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 L'ANALISI | IL PESO DELL'INCERTEZZA

Nessun caso Italia ma l’incertezza pesa


sulle nostre vulnerabilità
–di Isabella Bufacchi | 31 gennaio 2017

Ogni motivo ieri è stato un buon motivo per vendere i titoli di Stato italiani. Anche se non c'era un “caso-
Italia” si sono venduti i BTp su Trump, inflazione tedesca e peso delle aste.
I bond targati rischio-Italia sono quelli collocati dal Paese europeo più indebitato rispetto al Pil, con il suo
133% che è secondo solo alla Grecia, e dallo Stato con il più pesante programma annuale di emissioni di
debito pubblico nell’Eurozona, quest’anno 450 miliardi, segnato da una crescita che langue sotto l’1 per
cento. Non serve un caso italiano, dunque, per vendere BTp. E così è andata ieri.

Sebbene lo spread Italia/Germania si trovasse alla periferia del mondo, con i mercati catturati dai grandi
giochi della geopolitica mondiale, i BTp sono stati venduti proprio perché l’Italia è un pedone, vulnerabile e
ultraindebitato, sulla scacchiera globale dominata da Usa, Cina, Russia, Germania, Regno Unito (Brexit) e
Bruxelles. La fuga verso la qualità, l’inflazione tedesca e il timore di tapering dalla Bce, le aste a medio-lungo
termine pesanti a fine mese, il rialzo del costo del rifinanziamento del debito, l’instabilità dello scenario della
politica domestica, le riforme strutturali al rallentatore: tutto questo ieri ha contribuito a portare lo spread
BTp/Bund sul picco di 188, a far schizzare il rendimento del BTp decennale al rialzo in asta con un salto di
60 centesimi rispetto all’ultima emissione di solo un mese fa. Un movimento forte ma non violento, perché
qualsiasi colpo duro di questi tempi viene attutito dal QE della Bce, che acquista 80 miliardi di bond al mese.
Aiuta anche il fatto che i Btp sono detenuti prevalentemente da italiani. E ancora di più aiuta la crescita che
c’è, c’è quella globale, quella Usa, quella britannica, quella cinese e dell’eurozona.

Ma ieri il colore dei BTp era rosso. Dopo il crescendo dei toni su scala internazionale scatenato dalla notizia
del bando temporaneo deciso dall’amministrazione Trump contro i cittadini di sette paesi islamici, i mercati
hanno iniziato la settimana di cattivo umore, con scambi stemperati solo dalla chiusura di alcune importanti
piazze asiatiche per la festività del Capodanno cinese. Il clima di avvio settimana è ostico, rabbuiato da
volatilità e incertezza: Borse giù e giù anche i prezzi dei titoli di stato a lungo termine, soprattutto i BTp. Il
bando contro l’immigrazione, il Tpp, il mattone del muro con il Messico sono stati i primi passi del nuovo
Presidente Usa che hanno destabilizzato i mercati, perché è difficile già da ora prevedere quali saranno le
ripercussioni di tali decisioni sulla crescita mondiale e Usa, sul reflation trade e quali le reazioni delle altre
superpotenze coinvolte. In questo contesto, i titoli di Stato della periferia europea non potevano che essere
venduti, e infatti ieri sono scesi i prezzi e aumentati i rendimenti dei titoli di Stato in euro, quelli greci più di
tutti e poi a seguire italiani, portoghesi e spagnoli. Venduti anche OaT francesi e Bund, per altri motivi.
Mancano per ora le buone notizie dagli Usa, ma i mercati non perdono la speranza che a stretto giro Trump
manterrà anche altre promesse, quelle pro-crescita come il taglio delle tasse, più investimenti in
infrastrutture e deregolamentazione.

La giornata per i BTp, già compromessa dalle incertezze suscitate dal bando Usa, è stata complicata ieri dai
dati sull’inflazione tedesca e dalle aste dei BTp. Il tasso inflazionistico di alcun zone della Germania, al 2%, è
suonato ieri come un monito sui mercati, che temono di doversi preparare più prima che poi al tapering, alla
reale riduzione degli acquisti di titoli di Stato da parte della Bce: per ora la banca centrale europea si è
limitata a tornare dal prossimo aprile a 60 miliardi, l’ammontare di acquisti mensili d’inizio QE, scendendo
agli attuali 80 miliardi. Ma qualsiasi taglio al di sotto di quota 60, per quanto ancora lontano, sarà anticipato
dai mercati in senso negativo per i BTp perché avvicinerà l’Italia al giorno in cui i titoli di Stato dovranno
vedersela da soli, senza questo scudo di protezione della Bce che mette al riparo il rischio sovrano da forti
strappi sullo spread. L’asta dei BTp a cinque e dieci anni ha appesantito ieri la giornata, all’avvio di una
settimana comunque pesante per l’Eurozona con titoli in offerta da Italia, Spagna, Francia e Germania per un
totale di 22-25 miliardi concentrati sul lungo termine. L’iniezione di liquidità che arriverà con il rimborso di
un maxi-BTp questa settimana (24,4 miliardi) e Bonos spagnoli (21,5 miliardi) è servita solo parzialmente da
cuscinetto per attutire il colpo delle vendite. Proprio l’asta ha forzato traders e investitori nel mondo a
focalizzare l’attenzione sul rischio-Italia e quel che i mercati hanno visto, sia pur noto, non gli è piaciuto:
l’incertezza politica post-referendum e post-Renzi continua con le incognite su una riforma delle legge
elettorale ancora da scriversi e con populismo e partiti anti-euro in ascesa; restano dubbi sull’assetto che
dovrebbe garantire la governabilità futura del Paese; aleggia lo spettro di grandi coalizioni litigiose che
rallentano o frenano il cammino delle riforme strutturali in un Paese che quest’anno potrebbe crescere solo
dello 0,5%, stando alle previsioni pessimistiche che girano sui mercati; il debito/Pil resta elevato e non riesce
a calare; la Commissione europea non allenta la pressione su deficit e conti pubblici. Il caso italiano ieri non
c’era. Ma l’Italia stessa rischia, più prima che poi, di crearlo.

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