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Introduzione
Benvenuti al podcast “Self Empowerment – Problem solving”.
Contenuto
A. : Cari ascoltatori, che ne dite se chiediamo ai nostri due prof. di raccontarci un po’ come
funziona la fase 2 del problem solving strategico? La prima ci è sembrata molto interessante,
no?
A. : Non resisito…
D. : Insomma..questa è la fase cruciale per lo studio della soluzione, che parte, non a caso
dalla valutazione di tutte le soluzioni tentate ma che non hanno avuto successo. Il costrutto di
tentata soluzione che non funziona, ma che se viene reiterata tende a mantenere la
persistenza del problema e a complicarne il funzionamento, è stato una delle intuizioni più
geniali del secolo scorso. Prendiamo il caso di una persona che ha paura di parlare in pubblico:
che cosa è che mantiene e alimenta questa paura, se non il suo tentativo fallimentare di
combatterla?
G. : Infatti, chi ha questo tipo di timore cerca di gestirlo mettendo in atto strategie che invece di
ridurlo lo alimentano: il soggetto cercherà per quanto possibile di evitare di esporsi in pubblico,
e quando non potrà farne a meno cercherà di controllare il più possibile le proprie reazioni,
concentrandosi su di esse.
A. : Purtroppo per lui, con le migliori intenzioni produrrà gli effetti peggiori. Ho visto gente non
riuscire mai a superare questo scoglio…
D. : Esatto, in quanto il comportamento evitante, se ci mette in salvo ogni volta che si elude la
situazione temuta, ogni volta ci conferma nella convinzione nella capacità personale e farà
aumentare via via la paura fino a trasformarla invero e proprio panico.
G. : Sembra un paradosso eppure il tentativo di controllo razionale delle proprie reazioni in una
situazione di paura, come ad esempio il cercare di essere più calmi, di controllare il battito
cardiaco la respirazione l’agitazione per cui più si cerca di essere calmi e più ci si agita, più si
cerca di assumere il controllo più lo si perde. Questo effetto condurrà la persona ad essere
sempre più incapace di gestire le proprie reazioni fino ad un vero e proprio attacco di panico.
Sono le tentate soluzioni messe in atto dal soggetto ad alimentare il problema che questi
vorrebbe risolvere.
G. : Lo fanno tutti Arianna, soprattutto Diego. Tieni però presente una cosa se vuoi superare
questi problemi…
A. : Quale?
G. : Seguimi..la valutazione delle tentate soluzioni messe in atto per superare la difficoltà
presente fornisce l'accesso privilegiato alla valutazione del funzionamento del problema, così
come della sua possibile soluzione. Concentrare l’attenzione su tentavi fallimentari messi in
atto per raggiungere l'obiettivo prefissato ci libera dalla tendenza, per altro del tutto umana, a
sforzarsi attivamente a trovare soluzioni senza aver prima indagato su tutto ciò che non
funziona.
G. : È più o meno così: investigare su tutto ciò che non ha avuto successo ci permette di essere
focalizzati sulla dinamica concreta che mantiene un problema o che viceversa lo può cambiare.
A questo riguardo sono particolarmente illuminanti le novelle di Leonardo da Vinci.
G. : C’è una mosca che ronza troppo forte… va beh! Ritenute poco importanti rispetto ad altri
scritti come i famosi Codici, sono state sottovalutate mentre il loro potere metaforico è
decisamente utile. Questi brevi racconti infatti indicano al lettore come nell'osservazione della
natura si rilevi frequentemente il fenomeno della tentata soluzione che mantiene o peggiora il
problema che dovrebbe risolvere.
G. : Abla..
A. : Il falcone impaziente: il falcone non potendo sopportare con pazienza il nascondere che fa
l’anitra fuggendosene dinnanzi ed entrando sott'acqua volle come quella sotto acqua seguitare
e bagnatosi le penne rimase in esse acqua e l'anitra, levatasi in aria schernì il falcone che
annegava.
A. : Il ragno credendo trovar requie nella buca della chiave trova la morte.
D. : Potremmo dire, in altri termini, che occorre valutare se la soluzione che sembra essere
buona può trasformarsi poi nel suo contrario. Pertanto il lettore, rispetto al problema definito e
all’obiettivo concordato, rilevi e analizzi tutte le strategie sinora tentate, valutandone gli effetti.
Questo servirà a:
a) individuare cosa non fare, poiché non ha funzionato e per converso a orientare la nostra
progettualità verso soluzioni alternative;
b) rilevare ciò che ha avuto successo.
D. : Se si trovassero soluzioni che sono state efficaci si dovrà valutare se esse sono
riproducibili nella presente situazione perché se così fosse avremmo già trovato cosa fare per
raggiungere l’obiettivo.
G. : Purtroppo nella maggioranza dei casi ciò che ha funzionato in passato per la stessa
tipologia di problema fallisce nel presente poiché tempi diversi richiedono differenti
applicazioni o varianti di una stessa soluzione.
G. : Difatti, proprio per l'esigenza di superare questi limiti, nell'evoluzione moderna del problem
solving strategico si utilizza un espediente logico atto a indagare non solo i tentativi di
soluzione già sperimentati, ma anche quelli non ancora ideati ne applicati.
D. : Esatto, prof.
D. : Sì, però io l’ho capita meglio… Poniamoci una domanda rispetto ad un problema prescelto:
“se volessi far peggiorare ulteriormente la situazione invece di migliorarla, come potrei fare?” e
cerchiamo di enumerare tutte le possibili modalità. Di nuovo, ognuna di queste va descritta in
modo da avere chiaro i metodi attraverso i quali, in pratica si potrebbe aggravare il problema
invece di risolverlo. Nel caso in cui il nostro obbiettivo strategico fosse il miglioramento di una
situazione che già funziona e non il cambiamento di una situazione disfunzionale, la domanda
dovrà essere: quali sono tutti i metodi o le strategie che, se adottati porterebbero a un sicuro
fallimento del mio progetto?
D. : Seguimi Arianna: la logica delle due domande è esattamente la stessa, quella che viene
evocativamente espressa nello stratagemma: “se vuoi drizzare una cosa, impara prima tutti i
modi per torcerla di più”. Vale la pena ricordare che questa domanda strategica è quella che si
sono posti tutti i più grandi inventori da Archimede a Leonardo fino a Edison quando dovevano
trovare soluzioni alternative a problemi fino ad allora irrisolti.
G. : Te lo spiego meglio io, Arianna. Poniamoci ad esempio l’obiettivo di non mangiare le cose
che ci fanno ingrassare. Se applico la tecnica del come peggiorare, giungerò entro breve a
rilevare che fra le opzioni da mettere in atto in questa direzione c'è soprattutto il tentativo
fallimentare di controllare la mia dieta selezionando tutti i cibi a basso contenuto calorico, e
scartando quelli con molte calorie.
G. : Eh eh, purtroppo, come ben sa chiunque abbia provato a seguire una dieta restrittiva,
l’effetto è di due tipi: il primo, il più usuale, è che riesco a stare a dieta per qualche giorno e poi
perdo il controllo, finendo per abbuffarmi dei cibi vietati; il secondo è che immediatamente per
effetto del mio tentativo di restrizione, provo un’irrefrenabile compulsione a mangiare di più.
Come è dimostrato da una ricerca longitudinale condotta nell’arco di anni dalla rivista
American Psychologist su migliaia di casi di soggetti a dieta, comparati con altrettanti non a
regime alimentare controllato stare a dieta fa ingrassare. È evidente che se constato che
questa tentata soluzione produce gli effetti contrari a quelli desiderati, l’attenzione dovrà d’ora
in poi spostarsi su come evitare tale modalità disfunzionale di affrontare il problema.
A. : Ok signori, dato per appurato che i miei tentativi di dieta sono stati fallimentari… io direi di
chiudere qui la puntata e darci del tempo per riflettere: io ne ho bisogno! Un caro saluto a tutti,
alla prossima puntata!
G. : Ciao a tutti!
Conclusione
Nel prossimo episodio il prof G., Diego ed Arianna parleranno di come risolvere i problemi con
creatività.