Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
ANALISI FUNZIONALE
a.a. 2010-2011
2
Indice
1 Spazi Metrici 5
1.1 Insiemi Aperti. Insiemi Chiusi. Intorni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.2 Convergenza. Successioni di Cauchy. Completezza. . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.3 Completamento di uno Spazio metrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
3
4 INDICE
Spazi Metrici
Uno spazio metrico `e un insieme X dotato di una metrica. La metrica associa ad ogni coppia
di elementi (punti ) di X una distanza. La metrica `e definita assiomaticamente, gli assiomi
essendo suggeriti da alcune propriet`a semplici della distanza, cos` com`e familiarmente defi-
nita fra punti della retta reale R o del piano complesso C. Si tratta come mostrano alcuni
esempi basilari di un concetto molto generale. Unimportante propriet`a aggiuntiva che uno
spazio metrico pu`o possedere `e la completezza. Un altro concetto di interesse teorico e pra-
tico `e la separabilit`
a di uno spazio metrico. Gli spazi metrici separabili sono pi`
u semplici di
quelli non separabili.
1.1 Definizione (Spazio Metrico, Metrica)
Uno spazio metrico `e una coppia (X, d), dove X `e un insieme e d una metrica su X (o
distanza su X), cio`e una funzione definita su X X tale che per ogni x, y, z X si abbia
M1 d `e a valori reali, finito e non negativo.
M2 d(x, y) = 0 se e solo se x = y.
M3 d(x, y) = d(y, x) (Simmetria)
M4 d(x, y) d(x, z) + d(z, y) (Disuguaglianza Triangolare)
5
6 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI
sezione contiene molti concetti, ma il lettore noter`a che molti di loro divengono familiari
quando vengono applicati agli spazi euclidei.
Consideriamo dapprima alcuni importanti sottoinsiemi di un dato spazio metrico X =
(X, d).
1.2 Definizione (Palla e Sfera)
Dato un punto x0 X ed un numero reale r > 0 definiamo tre tipi di insiemi
T1 T , X T .
M.
Linsieme M `e chiuso, perche se non lo fosse il suo complemento non sarebbe aperto e
conterebbe quindi almeno un punto di accumulazione di M . Inoltre, allo stesso modo, si
mostra che M `e il pi`
u piccolo insieme chiuso che contiene M.
8 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI
Prime di procedere menzioniamo unaltra propriet`a inusuale delle palle in uno spazio
metrico. Mentre in R3 la chiusura B(x0 ; r) di una palla aperta B(x0 ; r) `e la palla chiusa
e 0 ; r), in un generico spazio metrico ci`o pu`o non essere valido.
B(x
Usando il concetto di chiusura vogliamo dare una definizione che risulter`a di particolare
importanza nel seguito.
1.6 Definizione (Insieme Denso, Spazio Separabile)
Un sottoinsieme M di uno spazio metrico X `e detto denso in X se
M = X.
lim d(xn , x) = 0.
n
lim xn = x
n
o semplicemente
xn x.
Diciamo che (xn ) converge a x o ammette il limite x. Se (xn ) non `e convergente si dice che
`e divergente.
Come `e stata usata la metrica d in questa definizione? d ha fornito la successione di
numeri reali an = d(xn , x) la cui convergenza definisce quella di (xn ). Quindi se xn x,
dato un > 0, esiste un N = N () tale che tutti gli xn con n > N giacciono in un intorno
B(x; ) di x.
Per evitare incomprensioni osserviamo che il limite di una successione convergente deve
essere un punto dello spazio X.
Mostriamo ora che due propriet`a delle successioni convergenti (unicit`a del limite e li-
mitatezza), che risultano familiari dallanalisi, si mantengono in questo contesto molto pi`u
generale.
1.2. CONVERGENZA. SUCCESSIONI DI CAUCHY. COMPLETEZZA. 9
(M ) = sup d(x, y)
x,yM
`e finito. Chiamiamo una successione (xn ) in X una successione limitata se linsieme dei
suoi punti `e un sottoinsieme limitato di X.
Ovviamente se M `e limitato allora M B(x0 ; r), dove x0 X `e un qualunque punto
ed r `e un numero reale (sufficientemente grande) e viceversa.
La nostra asserzione `e allora formulata come segue.
1.8 Lemma (Limitatezza, Limite)
Sia X = (X, d) uno spazio metrico. Allora
Ci`o mostra che (xn ) `e limitata. Assumendo che xn x e che xn z abbiamo dalla (M4)
Da cui otteniamo
d(xn , ym ) d(x, y) d(xn , x) + d(ym , y)
per n, m .
Definiremo ora il concetto di completezza di uno spazio metrico, che risulter`a basilare
nel seguito. La completezza non segue dagli assiomi (M1) sino a (M4), poiche vi sono spazi
metrici incompleti. In altre parole, la completezza `e una propriet`a addizionale che gli spazi
metrici possono avere o non avere. Essa ha varie conseguenze che rendono gli spazi metrici
completi migliori e pi`
u semplici di quelli incompleti.
Ricordiamo dapprima dallanalisi che una successione (xn ) di numeri reali o complessi
converge sulla retta reale R o nel piano complesso C se e solamente se soddisfa il criterio di
convergenza di Cauchy, cio`e se e solo se per ogni > 0 v`e un N = N () tale che
Qui |xm xn | `e la distanza d(xm , xn ) da xm a xn sulla retta reale R o nel piano complesso
C. Quindi possiamo scrivere la diseguaglianza del criterio di Cauchy nella forma
Se una successione (xn ) soddisfa alla condizione del criterio di Cauchy potremo chiamarla
una successione di Cauchy. Allora il criterio di Cauchy dice semplicemente che una succes-
sione di numeri reali o complessi converge in R o C se e solamente se `e una successione di
Cauchy. Sfortunatamente in spazi pi` u generali la situazione pu`o essere pi`
u complicata e vi
possono essere successioni di Cauchy che non convergono.
1.9 Definizione (Successione di Cauchy, Completezza)
Una successione (xn ) in uno spazio metrico X = (X, d) `e detta di Cauchy (o fondamentale)
se per ogni > 0 v`e un N = N () tale che
Dimostrazione. Si assuma che T sia continua in x0 . Allora per un dato > 0 v`e un > 0
tale che
d(x, x0 ) < implica e x, T x0 ) < .
d(T
e proviamo che allora T `e continua in x0 . Supponiamo che ci`o sia falso. Allora v`e un > 0
tale che per ogni > 0 v`e un x 6= x0 che soddisfa a
d(x, x0 ) < ma tale che e x, T x0 ) .
d(T
In particolare da questo teorema e dal Lemma 1.8 al punto b) segue la seguente propo-
sizione.
1.15 Proposizione (Continuit`
a della distanza)
La distanza d(x, y) in X `e continua in x ed in y.
(a) Xb = (X, b
b d)
b
(b) unisometria T di X su W, dove W = X.
Poi proviamo
b
(c) la completezza di X,
b a meno di isometrie.
(d) lunicit`a di X
1.3. COMPLETAMENTO DI UNO SPAZIO METRICO 13
Parlando rozzamente possiamo dire che il nostro compito `e quello di assegnare dei limiti
convenienti a quelle successioni di Cauchy in X che non convergono. Tuttavia non dob-
biamo introdurre troppi limiti, ma dobbiamo tener conto che certe successioni alla fine
divengono arbitrariamente vicine le une alle altre. Questa idea intuitiva pu`o essere espressa
matematicamente in termini di una conveniente relazione di equivalenza [vedi (1.2) qui di
seguito].
(a) Costruzione di X b = (X, b Siano (xn ) e (x0 ) successioni di Cauchy in X. Definiamo
b d). n
(xn ) equivalente a (xn ) e scriviamo (xn ) (x0n ) se
0
Sia Xb linsieme delle classi di equivalenza x b, yb, di successioni di Cauchy cos` ottenute.
Scriviamo (xn ) x
b per indicare che (xn ) `e un membro di x b (un rappresentate della classe
x
b). Poniamo ora
b x, yb) = lim d(xn , yn )
d(b (1.3)
n
dove (xn ) x
b e (yn ) yb. Mostriamo che questo limite esiste. Abbiamo
quindi otteniamo
d(xn , yn ) d(xm , ym ) d(xn , xm ) + d(ym , yn )
Poiche (xn ) e (yn ) sono di Cauchy possiamo rendere il membro a destra piccolo a piacere.
Ci`o implica che il limite in (1.3) esiste perche R `e completo.
Dobbiamo anche mostrare che il limite in (1.3) `e indipendente dalla particolare scelta
del rappresentante. Infatti se (xn ) (x0n ) e (yn ) (yn0 ) allora per la (1.2)
per n .
(b) Costruzione di un isometria T : X W X. b A ciascun b X associamo la classe
bb X
b che contiene la successione costante di Cauchy (b, b, ). Ci`o definisce unapplicazione
14 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI
b bb, b
d( c) = d(b, c);
qui b
c `e la classe di (yn ) dove yn = c per tutti gli n. Una qualunque isometria `e iniettiva e
T : X W `e surgettiva perche T (X) = W. Quindi W e X sono isometrici.
Mostriamo che W `e denso in X. b Consideriamo un qualunque x b Sia (xn ) x
b X. b. Per
ogni > 0 v`e un N tale che
d(xn , xN ) < (n > N ).
2
Sia (xN , xN , ) x
bN . Allora x
bN W. Per la (1.3)
b x, x
d(b bN ) = lim d(xn , xN ) < .
n 2
Ci`o mostra che ogni intorno dellarbitrario x
bX b contiene un elemento di W. Quindi W
b
`e denso in X.
b Sia (b
(c) Completezza di X. b Poiche W `e
xn ) una qualunque successione di Cauchy in X.
b
denso in X per ogni xbn v`e un zbn W tale che
b xn , zbn ) < 1 .
d(b 4
n
Quindi per la disuguaglianza triangolare
b zm , zbn ) d(b
d(b b zm , x b xm , x
bm ) + d(b b xn , zbn )
bn ) + d(b
1 b xm , x 1
< + d(b bn ) +
m n
e ci`o `e minore di ogni dato > 0 per m ed n sufficientemente grandi perche (b
xm ) `e di Cauchy.
Quindi (b zm ) `e di Cauchy. Poiche T : X W `e isometrica e zbm W la successione (zm )
dove zm = T 1 zbm `e di Cauchy in X. Sia x bX b la classe a cui (zm ) appartiene. Mostriamo
che x b `e il limite di (b
xn ). Per la (4)
b xn , x
d(b b xn , zbn ) + d(b
b) d(b b zn , x
b)
1 b zn , x
< + d(b b). (1.5)
n
Poiche (zn ) x b
b e zbn W, cos` che (zn , zn , ) zbn , grazie alla definizione di distanza in X
data nella (1.3), la disuguaglianza (1.5) diviene
b xn , x 1
d(b b) < + lim d(zn , zm )
n m
ed il membro a destra diviene pi`u piccolo di un qualunque dato > 0 per n sufficientemente
grandi. Quindi la successione arbitraria di Cauchy (b b ha il limite x
xn ) in X b Xb e X b `e
completo.
(d) Unicit` b a meno di isometrie. Sia (X,
a di X e un altro spazio metrico completo con un
e d)
f e
sottospazio W denso in X e isometrico a X. Grazie alla propriet`a transitiva della isometria
W e W f sono isometrici e si pu`o utilizzare questa isometria per definire una applicazione
biiettiva T di Xb in Xe . Precisamente per ogni xbX b consideriamo una successione (bxn ) in
1.3. COMPLETAMENTO DI UNO SPAZIO METRICO 15
W tale che x
bn xb. Se (e
xn ) `e la successione corrispondente nella isometria in Wf vi sar`a un
x e
e X tale che x
en xe e poniamo allora T x b=x e.
Consideriamo ora una coppia x b e la coppia corrispondente x
b, yb X e nellapplica-
e, ye X
zione T. Abbiamo
b x, yb) = lim d(b
d(b b xn , ybn )
n
e
e x, ye) = lim d(e
d(e e xn , yen )
n
Problemi
1. Sia ` lo spazio delle successioni x = j jN limitate di numeri complessi, ossia tali
che
j cx (j = 1, 2, . . . )
4. Sia la distanza D (A, B) fra due sottoinsiemi non vuoti A e B di uno spazio metrico
(X, d) definita essere
D (A, B) = inf d (a, b) .
aA
bB
16 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI
Mostrare che D (A, B) non definisce una metrica sullinsieme dei sottoinsiemi non vuoti
di X.
5. Mostrare che lo spazio ` non `e separabile.
Soluzione: Sia y = ( 1 , 2 , . . . ) una successione di 0 e di 1. Allora y ` e due succes-
sioni differenti di questo tipo distano 1. Essi possono essere messi in corrispondenza
biunivoca coi reali nellintervallo [0, 1], giacche un qualunque reale nellintervallo [0, 1]
`e rappresentabile in forma binaria come
1
+ 22 + + nn + . . .
21 2 2
Quindi non sono numerabili. Consideriamo ora le palle di raggio 1/3 centrate in queste
particolari successioni. Esse sono non numerabili ed hanno a due a due intersezione
nulla. Quindi se esistesse un insieme M numerabile e denso in l . . .
6. Mostrare che lo spazio `p (p 1) `e separabile.
Soluzione: Sia M linsieme delle successioni di `p della forma
y = ( 1 , 2 , . . . , n , 0, 0, . . . )
Quindi . . .
7. Mostrare che ` `e completo.
(m) (m)
Suggerimento: Sia (xm ) una successione di Cauchy di ` , dove (xm ) = 1 , 2 , . . . .
(m)
Mostrare che le successioni di numeri j per ogni j fissato sono di Cauchy ed
(m)
quindi convergenti, ossia limm j = j . Mostrare infine che xm x, dove
x = ( 1 , 2 , . . . ) ` .
8. Mostrare che `p `e completo.
Suggerimento: Seguire la medesima via seguita nel caso precedente.
9. Mostrare che C [a, b] `e completo.
10. Mostrare che linsieme dei polinomi considerati come funzioni di t sullintervallo [a, b]
e con metrica definita come su C [a, b] non `e completo.
11. Se (xn ) e (x0n ) in (X, d) soddisfano a d (xn , x0n ) 0 e (xn ) ammette limite, mostrare
che anche (x0n ) converge ed ha il medesimo limite.
12. Se (xn ) e (x0n ) in (X, d) ammettono il medesimo limite, mostrare che d (xn , x0n ) 0.
Capitolo 2
Si ottengono degli spazi metrici particolarmente utili ed importanti se si considera uno spazio
vettoriale e si definisce in esso una metrica a mezzo di una norma. Lo spazio risultante `e
chiamato spazio normato. Se uno spazio vettoriale normato `e completo viene chiamato
spazio di Banach. La teoria degli spazi normati, in particolare degli spazi di Banach, e la
teoria degli operatori lineari definiti su di essi costituiscono la parte maggiormente sviluppata
dellanalisi funzionale.
x+y = y+x
x + (y + z) = (x + y) + z;
inoltre esiste un vettore 0, chiamato vettore nullo, e per ogni vettore x un vettore x tali
che per tutti i vettori si ha che
x+0 = x
x + (x) = 0.
(x) = ()x
1x = x
17
18 CAPITOLO 2. SPAZI NORMATI. SPAZI DI BANACH
e le leggi distributive
(x + y) = x + y
( + )x = x + x.
0x = 0
0 = 0
e
(1)x = x.
span M.
1 x1 + 2 x2 + + r xr = 0, (2.1)
xr = 1 x1 + + r1 xr1 ( j = j /r ).
x = 1 e1 + + n en .
ed ha le propriet`a
(N1) ||x|| 0
(N2) ||x|| = 0 x = 0
(N3) ||x|| = ||||x||
(N4) ||x + y|| ||x|| + ||y|| (Disuguaglianza Triangolare);
ed `e chiamata la metrica indotta dalla norma. Lo spazio normato appena definito si indica
con (X, || ||) o semplicemente con X.
2.6 Lemma (Invarianza per Traslazioni)
Una metrica d indotta da una norma in uno spazio normato X soddisfa a
d(x + a, y + a) = d(x, y)
d(x, y) = ||d(x, y)
e
d(x, y) = ||x y|| = ||||x y|| = ||d(x, y).
Convergenza di successioni e concetti collegati in uno spazio normato seguono facil-
mente dalle corrispondenti definizioni 1.7 e 1.9 per gli spazi metrici e dal fatto che ora
d(x, y) = ||x y||.
2.2. SPAZIO NORMATO. SPAZIO DI BANACH 21
(i) Una successione (xn ) in uno spazio normato X `e convergente se X contiene un x tale
che
lim ||xn x|| = 0.
n
sn = x1 + x2 + + xn
Grazie a questa definizione possiamo costruirci delle basi molto meno ricche in elementi
delle basi di Hamel e quindi maggiormente maneggiabili e soprattutto possiamo associare
in maniera univoca ad ogni elemento x le sue componenti secondo i vettori della base, in
maniera analoga a quanto succede per gli spazi vettoriali finito dimensionali.
Se M `e una successione (en ), allora (en ) `e chiamata una base di Schauder per X. In
questo caso per ogni x X v`e ununica successione di scalari tali che
X
x= k ek .
k=1
Definiamo la somma zb = x b + yb di x
b e yb come la classe di equivalenza di cui (zn ) `e il
rappresentante; cos` (zn ) zb. Questa definizione `e indipendente dalla particolare scelta
delle successioni di Cauchy appartenenti a x b e a yb. Infatti la definizione di equivalenza fra
successioni di Cauchy introdotta nella sezione 1.3 mostra che se (xn ) (x0n ) e (yn ) (yn0 )
allora (xn + yn ) (x0n + yn0 ) perche
x
bn x
b, b
xn b
x
||b b x
x||1 = lim d(0, bn ), ||b b b
x||1 = lim d(0, xn ).
n n
||b b b
x||1 = lim d(0, b x
xn ) = lim d(0, xn ) = || lim d(0, xn ) = || lim d(0, bn )
n n n n
cio`e ||b
x||1 = ||||b
x||1 . Analoga dimostrazione si pu`o fare per verificare (N4).
` quindi sufficiente provare lesistenza di un c > 0 tale che la (2.3) vale per ogni npla di
E Pn
scalari 1 , , n con j=1 | j | = 1.
Supponiamo che ci`oPsia falso. Ossia supponiamo che per ogni c > 0 esista una npla di
n
scalari 1 , , n con j=1 | j | = 1 tali che || 1 x1 + n xn || < c. In corrispondenza della
successione c = 1/m esiste allora una successione (ym ) di vettori
X n
(m) (m)
ym = 1 x1 + + (m)
n xn j = 1
j=1
tali che
1
||ym || <
m
e quindi tali che
ym 0
come m .
Pn (m)
(m)
Ora ragioniamo come segue. Poiche j=1 j = 1 abbiamo che j 1. Quindi per
ogni fisso j la successione
(m) (1) (2)
j = j , j ,
(m)
`e limitata. Di conseguenza per il teorema di BolzanoWeierstrass ( 1 ) ammette una
(1,m)
successione estratta ( 1 ) convergente. Sia 1 il limite di questa successione estratta e sia
n
X (1,m)
y1,m = j xj
j=1
e poiche
X X
n (n,m) n
(n,m)
||yn,m y|| =
( j j )x
j | j j | ||xj ||
j=1 j=1
per m
n
X
yn,m y = j xj .
j=1
P
Essendo j = 1 non tutti i j possono essere zero ed essendo {x1 , , xn } un insieme
linearmente indipendente abbiamo che y 6= 0. Daltro lato poiche (yn,m ) `e una successione
estratta di (ym ) che converge a zero dobbiamo avere yn,m 0 cos che y = 0. Ci`o contraddice
y 6= 0 ed il lemma `e provato.
Come prima applicazione del lemma proviamo il seguente teorema basilare.
Poiche (ym ) `e una successione di Cauchy, per ogni > 0 v`e un N tale che ||ym yr || <
quando m, r > N. Da ci`o e dal Lemma 2.10 abbiamo che per qualche c > 0
n n
X (m) (r) X (m) (r)
> ||ym yr || = j j ej c
j j ,
j=1 j=1
Chiaramente y Y. Inoltre
X n
n (m) X (m)
||ym y|| =
j j e
j j j ||ej ||.
j=1 j=1
(m)
A destra j j . Quindi ||ym y|| 0, cio`e ym y. Ci`o mostra che (ym ) `e convergente
in Y. Poiche (ym ) era una successione di Cauchy in Y, ci`o prova che Y `e completo.
Da questo teorema e dal Teorema 1.12 si deriva il seguente teorema.
26 CAPITOLO 2. SPAZI NORMATI. SPAZI DI BANACH
Assieme danno a||x||2 ||x||1 dove a = c/k > 0. Laltra disuguaglianza in (2.4) si ottiene
scambiando il ruolo di || ||1 e || ||2 nelle considerazioni precedenti.
Questo teorema ha una notevole importanza pratica. Ad esempio implica che la con-
vergenza o la divergenza di una successione in uno spazio vettoriale finito dimensionale non
dipende dalla particolare scelta della norma su questo spazio.
Dimostrazione. Per ogni x M v`e una successione (xn ) in M tale che xn x; cf. 1.12(a).
Poiche M `e compatto x M. Quindi M `e chiuso perche x M era arbitrario. Proviamo
che M `e limitato. Si noti che se supx,yM d(x, y) = `e anche supxM d(x, b) = per
un qualunque b fisso appartenente a X. Infatti se cos` non fosse avremmo sup d(x, y)
sup d(x, b) + sup d(b, y) < che non `e possibile. Quindi se M fosse non limitato conter-
rebbe una successione (yn ) tale che d(yn , b) > n e quindi tale che limn d(yn , b) = .
Questa successione non potrebbe avere una successione estratta convergente perche allora
d(yn , b) ammetterebbe una successione estratta convergente, ci`o che `e impossibile perche `e
divergente.
Linverso di questo lemma `e in generale falso.
Dimostrazione. Per provare questo importante fatto consideriamo la successione (en ) in l2 ,
dove en = ( nj ) ha lnmo termine 1 e tuttigli altri termini 0. Questa successione `e limitata
perche ||en || = 1. Poiche `e ||en em || = 2 per ogni n e m (n 6= m), la successione non
ha punti di accumulazione. Quindi i suoi termini costituiscono un insieme di punti che `e
chiuso perche non ha punti di accumulazione. Per la medesima ragione questo insieme non
`e compatto.
Tuttavia per uno spazio normato finito dimensionale abbiamo il seguente Teorema.
2.17 Teorema (Compattezza)
In uno spazio normato finito dimensionale X un qualsiasi sottoinsieme M X `e compatto
se e solo se M `e chiuso e limitato.
Dimostrazione. La compattezza implica la chiusura e la limitatezza per il Lemma 2.16.
Proviamo linverso. Sia M chiuso e limitato. Sia dim X = n e {e1 , , en } una base per X.
Consideriamo una qualunque successione (xm ) in M. Ciascun xm ha una rappresentazione
(m)
xm = 1 e1 + + n(m) en .
Poiche M `e limitato lo `e anche (xm ), cio`e ||xm || k per tutti gli m. Per il Lemma 2.10
X n
n (m) X (m)
k ||xm || = j ej c
j
j=1 j=1
(m)
dove c > 0. Quindi la successione di numeri ( j )
(j fisso) `e limitata e, per il teorema di
BolzanoWeierstrass, ha un punto di accumulazione j ; qui 1 j n. Come nella prova
del Lemma
P 2.10 concludiamo che (xm ) ha una successione estratta (zm ) che converge a
z= j ej . Poiche M `e chiuso z M. Ci`o mostra che la successione arbitraria (xm ) in M
ha una successione estratta che converge in M. Quindi M `e compatto.
1 Pi`
u precisamente sequenzialmente compatto; questo `
e il tipo pi`
u importante di compattezza in analisi.
Menzioniamo che ci sono due altri tipi di compattezza, ma per gli spazi metrici i tre concetti divengono
identici.
28 CAPITOLO 2. SPAZI NORMATI. SPAZI DI BANACH
Chiaramente a > 0 perche Y `e chiuso. Prendiamo ora un qualunque (0, 1). Per la
definizione di estremo inferiore v`e un y0 Y tale che
a
a ||v y0 || (2.6)
(si noti che a/ > a perche 0 < < 1). Sia
1
z = c(v y0 ) dove c= .
||v y0 ||
Allora ||z|| = 1 e mostriamo che ||z y|| per ogni y Y. Abbiamo che
||z y|| = ||c(v y0 ) y||
= c||v y0 c1 y||
= c||v y1 ||
dove
y1 = y0 + c1 y.
T (x + y) = T x + T y. (2.8)
T (x1 + x2 ) = T x1 + T x2 = y1 + y2 .
Quindi y1 + y2 R(T ). Poiche y1 , y2 R(T ) erano arbitrari e cos` lo erano gli scalari ci`o
prova che R(T ) `e uno spazio vettoriale.
(b) Scegliamo n + 1 elementi y1 , , yn+1 di R(T ) in una maniera arbitraria. Allora
abbiamo y1 = T x1 , , yn+1 = T xn+1 per qualche x1 , , xn+1 in X. Poiche dim X = n
questo insieme {x1 , , xn+1 } deve essere linearmente dipendente. Quindi
1 x1 + + n+1 xn+1 = 0
2.6. OPERATORI LINEARI 31
per degli scalari non tutti nulli. Poiche T `e lineare e T 0 = 0 applicando T ad entrambi
membri si ottiene
Ci`o mostra che linsieme {y1 , , yn+1 } `e linearmente dipendente perche gli j non sono
tutti nulli. Ricordando che questo sottoinsieme di R(T ) era stato scelto in una maniera
arbitraria ne concludiamo che R(T ) non ammette sottoinsiemi linearmente indipendenti di
n + 1 o pi`u elementi. Per definizione ci`o significa che dim R(T ) n.
(c) Prendiamo due qualunque x1 , x2 N (T ). Allora T x1 = T x2 = 0. Poiche T `e lineare
per scalari qualunque , abbiamo che
T (1 x1 + 2 x2 ) = 0.
x1 6= x2 = T x1 6= T x2 (2.10)
o in maniera equivalente se
T x1 = T x2 = x1 = x2 . (2.11)
In questo caso esiste lapplicazione
T 1 : R(T ) X
(2.12)
y0 7 x0 (y0 = T x0 )
In connessione con gli operatori lineari sugli spazi vettoriali la situazione `e la seguente.
Linverso di un operatore lineare esiste se e solo se lo spazio nullo delloperatore consiste sola-
mente del vettore nullo. Pi`u precisamente abbiamo il seguente utile criterio che utilizzeremo
molto frequentemente.
2.26 Teorema (Operatore Inverso)
Siano X e Y spazi vettoriali entrambi reali o complessi. Sia T : X Y un operatore lineare
con immagine R(T ) Y. Allora
1
(a) Linverso T : R(T ) X esiste se e solo se
T x = 0 = x = 0.
Allora
x1 = T 1 y1 e x2 = T 1 y2 .
y1 + y2 = T x1 + T x2 = T (x1 + x2 ).
T 1 (y1 + y2 ) = x1 + x2 = T 1 y1 + T 1 y2
(ST )1 = T 1 S 1 . (2.13)
L(X, Y )
2.8. OPERATORI LINEARI LIMITATI E CONTINUI 33
costituito da tutti gli operatori lineari da X in Y, cio`e ciascuno di tali operatori `e definito
su tutto X e la sua immagine giace in Y. Vogliamo mostrare che L(X, Y ) stesso pu`o essere
dotato della struttura di spazio vettoriale.
Il tutto `e molto semplice. L(X, Y ) diviene uno spazio vettoriale se, in maniera del tutto
naturale, definiamo la somma T1 + T2 di due operatori T1 , T2 L(X, Y ) come
(T1 + T2 )x = T1 x + T2 x
sup ||(T1 + T2 )x|| = sup ||T1 x + T2 x|| sup ||T1 x|| + sup ||T2 x||;
||x||=1 ||x||=1 ||x||=1 ||x||=1
qui x X.
Si noti che loperatore identit`a I : X X e loperatore zero 0 : X X su uno spazio
normato X sono operatori limitati ed hanno rispettivamente norma ||I|| = 1 e ||0|| = 0.
Osservazione. Nel caso in cui T sia una matrice n n di elementi ( jk ) e la norma
2
nello spazio
Pn vettoriale di definizione sia quella euclidea la sua norma risulta essere ||T || =
2
maxk j=1 | jk | . Se ne lascia per esercizio la dimostrazione al lettore.
Dal punto (b) del Lemma 2.29 otteniamo immediatamente il risultato cercato.
2.30 Teorema (Spazio B(X, Y ))
Lo spazio vettoriale B(X, Y ) di tutti gli operatori limitati lineari da uno spazio normato X
in uno spazio normato Y `e esso stesso uno spazio normato con norma definita da
||T x||
||T || = sup = sup ||T x||. (2.18)
xX ||x|| xX
x6=0 ||x||=1
Esaminiamo ora alcune propriet`a specifiche importanti degli operatori lineari limitati.
2.31 Teorema (Dimensioni Finite)
Se uno spazio normato X `e finito dimensionale allora ogni operatore lineare su X `e limitato.
Dimostrazione.
P Sia dim X = n e {e1 , , en } una base per X. Prendiamo un qualunque
x= j ej e consideriamo un qualunque operatore lineare T su X. Poiche T `e lineare
X X X
||T x|| = j T ej
| j | ||T ej || max ||T ek ||
k
| j |
2.8. OPERATORI LINEARI LIMITATI E CONTINUI 35
Assieme danno
1
||T x|| ||x|| dove = max ||T ek ||.
c k
Da ci`o e dalla (2.14) vediamo che T `e limitato.
Consideriamo ora alcune importanti propriet`a degli operatori lineari limitati.
Gli operatori sono applicazioni, cos` che ad essi si applica la definizione di continuit`a.
` un fatto fondamentale che per gli operatori lineari continuit`a e limitatezza divengono
E
concetti equivalenti. I dettagli sono i seguenti.
Sia T : X Y un operatore qualunque non necessariamente lineare, dove X e Y sono
spazi normati. Per la definizione 1.4 loperatore T `e continuo in un x0 X se per ogni
> 0 v`e un > 0 tale che
Dimostrazione. (a) Assumiamo che T sia limitato e dimostriamo che `e continuo. Per T = 0
laffermazione `e banale. Sia T 6= 0. Allora ||T || 6= 0. Consideriamo un qualunque x0 X.
Sia dato un > 0 arbitrario. Allora poiche T `e lineare per ogni x X otteniamo
||T x T x0 || < per tutti gli x X per cui ||x x0 || < . (2.19)
Quindi ||x x0 || = /2 cos` che possiamo usare la (2.19). Poiche T `e lineare abbiamo
||T x T x0 || = ||T (x x0 )|| = T y = ||T y||
2||y|| 2||y||
e (2.19) implica
2
||T y|| < . Cos` ||T y|| < ||y||.
2||y||
Ci`o pu`o essere scritto ||T y|| c||y||, dove c = 2/. Quindi poiche c dipende da x0 e non da
y ne segue che T `e limitato.
(b) La continuit`a di T in un punto implica la limitatezza di T per la seconda parte della
dimostrazione di (a), che a sua volta implica la continuit`a di T per l(a).
2.33 Corollario (Continuit`
a, Spazio Nullo)
Sia T un operatore lineare limitato. Allora
Dimostrazione. (a) segue dal Teorema 2.32(a) e 1.14 o direttamente dalla (2.16) perche per
n
||T xn T x|| = ||T (xn x)|| ||T || ||xn x|| 0.
(b) Per ogni x N (T ) v`e una successione (xn ) in N (T ) tale che xn x; cf. 1.12(a).
Quindi T xn T x per la parte (a) di questo corollario. Anche T x = 0 poiche T xn = 0 cos`
che x N (T ). Poiche x N (T ) era arbitrario, N (T ) `e chiuso.
E` lasciata al lettore la semplice prova di unaltra utile formula
T1 = T2 ,
se hanno medesimo dominio D(T1 ) = D(T2 ) e se T1 x = T2 x per tutti gli x D(T1 ) = D(T2 ).
La restrizione di un operatore T : X Y ad un sottoinsieme B X `e indicato con
T |B
ed `e loperatore definito da
la linearit`a (se T `e lineare) o la limitatezza (se D(T ) giace in uno spazio normato e T `e
limitato). Il seguente importante teorema `e tipico a questo riguardo. Concerne lestensione
di un operatore lineare limitato T alla chiusura D(T ) del dominio tale che loperatore esteso
sia nuovamente limitato e lineare e abbia anche la stessa norma. Ci`o include il caso delle-
stensione da un insieme denso in uno spazio normato X a tutto X. Include anche il caso
dellestensione da uno spazio normato X al suo completamento.
2.34 Teorema (Estensione Limitata Lineare)
Sia
T : D(T ) Y
un operatore limitato lineare, dove D(T ) giace in uno spazio normato X ed Y `e uno spazio
di Banach. Allora T ha ununica estensione continua alla chiusura di D(T )
Te : D(T ) Y.
Ci`o mostra che (T xn ) `e di Cauchy perche (xn ) converge. Per ipotesi Y `e completo cos` che
(T xn ) converge, ossia
T xn y Y.
Mostriamo che questa definizione non `e ambigua, `e cio`e indipendente dalla particolare succes-
sione scelta in D(T ) convergente a x. Supponiamo che xn x e zn x. Allora xn zn 0.
Poiche T `e lineare e limitato abbiamo che
||T xn T zn || = ||T (xn zn )|| ||T || ||xn zn ||
Quindi Te `e limitato e ||Te|| ||T ||. Naturalmente ||Te|| ||T || perche la norma essendo
definita mediante un estremo superiore non pu`o decrescere in unestensione. Assieme danno
||Te|| = ||T ||.
38 CAPITOLO 2. SPAZI NORMATI. SPAZI DI BANACH
f : X K,
|f (x)|
||f || = sup (2.22)
xX ||x||
x6=0
o
||f || = sup |f (x)|. (2.23)
xX
||x||=1
f1 (x0 ) = 1 6= 0,
Si noti che ci`o concorda con il modo usuale di sommare funzioni e di moltiplicarle per
costanti.
Possiamo fare ancora un passo innanzi e considerare il duale algebrico (X ) di X , i cui
elementi sono i funzionali lineari definiti su X . Indichiamo (X ) con X e lo chiamiamo
lo spazio biduale algebrico di X.
Perche consideriamo X ? Il punto `e che possiamo ottenere una relazione interessante
ed importante fra X e X . Scegliamo la notazione
Spazio Generico elemento Valore in un punto
X x
X f f (x)
X g g(f )
Possiamo ottenere un g X , che `e un funzionale lineare definito su X , scegliendo un
x X fisso e ponendo
gx come definito dalla (2.25) `e lineare. Ci`o pu`o essere visto dalla
C : X X
x 7 gx .
Ci`o implica x0 = 0 per il Lemma precedente e quindi dal Teorema 2.26 segue la iniettivit`a
della C.
C `e chiamato limmersione (embedding) canonica di X in X . Per comprendere e mo-
tivare questo termine spieghiamo dapprima il concetto di isomorfismo, che `e di interesse
generale.
Nel nostro lavoro ci occupiamo di diversi spazi. Comune a tutti loro `e il fatto che essi
consistono di un insieme, chiamiamolo X, e di una struttura definita su X. Per uno spazio
metrico questa `e una metrica. Per uno spazio vettoriale le due operazioni algebriche formano
la struttura. Per uno spazio normato la struttura consiste di queste due operazioni algebriche
e della norma.
Dati due spazi X e X e dello stesso tipo (ad esempio appunto due spazi metrici o vettoriali
o normati) `e di interesse sapere quando essi possano essere considerati essenzialmente
identici, cio`e quando essi si possano considerare coincidenti per quanto riguarda la loro
struttura e differenti al pi`
u per la natura dei loro punti, ossia quando essi possano essere
considerati due realizzazioni del medesimo oggetto astratto.
Una risposta matematicamente precisa `e data dallintroduzione del concetto di isomor-
fismo. Per definizione si tratta di unapplicazione biiettiva di X su X e che conserva la
struttura.
Corrispondentemente un isomorfismo T di uno spazio metrico X = (X, d) su uno spazio
metrico X e = (X, e `e unapplicazione biiettiva che conserva la distanza, cio`e per tutti gli
e d)
x, y X
e x, T y) = d(x, y).
d(T
T (x + y) = T x + T y, T (x) = T x,
x = 1 e1 + + n en . (2.26)
TEB = ( jk )
con r righe ed n colonne. Se sono assegnate una base E di X ed una base B di Y , allora la
matrice TEB `e univocamente determinata dalloperatore lineare T. Diciamo che la matrice
TEB rappresenta loperatore T rispetto a queste basi.
Introducendo i vettori colonna x
e = ( k ) e ye = ( j ) possiamo scrivere la (2.30) in notazione
matriciale
ye = TEB x e. (2.31)
Analogamente anche (2.29) pu`o essere scritta in forma matriciale
>
T e = TEB b (2.32)
dove T e `e il vettore colonna con componenti T e1 , , T en (che sono essi stessi vettori) e b `e
>
il vettore colonna di componenti b1 , , br e dove dobbiamo usare il trasposto TEB di TEB
perche nella (2.29) sommiamo su j che `e il primo indice.
Le nostre considerazioni mostrano che un operatore lineare T determina ununica matrice
rappresentante T rispetto ad una data base per X ed ad una data base per Y . Viceversa
ogni matrice con r righe ed n colonne determina un operatore lineare che essa rappresenta
rispetto a basi date per X e Y.
Ritorniamo ora ai funzionali lineari su X, dove dim X = n e {e1 , , en } `e una base
per X come prima. Questi funzionali costituiscono lo spazio algebrico duale X P di X come
sappiamo dalla sezione precedente. Per ogni tale funzionale e per ogni x = j ej X
abbiamo
n
X Xn n
X
f (x) = f j ej = j f (ej ) = j j (2.33)
j=1 j=1 j=1
dove
j = f (ej ) j = 1, , n (2.34)
ed f `e unicamente determinata dai suoi valori j sugli n vettori di base di X.
Viceversa ogni npla di scalari 1 , , n determina un funzionale lineare su X per le
(2.33), (2.34). In particolare prendiamo le nple
(1, 0, 0, 0, 0)
(0, 1, 0, 0, 0)
(0, 0, 0, 0, 1).
2.10. OPERATORI LINEARI E FUNZIONALI SU SPAZI FINITO DIMENSIONALI 43
Per le (2.33), (2.34) ci`o fornisce n funzionali che denotiamo f1 , , fn e che hanno valori
0 se j 6= k
fk (ej ) = jk = (2.35)
1 se j = k;
cio`e fk ha il valore 1 al kmo vettore di base e il valore 0 agli altri n 1 vettori di base.
jk `e chiamato la delta di Kroneker. {f1 , , fn } `e chiamato la base duale della base
{e1 , , en } per X. Ci`o `e giustificato dal seguente teorema.
2.39 Teorema (Dimensioni di X )
Sia X uno spazio vettoriale ndimensionale ed E = {e1 , , en } una base per X. Allora
F = {f1 , , fn } data dalla (2.35) `e una base per lalgebrico duale X . di X e dim X =
dim X = n.
Dimostrazione. F `e un insieme linearmente indipendente perche
n
X
k fk (x) = 0 (x X) (2.36)
k=1
per x = ej d`a
n
X n
X
k fk (ej ) = k jk = j = 0,
k=1 k=1
cos` che tutte le k in (2.36) sono zero. Mostriamo che ogni f X pu`o essere rappresentata
come una combinazione lineare degli elementi di F in una maniera unica. Scriviamo come
in (2.34) f (ej ) = j . Per la (2.33)
n
X
f (x) = j j
j=1
Dal confronto
n
X
f (x) = j fj (x).
j=1
Confrontando, dim R(C) = dim X . Quindi R(C) = X perche, se R(C) fosse un sotto-
spazio proprio di X , per il Teorema2.4 avrebbe dimensioni minori di X , che `e impossibile.
Ci`o prova la riflessivit`a algebrica.
44 CAPITOLO 2. SPAZI NORMATI. SPAZI DI BANACH
Per tutti gli x X ed n, m > N otteniamo cos` [cf. (2.16) nella Sez. 2.8]
||Tn x Tm x|| = ||(Tn Tm )x|| ||Tn Tm || ||x|| < ||x||. (2.37)
Ora per ogni x fisso e per un dato e
possiamo scegliere un = x tale che x ||x|| < e
. Allora
dalla (2.37) abbiamo ||Tn x Tm x|| < e
e vediamo che (Tn x) `e di Cauchy in Y. Poiche Y `e
completo (Tn x) converge, ossia Tn x y. Chiaramente il limite y Y dipende dalla scelta
di x X. Ci`o definisce un operatore T : X Y, dove y = T x. Loperatore T `e lineare
perche
lim Tn (x + z) = lim(Tn x + Tn z) = lim Tn x + lim Tn z.
Ci`o mostra che (Tn T ) con n > N `e un operatore limitato. Poiche Tn `e limitato T =
Tn (Tn T ) `e limitato, ossia T B(X, Y ). Inoltre se in (2.38) prendiamo lestremo superiore
per tutti gli x di norma 1 otteniamo
||Tn T || (n > N ).
Quindi ||Tn T || 0.
Questo teorema ha importanti conseguenze rispetto allo spazio duale X 0 di X, che `e
definito come segue.
2.42 Definizione (Spazio Duale X 0 )
Sia X uno spazio normato. Allora linsieme di tutti i funzionali lineari limitati su X
costituisce uno spazio normato con norma definita da
|f (x)|
||f || = sup = sup |f (x)| (2.39)
xX ||x|| xX
x6=0 ||x||=1
[cf. (2.22) e (2.23) nella Sez. 2.9] che `e chiamato la spazio duale 2 di X ed `e indicato con
X 0.
2 Altri termini sono duale, spazio aggiunto e spazio coniugato. Si ricordi dalla Sez. 2.9 che lo spazio duale
Problemi
1. Mostrare che nello spazio delle n-ple x = ( 1 , 2 , . . . , n ) reali o complesse possibili
norme sono
p p p 1/p
||x||p = (| 1 | + | 2 | + . . . | n | ) (1 p < +)
||x|| = max (| 1 | , | 2 | , . . . | n |) .
1 1
+ = 1.
p q
Per dimostrare la diseguaglianza triangolare conviene dapprima dimostrare la disegua-
glianza ausiliaria
p q
+
p q
valida per 0, 0 qualunque ed utilizzarla per dimostrare la diseguaglianza di
Holder
1/p !1/q
X
X
X
p
j j j | k |
q
.
j=1 j=1 k=1
4. Mostrare che lo spazio C[a, b] delle funzioni u (t) continue nellintervallo [a, b] ammette
norma
||u|| = max |u (t)| .
t[a,b]
9. Se dim Y < nel Lemma di Riesz mostrare che si pu`o anche scegliere = 1.
con k (t, ) continua nel quadrato J J. Mostrare che T `e lineare e limitato e che
||T || k0 con k0 = max(t, )JJ |k (t, )| .
2.11. SPAZI NORMATI DI OPERATORI. SPAZIO DUALE 47
dove t0 `e un punto fisso di [a, b], `e un funzionale lineare limitato e che ||f || = 1.
48 CAPITOLO 2. SPAZI NORMATI. SPAZI DI BANACH
Capitolo 3
Gli spazi con prodotto scalare sono, come vedremo, degli speciali spazi normati. Storicamen-
te sono pi`u vecchi degli spazi normati generali. La loro teoria `e pi` u ricca e conserva molti
degli aspetti dello spazio euclideo, un concetto centrale essendo lortogonalit`a. In effetti gli
spazi con prodotto scalare sono la generalizzazione pi` u naturale dello spazio euclideo.
Questi spazi sono stati sino ad ora gli spazi pi`
u utili nelle applicazioni pratiche dellanalisi
funzionale.
49
50 CAPITOLO 3. SPAZI CON PRODOTTO SCALARE. SPAZI DI HILBERT
La prova che (3.1) soddisfa agli assiomi da (N1) a (N4) di una norma sar`a data allinizio
della prossima sezione.
Quindi gli spazi con prodotto scalare sono spazi normati.
3.2 Definizione (Spazio di Hilbert)
Uno spazio con prodotto scalare che sia completo (completo nella metrica definita dal
prodotto scalare; cf. (3.2)) si dice spazio di Hilbert.
Da (IP1) a (IP3) otteniamo le formule
che useremo molto spesso. (3.3) mostra che il prodotto scalare `e lineare nel secondo fattore.
Poiche in (3.5) abbiamo a sinistra i numeri complessi coniugati e diciamo che il prodotto
scalare `e coniugato lineare nel primo fattore. Riferendosi ad entrambe le propriet`a diciamo
che il prodotto scalare `e sesquilineare. Ci`o significa 1 21 volte lineare ed `e motivato dal
fatto che coniugato lineare `e anche noto come semilineare, un termine meno suggestivo
che non useremo.
Il lettore pu`o mostrare con un semplice calcolo diretto che la norma in uno spazio con
prodotto scalare soddisfa limportante uguaglianza del parallelogramma
y
x+y xy
x -
R
Questo nome `e suggerito dalla geometria elementare, come si vede dalla figura 3.1, se ri-
cordiamo che la norma generalizza il concetto elementare di lunghezza di un vettore. E `
del tutto rimarchevole che una tale equazione continui a valere nel nostro caso molto pi` u
generale.
Concludiamo che se una norma non soddisfa la (3.6) essa non pu`o essere ottenuta da
un prodotto scalare con luso della (3.1). Queste norme effettivamente esistono. Possiamo
perci`o dire che non tutti gli spazi normati sono spazi dotati di prodotto scalare.
Definiamo ora il concetto di ortogonalit`a che `e basilare in tutta la teoria. Sappiamo che
se il prodotto scalare di due vettori nello spazio tridimensionale `e zero allora i vettori sono
ortogonali, cio`e sono perpendicolari o almeno uno di essi `e il vettore nullo. Ci`o suggerisce e
motiva la seguente definizione.
3.3 Definizione (Ortogonalita `)
Un elemento x di uno spazio X con prodotto scalare `e detto ortogonale ad un elemento
y X se
hy, xi = 0.
Pi`
u in generale se {x1 , , xn } `e un insieme ortogonale allora
(a) Abbiamo
|hx, yi| ||x|| ||y|| (Diseguaglianza di Schwarz) (3.9)
dove il segno uguale vale se e solo se {x, y} `e un insieme linearmente dipendente.
Dimostrazione. (a) Se y = 0 allora la (3.9) vale perche hx, 0i = 0. Sia y 6= 0. Per ogni scalare
abbiamo
0 ||x y||2 = hx y, x yi
= hx, xi hx, yi [hy, xi hy, yi].
Vediamo che lespressione nella parentesi [ ] `e zero se scegliamo = hy, xi/hy, yi. La
disuguaglianza risultante `e
otteniamo
Lequivalenza di questa definizione con la definizione 3.1 `e provata dal seguente teorema
e suo corollario.
3.8 Teorema (Spazio pre-Hilbertiano Reale)
Definiamo in uno spazio normato reale X, che soddisfa alluguaglianza del parallelogramma,
1
hx, yi = (||x + y||2 ||x y||2 ). (3.15)
4
Allora hx, yi soddisfa a tutte le propriet`
a richieste al prodotto scalare, da (IP1) a (IP4).
Dimostrazione. (IP3) e (IP4) sono evidenti. Per ottenere la (IP1) osserviamo dapprima che
dalla (3.15) segue
1
hx, yi + hx, zi = (||x + y||2 ||x y||2 + ||x + z||2 ||x z||2 ).
4
Se ora notiamo che
y+z yz
xy = x
2 2
y+z yz
xz = x
2 2
3.4. DEFINIZIONE EQUIVALENTE DI SPAZIO CON PRODOTTO SCALARE 55
m
e quindi la (IP2) vale per un numero razionale positivo qualunque = n, perche
z n z 1
hx, i = hx, i = hx, zi.
n n n n
Poiche dalla definizione (3.15) segue che hx, zi = hx, zi, la (IP2) vale anche per un numero
razionale negativo qualunque.
In uno spazio normato ||x+y||2 e ||xy||2 sono continui in e quindi per la (3.15) an-
che hx, yi `e continuo in . Poiche ogni reale si pu`o ottenere come limite di una successione
di numeri razionali, anche (IP2) `e provata.
dove
1
hx, yi1 = (||x + y||2 ||x y||2 ). (3.18)
4
Allora hx, yi soddisfa a tutte le propriet`
a richieste al prodotto scalare, da (IP1) a (IP4).
Dimostrazione. Poiche X `e anche uno spazio pre-hilbertiano reale hx, yi1 e hx, iyi1 e quindi
hx, yi soddisfano a (IP1) e a (IP2) per reale. Per la (3.18) abbiamo hy, xi1 = hx, yi1 ,
hix, iyi1 = hx, yi1 e quindi hy, ixi1 = hiiy, ixi1 = hiy, xi1 = hx, iyi1 . Perci`o
hy, xi = hy, xi1 ihy, ixi1 = hx, yi1 + ihx, iyi1 = hx, yi
hx, iyi = hx, iyi1 ihx, iiyi1 = hx, iyi1 + ihx, yi1 = ihx, yi
e quindi abbiamo provato la (IP2) per complesso. Infine vale la (IP4) perche
1
hx, xi1 = ||x||2 e hx, ixi1 = (|1 + i|2 |1 i|2 )||x||2 = 0.
4
56 CAPITOLO 3. SPAZI CON PRODOTTO SCALARE. SPAZI DI HILBERT
x.
x x .....
.. .. ... .... ....
.
..
.. ..
.. .. .. ...
.. .. .. ... ....
.
.. .. .. .. ...
.. . .. ...
.. .. .. ..
.. ..
.. ... .
.
...
.. . .. ...
.. .. ... ..
.. M M .. . M . y
.. .. y y .
. .
Non v`e y Un solo y Infiniti y
ossia, parlando intuitivamente, se v`e un punto y M che sia il pi` u vicino ad un dato x
e se, esistendo questo punto, esso sia unico. Questo `e un problema di esistenza ed unicit` a.
Esso `e di fondamentale importanza sia teorica che applicativa, ad esempio in connessione
con lapprossimazione delle funzioni.
La figura 3.2 illustra il fatto che anche in uno spazio molto semplice come lo spazio
euclideo R3 vi pu`o non essere alcun y che soddisfa la (3.20) od anche uno solo o pi` u di
uno. Possiamo aspettarci che in altri spazi, in particolare negli spazi multidimensionali,
vi possano essere a questo riguardo situazioni anche pi` u complicate. Per un generico spazio
normato questo `e il caso (come si pu`o vedere), ma per gli spazi di Hilbert la situazione rimane
relativamente semplice. Questo fatto `e sorprendente ed ha diverse conseguenze teoriche e
pratiche. Ed `e una delle ragioni per cui la teoria degli spazi di Hilbert `e pi` u semplice di
quella dei generici spazi di Banach.
Per considerare il problema di esistenza ed unicit`a per gli spazi di Hilbert e per formulare
il teorema chiave (3.12, qui di seguito) abbiamo bisogno di due concetti collegati, che sono
di interesse generale.
58 CAPITOLO 3. SPAZI CON PRODOTTO SCALARE. SPAZI DI HILBERT
Il segmento che congiunge due dati elementi x e y di uno spazio vettoriale X `e definito
come linsieme di tutti gli z X della forma
z = (1 )x + y ( R, 0 1).
Dimostrazione. (a) Esistenza. Per definizione di estremo inferiore v`e una successione (yn )
in M tale che
n dove n = ||x yn ||. (3.22)
Mostriamo che (yn ) `e di Cauchy. Ponendo yn x = vn abbiamo yn ym = vn vm e per
luguaglianza del parallelogramma
||yn ym ||2 = ||vn vm ||2 = ||vn + vm ||2 + 2(||vn ||2 + ||vm ||2 ). (3.23)
Osserviamo che
1
||vn + vm || = ||yn + ym 2x|| = 2 (yn + ym ) x 2
(3.24)
2
che per la (3.22) implica che (yn ) `e di Cauchy. Poiche M `e completo (yn ) converge, ossia
yn y M. Questo `e ly cercato. Infatti per la continuit`a della norma e per la (3.22)
otteniamo che
||x y|| = lim ||x yn || = lim n = .
n n
(b) Unicit`
a. Assumiamo che entrambi y M e y0 M soddisfino
cos` che ||z y1 || per definizione di . Quindi (3.25) non pu`o essere valida ed il lemma
`e dimostrato.
` sovente utile rappresentare uno spazio di Hilbert come somma diretta di due sotto-
E
spazi. Questa decomposizione risulta essere particolarmente semplice e conveniente se viene
realizzata utilizzando lortogonalit`a. Per comprendere la situazione ed il problema intro-
duciamo dapprima il concetto di somma diretta. Questo concetto ha senso per qualunque
spazio vettoriale ed `e definito come segue.
3.14 Definizione (Somma Diretta)
Uno spazio vettoriale X `e detto somma diretta di due sottospazi Y e Z di X e si scrive
X =Y Z
che `e linsieme di tutti i vettori ortogonali a Y. Questo `e il maggior risultato in questa sezione,
che `e qualche volta chiamato il teorema della proiezione per ragioni che spiegheremo dopo
la dimostrazione.
3.15 Teorema (Somma Diretta)
Sia Y un qualunque sottospazio di uno spazio di Hilbert H. Allora
H =Y Z Z = Y . (3.26)
x = y + z = y1 + z1
H =Y Y
x=y+z y Y, z Y . (3.28)
P :HY
x 7 y = P x.
Loperatore lineare P `e limitato con norma ||P || = 1. Infatti, poiche y e z sono ortogonali,
abbiamo p
||P x|| = ||y|| ||y||2 + ||z||2 = ||x|| per ogni x H,
cio`e P `e limitato con norma ||P || 1. Per x = y `e ||P y|| = ||y|| e quindi ||P || = 1.
Si noti che la restrizione di P a Y `e loperatore identit`a su Y essendo
P y = y, per ogni y Y
essendo
P 2 x = P (P x) = P y = y = P x, per ogni x H.
Inoltre
P z = 0, per ogni z Z = Y .
M = {x X : hv, xi = 0, v M }.
Si noti che M `e uno spazio vettoriale poiche x, y M implica per tutti i v M e per
tutti gli scalari ,
hv, x + yi = hv, xi + hv, yi = 0
e quindi x + y M .
M `e inoltre chiuso come il lettore pu`o provare utilizzando la continuit`a del prodotto
scalare.
Scriviamo M per indicare (M ) . In generale abbiamo
M M . (3.29)
Infatti se
x M = x M = x (M )
Y = Y . (3.30)
62 CAPITOLO 3. SPAZI CON PRODOTTO SCALARE. SPAZI DI HILBERT
1 e1 + + n en = 0.
3.7. INSIEMI E SUCCESSIONI ORTONORMALI 63
ci`o che prova lindipendenza lineare per ogni insieme finito o infinito ortonormale.
Un grande vantaggio delle successioni ortonormali rispetto alle successioni arbitrarie
linearmente indipendenti `e il seguente. Se sappiamo che un dato x pu`o essere rappre-
sentato come una combinazione lineare di alcuni elementi di una successione ortonormale,
allora la ortonormalit`a rende leffettiva determinazione dei coefficienti molto facile. Infatti
se {e1 , , en } `e una successione ortonormale in uno spazio con prodotto scalare X e se
abbiamo che x span{e1 , , en }, dove n `e fisso, allora per la definizione di span
n
X
x= k ek , (3.33)
k=1
con n+1 = hen+1 , xi e quindi per esprimere x come combinazione lineare degli ek rimane
da calcolare solamente questo coefficiente mentre gli altri rimangono invariati.
3.20 Teorema (Diseguaglianza di Bessel)
Sia (ek ) una successione ortonormale in uno spazio con prodotto scalare X. Allora per ogni
x X, il vettore y Yn = span{e1 , , en } che ha distanza minima da x `e
n
X
y= hek , xiek , (3.35)
k=1
e vale
X
|hek , xi|2 ||x||2 (Diseguaglianza di Bessel). (3.36)
k=1
I prodotti scalari hek , xi nella (3.36) sono chiamati i coefficienti di Fourier di x rispetto
alla successione ortonormale (ek ).
Dimostrazione. Per un generico ye Yn
n
X
ye = k ek
k=1
64 CAPITOLO 3. SPAZI CON PRODOTTO SCALARE. SPAZI DI HILBERT
Questa somma ha termini non negativi e perci`o forma una successione monotona non de-
crescente. Questa successione converge perche `e limitata da ||x||2 . Quindi la (3.37) implica
la diseguaglianza di Bessel (3.36).
Si noti che la (3.35) si pu`o ottenere pi`
u direttamente osservando che grazie al Teorema
3.12 ed al Lemma 3.13 si pu`o scrivere per ogni x X
n
X
x= k ek + z (3.38)
k=1
Pn
ove y = k=1 k ek ha distanza minima da x e z Yn . I coefficienti k si ottengono
calcolando il prodotto scalare della (3.38) con ej (j = 1, 2, . . . n).
Si noti che se X `e finito dimensionale allora ogni insieme ortonormale in X, essendo
linearmente indipendente per il Lemma 3.19, deve essere finito. Quindi in questo caso in
(3.36) abbiamo una somma finita.
Osserviamo infine che, grazie al Lemma 3.13, z = x yy. Ci`o si pu`o anche mostrare
direttamente. Notiamo dapprima che per lortonormalit`a
* n n
+ n
X X X
2
||y|| = hek , xiek , hem , xiem = |hek , xi|2 . (3.39)
k=1 m=1 k=1
ossia z y.
Abbiamo visto che le successioni ortonormali sono molto convenienti da utilizzare. Rima-
ne il problema pratico di come ottenere una successione ortonormale se `e data unarbitraria
3.8. SERIE COLLEGATE A SUCCESSIONI E INSIEMI ORTONORMALI 65
span{e1 , , en } = span{x1 , , xn }.
Il processo `e il seguente.
Primo passo. Il primo elemento di (en ) `e
1
e1 = x1 .
||x1 ||
Secondo passo. x2 pu`o esser scritto
x2 = he1 , x2 ie1 + v2 .
Allora
v2 = x2 he1 , x2 ie1
non `e il vettore nullo perche (xj ) `e linearmente indipendente; inoltre v2 e1 perche he1 , v2 i =
0 cos` che possiamo prendere
1
e2 = v2 .
||v2 ||
Passo n-mo. Il vettore
n1
X
vn = xn hek , xn iek (3.40)
k=1
1
en = vn . (3.41)
||vn ||
Si noti che la somma che viene sottratta nel membro a destra della (3.40) `e la proiezione
di xn sullo span{e1 , , en1 }. In altre parole ad ogni passo sottraiamo a xn la sua com-
ponente nella direzione dei vettori precedentemente ortonormalizzati. Ci`o d`a vn che `e poi
moltiplicato per 1/||vn || in modo da ottenere un vettore di norma uno. vn per n qualunque
non pu`o essere un vettore nullo. Infatti se n fosse il pi` u piccolo indice per cui vn = 0 allora
la (3.40) mostrerebbe che xn sarebbe una combinazione lineare degli e1 , , en1 e quindi
una combinazione lineare degli x1 , , xn1 contraddicendo lassunzione che {x1 , , xn }
`e linearmente indipendente.
dove gli 1 , 2 , sono scalari qualunque. In accordo con la definizione data nella Sez. 2.3
una tale serie converge ed ha la somma s se esiste un s H tale che la successione (sn )
delle somme parziali
sn = 1 e1 + + n en
converge.
(b) Se la (3.42) converge e si indica con x la sua somma, allora i coefficienti k sono i
coefficienti di Fourier hek , xi di x e si pu`
o scrivere
X
x= hek , xiek . (3.44)
k=1
(c) Per qualsiasi x H la serie (3.42) con k = hek , xi converge (non necessariamente a
x).
(d) Dato un qualsiasi x H condizione necessaria e sufficiente perche sia
X
x= hek , xiek
k=1
`e che sia
X 2
kxk2 = |hek , xi| . (3.45)
k=1
sn = 1 e1 + + n en e n = |1 |2 + + |n |2 .
k = hek , sn i hek , xi
Utilizzando la continuit`a del prodotto scalare e lortonormalit`a della successione {en } otte-
niamo
2
X X
x 2
hek , xiek = kx|| |hek , xi|
2
k=1 k=1
P
e quindi x = k=1 hek , xiek come volevasi dimostrare.
Se una famiglia ortonormale (e ), I, in uno spazio con prodotto scalare X non
`e numerabile (perche linsieme di indici I non `e numerabile) possiamo ancora formare i
coefficienti di Fourier he , xi di un x X. In questo caso possiamo provare il rimarchevole
Teorema seguente.
converge. Inoltre la sua somma non dipende dallordine secondo cui gli e con coefficiente
di Fourier diverso da zero sono inseriti nella successione.
68 CAPITOLO 3. SPAZI CON PRODOTTO SCALARE. SPAZI DI HILBERT
Dimostrazione. Per ciascun fissato m = 1, 2, il numero dei coefficienti di Fourier tali che
|he , xi| > 1/m deve essere finito, perch
e, qualora ci`o non fosse, vi sarebbe una successione
P
ortonormale S di e per la quale la serie S |he , xi|2 sarebbe divergente in contraddizione
colla disuguaglianza di Bessel (3.36) del Teorema 3.20. La convergenza della serie (3.46)
segue dal Teorema 3.21. Sia ora (wn ) un riordinamento di (en ). Per definizione questo
significa che v`e unapplicazione biiettiva n m(n) di N in se stesso tale che i termini
corrispondenti delle due successioni sono uguali, cio`e wm(n) = en . Poniamo
e
X
X
x1 = n en , x2 = m wm .
n=1 m=1
Allora per il Teorema 3.21(b),
span M = H.
3.9. BASI ORTONORMALI 69
` importante notare che, a meno che H non sia finito dimensionale, la base qui definita
E
non `e una base nel senso dellalgebra cos` come `e definita in 2.3, dove H deve essere conside-
rato esclusivamente come uno spazio vettoriale. Questa definizione, tuttavia, `e coerente con
la definizione 2.7 di base in uno spazio semplicemente normato. Mostreremo, in particolare,
che proprio lortonormalit`a degli elementi di M e la completezza di H garantiscono che una
base ortonormale sia una base anche secondo la definizione 2.7.
Ogni spazio di Hilbert H 6= {0} ammette una base ortonormale.
Per uno spazio finito dimensionale H ci`o `e chiaro. Per uno spazio H infinito dimensionale
separabile (cf. 1.6) ci`o segue dal procedimento di GramSchmidt per induzione (ordinaria).
Per uno spazio H non separabile una prova (non costruttiva) segue dal lemma di Zorn, come
vedremo nella Sez. 4.2, dove introduciamo e spieghiamo il lemma per altri fini.
Tutte le basi ortonormali in un dato spazio di Hilbert H 6= {0} hanno la medesima
cardinalit`a. Questultima `e chiamata la dimensione di Hilbert o la dimensione ortogonale
di H. (Se H = {0} questa dimensione `e definita come 0).
Per un H finito dimensionale laffermazione `e evidente perche allora la dimensione di
Hilbert `e la dimensione nel senso dellalgebra. Per un H infinito dimensionale separabile
laffermazione seguir`a facilmente dal Teorema 3.26 (qui di seguito), mentre per un generico
H la dimostrazione richiede degli strumenti pi` u avanzati dalla teoria degli insiemi.
Il seguente teorema mostra che una base ortonormale non pu`o essere aumentata a
costituire un insieme ortonormale pi` u esteso aggiungendo dei nuovi elementi.
3.24 Teorema (Criterio del complemento ortogonale)
Sia M un insieme ortonormale di uno spazio di Hilbert H. Allora M `e una base se e solo
se M = {0}.
Dimostrazione. Segue immediatamente dal Lemma 3.17.
Un altro importante criterio perche un insieme ortonormale M sia una base si desume
dal seguente teorema.
3.25 Teorema (Criterio di Parseval)
Un insieme ortonormale M in uno spazio di Hilbert H `e una base se e solo se per tutti gli
x H vale la relazione di Parseval
X
|hek , xi|2 = ||x||2 , (relazione di Parseval) (3.47)
k
dove nel caso M sia non numerabile la somma si intende estesa su tutti i coefficienti di
Fourier non nulli di x rispetto a M .
Dimostrazione. (a) Sia soddisfatta la (3.47) per ogni x e supponiamo per assurdo che M
non sia una base. Per il Teorema 3.24 v`e un x M in X non nullo. Poiche x M in
(3.47) abbiamo hek , xi = 0 per tutti i k, cos` che il membro a sinistra in (3.47) `e nullo mentre
||x||2 6= 0. Ci`o mostra che la (3.47) non vale. Dalla contraddizione segue che M deve essere
una base in H.
(b) Viceversa si assuma che M sia una base in H. Si consideri un qualunque x H ed i
suoi coefficienti di Fourier non nulli ordinati in una successione he1 , xi, he2 , xi, , o scritti
in un definito ordine se sono in numero finito. Definiamo ora y mediante
X
y= hek , xiek (3.49)
k
70 CAPITOLO 3. SPAZI CON PRODOTTO SCALARE. SPAZI DI HILBERT
notando che nel caso di una serie infinita la convergenza segue dal Teorema 3.21. Mostriamo
che x y M. Per ogni ej che appare in (3.49) abbiamo, usando lortonormalit`a,
X
hej , x y, i = hej , xi hek , xihej , ek i = hej , xi hej , xi = 0.
k
Inoltre per ogni v M non contenuto in (3.49) abbiamo hx, vi = 0, cos` che
X
hv, x yi = hv, xi hx, ek ihv, ek i = 0 0 = 0.
k
(b) se H contiene una successione ortonormale che `e una base in H allora H `e separabile.
(n)
1 e1 + + (n)
n en n = 1, 2,
(n) (n) (n) (n) (n) (n)
dove k = ak + ibk e ak e bk sono razionali (e bk = 0 se H `e reale). Chiaramente
A `e numerabile. Proviamo che A `e denso in H mostrando che per ogni x H ed > 0 v`e
un v A tale che ||x v|| < .
3.9. BASI ORTONORMALI 71
Quindi v A definito da
n
X (n)
v= k ek
k=1
soddisfa
n
X (n)
||x v|| = x k ek
k=1
n n n
X X X (n)
x e
k k +
e
k k k e
k
k=1 k=1 k=1
< + = .
2 2
Ci`o prova che A `e denso in H e quindi, poiche A `e numerabile, H `e separabile.
Per concludere questa sezione vogliamo sottolineare che la nostra presente discussione
ha alcune conseguenze di importanza basilare che possono esser formulate in termini di
isomorfismo di spazi di Hilbert.
Il fatto pi`
u straordinario in questa discussione `e che due spazi astratti di Hilbert sul
medesimo campo sono distinguibili solo per le loro dimensioni di Hilbert, una situazione che
generalizza quella degli spazi euclidei. Questo `e il significato del seguente teorema.
hT x, T yi = hx, yi.
x
e = T x.
ora Ve = span M
f e consideriamo Ve = He che essendo un sottospazio chiuso `e uno spazio di
e e ed H sono isomorfi, che `e impossibile.
Hilbert H $ H. Dal punto (b) precedente segue che H
0
Segue quindi che M ed M hanno la medesima cardinalit`a.
f (z0 )
z= z0 .
hz0 , z0 i
Poiche x H era arbitrario la (3.52) `e provata.
(b) Proviamo che z nella (3.52) `e unico. Supponiamo che per tutti gli x H
Dividendo per ||z|| 6= 0 si ottiene ||z|| ||f ||. Rimane da mostrare che ||f || ||z||. Dalla
(3.52) e dalla diseguaglianza di Schwarz vediamo che
Ci`o implica
||f || = sup |hz, xi| ||z||.
||x||=1
h:X Y K
Quindi h `e lineare nel secondo argomento e coniugato lineare nel primo argomento. Se X e
Y sono reali (K = R) allora (3.57) diviene semplicemente
h(x, y) = h(x, y)
3.10. RAPPRESENTAZIONE DI FUNZIONALI SU SPAZI DI HILBERT 75
`e chiamato la norma di h.
Ad esempio il prodotto scalare `e sesquilineare e limitato di norma 1.
Si noti che dalla (3.58) e dalla (3.59) abbiamo che
Quindi
h(x, y) = hx, zi. (3.63)
Qui z H1 `e unico ma dipende naturalmente dal nostro y H2 fisso. Ne segue che la (3.63)
con la variabile y definisce un operatore
S : H2 H1 dato da z = Sy.
S `e limitato. Infatti lasciando da parte il caso banale S = 0 abbiamo dalla (3.59) e dalla
(3.61)
|hx, Syi| |hSy, Syi| ||Sy||
||h|| = sup sup = sup = ||S||.
x6=0 ||x|| ||y|| y6=0 ||Sy|| ||y|| y6=0 ||y||
y6=0 Sy6=0
S `e unico. Infatti se assumiamo che esista un operatore lineare T : H2 H1 tale che per
tutti gli x H1 e gli y H2 si abbia
vediamo che per il Lemma 3.6 Sy = T y per tutti gli y H2 . Quindi S = T per definizione.
T : H2 H1
hy, T xi = hT y, xi (3.65)
Naturalmente dobbiamo mostrare che questa definizione ha senso, dobbiamo cio`e provare
che per un dato T un tale T esiste.
3.32 Teorema (Esistenza)
Loperatore aggiunto di Hilbert T di T esiste, `e unico ed `e un operatore lineare limitato con
norma
||T || = ||T ||. (3.66)
Dimostrazione. La formula
h(x, y) = hT x, yi (3.67)
definisce una forma sesquilineare su H1 H2 perche il prodotto scalare `e sesquilineare e T
`e lineare. La linearit`a coniugata della forma si verifica direttamente come segue
h(x1 + x2 , y) = hT (x1 + x2 ), yi
= hT x1 + T x2 , yi
= hT x1 , yi + hT x2 , yi
= h(x1 , y) + h(x2 , y).
|h(x, y)| = |hT x, yi| ||T x|| ||y|| ||T || ||x|| ||y||.
Ci`o implica anche ||h|| ||T ||. Inoltre abbiamo ||h|| ||T || da
Dal confronto
||h|| = ||T ||. (3.68)
Il Teorema 3.30 fornisce una rappresentazione di Riesz per h. Scrivendo T per S abbiamo
Ci`o prova la (3.66). Inoltre hT x, yi = hx, T yi confrontando (3.67) e (3.69), cos` che abbiamo
la (3.64) e concludiamo che T `e effettivamente loperatore che stavamo cercando.
Nel nostro studio delle propriet`a degli operatori aggiunti di Hilbert sar`a utile fare uso
del seguente lemma.
3.33 Lemma (Operatore Nullo)
Siano X e Y spazi con prodotto scalare e Q : X Y un operatore lineare. Ne segue
78 CAPITOLO 3. SPAZI CON PRODOTTO SCALARE. SPAZI DI HILBERT
hQx, yi = h0, yi = 0.
Viceversa hQx, yi = 0 per tutti gli x e y implica Qx = 0 per tutti gli x per il 3.6, cos` che
Q = 0 per definizione.
(b) Per ipotesi hQv, vi = 0 per ogni v = x + y X, ossia
0 = hQ(x + y), x + yi
= ||2 hQx, xi + hQy, yi + hQx, yi + hQy, xi.
hQx, yi + hQy, xi = 0.
= i d`a
hQx, yi hQy, xi = 0.
a) (S + T ) = S + T (3.70)
b) (T ) = T (3.71)
c) (T ) = T (3.72)
d) ||T T || = ||T T || = ||T ||2 (3.73)
e) T T = 0 T = 0 (3.74)
e assumendo S : H1 H2 e T : H2 H3
f) (T S) = S T . (3.75)
Quindi (S + T ) y = (S + T )y per tutti gli y per il 3.6 che `e la (3.70) per definizione.
(b) La formula (3.71) non deve essere confusa colla formula T (x) = T x. E ` ottenuta
dal seguente calcolo e dalla successiva applicazione del Lemma 3.33(a) a Q = (T ) T .
Prendendo lestremo superiore per tutti gli x di norma 1 otteniamo ||T ||2 ||T T ||. Appli-
cando la (2.20), Sez. 2.8, e la (3.66) abbiamo cos`
Quindi ||T T || = ||T ||2 . Sostituendo T con T ed usando di nuovo la (3.66) abbiamo anche
autoaggiunto o hermitiano se T = T
anti-hermitiano se T = T
unitario se T `e biiettivo e T = T 1
normale se T T = T T.
80 CAPITOLO 3. SPAZI CON PRODOTTO SCALARE. SPAZI DI HILBERT
dove x e y sono scritti come vettori colonna e > significa trasposto; allora x> = ( 1 , , n )
ed usiamo lordinaria moltiplicazione fra matrici.
Sia T : Cn Cn un operatore lineare (che `e limitato per il Teorema 2.31). Essendo data
una base per Cn possiamo rappresentare T ed il suo aggiunto di Hilbert T con due matrici
quadrate a n righe, siano A e B rispettivamente.
Usando la (3.76) e la regola familiare (Ax)> = x> A> per il trasposto di un prodotto
otteniamo
> >
hT x, yi = (Ax) y = x> A y
e
hx, T yi = x> By.
Per la (3.64), Sez. 3.11, i membri a sinistra sono uguali per tutti gli x, y Cn . Quindi
dobbiamo avere
>
B=A .
Il risultato `e il seguente.
Se `e data una base per Cn ed un operatore lineare su Cn `e rappresentato da una certa
matrice, allora il suo operatore aggiunto di Hilbert `e rappresentato dal trasposto complesso
coniugato di questa matrice.
Pertanto una matrice quadrata A = (jk ) `e detta
>
hermitiana se A = A (quindi kj = jk )
>
anti-hermitiana se A = A (quindi kj = jk )
> 1
unitaria se A = A
> >
normale se AA = A A.
Invece una matrice quadrata reale A = (jk ) `e detta
(reale) simmetrica se A> = A (quindi kj = jk )
(reale) anti-simmetrica se A> = A (quindi kj = jk )
ortogonale se A> = A1 .
Quindi una matrice reale hermitiana `e una matrice (reale) simmetrica. Una matrice reale
antihermitiana `e una matrice (reale) antisimmetrica. Una matrice reale unitaria `e una
matrice ortogonale.
Ritorniamo agli operatori lineari su un arbitrario spazio di Hilbert e enunciamo un
importante e piuttosto semplice criterio per la propriet`a di autoaggiunto.
Quindi
ST = (ST ) ST = T S.
dove || || `e la norma sullo spazio B(H, H); cf. Sez. 2.8. Allora loperatore lineare limitato
T limite della successione `e autoaggiunto su H.
Dimostrazione. Dobbiamo mostrare che T = T ossia che ||T T || = 0 od anche, equiva-
lentemente, per la continuit`a della norma che limn ||Tn T || = 0. Per provarlo basta
osservare che, essendo gli operatori Tn autoaggiunti, per il 3.34 ed il 3.32 abbiamo
||Tn T || = ||Tn T || = ||(Tn T ) || = ||Tn T ||.
(c) U 1 (= U ) `e unitario,
(d) U V `e unitario,
(e) U `e normale.
Inoltre
(U 1 ) = U = U = (U 1 )1 .
(U V ) = V U = V 1 U 1 = (U V )1 .
(e) segue da U 1 = U e U U 1 = U 1 U = I.
(f ) Supponiamo che T sia isometrico e surgettivo. Lisometria implica liniettivit`a, cos`
che T `e biiettivo. Mostriamo che T = T 1 . Per lisometria
Quindi
h(T T I)x, xi = 0
T T = T T (T T 1 ) = T (T T )T 1 = T IT 1 = I.
( 1 , 2 , 3 , ) 7 (0, 1 , 2 , 3 , )
dove x = ( j ) l2 .
3.12. OPERATORI AUTOAGGIUNTI, UNITARI E NORMALI 83
Problemi
1. Mostrare che `2 ammette il prodotto scalare
X
< x, y >= j j
j=1
Questo capitolo contiene, si pu`o dire, le basi di una teoria pi`u avanzata degli spazi normati
e di Banach senza le quali lutilit`a di questi spazi e le loro applicazioni sarebbero piuttosto
limitate. I quattro teoremi importanti in questo capitolo sono il teorema di HahnBanach,
il teorema della uniforme limitatezza, il teorema dellapplicazione aperta ed il teorema del
grafico chiuso.
85
86 CAPITOLO 4. TEOREMI PER GLI SPAZI NORMATI E DI BANACH
Di nuovo M pu`o avere o non avere elementi massimali. Si noti inoltre che un elemento
massimale non `e necessariamente un limite superiore, perche sar`a m x solamente per gli
elementi x di M confrontabili con m, che non sono necessariamente tutti gli elementi di M .
Possiamo ora formulare il lemma di Zorn, che consideriamo come unassioma.1
(Si noti che la norma di uno spazio normato `e un funzionale di questo tipo.)
Assumeremo che il funzionale f che deve essere esteso sia maggiorato da un tale funzio-
nale p definito su X ed estenderemo f da Z a X senza perdere la linearit`a e la maggiorazione,
cos` che il funzionale esteso fe su X `e ancora lineare ed ancora maggiorato da p. Questo `e il
punto centrale del teorema. Una generalizzazione del teorema agli spazi vettoriali complessi
e normati `e riportata nella sezione successiva.
cio`e per definizione D(h) D(g) ed h(x) = g(x) per ogni x D(g).
Per qualsiasi catena C E di elementi g consideriamo
[
DC = D(g)
gC
che `e uno spazio vettoriale perche C `e una catena. Per ogni x DC esiste una g C tale
che x D(g) e possiamo quindi definire su DC lapplicazione gb con
T
La definizione di gb non `e ambigua. Infatti per un x D(g1 ) D(g2 ) con g1 , g2 C abbiamo,
poiche C `e una catena, g1 g2 o g2 g1 e quindi g1 (x) = g2 (x). Inoltre, sempre grazie al
fatto che C `e una catena, gb `e un funzionale lineare.
Chiaramente g gb per tutti i g C. Quindi gb `e un limite superiore di C. Poiche C E
era arbitrario il lemma di Zorn implica che E ha un elemento massimale fe. Per definizione
di E questo `e una estensione lineare di f che soddisfa
(b) Mostriamo ora che D(fe) `e tutto X. Supponiamo che ci`o sia falso. Allora possiamo
scegliere un y1 X D(fe) e considerare il sottospazio Y1 di X generato da D(fe) ed y1 . Si
noti che y1 6= 0 perche 0 D(fe). Qualsiasi x Y1 pu`o essere scritto
x = y + y1 y D(fe).
g1 (y + y1 ) = fe(y) + c (4.6)
dove c `e una qualsiasi costante reale. Non `e difficile vedere che g1 `e lineare. Inoltre per
= 0 abbiamo g1 (y) = fe(y). Quindi g1 `e una estensione lineare di fe ed `e propria, perche
D(fe) `e un sottoinsieme proprio di D(g1 ). Conseguentemente se possiamo provare che, per
un opportuno c, lestensione g1 `e tale che
allora g1 E e ci`o contraddir`a la massimalit`a di fe, cos` che D(fe) 6= X `e falso e D(fe) = X
`e vero.
Per = 0 abbiamo x D(fe) e quindi g1 (x) = fe(x) e la (4.7) `e automaticamente
soddisfatta. Per 6= 0 la condizione (4.7) `e equivalente alle due seguenti condizioni
y y
fe +cp + y1 per > 0 (4.8)
y
y
fe c p y1 per < 0. (4.9)
dove y1 `e fisso. Poiche y non appare a sinistra e z non appare a destra lineguaglianza
continua a valere se prendiamo lestremo superiore sugli z D(fe) a sinistra (chiamiamolo
90 CAPITOLO 4. TEOREMI PER GLI SPAZI NORMATI E DI BANACH
e
p(0) p(x) + p(x).
dove f1 e f2 sono a valori reali. Per il momento consideriamo X e Z come spazi vettoriali reali
e li indichiamo con Xr e Zr rispettivamente; ci`o significa semplicemente che restringiamo
la moltiplicazione per scalari ai numeri reali (invece che ai numeri complessi). Poiche f
`e lineare su Z e f1 e f2 sono a valori reali, f1 e f2 sono funzionali lineari su Zr . Inoltre
f1 (x) |f (x)| perche la parte reale di un numero complesso non pu`o essere maggiore del
suo modulo. Quindi per la (4.15)
vediamo dalla (4.19) che fe(x) = f (x) su Z. Ci`o mostra che fe `e unestensione di f da Z a
X. Ci rimane da dimostrare che
(i) fe `e un funzionale lineare sullo spazio vettoriale complesso X,
Proviamo la (ii). Per un qualsiasi x tale che fe(x) = 0 ci`o vale perche p(x) 0. Sia x
tale che fe(x) 6= 0. Allora possiamo scrivere usando la forma polare delle quantit`a complesse
Poiche |fe(x)| `e reale, lultima espressione `e reale e quindi uguale alla sua parte reale. Quindi
per la (4.18) e la (4.14)
Quindi possiamo ora applicare il Teorema 4.9 e concludere che esiste un funzionale lineare
fe su X che `e unestensione di f e che soddisfa
|fe(x)| p(x) = ||f ||Z ||x|| x X.
Poiche sotto unestensione la norma non pu`o decrescere abbiamo anche ||fe||X ||f ||Z .
Confrontando otteniamo la (4.21) ed il teorema `e dimostrato.
In casi speciali la situazione pu`o diventare molto semplice. Gli spazi di Hilbert sono di
questo tipo. Infatti se Z `e un sottospazio chiuso di uno spazio di Hilbert X = H, allora f
ha una rappresentazione di Riesz 3.28, ossia
f (x) = hz, xi zZ
dove ||z|| = ||f ||. Naturalmente poiche il prodotto scalare `e definito su tutto H ci`o fornisce
immediatamente una estensione lineare fe di f da Z a H, ed fe ha la stessa norma di f perche
||fe|| = ||z|| = ||f || per il Teorema 3.28. Quindi in questo caso lestensione `e immediata.
Dal Teorema 4.10 deriveremo ora un altro utile risultato che, in parole povere, mostra che
lo spazio duale X 0 di uno spazio normato X consiste di un numero sufficiente di funzionali
lineari limitati da poter distinguere fra punti di X. Ci`o diventer`a essenziale in connessione
con gli operatori duali e la cosiddetta convergenza debole.
4.11 Teorema (Funzionali Lineari Limitati)
Sia X uno spazio normato e sia x0 6= 0 un elemento qualunque di X. Allora esiste un
funzionale lineare limitato fe su X tale che
||fe|| = 1, fe(x0 ) = ||x0 ||.
Il Teorema 4.10 implica che f ha una estensione lineare fe da Z a X di norma ||fe|| = ||f || = 1.
Dalla (4.23) vediamo che fe(x0 ) = f (x0 ) = ||x0 ||.
94 CAPITOLO 4. TEOREMI PER GLI SPAZI NORMATI E DI BANACH
Da questo Teorema segue il seguente Corollario, che evidenzia come i funzionali lineari
limitati siano in grado di discriminare fra due punti diversi.
|f (x)|
||x|| = sup . (4.24)
f X 0 ||f ||
f 6=0
|f (x)|
sup ||x||.
f X 0 ||f ||
f 6=0
otteniamo un funzionale f su X, che `e lineare dal momento che g e T sono lineari. In inglese
si chiama il funzionale pull back di g, `e cio`e il funzionale che si ottiene risospingendo g
allindietro su X, utilizzando lapplicazione T (vedi figura 4.1). Il funzionale f `e limitato
perche
|f (x)| = |g(T x)| ||g|| ||T x|| ||g|| ||T || ||x||.
-
-
f
g K
T
X -
Ci`o mostra che f X 0 , dove X 0 `e lo spazio duale di X definito in 2.42. Per ipotesi g Y 0 .
Conseguentemente per g Y 0 variabile la formula (4.25) definisce un operatore da Y 0 in
X 0 , che `e chiamato loperatore duale di T ed `e indicato con T 0 . Abbiamo cos`
T
X Y
(4.27)
T0
Y 0 X 0
Si porti particolare attenzione al fatto che T 0 `e definito su Y 0 mentre loperatore dato T `e
definito su X. Possiamo riassumere enunciando la seguente definizione.
4.13 Definizione (Operatore Duale T 0 )
Sia T : X Y un operatore lineare limitato, dove X e Y sono spazi normati. Allora
loperatore duale (o coniugato) T 0 : Y 0 X 0 di T `e definito da
f (x) = (T 0 g)(x) = g(T x) (g Y 0 ) (4.28)
dove X 0 e Y 0 sono rispettivamente gli spazi duali di X e di Y.
Il nostro primo obiettivo `e di provare che loperatore duale ha la medesima norma dello-
peratore stesso. Questa propriet`a `e basilare, come vedremo pi`
u innanzi. Per la dimostrazione
avremo bisogno del Teorema 4.11, che `e stato derivato dal teorema di HahnBanach. Il teo-
rema di HahnBanach `e perci`o vitale per costruire una teoria soddisfacente degli operatori
duali, che a loro volta sono una parte essenziale della teoria generale degli operatori lineari.
4.14 Teorema (Norma dellOperatore Duale)
Loperatore duale T 0 nella Def. 4.13 `e lineare, limitato e
||T 0 || = ||T ||. (4.29)
Quindi per ottenere la (4.29) dobbiamo ora provare che ||T 0 || ||T ||. Il Teorema 4.11 implica
che per ogni x X tale che T x 6= 0 v`e un ge Y 0 tale che
||e
g || = 1 e ge(T x) = ||T x||. (4.30)
|fe(x)| |e
g (T x)| ||T x||
= = ,
||x|| ||x|| ||x||
||T 0 || ||T ||
Sia ora F = {f1 , , fn } la base duale di E (cf. Sez. 2.10) ossia tale che
fj (ei ) = ij . (4.35)
Questa `e una base anche per X 0 (che `e anche esso uno spazio ndimensionale). Sia ora
f = T 0 g ed abbiano g ed f X 0 la rappresentazione
g = 1 f1 + + n fn (4.36)
f = 1 f1 + + n fn (4.37)
ove
g(ej ) = j (4.38)
f (ei ) = i (4.39)
(S + T )0 = S 0 + T 0 (4.40)
(T )0 = T 0 . (4.41)
Siano X, Y, Z spazi normati e T B(X, Y ) e S B(Y, Z). Allora per loperatore duale
del prodotto ST abbiamo
(ST )0 = T 0 S 0 . (4.42)
Se T B(X, Y ) e T 1 esiste e T 1 B(Y, X) allora anche (T 0 )1 esiste, (T 0 )1
B(X 0 , Y 0 ) e
(T 0 )1 = (T 1 )0 . (4.43)
f = T 0g (4.45)
f (x) = g(T x) (f H10 , g H20 ). (4.46)
e dal Teorema 3.28 sappiamo anche che x0 e y0 sono determinati univocamente, rispettiva-
mente, da f e g. Ci`o definisce gli operatori
Dal teorema 3.28 vediamo che A1 e A2 sono surgettivi e isometrici perche ||A1 f || = ||x0 || =
||f || e analogamente per A2 . Inoltre gli operatori sono coniugati lineari (cf. Sez. 3.2). Infatti
se scriviamo f1 (x) = hx1 , xi e f2 (x) = hx2 , xi abbiamo per tutti gli x e scalari ,
A1 (f1 + f2 ) = A1 f1 + A1 f2 .
T = A1 T 0 A1
2 : H2 H1 definito da T y0 = x0 . (4.51)
hT y0 , xi = hA1 T 0 A1 0
2 y0 , xi = hA1 T g, xi = hA1 f, xi = hx0 , xi.
Quindi si ottiene la (3.64) della Sez. 3.11 a meno della notazione. Il nostro risultato `e il
seguente.
La formula (4.51) rappresenta loperatore aggiunto di Hilbert T di un operatore lineare
limitato T su uno spazio di Hilbert in termini delloperatore duale T 0 di T.
Si noti inoltre che ||T || = ||T || (Teorema 3.32) segue ora immediatamente dalla (4.29)
e dallisometria di A1 e A2 .
4.7. SPAZI RIFLESSIVI 99
Per completare questa discussione dovremmo anche elencare alcune delle principali diffe-
renze fra loperatore duale T 0 di T : X Y e loperatore aggiunto di Hilbert T : H2 H1 ,
dove X e Y sono spazi normati e H1 e H2 sono spazi di Hilbert.
T 0 `e definito sul duale dello spazio che contiene limmagine di T, mentre T `e definito
direttamente sullo spazio che contiene limmagine di T. Questa propriet`a di T ci permette
di definire importanti classi di operatori mediante luso dei loro operatori aggiunti di Hilbert
(cf. 3.35).
Per T 0 abbiamo per la (4.41)
(T )0 = T 0
Nel caso finito dimensionale T 0 `e rappresentato dalla trasposta della matrice che rappre-
senta T, mentre T `e rappresentato dalla complesso coniugato trasposta di questa matrice.
C : X X 00 (4.53)
x 7 gx .
Dimostrazione. La linearit`a di gx `e nota dalla Sez. 2.9 e la (4.54) segue dalla (4.52) e dal
Corollario 4.12
|gx (f )| |f (x)|
||gx || = sup = sup = ||x||. (4.55)
f X 0 ||f || f X ||f ||
0
f 6=0 f 6=0
100 CAPITOLO 4. TEOREMI PER GLI SPAZI NORMATI E DI BANACH
R(C) = X 00
Si noti il diverso ordine di f1 , f2 nei due membri. (IP1) sino a (IP4) nella Sez. 3.2 sono
facilmente verificati. In particolare (IP2) segue dalla linearit`a coniugata di A
Ricordiamo ora che f (x) = hz, xi dove z = Af e sia x0 = Af0 . Abbiamo allora
f (z) = f (y + x0 ) = y Y, (4.58)
si mostra che f soddisfa alla (4.57) ed infine si estende f a X utilizzando il Teorema 4.10.
I dettagli sono i seguenti. S
Ogni z Z = span(Y {x0 }) ha ununica rappresentazione
z = y + x0 y Y.
Ci`o `e usato nella (4.58). La linearit`a di f si vede facilmente. Inoltre poiche Y `e chiuso > 0
cos` che f 6= 0. Ora = 0 d`a f (y) = 0 per tutti gli y Y. Per = 1 ed y = 0 abbiamo
f (x0 ) = .
Mostriamo che f `e limitato. = 0 d`a f (z) = 0. Sia 6= 0. Usando la (4.56) e notando
che (1/)y Y otteniamo
Mostriamo che ||f || 1. Per definizione di estremo inferiore Y contiene una successione
(yn ) tale che ||yn x0 || . Sia zn = yn x0 . Allora abbiamo f (zn ) = per la (4.58) con
= 1. Inoltre
|f (z)| |f (zn )|
||f || = sup = = 1
zZ ||z|| ||zn || ||zn ||
z6=0
per n . Quindi ||f || 1, cos` che ||f || = 1. Per il teorema di HahnBanach 4.10 per gli
spazi normati possiamo estendere f a X senza aumentarne la norma.
Usando questo lemma possiamo ottenere il teorema desiderato.
4.22 Teorema (Separabilit`
a)
Se lo spazio duale X 0 di uno spazio normato X `e separabile allora X stesso `e separabile.
Dimostrazione. Assumiamo che X 0 sia separabile. Allora anche la sfera unitaria U 0 = {f |
||f || = 1} X 0 contiene un sottoinsieme denso numerabile. Sia esso (fn ). Poiche fn U 0
abbiamo
||fn || = sup |fn (x)| = 1.
||x||=1
Per definizione di estremo superiore possiamo trovare dei punti xn X di norma 1 tali che
1
|fn (xn )| .
2
Sia Y la chiusura di span(xn ). Allora Y `e separabile perche Y ha un sottoinsieme denso
numerabile, cio`e linsieme di tutte le combinazioni lineari degli xn con coefficienti le cui
parti reale ed immaginaria sono razionali.
Mostriamo che Y = X. Supponiamo Y 6= X. Allora poiche Y `e chiuso per il Lemma
4.21 esiste un fe X 0 con ||fe|| = 1 ed fe(y) = 0 per tutti gli y Y. Poiche xn Y abbiamo
fe(xn ) = 0 e per tutti gli n
1
|fn (xn )| = |fn (xn ) fe(xn )|
2
= |(fn fe)(xn )|
||fn fe|| ||xn ||
dove ||xn || = 1. Quindi ||fn fe|| 12 , ma ci`o contraddice lipotesi che (fn ) sia denso in U 0
perche fe `e esso stesso in U 0 , essendo ||fe|| = 1.
Da questo teorema segue immediatamente la seguente proposizione.
Se X `e uno spazio normato separabile e riflessivo allora anche il suo duale X 0 `e separa-
bile.
Infatti se uno spazio normato X `e riflessivo, X 00 `e isomorfo a X per il Teorema 4.16, cos`
che la separabilit`a di X implica la separabilit`a di X 00 e quindi per il Teorema 4.22 anche la
separabilit`a di X 0 .
chiuso. Al contrario del teorema di HahnBanach gli altri tre di questi quattro teoremi
richiedono la completezza. Infatti essi caratterizzano alcune delle pi`
u importanti propriet`a
degli spazi di Banach che in generale gli spazi normati possono non avere.
` molto interessante notare che otterremo tutti e tre i teoremi da una sorgente comune.
E
Pi`u precisamente proveremo il cosiddetto teorema della categoria di Baire e deriveremo da
esso sia il teorema di uniforme limitatezza (in questa sezione) che il teorema della applica-
zione aperta (nella Sez. 4.11). Questultimo fornir`a allora facilmente il teorema del grafico
chiuso (nella Sez. 4.12).
4.23 Teorema (Categoria di Baire. Spazi Metrici Completi)
Se uno spazio metrico X 6= `e completo e
[
X= Ak con tutti gli Ak chiusi, (4.59)
k=1
con ciascun Mk chiuso non contenente un sottoinsieme aperto non vuoto. Costruiremo una
successione di Cauchy (pk ) il cui limite p (che esiste per la completezza) non `e in alcun Mk ,
contraddicendo perci`o la rappresentazione (4.60).
Per ipotesi M1 non contiene un insieme aperto non vuoto. Ma X s` (ad esempio X
stesso). Questo implica che M1 6= X. Quindi il complemento M1C = X M1 di M1 `e non
vuoto ed aperto. Possiamo cos` scegliere un punto p1 in M1C ed una palla chiusa di cui `e
centro tale che
1
B1 = B(p1 ; r1 ) M1C r1 .
2
Per ipotesi anche M2 non contiene un insieme aperto non vuoto. Quindi non contiene la
T
palla aperta B 1 . Ci`o implica che M2C B 1 `e non vuoto ed aperto, cos` che possiamo scegliere
in esso un punto p2 ed una palla chiusa B2 di cui `e centro tale che
\ 1
B2 = B(p2 ; r2 ) M2C B1 r2 .
22
Per induzione otteniamo cos` una successione di palle chiuse
1
Bk = B(pk ; rk ) rk
2k
T
tali che Bk Mk = e
Bk+1 Bk k = 1, 2, .
e per n
d(pm , p) rm .
C
Ossia p Bm per ogni m. Poiche Bm Mm , vediamo ora che p / Mm per ogni m, cos`
che p / X. Ci`o contraddice p X. Il teorema di Baire `e dimostrato.
Notiamo che linverso del teorema di Baire in generale non `e vero.
Dal teorema di Baire otterremo ora facilmente il teorema della uniforme limitatezza.
Questo teorema stabilisce che se X `e uno spazio di Banach ed una successione di operatori
Tn B(X, Y ) `e limitata in ogni punto x X, allora la successione `e uniformemente limitata.
In altre parole la limitatezza puntiforme implica la limitatezza in un senso pi`u forte, ossia la
uniforme limitatezza. (Il numero reale cx nella (4.61), qui di seguito, varia in generale con
x, un fatto che indichiamo collindice x; il punto essenziale `e che cx non dipende da n.)
4.24 Teorema (Uniforme Limitatezza)
Sia (Tn ) una successione di operatori lineari limitati Tn : X Y da uno spazio di Banach
X in uno spazio normato Y tale che (||Tn x||) sia limitata per ogni x X, cio`e
||Tn x|| cx n = 1, 2, (4.61)
dove cx `e un numero reale. Allora la successione di norme ||Tn || `e limitata, ossia v`e un c
tale che
||Tn || c n = 1, 2, . (4.62)
Ak `e chiuso. Infatti per ogni x Ak v`e una successione (xj ) in Ak che converge a x. Questo
significa che per ogni n fisso abbiamo ||Tn xj || k ed otteniamo ||Tn x|| k perche Tn `e
continuo e cos` la norma in Y (cf. Sez. 2.2). Quindi x Ak e Ak `e chiuso.
Per la (4.61) ciascun x X appartiene a qualche Ak . Quindi
[
X= Ak .
k=1
Poiche X `e completo il teorema di Baire implica che qualche Ak contiene una palla aperta,
sia
B0 = B(x0 ; r) Ak0 . (4.63)
Sia x X arbitrario e non nullo. Poniamo
r
z = x0 + x = . (4.64)
2||x||
Allora ||z x0 || < r, cos` che z B0 . Per la (4.63) e dalla definizione di Ak0 abbiamo quindi
che ||Tn z|| k0 per tutti gli n. Inoltre ||Tn x0 || k0 perche x0 B0 . Dalla (4.64) otteniamo
1
x= (z x0 ).
Ci`o fornisce per tutti gli n
1 1 4
||Tn x|| = ||Tn (z x0 )|| (||Tn z|| + ||Tn x0 ||) ||x||k0 .
r
4.9. CONVERGENZA FORTE E DEBOLE 105
Si scrive
lim xn = x
n
o semplicemente
xn x.
Si scrive
w
xn x
Per applicare la convergenza debole abbiamo bisogno di conoscere alcune propriet`a ba-
silari, che enunciamo nel prossimo lemma. Il lettore noter`a che nella prova utilizziamo il
Corollario 4.12 ed il Lemma 4.15), che sono una diretta conseguenza del teorema di Hahn
Banach, ed il teorema di uniforme limitatezza. Ci`o mostra limportanza di questi teoremi
in connessione con la convergenza debole.
4.27 Lemma (Convergenza Debole)
w
Sia (xn ) una successione convergente debolmente in uno spazio normato X, ossia xn x.
Allora
w w
Dimostrazione. (a) Supponiamo che xn x e che del pari xn y. Allora f (xn ) f (x)
e del pari f (xn ) f (y). Poiche (f (xn )) `e una successione di numeri il suo limite `e unico.
Quindi f (x) = f (y), cio`e per ogni f X 0 abbiamo
f (x) f (y) = f (x y) = 0.
Ci`o implica x y = 0 per il Corollario 4.12 e mostra che il limite debole `e unico.
(b) segue dal fatto che (f (xn )) `e una successione convergente di numeri, cos` che ogni
sottosuccessione di (f (xn )) converge ed ha il medesimo limite.
(c) Poiche (f (xn )) `e una successione convergente di numeri essa `e limitata, cio`e |f (xn )|
cf per tutti gli n, dove cf `e una costante che dipende da f ma non da n. Usando lapplicazione
canonica C : X X 00 (Sez. 4.7) possiamo definire gn X 00 con
gn (f ) = f (xn ) f X 0.
(Scriviamo gn invece di gxn per evitare indici di indici.) Allora per tutti gli n
|gn (f )| = |f (xn )| cf ,
cio`e la successione (|gn (f )|) `e limitata per ogni f X 0 . Poiche X 0 `e completo per il 2.43
`e applicabile il teorema della uniforme limitatezza 4.24 e ci`o implica che (||gn ||) `e limitata.
Ora ||gn || = ||xn || per il 4.15 e quindi (c) `e provato.
Il lettore pu`o forse meravigliarsi del fatto che la convergenza debole non giochi un ruolo
negli spazi Rn e Cn . La semplice ragione `e che negli spazi normati finito dimensionali la
distinzione fra convergenza debole e forte scompare completamente. Proviamo questo fatto
e giustifichiamo anche i termini forte e debole.
4.28 Teorema (Convergenza Forte e Debole)
Sia (xn ) una successione in uno spazio normato X. Ne segue
Dimostrazione. (a) Per definizione xn x significa ||xn x|| 0 ed implica che per ogni
f X0
|f (xn ) f (x)| = |f (xn x)| ||f || ||xn x|| 0.
w
Ci`o mostra che xn x.
(b) pu`o essere visto da una successione ortonormale (en ) in uno spazio di Hilbert H.
Infatti ogni f H 0 ha una rappresentazione di Riesz f (x) = hz, xi. Quindi f (en ) = hz, en i.
Ora la diseguaglianza di Bessel `e (cf. 3.20)
X
|hz, en i|2 ||z||2 .
n=1
Quindi la serie a sinistra converge, cos` che i suoi termini devono tendere a zero per n .
Ci`o implica
f (en ) = hz, en i 0.
w
Poiche f H 0 era arbitrario vediamo che en 0. Tuttavia (en ) non converge fortemente
perche
||em en ||2 = hem en , em en i = 2 (m 6= n).
w
(c) Supponiamo che xn x e che dim X = k. Sia {e1 , , ek } una base per X e sia
(n) (n)
x n = 1 e1 + + k ek
e
x = 1 e1 + + k ek .
|f (xn ) f (x)| |f (xn ) fj (xn )| + |fj (xn ) fj (x)| + |fj (x) f (x)|
< ||f fj || ||xn || + |fj (xn ) fj (x)| + ||fj f || ||x||.
Poiche per lipotesi (b) span M = X 0 , per ogni f X 0 v`e una successione (fj ) in span M
tale che fj f. Quindi per ogni dato > 0 possiamo trovare un j tale che
||fj f || < .
3c
Inoltre poiche fj span M per lipotesi (b) v`e un N tale che per tutti gli n > N
|fj (xn ) fj (x)| < .
3
Usando queste due diseguaglianze otteniamo per n > N
|f (xn ) f (x)| c + + c = .
3c 3 3c
Poiche f X 0 era arbitrario ci`o mostra che la successione (xn ) converge debolmente a x.
In conclusione consideriamo la convergenza debole in due spazi particolarmente impor-
tanti.
Esempi
4.30 Teorema (Spazio di Hilbert)
w
In uno spazio di Hilbert xn x se e solo se hz, xn i hz, xi per tutti gli z nello spazio.
||Tn T || 0 (4.65)
||Tn x T x|| 0 per tutti gli x X (4.66)
|f (Tn x) f (T x)| 0 per tutti gli x X e per tutti gli f Y 0 . (4.67)
(il limite essendo lo stesso), ma linverso in generale non `e vero, come si pu`o vedere da alcuni
esempi.
110 CAPITOLO 4. TEOREMI PER GLI SPAZI NORMATI E DI BANACH
Per quanto riguarda gli operatori Tn B(X, Y ) ci chiediamo che cosa si possa dire
sulloperatore limite T : X Y in (4.65)-(4.67).
Se la convergenza `e uniforme T B(X, Y ); altrimenti ||Tn T || non avrebbe senso. Se
la convergenza `e forte o debole T `e ancora lineare ma pu`o non essere limitato se X non `e
completo.
Tuttavia se X `e completo abbiamo il seguente lemma basilare.
4.33 Lemma (Convergenza Forte di Operatori)
Sia Tn B(X, Y ) dove X `e uno spazio di Banach ed Y uno spazio normato. Se (Tn ) converge
fortemente con limite T allora T B(X, Y ) e la successione (Tn ) converge uniformemente
a T.
Dimostrazione. La linearit`a di T segue facilmente dalla linearit`a di Tn . Poiche Tn x T x
per ogni x X la successione (Tn x) `e limitata per ogni x; cf. 1.8. Poiche X `e completo
(||Tn ||) `e limitato per il teorema della uniforme limitatezza, ossia ||Tn || c per tutti gli
n. Da ci`o segue che ||Tn x|| ||Tn || ||x|| c||x||. Ci`o implica ||T x|| c||x||, ossia T `e un
operatore limitato. Quindi anche Tn T `e limitato ed ha norma
||Tn T || = sup ||(Tn T )x||
||x||=1
I funzionali lineari sono particolari operatori lineari (con immagine nei campi scalari
R o (C)), cos` che (4.65), (4.66) e (4.67) si applicano immediatamente. Tuttavia (4.66)
e (4.67) ora diventano equivalenti per la seguente ragione. Abbiamo Tn x Y, ma ora
abbiamo fn (x) R (o C). Quindi la convergenza in (4.66) e (4.67) ora ha luogo in uno
spazio finito dimensionale (unidimensionale) R (o C) e lequivalenza di (4.66) e (4.67) segue
dal Teorema 4.28(c). I due concetti rimanenti sono chiamati convergenza forte e debole (si
legga convergenza debole star).
4.35 Definizione (Convergenza Forte e Debole di una Successione di Funzionali)
Sia (fn ) una successione di funzionali lineari limitati su uno spazio normato X. Allora
(a) La convergenza forte di (fn ) significa che v`e un f X 0 tale che ||fn f || 0. Si scrive
fn f.
(b) La convergenza debole di (fn ) significa che v`e un f X 0 tale che fn (x) f (x) 0
per tutti gli x X. Si scrive2
w
fn f.
(b) la successione (fn (x)) converge per ogni x in un sottoinsieme M di X tale che span M =
X,
(a) in Y,
(b) `e pi`
u debole di (a). Per esempio se X Y lapplicazione x 7 x di X in Y `e aperta
se e solo se X `e un sottoinsieme aperto di Y, mentre lapplicazione x 7 x di X sulla sua
immagine (che `e X) `e aperta in ogni caso.
Inoltre per evitare confusioni dovremmo ricordare che, per il Teorema 1.5, unapplica-
zione continua T : X Y ha la propriet`a caratteristica che per ogni insieme aperto in Y
limmagine inversa `e un insieme aperto in X. Ci`o non implica che T applichi insiemi aperti
in X su insiemi aperti in Y. Per esempio lapplicazione R R data da t 7 sin t `e continua
ma applica (0, 2) su [1, 1].
Per dimostrare il teorema dellapplicazione aperta `e necessario dapprima provare il se-
guente lemma. Si noti che, grazie alla linearit`a delloperatore T , la palla B0 pu`o essere presa
di raggio qualunque senza che sia necessario cambiare lenunciato del lemma e che pertanto
il lemma si potrebbe parafrasare dicendo che un operatore lineare limitato surgettivo su uno
spazio di Banach `e un operatore aperto nellintorno dellorigine.
(a) La chiusura dellimmagine della palla aperta B1 = B(0; 1/2), ossia T (B1 ) contiene una
palla aperta V = B(y0 ; ) non necessariamente centrata in 0 Y.
A = {x X | x = a, a A} (4.68)
A + w = {x X | x = a + w, a A} (4.69)
Si noti che prendendo la chiusura non aggiungiamo alcun altro punto allunione perche
lunione era gi`a lintero spazio Y. Poiche Y `e completo si applica il Teorema 4.23 di Baire.
Quindi notando che (4.70) `e simile a (4.59) del Teorema 4.23 concludiamo che almeno un
kT (B1 ) deve contenere una palla aperta. Ci`o implica che anche T (B1 ) contiene una palla
aperta, sia V = B(y0 ; ) T (B1 ). Ne segue che
(b) Proviamo che V0 T (B0 ) dove B0 `e la palla unitaria aperta. Poiche per la (4.71)
sappiamo che V0 T (B1 ) y0 `e sufficiente mostrare che
un y + y0 , vn y0 .
T (wn zn ) = T wn T zn = un vn y
vediamo che y T (B0 ). Poiche y T (B1 ) y0 era arbitrario ci`o prova la (4.72). Dalla
(4.71) abbiamo cos`
V0 = B(0; ) T (B0 ). (4.73)
(c) Infine proviamo che
V1 = B(0; /2) T (B0 ). (4.74)
Conviene introdurre le due seguenti successioni di palle aperte centrate nellorigine, rispet-
tivamente in X ed in Y , nelle quali ciascuna palla contiene la palla successiva con raggio
che tende a zero. Precisamente poniamo
Bn = B(0; 1/2n ) X
Vn = B(0; /2n ) Y.
Moltiplicando entrambi i membri della relazione di inclusione (4.73) per 1/2n e tenendo
conto che T `e lineare e quindi 2n T (B0 ) = T (Bn ), otteniamo
T (B1 ) T (B0 )
costruendo per ogni y T (B1 ) una successione (zn ) di X che converge ad un punto x B0
tale che y = T x.
Per il 1.12(a) vi deve essere un v T (B1 ) vicino a y, ossia ||y v|| < /22 . Ora v T (B1 )
implica v = T x1 per qualche x1 B1 . e quindi per questo x1
||y T x1 || < .
22
Da ci`o e dalla (4.75) per n = 2 vediamo che y T x1 V2 T (B2 ). Come prima concludiamo
che v`e un x2 B2 tale che
||(y T x1 ) T x2 || < 3 .
2
Quindi (y T x1 ) T x2 V3 T (B3 ) e cos` via. Allnmo passo possiamo scegliere un
xn Bn tale che
Xn
y T xk
< 2n+1 (n = 1, 2, ). (4.76)
k=1
Osserviamo che una qualunque sucessione zn = x1 + + xn costruita scegliendo xk Bk
converge a un x contenuto in B0 . Infatti possiamo scrivere per n > m essendo ||xk || < 1/2k
n
X n
X n
X 1 mX 1
1
||zn zm || ||xk || < k
= k
2 2 2k
k=m+1 k=m+1 k=1 k=1
P 1
e quindi, poiche la serie converge, la successione zn `e di Cauchy e nello spazio
k=1 2k
completo X converge a un x. Essendo
X
X 1
||x|| ||xk || < = 1. (4.77)
2k
k=1 k=1
x B0 come affermato.
Sia zn = x1 + + xn . Per quanto sopra detto zn x ove x B0 . Poiche T `e continuo
T zn T x e la (4.76) mostra che T x = y. Quindi y T (B0 ). Si noti infine, anche se ci`o `e
inessenziale per la dimostrazione, che la successione (zn ) B0 .
4.39 Teorema (Applicazione Aperta e Inverso Limitato)
Un operatore lineare limitato T da uno spazio di Banach X su uno spazio di Banach Y `e
unapplicazione aperta. Inoltre se T `e biiettivo T 1 `e continuo, ossia limitato.
Dimostrazione. Proviamo che per ogni insieme aperto A X limmagine T (A) `e aperta in
Y. Lo facciamo mostrando che per ogni y = T x T (A) linsieme T (A) contiene una palla
aperta di centro y = T x.
Sia y = T x T (A). Poiche A `e aperto contiene una palla aperta di centro x. Quindi
A x contiene una palla aperta di centro 0; sia r il raggio della palla e poniamo k = 1/r.
Allora k(A x) contiene la palla unitaria aperta B(0; 1). Il Lemma 4.38 ora implica che
T (k(A x)) = k[T (A) T x] contiene una palla aperta di centro 0 e cos` pure T (A) T x.
Quindi T (A) contiene una palla aperta di centro T x = y. Poiche y T (A) era arbitrario
T (A) `e aperto.
Infine se T 1 : Y X esiste `e continuo per il Teorema 1.5 perche T `e aperto. Poiche
1
T `e lineare per il Teorema 2.26 esso `e limitato per il Teorema 2.32.
4.12. OPERATORI LINEARI CHIUSI. TEOREMA DEL GRAFICO CHIUSO 115
`e chiuso nello spazio normato X Y, dove le due operazioni algebriche di uno spazio vettoriale
sono definite in X Y nel modo usuale, cio`e
Dimostriamo il seguente utile criterio che esprime una propriet`a che `e spesso presa come
definizione di chiusura di un operatore lineare.
4.41 Teorema (Operatore Lineare Chiuso)
Sia T : D(T ) Y un operatore lineare, dove D(T ) X ed X e Y sono spazi normati.
Allora T `e chiuso se e solo se ha la seguente propriet`
a. Se xn x, dove xn D(T ) e
T xn y allora x D(T ) e T x = y.
Dimostrazione. Sia T chiuso. Se xn x con xn D(T ) e T xn y ne segue che la
successione zn = (xn , T xn ) G(T ) converge in X Y a z = (x, y) G(T ). Ma G(T ) `e
chiuso e quindi x D(T ) e T x = y.
Se per ogni successione convergente xn x, tale che xn D(T ) e T xn y, vale
x D(T ) e T x = y, ne segue che ogni successione zn = (xn , T xn ) G(T ) convergente in
X Y converge necessariamente a z = (x, T x) G(T ) e quindi G(T ) `e chiuso e quindi T `e
chiuso.
Si noti bene che questa propriet`a `e differente dalla seguente propriet`a di un operatore
lineare limitato. Se un operatore lineare T `e limitato e quindi continuo e (xn ) `e una suc-
cessione in D(T ) che converge in D(T ) allora anche (T xn ) converge; cf. 1.14. Ci`o non `e
necessariamente valido per un operatore lineare chiuso, cio`e T xn potrebbe non convergere.
Tuttavia se T `e chiuso e due successioni (xn ) e (xn ) nel dominio di T convergono al me-
desimo limite e se le corrispondenti successioni (T xn ) e (T xn ) convergono entrambe allora
queste ultime hanno il medesimo limite.
116 CAPITOLO 4. TEOREMI PER GLI SPAZI NORMATI E DI BANACH
Osserviamo infine che se X e Y sono completi, anche X Y con norma definita da (4.78)
`e completo. Sia infatti (zn ) di Cauchy in X Y, dove zn = (xn , yn ). Allora per ogni > 0
v`e un N tale che
||zn zm || = ||xm xn || + ||ym yn || < (m, n > N ). (4.79)
Dimostrazione. (a) Per ipotesi G(T ) `e chiuso in X Y e D(T ) `e chiuso in X. Quindi G(T )
e D(T ) sono completi per il 1.13. Consideriamo ora lapplicazione
P : G(T ) D(T )
(x, T x) 7 x.
P `e lineare ed `e limitato perche
||P (x, T x)|| = ||x|| ||x|| + ||T x|| = ||(x, T x)||.
Problemi
1. Siano Tn : `2 `2 definiti da
Tn 1 , 2 , . . . , n , n+1 , . . . = (0, 0, . . . , 0 , , , . . . ).
| {z }n zeri n n+1
Mostrare che i Tn sono lineari e limitati con norma ||Tn || = 1.. Mostrare che la
successione Tn converge a 0 fortemente, ma non uniformemente.
2. Siano Tn : `2 `2 definiti da
Tn ( 1 , 2 , . . . ) = (0, 0, . . . , 0 , , , . . . ).
| {z }n zeri 1 2
Mostrare che i Tn sono lineari e limitati. Mostrare che la successione Tn converge a 0
debolmente, ma non fortemente.
Suggerimento: Si utilizzi per un qualunque funzionale lineare limitato f su `2 la
rappresentazione di Riesz
X
f (x) =< z, x >= j j .
j=1
Allora
X
f (Tn x) = n+k k
k=1
119
120 CAPITOLO 5. TEORIA SPETTRALE DEGLI OPERATORI LINEARI
= C 0 . (5.6)
= A e 0 = A0 0 .
CA0 0 = C 0 = = A = AC 0 .
A0 = C 1 AC (5.7)
(i) Due matrici rappresentanti il medesimo operatore lineare T su uno spazio normato finito
dimensionale X relative a due basi qualunque per X sono similari.
T = T I (5.9)
R1) R (T ) esiste,
R2) R (T ) `e limitato,
Notiamo che i quattro insiemi della tabella sono disgiunti e che la loro unione `e lintero
piano complesso
[
C = (T ) (T )
[ [ [
= (T ) p (T ) c (T ) r (T ).
Alcuni degli insiemi in questa definizione possono essere vuoti. Si tratta di un problema di
esistenza che dovremo discutere. Per esempio c (T ) = r (T ) = nel caso finito dimensionale
come sappiamo dalla Sez. 5.1. Una motivazione per la partizione di (T ) p (T ) in c (T )
e r (T ) `e data dal fatto che r (T ) = per limportante classe degli operatori autoaggiunti
sugli spazi di Hilbert.
Poiche R (T ) : R(T ) X esiste se e solo se T x = 0 implica x = 0, cio`e se lo spazio
nullo di T `e {0}, se T x = (T I)x = 0 per qualche x 6= 0 allora p (T ) per defini-
zione. In questo caso per analogia col caso finito dimensionale si dice autovalore di T ed
x autovettore di T (o autofunzione di T se X `e uno spazio funzionale) corrispondente
allautovalore . Il sottospazio di X consistente dello 0 e di tutti gli autovettori di T corri-
spondenti ad un autovalore di T `e chiamato lautospazio di T corrispondente allautovalore
.
Come nel caso finito dimensionale vale il seguente teorema.
5.6 Teorema (Indipendenza Lineare)
Gli autovettori x1 , , xn corrispondenti ad autovalori differenti 1 , , n di un operatore
lineare T in uno spazio vettoriale X costituiscono un insieme linearmente indipendente.
Dimostrazione. Assumiamo che {x1 , , xn } sia linearmente dipendente e deriviamo una
contraddizione. Sia xm il primo dei vettori che sia una combinazione lineare dei precedenti,
ossia
xm = 1 x1 + + m1 xm1 . (5.11)
Allora {x1 , , xm1 } `e linearmente indipendente. Applicando T m I ad entrambi i
membri della (5.11) otteniamo
m1
X
(T m I)xm = j (T m I)xj
j=1
m1
X
= j (j m )xj .
j=1
j (j m ) = 0, quindi j = 0 (j = 1, , m 1)
5.3 Propriet`
a Spettrali degli Operatori Lineari Limitati
Le propriet`a dello spettro dipendono dal tipo di spazio su cui loperatore `e definito e dal tipo
di operatore che si considera. Questa situazione suggerisce di studiare separatamente larghe
classi di operatori con propriet`a spettrali comuni ed in questa sezione incominciamo con gli
operatori lineari limitati T su uno spazio di Banach complesso X. Cos` T B(X, X), dove
X `e completo; cf. Sez. 2.11.
In questo caso grazie al teorema dellinverso limitato 4.39 possiamo dire che se per qualche
il risolvente R (T ) esiste ed `e definito su tutto lo spazio X allora per questo il risolvente
`e limitato.
Inoltre vale il seguente lemma.
5.7 Lemma (Dominio del Risolvente)
Sia X uno spazio di Banach complesso, T : X X un operatore lineare e (T ) e si
assuma che (a) T sia chiuso o che (b) T sia limitato. Allora R (T ) `e definito su tutto lo
spazio X .
Dimostrazione. (a) Poiche T `e chiuso lo `e anche T per il 4.41. Poich`e il grafico di R si
ottiene da quello di T scambiando coordinate con ascisse in X X, R `e chiuso. R `e
limitato per (R2). Quindi il suo dominio D(R ) `e chiuso per il 4.43 applicato a R , cos` che
(R3) implica D(R ) = D(R ) = X.
(b) Poiche X `e chiuso T `e chiuso per il 4.42 e lenunciato segue dalla parte (a) di questa
dimostrazione.
Perci`o nel caso degli operatori T lineari limitati su uno spazio di Banach complesso X
la condizione R3) nella definizione di valore regolare pu`o essere sostituita dalla condizione
R3) R(T ) = X.
La condizione R2) pu`o essere allora eliminata risultando essere per il teorema 4.39 conse-
guenza della condizione R1) ed R3) riformulata come sopra.
Possiamo quindi nel caso degli operatori lineari limitati su uno spazio di Banach sostituire
la definizione precedente 5.5 con la seguente definizione equivalente.
5.8 Definizione (Valori Regolari per Operatori Limitati)
Sia X 6= {0} uno spazio di Banach complesso e T : X X un operatore lineare limitato.
Un valore regolare di T `e un numero complesso tale che
R1) R (T ) esiste,
R3) R(T ) = X.
Quindi la tabella riassuntiva, che abbiamo riportato nel caso generale e che illustrava le
condizioni stabilite per assegnare allinsieme risolvente o allo spettro puntuale, continuo o
residuo, nel caso di un operatore lineare limtato T : X X ove X `e uno spazio di Banach
complesso, pu`o essere riscritta come segue
def
R (T ) esiste, R(T ) = X (T )
def
R (T ) non esiste p (T )
def
R (T ) esiste, R(T ) X, R (T ) limitato c (T )
def
R (T ) esiste, R(T ) X, R (T ) non limitato r (T )
(I T )(I + T + + T m ) (5.13)
= (I + T + + T m )(I T )
= I T m+1 .
(I T )S = S(I T ) = I. (5.14)
Ci`o mostra che S `e linverso destro e sinistro di (I T ). Il fatto che S sia definito su tutto
X e sia linverso sinistro garantisce che la soluzione dellequazione operatoriale (I T )x = y
per un y X qualunque sia data da x = Sy e quindi il range di I T `e X. Il fatto che S sia
linverso destro garantisce che lequazione operatoriale Sx = y per un y X qualunque sia
data da x = (I T )y e quindi il range di S `e X. S `e dunque linverso di (I T ) applicazione
di X su X.
Come prima applicazione di questo teorema proviamo limportante fatto che il risolvente
R si pu`o rappresentare mediante una serie di potenze in .
5.10 Teorema (Rappresentazione del Risolvente)
Se T `e un operatore lineare limitato su uno spazio di Banach complesso X, per ogni 0 (T )
il risolvente R (T ) esiste ed `e limitato nel disco aperto centrato in 0 e di raggio
1
r= (5.15)
||R0 ||
ed in questo disco ha la rappresentazione
X
R = ( 0 )j Rj+1
0
, (5.16)
j=0
T I = T 0 I ( 0 )I
= (T 0 I)[I ( 0 )(T 0 I)1 ].
126 CAPITOLO 5. TEORIA SPETTRALE DEGLI OPERATORI LINEARI
Poiche T1
0
= R0 B(X, X) vediamo da ci`o e dalla (5.17) che per ogni che soddisfa la
(5.19) loperatore T ha un inverso definito su tutto X in B(X, X)
R = T1 = (T0 V )1 = V 1 R0 . (5.20)
poiche il disco di raggio r centrato in 0 contiene solo punti di regolarit`a ne segue che
1
r= (0 )
||R0 ||
e quindi
||R0 (T )|| come (0 ) 0. (5.22)
Il teorema 5.10 sopra dimostrato ci permetter`a di applicare lanalisi complessa alla teoria
spettrale, come vedremo nella Sez. 5.5.
Inoltre da questo teorema segue immediatamente che lo spettro di un operatore lineare
limitato `e un insieme chiuso nel piano complesso (mostreremo che 6= in 5.18.).
Dimostrazione. Scriviamo
T
T I = I .
Dal Teorema 5.9 otteniamo che per
1 ||T ||
T = <1 cio`e || > ||T ||,
||
esiste il risolvente ed ammette la rappresentazione
1 j
1 1 1 1X 1
R = (T I) = I T = T . (5.24)
j=0
del pi`
u piccolo disco chiuso centrato nellorigine del piano complesso di che contiene (T ).
Dalla (5.23) `e ovvio che per il raggio spettrale di un operatore lineare limitato su uno
spazio di Banach complesso abbiamo
r (T ) ||T || (5.25)
R R = ( )R R [, (T )]. (5.27)
(c) Abbiamo
R R = R R [, (T )]. (5.28)
R R = R (T R ) (R T )R
= R (T T )R
= R [T I (T I)]R
= ( )R R .
R S = R ST R = R T SR = SR .
(c) R commuta con T per (b). Quindi R commuta con R per (b).
Il nostro prossimo risultato sar`a limportante teorema dellapplicazione spettrale e par-
tiamo con una motivazione suggerita dalla teoria degli autovalori delle matrici.
Se `e un autovalore di una matrice quadrata A allora Ax = x per qualche x 6= 0.
Applicando A si ottiene
A2 x = Ax = Ax = 2 x.
Am x = m x;
p() = n n + n1 n1 + + 0
p(A) = n An + n1 An1 + + 0 I.
Si pu`o mostrare che si ottengono cos` tutti gli autovalori della matrice p(A).
` assai notevole che questa propriet`a si estenda agli spazi di Banach complessi di dimen-
E
sioni qualunque, come dimostreremo. Nella dimostrazione useremo il fatto che un operatore
lineare limitato ha uno spettro non vuoto. Questo lo mostreremo pi` u in l`a con i metodi
dellanalisi complessa.
Una notazione conveniente per formulare il teorema `e
cio`e p((T )) `e linsieme di tutti i numeri complessi tali che = p() per qualche (T ).
Useremo anche p((T )) con un significato simile.
5.15 Teorema (Applicazione Spettrale per i Polinomi)
Sia X uno spazio di Banach complesso, T B(X, X) e
p() = n n + n1 n1 + + 0 (n 6= 0).
` DEL RISOLVENTE E DELLO SPETTRO
5.4. ULTERIORI PROPRIETA 129
Allora
(p(T )) = p((T )); (5.30)
ossia lo spettro (p(T )) delloperatore
p(T ) = n T n + n1 T n1 + + 0 I
consiste precisamente di tutti quei valori che il polinomio p assume sullo spettro (T ) di T.
Dimostrazione. Assumiamo che (T ) 6= ; ci`o sar`a dimostrato in 5.18. Il caso n = 0 `e
banale; allora p((T )) = {0 } = (p(T )). Sia n > 0. Nella parte (a) proviamo che
S = p(T ) I.
s () = p() = n ( 1 )( 2 ) ( n ), (5.33)
s ( j ) = p( j ) = 0
per ogni j . Per lipotesi assurda fatta nessun (T ) pu`o essere radice di s () e quindi
ciascun j `e in (T ) e ciascun T j I ha un inverso limitato che, per il 5.7, `e definito su
tutto X. In corrispondenza alla (5.33) abbiamo
Supponiamo per assurdo che esista un p((T )), ossia un per cui
e tale che
/ (p(T )), ossia tale che (p(T )).
Da = p() abbiamo p() = 0. Quindi `e uno zero del polinomio
s () = p() .
Poiche questa serie converge per || > ||T ||| essa converge assolutamente per || > 2||T ||.
Per questi per la formula della somma di una serie geometrica otteniamo
j
1 X 1 1 1
||R || T = (|| > 2||T ||). (5.40)
|| j=0 || ||T || ||T ||
Dimostrazione. Sappiamo dal Teorema 5.12 che la serie (5.41) converge per || > ||T || e
quindi possiamo scrivere per ogni x X ed f X 0 e per || > ||T ||, grazie alla continuit`a
della f ,
X
1
f (R x) = j+1
f (T j x) (5.42)
j=0
ottenendo cos` uno sviluppo in serie di Laurent per la funzione h() = f (R x). Poiche la
funzione h() per le propriet`a di olomorfia di R `e olomorfa per || > r (T ) ne segue che la
sua serie di Laurent (5.42) converge per || > r (T ) e quindi sempre per la continuit`a della
f otteniamo
X
1
f (R x) = f j+1
T j x , per || > r (T ), (5.43)
j=0
Dato un > 0 qualunque per definizione di inf esiste un m tale che ||T m ||1/m r + .
Per un n arbitrario scriviamo n = pm + q dove 0 q m 1. Allora, poiche ||AB||
||A|| ||B||, otteniamo
||T n ||1/n (r + ) + .
Da questa diseguaglianza e dalla (5.46) segue che limn ||T n ||1/n esiste ed `e uguale ad r.
Mostriamo ora che
r (T ) lim ||T n ||1/n . (5.47)
n
n n
Abbiamo (T ) = [(T )] per il teorema dellapplicazione spettrale 5.15, cos` che
r (T n ) = [r (T )]n .
5.5. USO DELLANALISI COMPLESSA NELLA TEORIA SPETTRALE 133
Dalla (5.25) nella Sez. 5.3 applicata a T n invece che a T vediamo che
r (T n ) ||T n ||.
Dal confronto
1/n 1/n
r (T ) = (r (T n )) (||T n ||)
R `e olomorfa in per || > r (T ). Per il Teorema 5.19 sappiamo che la serie operatoriale
k
1X T
R = (5.49)
k=0
(r (T ) + )n ||T n ||
Problemi
1. Sia X = C[0, 1] e sia T : X X definito da
2. Sia {j }jN un insieme numerabile di reali denso nellintervallo [0, 1]. Si consideri
loperatore T : `2 `2 definito da y = T x dove se x = j risulta y = j j .
Mostrare che T `e lineare e limitato e studiarne lo spettro.
P 2 P 2
Suggerimento: Poiche j j j abbiamo ||T || 1. Essendo
(T I) x = ((1 ) 1 , (2 ) 2 ) , . . . )
linverso se esiste `e
1 1 1
(T I) x = (1 ) 1 , (2 ) 2 , . . . ).
134 CAPITOLO 5. TEORIA SPETTRALE DEGLI OPERATORI LINEARI
Gli operatori lineari compatti sono molto importanti nelle applicazioni. Ad esempio essi
giocano un ruolo centrale nella teoria delle equazioni integrali ed in vari problemi di fisica
matematica.
La loro teoria `e servita come un modello nei primi lavori di analisi funzionale. Le loro
propriet`a assomigliano da vicino a quelle degli operatori negli spazi finito dimensionali. La
teoria spettrale per un operatore compatto pu`o essere trattata in maniera quasi esaustiva
nel senso che la famosa teoria di Fredholm sulle equazioni integrali lineari pu`o essere estesa
alle equazioni lineari funzionali T x x = y con un parametro complesso . Questa teoria
generalizzata `e chiamata teoria di Riesz-Schauder.
135
136 CAPITOLO 6. OPERATORI LINEARI COMPATTI
Dimostrazione. (a) Sia (xn ) una qualunque successione limitata in X. Allora la disegua-
glianza ||T xn || ||T || ||xn || mostra che linsieme (T xn ) `e limitato. Quindi (T xn ) `e chiuso e
limitato. Essendo dim T (X) < ne deduciamo per il Teorema 2.17 che (T xn ) `e compatto e
quindi (T xn ) `e relativamente compatto. Poiche (xn ) era una successione limitata arbitraria
in X, loperatore T `e compatto grazie a 6.5.
(b) segue dalla (a) per losservazione che dim X < implica la limitatezza di T per il
2.31 e dim T (X) dim X per il 2.25(b).
Menzioniamo che un operatore T B (X, Y ) con dim T (X) < (cf. 6.6(a)) `e spesso
chiamato un operatore di rango finito.
Il seguente teorema stabilisce le condizioni sotto le quali il limite di una successione di
operatori lineari compatti `e compatto. Il teorema costituisce anche un importante strumento
che permette di dimostrare la compattezza di un dato operatore mostrando che esso `e il limite
uniforme di una successione di operatori lineari compatti.
6.7 Teorema (Successione di operatori lineari compatti)
Sia (Tn ) una successione di operatori lineari compatti da uno spazio normato X in uno
spazio di Banach Y . Se (Tn ) converge uniformemente nel senso degli operatori, cio`e, se
||Tn T || 0 (cf. Sez. 4.10), allora loperatore limite T `e compatto.
Dimostrazione. Usando il metodo della diagonalizzazione mostriamo che per ogni succes-
sione limitata (xm ) in X limmagine (T xm ) ammette una successione estratta convergente
e poi applichiamo il Teorema 6.5.
138 CAPITOLO 6. OPERATORI LINEARI COMPATTI
Poiche T1 `e compatto, (xm ) ammette una successione estratta (x1,m ) tale che (T1 x1,m ) `e
di Cauchy. Analogamente, (x1,m ) ammette una successione estratta (x2,m ) tale che (T2 x2,m )
`e di Cauchy. Continuando in questa maniera vediamo che la successione diagonale (ym ) =
(xm,m ) `e una successione estratta di (xm ) tale che per ogni intero positivo fissato n la
successione (Tn ym )mN `e di Cauchy. (xm ) `e limitata, ossia ||xm || c per tutti gli m.
Quindi ||ym || c per tutti gli m. Sia > 0. Poiche Tm T c`e un n = p tale che
||T Tp || < /3c. Poiche (Tp ym )mN `e di Cauchy v`e un N tale che
||Tp yj Tp yk || < (j, k > N ).
3
Di qui otteniamo per j, k > N
e poi che
yn y. (6.3)
Sia g un qualsiasi funzionale lineare limitato su Y . Definiamo un funzionale f su X ponendo
Proviamo (6.3). Assumiamo per assurdo che (6.3) non valga. Allora (yn ) ammette una
successione estratta (ynk ) tale che
per qualche > 0. Poiche (xn ) converge debolmente, (xn ) `e limitata per il 4.27(c) ed a
maggior ragione (xnk ). La compattezza di T ora implica per il 6.5 che (T xnk ) ammette una
w
successione estratta convergente, diciamo (e
yj ). Sia yej ye. A fortiori yej ye. Quindi ye = y
per la (6.2) e 4.27(b). Di conseguenza
||e
yj y|| 0.
Ma
||e
yj y|| > 0
(c) Se B `e totalmente limitato, per ogni > 0 ammette una rete finita M B.
Dimostrazione. (a) Assumiamo che B sia relativamente compatto e mostriamo che, per ogni
assegnato 0 > 0. esiste una 0 rete finita per B. Se B = , allora `e una 0 rete per B.
Se B 6= prendiamo un qualunque x1 B. Se d(x1 , z) < 0 per tutti gli z B, allora {x1 }
`e una 0 rete per B. Altrimenti sia x2 B tale che d(x1 , x2 ) 0 . Se per tutti gli z B
d (xj , z) < 0 (j = 1 o 2) (6.5)
allora {x1 , x2 } `e una 0 rete per B. Altrimenti continuiamo selezionando un x3 B e cos`
via. Asseriamo che esiste un intero positivo n tale che linsieme {x1 , x2 , . . . , xn } ottenuto
dopo n passi di tal fatta `e una 0 rete per B. Infatti, se non ci fosse un tale n, la nostra
costruzione fornirebbe una successione (xj ) che soddisfa alla diseguaglianza
d (xj , xk ) 0 per j 6= k.
Naturalmente (xj ) non potrebbe avere una successione estratta che sia di Cauchy. Quindi
(xj ) non potrebbe ammettere una successione estratta che converge in X. Ma ci`o contraddice
la relativa compattezza di B perche (xj ) giace in B per costruzione. Quindi deve esistere
una 0 rete finita per B. Poiche 0 > 0 era arbitrario concludiamo che B `e totalmente
limitato.
(b) Sia B totalmente limitato e X completo. Consideriamo una qualunque successione
(xn ) in B e mostriamo che essa ammette una successione estratta che converge in X, cosicche
B per il Lemma 6.2 risulter`a relativamente compatto. Per ipotesi B ammette una rete
finita per = 1. Quindi B `e contenuta nellunione di un numero finito di palle di raggio
1. Fra queste palle possiamo sceglierne una B1 che contiene un numero infinito di termini
di (xn ) (contando le ripetizioni). Sia (x1,n ) la successione estratta di (xn ) che giace in B1 .
Analogamente, per ipotesi, B `e anche contenuta nellunione di un numero finito di palle
di raggio = 1/2. Fra queste palle scegliamo una palla B2 che contiene una successione
estratta (x2,n ) della successione estratta (x1,n ). Continuiamo induttivamente scegliendo
= 1/3, 1/4, . . . e ponendo yn = xn,n . Allora per ogni dato > 0 v`e un N (che dipende
da ) tale che tutti gli yn con n > N giacciono in una palla di raggio . Quindi (yn ) `e di
Cauchy e converge in X, ossia yn y X, perche X `e completo.
(c) Il caso B = `e ovvio. Sia B 6= . Per ipotesi, dato un > 0, esiste una 1 rete
finita M1 X per B, dove 1 = /2. Quindi B `e contenuto nellunione di un numero
finito di palle di raggio 1 con elementi di M1 come centri. Siano B1 , . . . , Bn le palle che
intersecano B e siano x1 , . . . , xn i loro centri. Selezioniamo un punto zj B Bj . Vedi
Figura 6.1. Allora M = {z1 , . . . , zn } B `e una rete per B, perche per ogni z B c`e un
Bj contenente z e
d (z, zj ) d (z, xj ) + d (xj , zj ) < 1 + 1 = .
(d) Supponiamo che B sia totalmente limitato. Allora per (c) linsieme B per ogni
n = 1/n, n = 1, 2, . . . contiene una n rete finita Mn per se stesso. Lunione M di tute
queste reti `e numerabile. M `e denso in B. Infatti per ogni dato > 0 c`e un n tale che
1/n < ; quindi per ogni z B c`e un a M1/n M tale che d (z, a) < . Ci`o mostra che
B `e separabile.
La limitatezza totale implica la limitatezza. Linverso in generale non `e vero.
La prima affermazione `e pressoche ovvia. La seconda segue dallosservazione che la palla
unitaria chiusa U = {x | ||x|| 1} `2 `e limitata ma non totalmente limitata, perche `2
`e infinito dimensionale e completo, cos` che U non `e compatto (cf. 2.19) e quindi non
totalmente compatto per il 6.10(b).
Usando questo Lemma possiamo ora provare facilmente il seguente Teorema.
` DEGLI OPERATORI LINEARI COMPATTI
6.3. ULTERIORI PROPRIETA 141
Bj z
xj
zj
Ora x
bn xn 0 implica x bnk xnk 0. Poiche Tb `e lineare e limitato, esso `e continuo.
Otteniamo perci`o (cf. 1.14)
Tbx
bnk T xnk = Tb (b
xnk xnk ) Tb0 = 0.
e mostriamo che limmagine T 0 (B) X 0 `e totalmente limitata, cos` che T 0 (B) `e relativa-
mente compatto per il 6.10(b), perche X 0 `e completo (cf. 2.43).
Dobbiamo quindi provare che per ogni > 0 limmagine ammette una rete finita.
Poiche T `e compatto, limmagine T (S) della sfera unitaria
S = {x X | ||x|| = 1}
`e relativamente compatta. Quindi T (S) `e totalmente limitata per il 6.10(a). Dal 6.10(c)
segue che esiste una 1 rete finita M T (S) per T (S) con 1 = /4c. Ci`o significa che S
contiene dei punti x1 , . . . , xn tali che per ogni x S vale
||T x T xj || per qualche j. (6.8)
4c
Definiamo un operatore lineare A : Y 0 Cn (o Rn ) con
Abbiamo
n
X
2 2
||Ag||0 = |g(T xj )| ,
j=1
n
dove ||||0 `e la norma in R . Poiche g `e limitato per ipotesi e T `e limitato per il 6.4(a)
possiamo scrivere
n
X
2 2 2 2 2 2
||Ag||0 ||g|| ||T || ||xj || = ||g|| ||T || n,
j=1
` DEGLI OPERATORI LINEARI COMPATTI
6.3. ULTERIORI PROPRIETA 143
T
X - Y
T 0 (B) X 0 T0
Y0 B
A
?
C (o Rn )
n
|g (T x) gk (T x)| |g (T x) g (T xj )| + |g (T xj ) gk (T xj )|
+ |gk (T xj ) gk (T x)|
< ||g|| ||T x T xj || + + ||gk || ||T xj T x||
4
c + + c < .
4c c 4c
Poiche ci`o vale per ogni ||x|| = 1 e poiche per definizione g (T x) = (T 0 g) (x) abbiamo infine
Ci`o mostra che {T g1 , . . . , T gm } `e una rete per T 0 (B). Poiche era arbitrario, T 0 (B)
0 0
X = N (Tr ) Tr (X)
e limmagine soddisfa a
e
T0 (X) % T (X) % % Tr (X) .
Il nostro primo teorema riguarda gli autovalori. Ci dice che lo spettro puntuale di un
operatore lineare compatto non `e complicato. Il teorema risulta anche pi`u potente di quanto
non risulti a prima vista. Infatti nella prossima sezione mostreremo che ogni valore spettrale
6= 0 di un operatore lineare compatto `e necessariamente un autovalore. Ci`o mostra che
in larga misura lo spettro di un operatore lineare compatto assomiglia allo spettro di un
operatore in uno spazio finito dimensionale.
` SPETTRALI DEGLI OPERATORI LINEARI COMPATTI
6.4. PROPRIETA 145
Dimostrazione. Ovviamente `e sufficiente mostrare che per ogni reale k > 0 linsieme di tutti
i p (T ) tali che || k `e finito
Supponiamo il contrario per qualche k0 > 0. Allora v`e una successione (n ) di infiniti
autovalori distinti tali che |n | k0 e per cui esiste un xn 6= 0 tale che T xn = n xn .
Linsieme di tutti gli xn `e linearmente indipendente per il Teorema 5.6.
Sia Mn = span {x1 , . . . , xn }. Gli Mn , poiche sono finito dimensionali, sono chiusi (cf.
2.12) e, grazie allindipendenza lineare degli xj , Mn1 `e incluso propriamente in Mn . Per il
lemma di Riesz 2.18 v`e una successione (yn ) tale che
1
yn Mn , ||yn || = 1, ||yn x|| per tutti gli x Mn1 .
2
Se mostriamo che
1
||T yn T ym || k0 (6.13)
2
cosicche (T yn ) non ammette una successione estratta convergente perche k0 > 0, otteniamo
una contraddizione con la compattezza di T perche (yn ) `e limitata e quindi il teorema risulta
dimostrato.
Cominciamo con losservare che ogni x Mn ammette la rappresentazione (unica)
x = 1 x1 + + n xn .
(T n I) x = 1 (1 n ) x1 + + n1 (n1 n ) xn .
Torniamo ora alla (6.13), che ci proponiamo di dimostrare. Sia ad esempio m < n.
Introduciamo
x
e = n y n T y n + T y m . (6.15)
Mostriamo che x
e Mn1 . Poiche m n 1 `e ym Mm Mn1 = span {x1 , . . . , xn1 }.
Quindi T ym Mn1 perche T xj = j xj . Per la (6.14)
n yn T yn = (T n I) yn Mn1
1 1
||n yn x
e|| = |n | ||yn x|| |n | k0
2 2
perche |n | k0 . Da ci`o e dalla (6.15) abbiamo la (6.13). Quindi lipotesi che esiste un
numero infinito di autovalori che soddisfano a |n | k0 per qualche k0 > 0 conduce ad una
contraddizione ed il teorema `e provato.
146 CAPITOLO 6. OPERATORI LINEARI COMPATTI
Questo teorema mostra che, se un operatore lineare compatto su uno spazio normato ha
infiniti autovalori, essi possono essere ordinati in una successione che converge a zero.
La composizione di un operatore lineare compatto con un operatore lineare limitato
fornisce un operatore lineare compatto. Questo fatto `e provato nel seguente lemma, che ha
numerose interessanti applicazioni ed in particolare verr`a utilizzato per provare una propriet`a
basilare degli operatori compatti (6.18 qui di seguito).
e
{0} = N T0 N (T ) N T2 . . . . (6.17)
a) Per lipotesi assurda che T (X) non sia chiuso, v`e un y T (X), y
/ T (X) ed una
successione (xn ) in X tale che
yn = T xn y. (6.18)
Poiche T (X) `e uno spazio vettoriale, 0 T (X). Ma y
/ T (X)e quindi y 6= 0. Ci`o
implica che per n sufficientemente grande yn 6= 0, ossia xn / N (T ). Senza perdita
di generalit`a possiamo supporre che ci`o valga per ogni n. Poiche N (T ) `e chiuso la
distanza n di xn da N (T ) `e positiva, cio`e
Per definizione di estremo inferiore c`e una successione (zn ) in N (T ) tale che
b) Mostriamo che
an = ||xn zn || (n ) . (6.20)
Supponiamo che la (6.20) non sia vera. Allora (xn zn ) ammette una successione
estratta limitata. Poiche T `e compatto, segue dal 6.5 che (T (xn zn )) ammette
148 CAPITOLO 6. OPERATORI LINEARI COMPATTI
1
xn zn = (T T ) (xn zn )
1
= [T (xn zn ) T xn ] .
(T (xn zn )) ammette una successione estratta convergente e (T xn ) converge per la
(6.18); quindi xn zn ammette una successione estratta convergente, sia xnk znk v.
Poiche T `e compatto, T `e continuo e cos` T . Quindi per il Teorema 1.14
T (xnk znk ) T v.
1
wn = (xn zn ) (6.21)
an
1
T wn = T xn 0. (6.22)
an
1
wn = (T wn T wn ) . (6.23)
Poiche T `e compatto e (wn ) `e limitata, (T wn ) ammette una successione estratta con-
vergente. Inoltre (T wn ) converge per la (6.22) e quindi la (6.23) mostra che (wn )
ammette una successione estratta convergente, ossia
wnk w. (6.24)
||xn un || n .
` SPETTRALI
6.5. ULTERIORI PROPRIETA 149
n ||xn zn an w||
= ||an wn an w||
= an ||wn w||
< 2 n ||wn w|| .
1
Dividendo per 2 n > 0 abbiamo 2 < ||wn w||. Ci`o contraddice la (6.24) e quindi il
teorema `e dimostrato.
Dimostrazione. La prima affermazione segue dal Teorema 6.19 notando che W nella di-
mostrazione del 6.18 `e compatto. La seconda affermazione segue per induzione. Infatti
abbiamo T0 (X) = I (X) = X T (X) ed applicando T a Tn1 (X) Tn (X) otteniamo
Tn (X) Tn+1 (X).
a) Assumiamo che non esista s per cui Ns = Ns+1 e deduciamone una contraddizione.
Come strumento essenziale useremo il Lemma di Riesz 2.18.
a) Sappiamo che Nn Nn+1 per il Corollario 6.18. Assumiamo per ipotesi assurda che non
esista s per cui Ns = Ns+1 . Allora Nn1 `e un sottospazio proprio di Nn per ogni n.
Poiche questi spazi nulli sono chiusi il Lemma di Riesz 2.18 ci garantisce lesistenza di
una successione (yn ) tale che
1
yn Nn , ||yn || = 1, ||yn x|| per ogni x Nn1 . (6.25)
2
` sufficiente mostrare che dato un m per ogni n > m
E
1
||T yn T ym || || (6.26)
2
per arrivare ad una contraddizione. Infatti, in questo caso (T yn ) non pu`o ammettere
una successione estratta convergente perche || > 0 e ci`o, giacche (yn ) `e limitata, `e in
contraddizione con la compattezza di T .
Possiamo scrivere, utilizzando lidentit`a banale T = T + I,
T yn T ym = yn x
e con x
e = T ym + ym T yn . (6.27)
0 = Tm ym = Tm1 (T ym ) ,
Tn+1 x = 0 ma Tn x 6= 0.
Ts+1 z = Tn+1 x = 0 ma Ts z = Tn x 6= 0.
1
yn Rn , ||yn || = 1, ||yn x|| per ogni x Rn+1 . (6.28)
2
Sia n > m. Possiamo scrivere, utilizzando lidentit`a banale T = T + I,
T ym T yn = ym + T ym yn T yn . (6.29)
T ym T yn = (ym x) x Rm+1 .
1
||T ym T yn || = || ||ym x|| || > 0. (6.30)
2
Poiche (yn ) `e limitata e T `e compatto, (T yn ) ammette una successione estratta convergente.
Ci`o contraddice la (6.30) e prova che Rs = Rs+1 per qualche s. Inoltre, poiche Rs = Rs+1
significa che T applica Rs in se stesso, ripetute applicazioni di T danno Rn = Rn+1 per
ogni n > s. Quindi la prima parte del lemma risulta dimostrata e q `e il minimo fra gli s per
cui Rs = Rs+1 . Se q > 0 la relazione di inclusione propria segue dal Corollario 6.20.
Inoltre si dimostra che i due numeri interi q ed r introdotti nei due Lemmi precedenti
coincidono ottenendo limportante Teorema che segue.
e
Tr (X) = Tr+1 (X) = Tr+2 (X) = . . . . (6.32)
Inoltre, se r > 0, valgono le relazioni di inclusione proprie
N T0 $ N (T ) $ $ N Tr1 $ N (Tr ) (6.33)
e
T0 (X) % T (X) % % Tr1 (X) % Tr (X) . (6.34)
Dimostrazione. Il Lemma 6.21 d`a (6.31) e (6.33). Il Lemma 6.22 d`a (6.32) e (6.34) con q
invece di r. Dobbiamo mostrare solamente che q = r. Proviamo nella parte a) che q r e
nella parte b) che q r. Come sopra scriviamo per semplicit`a Nn = N (Tn ) e Rn = Tn (X).
152 CAPITOLO 6. OPERATORI LINEARI COMPATTI
a) Abbiamo Rq+1 = Rq per il Lemma 6.26. Ci`o significa che T (Rq ) = Rq . Quindi
Mostriamo che
T x = 0, x Rq = x = 0. (6.36)
Supponiamo che la (6.36) non valga. Allora T x1 = 0 per qualche elemento non nullo
x1 Rq . Ora la (6.35) con y = x1 d`a x1 = T x2 per qualche x2 Rq . Analogamente
x2 = T x3 per qualche x3 Rq e cos` via. Otteniamo perci`o per ogni n attraverso
successive successioni
0 6= x1 = T x2 = = Tn1 xn mentre 0 = T x1 = Tn xn .
y = Tq x0 6= 0 mentre T y = Tq+1 x0 = 0.
Tq1 (x T z) = y Tq z 6= 0.
Quindi x T z
/ Nq1 . Ma x T z Nq perche
Tq (x T z) = T y T y = 0.
abbiamo r = 0 per il 6.23. Quindi X = T0 (X) = T (X) sempre per il 6.23. Ne segue che
T `e biiettiva, T1 `e limitata per il teorema 4.39 dellinverso limitato giacche X `e completo
e (T ) per definizione.
La validit`a di questo Teorema pu`o essere estesa al caso in cui lo spazio normato X non
sia necessariamente di Banach, come vedremo al Teorema 6.31.
Il valore = 0 `e stato escluso in molti teoremi di questo capitolo ed `e quindi naturale
ora chiedersi che cosa si possa dire di = 0 nel caso di un operatore lineare compatto
T : X X su uno spazio normato complesso X. Se X `e finito dimensionale allora T
ammette una rappresentazione mediante matrici ed `e chiaro che 0 pu`o essere un valore
regolare e quindi appartenere a (T ) oppure essere un autovalore e quindi appartenere a
(T ) = p (T ). Tuttavia se dim X = tutti i casi sono possibili, come si pu`o far vedere
portando degli esempi espliciti. Precisamente 0 (T ) oppure 0 (T ) e tutti e tre i casi
0 p (T ) , 0 c (T ) , 0 r (T )
sono possibili.
Unaltra interessante ed importante applicazione del Teorema 6.23 ci permette di rap-
presentare X come la somma diretta di due sottospazi chiusi, precisamente lo spazio nullo
e limmagine di Tr .
x = (x x0 ) + x0 (x x0 Nr , x0 Rr ) . (6.38)
x = (x x
e0 ) + x
e0 (x x
e0 Nr , x
e0 Rr ) .
3 Se X `e uno spazio vettoriale, allora per ogni sottospazio Y X esiste un sottospazio Z X tale che
X = Y Z; cf. la sezione 3.6. Se X ` e uno spazio normato (in particolare uno spazio di Banach) e Y X
`
e un sottospazio chiuso, allora pu` o non esistere un sottospazio chiuso Z X tale che X = Y Z. Se X
e uno spazio di Hilbert, allora per ogni sottospazio chiuso Y si ha X = Y Z, dove Z = Y `
` e chiuso (cf.
3.14 e 3.15). Si noti che i sottospazi in (6.37) sono chiusi.
154 CAPITOLO 6. OPERATORI LINEARI COMPATTI
e quindi v0 Nr e Tr v0 = 0. Dunque
T2r v = Tr v0 = 0
v0 = Tr v = 0,
cio`e v0 = x0 x
e0 = 0 e la rappresentazione (6.38) `e unica e la somma Nr + Rr `e diretta.
T x x = 0 ( 6= 0), (6.40)
e due equazioni simili che coinvolgono loperatore duale, precisamente lequazione operato-
riale duale
T 0 f f = g (g X 0 dato, 6= 0), (6.41)
e lequazione operatoriale duale omogenea associata
T 0 f f = 0 ( 6= 0). (6.42)
Lequazione operatoriale duale non omogenea (6.41) ha una soluzione f per ogni g X 0
se e solo se f = 0 `e la sola soluzione dellequazione operatoriale duale omogenea
associata (6.42) (Cf. 6.30b)
f (y) = 0 (6.43)
per ogni f X 0 che soddisfa allequazione operatoriale duale omogenea associata (6.42).
Quindi se (6.42) ammette la sola soluzione banale f = 0, allora lequazione (6.39) `e
risolubile per ogni dato y X.
Dimostrazione. (a) Supponiamo che lequazione operatoriale (6.39) ammetta una soluzione
x = x0 , cio`e sia
y = T x0 x0 = T x0 .
Sia f una qualunque soluzione dellequazione duale omogenea associata (6.42). Allora
abbiamo
f (y) = f (T x0 x0 ) = f (T x0 ) f (x0 ).
Ora f (T x0 ) = (T 0 f ) (x0 ) per definizione di operatore duale (cf. 4.13). Quindi per (6.42)
(b) Viceversa, assumiamo che y in (6.39) soddisfi a (6.43) per ogni soluzione dellequa-
zione duale omogenea associata (6.42) e mostriamo che allora lequazione operatoriale (6.39)
ha una soluzione.
Supponiamo per assurdo che (6.39) non abbia soluzioni. Allora non esiste x per cui
y = T x. Quindi y / T (X). Poiche T (X) `e chiuso per 6.19, la distanza da y a T (X) `e
156 CAPITOLO 6. OPERATORI LINEARI COMPATTI
positiva. Per il Lemma 4.21 esiste un fe tale che fe(y) = e fe(z) = 0 per ogni z T (X).
Abbiamo per x qualunque
0 = fe(T x) = fe(T x) fe(x) = (T 0 fe(x)) fe(x) .
Quindi fe `e una soluzione dellequazione duale omogenea associata (6.42). Per assunzione
essa soddisfa a (6.43), cio`e fe(y) = 0. Ma ci`o contraddice fe(y) = > 0. Conseguentemente
(6.39) deve avere una soluzione. Ci`o prova la prima asserzione del teorema, che implica
immediatamente la seconda.
Questo teorema suggerisce di introdurre il seguente concetto. Sia
Ax = y (y dato), (6.44)
dove A : X X `e un operatore lineare limitato su uno spazio normato X. Supponiamo
che (6.44) abbia una soluzione x X se e solo se y soddisfa a f (y) = 0 per ogni soluzione
f X 0 dellequazione
A0 f = 0, (6.45)
dove A0 `e loperatore duale di A. Allora lequazione (6.44) `e detta normalmente risolubile.
Il Teorema 6.27 mostra che lequazione (6.39) con un operatore lineare compatto T e
6= 0 `e normalmente risolubile.
Per lequazione (6.41) v`e un analogo del Teorema 6.27, che otterremo come conseguenza
del Lemma che segue. Il numero reale positivo c introdotto nel Lemma pu`o dipendere
da , che `e considerato dato. Si noti che la (6.46) del Lemma vale per qualche soluzione
chiamata soluzione di norma minima ma non necessariamente per tutte le soluzioni.
Quindi il Lemma non implica lesistenza di R = T1 .
6.28 Lemma (Soluzione a norma minima)
Sia T : X X un operatore lineare compatto su uno spazio normato X e sia dato 6= 0.
Allora se per un dato y lequazione operatoriale non omogenea (6.39) `e risolubile, fra tutte
le soluzioni ve n`e una x
e che ha norma minima. Inoltre esiste un numero reale c > 0,
indipendente da y, tale che per ogni y per cui lequazione (6.39) `e risolubile `e
||e
x(y)|| c ||y|| , (6.46)
dove abbiamo scritto xe(y) per indicare esplicitamente che la soluzione a norma minima x
e
dipende dal particolare y considerato.
Dimostrazione. Suddividiamo la dimostrazione in due parti.
(a) Mostriamo che se (6.39) ammette delle soluzioni, allora linsieme di queste soluzioni
contiene una soluzione di norma minima, che chiamiamo x e.
(b) Mostriamo che esiste un c > 0 che soddisfa alla (6.46) per una soluzione x
e di norma
minima corrispondente ad un qualunque y = T x e per cui (6.39) ammette soluzione.
I dettagli sono i seguenti.
(a) Sia x0 una soluzione di (6.39). Se x `e una qualunque altra soluzione di (6.39), la
differenza z = x x0 soddisfa a (6.40). Quindi ogni soluzione di (6.39) pu`o esser scritta
come
x = x0 + z dove z N (T )
znj z0
p(z0 ) = ||x0 + z0 || = k.
Ci`o mostra che se lequazione (6.39) ammette soluzioni, linsieme di queste soluzioni contiene
una soluzione x e = x0 + z0 di norma minima.
(b) Proviamo che esiste un c > 0 (indipendente da y) tale che la (6.46) vale per una
soluzione x e di norma minima corrispondente ad una qualsiasi y = T x e per cui lequazione
(6.39) `e risolubile.
Supponiamo che ci`o non valga, ossia che
||e
x||
sup = .
yT x
e ||y||
Allora esiste una successione (yn ) tale che
||e
xn ||
(n ) , (6.48)
||yn ||
Tx
enj e
x0 (j ) . (6.49)
1
x
enj = Tx
enj ynj x
e0 . (6.50)
158 CAPITOLO 6. OPERATORI LINEARI COMPATTI
Tx
enj T x
e0
e quindi T x
e0 = ex0 per la (6.49). Giacche T xenj = ynj vediamo che xnj = x
enj x
e0 soddisfa
a T xnj = ynj . Poiche x
enj `e di norma minima
xn = x e0 x
enj x enj = 1.
j
Ma ci`o contraddice la convergenza in (6.50). Quindi (6.48) non pu`o esser valida e la
successione di quozienti in (6.48) deve essere limitata, ossia dobbiamo avere
||e
x||
c = sup < .
yT x
e ||y||
dove x
e `e la soluzione di norma minima per ly considerato. Ci`o implica la (6.46).
Usando questo Lemma possiamo ora fornire un criterio per la risolubilit`a dellequazione
(6.41) cos` come s`e fatto per lequazione (6.39) nel Teorema 6.27.
Dimostrazione. (a) Se (6.41) ammette una soluzione f ed x soddisfa a (6.40), allora la (6.51)
vale perche
g(x) = (T 0 f ) (x) f (x) = f (T x x) = f (0) = 0.
(b) Viceversa assumiamo che g soddisfi alla (6.51) per ogni soluzione x della (6.40).
Mostriamo che allora la (6.41) ammette una soluzione f . Consideriamo un qualunque y
T (X) e sia x X tale che y = T x. Possiamo definire un funzionale f0 su T (X) come
segue
f0 (y) = f0 (T x) = g (x) .
dove e
c = c ||g||. Per il teorema di Hahn-Banach 4.10 il funzionale f0 ammette una estensione
f su X, che `e un funzionale lineare limitato definito su tutto X. Per definizione di f0
f (T x x) = f (T x) = f0 (T x) = g (x) .
Unitamente alla formula precedente ci`o mostra che f `e una soluzione dellequazione (6.41)
e prova la prima asserzione del teorema. La seconda affermazione discende facilmente dalla
prima.
(a) Lequazione operatoriale non omogenea (6.39) ha una soluzione x per ogni y X se e
solo se lequazione omogenea associata (6.40) ammette la sola soluzione banale x = 0.
In questo caso la soluzione di (6.39) `e unica e T ha un inverso limitato.
(b) Lequazione operatoriale duale non omogenea (6.41) ha una soluzione f per ogni g X 0
se e solo se lequazione duale omogenea associata (6.42) ammette la sola soluzione
banale f = 0. In questo caso la soluzione di (6.41) `e unica.
Dimostrazione. (a) Proviamo che se per ogni y X lequazione (6.39) `e risolubile allora
x = 0 `e la sola soluzione di (6.40).
Se ci`o non fosse (6.40) avrebbe una soluzione x1 6= 0. Poiche (6.39) con un y qualunque
`e risolubile, T x = x1 ha una soluzione x = x2 , cio`e T x2 = x1 . Per la medesima ragione
v`e un x3 tale che T x3 = x2 e cos` via. Abbiamo quindi per ogni k = 2, 3, . . .
0 6= x1 = T x2 = T2 x3 = = Tk1 xk
e
0 = T x1 = Tk xk .
Quindi xk N Tk ma xk / N Tk1 . Ci`o significa che il sottospazio nullo N Tk1 `e
un sottospazio proprio di N Tk per tutti i k. Ma ci`o contraddice il Teorema 6.23. Quindi
x = 0 deve essere la sola soluzione di (6.40).
Viceversa supponiamo che x = 0 sia la sola soluzione di (6.40). Allora per il Teorema
6.29 `e risolubile con una g arbitraria. Ora T 0 `e compatto (cf. 6.13), cosicche possiamo
applicare la prima parte di questa dimostrazione a T 0 e concludere che f = 0 deve essere
160 CAPITOLO 6. OPERATORI LINEARI COMPATTI
la sola soluzione di (6.42). La risolubilit`a di (6.39) con y qualunque segue ora dal Teorema
6.27.
Lunicit`a segue dal fatto che la differenza di due soluzioni della (6.39) `e una soluzione
della (6.40). Chiaramente tale soluzione unica x = T1 y `e la soluzione di norma minima e
la limitatezza di T1 segue dal Lemma 6.28, giacche
||x|| = T1 y c ||y|| .
Si noti che in questo caso per dimostrare la limitatezza di T1 non `e necessario che X sia di
Banach, come invece si richiedeva nel Teorema 4.39.
(b) `e una conseguenza di (a) e del fatto che T 0 `e compatto (cf. 6.13).
Il Teorema 6.30(a) pu`o anche essere usato per mostrare che la validit`a del Teorema
precedentemente dimostrato 6.24 pu`o essere esteso dagli spazi di Banach ad un generico
spazio normato.
6.31 Teorema (Autovalori)
Sia T : X X un operatore lineare compatto su uno spazio normato X. Allora se T ha
valori spettrali diversi da zero, essi debbono essere tutti autovalori di T .
Dimostrazione. Se il risolvente R = T1 non esiste, p (T ) per definizione. Sia 6= 0
ed assumiamo che R = T1 esista. Allora T x = 0 implica x = 0 per il 2.26. Ci`o significa
che lequazione (6.40) ammette solamente la soluzione banale. Ora il Teorema 6.30(a) mostra
che la (6.39) `e risolubile per ogni y, cio`e T1 `e definito su tutto X, e che T1 `e limitato.
Quindi (T ).
Le equazioni omogenee (6.40) e (6.42) sono anche collegate fra loro. Mostreremo che esse
hanno lo stesso numero di soluzioni linearmente indipendenti. Per la dimostrazione di questo
fatto `e necessario utilizzare lesistenza di certi insiemi correlati di X e X 0 , che costituiscono
un sistema chiamato sistema biortogonale.
6.32 Lemma (Sistema biortogonale)
a) Dato un insieme {f1 , . . . , fm } linearmente indipendente nello spazio duale X 0 di uno
spazio normato X, vi sono in X elementi z1 , . . . , zm tali che
0 (j 6= k)
fj (zk ) = jk = (j, k, = 1, . . . , m) . (6.52)
1 (j = k)
b) Analogamente dato un insieme {x1 , . . . , xn } linearmente indipendente in uno spazio
normato X, vi sono in X 0 elementi g1 , . . . , gn tali che
0 (j 6= k)
gk (xj ) = jk (j, k, = 1, . . . , n) . (6.53)
1 (j = k)
Dimostrazione. a) Poiche lordine delle fj non `e importante, `e sufficiente provare che esiste
un zm tale che
fm (zm ) = 1, fj (zm ) = 0 (j = 1, . . . , m 1) . (6.54)
Per m = 1 ci`o `e vero perche f1 6= 0 per lindipendenza lineare, cosicche f1 (x0 ) 6= 0 per
qualche x0 e z1 = x0 con = 1/f1 (x0 ) d`a f1 (z1 ) = 1.
Sia ora m > 1 e facciamo lipotesi induttiva che il lemma valga per m 1, ossia
supponiamo che X contenga degli elementi z1 , . . . , zm1 tali che
fk (zk ) = 1, fn (zk ) = 0, n 6= k (k, n = 1, . . . , m 1) . (6.55)
6.6. EQUAZIONI OPERATORIALI CON OPERATORI LINEARI COMPATTI 161
Consideriamo linsieme
Analogamente, se {f1 , . . . , fm } `e una base di N (T0 ), allora per il Lemma 6.32 vi sono
elementi z1 , . . . , zm di X tali che
(b) Mostriamo che n < m `e impossibile. Sia n < m e definiamo S : X X come segue
n
X
Sx = T x + gj (x) zj . (6.59)
j=1
S x0 = Sx0 x0 = 0 = x0 = 0. (6.60)
gk (x0 ) = 0, k = 1, . . . , n. (6.62)
dove gli j sono degli opportuni scalari. Applicando gk ed utilizzando (6.62) e (6.57)
abbiamo
n
X
0 = gk (x0 ) = j gk (xj ) = k (k = 1, . . . , n) .
j=1
Quindi x0 = 0. Ci`o prova limplicazione (6.60). Il Teorema 6.30(a) ora implica che
S x = y `e risolubile per y qualunque. Scegliamo y = zn+1 . Sia x = v la soluzione
corrispondente, cio`e sia S v = zn+1 . Come in (6.61) facciamo il seguente calcolo
utilizzando (6.58) e (6.59)
1 = fn+1 (zn+1 ) = fn+1 (S v)
n
X
= fn+1 T v + gj (v) zj
j=1
n
X
= (T0 fn+1 ) (v) + gj (v) fn+1 (zj )
j=1
dove le j sono degli opportuni scalari. Utilizzando (6.66) e (6.58) otteniamo per
ciascun k = 1, . . . , m
m
X
0 = f0 (zk ) = j fj (zk ) = k .
j=1
= (T0 h) (xm+1 )
= h (T xm+1 ) .
Ax = y, A0 f = g,
Ax = y, A0 f = g
x1 , . . . , xn e f 1 , . . . , fn (n 1) ,
Ax = y, A0 f = g
non sono risolubili per tutti gli y e g. Esse ammettono una soluzione se e solo se y e
g sono ortogonali alle soluzioni delle corrispettive equazioni duali omogenee, ossia se
e solo se y e g sono, rispettivamente, tali che
fk (y) = 0, g (xk ) = 0 (k = 1, . . . , n) .
Questa definizione pu`o essere usata per esprimere in maniera compatta i risultati delle
due ultime sezioni.
6.35 Teorema (Alternativa di Fredholm)
Sia T : X X un operatore lineare compatto su uno spazio normato X e sia 6= 0. Allora
T = T I soddisfa allalternativa di Fredholm.
Questa formulazione in termini di alternative esclusive `e particolarmente importante per
le applicazioni, perche spesso, invece di mostrare direttamente lesistenza di una soluzione,
`e pi`
u facile dimostrare che lequazione omogenea ammette solamente la soluzione banale.
Abbiamo gi`a menzionato (nella sezione 6.6) che la teoria di Riesz degli operatori lineari
compatti `e nata come naturale sviluppo della teoria di Fredholm delle equazioni integrali di
secondo tipo
Z b
x(s) k (s, t) x (t) dt = ye (s) . (6.67)
a
Daremo una breve introduzione dellapplicazione della teoria degli operatori lineari compatti
alle equazioni della forma (6.67).
Ponendo = 1/ e ye (s) = y (s) /, con 6= 0, abbiamo
T x x = y ( 6= 0) , (6.68)
dove T `e definito da Z b
(T x) (s) = k (s, t) x (t) dt. (6.69)
a
Possiamo quindi enunciare il seguente teorema.
6.36 Teorema (Alternativa di Fredholm per le equazioni integrali)
Se k in (6.67) `e tale che T : X X in (6.69) `e un operatore lineare compatto su uno
spazio normato X, allora lalternativa di Fredholm vale per T , ossia o lequazione integrale
non omogenea (6.67) ammette una soluzione unica per tutti gli ye X o la corrispondente
equazione omogenea ammette un numero finito di soluzioni indipendenti non banali (cio`e
soluzioni x 6= 0).
Supponiamo che T in (6.68) sia compatto (daremo nel seguito alcune condizioni che
ne garantiscono la compattezza). Allora se appartiene allinsieme risolvente (T ) di T ,
1
il risolvente R (T ) = (T I) esiste, `e definito su tutto X, `e limitato (cf. 6.30(a)) e
fornisce la soluzione unica
x = R (T ) y
166 CAPITOLO 6. OPERATORI LINEARI COMPATTI
di (6.68) per ogni y X. Poiche R (T ) `e lineare R (T ) 0 = 0, ci`o che implica che lequazione
omogenea T xx = 0 ammette la sola soluzione banale x = 0. Quindi (T ) corrisponde
al caso (I) dellalternativa di Fredholm.
Sia || > ||T ||. Assumendo che X sia uno spazio di Banach complesso, ne deduciamo che
(T ) per il Teorema 5.12. Inoltre (5.40) nella sezione 5.3 fornisce
R (T ) = 1 I + 1 T + 2 T 2 + . . . . (6.70)
X = L2 [a, b] e X = C [a, b] .
Per applicare il teorema `e necessario fornire delle condizioni per il kernel k nella (6.67), che
siano sufficienti per garantire che T sia compatto.
Se X = L2 [a, b] una tale condizione `e che k sia in L2 [J J], dove J = [a, b]. La
dimostrazione richiede luso della teoria della misura ed esula dallo scopo di queste note.
Nel caso X = C [a, b] la continuit`a di k implica la compattezza di T .
Otteremo questo risultato utilizzando il classico Teorema 6.37 che segue.
Una successione (xn ) in C [a, b] `e detta equicontinua se per ogni > 0 esiste un > 0,
che dipende solo da , tale che per ogni xn ed ogni coppia s1 , s2 [a, b] che soddisfa a
|s1 s2 | < vale
|xn (s1 ) xn (s2 )| < .
Si noti che non dipende da n. Si noti inoltre come da questa definizione consegua che
ciascun xn `e uniformemente continuo su [a, b].
Ci`o prova lequicontinuit`a della successione (yn ). Il Teorema di Ascoli implica che (yn )
ammette una successione estratta. Poiche (xn ) era unarbitraria successione limitata e yn =
T xn , la compattezza di T segue dal Teorema 6.5.