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INDICE
“la Zanzara” è il giornalino con il quale i
pag.1 EDITORIALE Giovani Democratici e l associazione
studentesca Izquerda vogliono
RUBRICA POLITICA aprirsi al mondo dei giovani affinche si
possa ricreare, non tanto un comune
pag 2 25 APRILE: IERI, OGGI E sentire nei ragazzi,ma piuttosto un
DOMANI comune desiderio di dibattere e
pag 3 L'ILLUSIONE DELLA appassionarsi a quello che ci circonda.
DESTRA ITALIANA Il nome “la Zanzara” prende spunto
pag 4 UNA QUESTIONE DI dall'omonimo titolo del giornalino
LIBERA SCELTA scolastico del Liceo Parini di Milano che,
pag 6 GLI SPIETATI nel 1966, si fece precursore delle
contestazione giovanile che sarebbe sorta
RUBRICA SCIENTIFICA da lì a poco nel paese, pubblicando
un'articolo sulla sessualità che fece
pag 8 MULTIVERSO nascere un caso giudiziaro nell'Italia
bigotta dei tempi.
RUBRICA MUSICA E
CULTURA Forse ci si domanderà che senso abbia in
questo tempo
pag 9 DE ANDRE' CANTA DE in cui le informazioni viaggiano
ANDRE (PT.1) velocissime,nell' era della rete,di facebook
pag 10 DE ANDRE' CANTA DE e youtube in cui milioni di persone
ANDRE (PT.2) scrivono, si informano e dibattono tutti i
pag 11 E ALLORA …MAMbo!! giorni, fare un giornalino. Quello che
pag 13 IDEOLOGIZZANDO manca secondo noi non sono tanto le
informazioni, che anzi sono
per critiche,consigli, sovrabbondanti, ma la capacità di potersi
complimenti ed insulti, appassionare a cose concrete, a simboli e
in fondo ad ogni articolo è a idee. Ecco perche vogliamo che il
riportata la mail giornalino sia in forma cartacea in modo
dell'autore. Per contattare il che si possa toccare,sfogliare,strappare:
nostro gruppo sentire proprio,sentire che dietro alla
scrivere a: parole ci sono persone vere.
Riappassonarsi alle idee e far si che
gdcesena@gmail.com queste siano il presupposto dell' agire.
su facebook ci trovate come:
GIOVANI DEMOCRATICI “Per compiere grandi passi,
CESENA non dobbiamo solo agire,ma anche
sognare;
non solo pianificare, ma anche credere”
Anatole France (1844-1924)
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25 APRILE: IERI, OGGI E (SPERIAMO) ANCHE DOMANI.
Anche a Cesena come nelle diverse città italiane si è ricordato l’anniversario della
Liberazione dell’Italia dal giogo del nazifascismo, una tappa fondamentale per la
costituzione della Repubblica.
Un numero discreto di cittadini cesenati ha partecipato al corteo partito dalla
Barriera e arrivato al monumento ai caduti per la Resistenza, un percorso breve ma
intenso per i 65 anni della Liberazione, scandito dalle note dell’Inno di Mameli e del
canto popolare partigiano “O bella ciao” e colorato dalle insegne istituzionali, dai
drappelli dell’Associazione Nazionale Partigiani e dalle bandiere dei gruppi politici
di centro-sinistra.
Dopo il saluto del Presidente del Consiglio Comunale Rita Ricci, sono state le
parole del Sindaco Paolo Lucchi a ricordare l’importanza di questa Festa e della
Resistenza, compiuta ogni giorno da uomini che hanno rischiato la propria vita per
ideali forti come la libertà e l’uguaglianza, uomini diversi nel credo politico e
religioso ma uniti per abbattere la dominazione dittatoriale di fascisti prima e
repubblichini e nazisti poi. Il Sindaco ha ricordato i morti per le leggi razziali
appoggiate e promulgate dal Gran Consiglio del Fascismo, che hanno contribuito tra
le tante sciagure alla mutilazione del popolo ebreo; ha sottolineato i tanti uomini
politici e di Stato perseguitati, imprigionati e uccisi a seguito dell’entrata in vigore
delle Leggi Fascistissime; ha ricordato come anche oggi c’è chi vorrebbe
“equiparare la Resistenza a semplice tappa del processo di formazione dell’Italia
Repubblicana” come il Ministro della Pubblica Istruzione, che nel programma per le
quinte delle scuole superiori aveva omesso ogni riferimento alla Resistenza, salvo
poi correggere il proprio tiro dopo le pesanti contestazioni levatesi prima di tutto
dagli studenti, “un segnale incoraggiante” secondo Lucchi e applaudito dal pubblico.
Speriamo che il 25 Aprile rimanga la Festa della Resistenza e della Liberazione in
futuro come ieri e oggi, anche se segnali poco incoraggianti provengono dalle
istituzioni nazionali, in particolare da Governo e Parlamento: nuove forme di
razzismo promulgate e avvallate in primis dalle forze di centro-destra, scontri con le
altre istituzioni senza rispettare la loro autonomia nel prendere decisioni contrarie
alla linea della maggioranza, proposte di modifica della Costituzione indecenti,
tentativi di censurare la libera informazione (per altro quasi inesistente nel settore
televisivo) sono campanelli d’allarme che il popolo italiano deve cogliere.
L’Antifascismo deve infatti rimanere attivo ogni giorno, non risvegliarsi solo il 25 di
ogni Aprile quasi fosse la celebrazione di un rito: essere Antifascisti significa
prendere posizioni coraggiose e determinate nella vita di tutti i giorni, nel proprio
piccolo; significa educare i propri figli, i propri amici, i propri genitori alla
Resistenza, un movimento culturale prima che un periodo storico, una battaglia
coraggiosa capace ancora oggi di ispirare non solo romanzi d’autore ma vite intere,
una presenza e non un ricordo lontano di qualche anziano combattente. Si è
Antifascisti quando si combatte contro le discriminazioni e le disparità sociali,
quando si sceglie di non andare in discoteca al sabato per partecipare ad un corteo la
domenica mattina, quando si preferisce la conoscenza all’ignoranza.
Resistere significa agire, resistere significa non dimenticare, significa lottare
attraverso un nuovo civismo che risvegli l’interesse nei confronti della politica e di
questo stanco Paese, significa avere il coraggio di costruire un futuro senza le Mafie,
la corruzione, le disparità sociali, significa costruire un’Italia più verde, aperta,
dinamica, libera ed eguale, significa ricominciare.
CARLO TAURISANO
carlo86.t@hotmail.it
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L' ILLUSIONE DELLA DESTRA ITALIANA
Da questa destra italiana ci si puo aspettare davvero di tutto.
Siamo nel novembre 2007 . Berlusconi fonda un partito alzandosi in piedi sul
predellino di una macchina, yes-man e ballerine osanannanti, ma gli alleati non
apprezzano.
Fini è contrarissimo: “[Berlusconi] sfidando il ridicolo ci ha detto "ho fondato il Pdl,
scioglietevi, bussate, venite e vi sarà aperto...". Comportarsi in questo modo non ha
a che fare con il teatrino della politica, significa essere alle comiche finali” oppure
“[…] almeno per me, non esiste alcuna possibilità che Alleanza nazionale si sciolga
e confluisca nel nuovo partito di Berlusconi, del quale non si capiscono valori,
programmi, classe dirigente. Non ci interessa la prospettiva di entrare in un
indistinto partito delle libertà”.
E assieme a Casini si schiera per “progetti che nulla hanno a che fare con la
improvvisazione propagandistica né con estemporanee sortite populistiche”
Berlusconi li manda allegramente a quel paese “La Cdl stava diventando un teatrino,
loro due si tengano il progetto, io gli elettori”.
Casini risponde prontamente: “Berlusconi ci avverta quando arriva al 101%”
.Sembra veramente la tanto sospirata fine.
Il tutto mentre l’opposizione è persa nel delirio Veltroniano “con Berlusconi c'è
conflitto di culture, di programmi e di valori, e tuttavia c'è anche rispetto reciproco".
Poi è successo l’ inevitabile e Fini ha mostrato tutta la sua coerenza. Il governo
Prodi cade a gennaio.In aula gente che si ingozza di mortadella, brindisi di
spumante,chi,al grido “sei una merda!”, sputa ad un senatore schieratosi con il
centrosinistra. In morte del governo Prodi, Fini mostra quanto tenga alla coerenza,
basta infatti l’idea di poter andare al potere per appianare tutti i contrasti, AN e FI si
sciolgono, nasce il PDL,vengono vinte facilmente le elezioni e diventa presidente
della camera. Dopo due anni l’illusione però si svela in tutta la sua inconsistenza. Il
PDL è infatti un partito mai nato, che poggia le sue fondamenta solo sul carisma di
Berlusconi, che come unico programma ha quello di difenderlo DAI processi, e, la
dove i problemi di Berlusconi non costituiscano una priorità, disposto a seguire la
Lega in ogni sua battaglia. In quest’ illusione Fini decide di attribuirsi il ruolo di
statista illuminato. Sia chiaro, non perché lo sia o lo sia mai stato, ma poiché questo
è l unico ruolo che può giocare per poter contare qualcosa in questa jungla di
cortigiani. Ora Fini vuole diventare paladino della legalità e diritti civili. Sembra di
sognare. Nel periodo 2001/06 il governo berlusconi di cui Fini era ministro si è
macchiato della piu grandi nefandezze che questa repubblica abbia mai visto,
approvando una marea di leggi ad-personam e tutto questo senza che Fini battesse
mai un ciglio. Sui diritti agli immigrati poi è diventato all’avanguardia. Proposte
anche ragionevoli.
Ma nessuno sa che in italia la legge attuale
sull immigrazione si chiama appunto Bossi-
Fini? Qualcuno ha mai letto cosa scriveva
Fabrizio Gatti su “L Espresso”, si badi: non nel
2010 ma nel 2006, quando raccontava la
drammatica situazione degli immigrati nei
campi di pomodori costretti a turni
massacranti,a subire percosse per poi essere
puntualmente denunciati il giorno prima della
paga e quindi espulsi perchè clandestini? Fini
ora si vuole smarcare da
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Berlusconi e apparire alfiere di una destra
moderna,sana, “europea”. Anche questa è solo
un illusione: se c' era una destra in italia, prima
dell’epifanica “discesa in campo” di
berlusconi, ora questa è morta e sepolta, o per
lo meno, è da un pezzo allineata con gli
oppositori di Berlusconi che di fatto ne hanno
assimilato le idee (cultura
liberale,meritocrazia,senso dello stato). Cosa
c’entra la Destra di Berlusconi e Fini con
quella di DeGasperi? Questa destra che fa
aumentare le disparita sociali,che difende le
rendite di posizione e i privilegi cosa ha in
comune con la destra di Einaudi? Lo stesso
Napolitano ha recentemente
inaugurato una mostra in suo onore. Luigi Einaudi, secondo presidente della
repubblica dal 1948 al 1955, era un vero liberale, si pensi che tra le tante
proposte che avanzò ci fu quella che, per evitare che i figli dei ricchi si
addormentassero sulle ricchezze di famiglia, prevedeva che dopo qualche
generazione parte dei loro beni diventasse dello stato (alla faccia di chi pensa
che “destra” sia sinonimo di “conservazione del privilegio”). Per non parlare
della destra liberale di fine 800: da Ricasoli che vietava ai giornali di
utilizzare la parola “Chianti” essendone lui uno dei maggiori produttori, a
Quintino Sella e Sidney Sonnino che, ricchissimi di famiglia, all’atto di
entrare in politica si disfecero di tutti i loro interessi industriali investendo il
ricavato in Buoni del Tesoro in modo da sfuggire all’accusa di
seguire,magari anche solo inconsciamente i propri interessi. Altri tempi,altre
persone e altra italia. Ma se è proprio vero che in Italia questa destra liberale
“europea” manca, è altrettanto vero che questa non potrà essere rappresentata
da Fini,campione di incoerenza e copartecipe ormai da 15 anni dello sfascio
del paese.
LEONARDO BIGUZZI
leobiguzzi@hotmail.it
UNA QUESTIONE DI LIBERA SCELTA
Nelle ultime settimane, tra la fine della campagna elettorale pre-regionali e
l’insediamento dei nuovi governatori in molte zone d’Italia, sono riprese le
polemiche sulla Ru486, meglio conosciuta come la” pillola abortiva”. Un
giorno prima del voto, il presidente della CEI (Conferenza Episcopale
Italiana), aveva esortato i fedeli a “votare per valori non negoziabili” ,
dichiarando l’aborto una “ecatombe progressiva” e condannando l’uso della
pillola: parole di chiaro indirizzo politico.
Appena eletti, i neo governatori leghisti di Piemonte e Veneto, Roberto Cota
e Luca Zaia non hanno perso tempo, rilasciando dichiarazioni quantomeno
dispotiche sull’uso
della pillola nelle loro regioni. In particolare, Cota ha specificato di essere
favorevole alla vita e di voler fare di tutto per contrastare l’impiego della
pillola, come se chi la volesse utilizzare o chi la ritiene uno strumento utile al
bisogno, fosse favorevole alla morte.
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Per fortuna, esiste una legge, la 194, che
rende legale l’interruzione della gravidanza in
condizioni di necessità garantendo comunque
la sacrosanta libertà di scelta di ogni donna.
Allora, io mi chiedo con quale coraggio
ancora, dopo anni di lotta per raggiungere
questo diritto, ci siano persone tanto ottuse da
voler imporre convinzioni pregiudiziali a tutti
i cittadini, anche a quelli che avessero idee
diverse dalle loro. La pillola Ru486 non è uno
strumento anticontraccettivo, ma un modo per
far abortire, qualora vi sia un conclamato
proposito da parte della donna, in modo meno
traumatico. Prima del 1978, non si poteva
abortire legalmente in Italia e una delle ragioni
era che c’era la convinzione di porre fine ad
una vita, di uccidere un innocente
interrompendo la gravidanza.Così, la maggior
parte delle donne si sentiva abbandonata dallo
Stato, che già cominciava ad apparire lontano
dalla vita delle persone.
Ci si affidava alle “mammane”, in assoluta clandestinità e senza assistenza medico-
sanitaria, con esiti spesso drammatici.
Queste “ostetriche” autodidatte lavoravano in casa e raramente avevano una
qualifica per il tipo di attività svolta. Tra le donne che si sottoposero a quella tortura,
perché abortire con un ferro da calza era una vera tortura, buona parte è morta a
causa delle precarie condizioni igieniche o della perdita di troppo sangue. Pertanto
anche se personalmente fossi contraria all’aborto, perché non cercare di capire che
tra due mali è utile scegliere il minore e qual è il minore?
Mi sembra superfluo dire che pensare di poter frenare le donne dall’abortire sia
un’idea assurda oltreché sbagliata.
Già nel 2008, in risposta alle critiche della Chiesa, relative a questo argomento, il
professor Veronesi, uno dei massimi esperti nel campo medico-scientifico, replicò,
con parole ancora attuali: egli fece presente che per diminuire i casi di aborto
bisogna partire con un’educazione all’uso di misure anticoncezionali per prevenire il
problema, evitando di nascondere la testa sotto la sabbia, facendo finta che non
esista.
Vorrei anche sottolineare che molte delle critiche fatte alla pillola, definita anche
omicida dai più fervidi oppositori, sono del tutto infondate e soprattutto non basate
su argomentazioni scientifiche. Pare che un’analisi recente abbia dimostrato che la
pillola, pur non essendo una panacea e avendo ancora difetti e imperfezioni, non
mette in pericolo di vita chi ne fa uso e non predispone ad un aumento del numero di
interruzioni di gravidanza. Sono paure derivate dal terribile morbo della non
conoscenza che ci mette molto poco a diffondersi tra le persone.
Difendere la propria libertà significa battersi per sconfiggere le ingiustizie, ma anche
evitare che queste possano ritornare.
VIOLA RIDOLFI
violaridolfi@hotmail.it
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GLI SPIETATI
Da quando è entrata in vigore la costituzione italiana sono emerse, da regolarità
politiche e storiche, delle controversie interpretative riguardanti le attribuzioni del
presidente delle repubblica.
Differenziata dal presidenzialismo americano e dal semipresidenzialismo francese,
la carta costituzionale attribuisce allla figura del presidente della repubblica
prerogative si importanti, ma slegate dall'indirizzo e dalla funzione politica,
mettendo invece in risalto, per contrasto, un'altra funzione che è quella di garanzia:
il presidente della repubblica è in prima istanza fondamentalmente un garante della
costituzione stessa.
Tuttavia, non essendoci nessun'altra definizione all'interno della carta, la funzione
del presidente della repubblica è in larga parte affidata alla prassi che via via si è
manifestata dal 1948 in poi e che ha portato ogni presidente,da De Nicola sino a
Napolitano, ad interpretare il proprio ruolo in maniera assai differente.
Per questa motivazione la figura del capo dello stato viene definita da Augusto
Barbera, insegnante di diritto costituzionale presso la facoltà di giurisprudenza di
Bologna, come una figura strutturalmente ambigua e poco definita, sebbene
fortemente influenzata dall'articolo 89 in base al quale gli atti del presidente non
sono considerati come validi se non sono controfirmati dai ministri proponenti, che
è poi il fulcro delle controversie interpretative di cui parlavo precedentemente.
In particolare è l'espressione “proponenti” a destare i maggior dubbi su quanto i
poteri formali del presidente siano poi in effetti poteri sostanziali: l'espressione
sembra quasi suggerire che non si tratti di atti propri del presidente, ma in pochi
sanno che nel testo originario sottoposto all'essemblea costituente c'era scritto
“ministri competenti invece che proponenti e non si sta parlando di un errore di
poco conto perchè la stessa controfirma da parte di un ministro o del presidente del
consiglio può assumere in un caso, significato implicito di proposta; nell'altro di
assunzione di corresponsabilità e di controllo.
La controfirma, intesa come la si apprende dalla costituzione, mette in evidenza un
ruolo quasi marginale del presidente della repubblica visto come mero martecipante
di un atto nel quale egli quasi nulla decide.
È però sull'articolo 74 che mi vorrei soffermare, perchè strettamente legato proprio
alla visione errata e immaginifica che molti hanno di questo ruolo così importante
ma anche così poco delineato e confuso.
L'articolo in questione afferma:
“Il presidente della repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio
motivato alle camere chiedere una nuova deliberazione.
Se le camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata “
è intuibile da ciò che il presidente della repubblica può molto poco nella sua
inziativa individuale e personale; già rinviando una prima volta un disegno di legge
dimostra un'aperto conflitto con l'operato della maggioranza in questione, tuttavia,
come si è visto, il veto sospensivo può verificarsi una sola volta in quanto alla
seconda è obbligato a firmare.
Credo che sia questo fattore che crea confusione e che porta spesso, per ignoranza, a
continue delegittimazioni dell'operato del capo dello stato.
Primo fan di questo malcostume democratico ovviamente Marco Travaglio:
palladino della purezza e imbonitore di teorie che pretedono di essere accettate
come vere e insindacabili.
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Travaglio qualche tempo fa, accusando
Napolitano di firmare troppe leggi
“vergogna” del governo scriveva:
“...sarebbe ora di smettere con le ipocrisie
e di chiamare le leggi con il doppio
cognome “Berlusconi-Napolitano e di fare
in modo che le proteste non vengano
soltando dai dipietristi e dall'estrema
sinistra ma da tutti gli italiani che hanno a
cuore la costituzione” e ancora:” Con la
promulgazione del "legittimo
impedimento" per Berlusconi e i suoi
ministri, il presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano ha firmato
l’undicesima legge vergogna in quattro
anni di mandato.
Le altre dieci erano: l’indulto extralarge esteso ai reati dei colletti bianchi, il decreto
Mastella per distruggere i dossier della security Telecom, l’ordinamento giudiziario
Mastella-Castelli, la legge salva-Pollari, il lodo Alfano, la norma della penultima
finanziaria che raddoppia l’Iva a Sky, i due pacchetti sicurezza Maroni contenenti
norme razziali anti-rom e anti-immigrati, lo scudo fiscale Tremonti, il decreto salva-
liste del Pdl. Resta da capire il perché di quel mese di melina, che aveva suscitato
speranze nelle persone perbene e timori nel partito dell’impunità: semplicemente,
dopo tanto firmare, il Presidente aveva finito l’inchiostro, o aveva inceppato la
penna”.
Il pensiero di Travaglio,che si contraddistingue sempre per la sua “grande”
cordialità, è purtroppo il pensiero di molti ma non considero per questo motivo
ragionevoli gli attacchi all'unico baluardo di democrazia che a mio avviso sia
rimasto: il presidente della repubblica è un garante con le mani legate che si trova
davanti ad una maggioranza che non solo gli ripropone identici i testi dei disegni di
legge precedentemente da lui respinti,forte del fatto che sarà obbligato a firmare, ma
che allo stesso modo reitera le medesime leggi, aggirando i vizi di incostituzionalità
posti dalla corte costituzionale.
Non sono certamente una sostenitrice del legittimo impedimento, o di altre leggi
firmate da Napolitano, ancor meno mi preme fare un'apologia del capo dello stato
ora in carica, ma se Travaglio parla di “avere a cuore la costituzione” sarebbe
meglio che prima la leggesse e la conoscesse, e mi riferisco proprio all'articolo 74
precedentemente citato.
Immagino inoltre che non richieda una facile valutazione apporre o meno la propria
firma sapendo che presto o tardi lo si dovrà fare; quando un presidente della
repubblica promulga una legge lo fa senza dubbio dopo un'accurata
meditazione....ma tutto questo gli spietati forse non lo sanno.
GIORGIA CAMPANA
foetus88@hotmail.it
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MULTIVERSO
Avete già imparato a scuola che, in natura esistono delle costanti fisiche ,
come la velocità della luce o la costante di gravitazione universale, beh
queste forse non sono così costanti, né così universali.
Questa rivoluzionaria ipotesi è sostenuta da tempo dal fisico teorico
Leonard Susskind, dell'Università di Stanford (California), e fra i
fondatori della teoria delle stringhe, ma recentemente sta raccogliendo
sempre più interesse da parte della comunità scientifica internazionale.
Il suo libro "Cosmic Landscape: String theory and the illusion of
intelligent design", in uscita negli Stati Uniti, illustra l'aspetto centrale e
rivoluzionario della visione di Susskind: il concetto di multiverso.
Secondo lui e i suoi seguaci, l'universo in cui viviamo non è che una
minima parte di un "multiverso", e in ognuna di queste "zone" le costanti
cosiddette universali possono essere in realtà molto diverse.
Il punto debole di questa affascinante teoria è sempre stata la verifica
sperimentale: è decisamente inverosimile che si possa arrivare a conoscere
un universo diverso dal nostro, e in mancanza di dati la teoria del
multiverso secondo molti fisici assomiglia più a una speculazione
metafisica che a un'ipotesi scientifica.
Secondo Susskind, però, un indizio a favore della sua teoria potrebbe
essere vicino: se i calcoli basati sulle osservazioni astronomiche
indicheranno che la curvatura dello spazio-tempo è negativa (cioè se lo
spazio-tempo non è né piatto né sferico), allora il concetto di multiverso
diventerà molto più plausibile per i fisici teorici.
In tal caso si tratterebbe anche di una netta sconfitta per i fautori
dell'Intelligent Design, ossia. la versione "depurata" della creazione per
opera divina dove tutto ha un ordine ben definito.
Altrimenti, non ci sarà nessuna confutazione del multiverso, che resterà
una teoria sospesa in attesa di ulteriori evoluzioni.
GERD DANI
gerddani@gmail.com
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DE ANDRE’ CANTA DE ANDRE’
(prospettiva numero 1)
11 gennaio 1999 Fabrizio De Andrè muore
a Milano,nell’estate del 2009 il figlio
Cristiano,a 10 anni di distanza,porta in
tour le canzoni del padre,l’enorme e forse
inaspettato successo costellato di sold out lo
porta a replicare nel 2010. La prima cosa
che colpisce prima che le luci si spengano,
prima che la musica inizi,è il pubblico stesso
del concerto,guardandosi attorno si possono
vedere persone di ogni genere ed età,da
chi probabilmente era ancora molto giovane
quando De Andrè morì,a chi magari
ha potuto assistere ai suoi esordi,ai suoi
concerti;e questo è già il primo segno della
magia della sua musica.
Cristiano sul palco fra una canzone e l’altra racconta aneddoti del padre,di come
fosse l’unico a chiamarlo C. “solo C…era concettuale anche in questo”,di come lo
buttasse giù dal letto alle 5 di mattina per farli sentire qualche nuova canzone;il
pubblico lo ascolterebbe per ore,quasi stregato da questi racconti di vita quotidiana
della famiglia De Andrè,(se di quotidiano si può parlare in merito ad essi).
Cristiano non è proprio un novello del mondo della canzone,di lui si può dire che sia
cresciuto a pane e musica,ha alle sue spalle 6 dischi,incanta gli spettatori con il
suono della sua chitarra e del suo violino;ha però dovuto,potremmo dire
ingiustamente, aspettare tanto e portare un repertorio non suo per raggiungere il
successo,per riempire i palazzetti di tutta Italia;d’altronde come dice lo stesso
Cristiano “da anni in molti cantano le canzoni di mio padre,e allora perché non
posso farlo io che sono il figlio?”e come darli torto?!e neanche il pubblico lo ha
fatto…;ed è sempre lo stesso Cristiano ad ironizzare su come,quando tornerà in tour
coi suoi lavori i suoi spettatori passeranno da 3.000 a 300.
Durante il concerto non mancano riflessioni e osservazioni su questo paese che ci
circonda e soprattutto sulla sua classe dirigente che lo stà portando alla rovina… si
dichiara anarchico Cristiano…;la stessa scaletta del concerto è stata dettata oltre che
da motivazioni musicali e di tempistica,da esigenze “sociali”,Cristiano afferma
proprio come la sua musica non può restare indifferente alla realtà che lo circonda,e
sembra quasi che voglia,per quanto possibile,con le sue canzoni intraprendere un
viaggio che descriva questa nostra società.Le canzoni sono arrangiate alcune in
versione più rock delle originali,altre invece sono mantenute molto simili alle
originali;d’altronde la somiglianza col padre è evidentissima,dall’aspetto fisico alla
voce quasi uguale.
Il concerto inizia con un paio di brani in genovese “Megù Megùn” “A
Cimma”,partono poi le note di “Don Raffaè”.
Il concerto continua su note molto emozionanti;”cose che dimentico”canzone scritta
a due mani da Cristiano con il padre dedicata ad un amico morto di aids,e
continuando con capolavori musicali come “verranno a chiederti del nostro amore”
“fiume Sand Creek” “un giudice” “smisurate preghiera”,sul finire i grandi e
indimenticabili successi come “il pescatore” e “bocca di Rosa”.
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Dopo due ore di concerto Cristiano e i suoi musicisti non si tirano indietro davanti
alle richieste di bis del pubblico regalando ancora una mezzora di musica,anche
improvvisando sulle note del violino di Cristiano che la fa da padrone nelle ultime
note.
Uno solo è il giusto esito di un concerto di De Andrè,lo scrosciante e a lungo
prolungato applauso del suo pubblico…del loro pubblico…
NICOLETTA IOSA
nicolettaiosa@libero.it