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La maniera liquida del cinema italiano

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2/12/2016
di Gioacchino Toni
Roberto De Gaetano (a cura di), Lessico del cinema italiano. Forme di
rappresentazione e forme di vita, Mimesis edizioni, Milano-Udine, Volume
I, 2014 pp. 554, 28,00 Volume II, 2015, pp. 556, 28,00 Volume III,
2016, pp. 532, 28,00
Pi di milleseicento pagine suddivise in tre volumi raccontano attraverso
ventuno voci, unintroduzione del curatore Roberto De Gaetano ed una
postfazione di Francesco Casetti il cinema italiano con modalit differenti
rispetto agli sguardi storici di Gian Piero Brunetta e dellopera
monumentale promossa da Lino Miccich per il Centro Sperimentale di
Cinematografia.
Nella sua introduzione allopera, Roberto De Gaetano sostiene che
essendo i sentimenti a definire lorientamento nel mondo di un individuo e
di una comunit, se questi non danno forma a comportamenti finiscono col riversarsi nelle forme di
rappresentazione. Secondo lo studioso lelaborazione dei sentimenti popolari operata dal cinema italiano,
soprattutto attraverso la commedia ed il melodramma, ha provveduto a dare espressione a sentimenti e stati
danimo altrimenti privi di espressione. Nella nostra tradizione si viene dunque a determinare una frattura decisiva
tra le forme del sentire e quelle dellazione. Le prime, non trovando risposta efficace nelle seconde, trapassano
nelle forme di espressione, a partire dal cinema, che diventano i veri operatori di una individuazione senza identit
(nazionale), della creazione di uno stile di vita, di un modo di immaginare e abitare il mondo (Vol. I, p. 9).
Secondo De Gaetano quello italiano un cinema che, contrariamente alla letteratura, non si di fatto mai posto un
problema di identit nazionale, ma stato sempre vicino alla vita sentita e pensata oltre le forme della societ
civile, dello Stato, della nazione e della storia (Vol. I, p. 11).
Se lAmerica pu dirsi coincidere con il suo cinema in quanto questo risulta direttamente iscritto nel dispositivo
produttivo capitalista, non si pu invece dire che lItalia sia il suo cinema nonostante questo possa definirsi
profondamente italiano avendo raccontato, nel corso della sua storia, quella nascita mai avvenuta di una nazione
attraverso il suo essere radicato nella realt.

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Da Roma citt aperta a Sal, dalle torture dei nazisti a quelle dei fascisti, un
arco di tempo che dal 1945 al 1975 non solo segna un trentennio in cui il
cinema italiano, proprio essendo specificamente italiano, ha avuto capacit e
forza di conquistare (per credito e fama) il mondo intero, ma segna il momento
in cui il dispositivo cinematografico, interno alla macchina capitalista, rivela il
suo rovescio. Se il capitalismo un sistema produttivo e culturale che agisce
sulla sfera di una potenza sempre continuamente attualizzata, che tende a
non lasciare varchi n faglie ma a suturare infinitamente tutto (e di cui il denaro
il segno distintivo), e se Hollywood ha rappresentato la forma stessa di
questa saturazione progressiva, nei modi di unadozione infinita, attiva e
passiva, di immaginari e stili di vita, il cinema italiano ha rappresentato laltro
lato di questa potenza pura, non quella di cui si appropriato il capitale,
svuotandola in una perenne alimentazione di s, ma quella che,
smascherando il dispositivo di appropriazione e rivelandone le falle interne, ha
avuto la capacit di affermare, anche in forme esagerate, la potenza
eccedente ogni attualizzazione (di cui immagine icastica e clich insuperato
lotium italiano). E se il neorealismo lo ha fatto [] affermando lo splendore,
sia pur nel dramma, della contingenza, e una certa commedia lo ha fatto
riconsegnando alla maschera la capacit di scartare da se stessa ( il caso di
Sordi), questa affermazione, dopo il passaggio attraverso il libero indiretto degli anni sessanta, giunge a Pasolini,
dove la potenza svincolata dallatto viene a coincidere con la morte. Il cerchio si chiuso: le torture di Sal
svuotano il corpo di ogni potenza, lo abbandonano come cosa inerte, lo separano da s riconsegnandocelo come
nuda vita, invertendo il percorso avviato da Roma citt aperta, dove il corpo torturato era comunque redento dal
suo sacrificarsi per la rinascita e la libert di una comunit, e diventava dunque il corpo di un martire, come quello
della Magnani caduto a terra inseguendo luomo amato prelevato dai tedeschi, o come quello dei resistenti torturati
e uccisi, come don Pietro, sotto gli occhi dei bambini-testimoni (Vol. I, pp. 30-31)
Nel cinema italiano, soprattutto a partire dalla met degli anni 60, si sviluppata una tendenza inaugurata dai
generi popolari come il western allitaliana, che mette in scena un sentimento scettico e cinico della vita lontano
dal moralismo della commedia e, a tal proposito, sostiene De Gaetano che nel cinema dei generi popolari, e
soprattutto nel western allitaliana, Luniforme diventa unesplicita, ironica e grottesca veste che non si modella pi
sulla vita sociale ma sulle derive di un immaginario cinematografico scaturito dalla grande tradizione americana. Dal
mito dellAmerica, avviato dallantologia del 1941 di Vittorini, poi ripreso nel secondo dopoguerra dal neorealismo,
dal boogie, dal piano Marshall, da Nando Mericoni, dalla Hollywood sul Tevere, si giunge con il western allitaliana a
ribaltare dallinterno quel mito, smascherando il motore del capitalismo americano: ladozione, non pi di stili di vita
[] ma di un immaginario svuotato, restituito in forma esagerata e ironica. [] nel western allitaliana viene svelato
ed esautorato il motore stesso del capitalismo americano, la sua pratica adottiva, ridotta allesposizione ironica e
grottesca di un immaginario non pi simbolizzabile. Il nudo immaginario di Leone (e del western allitaliana), grado
estremo di unadozione vuota, fa da pendant alla nuda vita di Pasolini, e getter un ponte verso il futuro, con un
potere danticipazione straordinario. qui che il nostro cinema popolare di genere comprende cosa resta di un
immaginario triturato da forme di vita perennemente alimentate e bruciate dal consumo e dalla spettacolarizzazione
di tutto, dove il cinismo delleroe del western allitaliana diviene immagine di un disincanto profondo nei confronti del
mondo, e la forma si trasforma in un campo dazione meramente ludico (Vol. I, pp. 34-35).

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Dunque, il nudo immaginario che attraversa il cinema italiano dai film di


Leone fino al citazionismo di Sorrentino, sostiene De Gaetano, si pone come
alternativa al filone avviato dal neorealismo. Questo cinema nazionale che ha
preso il via con il western allitaliana appare caratterizzato da uno strizzare
locchio allo spettatore, che diviene lindice pi rilevante di una scrittura
ironica, che liquida il debito nei confronti di qualsivoglia tradizione (italiana in
primis), si estromette dalla Storia, fagocita e denuda immaginari privi di
mondo, come privi di mondo, e perfino di nome, sono i suoi protagonisti (Vol.
I, p. 37).
Tale direttrice di cinema ha finito col dare forma ad un immaginario sempre pi
disincantato. Un cinema fatto da un popolo senza uniforme, che se in politica
ha significato attitudine ad indossarne molte, e dunque al trasformismo, in arte
e nelle forme di vita quotidiana ha riguardato vicinanza alla potenza e
ambivalenza della vita, che stata anche la ragione per cui, pur essendo
singolarmente e specificatamente italiano, il nostro cinema stato universale.
stato il rovescio del cinema americano, ha espresso le profonde
contraddizioni di una societ e di un sistema culturale incapace di assimilare
potere economico e potenza della vita (come nel pieno capitalismo). Tutte le
contraddizioni di un sistema di vita e culturale che il cinema americano ha saputo raccontare in forma
impareggiabile, ma rimanendo sempre allinterno di quella assimilazione, per cui la vita e la sua potenza tendono
ad essere suturati dal potere e dallazione (anche immaginaria) del capitale, si sono trasformate nel cinema italiano
in opportunit impareggiabili per far emergere nel e attraverso il cinema qualcosa che eccede e scarta
questassimilazione, rivelando attraverso stasi ed esagerazioni lo stallo non solo dellazione (Antonioni), ma anche
di una societ divenuta spettacolo (Fellini) e perfino della civilt stessa (nelle visioni apocalittiche di un Pasolini e di
un Ferreri) (Vol. I, p. 38).
Da tali considerazioni del curatore prende il via Lessico del cinema italiano ove, attraverso ventuno voci affrontate
dai diversi autori, il cinema italiano viene indagato con nuove modalit. Ognuna di queste voci viene affrontata
passando in rassegna venticinque film a partire da unopera recente.
Secondo Francesco Casetti, che con la sua Postfazione chiude il Terzo volume e lintera opera, ci che
caratterizza il cinema nazionale non uno stile, n una storia ricorrente, n un canone [quanto piuttosto] una sorta
di abbandono al flusso dellesistenza, unallergia a delle regole condivise, ununit che si costruisce come difficile
ricomposizione di singolarit, una diffidenza nei confronti delle istituzioni, una capacit di risposta che nasce dalla
situazione concreta [] il cinema italiano preferisce il rischio di stare attaccato alle cose piuttosto che il piacere di
una formula espressiva condivisa e stabile; in esso il flusso della vita vale pi delle forme che dovrebbero catturarlo.
Ci gli consente una straordinaria apertura allesteriorit del mondo e allincompiutezza che lo definisce (Vol. III,
p. 474).
Nel corso della sua storia il cinema italiano ha saputo sfruttare diversi modelli senza che questi giungessero mai a
stabilizzarsi secondo un canone definito. Secondo lo studioso si pu parlare di formule ricorrenti che scompaiono e
ricompaiono in altri modi. Le formule non mancano, ma la loro tenuta fa problema; sono pronte a riapparire, ma
anche a squagliarsi. Il sentimento della vita ci che entra nel cinema attraverso queste faglie, queste rotture. ci
che emerge quando una formula, anzich consolidarsi e diventare un canone, comincia a sbriciolarsi o a
ristrutturarsi in altre condizioni (Vol. III, p. 475).

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Le formule della cinematografia nazionale sembrano presentarsi come


nonformule, come un insieme di variazioni su un tema. Il cinema italiano si
costantemente trovato a mal partito con i generi che riposano su un forte
processo di astrazione, o che si appoggiano a degli schemi ideali. In
particolare, il cinema italiano sembra incapace di praticare da un lato la
tragedia, dallaltra il melodramma (nel senso anglosassone del termine). La
coesistenza di due opzioni entrambe necessarie ma incompatibili, e che
dunque non lasciano via duscita (tragedia), o il conflitto tra due modelli di
condotta tra cui un soggetto obbligato a scegliere, perdendo comunque una
parte di s (melodramma), non fanno parte dei plot ricorrenti [] La versione
italiana della tragedia Il sorpasso, in cui la corsa verso la morte guidata
non dal destino, ma dal caso; cos come la versione italiana del melodramma
non tanto il filone di Catene e Tormento, quanto Ceravamo tanto amati, in
cui sono i fatti della vita a modellare gli ideali cui ispirarsi, e non viceversa
(Vol. III, pp. 477-478).
Se da una parte la blanda formalizzazione nel cinema italiano ha permesso al
sentimento della vita di emergere, ci non vuol dire, puntualizza Casetti, che
non sia possibile individuare maniere italiane, ma storicamente queste sono
state individuate soprattutto da occhi stranieri. La maniera italiana non fornisce una collezione di formule fatte e
finite; semplicemente testimonia il desiderio di formalizzare unespressione che altrimenti sarebbe informe. una
maniera che appunto abita i piani bassi del cinema e che subito emigra altrove, una maniera dislocata. spesso
anche una maniera che funziona da abbozzo, da riprendere e da rilavorare, con nuovi accenti e nuove prospettive.
una maniera che si presta a improvvise rifondazioni e a successive ricodificazioni, una maniera liquida (Vol. III,
p. 481).
Di seguito la successione con cui in milleseicento pagine Lessico del cinema italiano procede nellindagare Forme
di rappresentazione e forme di vita. Volume I (2014): Introduzione del curatore. Amore (Roberto De Gaetano),
Bambino (Emiliano Morreale), Colore (Luca Venzi), Denaro (Marcello Walter Bruno), Emigrazione (Massimiliano
Coviello), Fatica (Federica Villa), Geografia (Francesco Zucconi). Volume II (2015): Habitus (Giacomo Manzoli),
Identit (Roberto De Gaetano), Lingua (Fabio Rossi), Maschera (Bruno Roberti), Nemico (Daniele Dottorini), Opera
(Francesco Ceraolo), Potere (Gianni Canova). Volume III (2016): Quotidiano (Carmelo Marabello), Religione
(Alessio Scarlato), Storia (Christian Uva), Tradizione (Luca Malavasi), Ultimi (Alessia Cervini), Vacanza (Ruggero
Eugeni), Zapping (Alessandro Canad). Postfazione di Francesco Casetti.

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