
protettive antinfettive e alle risposte patologiche. l'antigene CD4OL, che interagisce con il CD4O dei macrofagi e dei (I
linfociti B, attivandoli.
Presentazione e riconoscimento dell'antigene L°espansione clonale dei linfociti T genera cellule effettrici che secer-
nono differenti citochine con funzioni diverse (Fig. 6.11).“ Le sotto-
I linfociti in grado di riconoscere un'infinitc`I di antigeni si sviluppano popolazioni più caratterizzate di linfociti T helper CD4+ sono i
nellbrganiszno prima dell ,esposizione agli antigeni e quando un antigene linfociti TH1 e TH2. I linfociti TH1 secernono IFN-7, una citochina
penetra nellbrganismo seleziona le cellule con la specificità adatta, che è un potente attivatore dei macrofagi. I macrofagi attivati dalla
attivandole. Questa è l'ipotesi della selezione clonale. Secondo questa combinazione di CD40- e IFN-'y producono sostanze microbicide
ipotesi, i cloni linfocitari sviluppano la specificità antigenica prima che distruggono i germi internalizzati. I linfociti TH2, invece,
delllesposizione all”antigene e indipendentemente da esso. Le cellule producono IL-4, che promuove la maturazione dei linfociti B in
di ciascun clone hanno lo stesso recettore per l'antigene, diverso da plasmacellule secernenti IgE, e IL-5 che attiva gli eosinofili. Gli
quello di tutti gli altri cloni. È stato stimato che la popolazione linfo- eosinofili e i mastociti aderiscono ai microbi rivestiti da IgE, come
citaria dell'adulto sia formata da circa 10” linfociti, con circa 107-109 gli elminti, e li uccidono. Una terza sottopopolazione di linfociti T IIIl
diverse specificità, e quindi il sistema immunitario adattativo può CD4+, identificata recentemente, sono i linfociti THI7, che produ-
riconoscere almeno altrettanti antigeni. Di conseguenza, però, il cono IL-17, la citochina identificativa di questa sottopopolazionefm
numero di linfociti con una qualsiasi specificità antigenica è molto I linfociti TH17 sono potenti reclutatori di neutrofili e monociti e
basso, probabilmente <1: 1 >< 105-106 di cellule. Per consentire a un quindi hanno un ruolo chiave in varie malattie infiammatorie. Que-
numero cosi esiguo di linfociti di individuare l'antigene ovunque si sti linfociti possono avere un ruolo importante nelle infezioni bat-
trovi nelllorganismo, il sistema immunitario ha sviluppato meccani- teriche e fungine associate a flogosi in cui llattivazione dei neutrofili
smi specializzati di cattura dell'antigene e di presentazione dello stesso è preminente. Torneremo sull'attivazione e le funzioni di queste
ai linfociti. I microbi e le loro proteine antigeniche vengono catturati sottopopolazioni a proposito delle reazioni di ipersensibilità. I
dalle cellule dendritiche intraepiteliali e tissutali. Queste cellule tra- I linfociti T CD8+ attivati maturano in CTL che uccidono le
sportano poi il loro carico antigenico ai linfonodi regionali (Fig. cellule infettate da patogeni citoplasmatici, eliminando cosi i serbatoi
610),” dove gli antigeni vengono processati, coniugati alle molecole di infezione.
I
MHC ed esposti sulla membrana cellulare (si veda Fig. 6.9).
I linfociti B usano i loro recettori antigenicí (anticorpi di mem- I
immunità umorale: attivazione dei linfociti B I
brana) per riconoscere antigeni con varie strutture chimiche: pro-
teine, polisaccaridi e lipidi.
ed eliminazione di patogeni extracellulari
Allo stesso tempo, mentre gli antigeni microbici vengono ricono- I linfociti B attivati proliferano e si differenziano in plasmacellule
sciuti dai linfociti T e B, il microbo attiva le risposte immunitarie innate; che producono varie classi di anticorpi con funzioni distinte
nell'immunizzazione con antigeni proteici, la risposta innata è indotta (Fig. 6.12). Molti antigeni polisaccaridici e lipidici sono formati da
dall'adiuvante somministrato insieme a.ll'antigene. Nella risposta innata sequenze ripetitive dello stesso determinante antigenico (epitopo)
il microbo attiva le APC, inducendo llespressione di molecole dette e possono quindi legare contemporaneamente più recettori antige-
costimolatori e la secrezione di citochine che stimolano la proliferazio- nici sullo stesso linfocita B, iniziandone il processo di attivazione. I
ne e la maturazione dei linfociti T. I principali costimolatori dei linfociti tipici antigeni proteici globulari non possono aggregare più recettori
T sono le proteine B7 (CD80 e CD86), espresse dalle APC e ricono- antigenicí e per la risposta completa dei linfociti B agli antigeni
sciute dal recettore CD28 dei linfociti T vergini.2° L'antigene (“segnale 1”) proteici è necessaria la cooperazione dei linfociti T helper CD4+.“
e i costimolatori prodotti dalle risposte antinfettive innate (“segnale 2") I linfociti B internalizzano gli antigeni proteici in vescicole e li de-
cooperano nell'attivazione dei linfociti antigene-specifici (si veda gradano, esponendo poi i relativi peptidi associati alle molecole
Fig. 6.3). Il requisito del segnale 2 indotto dal microbo fa sì che la rispo- MHC, in modo che siano riconosciuti dai linfociti T helper. I linfociti
sta immunitaria acquisita sia attivata dalle infezioni e non da sostanze T helper esprimono l'antigene CD40L e secernono citochine, che
innocue. Nella risposta immunitaria antitumorale e nel rigetto dei attivano in modo sinergico i linfociti B.
trapianti, il “segnale 2” può essere rappresentato da sostanze rilasciate Ogni plasmacellula produce anticorpi con lo stesso sito di com-
dalle cellule necrotiche (le “allarmine” menzionate in precedenza). binazione per l'antigene dei primi anticorpi di membrana (recettori
Le risposte e le funzioni dei linfociti T e B sono diverse e saranno dei linfociti B) che hanno riconosciuto llantigene. I polisaccaridi e
descritte separatamente. i lipidi stimolano principalmente la secrezione di IgM. Gli antigeni
proteici, grazie alla cooperazione dei linfociti T helper attraverso il
CD40L e le citochine, inducono la produzione di varie classi anti-
immunità cellulo-mediata: attivazione dei linfocitiT
corpali, o isotipi (IgG, IgA, IgE). Le citochine responsabili dello
ed eliminazione dei patogeni intracellulari
scambio isotipico delle immunoglobuline sono IIIFN-'y e l'IL-4. I
I linfociti T vergini, attivati dall”antigene e dai costimolatori negli linfociti T helper stimolano anche la produzione di anticorpi a
organi linfatici periferici, proliferano e maturano in cellule effettrici elevata affinità per l'antigene; un processo detto maturazione

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CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario
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dalle cellule attivano le DC recettori per le
dendritiche (DC) mochine linfonodali 1 I

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TH1 e THI 7) /_,,.~ ~. ,_ CD8+ (CTL)
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Secrezione di citochine -ai-*> LII
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INFIAMMAZIONE
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ATTIVAZIONE DEL MACROFAGO, UC- UCCISIONE DELLE
CISIONE DEI MICROBI INTERNALIZZATI CELLULE INFETTE
44 _ - .-. _ ._ ,,_ e ._.;;,;;::_:,.,;

FIGURA 6.10 immunità cellulo-mediata. Le cellule dendritiche IDC) catturano gli antigeni microbici negli epiteli e nei tessuti e li trasportano ai linfonodi.
La cattura degli antigeni fa maturare le DC inducendo I'espressione di alti livelli di molecole MHC e costimolatori. l linfocitiT vergini riconoscono i peptidi
antigenicí associati alle molecole MHC presentati dalle DC. I linfocitiT attivati proliferano e si differenziano in cellule effettrici e cellule della memoria im-
munologica, che migrano nei focolai di infezione e sono responsabili delI'immunità cellulo-mediata. I linfocitiT CD4+ effettori di tipo THI riconoscono gli
antigeni microbici internalizzati dai fagociti e attivano l'attività microbicida dei fagociti. I linfocitiT CD4+ causano anche la flogosi. I linfocitiT CD8+ citotossici
(CTL) uccidono le cellule infettate da microbi che si localizzano nel citoplasma. Non sono mostrati in figura i IinfocitiTH2, importanti nelle difese antielmin-
tiche. Alcuni linfocitiT attivati si differenziano in cellule della memoria immunologica a lunga vita. APC, cellula che presenta l'antigene.
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CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario
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Citochìne prodotte IFN-y IL-4, IL-5, IL-13 IL-17, IL-22, chemochine


Citochìne che inducono II
IL-4 TGFß, IL-6, IL-1, IL-23 `I
questo sottotipo IFN-* “'12
Reazione Attivazione dei macrofagi, Stimolazione della
_ _ _ _ Reclutamento
immunologica scatenata stimolazione prqduzloneff' IgE' ElmVa.Z'°n.'“T di neutrofili e monociti
della produzione di IgG dei mastociti e degli eosInofIlI
Difese dell'ospite contro Microbi intracellulari Elminti Batteri extracellulari e miceti
Patologie infiammatorie Patologie infiammatorie
Ruolo nella patogenesi
croniche immuno-mediate Allergie croniche immuno-mediate
della malattia
(spesso autoimmuni) (spesso autoimmuni)
I III* lit/I I1.I'I Sottotipi di linfocitiT helper (TH). In risposta agli stimoli (principalmente citochine) presenti al momento del riconoscimento dell'antigene,
i linfocitiT,, CD4+ vergini possono differenziarsi in sottopopolazioni diverse di cellule effettrici che rilasciano miscele di citochine diverse, con funzioni di-
II
stinte. ln figura sono riassunti la principale risposta immunitaria di ciascun sottotipo e il relativo ruolo nella difesa dell'ospite e nelle malattie
immunitarie.

II

Attivazione dei linfociti B Funzioni effettrici degli anticorpi secreti

i\ \` / Neutralizzazio-
-- I ne di microbi I
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Proliferazione r //" Fagocita


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Linfocita B ver- secernenti anticorpi Opsonizãazio.
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I lIì1I`;;.I\ I» I;-ì immunità umorale. I linfociti B vergini riconoscono gli antigeni e, stimolati dai linfocitiT,, e da altri fattori (non mostrati in figura), proliferano,
differenziandosi in plasmacellule secernenti anticorpi. Alcuni linfociti B attivati vanno incontro a switch isotipico delle catene pesanti e maturazione dell'af-
finità, altri invece diventano cellule della memoria immunologica a lunga vita. Gli anticorpi formati da catene pesanti di classi diverse (isotipi) hanno funzioni
diverse, indicate a destra. Si veda il testo per le abbreviazioni,
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CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

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winità, che migliora la qualità della risposta umorale. Lo scam- IVIECCLÀNISIVII DÉLLE RÉÀZIONI DA c u -tr a c k

bio isotipico e la maturazione dell'affinità si verificano soprattutto IPÈRSENSIBILITÀ


nei centri germinativi, formati dai linfociti B proliferanti, soprattutto 1 i
nelle risposte agli antigeni proteici che dipendono dalla cooperazio- I soggetti che sono stati precedentemente esposti a un antigene sono
ne dei linfociti T helper. -- detti sensibilizzati. L'esposizione ripetuta allo stesso antigene può, in
La risposta immunitaria umorale combatte i germi in vari modi certi casi, scatenare reazioni patologiche; queste reazioni sono dette
(si veda Fig. 6.12). Gli anticorpi legano i microbi bloccando l”in- ipersensibilità, a indicare una risposta aberrante alllantigene. Le carat-
l
fezione delle cellule e li neutralizzano. Le IgG rivestono (opsoniz- teristiche principali della malattie da ipersensibilità sono le seguenti:
zano) i germi, marcandoli per la fagocitosi; i fagociti (neutrofili
e macrofagi), infatti, esprimono i recettori per il frammento Fc O Le reazioni da ipersensibilità possono essere scatenate da antigeni
delle IgG. Le IgG e le IgM attivano il complemento per la via esogeni ed endogeni. Lluomo vive in un ambiente che brulica di
classica e il complemento promuove la fagocitosi e la distruzione sostanze potenzialmente immunogene. Gli antigeni esogeni sono
dei microbi. La produzione di gran parte delle IgG opsonizzanti e quelli presenti nella polvere, nei pollini, nei cibi, nei farmaci,
fissanti il complemento è stimolata dai linfociti T helper TH1, at- nei germi e nelle sostanze chimiche e in alcuni emoderivati im-
tivati da molti batteri e virus; quindi gran parte delle risposte piegati a scopo diagnostico e terapeutico. La risposta immunitaria
protettive antibatteriche e antivirali sono orchestrate dai linfociti agli antigeni esogeni può assumere varie forme, che vanno dal
TH1. Alcuni anticorpi hanno un ruolo speciale in determinate sedi disturbo insígnificante ma fastidioso, come il prurito, a malattie
anatomiche. Le IgA secrete dagli epiteli delle mucose neutralizzano potenzialmente fatali, come l'asma bronchiale. Anche gli antigeni
i patogeni intraluminali delle vie aeree e dell'apparato gastroente- tissutali endogeni possono scatenare reazioni immunitarie
rico (e di altre mucose). Le IgG, trasportate attivamente attraverso patologiche. Le risposte immunitarie contro gli antigeni autologhi
la placenta, proteggono il neonato fino alla maturazione del siste- o antigeni self sono responsabili di un importante gruppo di
ma immunitario. Le IgE cooperano con gli eosinofili nell'uccisione malattie autoimmuni.
dei parassiti, soprattutto inducendo la degranulazione degli eosi- O Lo sviluppo delle malattie da ipersensibilità (sia allergiche che
nofili che liberano sostanze tossiche per gli elminti. Come già autoimmuni) spesso si associa all'ereditf`1 ciigenìpredisponenti. I
detto, la risposta antielmintica è orchestrata dai linfociti TH2, che geni HLA e molti geni non-HLA sono implicati nella patogenesi
rilasciano citochine che attivano gli eosinofili e stimolano la pro- di varie malattie da ipersensibilità; gli esempi specifici verranno
duzione di IgE. descritti nei capitoli relativi.
La maggior parte delle IgG circolanti ha unlemivita di circa 3 O Un principio generale condiviso è che Fipersensibilità deriva da
settimane. Alcune plasmacellule produttrici di anticorpi migrano uno squilibrio tra le risposte eflettrici e i meccanismi di controllo
nel midollo osseo e vivono per anni, continuando a produrre bassi che normalmente limitano tali risposte. Torneremo su questo I
livelli di anticorpi. concetto nella sezione dedicata all”autoimmunità.

Declino delle risposte immunitarie e memoria La classificazione delle malattie da ipersensibilità è basata sull'im-
immunologica munopatogenesi (Tab. 6.2), cioè sui meccanismi attraverso i quali
la risposta immunitaria danneggia i tessuti, causando la malattia e
La maggior parte dei linfociti effettori generati in risposta a un'in- le concomitanti alterazioni clinicopatologiche. É sempre più evi-
fezione muore per apoptosi dopo lleliminazione dei patogeni e il dente, però, che in tutte le malattie da ipersensibilità i meccanismi
sistema immunitario torna cosi allo stato basale, detto omeostasi. patogenetici possono essere molteplici. Le principali reazioni da
L”attivazione linfocitaria genera però cellule della memoria immuno- ipersensibilità sono:
logica, a lunga vita, che sopravvivono per anni dopo l”infezione. Le
cellule della memoria sono una sottopopolazione espansa di linfociti O Le reazioni da ipersensibilità immediata (ípersensibilita` di tipo I):
antigene-specifici (più numerosa di qualsiasi sottopopolazione di la risposta immunitaria è mediata dai linfociti TH2, dalle IgE e
linfociti vergini antigene-specifici presenti prima dell'esposizione dai mastociti e causa il rilascio di mediatori attivi sui vasi e sul
all`antigene) che rispondono più rapidamente ed eflìcacemente dei muscolo liscio e di citochine proinfiammatorie che reclutano le
linfociti vergini se esposti nuovamente all”antigene.25 Per questo cellule infiammatorie. i
l'induzione delle cellule della memoria è uno degli obiettivi princi- O Le reazioni mediate da anticorpi (ipersensibilità di tipo II): gli 1
pali della vaccinazione. anticorpi secreti danneggiano direttamente le cellule, promuo-
Dopo questa breve panoramica dei fondamenti delllimmunologia vendone la fagocitosi e la lisi, e danneggiano i tessuti inducendo
passiamo a descrivere le malattie del sistema immunitario. Le sezioni la flogosi. Gli anticorpi possono anche causare malattie interfe- l
seguenti saranno dedicate alle malattie causate da iperattività del rendo con le funzioni cellulari senza causare lesioni tissutali.
sistema immunitario (malattie da ipersensibilità e rigetto dei tra- O Le malattie da immunocomplessi (ipersensibilità di tipo III): le IgG
pianti), seguite dalle malattie causate dai deficit del sistema immu- e le lgM si legano generalmente ad antigeni circolanti e gli im-
nitario (sinclromi da immunorleficienza), che verranno trattate sepa- munocomplessi antigene-anticorpo si depositano nei tessuti
ratamente. Concluderemo con liamiloidosi, una patologia spesso scatenando la flogosi. L'infiammazione recluta i leucociti (neu-
associata a malattie autoimmuni e infiammatorie. trofili e monociti) che rilasciano enzimi lisosomiali e radicali
1
liberi responsabili dei danni tissutali. _
O Le reazioni immunitarie cellula-mediate (ipersensibilità di tipo IV): i
i
Ipersensibilità e malattie autoimmuni i responsabili del danno cellulare e tissutale sono i linfociti T l
sensibilizzati (cellule TH1 e TH17 e CTL). Le lesioni causate dai
Prima di trattare le malattie da ipersensibilità, riassumeremo breve- linfociti TH2 rientrano tra le reazioni di ipersensibilità immediata
mente i meccanismi generali dell°ipersensibilità. e non sono considerate una forma di ipersensibilità di tipo IV. il
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Tipo di reazione Malattia prototipica Patogenesi Lesioni patologiche


1.

Ipersensibilità immediata Anafilassi; allergie; asma Produzione di IgE-›rilascío immediato di Vasodilatazione, edema, l
(tipo I) bronchiale (forme atopiche) amine vasoattive e di altri mediatori dei contrazione della
mastociti; successivo reclutamento di muscolatura liscia,
cellule infiammatorie ipersecrezione mucosa,
flogosi

Ipersensibilità mediata Anemia emolitica autoimmune; Produzione di IgG e lgM-›che si legano Fagocitosi e lisi cellulare;
da anticorpi (tipo ll) sindrome di Goodpasture all'antigene sulle cellule bersaglio e nei flogosi; in alcune
tessuti-›fagocitosi e lisi delle cellule malattie, disturbi
bersaglio a opera del complemento funzionali in assenza di
attivato o dei recettori Fc; reclutamento danni cellulari e tissutali
dei leucociti

Ipersensibilità mediata LES; alcune forme di Deposizione di immunocomplessi-›attivazione Flogosi, vasculite


da immunocomplessi glomerulonefrite, malattia da del complemento-›reclutamento dei necrotizzante (necrosi
(tipo III) siero; reazione di Arthus leucociti a opera del complemento e dei fibrinoide)
recettori Fc-› rilascio di enzimi e altre
molecole tossiche

Ipersensibilità cellulo- Dermatite da contatto; sclerosi LinfocitiT attivati -›(i) secrezione di citochine infiltrati cellulari I
mediata (tipo IV) multipla; diabete di tipo 1; e attivazione dei macrofagi; (ii) citotossicità perivasali; edema;
artrite reumatoide; malattie mediata da CTL formazione di
infiammatorie intestinali; granulomi; lisi cellulare
tubercolosi 'l

Ipersensibilità immediata (tipo I) dell'antigene. Possono assumere la forma di tumefazioni cutanee


localizzate (allergie cutanee, orticaria), ipersecrezione mucosa nasale
Llipersensibilità immediata o di tipo I è una reazione immunologica e congiuntivale (rinite e congiuntivite allergica), febbre da fieno, 1
rapida che si scatena, in soggetti prececlentemente sensibilizzati, pochi asma bronchiale 0 gastroenterite allergica (allergie alimentari). Le li

minuti dopo che l”antigene si è legato agli anticorpipresenti sui ma- reazioni locali da ipersensibilità di tipo I si sviluppano spesso secon-
stociti* Queste reazioni sono dette allergiche e gli antigeni scatenanti do una sequenza di fasi ben definite (Fig. 6.13). La reazione imme-
sono allergeni. L'ipersensibilità immediata si può manifestare come diata o iniziale si associa a vasodilatazione, aumento della permea-
reazione sistemica o locale. La reazione sistemica è generalmente bilità vasale e, a seconda della sede, spasmo del muscolo liscio o
scatenata dallliniezione dell'antigene in un soggetto sensibilizzato. secrezione ghiandolare; queste manifestazioni appaiono general-
A volte il paziente va in shock in pochi minuti e lo shock può essere mente 5-30 minuti dopo liesposizione all'allergene e tendono a re-
fatale. Le reazioni locali sono varie e dipendono dal punto d'ingresso gredire entro 60 minuti. In molti casi (ad es. nella rinite allergica e

Reazione Reazione
immediata tardiva
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Ore dopo l`esposizione all`allergene mi-“>

w. .. . Ipersensibilità immediata. A. Cinetica delle reazioni di ipersensibilità immediata e ritardata.. La risposta di tipo immediato dei vasi e della
muscolatura liscia all'alle-rgene si sviluppa dopo pochi minuti (dall'esposizione all'al|ergene di soggetti precedentemente sensibilizzati), mentre la reazione
ritardata si sviluppa dopo 2-24 ore. B e C. Quadro istologico: l'ipersensibilità immediata (B) è caratterizzata da vasodilatazione, congestione ed edema
mentre la reazione ritardata (C) e caratterizzata da un infiltrato infiammatorio ricco di eosinofili, neutrofili e lintocitil'. (Per gentile concessione del Dr. Daniel
Friend, Department of Pathology, Brigham and Women's Hospital, Boston, l\/IA)
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asma bronchiale), però, dopo 2-24 ore e in assenza di ulteriore dell'ipersensibilità immediata e ne descriveremo quindi le carai
esposizione all'antigene, si sviluppa una reazione secondaria (reazi- teristiche salienti” I mastociti sono cellule di origine midollare
one ritardata) che può durare vari giorni, ed è caratterizzata da un con un'ampia distribuzione tissutale. Arbbondano in prossimità dei
infiltrato mononucleato (eosinofili, neutrofili, basofili, monociti e vasi e delle terminazioni nervose e nei tessuti subepiteliali, infatti
linfociti T CD4+) con distruzione tissutale che interessa general- le reazioni locali di ipersensibilità immediata si verificano spesso
mente la mucosa. in queste sedi. Sono ricchi di granuli legati alla membrana plasma-
Le reazioni da ipersensibilità immediata sono scatenate tica, contenenti mediatori bioattivi. I granuli contengono anche
principalmente dall'attivazione dei mastociti e di altri leucociti in- proteoglicani acidi che si colorano con i coloranti basici come il
dotta dalle IgE (Fig. 6.14). I mastociti sono i principali mediatori blu di toluidina. Come vedremo più avanti, i mastociti (e ibasofili)
sono attivati dall”aggregazione dei recettori ad alta affinità del
frammento Fc delle IgE, ma anche da altri stimoli, come il legame
delle frazioni C5a e C3a del complemento (detti anafilotossine
I Allergene (ad es. polline) perché scatenano reazioni simili all'anafilassi) a specifici recettori
mastocitari di membrana. Altri induttori della secrezione dei gra- I
1:: hfucosa nuli mastocitari sono: alcune chemochine (ad es. IL-8), farmaci
i
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come codeina e morfina, lladenosina e la mellitina (presente nel
Espos
zoneaaergene veleno delle api) e stimoli fisici (ad es. calore, freddo e luce solare).
I basofili sono simili ai mastociti per molti aspetti, inclusi i recettori

Attivazione dei lin


fociti TH2 e stimola-
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di membrana per il frammento Fc delle IgE e i granuli citoplasma-
tici. Contrariamente ai mastociti, però, i basofili non si trovano
normalmente nei tessuti ma sono presenti in circolo, benché in
zione dei linfociti _ . Lin-
B a produrre IgE Lmfocna B=› U Q focita numero molto esiguo. (Le reazioni allergiche si verificano princi-
ll/ /I palmente nei tessuti e il ruolo dei basofili in queste reazioni è meno
chiaro di quello dei mastociti). Come gli altri granulociti, i basofili
vengono reclutati nei focolai infiammatori.
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I linfociti TH2 hanno un ruolo chiave nell'attivazione e nell'ampli-
Produzionedi|9E set::$:Ltê?gE IgE
ficazione dellipersensibilità immediata, infatti, stimolano la produ-
l _; 1/ J zione cli IgE e laflogosi.2“'29 La prima tappa della generazione dei
linfociti TH2 è la presentazione dell'antigene ai linfociti T helper l

CD4+ vergini, probabilmente a opera delle cellule dendritiche che i


caFll
Legame delle IgE al catturano l'antigene al suo ingresso nei tessuti. In risposta alla sti-
Mastociti A
FceRI dei mastociti molazione antigenica e ad altri stimoli, come le citochine prodotte
localmente, i linfociti T helper si differenziano in senso TH2, una
sottopopolazione di linfociti T helper che, stimolati dall”antigene,
producono una caratteristica miscela di citochine: IL-4, IL-5 e IL-13.
L'IL-4 agisce sui linfociti B inducendo il cambiamento di classe
es
Successiva esposi- delle immunoglobuline e la produzione di IgE e promuove la matu-
zione all'allergene razione di altri linfociti TH2. L'IL-5 stimola la maturazione e l'atti-
vazíone degli eosinofili, effettori importanti dellipersensibilità di
se -~/äe tipo I, come vedremo più avanti. L)IL-13 potenzia la produzione
di IgE e stimola la secrezione mucosa delle cellule epiteliali. I linfociti
TH2, inoltre (come i mastociti e le cellule epiteliali) producono che-
Attivazione dei mochine che reclutano altri linfociti TH2 e altri leucociti nel focolaio
mastociti; rilascio
infiammatoriozs
di mediatori
5/«if
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\._,._(¬,«_~. ~ I _
,_. ,
I mastociti e i basofili esprimono il recettore Fc€RI, un recettore
Mediatori -' I ' ad alta affinità per il frammento Fc delle IgE che lega avidamente
H .
le IgE. Quando un mastocita legato alle IgE incontra l'allergene,
l I si scatena una serie di reazioni, che causano il rilascio di un arse-
Amine vasoattive, ct l/h. nale di potenti mediatori responsabili delle manifestazioni clini-
mediaioriiipidici '°“í "le che dell'ipersensibilità immediata. Nella prima fase di questa
ll V sequenza l”antigene (allergene) si lega alle IgE adese ai mastociti.
Reazione di ipersensibilità Reazione tardiva (2-24 Gli antigeni polivalenti inducono Faggregazione di IgE adiacenti
(mediante legami crociati) e dei sottostanti recettori dell'Fc. L”ag- I
immediata (pochi minuti dopo ore dopo I'esposizione I
, I'esposizione all'allergene) ripetuta all'allergene) gregazione dei recettori Fce attiva la trasduzione del segnale da
I parte della loro porzione citoplasmatica, inducendo la degranu-
1f†f =:1.=~. W I f Catena di eventi nellipersensibilità immediata (di tipo I). Le lazione dei mastociti, con il rilascio di mediatori preformati (pri-
reazioni di ipersensibilità immediata sono scatenate dall'introduzione di mari) immagazzinati nei granuli, e la neosintesi e il rilascio di
allergeni, che stimolano le risposte TH2 e la produzione di IgE in soggetti mediatori secondari (prodotti lipidici e citochine) (Fig. 6.15).
geneticamente predisposti. Le IgE si legano ai recettori Fc (FceRl) dei
mastociti e una successiva esposizione all'allergene attiva i mastociti indu- Questi mediatori sono i diretti responsabili dei sintomi iniziali, a
cendo la secrezione di mediatori responsabili delle manifestazioni patolo- volte esplosivi, delfipersensibilità immediata e dello sviluppo della
giche dell'ipersensibilità immediata. Si vedano le abbreviazioni nel testo. risposta ritardata”
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O Leucotrieni. I leucotriení C4 e D4 sono i più potenti agenti vaso
attivi e spasmogenici conosciuti. In termini molari, sono varie
migliaia di volte più attivi dell”istami-na nell'aumentare la permea-
bilità vasale e la contrazione della muscolatura liscia bronchiale. il
Recettore per il fram-
mento Fc delle IgE
Segnali che
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_ attivano i geni Il leucotriene B4 è fortemente chemotattico per neutrofili, eosi- l.
Segna" che delle citochine nofili e monociti.
inducono la_ _ O Prostaglandina D2. È il prodotto principale della ciclossigenasi
Segnali che
degranulazione _ attivano la mastocitaria. Provoca intenso broncospasmo e aumento della
fosfolipasi A2 secrezione mucosa.
O Fattore di attivazione delle piastrine (PAF). ll PAF (Cap. 2), pro-
dotto da alcune popolazioni mastocitarie, causa aggregazione
piastrinica, rilascio di istamina, broncospasmo, aumento della
permeabilità dei vasi e vasodilatazione. É inoltre chemotattico i
Degranulazione per neutrofili ed eosinofili e, a concentrazioni elevate, attiva le l
i
CITOCHINE cellule infiammatorie inducendone la degranulazione. La produ-
SECRETE zione di PAF può essere scatenata anche dall'attivazione della
fosfolipasi A1, ma esso non è un prodotto del metabolismo
CONTENUTO FOSFOLIPIDI Dl Reazione delliacido arachidonico.
DEI GRANULI MEMBRANA tardiva
- lstamina lnfiltrato Citochìne. I mastociti producono varie citochine che regolano 1 il;
~ Proteasi È leucocitario
- Fattori Danno le diverse fasi della reazione di ipersensibilità immediata: in parti-
chemotattici Acido PAF epiteliale colare TNF, IL-1 e chemochine, che contribuiscono al reclutamento
(ECF, NCF) ar o Broncospasmo dei leucociti (tipico della risposta ritardata); IL-4, che amplifica la
risposta TH2; e altre. Le cellule infiammatorie reclutate dal TNF e
dalle chemochine mastocitari producono a loro volta altre citochine
Prostaglandina Leucotrieni e mediatori che provocano il rilascio di istamina stimolando
D2 B4, C4, D4 ¦ ulteriormente la degranulazione mastocitaria.
Le reazioni di ipersensibilità immediata dipendono daIl”azione
coordinata di mediatori chemotattici, vasoattivi e spasmogenici l
Fteazione immediata i
(Tab. 6.3). Alcuni, come l”istamina e i leucotriení, rilasciati rapida- l
Vasodilatazione mente dai mastociti sensibilizzati, sono responsabili delle intense
Aumento della permeabilità vasale
Contrazione della muscolatura liscia reazioni immediate (edema, secrezione mucosa e spasmo del mu-
scolo liscio), altri, come le citochine, creano le premesse della rispo- i.
sta ritardata reclutando altri leucociti. I leucociti che sopraggiungono l
è ti il iz l« i`› Mediatori dei mastociti. I mastociti attivati rilasciano varie l
classi di mediatori responsabili delle reazioni di ipersensibilità immediata e rilasciano altre ondate di mediatori (tra i quali le citochine) aggra- i
ritardata. ECF, fattore chemotattico per gli eosinofili; NCF, fattore chemotat- vando il danno epiteliale. Le cellule epiteliali, a loro volta, non sono
tico per i neutrofili (nessuno dei due è stato definito biochimicamente); PAF, spettatori passivi, ma producono anch”esse mediatori solubili, come
fattore di attivazione delle piastrine.
le chemochine.
Tra le cellule reclutate nella reazione ritardata, gli eosinofili hanno
Mediatori preformati. I mediatori contenuti nei granuli un ruolo particolarmente importante” Migrano nei tessuti interes-
mastocitari sono i primi a essere rilasciati e sono suddivisi in tre sati da reazioni di ipersensibilità immediata attratti dalle chemochi-
categorie: ne (eotassina e altre) prodotte dalle cellule epiteliali, dai linfociti TH2
e dai mastociti. La sopravvivenza tissutale degli eosinofili è favorita
0 Amine vasoattive. La principale amina secreta dai mastociti è da IL-3, IL-5 e GM-CSP; IL-5 è il più potente attivatore degli eosi-
Yistanzina, che provoca spasmo del muscolo liscio, aumento della nofili. Gli eosinofili rilasciano enzimi proteolitici e due proteine
permeabilità vascolare e ipersecrezione mucosa dalle ghiandole caratteristiche, la proteina basica principale (MBP) e la proteina
nasali, bronchiali e gastriche. cationica eosinofilica (ECP), che sono tossiche per le cellule epiteliali.
O Enzimi. Gli enzimi sono contenuti nella matrice dei granuli e Gli eosinofili attivati e altri leucociti producono anche leucotriene
comprendono le proteasi neutre (chimasi, triptasi) e numerose C4 e PAF e attivano direttamente i mastociti inducendo il rilascio
idrolasi acide. Gli enzimi causano lesioni tissutali e generano di mediatori. Le cellule reclutate, quindi, amplificano e sostengono la
chinine e frazioni attivate del complemento (ad es. C3a) agendo flogosi in assenza di ulteriore esposizione all'antigene scatenante.
sui loro precursori proteici. Attualmente si ritiene che la causa principale dei sintomi di alcune
O Proteoglicani: l'eparina (noto anticoagulante) e il condroitinsol- malattie da ipersensibilità di tipo I, come l'asma allergica, sia la rea-
fato, contribuiscono ad ammassare e immagazzinare gli altri zione ritardata. Queste malattie vanno quindi trattate con antinfiam-
mediatori nei granuli. matori ad ampio spettro, come gli steroidi.
La predisposizione alle reazioni da ipersensibilità innnediata è
Mediatori lipidici. I mediatori lipidici sono generati da reazioni a determinata geneticamente. Il termine atopia indica la predisposi-
catena nelle membrane mastocitarie che attivano la fosfolipasi A2, un zione a sviluppare reazioni locali di ipersensibilità immediata contro
enzima che converte i fosfolipidi di membrana in acido arachidonico. allergeni introdotti per via aerea o alimentare. I soggetti atopici
L°acido arachidonico è il precursore dei leucotriení e delle prostaglan- hanno livelli tendenzialmente più elevati di IgE sieriche e di linfociti
dine generati dalla 5-lipossigenasi e dalla ciclossigenasi (Cap. 2). TH2 producenti IL-4, rispetto alla popolazione generale. Il 50% dei ì l
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CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario
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Azione Mediatori
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Vasodilatazione, aumento della permeabilità vasale lstamina


PAF
Leucotrieni C4, D4, E4
Proteasi neutre che attivano il complemento e le chinine
Prostaglandina D2
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Contrazione della muscolatura liscia Leucotrieni C4, D4, E4


lstamina
Prostaglandine
PAF
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infiltrato cellulare Citochìne (ad es. chemochine,TNF)
Leucotriene B4
Fattori chemotattici degli eosinofili e dei neutrofili (non
caratterizzati biochimicamente)
PAF, fattore di attivazione delle piastrine; TNF, fattore di necrosi tumorale. pi

soggetti atopici ha familiarità per le malattie allergiche. Le basi della alimentari (ad es. noccioline, frutti di mare) o al veleno di insetti (ad
l4 ,
predisposizione familiare non sono chiare, ma lo studio dei pazienti es. veleno delle api).32 A volte sono suflìcienti dosi minime di antige-
asmatici ha mostrato un'associazione con vari loci genici” I geni ne, come quelle dei test cutanei per la diagnosi delle allergie, a sca-
candidati sono stati mappati in 5q31, contenente anche i geni delle tenare l'anafilassi. Dato il rischio elevato di gravi reazioni allergiche
citochine IL-3, IL-4, IL-5, IL-9, IL-13 e GM-CSP. Questo locus è stato a quantità minime di noccioline, il Congresso USA sta valutando una
molto studiato perché molte di queste citochine sono implicate nelle legge che vieti le merendine a base di noccioline nei voli di linea.
reazioni da ipersensibilità immediata, ma non si sa come i polimor- Entro pochi minuti dalliesposizione compaiono prurito, orticaria,
fismi associati alla malattia influiscano sulla biologia delle citochine. eritema cutaneo, seguiti a breve da grave broncospasmo e difficoltà
È stata osservata anche unlassociazione con il locus 6p, vicino al respiratorie. L`edema della laringe causa raucedine e compromette
complesso HLA, a indicare che determinati alleli HLA a trasmissione ulteriormente la respirazione. Seguono vomito, crampi addominali,
ereditaria sono responsabili della reattività ad alcuni allergeni. diarrea e laringospasmo e il paziente può andare in shock e perfino I
Le reazioni da ipersensibilità sono spesso scatenate dalle tempe- morire nel giro di un'ora. Bisogna sempre tener presente il rischio
rature estreme e dall”esercizio fisico, in assenza di attivazione dei di anafilassi quando si somministrano certi agenti terapeutici. Alcuni
linfociti TH2 e delle IgE; queste reazioni sono dette “allergia non pazienti a rischio possono essere identificati grazie a un”anamnesi
atopica." Si ritiene che in questi casi i mastociti siano ipersensibili a positiva per una qualche forma di allergia, ma unlanamnesi negativa
stimoli non immunitari che li attivano. non esclude la possibilità di una reazione anafilattica.
Un ultimo aspetto da sottolineare è l'aumento dell'incidenza
dell”ipersensibilità immediata nei Paesi sviluppati, apparentemente
Reazioni locali da ipersensibilità immediata
correlato alla ridotta esposizione alle infezioni nei primi anni di vita.
Queste osservazioni hanno portato alla cosiddetta ipotesi dell igiene, Il 10-20% circa della popolazione soffre di reazioni allergiche loca- l
secondo la quale una ridotta esposizione ai germi resetterebbe il lizzate contro allergeni ambientali comuni: polline, forfora di ani- i
sistema immunitario e le risposte TH2 si scatenerebbero con mag- mali, polvere domestica, cibi e cosi via. Le malattie specifiche sono: ti
giore facilità contro gli antigeni ambientali comuni. È comunque l'orticaria, l”angioedema, la rinite allergica (febbre da fieno) e llasma i
un”ipotesi controversa il cui meccanismo non è chiaro. bronchiale, descritte in altri capitoli di questo libro.
In sintesi, Fipersensilailità immediata (tipo I) è un disordine coni- di
plesso causato dall'attivazione dei mastociti indotta dalle IgE e dal
Ipersensibilità mediata da anticorpi (tipo ll)
conseguente accumulo di cellule infiammatorie nelle sedi di deposito i

dell 'antigene Questi eventi sono scatenati principalmente dall 'attiva- Questaforma di iperseusiln'litri è causata da anticorpi clre riconoscono
zione dei linfociti Tl'1elperTH2 che inducono la produzione di IgE (che antigeni di memlnana e della matrice extracellulare. I determinanti
favoriscono l 'attivazione dei mastociti), reclutano le cellule infiamma- antigenicí possono essere intrinseci alle membrane o alla matrice
torie (soprattutto eosinofili) e stimolano la secrezione mucosa. Il qua- oppure possono essere sostanze esogene, come il metabolita di un
dro clinico è causato dal rilascio di mediatori mastocitari e da una farmaco, che si lega alla membrana o alla matrice. In entrambi i casi,
reazioneflogistica ricca di eosinofili. la reazione di ipersensibilità è scatenata dal legame degli anticorpi
Dopo aver descritto la patogenesi dell'ipersensibilità di tipo I, agli antigeni di membrana, normali o alterati. I meccanismi pato-
presenteremo alcuni esempi di malattie mediate da IgE. genetici delle lesioni tissutali e delle malattie causate dagli anticorpi
sono illustrati in Figura. 6.16 e descritti più avanti.
Anafilassi sistemica
Opsonizzazione e fagocitosi
Llanafilassi sistemica è caratterizzata da shock vasale, edema diffuso
e difficoltà respiratorie. Si verifica in soggetti sensibilizzati, in am- La fagocitosi è il principale meccanismo di eliminazione delle cellule
biente ospedaliero dopo somministrazione di proteine estranee (ad rivestite da anticorpi. Le cellule opsonizzate dalle IgG sono ricono-
es. antisieri), ormoni, enzimi, polisaccaridi e farmaci (come liantibio- sciute dai recettori per il frammento Fc presenti su fagociti, specifici
tico penicillina) e in comunità in seguito all'esposizione ad allergeni per il frammento Fc di alcune sottoclassi di IgG. Le lgM e le IgG É

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A. Opsonizzazione e fagocitosi
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Fagocitosi l
Attivazione del complemento
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B. Flogosi mediata dai recettori per I'Fc e dal complemento i

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Attivazione del complemento infiammazione e danno tissutale I

C. Disfunzione cellulare indotta da anticorpi


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Terminazione Anticorpo anti-
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L'anticorpo inibisce il legame del Ormoni tiroidei
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neurotrasmettitore al suo recettore L'anticorpo stimola i recettori in assenza delI'ormone

. ,W 1 I Patogenesi delle lesioni mediate da anticorpi. A. Le cellule opsonizzate da anticorpi e complemento vengono internalizzate dai fagociti.
B. il legame dell'anticorpo al recettore leucocitario per il frammento Fc e i prodotti di degradazione del complemento inducono la flogosi. C. Gli anticorpi
antirecettore interferiscono con la funzione recettoriale. in questi esempi, gli anticorpi antirecettore dell'acetilcolina (ACh) bloccano la trasmissione neuro-
muscolare nella miastenia grave e gli anticorpi antirecettore dell'ormone tireotropo (TSH) attivano le cellule tiroidee nel morbo di Basedovv-Graves.

legate alla membrana cellulare, inoltre, attivano il complemento per IgG della madre attraversano la placenta causando la lisi degli eri-
la via classica. lfattivazione del complemento genera prodotti inter- trociti fetali; (3) nell'anemia emolitica autoimmune, agranulocitosi e
medi, in particolare C3b e C4b, che legandosi a loro volta alle mem- tromlzocitopenia, in cui il soggetto produce anticorpi contro le pro-
brane cellulari attraggono i fagociti dotati di recettori per queste prie cellule ematiche che vengono quindi distrutte; e (4) in alcune
proteine. Il risultato finale è la fagocitosi delle cellule opsonizzate e reazioni iatrogene, in cui il farmaco funge da aptene legandosi ad
la loro distruzione (Fig. 6.16 A). Liattivazione del complemento a antigeni delle membrane eritrocitarie e inducendo la produzione di i

livello di membrana induce anche la formazione del complesso di anticorpi diretti contro il complesso formato dal farmaco e dalla
attacco alla membrana, che fora il doppio strato lipidico, distrug- proteina di membrana.
gendo la membrana e causando la lisi osmotica delle cellule. Questo
meccanismo citolitico è verosimilmente etlìcace solo per i batteri a
infiammazione
parete cellulare sottile, come le Neisserie.
La lisi cellulare anticorpo-mediata può avvenire anche con un mec- L'accumulo di anticorpi in tessuti quali le membrane basali e la
canismo detto citotossicità anticorpo-dipendente (ADCC). Le cellule matrice extracellulare, provoca un danno dovuto alla flogosi. L`ac-
rivestite da basse concentrazioni di IgG sono lisate da varie cellule cumulo di anticorpi, infatti, attiva il complemento, generando fattori il
i

effettrici che attaccano le cellule bersaglio tramite i recettori per il chemotattici (principalmente C5a), che reclutano neutrofili e mo- 2

frammento Fc delle IgG e le lisano senza internalizzarle. L'ADCC può nociti, e anafilotossine (C3a e C5a) che aumentano la permeabilità
essere impiegata da: monociti, neutrofili, eosinofili e cellule NK. Il ruolo dei vasi (Fig. 6.16 B). I leucociti attivati attraverso i loro recettori per
della ADCC in determinate malattie da ipersensibilità non è chiaro. il C3b e l'Fc producono e rilasciano mediatori proinfiammatori:
La fagocitosi e la lisi cellulare anticorpo-mediata avvengono: (1) prostaglandine, peptidi vasodilatatori e fattori chemotattici. L°atti-
nelle reazioni trasƒusionali, in cui le emazie di un donatore incom- vazione leucocitaria induce anche la produzione di sostanze tossiche,
patibile reagiscono con anticorpi preformati dell'ospite e ne sono come gli enzimi lisosomiali (proteasi che degradano le membrane
opsonizzate; (2) nella malattia emolitica del neonato (eritroblastosí cellulari, il collagene, l'elastina e la cartilagine) e i radicali liberi
fetale), in cui c'è una differenza antigenica tra la madre e il feto e le dell'ossigeno. Un tempo il complemento era ritenuto il principale

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Malattia Antigeni bersaglio Patogenesi Quadro clinico


1
Anemia emolitica autoimmune Proteine delle membrane Opsonizzazione e fagocitosi degli Emolisi, anemia
eritrocitarie (antigeni dei eritrociti
gruppi sanguigni e antigeni
Rh, antigene I)
Porpora trombocitopenica Proteine della membrana Opsonizzazione e fagocitosi delle Sanguinamento
autoimmune _ piastrinica (integrina gpilb-illa) piastrine

Pemfigo volgare Proteine nelle giunzioni Attivazione anticorpo-mediata di Vescicole cutanee (bolle)
intercellulari delle cellule proteasi, distruzione delle
epidermiche (caderina strutture intercellulari di
epidermica) adesione
Vasculite da ANCA Proteine dei granuli dei Degranulazione dei neutrofili Vasculite
neutrofili, verosimilmente e flogosi
rilasciati dai neutrofili attivati

Sindrome di Goodpasture Proteina non collagene delle Flogosi mediata da Nefrite, emorragia polmonare
membrane basali dei complemento e da recettori Fc
glomeruli renali e degli alveoli
polmonari
Febbre reumatica acuta Antigene della parete cellulare Flogosi, attivazione macrofagica Miocardite, artrite
streptococcica; reazione
crociata degli anticorpi
antistreptococco con antigeni
miocardici

Miastenia grave Recettore dell'acetilcolina Anticorpi antirecettore; ipostenia, paralisi


inibiscono il legame
dell'acetilcolina, riducono
l'espressione dei recettori
Morbo di Basedow-Graves Recettori del TSH Gli anticorpi antirecettore ipertiroidismo
(ipertiroidismo) stimolano i recettori del TSH
Diabete insulino-resistente Recettore insulinico Gli anticorpi-antirecettore lperglicemia, chetoacidosi
inibiscono il legame
deflinsufina
Anemia perniciosa Fattore intrinseco prodotto dalle Neutralizzazione del fattore Eritropoiesi inefficace, anemia
cellule parietali gastriche intrinseco, ridotto
assorbimento di vitamina B12
ANCA, anticorpi citoplasmatici antineutrofili;TSH, ormone tireotropo.

mediatore flogistico nelle malattie mediate da anticorpi, ma nei topi il recettore dell'ormone tireostimolante dell°epitelio tiroideo attivano
transgenici knockout anche l'assenza di recettori per il frammento i tireociti provocando ipertiroidismo.
Fc si associa a marcata riduzione di queste reazioni. Attualmente si l
i
ritiene che la flogosi delle malattie mediate da anticorpi (e da im-
ipersensibilità mediata da
munocomplessi) sia scatenata sia dal complemento che dall°attiva-
immunocomplessi (tipo Ill)
zione dei recettori per il frammento Fc.
La flogosi anticorpo-mediata è il meccanismo responsabile delle I complessi antigene-anticorpo producono i loro efletti patologici
lesioni tissutali che si osservano in alcune glomerulonefriti, nel rigetto soprattutto scatenando una reazioneflogistica nelle sedi di accumulo.
vascolare dei trapianti e in altre patologie (Tab. 6.4). La reazione patologica inizia con la formazione di complessi anti-
gene-anticorpo in circolo (immunocomplessi circolanti) che si de-
Alterazione cellulare positano nella parete dei vasi” Gli immunocomplessi si possono i
formare anche in sedi extravasali dove gli antigeni si sono impiantati i
Alcune patologie sono causate da anticorpi antirecettore diretti in precedenza (detti immunocomplessi in situ). Liantigene che entra
contro recettori di membrana, che generano disfunzioni in assenza a far parte degli immunocomplessi può essere esogeno (ad es. una
di effetti citotossici o proinfiammatori. Ad esempio, nella miastenia proteina iniettata o un antigene virale) o endogeno se il soggetto
grave, gli anticorpi diretti contro i recettori dell'acetilcolina della produce anticorpi contro componenti autologhe (autoimmunità).
placca motrice dei muscoli scheletrici bloccano la trasmissione Esempi di malattie da immunocomplessi con i relativi antigeni sono
neuromuscolare causando ipostenia (Fig. 6.16 C). Il meccanismo elencati nella Tabella 6.5. Le malattie da immunocomplessi possono
opposto (cioè, la stimolazione cellulare indotta da autoanticorpi) è essere sistemiche, se gli immunocomplessi si formano in circolo e si
responsabile del morbo di Graves, in cui gli anticorpi diretti contro accumulano in vari orE ani, o localizzate in determinati or ani, come
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Malattia Antigene coinvolto Quadro clinico Il


I.
Lupus eritematoso sistemico Antigeni nucleari Nefrite, lesioni cutanee, artrite, altre l
Glomerulonefrite poststreptococcica Antigeneii) della parete cellulare Nefrite
streptococcica; possono rimanere inseriti
nella membrana basale glomerulare

Poliarterite nodosa Antigeni del virus dell'epatite B (in alcuni Vasculite sistemica
casi)

Artrite reattiva Antigeni batterici (ad es. Yersínia) Artrite acuta l

I
Malattia da siero Varie proteine, ad es. siero eterologo Artrite, vasculite, nefrite l
(globulina antitimocita) i

Reazione di Arthus (sperimentale) Diverse proteine eterologhe Vasculite cutanea

il rene (glomerulonefrite), le articolazioni (artrite), o i piccoli vasi FASE I


cutanei, se gli immunocomplessi si formano e si depositano Formazione degli i
Antigene immunocomplessi i
localmente. circolante
, .
'feìì ântigene
l
Malattie sistemiche da immunocomplessi /g \ C Linfo-
cita B
La malattia da siero acuta è la tipica patologia sistemica da immu-
nocomplessi; in passato era una complicanza frequente della
Anticorpo ì i p|aSma_

\~( ~Qi .g
somministrazione di dosi massicce di antisieri eterologhi (ad es.
"bem I “ cellula
immunoglobuline di cavallo utilizzate nelllimmunizzazione passiva).
Attualmente la malattia è rara, ma è un modello utile per compren-
dere le patologie sistemiche da immunocomplessi.
Complesso
antigene-anticorp

°/?` O I _. li

La patogenesi delle malattie sistemiche da immunocomplessi può Endotelio


essere suddivisa in tre fasi: (1) formazione degli immunocomplessi
circolanti, (2) deposizione tissutale degli immunocomplessi che FASE Il
dà inizio (3) alla reazione flogistica nella sede di accumulo Deposizione degli
(Pig. 6.17).
Formazione degli immunocomplessi. Llintroduzione di un I
, `
Neutromo
immunocomplessi;
reclutamento e
attivazione dei
l
antigene proteico scatena una risposta immunitaria con formazione /F»-\ \ leucociti mediati dai
; , recettori per l'Fc
di anticorpi, generalmente entro una settimana dall”inoculo. Questi
anticorpi sono liberati in circolo, dove reagiscono con llantigene
I
.
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Recettore per il
circolante residuo formando complessi antigene-anticorpo. complemento (C3b) ' I
Deposizione degli immunocomplessi. Nella seconda fase, gli g`› O ox II Recettore perlFc
1

immunocomplessi circolanti si depositano nei tessuti. I fattori che


determinano se la formazione degli immunocomplessi sarà seguita Complesso /
dalla deposizione tissutale, causando una malattia, non sono com- antigene-anticorpo ` 5:ågí°èZ'%"ì dei
m no
pletamente chiariti, ma sembrano avere un ruolo chiave le caratte-
ristiche degli immunocomplessi e le alterazioni dei vasi nelle sedi di FASE lll
accumulo. infiammazione e
danno tissutale da
In generale, gli immunocomplessi più patogeni sono quelli di 0% N immunocomplessi
dimensioni intermedie, formatisi in lieve eccesso di antigene. i
Gli organi che filtrano il sangue ad alta pressione per formare altri
Aggregazione
fluidi, come le urine e il liquido sinoviale, sono predisposti alle le- piastrinica U
sioni da immunocomplessi; infatti gli immunocomplessi si deposi-
tano prevalentemente nei glomeruli e nelle articolazioni.35
Lesioni tissutali da immunocomplessi. Liaccumulo tissutale di
immunocomplessi scatena la flogosi acuta (terza fase). In questa fase
(circa 10 giorni dopo la somministrazione dell'antigene) si manifesta W", Â
7 â .
il tipico quadro clinico caratterizzato da: febbre, orticaria, artralgie, Vasculite
tumefazione linfonodale e proteinuria. La lesione tissutale è la stessa, Enzimi lisosomiali dei neutrofili
indipendentemente dalla sede di accumulo degli immunocomplessi. 1 il ;l,›i,,f« 1,, iv Patogenesi delle malattie sistemiche da immunocomplessi
La patogenesi dell'infiammazione e delle lesioni tissutali sono (ipersensibilità di tipo lil). La figura illustra le tre fasi sequenziali dello
stati già discussi a proposito delle patologie mediate da anticorpi. sviluppo delle malattie da immunocomplessi.

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-.one infiammatoria è detta vasculite se interessa ivasi, glome- Malattia localizzata da immunocomplessi c u -tr ack
I
rulonefrite se interessa i glomeruli renali, artrite se interessa le arti- (reazione diArthus)
colazioni e cosi via. 1
Le lesioni patologiche delle malattie da immunocomplessi sono La reazione di Artlius è una necrosi tissutale localizzata che interessa
causate da anticorpi in grado di fissare il complemento (IgG e IgM) generalmente la cute, causata da vasculite acuta da immunocom-
e da anticorpi che legano i recettori per il frammento Pc (di alcune plessi. La reazione può essere indotta sperimentalmente iniettando
sottoclassi di IgG) sui leucociti. Llimportanza del complemento per via intradermica un immunogeno in animali precedentemente
nella patogenesi delle lesioni tissutali è suggerita dall`osservazione immunizzati con lo stesso antigene che abbiano sviluppato anticorpi
che nella fase attiva della malattia il consumo di complemento circolanti. Diffondendo attraverso le pareti vasali, l'antigene lega
causa una riduzione dei livelli sierici di C3. I livelli sierici di C3, gli anticorpi preformati, generando localmente immunocomplessi I
infatti, possono essere usati in alcuni casi per monitorare l°attività di grandi dimensioni che precipitano nella parete dei vasi causando
della malattia. necrosi fibrinoide; la trombosi sovrapposta aggrava il danno
I
ischemico.

Morfologia il principale segno istologico della lesione da


ipersensibilità cellulo-mediata (tipo IV)
I
immunocomplessi è la vasculite acuta necrotizzante, con
necrosi della parete vasale e abbondante infiltrato neutrofilo. Le reazioni di ipersensibilità cellulo-mediata sono scatenate da
Il tessuto necrotico e i depositi di immunocomplessi, com- linfociti T, sia CD4+ che CD8+, attivati dalllantigene (sensibilizzati),
plemento e proteine plasmatiche formano una massa eosi- (Fig. 6.19). L'ipersensibilità mediata da linfociti T CD4+ attivati da
nofila indistinta che nasconde i dettagli cellulari sottostanti, antigeni ambientali e antigeni self può causare malattie infiamma-
il quadro è detto necrosi fibrinoide (Fig. 6.18). I depositi renali torie croniche. È ormai acclarato che molte malattie autoimmuni
di immunocomplessi si presentano al microscopio a fluore- sono causate da reazioni flogistiche scatenate dai linfociti T CD4+
scenza come depositi granulari formati da immunoglobuline (Tab. 6.6). Anche i linfociti T CD8+, però, possono essere respon-
e complemento e al microscopio elettronico come depositi sabili di alcune forme di ipersensibilità cellulo-mediata, soprattutto
elettrondensi disposti lungo le membrane basali glomerulari quelle scatenate da infezioni virali, in cui le cellule effettrici principali
(si vedano Figg. 6.30 e 6.31). sono i linfociti T CD8+.

Reazioni mediate dai linfociti T CD4+: ipersensibilità


Se la malattia è scatenata dall'esposizione episodica a dosi massic-
ritardata e infiammazione su base immune
ce di antigene (ad es. malattia da siero acuta e forse la glomeru-
lonefrite acuta poststreptococcica), gli immunocomplessi vengono Le reazioni flogistiche scatenate dai linfociti T CD4+ sono state
catabolizzati e le lesioni tendenzialmente regrediscono. Llespo- caratterizzate inizialmente studiando le reazioni da ipersensibilità
sizione cronica e ripetuta all'antigene causa invece la malattia da ritardata (DTH) ad antigeni esogeni. Llipersensibilità ritardata è però I
siero cronica, tipica di varie patologie umane, come il lupus erite- responsabile anche delle reazioni infiammatorie croniche dirette
matoso sistemico (LES), causato da risposte anticorpali persistenti contro antigeni self (autoimmunità). Dato il ruolo chiave del sistema
contro antigeni self. In molte patologie con un quadro biochimico immunitario adattativo, la reazione flogistica scatenata dal linfociti I
e istologico suggestivo di malattia da immunocomplessi, però, gli T CD4+ è detta infiaminazione su base immune. Due sottopopola-
antigeni scatenanti sono sconosciuti. Rientrano in questa categoria: zioni linfocitarie, THI e THI7, causano patologie organo-specifiche
la glomerulonefrite membranosa, molti casi di poliarterite nodosa in cui la flogosi è il danno principale” Le infiammazioni causate dai
e molte altre vasculiti. linfociti TH1 sono dominate dai macrofagi attivati mentre in quelle I
scatenate dai linfociti TH17 predominano i neutrofili. I
Le reazioni da ipersensibilità cellulo-mediata sono caratterizzate
da una catena di eventi controllati dalle citochine e possono essere
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",_:-s`j,\..,` ¬* 'Q *›_ 1' Proliferazione e maturazione dei linfociti T CD4+. I linfociti
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In alcuni casi le APC (cellule dendritiche e macrofagi) producono
IL-12, che induce la maturazione dei linfociti CD4+ in senso TH1.
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Queste cellule effettrici producono a loro volta IPN-y, che stimola
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--`_,,. 7'~ invece le APC producono citochine infiammatorie, come IL-1, IL-6
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inducendo la maturazione dei linfociti T in senso TH17. Alcune
I'l(-:UI 1/\ ti iii Vasculite da immunocomplessi. La parete vasale necrotica
viene sostituita da materiale fibrinoide di aspetto amorfo colorata di rosa. cellule effettrici mature entrano in circolo e restano nel pool dei
(Per gentile concessione del Dr. Trace Worrell, Department of Pathology, linfociti T della memoria immunologica per un lungo periodo, a
University ofTe><as Southwestern Medical School, Dallas, TX) volte anni.
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CAPITOLO6 Malattie del sistema immunitario W ti,

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A. Ipersensibilità ritardata e infiammazione immunitaria
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B. Citolisi dei linfociti T


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FIGURA 6.19 Patogenesi dell'ipersensibilità cellulo-mediata (di tipo IV). A. Nell'ipersensibilità ritardata i linfocitiT CD4+ (e a volte anche i linfocitiT CD8+)
rispondono agli antigeni tissutali secernendo citochine che inducono la flogosi e attivano i fagociti, e ciò provoca le lesioni tissutali. I linfocitiT CD4+ TH17
contribuiscono a indurre l'infiammazione reclutando i neutrofili (e in minor misura i monociti). B. ln alcune malattie, i linfocitiT citotossici CD8+ (CTL) di-
struggono dírettamente le cellule tissutali. APC, cellule che presentano l'antigene. Si veda il testo per le altre abbreviazioni. l
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Risposte dei linfociti T effettori maturi. Con l'esposizione ri- secrezione di TNF, IL-1 e chemochine, che inducono l'infiamma- li

petuta all'antigene, i linfociti T attivati riconoscono l'antigene pre- zione (Cap. 2); e aumenta la produzione di IL-12, amplificando in
sentato dalle APC e rispondono. I linfociti THI secernono citochine, tal modo la risposta TH1. L`attivazione dei macrofagi è essenziale
principalmente IFN-7, responsabili di molte manifestazioni dell'iper- per lieliminazione degli antigeni che attaccano liorganismo, ma
l
sensibilità ritardata. L'IFN-'y attiva i macrofagi in vari modi: aumenta l'attivazione protratta causa flogosi cronica e lesioni tissutali.
notevolmente la loro capacità di internalizzare e uccidere i micror- I linfociti TH17 sono attivati da alcuni antigeni microbici e dagli
ganismi; aumenta l'espressione sulla membrana delle molecole antigeni self nelle malattie autoimmuni. I linfociti THI7 attivati
MHC-II, facilitando la presentazione dell”antigene; attiva la secernono IL-17, IL-22, chemochine e altre citochine. Tutti questi
il

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TABELLA 6.6 Ipersensibilità cellulo-mediata (tipo IV) 1')
Malattia Specificità delle ceIIuleT patogenetiche Quadro clinico
Diabete mellito di tipo 1 Antigeni delle cellule B delle insule lnsulite (flogosi cronica nelle insule),
pancreatiche (insulina, acido glutammico distruzione delle cellule ß; diabete
decarbossilasi, altri)
Sclerosi multipla Antigeni proteici della mielina del SNC Demielinizzazione del SNC con flogosi
(proteina basica della mielina, proteina perivasale; paralisi, lesioni oculari
proteolipidica)
Artrite reumatoide Antigene sconosciuto della sinovia articolare Artrite cronica infiammatoria, distruzione
(collagene tipo ll?); ruolo degli anticorpi? della cartilagine articolare e dell'osso
Malattia di Crohn Antigene ignoto; ruolo dei batteri Flogosi intestinale cronica e occlusione
commensali intestinale
Neuropatíe periferiche; sindrome Antigeni proteici della mielina dei nen/i Nevrite, paralisi
di Guillain-Barré? periferici
Sensibilizzazione da contatto (dermatite) Vari antigeni ambientali (ad es. edera Flogosi cutanea con vescicole
velenosa)
SNC, sistema nervoso centrale.
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É' APITOLOG Malattie del sistema immunitario

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.o.i solubili reclutano i neutrofili e i monociti in loco, ampli-
ficando liinfiammazione. I linfociti TH17 producono anche IL-21,
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che amplifica la risposta TH17. F( 'k' "› .""'›x.:
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Il classico esempio di DTH èl'intradermoreazione alla tubercolina,
scatenata dalliiniezione sottocutanea del derivato proteico purificato - -
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(PPD o tubercolina), un antigene proteico del micobatterio tuber-
colare. Nei soggetti precedentemente sensibilizzati, dopo 8-12 ore
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dall'iniezione compaiono l'eritema e la tumefazione dura della sede
di inoculo, che raggiungono il picco in 24-72 ore per poi regredire f -4-r;it;g:If '›'..e.~Il; _ *f jg;?«;*»..›-›“' .
lentamente. Dal punto di vista istologico, Fipersensibilità ritardata \› '-'%f--'^*.~~f”í&šf›'e>-»,”ä*i"
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è caratterizzata da un infiltrato perivenulare mononucleato (princi-


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vasali (Fig. 6.20). Nelle lesioni floride, le venule mostrano segni di
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marcata ipertrofia endoteliale, indice di attivazione endoteliale da
citochine.
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Nel caso di alcuni antigeni persistenti e non degradabili, come i FIGURA 6.21 Infiammazione granulomatosa. La biopsia linfonodale
mostra vari granulomi formati da aggregati di cellule epitelioidi circondate
micobatteri che colonizzano i polmoni e altri tessuti, per 2-3 setti- da linfociti. AI centro del granuloma sono evidenti numerose cellule giganti.
mane liinfiltrato perivasale è dominato dai macrofagi. Spesso i ma- (Per gentile concessione del Dr. Trace Worrell, Department of Pathology,
crofagi attivati si trasformano in cellule similepiteliali e sono perciò University ofTe><as Southwestern Medical School, Dallas, TX)
detti cellule epitelioidi. Il granuloma è un aggregato microscopico di
cellule epitelioidi, generalmente circondato da un colletto di linfociti
(Fig. 6.21). Liinfiammazione granulomatosa (Cap. 2), si associa ge- come il diabete di tipo 1. I CTL diretti contro gli antigeni di isto-
neralmente a intensa attivazione dei linfociti T che producono cito- compatibilità di membrana sono responsabili del rigetto dei trapian-
chine (Fig. 6.22), ma può essere scatenata anche da corpi estranei ti, discusso più avanti. I CTL hanno un ruolo importante anche nelle
che attivano i macrofagi senza attivare la risposta immunitaria risposte antivirali. Nelle cellule infettate da virus, i peptidi virali sono
adattativa. presentati da molecole MHC-I e il complesso viene riconosciuto dal
La dermatite da contatto è un esempio comune di lesione da TCR dei linfociti T CD8+. L'uccisione delle cellule infettate da virus
ipersensibilità ritardata. Può essere scatenata dal contatto con l”uru- eradica l”infezione ma è anche responsabile dei danni cellulari asso-
sciolo, la componente antigenica dell'edera velenosa e della quercia ciati all”infezione (ad es. nell'epatite virale). Anche gli antigeni tu-
velenosa, e si manifesta come dermatite vescicolare (Fig. 6.23). morali sono presentati dalle molecole MHC-I espresse in membrana iI« I
e i CTL sono implicati nel rigetto dei tumori (Cap. 7). I
I
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Reazioni da ipersensibilità mediate dai linfociti T
CD8+: citotossicità cellulo-mediata
In queste reazioni cellulo-mediate, i CTL CD8+ uccidono le cellule Cellula che presenta l'antigene

bersaglio che espongono antigeni. Le lesioni tissutali da CTL sono
una componente importante di molte patologie cellulo-mediate,
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FIGURA 6.20 Reazioni cutanee da ipersensibilità ritardata A. Infiltrato
perivascolare mononucleato (linfocitiT e fagociti mononucleati). B. La Linfocita T H Macrofago
colorazione con immunoperossidasi rivela un infiltrato cellulare prevalen-
temente perivascolare positivo per gli anticorpi anti-CD4. (Per gentile con- FIGURA 6.22 Patogenesi del granuloma. Eventi che portano alla forma-
cessione del Dr. Louis Picker, Department of Pathology, University ofTe›<as zione di granulomi neII'ipersensibiIità cellulo-mediata (tipo IV). Da notare il
Southwestern Medical School, Dallas, TX) ruolo delle citochine. Per le altre abbreviazioni si rimanda al testo.
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Anemia emolitica autoimmune
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\ 3 Malattie autoimmuni sistemiche
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_ I'-.1I. IL;/~._ .I. ›. : Dermatite da contatto. La lesione mostra una vescicola Malattie autoimmuni organo-specifiche
epidermica con infiltrati mononucleari nel derma e neII'epidermide. (Per Diabete mellito di tipo I
gentile concessione del Dr. Louis Picker, Department of Pathology, Univer- Sclerosi multipla
sity ofTe><as Southwestern Medical School, Dallas, TX) Malattie autoimmuni sistemiche
Artrite reumatoide'
Sclerosi sistemica'
La citolisi mediata dai CTL utilizza le peiƒorine e i granzimi, me-
Sindrome di Sjögren'
diatori preformati contenuti nei loro granuli simil-lisosomiali." I Malattie causate da autoimmunità o da reazioni agli antigeni
CTL che riconoscono la cellula bersaglio secernono un complesso microbici l
formato da perforina, granzimi e da una proteina detta serglicina, Malattie infiammatorie intestinali (malattia di Crohn, colite
che penetra nelle cellule bersaglio mediante endocitosi. Giunta nel ulcerosa)
citoplasma della cellula bersaglio, la perforina promuove il rilascio dei Miopatie infiammatorie
granzimi dal complesso. I granzimi sono proteasi che scindono e 'ln queste malattie possono essere implicati anche gli anticorpi.
attivano le caspasi, che inducono l”apoptosi delle cellule bersaglio
(Cap. 1). I CTL attivati esprimono il ligando di Fas, una molecola
omologa al TNF, che si lega a Fas espresso dalle cellule bersaglio. sono specifici per le cellule ß delle insule pancreatiche e la sclerosi
I linfociti T CD8+ producono anche citochine, soprattutto IFN-7, multipla, in cui i linfociti T autoreattivi attaccano la mielina del si-
e causano reazioni flogistiche simili alla DTH, soprattutto in seguito stema nervoso centrale. Llesempio classico di malattia autoimmune
a infezioni virali e all'esposizione ad agenti sensibilizzanti da sistemica è il LES, nel quale vari anticorpi diretti contro DNA, pia-
contatto. strine, globuli rossi e complessi proteine-fosfolipidi causano lesioni
diffuse in tutto l'organismo. La sindrome di Goodpasture, caratte-
rizzata da lesioni polmonari e renali causate da anticorpi diretti
MALATTIE AUTOIMIVIUNI
contro le membrane basali, è una via di mezzo tra una malattia
Le reazioni immunitarie contro gli antigeni self o antoiininnnità, sono organo-specifica e una malattia sistemica.
responsabili di un gruppo di patologie che colpiscono l”l-2% della É chiaro che l'autoimmunità deriva dalla perdita della tolleranza
popolazione USA. Il numero di malattie attribuite all'autoimmunità immunologica nei confronti di antigeni self, e il problema è perché
è in aumento (Tab. 6.7). Gli autoanticorpi sierici, però, sono presenti questo accada. Prima di interrogarci su questo, esamineremo i mec-
anche in soggetti apparentemente normali, specie se anziani. Auto- canismi della tolleranza immunologica agli antigeni self.
anticorpi innocui si formano in seguito a lesioni tissutali e possono
avere un ruolo fisiologico nella rimozione dei detriti cellulari. Che
Tolleranza immunologica
cos°è quindi Fautoiininunitri patologica? Idealmente la diagnosi di
malattia autoimmune richiede tre condizioni: (1) la reazione immu- Per tolleranza immunologica si intende la mancata risposta linfocitaria
nitaria deve essere specifica per un dato antigene self 0 tessuto auto- alla stimolazione antigenica da parte di cleterininati antigeni. La tolle-
logo; (2) la reazione non deve essere secondaria a lesioni tissutali, ma ranza verso gli antigeni self, intesa come insensibilità (o anergia)
deve essere la causa primaria della malattia; e (3) assenza di altre cause dell”organismo ai propri antigeni è alla base della capacità di vivere in
note di malattia. Nelle patologie umane, Feziopatogenesi autoimmune armonia con le nostre cellule e i nostri tessuti. Linfociti dotati di
è spesso confermata da analogie con modelli sperimentali animali recettori specifici per gli antigeni self si generano continuamente e
nei quali l'origine autoimmune è dimostrata. Data liincertezza sugli devono essere eliminati 0 inattivati immediatamente, non appena
antigeni bersaglio e sul reale contributo dellautoimmunità, queste riconoscono l'antigene, per evitare che causino lesioni tissutali. I
malattie sono spesso classificate come malattie infiammatorie imma- meccanismi responsabili delllinduzione della tolleranza immunologica
no-nzediate, a sottolineare il ruolo patogenetico della flogosi cronica. verso gli antigeni self sono di due tipi: meccanismi centrali e mecca-
Il quadro clinico delle malattie autoimmuni è estremamente vario. nismi periferici (Fig. 6.24).3"““ Li descriveremo brevemente.
Si va dalle patologie organo-specifiche, in cui l'autoimmunità è diretta Tolleranza centrale. I cloni linfocitari T e B immaturi e auto- I
contro un singolo organo o tessuto, alle patologie sistemiche o gene- reattivi che riconoscono antigeni self durante la loro maturazione negli
ralizzare, in cui le reazioni autoimmuni sono dirette contro antigeni organi linfoidi centrali (il timo per i linfociti T e il midollo osseo per
diffusi. Esempi di autoimmunità organo-specifica sono il diabete ilinfociti B) vengono eliminati o resi inofi`ensivi.“ L”induzione della I
mellito di tipo 1, nel quale i linfociti T e gli anticorpi autoreattivi tolleranza centrale dei linfociti B e T presenta analogie e differenze.
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FIGURA 6.24 Tolleranza immunitaria. Meccanismi di tolleranza centrale e periferica agli antigeni self riferita ai linfocitiT CD4+. APC, cellula che presenta
I antigene. Per le altre abbreviazioni si rimanda al testo.

Durante la maturazione dei linfociti T il riarrangiamento stocastico autoreattivi. La proteina AIRE (regolatore autoimmune) stimola
dei geni del TCR genera le diverse specificità antigeniche. La ge- l'espressione timica di alcuni antigeni self relegati nei tessuti peri- I
nerazione antigene-indipendente dei TCR produce numerosi ferici ed è quindi critica per la delezione dei linfociti T immaturi l
linfociti che esprimono recettori ad alta aflìnità per antigeni self. specifici per questi antigeni." Le mutazioni del gene AIRE causano
Questi linfociti immaturi vanno incontro ad apoptosi nel timo, infatti una poliendocrinopatia autoimmune (Cap. 24). Alcuni
quando incontrano il rispettivo antigene. Questo processo, definito linfociti T CD4+ autoreattivi non vanno incontro ad apoptosi nel
selezione negativa o delezione, rimuove molti cloni autoreattivi dalla timo, ma diventano linfociti T regolatori (descritti oltre).
popolazione di cellule T. Molti antigeni proteici autologhi, tra i 0 Durante la maturazione nel midollo osseo, ilinfociti B reagiscono
quali gli antigeni ritenuti ristretti ai tessuti periferici, sono elaborati intensamente agli antigeni self, in molti casi si riattiva il
e presentati dalle APC timiche associati a molecole MHC autolo- riarrangiamento genico del recettore per l'antigene che porta
ghe e possono quindi essere riconosciuti da linfociti T potenzialmente all'espressione di nuovi recettori, non autoreattivi. Questo l
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maturano principalmente nel timo, attraverso il riconoscim-. c u - t r
25-50% dei linfociti B durante il processo maturativo.“ Se la to degli antigeni self (si veda Fig. 6.24), ma possono svilupparsi
revisione recettoriale non si verifica, ilinfociti autoreattivi vanno anche negli organi linfoidi periferici. I più noti linfociti T re-

in apoptosi, con rimozione dei cloni potenzialmente dannosi golatori sono i linfociti T CD4+, che esprimono costitutiva- I
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dalla popolazione dei linfociti B maturi. mente CD25, la catena oi del recettore della IL-2, e un fattore
di trascrizione della famiglia FOX, detto Foxp3 (forklzead box l

I meccanismi della tolleranza centrale non sono però perfetti. P3). Sia IL-2 che Foxp3 sono necessari per la maturazione e il
Non tutti gli antigeni self sono presenti nel timo e quindi i linfociti mantenimento di una popolazione funzionale di linfociti T
T che riconoscono tali antigeni self sfuggono alla selezione negativa regolatori CD4+.*8 Le mutazioni di Foxp3 causano gravi ma-
e arrivano in periferia. Anche i linfociti B possono sfuggire alla re- lattie autoimmuni umane e murine; nell”uomo sono responsa-
visione recettoriale con meccanismi analoghi. I linfociti autoreattivi bili di una malattia autoimmune sistemica detta sindrome IPEX
che sfuggono alla selezione negativa possono provocare lesioni (disordine immunologico poliendocrinopatico ed enteropatico
tissutali se non sono eliminati 0 bloccati nei tessuti periferici. legato alla X). Nei topi knockout l'inattivazione del gene
Tolleranza periferica. Vari meccanismi inattivano i linfociti B dell›IL-2 o delle catene oi o ß del suo recettore causa una ma-
e T potenzialmente autoreattivi nei tessuti periferici; la tolleranza lattia autoimmune multiorgano, poiché IL-2 è essenziale per il
periferica dei linfociti T è più conosciuta” e la descriveremo mantenimento della popolazione dei linfociti T regolatori.
brevemente. Recentemente, alcuni studi di genetica epidemiologica hanno
rivelato che i polimorfismi del gene CD25 sono associati alla
O Aneigia. Indica l”inattivazione funzionale prolungata o irreversi- sclerosi multipla e ad altre malattie autoimmuni, suggerendo
bile dei linfociti, indotta dall”incontro con lo specifico antigene che i deficit dei linfociti regolatori potrebbero essere implicati
in determinate condizioni.“ Come già detto, l'attivazione antige-
ne-specifica dei linfociti T richiede due segnali: il riconoscimento
del peptide antigenico associato a molecole MHC autologhe
nella patogenesi di queste malattie. Come questi linfociti sop-
primano le risposte immunitarie resta da chiarire. La soppres-
sione potrebbe avvenire attraverso la secrezione di citochine
I
espresse in membrana dalle cellule APC e vari segnali costimo- immunosoppressive, come IL-10 e TGFB, che bloccano l`atti-
latori (“secondi segnali”) derivati dalle APC. I segnali costimo- vazione e le funzioni effettrici dei linfociti. I

latori sono generati dall'interazione di recettori linfocitari, come Delezione clonale attraverso Fapoptosi indotta dallìzttivazioiie. I
il CD28, con i rispettivi ligandi (le molecole costimolatorie B7-1 linfociti T CD4+ autoreattivi possono anche essere eliminati at-
e B7-2) espressi dalle APC. Se l'antigene è presentato da cellule traverso segnali che ne inducano l`apoptosi. L”apoptosi innescata
prive di costimolatori viene inviato un segnale negativo e la cellula dall'attivazione linfocitaria è detta apoptosi da attivazione. In base
diventa anergica (si veda Fig. 6.24). Le cellule dendritiche quie- a studi in modelli animali murini, sono stati ipotizzati due Il
scenti dei tessuti sani non esprimono costimolatori, o li esprimono meccanismi di apoptosi da attivazione dei linfociti T." É stato
solo debolmente, e quindi liincontro tra i linfociti T autoreattivi ipotizzato che i linfociti T autoreattivi potrebbero esprimere una
e i rispettivi antigeni self presentati da tali cellule dendritiche si proteina proapoptotica della famiglia BCL, la proteina BIM, in l
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può tradurre in anergia. Due meccanismi di anergia delle cellule assenza delle altre proteine BCL antiapoptotiche, come BCL2 e
T sono stati identificati utilizzando varie metodologie sperimen- BCL-X (per la cui espressione sono necessari tutti i segnali di
tali. Nel primo caso, il complesso del TCR perde in parte la attivazione linfocitaria). Llespressione isolata di BIM indurrebbe
capacità di generare segnali, in seguito all'attivazione di ubiqui- l*apoptosi attraverso la via mitocondriale (Cap. 1). Un secondo
tina ligasi e degradazione proteolitica delle proteine implicate meccanismo di apoptosi da attivazione dei linfociti B e T CD4+
nella trasduzione del segnale recettorialefs Nel secondo caso, i utilizzerebbe il sistema Fas-FasL. I linfociti, come molte altre
linfociti T autoreattivi ricevono un segnale inibitorio da recettori cellule, esprimono Fas (CD95), una proteina della famiglia dei l
strutturalmente omologhi al CD28 ma con funzione opposta. recettori del TNF. Il ligando di Fas (FasL), una proteina di mem-
Due di questi recettori inibitori sono il CTLA-4, che (come il brana strutturalmente omologa alla citochina TNF, è espresso
CD28) lega anche B7, e PD-1, che riconosce due ligandi espressi principalmente dai linfociti T attivati. L'interazione Fas-FasL
da varie cellule.“` Ancora non sappiamo come e perché i linfociti indurrebbe l”apoptosi dei linfociti T attivati attraverso la via dei
T scelgano di usare CD28 per riconoscere B7 ed essere attivati 0 recettori di morte (Cap. 1). É stato ipotizzato che la stimolazione
CTLA-4 per riconoscere lo stesso B7 diventando però anergici. antigenica da parte degli antigeni self, indurrebbe nei linfociti T
Llimportanza di questi meccanismi inibitori, però, è stata dimo- autoreattivi la coespressione di Fas e FasL che porterebbe alla loro
strata nei topi transgenici knockout, nei quali l'inattivazione dei autoeliminazione attraverso l'apoptosi Fas-mediata (si veda Fig.
geni di CTLA-4 o PD-1 porta allo sviluppo di malattie autoim- 6.24). Anche ilinfociti B autoreattivi che esprimono Pas possono
muni. Anche nell°uomo i polimorfismi del gene CTLA-4 sono andare incontro a delezione clonale mediata da linfociti T che
associati a endocrinopatie autoimmuni. Un fatto interessante è esprimono FasL. L`importanza di questo meccanismo nella dele-
che alcuni virus e tumori si sono evoluti impiegando le stesse zione periferica dei cloni autoreattivi è dimostrata dall`identifi-
strategie per evadere la sorveglianza immunitaria. cazione di due ceppi murini mutanti naturali di Fas e FasL:
L'anergia può interessare anche i linfociti B maturi periferici. Si entrambi sviluppano una malattia autoimmune simile al LES
ritiene che i linfociti B che incontrano l'antigene self in periferia, umano, associata a linfoproliferazione generalizzata. Nellluomo
1
specie in assenza di linfociti T helper specifici, diventino incapaci una malattia simile è causata da mutazioni del gene FAS ed è detta
di rispondere a una successiva stimolazione antigenica e vengano sindrome linfoproliferativa autoimmune”
esclusi dai follicoli linfoidi, andando incontro a morte.
O Soppressione da parte dei linfociti T regolatori .Una sottopopo- Alcuni antigeni sono inaccessibili al sistema immunitario (seque-
lazione di linfociti T, i linfociti T regolatori, ha un ruolo chiave strati) perché sono localizzati in tessuti non bagnati dal sangue e t
nel bloccare le reazioni autoimmuni." I linfociti T regolatori dalla linfa. Questi antigeni self dunque non inducono tolleranza, ma i
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io neppure immunogeni e sono sostanzialmente ignorati dal
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Geni predisponenti. La presenza di una predisposizione gene- d o c u - t r a c k
sistema immunitario. Si ritiene che questo sia il caso del testicolo, tica all°autoimmunità è nota da decenni. Liincidenza delle malattie
dell'occhio e dell`encefalo, detti anche tessuti con privilegio immuni- autoimmuni è più elevata nei gemelli ,dei malati rispetto alla po-
tario, dato che è difiicile indurre risposte immunitarie ad antigeni polazione generale e nei gemelli monozigoti è superiore ai gemelli
introdotti in questi distretti. Se però gli antigeni self di questi tessuti dizigotici. La maggior parte delle malattie antoim/mini è rappre-
entrano in circolo, ad esempio in seguito a traumi e infezioni, pos- sentata da disordinipoligenici coii1plessi.53'55 Tra i geni con unias-
sono scatenare risposte immunitarie che causano flogosi cronica e sociazione certa all'autoimmunità, i principali sono i geni HLA.
l
lesioni tissutali. È stato ipotizzato che questo sia il meccanismo delle Liassociazione tra i geni HLA e le malattie è stata già menzionata
orchiti e delle uveiti post-traumatiche. (si veda Tab. 6.1), ed è nota da molti anni, ma il meccanismo pa-
togenetico rimane oscuro. É stato ipotizzato che certi alleli MHC
Meccanismi autoimmunitari: principi generali interferiscano con la delezione clonale dei linfociti T nel timo o
con la maturazione dei linfociti T regolatori, ma nessuna delle due
Lautoinimnnità deriva dall 'effetto sinergico difattori genetici ereditari ipotesi è stata dimostrata con certezza. Va sottolineato che molti
predisponenti, che possono compromettere la tolleranza agli antigeni soggetti normali ereditano alleli MHC associati a malattie e che
self e stimoli anilJienfalí, quali infezioni e lesioni tissutali, che attivano anche alleli MHC non associati all'autoimmunità possono presen-
i linfociti autoreattivi (Fig. 6.25).5l'5l In genere, i fattori genetici e tare gli antigeni self. Quindi la presenza di particolari alleli MHC
ambientali hanno un effetto cooperativo, creando uno squilibrio tra non è di per sé causa di autoimmunità.
le vie di attivazione e maturazione dei linfociti effettori dannosi e i Gli studi di genetica epidemiologica (Cap. 5) hanno mostrato che
meccanismi di controllo che normalmente bloccano l'autoreattività. molte malattie autoimmuni sono associate a vari geni non MHC.
Il contributo dei fattori genetici e ambientali allo sviluppo dell'au- Alcuni di questi sono specifici per certe patologie, ma molte asso-
toimmunità è discusso nei seguenti paragrafi. ciazioni sono comuni a varie malattie, a indicare che i prodotti di
questi geni influiscono sui meccanismi generali di regolazione delle
risposte immunitarie e della tolleranza agli antigeni self. Sono state
Predisposizione Infezioni, lesioni tissutali descritte recentemente tre associazioni genetiche interessanti. I
genetica polimorfismi del gene PTPN-22, che codifica una tirosina-fosfatasi,
sono associati all”artrite reumatoide, al diabete mellito di tipo I e ad
ì./sy ll › , Necrosi,
t = , infiammazione altre malattie autoimmunisf' Dato che queste malattie hanno a una
\ "T ) `\,,_' prevalenza relativamente elevata (soprattutto liartrite reumatoide), ii
\.,`_/.sf rà
si ritiene che PTPN-22 sia il gene piùfrequentemente associato all'an- r
toiininzinitri. É stato ipotizzato che le varianti patologiche codifichino
I
Geni ' il `\, ` una fosfatasi difettosa, incapace di bloccare completamente le tiro-
predisponenti . ` _ mi Tessuig sin-chinasi implicate in molte risposte linfocitarie. Il risultato netto i

sarebbe un”iperattivazione linfocitaria. I polimorfismi del gene


Mancato sviluppo 1 NOD-2 sono associati alla malattia di Crohn, una malattia infiam-
della tolleranza » Attivazione delle matoria intestinale, comune in alcuni gruppi etnici.57 NOD-2 è un
agli antigeni self * 7 APC tissutali sensore citoplasmatico dei microbi, espresso dalle cellule epiteliali
,if I “ e da molte altre cellule. È stato ipotizzato che la variante patologica
sia un sensore inefficace nei confronti dei batteri intestinali, respon-
L Ö' Richiamo sabile dell'invasione e delle reazioni flogistiche croniche nei con-
6 _í› a, di linfociti fronti dei batteri commensali normalmente ben tollerati. I geni della
_( autoreattivi catena oi del recettore dell'IL-2 (CD25) e del recettore dell'11.-7 sono
7 nei tessuti associati alla sclerosi multipla e ad altre malattie autoimmuni. Queste
Linfociti
autoreattivi _ . li Y ›_ . citochine potrebbero controllare il mantenimento della popolazione
,ì__ ._ 5 J' dei linfociti T regolatori. Queste associazioni genetiche stanno ini- i
l
ziando a fornire indizi interessanti sulla patogenesi delle malattie
autoimmuni, ma il nesso tra i geni, le funzioni delle proteine codi-
I i Attivazione ficate e la malattia resta ancora da chiarire.
dei linfociti Si è già detto che le mutazioni naturali e indotte di vari geni causano
Ø( ¬/J ., autoreattivi liautoimmunità nell'uon1o e nel topo. Questi geni sono: AIRE,
}“ CTLA-4, PD1, Fas, FasL e IL2 e il suo recettore CD25. Inoltre, i linfociti

oißšißl \,_\J
B esprimono un recettore Fc che riconosce le IgG legate agli antigeni
e inibisce la sintesi di anticorpi (meccanismo normale di feedback
negativo). Nei topi knockout Finattivazione di questo recettore pro-
voca autoimmunità, probabilmente perché l'attivazione dei linfociti
Lesioni tissutali:
malattia autoimmune B diventa incontrollata. Questi esempi sono molto utili a comprendere
i meccanismi della tolleranza e il controllo delle risposte immunitarie,
ma le malattie causate da mutazioni isolate di questi geni sono rare e
; lL«.1,il if'. (Mr, Patogenesi dellautoimmunità. [autoimmunità e il risultato
di molteplici fattori, tra i quali la predisposizione genetica, che può interferire non sono rappresentative delle comuni malattie autoimmuni.
con la tolleranza agli antigeni self, e i fattori scatenanti ambientali (lesioni Infezioni. Molte malattie autoimmuni sono associate a infezioni
tissutali e flogosi) che richiamano i linfociti nei tessuti, inducendo l'attiva- e riacutizzazioni cliniche sono spesso precedute da prodromi
zione di linfociti autoreattivi e le lesioni tissutali. infettivi. Due meccanismi sono stati ipotizzati per spiegare il
h a n g e Vi h a n g e Vi
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_ sito tra infezioni e autoimmunità (Fig. 6.26). In primo luogo, c u -tr a c k
Malattie autoimmuni
le infezioni possono aumentare l`espressione dei costimolatori nelle
APC. Se l)APC sta presentando un antigene self, il risultato può es- Le malattie causate da reazioni autoimmuni hanno in comune alcune
sere la perdita dell'anergia clonale e l”attivazione di linfociti T auto- caratteristiche.
reattivi specifici per quelliantigene. In secondo luogo, alcuni microbi
possono esprimere antigeni con sequenze amminoacidiche comuni O Le malattie autoimmuni, una volta innescate, tendono a un decorso
agli antigeni self. La risposta antinfettiva contro questi antigeni mi- progressivo, a volte con sporadiche remissioni e recidive, e il danno
crobici può attivare linfociti autoreattivi. Il fenomeno è detto mimesi peggiora nel tempo. Uno dei motivi di questo decorso è che il
molecolare. Un esempio di questa mimesi è la cardiopatia reumatica, sistema immunitario è dotato di vari circuiti intrinseci di amplifi-
in cui gli anticorpi antistreptococco hanno una reattività crociata cazione che fanno si che un piccolo numero di linfociti antigene-
con le proteine miocardiche causando la miocardite (Cap. 12). An- specifici possa raggiungere lo scopo eradicando infezioni complesse.
che nelle malattie autoimmuni classiche potrebbe essere implicata Quando questa risposta attacca impropriamente i tessuti autologhi,
una mimesi molecolare più sottile. il danno è esacerbato dagli stessi meccanismi di amplificazione.
I microrganismi possono indurre altre alterazioni in grado di Un'altra ragione della persistenza e della progressività delle malattie
promuovere reazioni autoimmuni. Alcuni virus, come il virus di autoimmuni è la cosiddetta diffusione degli epitopi. Le infezioni e
Epstein-Barr (EBV) e l'HIV, causano l”attivazione policlonale dei lin- la stessa risposta autoimmune iniziale possono ledere i tessuti, li-
fociti B, che può portare alla produzione di autoanticorpi. Le lesioni berando gli antigeni self ed esponendo epitopi antigenicí normal-
tissutali, comuni nelle infezioni, possono liberare gli antigeni self o mente segregati. Il risultato è l'attivazione persistente di linfociti
alterarli strutturalmente, rendendoli immunogeni e in grado di atti- reattivi a questi epitopi precedentemente inaccessibili; non essendo |,

vare i linfociti T che non hanno sviluppato la tolleranza verso questi normalmente espressi, non hanno consentito ai linfociti di svilup- -il
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nuovi antigeni anomali. Le infezioni possono indurre la produzione pare la tolleranza. L”attivazione di questi linfociti T autoreattivi è
di citochine che reclutano i linfociti, compresi i cloni potenzialmente detta diffusione degli epitopi poiché la risposta immunitaria si l
autoreattivi, nei siti in cui sono presenti gli antigeni self. diffonde agli epitopi non riconosciuti inizialmente”
Il ruolo delle infezioni nell'autoimmunità è stato molto studiato, O Il quadro clinicopatologico delle malattie autoimmuni è deter-
ma i dati epidemiologici recenti indicano che l'incidenza delle ina- minato dalla natura della risposta innescata. Le risposte THI si
lattie autoimmuni è in aumento, soprattutto nei Paesi sviluppati dove associano a un infiltrato infiammatorio distruttivo ricco di ma-
le infezioni sono più controllate. In alcuni modelli animali (ad es. crofagi e alla produzione di anticorpi che causano lesioni tissutali
diabete di tipo 1) le infezioni riducono notevolmente l”incidenza attivando il complemento e legandosi ai recettori Fc. Si ritiene
delfautoimmunità. Così, paradossalmente, le infezioni possono pro- che le risposte THI7 causino lesioni infiammatorie dominate da
teggere da alcune malattie autoiminiini.5“ I meccanismi protettivi neutrofili e monociti. I
non sono chiari; una possibilità interessante è che le infezioni sti- O I quadri clinici, patologici e sierologici di varie malattie autoimmuni
molino la produzione di bassi livelli di IL-2, essenziale per il man- mostrano significative sovrapposizioni. Per questo è spesso molto
tenimento della popolazione dei linfociti T regolatori. difficile classificare con precisione il fenotipo di queste malattie.
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A. Induzione dell'espressione di costimolatori sulle APC
Microbo L'APC esprime

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B. Mimetismo molecolare
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'Jo microbico sce anche un peptide microbico Q \ V-\»l
L'APC presenta il peptide microbico simile all'antigene self Autoimmunità

r-il :i iii.: :íøìis Patogenesi dellautoimmunita: l'ipotesi infettiva. Le infezioni potrebbero attivare linfociti autoreattivi inducendo l'espressione di costimolatori
(A), oppure determinati antigeni microbici potrebbero mimare alcuni antigeni self attivando i linfociti autoreattivi a causa delle reazioni crociate (B).
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ii queste premesse, passiamo ora a esaminare le singole malat- Il quadro clinico del LES è così variabile che l'American College oi
tie autoimmuni. La Tabella 6.7 elenca le patologie autoimmuni si- Rheumatology ha stabilito criteri diagnostici complessi (Tab. 6.8).
stemiche e organo-specifiche. Le malattie sistemiche interessano Il LES è relativamente comune, la prevalenza può arrivare a l:250O
tendenzialmente i vasi e il connettivo e sono quindi spesso classificate in alcuni gruppi etnici.°° Come inolte malattie autoimmuni, colpisce
come malattie vascolari del collagene. In questo capitolo ci concen- prevalentemente le donne, con una frequenza di l:700 nelle donne
treremo sulle malattie autoimmuni sistemiche; le malattie organo- in età fertile e un rapporto femmine/maschi di 9:1. Il rapporto fem-
specifiche saranno trattate nei relativi capitoli. mine: maschi scende a 2:1 nelle forme pediatriche e senili (oltre 65 l
anni). La prevalenza della malattia è 2-3 volte maggiore nei soggetti ri

di razza nera e ispanica rispetto ai soggetti di razza bianca. Il LES


LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO (LES)
insorge generalmente in un'età compresa tra i 30 e 40 anni, nia può l
i
Il LES è il prototipo della malattia autoimmune inultisistemica ed è presentarsi a qualsiasi età, anche nella prima infanzia.
caratterizzato da un”anipia gamma di autoanticorpi, in particolare
da anticorpi antinucleo (ANA). È una malattia cronica a insorgenza
Autoanticorpi del LES
acuta o insidiosa, con remissioni e recidive continue, con accessifeblirili
e caratterizzata principalmente da lesioni alla cute, alle articolazioni, La caratteristica saliente del LES è la produzione di autoanticorpi;
ai reni e alle sierose. Tutti gli organi possono, però, essere interessati. alcuni sono diretti contro varie componenti nucleari e citoplasma-

`l'^\"l.li,` H , il liti I ii1;i:lrll:..i)l.l'- ,Ii iii: l†l.llJ`~l.l lr 'Mi i I l

Criterio Definizione
l.
1. Eritema "a farfalla" Eritema fisso, rilevato o piatto, delle eminenze malari, che generalmente risparmia i solchi
nasogenieni l
2. Eritema discoide Placche eritematose rilevate, con squame ipercheratosiche aderenti e occlusione
follicolare; le lesioni di vecchia data possono dar luogo a cicatrici atrofiche
3. Fotosensibilità Eritema derivato da reazioni allergiche alla luce solare, riferito dal paziente od osservato
dal medico
4. Ulcere della bocca Ulcere del cavo orale o rinofaringee, generalmente indolori, osservate dal medico
1
5. Artrite Artrite non erosiva che interessa 2 o più articolazioni periferiche, con dolore, tumefazione
o versamento articolare
6. Sierosite Pleurite - anamnesi convincente di dolore pleurico, o sfregamenti riscontrati dal medico
all'auscultazione o segni di versamento pleurico, o
Pericardite - documentata da ECG o da sfregamenti rilevati all'auscultazione o da segni di
versamento pericardico
7. Nefropatia Proteínurìa persistente >0,5 g/dl o >3g/dl (se non quantificata) o
Cilindruria - cilindri eritrocitari, di emoglobina, granulari, tubulari o misti

8. Problemi neurologici Convulsioni - in assenza di farmaci o disturbi metabolici (ad es. uremía, chetoacidosi e
squilibri elettrolitici) che possono causare sintomi psicotici o
Psicosi -in assenza di farmaci 0 disturbi metabolici (ad es. uremia, chetoacidosi e squilibri
elettrolitici) che possono causare sintomi psicotici
9. Disturbi ematologici Anemia emolitica - con reticolocitosi oppure
Leucopenia -leucociti totali <4,0 x 10° cellule/I (4.000 cellule/mm°) riscontrate in 2 o più
analisi oppure
Linfopenia - <1,5 X109 cellule/I (1.500 cellule/mmal riscontrate in 2 0 più analisi oppure
Trombocitopenía - <100 x 10° piastrine/I (100 X103 piastrine/mm3) in assenza di farmaci
che possono causare trombocitopenia iatrogena
10. Disturbi immunologici Titolo elevato di anticorpi anti-DNA contro DNA nativo o
Anti-Sm - presenza di anticorpi contro l'antigene nucleare Sm o
Evidenza di anticorpi antifosfolipidi, basata su: (1) livelli sierici anomali di lgG o lgM
anticardiolipína, (2) positività del test per l'anticoagulante lupico mediante test standard
o (3) falsa sieropositività per la sifilide per almeno 6 mesi, confermata da negatività del
test di immobilizzazione del Treponema pallidum o da negatività del test di
assorbimento degli anticorpi fluorescenti anti-treponema
11. Anticorpi antinucleo (ANA) Titolo ANA elevato (diagnosticato mediante immunofluorescenza o test equivalenti) in
qualsiasi momento e in assenza di terapia con farma ci` a ssociati a LES iatrogeno
'Questa classificazione, basata su il criteri, è stata proposta allo scopo di identificare i pazienti per gli studi clinici. Si fa diagnosi di LES se sono presenti
4 o più degli il criteri, in sequenza o contemporaneamente, in qualsiasi periodo di osservazione.
Tratto da:Tan EM et al:The revised criteria for the classification of systemic lupus erythematosus. Arthritis Rheum 25:l27l, 1982; e Hochberg, l\/lC: Updating
the American College di Fìheumatology revised criteria for the classification of systemic lupus erythematosus. Arthritis Rheum 40:i725, 1997.

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.«, ma non hanno specificità d'organo né sono caratteristici solo autoanticorpi possono essere presenti, spesso si combinano divert
del LES, mentre altri riconoscono antigeni di membrana delle cellule tipi di immunofluorescenza. L'ii1ununofluorescenza per gli ANA è un
ematiche. Indipendentemente dal valore diagnostico e terapeutico, test sensibile (è sempre positivo nel Lß), ma aspecifico (è positivo
questi anticorpi hanno un ruolo patogenetico importante, come nel
caso della glomerulonefrite da immunocomplessi, tipica del LES.
Anticorpi antinucleo (ANA): sono diretti contro antigeni nucleari e
se ne distinguono quattro tipi:“ (l) anticorpi anti-DNA, (2) anticorpi
anti-istoni, (3) anticorpi antiribonucleoproteine (RNP, proteine non-
istoniche associate all`RNA) e (4) anticorpi antinucleolo. Nella Tabella
anche inpazienti con altre malattie autoimmuni) (si veda Tab. 6.9).
Inoltre, anche il 5-15% circa dei soggetti sani presenta ANA a basso
titolo e liincidenza aumenta con lieta. Gli anticorpi anti-DNAds egli
anticorpi contro il cosiddetto antigene Sniitli (anti-Sin) sono virtual-
mente diagnosticiper il LES.
Oltre agli ANA, i pazienti con LES presentano anche altri
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6.9 sono elencati i vari ANA associati al LES e ad altre malattie autoiin- autoanticorpi: alcuni diretti contro le cellule ematiche (eritrociti,
muni descritte più avanti. Le metodiche di uso comune per la deter- piastrine e linfociti) e altri contro proteine legate a fosfolipidi.
minazione degli ANA si basano principalmente sull'immunofluore- Negli ultimi anni i cosiddetti anticorpi antifosfolipidi sono stati
scenza indiretta, che consente di identificare anticorpi legati a vari molto studiati. Sono presenti nel 40-50% dei casi di LES e sono A

antigeni nucleari, quali DNA, RNA e proteine (detti globalmente ANA diretti contro epitopi di proteine plasmatiche (protrombina,
generici). La distribuzione della fluorescenza nucleare è indicativa del annessina V, B2-glicoproteina I, proteina S e proteina C) che
tipo di anticorpi sierici. Si riconoscono quattro tipi di colorazione: vengono esposti in seguito al legame di queste proteine ai fosfo-
lipidi.“ Gli anticorpi contro il complesso fosfolipidi ß2-glicopro-
O Fluorescenza omogenea 0 dijfusa del nucleo: generalmente indica teina reagiscono anclie con la cardiolipina usata come antigene
anticorpi anticromatina, anti-istoni e occasionalmente anti-DNA nei test sierologici per la sifilide e quindi ipazienti con LES pos-
a doppio filamento (anti-DNAds). sono mostrare una falsa sieropositività perla sifilide. Alcuni
O Fluorescenza ad anello o periferica: più frequentemente indica
anticorpi anti-DNAds.
O Fluorescenza puntiforme: puntini fluorescenti uniformi o di di-
autoanticorpi del LES interferiscono in vitro con i parametri
coagulativi (ad es. tempo di troinboplastina parziale, PTT) e
sono perciò detti anticoagulante del lupus (LAC). Tuttavia, no-
l
mensioni variabili. E una delle più comuni ed è relativamente nostante questa attività anticoagulante, alcune complicanze del
aspecifica. Indica anticorpi diretti contro costituenti nucleari LES sono associate a uno stato ipercoagulativo,“ con trombosi
diversi dal DNA (ad es. antigene Sm, ribonucleoproteina e gli
antigeni reattivi SS-A e SS-B) (si veda Tab. 6.9).
arterovenose che possono causare aborti spontanei ricorrenti e
ischemie focali cerebrali o oculari. Questo quadro clinico asso-
l
O Fluorescenza nucleolare: poche macchie fluorescenti ben distinte ciato al LES è detto sindrome secondaria da anticorpi antifosfo-
all'interno del nucleo, indica anticorpi anti-RNA. Si osserva più lipidi. La patogenesi della trombosi nel LES è sconosciuta; i il

frequentemente nei pazienti con sclerosi sistemica. meccanismi ipotizzati sono discussi nel Capitolo 4. Certi pa- il
zienti sviluppano anticorpi antifosfolipidi e la relativa sindrome
I vari aspetti della colorazione in immunofluorescenza non hanno clinica in assenza di LES; questa patologia viene definita sindro-
una specificità assoluta per un dato anticorpo e, poiché più me primaria da antifosfolipidi (Cap. 4). i

.¬ i I i i '¬*i~`›' 'till *liill-ii:

Antigene Anticorpi % positività


LES LE iatrogeno Sclerosi Sclerodermia Sindrome Miopatie
sistemica - limitata - di Sjögren infiammatorie
diffusa CREST
Vari antigeni nucleari (DNA, ANA generici >95 >95 70-90 70-90 50-80 40-60
RNA, proteine) (IF indiretta)
DNA nativo Anti-DNAds 40-60 <5 <5 <5 <5

lstoni Anti-istoni 50-70 >95 <5 <5 <5 <5

Proteine del core di piccole Anti-Sm 20-30 <5 <5 <5 <5
particelle nucleari di RNP
(antigene Smith)

RNP (U1RNP) Anti-RNP


nucleare
30-40 <5 15 10 <5 <5
l
RNP Anti-SS-A (Ro) 30-50 <5 <5 <5 70-95 10
l
RNP Anti-SS-B (La) 10-15 <5 <5 <5 60-90 <5

DNA topoisomerasi l Anti-Sci-70 <5 <5 28-70 10-18 <5 <5

Proteine centromeriche Anti-centromero <5 <5 22-36 90 <5 <5

lstidil-tRNA sintetasi Anti-Jo-1 <5 <5 <5 <5 <5 25

ANA, anticorpi antinucleo; IF, immunofluorescenza; LE, lupus eritematoso; RNP, ribonucleoproteina; LES, lupus eritematoso sistemico. I
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c u -tr a c k ..gia e patogenesi del LES dell°esposizione agli interferoni di tipo I,75 citochine antivirali c u -tr a c k

prodotte nel corso delle risposte innate antivirali. E possibile che


La causa del LES è sconosciuta, mala presenza di un numero appa- gli acidi nucleici stimolino iTLR delle cellule dendritiche, indu-
rentemente illimitato di autoanticorpi indica che il difettofondamen- cendo la produzione di interferoni; in altre parole, gli acidi nu-
tale è un deficit della tolleranza immunologica verso gli antigeni self. cleici autologhi potrebbero mimare le controparti microbiche. Il
Come per la maggior parte delle malattie autoimmuni, alla patoge- ruolo degli interferoni nel LES non è chiaro: potrebbero attivare
nesi del LES contribuiscono fattori genetici e ambientali” le cellule dendritiche e i linfociti B, inducendo risposte THI,
Fattori genetici Il LES è una malattia genetica complessa nella contribuendo alla produzione di autoanticorpi patogeni.
quale sono implicati i geni MHC e vari geni estranei all'MHC. I dati O Un°altra citochina verosimilmente implicata nell'attivazione in-
che indicano una predisposizione genetica sono: controllata dei linfociti B è BAFF, un membro della famiglia del
TNF che promuove la sopravvivenza dei linfociti B. Nei modelli
O I familiari dei pazienti hanno un rischio più elevato di sviluppare animali e in alcuni pazienti si è osservato un aumento della pro-
il LES. Fino al 20% dei familiari di primo grado clinicamente sani duzione di BAFF e sono allo studio farmaci atti a bloccare questa i
mostrano autoanticorpi e altre alterazioni immunitarie. citochina e il suo recettore che potrebbero essere impiegati nella ,.
O Il tasso di concordanza è più elevato tra i gemelli monozigotici terapia delle malattie autoimmuni.7“ i
(>20%) rispetto ai gemelli dizigotici (1-3%).
O Gli studi di associazione con determinati aplotipi HLA suggeri- Fattori ambientali. Numerosi dati suggeriscono che i fattori
scono che i geni MHC regolino la produzione di determinati ambientali o non genetici siano implicati nella patogenesi del LES.
autoanticorpi. Alcuni alleli HLA-DQ sono stati associati alla Llesposizione alla luce ultravioletta (UV) aggrava la malattia in molti
produzione di anticorpi aiiti-DNAds, aiiti-Sin e antifosfolipidi, pazienti. Liirradiazione ultravioletta può indurre apoptosi e alterare
anche se il rischio relativo è basso. il DNA rendendolo immunogeno, probabilmente aumentandone
O Alcuni pazienti con LES (6% circa) hanno un deficit congenito l'affinità per i TLR.77 La luce ultravioletta, inoltre, può modulare la
delle prime componenti della cascata del complemento, quali C2, risposta immunitaria, ad esempio stimolando i cheratinociti a pro- l
C4 o Clq. La carenza di complemento può compromettere la durre IL-I, una citochina proinfiammatoria. Gli ormoni sessuali
rimozione degli immunocomplessi circolanti da parte dei fagociti sembrano influire notevolmente sull”insorgenza e sul quadro clinico
mononucleati, favorendone l'accumulo nei tessuti. I topi transge- del LES; nelle donne in età fertile la frequenza del LES è 10 volte
nici knockout con deficit di C4 o di alcuni recettori del comple- superiore rispetto agli uomini di età fra 17 e 55 anni e le riacutizza-
mento tendono a sviluppare un`autoimmunità simile al lupus. zioni sono più frequenti durante il ciclo mestruale e in gravidanza.
Sono stati ipotizzati vari meccanismi, quali la mancata rimozione Infine anche ifarmaci come liidralazina, la procainainide ela peni-
degli immunocomplessi e la perdita di tolleranza dei linfociti B. cillamina-D possono causare reazioni simili al LES nell'uomo.7`“ l
E stato anche ipotizzato che la carenza di Clq causi un deficit Modello di patogenesi del LES. Le anomalie immunologiche
nella rimozione delle cellule apoptotiche da parte dei fagociti.7° del LES - ipotetiche e documentate - sono altrettanto varie e com-
Ogni giorno numerose cellule dell'organismo vanno fisiologica- plesse del quadro clinico (discusso più avanti). Ciò nondimeno,
mente in apoptosi, se però queste cellule non vengono rimosse cercheremo di sintetizzare i dati recenti formulando uniipotesi pa-
rapidamente le loro componenti nucleari possono diventare togenetica (Fig. 6.27). L°irradiazione UV e altri fattori ambientali
immunogene. causano apoptosi cellulare e il deficit nella rimozione dei nuclei
O Nei modelli animali di LES, sono stati identificati vari geni pre- apoptotici genererebbe un sovraccarico di antigeni nucleari.79 A loro
disponenti estranei all°MI-IC. Il modello animale più studiato è volta, anomalie congenite dei linfociti B e T interferirebbero con la
il ceppo murino F, (NZBXNZW), in varianti di questo ceppo, si tolleranza immunologica promuovendo la sopravvivenza e l'attiva-
sono identificati fino a 20 loci associati alla malattia." zione di linfociti autoreattivi che, stimolati dagli antigeni self nucle-
ari, produrrebbero autoanticorpi antinucleo. Gli immunocomplessi
Fattori immunologici. Studi recenti clinici e preclinici stanno cosi formati si legherebbero ai recettori Fc dei linfociti B e delle
rivelando varie aberrazioni immunologiche che nell'insieme posso- cellule dendritiche e verrebbero internalizzati. Gli acidi nucleici
no causare l”attivazione incontrollata e la persistenza di linfociti derivati dai nuclei apoptotici, inoltre, legandosi ai TLR, stiinolereb-
autoreattivi. bero i linfociti B a produrre autoanticorpi e le cellule dendritiche a
produrre interferoni e altre citochine, potenziando ulteriormente la r

O I deficit di eliminazione dei linfociti B autoreattivi nel midollo risposta autoimmune e liapoptosi. Il risultato sarebbe un circolo
osseo e i deficit della tolleranza periferica riducono la tolleranza vizioso in cui gli antigeni rilasciati dalle cellule apoptotiche attivano
dei linfociti B agli antigeni self” la risposta autoimmune con produzione di autoanticorpi ad alta
O I dati sperimentali dei modelli animali e di alcuni pazienti con aflinità.
LES indicano che anche i linfociti Tl1elperCD4+ autoreattivi ad Meccanismi della lesione tissutale. Indipendentemente dal
antigeni self nucleosomiali evadono la tolleranza, contribuendo processo di formazione, gli autoanticorpi sono senza dubbio i me-
alla produzione di autoanticorpi patogeni ad alta aflìnitàfš diatori delle lesioni tissutali. Le lesioni viscerali sono causate princi-
O Il DNA nucleare e l'RNA presenti negli immunocomplessi pos- palmente dagli immunocomplessi (ipersensibilità tipo III). Ne sono la
sono attivare i linfociti B attraverso i TLR, che normalmente prova la presenza di immunocomplessi DNA-anti-DNA nei glome-
fungono da sensori dei prodotti microbici, compresi gli acidi ruli e nel microcircolo, la riduzione dei livelli sierici di complemento
nucleici. In tal modo i linfociti B reattivi contro gli antigeni self (secondaria al consumo del complemento attivato dagli immuno-
nucleari possono ricevere segnali accessori dai TLR e venire at- complessi) e la presenza di depositi granulari di complemento e
tivati, aumentando la produzione di autoanticorpi." immunoglobuline nei glomeruli renali. Altri autoanticorpi, inoltre,
O Studi clinici recenti hanno rivelato l'esistenza nei linfociti peri- opsonizzano gli eritrociti, i leucociti e le piastrine promuovendone la
ferici dei pazienti con LES dei segni molecolari distintivi fagocitosi e la lisi. Non ci sono prove che gli ANA, implicati nella

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Geni Fattori scatenanti
predisponenti esterni (ad es. UV) Morfologia Le alterazioni morfologiche del LES sono molto
varie, come la clinica e il decorso dalla malattia. La costella-
9
zione deí segni clinici, sierologici e istologici è essenziale per
Mancato sviluppo della Q Q' _ la diagnosi (si veda Tab. 6.8). Il coinvolgimento dei vari organi
tolleranza agli antigeni self _, APOPIOSI è riportato nellaTabella 6.10. Le lesioni tipiche sono causate
o @O dall'accumulo di immunocomplessi nei vasi, nel rene, nel
: e°o connettivo e nella cute.
i

io
Eliminazione La vasculite acuta necrotizzante dei capillari, delle piccole
incompleta dei arterie e arteriole può colpire tutti i tessuti." L'arterite è
corpi apoptotici l
caratterizzata da depositi fibrinoidi nella parete dei vasi. I
Linfociti B e T specifici o Ø@ Nelle fasi avanzate, i vasi vanno incontro a sclerosi e si

l
per antigeni self nucleari 0 Q 9 0
obliterano.
Aumentato carico
di antigeni nucleari Rene La glomerulonefrite del lupus colpisce fino al 50% dei
pazienti. ll meccanismo patogenetico principale è la deposi-
zione di immunocomplessi nelle membrane basali dei capil-
H Anticorpo antinucleo, lari glomerulari, tubulari e peritubulari e dei vasi più grandi.

-gf
f
\:E0 complessi
antigene-anticorpo
Altre lesioni riscontrate sono la trombizzazione dei capillari
glomerulari, delle arterie e arteriole, spesso associata alla
presenza di anticorpi antifosfolipidi. i
if
Tutte le lesioni glomerulari sono causate dagli immunocom-
Endocitosi degli immunocomplessi
contenenti DNA nucleare plessi, costantemente presenti nel mesangìo, lungo le l
membrane basali e a volte in tutto il glomerulo. Gli immu- l
I
nocomplessi sono formati da DNA e da anticorpi anti-DNA,
ll DNA attiva
i TLR ma anche da altri antigeni come gli istoni. Alle lesioni con-
tribuiscono sia gli immunocomplessi formatisi in situ che
l
I segnali dei TLR l'accumulo di immunocomplessi preformati circolanti, ma la
attivati stimolano causa della variabilità del quadro istologico (e clinico) della
ilinfociti Be le Dc < J nefrite resta ancora da chiarire. fi
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Produzione persistente dl “P0 l
di livelli elevati _;-'vir-.ivirr:il;;':'.i.c,;.:.i'..;.:.\'.:;,;~;ir; . , r .;1; ,;ii.ir.i,-._›.i..;,i;:;:;..':;;:;:_
di IgG antinucleo
Quadro clinico Incidenza (%)'
. il :i ni/\. 4; Lf/ Patogenesi del LES. lleffetto sinergico dei geni predispo- Ematologíco 100
nenti che interferiscono con la tolleranza immunologica agli antigeni self e
gli stimoli esterni che causano I'esposizione persistente agli antigeni nu- Artrite 80-90
cleari scatenerebbe la risposta anticorpale contro gli antigeni self nucleari.
La risposta anticorpale verrebbe amplificata dalleftetto degli acidi nucleici Cutaneo 85
sulle cellule dendritiche (DC) e sui linfociti B e dalla produzione di interferoni
di tipo 1. FtecettoriToll-simili. Febbre 55-85

Astenia 80-100

Calo ponderale 60
formazione degli immunocomplessi, possano penetrare nelle cellule
intatte. Se però i nuclei vengono esposti gli ANA possono legarsi a Renale 50-70

l
essi. Nei tessuti, i nuclei delle cellule danneggiate reagiscono con gli
Neuropsichiatrico 25-35
ANA, perdono la struttura cromatinica e diventano omogenei, ge-
nerando i cosiddetti corpi LE o corpi ematossilinici. Un fenomeno Pleuríte 45
analogo è rappresentato dalle cellule LE, visibili quando il sangue
viene agitato in vitro. La cellula LE è un qualsiasi fagocita leucoci- Mialgie 35
tario (neutrofilo 0 macrofago) che ha internalizzato il nucleo di una Pericardite 25
cellula danneggiata. Un tempo la dimostrazione di cellule LE in vitro
era un test diagnostico per il LES. Con l'introduzione delliimmuno- Gastrointestinale 20
fluorescenza per la ricerca degli ANA ora il test ha solo un interesse
Fenomeno Raynaud 15-40
storico. Le cellule LE a volte si osservano anche nei versamenti pe-
ricardici e pleurici dei pazienti con LES. Oculare 15
In sintesi, il LES è un disordine complesso, di natura multifattoriale,
causato dall'interazione tra fattori genetici, ormonali e ambientali che Neuropatia periferica 15
attivano ilinfociti B e Tlielpei; inducendo la produzione di varie specie 'Le percentuali sono approssimative e possono variare con l'età, la razza e
i
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di autoanticorpi patogeni. altri fattori. i

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glomerulo_ sono presenti
_ due lesioni focali necrotizzanti indicate dalle frecce ~ noti la marcata ipercellularita estesa a tutto il glomerulo. (Per gentile
lpëi gentile COHCBSSIOHG del DI- l'l€lmUì R900l<€, Delfifiitmefli Oi PE-1il10l0QVi concessione del Dr. Helmut Flennke, Department of Pathology, Brigham i
i
Brigham and Womens Hospital, Boston, MA) and Womens Hospital, Boston, l\/IA)

La classificazione istologica della nefrite si è rivelata clinica- indístinguíbili; la differenza riguarda solo la percentuale di
mente utíle.8' Si distinguono cinque tipi: mesangiale minima glomeruli coinvolti (<50% per il grado lll vs >50% per il I

(grado l); mesangioproliferativa (grado ll); proliferativa focale grado IV). I pazienti con glomerulonefrite diffusa sono ge-
(grado lll); proliferativa diffusa (grado IV); e membranosa neralmente sintomatici, con ematuria e proteinuria. Sono
(grado V). Nessun quadro è specifico del lupus. frequenti I'ipertensione e un certo grado di insufficienza
Glomerulonefrite mesangiale del lupus Si osserva nel 10- renale, da lieve a grave.
25% dei pazienti ed è caratterizzata dalla deposizione mesan- Glomerulonefrite membranosa (grado V) È caratterizzata da
giale di immunocomplessi e dalla proliferazione delle cellule ispessimento diffuso delle pareti capillari, analogamente alla
mesangiali, i capillari glomerulari sono indenni. L'aumento glomerulonefrite membranosa idiopatica descritta nel Cap. 20. 1
della matrice mesangiale e l'iperplasia mesangiale possono Si osserva nel 10-15% dei pazienti con nefrite lupica, general-
essere assenti o scarsi (grado I) o moderati (grado ll). Nel mente si accompagna a grave proteinuria e sindrome nefro-
mesangio sono sempre presenti depositi granulari di immu- síca e può essere associata a nefrite lupica focale o diffusa.
noglobuline. Le gomerulonefriti di grado Ill-V, descritte più L'immunofluorescenza mostra depositi granulari di anticorpi i
I

avanti, sono associate ad alterazioni mesangiali di vario e complemento (Fig. 6.30). Al microscopio elettronico sono
grado. visibili depositi elettrondensi di immunocomplessi in sede
Glomerulonefrite proliferativa focale (grado Ill) Si osserva
nel 20-35% dei pazienti. La glomerulonefrite è detta focale
quando interessa meno del 50% dei glomeruli. Le lesioni
possono essere segmentali (solo parte del glomerulo) o
globali (intero glomerulo). Nei glomeruli interessati si osser-
vano: semilune epiteliali necrosi fibrinoide, proliferazione
endoteliale e mesangiale, infiltrati leucocitari, depositi eosi-
nofíli e trombi intracapillari (Fig. 6.28), spesso correlati a
ematuria e proteinuria. Alcuni pazienti sviluppano una glo-
merulonefrite proliferativa diffusa. Le lesioni infiammatorie
attive (0 proliferative) possono guarire completamente o
evolvere verso la glomerulosclerosi cronica segmentale o
globale.
Glomerulonefrite proliferativa diffusa (grado IV) È la forma
più grave e si osserva nel 35-60% dei pazienti. ll quadro
istologico glomerulare può essere identico alla glomerulo-
nefrite proliferativa focale (grado Ill), con proliferazione
endoteliale, mesangiale e talora epiteliale (Fig. 6.29) e for-
mazione di semilune epiteliali che obliterano lo spazio di
Bowman (Cap. 20). Spesso l'intero glomerulo è interessato,
ma le lesioni possono anche essere segmentali. Dal punto ` * ~; «_ 1.. ¬ Depositi diimmunocomplessi nel LES. immunofluorescen-
di vista istologico, le lesioni glomerulari, sia acute (infiam- za di un glomerulo di un paziente con glomerulonefrite lupica proliferativa
mazione) che croniche (fibrosi), della glomerulonefrite diffusa ottenuta con anticorpi fluorescenti anti-IgG. Si notino i depositi di
IgG nel mesangio e nella parete dei capillari. (Per gentile concessione del
proliferativa focale e diffusa sono qualitativamente Dr. .Jean Olson, Department of Pathology, University of California San
Francisco, San Francisco, CA) Ii
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mesangiale, intramembranosa, subepiteliale o subendote-
Iiale. I depositi mesangiali sono sempre presenti nella ` ff' 'T ` iaia./_(
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glomerulonefrite di qualsiasi grado. Nella nefrite lupica mem- I
branosa, i depositi sono prevalentemente subepiteliali (tra E \;", ._ " .5/ -<:-:_ †»- 'I tr ›-___~<'\..A.'S- ~\ .(« _ r \.- .
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la membrana basale e l'epitelio del foglietto viscerale della
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capsula di Bowman). I depositi subendoteliali (tra I'endoteIio K _,“.À- ,Ag -.FV -›..¢~`
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ela membrana basale) sono generalmente tipici delle nefriti À, E /I ,:/i


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proliferative (gradi III e IV), main rari casi si osservano anche ¬.
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nella nefrite lupica di grado I, Il eV (Fig. 6.31). Quando sono L* »_¢›- _ _.


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molto abbondanti, i depositi subendoteliali causano un ispes-
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simento omogeneo della parete dei capillari, e al microscopio
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ottico queste lesioni sono visibili come "anse a fil di ferro” I I

(Fig. 6.32). Queste anse a til di ferro si riscontrano spesso › 1.


nella nefrite lupica proliferativa sia focale che diffusa (grado
III o IV) e sono indice di malattia attiva. I-IGIJR/\ (3.32 Nefrite lupica. E mostrato un glomerulo con varie lesioni
Le alterazioni interstiziali e tubulari sono frequenti nella “a fil di ferro” indicative di estesi depositi subendoteliali di immunocom-
plessi. (Colorazione con acido periodico secondo Schiff IPASI). (Per gentile
nefrite lupica e in rari casi sono la caratteristica istologica concessione del Dr. Helmut Rennke, Department of Pathology, Brigham
dominante. In molti pazienti con nefrite lupica, le membrane and Womens Hospital, Boston, l\/IA) ,_
basali dei capillari tubulari e peritubulari presentano depositi ti
di immunocomplessi simili a quelli glomerulari.
Cute Il caratteristico eritema "a farfaIIa" (o malare), della .
radice del naso e delle guance, è presente nel 50% circa dei l
pazienti, ma eritemi simili si possono presentare anche alle Articolazioni Contrariamente aIl'artrite reumatoide, le arti-
estremità e sul tronco. A livello cutaneo si possono osservare colazioni colpite presentano una tipica sierosite non erosiva,
anche: orticaria, vescicole, maculopapule e ulcere. L'esposì- con deformità minime.
zione alla luce solare scatena o aggrava |'eritema. All'esame Sistema nervoso centrale La patogenesi dei sintomi neuro-
istologico, le aree interessate presentano: degenerazione logici centrali non è chiara, ma sono stati implicati anticorpi
vacuolare dello strato basale deII'epìdermide (Fig. 6.33 A); diretti contro una proteina delle membrane sinaptiche.82'83 I
edema variabile del derma con infiammazione perivascolare; sintomi neuropsichiatrici del LES sono stati spesso attribuiti
I
talora associati a grave vasculite e necrosi fibrinoide. a vasculite acuta, ma I'esame istologico del sistema nervoso
L'immunofluorescenza mostra depositi di immunoglobuline di questi pazienti ha mostrato chela vasculite significativa è
e complemento lungo la giunzione dermoepidermica rara. AI contrario, a volte si osserva l'obIiterazione non in-
(Fig. 6.33 B), che possono interessare anche la cute sana. fiammatoria dei piccoli vasi in seguito a proliferazione ne-
Questo aspetto non è patognomonico del LES, ma si può ointimale, forse scatenata da lesioni endoteliali da anticorpi
osservare anche nella sclerodermia e nella dermatomíosite. antifosfolipidi.
Pericardite e altre sierositi La sierosite può essere acuta,
subacuta o cronica. Nella fase acuta, le superfici mesoteliali
.gn ,-rw sono talvolta ricoperte da essudato fibrinoso. In seguito si
ispessiscono, diventano opache e si rivestono di un tessuto
fibroso grossolano che oblitera parzialmente o completa-
mente la cavità sierosa.
Sistema cardiocircolatorio La flogosi può danneggiare sia il
miocardio che I'endocardio oil pericardio” La pericardite
sintomatica o asintomatica è presente fino al 50% dei pazien-
ti. La miocardite, o un infiltrato di cellule mononucleate, è f
meno comune e può causare tachicardia a riposo e altera-
zioni elettrocardiografíche La flogosi valvolare, che colpisce
principalmente le valvole aortiche ela mitrale, è caratterizzata
da ispessimenti diffusi dei foglietti che possono causare di-
sfunzione (stenosi e/o rigurgito). L'endocardite valvolare
r--_,
(endocardite di Libman-Sacks) era più frequente prima della
diffusione della terapia steroidea. È un'endocardite vemicosa
non batterica, con lesioni verrucose di 1-3 mm, singole o
2 1f;iIli.^_i\1_1è= Depositi di immunocomplessi nel lupus eritematoso siste- multiple, che possono interessare qualsiasi valvola e si loca-
mico (LES). Immagine al microscopio elettronico di un capillare glomerulare Iizzano tipicamente su una delle due facce dei foglietti val-
di un paziente con nefrite lupica che mostra depositi densi subendoteliali volari (Fig. 6.34)_AI confronto, le vegetazioni deIl'endocardite
corrispondenti alle anse “a fil di ferro" osservate al microscopio ottico. I infettiva sono notevolmente più grandi mentre quelle della
depositi sono presenti anche nel mesangio. B, membrana basale; End,
endotelio; Ep, epitelio; RBC, eritrocita; US, spazio urinario (Per gentile cardiopatia reumatica (Cap. 12) sono più piccole e limitate
concessione del Dr. Edwin Eigenbrodt, Department of Pathology, University alla rima di chiusura dei lembi valvolari.
of Texas Southvvestern Medical School, Dallas, TX)

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Un numero crescente di pazienti sviluppa una coronaropatia


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sintomatica (angina, infarto miocardico) dovuta ad ateroscle-
'f Y, -f , ~ V'-` *.'*3,7.'~"`¬ rosi coronarica.Tale complicanza colpisce soprattutto i pa- l
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'°'r'i"«. zienti giovani con malattia di lunga data, specie se trattati
c°år`_ _ -› b~ - con steroidi. La patogenesi di questa coronaropatia atero-
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.T 9 sclerotica accelerata non è chiara, ma è probabilmente mul-
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gli anticorpi antifosfolipidi possono causare un danno endo-
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"u \ \ Q ' I 'Q "›` teliale, promuovendo l'aterosclerosi. r


¢`- a- _` Q 1 U « ' -9 ? . 0
A' _; o~ ° ` - \ I I v ' ° ; Milza La splenomegalia, con ispessimento capsulare e iper-
- É '›n.¬ O . É ` ` ' ` " ü plasia follicolare, è comune. Le arterie penicillari centrali i
possono presentare iperplasia concentrica dell'intima e delle
cellule muscolari lisce, responsabili delle cosiddette lesioni
"a bulbo di cipolla'.'
Polmoni La pleurite e i versamenti pleurici sono le manife-
stazioni polmonari più frequenti e si osservano in quasi il
50% dei pazienti. Le lesioni alveolari con edema ed emorragia
sono più rare. In alcuni casi si sviluppa una fibrosi intersti-
ziale cronica con ipertensione polmonare secondaria. Nes-
suna di queste patologie è specifica del LES.
Altri organíe tessuti La presenza di corpi LE, o corpi ema-
tossilinici, nel midollo osseo o in altri organi è fortemente
indicativa di LES. I linfonodi possono acquisire un volume
maggiore con iperplasia dei follicoli e talora vi può essere
5 lt il Jtd:/\ l›_f1';= Lupus eritematoso sistemico cutaneo. A. Sezione colorata linfoadenite necrotizzante.
con ematossilina eosina che mostra necrosi colliquativa dello strato basale
dell'epidermide ed edema della giunzione dermoepidermica. (Per gentile
concessione del Dr, Jag Bhavvan, Boston University School di Medicine, I
Boston, l\/lA) B. l_'immunofluorescenza con anticorpi anti-IgG mostra depo- Caratteristiche cliniche. Il LES è una malattia multisistemíca
siti di IgG lungo la giunzione dermoepidermica. (Per gentile concessione con un quadro clinico molto variabile. Il paziente tipico è una giovane
del Dr. Richard Sontheimer, Department of Dermatology, University ofTe><as
Southwestern Medical School, DalIas,TX) donna con alcune, non necessariamente tutte, le seguenti caratteri-
l
stiche: eritema a farfalla del volto, febbre, dolore articolare senza i

deformità che interessa una 0 più articolazioni periferiche (piedi,


caviglie, ginocchia, anche, dita, polsi, gomiti, spalle), dolore toracico
di tipo pleuritico e fotosensibilità. In molti pazienti, tuttavia, il qua-
dro clinico è subdolo ed enigmatico e può presentarsi come malattia
febbrile dbrigine sconosciuta, come reperti urinari anomali o disturbi
articolari che simulano l”artrite reumatoide o la febbre reumatica.
di *Q
Virtualmente il 100% dei pazienti sono ANA-positivi, ma si tratta di
un dato aspecifico (si veda Tab. 6.9). Vari segni clinici sono indicativi
di interessamento renale: l'ematuria, i cilindri eritrocitari, la protei-
\ «i nuria e, in alcuni casi, la classica sindrome nefrosica (Cap. 20). Quasi
tutti i pazienti presentano alterazioni ematologiche, ma in alcuni casi
l'anemia e la trombocitopenia possono essere le manifestazioni di

rt 10',
esordio e il problema clinico dominante. In altri casi ancora, il pro-
blema clinico dominante sono i disturbi mentali (psicosi e convul-
sioni) o la coronaropatia. I pazienti con LES sono anche predisposti
alle infezioni, probabilmente a causa della disfunzione immunitaria
di base e della terapia immunosoppressiva.

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Il decorso della malattia è variabile e imprevedibile. In rari casi il


decorso è iperacuto e fatale in settimane o mesi. Più spesso, con una
terapia appropriata, la malattia ha un andamento altalenante, con
riacutizzazioni e remissioni, e può protrarsi per anni e addirittura
decenni. Nelle riacutizzazioni, l°accumulo di immunocomplessi che
attivano il complemento provoca ipocomplementemia. La terapia delle
riacutizzazioni si basa generalmente su steroidi e immunosoppressori.
liti. ll. l t fi..'ìtí Endocardite di Libman-Sacks della valvola mitralica nel LES.
In alcuni casi, la malattia ha un decorso benigno per anni, anche senza
Le frecce indicano le vegetazioni attaccate al margine del lembo valvolare
ispessito. (Per gentile concessione del Dr. Fred Schoen, Department of terapia, con manifestazioni cutanee e lieve ematuria. La prognosi è
Pathology, Brigham and Women's Hospital, Boston, l\/IA) molto migliorata ela sopravvivenza a 5 anni è del 90% circa e dell'80%
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anni. Le cause di morte più comuni sono l'insuflicienza renale e le isolata (forma primaria), detta anche sindrome secca, ma più In
infezioni intercorrenti. La coronaropatia sta diventando un”altra im- quentemente è associata a un°altra patologia autoimmune (forma
portante causa di morte. I pazienti trattati con steroidi e immunosop- secondaria). L`associazione più frequente è con l°artrite reumatoide,
pressori vanno incontro ai rischi tipici di tali trattamenti. ma la SS può anche associarsi a LES, polimiosite, sclerodermia,
Come già ricordato, llinteressamento cutaneo e multisistemico vasculite, connettivite mista e tiroidite.
sono comuni nel LES. Nei paragrafi seguenti descriveremo due
sindromi con interessamento cutaneo esclusivo o prevalente.
Eziologia e patogenesi i
Lupus eritematoso discoide cronico. Il lupus eritematoso di- v
scoide cronico è una malattia con segni cutanei che mimano il LES, La tipica riduzione della secrezione lacrimale e salivare (sindrome
ma in cui le manifestazioni sistemiche sono rare” Il quadro clinico secca) è causata dallinfiltrazione linfocitaria e dalla fibrosi delle
è caratterizzato da placche cutanee atrofiche, con edema variabile, ghiandole lacrimali e salivari.“"“7 L”infiltrato è formato prevalen-
eritema, desquamazione e occlusione follicolare, delimitate da un temente da linfociti T helper CD4+ attivati e da alcuni linfociti B,
margine eritematoso rilevato. Le lesioni si localizzano generalmente comprese le plasmacellule. Circa il 75% dei pazienti è positivo per
al volto e sul cuoio capelluto, ma talora possono essere disseminate. il fattore reumatoide (un anticorpo anti-IgG autologhe), indipen-
La malattia è generalmente limitata alla cute, ma nel 5- 10% dei casi dentemente dalla presenza di artri'te reumatoide concomitante. Il
cronici si sviluppano manifestazioni multisistemiche. D°altra parte, 50-80% dei pazienti è ANA-positivo. Sono stati inoltre identificati
nel LES alcuni pazienti possono presentare prevalentemente lesioni vari altri autoanticorpi organo-specifici e non. I più importanti
cutanee discoidi. Il 35% circa dei pazienti è ANA-positivo, ma gli sono gli autoanticorpi anti-SS-A (Ro) e anti-SSB (La), diretti con-
anticorpi anti-DNAds sono rari. Llimmunofluorescenza della cute tro due antigeni ribonucleoproteici (si veda Tab. 6.9), riscontrabili
mostra i tipici depositi di immunoglobuline e C3 in corrispondenza nel 90% dei pazienti con tecniche sensibili e considerati marcatori
sierologici della malattia. I pazienti con anticorpi anti-SS-A ad alto
della giunzione dermoepidermica, come nel LES.
Lupus eritematoso cutaneo subacuto. Anche questa patologia
interessa prevalentemente la cute e si differenzia dal lupus discoide
titolo sono a rischio di esordio precoce, decorso più prolungato e
manifestazioni extraghiandolari (ad es. vasculite cutanea e
l
per alcuni criteri. L”eritema è tendenzialmente diffuso, superficiale nefrite)."`Z Questi autoanticorpi sono presenti anche in una piccola
e non cicatriziale, anche se in alcuni casi si possono sviluppare le- percentuale di pazienti con LES quindi non sono diagnostici per
sioni cicatriziali. Nella maggior parte dei casi sono presenti sintomi la sindrome di Sjögren.
sistemici lievi compatibili con LES. Cè una forte associazione con Come per le altre malattie autoimmuni, anche per la SS esiste
gli anticorpi anti-SS-A e con il genotipo HLA-DR3. Quindi, il lupus unlassociazione, benché debole, con alcuni alleli HLA. Gli studi di
eritematoso cutaneo subacuta sembra riunire un gruppo di patologie epidemiologia genetica che hanno coinvolto soggetti di razza bianca
intermedie tra il LES e il lupus eritematoso cutaneo. e di razza nera, suggeriscono un'associazione della forma primaria I
con gli alleli HLA-B8, HLA-DR3 e DRW52 e con i loci HLA-DQAI
e HLA-DQB1; nei pazienti con anticorpi anti-SS-A o anti-SS-B sono
LES iatrogeno l
frequenti gli alleli HLA-DQAI e HLA-DQB1. Questi dati sembrano
E
Vari farmaci, quali idralazina, procainamide, isoniazide, penicillina indicare, come nel caso del LES, che alcuni alleli MHC-II predispon- lÂ

D e altri, possono causare una sindrome lupica iatrogena.7“ Molti di gono allo sviluppo di particolari autoanticorpi.
questi farmaci inducono la formazione di ANA, ma la maggior parte L`eziopatogenesi della SS è oscura, ma sono implicate l'attiva-
dei pazienti è asintomatica. Ad esempio, l°80% dei pazienti trattati zione aberrante dei linfociti B e T. L”evento scatenante potrebbe
con procainamide è ANA-positivo, ma solo un terzo sviluppa ar- essere un'infezione virale delle ghiandole salivari che causerebbe
tralgie, febbre e sierositi. Vari organi possono essere colpiti, ma l'in- localmente apoptosi, inducendo il rilascio di antigeni self tissutali.
feressnmento renale e nervoso è raro. La malattia differisce dal LES Nei soggetti geneticamente predisposti, i linfociti T CD4+ e B
classico dal punto di vista genetico e sierologico. Gli anticorpi anti- specifici per questi antigeni self potrebbero evadere la tolleranza
DNAds sono rari mentre sonofrequenti gli anticorpi anti-istone. I immunitaria, attivandosi e scatenando la flogosi, le lesioni tissutali
soggetti con genotipo HLA-DR4 hanno un rischio più elevato di e infine la fibrosi. L'antigene/gli antigeni self riconosciuto/i da
sviluppare il LES se trattati con idralazina. La malattia è reversibile questi linfociti non è stato ancora identificato; un candidato è
con la sospensione del farmaco. l'oi-fodrina, una proteina citoscheletrica, ma il suo ruolo patoge-
i
netico non è chiaro” Anche le infezioni virali che potrebbero i
fungere da fattore scatenante non sono state identificate, ma tra i
ARTRITE REUNIATOIDE
sospetti ci sono i soliti responsabili delle patologie infiammatorie
L'artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica che inte- croniche: il virus di Epstein-Barr e il virus dell'epatite CJ” In una
ressa principalmente le articolazioni, ma può coinvolgere anche piccola percentuale di pazienti, anche l”infezione da retrovirus
tessuti extrarticolari come cute, vasi, polmoni e cuore. Numerosi umano T-linfotropico di tipo 1 (HTLV-1) causa un quadro clini-
dati suggeriscono una patogenesi autoimmune. Le manifestazioni copatologico identico alla SS.
principali sono a carico delle articolazioni e quindi la malattia è
trattata nel Capitolo 26.
Morfologia Le ghiandole lacrimali e salivari sono i bersagli
principali della malattia, ma possono essere colpite anche
simpnoivirs DI ssöenem altre ghiandole esocrine, come quelle annesse agli apparati
La sindrome di Sjögren (SS) è una malattia cronica caratterizzata da respiratorio e gastroenterico e alla vagina. Nelle ghiandole
secchezza oculare (clieratocongiuntivite secca) e del cavo orale (xero- salivari maggiori e minori, il reperto istologico più precoce
stomia), dovuta alla distruzione con meccanismo autoimmune delle è l'ìnfi|trazione linfocitaria periduttale e perivasale. L'infiltrato
ghiandole lacrimali e salivari. Può presentarsi come una patologia

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i=ltj;Ult/\ cgil; Sindrome di Sjögren. A. Tumefazione della ghiandola salivare. (Per gentile concessione del Dr. Richard Sontheimer, Department of Derma-
tology, University of Texas Southwestern Medical School, Dallas, TX) B. Ghiandola salivare con intenso infiltrato linfocitario e plasmacellulare e iperplasia
dell'epitelio duttale. (Per gentile concessione del Dr. Dennis Burns, Department of Pathology, University ofTexas Southwestern Medical School, DalIas,TX)

La flogosi combinata delle ghiandole lacrimali e salivari viene detta i


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linfocitario si fa esteso (Fig. 6.35) e nelle ghiandole salivari sindrome di Mikulicz, una definizione che comprende le tumefazioni ›

maggiori si possono osservare veri e propri follicoli linfatici lacrimali e salivari di qualsiasi natura (tra cui sarcoidosi, leucemia,
con centri germinativi. l_'epitelio duttale può andare incontro linfomi e altri tumori). Per questo la biopsia del labbro (per esaminare
a iperplasia, con obliterazione dei dotti. Con il progredire le ghiandole salivari minori) è essenziale per la diagnosi di SS.
della malattia gli acini ghiandolari vanno incontro ad atrofia, Nei pazienti con SS vi è spesso iperplasia dei linfonodi, ma le
fibrosi e ialinizzazione; e nelle fasi più avanzate il parenchima risposte linfocitarie più intense si osservano nei tessuti bersaglio
atrofico è sostituito da tessuto adiposo. ln certi casi l'infiltrato della reazione autoimmune, soprattutto le ghiandole salivari e l
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linfoide può essere così sviluppato da avere l'apparenza di lacrimali. Alllinizio della malattia l°infiltrato è costituito da una I

un linfoma. ln realtà questi pazienti sono ad alto rischio di popolazione policlonale di linfociti B e T; ma con la progressione
linfomi a cellule B ela valutazione molecolare della clonalità inesorabile della malattia c'è una forte tendenza alfemergenza di
può rendersi necessaria per distinguere la flogosi reattiva popolazioni monoclonali di linfociti B che acquisiscono un vantag-
gio proliferativo, presumibilmente grazie alllinsorgenza di mutazioni
l
cronica intensa da un linfoma in fase iniziale.
La carenza di lacrime causa secchezza dell'epitelio corneale somatiche. L'emergenza di un clone dominante di linfociti B indica
che va incontro a flogosi, erosione e ulcerazione; anche la generalmente lo sviluppo di un linfoma della zona marginale, un
mucosa orale si può atrofizzare, con formazione di ragadi e tipico tumore dei linfociti B che spesso si sviluppa nelle flogosi
ulcere infiammatorie; e la secchezza e la formazione di croste croniche a prevalente componente linfocitaria. Circa il 5% dei pa-
nasali possono causare ulcere e perfino perforazione del zienti con SS sviluppa il linfoma, un”incidenza 40 volte superiore
setto nasale. alla popolazione generale. Anche altre malattie autoimmuni (ad es.
tiroidite di Hashimoto) si associano a un rischio elevato di linfomi
della zona marginale (Cap. 13).
Caratteristiche cliniche. La SS colpisce soprattutto donne an-
1
ziane, tra i 50-60 anni. I sintomi sono dovuti alla distruzione SCLEROSI SISTEMICA (SCLERODERMIA) l

infiammatoria delle ghiandole esocrine. La cheratocongiuntivite


causa annebbiamento della vista, bruciore, prurito e accumulo di La sclerosi sistemica è una malattia cronica caratterizzata da: (1)
secreto denso nel sacco congiuntivale. La xerostomia provoca diffi- flogosi cronica presuiniln`lmente di origine autoimmune, (2) microan-
coltà nella deglutizione dei cibi solidi, riduzione della sensibilità giopatia difiusa e (3)fibrosi interstiziale e perívasale progressiva, della
gustativa, ragadi, screpolature e secchezza della mucosa orale. La cute e di vari organi.°° Il termine sclerodermia è di uso comune nella
parotide è aumentata di volume nella metà dei pazienti; altri sintomi pratica clinica, ma la definizione esatta è sclerosi sistemica dato che
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sono la secchezza della mucosa nasale, epistassi, bronchiti ricorrenti la malattia è caratterizzata da un processo fibrotico che interessa
e polmoniti. Le manifestazioni extraghiandolari, che si osservano tutto liorganismo. La cute è llorgano più colpito, ma sono frequente-
in un terzo dei pazienti, comprendono sinoviti, fibrosi polmonare mente interessati anche Fapparato gastroenterico, i reni, il cuore,
diffusa e neuropatia periferica e sono più comuni in presenza di i muscoli e i polmoni. In alcuni pazienti, la malattia rimane per molti
anticorpi anti-SS-A ad alto titolo. Contrariamente al LES, nella SS anni apparentemente limitata alla cute, ma nella maggioranza dei
le lesioni glomerulari sono estremamente rare. Le disfunzioni tubu- casi progredisce estendendosi agli organi viscerali fino alla morte i.
lari come l'acidosi tubulare renale, uricosuria e fosfaturia, sono però per insufficienza renale, scompenso cardiaco, insuflìcienza respira- l
frequenti e si associano ai segni istologici di nefrite tubulointersti- toria o malassorbimento intestinale. Il quadro clinico della sclerosi
sistemica è molto eterogeneo e si distinguono due forme principali: l
ziale (Cap. 20). Circa il 60% dei pazienti ha unlaltra malattia autoim- l
mune concomitante, come Ilartrite reumatoide, e questi pazienti (1) la sclerodermia difiusa, con coinvolgimento cutaneo diffuso fin
hanno generalmente i sintomi di entrambe le malattie. dall”esordio, progressione rapida e precoce interessamento viscerale li
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` , la sclerodermia limitata, che spesso colpisce solo la cute delle anticorpi coesistano nello stesso paziente. Il ruolo degli ANA nen.
dita, degli avambracci e del viso; Pinteressamento viscerale è tardivo patogenesi della sclerodermia non è chiaro; è stato ipotizzato che
e il decorso è relativamente benigno. Alcuni pazienti con malattia alcuni ANA possano stimolare la fibrosi, ma le prove a sostegno di -_ - _-. ¬-.¬
limitata sviluppano la sindrome CREST, caratterizzata da Calcinosi, tale ipotesi sono poco convincenti.
fenomeno di Raynaud, discinesia Esofagea, Sclerodattilia e Telean- Danno vascolare. La microangiopatia è sempre presente nellefasi
gectasie. Le varianti e le malattie correlate, come la fascite eosinofila, precoci della sclerosi sistemica e potrebbe essere la lesione iniziale. La
sono relativamente rare e non saranno trattate in questo capitolo. proliferazione intimale delle arterie digitali è evidente nel 100% dei
pazienti. È comune anche la dilatazione capillare con permeabiliz-
Eziologia e patogenesi zazione e distruzione dei vasi. Alllinizio della malattia le anse capillari
del letto ungueale sono deformate e successivamente scompaiono.
La causa della sclerosi sistemica non è nota. Le reazioni autoimmuni, Ci sono quindi segni istologici inequivocabili di microangiopatia.
la mícorangiopatia e l”accurnulo di collagene sono tuttiƒattori che Sono anche presenti segni indiretti di attivazione e danno endoteliale
contribuiscono al danno dbrgano (Fig. 6.36).°')'°l (ad es. aumento dei livelli sierici del fattore di von Willebrand) e di
Risposte immunitarie anomale. É stato ipotizzato che i linfociti iperattivazione piastrinica (aumento della percentuale di aggregati
T CD4+ reattivi a un antigene non identificato si accumulino nella piastrinici circolanti). Le cause della microangiopatia sono però
cute rilasciando citochine che attivano le cellule infiammatorie e ifi- ignote; potrebbe essere l'evento scatenante o una conseguenza della
lJrolJlasti.91 Nella cute dei pazienti con sclerosi sistemica, gli infiltrati flogosi cronica, in cui i mediatori rilasciati dalle cellule infiamma-
infiammatori sono tipicamente sparsi, ma nelle biopsie cutanee, in torie danneggiano llendotelio del microcircolo. Induzione ripetuta
molti casi, sono dimostrabili i linfociti T CD4+ attivati e sono stati di danno endoteliale e contemporanea aggregazione piastrinica i

isolati i linfociti TH2. Varie citochine prodotte da questi linfociti T causano il rilascio di fattori piastrinici (ad es. PDGF, TGFB) che
(ad es. TGFB e IL-13) stimolano la trascrizione dei geni del collagene inducono la fibrosi periavventiziale. Anche l'endotelio attivato o
e di altre proteine della matrice extracellulare (ad es. fibronectina) danneggiato rilascia PDGF e fattori chemotattici per i fibroblasti.
da parte dei fibroblasti. Altre citochine reclutano i leucociti e pro- Anche le cellule muscolari lisce dei vasi mostrano alterazioni e pre-
pagano la flogosi cronica. sentano un aumento dell”espressione dei recettori adrenergici. Alla
Ci sono anche segni dell'inattivazione inappropriata dell'immu- fine, l'obliterazione diffusa del microcircolo causa ischemia e sclerosi
nità umorale e la presenza di vari autoanticorpi ha valore diagnostico cicatriziale. Il danno endoteliale potrebbe anche essere dovuto all”ef- l
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e prognostico” Tutti i pazienti sono ANA-positivi e gli ANA rico- fetto tossico di fattori ambientali, tale ipotesi non è al momento I

noscono vari antigeni nucleari. Due tipi di ANA mostrano uniasso- suffragata da dati sperimentali, tuttavia non può essere esclusa.
ciazione forte con la sclerosi sistemica. L'autoanticorpo anti-DNA Fibrosi. La caratteristica fibrosi progressi va potrelfllfle essere dovuta
topoisomerasi I (anti-Scl 70) è altamente specifico. È rilevabile nel a molteplici meccanismi, quali l'azione di citochine fibrogeniche l
28-70% dei pazienti con malattia diffusa (la variabilità dipende dal prodotte dall'infiltrat0 leucocitario, l'ipersensibilità e l'iperreattività
gruppo etnico analizzato e dal test utilizzato). I pazienti con questo dei fibroblasti in risposta alle citochine e la cicatrizzazione conse-
anticorpo hanno un rischio più elevato di sviluppare fibrosi polmo- guente alllischemia causata dalle lesioni vascolari. Ci sono anche
nare e vasculopatia periferica. L”altro, un anticorpo anticentromero, segni di anomalie primitive della produzione di collagene. Coeren-
è presente nel 20-30% dei pazienti che tendenzialmente hanno la temente con questa ipotesi, è stata riscontrata un'associazione della
sindrome CREST e la sclerosi cutanea limitata. É raro che i due sclerosi sistemica con un polimorfismo del gene del fattore di crescita

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del connettivo” Anche i modelli murini di sindrome di Marfan
causata da mutazioni del gene della fibrillina-1 presentano caratte-
ristiche comuni alla sclerosi sistemicafs un ulteriore indizio che le
Fattore scatenante
(stimolo esogeno'?) anomalie del connettivo potrebbero contribuire alla malattia.

Morfologia Tutti gli organi possono essere interessati. Le


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alterazioni più rilevanti sono a carico della cute, dell'apparato l
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digerente e muscoloscheletrico e del rene ma le lesioni sono
Attivazione del sistema immunitario: spesso riscontrabili anche nei vasi, nel cuore, nei polmoni e
° Linfociti T effettori nei nervi periferici.
° leUCOClll \/asi sanguigni:
Cute La maggior parte dei pazienti presenta una scleroatrofia
lesioni e cutanea diffusa, che inizia generalmente a livello delle dita e

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nelle regioni distali degli arti superiori e si estende prossi-
malmente a braccia, spalle, collo e viso. L'esame istologico
mostra edema e infiltrati linfocitariT CD4+ perivasali, asso- i
Citochìne . ” ' (4 ischemia ciati a rigonfiamento e degenerazione delle fibre collagene,
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che diventano eosinofile. I capillari e le arteriole (150-500 tim
Fibroblasti
di diametro) possono presentare ispessimento della lamina
basale, danno endoteliale e obliterazione parziale. Con la
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progressione della malattia, si sviluppa una fibrosi progres-
siva del derma, che diventa strettamente aderente alle strut-
FIBROSI ture sottocutanee. Nel derma si ha un aumento marcato del
collagene denso e l'epidermide si assottiglia, con perdita
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nel derma, con assenza di annessi (ad es. follicoli piliteril, e i focolai infiammatori indicati dalla freccia.

delle rughe, atrofia degli annessi cutanei e ialinizzazione delle La disfunzione associata dello sfintere esofageo inferiore
arteriole e dei capillari dermici (Fig. 6.37). Soprattutto nei causa il reflusso gastroesofageo e le sue complicanze: la
pazienti con sindrome CREST si possono sviluppare calcifi- metaplasia di Barrett (Cap. 17) ela stenosi. La mucosa è
cazioni focali, e talora diffuse, nel sottocutaneo. Negli stadi assottigliata e si può ulcerare; si osserva ipercollagenizzazio-
avanzati, le dita assumono un aspetto affusolato ad artiglio, ne della lamina propria e della sottomucosa. La perdita di
con limitazione dei movimenti articolari e il volto diventa una villi e microvilli del tenue è la base anatomopatologica della
maschera contratta. L'ischemia causa ulcere cutanee e atrofia sindrome da malassorbimento a volte osservata.
delle falangi distali (Fig. 6.38). A volte le punte delle dita Apparato muscoloscheletrico La sinovite, associata a iper-
vanno incontro ad autoamputazione. trofia e iperplasia dei tessuti molli sinoviali, è frequente negli
i
Apparato digerente L'apparato digerente è coinvolto nel 90% stadi precoci e nella malattia avanzata dà luogo alla fibrosi.
dei casi circa. L'atrofia ela sclerosi progressiva della tonaca Questi fenomeni patologici sono simili a quelli dell'artrite
muscolare, che viene sostituita da tessuto fibroso, possono reumatoide, ma la distruzione articolare è rara nella sclerosi
colpire qualsiasi tratto dell'intestino ma sono più gravi sistemica. ln un piccolo sottogruppo di pazienti (circa il 10%),
nell'esofago. I due terzi inferiori dell'esofago spesso svilup- si può sviluppare una miosite infiammatoria indistinguibile l
pano una rigidità simile a quella di un tubo di gomma. dalla polimiosite_ l
Reni ll rene è colpito nei due terzi dei casi. Le lesioni più gravi
sono a carico dei vasi. Le arterie interlobulari mostrano ispes-
simento intimale causato da depositi mucinosi o da una fine
trama di collagene che si colorano con i coloranti istochimici
per le glicoproteine e i mucopolisaccaridi acidi. Si osserva
anche iperplasia neointimale concentrica, simile a quella
dell'ipertensione maligna, ma nella sclerodermia l'iperpla-
sia interessa solo i vasi di 150-500 um di diametro e non sem-
pre si associa a ipertensione. L'ipertensione, tuttavia, è
presente nel 30% dei pazienti e nel 20% dei casi ha un decorso
molto rapido e infausto (ipertensione maligna). Nei pazienti
ipertesi, la vasculopatia è più pronunciata e spesso si associa
a necrosi fibrinoide delle arteriole, trombosi e infarto.Tali
pazienti spesso muoiono per insufficienza renale, responsa-
bile di circa il 50% dei decessi nei pazienti con sclerodermia.
I glomeruli non mostrano alterazioni caratteristiche.
l'l<_;Ult/\_ 6.158 Sclerosi sistemica avanzata. l_'estesa fibrosi sottocutanea
Polmoni I polmoni sono colpiti, in oltre il 50% dei casi, da
ha praticamente immobilizzato le dita, creando una deformità in flessione
“ad artiglio'.' l_'ischemia ha prodotto ulcere cutanee. (Per gentile concessione ipertensione polmonare e fibrosi interstiziale. ll vasospasmo
del Dr. Richard Sontheimer, Department of Dermatology, University ofTe><as polmonare, secondario alla disfunzione endoteliale, è ritenuto
Southwestern Medical School, DalIas,TX)
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antirilionucleoproteina UI, diretti, cioè, contro i ribosomi contenem. l
un fattore importante nella patogenesi dell'ipertensione pol- la ribonucleoproteina U1. L'interessamento renale è generalmente 1
monare. La fibrosi polmonare, se presente, è indistinguibile modesto e la risposta ai corticosteroidi/è buona, almeno nel breve
dalla fibrosi polmonare idiopatica (Cap. 15). periodo. Dato che il quadro clinico è sovrapponibile a quello di altre
Cuore ln un terzo dei casi si manifesta pericardite con ver- malattie, è stato proposto che la connettivite mista non sia un'entità
samento pericardico e miocardiosclerosi con ispessimento distinta, ma che i vari casi siano in realtà forme atipiche di LES,
delle arteriole intramiocardiche. ll coinvolgimento clinico del sclerosi sistemica e polimiosite_ Nel tempo, infatti, la malattia può
miocardio è però meno frequente. anche evolvere in forme conclamate di LES o sclerosi sistemica. Le
due complicanze più gravi della connettivite mista sono l'iperten-
sione polmonare e l'insufficienza renale, come per la sclerosi
Caratteristiche cliniche. La sclerosi sistemica colpisce più fre- sistemica.
quentemente il sesso femminile, con un rapporto femmine/maschi
di 3:1; il picco di incidenza è nella classe di età compresa fra i 50 ei
POLIARTERITE NODOSA E ALTRE VASCULITI
60 anni. La sclerosi sistemica ha molte caratteristiche in comune con
il LES, llartrite reumatoide (Cap. 26) e la polimiosite (Cap. 27), ma La poliarterite nodosa fa parte di un gruppo di malattie caratte-
isegni distintivi sono le gravi alterazioni cutanee, e soprattutto l”ispes- rizzate da infiammazione necrotizzante della parete dei vasi, con
simento e la sclerosi della cute. llƒenomeno ali Raynaud, un vasospa- segni evidenti di una patogenesi autoimmune.97“9“ Sono classificate
smo episodico delle arterie e arteriole delle estremità, è quasi sempre genericamente come vasculiti asettiche per distinguerle dalle va-
presente e precede gli altri sintomi nel 70% dei casi. La clisfagia sculiti settiche, dovute a infezione della parete dei vasi (come i

dovuta alla sclerosi esofagea e alla conseguente ipomotilità è presente quella che si verifica nelle pareti ascessuali) e a indicare che qual- l

in oltre il 50% dei pazienti; alla fine, la distruzione della parete siasi tipo di vaso può essere interessato: cioè arterie, arteriole, vene
esofagea causa atonia e dilatazione, specie nel tratto distale. I dolori o capillari.
addominali, l”occlusione intestinale e la sindrome da malassorbi- La vasculite asettica necrotizzante si riscontra in vari quadri cli-
mento, con calo ponderale e anemia, indicano l'interessamento nici. La classificazione delle vasculiti ele alterazioni immunologiche
dell”intestino tenue. Le difficoltà respiratorie dovute alla fibrosi responsabili di queste patologie sono descritti nel Capitolo ll. ››.xí-__.f_-..-í z_.A--_¬., .

polmonare possono causare uno scompenso cardiaco destro e la


miocardiosclerosi può provocare aritmie e scompenso cardiaco. Una
proteinuria moderata si osserva nel 30% dei pazienti, ma raramente Rigetto dei trapianti
è così grave da causare una sindrome nefrosica. La manifestazione
più infausta è l”ipertensione maligna e la conseguente insufficienza Le reazioni immunologiche responsabili del rigetto dei trapianti
renale fatale, mentre in sua assenza l'evoluzione della malattia può
essere lenta. Il decorso della malattia è tendenzialmente più grave
nei soggetti di razza nera, soprattutto donne. L'insuflicienza respi-
ratoria è diventata la principale causa di morte nella sclerosi siste-
sono le stesse delle malattie infiammatorie autoimmuni e quindi il
rigetto dei trapianti è trattato in questo capitolo. Il rigetto, una rea-
zione del sistema immunitario del ricevente che riconosce il tessuto
trapiantato come estraneo e reagisce contro esso, è la principale li-
l
mica, grazie ai progressi nel trattamento delle crisi renali mitazione ai trapianti. l
l
Come già detto, la sindrome CREST si osserva in alcuni pazienti
con sclerosi cutanea limitata ed è caratterizzata da calcinosi, fenome-
Riconoscimento e rigetto di trapianti allogenici
no di Raynaud, discinesia esofagea, sclerodattilia, teleangectasie e
anticorpi anticentromero. Nei pazienti con sindrome CREST la scle- Il rigetto è un processo complesso nel quale sono implicati sia gli an-
rodermia è limitata alla cute, spesso solo alle dita, agli avambracci e ticorpi che llimmunità cellulo-mediata;99 le lesioni istologiche degli
al viso, e il sottocutaneo va incontro a calcificazione. L°interessamento organi rigettati consentono spesso di stabilire il contributo dei due
viscerale, con lesioni esofagee, ipertensione polmonare, cirrosi biliare, meccanismi.
può manifestarsi dopo molti anni o non verificarsi affatto. ln genere
questi pazienti vivono più a lungo di quelli con sclerosi sistemica
Citotossicità mediata dai linfociti T
caratterizzata da interessamento viscerale diffuso all'esordio.
ll ruolo chiave dei linfociti T nel rigetto dei trapianti è stato docu- _ l
mentato nell'uomo e nei modelli animali. Il rigetto mediato dai
MIOPATIE INFIAMMATORIE
linfociti T è detto rigetto cellulare ed è caratterizzato dalla distruzione
Le miopatie infiammatorie sono un gruppo eterogeneo di malattie delle cellule del trapianto a opera dei CTL CD8+ e da reazioni di
rare, caratterizzate da lesioni infiammatorie, probabilmente di natura ipersensibilità ritardata scatenate dall'attivazione dei linfociti T
autoimmune, che interessano principalmente i muscoli scheletrici. helper CD4+. Le principali differenze antigeniche tra donatore e
Si distinguono tre tipi di miopatie infiammatorie: clermntomiosite, ricevente responsabili del rigetto dei trapianti riguardano gli alleli
polimiosite e miosite da corpi inclusi, che possono presentarsi isolate HLA a elevato polimorfismo. I linfociti T del ricevente riconoscono
0 associate ad altre malattie autoimmuni, in particolare la sclerosi gli antigeni del donatore presenti nel tessuto trapiantato (antigeni
l
sistemica. Queste malattie sono descritte nel Capitolo 27. allogenici o alloantigeni) attraverso due modalità, diretta e indiretta
(Fig. 6.39).]°0
CONNETTIVITE MISTA
O Nella via diretta i linfociti T del ricevente riconoscono le mole-
La connettivite mista è una malattia il cui quadro clinico presenta cole MHC allogeniche (del donatore) espresse in membrana
aspetti comuni al LES, alla sclerosi sistemica e alla polimiosite.% Il dalle APC presenti nel tessuto trapiantato. Si ritiene che le prin- i
profilo sierologico è caratterizzato da un alto titolo di anticorpi cipali APC che scatenano il rigetto siano le cellule dendritiche ti
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l1l(5UH!\ 6.39 Rigetto dei trapianti allogenici. Riconoscimento diretto: gli antigeni MHC-l e -ll del donatore espressi dalle APC del trapianto (insieme alle l
molecole B7, non mostrate in figura) sono riconosciuti dai linfocitiT dell'ospite (citotossici CD8+ e helper CD4+, rispettivamente). I linfocitiT CD4+ proli-
ferano e producono citochine (ad es. IFN-y), che induce lesioni tissutali innescando reazioni locali di ipersensibilità ritardata. I linfocitiT CD8+, a contatto
con gli antigeni del trapianto, si differenziano in linfocitiT citotossici che distruggono le cellule del trapianto. Riconoscimento indiretto: gli antigeni del
trapianto sono fagocitati, processati e presentati dalle APC dell'ospite che attivano i linfociti T CD4+, questi danneggiano il trapianto inducendo reazioni
locali di ipersensibilità ritardata e stimolano i linfociti B a produrre anticorpi.

degli organi del donatore che, oltre a esprimere elevati livelli di nel tessuto trapiantato a opera dei macrofagi attivati. Il ricono-
molecole HLA di classe I e II, sono anche dotate di costimolatori scimento diretto di molecole MHC allogeniche sembra un pa-
(ad es. B7-1 e B7-2). I linfociti T dell'ospite incontrano le cellule radosso rispetto al principio della restrizione MHC limitata alle 41

dendritiche del donatore all'interno degli organi trapiantati o sole molecole MHC autologhe. Ma se i linfociti T possono rico-
quando queste migrano nei linfonodi drenanti. I linfociti T noscere solo peptidi estranei presentati da molecole MHC au-
CD8+ riconoscono le molecole MHC-I e si differenziano in CTL tologhe, perché nel rigetto dei trapianti i linfociti T riconoscono
attivati, che distruggono le cellule del trapianto con le modalità le molecole MHC estranee? Una spiegazione possibile è che le
descritte in precedenza. I linfociti T helper CD4+ riconoscono molecole MHC allogeniche associate ai rispettivi peptidi, somi-
le molecole allogeniche MHC-II e proliferano, differenziandosi glino o mimino i complessi di molecole MHC autologhe-peptidi l

in cellule effettrici di tipo TH1 (e forse TH17). Le citochine secrete estranei riconosciuti dai linfociti T ristretti per il sistema MHC i
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dai linfociti T CD4+ attivati scatenano una reazione di ipersen- autologo. Quindi, il riconoscimento di molecole MHC alloge-
sibilità ritardata verso il trapianto, che causa aumento della niche sarebbe dovuto a una reazione crociata dei linfociti T se-
permeabilità vasale, promuove l'accumulo di un infiltrato mo- lezionati per riconoscere molecole MHC autologhe associate a
nonucleato (linfociti e macrofagi) ed è responsabile delle lesioni peptidi estranei.
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-.la via indiretta i linfociti T dell'ospite riconoscono le mole- c u -tr a c k

cole MHC (del donatore) presentate dalle APC dell'ospite. Que- Morfologia In base al quadro istologico e al meccanismo
sto implica che le molecole MHC e altre molecole allogeniche patogenetico, le reazioni di rigetto sono distinte in iperacute,
degli organi trapiantati vengano captate ed elaborate dalle APC acute e croniche. Descriveremo le caratteristiche istopatolo-
delllospite e i peptidi derivati siano presentati dalle molecole gìche delle varie forme, relativamente ai trapianti renali.
MHC dell°ospite, come ogni altro peptide estraneo. Il ricono- Alterazioni analoghe possono verificarsi nei trapianti di qual-
scimento indiretto, quindi, è simile allielaborazione e presenta- siasi altro organo vascolarizzato e verranno trattate nei ri-
zione fisiologica di altri antigeni estranei (ad es. microbici). Il spettivi capitoli.
riconoscimento indiretto genera linfociti T CD4+ che invadono Rigetto iperacuto Il rigetto iperacuto si verifica nei primi
il trapianto e riconoscono gli antigeni del donatore presentati minuti o ore dopo il trapianto. Il rene rigettato si fa rapida-
dalle APC delllospite, entrate a loro volta nel trapianto, scate- mente cianotico, marezzato e flaccido e produce solo poche
nando una reazione di ipersensibilità ritardata. I CTL CD8+ gocce di urina mista a sangue. Le immunoglobuline e il com-
potenzialmente generati dal riconoscimento indiretto non pos- plemento si depositano nella parete dei vasi, danneggiando
sono attaccare direttamente il trapianto poiché riconoscono gli l'endotelio, con formazione di trombi di fibrina e piastrine
antigeni del trapianto solo se presentati dalle APC dell'ospite. (Fig. 6.40 A). I neutrofili si accumulano rapidamente nelle
Quindi nel riconoscimento indiretto, quando i linfociti T attac- arteriole, nei glomeruli e nei capillari peritubulari. Con
cano il trapianto il rigetto è mediato principalmente dalle cito- I'estendersi e l'aggravarsi del rigetto, ì capillari glomerulari
chine (prodotte dai linfociti T) e da reazioni di ipersensibilità
ritardata. Si ritiene che il riconoscimento diretto sia responsa-
bile principalmente del rigetto acuto, mentre quello indiretto
vanno incontro a occlusione trombotica, con necrosi fibri-
noide delle pareti arteriose. In poche ore tutta la corticale
renale va in necrosi (infarto renale), il rene cessa di funzio-
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sarebbe più rilevante nel rigetto cronico. La distinzione, però, nare e deve essere rimosso.
non è assoluta.

Reazioni mediate da anticorpi


Rigetto acuto Si verifica pochi giorni dopo il trapianto in
assenza di terapia antirigetto o insorge acutamente mesi o
anni più tardi, dopo la sospensione della terapia immuno-
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soppressiva. In pazienti diversi possono prevalere la flogosi
I linfociti T hanno un ruolo chiave nel rigetto dei trapianti, ma mediata da anticorpi o cellulo-mediata. Dal punto di vista
anche gli anticorpi prodotti contro gli antigeni eterologhi del tra- istopatologico, il rigetto umorale è caratterizzato da vasculite,
pianto sono mediatori importanti del rigetto.'°l Il rigetto mediato mentre quello cellulo-mediato è caratterizzato da un infiltrato
da anticorpi è detto rigetto umorale e può assumere due for- interstiziale mononucleato.
me. Il rigetto iperacuto si verifica quando nel sangue del ricevente Il rigetto cellulare acuto si verifica più frequentemente nei /
sono presenti anticorpi preformati antidonatore. Tali anticorpi primi mesi dopo il trapianto ed è preceduto da segni clinici
possono essere presenti in soggetti che abbiano già rigettato un e biochimici di insufficienza renale (Cap. 20). L'esame istolo-
trapianto di rene. Le donne pluripare che sviluppano anticorpi gico mostra un esteso infiltrato interstiziale di cellule
anti-HLA contro antigeni paterni rilasciati dal feto possono avere mononucleate ed edema oltre a una modesta emorragia
anticorpi preformati contro organi donati dal marito, dai figli o da interstiziale (Fig. 6.40 B). Prevedibilmente, l'immunoistochi-
soggetti non correlati che condividano alleli HLA con il marito. mica rivela la presenza di linfocitiT CD4+ e CD8+, che espri-
Le emotrasfusioni pregresse possono indurre sensibilizzazione mono marcatori di attivazione, come la catena ß del recettore
dato che le piastrine e i globuli bianchi sono ricchi di antigeni HLA dell'lL-2. I capillari glomerulari e peritubulari contengono
e donatori e riceventi non sono generalmente HLA identici. Grazie numerose cellule mononucleate che possono invadere anche
all'introduzione dei test di compatibilità crociata per la ricerca itubuli, causando necrosi tubulare focale. Oltre alle lesioni
nel siero del ricevente di eventuali anticorpi contro le cellule del
donatore, il rigetto iperacuto non è più un problema clinico
tubulari, i CTL CD8+ possono danneggiare anche I'endoteIio lli
dei vasi provocando la cosiddetta endotelite. Nei vasi colpiti
significativo.
Nei riceventi non precedentemente sensibilizzati agli antigeni del
le cellule endoteliali si rigonfiano e in alcuni punti i linfociti I I
si infiltrano tra l'endoteIio ela parete del vaso. È importante
trapianto, la formazione di anticorpi può essere indotta dalllesposi- riconoscere il rigetto cellulare perché, in assenza di reazione
zione agli antigeni HLA-I e HLA-Il del tessuto del donatore. Questi umorale concomitante, i pazienti rispondono rapidamente
anticorpi che si formano nel ricevente danneggiano il trapianto con alla terapia immunosoppressiva. La ciclosporina, un farmaco
vari meccanismi: la citotossicità complemento-mediata, llinfiamma- immunosoppressore molto usato, è anche nefrotossica e
zione e la citotossicità anticorpo-dipendente. Il primo bersaglio degli quindi al rigetto si possono sovrapporre le alterazioni istolo-
anticorpi antitrapianto, nella reazione di rigetto, sembrano essere i giche da ciclosporina.
vasi del trapianto. Quindi, il rigetto anticorpo-dipendente, o rigetto Il rigetto acuto umorale (vasculite da rigetto) è mediato
acuto umorale, si presenta, in genere, come una vasculite, detta anche principalmente da anticorpi antidonatore e quindi si manife-
vasculite da rigetto. sta soprattutto con lesioni vasali sotto forma di vasculite
necrotizzante, con necrosi endoteliale, infiltrati ricchi di neu-
Rigetto dei trapianti di rene trofili, depositi di immunoglobuline, complemento, fibrina e
trombosi. La vasculite si associa a necrosi estesa del paren-
I reni sono stati il primo organo solido trapiantato e sono tuttora il chima renale. In molti casi, la vasculite è meno acuta ed è
principale organo soggetto a trapianto, quindi molte delle conoscen- caratterizzata da marcato ispessimento intimale per prolife-
ze acquisite sugli aspetti clinicopatologici del trapianto di organi razione di fibroblasti, miociti e macrofagi schiumosi
solidi derivano dallo studio dei trapianti di rene eterologhi.
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š› .I Il;/2 :mir Quadro istologico del rigetto di trapianto acuto e iperacuto. A. Rigetto iperacuto di trapianto allogenico di rene: sono evidenti il danno
endoteliale, i trombi di piastrine e trombina e I'iniziale infiltrato di neutrofili del glomerulo. B. Rigetto cellulare acuto di trapianto allogenico di rene con in-
filtrato infiammatorio interstiziale e tra le cellule epiteliali dei tubuli. C. Rigetto umorale acuto di trapianto renale allogenico (vasculite da rigetto) con infiltrato
infiammatorio e iperplasia delle cellule muscolari lisce intimali. (Per gentile concessione del Dr. Helmut Rennke, Department of Pathology, Brigham and
Womens Hospital e Harvard Medical School, Boston, MA)

e paterna). Nei trapianti di fegato, cuore e polmoni, invece, la tipiz-


(Fig. 6.40 C). La conseguente obliterazione del lume arterio- zazione HLA non si fa poiché, rispetto ai benefici del test, prevalgono
lare può causare infarto o atrofia corticale renale. La lesioni altre considerazioni, come la compatibilità anatomica, la gravità della
vasali di tipo proliferativo somigliano a quelle di natura ar- malattia di base e la necessità di minimizzare i tempi di conserva-
teriosclerotica e si ritiene che siano dovute alle citochine che zione delllorgano.
sono mitogene per le cellule muscolari lisce vasali. Nei tra- Tranne il caso dei gemelli identici, che ovviamente esprimono gli
pianti eterologhi, i depositi di C4d, un prodotto di degrada- stessi antigeni di istocompatibilità, la terapia inzmunosoppressiva è l
zione del complemento, sono indicativi di rigetto umorale, sempre necessaria."“ Il cardine della terapia immunosoppressiva è
poiché C4d è prodotto dall'attivazione del complemento per la ciclosporina, un farmaco che agisce bloccando llattivazione del
la via classica, anticorpo-dipendente.l°“°2 Questa diagnosi è fattore nucleare dei linfociti T attivati (NFAT), un fattore di trascri-
importante perché indirizza verso una terapia con agenti che zione necessario per la trascrizione dei geni delle citochine e in par- l

causano la deplezione dei linfociti B. ticolare dell'IL-2. Altri farmaci antirigetto sono l'azatioprina (che
Rigetto cronico Negli ultimi anni, il rigetto acuto è ben con- blocca la maturazione leucocitaria a partire dai precursori midollari),
trollato grazie alla terapia immunosoppressiva e quindi il gli steroidi (che bloccano l'infiammazione), la rapamicina e il mofetil
fallimento dei trapianti è dovuto principalmente al rigetto micofenolato (entrambi inibitori della proliferazione linfocitaria) e
cronico.l°3 Nei pazienti con rigetto cronico il quadro clinico è gli anticorpi monoclonali anti-linfociti T (ad es. anti-CD3 e anticorpi
caratterizzato da insufficienza renale progressiva, con iper- contro la catena ot del recettore dell°IL-2, che opsonizzano ed elimi-
creatininemia che si instaura nell'arco di 4-6 mesi. ll rigetto nano i linfociti T e possono anche bloccarne l'attivazione). Un°altra
cronico è dominato dalle alterazioni vasali, dalla fibrosi in- recente strategia antirigetto consiste nelliimpedire che i linfociti T
terstiziale e daII'atrofia tubulare con perdita di parenchima delllospite ricevano segnali costimolatori dalle cellule dendritiche
(Fig. 6.41). Le lesioni vascolari consistono in una densa fibrosi all”inizio della sensibilizzazione. Questo si ottiene bloccando l'inte-
intimale obliterante, soprattutto a carico delle arterie corticali. razione tra le molecole B7 delle cellule dendritiche del donatore e i
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Le lesioni dei vasi causano ischemia renale, con perdita di recettori CD28 dei linfociti T dell`ospite, ad esempio attraverso la
glomeruli, fibrosi interstiziale e atrofia tubulare e contrazione somministrazione di proteine che legano le molecole B7.
del parenchima renale. I glomeruli possono mostrare segni La terapia immunosoppressiva prolunga la sopravvivenza del
di cicatrizzazione con duplicazione della membrana basale; trapianto, ma presenta rischi. Non è trascurabile l'aumento della
un quadro detto glomerulonefrite cronica da trapianto. I reni
con rigetto cronico di solito presentano infiltrati interstiziali
suscettibilità alle infezioni opportunistiche_ Questi pazienti sono
anche a rischio di linfomi indotti dall'EBV, di carcinomi squamosi
I
mononucleati, ricchi di plasmacellule e di eosinofili. indotti dal papillomavirus umano e di sarcoma di Kaposi (Cap. ll),
tutti verosimilmente dovuti alla riattivazione di infezioni virali la-
tenti in seguito all'indebolimento delle difese delllospite. Per ovviare
agli effetti indesiderati delle terapie immunosoppressive, sono allo l
Metodi utilizzati per aumentare la sopravvivenza I
studio varie strategie per aumentare la tollerogenicità dei soggetti l
nei trapianti
trapiantati agli antigeni del donatore.l°5 Ad esempio, la sommini-
Il valore dei test di compatibilità HLA tra donatore e ricevente varia strazione al ricevente di cellule del donatore può prevenire il rigetto, I
nei diversi tipi di trapianto di organi solidi. Nei trapianti di rene vi forse perché l'inoculo del donatore contiene anche cellule, come le l
è un notevole vantaggio se tutti gli alleli HLA polimorfici sono cellule dendritiche immature, che sono tolleranti verso gli antigeni l
compatibili (entrambi gli alleli HLA-A, -B e DR di origine materna eterologhi del donatore. Questo approccio può causare a lungo
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i Fiigetto cronico di trapianto di rene allogenico. A. Alterazioni renali del rigetto cronico. B. Arteriosclerosi del trapianto. ll lume vascolare e
obliterato da una massa di cellule muscolari lisce e connettivo intimale. (Per gentile concessione del Dr. Helmut Fiennke, Department of Pathology, Brigham
and Womens Hospital e Harvard Medical School, Boston, MA)

termine un cliiinerismo misto per cui il ricevente convive con le non irradiato. Quando il ricevente immunodepresso riceve le cellule
cellule del donatore che sotto state iniettate. Altre strategie allo studio midollari di un donatore allogenico, i linfociti T immunocompetenti
sono l'inoculo di linfociti T regolatori contestualmente al trapianto del donatore riconoscono gli antigeni HLA del ricevente come estra-
e l”induzione delllapoptosi dei linfociti T alloreattivi del ricevente. nei e li attaccano. Per minimizzare la malattia GVH, i trapianti di
midollo si fanno tra donatore e ricevente istocompatibili e la compa-
tibilità HLA viene saggiata con tecniche sensibili di sequenziamento
Trapianto di altri organi solidi |5
del DNA per la tipizzazione molecolare degli alleli HLA. `/1
Oltre al rene, possono essere trapiantati molti altri organi, come La GVH acuta si manifesta dopo pochi giorni o settimane dal
fegato (Cap. 18), cuore (Cap. 12), polmoni e pancreas. Il rigetto dei trapianto di midollo allogenico. Qualsiasi organo può essere colpito,
trapianti di fegato non è cosi violento come ci si potrebbe aspettare ma le manifestazioni cliniche più gravi riguardano il sistema iininu-
dato il grado di incompatibilità HLA. Le basi molecolari di questa nitario, gli epiteli della cute, delƒegato e dellintestino. Le lesioni cu-
situazione privilegiata non sono chiare. tanee della GVH sono rappresentate da un eritema generalizzato l
che, nei casi gravi, porta a desquamazione. La distruzione dei
Trapianto di cellule emopoietiche canalicoli biliari causa llittero mentre le ulcere della mucosa intesti-
nale provocano diarrea emorragica. Le lesioni tissutali possono
Il trapianto di cellule emopoietiche è sempre più utilizzato nel essere gravi, ma generalmente non sono caratterizzate da un consi-
trattamento dei tumori del sangue, di certe neoplasie dei tessuti stente infiltrato linfocitario. Si ritiene che gran parte del danno sia
solidi, delle aplasie midollari, della talassemia e di alcune immuno- causato dalle citochine rilasciate dai linfociti T sensibilizzati del
deficienze. Il trapianto di cellule staminali emopoietiche genetica- donatore, oltre che dalla citotossicità diretta dei CTL CD8+.
mente modificate sembra utile nella terapia genica delle cellule La GVH cronica può seguire la sindrome acuta o avere un esordio
somatiche, ed è in corso di valutazione per alcune immunodeficien- insidioso. Questi pazienti hanno estese lesioni cutanee, con distru-
ze. Le cellule staminali emopoietiche si ottengono generalmente dal zione degli annessi cutanei e fibrosi del derma. Le lesioni possono
midollo osseo ma possono anche essere recuperate dal sangue pe- somigliare a quelle della sclerodermia (già descritta). È frequente l

riferico dopo essere state mobilizzate dal midollo osseo attraverso anche unlepatopatia cronica con ittero colestatico. Le lesioni gastro-
la somministrazione di fattori di crescita emopoietici. Nella maggior enteriche possono causare stenosi esofagea. Il sistema immunitario
l
parte dei casi in cui è indicato il trapianto di midollo, il ricevente è compromesso, con involuzione del timo e deplezione linfocitaria l

viene irradiato per distruggere il sistema immunitario (e talora anche dei linfonodi. Non a caso, i pazienti sono soggetti a infezioni ricor-
le cellule neoplastiche) e per creare un letto per il trapianto. Il tra- renti potenzialmente letali. Alcuni pazienti sviluppano reazioni
pianto di midollo differisce da quello degli organi solidi per molti autoimmuni, verosimilmente dovute ai linfociti T helper CD4+
aspetti. Due problemi specifici del trapianto di midollo sono l'im- trapiantati che reagiscono con i linfociti B delllospite, stiniolandoli
munodeficienza (acquisita) e la malattia causata dalla reazione del in alcuni casi a produrre autoanticorpi.
trapianto verso llospite (GVH). Poiché la GVH è dovuta alla reazione dei linfociti T del donatore,
La GVH si verifica in tutti i casi in cui i linfociti T innnunocornpe- la deplezione di questi prima della trasfusione midollare dovrebbe
tenti o i loro precursori vengono trapiantati in riceventi iinrnunoclepressi eliminare la malattia. Questo protocollo, tuttavia, ha dato risultati
e le cellule trapiantate riconoscono gli alloantigeni dell'ospite '06 Questa contrastanti: la GVH si è ridotta, ma è aumentato il numero di in-
malattia si osserva nella maggior parte dei trapianti di midollo, ma successi dei trapianti, l'incidenza di linfomi di tipo B da EBV e di
in rari casi può verificarsi anche dopo il trapianto di organi solidi recidive nei pazienti leucemici. Sembra che, tra le tante funzioni, i
ricchi di cellule linfoidi (ad es. fegato) 0 dopo trasfusioni di sangue linfociti T non siano solo i mediatori della GVH, ma siano anche il
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midollo, per la soppressione dei cloni di linfociti B infettati da EBV stinguibili dai deficit combinati dei linfociti B e T. Un tempo queste
e per il controllo delle cellule leucemiche. Quesfultimo effetto, detto malattie erano considerate rare, ma in realtà molte persone presentano
elfetto del trapianto contro la leucemia, può essere determinante, al forme lievi di immunodeficienza congenita.1°7 La maggior parte delle
punto che la sua induzione contro la leucemia, mediante l'infusione immunodeficienze primarie si manifesta nell`infanzia, tra i 6 mesi e 2
di linfociti T allogenici, viene usata nel trattamento della leucemia anni di vita, ed è diagnosticata per l`insorgenza, a questa età, di infe-
mieloide cronica in caso di recidiva dopo trapianto di midollo. zioni ricorrenti. La natura delle infezioni sviluppate dipende in parte
Uimmunodeficienza (acquisita) è una complicanzafiequente del dal tipo di difetto immunologico, come elencato nella Tabella 6.11. I
trapianto di midollo. Liimmunodeficienza può essere dovuta alla difetti dei fagociti sono stati trattati nel Capitolo 2. Qui presenteremo
terapia, al trattamento mieloablativo di preparazione al trapianto, al esempi di altre immunodeficienze. Inizieremo con i deficit specifici
ritardo nel ripopolamento del sistema immunitario del paziente e dei linfociti B, per poi passare alle immunodeficienze combinate e ai
all'aggressione del sistema immunitario dell`ospite da parte dei linfo- deficit del complemento. Tratteremo infine la sindrome di Wiskott-
citi trapiantati. I pazienti sono profondamente immunodepressi e Aldrich, una malattia complessa dei linfociti e delle piastrine. Grazie
facile preda di varie infezioni. La più comune è l'infezione da citome- ai progressi nei test genetici, le mutazioni responsabili di molte immu-
galovirus, generalmente dovuta alla riattivazione di una pregressa nodeficienze primarie comuni sono state identificate (Fig. 6.42).“"“°°
infezione silente. La polmonite da citomegalovirus può essere fatale.
Agammaglobulinemia legata alla X
(agammaglobulinemia di Bruton)
Sindromi da immunodeficienza
Uagammaglobulinemia legata alla X è una delle forme più comuni
Le sindromi da immunodeficienza sono classificate in primarie, quasi di immunodeficienza primaria.“° È caratterizzata da un arresto
sempre congenite, e secondarie, una complicanza di tumori, infezioni maturatìvo dei precursori dei linfociti B (cellule pro-B e linƒocitipre-B)
e malnutrizione 0 come effetti collaterali di terapie immunosoppres- che non si difierenziano in linfociti B maturi. Durante il normale
sive, della radio- e chemioterapia antineoplastica e delle malattie processo di maturazione midollare dei linfociti B, inizialmente, nei
autoimmuni. Le sindromi da immunodeficienza primaria sono er- linfociti pre-B, si riarrangiano i geni delle catene pesanti delle Ig che
rori della natura che forniscono utili indizi sulle funzioni di alcune vengono espresse in membrana associate a una catena leggera sur-
molecole del sistema immunitario umano. Tratteremo sommaria- rogata, quindi trasmettono segnali che inducono il riarrangiamento
mente alcune delle principali immunodeficienze primitive per poi dei geni della catena leggera delle Ig promuovendo l'ulteriore matu-
concentrarci sulla sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), razione. La necessità di segnali mediati dalle Ig è un meccanismo di
il più devastante esempio di immunodeficienza secondaria. controllo di qualità che garantisce che la maturazione proceda solo
se le immunoglobuline espresse sono funzionali. Uagammaglobuli-
nemia legata alla X è causata da mutazioni di una tirosin-chinasi
SINDROIVII DA IIVIIVIUNODEFIQIENZA PRIIVIARIIA
citoplasmatica, la tirosin-chinasi di Bruton (Btk); codificata da un gene
La maggior parte delle sindromi da immunodeficienza primaria è localizzato sul braccio lungo del cromosoma X (Xq21.22).°5 La Btk è
geneticamente determinata e colpisce il braccio umorale o quello una tirosin-chinasi associata al complesso recettoriale immunoglo-
cellulo-mediato dell°immunità acquisita (mediati dai linfociti B e T, bulinico dei linfociti pre-B e B maturi ed è necessaria per la trasdu-
rispettivamente) o le difese dell'immunità naturale (cellule NK, fagociti, zione dei segnali recettoriali. La mutazione impedisce al recettore dei
0 complemento). I deficit dell”immunità acquisita sono spesso classi- linfociti pre-B di trasdurre i segnali arrestando la maturazione a
ficati in sottogruppi in base alla componente deficitaria (i linfociti B o questo stadio. Poiché non vengono prodotte le catene leggere, il re-
T 0 entrambi). La distinzione, però, non è netta: un deficit dei linfociti cettore per l'antigene completo (formato da catene pesanti e leggere)
T, ad esempio, causerà quasi sempre una ridotta produzione di anticorpi non può essere assemblato e posizionato in membrana.

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Tipo dì patogeno Deficit dei linfocitiT Deficit dei linfociti B Deficit dei granulociti Deficit del complemento

Batteri Sepsi batteriche Streptococchi, Stafilococchi, Infezioni da Neísseria,


stafilococchi, Pseudomonas altre infezioni da
Haemophílus batteri piogeni

Virus Citomegalovirus, virus di Encefalite da enterovirus


Epstein-Barr, varicella
grave, infezioni
croniche da virus
respiratori e intestinali

Miceti e parassiti Candida, Pneumocystis Grave giardiasi intestinale Candida, Nocardia,


jiroveci Aspergil/us

Caratteristiche particolari Infezioni opportunistiche Sinusiti e polmoniti


aggressive, difficoltà ricorrenti, sepsi,
a superare le infezioni meningite cronica
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MIDOLLO OSSEO
Cellula staminale pluripotente 1

Cellula staminale mieloide 1


Progenìtore
Cellula mieloide finfoide
comune
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Cellula pro-B \ I Cellula pro-T

1 . Sindrome di
DiGeorge
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SCID legata alla X (catena y
del recettore delle citochine)

Cellula pre-B (

Catena Linfocita T immaturo


Agammaglobulinemia i pesante
legata alla X delle lgM Recettore /
(gene Btk) dei linfociti
T (TCR)
Deficit di molecole

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CD4OL V, _ _ T' MHC di classe Il
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. CD4+ iz?
' ®/ ® Linfoeiurmaiuri

Linfocita B immaturo
/ Sindrome da iper-lgM
(CD4OL, AID)

Deficit
CD8+ CD4+
\

di IgA
lgM IgG IgA 'T IgE \\
lgD` ,
Linfociti B maturi

l !i,ìlll'i/t is.-iii). Schema semplificato della maturazione dei linfociti e degli stadi di arresto maturativo associati ad alcune forme di imrnunodeficíenza
primaria. Per alcune patologie, i geni responsabili sono indicati tra parentesi. ADA, adenosina deaminasi; AID, deaminasi indotta dall'attivazione; CD4OL,
ligando di CD4O (detto anche CDl54); SCID, immunodeficienza combinata grave.

Trattandosi di una patologia legata alla X, la malattia colpisce nervoso per via ematogena. Uimmunizzazione con poliovirus vivi
quasi esclusivamente i maschi, ma sono stati descritti casi sporadici comporta il rischio di poliomielite paralitica e gli echovirus possono
nel sesso femminile, probabilmente causati da mutazioni di altri geni causare encefalite fatale. Per lo stesso motivo la Giarclia lamblía, un
implicati nella stessa via di trasduzione. La malattia si manifesta protozoo intestinale normalmente debellato dalle IgA secrete, pro-
generalmente dopo i 6 mesi di vita, quando le imnnmoglobuline ma- voca in questi pazienti infezioni persistenti. La maggior parte delle
terne sono deplete. Nella maggior parte dei casi sono le infezioni infezioni intracellulari virali, fungine e da protozoi è in genere ben
batteriche delle vie respiratorie ricorrenti (faringiti acute e croniche, controllata dall”immunità cellulo-mediata, che è intatta.
sinusite, otite media, bronchite e polmonite) a richiamare Fattenzio- La malattia classica ha le seguenti caratteristiche:
ne sul deficit immunitario di base. Quasi sempre gli agenti respon-
sabili sono l'Haemopl1ilus influenzae, lo Streptococcus pneumoniae O Assenza 0 marcata deplezione dei linfociti B circolanti; riduzione
o lo Staphylococcus aureus, batteri normalmente eliminati per op- dei livelli sierici di tutte le classi di immunoglobuline. Normali
sonizzazione anticorpale e fagocitosi. Gli anticorpi sono importanti concentrazioni midollari di linfociti pre-B, che esprimono il
per neutralizzare ivirus presenti in circolo, nelle secrezioni mucose marcatore dei linfociti B, CD19, ma non le Ig di membrana.
0 trasmessi da una cellula all”altra e quindi questi pazienti sono O I centri germinativi dei linfonodi, le placche di Peyer, Fappendice
suscettibili anche ad alcune infezioni virali, specie da enterovirus e le tonsille sono ipoplasici o rudimentali.
come echovirus, poliovirus e coxsackie virus. Questi virus infettano O Assenza di plasmacellule in tutto l”organismo.
l'apparato gastroenterico e da qui possono diffondere al sistema O Le reazioni cellulo-mediate sono normali.
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.. q iesti pazienti con immunodeficienza aumenta paradossalmen- hanno livelli estremamente bassi di IgA secretorie e sieriche. La ma-
te la frequenza di malattie autoimmuni come l°artrite ela dermato- lattia può essere congenita o acquisita, in seguito a toxoplasmosi,
miosite, che colpiscono fino al 35% dei pazienti. É probabile che queste morbillo e altre infezioni virali. L'associaaione con llimmunodefi-
malattie autoimmuni siano causate dalla perdita di tolleranza agli cienza comune variabile è stata già citata. La maggior parte dei pa-
antigeni self e dalla conseguente autoimmunità, ma anche le infezioni zienti è asintomatica. Le IgA sono le principali immunoglobuline
croniche associate all'immunodeficienza possono contribuire a sca- secretorie, e quindi questi pazienti hanno difese delle mucose più
tenare reazioni infiammatorie. Uagammaglobulinemia legata alla X è deboli e sono soggetti a infezioni respiratorie, gastroenteriche, uri- i
trattata con la terapia sostitutiva con immunoglobuline. In passato, la narie e genitali. I pazienti sintomatici presentano in genere infezioni
li
maggior parte dei pazienti moriva nelllinfanzia o prima giovinezza a respiratorie ricorrenti e diarrea. Alcuni pazienti con deficit di IgA
causa di infezioni intercorrenti. Grazie alla profilassi endovenosa con hanno un deficit combinato di IgG2 e IgG4 e sono particolarmente
immunoglobuline, la maggior parte dei casi raggiunge l'età adulta. suscettibili alle infezioni. I pazienti con deficit di IgA, inoltre, pre-
sentano un'elevata incidenza di allergie respiratorie e di patologie
autoimmuni, soprattutto LES e artrite reumatoide. La causa dell'as-
lmmunodeficìenza comune variabile sociazione con le malattie autoimmuni e allergiche non è nota. La
È un gruppo eterogeneo e mal definito di malattie relativamente
con1uni.“1'“2 La caratteristica comune è 1”ipogammaglobulinemia,
che generalmente riguarda tutte le classi anticorpali, ma a volte solo
le IgG. La diagnosi è una diagnosi per esclusione di altre cause note
trasfusione di sangue contenente livelli normali di IgA può causare
reazioni anafilattiche gravi, anche fatali, perché le IgA fungono da
antigene estraneo (i pazienti non le producono e quindi non hanno
sviluppato la tolleranza nei confronti di queste proteine).
i
di ridotta produzione di anticorpi. Alllorigine del deficit specifico di IgA cè un difetto maturativo dei
Data Feterogeneità della malattia, sono descritte forme congenite linfociti B vergini che producono IgA. Le basi molecolari di questo
e sporadiche. Le forme congenite sono caratterizzate da diversi tipi difetto sono sconosciute nella maggior parte dei casi. In alcuni pa-
di ereditarietà. Tra i familiari di questi pazienti è frequente il deficit zienti sono stati identificati deficit del recettore della citochina BAFF,
selettivo di IgA (si veda oltre), a indicare che, almeno in alcuni casi, che attiva i linfociti B.
il deficit selettivo di IgA e Fintmtinodeficienza comune variabile
possono rappresentare differenti espressioni di un comune difetto Sindrome da iper-IgM
congenito della sintesi anticorpale. Contrariamente all”immunode-
ficienza legata alla X, nella maggior parte dei casi le concentrazioni I pazienti con sindrome da iper-IgM (SIGM) producono IgM ma
di linfociti B circolanti e periferici sono normali o quasi, questi hanno una ridotta capacità diprodurre IgG, IgA e IgE. La malattia è
linfociti B però non si differenziano in plasmacellule. causata da un difetto dei linfociti T helper che non attivano eflìca-
Il deficit anticorpale può essere causato sia da deficit intrinseci cemente i linfociti B e i macrofagi. Come già detto, molte funzioni I

dei linfociti B sia da deficit di attivazione dei linfociti B a opera dei dei linfociti T helper CD4+ richiedono llinterazione tra il CD4OL
linfociti T helper. In alcune famiglie è stato individuato un difetto (CDI54) dei linfociti T attivati e il CD40 di linfociti B, macrofagi e
congenito del recettore della citochina BAFP, che promuove la so- cellule dendritiche. Questa interazione induce il cambiamento di
pravvivenza e la maturazione dei linfociti B, 0 del costimolatore classe delle immunoglobuline e la maturazione dell'affinità nei lin-
inducibile ICOS, un omologo di CD28 implicato nell'attivazione dei fociti B e inoltre stimola l'attività microbicida dei macrofagi. Nel 70%
linfociti T e nelle interazioni tra i linfociti T e B.'“ Le mutazioni circa dei pazienti con SIGM, la malattia è ereditaria, legata alla X,
identificate interessano comunque una minoranza di casi. ed è causata da mutazioni del gene del CD4OL localizzato sul braccio
Il quadro clinico delfimmunodeficienza comune variabile è do- lungo del cromosoma X (Xq26).'“ Nel resto dei pazienti la malattia
vuto alla carenza di anticorpi e quindi è simile a quello dell`agam- si trasmette come carattere autosomico recessivo. La maggior parte
maglobulinemia legata alla X. I pazienti sono soggetti a infezioni di questi pazienti ha mutazioni nel gene del CD4O o dell'enzima detto
polmonari ricorrenti causate da piogeni. In circa il 20% dei casi vi deaminasi indotta dall'attivazione, una citosina-deaminasi che agisce i
I
sono anche infezioni erpetiche ricorrenti. Possono comparire anche sul DNA ed è necessaria per lo scambio isotipico delle immunoglo-
gravi meningoencefaliti da enterovirus. I pazienti sono predisposti buline e per la maturazione dell”aflìnità linfocitaria.
1
alla diarrea persistente da G. lamblía. Contrariamente all'agamma- Nella SIGM i livelli sierici di IgM sono normali o aumentati men- i

globulinemia legata alla X, l'immunodef1cienza comune variabile tre i livelli di IgG sono estremamente bassi mentre le IgA e le IgE
colpisce entrambi i sessi e ha un esordio più tardivo, nell'infanzia o sono assenti. Anche il numero di linfociti B e T è normale. Molte
nelliadolescenza. Liesame istologico mostra iperplasia delle zone B IgM reagiscono con gli elementi corpuscolati del sangue, causando
cellulari dei tessuti linfatici (follicoli linfatici dei linfonodi, splenici anemia emolitica autoimmune, trombocitopenia e neutropenia. Nei
e intestinali). L°iperplasia è verosimilmente dovuta a un deficit di pazienti anziani, può avvenire la proliferazione incontrollata delle
immunoregolazione; i linfociti B, cioè, proliferano in risposta alla
stimolazione antigenica, ma non producono anticorpi e quindi viene
plasmacellule producenti IgM con infiltrazione del tratto gastroen-
terico. Anche se la proliferazione linfocitaria è policlonale, llestesa
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a mancare il normale feedback inibitorio delle IgG. infiltrazione può causare lesioni fatali. i
Come nelllagammaglobulinemia legata alla X, in questi pazienti Il quadro clinico della SIGM è caratterizzato da infezioni pioge-
sono molto frequenti le malattie autoimmuni (compresa l'artrite niche ricorrenti a causa dei ridotti livelli di IgG opsonizzanti. Questi i
reumatoide) (circa 20%). Anche il rischio di linfomi è più elevato pazienti sono anche soggetti a polmoniti da Pneumocystis jiroveci, l
ed è stato riportato un aumento del rischio di cancro gastrico. a causa dei deficit dell'immunità cellulare.
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Deficit specifico di IgA Sindrome di DiGeorge (ipoplasia timica) l
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Il deficit specifico di IgA è una forma frequente di immunodeficien- La sindrome di DiGeorge è un deficit delle cellule I causato dal man-
za, che negli USA colpisce 1 ogni 600 individui di origine europea.“3 cato sviluppo della terza e quarta tasca faringea. La quarta tasca dà 'a
È molto più raro nei soggetti di razza nera e asiatica. Questi pazienti origine al timo, alle paratiroidi, ad alcune cellule chiare della tiroide i

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-crpo ultimo branchiale. Il quadro clinico, quindi, è caratteriz- immaturi, specialmente per i linfociti T.““ Quindi la deplezione de.
zato da un deficit variabile dell'immunità cellulo-mediata (a causa linfociti T può essere più grave rispetto a quella dei linfociti B.
delllipoplasia o dell'assenza del timo), tetania (per l'assenza delle - e_ ¢_- :-9 in
Sono stati identificati molti altri difetti genetici meno comuni
paratiroidi) e malformazioni congenite del cuore e dei grandi vasi. responsabili di SCID: ilii
In alcuni casi, inoltre, sono presenti malformazioni del cavo orale,
dell°orecchio e del volto. L°assenza di risposte immunitarie cellulo- O Le mutazioni dei geni che attivano la ricombinasi impediscono
mediate è dovuta al basso numero di linfociti T sia circolanti sia il riarrangiamento dei geni somatici, essenziale per llassemblaggio
negli organi linfoidi e compromette le difese antivirali e antifungine. del TCR e dei geni delle Ig,“° bloccando la maturazione dei lin-
Le zone T cellulari degli organi linfatici - zone paracorticali dei fociti T e B.
linfonodi e guaine periarteriolari spleniche - sono deplete. I livelli O La chinasi intracellulare ]ak3 è essenziale per la trasduzione dei
sierici di immunoglobuline possono essere normali o ridotti, in base segnali attraverso la catena comune y dei recettori delle citochine
alla gravità del deficit linfocitario. (che è mutata nella SCID legata alla X). Le mutazioni del gene ]al<3
La sindrome di DiGeorge non è ereditaria, ma deriva dalla dele- hanno quindi gli stessi effetti delle mutazioni della catena y. '20
zione di un gene che mappa sul braccio lungo del cromosoma 22 O Sono state descritte varie mutazioni di molecole implicate nella
(22q11).“5 La delezione è presente nel 90% dei pazienti e la sindrome trasduzione del segnale, comprese le chinasi associate al TCR e i
di DiGeorge è ora considerata parte della sindrome da delezione del canali del calcio che controllano l°ingresso del calcio e l'attivazione
22q11, descritta nel Capitolo 5. Una mutazione associata alla sin- di molte vie di trasduzione.
drome di DiGeorge riguarda un fattore di trascrizione della famiglia O Le mutazioni che riducono l'espressione delle molecole MHC-II
T-box, verosimilmente implicato nello sviluppo degli archi bran- bloccano la maturazione dei linfociti T CD4+.“l I linfociti T
chiali e dei grandi vasi. CD4+ sono implicati nell°immunità cellulare e stimolano la ma-

lmmunodeficìenza combinata grave


turazione dei linfociti B, quindi la ridotta espressione di molecole
MHC-Il causa uniimmunodeficienza combinata. Questa malattia,
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detta sindrome del linfocita nudo, è generalmente causata da
L'immunodeficienza combinata grave (SCID) è una costellazione di mutazioni dei fattori di trascrizione necessari per l”espressione
sindromi dovute a difetti genetici distinti, ma che hanno in comune dei geni MHC-II.
un deficit delle risposte immunitarie umorali e cellulo-mediate.““ I
bambini colpiti presentano infezioni orali gravi da Candida, estesa Il quadro istologico nella SCID dipende dalla causa. Nelle due
dermatite da pannolino e ritardo nella crescita. In alcuni casi subito forme più comuni (deficit di ADA e mutazione della catena 'y), il
dopo la nascita si sviluppa un esantema morbilliforme causato dai timo è piccolo e privo di cellule linfoidi. Nella SCID ADA-negativa,
linfociti T materni che attraversano la placenta e attaccano il feto, si possono riscontrare residui dei corpuscoli di Hassal, mentre nella I
scatenando la GVH. I pazienti con SCID sono estremamente suscet- forma legata alla X, il timo è formato da lobuli di cellule epiteliali
tibili a infezioni gravi e ricorrenti causate da un'ampia gamma di indifferenziate, come il timo fetale. In entrambi i casi, anche gli altri
agenti infettivi (Candida albicans, R jiroveci, Pseudomonas, citome- tessuti linfatici sono ipoplasici, con marcata deplezione delle aree T i
galovirus, virus della varicella e un gran numero di batteri). In as-
senza di trapianto di midollo osseo, la morte sopraggiunge nel primo
cellulari e in certi casi di entrambe le aree T e B cellulari.
Attualmente il cardine del trattamento è il trapianto di midollo, ti i
anno di vita. Nonostante il quadro clinico comune, i deficit respon- ma la SCID legata alla X è stata la prima patologia umana trattata
sabili delle varie forme di SCID sono molto diversi e nella maggior eflìcacemente con la terapia genicaf” Con la terapia genica, attra-
parte dei casi il difetto genetico è ignoto. I deficit immunologici della verso un vettore retrovirale, si induce l'espressione di una catena 3'
SCID riguardano spesso i linfociti T, con compromissione seconda- normale nelle staminali midollari dei pazienti, che vengono poi
ria dell'immunità umorale. reintrodotte nei pazienti stessi. L`esperienza clinica è scarsa, ma in
La forma più comune di SCID (50-60% dei casi) è legata alla X e alcuni casi il sistema immunitario ricostruito è rimasto funzionante
quindi è più frequente nei maschi che nelle femmine. Il difetto ge- per oltre un anno dopo la terapia. Purtroppo, nel 20% dei casi si è
netico nella forma legata alla X è una mutazione della catena 7 (vc), sviluppata una leucemia acuta T cellulare,verosimilmente scatenata
la subunità comune dei recettori delle citochine. Questa proteina dall'attivazione di oncogeni da parte dei retrovirus integratisi nel
transmembrana trasduce il segnale recettoriale di varie citochine: genoma,m a sottolineare i rischi insiti in questo approccio di terapia
IL-2, IL-4, IL-7, IL-9, IL-11, IL-15 e IL-21. IL-7 è necessaria per la genica. Anche i pazienti con deficit di ADA sono stati sottoposti a
sopravvivenza e la proliferazione dei progenitori linfocitari, specie trapianto di midollo e recentemente a terapia genica per introdurre
per i precursori dei linfociti T. I difetti di trasduzione del segnale del il gene ADA normale nei precursori dei linfociti T.
recettore dell'IL-7 compromettono gravemente le prime fasi dello
sviluppo linfocitario, in particolar modo dei linfociti T. “7 Il numero
di linfociti T è fortemente ridotto e malgrado la quantità di linfociti Sindrome diWiskott-Aldrich (immunodeficienza,
B sia normale, la sintesi di anticorpi è fortemente compromessa per trombocitopenia ed eczema)
la mancanza di cooperazione delle cellule T. IL-15 è importante per La sindrome di Wiskott-Aldricli è una malattia recessiva legata alla
la maturazione e la proliferazione delle cellule NK e, dato che anche X, caratterizzata da trombocitopenia, eczema e marcata suscettibilità
il recettore di IL-15 contiene la catena comune y, ipazienti con SCID a infezioni ricorrenti e si associa a mortalità precocem Il timo è
sono frequentemente privi anche di cellule NK. istologicamente normale, almeno all'inizio della malattia, mai pa-
Nei casi restanti la SCID è a trasmissione autosomica recessiva. zienti vanno incontro a progressiva deplezione secondaria di linfociti
Il difetto genetico più frequente è una mutazione dell 'enzima adeno- T sia circolanti sia presenti nelle zone T cellulari dei linfonodi (zone
sina deaminasi (ADA). Il meccanismo con cui il deficit di ADA paracorticali), con conseguente deficit variabili dell'immunità cel-
determina la SCID non è chiaro, ma è stato ipotizzato che il deficit lulare. I pazienti non producono anticorpi contro antigeni polisac- l
di ADA porti alliaccumulo di deossiadenosina e dei suoi derivati (ad caridici ela risposta agli antigeni proteici è scarsa. I livelli sierici di is
es. desossi-ATP), che sono particolarmente tossici per i linfociti IgM sono bassi, mentre quelli di IgG sono di solito normali.

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_. Jossalmente i livelli di IgA e IgE sono spesso elevati. I pazienti verosimilmente all°origine dell'emolisi (Cap. 14). Le mutazioni ue.
hanno anche un rischio maggiore di sviluppare linfomi non Hodgkin fattore H, una proteina regolatrice del complemento, sono respon-
a cellule B. La sindrome di Wiskott-Aldrich è causata da mutazioni sabili di circa il 10% dei casi di sindrome emolitico-uremica, una
del gene della proteina della sindrome di Wiskott-Aldricli (WASP), patologia renale caratterizzata da trombosi del microcircolo renale
mappato sul cromosoma Xp11.23. Questa proteina fa parte di una (Cap. 20).
famiglia di proteine ritenute di collegamento tra i recettori di mem-
brana (ad es. recettori per l'antigene) e il citoscheletro. La proteina
ININIUNODEFICIENZE ACQUISITE
WASP è probabilmente implicata nelle risposte citoscheletro-
dipendenti, tra le quali la migrazione cellulare e la trasduzione del Le sindromi da immunodeficienza acquisita si osservano nei pazienti
segnale, ma non è chiaro il ruolo di questa proteina nei linfociti e con neoplasie, diabete e altre malattie metaboliche, malnutrizione,
nelle piastrine. L'unica terapia è il trapianto di midollo osseo. infezioni croniche e malattie renali. Si verificano anche nei pazienti
sottoposti a chemioterapia o radioterapia antineoplastica, 0 che
assumono farmaci immunosoppressivi antirigetto o per il tratta-
Deficit congeniti del complemento
mento di malattie autoimmuni. Alcune di queste immunodeficienze
Il complemento ha un ruolo chiave nelle reazioni di difesa delllospite acquisite sono causate da deficit maturativi dei linfociti (quando il
e nella flogosi. I difetti congeniti identificati possono interessare midollo osseo è danneggiato da radiazioni o dalla chemioterapia o
virtualmente tutte le frazioni del complemento e due suoi inibitorilzs invaso da neoplasie come le leucemie e i tumori metastatici), perdita
Il deficit di C2 è il più comune. Nei deficit di C2 e delle altre com- di immunoglobuline (malattie proteinuriche renali), insufficiente
ponenti precoci della via classica (C1 [q, r, o s] o C4) la suscettibilità sintesi di Ig (malnutrizione) o deplezione linfocitaria (iatrogena o
alle infezioni non aumenta significativamente e il quadro clinico è causata da infezioni gravi). Nell 'insieme, le immunodeficienze acqui-
dominato dall'aumento dell'incidenza di malattie autoimmuni simili site sono piùfrequenti di quelle congenite. La sindrome più comune
al LES. Probabilmente la via alternativa del complemento è suflì- da immunodeficienza acquisita è l“AIDS, trattata nel prossimo
ciente a controllare la maggior parte delle infezioni. I deficit della paragrafo.
via alternativa (properdina e fattore D) sono rari e causano infezioni
piogeniche ricorrenti. La frazione C3 è necessaria per entrambe le
SINDROME DA IMMUNODEFICIENZA
vie, classica e alternativa, e i deficit di C3 provocano infezioni pio-
ACQUISITA (AIDS)
geniche gravi e ricorrenti. Nei deficit di C3 aumenta anche l'inci-
denza di glomerulonefriti da immunocomplessi che, in assenza di La sindrome da immunodeficienza acquista (AIDS) è causata dal
complemento, sono verosimilmente causate dall'attivazione leuco- retrovirus de1l'immunodeficienza umana (HIV) ed è caratterizzata
citaria attraverso il recettore Fc. Le componenti terminali del com- da una profonda immunodepressione che causa infezioni opportuni-
plemento C5, 6, 7, 8 e 9 sono necessarie per l°assemblaggio, sulla sticlie, neoplasie secondarie e manifestazioni neurologiche. La gravità
membrana, del complesso d”attacco che causa la lisi batterica. Nei di questa moderna pestilenza è impressionante. Nel 2006, sono stati
deficit delle componenti tardive aumenta la suscettibilità alle infe- riportati negli USA oltre 900.000 casi di AIDS che, tra 25-44 anni,
zioni ricorrenti da Neisseria (gonococciche e meningococciche); le è la seconda causa di morte negli uomini e la terza nelle donne.
Neisserie hanno una parete cellulare sottile e sono molto sensibili Identificata inizialmente negli USA, l'AIDS è un problema mondiale:
alla lisi mediata dal complemento. Alcuni pazienti presentano deficit è presente in oltre 190 Paesi nel mondo ed è molto diffusa e in au-
congeniti della lectina che lega il mannosio e che interferiscono con mento in Africa e in Asia. Nel 2006, 60 milioni di adulti e bambini
la polimerizzazione della proteina plasmatica che attiva il comple- hanno contratto IIAIDS nel mondo e quasi 20 milioni di essi sono
mento perla via mediata dalla lectina. Anche questi deficit aumen- morti. Circa 33 milioni di persone convivono con IIHIV/AIDS: il
tano la suscettibilità alle infezioni. 65% in Africa e il 20% in Asia; la prevalenza negli adulti nell°Africa
Llangioedema ereditario è causato da un deficit dell'inibitore di subsahariana è superiore all'8%. Nel 2006 il numero di nuove infe-
C1.'2° Questa malattia autosomica dominante è più comune dei zioni da HIV è stato di circa 2,5 milioni, e i decessi sono stati 2,1
deficit del complemento. L'inibitore di C1 è un inibitore delle proteasi milioni. Nonostante il quadro desolante, ci sono però buone notizie.
che attivano vari enzimi: Cir e Cis della cascata del complemento, Grazie alle misure igienico-profilattiche, il tasso di infezione sembra
i
il fattore XII della coagulazione e il sistema della callicreina. Come diminuire e si ritiene che il picco di infezioni sia stato raggiunto
discusso nel Capitolo 2, queste vie sono strettamente correlate e la negli anni Novanta. Inoltre, grazie ai progressi della terapia antivi-
loro attivazione incontrollata genera peptidi vasoattivi, come la rale, la mortalità della malattia si è ridotta. Questo aspetto ha però
bradichinina. L”esatta natura del composto bioattivo prodotto nell'an- un risvolto tragico: con l°aumentare del numero di persone che
gioedema ereditario è incerta, ma questi pazienti vanno incontro a convivono con l'HIV, il rischio di diffusione dell°infezione aumenta
episodi ricorrenti di edema della cute e delle mucose laringea e se si riducono le misure di vigilanza.
gastroenterica. In seguito a piccoli traumi o stress emotivi l'angioe- Lienorme carico sociosanitario dell)AIDS ha stimolato enorme-
dema può provocare nausea, vomito, diarrea o asfissia potenzial- mente la ricerca sull”HIV e sulla sua grande abilità nell'inattivare le
mente letale. Gli attacchi acuti di angioedema ereditario sono trattati difese delllospite. La letteratura sull'AIDS è vasta e in espansione.
con concentrati di inibitore di C1 estratti da plasma umano. Riassumeremo in questo capitolo i dati epidemiologici, patogenetici
Anche l'emoglobinuria parossistica notturna è causata da deficit e clinici disponibili sull'argomento.
di altre proteine regolatorie del complemento. La malattia è dovuta
a mutazioni degli enzimi che regolano le interazioni del glicosil-
Epidemiologia
fosfatidil-inositolo, essenziali per Fassemblaggio del fattore che ac-
celera la degradazione (DAF) e di CD59, due proteine di membrana Gli studi epidemiologici hanno identificato negli USA cinque gruppi
che controllano l`attivazione del complemento” L'attivazione in- a rischio di AIDS nella popolazione adulta. La distribuzione dei casi
controllata del complemento legato alle membrane eritrocitarie è in questi gruppi è la seguente:

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maschi omosessuali o bisessuali sono il gruppo più numeroso: ulcera venerea ed herpes. Anche altre infezioni a trasmissioni
oltre il 50% dei casi riportati, di cui circa il 5%, fa anche uso di sessuale, come la gonorrea e la clamidia, favoriscono la trasmissione
droghe iniettive. La trasmissione dell”AIDS in questa categoria è dell”HIV, forse perché la flogosi causa un aumento del numero di
in declino: nel 2005, circa il 48% di nuovi casi è stato attribuito cellule infiammatorie nel liquido seminale, favorendo la concen- l
al contagio tra omosessuali di sesso maschile. trazione del virus e delle cellule infette nei fluidi genitali.
O I tossicodipendenti non omosessuali chefanno uso di droghe iniet- O La trasmissione parenterale dell'HIVè documentata in tre gruppi
tive sono il secondo gruppo per numerosità: circa il 20% dei di soggetti: tossicodipendenti che fanno uso di droghe iniettive,
casi. emofiliaci trattati con concentrati di fattori VIII e IX ed emotra-
O Gli emofiliaci, specie se trattati con dosi massicce di concentrati sfusi occasionali. Dei tre, i tossicodipendenti sono il gruppo di
di fattore VIII o IX prima del 1985: fino allo 0,5% circa dei casi. gran lunga più numeroso e il contagio è dovuto alla condivisione
O Gli emotrasƒusi con sangue intero o emoderivati non emofiliaci, di aghi, siringhe e altro armamentario contaminato da sangue
trasfusi con sangue intero o emoderivati (ad es. piastrine, plasma) infetto da HIV.
infetti da HIV: circa l'1% dei pazienti. (Anche gli organi da do- La trasmissione da emotrasfusioni o emoderivati (fattore VIII
natore infetto da HIV possono trasmettere l'AIDS). liofilizzato e concentrati di fattore IX), è stata virtualmente eli-
O I contatti eterosessuali dei soggetti a rischio (soprattutto tossico- minata grazie all'uso di fattore VIII ricombinante e a tre provve-
dipendenti): circa il 10% dei casi. Nel 2005 il 30% circa dei nuovi dimenti igienico-sanitari: controllo del sangue e degli emoderivati
casi erano attribuibili a contatti eterosessuali. Questo è il gruppo per gli anticorpi anti-HIV, criteri stringenti di purezza per le
più in crescita, specie tra le donne; nelllAfrica subsahariana, dove preparazioni di fattore VIII e IX e screening anamnestico dei
il tasso di infezione stimato è di circa 10.000 nuovi casi al giorno, donatori. Persiste comunque un rischio minimo di contrarre
oltre la metà dei soggetti infetti sono donne. i
l'AIDS da emotrasfusioni sieronegative poiché i soggetti con in-
O In circa il 5% dei casi, i fattori di rischio non possono essere i
fezione recente possono essere sieronegativi. Tale rischio è sti- il
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determinati. mato attualmente intorno a 1 su oltre 2 milioni di unità di sangue l

trasfuso. È ora possibile rilevare nel sangue l'antigene p24 dell`HIV


L'epidemiologia dell'AIDS è molto diversa in età pediatrica, sotto prima dello sviluppo della risposta anticorpale e quindi è proba-
i 13 anni. Quasi il 2% dei casi di AIDS rientra in questa classe di età, bile che, in futuro, anche questo minimo rischio residuo si riduca
con oltre 500.000 nuovi casi e circa 400.000 morti riportati nel mon- ulteriormente.
do nel 2006. La maggior parte dei pazienti pediatrici contrae l'infe- O La trasmissione verticale madre-figlio è la causa principale di AIDS
zione per trasmissione da madre a figlio (come vedremo più pediatrico. Le madri infette trasmettono l°infezione ai figli in tre
avanti). modi: (1) in utero per diffusione transplacentare; (2) durante il
L'HIV si trasmette nelle condizioni che favoriscono lo scambio parto attraverso il canale del parto infetto; e (3) dopo la nascita l
di sangue, fluidi corporei infetti o cellule infette. Quindi le tre prin- con Fallattamento al seno. La trasmissione durante il parto (in-
cipali vie di trasmissione sono la trasmissione sessuale, l'inoculo trapartum) e nel periodo immediatamente successivo (peripar-
parenterale e la trasmissione dalle madri infette aifigli neonati. tum) è la più comune negli USA. Il tasso di trasmissione riportato i
i
varia dal 7-49% in vari Paesi del mondo. Il rischio è più elevato i
O La trasmissione sessuale è la modalità principale ed è responsabile se la madre ha una carica virale elevata e bassi livelli di linfociti
di oltre il 75% delle infezioni. Negli USA si verifica principalmen- T CD4+ e in caso di corioamnionite. Negli USA, grazie alla som-
te tra omosessuali di sesso maschile. Il virus, presente nel liquido ministrazione della terapia antiretrovirale in gravidanza, la tra-
seminale, penetra nell'organismo del ricevente attraverso le abra- smissione verticale madre-figlio è stata virtualmente eliminata.
sioni della mucosa rettale e orale o per contatto diretto con l'epi-
telio mucoso. Il contagio avviene in due modi: (1) per inoculo Il timore che l'infezione da HIV possa diffondersi al di fuori dei
diretto nei vasi sanguigni nei quali i microtraumi creano una gruppi a rischio è elevato, sia tra il personale sanitario che nella
breccia e (2) per infezione delle cellule dendritiche e dei linfociti popolazione generale. Ampi studi, però, indicano che l 'infezione da
T CD4+ intramucosi. La trasmissione eterosessuale, inizialmente HIV non si trasmette attraverso i contatti interpersonali occasionali
meno frequente negli USA, è globalmente la forma di infezione (in casa, al lavoro o a scuola). L”infezione da punture d'insetto è
più comune. Negli ultimi anni, però, anche negli USA la trasmis- virtualmente impossibile. Il rischio di infezione per il personale sa-
sione eterosessuale è aumentata più velocemente degli altri tipi di nitario invece esiste, anche se è molto basso. La sieroconversione
contagio. Il virus si sta diflfondendo rapidamente tra le donne, dopo puntura accidentale con ago infetto e a contatto della cute lesa
soprattutto quelle con partner maschi tossicodipendenti che con sangue infetto in incidenti di laboratorio è documentata. Il ri- i
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fanno uso di droghe iniettive e quindi il numero di donne affette schio di sieroconversione in caso di punture accidentali da ago infetto
da AIDS sta aumentando velocemente. In Asia e in Africa, con- è stato stimato intorno allo 0,3% e la somministrazione della terapia
trariamente agli USA, la trasmissione eterosessuale è sempre stata antiretrovirale nelle prime 24-48 ore riduce il rischio di infezione di i

la forma principale di contagio. otto volte. Al confronto, il 30% circa dei soggetti esposti accidental-
Oltre alla trasmissione uomo-uomo e uomo-donna, è dimostrata mente a sangue infetto da virus dell'epatite B diventa sieropositivo.
anche la trasmissione donna-uomo. L'HIV è presente nelle secre-
zioni vaginali e nell'epitelio cervicale delle donne sieropositive. Negli
USA, la trasmissione donna-uomo è circa 20 volte più rara di quella
Eziologia: le proprietà dell'HlV l
uomo-donna, ma in Africa e in parte dell'Asia, il rischio è molto L)AIDS è causato dall'HIV, un retrovirus umano non trasformante
più elevato, verosimilmente a causa di infezioni concomitanti a della famiglia dei lentivirus che comprende il virus dell'immunode-
trasmissione sessuale. La trasmissione sessuale delllHIV è sempre ficienza felina, il virus delllimmunodeficienza della scimmia, il virus
favorita dalla presenza di infezioni concomitanti a trasmissione Visna delle pecore, il virus delfimmunodeficienza bovina e il virus
sessuale, soprattutto se queste causano ulcere genitali, come sifilide, dell'anemia contagiosa equina. lI

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_ .. › stati isolati dai pazienti con AIDS due ceppi HIV genetica- gp41 p17 (matrice)
mente diversi ma correlati: HIV-1 e HIV-2. L'HIV-1 è più comune-
mente associato aIl°AIDS negli USA, in Europa e nell'Africa Centrale, gp120\ 2.
`il
mentre l`HIV-2 causa una malattia simile soprattutto in Africa oc-
cidentale e in India. Sono disponibili test specifici per l°HIV-2 e il p24
sangue è sottoposto a screening di routine per la sieropositività Doppio strato
HIV-1 e HIV-2. In questo capitolo descriveremo soprattutto l'I-IIV-1 lipidico
e le malattie correlate, ma i dati riportati sono applicabili general- lntegrasi
mente anche all'HIV-2. il
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Proteasi -
RNA ff'
Struttura delI'HI V
Transcripfasi
Come la maggior parte dei retrovirus, il virione HIV-1 è sferico e inversa '
ha un nucleo centrale elettrondenso, a forma di cono, circondato da
un involucro lipidico derivato dalla membrana della cellula ospite
(Fig. 6.43). Il core virale contiene (1) la proteina capsidica principale
p24; (2) la proteina nucleocapsidica p7/p9; (3) due copie di RNA l
genomico; e (4) i tre enzimi virali (proteasi, transcriptasi inversa e l
integrasi). p24 è l'antigene virale di più facile identificazione ed è il
bersaglio degli anticorpi utilizzati per la diagnosi di infezione da
HIV nei test immunoenzimatici di uso comune (ELISA). Il core - Struttura del virus dell'immunodeficienza umana di tipo i
(HIV)-l. La particella virale è rivestita da un doppio strato lipidico derivato
virale è circondato dalla proteina p17, una proteina della matrice dalla cellula ospite, dal quale sporgono le glicoproteine virali gp4l e
localizzata sotto l'involucro virale. Alla superficie dell”involucro gpi20. l
virale sporgono due glicoproteine virali, gp120 e gp4i, che hanno
un ruolo chiave nell”infezione delle cellule.
Il genoma a RNA dell'HlV-I contiene i geni gag, pol ed env, tipici incontro a grave deplezione e all”inibizione funzionale dei linfociti
dei retrovirus (Fig. 6.44). I prodotti dei geni gag e pol sono inizial- T helper residui.m'“2 Anche i macrofagi e le cellule dendritiche sono
mente tradotti in grossi precursori che vengono scissi dalle proteasi infettati dalllHIV. L'HIV penetra nell'organismo attraverso le i
virali per generare le proteine mature. Gli inibitori della proteasi mucose e il sangue e inizialmente infetta i linfociti T, le cellule den-
sono farmaci anti-HIV-I altamente eflìcaci che impediscono l'as- dritiche e i macrofagi. Il virus colonizza i tessuti linfoidi, dove può l

semblaggio virale inibendo la formazione di proteine virali mature. rimanere latente per lunghi periodi. La replicazione virale attiva
Oltre a questi tre geni retrovirali standard, l'HIV contiene vari geni causa l'infezione di nuove cellule e la progressione verso IIAIDS.
accessori: tat, rev, vif nef, vpr e vpu, che regolano la sintesi e l°assem- Descriveremo prima la penetrazione del virus nei linfociti T e nei
blaggio delle particelle virali infettive e la patogenicità del virus.12“`““ macrofagi e il ciclo replicativo del virus all”interno delle cellule.
Ad esempio, il prodotto del gene tat (transattivatore) ha un ruolo Seguirà poi una descrizione dettagliata delle interazioni tra l'HIV e
chiave nella replicazione virale e aumenta di 1.000 volte la trascri- le cellule bersaglio.
zione dei geni virali. Le funzioni delle altre proteine accessorie sono
indicate nella Figura 6.44. Ciclo vitale dell'HlV
Llanalisi molecolare dei vari ceppi di HIV-1 isolati ha rivelato una
variabilità considerevole di alcune parti del genoma virale. La mag- Il ciclo vitale dell'HlV comprende variefasi: infezione delle cellule,
gior parte delle varianti si concentra in determinate regioni delle integrazione del provirus nel genoma della cellula ospite, attivazione
glicoproteine delllinvolucro. Dato che la risposta immunitaria umo- della replicazione virale eproduzione e rilascio di virioni infettivi
rale contro l'HIV-1 è diretta contro l'involucro, la variabilità dell'in- (Fig. 6.45).'” Le molecole e i meccanismi propri delle varie fasi sono
volucro è un grosso problema per lo sviluppo dei vaccini basati su in gran parte noti nei dettagli.
un unico antigene. L”analisi genetica ha consentito di classificare Infezione delle cellule. L'HIV infetta le cellule usando la molecola
l°HIV-1 in tre sottogruppi: M (maggiore), O (esterno) e N (né M né CD4 come recettore e vari recettori delle chemochine come corecettori
O). I ceppi M sono i più diffusi nel mondo, e sono ulteriormente (Fig. 6.45). Questo spiega il tropismo selettivo del virus per i linfociti
distinti in sottotipi da A a K. I vari sottotipi (o cladi) hanno una T CD4+ e le altre cellule CD4+, in particolare monociti/macrofagi
diversa distribuzione geografica: ad esempio, il clade B è più comune e cellule dendritiche. Il legame al CD4, però, non è sufiìciente per
in Europa occidentale e negli USA mentre il clade E è più comune l'infezione; il gp120 dell°HIV deve interagire anche con altri recettori
in Thailandia. Il clade C è quello a diffusione più rapida a livello di membrana (corecettori) per penetrare nella cellula. I recettori delle
mondiale ed è presente in India, Etiopia e Africa meridionale. chemochine CCR5 e CXCR4 hanno questa funzionem I ceppi di
HIV isolati si possono distinguere in base al tropismo per corecettori
diversi: i ceppi R5 utilizzano CCR5, i ceppi X4 utilizzano CXCR4 e
Patogenesi deIl'infezione da HIV e dell'AlDS alcuni ceppi (R5X4) hanno il doppio tropismo (CCR5/CXCR4). Nel
L”HIV infetta molti tessuti, ma i bersagli principali sono il sistema 90% circa dei casi di infezione acuta e nelle fasi precoci delllinfezione,
immunitario e il sistema nervoso centrale. Gli effetti immunologici e il ceppo HIV-R5 (M-tropico) è il virus dominante nel sangue. Con
neurologici delllinfezione da I-IIV sono esaminati separatamente. il progredire dell'infezione, però, si accumula progressivamente il
La grave immunodepressione, che colpisce soprattutto l`immunità virus T-tropico; un ceppo particolarmente virulento che può infettare
cellulo-mediata, è il marchio dell`AIDS. L'immunodeficienza è molti linfociti T e perfino i precursori timici, responsabile della grave
dovuta principalmente all'infezione dei linfociti T CD4+ che vanno deplezione linfocitaria e della profonda immunosoppressione.
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CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario
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Lunga sequenza Fattore di infettività Proteina virale U Proteina dell'involucro Effettore negativo (p24)
ripetuta terminale
- Necessaria per l`inizio
della trascrizione
- Contiene regioni regolatorie
virale (p23)
- Neutralizza l'effetto inibi-
torio del fattore dell'ospite
- Promuove la
degradazione di
CD4 e stimola il
(APOBECSG), promuoven- rilascio di virioni
(99160) ' Riduce l'espressione
- Viene scissa nel reticolo 1 di CD4 e MHC-I nelle
endoplasmatico in gpt 20
(SU) e gp41 (TM)
cellule infette
- Potenzia l'infettivita virale
l
che legano i fattori di do la replicazione virale - gp12O lega CD4 e il ~ ln assenza di Nef la
trascrizioni dell'ospite recettore delle chemo- progressione della malattia l
(NF-KB, NFAT, Sp1,TBP) chine, mentre gp41 è significativamente I
- Contiene un elemento induce la fusione più lenta v
transattivatore dell'RNA
(TAR) che lega Tat
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Pr559“9 Polimerasi Proteina virale R Regolatore della Attivatore trascrizio-
- Poliproteina scissa dalla - Codifica per vari (P15) espressione genica nale (p14)
proteasi virale in: enzimi virali: Potenzia la virale (p19) - Potenzia fallungamento
- Proteina della matrice (p17) la proteasi (p10), replicazione virale - Promuove l'esporta- del DNA virale integrato li
I
Viene miristilata, con aumento la transcriptasi inversa Promuove l'infezione zione dal nucleo dei a opera della RNA
dell`affinità della poliproteina e l'RNAsi H (p66/51), dei macrofagi da pre-RNA virali che non polimerasi Il
Gag per i lipidi della membrana e l'integrasi (p32), tutti parte dell'HlV hanno completato
in modo da favorire Passemblag- processati dalla proteasi lo splicing
gio del virus sulla superficie
delle cellule
- Proteina capsidica (p24) i
Lega la ciclotilina A
- Proteina nucleocapsidica (p7)
Proteina che lega l'RNA I
-

interagisce con VPR; proteina


del core virale, implicata nelle fasi
terminali dell'assemblaggio
del virione
' i I i Genoma dell'HlV. Sono illustrati vari geni virali con le relative funzioni. I geni in rosso sono specifici dell'HlV; gli altri sono comuni a tuttii
retrovirus.

I dettagli molecolari dell'interazione tra le glicoproteine dell'HlV difettosi del gene CCR5 e sono resistenti alllinfezione e allo sviluppo
e i recettori cellulari sono stati identificati e sono importanti per dell'AIDS in seguito all'infezione con i ceppi HIV-R5.'25 Circa il 20%
l'elaborazione di strategie terapeutiche. L'involucro dell'HlV contiene dei soggetti è costituito da eterozigoti per questo allele CCR5 protet-
due glicoproteine, la proteina superficiale gp120, unita da legami non tivo; questi soggetti non sono protetti dall'AIDS, ma se si infettano
covalenti alla proteina transmembrana gp41. Il primo passo nelljinfe- l'esordio della malattia è in qualche misura ritardato. Gli omozigoti
zione è il legame della glicoproteina gp12O de1l'involucro virale alle per questa mutazione sono stati identificati solo raramente nelle
molecole CD4. Questo legame induce una modificazione conforma- popolazioni africane o dell”Est asiatico.
zionale che crea su gp120 un nuovo sito di legame per i corecettori Replicazìone virale. Dopo essere stato internalizzato, l°RNA
CCR5 o CXCR4. Il legame ai corecettori induce modificazioni con- genomico del virus viene retrotrascritto in DNA complementare a
formazionali in gp41 che portano all`esposizione del peptide di fusi- doppio filamento (cDNA; DNA provirale) (si veda Fig. 6.45). Nei
one, una regione idrofobica localizzata sulla porzione apicale di gp41. linfociti T quiescenti, il cDNA dellll-IIV può restare nel citoplasma
Questo peptide si inserisce nella membrana cellulare delle cellule in forma episomica lineare. Nei linfociti T proliferanti il cDNA si
bersaglio (ad es. linfociti T o macrofagi) e cosi il virus si fonde con la circolarizza, penetra nel nucleo e si integra nel genoma dell'ospite.
cellula ospite.“5 Dopo la fusione, il core virale contenente il genoma Dopo llintegrazione, il provirus può restare silente per mesi o anni
dell'HlV penetra nel citoplasma della cellula. I requisiti per il legame sotto forma di infezione latente. Oppure, il DNA provirale può essere
dell`HIV ai corecettori potrebbero avere implicazioni importanti nella trascritto, dando origine a particelle virali complete che gemmano
patogenesi dell'AIDS. Nelle cellule in coltura, le chemochine intral- dalla membrana cellulare. L”infezione produttiva associata ad ab-
ciano stericamente la penetrazione dell'HlV occupando i rispettivi bondante gemmazione virale uccide la cellula infetta.
recettori e quindi i livelli tissutali di chemochine potrebbero influire In vivo, l'HIV infetta i linfociti T, attivati e della memoria, ma
sull`efficienza dell'infezione in vivo. Anche i polimorfismi del gene llinfezione non è produttiva nei linfociti T vergini, nei quali è pre-
di CCR5 si associano a una diversa suscettibilità all'infezione da HIV. sente in forma attiva un enzima mutageno per il genoma dell°HIV.
Circa l`i% degli americani di razza bianca è portatore di due alleli L'enzima, dal nome impegnativo APOBEC3G (citidina deaminasi
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7 __, gp12O Cambiamento gp12O CD4 gp41 penetra nella Fusione dglla membrana
_ _ lega CD4 conformazionale lega CCR-5 membrana cellulare dell'HlV con la membrana
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La transcriptasi inversa sintetizza il DNA provirale 0”
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nel citoplasma
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dei virioni maturi 0' Ö' '

I'-IIGLJR/«\ 6.45 Ciclo vitale dell'HlV: sono riportate le varie fasi, dalla penetrazione nella cellula ospite alla produzione di virioni infettivi. lAdattata da:
Wain-Hobson S. Hl\/. One on one meets two. Nature 384:ll7, 1996. Copyright 1996, Macmillam Magazines Limited)

per l'editing dell'mRNA del gene APO B) è una citidina-deaminasi


136
stimolazione antigenica e dalle citochine, attiva le chinasi citopla-
che converte in uracile le citosine del cDNA virale prodotto dalla smatiche che fosforilano IKB destinandolo alla degradazione enzi-
trascrizione inversa. Queste mutazioni bloccano la replicazione del matica, rilasciando NF-KB che può quindi traslocare nel nucleo. Nel
DNA virale, con un meccanismo non chiaro. Con l'attivazione lin- nucleo NF-KB si lega a specifiche sequenze (siti KB) del promotore
focitaria l”enzima APOBECBG viene convertito in un complesso di vari geni, compresi quelli delle citochine, prodotte dai linfociti T
inattivo a elevato peso molecolare e questo spiega perché il virus può attivati. Anche le lunghe sequenze ripetitive terminali che fiancheg-
replicarsi solo nelle cellule della linea T e nei linfociti T attivati in giano il genoma dell'HlV contengono siti di legame per NF-KB,
precedenza (ad es. cellule della memoria). L'HIV, però, ha sviluppato attivabili quindi dallo stesso fattore di trascrizionef” Immaginate
un meccanismo per eludere questa difesa cellulare; la proteina virale ora un linfocita T CD4+ con infezione latente che incontra un an-
Vif che lega l'enzima APOBEC3G, promuovendone la degradazione tigene ambientale. L'attivazione di NF-KB in questo linfocita (una
a opera delle proteasi cellulari. risposta fisiologica) induce la trascrizione del DNA provirale
Nelle cellule con infezione latente, il ciclo vitale si completa solo dell”HIV (un esito patologico) e porta infine alla produzione dei
dopo l°attivazione cellulare e nella maggioranza dei linfociti T CD4+ virioni e alla lisi cellulare. Anche il TNF ele citochine prodotte dai
la replicazione virale causa la lisi cellulare. L”attivazione linfocitaria, macrofagi attivati, agiscono su NF-KB e quindi inducono la sintesi
indotta dalla stimolazione antigenica e dalle citochine, attiva i fattori di RNA dell'HlV. Sembra quindi che l'HIV prosperi con fattivazione
di trascrizione, come NF-KB, che inducono la trascrizione dei geni fisiologica dei macrofagi e dei linfociti T dellfospite, un fenomeno
delle citochine, come IL-2 e del suo recettore. Nei linfociti T quie- paragonabile a una rivoluzione dall”interno. In vivo l'attivazione
scenti, NF-KB è sequestrato nel citoplasma, complessato dalle pro- cellulare può derivare dalla stimolazione antigenica prodotta dallo
teine IKB (inibitori di KB). Llattivazione cellulare, indotta dalla stesso HIV o da altre infezioni concomitanti. I pazienti con infezione ii
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CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario
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,L I sono suscettibili a infezioni ricorrenti, che aumentano l'at- c u -tr a c k
Oltre all°effetto citopatico diretto, altri fattori potrebbero contri r
tivazione linfocitaria e la produzione di citochine proinfiammatorie. buire alla deplezione linfocitaria (si veda Fig. 6.46):“°
Questi fattori, a loro volta, promuovono la sintesi di nuove particelle 1
virali HIV, la deplezione di linfociti T CD4+ e la diffusione dell'in- O L'HlV colonizza gli organi linfoidi (milza, linfonodi, tonsille),
fezione. É facile perciò comprendere il circolo vizioso inesorabile distruggendo progressivamente la citoarchitettura e le compo-
che si istaura nei pazienti con AIDS e che culmina alla fine nella nenti cellulari del tessuto linfoide.
distruzione del sistema immunitario. 0 L°attivazione cronica dei linfociti T CD4+ non infetti che rispon-
dono all'HIV e alle infezioni comuni in questi pazienti, causa
l'apoptosi da attivazione di queste cellule.“°' “I Quindi il numero
Meccanismi dell'immunodeficienza delle cellule T
dei linfociti T CD4+ persi supera di gran lunga quello dei linfociti
nel/'infezione da H/V
infetti. Il meccanismo molecolare di questo tipo di morte cellulare
La deplezione dei linfociti T CD4+ è dovuta principalmente aII'inƒe- non è noto.
zione linfocitaria e allëfletto citopatico diretto della replicazione virale O Anche la deplezione dei precursori immaturi dei linfociti T CD4+
(Fig. 6.46).“8 ln un paziente infetto ogni giorno si producono circa può contribuire alla deplezione di queste cellule, a causa dell'in-
100 miliardi di nuovi virioni e ogni giorno muoiono 1-2 miliardi di fezione diretta dei progenitori timici e delle cellule accessorie if
linfociti T CD4+.l” Data la bassa frequenza in circolo di linfociti che secernono le citochine essenziali per la maturazione
infetti, si è a lungo ritenuto che Fimmunodeficienza fosse spropor- linfocitaria.
zionata rispetto alla gravità dellfinfezione e che quindi non potesse O Le cellule infette possono fondersi con quelle non infette
essere attribuita alla morte dei linfociti infetti. ln realtà, gran parte formando sincizi (cellule giganti). Nelle colture cellulari il gp120,
dei linfociti T infetti risiedono nelle mucose e nei tessuti linfoidi espresso dalle cellule con infezione produttiva, si lega al CD4 dei
periferici e la morte di queste cellule è la causa principale delllinces- linfociti T non infetti inducendo la fusione. Le cellule giganti si
sante deplezione linfocitaria, che diventa profonda nelle fasi terminali rigonfiano e muoiono in poche ore. Generalmente solo il ceppo
dell'infezione. Inoltre, fino a un certo punto il sistema immunitario T-tropico HIV-X4 forma sincizi e infatti è detto virus sincizi-
sostituisce i linfociti T che muoiono e quindi il tasso di deplezione inducente (SI), contrariamente al ceppo R5-NSI (non il
linfocitaria appare artificiosamente basso, ma con la progressione sinciziale). 1.
della malattia il turnover dei linfociti T CD4+ non riesce più a com- O L›apoptosi dei linfociti T CD4+ non infetti può anche essere
pensare le perdite. Due possibili meccanismi con cui il virus uccide causata dal legame di molecole gp12O solubili ai loro corecettori
le cellule infette sono: liaumento della permeabilità della membrana CD4, seguito dall°attivazione cellulare indotta dalla stimolazione
causato dalla gemmazione virale e Finterferenza della replicazione antigenica del TCR. È stato ipotizzato che questo cross-linking
virale con la sintesi proteica. delle molecole CD4 e l'attivazione dei linfociti T producano

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Replicazione virale nei


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Attivazione dei linfociti
T CD4+ non infetti
I linfociti T CD4+ esprimono
i peptidi dell'HlV
CTL anti-HIV

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Morte delle cellule infette
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Morte cellulare (apoptosi)
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I CTL anti-HIV uccidono
(effetto citopatico del virus) da attivazione le cellule infette
FIGURA 6.46 Patogenesi della deplezione dei linfocitiT CD4+ nell'infe-zione da Hl\/. ln figura sono riportati alcuni dei fattori noti e ipotetici responsabili
della deplezione dei linfocitiT causata dall'infezione da HIV, APC, cellula che presenta l'antigene; CTL, linfocitaT citotossico. i

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-gnali aberranti e attivino i processi di distruzione. I CTL CD8+
I, I, III I I I;.III.¬I II) I I1,I ,,Il' -.l.Y,
possono uccidere i linfociti T CD4+ non infetti rivestiti da mo-
lecole gp12O rilasciate dalle cellule infette. uNi=oPEN|A 1
Causata principalmente dalla deplezione selettiva dei linfociti T
La marcata deplezione di linfociti T CD4+, marchio dell'AIDS, è helper CD4+
la principale responsabile delfimmunodeficienza tardiva dell`infe-
zione da HIV, ma sono stati dimostrati anche deficit qualitativi DEFICIT FUNZIONALI DEI LINFOCITI T IN VIVO

concomitanti dei linfociti T, presenti anche nei sieropositivi asintoma- Deplezione preferenziale dei linfociti T attivati e della memoria
tici. I difetti identificati sono: la ridotta proliferazione linfocitaria Attenuazione dell'ipersensibilità ritardata I
dopo stimolazione antigenica, la ridotta risposta TH1 rispetto a
quella TH2, difetti di trasduzione del segnale e molti altri. Il venir
Suscettibilità alle infezioni opportunistiche
Suscettibilità alle neoplasie I
meno delle risposte THI genera un grave deficit dell`immunità cel- DEFICIT FUNZIONALI DEI LINFOCITI T IN VITRO
lulare, che rende i pazienti suscettibili alle infezioni virali e alle in-
fezioni intracellulari in genere. Si osserva anche una deplezione
Ridotta risposta proliferativa a mitogeni, alloantigeni e antigeni
solubili
Il
selettiva precoce dei linfociti della memoria del sottogruppo T helper Ridotta citotossicità
CD4+, responsabile delllinsuflìciente risposta anamnestica ad anti-
geni incontrati in precedenza.
Ridotta stimolazione della produzione anticorpale dei linfociti B a
opera dei linfociti T helper l
L”infezione cronica non produttiva o latente dei linfociti T (e dei
macrofagi, discussa più avanti) è un aspetto importante dell°infezio-
ne da HIV. É opinione generale che il provirus integrato possa
Ridotta produzione di IL-2 e IFN-y
ATTIVAZIONE POLICLONALE DEI LINFOCITI B

Ipergammaglobulinemia e immunocomplessi circolanti


I I

rimanere nelle cellule per mesi o anni, senza esprimere il virus


(infezione latente). Anche con le potenti terapie antivirali, che vir-
tualmente sterilizzano il sangue periferico, i virus latenti restano
nascosti nelle cellule CD4+ (linfociti T e macrofagi) nei linfonodi.
incapacità di sviluppare una risposta anticorpale verso antigeni
nuovi
Scarse risposte ai normali segnali di attivazione dei linfociti B in
vitro
I
In base ad alcune stime, lo 0,05% dei linfociti T CD4+ linfonodali
DEFICIT FUNZIONALI DEI MONOCITI E DEI MACROFAGI
presenta un'infezione latente. Questi linfociti T CD4+ sono cellule
della memoria, che sopravvivono a lungo per mesi o anni, e sono Ridotta chemiotassi e fagocitosi
Ridotta espressione delle molecole HLA di classe II
un serbatoio di virus. Ridotta capacità di presentare l'antigene ai linfociti T
I linfociti T CD4+ hanno un ruolo chiave nel controllo delle ri-
sposte immunitarie cellulari e umorali. La perdita di questa cellula HLA, antigeni leucocitari umani; IFN-y, interierone-y; ll.-1 ecc., interleuchi- l

ha quindi un effetto a cascata su tutte le componenti del sistema na-i ; TNF, fattore di necrosi tumorale.
immunitario, come riassunto nella Tabella 6.12.
I
che l'infezione iniziale dei macrofagi e delle cellule dendritiche I
Infezione di cellule non linfocitarie
potrebbe avere un ruolo importante nella patogenesi dell`AIDS.
Oltre all'infezi0ne e alla deplezione dei linfociti T CD4+, anche
l'infezione dei macrofagim e delle cellule dendritiche“'l ha un ruolo É stato riportato che anche i monociti non infetti presentano
importante nella patogenesi delFAIDS. Come per i linfociti T, la deficit funzionali inspiegabili con conseguenze potenzialmente ri-
maggior parte dei macrofagi infettati dall'HIV risiede nei tessuti e il levanti sulle difese dell'ospite: la riduzione delllattività battericida,
numero dei monociti infetti circolanti può essere basso. In certi della chemiotassi e della secrezione di IL-1, l'inappropriata secre-
tessuti, come polmoni e cervello, fino al 10-50% dei macrofagi sono zione di TNF e, soprattutto, la ridotta capacità di presentare l'anti-
infetti. L`infezione da HIV dei macrofagi presenta aspetti rilevanti: gene ai linfociti T. Inoltre, anche se pochi, i monociti circolanti
possono essere un veicolo di trasporto dell'HlV in varie parti del
O Sebbene la proliferazione della cellula ospite sia necessaria per la corpo compreso il sistema nervoso.
replicazione di gran parte dei retrovirus, l`HIV-I infetta i macro- È dimostrato che, oltre ai macrofagi, anche due tipi di cellule den-
fagi maturi, cellule terminali che non si dividono, e si moltiplica rlriticlie hanno un ruolo chiave nelfinfezione e nel suo mantenimento:
al loro interno. Questa proprietà dipende dal gene vpr. La pro- le cellule dendritiche delle mucose e le cellule dendritiche follicolari. C.
I
teina Vpr consente al complesso di prointegrazione dell)HIV di L'ipotesi attuale è che le cellule dendritiche delle mucose venga- I
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migrare nel nucleo attraverso i pori nucleari. no infettate dal virus e lo trasportino ai linfonodi regionali, dove
O Nei macrofagi infetti la gemmazione virale è relativamente scarsa,
ma queste cellule sono piene di virioni, spesso contenuti nei
l'infezione si trasmetterebbe ai linfociti T CD4+.'“ Anche le cellule
dendritiche esprimono un recettore simile alla lectina che lega spe-
I
vacuoli intracellulari. I macrofagi sono permissivi per la replica- cificamente l`HIV e lo presenta intatto, in forma infettiva, ai linfociti
zione virale, ma, contrariamente ai linfociti T CD4+, sono abba- T, infettandoli.“5 Le cellule deiidriticliefollicolari dei centri germinativi
stanza resistenti all'effetto citopatico dell'HlV. I macrofagi sono dei linfonodi, come i macrofagi, sono serbatoi potenziali di infezione.
quindi serbatoi di infezione, il cui prodotto è ben protetto dalle Alcune cellule dendritiche follicolari si infettano con l)HIV, ma la
difese delliospite. Nelle fasi terminali dell”infezione, quando i maggior parte dei virioni resta in superficie adesa ai processi dendri-
linfociti T CD4+ sono gravemente depleti, la replicazione virale tici. Le cellule dendritiche follicolari sono dotate di recettori Fc per le
può continuare grazie ai macrofagi.'“ Ig e intrappolano i virioni HIV rivestiti da anticorpi antivirali. Benché
O I macrofagi sono molto probabilmente la porta diingresso del ricoperti da anticorpi, i virioni adesi alla superficie delle cellule den-
virus. In oltre il 90% dei casi, infatti, nell'infezione acuta i ceppi dritiche follicolari, conservano la capacità di infettare i linfociti T
HIV circolanti sono soprattutto M-tropici. Un dato che suggerisce CD4+ che attraversano llintricata rete dei processi dendritici. I
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4 ricerca si è concentrata sulfinfezione dei linfociti T, dei ma- c u -tr ack

crofagi e delle cellule dendritiche, ma ipazienti con AIDS mostrano


anche gravi disfunzioni dei linfociti B. Paradossalmente cӏ uniatti- Infezione primaria Linf _ CGIIUIH
vazione policlonale dei linfociti B, con iperplasia dei centri germi- dei tessuti linfatici .t T È ' defldfiiißã
nativi (specie alliinizio della malattia), plasmacitosi midollare, associati alle mucose cla
CD4+ *"
ipergammaglobulinemia e immunocomplessi circolanti. Questa
attivazione può essere dovuta alfinterazione di vari fattori: una Drenaggio linfatico nei
concomitante riattivazione o reinfezione da citomegalovirus ed EBV, linfonodi e nella milza
due attivatori policlonali dei linfociti B; lo stesso gp41 stimola la
proliferazione e la maturazione dei linfociti B; infine, i macrofagi "ÖEì'\,
infetti producono più IL-6, che è mitogena per i linfociti B. Nono- Infezione dei
tessuti linfatici __
°' ¬` ( _ - _ '._ V
stante l'attivazione spontanea dei linfociti B, ipazienti con AIDS non
(ad es. lintonodo) VV T '51.' _
sono in grado di sviluppare risposte antícorpalí contro nuovi antigeni.
Questo potrebbe essere parzialmente dovuto alla carenza di linfociti
T helper, ma anche le risposte anticorpali contro gli antigeni T-in-
dipendenti sono soppresse e quindi sono probabilmente implicati Sindrome retrovirale acuta,
altri difetti intrinseci dei linfociti B. Llimmunodeficienza umorale disseminazione della viremia
infezione nell'organismo I
rende i pazienti con AIDS facile preda di infezioni disseminate da I,.
batteri capsulati, come S. pneumoniae e H. inƒluenzae, due batteri I

normalmente eliminati grazie agli anticorpi opsonizzanti.


CTL
immunitaria ami-H|v /Q ami_H|v
Patogenesi dei disturbi neurologici
I
I disturbi neurologici meritano una trattazione a parte perché il Controllo parziale
della replicazione virale
sistema nervoso e il sistema linfatico sono i principali tessuti bersa-
glio delllinfezione da HIV. Nelfencefalo le cellule bersaglio delfin-
fezione da HIV sono i macrofagi e la microglia (cellule macrofagiche Provirus I I
del sistema nervoso centrale).'“` L`ipotesi attuale è che l'HIV sia
I
trasportato nel sistema nervoso centrale dai monociti infetti. Coe- I
rentemente con ciò, i ceppi HIV isolati dalfencefalo sono quasi Latenza
clinica /
esclusivamente M-tropici. La patogenesi delle lesioni cerebrali resta
comunque oscura. Dato che l'HIV non infetta i neuroni e che l'entità Infezione latente lnfeüqne a_ bassa
delle lesioni neurologiche è spesso insufficiente a giustificare la gra- carica virale
vità dei sintomi, l”ipotesi più accreditata è che i deficit neurologici Infezioni
siano causati indirettamente da prodotti virali e fattori solubili rila- concomitanti; í>
sciati dalla microglia infetta (IL-1, TNF e IL-6). Anche l”ossido di citochine
azoto, indotto nei neuroni da gp41 potrebbe contribuire al danno. (es. TNF) II
É stato anche ipotizzato un effetto citopatico diretto sui neuroni da I
parte del gp12O solubile dell'HlV. Fieplicazione
virale attiva
e lisi dei linfociti
Storia naturale deII'infezione da HIV T CD4+
La malattia da HIV inizia con un'infezione acuta, che il sistema
immunitario adattativa riesce a controllare solo in parte, ed evolve in
un infezione cronica progressiva dei tessuti linfatici periferici (Fig.
AIDS Distruzione dei tessuti linfatici: I
6.47). La tipica via di ingresso del virus sono le mucose. La catena deplezione dei linfociti T CD4+
di eventi patogenetici e i quadri clinici conseguenti all”infezione
possono essere schematizzati in tre fasi: (1) la sidrome retrovirale 1-ng; iI:,›\.1I,-f:`/ Patogenesi dell'infezione da HIV-I. ll virus infetta inizialmen- I
acuta; (2) la fase cronica intermedia, asintomatica nella maggior te le mucose, colonizzando soprattutto i linfocitiT CD4+ della memoria e
parte dei casi; e (3) l'AIDS conclamata (Figg. 6.47 e 6.48).“"“2 le cellule dendritiche e si diffonde ai linfonodi. La replicazione virale causa
Infezioneprimaria, disseminazione virale e sindrome retrovirale la viremia ela disseminazione del virus nei tessuti linfatici. La viremia è I
controllata dalla risposta immunitaria dell'ospite (non mostrata) e il paziente
acuta. L”inƒezione acuta (iniziale) è caratterizzata dallinfezione dei entra in una fase di latenza clinica. In questa fase, la replicazione virale nei
linfociti T CD4+ della memoria (che esprimono CCR5) nel tessuto linfocitiT e nei macrofagi continua indisturbata, ma il sistema immunitario
linfatico associato alle mucose e dalla morte di molte cellule infettate. contiene in qualche modo l'infezione (non illustrato). La progressiva deple-
Dato che le mucose sono il serbatoio principale dei linfociti T e la zione dei linfocitiT CD4+ va avanti fino a che il numero dei linfocitiT CD4+
principale sede di residenza dei linfociti T della memoria, questa è significativamente ridotto e il paziente sviluppa il quadro clinico dell'AIDS
conclamato.
deplezione locale causa una significativa deplezione linfocitaria.“7'“8 CTL, linfocitaT citotossico.
Poche cellule infette sono identificabili in circolo e in altri tessuti.
All'infezione nelle mucose segue la disseminazione virale e la risposta
immunitaria dell'ospite Le cellule dendritiche intraepiteliali presenti
nelle sedi di ingresso dell°infezione catturano il virus e migrano nei

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Settimane Anni Settimane Anni
I I .IJÈ II. *II Decorso clinico dell'infezione da HIV. A. Subito dopo l'infezione primaria il virus si dissemina e si sviluppa la risposta immunitaria anti-HI\/,
spesso associata alla sindrome virale acuta. Nella fase di latenza, la replicazione virale prosegue ela conta dei linfocitiT CD4+ si riduce progressivamente,
fino a raggiungere un livello critico al di sotto del quale c'è un rischio sostanziale di patologie associate all'AlDS. (l\/lodificata da: Fauci AS, Lane HC: Human
immunodeficiency virus disease: AIDS e related conditions. In Fauci AS, et al Iedsl: Harrlsons Principles di Internal Medicine, 14th ed. NeWYorl<, l\/lcGraW-
Hill, 1997, p 1791) B. Risposta immunitaria anti-HIV. La risposta dei CTL CD8+ anti-HIV è dimostrabile a 2-3 settimane dall'infezione e raggiunge il picco a
9-12 settimane. In questa fase si ha una marcata espansione clonale dei CTL anti-HIV, che a 12 settimane possono arrivare al 10% dei CTL totali in alcuni
pazienti. La risposta umorale anti-HIV raggiunge il picco intorno alle 12 settimane.

linfonodi. Nei tessuti linfatici, le cellule dendritiche possono infettare progressione della malattia ed è un valido strumento clinico nella
ilinfociti T CD4+ per contatto diretto. Entro pochi giorni dalliinfe- gestione dei pazienti sieropositivi.
zione nei linfonodi è dimostrabile la replicazione virale. Essa si as- Dato che il venir meno del contenimento immunitario è indicato
socia a una fase viremica durante la quale un elevato numero di dal declino della conta dei linfociti T CD4+ circolanti, la stadiazione
virioni HIV è presente nel siero del paziente (carica virale elevata). CDC (Center for Disease Control and Prevention) stratifica ipazienti
Il virus si dissemina in tutto llorganismo infettando i linfociti T helper, con infezione da HIV in tre categorie in base alla conta linfocitaria I
imacrofagi e le cellule dendritiche dei tessuti linfatici periferici. (linfociti T CD4+/|.il): (1) 2 500 cellule/ul, (2) 200-499 cellule/p.l e
Con la disseminazione delllinfezione, il paziente sviluppa le (3) <20O cellule/p.l (Tab. 6.13). Ai fini delle decisioni terapeutiche la
risposte immunitarie antivirali umorali e cellulo-mediate.” Lo conta linfocitaria è forse l°indicatore più affidabile della progressione
sviluppo della risposta è dimostrato dalla sieroconversione (gene- della malattia a breve termine. Quindi il parametro clinico da valutare I
ralmente entro 3-7 settimane dalllinfezione) e dallo sviluppo di CTL per decidere quando è opportuno iniziare la terapia combinata anti-
CD8+ anti-HIV. I CTL CD8+ anti-HIV appaiono nel sangue perife- retrovirale è la conta dei linfociti T CD4+ e non la carica virale.
rico quando la carica virale inizia a diminuire e sono probabilmente Infezione cronicmƒase di latenza clinica. Nella successiva fase
responsabili del controllo iniziale dell'infezione. A partire dalla 12” cronica della malattia il virus si replica attivamente nei linfonodi e nella
settimana dopo finfezione, il sistema immunitario controlla par- milza, distruggendo progressivamente questi tessuti (si veda Fig. 6.47).
zialmente l'infezione e la replicazione virale; infatti la viremia si Questa fase è asintomatica o paucisintomatica ed è perciò detta fase
riduce notevolmente, senza però scomparire del tutto. di latenza clinica. In questa fase la maggior parte dei linfociti T cir-
La sindrome retrovirale acuta è il quadro clinico associato alla colanti non è infetta, ma la distruzione dei linfociti T CD4+ dei tessuti
disseminazione iniziale del virus e alla risposta dell'ospite.15° Si stima linfatici progredisce e la conta dei linfociti T CD4+ circolanti declina
che il 40-90% dei soggetti con infezione primaria sviluppi la sindrome progressivamente. Oltre il 90% dei circa 10" linfociti T delforganismo
I
virale, che compare generalmente a 3-6 settimane dalfinfezione e si risiede normalmente nei tessuti linfatici ed è stato stimato che l'HIV
I
risolve spontaneamente in 2-4 settimane. Clinicamente, la sindrome distrugga fino a 1-2 >< 10° linfociti T CD4+ al giorno. All”inizio della
retrovirale acuta è una malattia acuta autolimitante con sintomi aspe- malattia l'organismo può continuare a produrre linfociti T CD4+, e
cifici (angina, mialgie, febbre, calo ponderale e astenia), simile a una quindi i linfociti distrutti vengono prontamente sostituiti. In questa
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sindrome parainfluenzale. Altre manifestazioni possono comprende- fase l'infezione può riguardare fino al 10% dei linfociti T CD4+ degli
re: eruzioni cutanee, linfoadenopatia cervicale, diarrea e vomito. organi linfatici, ma la frequenza dei linfociti T CD4+ infetti circolanti
La carica virale al termine della fase acuta riflette l°equilibrio in qualsiasi fase può essere minore dello 0,1% dei linfociti T CD4+
raggiunto tra il virus e l`ospite e nel singolo paziente può rimanere totali. Alla fine, però, dopo vari anni, il ciclo continuo di infezione
relativamente stabile per anni. Questo livello viremico stabile, o “set- virale, morte linfocitaria e reinfezione riduce progressivamente il
point” virale, è un fattore predittivo della velocità di declino della numero di linfociti T CD4+ nei tessuti linfatici e in circolo.
conta dei linfociti T CD4+ e, quindi, della progressione verso l›AIDS Con la deplezione dei linfociti T CD4+ le difese dell'ospite decli-
conclamata. Uno studio ha rilevato che solo l'8% dei pazienti con nano progressivamente e aumenta la percentuale di linfociti T CD4+
carica virale inferiore a 4.350 copie di RNA virale per microlitro di infetti che sopravvivono e cosi pure il carico virale dei singoli linfociti.
sangue sviluppava l”AIDS conclamato nei 5 anni successivi, contro Come è prevedibile, anche la carica virale può aumentare quando
il 62% di quelli con carica virale maggiore di 36.270 copie.15l Da un l'ospite inizia a perdere la battaglia con il virus. Non è chiaro come
punto di vista pratico, quindi, la carica virale, misurata come con- l)HIV sfugga alla sorveglianza immunitaria, ma sono stati ipotizzati
centrazione dell'RNA dell'HlV, è un utile marcatore surrogato di vari meccanismi:152'153 (1) la distruzione dei linfociti T CD4+, essen- I
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Quadro clinico Conta dei linfo§tiT CD4+

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2500 cellule/ul 200-499 cellule/pil <200 cellule/p.I

A. Asintomatico, infezione acuta da HIV (primaria), o linfoadenopatia A1 A2 A3 1


generalizzata persistente
B. Sintomatico, non A non C B1 B2 B3

C. Condizioni indicative di AIDS: malattia costituzionale, malattia,


neurologica o neoplasia

Dati CDC (Centers for Disease Control and Prevention), centri USA per il controllo e prevenzione delle malattie: 1993 revisione della classificazione ed
estensione della definizione di sorveglianza dell'AlDS negli adolescenti e negli adulti. l\/IIVIWFI 41(FlFi-17):1, 1992.

ziali per una riposta immunitaria efficace, (2) la variazione antigenica Quadro clinico deIl'AlDS
e (3) la ridotta espressione di molecole MHC-I nelle cellule infette,
che impedirebbe il riconoscimento degli antigeni virali da parte dei Il quadro clinico dell'AIDS può essere facilmente desunto da
CTL CD8 +. In questa fase il virus può evolversi e cambiare i core- queste premesse e varia da una malattia acuta lieve a una grave
cettori utilizzati per infettare le cellule bersaglio, passando dall'utilizzo patologia. Avendo già discusso la sindrome acuta iniziale e la fase I
I
esclusivo di CXCR5 all'utilizzo alternativo di CXCR4 0 di entrambi cronica intermedia, ci limiteremo ora a descrivere la fase termi- i
i corecettori CCR5 e CXCR4. Il cambiamento di corecettori si associa nale, l'AIDS. Va sottolineato che il quadro clinico delfimmuno-
a un declino più rapido della conta dei linfociti T CD4+, presumibil- deficienza e le infezioni opportunistiche associate all'infezione da I
mente causato da un aggravamento dell`infezione linfocitaria. HIV possono essere diverse in diverse parti del mondo. Inoltre,
In questa fase di infezione cronica i pazienti sono generalmente il decorso della malattia è stato fortemente modificato dalle nuove
asintomatici 0 possono sviluppare infezioni opportunistiche minori, terapie antiretrovirali e molte complicanze un tempo devastanti
come la candidiasi orale (mughetto) e vaginale, fherpes zoster e ora sono rare.
talora la tubercolosi (comune nei Paesi poveri come l'Africa sub- Negli USA, il tipico paziente adulto con AIDS si presenta con
Sahariana). In alcuni casi può svilupparsi anche una trombocitope- febbre, calo ponderale, diarrea, linfoadenopatia generalizzata, l
nia autoimmune (Cap. 14). infezioni opportunistiche multiple, sintomi neurologici e spesso
AIDS. La fase finale è lo sviluppo de1l”AIDS conclamata, caratte- neoplasie secondarie. Le infezioni e le neoplasie elencati nella
rizzata dal crollo delle difese dell'ospite, dal sensibile rialzo della Tabella 6.14 fanno parte della “definizione di sorveglianza”
viremia e da sintomi clinici gravi e pericolosi per la vita. Il quadro dell'A1DS.
clinico è caratterizzato da febbre di lunga durata (>1 mese), astenia,
calo ponderale e diarrea. Dopo un lasso di tempo variabile, soprag-
giungono gravi infezioni opportunistiche, neoplasie secondarie e Il I I I I I I I III I-«I WI"
I 4
sintomi neurologici (classificati come malattie indice di AIDS) e si III . II. IIIIIIII III
fa diagnosi di AIDS.
In assenza di trattamento, la maggior parte dei sieropositivi, ma non INFEZIONI ELMINTICHE E PROTOZOARIE
tutti, sviluppa l'AIDS dopo una fase cronica di 7-10 anni. Le forme Criptosporidiosi o isosporidiosi (enterite)
atipiche sono i progressori rapidi e i non progressori a lungo termine. Toxoplasmosi (polmonite o infezione del SNC)
Nei progressori rapidi la fase cronica intermedia è abbreviata a 2-3 anni
dopo l'infezione primaria. Il 5-15% circa dei sierpositivi è costituito da MICOSI

non progressori a lungo termine, ossia soggetti con infezione da HIV Pneumocistosi (polmonite o infezione disseminata)
non trattata che restano asintomatici per 10 anni o più, con conta stabile Candidiasi (esofagea, tracheale 0 polmonare)
dei linfociti T CD4+ e bassa viremia (<50O copie/ml di RNA virale).l5¬' Criptococcosi (infezioni del SNC)
Coccidioidomicosi (disseminata)
Nell)1% circa dei pazienti infetti la viremia non è misurabile (50-75 lstoplasmosi (disseminata)
RNA copie/ml); questi soggetti sono detti “controllori di e'lite'É I pazienti
con questo raro quadro clinico sono stati molto studiati per identificare INFEZIONI BATTERICHE
i fattori virali e dell`ospite che influiscono sul decorso della malattia. I Infezioni micobatteriche ("atipiche" ad es. infezione disseminata
dati disponibili indicano che le variabili che determinano il decorso o extrapolmonare da Mycobacterium avium intracellulare; I
della malattia in questi pazienti sono eterogenee. La maggior parte dei tubercolosi polmonare 0 extrapolmonare)
ceppi virali isolati da questi pazienti non mostra anomalie qualitative Nocardiosi (polmonite, meningite, disseminata)
Salmonellosi disseminata
a indicare che il decorso non è attribuibile a un virus ineflìciente. Tutti
i casi mostrano una robusta risposta antivirale, ma i correlati immu- INFEZIONI VIRALI

nitari protettivi non sono stati identificati. Alcuni di questi pazienti Citomegalovirus (polmonite, enterite, retiníte, encefaliti)
hanno livelli elevati di linfociti T antivirali, sia CD8+ che CD4+, che Virus dell'herpes simplex (localizzato o diffuso)
si mantengono tali nel tempo per tutto il decorso delfinfezione. Si spera Virus della varicella-zoster (localizzato o diffuso)
Leucoencefalopatia progressiva multifocale
che studi futuri forniscano una risposta a questi interrogativi consen-
tendo di far luce sui meccanismi di progressione della malattia. SNC, sistema nervoso centrale.
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c u -tr a c k .si opportunistiche persistente, comune nei pazienti non trattati in fase avanzata, è spesso c u -tr a c k l

dovuta a infezioni protozoarie (ad es. Cryptosporidiimz, Isospora belli, i

Le infezioni opportunistiche sono la prima causa di morte nei pazienti o microsporidi) che causano diarrea acquosa cronica e profusa con
con AIDS. Queste infezioni sono in gran parte dovute a riattivazione massicce perdite di liquidi. Anche gli enterobatteri, come Salmonella I i
di infezioni latenti, normalmente tenute sotto controllo da un siste- e Sliigella, o M. avium intracellulare possono causare diarrea. l
ma immunitario efficiente ma non completamente eradicate perché
gli agenti infettivi si sono evoluti in modo da convivere con l'ospite.
Neoplasie
La frequenza effettiva di queste infezioni varia nelle diverse aree
geografiche e si è notevolmente ridotta grazie alle nuove terapie I pazienti con AIDS hanno una elevata incidenza di alcuni tumori, ` I
antiretrovirali altamente attive (HAART).l55 Riassumeremo comun- soprattutto il sarcoma di Kaposi (SK), il linfoma non I-Iodgkin a
que brevemente le infezioni opportunistiche più comuni. cellule B, il cancro della cervice uterina nelle donne e i tumori anali
Nel corso della malattia, il 15-30% circa dei pazienti con infezione negli uominifšó È stato stimato che il 25-40% dei pazienti con infe- I

da HIV non trattata sviluppa una polmonite da Piieunzac)/stisjiroveci zione da HIV non trattata sviluppano una neoplasia. Una caratteri-
(riattivazione di un'infezione latente contratta in precedenza). Prima stica comune di questi tumori è che si ritiene siano causati da virus
dellyavvento dell'HAART, questa infezione era il quadro clinico di a DNA oncogeni: il virus erpetico del sarcoma di Kaposi (sarcoma
esordio nel 20% dei casi circa, ma l'incidenza si è molto ridotta nei di Kaposi), l'EBV (linfoma a cellule B), il papillomavirus umano
pazienti che rispondono alla HAART. (carcinoma della cervice e carcinomi anali). Anche nei soggetti sani
Molti pazienti sviluppano infezioni opportunistiche diverse, le questi virus causano infezioni latenti che sono, però, tenute sotto
più frequenti sono causate da: Candida, citomegalovirus, micobat- controllo dal sistema immunitario competente. Il rischio oncogeno ›
terio atipico e tipico, Cryptococcus /zeojbrmans, Toxoplasma gondìi, dei pazienti con AIDS è dovuto principalmente al crollo delle difese l
i

Cryptosporidium, virus herpes simplex, papovavirus e Histoplasma immunitarie, che non riescono più a contenere le infezioni e bloccare
capsalatum. la riattivazione virale, e anche alla ridotta immunità antitumorale.
La candidiasi è la micosi più comune nei pazienti con AIDS e Sarcoma di Kaposi. Il SK, un tumore vascolare peraltro raro
colpisce frequentemente il cavo orale, la vagina e l'esofago. Nei negli USA, è la neoplasia più comune nei pazienti con AIDS. Il
pazienti con infezione asintomatica, la candidiasi orale è indice di quadro clinicopatologico del SK nei pazienti non infetti da HIV è
scompenso immunologico e spesso annuncia la transizione all'AIDS discusso nel Capitolo 11. All°inizio delfepidemia di AIDS, fino al
conclamata. La candidiasi invasiva è rara nell)AIDS e di solito si 30% dei sieropositivi maschi omosessuali o bisessuali sviluppavano
associa a neutropenia iatrogena e alla presenza di cateteri fissi. un SK, ma negli ultimi anni, con l'avvento della terapia antiretrovirale
Il citomegalovirus può causare un'infezione disseminata, ma a elevata attivita (HAART) la prevalenza si è ridotta notevolmente
generalmente colpisce gli occhi e llapparato gastroenterico. Prima da 15 su 1.000 pazienti a meno di 5 su 1.000.157 i
delfavvento dell'HAART, il 25% dei pazienti sviluppava la coriore- Il quadro istopatologico delle lesioni del SK è caratterizzato dalla
tinite, ma l'incidenza si è ridotta drasticamente dopo fintroduzione proliferazione di cellule fusiformi che esprimono marcatori delle
dell' HAART. La retinite da citomegalovirus colpisce quasi esclusi- cellule sia endoteliali (vascolari o linfatiche) che muscolari lisce (Cap.
vamente i pazienti con conta linfocitaria < 50/ ul. L'infezione gastro- ll). Il tumore è ricco di lacune vascolari a fessura che suggeriscono
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enterica, osservata nel 5-10% dei casi, si manifesta con esofagite e una derivazione dai precursori mesenchimali dei canali vascolari.
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colite, quesfultima associata a ulcere mucose multiple. Nelle lesioni del SK, inoltre, sono presenti infiltrati infiammatori
Nelle fasi avanzate, caratterizzate da profonda immunodepres- cellulari tipici della flogosi cronica. Varie caratteristiche indicano che
sione, possono anche svilupparsi infezioni disseminate da micobat- il SK non è un tumore maligno (nonostante il nome funesto).15“ Ad
teri atipici (principalmente M. aviam intracellulare). Con l`epidemia esempio, le cellule fusiformi del SK sono spesso policlonali o oligo-
di AIDS l'incidenza della tubercolosi è aumentata drasticamente. clonali, anche se le lesioni più avanzate a volte sono monoclonali. Le
Nel mondo la TBC è la causa di morte di un terzo dei pazienti con cellule fusiformi del SK, inoltre, sono per lo più diploidi e la prolife-
AIDS, ma negli USA è rara. Nei pazienti con AIDS la TBC è dovuta razione è dipendente dai fattori di crescita. Impiantate nel sottocutaneo
sia alla riattivazione di infezioni polmonari latenti sia a infezioni di topi nudi (immunodeficienti), queste cellule non formano tumori,
primarie. Contrariamente ai micobatteri atipici, le infezioni da M. ma inducono lo sviluppo transitorio di neovasi a fessura circondati da
tuberculosís si manifestano negli stadi precoci dell)AIDS. Come in infiltrati infiammatori. Questi neovasi ricordano il SK umano, ma
altri stati di immunodepressione, si può sviluppare una TBC pol- sorprendentemente sono di origine murina e quando le cellule SK
monare o disseminata ad altri organi. La disseminazione dipende umane vanno in involuzione anche questi elementi regrediscono. Sulla
dal grado di immunodepressione ed è più frequente nei soggetti con base di queste osservazioni, l'ipotesi patogenetica corrente per il SK è
basse conte linfocitarie. Desta preoccupazione il crescente numero che le cellule fusiformi producano fattori proinfiammatori e angioge-
di segnalazioni di ceppi micobatterici resistenti alla terapia antitu-
bercolare, isolati da questi pazienti.
nici che reclutano componenti infiammatorie e neovasali nella lesione,
le quali, a loro volta, generano segnali che promuovono la crescita e
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La criptococcosi colpisce il 10% circa dei pazienti e, come in altre la soprawivenza delle cellule fusiformi (Fig. 6.49).
forme di immunodepressione, si manifesta principalmente come Ma cosa scatena questo ciclo di eventi? Esistono prove certe che
meningite criptococcica. Nell)AIDS è frequente anche l'encefalite da il colpevole non sia l”HIV e che il SK sia causato dal virus erpetico
Toxoplasirza gondii, responsabile del 50% delle lesioni del sistema SK (KSHV) o virus erpetico umano di tipo 8 (HHV8).l5” Gli studi
nervoso centrale. epidemiologici e molecolari hanno evidenziato una correlazione tra
Il virus IC, un papovavirus umano, è un°altra importante causa l°HHV8 e lo sviluppo del SK. Il DNA dell°HHV8 è virtualmente
di encefalite nei pazienti con AIDS e causa una leucoencefalopatia presente in tutte le lesioni SK, comprese quelle dei sieronegativi per i
multifocale progressiva (Cap. 28). L'infezioi1eherpetica nei pazienti l'HIV e nelle lesioni l'HHV8 si localizza nelle cellule fusiformi, che l
con AIDS si manifesta con ulcere mucocutanee del cavo orale, nella maggior parte dei casi mostrano segni di infezione latente. I
dell'esofago, dei genitali esterni e della regione perianale. La diarrea L'infezione da I-IHV8, però, è una condizione necessaria ma non
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' " l =› !" Ipotesi patogenetica del sarcoma di Kaposi (SK). Èstato ipotizzato che l'H|\/, il virus erpetico SK (KSH\/; HHV8) e le citochine siano implicati
nella patogenesi del SK. Le citochine sono prodotte dalle cellule mesenchimali infettate da HHV8 o da cellule CD4+ infettate dall'Hl\/. Anche i linfociti B
possono essere infettati dall'HHV8 e sono verosimilmente responsabili dei linfomi a localizzazione nelle cavità corporee associati all'infezione da HHV8,
ma il loro ruolo nel SK non e chiaro.

sufficiente e per lo sviluppo di SK sono necessari altri cofattori. Nelle primitivi a localizzazione nelle cavità sierose) e alla malattia di Cast-
forme associate all”AIDS il cofattore è chiaramente l)HIV. (I cofattori leman multicentrica, un disordine linfoproliferativo dei linfociti B. -.___?.-£§í_
rilevanti per i SK sieronegativi per l'HIV non sono stati ancora Il quadro clinico del SK associato a1l›AIDS è diverso dalla forma
identificati). Il ruolo dell°HIV nello sviluppo del SK è dibattuto. sporadica (Cap. 11). Il SK associato all”AIDS è generalmente diffuso
L'ipotesi più semplice è che Fimmunodepressione causata dall'HIV - alla cute, alle mucose, alllapparato gastroenterico, ai linfonodi e ai
favorisca la disseminazione dell`HHV8, consentendogli di infettare polmoni - ed è tendenzialmente più aggressivo.
molte cellule fusiformi che verrebbero così stimolate a proliferare Lìnƒomì. I linfomi associati all'AIDS sono classificati in tre gruppi
in modo incontrollato. Un'altra ipotesi è che i linfociti T infettati in base alla sede: linfomi sistemici, linfomi del sistema nervoso
dall”HIV producano citochine e altri fattori che promuovono la centrale e linfomi delle cavità sierose.“°“ I linfomi sistemici colpisco- I
proliferazione e la sopravvivenza delle cellule fusiformi. Le due no i linfonodi ele sedi viscerali extranodali; l'80% dei linfomi asso-
ipotesi non si escludono a vicenda. ciati all'AIDS è di questo tipo. Il sistema nervoso centrale è la sede
Comunque non è ancora chiaro in che modo l'infezione da HHV8 extranodale più colpita, seguito dal tratto gastroenterico e, più ra-
induca il Sl(.'5`“ Come gli altri virus erpetici, l°HHV8 causa un”infe- ramente, da qualsiasi altra sede (ad es. orbita, ghiandole salivari, r

zione latente, con produzione di varie proteine che possono stimo- polmoni). La maggioranza di questi linfomi è costituita da tumori i

lare la proliferazione delle cellule fusiformi e inibire l”apoptosi (ad aggressivi a cellule B che si manifestano in uno stadio avanzato (Cap.
es. un omologo virale della ciclina D e vari inibitori di p53). Tali 13). Oltre ai linfomi sistemici non Hodglcin, anche il 20% dei linfomi
proteine potrebbero conferire alle cellule con infezione latente un associati all)AlDS colpisce primariamente il sistema nervoso centrale.
vantaggio proliferativo o di sopravvivenza che consentirebbe a que- Nei pazienti con AIDS il linfoma primitivo del sistema nervoso
ste cellule di iniziare a proliferare. Oltre all`infezione latente, però, centrale è 1.000 volte più frequente rispetto alla popolazione gene-
in un piccolo sottogruppo di cellule del SK il virus dà luogo a un°in- rale. I linfomi delle cavità sierose sono rari, ma sono interessanti per
fezione produttiva (ciclo litico) causando la morte cellulare e il la loro presentazione insolita sotto forma di essudati pleurici, peri-
rilascio di virioni infettivi. Il ciclo litico dell'HHV8 produce varie toneali e pericardici.
molecole segnale a effetto paracrino, tra le quali un omologo virale La patogenesi dei linfomi a cellule B associati all`AIDS è probabil-
dell'IL-6 e varie chemochine. Le chemochine sono verosimilmente mente legata alla persistente attivazione policlonale dei linfociti B,
responsabili della formazione degli infiltrati infiammatori caratte- seguita dall'emergenza di popolazioni mono- o oligoclonali di linfo-
ristici del SK. Il ruolo dell`IL-6 virale, invece, non è chiaro. Un”altra citi B. Llipotesi corrente è che nella frenetica proliferazione alcuni i
proteina virale generata dall”infezione produttiva è un recettore cloni subiscano mutazioni o traslocazioni cromosomiche di oncogeni l
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associato a proteine-G (GPCR) costitutivamente attivo. Questo o di geni oncosoppressori con conseguente trasformazione neopla-
GPCR è stato molto studiato perché la sua espressione attiva il
rilascio del fattore di crescita endoteliale (VEGF), che promuove
stica (Cap. 7). I linfonodi mostrano segni istologici di attivazione
dei linfociti B, ritenuta multifattoriale. I pazienti con AIDS hanno l r
l'angiogenesi nel tessuto circostante. É interessante notare che elevati livelli di citochine, alcune delle quali (ad es. IL-6) sono fattori
l'espressione del GPCR virale nei topi transgenici causa lo sviluppo di crescita dei linfociti B. Inoltre anche l'EBV, noto mitogeno e atti-
di lacune neovasali vagamente reminescenti quelle del SK. Vi sono vatore policlonale dei linfociti B, sembra contribuire allo sviluppo di
quindi forti indizi che llinfezione da HHV8, sia latente che produt- questi linfomi. La metà dei linfomi sistemici a cellule B e virtualmente
tiva, contribuisca alla patogenesi del SK. tutti i linfomi primitivi del sistema nervoso centrale mostrano uniin-
L'HHV8, però, non infetta solo le cellule endoteliali. Il virus è fezione latente da EBV. Un°altra prova dell”infezione da EBV è la
correlato filogeneticamente alla sottofamiglia dei virus erpetici leucoplachia orale villosa (estroflessioni biancastre della mucosa
linfotropici (herpesvirus-fy) e il suo genoma è dimostrabile nei linguale), causata dalla proliferazione dell”epitelio squamoso della
linfociti B dei soggetti infettati. Nei pazienti con AIDS, infatti, l'in- mucosa orale indotta dall'EBV (Cap. 16). Nei casi in cui non ci sono
fezione da KSHV si associa anche a rari linfomi a cellule B (linfomi tracce molecolari di infezione da EBV, altri virus e microrganismi l
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l c u - t r o scatenare la proliferazione policlonale dei linfociti B. Non 100.000 persone, durante il picco delliinfezione negli anni 1995- 1996, c u -tr
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ci sono prove che il virus HIV sia trasformante. Nei rari linfomi a circa 4 ogni 100.000 nel 2005. Attualmente, malattie associate
primitivi di effusione c'è sempre un'infezione latente da KSHV. all'AIDS, come le infezioni opportunistiche da R jiroveci e SK, sono
Con l'aumento della sopravvivenza, il numero dei pazienti con molto rare. Tuttavia, grazie alla notevole riduzione della mortalità, i
AIDS che sviluppano linfomi non Hodgkin è aumentato costante- un numero crescente di pazienti convivono con l'HIV e, essendo
mente. Si ritiene che il 6% circa dei pazienti con AIDS sviluppi portatori del virus, il rischio di diffusione dell'infezione aumenta.
linfomi non Hodgkin nelllarco della vita; un rischio circa 120 volte Nonostante i notevoli progressi, sono emerse varie complicanze
maggiore rispetto alla popolazione generale. Contrariamente al SK, associate all'infezione da HIV e alle relative terapie. Alcuni pazienti
fimmunodeficienza è chiaramente il principale fattore predisponen- con malattia avanzata trattati con la terapia antiretrovirale vanno
te. Sembra che il rischio sia particolarmente elevato nei pazienti con incontro a un peggioramento clinico paradosso nel periodo in cui
conte linfocitarie inferiori a 50/ ul. il sistema immunitario recupera le sue funzioni. Il peggioramento
Altri tumori. Oltre al SK e ai linfomi, i pazienti affetti da AIDS clinico si manifesta nonostante liaumento della conta linfocitaria e
hanno un°incidenza maggiore di carcinomi della cervice uterina e la riduzione della carica virale. Questo disordine è detto sindrome
del canale anale. Questi tumori sono in gran parte dovuti alla riatti- infiainniatoria da iininunoricostruzione.W Le basi patogenetiche di
vazione di infezioni latenti da papillomavirus umano (HPV), causata questa sindrome non sono chiare ma è stato ipotizzato sia causata
dalfimmunodepressione.161 Si ritiene che l'HPV sia strettamente dalla risposta mal controllata delliospite, attivata dall”elevata stimo-
associato al carcinoma squamoso della cervice uterina e alle relative lazione antigenica dovuta alla persistenza del virus. Forse la com-
lesioni preneoplastiche - la displasia cervicale e il carcinoma in situ plicanza più importante della terapia HAART a lungo termine sono
(Capp. 7 e 22). Dai dati dei consultori, risulta che la displasia cervicale gli effetti tossici, che comprendono: lipoatrofia (atrofia del tessuto
da HPV è 10 volte più frequente nelle donne sieropositive per HIV adiposo facciale), lipoaccumulo (deposizione centrale di grasso in

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rispetto alle donne sieronegative. Quindi I'esame ginecologico va eccesso), iperlipemia, resistenza insulinica, neuropatia periferica,
incluso tra gli esami di routine delle donne sieropositive per HIV. malattie cardiovascolari precoci, insuflficienza epatica e renale. I
meccanismi patogenetici responsabili di questi effetti collaterali non
sono chiari, ma è noto che la morbilità non associata all)AIDS è molto
Disturbi neurologici centrali
più comune della classica morbilità associata all'AIDS nei pazienti
L'interessamento del sistema nervoso centrale è frequente e clinica- trattati a lungo termine con la terapia HAART. Le principali cause
mente importante nell'AIDS. Il 90% dei pazienti mostra una qualche di morbilità sono il cancro (compresi i tumori non ritenuti associati
forma di lesione neurologica all”autopsia e il 40-60% ha sintomi all”AIDS), le malattie cardiovascolari precoci e Finsufficienza epatica
neurologici. È importante notare che in alcuni pazienti i segni neu- e renale. Molte di queste complicanze hanno un esordio precoce nei
rologici possono essere la prima o l'unica manifestazione dell”infe- pazienti sieropositivi per l'HIV rispetto ai soggetti sieronegativi. Il l

zione da I-IIV. Oltre alle infezioni opportunistiche e alle neoplasie, meccanismo patogenetico di queste complicanze non associate
il virus causa varie alterazioni istologiche: la meningoencefalite all'AIDS è ignoto, ma sono verosimilmente implicati la flogosi cro-
autolimitante al momento della sieroconversione, la meningite nica e/o i deficit linfocitari.
asettica, la mielopatia vacuolare, neuropatie periferiche e, più fre-
quentemente, l'encefalopatia progressiva designata clinicamente
come complesso della demenza da AIDS (Cap. 28). Morfologia Le alterazioni istologiche (tranne le lesioni ce-
rebrali) sono aspecifiche e non sono diagnostiche. In genere,
dal punto di vista istopatologico, l'AlDS è caratterizzata da
Effetti della terapia antiretrovirale sul decorso clinico
infezioni opportunistiche diffuse, SK e tumori linfatici. Queste
delI'infezione da H/V
lesioni sono trattate in altra sede perché si verificano anche
L'avvento dei nuovi farmaci antiretrovirali che inattivano la tran- in pazienti non infetti da HIV. Le lesioni cerebrali sono de-
scriptasi inversa, la proteasi e l'integrasi retrovirali ha modificato il scritte nel Capitolo 28.
quadro clinico dell)AIDS. Questi farmaci sono somministrati in Negli stadi precoci dell'infezione, le biopsie dei linfonodi au-
combinazione per ridurre l”emergenza di ceppi mutanti, resistenti ai mentati di volume mostrano una marcata ipeiplasia follicolare.
singoli farmaci e gli schemi terapeutici combinatori sono detti tera- Le zone mantellari intorno ai follicoli sono molto attenuate e
pia antiretrovirale a elevata attività (HAART) o terapia antiretrovirale i centri germinativi sembrano fondersi con l'area interfollico-
combinata. Sono disponibili attualmente oltre 25 farmaci antiretro- lare. Queste modificazioni, che interessano principalmente le
virali appartenenti a sei classi farmacologiche distinte. Nei pazienti zone B cellulari dei linfonodi, sono il corrispettivo istologico
motivati e aderenti alla terapia, la terapia combinata antiretrovirale dall'attivazione policlonale dei linfociti B e dell'ipergamma-
con almeno 3 farmaci efiicaci riduce invariabilmente la replicazione globulinemia tipiche dell'AlDS. Al microscopio elettronico e
virale dell'HlV a livelli non misurabili (<50 copie/ml di RNA virale) con l'ibridazione in situ, si possono identificare i virioni all'in-
eli mantiene tali indefinitamente (finché il paziente segue corretta- terno dei centri germinativi, che appaiono concentrati sui
mente la terapia). Se emerge un ceppo farmaco-resistente, sono processi villosi delle cellule dendritiche follicolari, presumibil-
disponibili varie opzioni farmacologiche di seconda e terza scelta in mente intrappolati sotto forma di immunocomplessi. Nella
grado di sopprimere la replicazione virale. Il blocco della replicazio- fase precoce dell'infezione, il DNA virale può essere identifi-
ne virale arresta la deplezione progressiva dei linfociti T helper cato nel nucleo dei linfociti TCD4+ localizzati prevalentemente
CD4+. Per vari anni la conta linfocitaria aumenta lentamente e nelle regioni parafollicolari. L'iperplasia dei linfociti B è indicata
spesso torna a livelli normali (anche se, per ragioni ignote, in una anche dalla tipica plasmocitosi midollare e dal frequente ri-
frazione significativa di pazienti con viremia soppressa la conta scontro di rouleaux negli strisci periferici (impilamento ano-
linfocitaria non risale a valori normali). Grazie a questi farmaci, negli malo degli eritrociti dovuto all'ipergammaglobulinemia).
USA il tasso di mortalità annua per AIDS si è ridotto da 16-18 ogni l
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capitolo poiché è una malattia sistemica che può interessare il sistem
Con la progressione della malattia, la proliferazione frenetica immunitario, anche se è probabilmente causata da difetti dell'assem-
dei linfociti B si spegne e lascia il posto a una profonda invo- blaggio delle proteine e solo alcune forme di amiloidosi si associano
luzione follicolare. lfollicoli appaiono depleti di cellule e la rete ad alterazioni immunologiche.
caratteristica delle cellule dendritiche follicolari è distrutta. I L'amiloide è una proteina patologica, che si deposita negli spazi
centri germinativi possono andare incontro a ialinizzazione. interstiziali di organi e tessuti e che caratterizza un 'ampia varietà di
Nelle fasi avanzate la carica virale linfonodale è ridotta, in parte quadri clinici. La deposizione di amiloide inizia in modo insidioso i
perla distruzione delle cellule follicolari dendritiche. Questi e a volte misterioso e quindi la diagnosi clinica si basa essenzialmen-
linfonodi "bruciati" sono piccoli e atrofici e vi si possono an- te sulfidentificazione istologica di materiale proteico con la tipica
nidare varie infezioni opportunistiche. Perla grave immunode- struttura amiloide in specifiche biopsie. Al microscopio ottico nei
pressione, la risposta flogistica antinfettiva, sia linfonodale che
extranodale, è scarsa o atipica. Ad esempio, a causa del deficit
campioni colorati con ematossilina eosina, l`amiloide appare come
una sostanza extracellulare amorfa, eosinofila e ialina, che accumu-
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di linfociti T CD4+, i micobatteri non inducono reazioni granu- landosi progressivamente comprime le cellule adiacenti provocan-
lomatose. In questi linfonodi apparentemente vuoti e negli altri done l'atrofia da compressione. Per differenziare l'amiloide da altri *r
organi, la presenza di infezioni può essere difficile da identifi- depositi ialini (ad es. collagene, fibrina), si utilizzano varie tecniche
care se non si utilizzano colorazioni specifiche. Naturalmente istochimiche, descritte più avanti. La più utilizzata è probabilmente
la deplezione linfocitaria non è limitata ai linfonodi; negli stadi la colorazione al Rosso Congo, che al microscopio ottico colora
avanzati dell'AlDS, anche la milza e il timo sono "depleti'.' l'amiloide in rosso-rosa, ma al microscopio a luce polarizzata con-
ferisce all'amiloide Fimpressionante e caratteristica birifrangenza
verde (Fig. 6.50).
Negli USA la mortalità si è ridotta con le nuove terapie antiretro- Anche se si colora sempre allo stesso modo e ha un aspetto uni-
virali, ma nei pazienti trattati il virus persiste e si annida nei tessuti forme, l'amiloide non è un 'entità chirnicainente distintafós Esistono
linfatici. È dimostrato che i pazienti che restano per anni asintoma- tre forme biochimiche principali di amiloide e varie forme minori. il
tici con viremia inesistente grazie alla terapia, sviluppano l”infezione Queste proteine si depositano nei tessuti con meccanismi diversi e
produttiva se sospendono il trattamento. Ma è possibile pensare a quindi l”aniiloidosi non va considerata un ”unica malattia, ma un
una terapia in grado di eliminare il virus? Sono stati fatti molti sforzi gruppo di patologie accomunate dall'accumulo di depositi proteici di
per sviluppare un vaccino, ma ci sono ancora molti ostacoli da su- aspetto simile. Alla base delfuniformità morfologica cè l'uniformità
perare prima che la profilassi vaccinale possa diventare i'ealtà.“3*““ strutturale delle proteine amiloidi descritte di seguito.
I ceppi virali isolati da pazienti diversi rivelano un grado allarmante l
di polimorfismo che rende estremamente difficile lo sviluppo di un
Proprietà delle proteine amiloidi l
vaccino. Il compito è complicato ulteriormente dal fatto che i cor-
relati della protezione immunitaria non sono chiari. Attualmente, i
Struttura fisica
cardini della lotta all'AIDS restano la prevenzione, le misure igienico-
sanitarie e i farmaci antiretrovirali. Al microscopio elettronico l'amiloide è formata da fibrille continue,
non ramificate, di circa 7,5-10 nm di diametro. Liultrastruttura è
identica in tutti i tipi di amiloide. La cristallografia a raggi X e la
Amiloidosi spettroscopia all'infrarosso mostrano una caratteristica conformazio- r
ne a piani-[3 incrociati (Fig. 6.51). La conformazione è indipendente
Per molte patologie, oltre a quelle trattate in questo capitolo, si so- dal quadro clinico e dalla composizione chimica ed è responsabile
spetta una patogenesi autoimmune. Alcune sono trattate nei capitoli della caratteristica colorazione rossa e della birifrangenza verde
relativi ai singoli organi e sistemi. L'ami1oidosi è compresa in questo dell'amiloide colorata con il Rosso Congo.

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FlGUl`iA 6.50 Amiloidosi. A. Sezione di fegato colorata con Rosso Congo che mostra depositi di amiloide rosso-rosa nella parete dei vasi e lungo i sinu-
soidi. B. Notare la birifrangenza giallo-verde de|l'amiloide osservata al microscopio a luce polarizzata. (Per gentile concessione del Dr. Trace Worrell e Sandy
Hinn, Department of Pathology, University ofTexas Southwestern Medical School, Dallas TX)

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PITOLO 6 Malattie del sistema immunitario
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associato alle lipoproteine HDL. La produzione di SAA aumenta
nelle infiammazioni e fa parte della risposta di fase acuta; quindi
è associata alla flogosi cronica ed èperciò detta amiloidosi
secondaria. l
O La proteina B-amiloide (Aß) è un peptide di 4 kDa, costituente
principale delle placche cerebrali e dei depositi presenti nei vasi
cerebrali caratteristici della malattia di Alzheimer. La proteina
AB deriva dalla digestione proteolitica di una glicoproteina trans-
membrana, detta precursore dell'amiloide (APP). Questa forma
di amiloide è trattata nel Capitolo 28.
EÉ:IP||a;:
A Flosso
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Molte altre proteine biochimicamente diverse sono state identi-
ficate nei depositi di amiloide associati a varie forme cliniche. Le più
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in _ comuni sono le seguenti:
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.___ O La transtiretina (TTR), è una normale proteina sierica che tra-
_ ._ » ,,~ fa . _,
› . _ - tg 1; ,-1 :_ . -~ .-'-›;:›'; sporta la tiroxina e il retinolo. Nella polineuropatia amiloide
. I -fil “ff ~ `›_ 'If` ' -2 I familiare, un gruppo di malattie ereditarie caratterizzate da mu-
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. . 1,., tazioni della TTR, si depositano sia la TTR mutata che i relativi

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_,r.,.` . . frammenti.'“ Sono state identificate varie mutazioni della pro-
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teina TTR che contribuiscono al suo accumulo tissutale sotto
*Wi forma di amiloide. Anche negli anziani la TTR si deposita nel
\ 7 *ât '7'r-is. §§.T;~_.+f': §
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_ '~,_,` i', , A _ _ miocardio (amiloidosi sistemica senile), ma in questi casi la se-
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4fili» "-raf.. - * “` ti ~ quenza amminoacidica della proteina è normale.
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O La ,B2-inicroglobulina, una componente delle molecole MI-IC-le
A ' Q , ~\ C. ~ -:*;, normale proteina plasmatica, è la subunità fibrillare (Aßzm)
delfamiloidosi associata all'emodialisi cronica.
I Lf ti ll;/\ ;1.ì;l Struttura dell'amiloide. A. Rappresentazione schematica di
una fibrilla amiloide che mostra quattro catene proteiche (ce ne possono
O Le proteine prioniclie. In una minoranza di casi di encefalopatia
essere fino a sei per fibrilla) disposte a elica e le molecole di Rosso Congo da prioni, queste proteine mal assemblate si aggregano nell”in-
legate alla fibrilla a intervalli regolari. B. La colorazione al Fiosso Congo terstizio e acquisiscono le caratteristiche strutturali e di colora- i
mostra la caratteristica birifrangenza verde-mela al microscopio a luce zione delliamiloide. Per questo le malattie da prioni sono a volte
polarizzata, che consente di fare diagnosi di amiloidosi. C. Fotografia al considerate esempi di amiloidosi locale.
microscopio elettronico di fibrille amiloidi di 7,5-lOnm. (Da: Merlini G e
Bellotti \/. Molecular mechanisms of amyloidosis. N Engl J Med 349:583-
Nell'amiloidosi, inoltre, sono sempre presenti altre componenti pl
596, 2003, per gentile concessione della Massachusetts Medical
Society) minori: la componente P sierica dell'amiloide, i proteoglicani e i
glucosaminoglicani solforati. La componente P sierica contribuisce
Struttura chimica alla formazione delliamiloide stabilizzando le fibrille e riducendone
feliminazione.
Il 95% circa dell'amiloide è formato da fibrille proteiche e il restante
5% dalla componente P e da altre glicoproteine. Delle oltre 20 protei- Patogenesi
ne aniiloidi identificate, tre sono le piùfrequenti: (1) l'aniiloide da catene

l
leggere (amiloidosi AL), derivata dalle catene leggere delle Ig prodotte L'a›nil0idosi deriva da un errato assemblaggio delle proteine, che si
dalle plasmacellule; (2) la sieroamiloide A (associata all'a›niloide o depositano sottoƒornia difibrille negli spazi interstiziali distruggendo
amiloidosi sistemica reattiva o amiloidosi AA) derivata da un'unica la normalefunzione dei tessuti. 165” Le proteine mal assemblate sono
proteina non immunoglobulinica prodotta dal fegato; e (3) la spesso instabili e tendono ad aggregarsi fra loro, formando oligomeri
l
B-amiloide, derivata dal precursore proteico della B-amiloide e pre- e fibrille che si accumulano nei tessuti. Il motivo per cui malattie
sente nelle lesioni cerebrali tipiche della malattia di Alzheimer. diverse si associano all'amiloidosi potrebbe essere che ciascuna di l
esse causa liiperproduzione di proteine che tendono ad assemblarsi l
1
O La proteina AL è formata dalle catene leggere complete delle in modo errato (Fig. 6.52). Le proteine amiloidi sono classificate in
immunoglobuline, dalle regioni N-terminali o da entrambi. La due categorie: (1) proteine normali con tendenza intrinseca all°as-
maggior parte delle proteine AL contiene catene leggere lt (o loro semblaggio improprio, alfaggregazione e alla formazione di fibrille
frammenti), ma può anche contenere catene K. L”amiloide fibril- e che quindi si aggregano se prodotte in eccesso e (2) proteine mu-
lare di tipo AL deriva dalla secrezione di catene leggere libere tate, strutturalmente instabili e inclini alfassemblaggio aberrante e
delle Ig a opera di un clone di plasmacellule e questo tipo di
amiloidosi si associa a determinate neoplasie plasmacellulari
alla conseguente aggregazione.
Normalmente, le proteine mal assemblate sono degradate dai
l
(Cap. 13). proteasomi all'interno della cellula, 0 dai macrofagi nell'interstizio.
Sembra che nellfamiloidosi, questi meccanismi di controllo di
l
O Uarniloidefilørillare AA, il secondo tipo principale, non ha omo-
logia di sequenza con le immunoglobuline. L”amiloide AA è una qualità siano difettosi causando un accumulo di proteine mal as-
l
proteina di 76 amminoacidi, con un peso molecolare di 8,5 kDa semblate all'esterno delle cellule. Questa ipotesi spiegherebbe la
e deriva dalla digestione proteolitica della sieroamiloide A (SAA), maggior parte delle forme di amiloidosi. Ad esempio, la SAA è
un precursore sierico di 12 kDa sintetizzato dal fegato, che circola sintetizzata dal fegato sotto l'influenza delle citochine (IL-6 e IL-1) ii
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CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario
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c u -tr ack PRODUZIONE DI LIVELLI ANOMALI PRODUZIONE DI LIVELLI c u -tr ack

DI UNA DETERMINATA PROTEINA NORMALI DI UNA PROTEINA


MUTANTE (ad es. transtiretina)
I I | 1
Stimolo Ignoto › infiammazione cronica Mutazione
(cancerogeno?)

Attivazione I

v
Pr9IIfe'a?I_°ne dei macrofagi
di linfociti B
monoclonali ii
lnterieuchine-1 e -6
1

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Precursore
solubile
L ' CGIIU le

Catene leggere
delle immunoglobuline
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.
protema SAA
Transtiretina
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Proteolisi Proteolisi Aggregazione


limitata limitata

FIBRILLE
|NSO|_UB“_, PROTEINA AL PROTEINA AA PROTEINA ATTR

Vif `i iii/`\_ 1; I1.'~' Patogenesi deil'arni|oidosi: meccanismi patogenetici ipotizzati per spiegare l'accumulo delle forme principali di amiloide. Si veda il testo
per Ie abbreviazioni.

che vengono prodotte nelle malattie infiammatorie; pertanto in- Amiloidosi primaria: discrasie immunologiche con I
fiammazioni di lunga durata fanno aumentare i livelli di SAA. amiloidosi
L'aumento della produzione di SAA, però, non è condizione suffi-
ciente per lo sviluppo di amiloidosi. Le possibili spiegazioni sono In questa categoria la distribuzione deIl'amiloide è di solito sistemica
due. La SAA è normalmente degradata in molecole solubili dagli e di tipo AL. É la forma più comune negli USA, con circa 1.275-3.200
enzimi monocitari. Secondo la prima ipotesi, l'amiloidosi potrebbe nuovi casi all”anno. In molti casi si associa a discrasie plasmacellulari.
derivare da deficit degli enzimi monocitari che, causando un'in-
completa degradazione della SAA, genererebbero molecole AA
La più definita è 1”incidenza dell°amiloidosi nel 5-15% dei pazienti con
mieloma multiplo, un tumore plasmacellulare con lesioni osteolitiche
I
insolubili. In alternativa, anomalie strutturali geneticamente multiple diffuse a tutto l'apparato scheletrico (Cap. 13). I linfociti B I
determinate potrebbero rendere la SAA resistente alla digestione
macrofagica.
neoplastici sintetizzano tipicamente quantità anomale di un'unica
immunoglobulina specifica (gammopatia monoclonale), che appare
I

Nelle amiloidosi familiari la deposizione di transtiretina sotto come un picco proteico (picco M: mieloma) all”elettroforesi delle I

forma di fibrille non deriva da iperproduzione. É stato ipotizzato proteine sieriche. Oltre alle immunoglobuline intere, possono essere
che alterazioni strutturali geneticamente determinate siano respon-
sabili del difettoso assemblaggio della TTR, causandone l'aggrega-
sintetizzate e identificate nel siero anche le sole catene leggere, sia K
che )\ (dette proteina di Belice-Iones). La proteina di Bence-Iones ha I
I
zione e rendendola resistente alla proteolisi. un basso peso molecolare e perciò è spesso escreta nelle urine. I de-
positi di amiloide contengono la stessa proteina della catena leggera.
Quasi tutti i pazienti con mieloma che sviluppano amiloidosi hanno
proteine di Bence-Iones sieriche, urinarie o entrambe, ma la maggio-
Classificazione
ranza di pazienti con mieloma con catene leggere libere non sviluppa
Una data forma biochimica di amiloide (ad es. AA) può causare
amiloidosi in vari quadri clinici, perciò ci atterremo alla classifica-
zione combinata biochimico-clinica (Tab. 6.15). L'amiloidosi può
amiloidosi. Chiaramente, perciò, la proteina di Bence-Iones è necessaria
ma non srmēcielzte a causare amiloidosi. Altri fattori, come il tipo di
catena leggera prodotta (potenziale amìloidogenico) e la sua suscetti-
I
essere sistemica (generalizzata) e coinvolgere vari organi e apparati, bilità alla degradazione, determinano se la proteina di Bence-Iones I
oppure localizzata, se i depositi interessano un singolo organo (ad si deposita come amiloide o meno.
es. il cuore). La maggioranza dei pazienti con amiloidosi AL non è affetta da
Dal punto di vista clinico, l'amiloidosi sistemica o generalizzata è mieloma multiplo classico né linfomi dimostrabili a cellule B.
classificata a sua volta in amiloidosi prínmria, associata a disordini Secondo un sistema classico, questi casi sono classificati come ami-
del sistema immunitario, e amiloidosi secondaria, una complicanza loidosi primaria poiché il quadro clinico deriva solo dagli effetti
di malattie infiammatorie croniche 0 di processi associati a distru- delllaccumulo di amiloide in assenza di altre malattie associate. I
zione tissutale.1“ L'amiIoid0si congenita 0 familiare è un gruppo di- Anche in questi casi, però, sono sempre presenti nel siero e nelle I
stinto ma eterogeneo, con una distribuzione tissutale caratteristica. urine immunoglobuline o catene leggere libere monoclonali, o â

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Categoria clinicopatologica Malattie associate Principali proteine amiloidi PrecuI§orì proteici correlati

AMILOIDOSI SISTEMICA (GENERALlZZATAl

Discrasie immunocitaríe con amiloidosi Mieioma multiplo e altri AL Catene leggere delle
(amiloidosi primaria) disordini proliferativi immunoglobuline, soprattutto
monoclonali dei linfociti B tipo II
Amiloidosi reattiva sistemica (amiloidosi infiammazioni croniche AA SAA I
secondaria) I
Amiloidosi da emodialisi cronica Insufficienza renale Aßzm B2-microglobulina
AMILOIDOSI EREDITAFIIA

Febbre familiare mediterranea AA SAA


Neuropatíe amìloidotiche ereditarie ATTR Transtiretina
(varie) I
AMILOIDOSI SENILE SISTEMICA A`i'I'R Transtiretina

AMILOIDOSI LOCALIZZATA

Amiloidosi cerebrale senile Alzheimer Ab APP


Amiloidosi endocrina A Cal Calcitonina I
Carcinoma midollare della tiroide Diabete di tipo 2 AIAPP Peptide amiloide insulare
isole di Langerhans
Amiloidosi atriale isolata
AANF Fattore natriuretico atriale

I
entrambe. Nella maggior parte dei casi, nel midollo osseo si verifica tunnel carpale causata dai depositi di BZ-microglobulina. In alcune
un modesto aumento del numero di plasmacellule che presumibil- casistiche oltre la metà dei pazienti in dialisi cronica (>2O anni)
mente secernono precursori della proteina AL. Questi pazienti sviluppava amiloidosi sinoviale, articolare e delle guaine tendinee.
hanno chiaramente una discrasia plasmacellulare la cui manifesta-
zione principale è la produzione di una proteina alterata anziché di
Amiloidosi ereditaria 1

una massa tumorale.


Sono state identificate molte forme ereditarie di amiloidosi: per lo
più malattie rare a distribuzione geografica ben definita. La forma
Amiloidosi sistemica reattiva I
più comune e più studiata è la feblarefomiliare mediterraneo, una I

I depositi di amiloide in queste forme hanno una distribuzione si- malattia autosomica recessivafñs Si tratta di una sindrome “autoin-
stemica e sono formati da proteine AA. Questa categoria era classi- fiammatoria”, associata a iperproduzione di IL-1, con un quadro
ficata in passato come amiloidosi secondaria perche' causata da pa- clinico caratterizzato da attacchi febbrili associati a sierositi (peri-
tologie infiammatorie concomitanti. In passato, la tubercolosi, tonite, pleurite e sinovite). Il gene responsabile della febbre familiare
le bronchiectasie e l'osteomielite cronica erano le malattie di base mediterranea codifica una proteina denominata pirina (che causa
principali, ma con l'avvento della terapia antibiotica sono diventate la febbre), che fa parte di un complesso di proteine che attenuano le
rare. Attualmente l`amiloidosi reattiva sistemica è principalmente reazioni infiammatorie regolando la produzione di citochine proin-
una complicanza dell'artrite reumatoide, di altre connettiviti come fiammatorie (Cap. 2).'“9"7° La malattia colpisce prevalentemente
la spondilite anchilosante e delle malattie infiammatorie intestinali, armeni, ebrei sefarditi, arabi. A volte si associa ad amiloidosi diffusa.
come la malattia di Crohn e la colite ulcerosa. La patologia più Le proteine fibrillari amiloidi sono formate da amiloide AA e questo
frequentemente associata è l'artrite reumatoide; llamiloidosi colpisce suggerisce che l°amiloidosi sia causata dagli attacchi infiammatori
il 3% circa dei pazienti con artrite reumatoide ed è clinicamente ricorrenti.
significativa in una metà di essi. Anche i tossicodipendenti che as- Diversamente dalla febbre familiare mediterranea, è stato iden-
sumono eroina per via sottocutanea hanno un'incidenza elevata di tificato un gruppo di amiloidosi ereditarie a trasmissione autosomica
amiloidosi AA generalizzata; probabilmente dovuta alle infezioni dominante caratterizzato da depositi di amiloide nei nervi periferici
cutanee croniche associate all`iniezione sottocutanea di narcotici. e del sistema autonomo. Queste polineuropatie familiari amiloido-
Liamiloidosi reattiva sistemica può occasionalmente associarsi a tiche sono state osservate in vari Paesi. Come già detto, in tutte
tumori non immunologici, i due più frequenti sono il carcinoma queste forme di amiloidosi congenita, le fibrille sono sempre formate
renale e il morbo di Hodgkin. da transtiretina mutante (ATTR).

Amiloidosi da emodialisi Amiloidosi localizzate


Gli emodializzati cronici con insufficienza renale sviluppano unlami- Talvolta i depositi di amiloide sono limitati a un singolo organo 0
loidosi causata dalla deposizione di B2-microglobulina. Negli emo- tessuto senza coinvolgimento sistemico. I depositi possono produrre
dializzati con insutficienza renale la [32-microglobulina non viene masse nodulari macroscopiche o visibili solo all'esame istologico. I
filtrata dalle membrane di dialisi e quindi resta in circolo e i livelli depositi nodulari si osservano più frequentemente a livello polmo-
sierici salgono. Questi pazienti sviluppano spesso la sindrome del nare, laringeo, cutaneo, vescicale e nella regione orbitale. Spesso I
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CAPITOLO 6 Malattie dei sistema immunitario

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A. se amiloidi sono circondate da un infiltrato linfocitario e -3
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plasmacellulare. In alcuni casi l'amiloide è formata da proteine AL ?›\. ;_ IV


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e quindi è una forma localizzata di amiloide di origine yglf f.f;`›`f`,' T;?"_~'°~"› H .ja
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Depositi localizzati di amiloide si osservano all`esame istologico di . \_1_ '_'§›_'.I-.{-`† ti.il"'`f<^_`f1`-À .
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alcuni tumori endocrini, come il carcinoma midollare della tiroide, < I> * -}57`~ v I' ' Iìl-Q!-:_
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l'insulinoma, il feocromocitoma e il carcinoma gastrico indifferen- li' 1' , '_š;'.,\\, Di' ›f¬-Wi I -
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ziato e nelle isole di Langerhans dei pazienti con diabete di tipo 2. *Â--/if <.,.¢, ta* , f,_; É. “I - fili'
In questi casi, le proteine amiloidogeniche sembrano derivate da ? ._ _ .J F ,_ _( _.
ormoni polipeptidici (ad es. carcinoma midollare) oppure da pro- *ii-
teine specifiche (ad es. polipeptide amiloide insulare). . I/k. «åãxj - , , -,_ V .-. _¬-_:-.

. «I-Il II II.s,.I Amiloidosi renale. La citoarchitettura glomerulare e quasi


Amiloide senile completamente alterata a causa del notevole accumulo di amiloide.
Varie forme documentate di amiloide si associano alllinvecchiamento.
L'amiioidosi sistemica senile consiste nel deposito sistemico di ami-
loide negli anziani (generalmente trai 70 e gli 80 anni di età). Questa dei vasi per deposizione di amiloide nella parete delle arterie
forma interessa prevalentemente il cuore e si associa a cardiomiopatia e delle arteriole.
ed era precedentemente detta amiloidosi cardiaca senile. I pazienti All'esame istologico i depositi di amiloide sono prevalente-
sintomatici presentano una cardiomiopatia restrittiva e aritmie mente glomerulari, possono interessare anche I'interstizío
I
(Cap. 12). L'amiloide è formata da TTR normale. Oltre ai casi spo- peritubulare, le arterie ele arteriole. I depositi glomerulari si I
radici di amiloidosi sistemica senile, è stata identificata anche un”altra presentano inizialmente come ispessimenti sottili della ma-
forma, a localizzazione prevalentemente cardiaca, in cui llamiloide è trice mesangiale, generalmente associati a ispessimento
formata da una TTR mutata. Il 4% circa degli americani di razza nera irregolare delle membrane basali dei capillari glomerulari.
è portatore dell'allele mutato e la cardiomiopatia colpisce sia omozi- Con il tempo, i depositi mesangiali e lungo le membrane
gotiche eterozigoti, ma la prevalenza della cardiomiopatia sintoma- basali ostruiscono e deformano i capillari glomerulari. Con
tica nei pazienti portatori della mutazione non è nota. la progressione dell'amiloidosi glomerulare, i capillari infine
/
si obliterano e il glomerulo obsolescente è invaso da masse
confluenti o grandi fasci amiloidi intrecciati (Fig. 6.53).
Morfologia In nessuna forma di amiloidosi la distribuzione Milza L'amiioidosi splenica può essere invisibile all'ispezione
o la conformazione dei depositi di amiloide sono caratteri- o causare una splenomegaiia discreta o grave (fino a 800 g).
stici. Gli organi interessati sono generalmente i reni, il fegato, Per ragioni misteriose i depositi possono essere di due tipi.
la milza, i linfonodi, il surrene e la tiroide, anche oltre ad altri Il primo tipo interessa esclusivamente i follicoli splenici che
tessuti. Ail'ispezione, gli organi colpiti appaiono con un vo- all'ispezione appaiono come granuli di tapioca ("milza a
lume maggiore, duri e di aspetto cereo. ln caso di depositi sagù"). Il secondo tipo di depositi si accumulano nella parete
estesi, se si spennella con iodio la superficie di taglio, questa dei seni splenici e nella rete connettivale della polpa rossa.
si colora di giallo e vira al blu-violetto applicando l'acido Con il tempo i depositi si fondono creando grandi masse
solforico. confluenti chiamata "milza a prosciutto" (prosciutto cotto;
Come già detto, la diagnosi istologica di amiloidosi si basa NdC).
quasi esclusivamente sulla colorazione. La più usata è il Fegato Ail'ispezione i depositi possono essere invisibili o
Rosso Congo. Nelle sezioni colorate con Rosso Congo osser- causare un'epatomegalia variabile da moderata a grave.
vate al microscopio ottico i depositi di amiloide appaiono di L'amiloide si accumula inizialmente nello spazio di Disse,
colore rosso-rosa, ma al microscopio a luce polarizzata mo- comprimendo progressivamente gli epatociti e i sinusoidi
strano la caratteristica birifrangenza verde (si veda Fig. 6.50 adiacenti (si veda Fig. 6.50). Con il tempo, gli epatociti si
B). La birifrangenza verde delle sezioni colorate con il Rosso deformano e vanno incontro ad atrofia da compressione,
Congo è comune a tutte le forme di amiloidosi ed è dovuta fino a scomparire e alla fine ampie aree di parenchima epa-
alla conformazione delle fibrille amiloidi che formano fogliet- tico vengono completamente sostituite. L'amiloide si accu-
ti-ß incrociati. La diagnosi è confermata al microscopio elet- mula frequentemente anche nei vasi e nelle cellule di Kupffer.
tronico. Le varie forme di amiloidosi (AA, AL e`l`l"R) possono La funzionalità epatica è generalmente conservata nonostan-
essere distinte istologicamente grazie a colorazioni immu- te a volte il fegato sia gravemente colpito.
noistochimiche specifiche. I quadri istopatologici relativi ai Cuore il cuore può essere interessato in tutte le forme di
vari organi saranno descritti singolarmente, poiché il danno amiloidosi sistemica (Cap. 12) ed è anche l'organo più colpito
d'organo è variabile nelle diverse forme cliniche. nell'amiloidosi sistemica senile. Ail'ispezione il cuore può
Rene L'amiioidosi renale è la più comune e potenzialmente essere ingrandito e indurito, ma più spesso non mostra al-
più grave forma di amiloidosi. Ail'ispezione i reni appaiono terazioni significative. AiI'esame istologico, inizialmente si
normali per forma e dimensioni; negli stadi avanzati possono osservano depositi focali subendocardici e intramiocardici,
essere ridotti di volume per l'ischemia causata dali'occlusione tra le fibre muscolari. Con il tempo, l'estensione dei depositi
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La prognosi dell'amiloidosi sistemica è infausta. I pazienti con
miocardici causa atrofia da compressione delle miofibre. I amiloidosi immunitaria (escluso il mieloma multiplo) hanno una
depositi di amiloide subendocardici possono danneggiare il sopravvivenza media di 2 anni dalla diagnosi. I pazienti con amiloi-
dosi associata a mieloma hanno una prognosi più severa. La pro- I
sistema di conduzione, e sono responsabili delle anomalie
elettrocardiografiche (aritmie) riscontrate in alcuni pazienti. gnosi per i pazienti con amiloidosi sistemica reattiva è migliore e
Altri organi L'amiioidosi sistemica interessa generalmente dipende in parte dall'evoluzione della malattia di base. É stato de-
anche altri organi: surreni, tiroide e ipofisi sono spesso col- scritto il riassorbimento dell'amiloide dopo il trattamento della
piti. li tratto gastroenterico può essere Interessato a qualsiasi patologia di base, ma solo in rari casi. Sono attualmente allo studio
livello, dal cavo orale (gengive, lingua) fino all'ano. Le lesioni nuove strategie terapeutiche finalizzate alla correzione dei difetti di
sono inizialmente vascolari e si estendono successivamente assemblaggio delle proteine e all'inibizione della fibrillogenesi.
alle aree adiacenti della sottomucosa, della muscularis mu-
cosae e della sottosierosa. BIBLIOGRAFIA
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2001.
glomerulare nei casi più avanzati causa con il tempo insuflicienza
17. Trombetta ES, Mellman I: Cell biology ofantigen processing in vitro and in vivo. I
renale e uremia. La morte avviene frequentemente per insuflìcienza Annu Rev Immunol 231975, 2005. I
renale. L'amiioidosi cardiaca può presentarsi come scompenso 18. Thorsby E, Lie BA: HLA associated genetic predisposition to autoimmune dise-
cardiaco congestizio a esordio insidioso. Gli aspetti più gravi ases: genes involved and possible meclianisms. Transpl Immunol 14:i75. 2005.
dell`amiloidosi cardiaca sono i disturbi di conduzione e le aritmie 19. Germain RN, lenkins MK: In vivo antigen presentation. Curr Opin Immunol
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cardiomiopatia restrittiva che può essere scambiata per una peri- 21. Reiner SL: Development in motion: l1eIperT cells at work. Cell l29:33, 2007.
cardite cronica costrittiva (Cap. 12). L”aIniloidosi gastroenterica può 22. Bettelli E et al.: T(H)-17 cells in the circle ofimmunity and autoimmunity. Nat
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23. Steinman L: A briefhistory ofT(I-I)l7, the first major revision in the T(H)1/
molto variabile. L'amiioidosi linguale può causare una tumefazione I
T(l-I)2l1ypothesis ofT cell-mediated tissue damage. Nat Med 131139, 2007.
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La diagnosi di amiloidosi si basa sull'esame istologico. Gli esami
26. Kay AB; Allergy and allergic diseases. N Engl I Med 344:30, 2001.
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più comuni sono la biopsia renale, in caso di insuflicienza renale, o
I
27. Galli S] et al.: The development of allergic inflamination. Nature 454:445,
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Per la diagnosi di amiloidosi sistemica si può utilizzare anche llesame 28. Romagnani S: Cytokines and chemoattractants in allergie inflamination. Mol
istologico del1'ago aspirato del grasso addominale colorato con Rosso Immunol 38:881, 2002.
29. Stetson DB et al.: Th2 cells: orchestrating barrier immunity. Adv Immunol 83:163,
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Congo. Il test è abbastanza specifico, ma poco sensibile. Nel sospetto
2004.
di amiloidosi immunitaria sono indicate llelettroforesi e l'immuno- 30. Rothenberg ME, Hogan SP: The eosinophil. Annu Rev Immunol 241147, 2006,
elettroforesi delle proteine sieriche e urinarie. L`ago aspirato midol-
lare in questi casi mostra spesso plasmocitosi, anche in assenza di
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I
32. Golden DB: What is anaphylaxis? Curr Opin Allergy Clin Immunol 7:331,
mieloma multiplo conclamato. La scintigrafia con sieroamiloide P
2007. I
(SAP) radiomarcata è un test rapido e specifico, perché la SAP si
lega all°amiloide rivelandone la presenza. La scintigrafia fornisce
33. Baumann U, Schmidt RE: The role of Fc receptors and complement in
I
autoimmunity, Adv Exp Med Biol 495:219, 2001. I
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CAPITOLO 6 Malattie del sistema immunitario

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