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UGO GUIDOLIN

SYBO
IL MIO amico stratosferico
Ugo Guidolin

SYBO IL MIO AMICO


STRATOSFERICO
Collana diretta da Daniela Palumbo

Progetto grafico di Ivo Kaplun

Illustrazioni di Andrea Manzoli

PAOLINE Editoriale Libri


© FIGLIE DI SAN PAOLO, 2010
Via Francesco Albani, 21 - 20149 Milano
www.paoline.it
edlibri.mi@paoline.it
Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l.
Corso Regina Margherita, 2 - 10153 Torino
A mio papà,
che mi ha insegnato
a essere un uomo libero.

Le streghe esistono e si radunano di notte


sui grandi alberi isolati in mezzo ai campi
e avvolgono la Terra in una grande ragnatela:
un capo del filo lo tengono in mano,
l’altro passa su tutti gli alberi del mondo.
Insofferenti come sono di essere spiate,
le streghe sono capaci di vendicarsi,
mandare malattie e infliggere dolore.
(da un’antica leggenda africana)
Mamma robot
e papà robot

Tra tutti i fenomeni incredibili di questo mondo, i più


sorprendenti sono sicuramente la mia mamma e il mio papà.
In qualsiasi momento della giornata devono fare sempre

Capitolo 1
qualcosa. Non hanno mai un attimo di tregua, fin da quando
al mattino vengono attivati dal bip bip della sveglia. Il fatto più
stupefacente è che fanno sempre ogni giorno le stesse cose: si
alzano, vanno in bagno, si vestono, entrano nella mia came-
retta, aprono rumorosamente le tapparelle della finestra per
far entrare di botto i raggi del sole e dicono: « Su, dài, amore,
svelto! È ora di alzarsi, bisogna andare a scuola… ».
Ogni giorno funziona sempre allo stesso modo. Se li os-
servi attentamente potrebbe venirti pure il dubbio che siano
in realtà dei robot travestiti da umani.
Hanno infatti, secondo me, una specie di meccanismo a
orologeria al loro interno che dice loro in ogni momento della
giornata cosa devono fare e il loro compito è riuscire a farlo
ogni giorno nel tempo giusto. C’è un’ora per svegliarsi, un’ora
per mangiare, un’ora per andare a lavorare, un’ora per andare

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sempre più velo
ci
in palestra, un’ora per fare i compiti, un’ora per guardare la
televisione, un’ora per dormire. Per mamma e papà esiste
sempre un’ora esatta per ogni cosa: decide tutto l’orologio!
Devono essere per forza dei robot, non fosse altro per il
fatto che alla sera sono soliti dire: « Ora devo proprio andare
a letto, devo ricaricare le batterie! ».
Come non capirli, d’altronde? Passano tutta la giornata
indaffarati a incasellare freneticamente ogni impegno nel
giusto orario.
Ed è per questo che cercano di essere sempre più veloci.
Se provi a guardarli attentamente, infatti, sono sempre impe-
gnati a collegarsi a qualche marchingegno che possa sveltire
le loro attività giornaliere: se devono andare velocemente da
qualche parte si collegano all’automobile; se devono lavare
velocemente i piatti si collegano alla lavastoviglie; se devono
parlare velocemente con qualcuno si collegano al telefonino;
se devono fare velocemente un’operazione di aritmetica si
collegano alla calcolatrice; se devono spedire velocemente una
lettera si collegano al computer. Insomma, per loro esiste
sempre un qualche strano dispositivo a cui collegarsi per fare
velocemente qualcosa. Se venisse improvvisamente un uomo
del passato e li vedesse alle prese con tutti quegli arnesi fini-
rebbe per prendersi uno spavento e ritornare a gambe levate

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g o l a d e ll ’or ol o g i o
la re
nella propria epoca, ringraziando il cielo di non vivere in
un’epoca di robot!
La verità è che alla fine, di tempo, a loro non ne rimane
comunque mai abbastanza.
Ci vorrebbe una macchina che velocizza le altre macchine
e così ci sarebbe anche del tempo per inserire nella regola
dell’orologio l’ora delle ciclopettate respirose, l’ora delle smodate
svagate e l’ora delle spanciate di riso.
Ma se non avete mai sentito parlare di queste cose, allora è
probabile che anche i vostri genitori siano in realtà dei robot
e, in questo caso, tocca a voi l’ingrato compito di creare ogni
tanto dei cortocircuiti nei loro sistemi cerebrali per cercare
di sottrarli al giogo della regola dell’orologio.
Così, quando scocca l’ora della cena, può capitare che,
anche se non hai fame, ti dicano:
« Forza, Milo, mangia! »
« Dài, mamma, non ho fame… »
« Ma come? », replica la mamma senza sentire ragioni. « Se
non hai ancora mangiato niente! Possibile che all’ora di cena
il tuo pancino non brontoli un pochino dalla fame? »
Dovete comprenderla, come può capire una mamma robot
che non esiste un’ora precisa in cui brontola il pancino, come
dice lei, ma che in un qualsiasi momento della giornata la

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pancia potrebbe pure avere improvvisamente vere e proprie
convulsioni dalla fame? È proprio in quel preciso momento
che ti spalmeresti un grande, grosso panino di cioccolata per
inghiottirlo in quattro e quattr’otto! In fondo che male c’è…
si mangia quando si ha fame, no? Non posso aspettare la pros-
sima ora in cui l’orologio ha stabilito che si può mangiare…
È contro natura!
Ma questo non posso dirlo ai miei genitori: sarebbe un
oltraggio alla regola dell’orologio!
In questi casi, infatti, è meglio tacere, annuire e continuare
a fagocitare a forza qualche pisellino qua e là preso svogliata-
mente dal piatto e attendere con pazienza il momento in cui
gli occhi di mamma e papà non saranno più concentrati sulla
mia cena. E quel momento si chiama: l’ora del telegiornale!
In questo il mio papà non ha più neanche bisogno di
guardare l’orologio, perché percepisce già automaticamente
con il pensiero la presenza del telegiornale nell’aria. All’ora
giusta, lo vedi all’improvviso mollare la forchetta e allungare
la mano sul telecomando per accendere il televisore esatta-
mente nel momento in cui stanno trasmettendo la sigla. Da
quel momento in poi gli occhi di papà e mamma si incollano
allo schermo e diventa complicato scollegarli. A volte parlano
con il televisore, a volte parlano tra di loro di quello che ha

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zitto, Milo!
detto il televisore. Se vuoi parlare con loro devi parlare di
quello di cui parla il televisore, altrimenti è meglio che stai
zitto, perché tanto non ti sentono.
A volte mi chiedo che cosa ci troveranno mai di così
interessante nel telegiornale. Non c’è niente di più cinico e
barboso di un programma che si diverte a raccontarti sempre
fatti drammatici e spesso senza farti capire niente.
Al contrario, io un fatto interessante da raccontare oggi ce
l’avrei veramente.
« Mamma, sai cosa mi è successo a scuola? »
« Ecco, siamo alle solite… », risponde subito innervosita la
mamma, « … i soliti provvedimenti del Governo che mirano
a tutelare le classi più abbienti ».
Povera mamma, sta ancora parlando con il telegiornale.
« Oggi, durante la ricreazione… », riprendo allora io.
« Zitto, Milo! Fammi ascoltare! »
« Ma, mamma… è una cosa importante. Ho trovato… »
« Basta, Milo! », riprende subito la mamma contrariata, met-
tendo mano al telecomando per alzare il volume. « Possibile
che non si possa mai seguire un telegiornale in santa pace? Taci
adesso ».
E voi? Almeno voi volete sapere cosa mi è successo oggi
a scuola? Beh, in realtà è proprio di questo che volevo par-

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fammi ascoltare
larvi nelle pagine di questo libro. In ogni caso, durante la
ricreazione, passeggiando nel giardino della scuola, ho notato
ai piedi di un albero qualcosa per terra che luccicava sotto i
riflessi del sole. Mi sono avvicinato per guardarlo più da vi-
cino e subito il mio cuore ha avuto un sussulto, tanto che
a fatica sono riuscito a trattenermi dal cominciare a urlare e
a saltellare di gioia per la scoperta. Non era il caso, infatti,
di richiamare l’attenzione dei miei compagni, perché quella
che si presentava proprio lì, per terra, davanti a me, era una
schedina abbandonata di un videogioco per il Gameboy che
ognuno di loro avrebbe voluto trovare al posto mio.
“Fantastico!”, mi sono detto. “Chissà se funzionerà anco-
ra?”. La schedina era infatti un po’ rovinata e l’etichetta era
strappata.
“Che gioco sarà? Chi potrebbe averla persa?” mi chiede-
vo, guardandomi in giro per cercare di intuire di chi poteva
essere, ma più ci pensavo, più stringevo forte quella schedina
nel pugno.
D’altronde « Quello che trovi per terra è di tutti! » dice
una sana vecchia regola che ci siamo dati noi amici di scuola,
anche se la verità è che forse avrei dovuto consegnare quella
schedina al maestro perché se ne occupasse lui. Poi, però, ho
cominciato a pensare che il maestro avrebbe finito col cacciarla

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dentro uno di quei cassetti chiusi a chiave della cattedra. Uno
in particolare, quello che noi siamo soliti chiamare « il cimite-
ro dei giocattoli ». Sicuramente sarebbe finita lì, in mezzo a
tutti gli altri giocattoli perduti e abbandonati. Perché doveva
fare questa fine terribile? Io almeno ci avrei giocato. Ma do-
vevo fare in fretta a decidere, perché i miei compagni in quel
momento stavano venendo verso di me un po’ insospettiti e
non avevo nessuna intenzione di condividere con loro la mia
preziosa scoperta.
“E sia!”, ho detto allora tra me e me infilandomi la sche-
dina rapidamente nella tasca dei pantaloni. “Se il destino ci
ha fatto incontrare vorrà dire che ora sei mia!”
Così me la sono portata a casa, l’ho infilata subito nel mio
Gameboy e ho cominciato a giocarci. Ed è stato proprio allora
che è cominciato tutto…
Ma di questo ve ne parlerò poi. Ora devo pensare a fare
qualcosa di più divertente che non sia stare seduto a tavola
rimescolando e spiluccando con la forchetta i pisellini nel
piatto, annoiato da quell’infernale telegiornale.
Il papà, tra l’altro, si sta innervosendo e sta ancora alzando il
volume. Si dà il caso, infatti, che ogni volta che in casa c’è aria
di tensione, si metta in mezzo anche El Comandante Rudy. El
Comandante Rudy è il nostro cagnolino, un piccolo, minuto

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Bastaaaaaa!
e irriducibile yorkshire terrier che, nonostante l’età avanzata,
sente l’odore della guerriglia da lontano. Quando l’atmosfera
si fa pesante, si sveglia di soprassalto, con un piccolo balzo
è già fuori dalla cuccia, scrolla rapido la testolina e marcia
velocemente verso la sala da pranzo. Lo senti arrivare perché,
quando cammina, le sue dannate unghiette picchiettano insi-
stentemente il parquet del pavimento di casa e da un momento
all’altro sai che apparirà sulla porta, fisserà tutti dritto negli
occhi mettendosi sull’attenti e dopo due secondi comincerà
ad abbaiare senza interruzione, sferrando un attacco di latrati
striduli che ti spaccano letteralmente i timpani. E non c’è
proprio verso di farlo smettere.
« Bastaaaaaa! Non ne posso più! », urla disperato il papà, a
quel punto con gli occhi fuori dalle orbite, mentre continua
freneticamente ad alzare il volume. Il risultato, però, è che il
volume diventa così alto che pure la vecchietta sorda che abita
sotto il nostro appartamento comincia a battere minacciosa
il soffitto con la scopa per farcelo abbassare e questo fa urlare
ancor di più il papà che innervosisce ancor di più Rudy che
abbaia e fa urlare tutti di nuovo.
Ecco, è proprio questo il momento ideale per fare delle
richieste scomode. Hanno il vantaggio di richiamare subito
l’attenzione e non lasciano a mamma e papà nemmeno tanto

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tempo per rimproverarti, impegnati come sono nel cercare
di guardare la televisione e di zittire El Comandante Rudy:
« Mamma, posso andare a giocare con il mio Gameboy? ».
Come non aver parlato, nessuna reazione. Decido allora di
agitare la mano davanti agli occhi della mamma per cercare
di scollarla dal televisore:
« Mamma? Posso andare allora? »
« Cosa? Dove? », risponde immediatamente stizzita la
mamma.
« Posso andare a giocare con il Gameboy? »
« Sì, sì, Milo, vai. Vattene. Basta che ci lasci in pace una
volta per tutte! »
In un battibaleno abbandono la tavola e mi fiondo in dire-
zione della mia cameretta. Mi fermo solo un istante sull’attenti
di fronte al Comandante Rudy per stringergli l’occhiolino e
ordinargli: « Riposo! ».

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Indice

1. Mamma-robot e papà-robot pag. 7


2. La schedina magica del Gameboy » 17
3. Nel buco di bruco! » 29
4. Bet » 37
5. Aera » 43
6. Vita nel domo » 49
7. Il racconto di Bet » 57
8. Il messaggio sospetto di Bik » 69
9. Missione Wiccateca » 81
10. La festa delle Wicche » 85
11. Knusperhex » 91
12. La Camera delle Verità Perdute » 105
13. Le rivelazioni del professor Tittalius » 115
14. Ayana » 129

Chi dice Mi Riguarda? » 137


Progetto
MI RIGUARDA

collana di narrativa per bambini


della scuola elementare
età 8+

Ciò che accade distante da noi, vicino a noi,


o anche lontano nel tempo… mi riguarda.
Mi Riguarda solitamente lo diciamo per le
cose che ci stanno più a cuore, che ci tocca-
no personalmente: la letteratura può sfiora-
re quelle corde, avvicinare chi è lontano, far
mettere nei panni dell’altro… stimolando
l’empatia che cresce silenziosa dove viene
coltivata la sensibilità verso l’Altro.
Mi Riguarda affronta tematiche sociali forti,
alcune lontane nello spazio, altre assai vi-
cine… tutte accomunate da un obiettivo:
raccontare ai più piccoli che si può NON
lasciare indietro chi ha meno possibilità di
difendersi, meno opportunità di affermare i
propri diritti. E che lo si può fare, nel nostro
piccolo, provando a non essere indifferen-
ti a ciò che accade vicino e lontano da noi.

Sei un’insegnante, un operatore di biblioteca, un educatore?


Vuoi conoscere meglio il progetto MI RIGUARDA?
miriguarda@gmail.com
8+

miriguarda anche se è distante da me,


anche se non mi tocca direttamente.

rd a
miriguarda perché colpisce la famiglia

ua
ig
mi r
di cui facciamo tutti parte: l’umanità.

Ti piacerebbe fare un salto nel futuro?


Io l’ho fatto, è stato ultramegagalattico!
Grazie al buco di bruco sono arrivato
su Aera, una realtà sospesa sulla stratosfera
e abitata dagli uomini del futuro che
avevano dovuto abbandonare la Terra,
diventata un’immensa discarica. Su Aera
ho conosciuto Sybo, il mio miglior amico.
Insieme abbiamo vissuto un’avventura
incredibile sfidando le Wicche, le creature
malvagie di Aera. Le Wicche nascondevano
troppi segreti per i miei gusti... Voglio
raccontarti tutto, dài, sintonizzati con noi!

! X,XX R3R 2

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