Fomin
Elementi di
teoria delle funzioni
......... \..
e di analisi funzionale
Edizioni Mir
Indice
5
§ 2. Convergenza. Insiemi aperti e chiusi 58 § 3. Spazi normatì . 137
1. Punti d'accumulazione. Chiusura p. 58-2. Convergenza t. Definizione ed esempi di spazi norma ti p. 138-2: Sotto:
p. 60-3. Sottoinsiemi densi p. 61-4. Insiemi aperti e spazi di uno spazio normato p. 139-3. Spazio quoziente d1
chiusi p. 62-5. Insiemi aperti e chiusi sulla retta. p. 64. uno spazio normato p. 140.
6 7
§ 6. Operatori compatti 233 i. Proprietà fondamentali delle funzioni monotone p. 316-2.
· t. Definizione cd esempi di operatori compatti p. 2.33-2. Derivabilltà di una funzione monotona p. 319-3. Derivata
Proprietà fondamentali degli operatori compatti p. 238-3. dell'integrale rispetto al limite superiore p. 326.
Autovalori di un operatore compatto p. 240-4. Operatori
compatti in uno spazio di Hilbert p. 241-5. Operatori com-
patti autoaggiunti in H p. 242. § 2. Funzioni a variazione limitata 327
8 9
VIII. Serie trigonometriche. Trasformata di Fourier 400 Volterra p. 465-6. Equazioni integrali di prima specie
p. 466.
§ 1. Condizioni di convergenza della serie di Fourier 400 § 3. Equazioni integrali contenenti un parametro. Metodo 467
1. Condizioni sufficienti di convergenza della serie di Fou-
rier in un punto p. 400-2. Condizioni di convergenza uni- di Fredholm
1. Spettro di un operatore compatto in H p. 467-2. Ricerca
forme della serie di Fourier p. 406. , della soluzione sotto forma di una serie di potenze di )...
§ 2. Teorema di Fejer 409 Determinanti di Fredholm p. 468.
l. Teorema di Fejer p. 409-2. Completezza di un sistema
trigonometrico. Teorema di Weierstrass p. 412-3. Teore- X. Elementi di calcolo differenziale negli spazi lineari 473
ma di Fejer nello spazio L1 p. 413.
§ 1. Differenziazione negli spazi lineari 473
§ 3. Integrale di Fourier 413 1. Differenziale forte (differenziale di Fréchet) p. 473-2.
1. Teorema fondamentale p. 413-2. Integrale di Fourier in Differenziale debole (differenziale di Giiteaux) p. 475-3.
forma complessa p. 416. Formula degli incrementi finiti p. 475-4. Legame fra la
differenziabilità debole e forte p. 476 -5. Funzionali diffe-
§ 4. Trasformata di Fourier, proprietà fondamentali e appli- 417 renziabili p. 478-6. Funzioni astratte p. 478-7. Integrale
cazioni p. 478-8. Derivate di ordine superiore p. 481-9. Diffe-
1. Trasformata di Fourier e formula di inversione p. 417-2. renziali di ordine superiore p. 483-10. Formula di Taylor
Proprietà fondamentali della trasformata di 'Fourier p. 483.
p. 421-3. Completezza delle funzioni di Hermite e Laguerre
p. 424-4. Trasformata di Fourier di funzioni decrescenti § 2. Teorema della funzione implicita e alcune sue applica- 485
rapidamente e derivabili indefinitamente p. 425-5. Tra- zio n t
sformata di Fourier e convoluzione di funzioni p. 426-6. 1. Teorema della funzione .impli~ita l'· 485-;-2. Te?rema s_ul-
AJ>plicazione della trasformata di Fourier alla soluzione la dipendenza della soluz10ne dt un equazione dtfferonzta-
dell'equazione del calore p. 427-7. Trasformata di Fourier bile dai dati iniziali p. 488-3. Varietà tangenti. Teorema
di funzioni di più variabili p. 429. di Ljusternik p. 489.
§ 5. Trasformata di Fourier nello spazio L 2 (-oo, oo) 432 § 3. Problemi estremali . 492
1. Teorema di Plancherel p. 432-2. Funzioni di Hermite 1. Condizione necessaria degli estremi p. 492-2. Differen-
p. 435. ziale secondo. Condizioni sufficienti per l'estremo di un
funzionale p. 496-3. Problemi estremali con limitazioni
§ 6. Trasformata di Laplace 438 p. 498.
1. Definizione e proprietà fondamentali della .trasformata § 4. M et odo di N ewton 500
di Laplace p. 438-2. Applicazione della trasformata di
LaJ>Iace alla soluzione delle equazioni differenziali {metodo
degli operatori) p. 440. . Appendice. Algebre di Banach 505
§ 1. Definizioni ed esempi di algebre di Banach 505
§ 7. Trasformata di Fourier-Stieltjes 442 t. Algebre di Banach. Isomorfismi di algebre di Banach
1. Definizione della trasformata di Fourier-Stieltjes p. 442- p. 505-2. Esempi di algebre di Banach p. 506-3. Ideali
2. Applicazioni della trasformata ~~ Fourier-Stieltjes alla massimali p. 508.
t~oria delle probabilità p. 443.
§ 2. Spettro e risolvente 508
§ 8. Trasformata di Fourier• delle distrlbuzJont 446 1. Definizioni ed esempi p. 509-2. Proprietà dello spettro
p. 509-3. Teorema del raggio spettrale p. 511.
IX. Equazioni integrali lineari 449 § 3. Alcuni risultati austliari 512
1. Teorema dell'algebra quoziente p. 512-2. Tre lemmi
§ 1. Definizioni fondamentali. A le uni problemi che condu- 449 p. 513.
cono ad equazioni integrali § 4. Teoremi fondamentali 513
1. Tipi di equazioni integrali p. 449-2. Esempi di pro- t. Funzionali moltiplicativi, continui, lineari e ideali ma~
blemi che conducono ad equazioni integrali p. 450. simali p. 513-2. Topologia nello spazio Jt. Teoremi fon-
~amentali p. 515-3. Teorema di Wiener. Esercizi p. 517.
§ 2. Equazioni integrali dt Fredholm 453
1. Operatore integrale di Fredholm p. 453-2. Equazioni Bibliografia 521
a nucleo simmetrico p. 457-3. Teoremi di Fredholm. Caso
dei nuclei degeneri p. 458-4. Teoremi di Fredholm per Distribuzione delle fontl bibliografiche per capitoli 523
equazioni con nuclei arbitrari p. 461-5. Equazioni di Indice analitico 524
10
Dalla prefazione alla seconda edizione
Prefazione alla quarta edizione
13
Sebbene il nostro libro sia dedicato soprattutto alle nozioni gene- Prefazione alla terza edizione
rali di teoria delle funzioni e di analisi funzionale, si pone sempre
l'attenzione alla problematica classica e il lettore può convincersene
in quasi tutti i capitoli. L'inclusione nel libro dei capitoli VI (teoria
della derivazione), V I I I (serie trigonometriche e integrale di Fourier)
e IX (equazioni integrali lineari} fa sì che il nostro lavoro abbracci
tutto il programma del corso di Analisi III approvato dall'"Università
di i'~fosca, tranne il calcolo variazionale. Non abbiamo incluso questa
disciplina nel nostro libro, limitandoci soltanto all'esposizione nel
capitolo X di rappresentazioni più generali dell'analisi funzionale
non lineare.
Nella nuova edizione, così come nella prima, un posto notevole
spetta alla teoria generale.della misura. Ultimamente sono comparsi
numerosi lavori che trattano la teoria dell'integrazione basata sullo
schema di Daniel, ma senzaricorrereall.'apparato della teoria della Nel preparare la presente edizione abbiam~ conservato il piano
misura. Noi riteniamo, però, che la teoria della misura sia sufficien- generale del libro e cercato di non aumentare tl volume. Al tempo
temente importante anche di per se stessa, a prescindere dal concetto stesso tutto il testo del libro è stato riveduto e corretto. Un grande
di integrale introdotto, e meriti di essere ~nclusa nel programma uni-
versitario.
aiuto' in questo lavoro ci ha pres~a~o ~· Siro~o.v. Nei capitoli I el'!'
sono state eseguite alcune traspostzwn~ e mo~~f~ch~ ,che, a ~o~tro avvt-
I nuovi capitoli inclusi hànno àumentato considerevolmente. il so, rendono più facile il passaggio dalle noz~on_~ P.~u semplz~~ a quel~
volume del libro. I vecchi capitoli sono stati rielaborati sostanzialmen~ più complicate (dagli spazi di Banach a que.lb pzu gener~l~ nel capz-
te e completati da paragrafi nuovi (ad esempiÒ, quelli che trp.ttano tipi tolo IV, ad esempio). È stato rielaborato m mo~o sufftcte'!temente
d'ordine e numeri transfiniti, spazi topologici, distribuzioni, ecc.). sostanziale il trattamento della teoria della mzsura (cap~to~o V) •.
Rielaborando il nostro libro e completandolo di nuovi capitoli, Negli ultimi anni nel corso Anali~i III .sl!esso vengono mclusl
abbiamo cercato di conservar~, tuttavia, quello stile di esposizione elementi delle algebre di Banach e d~ analtSt spettrale. Pertanto
relativamente elementare che era proprio, come ci pare, della prima abbiamo ritenuto opportuno completare il nost~o lib~o con un'Appen-
edizione. Speriamo che il libro trovi un suo posto naturale nell'inse- dice dedicata a questi temi, scritta da V. Tlchomzrov.
gnamento universitàrio accanto ad altri lavori, in particolare al libro
di G. Silov Analisi m~tematiea, corso .speciale, nel quale l'aspetto A. Kolmogorov
analitico della questione è messo in risalto maggiore, mentre l'interesse S. Fomin
per gli spazi metrici e topologici, per le misure ecc. quali oggetti a sé
stanti è coltivato in misura minore.
A. Kolmogorov
S. Fomin
"
I. Elementi di teoria degli insiemi
A 8 A 8
C=AflB
Fig. 3 Fig. 4
elementi di A non contenuti in B (fig. 3). Inoltre, non si suppone
C=AuB C=AnB in generale che A ::l B. Al posto di A '- B si scrive talvolta
Fig. 1 Fig. 2 A -B.
Talvolta (nella teoria della misura, ad esempio) è comodo
pari e dell'insieme di tutti i numeri divisibili per tre è formata da considerare la differenza detta simmetrica degli insiemi A e B?
tutti i numeri interi che si dividono per sei senza resto. Si chiama che è determinata come somma delle differenze A '- B e B '- A
intersezione di un numero qualsiasi (finito o infinito) di insiemi A« (fig. 4). Denoteremo con il simbolo A .6. B la differenza simme-
une collezione n
A a. di elementi appartenenti ad ognuno degli
a.
trica degli insiemi A e B. Così, per definizione, abbiamo
A 1:J. B = (A '- B) U (B '-A).
insiemi Aa.. Esercizio. :Mostrare che
Le operazioni di somma e di intersezione sugli insiemi sono,
per definizione stessa, commutative e associative, cioè
A AB= (A U B)'-... (A n B).
Spesso si deve considerare una famiglia di insiemi che sono
A U B = B U A, (A U B) U C = A U (B U C), sottoinsiemi di un certo insieme principale S, ad esempio diversi
A n
B = B n
A, (A B) n n
C = A (B C).n n insiemi di punti sulla retta numerica. In questo caso la differen-
Inoltre, esse sono mutuamente distributive: ""- za S '- A è detta complemento dell'insieme A e si denota con
CA o A'.
(A U B) nC = (A n C)
U (B n C), (1) Nella teoria degli insiemi e le sue applicazioni è molto impor-
(A n B) U C= (A U C) n (B U C). (2) tante il cosiddetto principio di dualità basato sulle due relazioni
seguenti:
Infatti, verifichiamo ad esempio la prima di queste ugua- 1. Il complemento della somma è uguale all'intersezione dei
glianze 1 • Supponiamo che l'elemento x appartenga all'insieme due complementi
a primo membro dell'uguaglianza (1), cioè che x E (A UB) C. n (3)
Ciò significa che x entra in C e, inoltre, almeno in uno degli insie-
2. Il complemento dell' intersezione è uguale alla somma dei due
1 L 'uguaglianza di due insiemi A = B si intende co1!1e identità, vale
a dire ciascun elemento dell'insieme A appartiene aB, e vJce,·ersa: ~n altre complementi
parole, ]'uguaglianza A = B è equivalente al fatto che sono verifiCate le
due inclusioni: A cB e B c A.
s,nAa=U<S'-Aa>·
a a.
(4)
18 19
Il principio di dualità significa che da ogni teorema inerente di N. Per gli insiemi di natura arbitraria (c?sì come n.el caso ?egli
a un sistema di sottoinsiemi di un insieme fissato S può essere insiemi numerici) spesso al posto del termme « funzione >> SI usa
dedotto in modo assolutamente automatico un altro teorema duale il termine «applicazione», parlando dell'applicazione di un insie-
mediante la sostituzione di tutti gli insiemi considerati con i loro me in un altro. Precisando la natura degli insiemi M e N, compaio-
complementi, della somma degli insiemi con le intersezioni e delle no tipi speciali di funzioni che portano i nomi particolari di
intersezioni con le somme. Quale esempio di utilizzazione di que- « funzione vettoriale », «misura>>, << funzionale >>, << operatore >>ecc.
sto principio può servire la deduzione del teorema 3' dal teorema 3 Nel seguito avremo a che fare con questi tipi speciali di funzione.
del § 2, capitolo Il. ( Per indicare una funzione (applicazione) di M in N spesso
Dimostriamo la relazione (3). useremo la notazione /: M-+ N.
Sia x ES "'-... U Aa. Ciò significa che x non entra nell'unione \ Se a è un elemento di M, il suo elemento corrispondente
a b = f (a) di N si dice sua immagine (sotto l 'applicazione /).
Ua A a, cioè non appartiene ad alcuno degli insiemi A a. Quindi, L'insieme di tutti gli elementi a di M, la cui immagine è un dato
elemento bE N, si chiama immagine inversa (o, più precisamente,
x appartiene a ciascuno dei complementi S "'-... Aa e perciò x E
E n
a
n
(S "'-...A a)· Inversamente, sia x E (S "'-...A a), vale a dire
a
immagine inversa completa) dell'elemento be si denota con /-1 (b).
Sia A un insieme di M; l'insieme {/(a) :a E A} di tutti gli
elementi del tipo f (a), dove a E A, si dice immagine di A e si
che x entra in ciascuno S "'-...A a.; allora x non entra in alcuno degli
indica con f ( A). A sua volta, per ogni insieme B di N è determi-
insiemi Aa, cioè non appartiene alla loro somma U Aa., e allora nata la sua immagine inversa (completai) /-1 (B), e cioè f -1 (B)
a
x ES"'-... U A a. L'uguaglianza (3), è così dimostrata. La relazio- è l'insieme di tutti gli elementi di M le cui immagini appartengo-
a no a B. Può succedere che nessun elemento b di B abbia immagine
ne (4) si dimostra analogamente. (Proponiamo al lettore di ese- inversa, allora l'immagine inversa t- 1 (B) sarà l'insieme vuoto.
guire questa dimostrazione.) Qui ci limiteremo all'esame delle proprietà delle aplicazioni
più generali.
Il nome «differenza simmetrica» dell'operazione A AB non è molto Introduciamo la seguente terminologia. Diremo chef è un'ap-
felice; questa operazione è analoga per molti aspetti alla somma di insiemi
A U B. Infatti, A U B significa che con la locuzione «oppure» non esclusi- plicazione dell'insieme M «su>> N se t (M)= N; tale applicazio-
vo noi colleghiamo due .affermazioni: «l 'elemento ap_partiene ad A » e« l'ele- ne si chiama anche suriezione. Nel caso generale in cui cioè
mento appartiene a B », mentre A A B significa che le stl'sse due afferma- j (M}C N, si dice che t è un'applicazione di M <<in>> N.
zioni sono collegate da « oppure l) esclusivo: l'elemento x appartiene ad Se per due elementi qualsiasi distinti x1 e x 2 di M le loro
A A B se e soltanto se esso appartiene soltanto ad A oppure soltanto a B.
L 'insieme A A B si potrebbe chiamare « somma modulo due » degli insie- immagini y1 = f (x1) e y 2 = f (x 2 ) sono anch'esse distinte, allora l
mi A c B (si prende l'unione di questi due insiemi, ma gli elementi che si si chiama iniezione. L'applicazione f: M-+ N, essendo simultanea-
incontrano due volte si escludono). mente suriezione e iniezione, si dice bijezione o corrispondenza
biunivoca fra M e N.
§ 2. Applicazioni. Partizioni in classi Stabiliamo ora le proprietà fondamentali delle applicazioni.
Teorema 1. L'immagine inversa della somma di due insiemi
1. Applicazioni insiemistiche. Nozione generale di funzione. è uguale alla somma delle loro immagini inverse:
In analisi la nozione di funzione è introdotta nel seguente modo. t-t (A U B) = j-1 (A) Ut-1 (B).
Sia X un certo insieme sulla retta numerica. Si dice che in questo
insieme è definita una funzione f se a ogni numero x E X è messo Dimostrazione. Supponiamo che l'elemento x appartenga al-
in corrispondenza un determinato numero y = f (x). In questo l'insieme j-1 (A UB). Ciò significa che f (x) EA UB, cioè che
caso X è detto dominio di definizione della data funzione e Y, t (x) E A o 1 (x) E B. Ma allora x appartiene almeno a uno degli
l'insieme di tutti i valori assunti da questa funzione, è il suo insiemi 1-1 (A) o j-1 (B), cioè x E1-1 (A) U/-1 (B). Inversamente,
dominio dei. valori. se x E1-1 (A) U1-1 (B), allora x appartiene almeno a uno degli
Se, invece, al posto di insiemi numerici consideriamo insiemi insiemi t-1 (A) o t-1 (B), cioè j (x) appartiene almeno a uno degli
di qualsiasi altra natura, giungeremo a una nozione più generale insiemi A o B, quindi l (x) E A UB, ma allora x Et-1 (A UB).
di funzione. Siano M e N due insiemi qualsiasi. Si dice che in M Teorema 2. L 'immagine inversa dell'intersezione di due insiemi
è definita una funzione f suscettibile di ·assumere i valori di N è uguale all'intersezione delle loro· immagini inverse:
se ad ogni elemento x EM corrisponde uno e soltanto nn elemento y t-1 (A n B) = t-1 (A) n /- 1
(B).
20 21
Dimostrazione. Se x E /- 1 (A n B), allora t (x) E A n B, ossia triangoli equivalenti; tutte le funzioni di x si possouo dividere in
classi riunendo in ciascuna classe le funzioni che assumono in un
l (x) E A e l (x) E B, dato punto gli stessi valori, ecc.
di conseguenza, x El-1 (A) e x Et-1 (B), cioè x E1-1 (A) n 1-1 (B). I criteri per cui gli elementi di un insieme si dividono in clas-
_ Inversamente, se x E1- (A) n 1-1 (B), cioè x Et-' (A) e x E si possono essere i più svariati. Cionondimeno, un tale principio
1
per n>O, ove la prima riga contiene gli elementi dell'insieme A1, la seconda
per n< O. quelli dell'insieme A 2 , ecc. Enum?r!amo ora t~tti ~uesti elemen-
ti<< in diagonale)), considerando ctoe a11 come Il pnmo elemento,
2. L'insieme di tutti i numeri positivi pari. La corrispondenza a 12 come il secondo, a 21 come il terzo e così via, procedendo nell'or-
.n- 2n è qui immediata. dine indicato dalle frecce nella tabella seguente:
3. L'insieme 2, 4, 8, ... , 2n, ... di potenze del numero 2.
Qui la corrispon~~nza è anche immediata: a ogni numero 2n corri- au--+- a12a1a--+- au • • ·
sponde il numero n. / /' /
4. Consideriamo un esempio più complicalo, e precisamente, a21 a22a2a a2~ • • •
mostriamo che l'insieme di tutti i numeri razionali è numerabile. ~ /' /
a 31 aa2as3 aa~ •••
Ogni numero razionale si scrive univocamente sotto forma di
frazione irriducibile a. = p/q, q >O. La somma l p l + q si dice /
.altezza del numero razionale a. . .B evidente che il numero di fra- au a"a,.a a,~ ...
zioni di data altezza n è finito. Per esempi<?, l 'altezza 1l'ha soltan-
to il numero O/i, l'altezza 2 i numeri 111 e -1/1, l'altezza 3 i nume- :E: evidente che in questo caso ciascun eleme~to di ciasc~n insi.e?Ie
ri 2/1, 112, -2/1 e -1/2, ecc. Enumeriamo dapprima tutti i numeri riceverà un determinato numero, vale a dire che sara stabthta
razionali di altezza crescente, cioè scriviamo prima i numeri di una corrispondenza biunivoca fra gli elementi di tutti gli insie-
26 27
te: due punti p e q sono equivalenti se ~app~esentano le proiezioni
mi A., A 2 , • • • e i numeri naturali. La nostra affermazione di uno stesso punto r del segmento aus1har1o ef. .
è quindi dimostrata. 2. L'insieme di tutti i punti del piano complesso ampliato
Esercizi. t. Dimostrare che l'insieme di tutti i polinomi a coefficien- è equivalente all'insieme di tutti i punti sulla sfera. La corrtspon-
ti razionali è numerabile.
s
2. Il numero si dice algebrico se è la radice di un polinomio a coeffi-
cienti razionali. Dimostrare che l'insieme di tutti i numeri algebrici è nu-
merabile.
3. Dimostrare che l'insieme di tutti gli intervalli razionali (cioè dio
quelli con gli estremi razionali) su una retta è numerabile.
4. Dimostrare che l'insieme di tutti i punti del piano a coordinate
razionali è numerabile.
Suggerimento. Utilizzare la proprietà 2.
34 35
2. Applicazioni che conservano l'ordine. Siano M e M' due insiemi linearmente ordinati possono servire i numeri naturali,
insiemi parzialmente ordinati e sia f un'applicazione di M in M'. la collezione di tutti i numeri razionali, di tutti i numeri reali
Diremo che questa applicazione conserva l'ordine se a<.b, dove a, _ nell'interva1lo [0, 11 ecc. (con le relazioni naturali« maggiore»
b E M implica f (a) :;;;;;,t (b) (in M'). L 'applicazione f è detta e <1 minore>> esistenti in questi insiemi).
isomorfismo di due insiemi M e M' parzialmente ordinati se essa Poiché la relazione di ordine è un caso particolare di quella
è biunivoca, e la relazione f (a)·<:J (b) è verificata se e soltanto se di ordine parziale per gli insiemi ordinati ha senso la nozione di
a<.b. Allora glj insiemi M e M'sono detti mutuamente isomorfi. applicazione che conserva l'ordine e, in particolare, la nozione
Sia, ad esempio, M l'insieme dei numeri naturali, parzial- di isomorfismo. Pertanto si può parlare del tipo d'ordine di un
mente ordinato per «divisibilità)) (si veda l'esempio 4 del n. 1), insieme ordinato. La serie di numeri naturali 1, 2, 3, ... con la
e sia M' lo stesso insieme ma ordinato in modo naturale, cioè relazione d'ordine naturale fra i suoi elementi rappresenta l'esem-
in modo tale che b >a se b-a è un numero positivo. Allora l'ap- pio più semplice di insieme ordinato infinito. Si suole indicarne il
plicazione di M in M', che fa corrispondere a ogni numero n se ti po (,i' ordine con il simbolo oo.
stesso, conserva l'ordine (senza essere un isomorfismo ). Se due insiemi parzialmente ordinati sono isomorfi, è ovvio
La relazione di isomorfismo fra due insiemi parzialmente ordi- che essi hanno una medesima potenza (l'isomorfismo è una corri-
nati rappresenta, evidentemente, una relazione di equivalenza, spondenza biunivoca); pertanto si può parlare della potenza corri-
la quale cioè è simmetrica, transitiva e riflessiva. Quindi, se spondente a un dato tipo d'ordine (la potenza No corrisponde al
abbiamo a disposizione una certa riserva 1 di insiemi parzialmente tipo d'ordine oo, ad esempio). Tuttavia l'inverso non è vero; un
ordinati, allora tutti questi insiemi si possono dividere in classi insieme con una data potenza può essere ordinato, in generale, in
mutuamente isomorfe. :E: chiaro che se ci interessa non la natura numerosi modi diversi. Soltanto il tipo d'ordine di un insieme
degli elementi di un insieme, bensì la relazione di ordinamento linearmente ordinato finito è definito univocamente dal numero n
parziale, allora due insiemi parzialmente ordinati e mutuamente di suoi elementi (e si indica anche con il simbolo n). Già per
isomorfi si possono considerare semplicemente come insiemi iden- l'insieme numerabile dei numeri naturali è possibile, ad esempio,
tici. accanto al suo tipo <1 naturale » oo, il seguente tipo: 1, 3, 5, ...
3. Tipi d'ordine. Insiemi ordinati. Nel caso di insiemi parzial- ... , 2, 4, 6, ... , cioè un tipo per cui ogni numero pari segue ogni
mente ordinati e mutuamonte isomorfi diremo che essi hanno un numero dispari allorché i numeri dispari e pari sono mutuamente
medesimo tipo d'ordine. Qufndi, il tipo d'ordine è quello che ordinati per valori crescenti. Si può mostrare che il numero di
è proprio a tutti gli insiemi parzialmente ordinati mutuamente tipi d'ordine diversi, corrispondenti alla potenza No è infinito
isomorfi, così come la potenza è propria a tutti gli insiemi equiva- e anche non numerabile.
lenti (considerati indipendentemente dal tipo d'ordine in essi).
Siano a e b due elementi di un insieme parzialmente ordinato. 4. Somma ordinata di insiemi ordinati. Siano M 1 e M 2 due
Può succedere che nessuna delle relazioni a~b e b~a abbia insiemi ordinati non intersecantisi con tipi d'ordine a1 e a2 ,
luogo. Allora gli elementi a e b si dicono non confrontabil~. L~ rispettivamente. Nell'unione M 1 U M 2 degli insiemi M1 e M 2 si
relazione d'ordine è definita unicamente per alcune coppie di può introdurre un ordine supponendo che due elementi di M 1 sia-
elementi, perciò diciamo che Pinsieme è parzialmente o!dinato. no ordinati come in M 1 , due elementi di M 2 ordinati come in M 2
Se invece un insieme parzialmente ordinato M non contiene ele- e che ogni elemento di M 1 sia antecedente di ogni elemepto di M!,.
menti non.eonfro·ntabili, allora questo insieme M è detto ordinato (Lasciamo verificare al lettore che questa relazione è effettiva-
(linearm!Jnte·or~inato; totq,lmente ordinato). Dunque, l'insi.eme M mente di ordine lineare!) Un insieme cosi ordinato si dice somma
è ordinato se esso è ordinato parzialmente e se per una coppia qual- ordinata degli insiemi M 1 e M 2 e si indica con M 1 + M 2 • Sotto-
siasi di elementi distint'i a, b E M si ha necessariamente a < b lineiamo che qui è importante l'ordine degli addendi: la somma
oppure b <a. :E: evidente che ogni sottoinsieme di un insieme M2 + M 1 non è isomorfa, in generale, alla somma M 1 + M 2 •
ordinato è ·ordinato essb' stesso. Il tipo d'ordine della somma M 1 + M 2 si chiama somma ordinata
Gli insiemi citati hegli' ~seinpi'1:.4 ·del n. 1 non sono altro dei tipi d'ordine al e a2 e si indica con al+ a\!.
che insiemi parz~almente ordinati. Come esempiff elem~ntare di Questa definizione si estende facilmente a un numero finito
. ' . qualsiasi di addendi al, 92, ... ' am.
l Facciamo a meno di nozioni del tipo « tutti gli insiemi parzial- Esempio. Consideriamo i tipi d'ordine oo e n. :E: facile vedere
mente ordinati 6 In ·quanto es-Se, così com'e la .nozione di « insieme di tutti
gli insiemi»,· sono di fatto· ihternamente· contradditorie e non possono che n + (J) = oo; infatti, aggiungendo a sinistra alla serie naturale
essere incluse in concezioni matematiche corrette. 1, 2, 3, ... , k, ... un numero finito di termini, si ottiene lo
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s~c~s~ tipo d'~rdil!-e w. Al. te?Ipo stesso, il tipo d'ordine w +n Possiamo così, partendo da una certa collezione di numeri
cwe il tipo d ordtne dell'tnsieme 1, 2, 3, ... , k, .. . , alt a 2 , • • • ordinali, costruire numeri ordinali nuovi. Partendo, per esempio,
., an non è uguale, evidentemente, ad w. dai numeri naturali (cioè dai numeri ordinali finiti) e dal numero
ordinale w, possiamo ottenere numeri ordinali.
5. Insiemi bene ordinati. Numeri transfiniti. Sopra abbiamo
introdotto le nozioni di relazione di ordine e di ordine parziale. w + n, w + w, w + w + n, w + w + w ecc.
Introduciamo la nozione ancora più stretta ma molto importante Il lettore potrà costruire da solo degli insiemi bene ordinati corri-
di relazione di buon ordinamento. spondenti a questi transfiniti.
Definizione. Un insieme ordinato è detto bene ordinato se
ogni suo sottoinsieme non vuoto contiene un elemento più piccolo Accanto alla somma ordinata dei tipi d'ordine, si può introdurre anche
(cioè che precede tutti gli elementi di questo sottoinsieme). il prodotto ordinato. Siano M1 e M 2 due insiemi ordinati di tipi d'ordino01 e6 2,
Se un insieme ordinato è finito, esso sarà evidentemente bene rispettivamente. Consideriamo numerosi esem]llari dell'insieme M 1 - uno
per ogni elemento di M li.- o sostituiamo agli erementi di M 2 questi esempla-
ord~nato. L'intervallo [0, 1] può servire come esempio di insieme ri di M 1 • L'insieme cos1 ottenuto si dice prodotto ordinato di M 1 e M 2 e si
ordmato ma non bene ordinato. Questo insieme stesso ha il nume- indica con M 1 ·M9 • Formalmente M 1 ·M 2 si costruisce come insieme di coppie
ro O come elemento più piccolo, ma il suo sottoinsieme composto (a, b), dovo a E M 1 e b E M 2 c, inoltre, (a1 , b1 ) < (a 2, b2) se b1 < b2 (qualun-
dai numeri positivi non ha elemento più piccolo. que siano a 1 , a 2}, e (a1 , b) < (af, b) se al < a 2.
Analogamente è definito i prodotto ordinato di un numero finito qual-
E chiaro che ogni sottoinsieme (non vuoto) di un insieme bene siasi di fattori M 1 ·M 2 •• • Mp· Il tipo d'ordine 6 del prodotto M1 ·M2 degli
ordinato è stesso bene ordinato. i_!lsiemi ordinati si dice prodotto dei tipi d'ordine 01 e 62, ossia
Il tipo d'ordine di un insieme bene ordinato si chiama numero 9 = 9192.
ordinale (numero ordinale tran$finito o, brevemente, transfinito
quando si vuole sottolineare che si tratta di un insieme infinito). Come la somma ordinata, il prodotto ordinato è non commutativo.
Lemma 2. Il prodotto ordinato di due insiemi bene ordinati è un insieme
La s~ri~ naturale (con ID: relazione d'ordine naturale) rappre- bene ordinato.
senta un ms1eme non solo ordinato, ma bene ordinato. In tal modo Dimostrazione. Sia M un certo sottoinsieme del prodotto M 1 ·M2 ;
il suo tipo d'ordine w è un numero ordinale (transfinito!). Anch~ M è un insieme di coppie (a, b). Consideriamo tutti i secondi elementi b
w + k sarà un numero ordinale, cioè il tipo d'ordine dell'insieme delle coppie che entrano in M. Essi formano un certo sottoinsieme in M 2 •
Questo sottoinsieme ha un primo elemento, essendo M, completamente
1, 2, ... , n, ... , a 1 , a2, ••• , a11 • ordinato. Indichiamo questo primo elemento con b0 e constderiamo tutte le
coppie di tipo (a, bo} che entrano in M. I loro primi elementi a formano un
Viceversa, l'insieme certo sottoinsieme in M 1• Essendo M 1 completamente ordinato, esiste un
primo elemento che indichiamo con a0 • Allora la coppia (a 0 , b0 ), come è faci-
... , -n, ... , -3, -2, -1 (1) le vedere, sarà il primo elemento di M.
Corollario. Il prodotto ordinato di numeri ordinali è un numero ordinale.
è ordinato, ma non bene ordinato. Qui e in ogni sottoinsieme non Esempi. E facile vedere che (J) + =
(J) (J) ·2, (J) + + =
(J) (J) (J) .3.
vuoto esiste un elemento più grande (che segue cioè tutti quanti), E facile anche costruire insiemi ordinati di tipi d'ordine (J)·n, (1)2 , (J)2 .n,
ma in generale non e'è un elemento più piccolo (tutto l'insieme (1) m3 , • • • , (J)P, • • • Tutti questi insiemi saranno di potenza numerahile.
Si possono determinare altre operazioni sui tipi d'ordine, per esempio,
non ha elemento più piccolo, ad esempio). Si suole indicare con il
l'elevazione a potenza e considerare numeri ordinali di tipo, diciamo, (J)w,
simbolo w* il tipo d'ordine (che non è un numero ordinale!)
mww eec.
deli 'insieme (1).
Dimostriamo il fatto semplice, ma importante, seguente.
Lemma 1 • La somma ordinata di un numero finito di insiemi 6. Confronto di numeri ordinali. Essendo n1 e n 2 due numeri
bene ordinati è un insieme bene ordinato. ordinali finiti, essi possono coincidere oppure essere l'uno maggio-
Infatti, sia M un sottoinsieme ordinato qualsiasi della somma re dell'altro. Estendiamo questa relazione d'ordine ai numeri
MI+ M2 + ... + Mn di insiemi bene ordinati. Consideriamo ordinali transfiniti. A tale scopo introduciamo la nozione seguente.
il primo degli insiemi M 11 contenente elementi di M. La porzione Ogni elemento a di un insieme linearmente ordinato M definisce
dell'insieme M in Mh è un sottoinsieme di un insieme--bene ordina- il segmento iniziale P (la collezione degli elementi < a) e il
to Mh e, quindi, contiene un primo elemento. Questo elemento resto Q (la collezione degli elementi a). >
sarà il primo elemento di tutto M. Siano a e P due numeri ordinali, e M e N due insiemi di tipi
Corollario. La somma ordinata di numeri ordinali è un numero d'ordine a e p, rispettivamente. Si dice che a= ~se gli insiemi
ordinale. M e N sono isomorfi, che a < P seJ M è isomorfo a un segmento
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iniziale dell'insieme N, e che a > ~ se, inversamente, N è iso- Sia, inoltre, C = A n B l'intersezione degli insiemi A e B, cioè
morfo a un segmento iniziale dell'insieme M. la collezione di numeri ordinali minori di a e P contemporanea-
Teorema 1. Due numeri ordinali qualsiasi a e ~ sono legati da mente. L'insieme C è bene ordinato; indichiamone il tipo d'ordi-
una e soltanto una delle relazioni seguenti: ne con "r· Mostriamo che y ~ a. Infatti, se C = A allora "( = a,
se C =1= A allora C è un segmento dell'insieme A e, in questo caso,
a = P., a< ~ oa > p.
Per dimostrare il teorema, stabiliamo prima di tutto il
"r<a.
segue n te lemma. , In effetti, qualunque siano; E C e, E A ""-.C, i numeri~ e, sono
Lemma 3. Se l è un'applicazione isomorla di un insieme bene s s
confrontabili, cioè :S ,. Ma la relazione , < <a è impossi-
ordinato A in un suo sottoinsieme B, allora l ( a) ~ a per tutti s
bile, poiché si avrebbe, E C. Quindi, <,da cui discende esat-
gli a EA. tamente che C è un segmento dell'insieme A e "( < a. Inoltre, y,
Infatti, se esistessero elementi a E A tali chef (a) <.a, fra~ di è il primo elemento dell'insieme A""-.C. Quindi, ·:·
essi ci sarebbe un primo (relazione di buon ordinamento!). Suppo- y~a e analogamente "(~~.
niamo che questo primo elemento sia a 0 e che b0 = f (a 0). Allora
b 0 < ao e, poiché l è un isomorfismo, f (b 0 ) < f (a 0 ) = b0 , vale Allora il caso di 1 <a, 1 <p è impossibile, poiché si avreb-
a dire t{he a 0 non potrebbe essere primo fra gli elementi che godono be 1 E A,C, 1 E B""-.C, vale a dire che, da una parte,"(~ C e,
di questa proprietà. . d'altra parte, 1 E A n B = C. Quindi, sono possibili soltant()
Da questo lemma discende immediatamente che un insieme i seguenti casi:
bene ordinato non può essere isomorfo a un suo segmento. Se A
fosse isomorfo all'intervallo definito dall'elemento a, sarebbe 1 = a, 1 = p, a = p,
verificata la relazione f (a) <a. Pertanto le relazioni a = ~ 1 = a, "( < p, a < p,
e a< P non possono sussistere contemporaneamente. Analoga-
mente non possono ver~ficarsi contemporaneamente a = l} e a > 1}. "( < a, "( = p, a >p,
Allo ~tesso modo sono incompatibili le relazi9ni a< l} e a >p,
altrimenti si avrebbe (transitivitàl) a < a, il che, come abbiamo vale a dir~ che a e p sono confrontabili. Il teorema è completa-
visto, è imp-ossibile. Dunque, abbiamo mostrato che l'esisienza di mente dimostrato. •
A ogni numero ordinale corrisponde una determinata potenza,
una delle relazioni a;; p esclude le altre due. Mostriamo ora che e dalla confrontabilità dei numeri ordinali consegue, evidente-
>
una di queste relazioni sussiste sempre, cioè che due numeri ordina- mente, la confrontabilità delle potenze corrispondenti. Per questa
li qualsiasi sono confrontabili. ragione,
Prima di tutto costruiamo per ogni numero ordinale a l' insie- se A e B sono due insiemi completamente ordinati, allora essi
me W (a) che ne sia «rappresentante standard », e cioè consideria- sono equivalenti (equipotenti) oppure la potenza di uno è maggiore di
mo W (a) come l'insieme di tutti i numeri ordinali minori di a. quella dell'altro (cioè gli insiemi bene ordinati non possono avere
I numeri che entrano in W (a) sono tutti mutuamente confronta- potenze non confrontabili).
bili, e l'insieme stesso W (a) (ordinato secondo· la grandezza dei Consideriamo la collezione di tutti i numeri ordinali corri-
numeri ordinali) ha tipo d'ordi,neìa. Infatti, se l'insieme spondenti a una potenza finita o numerabile. Essi formano un insie-
A = {... , a, ••• , b, ••• } me bene ordinato. :B facile vedere che questo insieme stesso è già
non numerabile. Indichiamo infatti con il simbolo universalmente
ha tipo d 'ordine a, allora, per la definizione stessa, i numeri ordi- accettato (1) 1 il tipo d'ordine dell'insieme di tutti i transfiniti
nali minori di a corrispondono in modo biunivoco ai segmenti numerabili. Se la potenza che gli corrisponde fosse numerabile,
iniziali dell'insieme A e, di conseguenza, agli elementi di questo sarebbe numerabile. anche l'insieme di tipo d'ordine 6h + 1. Al
insieme. In altre parole, gli elementi di un insieme di tipo d'ordi- tempo stesso, il numero (1) 1 segue, evidentemente, tutti i transfi·
ne a si possono enumerare mediante i numer) ordinali minori niti corrispondenti alla potenza finita o numerabile.
di a, ossia Indichiamo ora con il simbolo N 1 la potenza corrispondente
A = (a 0 , alt ••• , a)., ••. ). al transfinito ordinale (1) 1 • E facile vedere che non esiste nessuna
Siano ora a e p due numeri ordinali; allora A = W (a) e B = potenza m che verifichi la disuguaglianza
= W (l}) sono due insiemi di ~ipi d'ordine a e 1}, rispettivamente. Ne<m<N1•
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I?fatti.s~ tale ~o~e?za "! es~stesse si avrebbe nell'insieme W (CJ>I) per la costruzione della funzione <p, la cui esistenza è postulata
-di tutti 1 transf1mt1 ordmah che precedono w 1 un sottoinsieme di dall'assioma della scelta, è sufficiente che in ciascun Ma sia preso
potenza '!L· Questo sottoinsieme è completamente ordinato e non il primo elemento.
numerablle. Ma allora il suo tipo d 'ordine a precederebbe w1 e, Per formulare le altre proposizioni equivalenti all'assioma
al tempo stesso, seguirebbe tutti i transfiniti numerabili in della scelta, introduciamo le seguenti nozioni. Sia M un insieme
·contraddizione con la definizione di ro 1 • '
parzialmente ordinato. Ogni suo sottoinsieme A, in cui due ele-
menti qualsiasi sono confrontabili (nel senso della relazione par-
. 7• Assioma della scelta, teorema di Zermelo e altri enunciati • zialmente ordinata in M), si chiama catena. Una catena si dice
·equtvalenti. La confrontabilità degli insiemi bene ordinati massimale se quale sottoinsieme proprio non è contenuta in nes-
·secon?o l.a. pote~z.a sug~erisce la seguente impostazione della sun'altra catena appartenente a M. Quindi, nell'insieme parzial-
questx~me. e poss1bde ordmare bene in qualche modo ogni insieme? mente ordinato M, l'elemento a si chiama maggiorante del sottoin-
Una r~sposta positiva significherebbe, fra l'altro, che in generale sieme M' c M se ogni elemento a' E M' precede a.
non esxsto~o potenz~ non confrontabili. Questa risposta appartiene Teorema di Hausdorff. In un insieme parzialmente ordinato
;a Zerme~o Il qual.e dimostrò che ogni insieme può essere bene ordina- ogni catena è contenuta in una sua catena massimale.
to.· La du~ostraz10ne del suo teorema (non la daremo qui, si veda La proposizione che segue rappresenta, forse, la più comoda
ad esempxo [2}) è basata essenzialmente sull'assioma detto della fra tutte le altre formulazioni equivalenti all'assioma della scelta .
.scelta,. che consiste in quanto segue. ' Lemma di Zorn. Se ogni catena in un insieme parzialmente
S1a. A u!l insieme di indici a e sia dato per ciascun a un insie- ordinato M ha un maggiorante, ogni elemento di M precede qualche
me arbitrariO Ma. Allora, come afferma l'assioma della scelta massimale .
.si può costruire in A una funzione rp che faccia corrispondere a eia: Per la dimostrazione dell'equivalenza di tutte le affermazioni
.scun a E A un element~ m~ appartenente all'insieme Ma. corrispon- precedenti (assioma della scelta, teorema di Zermelo, teorema di
dente. In altre parole, SI puo formare un insieme scegliendo da ogni Hausdorff, lemma di Zorn) si vedano, ad esempio, A.G. Kuros
Ma uno e soltanto un elemento. Lezioni di algebra generale, Fizmatgiz, 1962, ed. russa e [8). Omet-
tiamo qui questa dimostrazione.
Noi esponiamo qui la teoria degli insiemi nella forma che risale a Can-
tore Zermelo e rappresenta una teoria degli insiemi« intuitiva ». L'assioma Se l'insieme dei maggioranti di un sottoinsieme A ha l'elemento più
dell~ ~elta! .detto an~~e post.ulato di Zermelo, è comparso nei limiti della piccolo a, quest'ultimo si dice estremo superiore del sottoinsieme A; a~al.oga
t~.or1a mtu1t1va. degb}~S1em1 a~anto. ad altre questioni, come ad esempio mente è definito l'estremo inferiore. Si chiama reticolo o struttura un IDSieme
l Ipotesi de~ continuo, c~oe la questtone merente alla coincidenza fra la poten- parzialmente ordinato in cui ogni sottoinsieme finito non vuoto ha l'estremo
z~ del contmuo e la.pr1ma potenza non numerabile ~1 • Questo assioma susci- superiore e l'estremo inferiore.
to 1_1umerose pol.emiChe. e condusse .a t~tta una serie di lavori dedicati alla
Iog:1ea ~atemattca e a1 fondamenti d1 matematica. Sono state costruite le
a.ss•?l_lla~JChe degli .in~iemi di f:?~del-Bernays e di Zermelo-Fraenkel. Nei 8. Induzione transfinita. L'induzione matematica è un metodo
hm1tl d,t!Jl!eSte teone e stata stabthta la non contraddittorietà e l'indipenden- molto diffuso per la dimostrazione di affermazioni e consiste,
za ~el~ assiOma della scelta. Per dettagli rimandiamo il lettore ai lavori come è noto, in quanto segue. Sia data un'affermazione P (n)
sp~c1ab: A. Fraenkel e. Y. Bar-Hillel Fondamenti della teoria degli tnsiemi,
Mu,, 19~6; P. Cohen Se.t theory and the continuum hypothesis, N.Y.-Amst., formulata per ogni numero naturale n e sia noto che:
BenJamm,, 1966. qsserv1a'!lo che rinun-:iare all'assioma della scelta signifi- 1) l'affermazione P (1) è vera;
<eherebbe 1mpoverue cons1d~~evolmente le costruzioni insiemistiche. 2) dalla validità di P (k) per tutti i k-<.,n risulta che P (n +
. . Al. tempo stesso, la critiCa della teoria intuitiva degli insiemi e i ien-
1at1Vl dt far~ meno deli'~ssi?~a de~la scelta die~ero risultati meravigliosi,
+ 1) è vera.
come la teor1a delle funz10m rJcorsJve e la nozione di numero calcolabile. Allora l'affermazione P (n) è valida per tutti gli n = 1, 2, ...
Infatti, se così non fosse, fra gli n, per i quali P (n) non è vera,
si troverebbe un numero più piccolo, diciamo, n 1 . E evidente che
, ~ormuliamo, or~ alcune proposizioni, ciascuna delle quali n 1 > 1, cioè che n 1 - 1 è anch'esso un numero naturale, e cosi sia-
e eqmv,alente al~ assiOma della scelta (vale a dire çhe ciascuna di mo in contraddizione con la condizione 2).
-esse pu~ ess~rc dimostrata accett:mdo l 'assioma del1a scelta, e vice- Un procedimento analogo può essere utilizzato sostituendo
!
ver~a: as.sxoma ~ella scelta puo essere dimostrato supponendo la alla serie naturale ogni insieme bene ordinato. In questo caso esso
y~hd1ta di una d1 queste proposizioni). Prima di tutto è chiaro che si dice metodo di induzione transfinita e consiste in quanto segue.
~l teo~ema s~esso di Zermelo è questa proposizione. Supponendo Sia dato un insieme bene ordinato A (se si vuole lo si potrebbe
mfatti che Ciascuno degli insiemi M a. sia bene ordinato, allora considerare come l'insieme di tutti i transfiniti minori di un tran-
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sfinito dato) e sill: P(a) un'af~erm~zione formulata per ogni a EA Ogni anello contiene l'insieme vuoto 0 poiché si ha sempre
e tale ~he P. (a) s1a ver~ p~r 11 pr1mo elemento di A e vera per a A 'A = 0. La famiglia composta dal solo insieme vuoto rappre-
~e essa e vahdll: pe~ tutti gh elem~nti che precedono a. Allora p (a) senta il più piccolo anello di insiemi possibile. L'insieme E si
e ~era per tutt1 _gh a E A. Infatti, se in A esistessero elementi per dice unità della famiglia di insiemi 6 se appartiene a 6 e se per
CUI P (a) non. e vera, allora nell'insieme di questi elementi si ogni A E 6 si verifica l'uguaglianza A n E = A.
avreb~~ un prn~to,, ad esempio, a* e noi arriveremmo a una con- In tal modo, l'unità di una famiglia di insiemi 6 non è altro
traddizione, p01che per tutti gli a< a* l 'affermazione P (a) non che l'insieme massimale di questa famiglia, contenente tutti gli
sarebbe vera.
altri insiemi che entrano in 6.
Poic~é in virtù del teorema di Zermelo ogni insieme può essere Si chiama algebra di insiemi un anello di insiemi con unità.
be~e .o~dmato, l'i~d~zi?n~ transfinita è. applicabile in linea di Esempi. t. Per ogni insieme A la famiglia ~(A) di tutti
prmc1p1o. a quals1as1 InSieme. Tuttavia, praticamente è più i suoi sottoinsiemi rappresenta un 'algebra di insiemi con uni-
comodo r1co~rere al lemma di Zorn, che sostituisce il teorema di tà E= A.
Zer~elo e s1 basa soltanto sull'esistenza della relazione di ordine 2. Per ogni insieme non vuoto A la famiglia {0, A} composta
parz!ale nell'insieme considerato. E le relazioni di ordinamento dall'insieme vuoto 0 e dall'insieme A forma un'algebra di insie-
parziale fra g!i oggetti. dei problemi, che richiedono l'applicazione mi con unità E= A.
del lemma d1 Zorn, d1 sobto compaiono in modo naturale «da 3. La famiglia di tutti i sottoinsiemi finiti di un insieme
sole ». '
arbitrario A rappresenta un anello di insiemi. Questo anello sarà
un'algebra se e soltanto se l'insieme stesso A è finito.
§ 5. Famiglie di insiemi 1 4. La famiglia di tutti i sottoinsiemi limitati della retta
nUJDerica è un anello di insiemi non contenente unità.
.1. ~nello di i~siemi. Si chiama famiglia di insiemi ogni insie- Dalla definizione di anello di insiemi deriva immediata-
me 1 c~1 elem~nt1 sono a loro volta insiemi. Se non è detto il mente il
~ontrar10, .cof!-Sidere~emo famiglie di insiemi, ciascuno dei quali
e ?D ~o~to~ns1~me d1 un insieme fissato X. Indicheremo le fami-
Teorema t. L'intersezione m=
a
nma di un insieme di anelli
g~•e d1 ms.Ie~m con lettere maiuscole dell'alfabeto gotico. Prima qualsiasi è un anello.
di. tutto Cl mteresseranno le famiglie di insiemi che soddisfano Stabiliamo il seguente fatto semplice ma importante per il
(r1~petto alle. operazioni introdotte nel § 1) a certe condizion'i di seguito.
chmsura. Teorema 2. Per ogni famiglia non vuota di insiemi G esiste
Definizione 1 • Si chiama anello una famiglia di insiemi non uno e soltanto un anello m(6) contenente 6 e contenuto in ogni
vuota mche gode della proprietà per cui da A E me B E mderiva anello m contenentè @).
che A 1:::. B E m e A n B E m. . Dimostrazione. "€ facile vedere che l'anello m(6) è definito
Siccome per due qualsiasi A e B si ha univocamente dalla famiglia 6. Per dimostrarne l'esistenza,
A U B = (A ~:::,. B) t::. (A n B) e A 'B = A 1:::. (A n B), consideriamo l'unione X = U A di tutti gli insiemi A che en-
AES
?a :4 E. me B E mdiscende ugualmente l'appartenenza a mdegli trano in 6. e l'anello m (X) di tutti i sottoinsiemi dell'insieme X.
ms1~m~ A. VB. e~ -.......I!· In tal modo, un anello di insiemi è una Sia l: la collezione di tutti gli anelli di insiemi contenuti in ~ (X)
faD?-1gha d1 IDSieJ?l.I chiusa rispetto alle operazioni di somma, inter-
seziOne a sottrazione e alla formazione della differenza simmetri-
e contenenti 6; L 'intersezione $ = - n mex
m di tutti questi
ca. ~evidente che un anello è chiuso anche rispetto alla formazio- m
anelli sarà, evidentemente, l'anello cercato (6).
ne di somme finite qualsiasi e di intersezioni della forma Infatti, qualunque sia l'anello m* contenente 6, l'interse-
n zione m= m* n. m (X) sarà un anello di .E e, quindi, 6 c
C= UA u
"='
1 D=a n A".
n
k=t
c m mc *. cioè $ soddisfa effettivamente alla condizione di
minimalità. Questo anello si chiama anello minimale sopra 6
•
1
Delle nozioni considerate nel persente paragrafo avremo bisogno nel
cap1tolo V trattando la teoria generale della misura. Pertanto ·la lettura di
m
o anello gener.ato da 6 e si indica con .(.6). .
2. Semianello di insiemi. In alcune questioni, ad esempio nella
s u. 1an o 1 a teor1a della m1sura, alla misura sul piano (§ 1, capitolo V)
qt::~o ~aragrafo J?UÒ essere ~imandata. Il lettore che ha deciso di limitarsi,
~eoria della misura, ha una grande importanza, assieme alla nozio-
puo sa 1tare del tutto questo paragrafo. ne di anello, anche quella più generale di semianello di insiemi.
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Definizione 2. Si chiama semianello una famiglia di insiemi~G In tal modo l'affermazione del lemma è dimostrata per n = m +
se contiene l'insieme vuoto 0, è chiusa rispetto alla formazione + 1 e, quin,di, in generale per tutti. gl~ n.. . .. . .
di intersezioni e gode della proprietà per cui dall'appartenenza a 6 Lemma 2. Qualunque sia la famzgha fzmta .dz znSte~~ A l• • • -
degli insiemi A e A 1 c A deriva la possibilità di rappresentare A ... , An che appartengono al. semianell?. S, st trovera zn S uno;
n famiglia finita di insiemi non zntersecanttsz a due a dU: B1, · .. , B,.
nella forma A = U
11=1
A 11 , dove A 11 sono insiemi di S non inter- tale che ogni A, si possa rappresentare sotto forma dt somma
secantisi a due a due, di cui il primo è l'insieme dato A 1 • A"= U B,
sE111h
Nel seguito, chiameremo decomposizione finita dell'insieme A
ogni collezione di insiemi non intersecantisi a due a due A 1~ di alcuni degli insiemi B ,. . •• .
A 2 , • • • , A n la cui unione è l'insieme dato A. Dimostrazione. Il lemma è banale per n = 1, P?whe ? suff•-·
m
Ogni anello di insiemi è un semianello poiché se A e A 1 c: ciente porre t = 1, B 1 = A 1 • Suppo~i~mo .c~e ~sso. sia vahdo per-
c A Pntrano in m. allora si ha la decomposizione n = m e consideriamo in S una fam1gha d1 ms1em1 A t,. · ·.• A m,
A m+t· Sl·ano B h B 2• ••• , B, degli insiemi di S che soddisfano·
A = A1 UA2, dove A 2 =A '-A1 E 91. • • d' A A
alle condizioni del lemma nei confronti 1 A 11 2• • • ·, m•·
La collezione di tutti gli intervalli aperti (a, b), chiusi Ca, b), Poniamo
semichiusi (semiaperti) [a, b) e (a, b) sulla retta numerica 1 BBl = Am+t n B,.
può servire come esempio di semianello che non è un anello In virtù del lemma 1 abbiamo la decomposizione
di insiemi. Come altro esempio può servire la collezione di tutti t q
i rettangoli « semiaperti >> a< .x<;b, c< y~d nel piano o la A m+l= UB si U U B~, B~ Et;, (1}
collezione di tutti i parallelepipedi semiaperti nello spazio. s=l P=l ,.
Stabiliamo le seguenti proprietà dei semianelli di insiemi. e in accordo con la definizione di semianello la decomposizione ..
Lemma 1. Gli insiemi A 1 • A 2 , • • • , An appartengano al semi-
anello Se, inoltre, gli insiemi A 1 non si intersechino a due a due B.,=BBlUBs2U. · · UBsl 8 • B,,ES.
e siano contenuti tutti in A. Allora la collezione degli insiemi AE .1;: facile vedere che
(i = 1, 2, ... , n) può essere completata con gli insiemi An +I• ••• ·
••• , As ES fino a una decomposizione finita
s
A= UA
k=f
11 (s>n) e che gli insiemi
Bai• B~
dell'insieme A.
Dimostrazione. La eseguiamo per induzione. Per n = 1 la non si intersecano a due a due. In tal mo.do, gli in~ieJI?i B s)t n;
validità del lemma deriva dalla definizione di semianello. Suppo- soddisfano alle condizioni del lemma net confronti dt Ah · · ..
niamo che l'affermazione del lemma sia valida per n = m e con- , .. , Amo Am+l·
sideriamo m +1 insiemi A 1 , • • • , Am, Am+I che soddisfano alle 3 Anello generato da un semianello. Abbiamo visto giru
condizioni del lemma. Per ipotesi, abbiamo nel n: 1 che per ogni famiglia di insiemi S esi~te. un so!o a~ello
A =A t U A2 U ••• U Am U B1 U B2 U ••• U Bp, minimale contenente €). Tuttavia per una fam1gha arbttr?ria ~
la costruzione concreta dell'anello ffi (6) . rispetto ~. 6 e assar
dove tutti gli insiemi Bq (q = 1, 2, ... , p) appartengono a 6. complicata. Essa diventa completamente ev1dente .nelli!Dportante-
Poniamo Bq1 = Am+I n Bq. In accordo con la definizione di caso in cui 6 sia un semianello. Questa costruzione e data dat
semianello si ha la decomposizione Bq = Bq1 U Bq 2 U ... UBqr• seguente teorema. . .
dove tutti i Bq1 appartengono a S . .1;: facile vedere che Teorema 3. Se S è un semianello, allora m(S) co~n~ide c~n .la
p rq famiglia 8 di insiemi A che ammettono una decompos~zzone fzmtm
A=AtU ••• UAmUAm+IU U(lJ BqJ}•
q=l J=2
1 In questo caso, fra gli intervalli aperti figura quello « vuoto 1> (a, a),
e rra gli intervalli chiusi quello composto da un solo punto [a, a}. in insiemi A k E S.
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Dimostrazione. Mostriamo che il sistema 8 forma un anello. La collezione di tutti i sottoinsiemi di. un insieme A fornisce
Se A e B sono due insiemi qualsiasi di 8, allora sussistono le l'esempio più semplice di a-algebra. .
-decomposizioni Dato un sistema di insiemi 6, esiste sempre almeno una a-
,
1
algebra contenente questo sistema. Poniamo infatti
A,E6, X= UA
AECS
Siccome S è un semianello, gli insiemi e consideriamo il sistema~ di tutti i sottoinsiemi dell'insieme X.
CtJ = A1 n B1
E chiaro che ~ è una a~algebra contenente 6. Se ~ è una a-
algebra qualsiasi contenente S e se X ne è l'unità, allora ogni
.entrano anch'essi in 6. In virtù del lemma 1 sussistono le decomJ A E 6 è contenuto in X e, di conseguenza, X = U A c X.
posizioni AeG
Diremo che la a-algebra ~ è irriducibile (rispetto al sisteiD.a 6)
J
u~
A,=uc,J uk=t D,"; B~=Uci}uUEjh
i 1=1
~
(2) se X = U A. In altre parole, una a.:.a:lgebra irriducibile è una
Ae6
dove D 111 , E 1r E S. Dalle uguaglianze (2) discende che gli a-algebra non contenente punti che non appartengano a nessuno
insiemi A n B e A /j. B ammettono le decomposizioni degli A E 6. E naturale limitarsi, in ogni caso, a considerare
soltanto queste a-algebre. Per le a-algebre irriducibili è valido un
AnB= i,uc,J,
i
A~ B= i,uv,ku
k.
UEjl
i, l teorema analogo al teorema 2 dimostrato sopra per gli anelli.
Teorema 4. Per ogni famiglia non vuota di insiemi S esiste
-e, di conseguenza, entrano in g. In tal modo 8 rappresenta effet- una a-algebra irriducibile (rispetto a questo sistema)~ (6) contenen-
tivamente un anello e la sua minimalità fra tutti gli anelli con- te 6 e contenuta in ogni a-algebra che contiene @).
tenenti S è immediata. La dimostrazione è eseguita mediante lo stesso metodo che
4. a-algebre. In diverse questioni, in particolare, nella teoria quella del teorema 2. La awalgebra ~ (6) è detta a-algebra mini-
della misura si devono considerare somme ed intersezioni non male sopra il sistema 6.
soltanto di un numero finito di insiemi, ma anche di una infinità In analisi sono ~olto importanti gli insiemi detti di Borel
numerabile. Pertanto è opportuno introdurre, accanto alla nozione o. E-insiemi, ossia gli insiemi sulla retta numerica appartenenti
.di anello di insiemi, le nozioni seguenti. alla a-algebra minimale sopra la collezione di tutti gli interval-
Definizione 3. Si chiama a-anello un anello di insiemi che li [a, bi.
.contenga, con ogni successione di insiemi A 1, A 2 , • • • , An, la 5. Sistemi di insiemi e applicazioni. Notiamo i fatti seguenti
somma di cui avremo bisogno per lo studio delle funzioni misurabili.
Sia y = f (x) una funzione definita sull'insieme M e suscetti-
bile di assumere valori nell'insieme N, e sia ml.un certo_ sistema di
Definizione 4. Si chiama fJ-anello un anello di insiemi che sotto insiemi dell'insieme ·M. Indichiamo con f (m'l) il sistema di
.contenga, con ogni successione dilnsiemi A 11 A,h .•.. , An, l'inter- tutte le immagini j (A) degli insiemi appartenenti a m. Siano,
.sezione inoltre, ~··una famiglia di insiemi contenuti -~n N e j-1 (m) la
famiglia di tutte le immagini inverse j-1 (A) degli insiemi apparte-
D=nAn.
n
nenti a m. Sono valide le seguenti proposizioni la cui verifica si
lascia al lettore:. . ,.
E naturale chiamare a-algebra un a-anello con unità e 6- . '1) Se m è. tin ·anello, allora /-1 (m) è'.a~ch'esso un anello •
.algebra un fJ-anello con unità. Tuttavia, è facile vedere che queste · .2) Se m è un'algebra, allora t-1 (m) è anch'esso un'algebra.
due nozioni coincidono: ogni a-algebra è contemporaneamente . 3) Se m è .una •-algebra, allora ~~~ Cm) è anch'esso una
una fJ-algebra, e ogni li-algebra è una a-algebra. Ciò deriva a-algebra. ·
dalle relazioni· di dualità 4) mu-:l <m>> = J-1 cm (m)).
Un An= E"-nn (E"- An), nAn= E"-U (E"- An) s) ~ u-1 <mn ,-1 <~<m)).
=
n n Saranno queste proposizioni valide sostituendo t-1 con f e m
(si veda il § 1). con ml? ·· -~ .-
48 49
II. Spazi metrici e topologici otteniamo, evidentemente, uno spazio metrico che si può chiama-
re spazio di punti isolati.
2. L 'insieme dei numeri reali con la distanza
P (x, Y) = l x - Y l
forma lo spazio metrico n1.
3. L'insieme dei gruppi ordinati di n numeri reali x =
= (xlt x2, ... , Xn) con la distanza
p(x, y)=, /
v k=1
~ (y11 -x,)2 (1)
§ 1. Nozione di spazio metrl.co si chiama spazio euclideo aritmetico n-dimensionale nn. La validità
degli assiomi 1) e 2) per nn è immediata. Mostriamo che in nn
t. Definizione ed esempi fondamentali. Il passaggio al limite è veri.ficata anche la disuguaglianza triangolare.
è una delle operazioni più importanti dell'analisi, basata sul fatto Siano 7 = (x1, .•. , Xn), y = (y 1 , • • • , Yn) e z = (zh . . . , Zn);
che si può determinare la distanza fra due punti della retta nume- allora la disuguaglianza triangolare si scrive nella forma
rica. Numerosi fatti fondamentali di analisi, anziché ~ssere legati
alla natura algebrica dei numeri reali (cioè al fatto che essi for-
mano un campo), si basano unicamente sulla nozione di distanza.
vk~l (zk-Xk)Z<V k~t (YII-xk)2+ Vkt (zh-YII)2, (2)
Generalizzando la rappresentazione dei numeri reali come un insie-
Ponendo Y11 - xk. a11, z!' - Yh = ~'" otteniamo z 11 - x 11 =
me, fra gli elementi del quale è introdotta una distanza, giungia-
mo alla nozione di spazio metrico, una delle nozioni basilari della
+
= a11. bh e la dtsuguaghanza (2) dtventa
matematica moderna. Più avanti tratteremo i fondamenti della
teoria degli spazi metrici e di quelli topologici che ne sono genera-
lizzazioni. I risultati ottenuti in questo capitolo saranno essenzial~
V~~~1 (a"+ b,)2~ VF + V"~.
1\Ja que;ta disuguaglianza deriva immediatamente dalla nota di-
bi . (3)
per tutta l'esposizione successiva.
Definizione. Si chiama spazio metrico una coppia (X, p) com- suguaglianza di Cauchy-Bunjakovskij l
posta da un certo insieme (spazio) X di elementi (punti) e da una n
2
n n
distanza, cioè una funzione reale non negativa p (x, y) definita ( ~ akbk) ~ ~ ai·~ bf,. (4)
per ogni x e y di X e soddisfacente i tre assiomi seguenti: k=i h=l h=l
1) p (x, y) = O se e soltanto se x = y, Infatti, -in virtù di questa disuguaglianza abbiamo
2) (assioma di simmetria): p (x, y) = p (y, x), n n n n
3) (disuguaglianza triangolare): p (x, z).< p (x, y) +p (y, z). ~ (ak+b") 2 = ~ al+2 }J a~~.b~~.+ ~bi~
Indicheremo, come regola, lo spazio metrico stesso, cioè 11:1
coppia (X, p), con una sola lettera
R =(X, p).
11=1 11=1
n
< ~· ai+2
v 11.=1
n
11=1
n
~al·~ bl+ ~ bl=
''='
n
r;
k=1 1t=3 ll=l
Nei casi in cui ogni equivoco sia escluso, spesso indicheremo
lo spazio metrico con lo stesso simbolo della sua « dotazione di
punti)) x~
· Diamo esempi di spazi metrici, al'cuni dei quali hanno un'im·
= ( vh~t al+ v~. bi
1
portanza assai rilevante in analisi. · La disuguaglianza di Cauchy-Bunjakovskij deriva dall'identità
1. Ponendo per gli elementi di un insieme arbitrario n n n n n
~ ~ ai~ b~- ~ ~ ~
2
. O se $=y,. ( akbk ) = (albj-btaJ)2
p (x, y) = { 1 se x+ y k=1 li~ t h= l i-t i~ t .
k=t In accordo con quanto detto, ciascuna di queste tre serie è con-
La validità degli assiomi 1)-3) è qui immediata. Indichiamo questo vergente. D'altra parte, per ogni n è valida la disuguaglianza
spazio metrico con il simbolo R~.
5. Consideriamo di nuovo lo stesso insieme degli esempi 3 e 4 ~ (zk-xk) 2 ~ .. f ~ (z~&-Yk) 2 + 1 l "t (Yk-xk)
e definiamo la distanza fra i suoi elementi mediante la formula
Poo (x, y) = max l Yk - xk l· (6}
v
,./
k=1 v k=l v k=l
2
· l~k~n
(si veda l'esempio 4). Passando qui al limite per n-+ oo, ottenia·
mo la {9), cioè la disuguaglianza triangolare in l 2 •
La validità degli assiomi 1)-3) è immediata. Questo spazio, che 8. Consideriamo, come nell'esempio 6, la collezione di tutte
indicheremo con R:!,, in numerose questioni di analisi è non meno le funzioni continue sull'intervallo [a, b), ma la distanza è defini-
comodo che lo spazio euclideo Rn. ta in altro modo: precisamente poniamo
Gli ultimi tre esempi mostrano quanto sia talvolta importante
b
avere notazioni distinte per lo spazio metrico stess9 e per l'insie-
me dei suoi punti, poiché una medesima dotazione di punti può p (x, y) = ( J(x (t)- y (t))2 dt r' 2. (10)
essere metrizzata in modo diverso. a
6. L'insieme C [a, b) di tutte le funzi01Ìi reali continue, defi- Indicheremo lo spazio metrico così ottenuto con C2 [a, b) e lo
nite sull'intervallo [a, b), avente come distanza chiameremo spazio delle funzioni continue a metrica quadratica.
p (f, g) = max jg (t)- f (t) l (7) Qui gli assiomi 1) e 2) dello spazio metrico sono sempre immediati,
c~t~b mentre la disuguaglianza triangolare deriva direttamente dalla
forma anch'esso uno spazio metrico. Gli assiomi 1)-3) si verifica- forma integrale della disuguaglianza di Cauchy-Bunjakovskij 1
v
e la distanza è. definita dalla form.ula tà degli assiomi 1)-3) è immediata.
~t (YA- XA) 2
P:(x, y) = (8) 1
Questa disuguaglianza può essere ricavata, ad esempio, dall'identità
facilmente verifieabile
Dalla disuguaglianza elementare (x, ± YJr.) < 2 (xl + Yl) se~e
2
b b b
che la funzione p. (x, y) ha senso· per tutti gli. z, y E l 1 , vale a due
00
( Sz (t) ~ (t) dt)
a
2
= J
a
zl (t) dt Jyl (t) dt~
a
che la serie ~ (y" - 2
x") è convergente se
b b
-! J ~
k-1
·co
e 21 y(<oo.
A=t a a
(z(s)y(t)-y(s)z(t)]lldsdt,
53
10. L'insieme dei gruppi ordinati di n numeri reali con la Consideriamo nel piano (6, 11) la curva definita dall'equazione
distanza ,~= sP-1 (s >O) o, che è lo stesso, dall'equazione ~ = ,q-l
(fig. 1 7). Come si vede dal disegno, qualunque siano i valori positivi
(12)
~, ~.
k=l k=l k=l
parole, se volessimo considerare lo spazio R~ per p < 1 la disuguaglianza Applicando ora a ciascuna delle due somme a secondo membro
triangolare non sarebbe verificata in tale spazio. la disuguaglianza di Holder e tenendo conto che (p- 1) q== p,
54 55
otteniamo reali :t= (:t1 , z 2 , ••• , :tn, ••• ) tali che
n
~ (la11l + /b11l)P< ""
~ /:t11/P< oo,
11.=1 11=1
dove p~ 1 è un certo numero fissato con la distanza determinata
dalla formula
Dividendo ambedue i membri della disuguaglianza per (18}
R
11
( ~ (laAI + /bAI)P) q,
Indichiamo questo spazio metrico con lp: .
11=1
In virtù della disuguaglianza di Minkowsky (13) abbiamo-
otteniamo
n n 1/ n t/
)itv. tkv, li'")~ ~ (A~l {JaA/ + /bzd)P)t/P <(h~1/aA/P)1/P + (jt/b11/P) 1/P ( ~ lYh- :t11/P) p <( ~ l:tAIP) p+ ( ~ IYAIP)
11
p
11=1 1&=1 11=1
qualunque sia n. Poiché, per ipotesi, le ~erie
da cui deriva immediatamente la disuguaglianza (13). Quindi la
disuguaglianza triangolare per lo spazio R; è verificata. 00 00
tmuo (polChe s1 puo stab1hre una corrispondenza biunivoca fra non può essere punto di accumulazione per F. Infatti, x non appar-
queste successioni e i sottoinsiemi della serie naturale). La distan- tiene a nessuno degli insiemi chiusi Fi e, quindi, non è punto di
z~ fra d.ue punti, data dalla formula (11) del § 1, è uguale a t. accumulazione pe" nessuno di questi insiemi. Pertanto per ogni t ·
Cuc~nd1amo ciascuno di questi punti con una sfera aperta di si può trovare un intorno Oe1 (x) del punto x che non contenga
~agg1o 1/2. Queste sfere non si intersecano. Se un certo insieme più di un numero finito di punti di F1• Scegliendo il più piccolo
e ovunque denso in m, allora ciascuna delle sfere costruite deve fra gli in torni Oe1 (x), ... , Oe n (x), otteniamo l 'intorno 0 2 (x}
contene~e almeno un punto di questo insieme e, di conseguenza, del punto x non contenente più di un numero finito di punti di F.
non puo essere numerabile. Dunque, se il punto x non appartiene a F, esso non può essere
punto di accumulazione per F, vale a dire F è chiuso. Come dove-
.. 4: ln~iemi aperti e chiusi. Consideriamo tipi importantissimi vasi dimostrare.
d1 ID~Ie?II nello spazio metrico, c precisamente gli insiemi aperti Il punto x si dice punto interno dell'insieme M se esiste un
e chms1. intorno Oe (x) di questo punto contenuto interamente in M.
L'insieme M appartenente allo spazio metrico R si dice Un insieme, per cui tutti i punti sono interni, si chiama
chiu."o se esso coincide con la sua chiusura: fM] = M. In altre aperto.
parole, un insieme è detto chiuso se esso contiene tutti i suoi &empi. 6. L'intervallo (a, b) della retta numerica R1 è un
punti d'accumulazione. insieme aperto; infatti, se a <a < b, allora Oe (a), dove 8 =
In virtù del teorema 1 la chiusura di qualsiasi insieme M è un = min (a- a, b -a) è contenuto interamente nell'interval-
in~ieme ~~ius?. Dallo stesso teorema segue che [M] è l'insieme l'o (a, b). ··
c~tuso pm piCcolo contenente M. (Dimostrare questa afferma- 7. La sfera aperta B (a, r) in qualsiasi spazio metrico R
ZIOne!) è un insieme aperto. Infatti, se x E B (a, r), allora p (a, x) <r.
Esempi. 1. Ogni intervallo [a, b) della retta numerica è un Ponendo 8 = r - p (a, x), abbiamo che B (x, e) cB (a, r).
insieme chiuso. · 8. L'insieme delle funzioni continue nell'intervallo [a, b],.
2. La sfera ~hiusa rapp~~se~ta un insieme chiuso. In parti- che soddisfano alla condizione f (t) < g (t), dove g (t) è una certa
colare, nelJo spaz10 C [a, b) l ms1eme delle funzioni f che soddi- funzione continua fissata, è un sottoinsieme aperto dello spazio-
sfano alla condizione l l (t) 1 ~ K, è chiuso. ' C [a, bl.
~·.L'insieme delle funzioni in .C [a, bi, che soddisfano alla Teorema 4. Affinché l'insieme M sia aperto, è necessario e sulfi-·
cond1~10ne l l (9 _l < K (sfera aperta), non è chiuso; la sua chiu- ciente che il suo complemento R'M sia chiuso per tutto lo spa-
sura e la totahta delle funzioni che soddisfano alla condizione zio R.
Il (t) l ~ K. Dimostrazione. Se M è aperto, ogni punto x di M ha un intorno·
4. Qualunque.sia lo spazio metrico R, l'insieme vuoto 0 appartenente interamente a M, cioè non avente nessun punto
e tutto R sono chmsi. comune con R '. M. Quindi, nessun punto non appartenente·
5. Ogni i!ls~eme con un numero finito di punti è chiuso. a R 'M può essere punto- di aderenza per R 'M, vale a dire·
Le propr1eta fondamentali degli insiemi chiusi si possono R 'M è chiuso. Inversamente, se R 'M è chiuso, ogni punto·
enunciare mediante il seguente teorema. di M ha un intorno appartenente interamente a J'\1/, vale a dire·
Teorema 3. L 'tntersezione di un _ftUmero qualsiasi e la somma M è aperto. Poiché l'insieme vuoto e tutto lo spazio R sono chiusi"
di un numero finito di insiemi chiusi sono insiemi chiusi. e·, al tempo stesso, sono complementari l'uno all'altro, allora
Dimostrazione. Sia F = n Fa un 'intersezione di insiemi chiu- l'insieme vuoto e tutto R sono aperti.
62 63:
Dal teorema 3 e dal principio di dualità (l'intersezione dei Siccome gli insiemi chiusi sono complementi di quelli aper-
complementi è uguale al complemento della somma, la somma ti, ne segue che ogni insieme chiuso su una retta si ottiene eliminan-
dei complementi è uguale al complemento dell'intersezione, si do su questa retta un numero finito o numerabile di intervalli
veda la pag. 19) deriva il teorema importante seguente, duale .. aperti.
del teorema 3. Gli esempi più semplici di insiemi chiusi sono intervalli
Teorema 3'. La somma di un numero qualsiasi (finito o infi- chiusi, punti isolati e somme di un numero finito di tali insiemi.
nito) e l'intersezione di un numero finito di insiemi aperti sono insie- Consideriamo un esempio più complicato di insieme chiuso sulla
mi aperti retta, ossia l'insieme di Cantor.
·Sia F 0 l'intervallo chiuso [0, 11. Eliminiamo in esso l'inter-
"-~- 5. Insiemi aperti e chiusi sulla retta. La struttura degli insiemi vallo aperto (1/3, 2/3) e indichiamo con F 1 l'insieme chiuso ri-
aperti e -chiusi in questo o quello spazio metrico può essere assai manente. Poi, eliminiamo in F 1 gli intervalli (119, 2/9), (7/9,
complicata. Ciò si riferisce anche agli insiemi aperti e chiusi nello 8/9), e indichiamo con F 2 l'insieme chiuso rimanente (comp9sto
spazio euclideo a due o più dimensioni. Tuttavia nel caso unidi-
~0------------------------------------' ~
mensionale, cioè sulla retta, la descrizione esauriente di tutti
gli insiemi aperti (e, quindi, di tutti quelli chiusi) non presenta
alcuna difficoltà. Essa è data dal seguente teorema. o 0 fJ- - - -1 F,
Teorema 5. Ogni insieme aperto sulla retta numerica si rappre-
senta come somma di un numero finito o numerabile di intervalli
non intersecantisi a due a due 1 •
o !13 f; _, r:
Dimostrazione. Sia G un insieme aperto sulla retta. Introducia• %* r9 ~ 2
x, y E (a, ~) c G e y, z E (y, lì) c G. di quattro intervalli chiusi). In ciascuno di questi intervalli chiu-
Ma allora '\' > ~. l'intervallo (a,~) appartiene interamente a G si eliminiamo l'intervallo aperto medio di lunghezza (1/3) 3 ecc.
e contiene i punti x e z. Quindi, G si divide in classi non intersecan- (fig. 8). Procedendo in questo modo otteniamo una successione
tisi I 1 di punti equivalenti decrescente Fn di insiemi chiusi. Poniamo
G= UI".
Dimostriamo che ogni I 1 è un intervallo· (a, b), dove a = inf Iu
F= n00
n=O
Fn.
b = sup / 1 • L'inclusione 1-c c(a, b) è evidente. D'altra parte, F è u!l insieme chiuso (come intersezione di insiemi chiusi) che
se x, y E I -t• allora, per definizione stessa di I"' l'intervallo {:v, y) ' si ottiene dall'intervallo [0, 1], eliminandovi una quantità nume-
è contenuto in / 1 • A qualsiasi distanza da a, a destra, e a qualsia- rabile di intervalli.
si distanza da b, a.sinistra, ~i trovano punti di I". Pertanto I-r Consideriamo la struttura dell'insieme F. Gli appartengono,
contiene qualsiasi intervallo (a', b') l cui estremi appartengono evidentemente, i punti
a (a, b), vale a dire che 1-r: :::;:::: (a,. b). Il sistema di questi intervalli o, 1' 1/3, 2/3, 1/9, 2/9, 7/9, 8/9, . . .• (1)
aperti non intersecantisi l" non rappresenta altro che un sistema
numerabile; fissando infatti ·in ci~uno di questi intervalli aper- cioè i punti estremi degli intervalli eliminati. Tuttavia l 'insie-
ti ·un numero razionale qualsiasi,· noi stabiliamo una corrispon- me F non è esaurito da questi punti. Infatti, i punti apparte-
denza biunivoca fra questi intervalli e un certo sottoinsieme del- nenti all'insieme F possono essere caratterizzati nel seguente modo.
l 'insieme dei numeri razionali: Il·teorema è dimostrato. Scriviamo ciascuno dei numeri x, O ~x~ 1, nel sistema ter-
nario
· '1 Gli insiemi del tipo (-co, oo), (a, oo) e (-oo, JJ) sono inclusi nel
novero degli intervalll. , ..
64
65
dove i numeri an possono assumere i valori O, 1 e 2. Come nel caso stesso spazio. Si chiama distanza fra il punto x e l'insieme M il numero
delle frazioni decimali, alcuni numeri possono essere scritti in ' p (x, M) = inf p (x, a).
due forme. Ad esempio, aEM
11 o o o 2 2 2 Se x E M, allora p (x, M) = O; tuttavia dal fatto che p (x, M) =O
a-=a-+aa-+ ... +"S"R+ ... =3+31+33+· .. +an+ ... non segue che x E M. Dalla definizione di punto di aderenza deduciamo diret-
tamente che p (x, M) = O se e soltanto so x è un punto di aderenza dell'insie-
i;; facile provare che all'insieme F appartengono tutti e sol() me M. Cosi l'operazione di chiusura può essere definita come l'associazione
i numeri x, O< x~ 1, che possono essere scritti almeno in un all'insieme di tutti i punti la cui distanza dall'insieme è nulla.
modo, sotto forma di frazione ternaria tale che nella successione (2) Analo_gamente è definita la distanza fra due insiemi. Se A e B sono
due insiemi nello spazio metrico R, allora
a 1 , a 2 , • • • , an, ... non si incontri nemmeno una volta l'unità.
Così, si può far corrispondere a ogni punto x E F la successione p (A, B)= inf p (a, b).
aEA
a 1 , a 2 , • • • , an, ••• , (2) bEB
dove an è uguale a O o 2. Tutte le successioni di questo tipo forma- Se A n ls .P 0, allora p (A, B)= O; l'inverso, in generale, non è vero.
no un insieme della potenza del continuo. Ce se ne può convincere (3) Sia M x l'insieme di tutte le funzioni f di C [ah b) che verificano
facendo corrispondere a ciascuna successione (2) la successione la condizione di Lipsits: per tutti i punti t 11 t 2 E (a, b) si a '
b1, b2 , • • • , bn, ••• , (2') Il (tl) - l Ct2) l ~ K l ta - t 1 l,
dove bn = O se an = O, e bn = 1 se an = 2. Si può considerare la dove K è un numero fissato. L 'insieme M x è chiuso e coincido con la chiusu-
successione (2') come un certo numero reale y, O< y < 1, scrittOo <
ra dell'insieme di tutte le funzioni derivabili in [a, b) e tali che Il' (t) 1 K.
sotto forma di frazione binaria. In tal modo, otteniamo un'appli- (4) L'insieme M= L.JM x di tutto le funzioni, ciascuna delle quali
cazione dell'insieme Fin tutto l'intervallo [0, 11. Ne risulta che
l'insieme F ha la potenza del continuo 1 • Poiché l'insieme dei verifica la condizione di Lipsits per un certo K, non è chiuso. La sua chiusura
è tutto C [a, b),
punti (1) è numerabile, questi punti non possono esaurire tutto F. (5) Un insieme aperto G nello spazio euclideo n-dimensionale è detto
connesso se due punti qualsiasi x, y E G si possono congiungere con una spezza-
Esercizi. t. Dimostrare direttamente che il punto 1/4 appartiene- ta appartenente interamente a G. Ad esempio, l'interno del cerchio x2+
all'insieme F, non essendo estremo di nessuno degli intervalli eliminabili.
Suggerimento. Il punto 1/4 divide l'intervallo [0, 1] nel rapporto 1 : 3.
+ y2 < 1 è un insieme connesso . Viceversa, la somma dei due cerchi
L'intervallo [0, 1/3) rimanente dopo la prima eliminazione è diviso da que- zii + ya < 1 e (x - 2) 2 +!?. <t
sto punto sempre nel rapporto 1 : 3 e via di seguito.
I punti (1) sono detti punti di prima specie dell'insieme F e gli altri è un insieme n?n C!Jnnesso (sebb,me que::.~i c:erchi abbiano un punto di contat-
suoi punti - punti di seconda specie. to comune!). 81 chtama componente dell'ms1eme aperto G un suo sottoinsieme
2. Dimostrare che i punti di prima specie formano in F un insiem& aperto D se esso è connesso e non contenuto in nessun sottoinsieme aperto
ovunque denso. connesso più grande, di G. Introduciamo in G la relazione di equivalenza
3. Mostrare che i punti di tipo t 1 +t2 , dovo t 1 , t 2 E F, riempiono tutto. x""' y, se esiste un sottoinsieme aperto connesso H di G che copre x e y:
l'intervallo [0, 2). x, y E H c G. Come nel caso della retta, è facile verificare la transitività.
e perciò G si divide in classi non intersecantisi G = U /. Queste classi
sono componenti aperte di G di quantità non più che numerabile.
Abbiamo mostrato che l 'insieme F ha la potenza del continuo,. Nel caso n = 1, cioè sulla retta, ogni insieme aperto connesso è un
cioè contiene tanti punti quanto tt,ttto l'intervallo [O, 11. ' !nt~ry~llo aperto (fra questi intervalli aper~i rientrano anche gli intervalii
& interessante confrontare c'on questo fatto il seguente risul- mfm1t1 (-co, a), (b, co) e (-co, co)). Così, ti teorema 5 sulla struttura degli
l La. corrispond.enza stabilita fra F t:, l'intervallo (0, 1} è u~ivoca & § 3. Spazi metrici completi
aon biumvoca (per tl fatto che un medes1mo numero talvo ta puo essere
espresso da frazioni distinte). Ne seguo che P ha una potenza non in· l. Definizione ed esempi di spazi metrici completi. Comincian
reriore a quella del contino. Ma F è una parto dell'intervallo [0, 1), quindi-
la sua potenza non può essere superiore alla potenza del ,continuo. do a studiare l'analisi matematica, noi vediamo sin dai primi pas·
si quanto sia importante in analisi la proprietà di completezza
66
67
della retta numerica,:cioè il fatto che ogni successione fondamenta-
le di numeri reali converga a un limite. La retta numerica serve fica che per pgni e >O esiste un N tale ~he _,;: ,_._:
come esempio elementare degli spazi metrici, detti completi, le l Xn (t) - Xm (t) l < e · ·· ,;.·
cui proprietà principali studieremo in questo paragrafo.
La successione {xn} di punti dello spazio metrico R si dice per n, m >N per tutti i t, a~ t~ b. Ne deriva che la successio-
fondamentale se essa verifica il criterio di Cauchy, cioè se per ne {xn (t)) è uniformemente convergente. Come è 'Iloto, il suo
ogni e >O esiste un numero N e tale che p (x n•, Xn") < 8 per tutti limite x(t) sarà in questo caso una funzione continua. Facendo ten-
gli n' >Ne, n" >Ne. dere m all'infinito nella disuguaglianza precedente, ott~tamo
Dalla disuguaglianza triangolare segue direttamente che ogni J:~:n (t) - x (t) l ~ e . -:_..'
successione convergente è fondamentale. Infatti, se {xn} è con- per tutti i t e per tutti gli n >N, e ciò significa che~ {xn (t)}
vergente a x, allora per un dato 8 >O si può trovare un numero N e e convergente a x (t) nel senso della metrica dello spazio C .[a, b}.
tale che p (xn, x) < e/2 per tutti gli n >Ne. Allora p (xn'• Xn") ~ 7. Lo spazio l 2 • Sia {x1n 1} una successione fondamentale in l •.
~p (xn•• x) +p (xn"• x)< e, quali che siano n' >Ne e n" >Ne. Ciò significa che per ogni e > O esiste un N tale che -
Definizione 1. Se ogni successione fondamentale è convergente CXI
in R, questo spazio è detto completo.
p2 (x<n>, x•m>)= k~ (xkm-Xkm,)2<e
Esempi. Tutti gli spazi considerati nel § 1, tranne quello
indicato nell'esempio 8, sono completi. Infatti:
1 _per n, m_> N. (1)
1. Nello spazio dei punti isolati (esempio 1, § 1) sono fonda- Qui x'n'=(x~m, x~n', .. • , x1tn', .. . ). Dalla (1) segue che per ogni
mentali soltanto le successioni stazionarie, cioè tali che, a partire k (xkn 1 -Xkm 1) 2 <e, vale a dire che per ogni k la successione dei
da un certo posto, si ripete sempre un medesimo punto. Ogni tale numeri reali {x1t'11 } è fondamentale e quindi convergente. Poniamo
:~:k = lim x1tn e indichiamo con x la successione (xs, x 2 , •••
1
successione è convergente, ovviamente, vale a dire che lo spazio n-oo
è completo. •.. , xk, ... ). Si deve mostrare che
2. La completezza dello spazio euclideo R1 , cioè dell'insie- 00
me dei numeri reali, è nota dall'analisi. a) 2J x'l,_!< oo, cioè x El 2 , b) lim p (x<n>, x)= O.
3. La completezza dello spazio euclideo nn deriva diretta- k=t n~=
mente dalla completezza di R 1. Infatti, sia {x1P'} una successio-
ne fondamentale di punti di nn; ciò significa che per ogni e >o Mostriamolo. Dalla disuguaglianza (1) segue che per ogni M
esiste un N= Ne tale che fissato
l\-1
n
~ (xCP>-:ciq>)2 < e2 ~ (xltm-Xkm 1) 2 < e.
k=1 k k h=t
per tutti i p, q più grandi di N. Qui xtPI = {x~P1 , • • • , xU''}. Abbiamo ora in questa somma soltanto un numero finito di ter-
Allora per ogni k = 1, 2, ... , n otteniamo la disuguaglianza ~ini e possiamo, fissando n, passare al limite per m-+ oo. Otte-
corrispondente per la coordinata x<;!>, e cioè mamo
M
l xk">-xkq> l< e ~ (xftm-xkF·~e.
k=1
per tutti i p, q > Jl{, vale a dire che {xJf'} è una successione nu-
merica fondamentale. Poniamo Questa disuguaglianza è vera qualunque sia M. Ristabiliamo la
serie infinita passando al limite per M-+ oo; otteniamo
x~~.=limx~> e x=(x 1, xz,- .. . , Xn)• 00
p-oo
Allora è evidente che ~ (xkn'-x~~.) 2 ~e. (2)
11=1
lim x<P>=x. 00 00
p-ex> Dalla convergenza delle serie :' (:~:ltm) 2 e ~ (x1tm- xk)2 deriva la
4-5. La completezza degli spazi R::O e R~ si dimostra in 00
k=1 k=t
modo assolutamente analogo.
6. Dimostriamo la completezza dello spazio C [a, b). Sia convergenza della serie 2J :~:i (in virtù della disuguaglianza ele-
k=t
{~n (t)} una certa successione fondamentale in C [a, b]. Ciò signi- mentare (a+ b) 2
~2 (a2 + vale a dire che l'affermazione a)
b2 )),
.&8 69
è dimostrata. In seguito, poiché s è piccolo a piacere, la disugua- spazi metrici un ruolo analogo gioca il seguente teorema sulle
glianza (2) significa che sfere incluse.
Teorema 1. Affinché lo spazio metrico R sia completo, è ne-
limp (.z'n1, z)=lim ...
n-+co n .. co
~ (z.ian>_z")2 =0,
Vf k-1
cessario e sufficiente che in esso ogni successione di sfere chiuse,
incluse le une nelle altre, i cui raggi tendono a zero, abbia intersezio-
ne non vuota.
cioè z<n,-+ z nella metrica dello spazio l 2 • L 'affermazione Dimostrazione. Necessità. Supponiamo che R sia uno spazio
b) è dimostrata. completo e B 1 , B 2 , B 3 , • • • sia una successione di sfere chiuse,
8. E facile convincersi che lo spazio C2 [a, b) non è completo. incluse le une nelle altre. Sia rn il raggio e sia Zn il centro della
Consideriamo, ad esempio, la successione di funzioni continue sfera Bn. La successione dei centri {zn} è fondamentale poiché
-1 per -1~t~-1/n 1 p (zn, xn~) < rn per m >n, e rn-+ O per n-+ oo. Essendo R com-
pleto, lim Xn esiste. Poniamo z = lim zn: allora z E
CJ>n(t)= nt per -1/n~t~1/n, R*~ n~~
{
1 per 1/n~t~1. E nBn. Infatti, la sfera Bn contiene tutti i punti della suecessio-
n
Essa è fondamentale in C 2 [-1, 1] poiché ne {z"}, tranne, eventualmente, z 1 , z 2 , ••• , Zn-t· Cosl, z è il
punto limite di ogni sfera Bn. Ma poiché Bn è un insieme chiuso,
1
allora z E Bn per tutti gli n.
~ (CJ>n (t)- fl>m (t))Z dt~min ~n, m) • Sufficienza. Sia {zn} una successione fondamentale. Dimo-
-l striamo che essa tende a un limite. In virtù del fatto che è fonda-
Tuttavia questa successione non converge a nessuna funzione mentale, possiamo trovare un punto Xn 1 di questa successione tale
di C2 [-1, 1]. Infatti, sia j una certa funzione di C 2 [-1, 1) e sia che p (.xn, Zni) < 1/2 per tutti gli n ;;::= n 1• Consideriamo il punto
'i> una funzione non~ continua, uguale a -1 per t< O, e a +1 Zn come centro di una sfera chiusa di raggio 1. Indichiamo questa
1
per t~ O. sfera con B 1• Troviamo poi un punto Xn a di {xn} tale che si abbia
In virtù della disuguaglianza integrale di Minkowsky (vali- na > n 1 e p (zm Zn 9) < 1/22 per tutti gli n ;;::= n 2 • Consideriamo
da, evidentemente, anche per funzioni continue a tratti) abbiamo
il punto Xn l come centro della sfera di raggio 112 e indichiamo
l
(J(/(t) -ljl (t})
-1
2 dt
r/ (J
2
~
1
-l
(/(t)- fl>n (t)) 2 dt)
1
1/2
+ questa sfera con B 2• In generale, se i punti Zn , Xn , • • • , Zn
• .. • ( 1 li
sono stati g1a trovati n 1 < n 2 < ... <n"), troviamo un altro
punto z"k+ tale che si abbia n 11 +1 >n" e p (xn, zn 11+1) <1/2 +
h
11 1
Pertanto J(/(t) -cpn (t))Zdt non può tendere a zero per n-+ oo. Esercizi. 1. Dimostrare che l'intersezione delle sfere chiuse, incluse
del precedente teorema si riduce a un punto. · '
-l • 2. Si dice diametro dell'insieme M in uno spazio metrico il numero
Esercizio. Dimostrare che lo spazio di tutte le successioni limitate d (M) = sup p (r, y).
(esempio 9, § t) è completo. .x, Y eM
Dimostrare che in uno spazio metrico completo ogni successione di insiemi
l'l/ 2. Teorema sulle sfere incluse. In analisi ha uha larga applica- chiusi non vuoti, inclusi gli uni negli altri, aventi diametri tendenti a zero
zione il cosiddetto lemma sui segmenti inclusi. Nella teoria degli ha intersezione non vuota. '
70 ii
3. Dare un esempio di spazio metrico completo e di successione di sfere 1) q> (x) = x per tutti gli x E R;
chiuse, incluse le une nelle altre in questo spazio, che ha intersezione vuota. 2) se x*._.. x** e y* ++ y**, allora p1 (x*, y*) = p2 (x**, y**)t
4. Dimostrare che un sottospazio dello spazio metrico completo R
è completo se e soltanto se è chiuso in R. dove p1 è la distanza in R* e p 2 quella in R**.
L'applicazione q> si definisce come segue. Sia x* un punto
3. Teorema di Baire. Nella teoria degli spazi metrici completi
,1....-
qualsiasi di R*. Allora, per definizione di completamento, esiste
è di importanza fondamentale il seguente teorema. una successione {xn l di punti di R, convergente a x*. I punti {xn}
Teorema 2 (Baire). Uno spazio metrico completo R non può appartengono uguafmente a R**. Poiché R** è completo, la suc-
·essere rappresentato come unione numerabile di insiemi non densi cessione {xn} converge in R** a un certo punto x**. E chiaro
in .alcun Pll:nto. che x** è indipendente dalla scelta della successione {xn} con-
co vergente al punto x*. Poniamo cp (x*) =x**. Si vede che cp è
Dimostriamo per assurdo. Sia R = UMn• dove ciascuno degli l'applicazione isometrica cercata.
n= t Infatti, per costruzione q> (x) = x per tutti gli x E R. Inoltre,.
insiemi Mn non è denso in alcun punto. Sia 8 0 una sfera chiusa supponiamo che
.di raggio 1. Poiché l'insieme M 1 non è denso in a~cun punto, non
è denso in S 0 ed esiste una sfera S 1 di raggio minore di 1/2, tale {xn} -+- x* in R* e {xn}-+- x** in R**,
n
che .81 e:"S 0 e 81 ·Mi = 0·. Poiché l'insieme M 2 non è denso
{Yn}-+- y* R* {Yn}-+ y** R**.
-in sl, per la stessa ragione, nella sfera sl è contenuta una sfera in e in
chiusa 8 2 di raggio minore di 113 per la quale 8 2 M2 = 0 n
e così via. Otteniamo una successione di sfere chiuse e incluse Allora, in virtù della continuità della distanza,
{Sn} i cui raggi tendono a zero e, inoltre, Sn n
M n = 0. In
virtù del teorema 1 l'intersezione nsn contiene un certo punto x.
00
n=i
p.(x*, y*) =liro pdxn, Yn) = lim P (xn, Yn)
n-oo n-co
2) R è ovunqu~.denso in R*, cioè [RJ = R*. ni fondamentali {xn} e {x;} di R sono equivalenti (notazione-
(Qui [RJ significa, ovviamente, la chiusura dello spazio R {xn} ,.., {x;}) se lim p (xn, x~) = O. Il nome di <<equivalenza 1>
in R*.) n-+ co
Ad esempio, lo spazio di tutti i numeri reali è il completa- è giustificato qui poiché questa relazione è riflessiva, simmetrica
mento dello spazio dei numeri razionali. e transitiva. Ne segue che tutte le successioni fondamentali, che-
Teorema 3. Ogni spazio metrico R ha un completamento, e si possono formare coi punti di R, si dividono in classi di succes-
questo completamento è unico a meno di isometrie che lascia fissi i sioni mutuamente equivalenti. Determiniamo ora lo spazio R*.
punti di R. Consideriamo come suoi punti tutte le classi possibili di succes-
Dimostrazione. Iniziamo dall'unicità. Dobbiamo dimostrare sioni fondamentali mutuamente equivalenti, e la distanza fra-
che se R* e R** sono due completamenti dello spazio R, allora di esse è definita come segue. Siano x* e y* due tali classi. Sce-·
esiste un 'applicazione biunivoca cp dello spazio R* in R** tale che gliamo in ciascuna di queste classi un solo rappresentante, cioè-
72 73
una successione fondamentale {xn} e {Yn}· Poniamo 1
.successioni convergenti a x. Questa classe è non vuota in quanto
p (x*, y*) = lim p (x8 , Yn)• · (3) ~ontiene la successione stazionaria, in cui tutti i termini sono
n .. oa uguali a x. Inoltre, se x == lim Xn e y == lim Yn• allora
Dimostriamo che la distanza cosi definita è corretta, cioè n-+oo n-.oo
che il limite (3) esiste e non dipende dalla scelta dei rappresen- p (x, y) = lim p (xn, Yn)•
tanti {xn} E x* e {Yn} E y*. ft-+011
76 77
Se A è una contrazione, allora possiamo applicare il metodoo n
delle approssimazioni successive alla soluzione dell'equazione- = ~ a1p 1
,.t + b1 e le approssimazioni successive per questa solu-
x=Ax.
Quali sono le condizioni per cui l'applicazione A è una con- zione hanno la forma
trazione? La risposta a questa domanda dipende dal modo in cui X (0) _
-
(ziO> ..,COl
t ' "'2
.,.!_Ol)
t • • • t "'71 l
è stata scelta la metrica dello spazio. Consideriamo tre varianti. ...0.1 __ (""'l> .,.eu .,.eu)
a) Lo spazio R:,, cioè p (x, y) = max l x, - y, l;
. . . . ... . . . . . . .
"' - ""t • ""Il ' • • • ' ...n '
t..;;;i.;;;;n
p (y', y") = max l yi-Yi l =max
i
I2J; a,, (xj-xj) l~
i
<max ~l a, 1 Il xj-xj l <max 2J l ali l max l xj-xjJ =
• • • • • l • •
i j i i i dove
= (max ~l afJ l) p (x', x"). n
i j :411.> = 2} a,,x<k-1) + b,
Da qui otteniamo la condizione di contrazione j-1
e, di conseguenza, A (C*) c C*. Inoltre, Lo spazio così introdotto è completo. L'applicazione 'i'= Acp,
data dal sistema di uguaglianze
x
x
l 'l't (x) -1JJ2 (x) l< j l t (t, <pi (t))- t (t, <p2 (t)) l dt~ 1Jli (x)= Yoi + ~l ,Ct, <p1 (t), ... , (Jln (t)) dt,
Xo
<Md max l <p1 (x}-<p2 (x) l· è una contrazione dello spazio completo c: in sé. Infatti,
x
Poiché Md< 1, vuoi dire che A è una contrazione.
Ne consegue che l'equazione cp = A<p, cioè l'equazione (7), 1p\11 (x)-1i'r11 (x)= ~[f,(t, <p: 11 (t), ... , q>~'(t))-
ha una e soltanto una soluzione nello spazio C*. - l i (t, . l.,
{j>:BI (t), cp~21 (t))} d t •
80 '81
Quindi, 2. Equazioni integrali non lineari. Il principio delle contra-
zioni può essere utilizzato anche nel caso di una equazione integra~
ma x l 'lj>i1 1 (x) -lj>~2 ) (x) l ~M d ma x l cpi11 (x)- cp~u (x) l· non lineare della forma
x, i .x, i
b
L'applicazione A è una contrazione poiché Md< 1.
Ne segue che l'equazione funzionale cp = Acp ha una e sol- l J
(x)= A. K (x, y; l (y)) dy+ cp (x), (12)
tanto una soluzione nello spazio c:. a
a
J
f (x}= ì. K (x, y) l (y) dy+ cp (x), (11)
b
J
g (x)= A. K (x, y; f (y)) dy + cp (x)·, (13)
dove K (detto nucleo) e cp sono funzioni date, f ò la funzione cercata è verificata la disuguaglianza
e A. un parametro arbitrario.
Vedremo che il nostro metodo può essere utilizzato soltanto max l g1 (x)- g 2 (x) l< l A l M (b-a) maxl/1 (x)- / 2 (~)l,
per valori sufficientemente piccoli del parametro A..
Supponiamo che le funzioni K (x, y) e cp (x} siano continue dove g1 = A/1 , g 2 =A/ 2 • Quindi, per l .Al <~M c!-a) l'applica-
per a< x<: b, a< y<b e che, quindi, l K (x, y) l< M. Con- 'zione A sarà una contrazione.
sideriamo l'applicazione g = A/ dello spazio completo C [a, b) 3. Equa.zioni di Volterra. Consideriamo, infine, un 'equazione-
in sé, data dalla formula integrale del tipo di Volterra
b
Il
J
g (x)= f.. K (x, y) f (y) dy + cp (x). f J
.x
(x)== A. K (x, y) f (y) dy+ cp (x}. (14}
a
Abbiamo Qui, a differenza delle equazioni di Fredholm, il limite di inte-
P (gli g2) = max l C1 (x)- C2 (x) 1,.::;;: grazione superiore è una variabile x. Formalmente questa equa-
zione può essere considerata come caso particolare dell'equazione
< l "-l M (b-·a) max l /1 (x)- ft (x) 1. di Fredholm estendendo la definizione della funzione K mediante
l'uguaglianza }{ (x, y) = O per y >x . .
Quindi, per A< 111 (:-a) l'applica?;ionc A è una contrazione. Tuttavia nel easo delle equazioni integrali di Fredholm
Partendo dal P.rincipio delle contrazioni, concludiamo che abbiamo dovuto !imitarci a piccoH valori del parametro f.., men-
i 'equazione di Fredholm ha ana sola soluzione cont.inua qualunque tre liel· caso delle equazioni di Volterra il principio delle contra~
sia il t>arametro A. con l A J <M (:-a). Le approssimazioni snc:- zioni (com: e il metodo delle approssimazioni successive) può eS.sere
utilizzato qualunque siano i valori di t... E precisamente si trat-
eessive applicate a questa •soluzione / 0 , / 1 , • • • , fn, hanno ta della seguente generalizzazione de] principio delle contrazioni~
la forma Sia A un'applicazione continua dello spaziò metrico lJompleto R
b in sé tale che una certa sua potenza B == A" sia una contrasione;
In (x)= À ~~(x, y) f 71 _r(y) dy+ cp (x), allora l'equazione ·
a Ax=x
deve, come fo (x) può fungere qualsiasi funzione continua. ammette una e soltanto una soluzione. ·
82
InfatÙ,-sia x il punto fisso dell'applicazione B, cioè Bx = x.
Abbiamo nozione di insieme aperto. Queste ultime nozioni (intorno, insie-
me aperto) sono state definite, a loro volta, mediante una metrica
A x = AB11x = B 11Ax = B 11x 0 -+ x (k-+ oo ), assegnata nello spazio considerato. Si può, invece, agire· altri-
menti e, senza introdurre la metrica nel dato insieme R, definire
poiché, essendo l'applicazione B una contrazione, la successione direttamente in R un sistema di insiemi aperti in maniera assioma-
Bxo, B 2xo, B 3x 0 , • • • converge al punto fisso x dell'applica;~;ione tica. Questo metodo, che garantisce una maggiore libertà d'azione,
B, qualunque sia x 0 E R. Di conseguenza,
ci conduce agli spazi topologici nei confronti dei quali gl1 spazi
Ax= x. metrici rappresentano un caso particolare, anche se assai impor-
tante.
, . QuesLo pu?to è unico poiché ogni punto fisso rispetto nd A Definizione. Sia X un certo insieme, che diremo supporto.
e. ftsso anche. rispetto alla contrazione A n, per la quale il punto Si chiama topologia in X ogni sistema " di suoi sottoinsiemi G
ftsso non puo essere che unico.
che soddisfa alle due condizioni seguenti:
Mostriamo ora che una certa potenza dell'applicazione 1°. L'insieme stesso X e l'insieme vuoto 0 appartengono a T.
x
J
Af:(x) =A. K (x, y) f (y) dy +q> (x)
2°. La somma UGa
a
di un numero qualsiasi (finito o infinito)
n
a
sopra come complementari di quelli aperti) e unicamente questi di ciascuna delle topologie 't'~.
insiemi soddisfano alla condizione [M] = M. Come nel ctlSo di uno Dimostrazione. E chiaro che n-r~ contiene X e 0· Inoltre,
~
spazio metrico, [MJ è l'insieme chiuso più piccolo contenente M. dal fatto che ciascuna 't~ sia chiusa rispetto a somme qualsiasi e
Esercì zio. Di mostrare che l'operazione di chiusura 1M], definita median- ad intersezioni finite risulta che 't= n't'Cl gode anch'essa di queste
te la topologia, gode delle proprietà 1)-4) enunciate dal teorema 1 del § 2. · a.
proprietà.
Corollario. Sia ~ una famiglia qualsiasi di sottoinsiemi del-
Esempi 1. In accordo con il teorema 3' del§ 2, gli insiemi l' insieme x; allora esiste una topologia minima le in x. contenente ru.
aperti in qualsiasi spazio metrico verificano gli assiomi 1° e 2"' Infatti, le topologie contenenti 58 esistono (per esempio,
di definizione di spazio topologico. Quindi, ogni spazio metrico quella in cui tutti gli A c X sono aperti). L'intersezione di tutte
è uno spazio topologico. le topologie contenenti ru rappresenta quella cercata. Questa topo-
2. Sia T un insieme arbitrario. Supporremo aperti tutti i suoi logia minimale è detta topologia generata dal sistema ~ e si indica
sotto insiemi. Allora gli assiomi 1° e 2° sono, evidentemente, veri- con 't (~).
ficati, vale a dire otteniamo effettivamente uno spazio topologico. Siano X un insieme arbitrario e A un suo sottoinsieme. Si
Tutti gli insiemi in esso sono aperti e, al tempo stesso, chiusi; chiama traccia del sistema di insiemi S8 nel sottoinsieme A un
ciò significa che ciascuno di essi coincide con la sua chiusura. sistemal ~A composto di sottoinsiemi del tipo A n B, B E 18.
Di tale topologia discreta gode, ad esempio, lo spazio considerato E facile vedere che la traccia (in A) della topologia 't' (assegnata
nell'esempio 1 del § 1. · in X) è una topologia 'tA in A. Quindi, ogni sottoinsieme A di
3. Come altro caso eccezionale consideriamo, in un insieme uno spazio topologico risulta essere esso stesso uno spazio topo-
arbitrario X, la topologia banale composta da due soli insiemi: logico. Lo spazio topologico (A, 't A) si chiama sottospazio dello
tutto l'insieme X e l'insieme vuoto 0. Qui la chiusura di ciascun spazio topologico originario (X, 't'). E chiaro che due topologie
insi.eme non vuoto è tutto X. Un tale spazio topologico si può -r
distinte in X, -c1 e 2 , possono generare una medesima topologia in
chiamare << spazio di punti incollati >>. A c X. La topologia 't'A è detta topologia relativa in A.
4. T sia composto da due punti a e be, inoltre, siano insiemi
aperti tutto T, l'insieme vuoto e l'insieme composto dal solo punto 3. Sistemi fondamentali di intorni. Base. Assiomi di numera-
b. Gli assiomi 1° e 2° sono qui verificati. In questo spazio (detto bilità. Come abbiamo visto, assegnare una topologia nello spazio
spesso coppia di punti connessi) sono chiusi i sottoinsiemi seguenti: T vuol dire assegnarvi un sistema di insiemi aperti. Tuttavia nei
tutto T, l'insieme vuoto e il punto a. La chiusura dell'insieme eon pmblemi concreti è comodo talvolta assegnare non tutta la topo-
il sole punto {b} è tutto T. logia, ma soltanto una sua parte, cioè una famigla di insiemi
aperti, in base alla quale si determina la collezione di tutti i
Esercizio. Costruire tutte le topologie nello spazio X composto da sottoinsiemi aperti. Così, ad esempio, abbiamo introdotto nello
tlue. tre, quattro e cinque punti.' spazio metrico prima la nozione di sfera aperta {e-intorno) e dopo
2. Confronto di topologie. Supponiamo che su un medesimo definito gli insiemi aperti come quelli in cui ogni punto è con-
supporto X siano date due topologie -c1 e -c 2 (sono definiti con ciò tenuto assieme a un suo intorno sferico. In altre parole, nello
due spazi topologici: T1 = (X, -c1) e T 2 = (X, -c2 )). Si dice che spazio metrico sono aperti quelli e soltanto quegli insiemi che
la topologia 't'1 è più forte o più fine di -c2 se il sistema di insiemi -c2 si possono rappresentare come somme di sfere aperte (in numero
è contenuto in -c1 • Della topologia -c 2 si dice allora che essa è più finito o infinito). In particolare, sulla retta sono aperti gli insiemi
debole o meno fine di 't't· rappresentabili sotto forma di somma di intervalli aperti e sol-
La collezione di tutte le topologie possibili in X è ordinata tanto questi. Queste considerazioni ci conducono alla nozione
parzialmente in modo naturale (la topologia 'ta precede -c1 ~e è importante di base dello spazio topologico.
più debole di 't' 1). Questa collezione di topologie ha un elemento Definizione. Una collezione § di sottoinsiemi aperti è detta
massimale, ossia la topologia in cui tutti gli insiemi sono aperti base dello spazio topologicoJT se ogni insieme aperto in T può essere
(esempio 2), e uno minimale, la topologia in cui SQno aperti sol- rappresentato come somma di un numero (finito o infinito) di
tanto tutto X e 0 (esempio 3). insiemi di Y.
86 87
Così, ad esempio, l'insieme di tutte le sfere aperte (di centro con la t~Jlologia iniziale 't' o più debole. Stabil!amo le condizioni
e raggio arbitrari) forma una ~ase in uno spazio metrico. In par- per cui y genera esattamente una data topolog1a 't'.
ticolare, il sistema di tutti gli intervalli aperti è una base sulla Teorema 3. Affinché il sistema § c 't sia base della data topo-
retta. Una base sulla retta può essere formata dai soli intervalli logia -r, è necessaria e sufficiente la seguente condizion~: ·
aperti ad estremi razionali poiché qualsiasi altro intervallo aperto 3) per ogni insieme aperto G e ogni punto x E G esr.ste un Gx E
e, quindi, ogni insieme aperto sulla retta si può rappresentare EY tale che x E Gx cG.
sotto forma di somma di questi intervalli. Dimostrazione. Essendo soddisfatta la condizione 3}, ogui
Dunque, la topologia -r dello spazio T può essere assegnata insieme aperto G è rappresentabile nella forma
indicando in questo spazio una certa sua base §; questa topolo-
gia 't coincide con la collezione degli insiemi rappresentabili come G= UGx,
somma di insiemi di §. xEG
Ogni base 9 nello spazio topologico T = (X, 't') gode delle vale a dire § è una base della topologia 't'. Inversamente se . Y
due proprietà seguenti: è una base della topologia t, allora ogni G E 't è rappresentabll~
1) ogni punto x E X è contenuto almeno in uno G E§; sotto forma di somma di insiemi di§ e, in questo caso, per ogm
2) se x è contenuto nell'intersezione di due insiemi G1 e G2 di x E G si troverà un Gx E Y tale che x E Gx cG.
§, allora esiste un G3 E § tale che Esercizio. Siano ~~ e ~ 2 due basi in X (cioè due sistemi d~ insiemi·
x E Ga c G1 n G2. soddisfacenti alle condizioni t) e 2) della pag. 88) e T 1 e :r:2 lc topologie _da esse
definite. Dimostrare che -r1 c: T9 se e soltanto se per ogm G1 E ~ 1 e ogm punto-
Infatti, la proprietà 1) significa che tutto X, quale insieme ;,; E G1 esiste un G2 E ~ 111 tale che :~: E G2 c: G1.
t!Jlerto, deve essere rappresentabile come somma di insiemi di
Y, mentre la proprietà 2) deriva dal fatto che G1 n G2 è aperto Il teorema 3 permetto di stabilire, ad esempio, che in ogni
e, quindi, è Ja somma di elementi della base. spazio metrico la collezione di tutte le sfere aperte forma u!la b~se
Inversamente, siano X un insieme qualsiasi e '§ un sistema per la sua topologia. La collezione di tutte le sfere a ragg1 raz~o
di sottoinsiemi di X che gode delle proprietà 1) e 2). Allora la nali rappresenta anch'e~~a ~ma ba.se. S?lla. r.etta, pe~ ese?lpio:
collezione di insiemi rappresentabili come somme degli insiemi può servire come base l m.s1eme d1 t~tti ~h m.tervalh raztonah
di '§ forma in X una topologia (cinè verifica gli assiomi 1° e 2° (cioè degli intervalli aperti ad ~st!em1 ~az10n_ah). . .
della definizione di spazio topologìco). Esiste una classe importantissima d1 spazi topologiCI formata
Infatti, sia 't(§) la collezione di tutti gli insiemi di X rap- dagli spazi a base numerabtle, cioè spazi_ i!l cui esist~ al'?-~n~ un!l
presentabili come somma di insiemi di §. AIIora l'insieme vuoto 1 base composta da non più che una quant1ta nu~erab~le di 1.nsiem1:
e tutto X appartengono a,;(§) e la somma di un numero qualsiasi Gli spazi a base numerabile sono anche dett1 spazt soddzsfacentt
di insiemi di 't ('§) appartiene an cb' essa a -r (§). Mostriamo che al secondo assioma di numerabilità.
l'intersezione di un numero finito di insiemi di 't' (Y} appartiene Se lo spazio topologico T ha base nu~rabile, allora in ~sslf"
a 't (Y). R sufficiente provarlo per due insiemi. Sia A = U
Ga esiste necessariamente un insieme numerabzle ovunque denso, ctoe-
a un insieme la cui chiusura sia tutto T. Infatti, sia {Gn} una base·
e B = 't
l 1GB, allora A n B = a,B
U(Ga. n GB)· Dalla condizione di q_uesto genere. Consider~~m? in ciascun el~mento di que~ta base-
un punto arbitrario Xn· L ms1eme numerab1le X = {xn} e ovun-
2) segue che ogni Ga.
A nBE-r (Y).
n
GB ò contenuto in -r (:9'). Ma allora anche que denso in T, altrimenti l'insieme aperto non vuoto G = T'-JX1
non conterrebbe nessun punto di X, il che è impossibile in quanto G
Abbiamo ottenuto così il seguente risultato. è somma di insiemi del sistema {Gn} e Xn E Gn.
Teorema 2. Affinché il sistema rJ di sottoinsiemi G dell'insieme Gli spazi topologici con un insieme numerabile ovunque denso·
X sia base di una topologi& in X, è necessario e sufficiente che Y sono dettit come gli spazi metrici, spazi separabili.
goda delle proprietà 1) e 2). Per gli spazi metrici è valida l'affermazione inversa a quella
Supponiamo ora che nello spazio T sia data una certa topo- appena dimostrata.
logia fissata -r. Scegliendo in T un sistema '§ di insiemi aperti, Se lo spazio metrico R è separabile, allora R ha anche una base-
che gode delle proprietà 1) e 2), e considerandolo come base, numerabile. Infatti, tale base è costituita, ad esempio, dalle sfere-
otteniamo, evidentemente, in T una topologia t('§) coincidente aperte B (xn, 1/m), dove {xn} è un ins!eme n~merabil~ ovu~qt~e·
denso, e n e m assumono tutti i valori dei numeri naturalt. QumdJ. ·
Esso si ottiene come somma di un insieme vuoto di elementi di ~.
1
sussiste il seguente teorema.
88
Teorema 4. Lo spazio metrico R ha base numerabile se e sol-
tanto se esso è separabile. otteniamo il sottorieoprimento finito o numcrabile di {Oa},
In virtù di questo teorema tutti gli esempi di spazi metrici come dovevasi dimostrare.
·separabili possono servire ugualmente da esempio di spazi metrici Per definizione di spazio topologico, l 'insieme vuoto e tutto
·soddisfacenti al secondo assioma di numerabilità. Lo spazio non lo spazio T sono aperti e, al tempo stesso, chiusi. Uno spazio che
:Separabile delle successioni limitate (si veda l'esempio 9 del § 1) non contiene altri insiemi contemporaneamente aperti e chiusi è
non ha base numerabile. detto spazio connesso. La retta R 1 rappresenta uno degli esempi
Osservazione. Il teorema 4 non è, in generale, vero per spazi più semplici di spazio connesso. Se, invece, eliminiamo su R1
topologici arbitrari (non metrici): si possono indicare esempi di almeno un punto, lo spazio rimanente non sarà più connesso.
·spazi separabili senza base numerabile. Precisiamo i fenomeni che
qui ~i verificano. Per ogni punto x dello spazio metrico R esiste 4. Successioni convergenti in T. Agli spazi topologici si estende
un ststema numerabile W di suoi intorni (sistema di sfere aperte facilmente la nozione di successione convergente, che abbiamo intro-
B (x, 1/n), ad esempio) che gode della proprietà seguente: qua- dotto per gli spazi metrici. E precisamente, si chiama convergente
~unque sia l'insieme aperto G contenente. il punto x, si troverà un .al punto x una successione di punti di T x 1 , .x 2 , • • • , xn, ...
mtorno del sistema W appartenente interamente a G. Un tale -se ogni intorno del punto x contiene tutti i punti di questa sue-
sistema di in torni si dice sistema fondamentale di in torni del punto x. cessione a partire da uno di questi. Tuttavia negli spazi topologici
Quando un punto x dello spazio topologico T ha un sistema .questa nozione di convergenza non ha la stessa importanza fonda-
numerabile fondamentale di intorni, si dice che in questo punto mentale che negli spazi metrici. Il fatto sta che nello spazio me-
è v~rificato ~l primo assioma di numerabilità. Se ciò è vero per trico R il punto x è punto di aderenza dell'insieme M c: R se e
ogm punto dt T, allora T è detto spazio soddisfacente al primo as- soltanto se in M esiste una successione convergente a x, mentre
.sioma di numerabilità. negli spazi topologici, in generale, non è così. Dal fatto che x
Ogni spazio metrico, anche se non separabile, verifica automa- "Sia punto di aderenza per M (cioè appartenga a [M]) nello spazio
ticamente il primo assioma di numerabilità. Tuttavia il pl'imo topologico T, non deriva l'esistenza in M di una successione con-
assio~a _di numerabilità può non valere per uno spazio topologieo vergente a x. A titolo di esempio consideriamo l'intervallo lO, 1]
qualstast (anche se composto da un solo insieme numerabile di e chiamiamo aperti quei suoi sottoinsiemi (compreso l'insieme
punti}. Questa è la ragione per cui le considerazioni che ci hanne vuoto) che si ottengono eliminando in questo intervallo ogni in-
permesso di stabilire, per uno spazio metrico, partendo dall'esi- sieme finito o numerabile di punti. & facile provare che le condi-
·stenza di un insieme numerabile ovunque denso, l'esistenza di zioAi 1° e 2° (pag. 85) sono soddisfatte in questo caso, vale a dire
una base numerabile in questo spazio, non si estendono a spazi che abbiamo uno spazio topologieo. I n questo spazio saranno con-
topologici arbitrari. Ma anche uno spazio topologico separabile vergenti soltanto le successioni stazionarie, cioè quelle i cui ele-
e soddisfacente al primo assioma di numerabilit:à può non avere menti, a partire da un certo posto, coincidono: Xn = Xn+r -=
una base numerabile. Si chiama ricoprimento dell'i!lsieme X un = ... (dimostrare questa proposizione!) D'altra parte, consi-
sistema di insiemi {Ma} se U. a.,
Ma ~'X. Un ricoprimento dello
}
derando, ad esempio, come M l'intervallo semiehiuso (0, 1],
il punto O sarà un punto di aderenza (provare!) e nessuna succes-
·spazio topologico T, composto. da insiemi aperti (chiusi) si dice sione di punti di M sarà convergente a O nello spazio considerato.
Le successioni convergenti « si ristabiliscono nei loro diritti &
aperto (chiuso). Se una parte {Mai} del ricoprimento {Ma} farma Re censideriamo non spazi topologici arbitrari, bensi spazi sod-
·essa stessa un~ricoprimento dello spazio T, allora {M& } è dette disfacenti al primo assioma di numerabilità, cioè se ogni punto x
.sottoricoprimento del·ricoprimento {Ma}· dello spazio T ha un sistema numerabile fondamentale di intorni.
Teorema 5. Se T è unlJO> spazio topo logico a base numerabile, In questo caso, ogni punto di aderenza x di un insieme qualsiasi
·da ogni suo ricoprimento aperto si può ricavare un sottoricoprimento M c: T può essere rappresentato come limite di una certa sucees-
finito o numerabile. sioae di punti di M. Infatti, sia {On} un sistema numerabile f-on-
Dimostrazione. Sia {Oa.} un rieoprimento aperto dello spazio damentale· di intorni del punto x. Si può supporre che On+l c 0 11
n
T. Allora ogni punto x E T è contenuto in un certo Da.. Sia {Gn}
una base numerabile in T. Per ogni x E T esiste un elemeato {altrimenti avremmo sostituito On con n 01&). Sia
1&=1
Xl& un punto
·Gn (.x) di questa base tale che x E Gn (.x) c: Oa.. La collezione degli arbitrario di M, contenuto· in O" (k = 1, 2, ... ). & chiaro che
insiemi Gn (x) cosi scelti è finita o numerabile e ricopre tutto T. tale~" esiste, altrimenti .x non sarebbe punto di aderenza per M.
Scegliendo per ogni Gn (x) uno degli insiemi Oa. che lo contiene, La successione {x"} converge, evidentemente, a x.
•90
91
·magine inversa della topologia 't {cioè la collezione di tutti gli
Come abbiamo già detto, tutti gli spazi metrici soddisfano- insiemi j-1 (G) dove G E T) sarà una topologia in X.
al primo assioma di numerabilità. Questa è esattamente la ragione· Per dimosirare questa proposizione, è suffici~~te rico~dare ~
per cui abbiamo potuto formulare le nozioni di chiusura, di punto teoremi sull'immagine inversa della somma e dellmtersez10ne dt
di aderenza ecc. in termini di convergenza delle successioni per insiemi (si veda § 2, capitolo I). Indichia~o. questa topologi~ con
gli spazi metrici. .1-1 (T). Se ora X e Y sono spazi topolog1c1 con le topologie 'tx
5. Applicazioni continue. Omeomorfismo. La nozione di ap- f(O)
o
plicazione continua, che abbiamo introdotto per gli spazi metrici
nel § 1, si generalizza in modo naturale a spazi topologici qual-
siasi.
Definizione. Siano X e Y due spazi topologici. Un'applica-
zione f dello spazio X nello spazio Y si dice continua in un punto x()
se per ogni intorno uIlo del punto Yo = l ~X o) e~ist~ un intorno v~
del punto x 0 tale che f (Vx0) c U110 • L apphcazwne f: X-+ Y
.. rcrzJ
si dice continua qualora sia continua in ogni punto x E X. In par- Fig. u
ticolare, un'applicazione di uno spazio topologico ~ nella retta il teorema 6 può essere formulato come segue: l'applicazione f:
~'t
numerica è detta funzione continua su questo spazio. X~ Y è continua se e soltanto se la topologia 'tx è più forte della
R facile provàre che per gli spazi metrici questa definizione si topologia /-1 (Ty)· . .
trasforma effettivamente nella definizione di continuità dell'ap- Dal fatto che l'immagine inversa del complemento sta Il
plicazione di uno spazio metrico in un altro, la quale è stata data -complemento dell'immagine inversa risulta un teorema duale
nel § 1. . . , del teorema 6.
La definizione enunciata ha carattere« locale». La contmUita Teorema 6'. Affinché l'applicazione l di uno spazio topologico
dell'applicazione f in tutto X è definita mediante la continuità. X in uno spazio topologico Y sia continua, è necessario e sufficiente
di f in ogni punto. Si trova che la nozione di continuità dell'ap- -che l'immagine inversa di ogni insieme chiuso di Y sia chiuso (in X).
plicazione di uno spazio topologico in un altro può essere form~ R facile stabilire che l'immagine di un insieme aperto (chiu-
lata in termini di insiemi aperti, cioè in termini della topologw· so) in un'applicazione continua_ no~ è ~ece~sariame~~e aperto
di questi spazi. (chiuso). Consideriamo, ad esemp_10, l apphcaz10~~ d.ellmtervallo
Teorema 6. A/finché l'applicazione f di uno spazio topologico X semichiuso X = [0, 1) nella . CirConferenza. ~ mste~e. fi/2, 1)
in uno spazio topologico Y sia continua, è necessario e sufficiente che -chiuso in [0, 1) si trasforma, m questo caso, m un ms1eme non
l'immagine inversa r = J- 1 {G) di ogni insieme aperto G c Y .da -chiuso sulla circonferenza (fig. 11).
aperta (in X). L'applicazione si chiama al?erta •. se .trasforma ogni insiem~
Dimostrazione. Necessità. L'applicazione f sia continua e G .aperto in uno di nuovo aperto .. L app!tca~JOne, c~e trasforma ogm
sia un insieme aperto in Y. Dimostriamo che r = j-1 (G) è aperto. insieme chiuso in un altro chmso, SI chtama chtusa.
Sia x un punto arbitrario dell'insieme re sia y =l (z). Allora G Per le applicazioni continue sussiste il seguente teorema, ana-
è un intorno del punto y. Per definizione di continuità, esiste un logo al teorema sulla continuità della funzione composta, ben noto
intorno V x del punto x tale che t (Vx) c G, cioè V x c r. In altre- -da Il' analisi.
parole, se x E r, esis~e un intorno V x di questo punto, contenuto. Teorema 7. X, Y e Z siano spazi topo logici e l e cp siano appli·
in r. Ma ciò signifléa che r è aperto. -cazioni continue di X in Y e di Y in Z, rispettivamente. Allora
Sufficienza. Sia r = r 1
{G) aperto se G c Y è aperto.( Con- l'applicazione x .- cp (f (x)), dello spazio X, in Z è co~tinua ..
sideriamo un punto arbitrario x E X e un intorno qualsiasi Uu · La dimOstrazione di questo teorema si deduce Immediatamente
del punto y = f (x). Poiché y E U Y• il punto x appartiene all'in- dal teorema 6. · · ·
sieme f- 1 (Uy). Questo insieme aperto è un intorno del puntox La- nozione di omeomoi'fismo·, introdotta neq 1 per gli spazi
la cui immagine è contenuta in U y· •
metrici, si estende agli spa~i topologi~i, e cioè ~'appli~azi~ne l
Osservazione. Siano X e Y due insiemi qualsiasi e l un'applica- di uno spazio fiopologico X m uno spazio topologtco Y Sl ch1ama
zione di X in Y. Se in Y è assegnata una certa topologia 't {cioè- 1Jmeomor.fismo se essa ~biunivoca e. bicontinua.' mentre gli spazi X
un sistema di insiemi contenente 0 e Y e chiuso rispetto alle ope- e Y sono detti omeomorfi. Gli spazi omeomorf1 godono delle stesse
razioni di somma qualsiasi e di intersezione finita), allora l'im,_
'93
92
proprietà topologiche e si possono considerare, dal punto di vista più, come è facile provare, l'assioma T 1 equivale esattamente alla
topologico, come due esemplari di un medesimo spazio. Le im- condizione di chiusura di tutti questi insiemi. .
magini e le immagini inverse in due spazi topologici omeomorfi Abbiamo definito sopra (si veda la pag. 85) un punto d'ac-
fungono da topologie. La relazione di omeomorfismo è riflessiva; cumulazione x dell'insieme M nello spazio topologico T come un
simmetrica e transitiva; pertanto la collezione di tutti gli· spazi punto per il quale l'intersezione Un M" {x} è non vuota. Qui U
topologici si divide in classi non intersecantisi di spazi omeomor- è un intorno qualsiasi del punto x.
fi. Negli spazi, che non verificano l'assioma T 1 , i punti d'a ecu.
Osservazione. Si deve tener conto che le proprietà metri- mulazione possono avere anche degli insiemi M composti da un
che di due spazi metrici omeomorfi possono essere distinte 1• numero finito di punti. Sia T lo spazio di due punti connessi con
Così, uno di essi può essere completo e l'altro no. Ad esempio, la topologia composta da 0. {b} e {a, b}. Allora a è punto d'ac-
l'intervallo aperto (-n/2, n/2) è omeomorfo alla retta numerica cumulazione dell'insieme M = {b}.
(il corrispondente omeomorfismo può essere assegnato mediante- Questo fenomeno non può più verificarsi nei T 1-spazi, e pre-
la funzione x-+ tg x), ma in questo caso la retta è uno spazio com- cisamente è vera la seguente affermazione.
pleto e l'intervallo no. Lemma. Affinché x sia punto d'accumulazione di un insieme
M in un T 1 ~spazio, è necessario e sufficiente che ogni intorno U
6. Assiomi di separazione. Sebbene molte nozioni fonda- di questo punto contenga infiniti punti di M.
mentali della teoria degli spazi metrici si estendano facilmente a La sufficienza di questa condizione è evidente. Stabiliamone
spazi topologici arbitrari, cionondimeno, questi spazi rappresen- la necessità. Sia x un punto di accumulazione di M; supponiamo
tano un oggetto troppo generale dal punto di vista dei problemi che esista un intorno U del punto x che contenga soltanto un nu-
di analisi. Qui vengono a crearsi delle situazioni che differiscono mero finito di punti di M. Siano xlt x 2 , • • • , xn tutti questi punti,
n M'
essenzialmente da quanto può verificarsi negli spazi metrici. Così .. tranne il punto stesso x (se esso appartiene a M). Allora V =
abbiamo visto che un insieme finito di punti in uno spazio topolo- = lJ = {xl, ... , Xn} è un intorno di x e v {x}= 0.
gico può non essere chiuso (esempio 4, pag. 86) ecc. Ogni spazio metrico è chiaramente un T 1-spazio. Per questa
Fra gli spazi topologici si possono individuare quelli che per ragione la proprietà indicata nel lemma è stata assunta quale
le loro proprietà sono più vicini agli spazi metrici. A tal fine si definizione di punto di accumulazione di un insieme nello spazio.
devono aggiungere agli assiomi 1° e 2° di spazio topologico (pag. 85) metrico.
varie condizioni complementari. Servono come esempio di tali L'assioma T 2 rappresenta u·n rafforzamento del primo assioma
condizioni gli assiomi di numerabilità che permettono di studiare- di separazione.
la topologia di uno spazio in base alla nozione di convergenza. Assioma T 2 (secondo assioma della separazione o di Hausdorff):
Un altro tipo importante di condizioni aggiuntive è costituito da. due punti distinti qualsiasi x e y dello spazio topologico T hanno
esigenze di natura diversa, ossia dagli assiomi, detti di separazione. intorni non intersccantisi Ox e 0 11 •
Diamo questa serie di assiomi nell'ordine del loro graduale raf- Gli spazi che verificano questo assioma sono detti T 2 -spazi
forzamento. o spazi di Hausdorjj. Ogni spazio di Hausdorff è un T 1-spazio;
Assioma T 1' (primo assioma di separazione): per due punti l'inverso non è vero. Come esempio di T 1-spazio non di Hausdorff
distinti x e y dello spazio T esiste un intorno O::c del punto x non può servire l'intervnllo [0, 1], in cui sono supposti aperti l'in-
contenente y e un intorno 0 11 del punto y non contenente :x. sieme vuoto e tutti gli insiemi che si ottengono eliminando in
Gli spazi soddisfacenti a questo assioma sono detti T 1-spazi. questo intervallo non più di un insieme numerabile di punti.
Due punti connessi P.OSSono servire come esempio di uno spazi1> Assioma T 3 (terzo assioma di separazione); .ogni punto e un
topologico che non è un Trspazio. insieme chiuso che non lo contiene hanno iìisiemi· non interse-
Ogni .punto di un T 1-spazio è un insieme chiuso. lnfatti, se- cantisi. In questo caso ogni insieme aperto U contenente M si
x =1= y, allora esiste ·un intorno 0 11 del punto y non eontenente x; chiama intorno dell'insieme M nello spazio topologico T.
vale a dire che y ~[xl. Perciò fx) =x. Di conseguenza, ·ogni · A questo assioma si può dare la seguente enunciazione equi-.
ìnsie~e finito di punti è anch'esso chiuso in un T1-spazio .. Per di valente:
Ogni intorno U di un punto qualsiasi x contiene un intorno.
. l La metrica dello spazio R definisce univocamente la topologia ma
più piccolo dello stesso punt.o, appartenente a U assieme alla sua
non viceversa: una medesima topologia in R = (X, p) può eilsere ottenuta chiusura. · ·
asse~:Dando in X metriche diverse. · Si lascia al lettore la dimostrazione a titolo di esercizio.
.94 95.
Poiché in uno spazio topologico arbitrario un punto può ~ome _Proprietà. e~editaria serve la regolarità, detta completa,
non essere un insieme chiuso, il terzo assioma presenta interesse degh spazi topologicl, che rappresenta un importante rafforza-
soltanto per gli spazi che verificano l'assioma TI. Gli spazi che mento della proprietà ·di regolarità. Un Trspazio topologico è
verificano entrambi gli assiomi TI e T 3 sono detti regolari. detto completamente regolare se per ogni insieme chiuso F c: T
E evidente che ogni spazio regolare è uno spazio di Hausdorff. e ogni punto x 0 E T"'-F esiste una funzione reale/, continua in T,
Come esempio di spazio di Hausdorff che non è regolare può ser- uguale a zero nel punto x 0 e a uno in F e soddisfacente alla condi-
vire l'intervallo [0, 1], nel quale gli intorni di tutti i punti, tranne zion~ O <.(.<x) <
1. O~ni spazio ~ormale è ~ompletamente rego-
il punto O, sono definiti usualmente, mentre come intorni dello lare , ma l m verso non e vero. Ogm sottospaz1o d1 uno spazio com-
zero· sono presi tutti gli intervalli semichiusi possibili [0, a) nei pletamente regolare (in particolare, normale) è esso stesso com-
quali sono eliminati i punti di tipo 1/n (n = 1, 2, ... ). E uno pletamente regolare. A. N. Tichonov, cui appartiene anche la defi-
spazio di Hausdorff, ma in esso il punto O e l'insieme chiuso {1/n} nizione stessa di spazio completamente regolare mostrò che la
che non lo contiene non sono separati l'uno dall'altro da intorni classe degli spazi completamente regolari coincide con la classe
non intersecantisi, cioè l'assioma T 3 non è verificato. di tutti i sottospazi degli spazi normali. Dal punto di vista del-
Di solito, in analisi non si incontrano spazi più generali che ~'analisi~ gli s~azi.completamente regolari sono importanti perché
quelli regolari. Per di più, come regola, gli spazi che presentano •r;t questi spazi esistono.<< a~basta'?z~ & _fu'?zioni continue, e pre-
interesse dal punto di vista dell'analisi verificano la più forte cisamente: per una coppia di punt1 d1stmti x, y dello spazio com-
condizione seguente, detta di normalità dello spazio. pletamente regolare T esiste una funzione continua, definita in T
Assioma T 4 (assioma di normalità): un T1-spazio è detto nor- e suscettibile di assumere valori diversi in questi punti.
male se in esso due insiemi chiusi non intersecantisi hanno intorni
non intersecantisi. 7. Modi diversi per assegnare la topologia di uno spazio. Me-
Fra gli spazi normali rientrano in particolare tutti gli spazi trizzahilità. Il modo più diretto per assegnare la topologia in uno
metrici. Infatti, siano X e Y due insiemi chiusi non intersecantisi spazio è quello di indicare immediatamente gli insiemi da ritenere
nello spazio metrico R. Ogni punto x E X ha un intorno Ox non aperti. La collezione di questi insiemi deve soddisfare alle con-
intersecantesi con Y e, di conseguenza, si trova a una certa distan- dizioni 1° e 2° (si veda la pag. 85). Un modo equivalente duale
za positiva Px da Y. Analogamente ogni punto y E Y è separato al primo, consiste nell'indicare la ·collezione degli insiemi' chiusi
da una distanza positiva Pu da X. Consideriamo gli insiemi aperti 1 che deve soddisfare, evidentemente, alle condizioni 1 e 2 (pag. 85).
Ma ~ono rari i ca.si in cui questo modo di fatto può essere applicato.
U =U B (x,
:~:ex
Pxl2) e V= U B (y,
11EY
py/2) ~os1, per esempio, anche nel caso del piano è poco probabile che
SI possa dare una descrizione diretta di tutti i sot.toinsiemi aperti
contenenti X e Y, rispettivamente, e mostriamo che la loro inter- (come si riesce a fare per la retta; teorema 5, § 2).
sezione è vuota. Supponiamo che z E U n V. Allora in X esiste Un modo per assegnare una topologia, assai diffuso consiste
un punto x 0 tale che p (x 0 , z) < Pxrf2, e in Y un punto Yo tale nel determinare una base; infatti, questo modo permette' di intro-
che p (z, y 0 ) < Pu/2. Per fissare le idee, ammettiamo che P:~:e <. durre una topologia negli spazi metrici dove, basandosi sulla
< p110• Allora metrica, assegnamo una base, ossia l'insieme delle sfere aperte.
P (xo, Yo) <. P (xo, z) +
P (z, Xo) < P:~:/2 + Puof2 < Puo• Un altro fra i modi possibili per assegnare la topologia nello
spaz~o è ~uello _di int:~durvi la nozione di convergenza. Ma al di
cioè x 0 E B (y 0 , p11.), ma ciò contraddice la definizione di Puo· fuori d_egh spaz~.metriCl questo modo non sempre è comodo poiché,
La nostra affermazione è quindi dimostrata. ~o~e e stato g1a d~tto nel n~ 4, non sempre il passaggio da un
Ogni sottospazio di uno spazio metrico è esso stesso uno spazio InSieme alla sua chmsura puo essere descritto in termini di suc-
metrico e pertanto gode ancora della proprietà di normalità. In c~ssioni converg~nti. Ma si può ~endere universale questo proce-
generale, ciò non è vero per spazi normali arbitrari: un sottospazio dimento generalizzando appropriatamente la nozione stessa di
di uno spazio normale non è necessariamente normale. Quindi, successione conv~rgen!e (si veda, ad esempio, (291, capitolo 2).
la normalità di uno spazio non è una proprietà ereditaria 2 • Una topologta puo essere introdotta in uno spazio definendovi
t Qui, come al solito, B (z, r) è una sfera aperta di raggio re centro z.
1
Quest~ fatto (per ~i ente evidente) deriva. dal ~eguente teorema d.i
Il La proprietà P si dice eredltarta se dal fatto che di essa gode uno P.s .. Urysohn •.~ T è sp~z1o no!male c ,F1 , ~2 due suor sottoinsiemi chiusi
-spazio topologico dato T deriva che di essa godono ugualmente tutti i suoi non mtcrsecan~ISI, allora m ~esiste una funzione continua f, O :s;;; t (z) ~t,
sottospazi. ':Jguale a zero ID F 1 ·e a· uno m-F2 .: · · · ·
96 97
assiomaticamente l'operazione di chiusura, e precisamente:. si Inversamente, la retta, il piano e lo spazio tridimensionale servono
dice che nell'insieme M è data un'operazione di chiusura se a Cia- come esempi di spazi non compatti.
scun A c X è associato un certo insieme [A] c X, detto chiusura Una famiglia di sotto insiemi {A} dell'insieme T si dice cen-
di A, e se, inoltre, l'operazione di passaggio da A ad [A] g_ode delle n
proprietà 1)-4) enunciate dal teorema 1 de~ § 2. _In se~mto, dopo lrata se ogni intersezione finita nAi di elementi di questa fami-
aver definito gli insiemi chiusi come quelh per 1 quah [A 1 = A, i=t .
è facile mostrare che questa classe di in~i~mi soddis.fa alle condi· glia è non vuota. Dalla definizione formulata di compattezza e
zioni 1 e 2 (pag. 85), cioè che essa defmtsce effettivamente una dalle relazioni di dualità deriva il seguente teorema.
topologia in X. . , . . , .. Teorema t. Affinché lo spazio topo logico T sia compatto a
Quello di assegnare la metrtea ~ uno dm procedimenti PI!-1 necessario e sufficiente che soddisfi alla condizione: ·
importanti per introdurre la topologta, anche se questo R_ro~edt (R) ogni famiglia centrata di suoi sottoinsiemi chiusi ha inter-
sezione non vuota.
mento è ben lungi dall'essere universale. Come abb1amo gt~ VIsto,
ogni spazio metrico è normale e verifica il primo assio~a d1 nume- Infatti, {Fa:} sia una famiglia centrata di sottoinsiemi chiusi
rabilità. Ma se lo spazio è privo anche di una sola d1 queste ~ro di T e T sia compatto. Gli insiemi G11 = T'-.Fa. sono aperti e,
n
prietà, è impossibile introdurvi la tol!ologia .con qualche ~etrtc.a.
Definizione. Lo spazio topologtco T e ~etto metrzzza?~le
inoltre, dal fatto che nessuna intersezione finita Q{t è non vuota
se la sua topologia può essere assegnata me~t~nte una m~tr1c~. segue che nessuna famiglia finita di insiemi Gi = T"-.F1 ricopre
In virtù di q~esta defini.z~o!le, la norma~1~a ~ello spaz1~ e ~~ tutto T. Ma allora neanche tutti i G11 formano un ricoprimento
primo assioma di numerabthta sono condiztom necessarze dt n
(compattezznl), e ciò significa che F11 =l= 0. Dunque, se T
metrizzabilità di uno spazio. Al tempo s~esso.' esse non so~o suf- è compatto, la condizione (R) è soddisfatta. Inversamente, T
ficienti né considerate separatamente, ne assieme. Tuttavia sus- soddisfi alla condizione (R) e {Ga.} sia un ricoprimento aperto
siste il seguente teorema dovuto a P.S. Urysohn: . . . n
dello spazio T. Ponendo Fa.= T'-...Ga., otteniamo che Fa. ::fo 0
Atfinché uno spazio topologico a base numerabzle sza metrzz- e da qui risulta (la condizione (R)) che la famiglia {F11 } non può
zabile, è necessario e sutficiente che esso si!L normale. . •
La necessità di questa condizione è chtara; per la dtmostraztone essere centrata, vale a dire esistono F 1 , ••• , Fn tali che QFi =
n
98
99
Poiché un sottospazio di uno spazio di Hausdorff è aneh esso
di Hausdorff, deduciamo: · aperti di l (X). Poniamo Ua. = 1-1 (Va.)· Gli insiemi U· sono
Corollario. Un sottoinsieme chiuso di un compatto è un com- ap~rti (_com_e imma~ni inverse degli insiemi aperti risp~tto a
patto. u!l apphcaz1one contmua} e formano un ricoprimento dello spa-
ZIO X. Essen?o X. compatt?,. da questo ricoprimento si può estrar-
Teorema 4. Un compatto è chiuso in qualsiasi spazio di Haus-
r~ u':l sottor1copr1mento fm1to U11 U 2 , • • • , Un. Allora gli in-
dorft che lo contiene.
Dimostrazione. K sia un insieme compatto nello spazio di siemi V11 V2, .•• , Yn, dove Vt =l (U 1), ricoprono tutta l'im-
magine f (X) dello spazio X.
Hausdorff T e y Et K. Allora per ogni punto x E K esistono
un intorno U x del punto x e un intorno V x del punto y tali che Teorema 7. Un'applicazione biunivoca e continua q> del com-
patto X in uno spazio di H ausdorff Y è un omeomorfismo.
uxn v.%= 0· Dimostrazione. Bisogna mostrare che dall'ipotesi del teorema
Gli intorni U x formano un ricoprimento aperto dell'insieme K. dis~en~e la c~ntin?ità dell'applicazione inversa q>-1. Siano F
In virtù della compattezza di K, da esso si può ricavare il sottori- u!l •,ns•eme chiuso 10 X e P = q> (F) la sua immagine in Y. In
coprimento finito Ux 1 , U:.: 9 , • • • , U:x:n . Poniamo v1rtu del teorema precedente, P è compatto e, quindi chiuso in Y.
1':1 tal. ~o~o I'im~agine inversa ri.spetto al~'appiicazione q>-1
v= v:, nvx. n... nv=n. d1 ogm IDSieme chmso F c X è ch1usa. E cio significa esatta-
mente che l'applicazione q>-1 è continua.
Allora V è un intorno del punto y non intersecante U x1 U U x1 u...
• . . U U Xn ::> K. Di conseguenza, y Et [K) e, quindi, K è 3. F~ioni continue e semicontinue negli spazi compatti.
chiuso. Il teorema è dimostrato. ~el n. 2 ab~1am? trattato le applicazioni continue di un compatto
I teoremi 3 e 4 mostrano che nella classe degli spazi di Haus- 10 ~o. spaz1o d1 Ha~do~ff.. Un. caso particolare di queste appli-
dorff la compattezza è una proprietà intrinseca dello spazio, vale caziOni sono le apphcaz10m de1 compatti nella retta numerica
a dire che ogni compatto resta compatto, qualunque sia lo spazio cioè le funzioni numeriche dei compatti. Per queste funzioni si
di Hausdorff plù grande in cui lo includiamo. . conservano le proprietà fondamentali delle funzioni in un inter-
Teorema 5. Ogni compatto è uno spazio normale. vallo chiuso, note dall'analisi.
Dimostrazione. X e Y siano due sottoinsiemi chiusi non inter- Teorema 8. Siano T uno spazio compatto e l una funzione con-
secantisi del compatto K. Riprendendo i ragionamenti di cui ci tinua in esso. Allora l è limitata in T e raggiunge in T i suoi estremi
siamo serviti per la dimostrazione del teorema precedente, vediamo superiore e inferiore.
facilmente che per ogni punto y E Y esiste un suo intorno U'fl . Dimostrazione. Una funzione continua è un'applicazione con-
e un insieme aperto O" ::> X tali che U 11 n O'fl = 0. Abbiamo tmua di T nella retta numerica R 1 • L'immagine di T in R1 è
dimostrato così che ogni compatto è regolare. Ora y vari nell'in- compatta in accordo con il teorema 6. Ma, come è noto al lettore
sieme Y. Estraiamo dal ricoprimento {U11 } dell'insieme Y il dal corso di analisi (si veda anche il n. 2 del § 7), un sottoinsieme
sottoricoprimento U 1w ... , U11n. Allora gli insiemi aperti compatto della retta numerica è chiuso e limitato e perciò non
soltanto ammette l'estremo superiore e inferiore, ma contiene
o< 0 =0u,n ... noun e o< 2>=U11 ,U ... UUun anche questi estremi. Il teorema è dimostrato.
soddisfaranno alle condizioni . Esercizio. Sia K uno spazio metrico compatto e A un'applicazione di:K
l)(.l) ::>x, e 0(1) n 0(2) = 0.
l)(2) ::> y lo s.é tale che P. (Az, Ay) <p (z, y) per :r ;f:: y. Mostrare che l'applicazione A
ha m K un un1co punto fisso.
ciò che significa esattamente la normalità. Le affermazioni del teorema 8 ammettono una generalizzazione ad una
classe di funzi~ni più larga, e cioè alle funzioni dette semicontinue.
2. Applicazioni continue negli spazi compatti. Le applicazioni Una funz1one l (z) è detta semicontinua ln/eriarmente (superiormente)'1 in
continue negli spazi compatti e, in particolare, nei compatti veri un punto z 0 se per ogni e> O esiste un intorno del punto z 0 tale che J (:r) >
e propri godono di alcune proprietà interessanti e importanti.
> l (zo) - e (z;ispettivam_ente f (z) <; f (z0 ) +e).
. Per es~mp1o, la funz1one « parte mtera di :r i, 1 (z) = E (:r) è semicon-
Teorema 6. L'immagine di uno spazio compatto in un'appli- t!nua supe!Iorm!'nte. Aumentando (diminuendo) il valore 1 (z0 ) di una fun-
cazione continua è uno spazio compatto. Zione contmua ID un solo punto z 0 , otteniamo una funziono seniicontinua
superiormen~ (i~~;feriormente). Se l (z) è semicontinua superiormente, allora
Dimostrazione. Siano X uno spazio compatto e l una sua -1 (z) l? è l';Ifer1ormente. Queste due osservazioni permettono immediata-
applicazione continua in uno spazio topologico Y. Consideriamo mente ~l f!JrDire un gran numero di esempi di funzioni semicontinue.
un ricoprimento {Va.} dell'immagine l (X) mediante insiemi Studiando le proprietà di semicontinuità delle funzioni reali è como-
do supporre che esse assumano valori infiniti. Se 1 (z0 ) = - oo, supporremo
iOO
f01
la funzione l semicontinua inferiormente nel punto z 0 ; se invece per ogni tanto esisto un intorno U del punto z 0 tale che f (x) > f (x0 ) - 1 por z E U.
h > O esiste un intorno del punto z 0 in cui f {z) < - h, supporremo la fun- Ma allora l'intorno D può contenere soltanto un numero finito di punti del-
zione l semicontinua anche superiormente nel punto z0 • l'insieme {zn}, e ciò in contraddizione con il fatto che z 0 sia un punto d'accu-
Se l (z0 ) =+co, la funzione l sarà supposta semicontinua superior- mulazione di questo insieme. .
mente in z 0 ; se per ogni h > O esiste un intorno del punto .z:0 in cui f (z) > h, Analogamente il teorema si dimostra nel caso di una funzione semicon-
la funz.ione l sarà supposta semicontinua anche inferiormente nel punto :.:0 , tinua superiormente.
S1a l (z) una funzione reale nello spazio metrico R. Si chiama limite Teorema Sb. Una funzione finita semicontinua inferiormente (superiormen-
&lfperiore l (z0) della funzione l (z) nel punto z 0 la grandezza (finita o infinita) te) nel T1-spazio compatto T raggiunge ll suo estremo inferiore (superiore).
bm ( sup l (z)]. Il limite inferiore l (z0) si definisce analogamente sosti- La funzione f (x) sia semicontinua inferiormente. Allora, in accordo con
a-+D ~E B(~o. 8) - il teorema Sa, essa ha l'estremo inferiore finito ed esisto una successione {xn}
tuendo all'estremo superiore quello inferiore. La differenza m/ (z0) = j (z0) - tale che l (zn) < inf f t~)+ 1/n.
- [ (zo) (qualora abbia senso, cioè se i numeri l (z0) e f (z0) non sono uguali Essendo T compatto, l'insieme {znl ha un punto d'accumulazione z 0 •
Se fosse f (x0) > inf f, allora, in virtù della semicontinuità inferiore della
all'infinito col medesimo segno) si chiama oscillazione della funzione f (z) funzione/, esisterebbero un intorno U del punto x0 e un 6 > Otali chef (x) >
nel punto z 0 • E: facile vedere che per la continuità di f (z) nel punto z 0 è neces- > inf f + 6 per x E U; ma allora l'intorno U non potrebbe contenere nessun
sario e sufficiente che mf (z0 ) = O, cioè che -co < f (z0) = f<z0) < co. sottoinsieme infinito dell'insieme {xn}· Quindi, f (z0) = inf /,come dovevasi
Qualunque sia la funzione f (z) definita in uno spuio metrico, la fun- - dimostrare.
zione7 (z) sarà semicontinua superiormente e f (z) semicontinua inferiormen-
te. Ciò discende immediatamente dalle definizioni di limite superiore e in- 4. Compattezza numerabile. Introduçiamo la seguente defini-
feriore. zione.
Consideriamo uno spazio metrico M, i cui elementi z sono tutte le Definizione. Uno spazio T è detto compatto numerabile se
funzioni reali. limitate cp (t), assegnate su un intervallo chiuso [a, b). La
metrica in M è data dall'uguaglianza ogni suo sottoinsieme infinito contiene almeno un punto limite.
p (z, u) = p (cp, 11>) = sup 1cp (t) -w (t) l·
Il teorema 2 dimostrato nel n. 1 significa che ogni spazio
a:s;t:s;b compatto è un compatto numerabile. L'inverso, in generale, non è
Come si suole fare, chiameremo funzionali le funzioni in M per distinguerle
vero. Ecco un esempio <<tradizionale» di spazio compatto nume-
dalle funzioni cp (t), che sono elementi di M. - rabile, ma non compatto. Consideriamo l'insieme X di tutti i
Consideriamo un caso importante di funzionale semicontinuo. numeri ordinali a. minori del primo numero ordinale non nume-
Definiamo come funzionale la lunghezza della curva y= f (z) (a~z<b) rabile ro 1 • Si dice intervallo (a., ~) in X la collezione di tutti i
R numeri ordinali '\' che verificano le disuguaglianze a. < '\' < ~·
Lg (/)=sup ~ Y (zt -zH)11 +(1 (z,)- f (z,_1 ))11 , Si dice insieme aperto di X l'unione di un numero qualsiasi di
l=l intervalli aperti. 15 facile provare che lo spazio cosi costruito è
dove l'estremo superiore (che può essere uguale a +co) si riferisce a tutte le compatto numerabile, ma non compatto.
suddivisioni _possibili dell'intervallo [a, b]. Questo funzionale è definito in La relazione esistente fra .le nozioni di compattezza e di
tutto lo spaz1o M. Nel caso delle funzioni continue esso coincide con il valore compattezza numerabile diventa chiara dal seguente teorema.
del limite
Teorema 9. Affinché uno spazio topologico sia compatto nume-
R
rabile è necessario e sufficiente che sia soddisfatta una delle due con-
lim ~ V(zt-Zt-1 ) 11 +(/(zf)-f(zi-1))1 • dizioni seguenti:
max Jz,-zi_1 1 ... O i= t
1) Ogni ricoprimento aperto numerabile dello spazio T contiene
Infine, per lo funzioni a derivata continua lo si può serivere come segue: un sottoricoprimento finito. .
b 2) Ogni sistema centrato di insiemi chiusi in T ha un'interse-
5y 1+ j't (z) dz. zione non vuota.
Dimostrazione. L'equivalenza delle condizioni 1) e 2) di-
a
scende immediatamente dalle relazioni di dualità. Inoltre se T
Il funzionale L!(/) è semicontinuo inferiormente in M, ciò segue facil- non è compatto nnmerabile, allora, riprendendo i ragionamenti
mente dalla sua definizione. fatti per la dimosti·azione del teorema 2, otteniamo che in T esiste
Il teorema sopra dimostrato si generalizza alle funzioni semicontinue.
Teorema Ba. Una funzione finita semicontinua Inferiormente (superior- un sistema centrato numerabile di insiemi chiusi ad intersezione
mente) nel T 1-spazlo compatto T è limitata inferiormente (superiormente). vuota. Quindi la sufficienza della condizione 2) (e anche della (1))
Supponiamo infatti che inf f (x) = -co. Allora esiste una successione è stabilita. Dimostriamo la necessità della condizione 2). T sia
{zn} tale che 1 (zn) <-n. Essendo compatto lo spazio T, il suo sottoinsie- compatto numerabile e {Fn} sia un sistema centrato numerabile
me infinito {zn} lia (in virtù del teorema 2) almeno un punto d'accumulazione
z0• La funziono l è, per ipotesi, finita e semicontinua inferiormente; por-
102 103
di insiemi chiusi in T. Mostriamo che nFn =fo. 0· Sia (contrariamente a quella di compattezza). Essa è comparsa, come
• si dice, « per inerzia ». Il fatto è che per gli spazi metrici (cosi
n come per quelli a base numerabile) queste due nozioni coincidono
<I>n =n Fk• (ciò che sarà mostrato nel paragrafo prossimo). Inoltre, la nozione
ko1 di compattezza per gli spazi metrici significava inizialmente
.B chiaro che tutte le <1>71 sono chiuse, non vuote (essendo {Fn} l'esistenza di un punto d'accumulazione in ogni sottoinsieme
centrato) e formano un sistema non crescente infinito, vale a dire la definizione di compattezza numerabile.
<1>1 :.::> $2 :.::> ••• , L'estensione «automatica» di questa definizione dal caso metrico
e che a quello topologico condusse alla nozione di spazio topologico
compatto numerabile. Talvolta in letteratura, e particolarmente
n<l>n=nF,.. in quella più vecchia, il termine «compattezza 1> è inteso come
n n
«compattezza numerabile », mentre uno spazio topologico, com-
Sono possibili i due casi seguenti: patto nella nostra terminologia, cioè in cui da ogni suo ricopri-
1) A partire da un certo n 0 si ha mento aperto si può ricavare un sottoricoprimento finito, si dice
<I>no = <I>no+l = • · · bicompatto. Inoltre, uno spazio di Hausdorff compatto (cioè un
compatto vero e proprio) porta il nome di bicompatto, e il termine
.An ora è evidente clién <IJn = <1>110 =F 0. «compatto» è riservato per indicare uno spazio metrico com-
n
2) Fra le llln esistono indefinite intersezioni a due a due di- patto. Ci atterremo ai termini sopra introdotti (compattezza, com-
stinte. Allora è sufficiente considerare il caso in cui tutte le llln pattezza numerabile); inoltre, chiameremo compatti anche gli
siano distinte. Sia spazi metrici compatti e << compatti metrici 1> nei casi in cui è
opportuno sottolineare l 'esistenza della metrica.
Xn E <!Jn '\. Cl>n+l•
La successione {x11 } rappresenta un insieme infinito di punti 5. Insiemi precompatti. Se l'insieme M, appartenente a uno
distinti di T; essendo T compatto numerabile, questa successione spazio di Hausdorff, è non chiuso in T, allora M non può essere
deve avere almeno un punto d'accumulazione, x 0 ad esempio. compatto. Per esempio, nessuno dei sottoinsiemi non chiusi della
Poiché <!Jn contiene tutti i punti X 11 , Xn+l• ••• , allora x 0 è un retta numerica è compatto. Tuttavia, può accadere che la chiusura
punto d'accumulazione di $ 71 e, essendo <IJ71 chiusa, x 0 E <IJ71 • [M] di questo insieme M in T abbia già la proprietà di compat-
Quindi, n <fln 3 Xo, cioè
n
n
<1>71 =fo 0.
n
· tezza. Questa condizione è verificabile, ad esempio, da un sottoin-
sieme limitato qualsiasi sulla retta numerica o nello spazio n-
Così, gli spazi compatti e compatti numerabili sono caratte- dimensionale. Introduciamo la seguente definizione.
rizzati anch'essi dal ((comportamento 1> dei loro ricoprimenti Definizione. L'insieme M, appartenente a uno spazio topo-
aperti. Sia nell'uno 'che nell'altro caso da un Ticoprimento aperto logico T, è detto precompatto (o spazio T relativamente compatto)
se ne può ricavare uno finito, ma nel primo caso si tratta di ri- se la sua chiusura in T è compatta. Analogamente, M si dice
coprimenti qualsiasi, nel secondo soltanto di ricoprimenti nume- precompatto numerabtle in T se ogni sottoinsieme infinito A c: M
rahili. ha almeno un punto limite (che può appartenere o meno a M).
Sebbene, nel caso generale, cl.alla compattezza numerabile La nozione di precompattezza (a differenza di quella di com-
non discenda la compattezza, è vero il seguente fatto. pattezza) è legata, evidentemente, allo spazio T nel quale un dato
Teorema 10. Per uno spazio a base numerabile le nozioni di insieme è considerato. Ad esempio, l'insieme dei punti razionali
compattezza e di compattezza numerabile coincidono. nell'intervallo (0, 1) è precompatto, qualora sia considerato come
Infatti, da un ricoprimento aperto qualsiasi dello spazio T sottoinsieme della retta numerica, ma esso non sarà precompatto
a base numerabile si può ricavare un sottoricoprimento numera- come sottoinsieme dello spazio di tutti i numeri razionali.
bile (teorema 5, § 5). Se invece T è per di più compatto numera- La nozione di precompattezza è piuttosto essenziale nel caso
bile, allora da quest'ultimo si può ricavare, in virtù del teorema degli spazi metrici, di cuifparleremo nel~paragrafo prossimo.
precedente, un sottoricoprimento finito. Si stabilisce così che T
è compatto.
Osservazione. La nozione di compattezza numerabile per uno
spazio topologico risulta essere di fatto poco felice e naturale
104 105
§ 7. Compattezza negli spazi metrici La distanza fra due qualsiasi di questi punti en e em (n :::fo
1. Insiemi totalmente limitati. Le definizioni e i fatti che
:::fo m) vale11'2. Si vede da qui che in S non può esserci una e-
abbiamo trattato nel paragrafo precedente si estendono agli spazi rete finita per nessun e < V2!2.
metrici, i quali rappresentano un caso particolare di spazi topo- 3. Consideriamo in l 2 l'insieme II di punti x= (xu x 2 ,
logici. Nel caso metrico la compattezza è strettamente legata alla ••• , Xn, ••• ) che verificano le condizioni
nozione di insiemi totalmente limitati che ora introduciamo. l X1 l .:::;;: 1, l X2 l ~ 1/2, •• •t l Xn l .:::;;: 112n-t, •••
Sia M un insieme nello spazio metrico R e e un numero posi-
tivo. L'insieme A diR è detto e-rete di M se per ogni punto x E M Questo insieme è detto parallelepipedo fondamentale («mattone
esiste almeno un punto a E A tale che hilbertiano ») dello spazio l 2 • Esso serve come esempio di un
insieme infinito totalmente limitato. Per dimostrarne la limita-
p (x, a) ~ e. tezza totale, procediamo ·come segue.
(L'insieme A non è contenuto necessariamente in M e può anche Sia dato e >O. Scegliamo un n tale che si abbia 112"-1 <
non avere con M nessun punto comune; tuttavia se A è una e-rete < e/2. Facciamo corrispondere a ciascun punto di II
di M, si può costruire una 2e-rete B c M.) (1)
·Ad esempio, i punti numerici interi formano nel piano una il punto
1/V2-rete. L 'insieme M si dice totalmente limitato se per ogni x* = (xlt x 2, •• •t Xn, O, O, •.. ) (2)
e > O esiste una e-rete finita. & chiaro che un insieme totalmente
limitato è necessariamente limitato come somma di un numero dello stesso insieme. Allora
finito di insiemi limitati. L'inverso, in generale, non è vero,
come mostra l'esempio 2 considerato più avanti.
Spesso è utile l'osservazione immediata seguente: se l'in-
sieme M è totalmente limitato, la sua chiusura lMJ è anch'essa
p (x, x•) =a V~
11=n+l
xl.:::;; V~ 4~ < 2n~1 < ; •
1lcon
totalmente limitata. L 'insieme II* dei punti della forma (2) di II è totalmente limitato
Dalla definizione di limitatezza totale deriva immediata- (come insieme limitato nello spazio n-dimensionale). Consideria-
mente quanto segue: se lo spazio metrico stesso R è totalmente limi- mo in II* una e/2-rete finita. E chiaro che essa sarà al tempo stesso
tato, allora è separabile. Costruiamo infatti per ogni n in R una una e-rete in tutto n.
1/n-rete. La loro somma rispetto a tutti gli n rappresenta un insie-
me numerabile ovunque denso in R. Poiché uno spazio metrico 2. Compattezza e limitatezza totale.
separabile ha base numerabile (teorema 4, § 5}, otteniamo che Teorema 1. Se lo spazio metrico R è compatto numerabile,
ogni spazio metrico totalmente limitato ha base numerabile. esso è totalmente limitato.
Esempi. 1. La limitatezza totale nello spazio euclideo n- Dimostrazione. Supponiamo che R non sia totalmente limi-
dimensionale coincide con la limitatezza ordinaria, c~oè con la pos- tato. Ciò significa che per un certo e0 >O in R non esiste una
sibilità di contenere un dato insieme in un cubo sufficientemente e0-rete finita. Consideriamo in R un punto arbitrario a 1 • In R
grande. Infatti, se questo cubo è diviso in cubi piccoli di spigolo e, esiste almeno un punto, a 2 ad esempio, tale che p (a 1 , a 2 ) > e0
i loro vertici formeranno una (Vni2) e-rete finita nel cubo ini- (altrimenti il punto a 1 sarebbe una e0-rete per R). Inoltre, in R
ziale e, a fortiori, in_..ogni insieme contenuto nell'interno di questo esiste un punto a 3 tale che p (a1, a 3 ) > e0 e p (a 2 , a 3) > e0 ,
cubo. altrimenti la coppia alt a 2 sarebbe una e0 -rete. Se i punti a1 , •••
2. La sfera unitaria S nello spazio l 2 fornisce un esempio di • .. , a 11 sono già fissati, consideriamo un punto a 11 +I E R tale che
insieme limitato, ma non totalmente limitato. Consideriamo p (a, ak+I) > e0, i= 1, 2, ... , k.
infatti in S punti della forma Questa costruzione fornisce la successione infinita a 1 , a 2 ,
e1 = (1, O, O, ••. , O, O, ••. ), non avente alcun punto limite, in quanto p (a 1, a1) > e0 per
i :::fo j. Ma allora R è non compatto numerabile, come dovevasi
e2 = (0, 1, O, ••. , O, O, ••• ), dimostrare.
Abbiamo mostrato così che per gli spazi metrici la compattez-
en = {0, O, O, ••. , 1, O, .•. ), za numerabile implica la limitatezza totale, la quale, a sua volta,
implica l'esistenza di una base numerabile.
106 107
In virtù del teorema 10 del § 6 di qui otteniamo il seguente e, quindi, anche la sottosuccessione infinita {x<,fl~ della succes·
risultato importante. . sione {xn}·
Corollario. Ogni spazio metrico compatto numerabile è com-
patto. 3. Sottoinsiemi prccompatti negli spazi metrici. La nozione
. Abbiamo mostrato che la limitatezza completa è una condi· di precompattezza, introdotta nel paragrafo precedente per i
z10ne necessaria di compattezza dello spazio metrico. Questa con- sottoinsiemi di uno spazio topologico arbitrario, è applicabile,
dizione non è sufficiente; ad esempio, l'insieme dei punti razionali in particolare, ai sottoinsiemi di uno spazio metrico. Inoltre, è
dell'intervallo IO, 1], con la distanza fra i punti definita in modo evidente che la nozione di precompattezza numerabile coincide
ordinario, è uno spazio totalmente limitato, ma non compatto: in questo caso con la nozione di precompattezza. Notiamo il
la successione dei punti di questo spazio seguente semplice ma importante fatto.
O; 0,4; 0,41; 0,414; 0,4142; ... , Teorema 3. Affinché l'insieme M appartenente allo spazio
metrico completo R sia preco.mpatto è necessario e sufficiente che
ci~è la successione delle approssimazioni decimali del numero esso sia totalmente limitato.
Y2-1, non ha in esso un punto d'accumulazione. Tuttavia sus- La dimostrazione deriva immediatamente dal teorema 2 e
siste il seguente teorema. dal fatto evidente che un sottoinsieme di uno spazio metrico com-
Teorema 2. Affinché lo spazio metrico R sia compatto è ne- pleto è anch'esso completo.
cessario e sufficiente che esso sia contemporaneamente L'importanza di questo teorema è dovuta al fatto che, di
1} totalmente limitato, solito, è più facile stabilire la limitatezza totale di insiemi anziché
2} completo. dimostrarne direttamente la precompattezza. Al tempo stesso,
Dimostrazione. La necessità della limitatezza totale è stata per applicazioni in analisi è importante, di solito, la precompattez·
già stabilita. La necessità della completezza è evidente· infatti za.
se fxn} è una successione fondamentale in R non avent~ limite,
voul dtre che questa successione non ha in R alcun punto d 'accu- 4. Teorema di Arze)à. La questione sulla compattezza degli
mulazione. insiemi di uno spazio metrico rappresenta un problema assai dif·
Mostriamo ora che se R è totalmente limitato e completo, fuso in analisi. Fra l'altro, il tentativo di applicalo direttamente
allora esso è compatto. In virtù del corollario del teorema f, il teorema 2 presenta delle difficoltà. Perciò per gli insiemi appar-
a tal fine è sufficiente stabilire che R è compatto numerabile tenenti a spazi concreti è utile dare criteri di compattezza (o di
cioè che ogni successione {xn} di punti in R ha almeno un punt~ precompattezza) speciali, che siano più comodi nella pratica.
d'accumulazione. La precompattezza di un insieme nello spazio euclideo n-
Costruiamo attorno a ciascuno dei punti che formano una dimensionale è equivalente, come abbiamo visto, alla sua limita·
1-rete in R una sfera chiusa di raggio 1. Poiché queste sfere rico- tezza. Tuttavia ciò non è più vero per spazi metrici più generali.
prono tutto R e il loro numero è finito, ne troveremo almeno una · Uno degli spazi metrici più importanti in analisi è C [a, b).
B1 ad esempio, che contenga una sottosuccessione infinita 3f.1t>, •. : Il più importante e spesso applicabile criterio di precompattezza
.•. , x~O, .•. della successione {xn}· Inoltre, consideriamo in B 1 per i suoi sottoinsiemi è fornito dal teorema di Arz.elà. Per enun-
una 1/2-rete e costruiamo attorno a ciascun punto di questa rete ciarlo, avremo bisogno delle nozioni seguenti.
un:'- sfera chiusa di raggio 1/2. Almeno una di queste sfere, indi- Una famiglia <l> di funzioni q> definite in un certo intervallo
chtamola con B 2 , contiene una sottosuccessione infinita :42>, ..• chiuso [a, b] si dice uniformemente limitata se esiste un numero K
••• , ~ >, ... della successione {xhl>). Quindi consideriamo
2
tale che
una sfera chiusa B 3 concentrica con B 2 e di raggio 1/4 contenente l q> (x) l< K
una sottosuccessione infinita xls>, •.. , x~s>, ... della successione
{xh2>} e via di seguito. Accanto a ciascuna sfera Bn, consideriamo per tutti gli x E [a, b} e per tutte le q> E <1>.
ora una sfera An concentrica, chiusa ma di raggio doppio. :B facile La famiglia <l> = {cp} è detta equicontinu.a se per ogni e >O
vedere che le sfere An sono incluse le une nelle altre. Poiché lo esiste un eS > O tale che
"" l q> (xl) - <p (x?.} l< s
spazio R è completo, l'intersezione nAn non è vuota ed è composta
n= l
di un solo punto x 0 • E un punto d'accumulazione della succes- per tutti gli x 1 e x 2 di [a, b) tali che p (x1 , x 2) < eS, e per tutte
sione iniziale {xn} poiché ogni suo intorno contiene una sfera Brc le cp· E <1>. · · ..
108 109
Teorema 4 (di Arzelà). Affinché una famiglia fl> di funzioni di e/5. Confrontiamo ora ogni funzione cp E <D con la spezzata
continue, definite nell'intervallo chiuso [a, b], sia precompatta in 'IJl (x) a vertici nei punti (x", y 1), cioè nei nodi della ret~ costruit~,
C [a, b] è necessario e sufficiente che questa famiglia sia uniforme- che nei punti x" differisce dalla funzione cp (x) meno d1 e/5 (l'esi-
mente limitata ed equicontinua. stenza di questa spezzata è evidente).
Dimostrazione. Necessità. La famiglia <Il sia precompatta in Poiché per costruzione l cp (x A) - 'IJl (x A) l < e/5, l q> (xll +J)-
C [a, b]. Allora secondo il teorema precedente per ogni e positivo - 'IJl (x11 +1) l< e/5, l cp (x")- cp (xh+J) l< e/5, allora
nella famiglia fl> esiste una e/3-rete finita cp1, cp 2, ••• , CJ>A· Ognuna
delle funzioni cpr, quale funzione continua in un intervallo chiuso, l 'Il (xA) - 'IJl (xli H) l < 3e/5.
è limitata: l cp1 (x) l < K,. Poiché fra i punti x 11 e xH 1 la funzione 'ljJ (x) è lineare, allora
Poniamo K = ma x K 1 +e/3. Per definizione di e/3-rete, l 'ljl (x") - 'ljl (x) l < 3e/5 per tutti gli x E [xli, xh+l].
per ogni cp E «l>, almeno per una cp, abbiamo Supponiamo ora che x sia un punto qualsiasi dell'intervallo
p (cp, CJ>i) = max l cp (x) - cp, (x) l ~ e/3. [a, b] e x 11 il punto più vicino alla sinistra di x fra quelli di divi-
x sione. Allora
Di conseguenza, l cp {x) - 'ljl {x) l < l cp (x) - q> (xk) l +
lcp(x)l~lcpdx)l+; <Kt++<K. + +
l cp {xli)- 'ljl (xli) l l 'ljl (xh)- 'ljl (x) l< e.
Quindi, le spezzate 'ljl (x) formano rispetto a <Il una e-rete. Il
Quindi, <Il è uniformemente limitata. loro numero è, evidentemente, finito; in tal modo <D è totalmente
Inoltre, poiché ciascuna delle funzioni cp 1 che formano la limitata. Il teorema è interamente dimostrato.
e/3-rete è continua e, quindi, anche uniformemente continua in
(a, bl, allora per e/3 dato esiste un 6 1 tale che 5. Teorema di Peano. Mostriamo come si applica il teorema di Arzelà
sull'esempio del seguente teorema di esistenza per le equazioni differenziali
l CJ>t (xt) - CJ>t (x2) l < e/3 ordinarie con secondo membro continuo.
Teorema 5 (di Peano). Sia data un'equazione differenziale
se l x1 - X2 l < 61.
Poniamo () = min 61• Per una funzione arbitraria cp E <n dg (3)
dx =!(x, y).
consideriamo cp1 tale che p (cp, cp 1) < e/3; allora per l :r1 - x, l<
<li avremo Se la funzione f è continua in un certo dominio chiuso G, allora per ogni punto
interno (x0 , y 0 ) di questo dominio passa almeno una curva integrale dell'equa-
l cp (xl) - q> (x9) l< l q> (xt) - 'Pi (xt) l + zione data.
Dimostrazione. Poiché la funzione t è continua in un dominio chmso,
•
+ l (J>I (Xt) - QJI (:rll) l + essa è limitata: 1 f (x, y) l < M = costante.
Tracciamo per il punto (x0 , y 0 ) le rette di coefficiente angolare M~ -M:
+ l cp, (:rll) - q> (xll) l < e/3 + e/3 + e/3 = e. Tracciamo inoltre, due rette verticali x = a e x = b tali che due trtangoh
di vertice ~omune (x0 , y 0 ) da esse tagliati giacciano interamente all'interno
La equicontinuità di Cb è anch'essa dimostrata. del dominio G.
Sufficienza. Cb sia una famiglia di funzioni uniformemente Questa coppia di triangoli forma l'insieme chiuso /l.
limitata ed equicontinua. Secondo il teorema 3 stabiliremo la Costruiamo ora per l'equa;r.ione data la spezza~~\ di Eulero nel seguente
sua precompattezza in C [a, b) se mostreremo che per essa esiste modo: tracciamo dal punto (x 0 , y0 ) una retta di caefficiente angolare f (xo,
in C [a, b] una e-rete finita qualunque sia e >O. Sia l cp (x) l K < y 0 ). Scegliamo su questa retta un punto (,r1 , y 1 ) e tracciamo per esso una retta
di coefficiente angolare f (x11 y 1). ~ceglia!Jl.o su questa retta un punto (~9 , {/2)
per tutte le cp E <Il, ·e 6 >O sia tale che l cp (xs) - q> (x2 ) l< e tracciamo per esso una retta d1 coeff1c1ente angolare l (x2 , y 2 ) e cos1 vta.
< e/5, l x1 - x 2 l < 6, per tutte le cp E Cb. Dividiamo l 'inter- Consideriamo ora una successione di spezzate di Eulero Lt, Ls, ... , Ln, . · ·
vallo chiuso (a, b] sull'asse x con punti x 0 = a1 < x1 < x 2 < passanti per il punto (x0 , y 0 ) e tali che la lu~ghezza del se~men~o pi~t gra~de
della spezzata Lk tenda a zero per k- oo. S1a IJ>k una funzwne li cm gra~1c0
< ... < Xn = b in intervalli aperti di lunghezza minore di 6 è la spezzata L". Le funzioni q>1 , <p2 , ••• , IPk• •.. godono delle propriCtà
e tracciamo per questi punti le rette verticali. Dividiamo l'inter- seguenti:
vallo chiuso [-K, K] sull'asse y con punti Yo = -K < y 1 < 1) sono definite sullo stesso intervallo chiuso [a, b],
< Y2 < ... < Ym = K in intervalli di lunghezza minore di 2) sono uniformemente limitate,
3) sono equicontinue.
e/5 e tracciamo per i punti di divisione le rette orizzontali. In Grazie al teorema di Arzelà, dalla successione {~p11 } si può ricavare una
tal modo, il rettangolo a < <
x b, -K <
y ~ K sarà diviso sottosuccessione uniformemente convergente. Sia cp<1l, q><2 l, ••• , q><kl, •••
in celle di lato orizzontale minore di 6 e di lato verticale minore questa sottosuccessione.
HO 1H
Poniamo tp (x) = lim cpckl (x) per k-+- oa. B chiaro che 'P (.~:0 } = Yo· 6. Continuità uniforme. Applicazioni continue dei compatti
Resta da verificare che q> soddisfa sull'intervallo [a, b) all'equazione diffe-
renziale data. A tal fine si deve dimostrare che per ogni e > O metrici. Per le applicazioni di uno spazio metrico in uno spazio
metrico, in particolare, per le funzioni numeriche degli spazi
l cp(.:t~!::,<x') f(x', !p(x')) l<e metrici, oltre alla nozione di continuità, è importante in analisi
la nozione di continuità uniforme: l'applicazione F di uno spazio
soltanto a condizione che 1 x." - x' l sia sufficientemente piccolo. Por dimo- metrico X nello spazio metrico Y è detta uniformemente continua
se per ogni 8 >O esiste un 6 >·0 tale che p 2 (F (x1), F (x 2)) < 8
r·
strarlo, si dove stabilire, a sua volta, che per valori di k sufficientemente ~
grandi ~·
, se p1 (x1 , x2 ) < 6 (qui p1 e p 9 sono le distanze negli spazi X e Y,
rispettivamente), mentre 6 dipende soltanto da 8 e non da x1 e x 2 •
Esercizio. Mostrare che la funzione numerica F (x) = su p x (t} è
soltanto a condizione che la differenza 1 x" - :c' 1 sia sufficientemente a~t~b
piccola. uniformemente continua nello spazio C la, b).
Siccome la funzione f è continua nel dominio G, per qualunque e > O
esiste un 1'J > O tale che
Per le applicazioni continue dei compatti metrici sussiste
l (x', u')- 8 <t (x, y) <t (x', y')+e (y' = 'P (.:t')) il seguente teorema che è una generalizzazione del teorema sulle
se funzioni continue in un intervallo finito, ben noto dal corso di
lx- x' l < 21) e l y - y' l < 4M1).
analisi elementare.
La collezione di punti (x, y) EG, che verificano queste due disuguaglian- Teorema 6. Un'applicazione continua di un compatto metrico
ze, rappresenta un certo rettangolo Q. Supponiamo ora che K sia così in spazio metrico è uniformemente continua.
grande che per tutti i k > K Dimostrazione. L'applicazione F del compatto metrico K
l cp (x) = !p(k) (x) l < 2.M1) nello spazio metrico M sia continua, ma non uniformemente con-
tinua. Ciò vuoi dire che per un certo e >Oeogni numero naturale
e che tutti i segmenti della spezzata ~ abbiano lunghezza minore di TI· n esistono in K dei punti Xn e x~ tali che p1 (xn, x~)< 1/n e, al
Allora per lx- x' 1 < 2'11 tutte le spezzate di Eulero 'Pck>, per le quali k > K, tempo stesso, p2 (F (xn), F (x~)) >
e, dove p1 e p2 sono le distanze
giacciono interamente all'interno del rettangolo Q.
Inoltre, siano (a0 , b 0 ), (a1 , b1), ••• , {an+t• bn+tl i vertici della spezzata in K e M, rispettivamente. Essendo K compatto, dalla successione
Lk e sia anche {xn} si può ricavare una sottosuccessione {xnk} convergente a
a0 < x' < 4t < a 2 < , . . < an < x" < an+l un punto x E K. Allora la sottosuccessione {x~h} sarà convergente
(per fissare le idee, supponiamo x" > x'; analogamente si considera il caso an ch 'essa a x; ma in questo caso per ogni k deve essere verificata
x" < x'). Allora per la funziono corrispondente cpck> abbiamo almeno una delle disuguaglianze
!pCk) (al) -cprk> (:c')= f (ao, bo) (al-x'),
p2 (F (x}, F (xnh)) ~ e/2; p2 (F (x), F (x~h)) ~ e/2,
!p<k>(a 1+1)-q;ck>(a 1)=f(a,. b 1)(ai+1-a 1); i=1, 2, ... , n-1,
!pCk) (x"}- !pCk> (an)= l (an, bn) (.x" -an)• il che contraddice la continuità dell'applicazione F nel punto x.
Di qui, per l :c"-:c' l <TJ, ricaviamo
[/(:c', y')-e) (a 1 -x') <q>Ck> (a1)-!pCk> (x')< lf (x', y')+eJ (a1 -x'), 7. Teorema di Arzelà generalizzato. X e Y siano due com-
[/{.:r.', y')-s) (at+I-ai) <cpclo (ai+I)- patti metrici e CxY l'insieme di tutte le applicazioni continue f
del compatto X in Y. Introduciamo in Cxy una distanza median- .l
-cpck> (a1)< (/(x', y')+e)(a 1+1-a;); i= 1, ... , n-1,
te la formula '
(/(x', y')-e} (x" -an)< q><k> (x")-!p<kl (an)< lf (:c', y')+eJ (x" -an)•
p (/, g) = sup p (/ (x), g (x)).
Sommando queste disuguaglianze otteniamo x EX
[l (x', y') - e] (x" - x') < cprkl (x") - cpck> (:c') <
< [f (:c', y') + e) (x" - z'),
El facile provare che in questo modo C;gy si trasforma in uno
come dovevasi dimostrare. spazio metrico.
Sottosuccessioni diverse dalle spezzate di Eulero possono convergere a Teorema 7 (teorema di Arzelà generalizzato). Affinché l'in-
soluzioni diverse dell'equazione (3). Pertanto la soluzione dell'equazione sieme D c: Cxy sia precompatto è necessario e sufficiente che le
y' = l (x, y) passante per il punto (x0 , y 0) non è, in generale, unica. funzioni f appartenenti a D siano uniformemente contin~t:· ; .
112 113
1
L '1iltima affermazione significa che per ogni e >O deve § 8. Curve continue negli spazi metrici
esistere un 6 > O tale che da Sia data un'applicazione continua
p (x',- x") < 6 (4) p= f(t}
derivi iJl un intervallo chiuso a ~ t '=s;;;; b dello spazio metrico R. Quando t assume i
P (l (x'), f (x")) < e, (5) valori dell'intervallo da a a b, il punto corrispondente P descrive una «curva
oontinua t nello ·spazio R. Dobbiamo dare delle definizioni. rigorose legate
qualunque siano le f di D e gli x'·~ x" di X. all'idea testé esposta grossolanamente.· L'ordine in cui vanno percorsi i
· Dimostrazione. La necessità si dimostra come nel teorema 4.
Dimostriamo la sufficienza. A tal fine immergiamo CxY
nello sp~zio M x.Y di tutte le applicazioni del com patto X nel com-
patto Y con la stessa metrica
p (/, g) = sup p (f (x), g (x))
:tE X
la quale è stata introdotta in CXY• e dimostriamo la precompattez- Fig. 12 Fig. 13. Fig. 14
za dell'insieme D in M x.Y· Poiché CxY è chiuso in M XY t, dalla
precompattezza dell'insieme D in Mxy deriva la sua precompat- punti della curva ò essenziale. Lo stesso insieme' rappresentato nella fig. 12
tezza ~n C.n· e percorso nelle direzioni indicate dalle frecce nelle figg. 13 e 14 sarà consi-
derato come curve distinte. A titolo di ulteriore esempio consideriamo la
Assegnamo un e >O arbitrario e scegliamo lì in modo tale fu~zione reale definita nell'intervallo [0, 1] e rapprcsen~ata dalla. Ci~. 15 •.
che dalla (4) derivi la (5) per tutte le l di D e tutti gli x', x" di X.
E facile vedere che X può essere rappresentato come somma di
un numero finito di insi(lmi non intersecantisi Ei tali che da
x', x" E E i discenda p (x', x") < lì. Infatti, a tal fine è sufficiente
considerare i punti xu x 2 , • • • , Xn tali che formino una lì/2-reto
in X e porre, ad esempio, ·
•
E i = B (x, lì/2) '-.U
1<
B (xi, lì/2),
l
114
Passiamo ora alle definizioni formali. Due funzioni continue
Teorema l. Se la successione dt curve L11 L 2 , ••• , Ln, ••. gtacentl
P = t' (t')
e P = t" (t") nel compatto K 8l può rappresentare parametrtcamente mediante funzioni equt-
definite rispettivamente negli intervalli chiusi eMUnru lldl'tnteruallo [O, 1], allora si può ricavare da ena UM sottosucceJStone
oorwergente.
4' ~ t' ~ b' e 4" ~ t" <;: b" Determiniamo ora la lunghezza di una curva data parametricamente
dalla fuuione
e suscetti~ili di assumere valori nello spazio metrico R sono dette equiva- P = f (t), a <;: t <;: b
lenti se es1stono due funzioni continue non decrescenti
t' = cp' (t) e t" = cp" (t)
eome eatmmo superiore di somme della forma
n
definite in un certo intervallo chiuso ~ P (f (tr-1>• t (tr)).
a<t~b i= il
e possedenti le proprietà dove i pun&i 11 dipendono soltanto dalle condizioni
cp' (a) = a', cp' (b)= b', 11 = 10 <;: l1 < • • • ~ tr ~ • • • <;: tn = b.
cp" (a) = a", cp" (b) = b"t R facile vedere che la lunghezza della curva è indipendente dalla sua
1' [cp' (t)) = t" [cp" (t)) rappresentazione parametrica. Limitandoci alle rappresentazioni parametri-
che mediante le fUnzioni definite nell'intervallo [0, 1], possiamo ilimostrare
per tutti i t E [a, b). facilmente che la lunghezza della curva è un funzionale di f (nello spazio
. R fa~ile vedere c~e la re.Jazione di equivalenza così introdotta è rifles- c1• a) semieon&inuo iDferiormente. In linguaggio geometrico questo risulta-
st.va (f. equtvale a f) e s1mmetnca (se f' equivale a f", allora f equivale
S1_puo mostrare Che essa è anche transitiva (dall'equivalenza di f e e
•f>· to può essere espresso mediante il seguente teorema sulla semicontinuità.
'l'eorema 2. Se la successione di curve Ln converqe a una curv4 L, la lun-
dall'.equivalenza di/" e/"' deriva quella di f' e f"'). Pertanto tutte le fuuioni gleua dl querlll curva L non è superiore al ltmtte inferiore della lunghezza delle
con~mue d!Jl tipo considerato si dividono in classi di funzioni mutuamente curve ?n·
e9u1valent1. Ognuna di queste classi definisce una cuJ'IIG conlinua nello spa- Cònsideriamo ora appositamente le curve di lunghe::a finita. Una curva
ZIO R. sia de&enninata parametricamente dalla funzione
. Per ogni funzione P = t' (t') definita in un intervallo chiuso {a'. b'l
estste una funzione che le è equivalente e definita nell'intervallo (a" Il] = P = l (t), a < t~ b.
= [0, 1). Infatti, è sufficiente porro 1 '
La funzione 1 considerata soltanto nell'intervallo [a, T}, dove a-"
T~ b,
t' = cp' (t) = (b' - a') t + a', t" = 'P" (t) = t. determina il c segmento iniziale~> della curva dal punto P a= l( a) al punto
Pr = 1 (T). Sia'= cp (T) la sua lunghezza. E facile stabilire che
Quindi si può supporre che ogni curva sia data parametricamente mediante P= g (s) =l (cp-1 (s)]
una funzione definita nell'intervallo (O, t).
Perta~to è op_portu!lo considerare lo ~pazio c1 , R delle applicazioni oon- è noa nuova rappresentazione paranietrica della stessa curva. Allora s descri-
tfnue l dellmtervallo chmso l = [0, 1) nello spazio metrico R eon la metrica ve l'intervallo O<;:'< S, dove S è la lunghezza di tutta la curva in esame.
Questa rappresentazione soddisfa alla condizione
p(/, g)=supp(f(t), g (t)). P (g (st), g (sa)) ~ l sa - s1 l
t
Supporremo che la successione di curve ~. L,., •.., L,., • • • oon- (la lunghezza di un arco di curva è minore della corda).
verga alla curva L se le curvo Ln si possono rappresentare parametrieameute· Passando all'intervallo (0, 1], otteniamo la rappresentazione para-
nella forma . metrica
P = F ('t) = g (.s), T = s/S
e la curva L nella forma ebe verifica la condizione di Lipsits
p = l (t), o ~ t ~ 1, P {F ('tx.), F (-r2)) ~ S l 't'1 - 't1 1.
cossiché p (/, /n) -O per n - oo. Vediamo cosi che per tutte le curve di lunghezza S ~M, dove M è una
Applicando il teorema di Arzelà generalizzato (teoNma 7 del § '1)~ i costante, i pNStblle UM rappresentazione parametrica mediante funzioni equi-
facile dimostrare il seguente teorema. conti"'" tl4te nell'Intervallo [0, 1). A queste funzioni è applicabile, quindi,
il teoNma f.
Mostriamo quanto siano efficienti i risultati generali ottenuti sull'e-
. l Supponiamo sempre a< b. Tuttavia non escludiamo c c:urve t che- sempio della dimostrazione della seguente importante proposizione.
sono composte da un solo punto o si ottengono quando la funziono l{t) è Teorema 3. Se due puntl A e B del compatto K si poaono congiungere
costante in [a, b]. Questa ipotesi sarà comoda noi seguito. · . con uM cur1111 continua di lunghezza fintta, allora fra queste curve ne esilte una
di l11ngAesla mlnlmtJ.
117
Infatti, sia Y l'estremo inferiore delle lunghezze delle curve .congiun- III. Spazi lineari topologici e normati
genti A e B nel compatto K. Lo.lunghezzo delle curve Lt, L 2 , ••• , L'fl, •••
congiungenti A e B tendano a Y.. Secondo il teorema i aallil
successione Ln
si può ricavare una sottosuccessiono convergente. Secondo il teorema 2 la
curva limite di questa sottosuccessione non può avere lunghezza maggiore
di Y.
E da notare che anche nel caso in cui K è una superficie chiusa liscia
(derivabile cioè un numero di volte appropriato} nello spazio euclideo a tre
dimensioni, questo teorema non deriva direttamçnte ·da quanto stabilito
nel corso di geometria differenziale, dove si suole limitarsi al caso di due
punti A e B sufficientemente vicini l'uno all'altro.
Tutti i risultati ottenuti sopra avrebbero unà maggiore trasparenza se
avessimo munito della struttura di spazio metrico l'insieme di tutte le curve
del dato spazio metrico R. Ciò si potrebbe eseguire determinando la distanza
fra le curvo L1 c L 2 mediante la formula . '
§ 1. Spazi lineari
p (L1 , Lz} = inf p '(/1 , / 2},
dove l'estremo inferiore è esteso a tutte lo coppie possibili di rappresentazioni La nozione di spazio lineare è fra le nozioni fondamentali
parametriche della curva L1 mediante una funzione P = II (t), O ~ t ~ 1, della matematica. Essa giocherà un ruolo importante non soltanto
e della curva L 2 mediante una funzione P = / 2 (t}, O~ t~ f. nel presente capitolo, ma in tutti quelli successivi.
La dimostrazione che questa distanza verifica gli asSiomi ordinari è
assai semplice, tranne per un fatto: presenta alcuno difficoltà dimostrare che
da p (Lx, L2 ) = O deriva l'identità delle curve L1 o L 2 • Ciò è una conseguenza 1. Definizione ed esempi di spazi lineari.
diretta del fatto che l'estremo inferiore nella formula, con la quale alibiamo Definizione 1. L'insieme non vuoto L di elementi x, y, z, ...
determinato la distanza p (L1 , L2), si ottiene per una scelta appropriata di si dice spazio lineare o vettoriale se soddisfa alle condizioni se-
rappresentazioni parametriche / 1 e / 2 • Ma la dimostrazione di quest'ultima guenti:
affermazione presenta anch'essa non poche difficoltà. ·
I. Por ogni coppia di elementi x, y E L è definito univoca-
mente un terzo elemento z E L, che si dice loro somma o si indica
con x + y, inoltre,
1) x+ y = y +x (commutatività),
2) x + (y + z) = (x + y) + z (associatività),
3) in L esiste un elemento O tale che x + O = x per tutti gli
x E L (esistenza dello zero),
4) per ogni x E L esiste un elemento -x tale che x + (-x) =
= O (esistenza dell'elemento opposto).
Il. Per ogni numero a e ogni elemento x EL è definito un
elemento ax E L (prodotto dell'elemento x per il numero a.), inoltre,
1) a (~x) = (a~) x,
2) 1·x =x,
3) (a + ~) x = ax + ~x,
4) a (x + y) = ax + a.y.
A seconda del tipo di numeri impiegati (tutti i numeri com-
plessi o soltanto quelli reali) gli spazi lineari si distinguono in
spazi complessi e reali 1 • Ovunque, se non è detto il contrario,
le nostre costruzioni saranno valide per gli spazi sia reali che
complessi.
E da notare che ogni spazio lineare complesso si può conside-
rare come spazio reale limitandosi ai prodotti di vettori per numeri
reali.
l Si poti ebbero considerare ugualmente gli spazi lineari un campo
arbitrario.
l 119
Consideriamo alcuni esempi di spazi lineari lasciando al let-
tore di verificare per ciascuno di essi gli assiomi sopra enunciati. 7. L'insieme m di tutte le successioni numeriche limitate
1. La retta R1 , cioè l'insieme dei numeri reali con le opera- con le stesse operazioni di somma e di ~rodotto per u~ n?mero,
zioni arit~et~che ordinarie di somma e di prodotto, rappresenta come negli esempi 4-6, rappresenta anch esso uno. sp~z1o bne~re.
uno spazio lmeare. 8. Infine, l 'insieme R"" di tutte le success1om numerwhe
2. L 'insieme di tutti i sistemi possibili di n numeri reaU possibili con le stesse oper~zioni di somma e di _Pro?otto per un
x = (xl! :x2, ••. , Xn), dove la somma e il prodotto per un numero numero, come negli esemp1 4-7, forma uno spaziO hneare. .
sono dati dalle formule Poiché le proprietà dello spazio lineare sono quelle dell"
operazioni di somma di elementi e del loro. l?r?dotto per un nu-
(:xl! Xli, • • ·• Xn) + (yl! Y21 • · ., Yn) = mero è naturale introdurre la seguente defmtzwne.
Definizione 2. Gli spazi lineari L e L* si dicono _iso'!"orfi
= (xl + Yto X2 + Ys, • • ·, Xn + Yn), se fra i loro elementi si può stabilire una corrispondenza biUmvoca
a (xl, X2, •.. , xn) = (a:xh ax 2 , ••• , a:xn), compatibile con le operazioni in L e L*. Ciò vuol dire che da
è anch'esso uno spazio lineare, che si chiama spazio aritmetico x-x*,
n-dimensionale 1 reale e si denota con il simbolo Rn. Analogamente y-y*
lo spazio aritmetico n-dimensionale complesso Cn è definito come
insieme di sistemi di n numeri complessi (che si possono molti- (x, y E L, x*, y* E L*) deriva
plicare per ogni numero complesso).
. 3. Le funzioni continue (reali o complesse) definite in un
:x +y- :x* + y*
e
mtervallo chiuso [a, b] con le operazioni ordinarie di somma di
funzioni e di loro prodotto per un numero formano lo spazio lineare
C [a, b), che è fra i più importanti in analisi. (a è un numero qualsiasi).
4. Lo spazio l 2 , in cui da elementi servono le successioni di Spazi isomorfi si possono considera~e ?ome _di.verse. ~ealizza:
numeri (reali o complessi) zioni di un medesimo spazio. Quali esempt di spazi lmear1 Isomorft
possono servire lo spazio aritmetico n-dimensionale (reale o co~
X = (:xl! :x2, .•• , Xn, . • .) plesso) e lo spazio di tutti i polinomi di grado ~n -1.(a .coeff~
che soddisfano alla condizione eienti reali o complessi, rispettivamente) con le operaz10m ordi-
00
narie di somma di polinomi e di loro prodotto per un numero
(dimostrare l'isomorfismol).
~ lxn 12 <
n-1
oo (1)
e con le operazioni in esso definite 2. Dipendenza lineare. Gli elementi x, y, .. ·•. w dello spa:
zio lineare L si dicono linearmente dipendenti se esistono numeri
(xl, xli, .•. , Xn, ..• ) + (yl> Y2t ••• , Yno ••• ) = t~t, ~ •••• , A. non tutti uguali a O e tali che
= (xl + Y1o:Xa +
Vz, • • ., Xn +
Yn• • • .), ax + ~y + ... + AW = O. (2)
a (:xl> x2, • · ·• Xn, • • .) = (a:xb c:t:xa, • • ., a:xn, · • .), In caso contrario questi elementi sono detti linearment~ indipen-
è uno spazio lineare~_ Che la somma di due successioni soddisfacenti denti. In altre parole, gli elementi x, y, •.. , w sono linearmente
alla condizione (1) soddisfi anch'essa a questa condizione deriva indipendenti se dall'uguaglianza (2) segue che a= ~ = ... =
dalla disuguaglianza elementare (a 1
5 L . . . ( 2
+
a ) 11 ~ 2a 2
1
2a~.
a
+ =À=O.
Un sistema infinito di elementi 7• y, ... d~llo spaz~o. L s!
. . . . e successt~m convergenti x = :x1, x 2, ••• ) con le opera-
ztom dt somma e di prodotto per un numero, coordinata per coor- dice linearmente indipendente se ogm suo sottos1stema fm1to e
dinata, formano uno spazio lineare che si indica con c. linearmente indipendente. . .
. 6. Le suc~essioni convergenti a O, fOn le stesse operazioni Se nello spazio L si possono trovare n elementi linearmente
dt somma e d1 prodotto, formano anch esse uno spazio lineare indipendenti e se n + 1 elementi qualsiasi ~i questo _spazi? sono
che si indica con c0 • linearmente indipendenti, Si dice che lo SpaZIO~ ~a d'mens~on; n:
Se, invece, in L si può indicare un nume~o .fm1to qualstas! d1
1
Questo termine avrà una spiegazione più avanti.
elementi linearmente indipendenti, allora s1 dtce che lo spazto L
ba dimensione infinita. Ogni sistema di n elementi linearmente
120
121
indipendenti si chiama base dello spazio L n-dimensionale. Gli . Esercizi. Un sistema linearmente indiJ.>ende~te .fxa} di. clementi. de.llo
spazi Rn nel caso reale e cn in quello complesso hanno, come è spazio lineare L si chiama base. di Hamel~ se. Il suo mv1luppo hnearc comCJde
facile provare, dimensione n, giustificando così il loro nome. con L. Dimostrare le seguenti affermaz10m: .
1. in ogni spazio lineare esiste una ~ase d1 Hamel.
Nel corso di algebra lineare si studiano spazi lineari. a di- Suggerimento. Utilizzare il lemm~ d1 Zorn; . ,
mensione finita. Viceversa, ci occuperemo, come regola, di spazi 2. se {xa} è una base di Hamel m L, D:llor~ ogm. vettor~ ~E L .puo
a dimensione infinita, che dal punto di vista dell'analisi pre- essere rappresentato univoeamente come combmaz10ne hneare fmita di al-
sentano un interesse fondamentale. Lasciamo verificare al lettore, cuni vettori del sistema {xa}; . .
3. due basi di Hamcl qualsiasi in uno .spa?-io linc~re. sono eqmpo~entl;
che ciascuno degli spazi indicati negli esempi 3-8 ha dimensione la potenza di una base di Hamcl di uno spazio hneare SI d1ce talvolta dlmen-
infinita. sione algebrica di questo spazio; d' . l
4. due spazi lineari sono isomorfi se e soltanto se hanno 1mcnsJone a-
3. Sottospazi. L 'insieme non vuoto L' dello spazio lineare
gebrica identica.
L si chiama sottospazio se esso stesso forma uno spazio lineare
rispetto alle oper·azioni di somma e di prodotto per un numero, 4. Spazio quoziente. L sia uno .spazio l~neare e L' ~n su~
definite in L. In altre parole, L'c L è un sottospazio se da x EL', sottospazio. Si dice che due eleme~ti x e y ,dr L sono equz~alent!
y E L' segue che ax + ~y E L', qualunque siano a e ~· se la loro differenza x - y appartwne a L . Questa, relazwne .e
In ogni spazio lineare L esiste un sottospazio composto sol- riflessiva simmetrica e transitiva, determinando cos1 una partl-
tanto dello zero, ossia il sottospazio nullo. D'altra parte, tutto L zione in 'classi di tutti gli x EL. Si chiama classe di adiacenz~
si può considerare come sottospazio. Un sottospazio diverso daL (rispetto al sottospazio L') una classe di elementi equiv~lent1.
e contenente almeno un elemento non nullo si dice sottospazio L'insieme di tutte queste classi è detto spazio quoziente L r1spetto
proprio. a L' e si denota con LIL'.
Diamo alcuni esempi di sottospazi pr·opi i. Naturalmente in ogni spazio quoziente si introduco~o le ope-
1. Sia L uno spazio lineare c x un suo elemento non nullo. razioni di somma e di prodotto per un num~ro .. E p~emsam?nte,
L 'insieme di elementi p.x), dl.lve /., descrive tutti i numeri (reali siano se rJ due classi rappresentanti elementi di L/L . Sc.eghamo
o complessi), forma evidentemente un sottospazio unidimensionale. in ciascuna di queste classi un rappresentante, pe.r esempw x e y,
E un sottospazio proprio so la dimensione di L è maggioro di 1. rispettivamente, e chiameremo somma delle class1 se rJ la classe .t
2. Consideriamo lo spazio delle funzioni continue C [a, ·b) contenente l 'elemento x +
y, e prodotto della clas~e s per 11
{esempio 3 del n. 1) e in esso l 'insieme di tutti i polinomi P la, b). numero a la classe contenente l'elemento ax. E facile provare
:B chiaro che i polinomi formano in C [a, b) un sottospazio (avente, che il risultato non cambia sostituendo x e y con due altri rappre-
come tutto C la, b), dimensione infinita). Al tempo stesso tutto sentanti x' e y' delle stesse classi se 11· Quindi, ab~iamo defini~o
lo spazio C [a, b) si può considerare come sottospazio dello effettivamente le operazioni lineari sugli ~lement1 dello spaziO
spazio più grande di tutte le funzioni continue e discontinuo in quoziente L/L'. Verificando direttamente s1 vede che que~t~ ?PC-
[a, b]. razioni soddisfano a tutte le condizioni contenute nella defmtzwn~
3. Consideriamo, infine, gli spazi l 2 , c0 , c, m e Roo (esempi di spazio lineare (es~guire questa ve~ifi~al). !~ altr~ parole, ogn~
4-8 del n. 1). Ciascuno di essi rappresenta un sottospazio proprio spazio quoziente L/L (con le operaz10m defmt~e d.1 somma e di
dello spazio seguente. prodotto per un numero) rappresenta uno spazw lmeare.. ,
{xa:} sia un insieme non vuoto qualsiasi di elementi dello Se L è uno spazio a n dimensi!)ni e il su~ sottosp~z10 L. ha
spazio lineare L. Allora in L esisto un più piccolo sottospazio dimensione k, allora lo spazio quoziente L/L ha la dtmenswne
(coincidente, eventu~lmente con L) che contiene {xa}· Infatti, n - k (dimostrarlo!).
almeno un sottospazio contenente {xa} esiste in L e questo è L sia uno spazio lineare quals:tasi e L_' un cert? s~10 s?tto-
tutto L. Inoltre, è chiaro che l'intersezione di ogni insieme {Ly} spazio. La dimensione dello spazio quoziente L/L s1 chiama
di sottospazi è sempre un sottospazio. Infatti, se L*= n L., e x,
'l'
codimensione del sottospazio L' nello spazio L.
Se il sottospazio L' c L ha codimensione. n finita! allora m
.
y E L*, allora anche ax + py E L*per tutti gli a, ~· Studiamo L si possono trovare elementi x 1 , x 2 , • • • , Xn tah che ogm elemento
ora tutti i sottospazi contenenti un sistema di vettori {xa:} e x E L sia rappresentabile (univocamente) nella forma
consideriamone l'intersezione. Quest'ultima sarà il sottospazio
più piccolo contenente il sistema {xa}· Questo sottospazio mini- X = a1X1 + ... + anXn + y,
malo si chiama sottospazio generato dall'insieme {xa} o invtluppo dove a1o ••• , an sono dei numeri e y E L'. Supponiamo. infatti
lineare dell'insieme {xa:} e si indica con L ({xr.t}). che lo spazio quoziente LIL' abbia dimensione n. Considerramo la
122 123
base S1t. s:a •... , s!l in. questo spazio quo~iente e scegliamo un 3. Consideri.amo un esempio più generale. Yo sia una funzione
rappresentante x, ID etascuna delle class1 Sk· Siano ora x un continua fissata in [a, b). Per ogni funzione x E C [a, b) poniamo
s
elemento di L e la classe in LIL1 contenente x. Allora
F (x) =
b
Jx (t) Yo (t) dt.
s = a1 s1 + . . . + an sn. a
Ciò significa, per definizione, che ogni elemento di in parti- s La linearità di questo funzionale deriva dalle proprietà
colare z, differisce soltanto per un elemento di L 1 d~lla stessa fondamentali dell'integrazione. Il funzionale
combinazione lineare di elementi zlt ••• , Zn, ossia b
Il funzionale l definito nello spazio lineare complesso si dice dove con 6 si intende la <<funzione» nulla dappertutto, tranne
coniug~to omog~neo se l (az) = ~ (z), dove
so comugato d1 a.
a
è il numero comples- che nel punto t = O, e il cui integrale è uguale a uno (funzione 6
di Dirac). Tali <<funzioni» hanno ricevuto una definizione rigo-
. s~ chiama f'!nziona~e lineare u!' funzionale omogeneo additivo. rosa nei limiti della teoria delle distribuzioni, i cui elementi trat-
SI ch1ama funzwnale lmeare comugato un funzionale coniugato teremo nel § 4 del capitolo prossimo.
omogeneo additivo. 5. Diamo un esempio di funzionale lineare nello spazio 12•
Diamo alcuni esempi di funzionali lineari. k sia un intero positivo fissato. Per ogni x= (x1 , • • • , Xn, ••• )
1. Sia Rn lo spazio aritmetico n-dimensionale di elementi di l 2 poniamo fA (x) = xk. La linearità di un tale funzionale è
x.= (zu · ·: • :Z:n) ~ a = (ab ... , ~) sia una collezione qualsiasi immediata. Questi funzionali ammettono l'« estensione» ad altri
d1 n numer1 f1ssati. Allora spazi di successioni, per esempio a c0 , c, m, Roo (gli esempi 5-8
n
del n. 1).
/{x)=~ a 1z 1
i-t 6. Significato geometrico del funzionale lineare. Sia f un
funzionale lineare diverso dallo zero identico nello spazio lineare
è un funzionale lineare in nn. L 'espr:essione L. L'insieme degli elementi x di L che soddisfano alla condizione
f (x)= O
rappresenta un sottospazio dello spazio L, il sottospazio degli zeri
rappresenta un funzionale lineare coniugato in cn. o nucleo del funzionale f. Infatti, se f (x) = f (y) = O, allora
2. Gli integrali
b f (ax + py} = af (x) + Pl (y) = O.
I (zJ = Jz (t) dt e 1 [z] =
b
Jz (t) dt Questo sottospazio si indica con Ker f 1 •
a a Il sottospazio Kcr f ha codimensione 1. Consideriamo infatti
un elemento x 0 non appartenente a Ker f, cioè un ele·mento tale
rappre~entano rispettivamente un funzionale lineare e un funzio-
nale lineare coniugato nello spazio C la, bJ. l Dall'inglese « kemel» - nucleo.
124 125
che f (x 0 ) :::fo O. Un tale el.emento ~s~ste poiché l (x) "$ O•. ~i pu~ per ·l'origine délle coordinate»). In altre parole, l'iperpiano M'
supporre, senza perdere dt generahta, che f (x0) = 1, altr1ment1 parallelo al sottospazio L' è l'insieme che si ottiene da L' per
sostituiremmo x 0 con. ~;o)
1 . (E chiaro che l ( 7; ))
1
= 1.) Per traslaziono parall~la (spostamento) di un certo vettore x 0 E L:
ogni elemento x poniamo y = x - l (x) x 0 ; a,lora l (y) = M' = L' +
x 0 = {y: y = x + x 0 , x EL'}.
= 1 (x- 1 (x) x 0 ) = O, vale a c;lire y E Ker f. La rappresentazione E chiaro che se x 0 E L', allora M' = L'; se, invece, x 0 Ef L',
dell'elemento x nella forma x= ax 0 + y, dove y E·Ker f, è
allora M' =1= L'. Se 1 è un funzionale lineare non banale dello
unica con l'elemento fissato x 0 • Infatti, se x= ax 0 + y, y E spazio L, allora l'insieme M 1 = {x: f (x) = 1} è l'iperpiano
E Ker f, x= a'x0 + y', y' E.Ker f. parallelo al sottospazio Ker 1 (fissando infatti un certo elemento
Allora (a- a') x 0 = y' - y. Se qui abbiamo a = a',
allora è evidente che y' = y. Se, invece, a =l= a', allora x 0 =
x 0 , per cui f (x 0 ) = 1, possiamo rappresentare ?gni vettore x E M!
nella forma x= x 0 +
y, dove y E Ker f). D altra parte, .se M
= y'-~ E Ker f, ciò che contraddice la scelta di x 0 • è un iperpiano parallelo al sottospazio L' (di codimensione 1)
a-a.
Ne consegue che due elementi x 1 e x 2 appartengono a una me- e non passante per l 'origine de~le coordinate, esiste un .uni~o
desima classe di adiacenza rispetto al sottospazio Ker l se e funzionalo lineare f tale che M = {x: l (x) = 1}. Infatti, s1a
soltanto se l (xt) = l (xa)· . M' = L' + x
x 0 , 0 E L; allora ogni elemento x E L è rapprese~~
Infatti, da x 1 = l (xt) X 0 + Yt• Xz = l (x2) Xo+ Y2 dertva tabile univocamente nella forma x = ax 0 + y, dove y E L.
+
che x 1 - x 2 = (/ (x1 ) - l (x 2 )) ·x 0 (y 1 - Y2 ). Da qui è evi- Ponendo, come sopra, l (x) = a, otteniamo il funzionale lineare
dente èhe x1 - x 2 E Ker l se e soltanto se il coefficiente di x 0 , richiesto; l'unicità deriva dal fatto che se g (x);;;;;;; 1 per x E 111',
cioè t (x1) - t (x 2) è uguale a O. • allora g (y) =
O per y E L' in modo che
s
Ogni classe rispetto al sottospazio Ker t è determmata da g (ax 0 +
y) = a = l (axo y). +
ogni suo rappresentante. Come tale rappresentante si può consi-
derare un elemento della forma ax 0 • Si vede da qui che il sotto- In tal modo abbiamo stabilito una corrispondenza biunivoca
spazio L/Ker f è effettivamente unidimensionale, vale a dire che fra tutti i lunzio~ali lineari non banali definiti in L e tutti gli
Ker t ha codimensione 1. iperpiani in L non passanti per l'origine delle coordinate.
Il sottospazio Ker l determina un funzionale lineare che si Esercizio. j, j 1 , ••• , In siano !unz~on~li lineari nello spazio_lincare L
annulla in esso a meno di un fattore costante. tali che f 1 (x) = ... = fn (x) = O Imphchi l (x) = O. Allora esistono co-
Infatti, abbiano i funzionali l e g lo stesso nucleo: Ker t = n
= Ker g. Consideriamo un elemento x 0 tale che l (x 0 ) = 1. Noi stanti a 1 , ••• , an tali che l (x)= ~ ah/,1 {x) per tutti gli x E L.
affermiamo che g (x 0 ) =l= O. Infatti, k=l
x = f (x) x 0 + y, y E Ker l = Ker g,
e § 2. Insiemi convessi e funzionali convessi. Teorema
. g (x) = l (x) g (xo)+ g (y) = l (x) g (xo)· di H ahn-Banach
Se il valore di g (x 0 ) fosse uguale a zero, il funzionale g sarebbe· t. Insiemi convessi e corpi convessi. Molti settori importanti
identicamente nullo. La proporziqnalità dei funzionali g e l della teoria degli spazi lineari sono basati sulla nozione di con-
discende dali 'uguaglianza g (x) = g (x 0 ) l (x). vessità. Essa si poggia sulle rappresentazioni geometriche evidenti
Per ogni sottospazio L' di codimensione 1 si può trovare un e, al tempo stesso, ammetto una formulazione .analitica pura.- .
funzionale f tale che Ker l = L'. :E: sufficiente scegliere un ele- Sia L uno spazio lineare reale, x e y n~ s1ano due puntt.St
mento arbitrario x 0 Et L' e rappresentare ciascun elemento x E L chiama segmento chiuso in L, congiungente i punti x e y, l'insieme
nella forma x = ax 0 + y. Questa rappresentazione è unica. Po- di tutti gli elementi della forma
nendo 1 (x) = a otteniamo un funzionale lineare l per cui Ker l =
= L' (verificarlo!). ax + ~y, dove a, ~>O, a+~= 1.
L' sia un sottospazio di codimensione 1 nello spazio lineare~; Si chiama aperto un segmento senza i punti estremi ;,; e y.
allora la classe di adiacenza dello spazio L rispetto al sottospazto L'insieme M c L si dice convesso se, insieme a due _punti
L' si dico iperpiano parallelo al sottospazio L' (in particolare, il qualsiasi x e y, contiene anche il segmento che congiunge questi
sottospazio stesso L' è un iperpiano _contenente O, cioè << passante punti.
1"26 127
Si chiama nucleo J (E) di un insieme arbitrario E c L l'in-
sieme dei suoi punti x tali che per ogni y E L esiste un nuinero Teorema f. L'intersezione di un numero qualsiasi di insiemi
convessi è un insieme convesso.
e = 8 (y) >O in modo che x + ty E E per l t l < 8.
Un insieme convesso, il cui nucleo non.è vuoto, 'si dice corpo n
Dimostrazione. Sia M= M a e tutti gli Ma siano insiemi
a
convesso. · c~nvessi. Supponiamo inoltre che x e y siano due punti qualsiasi
. Ese~pi. t .. C_ubo, .sfera, tetraedro, semispa~io nello spa- d1 M. Allora il segmento congiungente i punti x e y appartiene a
zio eucluleo tridimensionale rappresentano corpi convessi. Se- ciascun insieme Ma. e, di conseguenza, anche a M. Quindi M
miretta, piano, triangolo nello stesso spazio sono insiemi conves- è effettivamente convesso. '
si, ma non corpi convessi. Osserviamo che l'intersezione di corpi convessi (essendo un
2. Consideriamo nello spazio delle funzioni continue nell'in- insieme convesso) non è necessariamente un corpo convesso (dare
tervallo [a, b} un insieme di funzioni soddisfacenti alla condizione un esempio). Per un insieme arbitrario A nello spazio lineare
l l (t) l ~ 1. Questo insieme è convesso; infatti, se ll (t) 1 -:ç 1 L esist.e l'insieme convesso più piccolo che lo contiene· questi sarà
c l g (t) l~ 1, allora per a + ~ = 1, a, ~ > O si ha l 'intersezione di tutti gli insiemi convessi contene~ti A (esiste
l al (t) + ~g (t) l ~ a +~ = 1. almeno un insieme convesso contenente A, che è tutto lo spazio L).
L'insieme convesso minimale contenente A è detto inviluppo
Esercizio. Verificare che questo insieme è un corpo convesso. convesso dell'insieme A.
. Consideriamo un caso importante di inviluppo convesso.
3. La sfera unitaria in l 2, cioè l'insieme di punti x = Stano X1, x 2 , ••• , Xn+I i punti di uno spazio lineare. Si dice che
questi punti sono in posizione generale se i vettori x 2 - x 1 ,
= (xl, •.. , Xn, ••• ) tali che 2: x! ·"1, è un corpo convesso. x 3 - x11 ••. , Xn+I - x 1 sono linearmente indipendenti. (Ciò
Il suo nucleo è composto dei punti x soddisfacenti alla condizione n+l n+l
21 x~< 1. è equivalente al fatto che da 21 l..;xi = Oe 21 1..1 = O discende
4. Il parallelepipedo fondamentale n in l-a è un insieme con- i=l i=l
vesso, ma non un corpo convesso. Infatti, sia x E n; ciò significa che /..1 = 1.. 2 = ... = 'A.n+l =O.) L'inviluppo convesso dei punti
che l Xn l ~ 112n-l per tutti gli n = 1, 2, ... Poniamo y 0 = x1, ~z· .... ,
+t che sono in posizione generale si chiama simplesso
X 11
appartengono all'insieme M e, quindi, gli appartiene anche il Dimostrazione. € facile provare che la collezione S dei punti
punto a (x+ ta) + ~ (y + ta) = z + ta
= min (e1 , B 2), cioè z E J (M).
per l t l< 8 = della forma (1) rappresenta un insieme convesso contenente i
punti x1, x2, ... , Xn+t· D'altra parte, ogni insieme convesso con-
Stabiliamo ora la seguente importante proprietà degli insiemi tenente questi punti deve contenere anche i punti della forma (1)·
convessi. quindi, S è l'insieme convesso più piccolo contenente i punti
Xt, x'!, ... ' Xn+l·
128
129
2. Funzionali omogenei convessi. Alla nozione di i~sieme 2. La lunghezza di un vettore di uno spnzio euclideo n-dimen-
convesso è legata strettamente l'importante nozione di funz~onale sionale è un funzionale omogeneo convesso. La condizione (2')
omogeneo convesso. Sia L uno spazio lineare re.ale. Un funziOnale significa qui che la lunghezza della somma di due vettori non è
p definito in L si dice convesso, se superiot·e alla somma de1Ie loro lunghezze (disuguaglianza tri-
p (ax + (1 -a) y) < ap (x) + (1 -a) p (y) (2) angolare), e la (3) deriva immediatamente dalla definizione di
lunghezza del vettore in nn.
per tutti gli x, y EL e O< a< 1. 3. Sia m Io spazio delle successioni numel'iche limitate x =
Il funzionale p si dice omogeneo positivo, se = (XI, X 2 , • . . , X 11 , • • • ). Il funzionale
è omogeneo convesso.
Per un funzionale omogeneo positivo convesso è verificata
la disuguaglianza 3. Funzionale di Minkowsky. Siano L uno spazio lineare ar-
p (x -!- y) p (x) <
p (y). + (2') bitrario e A un corpo cqnvesso in L il cui nucleo contiene il punto O.
Il funzionale
Infatti, si ha
(6)
p(x+y)=2p (xty) <2 (P (~)+P ( ~)) =p(x)+p(y).
si dice funzionale di M inkowsky del corpo convesso A.
E facile capire che la condizione (2') insieme c~n la condizione Teorema 3. Il funzionale di iH inkowsky (6) è omogeneo convessa
J!
(3) assicura la convessità del funzionale p. funzi?nale omogeneo e non negativo. Viceversa, se p (x) è un funzionale omogeneo convessa
positivo convesso lo chiameremo P?r ~rev1ta funz.IOn~le om~gene~ non negativo qualsiasi nello spazio lineare L e se k è un numero
convesso. Indichiamo alcune propneta elementan de1 funzwnah positivo,
omogenei convessi. A = {x: p (x)< k} (7}
1. Ponendo x = O nell'uguaglianza (3), otteniamo
è un corpo convesso, il cui nucleo è {x: p (x) < k} (che contiene il
p (O)= O. (4) punto 0). Se nella (7) k = 1, il funzionale di partenza p (x) è il
funzionale di Minkowsky per A.
2. Dalle (2') e (4) segue che Dimostrazione. Per ogni x E L l 'elemento x/r appartiene-
O= p (x +(-x))< p (x) +p (-x) per tutti gli x E L. (5) ad A, se r è sufficientemente grande; pertanto ln quantità p,\ (x),
definita dall'uguaglianza (6), è non negativa c finita. Controlliamo
In particolare, questa disuguaglianza signific~ c~e se p (x).< O, l'omogeneità positiva del funzionale (6).Set >O e y = tx, si ha
allora si ha necessariamente p (-x) >O. Qumdt, un fm!ztonale
omogeneo convesso non nullo può essere ovunque negativo, ma p A (y) = inf {r > 0: y/r E A} = inf {r > 0: txlr E A} =
se p (x) ~[O ovunque, allora p (x) O. == = inf {tr' > 0: a-·/r' E A} =
3. Per ogni ~ si ha = t inf {r' > 0: xlr E A} = tp A (x). (8}
· p (ax) ?;-ap (x).
Verifichiamo la convessità di p •1 (x). Siano x1 , x 2 E L e e >O
Per a >O questo segue dalla {3), per a = O dalla (4); se a< O, sia un numero arbitrario. Consideriamo i numeri r 1 (i = 1, 2) tali
in virtù della (5) si ottiene che PA (xi) < ri < PA (xi) + e; allora x1/rl E A. Poniamo r =
O .:rç p (ax) +p (l a; l x) = p (ax) + l ~·1 P (x},
= r1 + r 2 ; allora il punto (x1 + +
x 2 )/r = r 1x 1/(rr 1) r 2x./(rr 2)
appartiene all'intervallo chiuso avente come estremi x 1/r1 e-
x2/r2. In virtù della convessità di A questo intervallo e, quindi~
e cioè il punto (x 1 + x 2)/r appartengono ad A, da cui
p (ax) ;;;::.: - l ~ lp (x) = ap (x).
PA (xt + x2) < r = r1 + r2 < PA (xt) + PA (x2) + 2e.
Esempi. t. Ogni funzionale linea~e è, evidentemente, un
funzionale omogeneo convesso. Il funziOnale P (x) = l t (x) l è Essendo qui e >O arbitrario, allora
anch'esso omogeneo convesso, se t è lineare. PA (xi+ x2) < PA (xi) + PA (x2).
130 131
2. Se Pl (x) e p 2 (x) sono funzionali omogenei convessi, lo
Quindi, p A (x) soddisfa le condizioni (2') e (3) e _pertanto questo sono anche p 1 (x) +
p 2 (x) e a.p 1 (x) per a. >O. Inoltre, se
è un funzionale omogeneo convesso non negati vo. {Ps (x) }ses è una famiglia qualsiasi dei funzionali omogenei con-
Consideriamo ora l'insieme (7). Se x, y E A e a. + ~ = 1, a., vessi, lo è anche il funzionale p (x) = sup p 8 (x). In particolare,
p~ O, si ha 3EB
il limite superiore di p (x) = sup /a (x) di ogni insieme non
p (ax + fiy) <
a.p (x) +
PP (y) ~ k, $es
vuoto dei funzionali lineari in L è il funzionale omogeneo con-
cioè A è convesso. Poi, supponiamo che p (x) < k, t >O e Y E L; vesso. Utilizzando il teorema di Hahn-Banach, è facile mostrare
allora che così può essere rappresentato ogni funzionale omogeneo con-
p (x± ty) <p (x) +
tp (±y). vesso (finito).
Se p ( -y) = p(y) =O, x + ty EA per tutti i t; se almeno un numero Esercizio. Un insieme A nello spazio lineare L si dice assorbente se
per ogni ~E L esiste a. > O tale che x E A.A per tutti i A.;;;:.. a.. Dimostrare che
non negativo p (y), p (-y) è diverso da O, x± ty E A per l'insieme convesso A è assorbente se e soltanto se il suo nucleo contiene il
k-p(z) punto O.
t < max [p (y), p ( - y)l•
4. Teorema di Habn-Banach. Sia L uno spazio lineare reale
E chiaro immediatamente dalle definizioni dedotte che P è e L 0 sia un suo sottospazio. Supponiamo inoltre che nel sotto-
il funzionale di Minkowsky, per l'insieme {x: P (x) < 1}. spazio L 0 sia dato un funzionale lineare f 0 • Il funzionale lineare f
definito in tutto lo spazio L è detto prolungamento del funzionale
Dunque, introducendo la nozione di fun.zional~ di .rt.;Iinkowsky!
abbiamo stabilito la corrispondenza tra 1 funzwnah omogenei lo se
convessi non negativi cd i corpi convessi con nucleo contenente l (x) = f o (x) per tutti gli x E Lo.
il punto O. Il problema del prolungamento di un funzionale lineare si incontra
Esempi. t. Per A = L si ha, evidentemente, spesso in analisi. Il seguente teorema gioca un ruolo principale
PL (x)== O. in tutta questa cerchia di questioni.
Teorema 4 (Hahn-Banach). Sia p un funzionale omogeneo con-
2. Sia A una sfera di centro O e di raggio r in Rn. Allora vesso, definito nello spazio lineare reale L, e sia L 0 un sottospazio
PA (x)= llx llfr, lineare di L. Se / 0 è un funzionale lineare in L 0 , maggiorato in L 0
dal funzionale p (x), cioè se in L 0
dove Il x Il è la lunghezza del vettore x.
3. Sia A un <<fibrato>> -1 x1 < < 1 nello spazio l2 delle /o (x)< p (x), (9)
successioni x = (x1 , x 2 , ••• , Xn, ••• ). Allora allora f 0 può essere prolungato a un funzionale lineare f in L, maggio-
p A (x) = l x 1 l· rato da p (x) in tutto lo spazio L.
Dimostrazione. Mostriamo che se L 0 +L, il funzionale / 0
Osservazioni. t. A volte è opportuno considerare i funzio: si può prolungare da L 0 a un certo sottospazio più grande L', con-
nali omogenei convessi che possono assumere non so~tanto ~alori servando la condizione (9). Infatti, sia z un elemento qualsiasi di
finiti ma anche il valore +oo (e non -oo). Allora dali uguaglianza L, non appartenente a L 0 , e sia'J L' il sottospazio generato da
]J (ax} = a.p (x) (do:ve a. >O) segue ~he p (0) . O~ che p (O) =oo. Lo e z. Ogni elemento di L' ha la forma tz +x, dove x E L 0 •
E facile verificare che in questo ultimo caso s! pu~, senza tocca~e Se f' è il prolungamento richiesto del funzionale f 0 a L',
la convessità omogenea del funzionale, camb•are Il suo v~lore .m allora
un punto, ponendo p (O) = O invece di p (O) = +oo. DI sohto f' (tz +x) = t/' (z) + / 0 (x),
si fa proprio così.
Se p (x) è un funzionale omogeneo convesso, ma non necessa- ossia, ponendo f' (z) = c,
riamente finito, A = {x: p (x)< k} è un. insieme conve~so, ~a
non necessariamente un corpo convesso. VIcever~a, se A e ',In m-
j' (tz+ x) = te +l 0 (x).
sieme convesso qualsiasi contenente il punto O, 1l suo funz10nale Scegliamo ora c tale che in L' sia soddisfatta la condizione di
di Minkowsky può essere definito mediante la fo~mula (6), ma maggiorazione (9), cioè per tutti gli x E L 0 e per tutti i t reali
in questo caso è necessario ammettere per r anche Il valore +oo.
133
132
sia verificata la disuguaglianza /o (x) te~ p (x +
tz). Per + zionale f 0 , soddisfacenti alla condizione di maggiorazione (9), è
t >O questa disuguaglianza è equivalente alla condizione parzialmente ordinato e ciascun suo sottoinsieme linearmente
ordinato ~o ha un estremo superiore; da questo estremo superiore
fo ( ~) +c~p (; +z}, ossia c~p ( 7-+z) -lo (-T), serve il funzionale definito sull'unione dei domini di definizione
dei funzionali !' E ~o e coincidente con ciascuno di questi !'
-e per t < O alla condizione sul suo dominio di definizione. In virtù del lemma di Zorn, in
tutto ~ esiste un elemento massimale f. E: questo elemento mas-
fo (:) +c>-P ( -7--z), simale f a rappresentare il funzionale cercato. Infatti, esso è
<ISSia il prolungamento del funzionale iniziale f 0 , verifica la condizione
(9) sul suo dominio di definizione ed è assegnato in tutto lo spazio
c~ -p ( -f-z) -lo(;). L, altrimenti potremmo prolungarlo mediante il procedimento
sopra descritto dal sottospazio proprio in cui esso è definito a un
Mostriamo che esiste sempre un numero c soddisfacente a queste altro sottospazio più grande, o f non sarebbe massimale.
due condizioni. Siano y' e y" due elementi arbitrari di L 0 • Allora Il teorema è così dimostrato. ·
- /0 (y") +p (y" + z) ~-lo (y')- p (-y'- z). (10) Diamo ancora una variante complessa del teorema di Hahn-
Banach.
Ciò deriva dalle disuguaglianze Il funzionale non negativo p nello spazio lineare complesso L
lo (y")- lo (y')~p (y"- y') =P ((y" + z) - (y' + z))~ si dice omogeneo convesso se per tutti gli x, y E L e tutti i numeri
complessi À abbiamo
~p (y" + z) +p (-y'- z).
p (x+ y)~p (x) +p (y),
Poniamo
p (Ax) = lÀ lp (x).
c"=inf(-f 0 (y")+p(y"+z)), c'=sup (-/o(Y')-p (-y'-z)}.
~ ~ Teorema 4a. p sia un funzionale omogeneo convesso nello spazio
Essendo y' e y" arbitrari, dalla (10) risulta che c"';? c'. Scegliendo lineare complesso L e f 0 sia un funzionale lineare definito in un
c in modo tale cho c" >
c >c', possiamo definire il funzionale /' sottospazio lineare L 0 c: L e soddisfacente in esso alla condizione
in L' mediante la formula l lo (x) I~P (x}, x E Lo.
/' (tz +
x) = te +lo (x).
Allora esiste un funzionale lineare f definito in tu,tto L e soddisfacente
Questo funzionale soddisfa alla condizione di maggiorazione (9). alle condizioni
Dunque, abbiamo mostrato che se il funzionale / 0 è definito
in un certo sottospazio L 0 c: L e soddisfa in L 0 alla condizione l f (x) I~P (x), x E L, f (x) = / 0 (x), x EL 0•
(9), / 0 si può prolungare, conservando questa condizione, a un
sottospazio più grande L'. Dimostrazione. Indichiamo con L 8 e L 08 gli spazi L e L 0
Se in L si può trovare un sistema numerabile di elementi considerati come spazi lineari reali. E: chiaro che p è un funzionale
x1 , x 2 , • • • , Xn, • • • elle genera tutto lo spazio L, allora costruiamo convesso finito in L n• e f 0 n (x) = Re f 0 (x) un funzionale lineare
in L il funzionale per induzione, considerando la successione cre- reale in Lon soddisfacente alla condizione
scente di sottospnzi l fon (x) I~P (x)
D 11 = {L 0 , x 1}, L<21 = {D11 , Xg}, ••• e, a fortiori, alla condizione
(qui {Dh', xHt} significa il sottospazio lineare minimnle in L, fon (x)~p (x).
contenente DII.' e xk+I)· Allora ciascun elemento x E L apparterrà
a un certo DII.' e, di conseguenza, il funzionale sarà prolungato a In virtù del teorema 4 esiste un funzionale lineare reale f 8 definito
tutto lo spazio L. in tutto L R e soddisfacente alle condizioni
Nel caso generale (in cui cioè non esiste un insieme numerabile
che genera L) la dimostrazione termina applicando il lemma di f n (x) ~p (x), x E Ln (=L),
Zorn. L'insieme ~ di tutti i prolungamenti possibili del fun- In (x) =fon (x), x E Lon (=Lo).
134 135
R chiaro che -/n (x) = fn (-x) ~p (-x) = p (x), cosicché Dal teorema di Hahn-Banach si deduce facilmente il seguente
teorema sulla separabilità degli insiemi convessi in uno spazio
l /n (x) I~P (x), x E L n (=L). (11) lineat·e, che ha numerose applicazioni.
Definiamo il funzionale f in L ponendo Teorema 5. Siano M e N due insiemi convessi in uno spazio-
lineare reale L e, inoltre, il nucleo di almeno uno di essi, M per esem-
f (x)= /n (x)- i/ n (ix) pio, non è vuoto e non si interseca con un altro insieme. Allora esiste
(qui sfruttiamo il fatto che L è uno spazio lineare complesso e che un funzionale lineare non nullo f in L che separa M e N.
in esso è definita la moltiplicazione per numeri complessi). Dimostrazione. Si può supporre, senza perdere di generalità?
Verificando direttamente otteniamo che f è un funzionale lineare che il punto Oappartenga al nucleo Mdell'insieme M. (Altrimenti
complesso in L c che, inoltre, considereremmo gli insiemi M - x 0 c N - x 0 , dove x 0 E J~I.)
f (x) =f 11 (x) per x E L 0 , Sia y 0 E N, allora il punto -y~ appartiene al nucleo dell'insieme
Re l (x) = f 8 (x) per x E L. M- N~ il punto O al nucleo K dell'insieme K = M- N+ Yo·
Resta da mostrare che l l (x) I~P (x) per tutti gli x E L. Poiché M n N= 0, O non appartiene al nucleo M- N e
Dimostriamo per assurdo; per un certo x 0 E L abbiamo l f (x 0 ) l > y0 E{K. p sia il funzionale di Minkowsky per K. Allora p (y 0 ) ~ 1
>p (x o). Rappresentiamo il m1mero complesso f (x 0 ) nella forma o
(poiché y 0 ~ K). Introduciamo il funzionale lineat·e
l (xo) = pei'~>, dove p >O, e poniamo y 0 = e-ifllx 0 • Allora si avrà
fR (Yo) =Re l (Yo) = Re [e-i'Pj (xo)1 =p >P (x 0 ) =p (y 0 }, il fo (ayo) = ap (Yo),
che contraddice la condizione (11 ). definito in un sottospazio unidimensionale composto di elementi
Il teorema è dimostrato. della forma ay 0 , e soddisfacente alla condizione
Esercizio. Mostrare che la condizione che il funzionale p sia finito lo (ayo) ~p (ayo).
nel teorema di Hahn-Banacb può essere omessa.
poiché p (ay 0 ) = ap (y 0 ) per a >O, e f o (ay 0 ) = al o (y 0 ) < O<
5. Separabilità degli insiemi convessi in uno spazio lineare.
<p (ay 0 ) per a< O. Secondo il teorema di Hahn-Banach il
funzionale / 0 può essere prolungato a un funzionale lineare f
Sia L uno spazio reale e llf e N siano due sottoinsiemi. Si dice che definito in tutto L e soddisfacente in L alla condizione f (y) ~
un funzionale lineare f definito in L separa questi insiemi se esiste ~ p (y). Ne segue che f (y) ~ 1 per y E K e, al tempo stesso,
un numero C tale che >
f (y 0) 1. In tal modo f separa gli insiemi K e {Yo} e, di conse-
f (x)> C per x EM e f (x)~C per x E N, guenza, f separa M -N e {O}; ma allora f separa gli insiemi
cioè se M e N.
Il teorema è dimostrato.
inf l (x)
xEM
> sup
xEN
f (x).
Il funzionale f si·dice funzioQale che separa rigorosamente gli § 3. Spazi normati
insiemi M e N se è verificata la disuguaglianza rigorosa Xel capitolo II abbiamo studiato gli spazi topologici e, in
inf l (x) > sup f (x). particolare, quelli metrici, cioè gli insiemi in cui è stato introdotti>
XEM xEN in qualche modo un concetto di vicinanza di elementi, mentre
nei paragrafi precedenti del presente capitolo abbiamo avuto a
Le due seguenti affermazioni derivano immediatamente dalla che fare con gli spazi lineari. Finora ciascuno di questi concetti
definizione di separabilità. era a sé stante. Tuttavia in analisi si deve avere a che fare con
1) Il funzionale lineare f separa gli insiemi M e N se e sol- spazi in cui sono intro·dotte sia operazioni di somma di elementi
tanto se esso separa gli insiemi M- N e {O} (cioè l'insieme com- e del loro prodotto per numeri, sia una certa topologia, cioè
posto da tutti gli elementi della forma x - y, dove x E M, y E N, si devono considerare i cosiddetti spazi lineari topologici. Fra
e il punto 0). questi ultimi una classe importante è formata dagli spazi normali.
2) Il funzionale lineare f separa gli insiemi M e N se e sol- La teoria di questi spazi è stata sviluppata nei lavori di S. Banach
tanto se separa gli insiemi M - x e N - x qualunque sia x E L. e di altri autori.
136 137
1. Definizione ed esempi di spazi normali. o la norma
Definizione 1. Sia L uno spazio lineare. Un funzionale omo- (3)
·geneo convesso, definito in L, si chiama norma se soddisfa alle
-condizioni supplementari seguenti (oltre a quelle della convessità): Queste norme in Rn determinano le metriche considerate già negli
1) p (x) = O soltanto per x = O, esempi 4 e 5 del n. 1, § 1, capitolo Il. E facile verifica!e che in
2) p (ax) = l a l p (x) per tutti gli a. .ciascuno di questi casi gli assiomi di norma sono effettivamente
Quindi, tenendo conto delle definizioni dal n. 2, § 2, pos- soddisfatti.
:siamo dire che si chiama norma in L un funzionale soddisfacente Nello spazio n-dimensionale complesso cn si può introdurre
alle tre seguenti condizioni: la norma
1) p (x) ~ O, inoltre, p (x) = O soltanto per x = O,
Jlxll= vk~llxli 12,
2) p (x+ y) <.p (x) +p (y), x, y E L,
3) p (ax) = l a l p (x) qualunque sia il numero a.
Definizione 2. Lo spazio lineare L, in cui è data una norma,
è detto spazio normato. La norma deJI'elemento x E L si indica o una delle norme (2) e (3).
-con il simbolo Il x Il· 3. Nello spazio C [a, b) delle funzioni continue sull'intervallo
Ogni spazio normato diventa uno spazio metrico introducendo chiuso [a, b) definiamo la norma mediante la formula
la distanza
Il l Il = max Il (t) l·
a~t~b
p (x, y) = Il x - Y 11.
La Yalidità degli assiomi di spazio metrico deriva immediata- La distanza corrispondente è stata già considerata nell'esempio
~,;. "' ): pb!v) ) l mente da11e proprietà 1)-3) della norma. Agli spazi normati si 6 del n. 1, § 1, capitolo Il. ·
l )
: j
estendono così tut t. i i concetti e i risultati che abbiamo studiato 4. Sia m lo spazio delle successioni numeriche limitate x =
nel capitolo II per g1i spazi metrici. = (x1 , x 2 , ••• , x 11 , • • • ). Poniamo
Uno spazio normato completo è detto spazio di Banach o,
brevemente, H-spazio. Il x Il = sup l Xn l· (5)
11
Esempi di spazi normati. Molti fra gli spazi che sono stati
considerati nel capitolo II quali esempi ili spazi metrici (e nel § 1 È evidente che le condizioni 1)-3) della definizione di norma sono
del presente capitolo come esempi di spazi lineari), in realtà qui soddisfatte. La metrica indotta in m da questa norma coincide
possono essere muniti di una st.ruttura naturale di spazio normato. con quella che abbiamo già studiato (capitolo II, § 1, n. 1, esem-
1. La retta R 1 diventa uno spazio normato ponendo Il x Il = pio 9).
= l x l per ogni x E R 1 •
2. Se per lo spazio n-dimensionale reale an degli elementi 2. Sottospazi di uno spazio normato. Abbiamo definito sotto-
x = (.r. 1 • x 2 , • • . , x 11 ) poniamo spazio dello spazio lineare L (non munito di topologia alcuna)
un insieme non vuoto L 0 che gode della proprietà per cui se x,
~xi,
llxiJ=]/h-1 (1) y E L 0 , allora ax + ~y E L 0 • Un interesse fondamentale in uno
spazio normato è rappresentato dai sottospazi lineari chiusi,
tutti gli assiomi della norma saranno verificati. La formula cioè i sottospazi contenenti tutti i loro punti d'accumulazione.
In uno spazio normato a dimensione finita ogni sottospazio è
p(x, y)=/lx-yiJ= 1 j v ±
k=l
(xh-Yk) 2
automaticamente chiuso (dimostrarlo!). Nel caso di dimensione
infinita non è così. Per esempio, nello spazio C [a, b) delle fun-
zioni continue munito della norma (4) i polinomi formano un
definisce in Rn la stessa metrica che abbiamo già considerato in sottospazio che non è chiuso 1 •
questo spazio.
In questo spazio lineare si può introdurre la norma 1 In virtù del teorema di Weierstrass, il quale afferma cbo ogni funzio-
Il ne continua in un intervallo chiuso è limite di una successione uniformemen-
t.c con\·ergentc di polinomi, la chiusura del sottospazio dei polinomi in
11 x lh =:; ~ 1x11 r (2} C (a, b) è tutto lo spazio C (a, b).
11=1
138 139
Un altro esempio: nello spazio m di successioni limitate le-
successioni contenenti soltanto un numero finilo di termini Prendendo a secondo membro di questa disuguaglianza il limite
diversi da zero formano un sottospazio che, però, non è chiuso- s
inferiore in tutti gli x E e y E 1), si ottiene
rispetto aHa norma (5): nella sua chiusura è contenuta, ad esem-
pio, la successione (1, 1/2, ... , 1/n, ... ).
Il 6 + 11 Il~ Il s Il + llrt Il·
Come regola, considereremo soltanto i sottospazi chiusi e, Dunque, tutti gli assiomi di uno spazio normato sono soddisfatti
perciò, sarebbe naturale cambiare la terminologia stabilita nel per P. Mostriamo ora che se R è completo, è completo anche P =
§ 1. Ora, chiameremo sottospazio di uno spazio normato soltanto- = RIM. Infatti, per la {6) per ogni ERIM sussiste un elementos
un sottospazio chiuso; in particolare, chiameremo sottospazio s
x E tale che
generato da un dato sistema di elementi {xa} il sottospazio chiusa
più piccolo contenente {xa}· Diremo che esso rappresenta la
chiu.<~ura lineare del sistema {xa}· Chiameremo varietà lineare
un insieme di elementi (non chiuso) contenente, accanto a x e y, Sia lSn} una successione fondamentale in P. Passando, se è
ogni lor·o combinazione lineare etx ~Y· + - necessario, a una sottosuccessione, si può affermare che la serie
Un sistema di elementi contenuto in uno spazio normato E 00
s
versa, se Il Il = O, dalla definizione della norma (6) segue l'esi- 1/s-snll~llx- ~ xkiJ-o per n-+oo,
stenza nella classe 6 di una successione convergente allo zero. Ma k-0
essendo M chiuso, è chiusa anche ogni classe di adiacenza e cioè
s, s
O E il che vnol dire = M, cioè 6 è l'elemento nullo eli P.
cioè s= liro
n-oo
Sn· Quindi,
s s
Quindi, Il Il ~ O e IL Il = O, se e solo se 6è lo zero dello spazio P. lo spazio quoziente di uno spazio di Banach in un suo sottospazio
I n oltre, per ogni x E R e per ogni et si ha (chiuso) qualsiasi è uno spazio di Banach.
Il etX Il = l et 1•11 X Il· Esercizi. 1. Sia R uno spazio di Banach e B1 ::> B'~ ::> ••. ::> Bn ::> •••
sia una successione di sfere chiuse incluse l'una nell'altra in questo spazio.
Prendendo in entrambi i membri di questa uguaglianza il limite Dimostrare che questa successione ha intersezione non vuota (senza supporre
inferiore in x E 6. si ottiene -che i raggi de~le sfere ~enda~o. a ~ro,; si ye~a ~·e:;erc}zio 3 alla ,P~g. 72l· _Dare
un esempio dt success10nc d1 mstemt chms1 hmttah non vuoh mclus1 m un
11 ets 11 = 1et 1·11 s u. E-spazio aventi intcrsezi?ne v'!ota. . . . .
2. Sia R un B-spazto a dtmenstone mftmta; allora la sua d1mens1onc
. .
Siano, infine, s. 11 E P e x E 6. y E ll· Allora algebrica (si veda l'esercizio 3 alla pag. 123) è non numerabile.
3. Sia R uno spazio lineare normato; dimostrare la validità delle se-
Il s + l1 Il~ Il x + y Il~ Il x Il + Il y Il- guenti proposizio!li:, . . . . . .
1) ogni varteta hneare a d1mcns10ne fm1ta m R e chmsa;
, .
140 141
La disuguaglianza eli Cauchy-Bunjakovskij non esprime altrO>
2) se M è un sottospazio e N è un sottospazio a dimensione finita in che il discriminante di questo trinomio quadr·ato q> (A.) è non
R, la loro somma
1lf + N = {x: x·= y + z, y E M, z E N}
positivo.
E; da notare che nello spazio euclideo la somma, il prodotto·
è chiusa; dare un esempio di due sottospazi lineari (cliiusi) in l 2 la cui somma per un numero e il prodotto scalare sono continui, cioè se Xn- x,.
non sia chiusa; Yn _. y (nel senso della convergenza in norma) e An _.A (come·
3) sia Q un insieme convesso aperto in R c .r0 E Q; allora esiste un
iperpiano passante per il punto x 0 c non intersecante Q. successione numerica), allora
4. Due norme 11·11 1 c Il· 11 2 in uno spazio lineare R si dicono equìvale11ti Xn + Yn_.X + y,
se esistono costanti a, b >O tali che a Il x 11 1 ~Il x 11 2 ~ b Il x 11\ per tutti
gli x E R. Dimostrare che se lo spazio R ha dimensione finita, due norme AnXn _. A.x,
qualsiasi sono equivalenti in esso.
(xn, Yn) _. (x, y).
Pr·oponiamo quale esercizio al lettore la dimostrazione di
§ 4. Spazi euclidei questi fatti, basata sull'applicazione della disuguaglianza di
Ca uchy-Bunjakovsldj (1). ..
1. Definizione di spazio eucJidco. Uno dei metodi noti per L'esistenza in R di un prodotto scalare permette d1 mtrodurre·
introdurre la norma in uno spazio lineare è I' assegnazione in esso in questo spazio no,n soltanto la norma (cioè la ~unghez~a) di un
di un prodotto scalare. Ricordiamo che si chiama prodotto scalare vettore, ma anche l angolo formato da due vettorr; e preCisamente
in uno spazio lineare reale R una funzione reale (x, y) definita l'angolo q: fra i vettori x e y è dato dalla formula
per ogni coppia di elementi x, y E R e soddisfacente alle seguenti
(x, y)
condizioni: cos<p= llzU·IIYIJ · (2)·
1) (x, y) = (y, x),
2) (xt + x2, y) · (xtt y) + (x2, y), Allora, dalla disuguaglianza di Cauchy-Bunjakovskij (1), risulta
3) (h, y) = A. (x, y), che il secondo membro nella (2) non è superiore a 1 e, di conse-
4) (x, x) >
O e, inoltre, (x, x) = O soltanto per x = O. guenza, la formula (2) è valida effettivamente per x e y non nulli
Si chiama spazio euclideo uno spazio lineare con un prodotto qualsiasi e determina un certo angolo q>, O"'cp"'n.
scalare fissato in esso. La norma si introduce ne1lo spazio euclideo Se (x. y) = O, dalla (2) ricaviamo cp = n/2; in questo caso
R mediante la formula vettori x e y sono detti orlogonali.
Un sistema di vettori non nulli {xa.} di R si dice ortogonale se·
llxlf= V(x, x).
(xa., xa) = O per a =1= ~·
Dalle proprietà 1)-4) del prodotto scalare segue che in questo caso
tutti gli assiomi della norma sono verificati. Se i vettori {xa.} sono ortogonali, essi sono linearmente indipen-
Infatti, è evidente che ,gli assiomi 1) e 3) della norma (n. 1, denti. Infatti, sia
§ 3) sono verificati, mentre l'assioma 2) (disuguaglianza triango- a 1xa. 1 + a 2xa.2 + . . . + anxa.n = O;
lare) discende dalla disuguaglianza di Cauchy-Bunjakovskij Sd?,~.c:···.!:.
poiché {xa.} è un sistema ortogonale, abbiamo
l (x, y) l"' Il x 11·11 Y Il (1)
(xa. 1, a1xa.1 + ... + anXa.n) = a, (xa.1 , Xa.;) = O,
che ora dimostreremo.
Consideriamo un trinomio quadrato nella variabile reale .A. ma (xa.., xa.) =1= Oe, quindi, a 1 = O per tutti gli i = 1, 2, ••• , n.
non negativo per tutti i valori di A.: Se' il sfstema ortogonale {xa} è completo (cioè se il sottospazio
chiuso più piccolo che lo contiene è tutto R), si dice base ortogonale.
cp (A.) = (.Ax + y, Àx + y) -= 1..2 (x, x) + 21.. (x, y) + Se inoltre la norma di ciascun elemento è uguale a 1, il sistema
+ (y, y) = Il x 112 A2 + 2 (x, y) 11. + Il Y 112 - {x:} è dett~ base ortogona_le normalizzata. In generale, se il sistema
{xa} (completo o meno) e tale che
Poiché questa espressione rappresenta lo scalare quadrato di O per a =l=~.
un vettore, si ha sempre q> (A.) ~ O. Quindi, il discriminante di (x a, xli) = { 1 per a=~.
questo trinomio è minore o uguale a zero.
143:
142
esso è detto sistema ortogonale normalizzato (o brevemente, orto- 3. Lo spazio C 2 [a, b] composto dalle funzioni reali continue
normato). E chiaro che se {xa.} è un sistema ortogonale, allora in [a, b) e niunito del prodotto scalare.
b
{ : : } è un sistema ortonormato.
11 11
di basi ortogonali in questi spazi. è anch'esso euclideo. Fra le diverse basi ortogonali che si possono
t. Lo spazio aritmetico n-dimensionale nn, i cui elementi indicare in esso, la più importante è un sistema trigonometrico
sono i sistemi di numeri reali x = (x11 x 2 , • • • , Xn) con le opera- -4 composto di funzioni
zioni ordinarie di somma e di prodotto e con il prodotto scalare
n t
o
1 2nt 2nt
2 , cosnr-a, sennii='a (n=1, 2, ... ). (7)
(x, y) = ~ XtYi {3)
i-t L' ortogonalità di questo sistema si verifica direttamente.
rappresenta un esempio ben noto di spazio euclideo. Una base Se le funzioni continue sono considerate in un intervallo chiu-
so~di lunghezza 2n:, in [-n:, n:] ad esempio, il sistema trigono-
-ortogonale normalizzata in questo spazio (una fra le infinite pos-
sibili) è formata dai vettori metrico corrispondente è 1/2, cos nt, sen nt (n = 1, 2, ••. ).
Il sistema (7) è completo. Infatti, secondo il teorema di
e1 = (1, O, O, ..• , 0), Weierstrass ogni funzione q> continua nell'intervallo [a, b) e
e 2 = (0, 1, O, ••. , 0), suscettibile di assumere nei punti a e b gli stessi valori può essere
dove ~ xi<oo,
t~ t
(x, Y) = ~ XiYi (4) rappresentata come limite di una successione uniformem,ente con:-
i~t
vergente di polinomi trigonometrici, cioè di combinazioni lineari
è uno spazio euclideo. Infatti, la convergenza della serie a secondo degli elementi del sistema (7). Questa successione è convergente
membro dell'espressione (4) segue dalla disuguaglianza (4), capi· a q>, a maggior ragione, rispetto alla norma dello spazio C 2 [a, b).
tolo II, § 1. Le proprietà 1)-4) del prodotto scalare si verificano Se, invece, f è una funzione arbitraria di C2 [a, b), la si può rappre-
direttamente. La base ortonormata più semplice in l 2 è formata sentare come limite (rispetto alla norma dello spazio C2 [a, b))
dai vettori della successione di funzioni IJ>n• ognuna delle quali coincide con
e1 -:- (1, O, O, •.. ), f sull'intervallo [a, b __:, 1/n), lineare su [b - 1/n, b) e suscettibile
e 2 = (0, 1, O, ... ), (5) di assumere nel punto b gli stessi valori che nel punto a (fig. 17).
Quindi ciascun elemento di C 2 [a, b] può essere approssimato con
e 3 = {0, O, 1, ••. ), una precisione a piacere (nella metrica di questo spazio) mediante
combinazioni lineari degli elementi del sistema (7) e ciò significa
che questo è completo. '...
L 'ortogonalità e la normalizzazione di questo sistema sono evi·
denti; al tempo stesso, il sistema (5) è completo: x = (xx; x2, ... 3. Esistenza di basi ortogonali, ortogonalizzazioneL Nel resto
• • • , Xn, ••• ) sia un vettore qualsiasi di l 2 e che x 1n 1 = (x 1 , x 2 , • • • di questo paragrafo ci limiteremo agli spazi euclidei separabili
• • • , Xn, O, O, ... ). Allora x<n1 è una combinazione lineare di (cioè contenenti un insieme Iiunierabile ovunque denso). Ciascuno
vettori e1 , • • • , en e Il x<n) - x Il-~>- O per n-. oo. degli spazi indicati nel n. 2 è separabile (dimostrarlo!). 'Un esem~
-144 145
pio di spazio euclideo non separabile può essere costruito come 3) ciascun elemento In è rappresentabile nella forma
segue. Consideriamo sulla retta tutte le funzioni possibili x
per ciascuna delle quali l'insieme di punti t 1 , t 2 , • • • in cui essa fn = bntCVt + · · · + bnnCVn•
dove bnn :P O.
è diversa da zero non è più che numerabile e la somma estesa a Ciascun elemento del sistema (9) è definito univocamente dalle
tutti questi punti ~ x 2 (t) è finita. Definiamo le operazioni di condizioni 1J-3) a meno del fattore ± 1.
addizione e di moltiplicazione in questo spazio come somma e- Dimostrazione. L'elemento cp1 si cerca nella forma cp1 = a 11 / 1;
prodotto di funzioni ordinari e definiamo il prodotto scalare me- inoltre, a 11 si ottiene dalla condizione
diante la formula
(CVI, CVt) = a; 1 (Il> !t) = 1
(x, y) =~x (t) y (t), da cui
1 +1
dove la somma è estesa all'insieme dei punti t in cui x (t) y (t) :P O. au=-
Lasciamo dimostrare al lettore che in questo spazio non esiste
bu Y (fl, h).
un insieme numerabile ovunque denso. Notiamo che questo spazio E chiaro che cv1 si determina così uni vocamcnte (a meno del
è completo. segno). Gli elementi CVA (k <n) soddisfacenti alle condizioni
Dunque, sia R uno spazio euclideo separabile. Mostriamo 1)-3) siano già costruiti. Allora In si può rappresentare nella forma
che in questo spazio ogni sistema ortogonale non è più che numerabile.
Infatti, senza perdere di generalità, si può supporre il sistema
fn = bntCVI + • • • + bn,n-ICVn-1 + hn,
dove
{cva} non soltanto ortogonale, ma anche normalizzato (altrimenti (hn, CVA) = O per k <n.
l'avremmo sostituito con il sistema {Il ::Il } ) . In questo caso, Infatti, i coefficienti corrispondenti bnk e, quindi, l'elemento hll
si determinano univocamente a partire dalle condizioni
/1 cv"- cv13 11 = V2 se a:;=~· (hn, CVk) = Un - bn1CV1 - •••- bn, n-tCVn-1> CV~t) =
Consideriamo l'insieme delle sfere B (CVa.• 1/2) che non si bnk (CVh• CVA) = O.
= Uno CVA) -
intersecano. Se l'insieme {'l'n} è ovunque denso in R, in ognuna
di queste sfere esiste almeno un elemento di Nn}· Di conseguenza, E evidente che (hn, hn) >O (l'ipotesi che (hn, ltn) = Ocontrad-
il numero di queste sfere (e, quindi, anche degli elementi 'Pa) non dirrebbe l'indipendenza lineare del sistema (8)). Poniamo
è più che numerabile. hn
In ciascuno degli esempi indicati di spazio euclideo abbiamo CV n = ':""r-;:;=::'=::;:::=
indicato una base ortogonale. Dimostriamo ora il teorema generale
Y (hn, hn)'
seguente, analogo a quello di esistenza della base ortogonale nello Dalla costruzione per induzione è chiaro che hn e, quindi, CVn
spazio euclideo n-dimensionale. si esprimono in funzione di / 1 , • • • , /n, cioè che CVn = anJ1 + ...
Teorema t (dell'ortogonalizzazione). Sia +annfn, dove ann = ..
r
r__:___:p O. Inoltre,
(hn, hn)
ft, /2, • · ·• fn, · • • (8)
(CVn• CVn) = 1, (CVn• CVIi) = O (k <n)
un sistema linearmente indipendente di elementi nello spazio eucli- c
deo R. Allora in R esiste un sistema di elementi
f n= bntCVt + ·· · + bnnCVn (bnn = Y (h n, hn) :P 0),
CVI• CJI2• • • ·• CVn• • • • (9)
vale a dire IPn verifica l 'ipotesi del teorema.
che soddisfa alle condizioni seguenti: Il passaggio dal sistema (8) al sistema (9) soddisfacente alle
1) il sistema (9) è ortogonale e normalizzato; condizioni 1)-3) si chiama processo di ortogonalizzazione.
2) ciascun elemento CVn è una combinazione lineare degli elementi . E chi~ro che i ~ottospazi ge~er~ti da_i sistemi (8) e (9) coin-
/11 /21 • • ., /n: ctdono. C1o vuoi due che quest1 Sistemi sono completi o non
completi contemporaneamente.
CoroJiario. Nello spazio euclideo separabile R esiste una base
dove 4nn :P O; ortogonale normalizzata.
146 147
Supponiamo infatti che 1j>1 , tj> 2 , • • • , 'l'n sia un insieme nume- Per rispondere a queste domande, consideriamo preliminar-
ra bile ovunque denso in R. Consideriamo per esso un sistema mente il seguente problema: assegnato n trovare i coefficienti a,
completo di elementi linearmente indipendenti {/n}· A tal fine (k = 1, 2, ... , n) tali che la distanza fra l e la somma
è sufficiente escludere dalla successione Nn} tutti gli elementi
1j>11 , ognuno dei quali può essere rappresentato come combinazione (15)
lineare di 'l'r. essendo i < k. Applicando al sistema di elementi
linearmente indipendenti così ottenuto il processo di ortogonaliz- sia m1mma. Calcoliamo questa distanza. Poiché il sistema (12)
zazione, costruiremo una base ortogonale normalizzata. è ortogonale e normalizzato, allora
Esercizi. 1. Dare un esempio di spazio euclideo (non separabilc) non
avente alcuna base ortogonale. Dimostrare che in uno spazio euclideo comple-
to (non necessariamente separabile) esiste una base ortogonale normalizzata.
2. Dimostrare che in uno spazio euclideo completo (non necessaria-
mente separabile) ogni successione di insiemi limitati chiusi, convessi, non n n n
vuoti, inclusi l'uno nell'altro ha intersezione non vuota (cfr. gli esercizi
alle pagg. 72 e 141).
=(/, /)-2(/, ~a,«p"}+( ~ahcpll, ~a;JcpJ)=
11.oc1 · 11.-1 1•1
n n n n
4. Disuguaglianza di Bessel. Sistemi ortogonali chiusi. Dopo ~a,c,+ ~ai=ll/112 - ~cl+ ~(an-cA) 2 •
=11/112 -2 11.-t
aver scelto nello spazio euclideo n-dimensionale una base ortogo- Il-t ka•1 11.-t
nale normalizzata eh e2 , • • • , en, possiamo scrivere ogni vettore
z E nn nella forma :E: chiaro che il minimo di questa espressione si ottiene allorché
l'ultimo termine è uguale a zero, cioè per
(10) (k = 1, 2, . . ., n) . (16)
In questo caso
dove
n
c, = (z, e11 ). (11)
llf-Snll2 =illll2 - ~ci. (17).
Vediamo come si può generalizzare lo sviluppo (10) al caso di uno h= t
spazio euclideo a dimensione infinita. Sia Abbiamo mostrato che· fra tutte le somme della forma (15), ·
per un dato n, la somma parziale della serie di Fourier dell'ele-
'Pt• 'P2t • • ., 'Pn• • • • (12) mento l differisce meno delle altre da f. Questo risultato può essere
un sistema ortogonale normalizzato nello spazio euclideo R e t interpretato geometricamente çome segue. L 'elemento
sia un elemento di R. Facciamo corrispondere all'elemento f E R n
una successione di numeri
~ a,cp"
1- 11.-1
c, = (/, cp~), k =· 1, 2, ... , (13)
è ortogonale a tutte le combinazioni lineari della forma·
che chiameremo coordinate o coefficienti di Fourier dell'elemento f
rispett6 .al sistema· {qJ 11 },. ~·~a ~ede (per il momento formale)
~~~. 0~
" . cioè ortogonale al sottospazio generato dagli elementi cp1 , !p2 , • • •
che chiameremo serie di Fourier dell'elemento t rispetto al sistema ••• , 'Pn• se e soltanto se è soddisfatta la con,dizione (16) (verifi-
{'Pn}· . . carlol). Il risultato così ottenuto rappresenta una generalizzazione
:E: naturale domandarsi se è convergente la serie (14), cioè di un teorema noto dal corso di geometria elementare: la lunghezza·
se la successione delle sue somme parziali (nel senso della metrica della perpendicolare tracciata da un punto a una retta o a un
dello spazio R) tende a un limite, e se, quando la serie è conver- piano è più piccola della lunghezza di ogni retta inclinata prove-
gente, la sua somma coincide con l'elemento iniziale f. niente dallo stesso punto.
t48 149
Poiché si ha sempre 11/- Sn llz ~ O, dall'uguaglianza (17) Nel n. 3 abbiamo dimostrato l'esistenza di sistemi ortogonali
risulta che normalizzati completi in uno spazio euclideo separabile. Poiché
n le nozioni di chiusura e di completezza coincidono per i sistemi
~cl~ll/11 2 • ortogonali normalizzati, l'esistenza dei sistemi ortonormati in R
k-1 non necessita di dimostrazione nuova, e gli esempi di sistemi
Qui n è arbitrario e il secondo membro non dipende da n; di conse- Qrtogonali normalizzati completi dati nel n. 3 sono, al tempo
oo stesso, esempi di sistemi chiusi.
guenza, la serie ~~cl è convergente e Sopra abbiamo supposto sempre normalizzati i sistemi orto-
gonali in esame. Le nozioni di coefficienti di Fourier, di serie
-di Fourier ecc. per sistemi ortogonali qualsiasi si possono formu-
(18) lare in altro modo. Sia {CJ>n} un sistema ortogonale qualsiasi. In
base ad esso si può costruire un sistema normalizzato composto di
Questa è la disuguaglianza di Bessel. Geometricamente essa signi- .elementi 'l'n = Il ::Il . Per ogni l E R abbiamo
fica che la somma dei quadrati delle proiezioni del vettore f
su direzioni mutuamente ortogonali non supera il quadrato della 1
lunghezza del vettore stesso f. Cn = (j, 'l'n)= Il 'Pn Il (/, CJ>n)
Introduciamo la seguente importante nozione. e 1183
Definizione 1. Il sistema ortogonale normalizato (12) ò 00
detto chiuso se per ogni l ER si verifica l'uguaglianza
00 ~
n=l
Cn'IJn = ~
n=l
Il;: Il CJ>n = ~
n-1
anCJ>n•
(19)
dove
detta uguaglianza di Parseval. ~ ~'P~ (20)
Dall'identità (17) risulta che la chiusura del sistema (12) è an= Il 'Pn Il = Il 'Pn lP'"
equivalente al futto che per ogni l E R le somme parziali della I coefficienti an dati dalla formula (20) sono detti coefficienti di
00
serie di Fourier ~ CniJln convergono a /. Fourier dell'elemento f rispetto al sistema ortogonale (non norma-
?l~ t lizzato) {<vn}· Sostituendo nella disuguaglianza (18) Cn con le loro
La nozione di chiusura di un sistema ortogonale normalizzato espressioni cn = an Il q>n Il ricavate dalla (20), otteniamo
è strettamente legata alla nozione di completezza sopra introdotta. 00
Teorema 2. Ogni sistema ortogonale normalizzato in uno spazio (21)
euclideo separabile R è chiuso, e viceversa.
Dimostrazione. Il sistema {CJ>n} sia chiuso, allora, qualun-
que sia l'elemento l E R, la successione delle somme parziali della Qssia la disuguaglianza di Bessel per un sistema ortogonale qual-
sua serie di Fourier è convergente a /. Ciò significa che le combi- siasi.
nazioni lineari degli elementi del sistema {tpn} sono ovunque
dense in R, vale a di~e il sistema {CJ>n} è completo. Inversamente, 5. Spazi euclidei completi. Teorema di Riesz-Fischer. A par-
il sistema {CJ>n} sia completo, cioè ogni elemento l E R possa tire dal n. 3, abbiamo considerato spazi euclidei separabili; ora,
essere approssimato con una precisione a piacere mediante una inoltre, supporremo che gli spazi considerati siano completi.
n Dunque, sia R uno spazio euclideo scparabile completo e
combinazione lineare ~ ctniJlk degli elementi del sistema {q>n}; {q>n} sia un sistema ortogonale normalizzato (non necessariamente
n
h-l completo). Dalla disuguaglianza di Besse! segue che affinché i
numeri c1 , Cz, ••• , cn, .•. servano da coefficienti di Fourier per
la somma parziale ~c" q>" della serie di Fourier per f dà un 'appros- un certo elemento f E R, è necessario che la serie
h=t
00
h-1 ~c~
convergente a /, e l 'uguaglianza di Parseval sussiste. n=1
150 151
sia convergente. Si trova che questa condizione è non soltanto Infatti,
necessaria, ma anche sufficiente in uno spazio completo. E pre- n n n
cisamente, è valido il seguente teorema. (f- ~Ck<Jlru f- ~ Ck'Pk)=(/, f)- ~ci-+0
. Teorema 3 (Riesz-Fischer). {'Pn} sia un sistema ortogonale nor:.. 1'1-1 ,,~1. 1'1~1
do.ve il primo. termine a secondo membro è uguale a c1 per n> i, (f, f)=~ cl< (g, g)
e Il secondo e nullo per n -+ oo poiché h= l
dove nelle somme a secondo membro figura non più di una quantità nume-
Il f-In Il-+ O per n-+ oo, rabile di termini diversi da O.
allora 2. Un sistema {q>cz} di vettori dello spazio euclideo R si dice totale·
se in R non esistono vettori diversi da Oe ortogonali a tutti i cp01 • Il teorema 4
"" significa che la totalità di un sistema di vettori in uno spazio euclideo è-
equivalente alla sua completezza. Mostrare che negli spazi non completi
possono esistere sistemi totali ma non completi.
152 153.
:"4
6. Spazio di Hilbert. Teorema di isomorfismo. Continuiamo -spazio aritmetico nn (esempio 1 del n. 2). Gli sp?zi eucli~ei a u~
lo studio degli spazi euclidei completi, interessandoci, come numero infinito di dimensioni non sono necessariamente 1somorf1
finora, agli spazi di dimensione infinita e non a quelli di dimen- gli uni agli altri. Per esempio, gli spazi l2 e C2 [a, b) n?n s~no
sione finita, la cui descrizione esauriente è data nei corsi di isomorfi. Ciò si vede, ad esempio, dal fatto che uno dt ess1 è
algebra lineare. Come prima, noi supporremo di regola l'esistenza, .completo e l'altro non completo.
negli spazi considerati, di un insieme numerabile ovunque denso. Tuttavia è importante il seguente fatto. . . . .
Introduciamo la seguente definizione. Teorema 5. Due spazi di Hilbert separabdt qualstast sono
Definizione 2. Uno spazio euclideo completo a un numero .isomorfi. · d" I~"lb H '
infinito di dimensioni si chiama spazio di Hilbert 1• Dimostrazione. Mostriamo che ogni spazio 1 11 ert e
Quindi, si chiama spazio di Hilbert un insieme H di elementi isomorfo allo spazio 12 • Dimostreremo così l'affermazione del
/, g, ... di natura qualsiasi, che verifica le seguenti condizioni teorema. Consideriamo in H un sistema ortonormale completo
(assiomi): qualsiasi {q> } e facciamo corrispondere a un elemento l E H
I. H è uno spazio euclideo (cioè uno spazio lineare con un 1•1·ns1"eme c1• ne Ili • • • • cn • • • • dei suoi coefficienti di Fourier ri-
fl
co
prodotto scalare in esso assegnato).
II. Lo spazio H è completo nel senso della metrica p(/, g) = spetto a questo sistema. Poiché
1
cl < oo t la successione
= 11/-gll.
III. Lo spazio H è a dimensione infinita, vale a dire in esso, <cl• C2• • • ., cn• • • • ) è un elemento di l 2• Inversamente, in virtù)
·del teorema di Riesz-Fischer, a ogni elemento (et, C2, • • ., Cn, • • •
per ogni n, si possono trovare n elementi linearmente indipen- di l corrisponde un elemento l E H avente i numeri Cto c2, • • •
denti. . .. ~ cn, ... come suoi coeff.ici~nti di !ou~ie~. L.a corrispondenza
Più spesso vengono considerati gli spazi di Hilbert separabili, così stabilita fra gli clementi d1 H e d1 l 2 e bmmvoca. Inoltre, se
cioè che verificano un ulteriore assioma.
IV. H è separabile, cioè in esso esiste un insieme numerabile f ++ (clt c2, • · ., Cn, • • .)
ovunque denso. e
Quale esempio di spazio di Hilbert separabile può servire g ++(d., d 2 , ••• , dn, • • .),
lo spazio reale 12 •
Nel seguito, considereremo esclusivamente il caso separabile allora
senza menzione speciale. l+ g++ (c1 + d 1, c2 + d 2, ••• , Cn + dn, ••• )
Analogamente alla definizione 2 del § 1 due spazi euclidei R
e R* sono detti isomorfi se fra i loro elementi si può stabilire una al++ (acl> ac 9 , ••• , acn, ... ),
corrispondenza biunivoca tale che, se vale a dire la somma si trasforma in somma e il prodotto per un
x-x*, y ...... y*, numero in prodotto dell'elemento corrispondente per lo stesso
(x, y E R; x*, y* E R*), :numero. Infine, dall'ug~aglianza di Parseval segue che
co
allora (24)
(f, g) = ~ Cndn•
x + y ._. x~ + y*, n= l
Come è noto, due spazi euclidei n-dimensionali qualsiasi = ~ (cn+dn) 2 = ~ c~+2 ~ Cndn+ ì1 d~.
sono isomorfi e, di conseguenza, ognuno di essi è isomorfo allo n=l . n=1 n=l n=l
1 Dal nome del matematico tedesco D. Hilbert (1862-1943), il quale Quindi, la corrispondenza stabilita fra gli elementi degli spazi
introdusse questo concetto. H e 12 è effP.t.t.ivamente un isomorfismo.
154 155
Il teorema dimostrato significa che esiste a meno di isomor
fism~. un. sol~ spazio. di Hilbert (separabile) (v~le a dire il sistema 4, 6, ... (e Xn arbitrari per n= 1, 3, 5, .' .. ) formano un sotto-
degh ass10m1 I-IV e completo) e lo spazio l 9 si può considerare spazio. h . · · • d"
come sua « realizzazione coordinata J>, cosi come uno spazio aritme- Raccomandiamo al lettore di verificare c e g 11 ms1em1 t
n vettori indicati negli esempi 1-3 sono effettivamente dci sottospazi.
tico n-dimensionale col prodotto scalare ,L: x 1y1 rappresenta la Ogni sottospazio dello spazio di Hilbert è uno spazio euc~ide~
a dimensione finita oppure esso stesso rappresenta uno spazto d~
realizzazione coordinata di uno spazio e~~l~deo a n dimensioni Hilbert. Infatti la validità degli assiomi I-III per ognuno dt
assegnato assiomaticamente. questi sottospazi è evidente, mentre la validità dell'assioma IV
~i può ottenere ?n'altr~ realizzazione dello spazio di Hilbert discende dal seguente lemma. , . .
constderando lo spazxo funzxonale C2 [a, bJ e studiandone un com- Lemma. Ogni sottoinsieme R dello spazio metnco separab~le R
P!etam.ento ..Infatti! è facile verificare che il completamento R* è esso stesso separabile.
dx ogm spazxo euchdeo R (nel senso in cui abbiamo definito il
c~mpletamento di uno spazio metrico nel § 3 del capitolo II) s1, s2 .... , ~n• • • •
dtventa uno spazio euclideo lineare se in esso sono definite le
operazioni lineari e il prodotto scalare estendendoli per continuità un insieme numerabile ovunque denso in R e sia
dallo spazio R, cioè ponendo
an = inf P (sn, 1}).
X +y = lim (xn
n .... oo
+ Yn), ax = lim CXXn
11ER'
dove Xn-+ x e Yn-+ y, Xn• Yn E R. (E facile stabilire l'esistenza P (Sn• 'l'In, m) < an + 1/m.
di tutti questi limiti e la loro indipendenza dalle successioni Sia e >O e 1/m < e/3; per ogni 11 E R' si troverà un n tale che
{xn} e {~n}.) AI~ora il completamento dello spazio C2 la, b) sarà < e/3 e, di conseguenza,
p (Sn, 11)
u~o spaziO euchdeo completo, evidentemente, a dimensione infi-
mta e separabile, cioè uno spazio di Hilbert. Nel capitolo VII tor- p (Sn, 'I'Jn, m) < an + 1/m < e/3 + e/3 = 2e/3;
nere~o su questa questione e mostreremo che gli elementi da
aSSOCiare a C2 [a, bJ per ottenere uno spazio completo si possono ma allora p ('I'J, T'In. m) < e, cioè l'insieme non J!iù c~e numerabile
rapp.resentare anch'essi c?m~ !unzi?ni, ma non più continue (e {T'l } (n, m = 1, 2, ... ) è ovunque denso m R .
prectsamente, come funzxom Il cu1 quadrato è sommabile nel
senso di Lebesgue).
in. sottospazi di uno spazio di Hilbert godono di alcune pro-
prietà speciali (non aventi luogo per i sottospazi di uno spazio
normato qualsiasi). Queste proprietà sono legate ~ll'esi~tenza
7. Sottospazi, complementi ortogonali, somma diretta. In nello spazio di Hilbert del prodotto scalare e alla nozione dt orto-
accordo con le definizioni generali del § 3 si chiama varietà lineare gonalità basata su di esso. . . . .
nello spazio di Hilbert H un insieme.L di elementi di H tale che
se /, g E. L~ a~lora af :r !-
flg. E qunlrlnque siano i numeri a. e fl.
~na varxeta hneare chzusa s1 dtce sottospazio. Diamo alcuni esempi
. Applicando il processo d.1 ortogon~h~zaz10ne a un~ succe.ssiO~e
numerabile ovunque densa dx elementi d1 un sottospaz10 arbitrario
dello spazio di Hilbert, otteniamo il seguente teorema.
dx sottospazi dello spazio di Hilbert. Teorema 6. In ogni sottospazio M dello spazio H è contenuto
1. ~ia h un element~ qualsiasi di H. L'insieme di tutti gli un sistema ortonormale {cpn} la cui chiusura lineare coincide con M.
elementx.f E H or~ogonah ad h forma in H un sottospazio. Sia M un sottospazio dello spazio di Hilbert H. Indichiamo
. 2. Sia H reahzzato come lo spazio 12 , cioè i suoi elementi con
Siano delle successioni di numeri (x1 , x 2 , ••• , Xn, ••• ) tali che
~xl<
h
oo. Gli elementi
.
soddisfacenti alla condizione x 1 = x 2 MJ. = HGM
formano un s'ottospazio. l 'insieme degli elementi g E H ortogonali a tutti gli elementi l E M
~· Di nuovo H sia realizzato come lo spazio 12 • Gli ele- e dimostriamo che MJ. è anch'esso un sottospazio dello spazio H.
menti X=(xh x 2 , ••• , Xn•• • . ) per i quali Xn=O per n=2. La linearità di M J. è evidente, poiché da (gtt f) = (g2, /) = O
deriva (a1g1 +a 2g 21 f) = O. Per dimostra.re la chiusura, suppo-
156
157
~
niamo che gli elementi gn appartengano a M J. e convergano a g_ Si può parlare quindi di sottospazi recipr~camel!te com pie:
Allora per ogni l E M abbiamo che mentari dello spazio H. Se M e MJ. sono due ~l quesh sott?spaz!
(g, f) = lim (gn, /) = O reciprocamente complementari e se {q>n} e {IPn} sono duo SIStemi
n-.oo ortogonali completi (in M e in MJ., rispettivamente), l'unione d~i
e, percw, g appartiene anch'esso a MJ.. sistemi {q>n} e {q>~} fornisce un siste~a ortogonale comp~eto m
tutto lo spazio H. Pertanto sussiste Il seguente corolla no.
Il sottospazio M J. è detto complemento ortogonale del sotto- Corollario 2. Ogni sistema ortonormale può essere esteso a un
spazio M.
sistema completo in H.
Dal teorema 6 si deduce facilmente il seguente teorema. Se il sistema {!Jln} è finito, il numero dei suoi elementi è
Teorema 7. Se M è sottospazio lineare (chiuso!) dello spazio H .. uguale alla dimensione del sottospazio M generato da {rp11 } c alla
ogni elemento l E H è rappresentabile univccamente nella forma codimensione del sottospazio MJ.. Otteniamo così ancora un
f=h+h', dove h E M e h' E MJ..
corollario.
Dimostrazione. Dapprima dimostriamo l'esistenza di questO> Corollario 3. I l complemento ortogonale di uno spazio di dimen-
sviluppo. A tal fine troviamo in M un sistema ortonormale com- sione finita n ha la codimensione n, e viceversa.
pleto {q>n} e poniamo
Se ogni vettore f E H è rappresentabile nella forma l =
00
=h+ h', h E M, h' E MJ. (essendo M.L il complemento ortogo-
h=~Cn(jln 1 Cn=(/,<pn)• nale di M), si dice che H è la somma diretta dei sottospazi ortogona-
n=1
li M e MJ. e si scrive
"" c~ è
Poiché (secondo Ia disuguaglianza di Besse!) la serie 2} H= M$ MJ..
n= l E chiaro che Ia nozione di somma diretta può essere generalizzata
convergente, l'elemento h esiste e appartiene a M. Poniamo
direttamente per ogni numero finito e anche numerabile di sotto~
h'= f-h. spazi; e precisamente, si dice che H è la somma diretta dei suoi
E evidente che per tutti gli n si ha (h', !fn) = O e, poiché un ele- sottospazi M 1 , M 2 , • • • , Mn, ...
mento arbitrario ~ di M è rappresentabile nella forma H= M1 Ea M2 Ea ••• Ea Mn Ea ••• ,
se
1} i sottospazi M 1 sono ortogonali a due a due, cioè se ognì
vettore di M 1 è ortogonale a ogni vettore di M 4 per i =l= k;
abbiamo 2) ogni elemento f E H può essere rappresentato nella forma
""
(h', ~) = 2} an (h', q>n) =O, /=hl+ h2 + •••+ hn + • • •• hn E Mn,
n= l
inoltre, se il numero di sottospazi Mn è infinito, allora ~ Il hn 112
cioè h' E MJ.. n
Supponiamo ora che, oltre allo ~viluppo costruito l = h + h', è una serie convergente. ~ facile provare che se questa rappre-
sentazione dell'elemento l esiste, essa è unica e
ne esista un altro: '
l= h 1 +h~, h 1 E M, h~ E MJ.. Il /11 2 = 2Jn Il hn 11 2
•
zioni complementari deve soddisfare la norma definita in R Considerando la semisomma delle espressioni (28) e (29), abbiamo
affinché Io spazio R sia euclideo, cioè la norma in esso sia deter-
minata da un prodotto scalare? In altre parole, come caratterizzare <D (/l g' h) = ~ (Il g +h+ l 11 2 + Il g +h- l 1/ 2) -
gli spazi euclidei nella classe di tutti gli spazi normati? Questa
caratterizzazione è data dal seguente teorema. - ~ (llg-h+tll 2 +1lg-h-fll2 )-llg+hll 2 +llg-hll 2 •
Teorema 8. Affinché uno spazio normato R diventi uno spazio
euclideo è necessario e sufficiente che per due elementi f e g qualsiasi In virtù della (25) il primo addendo vale
sia verificata l'uguaglianza
llg+h 112 +Il/ 112
+
Il l w
g 112 + Il l - g = 2 (Il l 112 + Il g 112)· (25)
e il secondo addendo
Poiché f + g e f - g sono le due diagonali del parallelo-
Il g - h 112 t 112•
gramma costruito sui lati t e g, l'uguaglianza (25) esprime la nota - - Il
proprietà del parallelogramma nello spazio euclideo: la somma Quindi,
dei quadrati delle diagonali del parallelogramma è uguale alla ciJ (/, g, h) ;:;;;;; o.
somma dei quadrati di tutti i suoi lati. Quindi, la necessità del-
l'ipotesi è evidente. Dimostriamone la sufficienza. Poniamo Stabiliamo, finalmente, la proprietà 3), ossia l'omogeneità
del prodotto scalare. A tal fine consideriamo la funzione
(/, g)=}<ll
..
i+ g.11 rll /-gll
2 2
) (26) <p (c) = (cf, g) -c (j, g)
e mostriamo che se l'uguaglianza (25) è verificata, la funzione per quali che siano f e g. Dalla (26) risulta immediatamente che
(26) soddisfa a tutti g~~ assiomi del prodotto scalare. Siccome per 1
l = g abbiamo . <p (O) = 4 (Il g 112 -ll'g 112) = O
(/, /) ·.! (11·2/11 -11/-/11 )=11/11
2 2 2
• (27) e <p (-1) = O, poiché (-/, g) = - (j, g). Pertanto per ogni n
intero si ha
questo sarà esattamen~e il prodotto scalare che genera nello spazio
R la norma assegnata in esso. (nf, g) = (sgn n (f + ...
+ /), g) =
Prima di tutto, dalla (26) si vede immediatamente che +
= sgn n [(j, g) + ... (f, g)l = l n l sgn n (/, g) =
(f, g) = (g, f), =n(/, g),
1G1
160
In tal modo la norma delJo spazio C [0, n/21 non si può assegnare
cioè <p (n) = O. Per p, q interi e per q =F Osi ha qui mediante un prodotto scalare. 'B facile vedere che neanche lo
(: /, g)= p (! f, g)= :q (! /,g)= : (!, g), spazio C [a, b] è uno spazio euclideo, qualunque sia l'intervallo
[a, b].
cioè <p (c) = O per tutti i c razionali; essendo continua la funzione 9. Spazi euclidei complessi. Accanto agli spazifeuclidei rea-
<p, si ha li, si possono introdurre anche quelli complessi (cioè gli spazi
O. <p (c)== lineari complessi con un prodotto scalare in esso assegnato).
Tuttavia gli assiomi 1)-4) enunciati all'inizio di questo paragrafo
Abbiamo mostrato così che la funzione (1, g) gode di tutte le non si possono verificare contemporaneamente nello spazio com-
proprietà del prodotto scalare. plesso. Infatti, dagli assiomi 1) c 3) segue
Esempi. 1. Consideriamo lo spazio n-dimensionale R~ in
cui la norma è data dalla formula (J.x, A.x) = 1..2 {x, x),
n da cui, per A. = i, abbiamo
Il x li P= ( ~ l Xk l p) l/P.
11=1 (ix, ix) = - (x, x),
Per p>1 tutti gli assiomi della norma sono verificati, ~utt~via, vale a dire i quadrati scalari dei vettori x e ix non possono essere
R~ sarà uno spazio euclideo soltanto per p = 2. Consideriamo positivi contemporaneamente. In altre parole, gli assiomi 1) e
infatti in R~ i due vettori 3) sono incompatibili con l'assioma 4}. Pertanto gli assiomi che
permettono di definire il prodotto scalare nel caso complesso
l= (1, 1, o, o, ... , 0), devono essere un po' modificati rispetto al caso reale. Nello spazio
g = (1, -1, O, O, .•. , O); euclideo complesso definiremo il prodotto scalare come una fun-
abbiamo zione numerica (a valori complessi) di due vettori soddisfacente
l +g= (2, O, O, .•. , 0), alle seguenti condizioni:
1) (x, y) = (y, x),
t- g = (0, 2, O, , 0), ... 2) (l.x, y) = A. (x, y),
da cui 3) (x1 + x2, y} = (xl, y) + (x2, y),
Il l llp = Il g liJ, = 2l/P, Il l + g llp = li j - g !h. = 2, 4) (x, x)> O e, inoltre, (x, x) >O se x =F O. (Abbiamo cosl
corretto il primo assioma, conservando immutati gli altri tre.)
cosicché l 'identità del parallelogramma (25) non si verifica per Dalle condizioni 1) e 2) segue che (x, J.y) = f" (x, y). Infatti,
p ::p 2. . (x, A.y) = (Ay, x) = A. (y, x) = ~(x, y).
2. Consideriamo lo spazio delle funzioni continue sull'mter-
vallo chiuso [0, n/21. Poniamo Un esempio ben noto di spazio euclideo di dimensione complessa n
f (t) = cos t, g ~t) = sen t. è fornito dallo spazio cn (§ 1, esempio 2) in cui il prodotto scalare
degli elementi
Abbiamo
x = {.xl, Xa, ••• , Xn) e y = (yl, Y2• ..• , Yn)
lltll=llcll=1
è dato dalla formula
e n
l!f+cll= max lcost+santi=V2, (x, y) = ~ XkYk·
o:s;;t:t:;;:r/2 h-f
111-cll= max lcost-sentl=1. Come è noto, ogni spazio euclideo complesso di dimensione n
O:t:;;t:t:;;n/2
è isomorfo a questo spazio.
Si vede di qui che Quali esempi di spazi euclidei comp)essi di dimensione in-
finita possono servire:
Il t ...L c 112 + Il t - c W=F 2 <H l 112 + Il i. W>·
162 163
i) lo spazio compleso la in cui gli elementi sono le successioni
di numeri complessi e la disuguaglianza di Besse! diventa
z = (xl, Xa, ••• , Zn• ••• )
~ Jcnf 2 ~(/, /).
soddisfacenti alla condizione n
166 167
•
spazi euclidei o normati. Una classe importante di spazi, che Si dice che la norma Il· 111 non è ptù debole della Il • lls se esiste una,.
costante c >O taio che 11 :e 11, >c Il :c 11 2 per tutti gli :c E E.
sono più generali degli spazi normalizzati, ma che conservano Se la prima norma non e più debole della seconda o se la seconda non è
numerose proprietà di questi ultimi, è costituita dagli spazi detti più debole della prima, le due norme si dicono equtvalentt. Due norme sono·
localmente convessi. ilette con/rontabilt so una di esse non è più debole dell'altra. ( C:
Definizione 2. Uno spazio topologico lineare si dice local--
mente convesso se ogni insieme aperto non vuoto in esso contiene Definizione 3. Si chiama numerabilmente normato uno spazio·
un sottoinsieme aperto convesso non vuoto. lineare E in cui è dato un sistema numerabile di norme Il · lln a
·Osserviamo che se lo spazio E è localmente convesso, allora due a due compatibili. Ogni spazio numerabilmente normato di-
per ogni suo punto x E E e ogni suo intorno Usi troverà un suo venta topologico lineare se si ammette quale sistema di intorni
intorno convesso V tale che x E V c U. Infatti, è sufficiente veri- dello zero la collezione degli insiemi Ur, ~~., ognuno dei quali è·
ficare la validità di questa affermazione per il punto x = O. Sia determinato dall'indice r e dal numero positivo e e composto.
U un certo intorno dello zero. Si troverà un altro intorno dello di tutti gli elementi x E E soddisfacenti alle condizioni
zero V tale che V - V c U. Poiché E è localmente convesso,
allora esiste un insieme aperto convesso non vuoto V' c V; sia Il x lh < e, • •• , Il x llr < s.
y E V', allora· V'- y è un intorno convesso dello zero contenu-
to in U. Lasciamo provare al lettore che questo sistema di intornf
Ogni spazio normato è localmente convesso. Infatti, ogni in- dello zero definisce effettivamente in E una topologia in cui le
sieme aperto non vuoto in questo spazio contiene una sfera. In operazioni di addizione di elementi e di loro moltiplicazione per
tal modo, ogni spazio normato è localmente limitato e localmente numeri sono continue.
convesso. Si può mostrare, di fatto, che la classe degli spazi posse- Notiamo che ogni spazio numerabilmente normato verifica' il
denti ambedue queste proprietà si esaurisce con gli spazi normati. primo assioma di numerabilità poiché il sistema di intorni dello·
E precisamente, si dice normalizzabile uno spazio topologico li- zero Ur, e si può sostituire (senza cambiare la topologia) con un
neare E se la topologia esistente in E può essere assegnata me- sottosistema numerabile in cui e assume soltanto i valori 1, 1/2,
diante una norma. Sussiste il seguente teorema: ogni spazio topo- 1/3, ... , 1/n, ... Per di più, in uno spazio numerabilmente
logico lineare separabile, localmente limitato e localmente con- normato la topologia può essere assegnata mediante una metrica,
vesso, è normalizzabile. ad esempio la seguente:
Esercizi. 1. Dimostrare che l'insieme aperto U in uno spazio topolo- ""
gico lineare è convesso se e soltanto se U + = U 2U.
P (x' Y)
= 'çl 2
.L.!
n Il ;ç- Y Il n
1+11:~:-ylln ' x,
y EE
· (1)·
2. Sia E uno spazio lineare; l'insieme U c: E è detto simmetrico se
:& E U implica -:e E U. Sia 9J la famiglia dij tutti i sottoinsiemi simmetrici
convessi dello spazio E coincidenti con il loro nucleo (si veda il § 2). Di- Proponiamo al lettore di verificare che la funzione p (x, y) soddi-
mostrare la validità delle seguenti affermazioni.
(a) La famiglia 93 è una famiglia fondamentale di intorni dello zero sfa a tutti gli assiomi della distanza ed è invariante rispetto alle·
per una topologia separabile, localmente convessa nello spazio E (questa
topologia si dicq nucleare convessa),
traslazioni (cioè p (x +
z, y +
z) = p (x, y), x, y, z E E) e che la
topologia generata da questa funzione coincide con quella ini-·
(h) La topo1ogia nucleare convessa è la più forte fra le topologie local- ziale. Otteniamo cosi la possibilità di parlare della completezza
mente convesse in cui le operazioni lineari in. E sono continue.
(c) Ogni funzionale lineare in E è continuo rispetto alla topologia di uno spazio numerabilmente normato, intendendo con ciò la
nucleare convessa. completezza rispetto alla metrica sopra introdotta. Notiamo anco-
ra che la successione {x11 } è fondamentale rispetto alla metrica (1)
3. Spazi numerabilmente normati. Gli spazi detti numerabil- se e soltanto se essa è fondamentale rispetto a ciascuna delle nor-
mente normali costituiscono una classe di spazi topologici lineari me Il • Un, e converge (in questa metrica) all'elemento x E E se e
molto importante in analisi. Per formulare la definizione corri- soltanto se converge a x rispetto a ciascuna delle norme Il • lln· In
spondente, avremo bisogno di una nozione ausiliare. altre parole, la completezza di uno spazio numerabilmente nor-
In uno spazio lineare E siano assegnate due norme Il · ll1 e mato significa che ogni successione in esso, fondamentale rispetto
Il • 11 2• Esse sono dette compatibili se ogni successione {xn} di E a ciascuna delle norme Il · lln• è convergente.
fondamentale in ciascuna di queste norme e convergente a un Esempi. 1. Quale esempio importante di spazio numerabil·
limite x E E in una di esse, è convergente alllo stesso limite z mente normato serve lo spazio K [a, b) delle funzioni derivabili
anche nella seconda. indefinitamente su un intervallo chiuso, che abbiamo~ considerato-
1.68 169-
sopra, supponendo che la norma Il • IIm in questo spazio sia~ data vale a dire Cl> è uno spazio di Hilbert numerabile. Esso è detto
dalla formula .spazio delle successioni rapidamente decrescenti.
Se E è uno spazio numerabilmente normato allora si può sup-
Il f IIm= sup
a.,;;;t...;b
1!1111 (t) l· porre che le norme Il · 11 11 in esso assegnate soddisfino alla condi-
0.,;;;11:E;;m ~ione
::B evidente che tutte queste norme sono a due a due compatibili e
·ehe esse definiscono in K [a, bl quella stessa topologia che è stata
Il x llh < Il x llr per k < l, (2)
sopra descritta. .altrimenti potremmo sostituire alle norme Il x llh le norme
2. Sia Sco lo spazio di tutte le funzioni derivabili indefini-
tamente sulla retta e all'infinito tendenti a zero con tutte le loro Il x Il~ = sup (Il x lh, Il x !12, ..• , Il x llk)
derivate più rapidamente di qualsiasi potenza di 1/1 t l (cioè sod-
disfacenti alla condizione t11fCq) (t)-+ O per l t 1-+ oo, per ogni -ehe definiscono in E la stessa topologia del sistema di norme ini-
k e q fissati). Determiniamo in questo spazio un sistema numera- ziale. Completando lo spazio E rispetto a ciascuna delle norme
bile di norme ponendo Il · llh• otteniamo un sistema di spazi normati completi E11 • In
-questo caso, dalla relazione (2) e dalla compatibilità delle norme
Il/ IIm = sup lt11 jlq1 (t)j, m=O, 1, 2, ... risulta che esistono le inclusioni naturali
k, q,.;m
-oo<t<oo
E 11 :::::> E1 per k < l.
E: facile provare che queste norme sono a due a due compatibili.
Quindi, Soo è uno spazio numerabilmente normato. Quindi, a ogni spazio numerabilmente normato E si può far cor-
3. Gli spazi detti di Hilbert numerabili sono un caso parti- rispondere una successione decrescente di spazi normati completi
·Colare importante di spazi numerabilmente normati. Sia H uno
spazio lineare in cui ò dato un sistema numerabile di prodotti
.scalari (IJl, 1p)n; supponiamo, inoltre, che le norme IIIJl lln =
Ex:::::> E2 :::::> .•• =:l E11. =:l ••• ; n Ek
00
k~t
~E.
= V (q>, «p)n corrispondenti a questi prodotti scalari siano a due Si può mostrare che lo spazio E è completo se e soltanto se E =
nE
co
a due compatibili. Se questo spazio è completo, esso è detto spazio
di Hilbert numera bile. . = 11 (dimostrarlo!). Così, ad esempio, lo spazio K [a, b]
k=l
4. Come esempio concreto di uno spazio di Hilbert numera- delle funzioni indefinitamente derivabili sull'intervallo chiuso
bile può servire lo spazio seguente. Sia cl> un insieme di successio- {a, b] è l'intersezione di spazi normati completi cn [a, b) (n =
ni numeriche {xn} per le quali la serie = o, 1, 2, ... ), dove cn [a, b) ò composto di funzioni aventi
derivate continue comprese quelle dell'n-esimo ordine e la norma
in esso è data dalla formula
Il xl111= V]. 11
n x':c.
stata costruita essenzialmente noi lavori di Banach, si creò l'impressione
che questa classe di spazi fosse sufficientemente larga da poter soddisfare
tutti i bisogni concreti dell'analisi. Nel seguito si seppe, tuttavia, che non
era cosi. Si trovò che in alcune questioni sono importanti, ad esempio, lo spa-
E facile provare che queste norme sono a due a due compatibili e zio delle funzioni indefinitamente derivabili, lo spazio di tutte lo successioni
·che Cl> è completo nel senso suindicato. :€ chiaro che ognuna delle numeriche noo e altri spazi in cui la topologia per essi naturale non può esse-
re assegnata con nessuna norma. Quindi, gli spazi lineari sono topologici,
norme Il·· 11 11 può essere assegnata mediante i.1 prodotto scalare ma non normalizza bili, e ciò non rappresenta niente di «esotico l> o di « pato-
logico)). Viceversa, alcuni di questi spazi sono delle generalizzazioni non me~
""
(x, y)k = ~ n11XnYn•
no naturali c importanti degli spazi euclidei a dimensione finita che, per
n=1
esempio. gli spazi di Hilbert.
·.170 171
nel punto x E E se Xn- x implica f (xn)- f (x). Lasciamo veri-
IV. Funzionali e operatori lineari ficare al lettore l'equivalenza di questa definizione di continuità
con quella data sopra (a condizi_9Jle che il primo assioma di nu-
merabilità sia soddisfatt _____--
Teorema • A/finché un funzionale lineare f sia continuo in
--E, è necessariòt e sufficiente che esista un intorno dello zero in E
in eu~ il funzionale f è limitato.
D~strazione. Se il funzionale l è continuo nel punto O,
~nora per"o~i) 8 >O esiste un intorno dello zero in cui
l l (x) l< e.
Inversamente, sia U un intorno dello zero tale che
l l (x) l < C per x E U,
§ 1. Funzionali lineari continui
e sia e >O. Allora ~ U è l'intorno dello zero nel quale 1/ {x) l <
1. Funzionali lineari continui negli spazi lineari topolo·
gici. Nel § 1 del capitolo III abbiamo già considerato i funzio- < 8. Abbiamo dimostrato cosl la continuità di l nel punto O e,
nali definiti su uno spazio lineare. Quando si tratta di funzionali quindi, dappertutto.
su uno spazio lineare topologico, sono i funzionali continui che Esercizio. Sia E uno spazio lineare topologico; dimostrare la validità
presentano il principale interesse; come al solito, il funzionale f delle seguenti affermazioni.
definito sullo spazio E si dice continuo se per ogni x 0 E E e ogni (a) Un funzionale lineare f in E è continuo se e soltanto se esistono un
e >O esiste un intorno U dell'elemento x 0 tale che insieme aperto U c:: E e un numero t tali che t E1 (U), dove 1 (U) è l'in-
.sieme dei valori di t in U.
l f (x) - l (xo) l< e per x E U. (1) (b) Un funzionale lineare 1 in E è continuo se e soltanto se il suo nucleo
{:e: l {:e) = O} è chiuso in E.
Questa definizione si estende, in particolare, anche ai funzionali (c) Se ogni funzionale lineare è continuo in E, allora la topologia in E
lineari. -coincide con la topologia nucleare convessa (si veda l'esercizio 2 alla pag. 168).
(d) Se E è uno spazio normalizzabile a dimensione infinita, in esso
Se E è uno spazio lineare topologico a dimensione finita, esiste un funzionale lineare non continuo (sfruttare l'esistenza in E della
allora ogni funzionale lineare su E è automaticamente continuo. base di Hamel; si veda l'esercizio alla pag. 123}.
Nel caso generale, dalla linearità di un funzionale non deriva la (e) In E esiste un sistema fondamentale di intornifdello zero la cui po-
continuità. tenza non è superiore alla dimensione algebrica dello spazio E (cioè alla po-
Per il seguito è essenziale la seguente proposizione, anche se tenza della base di Hamel in E; si veda l'esercizio alla pag. 123). Allora in
E esiste un funzionale lineare non continuo.
è quasi evidente. (f) Affinché un funzionale lineare l sia continuo in E, ò necessario e,
Se un funzionale lineare f è continuo in un punto x E E, è nel caso in cui E verifichi il primo assioma di numerabilità, sufficiente che
continuo anche in tutto E. esso sia limitato in ciascun insieme limitato.
Infatti, sia y un punto arbitrario di E e sia e >O. Conside-
riamo un intorno U del punto x tale che sia sooddisfatta la condi- 2. Funzionali lineari negli spazi normati. Lo spazio conside-
zione (1). Allora la traslazione di questo intorno rato E sia normato. Secondo il teorema 1 ogni funzionale lineare
V= U + (y -x) continuo l è limitato in un certo intorno dello zero. Ma in uno
spazio normato ogni intorno dello zero contiene una sfera o, di
sarà l'intorno cercato del punto y, poiché se z E V, allora z + conseguenza, f è limitato in una sfera. In virtù della linearità
+x-_:_ y E U, e, di conseguenza, del funzionale ciò è equivalente alla sua limitatezza in ogni sfe-
l l (z) - f (y) l = l l (z - Y + x) - l (x) l < e. ra, in particolare in quella unitaria Il x Il <
1. Inversamente, la
limitatezza del funzionale l nella sfera unitaria implica, in virtù
Quindi," è sufficiente verificare la continuità di un funzionale dello stesso teorema 1, la sua continuità {in quanto l'interno di
lineare in un solo punto, nel punto O ad esempio. questa sfera rappresenta un intorno dello zero).
Se E è uno spazio che verifica il primo assioma di numera- Dunque, in uno spazio normato un funzionale lineare è conti-
bilità, la continuità di un funzionale lineare in E può essere for- nuo se e soltanto se i suoi valori nella sfera unitaria sono limitati.
mulata in termini di successioni: il funzionale f è detto continuo.
173
172
Sia l un funzionale lineare continuo nello spazio normato E. Poiché il secondo membro di questa disuguaglianza è indipenden-
Si chiama norma del funzionale l il numero te da x, allora
Il t Il = su p l t (x) l, (2} 1/ (.:r.) l
sup nxn -<llall,
ax a...;;t
cioè l'estremo superio1·e dei valori l t (x) l nella sfera unitari& cioè Il t Il -< Il a 11. Ma, ponendo x = a, otteniamo
dello spazio E. Notiamo le seguenti quasi evidenti proprietà
di Il l Il= Il (a) l= (a, a)= Il a 11 2 , ossia lf(a)l =Il a Il
Il a Il •
1) Il t Il = sup lt (.:r.) l ; Pertanto Il l Il = Il a Il·
:t'FO ll.:r.ll 2. L'integrale
ciò segue immediatemente dal fatto che per ogni x +O I (x)=
b
Jx (t) dt,
l t (.:r.) l a
li .:r. li
dove x (t) è una funzione continua in [a, b], rappresenta un fun-
2) Per ogni x E E zionale lineare nello spazio C [a, b1. Questo funzionale è limitato-
l l (x) l -< Il l /1 • IJ x Il· e la sua norma vale b-a. Infatti,
b
Infatti, se x+ O, l'elemento : appartiene alla sfe1·a unitaria e,.
11 11
1/(x)l=/ Jx(t)dt/-<maxlx(t)l (b-a)=llxll(b-a),
a
di conseguenza, per definizione di norma del funzionale,
che per x= costante si trasforma in uguaglianza.
]t( u:u )l= 1 1f~~~l -<!1111, 2. Consideriamo un esempio più generale. Sia y 0 (t) una·
funzione continua fissata in [a, b1. Poniamo per ogni funzione-
da cui discende la (3). Se, invece, x = O, allora a primo e a se- x (t) E C [a, b)
condo membro della disuguaglianza (3) figurano degli zeri. b
174
-e che, inoltre, per x =costante si ha un 'uguaglianza. Ne segue
·immediatamente che la norma del funzionale 610 vale 1.
Sia E uno spazio normato reale, L un suo sottospazio e lo un
funzionale lineare limitato in L. Questo funzionale lineare può
5. In qualsiasi spazio euclideo X si può definire un funzio- essere prolungato a un certo funzionale lineare f su tutto lo spazio
nale lineare, così come in nn, considerando un elemento fissato E senza aumentare la norma, cioè in modo tale che
·a E X e ponendo per ogni x E X
F (x) = (x, a). Il /o lhn L= Il f lhn E·
·Come nel caso di nn, è facile provare che Supponiamo infatti che
Il FIl = Il a 11. Il /o lllnL = k.
Nel seguito considereremo esclusivamente funzionali lineari E: chiaro che k Il x Il è un funzionale omogeneo convesso. Conside-
-continui, omettendo, per brevità, la parola « continuo ». randolo come p e applicando il teorema generale di Hahn-Banach,
Si può dare la seguente interpretazione evidente alla nozione otteniamo il risultato richiesto.
di norma di un funzionale lineare. Abbiamo già visto (capitolo III, Questa forma del teorema di Hahn-Banach ammette l'inter-
:§ '1), che si può far corrispondere a ogni funzionale lineare un pretazione geometrica seguente. L 'equazione
iperpiano L dato dall'equazione l (x) = 1. Determiniamo la
distanza d fra questo iperpiano e il punto O. Per definizione, lo (x) = 1 (8)
.d = inf Il x 11. In virtù della stima definisce, nel sottospazio L, un iperpiano giacente alla distanza
/(X)= l
1111 /0 Il dallo
zero. Prolungando il funzionale / 0, senza aumentare
l l (x) l -< Il l 11·11 x Il la norma, a un funzionale in tutto E, tracciamo per questo iper-
nell'iperpiano l (x) = 1 avremo Il x 11">1111 l Il e, quindi, d;;;;::: piano parziale un iperpiano « più grande >> in tutto E senza « per-
;;;;::: 1/11 f Il· D'altra parte, per definizione di norma di /, per ogni mettergli >> di avvicinarsi allo zero.
8 >O si troverà un elemento x,_ soddisfacente alla condizione La variante complessa del teorema di Hahn-Banach (teore-
f (x8} = 1 e tale che ma 4a, § 2, capitolo III) fornisce l'analogo complesso del teorema
precedente.
1 >(Il l Il - e) Il Xell; Sia E uno spazio normato complesso, / 0 un funzionale lineare
pertanto limitato, definito nel sottospazio L c E. Allora esiste un funzionale
inf llxll<
d= f(x)=i llflt- .8
lineare limitato f definito in tutto E e soddisfacente alle condizioni
178 179·
Le uguaglianze che definiscono la somma ft +l 2 e il pro- Teorema 1. Lo spazio coniugato (E*, Il • Il) è completo.
dotto a/1 si possono riscrivere come segue: Dimostrazione. Sia {ln} una successione fondamentale di
C/1 + l2) (x) = /1 (x)+ fa (x), funzionali lineari. Allora per ogni 8 >O si troverà un N tale
che Il In- l m Il< 8 per tutti gli n, m ~N. Ne ricaviamo per
E chiaro che la somma / 1 + {2 e il prodotto a/1 rappresentano ogni x E E
funzionali lineari. Inoltre, se lo spazio E è topologico, dalla con-
tinuità dei funzionali / 1 e 12 deriva che / 1 + 12 ed al1 sono anch'es- l fn (x)- fm (x)l < Il fn- fm Il ·Il X Il< 8 Il X 11,
si continui in E. vale a dire per ogni x EE la successione numerica Un (x)} è con-
E facile provare che le operazioni di addizione di funzionali vergente.
e di moltiplicazione per un numero così definite verificano tutti Poniamo
gli assiomi degli spazi lineari. In altre parole, l'insieme di tutti i l (x) = lim In (x).
funzionali lineari continui definiti su uno spazio lineare topologi- n-+oo
co E forma uno spazio lineare che si dice coniugato di E e si indi- Verifichiamo chef rappresenta un funzionale lineare continuo. La
ca con E*. sua linearità si verifica direttamente:
Esercizio. L'insieme di tutti i funzionali lineari su E, non neces-
sariamente continui, si chiama spazio coniugato algebrico e si denota con E#. f (ax + [iy) = lim
n-+co
In (ax + ~y) = lim [a/n (x) +
Dare un esempio di spazio vettoriale topologico E tale che
E• -::f:. E#.
+ Pfn (y)] = al (x) + P/ (y).
Una topologia può essere introdotta nello spazio coniugato Per dimostrare la continuità del funzionale f, torniamo alla
E* in modi molto diversi. Fra le topologie più importanti vi sono disuguaglianza l In (x)- lm (x) l< 8 Il x Il e passiamo. al limite
quella forte e quella debole. per m-+ oo; otteniamo
Facendo variare e ed A otteniamo un sistema fondamentale di in- In tal modo i funzionali g1 , • • • , gn costituiscono una base nello
torni dello zero in E. spazio E*, vale a dire E* è uno spazio lineare n-dimensiona~e; la
Dunque, la topologia forte in E* viene assegnata mediante un base gh ... , gn di E* è detta duale della base e1, • • • , en m E.
insieme di intorni dello zero dipendenti da un numero positivo e Norme diverse nello spazio E inducono norme diverse in E*.
e da.~~ ins~eme ~imitato A c E. ~oi non verificheremo qui, anche Diamo alcuni esempi di coppie di norme corrispondentisi in E e
se c1o e faCile (s1 veda, ad esempio, [9]), che questo sistema di in- in E* (lasciando eseguire correttamente al lettore le dimostrazioni
torni trasforma effettivamente E* in uno spazio lineare topologico. corrispondenti):
:B chiaro che nel caso di uno spazio normato E la topologia forte n
in E* appena descritta coincide con quella che è stata definita (a) Il x Il= ( ~ lxd 2 ) 112 ,
mediante la norma. i=1
Notiamo che la topologia forte in E* verifica ncc(ssariamen- n n
te l'assioma della separazione T1 ed è localmente convessa (indi- (b) llxll=( ~ lxdP) 1'P, 11111=(i=~.i llilq)ifq;
p~ndente~ente dalla topologia di E). Infatti, se lo E E* e lo =fo O, i=l
:Sl tfovera un elemento x 0 E E tale che t 0 (x 0 ) =fo O; poniamo s = ..!.+.!.=1, 1<p<oo;
p q .
= 2 l /o (xo) l e A = {xo}, allora /o E Ue, A• vale a dire E* n
è un Trspazio. Per dimostrare la convessità locale della topologia (c) ll.t:ll= sup lx,!, 11/11= ~ lftli
forte in E*, è sufficiente osservare che per ogni e > O e per ogni i:s;;i:s;;n i=t
insieme limitato A cE l'intorno U 8 , A è convesso in E. Indi- n
chiamo con b la topologia forte in E*; per sottolineare che E* (d) llxll=~ jxd, 11/11= sup l/11·
1~1 t~i:s;;n
viene considerato con la topologia forte, scriveremo (E*, b) al
posto di E*. In queste formule x1 , sono le coordinate del vettore
• • • , Xn
"\ x E E rispetto alla base e11 ••• ,t11 • • • , In le .coordinate
en, e
3. Esempi di spazi coniugati. del funzionale t E E* rispetto alla base duale g1, • • • , gn.
. ~. Sia E uno s~azio n-dimensionale (reale o complesso). Con7
stdenamo una certa base e1, • • • , en; allora ogni vettore x E E Esercizio. Dimostrare che tutte le norme sopra elencate definiscono la
n stessa topologia in uno spazio n-dimensionale.
sarà rappresentabile univocamente nella forma x = ~ xiei. Se
i=t
t
2. Consideriamo lo spazio c0 delle successioni x = (x 1 , x 2 , • • •
è un funzionale lineare in E, allora è chiaro che ••• , Xn, , •• )convergenti a zero, munito della norma Il x Il =
n = sup l Xn 1, e mostriamo che il suo spazio coniugato (c:, Il • Il) è
f (x)= 21 f (e,) x,;
f=1
(1) n
isomorlo allo spazio l 1 di tutte le successioni assolutamente sommabili 00
T
neare limitato in base alla formula x( N)= ~ rr(;e~)l en e osservando che x(N) ECo e Il x( N) Il< 1,
CIO n= t
f(x) = ~ fnxn; abbiamo
(2)
n= l
CIO CIO
e poniamo x<N>= ~ ,::, en { sefn =O, supponiamo che ~~:l =0). llxll=(~
n= l
lxnlp)t/p<oo;
n=l .
Allora xCN> Ec0 , Il x: N> Il< 1 e si può dimostrare che il suo spazio coniugato t;
è isomorfo allo
.N N spazio lq, ilp + 1/q = 1. La forma generale di un funzionale li-
{(xCN>)= ~ ~~:( f(en)= ~ lfnl• neare continuo in lp è
n=l n=1 00
:per ogni x E H abbiamo e viceversa, ogni successione definisce un elemento di ~%. Defi-
niamo ora il funzionale f E <l>% non mediante la successwne {/n},
x = Y+ 'Ayo, Y E H O• ma mediante la successione {gn}, dove gn = nkfn· Allora
f (x) = 'A/ (Yo), "" ro ~~
(x, Xo) = A (Yo. Xo) = 'A/(Yo) (Yo• Yo) = 'A/ (Yo). f (x)= li xngn e 11/11= ( ~ n-11gi) .
n=l n=1
In tal modo f (x) = (x, x 0 ) per tutti gli x E H. Se f (x) = (x, x~), In tal modo <l>% si può identificare con lo spazio di Hilbert delle
.z EH, allora (x, x 0 - x~) = O da cui, ponendo x= x 0 - x~, successioni {gn} soddisfacenti alla condizione
otteniamo x 0 = x~.
Osservazioni. f. Sia E uno spazio euclideo non completo e H ""
~ n-"gi< oo (4)
uno spazio di Hilbert che ne è il completamento. Siccome gli n= t
spazi E* e H* sono isomorfi (si veda la nota alla pag. 181) e H* è e munito del prodotto scalare
isomorfo a H, è valida la seguente affermazione: lo spazio E* 00
·coniugato dello spazio euclideo non completo E è isomorlo al com- (g<u, g<2l) = ~ n-"g~ug~'.
pletamento H dello spazio E. n=1
2. Il teorema 2 è valido anche per uno spazio di Hilbert com- "" fl>%, allora <l>* è lo spazio di tutte le successioni
plesso (la dimostrazione è esattamente la stessa con la sola sosti- Poiché <l>* = U
li= t
tuzione di x0 = l (y 0 ) Yo con 'xo = l (Yo) Yo). L 'unica distinzione {gn} per ognuna delle quali esiste un k tale che la condizione (4)
fra i casi complesso e reale è che ora l'applicazione di H in H*, sia soddisfatta.
-che fa ~orrispondere all'elemento x 0 E H il funzionale 1 (x) = Il valore di ciascuno di questi funzionali è definito su ogni
= (x, x 0 ), è un isomorfismo lineare coniugato, vale a dire che 00
all'elemento 'Ax 0 corrisponde il funzionale 'f/. elemento x = {xn} E <l> e vale ~xngn·
n=l
6. Negli esempi 1-5 abbiamo considerato gli spazi normati. Dunque, se lo spazio et> è l'intersezione della successione
Consideriamo ora uno spazio numerabilmente normato. Sia <l> lo decrescente di spazi di Hilbert
spazio di Hilbert numerabile reale composto di tutte le successioni
x = {xn} per le quali <D= n fl>",
k=t
cio
186 187
4. Spazio doppio coniugato. Poiché i funzionali lineari con- è comodo utilizzare, al posto della scrittura l (x), la notazione
tinui su uno spazio lineare topologico E formano essi stessi uno più simmetrica
spazio lineare topologico (E*, b), coniugato di E, si può parlare l (x) = (/, x). (6)
dello spazio E** dei funzionali lineari continui in E*, cioè del Possiamo considerare (/, x) come funzionale in E per l E E* fis-
doppio coniugato di E ecc.
sato e come funzionale in E* per x fissato (allora x figura come
Osserviamo che ogni elemento x 0 di E definisce un certo fun- elemento di E**).
zionalo lineare in E*. Poniamo infatti
Se E è uno spazio normato (quindi, sono normati anche E*,
'l'xo (j) = f (xo), (5) E** ecc.), allora l'applicazione naturale di E in E** è una iso-
metria.
d~ve x 0 è nn elem~nto fi~sato di E e f descrive tutto E*. L'ugua- Infatti, sia x un elemento di E. Indichiamone la norma in E
glianza (5) mette m cornspondenza a ogni 1 un numero 'l'x0 (f) col simbolo Il x Il e la norma della sua immagine in E** con il
definendo cioè un funzionale su E*. Poiché in questo caso ' simbolo Il x Jlz. Mostriamo che Il x Il = Il x 11 2• Sia l un elemento
non nullo qualsiasi di E*. Allora
'ljlxo (a./1 + P/2) = r.t./1 (xo) + Pl2 (Xo) =
J(f, x) l <:Il f 11·11 xli, ossia Il X Il~ l(/, z)J
::7 11/11
questo funzionale è lineare. e, poiché il primo membro dell'ultima disuguaglianza è indipen-
Inoltre, ogni funzionale di questo genere è continuo in E*. dente da f,
Infatti, sia e >O e sia A un insieme limitato in E, contenente x 0 •
Consideriamo in E* l'intorno dello zero U (e, A). Per definizione Uxll>sup J(,,ti?' ·1!x!l2·
di U (e, A), abbiamo
D'altra parte, in virtù del corollario 4 del teorema di Hahn-Ba-
l1Px0 (/) l = l f (xo) l < e per l E U (e, A). nach per gli spazi normati, per ogni x 0 E E si troverà un funzio-
nale lineare non nullo l 0 tale che
Ma ciò significa che il funzionale 1Px0 è continuo nel punto O e,
quindi, in tutto lo spazio E*. quindi
l Uo. Xo)l =n /o 11·11 Xo Il. (7)
194
195
1) questa successione è limitata, cioè Se, invece, E non è riflessivo, queste sono due topologie distinte
Il <pn II~C, n= 1, 2, .
• • •t
in E*. Per evitare un eventuale equivoco, chiameremo sempli-
cemente topologia debole la topologia debole data nello spazio
2) la relazione (<pn, x)-+- (<p, x) si verifica per tutti gli x appar- fondamentale (cioè la topologia in E* definita mediante E**) e
tenenti a un certo insieme le cui combinazioni lineari di elementi topologia •-debole quella nello spazio dei funzionali (cioè la to-
sono ovunque dense in E. pologia in E* definita mediante E). ~ evidente che la topologia
La dimostrazione è la stessa di quella del teorema 2. •-debole in E* è più debole della topologia debole nello spazio E
Consideriamo un esempio. Sia E lo spazio C [a, bl delle fun- (in altre parole, la topologia debole non contiene meno insiemi
zioni continue 1 e sia aperti della topologia •-debole).
<p (x) = x {0), 4. Insiemi limitati nello spazio coniugato. In diverse ap-
plicazioni della nozione di convergenza debole dei funzionali li-
cioè q> sia una funzione 6 (si veda il § 1, n. 2, esempio 4). Inoltre neari il seguente teorema gioca un ruolo importante.
{<pn (t)} sia una successione di funzioni continue soddisfacenti alle Teorema 3. Se E è uno spazio lineare normato separabile, allo-
condizioni seguenti: ra ogni successione di funzionali lineari continui in E contiene una
1) (jln (t)= O per l t l> 1/n, (jln (t) ~O; sottosuccessione debolmente convergente.
b
Dimostrazione. Consideriamo in E un insieme numerabile
ovunque denso (xto x~, ... , Xn, • . • ). Se {'Pn} è una successione
2) ~ (jln (t) d (t)= 1. limitata (in norma) di funzionali lineari in E, allora la succes-
a sione numerica
Allora per ogni funzione x (t} continua in [a, bl otteniamo me- (jl1 (:z:l), 'P2 (xl), . · . , <pn(xl), ...
diante n teorema della media è limitata. Pertanto da {«pn} si può ricavare una sor.tosuccessione
l
b
'Pn(t)x(t)dx= )
1/n
«pn(t)x(t)dt-+x(O) per n-+ oo.
(l) (l) (1)
(jlt, q> 2, • • ., l)> n' .. •
a -1/n tale che la successione numerica «pc p (x1), q>< A> (x1), ••• , <p<!> (x1), •••
L 'espressione sia convergente. Inoltre, da {«p<~>} si può ricavare una sottosuc-
b . cessione
I IJ>n
a
(t) X (t) dt (2) (2)
(jlt,lp2, ... ,1J>n, ...
(2)
tale che la successione «p<~> (x2), cp<~> (x2}, ••• , <p<;> (x2), ••• , sia con-
rappresenta un funzionale lineare in C .fa •. bJ. In tal modo,, si pu~ vergente. Procedendo in questo modo otterremo un sistema di
rappresentare una funzione 6 come hmtte della successw~e d1 successioni
funzioni « ordinarie )) nel senso della convergenza debole dei fun- (l) (t) (1)
zionali lineari su C [a, bl. (jl t ' (jl2 l .•• ,«p,., ••• ,
Osservazione. Lo spazio E • dei funzionali lineari su u~o (2) (2)
IJ>t,{jl2, ... , cpn, •.• , (2)
spazio E si può cailsiderare in modo duplice: sia come spaziO
coniugato dello spazio iniziale E, sia supporre fondamentale lo
spazio stesso E* e associargli il suo co~iugato E*:. Ciò prem~ss~, (?i cui ognuna è .conte~uta in quella precedente} tale che {«p~>J
possiamo introdurre in E~, la ~opolo~Ia d?bol~ m due ~~d1 dt: s1a convergente a1 punti x 11 x111 ••• , x~o. Allora, considerando la
-versi: sia come nello spaziO dei funz10nah defmendo gh mt?rm << diagonale »
in E* mediante tutti gli insiemi finiti possibili di elementi d1 E, (l) (2)
(jlt,(jl2,•••t(jln,••••
(n)
sia come nello spazio fondamentale mediante lo spazio E**·
E evidente che nel caso di uno spazio riflessivo, ciò è lo stesso. otterremo una sottosuccessione di funzionali lineari tale che
'Pl 11 (xn), q>~3 '(xn), ... sia convergente per tutti gli n. Ma allora
1 Supponiamo che O e (a b]. Si potrebbe considerare, certamente, al (in virtù del t_eorema 2*) la successione !p~u(x), <p~2 '(x), ..• è
posto di t = O un altro punto' qualsiasi. convergente anche per ogni x E E.
i96 197
Questo teorema, assieme al 1*, significa che nello spazio E*, si troveranno degli indici nit' • •• , nm tali che Il y 11 - xn 11 Il <
coniugato di uno spazio di Banach separabile, i sottoinsiemi li- < 6/2, k = 1, 2, ..• , m. Sia N = max (nlt ... , nm) ed e =
mitati e soltanto questi sono numerabilmente precompatti nella = 2-<N+t) 6. Allora, per f ES* n Qe, dalle disuguaglianze
topologia •-debole. Mostriamo che qui si ha in realtà prccompat- 00
tezza, e non soltanto precompattezza numerabile.
Prima di tutto dimostriamo il seguente teorema.
Teorema 4. Sia S* la sfera unitaria chiusa dello spazio E*
coniugato di uno spazio normato separabile E. La topologia indotta ricaviamo l(/, xn) l < 2ne; in particolare,
tn S* dalla topologia •-debole nello spazio E* si può assegnare me-
diante la metrica l{f, Xnk)l<2n 11e<2Ne=612.
(2) Di conseguenza, per tutti i k = 1, 2, .•. , m, otteniamo
dove {xn} è un insieme numerabile fissato, ovunque denso nella !ljera
unitaria S dello spazio E. l(/, Y11H< 1{/, Xnk)l + l(/, Yk- Xnk)l <
Dimostrazione. E chiaro che la funzione p(f, g) gode di < 6/2 + Il f 11·11 Yk - Xnk Il < 6.
tutte le proprietà della distanza; inoltre, essa è in variante rispetto
a traslazioni, e cioè
p (/ + h, g +h) = p {/, g).
Quindi, S* n Qe c U. Il teorema è dimostrato.
E chiaro che questo risultato si estende automaticamente a
Pertanto è sufficiente verificare che il sistema di intorni dello ogni sfera e, quindi, a ogni sottoinsieme limitato M c E*.
zero definito in S* dalla topologia debole dello spazio E* ò equi- Abbiamo mostrato (teorema 3) che da ogni successione limitata
valente al sistema di intorni dello zero definito in S* dalla di- in E* si può ricavare una sottosuccessione •-debolmente conver-
stanza (2), vale a dire che a) ogni <<sfera 1> gente. In altre parole, nello spazio E* coniugato di uno spazio
lineare normato separabile e munito della topologia •-debole, ogni
Qe = {t: p {/, O) < e} sottoinsieme limitato M è numerabilmente precompatto. Ma in
contiene l'intersezione di S* con un intorno debole dello zero in virtù dell'ultimo teorema, ogni tale insieme è uno spazio topolo-
E* e che b) ogni intorno debole dello zero in E* contiene l'inter- gico metrizzabile, e per gli spazi metrici compattezza e compa- ·
sezione di S* con una certa Qe· tezza numerabile coincidono. Abbiamo ottenuto così il seguente
Scegliamo un N tale che 2-N < e/2, e consideriamo un in- risultato.
torno debole dello zero Teorema 3*. Ogni insieme limitato M nello spazio E*, coniuga-
to di uno spazio normato separabile, è precompatto nel senso della
V= V x" ..• , xN; e/2 = {/: l(/, X1f) l< e/2, k = 1, 2, ... , N}. topologia •-debole dello spazio E*.
Mostriamo ora che so E è uno spazio lineare normato separa-
Allora se t E S* n V, si ha bile, ogni sfera chiusa nello spazio (E*, b) sarà chiusa nella topo-
N oo logia •-debole dello spazio E*.
p(/, 0)= ~ 2-nl(f, Xn)J+ ~ 2-nl{f, Xn>l< Poiché uno spostamento nello spazio E* trasforma la classe
n~t n-N+t di insiemi chiusi (nella topologia •-debole) in se stessa, è suffi-
N oo ciente dimostrare che nella topologia •-debole ò chiusa ogni sfera
<~ ~ 2-n + ~ 2-n < e, della forma s: = {/: Il f Il~ c}. Sia / 0 (fs:. Per definizione di
norma di un funzionale, si troverà un vettore x E E tale che Il x Il=
n=1 n=N+t
il che significa che S* n
V c:. Qe. L 'affermazione a) è così di- = 1,/0 (x}= a>c. Allora l'insieme U ={!:/(x) >a.tc} sarà
mostrata. Dimostriamo ora l'affermazione b). Sia un intorno •-debole del funzionale / 0 , non contenente nessun ele-
U=U11 ,, ... , 11m;o={/:j(f,YA)I<6, k=1, 2, ... , m} mento della sfera s:; quindi, la sfera s:
è chiusa nella topologia
•-debole.
un intorno •-debole dello zero in E*. Si può supporre Il y,. Il < 1, Dalla proposizione appena dimostrata e dal teorema 3*
k = 1, 2, •.. , m; poiché l'insieme {xn} è ovunque denso in S, deriva il seguente teorema.
198 199
Teorema 5. Ogni sfera chiusa nello spazio coniugato di uno Sia l una funzione fissata sulla retta, integrabile su ogni in-
spazio normato separabile è compatta nella topologia •-debole, tervallo finito, e sia cp una funzione continua che si annulla all'e-
sterno di un certo intervallo finito (in seguito chiameremo queste·
I risultati sopra ottenuti, relativi agli insiemi limitati negli spazi funzioni finite). A ciascuna di queste funzioni cp si può far corri-
coniugati, si possono estendere dagli spazi normati a quelli loéalmente con-
vessi arbitrari (si veda in proposito, ad esempio, [42)). spondere mediante una funzione fissata f un numero
00
200 201
e facile descrivere la topologia in K alla quale è subordinata la con- E un funzionale lineare continuo su K, ossia, in accordo con la
vergem:a definita in K. Questa topologia è generata dal sistema di intorni
-dello zero, ognuno dei quali è dato da un insieme finito y 0 , • • • , 'Ym di fun- terminologia sopra introdotta, una distribuzione. Di solito questo
zioni continue positive e composto dalle funzioni appartenenti a K le quali, funzionale si scrive nella forma
per tutti gli x, verificano le disuguaglianze 00
l q> (x) l < 'Yo (x), • • ., l cp<m> (x) l < 'Ym (x). J 6 (x) q> (x) dx, (3)
Lasciamo verificare al lettore che la convergenza sopra descritta in K è sog- -oo
_getta effettivamente a questa topologia. ·
Esercizio. Indichiamo con Km il sottospazio di K, composto da tutte dove con 6 (x) è intesa una « funzione & nulla per tutti gli x -=1= O
le funzioni cp E K uguali a O all'esterno dell'intervallo chiuso [-m m]. e infinita nel punto x = O, cosicché
Nello spazio Km si può introdurre la struttura di spazio numerabil~ente
normato ponendo
IICJllln= sup l q;(fl)(x) J, n=O, 1, 2, ···
OE;;IlE;;n -co
l x JEO;m
Verificare che la topologia (rispettivamente la convergenza delle successioni)
Nel § 1 abbiamo considerato già la funzione lì come funzio-
nello spazio Km• generata da questo sistema di norme coincide con la topo- nale sullo spazio di tutte le funzioni continue definite su un in-
logia (rispettivamente con la convergenza} indotta in Km dalla topologia tervallo chiuso. Tuttavia la considerazione della funzione come
{convergenza) sopra descritta nello spazio K. E chiaro che K1 c: K 2 c: ...
00
funzionale su K dà un certo vantaggio permettendo, ad esempio,
. . . c: Km c: ... e che, inoltre, K = U Km. Mostrare che l'insieme Q c: di introdurre per essa la nozione di derivata .
m= l 2. La « traslazione della funzione 6 >>. Sia
-c: K è limitato rispetto alla topologia introdotta in K se c soltanto se esiste T (q>) = cp (a).
un m tale che Q e un sottoinsieme limitato dello spazio numerahilmente
normato Km· Sia T un funzionale lineare nello spazio K; dimostrare che le Per analogia con la notazione (3), è naturale scrivere questo fun-
seguenti quattro condizioni sono equivalenti: (a) il funzionale T è continuo
rispetto alla topologia dello spazio K; (b) il funzionale T è limitato su ogni zionale nella forma
q
insieme limi~at~ c: K; (c) ~e !J>n E K e IJ>n-+ O (nel senso della convergenza 00
·del~e success1om mtrodotta m K), allora T (q>n) -+O; (d) qualunque sia m
la restrizione Tm del funzionale T sul sottospazio Km c: K è un funzionai~ J 6 (x-a) cp (x) dx. (4)
·Continuo in Km· -QO
E naturale chiamare derivata il funzionale dT/dx definito dalla Questa funzione, detta funzione di Heaviside, definisce il fun-
formula zionale lineare
...
""
:!' (q>)= J f' (x) q> (x) dx. (f, cp) = J q> (x) dx.
o
-oo
204 205
In accordo con la definizione di derivata di una distribuzione Tuttavia, nel senso della convergenza delle distribuzioni, questa
abbiamo serie è convergente (e precisamente, all'espressione (7)). Quindi.
CIO
la nozione di distribuzione consente di attribuire un significato-
ben determinato alla somma di una serie divergente nel senso-
(/',q>)=-(!, 'P')=-) q>' (x) dx=q>(O) usuale. Lo stesso vale anche per numerosi integrali divergenti.
o Con si m ili circostanze si ha spesso a che fare nella teoria quan-
(poiché 'P si annulla all'infinito). Quindi, la derivata della fun- tistica e in alcuni altri rami della fisica teorica. Fra l'altro, una
zione di Heaviside (5) è la funzione B. situazione simile viene già a crearsi allorché si risolvono proble-
3. Dagli esempi 1-2 risulta che se f è una funzione avente nei mi elementari di fisica matematica con il metodo di Fourier. Ad
punti x 1 , x 2 , • • • dei salti uguali a h1 , h 2 , • • • e derivabile (nel esempio, risolvendo l'equazione delle vibrazioni di una corda
02 02
senso usuale) negli altri punti, la sua derivata (come derivata di Wu =a2 axz, " compa10no
• · t rtgonometriC
d e11 e serie · · h e aventi· l e d e-
una distribuzione) rappresenta la somma della derivata ordinaria
j' (nei punti in cui esiste) e di un'espressione della forma
rivate seconde rispetto a x e t soltanto nel senso della teoria delle
distribuzioni e, quindi, soddisfacenti a questa equazione esclusi-
~ h1B (x - Xi)· vamente nel senso di questa teoria.
i
4. Applicand la definizione di derivata alla funzione 6, ve-
diamo che questa derivata rappresenta un funzionale suscettibile 5. Sufficienza dell'insieme di funzioni fondamentali. Abbia-
di assumere su ogni fun ione di K il valore -q>' (0). Questo è- mo definito le distribuzioni come funzionali lineari su un certo
precisamente il funzionale che abbiamo definito già come « de- spazio, ossia sullo spazio K delle funzioni finite, indefinitamente
rivata della funzione B ,>. derivabili. Si potrebbe definire questo spazio in un altro modo.
5. Consideriamo la serie Consideriamo i ragionamenti che ci hanno indotto a considerare·
K come spazio delle funzioni fondamentali. Essi si possono ap-
00
"V sen nJ: plicare anche in altri casi. Avendo imposto agli elementi di K delle
..::::.J-n-· (6) condizioni rigorose di finitezza e di derivabilità indefinita, abbia-
mo ottenuto, soprattutto, una grande quantità di distribuzioni
La sua somma è una funzione di periodo 2n: e definita sull 'inter- (una restrizione dello spazio fondamentale implica, evidentemen-
te, un'estensione dello spazio coniugato) e, inoltre, una libertà
vallo [-n, n:] dalle formule maggiore di applicazione alle distribuzioni delle operazioni fon-
n-x
per damentali di analisi (passaggio al limite, derivazione). Ma, al
f(z)=
{
- •j• per
per
tempo stesso, lo spazio K delle funzioni fondamentali non è tropp(}
stretto. Esso ha elementi sufficienti affinché si possano distin-
g~ere mediante questi elementi le funzioni continue. E più pre-
Cisamente, siano / 1 e / 2 due distinte funzioni continue (e, quindi,
localmente integrabili) sulla retta. Allora esiste una funzione
La sua derivata come distribuzione vale q> E K tale che
00
- i +n: 2} B(x-2kn:).
kc:s-00
(7) J/ (x)
""
E una distribuzione (applicandola a ogni funzione finita q> (x) Poniamo infatti l (x) = / 1 (x)- / 2 (x). Se f (x)~ O, allora
otterremo sempre soltanto un numero finito di addendi diversi esiste un punto x 0 tale che f (x 0 ) ;fo O. Q-uindi f (x) conserva il
da zero). D'altra parte, derivando membro a membro la serie segno in un certo intervallo (a:, p), contenente il punto x 0 • Consi-
"" sen nJ: deriamo la funzione
~ 1
otteniamo la serie divergente
n '
{ e- IO- ~'<•-•J
n";; t
00 q> (z) = per a:<x<p,
~ cosnx. per gli altri x;
n= l
206 207
<Juesta funzione è nulla all'esterno di (a, p) e positiva all'interno
di questo intervallo; inoltre, essa ha le derivate di tutti gli ordini,
cosicché c:p E K (provare l'esistenza delle derivate nei punti x-= a
cioè Km è il nucleo ·del funzionale . -
Jq> (x) dx.
-oo
Infatti, se
e x = ~l). Allora è evidente che c:p (x)= 'ljl' (.r), allora
Il ...
I f (x) c:p (x) dx = Jl (x) c:p (x) dx l:..,= O.
00
-co
::;é: O. J·ff (z) d.r =
-oo
'ljl (x) (12)
Jcp(x)dx= Jac:p(x)d.x,
00
E evidente che K< 11 è un sottospazio lineare di K. Poniamo c:p1 (x) = (y, cp)=(y, CJ>t)+c(y, CJ>o)=a
= -c:p' (x); la funìione CJ>t descrive K<ll allorché c:p descrive K. -oo -oo
L'uguaglianza (10) definisce il funzionale y in K< 1 '.
Osserviamo ora che la funzione fondamentale c:p appartiene a vale a dire la distribuzione y è una costante a, come dovevasi di-
mostrare.
K< 1 ' se e soltanto se
00
Ne consegue che se per due distribuzioni t e g si verifica
l'uguaglianza t' = g', allora t-g= costante.
J fP
-oo
(x) dx=O, (11) Consideriamo ora l 'equazione
208 2Q9
Teorema 2. L'equazione (14) per ogni f E K* ha una soluzione definitamente d~rivabili). Si può mostrare che il sistema: (16)
appartenente a K*. · non ha soluzioni nuove nella classe delle distribuzioni.
E: naturale dire che questa soluzione è una primitiva della Per un sistema non omogeneo della forma
distribuzione f. n
Dimostrazione. L 'equazione (14) significa che ~ a,,y'k+ f~t
Yi= k=i (17)
(y'l q>) = (yl '-'-q>') = (f, q>) (15)
per ogni funzione fondamentale q> E K. Questa uguaglianza defi- dove li sono distribuzioni ed a 111 funzioni « ordinarie & indefini-
nisce il valore del funzionale y su tutte le funzioni fondamentali tamente derivabili, la soluzione esiste nella classe delle distribu-
zioni e si definisce a meno di una soluzione qualsiasi del sistema
q> 1 di K 111 : omogeneo (16).
:c
I risultati ottenuti SI estendono faCilmente a Sistemi di equa- . . . , n tale che a~ suo esterno ogni funzione 1Jl1t sia nulla 1 e se in
zioni lineari. Limitiamoci qui alle formulazioni corrispondenti questo parallelep1pedo vale la convergenza uniforme
omettendo le dimostrazioni.
Consideriamo il sistema omogeneo di n equazioni differen-
ziali lineari in n funzioni incognite
n
Yi = ~ a,k (x) Y1u i= 1, 2, ... , n, (16)
A= l per o~i i~sieme fissato di interi non negativi a 1 , • • • , Gtn.
a
cp2(t) dtr'2.
6. Consideriamo nello stesso spazio delle funzioni continue
n (si veda l'esempio 5) l'operatore
A.z== ~~ xtAe 1• 1p (t) = cp0 (t) <p (t),
Quindi, l'operatore A è assegnato quando si sa come trasforma dove cp 0 (t) è una funzione continua fissata. La linearità di questo
i vettori della base e., ••. , en. Consideriamo gli sviluppi dei vet- operatore ò evidente. (Dimostrare la sua continuità rispetto alle
tori Ae1 nella base / 1 , • • • , fm· Abbiamo _(
norme indicate nell'esempio precedente.)
7. Uno degli esempi più importanti di operatore lineare in
m analisi è l'operatore di derivazione. Lo si può considerare in di-
Ae, == ~ akdT"' versi spazi.
1.t=1 a) Consideriamo lo spazio delle funzioni continue C (a, b] e
l'operatore
È chiaro da qui che l'operatore A è definito dalla matrice di coef-
ficienti Il a" 1 Il· L'immagine dello spazio nn in Rm rappresenta un Dj (t) = f' (t)
sottospazio lineare la cui dimensione è uguale, evidentemente, al agente in questo spazio. Questo operatore (che supponiamo agente
rango della matrice Il ak 1 Il, cioè è comunque non superiore a n. da C [a, b) sempre in C [a, b]) è definito, evidentemente, non in
È da notare che ogni operatore lineare dato in uno spazio a dimen- tutto lo spazio delle funzioni continue, bensi soltanto su una va-
sione finita è automaticamente continuo. rietà lineare di funzioni aventi derivata continua. L'operatore D
4. Consideriamo uno spazio di Hilbert H e in esso un sotto- è lineare ma non continuo. Ciò si vede, ad esempio, dal fatto che
spazio H 1 • Sviluppando H come somma dirotta del sottospazio la successione
H 1 e del suo complemento ortogonale, cioè rappresentando ciascun
elemento h E H nella forma IJln (t) = se: nt
dove K (s, t) è una funzione continua fissata di due variabili. La c) Non è molto comodo considerare l'operatore di deriva·
funzione 1p (s) è continua per ogni funzione continua cp (t) in modo zione come agente da C1 in C [a, b), poiché, pur ottenendo in que·
che l'operatore (1) trasforma effettivamente lo spazio delle fun- sto caso un operatore continuo definito in tutto lo spazio, questo
zioni continue in se stesso. La sua linearità è immediata. Per po- operatore non si può applicare due volte a ogni funzione da C1•
ter parlare della sua continuità, è necessario indicare preliminar- E opportuno considerare l'operatore di derivazione in uno spazio
216 217
ancora più stretto di C1 , e precisamente nello spazio C"" delle fun- in nessuno degli insiemi nV). Dunque, se l'operatore A non è
zioni indefinitamente derivabili sull'intervallo [a, b), nel quale continuo e se E verifica il primo assioma di numerabilità, allora
la topologia è assegnata dal sistema numerabile di norme A non è neanche limitato.
La nostra affermazione è dimostrata.
Il q> lln = sup
O.S::k.S::n
l q~<li> (t) l· Quindi, per un operatore dato in uno spazio soddisfacente al
a~~~ . primo assioma di numerabilità (cui si riferiscono, in particolare,
L'operatore di derivazione trasforma tutto questo spazio in se tutti gli spazi normati e numerabilmente normati) la limitatezza
è equivalente alla continuità.
stesso e come è facile provare, è continuo in esso.
d) 'Le funzioni indefinitamente d?ri~abili costituis~o~~ ~n~ Tutti gli operatori dati negli esempi 1-6 del n. 1 sono conti-
classe assai ristretta. Sono le distribuzwm a dare la posstbthta dt nui. In virtù dell'affermazione I testé dimostrata, tutti gli opera-
considerare l 'operatore di derivazione in uno spazio essenzial- tori là menzionati sono limitati.
mente più ampio e, al tempo stesso, di conside:arlo come un ope~ Se E ed E 1 sono due spazi normati, la condizione di -limita-
ratore continuo. Nel paragrafo precedente abbtamo detto come e tezza dell'operatore A da E in E 1 si può formulare come segue: l'o-
definita la derivazione per le distribuzioni. Da quanto detto ri- peratore A è limitato se trasforma ogni sfera in un insieme limi-
sulta con chiarezza che l'operazione di derivazione è un operatore tato. In virtù della linearità di A questa condizione si può for-
lineare sullo spazio delle distribuzioni, eh~ è, in?lt~e, ~onti!lu~ mulare così: l'operatore A è limitato se esiste una costante C
nel senso che la convergenza di una successtone d1 dtstrtbuz1om tale che per ogni f E E
{/n (t)} a f (t) implica la conv~rg~nza _della successione delle loro Il A/ Il < C Il l 11.
derivate alla derivata della distribuziOne f (t).
Il più piccolo dei numeri C soddisfacenti a questa disuguaglianza
2. Continuità e limitatezza. Un operatore lineare da E i~ si chiama norma dell'operatore A e si denota con Il A 11.
E è detto limitato se è definito in tutto E e se trasforma ogm Teorema 1. Per ogni: operatore limitato A fra spazi normali
in~ieme limitato in uno limitato. Fra la limitatezza e la continuità Il A Jl = sup Jl Ax Il= sup Il Az Il . (2)
di un operatore lineare esiste un legame stretto, e precisamente f/:x:ll~i :X:4"0 Il :r Il
sono valide le seguenti proposizioni.
I. Ogni operatore linea:re continuo è limitato. Dimostrazione. Introduciamo la notazione a = sup (l AxiJ.
Infatti, sia M c. E un insieme limitato e AM c. E 1 sia un ll:x:IJES;;
In virtù della linearità di A sussiste l 'uguaglianza
insieme non limitato. Allora in E 1 si troverà un intorno dello zero
V tale che nessuno degli insiemi !
AM sia contenuto in V. Ma a= sup
Jl:x:fl~l
Il Azlli •
rl A.x lJ==sup~l
#O Il:& Il
allora esiste una successione xn E M tale che nessuno degli ele- Pertanto, qualunque sia x, si ha
menti- t v . l t o· E
n A x n appartenga a , e ottemamo -~ Xn -+ m , men re
t
ossia
Il Ax 11111 x Il < a,
la successione {..!.A
n x n } non converge
'
a O in E 1 ; ciò contraddice
la continuità dell'operatore A.
Il A x Il < a Il x Il,
da cui segue che
II. Se A è un- operatore lineare limitato da E in E1 e se lo
spa:do E verifica il primo assioma di numerabilità, l'operatore A è Il A Il = inf C < a.
continuo. Quindi, per ogni e >O, esiste un elemento x11 -=1= O tale che
Infatti se A non è continuo, si troveranno un intorno dello
zero V in E~ e un sistema fondame~tale {Un} di into~ni dello zer~ a - e < Il Axe 11111 Xe Il
o
in E tali che per ogni n esista un elemento Xn E Un per CUl n
Axn EE n V. La succe~sione Xn i~~ è _limitata. (e ~ende .anche a 0),
(a- e)ll Xe Il< Il Axe Il< C Il Xe 11.
Pertanto
e la successione Axn m E 1 non e hmttata (polChe non e contenuta
a- e< inf C= Il A Il
l Si veda l'esercizio 1 n. 1, § 5, capitolo III. e, essendo e arbitrario, a <
Il A 11. Di conseguenza, Il A Il = a.
218
219
Esercizio. Sia E uno spazio normato e sia E1 uno spazio normato com-
3. Somma e prodotto di operatori. pleto. Allora: a) lo spazio normato Z (E, E1 ) è completo; b) so Ak Ez (E, E1)
Definizione 1. A e B siano due operatori lineari da uno spa-
zio lineare E in uno spazio E 1 • Si chiama loro somma A + B l'ope- ""
e ~ li Ak "" A" è converg9nte a un operatore A E
li< oo, allora la serie ~
ratore C che fa corrispondere all'elemento x E E l'elemento k=l k=l
EZ (E, E 1) e
y = Ax +
Bx E E1. "" ""
Esso è definito su tutti gli elementi appartenenti all'intersezione Il A Il= Il~ Ak Il<~ 0Ak 1\• (6)
A=-1 k=l
D A n D B dei domini di definizione degli operatori A e B.
·~ facile provare che C = A + B, operatore lineare, è conti- 4. Operatore inverso. Invertihilità. Sia A un operatore di
nuo qualora A e B siano continui. E: in E 1 e D A e ImA ne siano, rispettivamente, il dominio di de-
Se E ed E 1 sono spazi normali e so gli operatori A e B sono finizione e l'immagine.
limitati, allora A +
B è anch'esso limitato e, inoltre, Definizione 3. L'operatore A è detto invertibile se per ogni
y E Im A l'equazione
Il A + B Il ~ Il A Il + Il B 11. (3)
Ax = y
Infatti, per ogni x ha un 'unica soluzione.
Il (A +B) xli= IlA x + B x Il ~ liAx Il + IIB x Il ~ Se A è invertibile, allora si può far corrispondere a ogni y E
~ (Il A Il + Il B
Il) Il x Il, E ImA l'unico elemento x ED A che è soluzione dell'equazione
da cui discende la disuguaglianza (3). Ax = y. L'operatore che realizza questa corrispondenza si dice
Definizione 2. A e B siano due operatori lineari, inoltre inverso di A e si denota con A-1 •
A agisca dallo spazio E in E 1 e B dallo spazio E 1 in E 2 • Si chia- Teorema 2. L'operatore A-1 inverso di un operatore lineare A
ma prodotto BA degli operatori A e B l'operatore C che fa corri- è anch'esso lineare.
spondere all'elemento x E E l'elemento z = B (Ax) da E 2 • Il do- Dimostrazione. Osserviamo prima di tutto che l'immagine
minio di definizione Dc dell'oJleratore C= BA è composto dagli l m A dell'operatore A, cioè D A-t è una varietà lineare. Sia Yh
x ED A per i quali A x E D 8 • E chiaro che l'operatore BA è li- y 2 E l m A. E sufficiente provare che l'uguaglianza
neare. Esso è continuo se A e B sono continui. A-1 (cx1Y1 + CX2Y2) = cx1A - 1Y1 + cx 2A-1Y2 (7)
Esercizio. Dimostrare che D c è una varietà lineare so D A e D 8 sono è verificata. Sia Ax1 = y 1 e Ax 9 = y 2 • In virtù della linearità di
varietà lineari. A abbiamo
Se A e B sono due operatori limitati fra spazi normali, allora A (cx1x1 +
CX2Xz) = CXtYt + CX2Y2· (8)
l'operatore BA è anch'esso limitato e, inoltre, Per definizione di operatore inverso, abbiamo
Il BA Il~ llB 11·11 A Il· (4) A-lyl =xl, A-ly'J = xll,
Infatti,
Il B (Ax) Il ~ Il B 11·11 Ax Il ~ Il B 11·11 A Il ·Il x Il. (5) da cui, moltiplicando queste uguaglianze rispettivamente per cx 1
e cx 2 e sommando, otteniamo
da cui discende la disuguaglianza {4). .
La somma e il prodotto di tre e più operatori si determinano +
cx1A..ty1 cx 2A-1y 2 = cx1x 1 +
CX<JX 2•
di conseguenza. Ambedue queste operazioni sono associative. D'altra parte, dall'uguaglianza (8) e dalla definizione di operatore
Il prodotto kA di un operatore A per il numero k è definito inverso segue che
come l'operatore che fa corrispondere all'elemento x l'elemento
kAx. cx1x1 +
cx2x2 = A-1 (cx1Y1 CX2Y2), +
L'insieme Z (E, E 1 ) di tutti gli operatori lineari continui, ciò che, assieme all'uguaglianza precedente, dà
definiti in tutto E e che trasformano E in E 1 (dove E ed E 1 sono
due spazi topologici lineari fissati), forma, rispetto alle opera- A-1 (CXtYl +
CX2Y2) = cx1A-1Y1 CXzA-1Y2·+
:tioni di somma e di prodotto per un numero sopra introdotte, uno
spazio lineare. Se E ed E 1 sono spazi normati, allora Z (E, E 1 ) Teorema 3 (teorema di Banach sull'operatore inverso). Sia
è uno spazio normato (con la definizione di norma data sopra). A un operatore lineare limitato che trasforma biunivocamente uno
220 221
spazio di Banach E in uno spazio dt Banach E 1 • Allora l'operatore terno della sfera B consideriamo una corona sferica P con centro
inverso A-1 è limitato. · in un imnlo di Mn·; la corona P è l'insieme dei punti~ per i quali
Per la dimostrazione occorre il seguente lemma. si verifica la disuguaglianza ~ < Il z - Yo Il < a, dove O < ~ <
Lemma. M sia un insieme ovunque denso nello spazio di Ba- <a, Yo E Mn.
nach E. Allora ogni elemento non nullo y E E si può sviluppare in Trasportando la corona P in modo tale che il suo centro coin-
serie cida con· l'origine delle coordinate, otteniamo la corona sferica
Y = Yt + Ys + · • · + Yn + · · ., Po = {.s: O<~< Il z Il< a}.
Mostriamo che in P 0 è denso un certo insieme MN. Sia z E
dove Yk t M e Il Yk Il < 3 Il y 11/211• n
E P Mn: allora z- Yo E P o e
Dimostrazione. Costruiamo successivamente gli elementi
yk: consideriamo y 1 in modo che Il A-1 (z-yo) 11<11 A-tz Il +IJ A-'Yo ll<n (1/ z Il +Il Yol!)<
Il Y - Yt Il < Il Y 11/2. (9) <n (Il z- Yo Il+ 211 Yo Il) =n Il z- Yo fl {1 + Jl z~:~IH ) <
2
+ 2 Il Yo 11/~1.
Ya tale che Il Y- Y1- Y2- Ya Il< Il y 11/8; in genera e, con~ N = 1 [1
deriamo Yn in modo che Il y - y1 - • • • - Yn Il < Il y 11/2". Allora in virtù della (10) z - y 0 E MN e dalla densità di Mn in
Ciò è sempre possibile in quanto l'insieme M è ovunque denso in P segue che M N è denso in P o·
E. In virtù della scelta degli elementi y1u abbiamo Consideriamo un elemento non nullo arbitrario y di E 1• Si
n
può sempre trovare un A tale che s.i a~bia ~ <;: Il A.y Il < ex, ~ioè
IJ Y- ~ Yr/IJ-+ O pe:r n-+ oo, Ày E P 0 • Essendo JV!N denso in P 0 , s1 puo costrmre una successwne
k=f
00 y 11 E MN convergente a f..y. Allora l~ successione YR.saràconver- !
vale a dire la serie ~ Yk. è convergente a y. Valutiamo le norme
k=i gente a y. È evidente che se y 11 E M N• allora anche ~ Y~t. E M N per
degli elementi y.,
ogni reale A=1= O; quindi, M N è denso in E 1 / {O} e, pertanto, anche
Il Y1 Il = Il Yt - Y + Y Il < Il Yt - Y Il + Il Y Il -< 3 Il y IJ/2, in E 1 •
Consideriamo l 'elemento non nullo y E E 1; in accordo con il
Il Y2 Il = Il Y2 + Y1 - Y + Y - Yt Il-< Il Y - Y1 - Y2 Il + lemma dimostrato, lo si può sviluppare in serie di elementi di M N;
+ Il y - Yt Il -< 3 Il y W4.
Infine, Y = Yt Y2 + + ··· + + ···
Y11.
e, inoltte, Il Y11 Il< 3 Il y 111211 •
Il Yn Il= Il Yn + Yn-1 + · · ·+YI-Y+Y- Yt-· ·. - Yn-t Il< Consideriamo nello spazio E la serie formata dalle immagini
< Il Y - Yt -: · · · - Yn Il + Il Y - Y1 - ••• inverse degli elementi Yh• cioè dagli elementi :eh = A -tYh·
Questa serie è convergente a un certo elemento :c in quanto
• • • - Yn-1 Il 3 Il Y 11/2". < si verifica la disuguaglianza
Il lemma è dimostrato.
Dimostrazione del teorema 3. Consideriamo nello spazio Il :c" Il = Il A -1Y~t. Il < N HYk Il < 3N Il Y 111211 ;
E1 l'insieme Mk, ossia l'insieme degli elementi y per i quali la in questo caso si ha
disuguaglianza Il A-1y Il <
k Il y Il è verificata. Ogni elemento QO 00
Il xli<~ ~ 2~ =3Nilyll.
00
In virtù della convergenza della serie~ :~;a e della continuità E: più comodo rappresentarlo simbolicamente nella forma del
nat seguente schema:
dell'operatore A, si può applicare A termine a termine a questa B
serie. Otteniamo KerB-+E- E 2
Ax = Ax1 + Ax + .. · =
2 Yt + Ys + • • • == y, n 11
A
i
KerA-+E - E 1•
da cui x = A-1y. Inoltre,
Consideriamo infatti per ogni elemento z E E 2 la sua imma-
Il A-1 y Il = Il x Il ~ 3N Il Y Il; gine inversa completa B-1z E E. Dalla condizione (11) segue che
tutti gli elementi x appartenenti a B-1z vengono applicati mediante
poiché la stima è vera per ogni y =fo O, l'operatore A- 1 è limit~to. l'operatore A in un medesimo elemento y. Faremo corrisp~ndere
Diamo alcuni corollari importanti di questo te~rema. ~nm~ questo elemento y all'elemento z. L'operatore ottenuto C applica
di tutto ne diamo la generalizzazione naturale per Il caso m cm E 2 in E 1 ed è, evidentemente, lineare. Esso è continuo (e, quindi,
l'applicazione A sia non biun~voca: . , . limitato). Infatti se G è un insieme aperto in E 1 , la sua immagine
Corollario 1 (teorema sull applicaziOne aperta). L app!zca~ inversa completa C-1G per l'applicazione C può essere scritta come
zione lineare continua A dello spazio di Banach E nello spazzo dz B (A- 1G). Ma A-1G è aperta in virtù della continuità dell'opera-
Banach (tutto) E 1 è aperta. Ciò deriva dal teorema testé dimostrato tore A, e quindi B (A - 1G) è anch'essa aperta in virtù del corrolla-
e dal seguente lemma. . 1 rio 1.
Lemma. E sia lo spazio di Banach e L ne sta un .certo s?tto-
spazio chiuso. L'applicazione B dello spazio E nell~ sp~zw quozzente Esercizi. 1. E ed E 1 siano due spazi normati; l'operatore lineare A
E/L, che fa corrispondere ad ogni x E E la classe dt adUlcenza conte- di E in E 1 , avente il dominio di definizione D A c E clie rappresenta una
varietà lineare, si dice chiuso se dalle condizioni Zn E DA, zn -- :r:, A Zn -- y
nente x, è aperta. . ,. . . segue che z E DA e Az= y. Verificare che ogni operatore limitato è chiuso.
Infatti supponiamo che Z = E/L e che G sta lmsieme ape1 lo 2. Consideriamo il prodotto diretto E X E1 di due spazi E e EJ,
in E e r = BG. Sia Zo E r. Allora si troverà l'elemento Xo, appar- ossia uno spazio normato lineare comyosto da tutte le coppie possibili [.x, y ,
n
tenente a B-lzo G. u (xo) sia ora lo e-intorno del J?U~to Xo, dove z E E e y E E1, di norma ll(.z, y Il = Il z Il + Il Y ll1<ll • Il e Il • !11 sono
le norme in E e E 11 rispettivamente). All'operatore A si puo far corrisponde-
appartenente interamente a G, e z sia un elemento qu_~lsi!Sl ~?Ilo re l'insieme GA = {[.z, y], z E DA, y = A:r:} c E X E 1 che si dice suo gra-
e-intorno del punto Zo E r, cioè Il z - Zo Il < e. çw
Slg~Ifica, fico. Verificare che G , quale varietà lineare in E X E 1 , è chiusa se e sol-
tanto se l'operatore :f è chiuso. Dimostrare che se E e E 1 sono spazi di Ba-
in accordo con la definizione di norma nello spaz1o quoziente,
che esiste un elemento x E B-1z tale che Il x - Xo li< e, vale a nach e se l'operatore A è definito in tutto E e chiuso, allora esso è limitato (teo-
rema di Banach sul grafico chiuso).
dire x E U (x 0 ) c G. Ma allora z E BG = r, cioè lo e-into;n~ del Suggerimento. Applicare il teorema 3 all'operatore P: (:c, Az]-- z di
punto Zo è Contenuto in r. Quindi, r è aperto. Il lemma e dimo- G in E.
Strato. · E A 3. E ed E1 siano due spazi numerabilmente normati e completi. Di-
Rappresentando l'applicazione A dello spazio .E m 1 come. mostrare che se A è un operatore lineare continuo, che trasforma l>iunivoca-
mente E in E1 , allora l'operatore inverso A-1 è continuo. Enunciare e di-
sovrapposizione dell'applicazione B dello spa~io E .m I!IKer :4 . mostrare il teorema sul grafico chiuso per gli spazi numerabilmcnte normati.
= Z (che è aperta in virtù del lemma) e dell apphcazwne hmm-
voca C dello spazio Z in E 1 (che è aperta in virtù del teorema 3), Consideriamo l'insieme Z (E, E 1) degli operatori lineari li-
otteniamo che A è aperta. mitati A che trasformano uno spazio di Banach E nello spazio di
Corollario 2 (lemma sulla terna). E, E 1 , E 2 siano tre spazi di Banach E 1 • Questo insieme rappresenta uno spazio di Banach. Se-
. Banach e A, B operatori lineari continui di E in ~t.. e di E in E2, pariamo in esso l 'insieme '!J Z (E, E1) degli operatori che tra-
rispettivamente, e inoltre B applica E in tutto E 2 (cwe I m B = E2)· sformano E in tutto E 1 e che ammettono un operatore inverso limi-
Se in questo caso tato. Questo insieme è aperto in Z (E, E 1 ). E precisamente, suE-
Ker A ::::>Ker B, (11) siste il seguente teorema.
Teorema 4. Sia A 0 E '!JZ (E, E 1) e &A sia un operatore ar-
bitrario di X (E, E 1) tale che Il LlA Il< 1/11 A01 11. Allora l'ope-
allora esiste un operatore lineare continuo C tale che applica E2 in ratore (A 0 + LlA)-1 esiste ed è limitato, vale a dire A = A 0 +
E 1 e che A = CB. + LlA E '!JZ (E, E1)·
224 225
Dimostrazione. Fissiamo un elemento qualsiasi y EE 1 e con- passando al limite per n-+-oo e tenendo conto che IJAn+tJI~
sideriamo l'applicazione B dello spazio E in se stesso, data dalla ~ 1/ A 1/ n+ t-+- O, otteniamo
formula 00 co
E è ~ompleto, perc.iò la convergenza della serie L; Il Ak Il i~plica L 'applicazione Y = A x si può scrivere nella forma di un
sistema di uguaglianze
00
!&=0 n
che la soÌnm~ della serie ~ A. rappresenta un op~ratore lineare
11
Yi= ~.aiixb i=1, 2, ... , m,
. h=O i=t
limitl'lto. Per ogni n abbiamo
e il funzionale f (x} nell.a forma
n a
n
. (l- ii) ·~ A11 ~ ·~ Ah (l·- A)= T-- A'l.+i;
'<=(l lt=O
1(x);= ~ /1 xi.
i~ l
226
Dall'uguaglianza
m m n n m La seguente affermazione rappresenta un altro corollario uti-
le del teorema di Banach sull'operatore inverso.
Lemma (sull'annullatore del nucleo dell'operatore). Sia A
·j=l i=l
un operatore lineare continuo che applica E in tutto E1 , dove E, E 1
m sono spazi di Banach. A l/ora
otteniamo che iJ = ~ giaiJ· Poiché f = A *g, ne consegue che
(Ker A)f. =ImA*. (14)
i~t
l'operatore A* è dato dalla matrice trasposta rispetto alla matrice
dell'operatore A. Infatti, verifichiamo dapprima l'inclusione
Le proprietà seguenti degli operatori aggiunti derivano imme- (Ker A).L ~ImA*. (15)
diatamente dalla definizione.
1. L'operatore A* è lineare. Se l E ImA*, allora esiste un elemento g E Et tale che f = A *g
2. (A + B)* = A* + B*. e per tutti gli x E Ker A abbiamo
3. Se k è un numero, allora (kA)* = kA*. (j, x) = (A *g, x) = (g, Ax) = O cioè l E (Ker A).L.
Se A è un operatore continuo di E in E 1 , allora A* è un ope-
ratore continuo di (ET, b) in (E*, b) (verificarlol). Se E e E 1 Dimostriamo ora l'inclusione inversa:
sono due spazi di Banach, questa affermazione può essere preci- (Ker A).L c: l m A*. (16)
sata nel seguente modo.
Teorema 6. Se A è un operatore lineare limitato che trasforma Sia l E Ker~(A )l.. Allora per le applicazioni
lo spazio di Banach E in uno spazio di Banach E 1 , allora j: E -~o-R e A: E-+ E 1
Il A* Il= Il A 11. sono verificate le ipotesi del lemma sulla terna (corollario 2).
Dimostrazione. In virtù delle proprietà della norma di un Pertanto esiste un elemento g E Et tale che (j, x) = (g, Ax),
operatore abbiamo cioè 1 = A *g. Con ciò l'inclusione (16) e, quindi, l'uguaglianza
(14) sono cosi dimostrate.
I(A*g, x)l = l(g, Ax)l <Il g II·IIA ll·llx Il, 6. Operatore aggiunto in uno spazio euclideo. Operatori auto-
da cui Il A* g Il < Il A Il· Il g Ili di conseguenza, aggiunti. Consideriamo il caso in cui A sia un operatore limitato
nello spazio di Hilbert H (reale o complesso). In accordo con il
IlA* Il< IlA 11. (13) teorema sulla forma generale dei funzionali lineari continui sugli
spazi di Hilbert, l'applicazione -r, che fa corrispondere a ciascun
Sia x E E e Ax =fo O; poniamo y 0 = ~~~=Il E E 1 ; è evidente che y E H il funzionale lineare
Il Yo Il = 1. In accordo con il corollario dal teorema di Hahn- (-ry) (x) = (x, y),
~anach esiste un funzionale g tale che Il g Il = 1 e (g, y 0 ) = 1,
ctoè (g, Ax) = Il Ax Il· Dalle reJazioni è un isomorfismo (o isomorfismo aggiunto se H è complesso) dello
spazio H in tutto lo spazio aggiunto H*. Sia A *l'operatore aggiun-
IIAx Il= (g, Ax) .- I(A*g, x)l <Il A*g 11·11 x Il~ to di A. È chiaro che l'applicazione A* = -r-1A*-r rappresenta
un operatore lineare limitato su H; si vede facilmente che
<IlA* 11·11 g ll·llx Il= IlA* ll·llx Il
(Ax, y) = (x, A-*y),
ricaviamo Il A Il< Il A* 11. ciò che assieme alla disuguaglianza
{13) dà per ogni x, y E H.
Il A* Il = Il A IJ. Poiché Il A* Il = Il A Il e le applicazioni 't' e T-1 sono iso-
metrie, si ha Il A* Il = Il A Il·
Il teorema è dimostrato. Quanto detto è valido, s'intende, anche per lo spazio euclideo
. Esercizio. E ed E 1 siano due spazi di Banach riflessivi e A E z (E, E1 ). a dimensione finita, reale o complesso.
Dimostrare che A • * = A, Assumiamo la seguente convenzione. Se R è uno spazio eucli-
deo (a dimenRione finita o infinita), si chiama operatore aggiunto
228
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di quella dello spettro. Ricordiamo anzitutto questa nozione nel
dell'operatore A su R l'operatore definito sopra A* sullo stesso caso di dimensione finita.
spazio R. Sia A un operatore lineare nello spazio n-dimensionale cn.
Si deve sottolineare che questa definizione differisce dalla de- n numero 1.. è detto autovalore dell'operatore A se l'equazione
finizione di operatore aggiunto in uno spazio di Banach E qual-
siasi, secondo la quale l'operatore coniugato A* agisce sullo spa- Ax = l..x
zio coniugato E*. Talvolta, per distinguerlo da A*, l'operatore
A* è detto coniugato hermitiano. Per non complicare la termino- ha delle soluzioni non nulle. L'insieme di tutti gli a~tova_lor_i si
logia e le notazioni, scriv.et·emo A* al posto di A*, e parleremo di chiama spettro dell'operatore A, e tutti gli altri valori À SI dico-
operatore aggiunto, tenendo però conto che nel caso euclideo l 'ope- no regolari. In altre par·ole, À è un punto regola~~ s~ l'o:pe!ato!c
ratore aggiunto è inteso sempre nel senso qui indicato. A - ì..I è invertibile. In questo caso (A - ì..I) ~ defmtto ~n
E chiaro che nello spazio euclideo R l 'operatore coniugato di tutto cn e limitato, come qualsiasi altro ~perato~e, m ~mo s~a~lO
A si può definire in modo tale che, per tutti gli x, y E R verifichi a dimensione finita. Dunque, nello spazw a dtmens10ne ftmta
l'uguaglianza esistono due possibilità: .
·. (Ax, y) = (x, A *y). 1) l'equazione Ax = t..x ammette una soluztone non nulla,
vale a dire f.. è un autovalore di A; in questo caso l'operatore
Poiché ora gli operatori A e A* agiscono sullo stesso spazio, è (A _ H)- 1 non esiste; • • •
possibile l'uguaglianza A = A*. Separiamo una classe importante 2) esiste un operatg~c limitato (A - 'A.!)- 1 defm1to m tutto
di operatori sullo spazio euclideo (in particolare di Hilbert). lo spazio, vale a dire À e un punto regolare. . . . .
Definizione 4. L'operatore lineare limitato A sullo spazio Ma se A è un operatore dato su uno S_P~Z~o a dJme~stone m-
euclideo R si chiama autoaggiunto se A = A*, cioè se finita E allora esiste ancora una terza poss1brhtà, e _preetsamente,
(Ax, y) = (x, Ay) 3) Ì'operatore (A - H}-1 esiste, cioè l'equaziOne ,Ax . _hx
ammette la sola soluzione nulla, ma questo operatore e defrmto
per tutti gli x, y E R. non in tutto E (e, eventualmente, non è limitato). . .
Sottolineiamo la seguente importante proprietà dell'opera- Introduciamo la seguente terminologia. Il numero À st dtce
tore A* aggiunto di A. Il sottospazio R 1 dello spazio euclideo R regolare per l'operatore A su uno spazio di Banach E (complesso)
si chiama invariante rispetto all'operatore A se x E R 1 implica ' se l'operatore R>. = (A - H}- 1 , detto risolvente dell'o~er?tore
Ax E R 1• Se il sottospazio R 1 è invariante rispetto ad A, il suo A, è definito in tutto E ~· di c?n~egu~nza. (teorema 3}, ll';"aato.
complemento ortogonale Rf- è invariante rispetto ad A*· Infatti, se L'insieme di tutti gli altri valort dJ À SI ~hta.ma spettro ?eli o~era
y E Rr, allora per tutti gli x E R 1 abbiamo tore A. Allo spettro appartengono tutti gh autovalort dell,ope-
(x, A *y) = (Ax, y} = O, ratore A in quanto, se (A - ì..I) x = O _pe~ qualc~e x.:::!= O, l ope-
ratore (A - ì..J}-t non esiste. Il loro msteme st chiama spettr~
poiché Ax E R 1 • In particolare, se A è un operatore autoaggiunto, puntuale. II resto dello spettro, cioè l 'insieme d~i À. per i quah
allora il complemento ortogonale a qualsiasi suo sottospazio in- (A _H)-l esiste ma non è definit? in tutto E., st chtama spettro
variante è in variante esso stesso l'ispetto ad A. continuo. Dunque. ogni valore dell operatore 'A. e reg?lare, oppure
un autovalore o, infine, un punto dello spettro contmuo. Il fatto
Esercizio. Dimostrare che se A e B sono due operatori lineari limitati che un operatore possa avere lo spettro continu~ rappre~enta_, nell~
nello spazio euclideo, allora si verificano le seguenti uguaglianze:
teoria degli operatori, una distinzione essenztale fra 1 casi degli
(aA +flB)* = eiA• + PB", spazi a dimensione finita e infinita. . . .
(AB)*= B*A*, Sia A un operatore limitato sullo spazio d1 B~nach J!·.Se .tl
(A*)*=A, .. punto 1.. è regolare, cioè se l'operator~ ~A -H)- è. defm1~o m
l*= l (l è l'operatore identico). tutto E e limitato; allora per un 6 sufftctentem~nte piccolo l ?P~
ratore (A - (!.. + 6} I}- 1 è anch'esso ~efinito m tutto, E e limi-
7. Spettro di un operatore. Risolvente 1 ~ È difficile indicare tato (teorema 4), vale a dire anche t1 punto À + 6. e regolare.
una nozione nella teoria degli operatori che sia più importante Quindi, i punti regolari formano un in_sieme ape~to: DI co.nsegu~n
1 Ovunque si parli dello spettro di un operatore, noi supponiamo che za, lo spettro, ossia il complemento dt questo msteme, e un m-
l'operatore agisca su uno spazio complesso. sieme chiu:w.
231
230
Teorema 7. Se A è un operatore lineare limitato sullo spazio 2. Il teorema 7 può essere precisato nel seguente modo. Sia
di Banach E e se l A. l > Il A Il, allora A. è un punto regolare.
Dimostrazione. Poiché, evidentemente, r=lim}/I!Anll
n-+co
A- A./= -A. (I- ~ A) , (si può dimostrare che questo limite esiste per ogni operatore limitato A);
allora lo spettro dell'operatore A ~contenuto interamente all'interno del cerchio
allora dt raggio re centro nello zero. La grandezza r si dice raggio spettrale dell'op~
ratore A.
i (I-1 rt = - ~ ~ ~~.
00 3. Gli operatori risolventi R.., e R,. corris.Pondenti ai punti J.L e 1 sono
RA= (A-J..J)-1=- mutuamente trasponibili e verificano la relaziOne
ll=O R.., - R,_ = (J.L - 1) R11R,.,
Per Il A Il < l A. j, questa serie è convergente e definisce in tutto che è facile verificare moltiplicando entrambi i membri di questa uguaglian~
E un operatore limitato (teorema 5). In altre parole, lo spettro za per
dell'operatore A è contenuto in un cerchio di raggio Il A 11 e centro (A -11) (A - J.LI}.
nello zero.
Esempi. 1. Consideriamo nello spazio C [a, b) roperatore Ne segue che se 10 è un punto regolare per A, allora la derivata diR,. rispetto
A dato dalla formula a 1 per 1 = '-o• ossia il limite
lim R),HA.-R),.,
Ax (t) = tx (t). (17) AÀ-0 .1\1 '
Allora esiste (nel senso della convergenza rispetto alla norma degli operatori) &
(A - H) x (t) = (t- )..) x (t). vale Rl~ . . . · ·
Esercizio. Sia A un operatore autoaggmnto e hm1tato sullo spaz1o di
L'operatore (17) è invertibile per ogni .A, poiché dall'uguaglianza Hilbert complesso H. Dimostrare che il suo spettro è un sottoinsieme limi~
tato chiuso dell'asse reale.
(t - A.) x (t) = o
segue che la funzione continua x (t) è identicamente nulla. Tutta- § 6. Operatori compatti
via, per A. E [a, b), l 'operatore inverso dato dalla formula
t. Definizione ed esempi di operatori compatti. A differen-
(A-I..Jtt x (t)= t 11 x (t) za degli operatori lineari negli spazi a dimensione finita, per i
quali esiste una descrizione esauriente, lo studio degli operatori
non è definito in tutto C [a, b) e non è limitato. (Dimostrarlo!) lineari arbitrari negli spazi a dimensione infinita rappresenta un
Quindi, lo spettro dell'operatore (17) è l 'intervallo [a, b) e, inol- problema assai complicato e, di fatto, molto esteso. Tuttavia alcu-
tre, non esistono autovalori, vale a dire si ha soltanto lo spettro ' ne classi importanti di questi operatori possono essere descritte
continuo. completamente. Le più importanti fra tali classi sono costituite
2. Consid~riamo nello spazio l 2 l'operatore A definito come dagli operatori cosiddetti compatti. Questi operatori, da una par-
segue: te, sono vicini per le loro proprietà a quelli di dimensione finita
(18) (cioè agli operatori limitati che trasformano un dato spazio in
uno a dimensione finita) e ammettono una descrizione sufficien-
Questo operatore non ha autovalori. (Dimostrarlo!) L'operatore temente dettagliata; dall'altra, essi giocano un ruolo importante
A- 1 è limitato, ma definito in l 2 soltanto nel sottospazio .x1 = O, in numerose applicazioni, prima di tutto nella teoria delle equa-
cioè A. = O è un punto dello spettro dell'operatore. zioni integrali, cui sarà dedicato il capitolo IX.
Définizione t. L 'operatore A di uno spazio di Banach E in
Esercizio. Contiene lo spettro dell'operatore (18) altri punti oltre a se stesso (o in un altro spazio di Banach E 1) si dice compatto o
1= O? completamente continuo se trasforma ogni insieme limitato in un
Osservazioni. 1. Ogni operatore lineare limitato, definito su uno spa-
zio di Banach complesso che ha almeno un elemento diverso da zero, ha lo insieme precompatto.
spettro non vuoto. Esistono degli operatori il cui spettro è composto di un In uno spazio normato a dimensione finita ogni operatore li-
solo punto (operatore di moltiplicazione per un numero, ad esempio). neare è compatto, poiché trasforma ogni insieme limitato in uno
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limitato, e in uno spazio a dimensione finita ogni insieme limi- 3. Consideriamo nello spazio 12 l'operatore A definito nel
tato è precompatto. seguente modo:
In uno spazio a dimensione infinita la compattezza di un ope-
ratore è una condizione essenzialmente più forte che non la sem- ... ) . (1)
plice condizione di continuità (cioè di limitatezza). Per esempio,
l'operatore identico di uno spazio di Hilbert è continuo ma non Questo operatore è compatto. Infatti, poiché ogni insieme limi-
<lompatto. (Dimostrarlo a prescindere dall'esempio 1 considerato tato di l 2 è contenuto in una sfera appartenente a questo spazio,
-sotto.) è sufficiente dimostrare che le immagini delle sfere sono precom-
Consideriamo alcuni esempi. patte, e in virtù della lin~arità dell.'op_eratore, è sufficiente la
1. Sia I l'operatore identico dello· spazio di Banach E. verifica per la sfera unitaria. Ma l 'operatore (1) trasforma la
Mostriamo che se E è a dimensione infinita, l'operatore I non è sfera unitaria dello spazio l 2 in un insjeme di punti contenuto
compatto. A tale scopo è sufficiente mostrare, evidentemente, ali 'interno del parallelepipedo fondamentale (si veda n. 1, § 7,
che la sfera unitaria in E (che, ovviamente, si trasforma in sé capitolo II). Di conseguenza, questo insieme è completamente
nell'operatore J) non è compatta. Ciò, a sua volta, deriva dal se- limitato e, quindi, anche p_~ecompatto.
guente lemma, di cui avremo bisogno ~!el seguito ..
Lemma 1. x 1 , x 2 , • • • siano vettori lineari indipendenti in Esercizio. Sia Ax = (a 1x 1 , a 2x 2 , • • • , 4nx11 , ••• ); per quali condi-
zioni sulla successione I!Umerica {an} questo operatore è compatto in l 2 ?
uno spazio normato E e sia En il sottospazio generato dai vettori
x 1 , • • . , X 11 • Allora esiste una successione di vettori y 1 , y 2 , • • • che 4. Nello spazio delle funzioni continue C la, b) una classe
soddisfa alle .-;eguenti condizioni: importante di operatori compatti è c.ostituita dagli operatori rap-
1) Il Yn Il = 1; 2) Yn E En; 3) p (Yn• En-1) > 112, presentabili nella forma . · .
y~ b
dove p (y 11 , En-1) è la distanza del vettore
inf IIYn-xll.
da E 11 - 1 , cioè
Az= y (s) = I K (s, t) x (t) dt. (2)
xEEn-:t Q
Dimostrazione. Infatti, essendo i vettori x 1, x 2 , • • • linear- Mostriamo la validità della seguente proposizione: se la
mente indipendenti, x 11 E{ En-l e p (x,lt E 11 - 1) = a; >O. Sia x* funzione K(s, t) è limitata sul quadrato a ~ s ~ b, a~t ~ be
un vettore di E 11 _ 1 tale che Il Xn -x* Il< 2a.. Allora, in quanto se tutti i suoi punti di discontinuità giacciono su un numero finito
a. = p (x 11 , En-1) = p (xn -x*, E 11 _ 1), i1 vettore di curve
x 11 -x* t = q> h (s), k = 1, 2, ... , n,
Yn= !lxn-x*JI
dove q>h sono fw,zioni continue, la formula (2) definisce un operatore
soddisfa a tutte le condizioni 1)-3). In questo caso, come y 1 si può compatto nello spazio C [a, b).
<lonsiderare xt/11 xl 11. Prima di tutto, osserviamo che per le dette condizioni l'in-
Il lemma è dimostrato. tegrale (2) esiste per ogni s dell'intervallo [a, b), il che significa che
Mediante questo lemma possiamo costruire sulla sfera unita- la funzione y (s) è definita. I no l tre sia
ria di ogni spazio n_ormato a dimensione infinita una successione
-di vettori {Yn} per cui p (Yn- 1 , Yn) > 1/2. 15 chiaro che tale succes- M = su p lK (s, t) l
sione non può contenere nessuna sottosuccessione convergente. E a~.s,t,;;;:b
ciò significa che la precompattezza non vale. . e sia G l'insieme dei punti (s, t) per i quali, almeno per un k =
2. Sia A un operatore lineare continuo dello spazio di Ba- = 1, 2, ... , n, si verifica la disuguaglianza
nach E in un suo sottospazio a dimensione finita. Questo opera-
tore è compatto poiché trasforma ogni sottoinsieme limitato l t - q>k(s)j < f2~n.
M c E in un sottoinsieme limitato di uno spazio a dimensione
finita, cioè in un insieme precompatto. L 'unione dt>gli intervalli
In particolare, in uno spazio di Hilbert l'operatore di proie-
zione ortogonale su un sottospazio è compatto se e soltanto se
qtwsto sottospazio ha dimensione finita.
G (s) h~l {t: l t -q>h (s) l< 12~n}
234 235
4a. E essenziale la disposizione dei punti di discontinuità del-
è la traccia G (s) di questo insieme su ogni retta s = costante. la funzione K (s, t) su un numero finito di curve ché intersecano
Sia F il complemento deli 'insieme G rispetto al quadrato a ~ s, le rette s = costante in un solo punto. Sia, ad esempio,
t .:ç b. Essendo F compatto e la funzione K (s, t) continua in F,
esiste un 6 >O tale che K (s, t)== {1 per s < 1/2,
O per s~ 1/2;
l K (s', t')-K (s", t") l <a (bs-a)
l'operatore (2) avente questo nucleo sul quadrato O .:ç s, t .:ç 1 e
avente discontinuità in tutti i punti dell'intervallo chiuso s = 112,
per tutti i punti (s', t'), (s", t") di F soddisfacenti alla condizione O .:ç t .:ç 1 trasforma la funzione x (t) === 1 in una funzione di-
l s' - s" l + l t' - t" l < 6. (3) scontinua.
4b. Se poniamo K (s, t) = O per t> s, l'operatore (2) diventa
Valutiamo ora la differenza y (s') - y (s") supponendo che 8
!s'- s" l< 6. Abbiamo
b
y (s) = JIC(s, t) :e (t} dt. (5)
lY (s')-y (s") 1.:ç J K (s', t)-K (s",
a
J t) Il x (t) l dt;
a
L'integrale esteso a Q ammette, evidentemente, la valutazione in accordo con quanto dimostrato sopra, J è un operatore comple-
tamente continuo in C [-1, 1]. Poniamo
J/K(s', t)-K(s", t)Jlx(t)Jdt<+lfxJI. o se -1.:çt.:çO,
Quindi,
Q
E C [-1, 1], Il
l nt se
1 se
Xn Il
0<t~1/n,
1/n< t< t.
= 1 per tutti gli n e
La disuguaglianza (4) mostra che la funzione y (s) è continua, o -1-<t-<9.
l
se
vale a dire la formula (2) definisce effettivamente un operatore Yn (t) =IXn (t)= nt /22 se 0<t-<11n,
dello spazio C [a, b]. in sé. Inoltre, dalla stessa disuguaglianza si
vede che se {x (t)} è un insieme limitato in C [a, b), allora l'in- t-11 (2n) se 1/n<t-<1.
sieme corrispondente {y (s)} è equicontinuo. Infine, se Il x Il< C,
allora E chiaro che la successione Yn è convergente in C [-1, 1] alla
funzione
b
C lAS] in modo che è compatto e, quindi, sarà compatto anche Pertanto, qualunque siano p >q, si ha
l'insieme A *S*, sebbene (come si vede dall'osservazione alla
pag. 237) l 'immagine della sfera unitaria chiusa non possa essere
compatta rispetto a un'applicazione completamente continua jjA {~:}-A{~:) II=IIYp+zp-(Yq+z?) l='=
arbitraria. La situazione venutasi a creare nel teorema appena di- =IIYp-{Yq+zq-zj,) Il> 1/2,
mostrato differisce da quella generale per il fatto che la sfera
1
unitaria chiusa S* di E* è compatta nella topologia •-debole poiché Yq + Zq - zp E E p-1· r:
dello spazio E* (si veda il teorema 5 del§ 3). Ne segue la compat- Ciò contraddice la compattezza dell'operatore A.
tezza (rispetto alla metrica dello spazio E*) dell'immagine dell'in- Dal teorema dimostrato risulta, in particolare, che il numero
sieme S* in ogni operatore compattq. di autovettori linearmente indipendenti corrispondenti a un dato
autovalore A =fo O di un operatore compatto A è finito. · ·
Esercizi. f. Sia A un operatore lineare limitato di uno spazio di Ba-
nach. Dimostrare che se l'operatore A • è compatto, anche A è compatto. Dallo stesso teorema segue anche çhe il numero di autovalori
2. Affinché un operatore lineare A sia compatto su uno spazio di Hil~ An di un operatore compatto A all'esterno del cerchio l A l > Il
bort, è necessario o sUfficiente che l'operatore coniugato (hermitiano) A* > 6 >0 è sempre finito e che tutti gli autovalori dell'operatore A
sia compatto. si possono eQ.umerare nell'ordine dei moduli non crescenti: !.
> ...
l .A, 1;;:: l A2 1
3. Autovalori di un operatore compatto.
Teorema 4. Ogni operatore compatto A sullo spazio di Banach 4. Operatori compatti in uno spazio di Hilbert. Sopra abbia-
E ha, per ogni 6 > O, soltanto un numero finito di autovettori li- mo trattato gli operatori compatti su uno spazio di Banach arbi-
nearmente indipendenti corrispondenti agli autovalori superiori in trario. Completiamo ora questi dati con alcuni fatti relativi agli
modulo a 6. operatori. compatti su uno spazio di Hilbert.
240 241
L 'operatore A si dice compatto se trasforma ogni insieme limi- Teorema 5 (HiJbert-Schmidt). Per ogni operatore lineare auto-·
tato in un precompatto. Poiché H= H*, cioè H è lo spazio coniu- aggiunto e compatto A nello spazio di Hilbert H esiste un sistema
gato di uno separabile, tutti gli insiemi limitati (e soltanto essi) ortonormale {<J>n} di autovettori corrispondenti agli autovalori
sono in esso debolmente precompatti. Di conseguenza, un opera- s
{Àn} (An :f= O) tale. che ogni elemento E H si scriva univocamente
tore compatto su uno spazio di Hilbert si può definire come un nella forma
operatore che trasforma ogni insieme debolmente precompatto in
un insieme precompatto nella topologia forte. s= :Lk ck<J>k+ s',
Infine, in alcuni casi risulta comoda la seguente definizione
di compattezza di un operatore su uno spazio di Hilbert: l'ope- dove il vettore s' E Ker A, cioè soddisfa alla condizione A s' = O;
ratore A si dice compatto su H se trasforma ogni successione debol- in questo caso
mente convergente in una fortemente convergente. Infatti, sia
quest'ultima condizione soddisfatta e sia M un insieme limitato
As = 23 Akckcpk
k
in H. Ogni sottoinsieme infinito dell'insieme M contiene una suc-
cessione debolmente convergente. Se essa si trasforma in una for- e, se il sistema {<Jln} è infinito, allora lim An = O (n-+ oo ).
temente convergente, allora AM è precompatto. Inversamente, Per poter dimostrare questo teorema fondamentale, avremo
sia A un operatore compatto, {xnluna successione debolmente bisogno delle seguenti affermazioni ausiliarie.
convergente e x il suo limite debo e. Allora {Axn} contiene una Lemma 2. Se gn} è debolmente convergente a se l'operatore A
sottosuccessione fortemente convergente. Al tempo stesso, {Axn} compatto, allora
è convergente debolmente ad Ax in virtù della continuità di A, Q (sn) = (A Sn> Sn)-+ (A s. s) = Q (s).
da cui segue che {Axn} non può avere più di un punto limite. Quin-
di, {Axn} è una successione convergente. Dimostrazione. PeF ogni n
5. Operatori compatti autoaggiunti in H. Per gli opera tori I(Asn. sn)- (A s. s) l~ I(Asn• sn)- (As, sn)l +
lineari autoaggiunti in uno spazio euclideo a dimensione finita
sussiste un noto teorema sulla riduzione della matrice di questo
+ I(As, sn)- (As, s)l.
Ma
operatore alla forma diagonale rispetto a una base ortonormale.
Qui noi estenderemo questo teorema agli operatori compatti auto- I(Asn, sn)- (A6, sn>l ~ llsn 11·11 A (sn- 6)11
aggiunti in uno spazio di Hilbert. I risultati così ottenuti saranno e
' validi sia per spazi di Hilbert reali che complessi. Per fissare le I(Asn. s)- (As, 6)1 = 1(6, A (sn- 6))1 ~Il s li X
idee, supporremo che H sia complesso.
Stabiliamo anzitutto alcune proprietà degli autovettori e Il A (sn- s)ll,
X
degli autovalori degli operatori autoaggiunti in H, che, fra l'al- e poiché i numeri Il sn Il sono limitati e Il A (sn - s)ll-+ O, si ha
tro, saranno completamente analoghe alle proprietà degli opera-
tori autoaggiunti corrispondenti a dimensione finita. I(Asn, sn)- (As, 6)1-+ O.
I. Tutti gli autovalori di un operatore autoaggiunto A in H come dovevasi dimostrare.
sono reali. Lemma 3. Se il funzionale
Infatti, sia Ax = A.x, Il x Il ::1= O, allora
r
A (x, x) = (Ax, x) = (x, Ax) = (x, A.x) = (x, x), IQ (5) l = I(A 6, s)l,
da cui A = X'. dove A è un operatore lineare autoaggiunto e limitato, ammette un
II. Gli autovettori di un operatore autoaggiunto, corrispondenti massimo nel punto so sulla sfera unitaria, allora da {sp, 1)) = O
ad autovalori distinti, sono ortogonali. deriva che
Infatti, se Ax = A.x e Ay = JLY, dove A :f= f.t, allora
/
(A so.
11) = (so.
A 11) = o.
i. (x, y) = (Ax, y) = (x, Ay) = (x, JLY) = J! (x, y), Dimostrazione. B evidente che 1/ so 1/ = 1. Poniamo
eta cui (x, y) = O.
Dimostriamo ora il teorema fondamentale segu<'nl~.
s- so+afl
-V1+1aF'IITJII 2 '
242 243
dove a è un numero complesso arbitrario. Da Il so Il = 1 deriva corrispondenti agli autovalori
che
lisi!= L Alo A2o • • •t Ano
Nel seguito Sia M (q>1 , q> 2 , • • • , q>n) il sottospazio generato da·i vettori q>u
q> 2 , • • • , q>n· Consideriamo il funzionale
Q(s)= i+/a/~IITJU:' [Q (so)+a(Aso. TJ)+a(Aso, 11)+1ai 2Q(TJ)].
1<As, s> 1
II numero a si può prendere qualsivoglia piccolo in modulo e tale
sull'insieme degli elementi appartenenti a
che ii. (As 0 , u) sia una grandezza reale. Allora a (As 0 , TJ) = . J.
=a (Aso. 11) e M n =H 8 M (<J!It q>2, ... , q>n)
+
Q (s) = Q (so) 2ti (A so. TJ) (a2). +o (cioè ortogonali a q>1, q> 2, ••• , q>n) e soddisfacenti alla condizione
R chiaro dall'ultima uguaglianza che per (As 0 , TJ) =l= O si può s <
Il Il 1. L 'insieme M ;f- è un sottospazio in variante rispetto ad A
scegliere a in modo che l Q (s)l > 1Q (s 0 )1 e ciò è in contraddi- (poiché il sottospazio M (q>t> cp 2 , • • • , CJ>n) è invariante ed A auto-
zione con l 'ipotesi del lemma. aggiunto). Applicando a Mi i ragionamenti suindicati, in Mi si
Dal lemma 3 deriva immediatamente che se 1Q (s)l assume trova un vettore (indichiamolo con 'Pn+ 1), che è un autovettore
s
un massimo per = $0 , allora so è autovettore dell'operatore. dell'operatore A.
Sono possibili due casi: 1) dopo un numero finito di passi ot-
Dimostrazione del teorema 5. Costruiremo per induzione gli
elementi q> 11 in ordine decrescente delle grandezze assolute teniamo un sottospazio M;0 in cui (A 6. 6) == s. s)
O; 2) (A ~O
dei corrispondenti autovalor·i in Mi per tutti gli n.
Nel primo caso dal lemma 3 risulta che M;. si annulla me-
l f•t f ~ l /,2 l ~ ••• ~ l An l~ ••• diante l'operatore A (porre ll = A$ 0 ), vale a dire esso è composto
Per costruire l 'elemento q>1 , consideriamo l'espressione interamente da autovettori corrispondenti a 1.. = O. Il sistema dei
l Q (s)l= l (Al;, s)l e dimostriamo che essa assume un massimo vettori costruiti {q>n} ha un numero finito di elementi.
sulla sfera unitaria. Sia
-~
Nel secondo caso otteniamo una successione {cpn} di autovet-
S = sup l (As, s)l tori per ciascuno dei quali An =l= O. Mostriamo che An-+ O. La
IJGII...;t successione {q>n} (così come ogni successione ortonormale) è debol-
e $1 , s
2, ••• sia una successione tale che Il Sn Il = 1e mente convergente allo zero e, perciò, gli elementi A CJ>n = Anq>n
devono convergere allo zero in norma, da cui l Àn l= Il A q-n Il -o.
- l (Asn• Sn) 1-+ S per n-+ oo. Sia
Poiché la sfera unitaria in H è debolmente compatta, da {sn} si MJ. =H 8 M (q>10 <p2 , ••• , q>n, ••• ) = nMi :t= O.
può ricavare una sottosuccessione debolmente convergente a un n
elemento TJ· In questo caso, 1111 Il<
1 e, in virtù del lemma 2, Se s,
6 E M J. e 6 =l= O, allora (A 6) ~ 1.-n Il 6 11 2 per tutti gli n, cioè
l (A11, TJ) l =S. (As, s) = O. Di qui, in virtù del lemma 3 {per max l (As, 6) l=
s
= O) applicato a M J., otteniamo che A = O, vale a dire il sot-
Consideriamo l'elemento TJ come q> 1• E chiaro che Il TJ Il vale esat- tospazio MJ. si annulla mediante l'operatore A.
tamente 1. (I nfatti, sia 1111 Il < 1; poniamo TJt = TJIII TJ Il; allora Dalla costruzione del sistema {CJ>n l risulta con chiarezza che
Il 111 Il = 1 e l (ArJto rJ 1) l > S, ciò che contraddice la definizione ogni vettore si può rappresentare nelfa forma •
di S.) In questo caso,
s= 2] Ckq>l& +s't dove A$' =o,
da cui da cui discende che
l"-1l = 1
/(A<p , <J>t}l f(Aq>l, q>l)f =S. A$= ~ A~tCI&q>k·
(<J>I• <J>I)
Supponiamo ora che siano già costruiti gli autovettori Il teorema è dimostrato. Questo teorema è di importanza
fondamentale nella teoria delle equazioni integrali, che tratte-
qJlt q>2, ••• ' q>.. remo nel capitolo IX.
244 245
Osservazione. 11 teorema dimostrato significa che per ogni V. Misura, funzioni misurabili, integrale
operatore autoaggiunto e compatto A in H esiste una base orto-
gonale dello spazio H, composta da autovettori di questo operatore.
In effetti, per ottenere questa base, è sufficiente completare il
Sistema di autovettori {CJln} costruito nella dimostrazione del
teorema con una base ortogonale arbitraria del sottospazio MJ.,
che si annulla mediante l'operatore A. In altre parole, qui si ottie-
ne un risultato analogo al teorema sulla riduzione della matrice
di un operatore autoaggiunto in dimensione finita, alla forma dia-
gonale rispetto a una base ortogonale.
Per gli operatori non autoaggiunti in uno spazio n-dimen-
sionale questo comportamento è, in generale, impossibile, tutta-
via sussiste il seguente teorema: ogni trasformazione lineare in uno
spazio n-dimensionale ha almeno un autovettore. ll: facile vedere che
questa proposizione non si estende agli operatori compatti su H.
Infatti, l'operatore A sia dato in l 2 dalla formula Il concetto di misura !.t (A) di un insieme A rappresenta una
., , ( r X2 Xn-1 \
generalizzazione naturale delle nozioni seguenti:
Ax=A(x11 x 2 , ••• , Xn, •• • )= O, x 1 , T• .. ·•n=I• ... j· 1) lunghezza l (.!\) di un segmento A;
(8) 2) area S (F) di una figura piana F;
3) volume V (G) di una figura spaziale G;
Questo operatore è compatto (provarlol}, ma non ha nessun auto- 4) incremento cp (b)- cp (a) di una funzione non decrescente
vettore (dimostrarlo). cp (t) sull'intervallo semichi1;1so [a, b]; . .
5) integrale di una funzwne non negativa, esteso a un domi-
Esercizio. Trovare lo spettro dell'operatore (8). nio lineare, piano o spaziale, ecc.
Questo concetto nacque ~rigin!riamente. nella teoria .d~l!e
funzioni di variabile reale da cm passo alla teona delle probabthta,
dei sistemi dinamici, ali' analisi funzionale e a numerose altre
branche della matematica.
Nel § 1 del presente capitolo tratteremo la ~eoria _della m_isu-
ra per gli insiemi nel piano, partendo dal~ a noziOne. d1 area d1 u~
rettangolo. La teoria generale della misura vcrra esposta ne1
§§ 2 e 3. Il lettore potrà notare facilmente che tutti i ragionamenti
dati nel § 1 hanno un carattere generale e si ripetono nella teoria
astratta senza modifiche essenziali.
"""t
PII e p i n pk =. dove p 11 sono dei rettangoli non inter!lecantisi a due a due, allora
= 0 per i =/:: k, allora m' (A)=~ m (PA)·
n k
m (P)= L} m (PA)·
li= l
Mostriamo che m' (A) è indipendente da come A si decomponEt
come somma di un numero finito di rettangoli. Sia
Il nostro compito è di estendere, conservando le proprietà 1) e
2), la misura m (P), definita per il momento per i rettangoli, a una A=VPk=l)QJ,
classe più ampia di insiemi.
Dapprima estendiamo la misura alla classe dei cosiddetti in- n
dove pk e QJ sono rettangoli e pi PII,= 0. Q, Q~ ' 0 per n
siemi elementari. Un insieme piano si dice elementare se lo può si i =1= k. Poiché l'intersezione P 11 n Q1 d1 due rettangoli e. un ret-
rappresentare almeno in un modo come unione di un numero fi- tangolo, allora in virtù dell'additività della misura per 1 rettan-
nito di rettangoli non intersecantisi a que a due. goli abbiamo
Per il seguito avre~o bisogno del seguente teorema:
Teorema 1. Unione, ìntersezione, differenza e differenza sim- k k,J
n
2: m (PA) =~.m (P" QJ) =~m (Q,). 1
metrica di due insiemi elementari sono anch'esse insiemi elementari. In particolare, per i rettangoli la misura m' coincide con la misu-
In tal modo, tenendo conto della terminologia introdotta
nel § 5 del capitolo I, gli insiemi elementari formano un anPllo. ra iniziale -m.
249
248
. . E !acile veder~ che la misura di un insieme elementare così de- insiemi in numero finito o numerabile che lo ricoprono) si chiama
fmita e non negativa e additiva. subadditività. Da quest'ultima discende la proprietà detta additivi-
St_a~ili~m~ la seguente importante proprietà della misura tà numerabile o a-additività che consiste in quanto segue.
per gh mstemt elementari.
Un insieme elementare A sia rappresentato come somma di
. T~o.rema 2. Se A è un insieme elementare e {A n} è una fami- una quantità numerabile di insiemi elementari non intersecantisi
glza /meta o numerabile di insiemi elementari tale che An (n = 1, 2, ... ):
Ac:UAn,
n
allora
m' (A)-ç~ m' (An)· (1) allora
n 00
. . Dimostrazione. Per o~i e> O, dato A, si può trovare un m' (A)= ~ m' (An)
mste~? elementare chiuso A che sia contenuto in A e soddisfi alla n= l
condiZione (vale a dire la misura della somma di una quantità numerabile di
m' (A) ;;;:::: m' (A)- e/2. addendi è uguale alla somma delle misure). .
Infatti, in virtù dell'additività, qualunque sia N abbwmo
(E sufficiente sostituire ciascuno dei k rettangoli p.1 costituenti N N
A co~ un rettangolo chiuso contenuto al suo interno di area non m' (A) ;;::m' ( UAn)= ~m' (An)·
superwre a m (P;) - e/(2k).) n=1 n=l
Ino_!.tre, per ogni An si può trovare un insieme elementare
Passando al limite per N-+ oo, otteniamo
aperto An contenente An e soddisfacente alla condizione
00
m ' (An)
- .:ç m' (An)+ ]ii'+i".
e m' (A);;::~ m' (An)·
n= l
E chiaro che
I n virtù del teorema 2 vale anche la disuguaglianza opposta.
Ac:UAn. Quindi la a-additività della misura m' è dimostrata.
n <>ss'ervazione. Il lettore può avere l 'impressione che la a-ad-
Da {Ara} si può _ricavare .{per il lemma di Heine-Borel) una ditività della misura nel piano si deduca automaticamente dalla
famiglia finita An10 • • • , An8 che ricopra A. .E: evidente, fra sua additività con un passaggio al limite. In realtà non è così
l'altro, che (nella dimostrazione del teorema 2 abbiamo utilizzato il lemma
di Heine-Borel ma tenendo conto soprattutto del legame esistente
a
fra le proprietà metriche e topologiche degli insiemi piani). Nel
m' (A)~ }J m' (An.) § 2, studiando le misure sugli insiemi astratti qualsiasi, vedremo
i=t l
che dall'additività della misura non discende, in generale, la sua
(poiché altrimenti A sarebbe ricoperto da un numero finito di ret- a-additività.
tangoli di area totale inferiore a m' (A), ciò che è impossibile).
Pertanto 2. Misura di Lebesgue degli insiemi piani. Gli insiemi ele-
8 mentari non esauriscono tutti gli insiemi che si incontrano in geo-
m' (A)< m' (À) +f< ~ m' (Ani) + ; .:ç ~m' (An)+ ; < metria e nell'analisi classica. Pertanto sarebbe più naturale ten-
tare di estendere il concetto di misura, conservando le proprietà
i=i n
fondamentali, a una classe di insiemi più ampia delle combinazio-
~~m' (An)+~ 2
n n
:+ +; = ì}m' (An)+8,
1
n
ni finite di rettangoli con lati paralleli. agli assi coordinati. . . .
La soluzione di questo problema, m un certo senso deftmti-
va, è stata data da A. Lebesgue all'inizio del secolo XX.
da cui, essen~o 8 >O arbitrario, deriva la relazione (1). Nel trattare la teoria della misura di Lebesgue, dovremo con-
L~ propri?tà della f!1Ìsura m' stabilita dal teorema 2 (la mi- siderare non soltanto combinazioni finito di rettangoli, ma anche
sura d1 un ms1eme non e superiore alla somma delle misure degli infinite. Per non incontrare subito degli insiemi di <l misura infi-
250
251
nita », limitiamoci dapprima agli insiemi appartenenti interamen e
te al quadrato E = {O < < x 1; O <
y ~ 1 }.
Definiamo la funzione EJ.* (A) sulla collezione di questi in-
siemi nel seguente modo. Essendo e >O arbitrario, ne deriva l'affermazione del ~e~rema.
Definizione 1. Si chiama misura esterna dell'insieme A il Poiché m' e 14* coincidono sugli insiemi elementari, 1l teo-
numero rema 2 rappresenta un caso particolare del teorema 3. .
,.,.. (A)= inf L} m (P 11 ), (1) Definizione 2. L'insieme A si dice misurabile (nel senso d1
ACUP11 11 Lebesgue) se per ogni e >O si trova un insieme elementare B tale
dove l'estremo inferiore è esteso a tutti i ricoprimenti possibili che
11* (A 6 B) < e. (3)
dell'insieme A con famiglie finite o numerabi1i di rettangoli.
Osservazioni. 1. Se nella definizione di misura esterna con- La funzione J.L* considerata esclusivamente sugli insiemi misu-
siderassimo dei ricoprimenti composti non soltanto da rettangoli. rabili si chiama misura di Lebesgue e si denota con fA.·
ma da insiemi elementari qualsiasi (in numero finito o numerabi- Osservazione. La definizione di misurabilità ha un signi-
le), otterremmo, evidentemente, lo stesso valore di EJ.* (A) poiché- ficato sufficientemente evidente. Essa significa che un insieme è
ogni insieme elementare è la somma di un numero finito di ret- misurabile se lo si può «approssimare con una precisione a pia-
tangoli. cere 1> mediante insiemi elementari.
2. Se A è un insieme elementare, allora J.l * (A) = m' (A). Dunque, abbiamo definito u~a certa cla_sse ~~di in~iemi
Infatti, P 1 , • • • , Pn siano rettangoli componenti A. Allora, pel" detti misurabili, nonché la funztone J.L, ossta la m1sura dt Le-
definizione, abbiamo besgue su questa classe. Il nostro obiettivo immediato è di
n stabilire quanto segue.
m' (A)= ~m (P i)· 1. La collezione ~ B di insiemi misurabili è chiusa rispetto alle
i= l
n (}perazioni di somma finita o. numerabile ·e .d~ ~ntersezione (rappre-
Poiché i rettangoli P 1 ricoprono A, allora 11* (A)~ ~m (P;)= senta cioè una a-algebra; st veda la defmlzlOne del n. 4, § 5,
i~ l capitolo 1).
= m' (A). Ma se {Q1 ) è un sistema di rettangoli finito o numera- 2. La funzione fl è a-additiva in ~ B·
bile qualsiasi che ricopre A, allora, in virtù del teorema 2, I teoremi che seguono rappresentano dimostrazioni graduali
m' (A) <~m (Q1) e, perciò, EJ.* (A) = m' (AJ.
J
di queste proposizioni. . . _ . • .
Teorema 4. Il complemento di un mszeme mzsurabtle e mzsura-
Teorema 3. Se bile. .
A c: UAn, Ciò deriva immediatamente dall'uguaglianza
n
(E'-A) 6. (E'-B) =.A 6 B
dove An è una famiglia finita o numerabile di insiemi, allora
che si verifica direttamente.
EJ.* (A)<~ fl* (An)· (2) Teorema 5. Somma e intersezione di un numero finito di in-
n
. ,. siemi misurabili sono insiemi misurabili.
In particolare, se A c:B, allora 11* (A)-< J.L* (B). Dimostrazione. E sufficiente, evidentemente, la dimostra-
Dimostrazione...·Secondo la definizione di misura esterna. zione per due insiemi. A1 e A 2 siano dq.e insiemi misurabili. Ciò
per ogni An si troverà una famiglia finita o numerabile di ret- vuoi dire che per ogni e >O esistono degli insiemi B1 e B2 ta-
V
tangoli {Pn 11 } f.ale che An C: Pn11 e li che
numero finito di insiemi numerabili), per esso si troverà un in- il caso generale si riduce al precedente sostituendo An con An'A.
sieme elementare B tale che Abbiamo
IL* (C D.B) < e/2. (12) e
Poiché
An = (An 'An+t) U (An+t,An+2) U · · .,
dove i termini non si intersecano. Pertanto, in virtù della a-addi-
dalle relazioni (11) e (12) risulta che tività di Il• abbiamo
qualunque sia N. Passando al limite per N-+ oo, otteniamo Per dimostrare questa proposizione, è sufficiente passare
dagli insiemi An ai loro complementi ed applicare il teorema 9.
00'
Per concludere, notiamo un 'altra circostanza evidente, ma
Il (A)~ ~ IL (An)· (13) importante. Ogni insieme A, la cui misura esterna è uguale a O,
n= l
è misurabilc. E sufficiente porre B = 0; allora
D'altra parte, secondo il teorema 3
00
IL* (A D. B) = IL* (A c 0) = 11* (A) =O< e.
(14) Dunque, abbiamo esteso la misura dagli insiemi elementari
alla classe più ampia 1m E• che è chiusa rispetto alle operazioni di
Dalle relazioni (13) e (14) discende quanto afferma il teorema. somma numerabile e di intersezione e rappresenta una a-algebra.
La proprietà della misura stabilita nel teorema 8 si· dice' La misura così costruita è a-additiva su questa classe. l teoremi
additività numerabile o a-additività. Dalla a-additività deriva la sopra dimostrati permettono di farsi l 'idea seguente della colle-
seguente proprietà della misura detta continuità. zione di insiemi misurabili secondo Lebesgue.
256 257
Ogni insieme aperto appartenente ad E si può rappresentare sporta letteralmente a insiemi appartenenti a spazi di dimensione
come unione di una quantità finita o numerabile di rettangoli qualsiasi.
aperti, ossia di insiemi misurabili; quindi, in virtù del teorema 7, Nell'introdurre il concetto di misura di Lebesgue, siamo par-
tutti gli insiemi aperti sono misurabili. Gli insiemi chiusi sono titi dalla definizione ordinaria di area. Una costruzione analoga
complementi di quelli aperti e, quindi, anch'essi sono misura- p~r. il caso unidimensionale si poggia sulla nozione di lunghezza
bili. Secondo il teorema 7 devono essere misurabili anche tutti dt mtervallo (aperto, chiuso, semiaperto). Tuttavia, qui si può
gli insiemi che si possono ricavare da quelli aperti e chiusi median- introd.urre il concetto di misura in un modo più generale.
te un numero finito o numerabile di operazioni di somma nume- Sta F (t) una funzione non decrescente continua a sinistra sulla
rabile e di intersezione. Si può mostrare, tuttavia, che questi in- retta. Poniamo
siemi non esauriscono ancora tutti gli insiemi misurabili.
m (a, b) = F (b) - F (a + 0}, m [a., b) = F (b + O) - F (a),
3. Complementi e generalizzazioni. Sopra abbiamo studiato m (a, b) = F (b + O) - F (a + 0), m [a, b) = F (b) - F (a).
soltanto gli insiemi contenuti nel quadrato unitario E = {O -<: x,
y -<: 1 }. E facile porre fine a questa restrizione nel seguente modo. ~ facile vedere che la funzione m così definita su un iRtervallo è
Supponiamo che tutto il piano sia una somma di quadrati semi- non negativa e additiva. Applicando ad essa ragionamenti analo-
aperti Enm = {n< x -<:n + 1, m< y -<: m + 1} (essendo n, m ghi a quelli del presente paragrafo, possiamo costruire una misura
interi) e diciamo che un insieme piano A è misurabile se la sua J.I.F (A). Allora la collezione ~F degli insiemi misurabili rispet-
intersezione Anm = A n Enm con ognuno di questi quadrati è to alla data misura è chiusa relativamente alle operazioni di som-
misurabile. In questo caso, in accordo con la definizione, poniamo ma numerabile e di intersezione, e la misura flF sarà a-additiva.
!-a classe ~F degli insiemi misurabili rispetto a flF dipenderà,
m generale, dalla scelta della funzione F. Cionondimeno, per ogni
scelta della funzione F, gli insiemi aperti e chiusi e, di conse-
guenza, tutte le loro somme numerabili e le intersezioni saranno
La serie a secondo membro converge a un valore finito oppure di- necessariamente misurabili. Le misure che si ottengono mediante
verge a + oo. Pertanto la misura fl p·uò assumere anche valori una funzione F si dicono misure di Lebesgue-Stieltjes. In partico-
infiniti. Tutte le proprietà della misura e degli insiemi misurabili lare, alla funzione F (t)== t corrisponde la misura di Lebesgue
sopra stabilite si estendono in modo evidente a questo caso 1 • Si ordinaria sulla retta.
deve notare soltanto che la somma di una quantità numerabile di Se la misura flF è nulla per ogni insieme la cui misura di
insiemi misurabili di misura finita può avere misura infinita. Lebesg.ue J.t è nulla, allora llF si dice misura assolutamente conti-
Indichiamo con ~I la classe degli insiemi misurabili su tutto il nua (nspetto a fl). Se la misura J.I.F è interamente concentrata su
piano. un insieme finito o numerabile di punti (ciò si verifica nel caso
Abbiamo mostrato in questo paragrafo come si costruisce la in cui .l'i~sie~e dei valori della funzione F è finito o numerabile),
misura di Lcbcsgue per gli insiemi piani. Analogamente può es- essa. ~l ~1ce d1screta. La misura flF si dice singolare se vale O per
sere costruita la misura di Lebesgue sulla retta, nello spazio tri- ogm msteme composto di un solo punto, ma esiste un insieme M
dimensionale e, in generale, nello spazio euclideo di dimensione di misura di Lebesgue nulla tale che la misura flF del suo com~
n qualsiasi, In ciascuno di questi casi la misura si costruisce allo plemento sia nulla.
stesso modo: partendo dalla misura costruita preliminarmente Si p~ò ~ostrare che ogni misura flF è rappresentabile come
per una famiglia di insiemi elementari (di rettangoli nel piano, somma dt mtsure assolutamente continua, discreta e singolare.
di intervalli aperti (a, b), chiusi [a, b), semichiusi (a, b), semi- Tornere~o ancora sulla misure di Lebesgue-Stieltjes nel prossi·
aperti (a, b) sulla retta ecc.), dapprima definiamo la misura per mo capttolo.
le unioni finite di questi insiemi e quindi l'estendiamo a una clas- Esistenza di insiemi non misurabili. Abbiamo visto che la
se molto più ampia di insiemi, quella degli insiemi misurabili classe degli i!lsiem~ mis~rabili. secondo Lebesgue è assai ampia.
secondo Lebesgue. La definizione stessa di misurabilità si tra- E n~~urale c~tederst se eststono m generale degli insiemi non misu-
rabth. Mos~r1amo che a questa domanda si può rispondere positi·
vamente. S1 possono costruire in modo semplice insiemi non misu·
l Perché la serie (15) converga, si deve aggiungere al teorema 9 la
condizione !J.E1 <+ co. Mostrare con un esempio che senza questa condizio-
rabili su una circonferenza, in cui è stata introdotta la misura di
no il teorema può risultare non corretto. Lebesgue lineare.
258 259
Sia C la circonferenza di lunghezza 1 e sia a un numero irra-
zionale. Mettiamo in una classe i punti della circonferenza C che In accordo con quanto detto sopra, si può conferire una forma
si possono trasportare l 'uno nell'altro mediante una rotazione della astratta completamente generale alla costruzione data nel § 1 re-
circonferenza C di angolo nan (n è un intero). Ciascuna di queste lativamente agli insiemi piani. La sua applicabilità sarà così
classi è composta, evidentemente, da un insieme numerabile di estesa essenzialmente. A questo problema sono dedicati i due
punti. Consideriamo in ognuna di queste classi un solo punto. prossimi numeri.
Mostriamo che l 'insieme così ottenuto (indichiamolo con 11> 0 ) non Prima di tutto introduciamo la definizione fondamentale se-
è misurabile. Indichiamo con d>n l 'insieme ricavabile da 11> 0 con guente.
la rotazione di angolo nan. 1!: facile vedere che tutti gli insiemi Definizione t. Una funzione J1 (A) si chiama misura se:
<Dn sono non intersecantisi a due a due e la loro somma rappresenta 1) il dominio di definizione e; ... della funzione J1 (A) è un
tutta la circonferenza C. Se l 'insieme dl 0 fosse misurabile, sareb- semianello di insiemi,
bero misurabili anche gli insiemi <Dn che gli sono congruenti. 2) i valori della funzione J1 (A) sono reali c non negativi,
Poiché 3) J1 (A) è additiva, vale a dire per ogni decomposizione
00 finita
C= U d>n,
n=-oo
ci>nnd>m= 0 per n=;'= m,
allora, in virtù della a-additività della misura, ne risulterebbe dell'insieme A E 6 11 in insiemi (non intersecantisi a due a due)
che A11 E 6 11 si verifica l'uguaglianza
00
(17) n
J.1. (A)= ~ J1 (AA)·
h= l
Ma gli insiemi congruenti devono avere la stessa misura e nel caso
in cui <ll 0 è misurabile si ha Osservazione. Dalla decomposizione 0 = 0 U 0 deriva che
J.l. (d>n) = J1 (f!>o). J1 (0) = 2J.t (0), cioè che J.t (0) = O.
Da qui si vede che l'uguaglianza (17) è impossibile in quanto la 2. Prolungamento della misura da un semianello all'anello
somma della serie a secondo membro è nulla se J1 (<ll 0 ) = O, e da esso ~enerato. Nel costruire la misura degli insiemi piani,
infinita se J1 (11> 0 ) >O. Quindi, l 'insieme <D 0 (e di con~eguenza, quale primo passo abbiamo esteso la misura dai rettangoli agli
anche ogni <Dn) è non misurabile. insiemi elementari, ossia alle somme finite di rettangoli non in-
tersecantisi a due a duo. Considereremo ora un 'analoga situazione
astratta di questa costruzione. Prima di tutto formuliamo la se-
§ 2. Nozione generale di misura. Prolungamento della misura guente definizione.
da un semianello ad un anello. Additività e a-additività 1 Definizione 2. La misura ~t si dice prolungamento della misura
m se 6m c: 6p. e se per ogni A E 6m si verifica l'uguaglianza
. t. Definizione di misura. Abbiamo costruito la misura degli
insiemi piani partendo dalla misura (area) dei rettangoli ed esten- J1 (A) = m (A).
dendola a una classe di insiemi più ampia. Per le nostre costruzioni
non era essenziale l'espressione concreta dell'area di un rettango- Qui dobbiamo dimostrare soprattutto la seguente proposi-
zione.
lo, bensì le sue proprietà generali. E precisamente, nel prolungare
la misura piana dai rettangoli agli insiemi elementari abbiamo Teorema 1. Per ogni misura m (A) data su un semianello 6
t.enuto conto soltanto del fatto che l 'area è una funzione additiva esiste uno e soltanto un solo.prolungamento m' (A) avente come su~
non negativa e che l 'insieme dei rettangoli è un semianello. Inol- dominio di definizione l'anello ~)t (6m) (cioè l'anello minima/e
.~opra 6m).
tre, per la costruzione del prolungamento di Lebesguo della misu-
ra piana era importante la sua a-additività. composizione
m
Dimostrazione. Per ogni insieme A E (6m) esiste la de-
l In questo paragrafo e nel seguito utilizzeremo sistematicamente
n
i concetti e i fatti descritti nel § 5 del capitolo I.
A=UB~~
h= t
(BhE6m, B"nB,=0 per k=Fl) (1)
260
261
(teorema 3, § 5, capitolo I). Poniamo, in accordo con la definì-
zio ne, in particolare, se A c: A' e se A, A' E al, allora m (A)~ m (A').
n
m' (A)= ~ m (BA)• (2) Infatti, se A 1 , • • • , An non si intersecano a due a due e sono
11=1 contenuti in A; in virtù dell'additività della misura
E facile vedere che la grandezza m' (A) definita dall'uguaglianza n n
(2) è indipendente dalla decomposizione (1). Consideriamo infatti m(A)= ~ m(Ak)+m(A"
11=1
U A11).
11=1
due decomposizioni
n r n
A=UBt=Uc,, BtE6m, c,E6m· Poiché m (A"'- UA11 );;;;::0,
11=1
da qui deduciamo la proprietà I.
i=t 1=1
n
Siccome tutte le intersezioni B 1 C1 appartengono a 6m. allora, Inoltre, qualunque siano A 1 , A 2 E alm. abbiamo
in virtù dell'additività della misura m, abbiamo
n n r r
m (At UA 2) = m (A 1) +m (A 2) - m (A 1 n A 2 ) <
<m (A1) +m (A 2).
~ m(Bi)= ~ ~ m(B,nC1) = ~ m(C1), Da qui ricaviamo per induzione .
i=t i=l i=l J=l
n n
come dovevasi dimostrare.
La non negatività e l'additività della funzione m' (A) defi- m( U A 11 )< ~ m (A 11 ).
~1 11=1
nita dall'uguaglianza (2) sono evidenti. Dunque, l'esistenza del
prolungamento m' della misura m all'anello (6m) è dimostrata. m Infine, sempre in virtù dell'additività della misura, da A c:
n
Per dimostrarne l 'unicità, osserviamo che, per definizione di c UA 11 deriva che
n 11~1
prolungamento, se A = U Bh, dove B11. sono degli insiemi non n n n
h= l
intersecantisi di 6m. allora per ogni prolungamento mdella mi- m(A)=m( U All)=m( k=l
k=1
U A11 ,A)~m( 11=1
U A11),
sura m ali 'anello m(6m) abbiamo da cui, in virtù della disuguaglianza precedente,· deriva la pro-
(A)=~m m
(B11 ) = ~ m (B~&) =m' (A),
h. k
prietà II.
Abbiamo dimostrato le proprietà I e II per la misura data su
vale a dire la misura m
coincide con la misura m' definita dall'u- un anello di insiemi. Ma se la misura è stata data dapprima su un
guaglianza (2). semianello, per un suo prolungamento ali 'anello le misure degli
Il teorema è dimostrato. insiemi appartenenti al semianello iniziale non cambiano. Per-
Di fatto, abbiamo ripetuto qui in termini astratti il procedi- tanto le proprietà I e II sono valide anche per le misure sui se-
mento mediante il quale abbiamo esteso la misura dai rettangoli mianelli.
agli insiemi elementari nel § 1. La classe degli insiemi elementari
rappresenta appunto l'anello minimale sopra il semianello dei 3. o-additività. In varie questioni di analisi si devono con-
rettangoli.· siderare unioni di un numero di insiemi non soltanto finito, ma
Dall'additività e dalla non negatività della misura derivano anche numerabile. In relazione a ciò è naturale sostituire alla
le seguenti proprietà quasi evidenti, ma importanti. condizione di additività, che abbiamo imposto alle misure (defi-
Teorema 2. Sia m la misura data su un certo anello alm e gli nizione 1), una condizione più forte di a-additività.
insiemi A, A 1 , ...... , An appartengano a alm. Allora Definizione 3. La misura m è detta numerabilmente additiva
n o o-additiva se per gli insiemi arbitrari A, A 1 , A 2 , • • • , An, ...
I. se Ut A h c A e se A t n A 1 = 0 per i ::fo j, si ha appartenenti al suo dominio òi definizione 6m e soddisfacenti
l&~
n alle condizioni
~ m (A 11 )<m (A); ""
n
11=1 A= U
n= t
An, A, nAJ= 0 per i =l: i
II. se U A 11 ::::>A,
h= t
allora si verifica l'uguaglianza
n
~ m (Ah) ;;;;::m (A);
""
m(A)= ~ m(An)·
.li=l n= l
262 263
La misura di Lebesgue piana che abbiamo costruì to nel § 1 è n
Sia CniJ = Bnl Ai. Si vede facilmente che gli insiemi C1111
a-additiva (teorema 8). Si può costruire un esempio di misura non si intersecano a due a due e che, fra 1'a)tro,
a-additiva di natura diversa nel seguente modo. Sia 00
X = {xl> x 2 , • • • } A 1= U l lcntJt
n=tY
un insieme numerabile qualsiasi e i numeri Pn >O siano tali che
00
Bn,=UCniJ·
}
~ Pn=i.
n= l Pertanto, in virtù deJla o-additività della misura m su ®'m,
La corrispondente classe di insiemi misurabili è composta da tutti abbiamo
i sottoinsiemi dell'insieme X. Per ogni A c X poniamo ""
m (A1) = ~ ~m (CnfJ)• (3)
m(A)= ~ Pn· n=l i
a:nEA
E facile provare che m (A) sarà una misura a-additiva e che m (Bnt) =~m (CntJ) (4)
j
m (X) = 1. Questo esempio compare in modo naturale in rela-
zione a numerose questioni di teoria delle probabilità. e, per definizione della misura JL su m(®'m).
Diamo un esempio di misura additiva, ma non a-additiva. JL (A)=~ m (A1),
Sia X l'insieme di tutti i punti razionali dell'intervallo [0, 11 e j
(5)
6m sia composto dalle intersezioni de1l 'insieme X con un qual-
siasi intervallo aperto (a, b), chiuso [a, b], semiaperto (a, bJ o (6)
[a, b) appartenenti a (0, 1]. Si vede facilmente che E m rappresen-
ta un semianeJlo. Per ogni insieme di questo tipo Aab E ®'m ""
poniamo Dalle relazioni (3)-(6) deriva che J.A. (A) = ~ JL (Bn)· (Le somme
n-l
m (A ab) = b - a. rispetto a i e in j sono qui finite, le serie in n convergenti.)
Questa misura è additiva, ma non o-additiva in quanto m (X) = Dimostriamo ora le proprietà fondamentali seguenti delle
= 1 e, al tempo stesso, X è la somma di una quantità numerabile misure a-additive che rappresentano una generaJizzazione dcJle
di punti, ognuno dei quali ha misura O. proprietà relative alle somme numerabili, che sono state formu-
Supporremo o-additive le misure che saranno considerate qui late nel teorema 2. Poiché, come abbiamo stabilito, la o-additività
e nel paragrafo seguente. della misura si conserva prolungando Ja misura all'anello, si può-
Teorema 3. Se la misura m definita su un semianello ®'m è supporre sin dall'inizio che la misura sia data su un aneJlo m.
a-additiva, la misu,ra JL che si ottiene prolungandola all'anello Teorema 4. La misura m sia a-additiva e gli insiemi A, A 1 ,
9t (6m) è a-additiva. •.. , An appartengano all'anello m. Allora,
Dimostrazione. Sia
""
m
A E (®'m). Bn E 91 (®'m), n = 1, 2, ... la. Se U
k=l
Ak c A e Ai n A1 = 0 per i =t= j, allora
o
00
""
A=
fl=l
U Bn,
n
inoltre Ba Br = 0 per s ::1= r. AJlora esistono degli insiemi A 1
Ilo (semiadditività numerabile). Se ~ A 11
00
::J A, allora
e Bni di ®'m tali che k=l
A=UAj, Bn=UBnlt n=1, 2, ... 00
1 i ~ m(Ak)~m(A).
k=l
e, inoltre, gli insiemi a secondo membro di ciascuna di queste
uguag1ianze non si intersecano a due a due e le somme rispetto a Dimostrazione. Se tutti gli A 11 non si intersecano e sono con-
i e j sono finite (teorema 3, § 5, capitolo 1). tenuti in A, allora, in virtù della proprietà I (teorema 2), per
264 265
<>gni n abbiamo Spesso è più semplice verificare la semiadditività numerabile
n della misura (la proprietà Ila) che stabilirne direttamente la
Z] m (Ah)~m (A). a-additivita.
k=t .
266 267
In virtù del teorema 1
La funzione ~-t*, considerata soltanto sugli insiemi misurn- (2)
bili, si dice misura di Lebesgue (o semplicemente misura) e si deno-
m
ta con 1-t· E chiaro che tutti gli insiemi di 6m e di (6m) sono
e in virtù del teorema 3, qualunque sia N, si ha
misurabili. Inoltre, se A E 6m, allora
N N
1.t (A)= m (A). U An)= n=1
1.t (A);;;:::I.t (
n=1
}] 1.t (An)
Questa uguaglianza si dimostra come la sua analoga per gli insie-
mi piani. da cui
Dali 'uguaglianza (3)
At ~A 2 = (E'-A 1) Il (E'-A2)
Dalle relazioni (2) e (3) segue l 'enunciato.
segue che se A è misurabile il suo complemento è anch'esso misu- Nel § 1, considerando la misura di Lebesgue piana, abbiamo
rahile. mostrato che le somme non sono soltanto finite, ma anche nume-
Stabiliamo ora le proprietà fondamentali degli insiemi misu- rahili e le intersezioni di insiemi misurabili sono anch'esse misu-
rabili e della misura di Lehesgue definita su di essi. rabili. Ciò è valido anche nel caso generale, vale a dire sussiste
Teorema 2. Il sistema lJJl; di tutti gli insiemi misurabili è il seguente teorema.
un anello. Teorema 5. Il sistema m degli insiemi misurabili secondo
Dimostrazione. Poiché si ha sempre Lebesgue è una a-algebra con unità E.
A1 n A2 = At'-(At'-A2) Dimostrazione. Poiché
e
A1 U A2 = E'-[(E'-At) n (E'-A2)], n"
An= E'-U<E'-An)
n
sarà sufficiente mostrare quanto segue. Se A 1 E m
e A 2 E m, e poiché il complemento di un insieme misurabile è misurabi)e,
allora anche A = A 1 '-A2 E m. sarà sufficiente mostrare quanto segue. Se A1, A2, · ·.,An, · · •
Siano A 1 e A 2 misurahili; allora esistono B1 E (6m) e m appartengono a m, allora A = U
An appartiene anch'esso a rol.
B2 E m(6m) tali che n
La dimostrazione di questa affermazione, data nel teorema 7
~-t* (A 1 ~B 1) < e/2 e ~.t* (A 2 ~B,,) < e/2. del § 1 per gli insiemi piani, si conserva parola per parola anche
Ponendo B = B1,B 2 E m(6m) e utilizzando la relazione nel caso generale.
Come nel caso della misura piana di Lehesgue, dalla a-addi-
(A•'-A2) ~ (B 1,B 2) c (A 1 ~B 1 ) U (A2 ~B2), tività della misura segue la continuità, vale a dire se l.t è una
otteniamo misura a~additiva definita su una a-algebra, A 1 ::l A 2 ::l . . •