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Venezia, 20 maggio 2015

Dal trascendentale classico al trascendentale moderno

1. Appunti sul trascendentale da Duns Scoto a Surez

Se si intende il trascendentale come quellorizzonte onnicomprensivo che abbraccia tutte le


differenze e che nello stesso tempo le oltrepassa in modo tale da non coincidere con alcuna di
esse, allora qualcosa di simile deve essere cercato nel concetto di ens communissimum o
possibile, cos come viene introdotto allinterno della q. 3 delle Questioni quodlibetali di
Giovanni Duns Scoto

Inteso questo in senso comunissimo, come res o ens, si dice qualunque concepibile che non
includa la contraddizione, sia che quella comunanza sia di analogia sia che sia di univocit
riguardo alla quale [comunanza] non mi interessa il modo , si pu porre lens come primo
oggetto dellintelletto, poich nulla pu essere intelligibile, che non includa la ratio entis in
questo modo, poich come si detto prima ci che include la contraddizione non intelligibile,
e in questo modo qualunque scienza, sia che si chiami reale [metafisica e fisica] sia che si
chiami di ragione [logica], riguarda la res o lens1.

Loggetto dellintelletto detto qui ens communissimum come fondamento di qualunque


scienza. Esso include sia lens reale (ci che dotato di essenza) sia lens rationis (il concetto),
in virt del fatto che ogni pensabile ha la propria radice nellincontraddittoriet. Questo testo
permette gi di mettere in luce che, nellultima fase della riflessione di Duns Scoto, loggetto
dellintelletto e loggetto della metafisica non sono lo stesso. Quella che Scoto chiama scientia
transcendens, la metafisica, sembra coprire un campo pi ristretto rispetto alle possibilit
dellintelletto.
Se andiamo alle pagine dellOrdinatio, lens inteso come il primo oggetto dellintelletto
secondo unadeguazione di comunanza e di virtualit. Questo perch lens comune a tutte le
sue determinazioni generiche e specifiche, lasciando fuori le differenze ultime e le passioni
dellens (unum, verum, bonum), sebbene queste siano contenute virtualmente nello stesso ens.
Dunque, lessere si predica identicamente di tutte le sue determinazioni generiche e specifiche,
mentre le differenze ultime e le passioni sono qualcosa di distinto formalmente dallessere,
sebbene virtualmente contenute in esso2.
1

Giovanni Duns Scoto, Quaestiones quodlibetales, q. 3.


Giovanni Duns Scoto, Ordinatio, I, d. 3, pars 1, q. 3, nn. 150-151, pp. 92-93: Unde breviter: ens est univocum
in omnibus, sed conceptibus non-simpliciter simplicibus est univocus in quid dictus de eis; simpliciter

Bisogna, poi, sottolineare che, secondo Duns Scoto, allens communissimum deve
corrispondere un intelletto indeterminato per sua natura verso qualunque tipo di intellezione.
Lindeterminazione dellintelletto scrive Scoto non lindeterminazione di una
potenzialit passiva nel suo ordine di causalit, ma lindeterminazione di una causa per cos
dire illimitata3. E poco dopo egli aggiunge che loggetto conosciuto, preso separatamente,
per sua natura un essere possibile anteriormente allintellezione4. Dunque, ci che accomuna
tutto il pensabile lens come ens possibile (sia esso ens reale o ens rationis)5.
Lintelletto per Scoto un costante, indeterminato e illimitato orizzonte di presenzialit. Infatti,
dire oggetto adeguato dellintelletto significa parlare di ci presente in ogni pensabile e ne
costituisce la ragione di pensabilit. Daltra parte, lens possibile, non qualcosa che si possa
costruire mediante un processo astrattivo: non ens rationis, ma nemmeno ens reale. Duns
Scoto nega che questo sia possibile, in generale, per qualunque universale e, in particolare, per
lens:

Se chiedi la ragione per cui [lessere] oggetto adeguato della facolt non organica, dico
che se lessere pu avere un concetto o una ragione comune allessere creato e increato,
oggetto adeguato dellintelletto. Non per il fatto che [lessere] oggetto dellintelletto a
causa di quella astrazione, ma poich da qualsiasi intelligibile si pu astrarre una tale
ragione o concetto.6

Dunque, lastrazione loperazione che permette soltanto di ritrovare lens nelle


determinazioni. Il trascendentale, cio, non costituito per astrazione7.
Lessere, inteso primariamente come essere pensabile o non-contraddittorio si rispesenta in
Surez e nella nascita dellontologia moderna fondata sul non-nihil piuttosto che sullesistente
concreto8. Si pensi al testo delle Disputazioni metafisiche, d. I, sez. 1, 26 nel quale Surez

simplicibus est univocus, sed ut determinabilis vel ut denominabilis, non autem ut dictum de eis in quid, quia
hoc includit contradictionem. Ex his apparet quomodo in ente concurret duplex primitas, videlicet primitas
communitatis in quid ad omnes conceptus non-simpliciter simplices, et primitas virtualitatis in se vel in sui
inferioribus ad omnes conceptus simpliciter simplices. Et quod ista duplex primitas concurrens sufficiat ad hoc
quod ipsum sit primum obiectum intellectus, licet neutram habeat praecise ad omnia per se intelligibilia.
3
Giovanni Duns Scoto, Ordinatio, I, d. 3, pars 3, q. 2, n. 545.
4
Ivi, n. 546.
5
La posizione di Scoto molto oscillante nelle sue opere e va incontro a una cera evoluzione che qui non abbiamo
il tempo di considerare.
6
Giovanni Duns Scotus, Quaestiones in librum II Sententiarum, in Joannis Duns Scoti Opera omnia, vol VI/2, ed.
L. Wadding, Lione 1639, d. 24, q. un., n. 7, p. 863: Si quaeras, quod est obiectum adaequatum potentiae non
organicae, dico quod si ens potest habere conceptum, vel rationem communem ad ens creatum et increatum, est
obiectum adaequatum intellectus; non quod per abstractionem illam sit obiectum intellectus, sed quia a quolibet
intelligibili potest abstrahi una talis ratio vel conceptus.
7
Dottrina che ritorna in Rosmini e prima ancora in Malebranche, Colloqui sulla metafisica, II, 10.
8
Cfr. J.-F. Courtine, Il sistema della metafisica. Tradizione metafisica e svolta di Surez, Vita e Pensiero, Milano
1999, P. II, capp. 3-5.

individua loggetto della metafisica nellens reale e, ancor pi, quando in Disputazioni
metafisiche, d. II, sez. 4, 7 il teologo di Granada distingue lens ut participium (lente che
esercita latto di esistere) dallens ut nomen (lente che possiede soltanto una potenza o
unattitudine verso lesistenza in atto), indicando in questultimo loggetto primo della
metafisica.
Quanto alloggetto adeguato dellintelletto, Surez non segue lultima posizione di Scoto
contenuta nelle Questioni quodlibetali. Loggetto dellintelletto , infatti, per Surez, lens in
tota latitudine sua spectatum e nega, richiamando il testo di Disputazioni metafisiche, I, sez. 1,
5, che lente di ragione sia contenuto nelloggetto dellintelletto. Questo perch ogni ente di
ragione si fonda su un ente reale9. Gli enti di ragione, dunque, non ampliano il campo gi di per
s illimitato degli enti reali.

2. Episodi della scolastica post-suareziana

Se consideriamo la dottrina dellens possibile scotiano richiamata allinizio, quel concetto verr
chiamato da alcuni scolastici e dallo stesso Surez10, non tanto transcendens, quanto
supertranscendens o anche abstractissimus. Tra tutti possiamo ricordare Domingo de Soto
(1494-1560) [Summulae summularum (1554), f. 10r]11 e Pedro da Fonseca (1528-1599). Scrive
questultimo:

Il nome trascendente ci che che si dice di tutte e sole le cose vere. Inoltre, si dice che
i trascendenti siano sei: ens, unum, verum, bonum, alquid e res. [] I restanti secondo questa
sentenza sono non trascendenti, tra i quali sono enumerati quelli che gli autori recenti dicono
supertranscendentia, come lopinabile, il cogitabile, lapprehensibile e di qualunque altra
cosa sia affermata in modo vero12.

Non un caso che lambiguit strutturale dellens possibile di Scoto porti a trattare la questione
dei concetti supertrascendenti, ma poi anche dei concetti trascendenti, di volta in volta e a
seconda degli autori, nei trattati di logica o nei trattati di metafisica o ontologia. Pedro Hurtado
de Mendoza, quasi contemporaneo di Surez tratter dei concetti trascendenti nella parte logica

F. Surez, De anima, lib. IV, cap. 1, 3-4, Opera omnia, t. III, D.M. Andr, ed. L. Vives, Parigi 1856, pp. 714715.
10
F. Surez, Disputationes metaphysicae, d. 48, sec. 1, 5: conceptus abstractior, scilicet, respectus in communi,
ut abstrahit a transcendentali e praedicamentali, non potest esse genericus, sed (ut ita dicam),
supertranscendentalis.
11
Domingo de Soto, Summulae summularum, 10r: sunt etiam alii termini qui dicuntur supratranscendentales,
qui ad plura se extendunt quam transcendentes, ut imaginabile, etc.
12
Institutiones dialecticarum (1567), lib. I, cap. 28, p. 53.

delle Disputationes in universam philosophiam (Magonza, 1619), d. IX, sez. IV, subsec. V.
Alcuni si spingeranno a fare dellens possibile di Scoto loggetto proprio della metafisica. Si
pensi sempre a Pedro Hurtado de Mendoza (Disputationes philosophicarum (1618), t. IV, d. I,
sez. II) e in contemporanea in ambito protestante a Clemens Timpler, il quale scrive: Il
soggetto proprio e adeguato della metafisica ogni intelligibile13. Gli enti di ragione che
Surez aveva bollato come umbrae entium verranno ribattezzati exstrisece cognoscibilia14.
Questo per dire che nella Seconda scolastica i destini delloggetto della metafisica e
delloggetto dellintelletto si incrociano sovente fino al collasso del primo sul secondo,
soprattutto nel momento in cui le questioni di teologia razionale, o naturale, iniziano ad avere
trattati specifici, la fisica aristotelica inizia ad essere rimpiazzata dalla fisica moderna e alla
metafisica generale o ontologia spetta soltanto una funzione di scienza architettonica (secondo
una delle definizioni di Baumgarten15). Non nemmeno da sottovalutare lapporto
dellempirismo e del razionalismo moderni.
Ad ogni modo, la scelta di Scoto di chiamare scientia transcendens la metafisica avr una
fortuna secolare. Si pensi allopera di Scharf intitolata Theoria transcendentalis primae
philosophiae quam vocant Metaphysicam (Wittemberg, 1630). Scharf occupava la cattedra di
logica e metafisica allUniversit di Wittemberg. Nella Theoria transcendentalis Surez
ampiamente presente come in tutte le opere di ontologia prodotte in ambiente protestante. Lo
stesso Scharff nella Metaphysica exemplaris seu philosophia prima (Wittemberg, 1617) parla
della metafisica come scientia transcendens, attaccando nella Praefatio apologetica de
novationibus Neotericum metaphysicorum lo stesso Hurtado de Mendoza, capo dei cosiddetti
Neoterici, per il quale la definizione suareziana dellens come ci che pu esistere (id quod
potest existere) da intendere nel senso di ci che non contiene predicati contraddittori, il
semplice non-impossibile logico. In questo modo Hurtado avrebbe dato una semplice
definizione negativa dellens, perdendo il riferimento con lens reale suareziano e facendo
rientrare nelloggetto della metafisica anche lens rationis (lens imaginarium, ma non
esistente).
Se consideriamo le kantiane Lezioni di metafisica, Kant pu essere considerato insieme un
avversario e un seguace di Hurtado de Mendoza. Egli, infatti, scrive:

13

C. Timpler, Metaphysicae systema methodicum (1616), lib. 1, c. 1, probl. 5.


Sebastian Izquierdo, Thomas Compton Carleton, Antonio Bernaldo de Quirs, Andr Semery Remus, Juan de
Ulloa, Ignacio Peinado, Luis de Lossada, Maximilian Wietrowsky.
15
G. Baumgarten, Metaphysica (1779), 4.
14

il principio di non contraddizione non costituisce affatto la definizione di impossibile. []


Ci su cui un pensiero si contraddice da se stesso assolutamente impossibile e costituisce un
nihil negativum. La realt qualcosa; la negazione non nulla, dunque il concetto della
mancanza di un oggetto. Lens imaginarium s un non ente, ma tuttavia possibile pensarlo.
Un tale essere non nulla e non pu essere oggetto di una nostra intuizione. Non possiamo
quindi confondere la possibilit dei pensieri come possibilit di oggetti, occorre guardarsi da
questa confusione. Il principio di contraddizione un criterio di verit al quale non si pu
opporre conoscenza alcuna. Il criterium veritatis il segno distintivo della verit. Il principio
di contraddizione il supremo criterio della verit. una conditio sine qua non di ogni
conoscenza, ma non tuttavia criterio sufficiente di ogni verit. [] Ci che non si contraddice
logicamente possibile; ne discende che un concetto possibile anche se non corrisponde a
qualcosa di reale. Vi sono dunque concetti di cui si pu dire che non hanno una realt oggettiva
(objektive Realitt). Qualcosa significa ogni oggetto di pensiero e si tratta di un qualcosa
logico. Il concetto di un oggetto in generale equivale al concetto supremo di ogni conoscenza.
Lespressione qualcosa si riferisce quindi sempre a un oggetto, ma non per questo si tratta di
un oggetto metafisico, ma di un qualcosa logico16.

Il principio di non contraddizione criterio della possibilit dei pensieri (possibilit logica),
non degli oggetti (possibilit metafisica). Il criterio della possibilit degli oggetti per lintelletto
in quanto umano il materiale dellesperienza, lintuibile in senso kantiano. Vi sono, infatti,
concetti possibili logicamente che non hanno referenti reali oggettivi, poich non possono
essere oggetto di intuizione sensibile (non sono possibili in senso metafisico)17. Eppure
troviamo nelle stesse Lezioni di metafisica e nella Critica della ragion pura che il concetto
supremo di ogni conoscenza umana o di una filosofia trascendentale18 - uno dei sensi nei
quali Kant parla di metafisica nel senso di ontologia il concetto di un oggetto in generale
(Objekt berhaupt) e non lopposizione di ente e non-ente, n quella tra possibile e impossibile.
Infatti, Kant spiega che ogni opposizione tra concetti implica un concetto superiore che
contenga questa opposizione. La cosa che pu lasciare perplessi che tale posizione presente
in unopera di metafisica (in uno dei tanti sensi kantiani) come la Critica della ragione pura,
ma intitolata significativamente Logica trascendentale.
Baumgarten, autore di riferimento per le lezioni di metafisica kantiane, nella sua Metaphysica
aveva definito: 1) lontologia o metafisica generale come la scienza dei predicati generali
dellente e 2) i predicati generali dellente come i primi principi della conoscenza umana (Si
veda anche Kant, Dissertatio, sez. II, 3). Inoltre, aveva aperto il primo capitolo con la
definizione del nihil negativum come sinonimo di irrepraesentabile: il contraddittorio del
supertrascendentale. Kant pone lesperienza come limite invalicabile del pensiero umano,

16

I. Kant, Realt ed esistenza. Lezioni di Metafisica: Introduzione e Ontologia, trad. it. a cura di A. Rigobello, San
Paolo, Cinisello Balsamo 1998, pp. 75-79.
17
Si veda anche la Dissertatio, sez. II, 7.
18
I. Kant, Critica della Ragion Pura, An. Trasc., lib. II, Appendice: Nota allAnfibolia dei concetti di riflessione,
Laterza, Bari, 2007, p. 230.

sebbene nella Dissertatio de mundi sensibilis atque intelligibilis (1770) non esiti a sostenere
che loggetto dellintelletto il noumeno19 che verr anche detto oggetto trascendentale. Siamo
qui di fronte allemersione del trascendentale in senso classico.
A fare da chiave di volta del sistema della filosofia trascendentale non c una realt oggettiva
e nemmeno un possibile logico, ma un concetto limite che trascendende il possibile (sia logico
sia metafisico) e limpossibile. I due sensi, suareziano e hurtadiano, dellens come id quod
potest existere sono qui trascesi nel tentativo, gi per la verit praticato da alcuni gesuiti, di
accedere a un orizzonte ulteriore. Il senso hurtadiano appartiene alla logica, mentre il senso
suareziano appartiene alla metafisica, per riprendere la distinzione kantiana. Logica e metafisica
sono scansioni interne allambito della pensabilit e delle sue condizioni di possibilit20.
Lultima nota riguardo al testo kantiano riguarda lutilizzo dellespressione realt oggettiva
come sinonimo di oggetto metafisico. Ma su questo torner successivamente.

3. Alcuni spunti sul trascendentale nella scolastica gesuitica

Lidea kantiana di porre come concetto supremo ci che contiene lopposizione somma di
possibile e impossibile o di essere e non-essere non una invenzione kantiana. Tra i Gesuiti
successivi a Surez vi fu chi inser nellorizzonte che noi diremmo trascendentale e che allora
era detto supertrascendentale o supertrascendente, anche gli oggetti impossibili. Due nomi su
tutti: Silvestro Mauro (1619-1687), Sebastiam Izquierdo (1601-1681)21, Andr Semery Remus
(1631-1717)22. Scrive il primo: Il termine supertrascendentale ci che si dice non soltanto
dellente, ma anche del non-ente e degli impossibili; ad esempio lintelligibile, il conoscibile,
ecc. Infatti, non soltanto gli enti sono intelligibili, ma anche i non-enti, gli impossibili e lo stesso
nulla, come chiaro, poich di essi parliamo23.

19

I. Kant, Dissertatio, sez. II, 3: Oggetto della sensibilit il sensibile; invece, ci che non contiene nulla se
non ci che si deve conoscere per mezzo dellintelligenza lintelligibile. Il primo era chiamato, nelle scuole degli
antichi, fenomeno, il secondo noumeno.
20
Del resto Leibniz aveva affermato perentoriamente: nihil aliud est realitas quam cogitabilitas [L. Couturat
(Opuscules et fragments indits, p. 22)].
21
Anche Izquierdo sostiene che loggetto della metafisica tanto il possibile quanto limpossibile prescindendo
dallesistenza: Universas scientias humanas ab intellectu nostro [] ad duas omnino revocari [] ad physicam
et metaphysicam [] obiectum posterioris omne ens tam impossibile quam possibile comprehendit cum
praecisione ab existentia [S. Izquierdo, Pharus scientiarum (1659), Praefatio ad lectorem].
22
A. Semery, Logica, in Triennium philosophicum (1674): Latius patere obiectum intellectus humani quam
obiectum metaphysicae (disp. ultima; 1, pp. 787-788). Obiectum adaequatum esse ens, secundum illam latitudinem
acceptum, secundum quam non solum possibilia, sed etiam impossibilia comprehendit (disp. 4; 1, p. 541) Ens
reale est obiectum adaequatum metaphysicae (disp. ultima; 1, p. 787).
23
Silvestro Mauro, Quaestiones philosophicae, Summulae seu Logica brevis, prooemium, cap. 10, Parigi 1658.

Vi poi unaltra posizione molto interessante che Piero Di Vona ha avuto il merito di scoprire
e ricostruire, ossia la teoria dei concetti trascendenti contenuta nel Pharus scientiarum di
Sebastian Izquierdo (1601-1681).
Solitamente, i tomisti, ma anche buona parte degli scotisti erano soliti definire il concetto
trascendente come ci che incluso in tutti i suoi concetti inferiori, secondo la metafora
dellimbibitio.
Izquierdo, a partire da una riflessione sul giudizio umano, sostiene che lessere come concetto
trascendente non ci che incluso, ma ci che accompagna (concomitans) o si aggiunge
(adiacens) a tutti i suoi inferiori. Giudicare, infatti, significa aggiungere [] al soggetto latto
significato attraverso il verbo, come qualcosa che lo accresce e [come qualcosa di]
sopraggiunto, sia che [latto significato] faccia ci attraverso il verbo stesso, sia, che lo stesso,
attraverso il participio, o attraverso il nome aggiunto con il verbo essere interposto24. I due
principi che guidano la riflessione di Izquierdo sono i seguenti:
1) Intendere equivale fondamentalmente a giudicare: il nostro intelletto soltanto attraverso il
giudizio (attraverso il quale soltanto, in senso assoluto e semplicemente, si dice che intende)
pu attingere gli oggetti di per s universali25. nel giudizio, dunque, che noi possiamo
studiare il trascendentale.
2) Il potest esse precede suarezianamente lesse. Ogni verbo atto, concepito cio come
esercizio attuale e il verbo riguarda il soggetto, senza la relazione con il quale non pu essere
inteso. Latto, quindi, una relazione col soggetto che viene conosciuta nel giudizio. Loggetto
del giudizio non sar allora lidentit di soggetto e predicato, ma il significato espresso dal
verbo in relazione al soggetto. Lo stesso esse atto e ogni verbo pu essere ricondotto a
quellatto. Tuttavia, lesse innanzitutto preceduto dal potest esse. sempre vero, ad esempio,
che Se Pietro corre, perch Pietro pu correre.
Come noto, tutte le proposizioni possono essere ridotte a proposizioni de secundo adiacente
dove il verbo essere svolge la funzione di predicato dando vita al giudizio esistenziale
oppure a proposizioni de tertio adiacente dove cio il verbo essere svolge la funzione di
copula mettendo in relazione soggetto e predicato. Ladiacenza del verbo essere non
nientaltro, secondo Izquierdo, che laggiunta di un atto o forma ad un soggetto. Questa dottrina,
gi presente in nuce nel gesuita Antonio Prez (1599-1649), fa s che ladiacenza fondi il
giudizio e il verbo essere, ma pi precisamente il potest esse, debba essere inteso come ci

24
25

Sebastian Izquierdo, Pharus scientiarum, t. II, d. XIII, q. 10, p. 378.


Ivi, t. I, d. II, q. 3, p. 80.

che accompagna tutte le possibili determinazioni: dai generi, fino alle differenze ultime e le
passioni dellente.
Lultima nota riguardo alla teoria della trascendenza in Izquierdo la seguente: ci che
trascendente per inclusione non pu essere trascendente per adiacenza.
interessante notare che in Hume (1711-1776) troviamo due accenni a quei temi scolastici ai
quali abbiamo gi accennato. Il primo riguarda loggetto dellintelletto. Scrive Hume:

Nulla a prima vista pu sembrare pi illimitato del pensiero delluomo []. Quello che
non fu mai visto o udito, pu tuttavia essere concepito; n v cosa alcuna che sia al di
l del potere del pensiero, allinfuori di ci che implica assoluta contraddizione. Ma
sebbene il nostro pensiero sembri possedere questa illimitata libert, troveremo, con un
esame pi stringente, che esso realmente confinato entro limiti molto ristretti e che
tutto questo potere creativo della mente si riduce a niente di pi che alla facolt di
comporre, trasporre, aumentare o diminuire i materiali fornitici dallesperienza26.
Hume rifiuta lidea che loggetto dellintelletto sia tutto il pensabile inteso come il noncontraddittorio e pone lesperienza come limite invalicabile per il pensiero.
In un altro testo, invece, Hume nega che lidea di esistenza accompagni tutte le nostre idee
poich non vi alcuna impressione dalla quale possa sorgere lidea di esistenza:

Non ci sono impressioni, n idee, di qualunque specie siano, delle quali abbiamo coscienza e
memoria, che non siano concepite come esistenti, ed evidente che da questa coscienza deriva
lidea e perfetta certezza dellessere (being). Di qui si trae il dilemma pi chiaro e conclusivo
che si possa immaginare: poich non ricordiamo mai unidea o unimpressione senza
attribuirle lesistenza, lidea di esistenza deve derivare o da unimpressione distinta, per quanto
unita (conjoind) a ogni percezione od oggetto del pensiero; oppure devessere ununica cosa
con lidea della percezione o delloggetto. Essendo questo dilemma una conseguenza del
principio che ogni idea proviene da unimpressione simile, non pu esser dubbia la nostra
scelta. Lungi dallesservi unimpressione distinta che accompagni (attending) ogni
impressione e ogni idea, io non credo neppure che due impressioni distinte si diano
inseparabilmente unite. Per quano certe sensazioni si presentino attualmente insieme, ben
presto ci accorgiamo che ammettono una separazione e possono presentarsi a parte. Cos che,
sebbene ogni impressione e ogni idea che ricordiamo sia considerata come esistente, lidea
dellesistenza non deriva da nessuna particolare impressione. Lidea di esistenza, quindi, la
stessa cosa dellidea di ci che concepiamo esistente. Non c differenza tra riflettere sopra
una cosa semplicemente e riflettere su essa come esistente: quellidea, unita (conjoind)
allidea dun oggetto, non aggiunge niente. [] Chiunque si opponesse a questo argomento
dovrebbe necessariamente indicare quellimpressione distinta, dalla quale deriva lidea di
entit, e provare che tale impressione inseparabile da ogni percezione che reputiamo
esistente: ci che, senza esitazione possiamo dichiarare impossibile27.

26
27

D. Hume, Ricerche sullintelletto umano (1748), sez. II, pp. 17-18.


D. Hume, Trattato sulla natura umana (1739), L. I, P. II, sez. VI, pp. 79-80.

Su questo testo ci sarebbero da dire molte cose. chiaro, per, che rispetto alla teoria della
trascendenza di Izquierdo, la posizione di Hume si situa allestremo opposto.

3. Lio penso e il concetto formale

noto che il ricorso kantiano allIo penso in sostituzione del trascendentale classico ha le sue
radici nel cogito cartesiano. Nella Riflessione 4676 (siamo negli anni 70 del XVIII secolo)
leggiamo Io sono, io penso, pensieri sono in me: si tratta di relazioni che non forniscono
regole dei fenomeni, ma rendono possibile che tutti i fenomeni vengano rappresentati come
sottoposti a regole.
Surez aveva distinto, parlando del concetto di ens un concetto formale da un concetto
oggettivo. Il concetto formale propriamente latto dellintelletto con il quale viene appreso il
concetto oggettivo. Questultimo, invece, il contenuto del concetto formale e si dice
concetto soltanto per denominazione estrinseca a partire dal concetto formale. comunque
il concetto oggettivo di ens ad essere oggetto della metafisica e oggetto dellintelletto, mentre
il concetto formale soltanto unatto intellettivo che corrisponde a quelloggetto e che esprime
un conceptus rei secundum se28.
In Kant possibile vedere lo slittamento del trascendentale dal piano del concetto oggettivo al
piano del concetto formale. Se per Izquierdo era ancora il concetto oggettivo ad essere
fondamento del giudizio, in Kant lIo penso, ad essere ultima e intrascendibile condizione di
possibilit della conoscenza umana.

4. Da Rosmini e Gentile

In Rosmini ritroviamo la posizione ascrivibile ultimamente al Duns Scoto delle Quaestiones


quodlibetales. Lessere oggetto dellintelletto lessere presente o anche la conoscibilit stessa,
la quale forma non solo delle cose, ma anche dellintelletto. Se lintelligibilit forma delle
cose, allora dovr esserlo anche dellintelletto. In questo modo lessere ideale non qualcosa
che sta al di qua o al di l dellintelletto, ma ci che virtualmente include ogni cosa: sintesi di
soggetto e oggetto. Se Rosmini accoglie la posizione di Duns Scoto, tuttavia non accetta la
divaricazione suareziana tra concetto formale e concetto oggettivo, e indica nellessere ideale

28

F. Surez, Disputationes Metaphysicae, d. II, sec. I, 13.

il luogo di sintesi, appunto, tra concetto formale e concetto oggettivo. Lessere, infatti, forma
e oggetto dellintelletto.

Lintelligibilit delle cose la forma che hanno le cose in quanto sono, non in quanto sono
queste o quelle cose; e per questintelligibilit deve informare la mente, ch altrimenti non
potrebbe intendere le cose in quanto sono. Lessere puro dunque ad un tempo stesso e forma
della mente, e forma primissima e universale delle cose reali, ossia forma della loro forma (in
quanto appariscono nella mente come assolutamente essenti), e questo doppio rispetto fa s
che lessere puro sia un cotal mendiatore tra la mente e le cose. Forma poi della forma delle
cose (reali) equivale a dire il primo atto da cui dipendono le cose29.

Si vede bene come la dualit di trascendentale come oggetto (senso classico) e di trascendentale
come atto del pensiero (senso moderno), nel senso di condizione di possibilit del conoscere,
in Rosmini trova la sua conciliazione, non senza tener conto del travaglio dellidealismo
trascendentale.
dalla rivisitazione del trascendentale moderno proposta da Rosmini che nasce il
trascendentale di Giovanni Gentile ci limitiamo ad una semplice considerazione. Ci che
Gentile non accetta del trascendentale rosminiano proprio il suo essere forma e insieme
oggetto della mente, non tanto il trascendentale come idea dellessere indeterminato. Gentile
accetta che lidea dellessere sia forma facendola collassare sullAtto del pensiero, sebbene non
nel senso dellatto aristotelico-scolastico, ma nel senso dellatto come funzione kantiana del
conoscere, secondo linterpretazione del suo maestro Jaja.
Nel Rosmini e Gioberti, Gentile prendendosela contro i motteggiatori del trascendentale
secondo i quali non ha senso porre qualcosa di impensabile come condizione di pensabilit,
cos si esprime: Questo scrivevo nel 1897; e allora non pensavo che questa difficolt dei
motteggiatori del trascendentale sarebbe stata fatta a me medesimo per la mia teoria dellatto
pensante, che tutto pensa e non pensabile; poich latto non se non lo sviluppo dello stesso
trascendentale kantiano-rosminiano, intorno al quale la mia mente giovanile si travagliava quasi
mezzo secolo fa30.

29
30

A. Rosmini, Teosofia, III, n. 760.


G. Gentile, Rosmini e Gioberti (19432), p. 222.

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