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GODARD, Jean-Luc

di Alberto Farassino - Enciclopedia del Cinema (2003)


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Godard, Jean-Luc

Regista cinematografico francese, nato a Parigi il 3 dicembre 1930. Fra i pi


significativi autori cinematografici della seconda met del Novecento, esponente di
rilievo dellaNouvelle vague, stato punto di riferimento per i giovani cineasti degli
anni Sessanta, rappresentando un segno di demarcazione fra epoche e culture della
storia del cinema. Un ruolo conquistato con l'originalit e l'intensit delle sue opere,
ma anche con una ricerca che lo ha visto in posizioni di avanguardia per tutta la sua
lunga carriera, capace di rinnovarsi costantemente insieme alla societ e alle
tecnologie audiovisive, restando tuttavia fedele a un linguaggio e a un'idea di cinema
forti e senza compromessi. Nel corso della sua carriera ha vinto numerosi premi, tra
cui l'Orso d'oro al Festival di Berlino del 1965 con Alphaville (Agente Lemmy Caution
Missione Alphaville) e, dopo il Leone d'oro alla carriera nel 1982, il Leone d'oro alla
Mostra del cinema di Venezia del 1983 con Prnom Carmen.

Nato in una famiglia dell'alta borghesia, dopo un'adolescenza al contempo agiata e


ribelle e studi irrego-lari, si accost al cinema alla fine degli anni Quaranta
frequentando la cineteca e i cineclub parigini con un gruppo di giovani amici
(Franois Truffaut, Eric Rohmer, Jacques Rivette ecc.) che costitu il nucleo originario
della futura Nouvelle vague. Con essi G. partecip nel 1950 alla fondazione di "La
gazette du cinma" e dall'anno successivo inizi a collaborare alla nuova rivista
"Cahiers du cinma", proponendovi una scrittura critica fervida, attenta alle ragioni
estetiche e morali del cinema, inteso come un mondo autonomo e ideale, specie in
quella valorizzazione appassionata di alcuni registi, anche minori, poi definita
politique des auteurs.Intanto G. faceva i suoi primi esperimenti di regia con film su
commissione (Opration bton, 1955) o piccoli racconti ironici interpretati da amici o
giovani attori (Tous les garons s'appellent Patrick, 1957; Charlotte et son Jules,
1958), finch con bout de souffle (1960; Fino all'ultimo respiro) realizz il suo
primo lungometraggio, il ritratto di un giovane delinquente, cinico e romantico
insieme, girato in uno stile fresco e disinvolto, incurante delle regole grammaticali e
degli standard tecnici cinematografici e che procede per divagazioni, trovate visive e
gestuali, sentenze e citazioni pittoriche e letterarie, senza tuttavia dimenticare i miti
e i modelli del cinema del passato. Il film suscit molte discussioni, ma il suo successo
e il suo basso costo aprirono al giovane regista grandi possibilit che egli sfrutt con
intelligenza e spregiudicatezza iniziando un'attivit frenetica, senza precedenti nella
tradizione autoriale, e realizzando per tutti gli anni Sessanta una media di due
lungometraggi all'anno oltre a numerosi episodi per film collettivi. Il suo modo di
girare era basato sulla rapidit, su sceneggiature appena abbozzate che lasciavano il
primato alla ripresa e alle circostanze offerte dal caso e dalla personalit degli attori.
I temi erano in senso lato politico-sociali: gli echi della guerra d'Algeria (Le petit
soldat, 1960, ma uscito nel 1963 per problemi di censura), la condizione della donna
e dei giovani (Vivre sa vie, 1962, Questa la mia vita; Une femme marie, 1964, Una
donna sposata; Masculin, fminin, 1966, Il maschio e la femmina; Deux ou trois
choses que je sais d'elle, 1967, Due o tre cose che so di lei); ma con sconfinamenti in
ogni direzione: dalla commedia brillante (Une femme est une femme, 1961, La donna
donna) all'apologo favolistico (Les carabiniers, 1963, dalla pice di B. Joppolo),
dall'adattamento letterario (Le mpris, 1963, Il disprezzo, dal romanzo di A. Moravia)
alla variazione sui generi classici, quali la fantascienza (Alphaville) o il film noir
(Made in U.S.A., 1967, Una storia americana). Al di l dei soggetti e delle
ambientazioni, quasi sempre urbane e contemporanee, erano soprattutto il linguaggio
e le forme narrative sempre pi libere (scansioni o interruzioni del racconto con
scritte e inserti eterogenei, alternanza di inquadrature molto costruite e di scene
casuali e improvvisate, riferimenti all'attualit, alla pubblicit, al mondo del cinema e
dell'immagine) a farne degli esemplari film-saggio sul disorientamento e la
confusione di valori della condizione moderna, sempre sensibili per alle emozioni dei
loro personaggi. Sintesi e capolavoro di questo primo periodo pu essere considerato
Pierrot le fou (1965; Il bandito delle undici), interpretato da Anna Karina, moglie di G.
dal 1961: un romantico, nichilista e caleidoscopico inno alla libert e ai sentimenti
intrecciato con riflessioni e digressioni che spaziano dalla politica alla pittura alla
letteratura, ponendo per sempre la natura del cinema al centro della ricerca
dell'autore.Nella seconda met del decennio i temi affrontati dal regista diventarono
sempre pi esplicitamente politici e film come l'anarchico-surrealista Week-end
(1967; Week-end, un uomo e una donna dal sabato alla domenica) o il marxista-
utopista La chinoise (1967; La cinese, che vinse il Premio speciale della giuria alla
Mostra del cinema di Venezia) sembrano prefigurare la rivolta studentesca del
maggio 1968, cui G. partecip attivamente sia filmando gli avvenimenti sia avviando
un'importante riflessione politica e teorica sul senso del cinema nella societ
capitalista. Questa ricerca, radicale e anche autocritica, lo condusse a ideare
dapprima opere fantasiosamente ribellistiche, come One plus one (1968, girato in
Gran Bretagna) oppure Vent d'Est, noto anche come Vento dell'Est (1970), realizzato
in Italia, e in seguito film militanti politicamente e formalmente molto controllati,
quali Pravda (1969) o Lotte in Italia (1971), firmati (assieme a Jean-Henri Roger e
Jean-Pierre Gorin) con il nome collettivo di Gruppo Dziga Vertov, ma decisamente
segnati dalla sua inconfondibile cifra stilistica e dalla sua intelligenza
cinematografica, anche nel caso di una produzione a carattere pi industriale come
Tout va bien (1972; Crepa padrone, tutto va bene).Dopo un grave incidente e un
periodo di riflessione e di isolamento, non privo comunque di progetti ed esperimenti
interessanti, G. ritorn al cinema a met degli anni Settanta confrontandosi con le
nuove tecnologie elettroniche e fondando un nuovo gruppo, chiamato Sonimage, che
emblematicamente prese sede non a Parigi ma nella periferica Grnoble. Vennero
cos alla luce il film-video Numro deux (1975) e i due lunghi programmi televisivi Six
fois deux (1976) e France tour/ dtour deux enfants (1977-78) in cui, abbandonando il
primato della politica, si riscoprivano i temi della famiglia, del lavoro e della vita
privata in incontri e dialoghi intrecciati con riflessioni sulla natura del mezzo e
dell'immagine. Ma il mezzo elettronico serv a G. anche per appunti e video-
sceneggiature da utilizzare nei film che realizz in seguito, quando trasfer la sua
casa-laboratorio in Svizzera con la sua nuova compagna e spesso coregista Anne-
Marie Miville e inizi una nuova fase della sua attivit, tesa a una ricerca pi
appartata di purezza ed essenzialit dell'immagine, in contrasto con le tradizionali
funzioni narrative e comunicative del cinema. Risalgono a questo periodo film di
grande pregnanza estetica e stilistica, come Passion (1982), che confronta la
quotidianit del lavoro manuale e artistico con le utopie d'autore rappresentate da
capolavori della grande pittura europea, sontuosamente ricostruiti in studio; Prnom
Carmen, che sublima la grottesca parodia di un mito letterario-operistico nella
purezza della musica di L. van Beethoven, e Je vous salue, Marie (1984), che,
affrontando con uno sguardo ironico e contemplativo la questione della verginit di
Maria e della nascita di Cristo, suscit polemiche negli ambienti tradizionalisti
cattolici in Francia e in Italia. Oltre ai grandi temi G. ha continuato a coltivare
nostalgicamente il 'piccolo' cinema dei generi e dei mestieri, come si vede in
Dtective (1985) e in Grandeur et dcadence d'un petit commerce de cinma (1986),
accettando anche lavori su commissione, pubblicit e film promozionali, realizzati
sempre con originalit e grande libert critica. Considerandosi un utopista e un
sopravvissuto si anche rappresentato ironicamente, in una sua liberissima versione
di King Lear (1987; Re Lear) o in Soigne ta droite (1987; Cura la tua destra), nella
parte del fool o dell'idiota dostoevskiano, come un povero sciocco che crede ancora
nel cinema e nella sua essenza. In Nouvelle vague (1990) ha tuttavia dimostrato di
voler andare oltre la rievocazione nostalgica del suo stesso passato e di voler
ulteriormente approfondire la sua ricerca sul cinema, le sue strutture narrative e
formali, l'invenzione dei personaggi, in una sinfonia di immagini e di citazioni di
grande sapienza visiva e sonora.

Gli anni Novanta e gli avvenimenti politici che li hanno caratterizzati hanno indotto G.
a riflettere nuovamente sulla storia e sul presente in film come Allemagne anne 90
neuf zro (1992) e Les enfants jouent la Russie (1993), bizzarri viaggi mentali e
romanzeschi nelle grandi culture tedesca e russa e nel loro immaginario
cinematografico, mentre For ever Mozart (1996) ha sullo sfondo la guerra in Bosnia e
riprende due motivi che hanno accompagnato pi o meno esplicitamente tutta la
produzione pi recente dell'autore, quello delle difficolt di un regista nel realizzare
un film e quello del ruolo dell'artista nella societ. Temi che erano apparsi in forma
pi lirica nel sofferto e orgoglioso autoritratto JLG/JLG Autoportrait de dcembre
(1994, poi pubblicato anche in volume, come altri testi di suoi film, a ribadirne il
carattere poetico e paraletterario) e che sarebbe ritornato insieme alla riflessione
storica in loge de l'amour (2001). Nel frattempo G. ha sviluppato una sua 'storia del
cinema' in video che contemporaneamente una storia individuale e una riflessione
sul 20 sec. che nel cinema si rispecchiato, composta attraverso assemblaggi e
citazioni visive e sonore, racconti e provocazioni, nostalgie e dichiarazioni d'amore.
Le Histoire(s) du cinma (1988-1998) risultano cos una sintesi di sapere
cinematografico e sensibilit storica e politica, la cui successiva pubblicazione in
quattro volumi presso una storica collana della Gallimard (1998) ha trasformato
subito in un classico della cultura francese del Novecento, riconoscendo a G. un ruolo
particolarissimo di regista e intellettuale capace di portare il cinema ai suoi massimi
livelli senza mai richiudersi soltanto in esso.

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