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IL RALLY DEL BARILE

Che cosa sta spingendo il petrolio sulla


soglia dei 70 dollari
10 gennaio 2018

Non si arresta la corsa al rialzo del prezzo del petrolio con i contratti sul greggio Wti con scadenza a febbraio
che sul mercato after hours di New York toccano 63,43 dollari al barile. I prezzi sono ai massimi da 3 anni.
Sale ancora anche il Brent a 69,26 dollari al barile, sfiorando quindi la soglia tecnica dei 70 dollari.

A dare nuovo impulso al greggio le prospettive di crescita dell’economia mondiale e quindi della domanda
di greggio. Questo nonostante sul fronte dell’offerta i dati giunti ieri dagli Stati Uniti mostrino come la
produzione di shale oil batterà ogni record nel 2019, arrivando ad estrarre 11 milioni di barili di greggio al
giorno, un livello di produzione mai raggiunto in precedenza e paragonabile solo a quello di Russia e Arabia
Saudita.

Secondo l’Energy Information Administration (Eia) la produzione Usa aumenterà di ben 970mila bg
quest’anno (un mese fa l’incremento atteso era di 780mila bg) fino a una media di 10,27 mbg. L’anno
prossimo un ulteriore balzo in avanti consentirà di raggiungere quota 10,85 mbg. Il traguardo dei 10 mbg
sarà raggiunto già nel corso di questo trimestre, quello degli 11 mbg verrà invece superato a novembre 2019,
grazie soprattutto allo shale oil di Permian, ma anche ai giacimenti convenzionali del Golfo del Messico, dove
è in programma l’avvio di sette nuovi progetti estrattivi.

L’Eia diventa sempre più ottimista anche sulla domanda petrolifera, che a livello globale prevede crescere di
1,7 mbg sia quest’anno che il prossimo, in accelerazione rispetto al 2017, quando era salita di 1,4 mbg (a 98,4
mbg). La conseguenza è che il prezzo del barile non crollerà, ma piuttosto si stabilizzerà: il Governo Usa vede
il Brent a 60 $ nel 2018 e 61 $ nel 2019.

Secondo gli analisti di Citigroup, invece, nel 2018 conflitti e tensioni geopolitici potrebbero determinare
riduzioni degli approvvigionamenti di petrolio e far schizzare il prezzo verso quota 80 dollari. Stando al
rapporto diffuso dall'agenzia Bloomberg, le tensioni in Iran, Iraq, Libia, Nigeria e Venezuela potrebbero far
salire il calo delle forniture a oltre tre milioni di barili
al giorno: la preoccupazione riguarda in particolare eventuali nuove sanzioni all'Iran che potrebbero essere
decise dall'amministrazione Trump e che farebbero venir meno 500mila barili al giorno con un aumento dei
prezzi valutato in circa 5 dollari.

La «variabile Trump», secondo gli analisti, ha il suo peso anche in relazione alla Corea del Nord e al rischio
«non trascurabile» che l'escalation dello scontro verbale possa portare a un vero e proprio conflitto militare.
Un ulteriore rischio è poi rappresentato dalle frizioni commerciali crescenti tra la Casa Bianca e la Cina.

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