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Il mezzogiorno

medievale di
Salvatore
Tramontana
Riassunto

Capitolo 1
L'insediamento Normanno
Allinizio dellanno Mille, il mezzogiorno italiano era controllato dai Bizantini, mentre
nelle zone interne della Campania, della Basilicata, del Molise e della Puglia si estendeva il
controllo del ducato longobardo di Benevento. La Sicilia era sotto il controllo dei
musulmani.
Vi erano poi le signorie monastiche di Montecassino, di San Vincenzo al Volturno, di Santa
Sofia di Benevento, di Santa Maria del Patirio, che godevano di autonomia da ogni potere
laico locale grazie a particolari privilegi ricevuti da pontefici e imperatori.

1,1 L'incontro con Melo di Bari


Questo quadro frammentato e instabile dei primi anni del Mille, mettevano in evidenza
linconsistenza politica dellimperatore dOccidente e di Bisanzio.
Allinizio del XI secolo, Bisanzio, che possedeva la Puglia e quasi tutta la Calabria,
appariva come il pi forte organismo statale del Mezzogiorno. Ma in termini concreti il
suo controllo era molto incerto.
I Longobardi a Capua, Benevento e Salerno, riuscivano a conservare la tradizionale
situazione territoriale e a concretizzare lindipendenza di fatto dai due imperi.
In Puglia, linsofferenza verso i bizantini si faceva sempre pi forte, specie dopo che Bari,
per salvarsi dai saraceni, erano stati costretti a chiedere aiuto ai veneziani. In quegli anni,
le fonti parlano di frequenti ribellioni; questi moti vanno collegati ad una tensione che
covava da anni e che laumento della pressione fiscale aveva fatto esplodere.
Nel 1009, a Bari, in seguiti ad una rivolta guidata da Melo, un ricco signore del luogo, un
gruppo di avventurieri normanni si inseriva nelle lotte locali.
Il primo arrivo dei normanni nel Mezzogiorno italiano da collegare ad un processo
migratorio di alcuni avventurieri che si erano incontrati con Melo e con Guaimario di
Salerno assediata dai saraceni.
Melo, infatti, era pressato dalla necessit di riorganizzare, con nuovi reclutamenti,
lapparato militare; mentre in Normandia lo sviluppo demografico non pi in grado di
trattenere cavalieri. noto del resto che nel Medioevo la guerra era soprattutto una fonte di

guadagno. Guglielmo di Puglia scrive che molti normanni si erano lasciati convincere a
partire: taluni perch avevano pochi e nessun bene, altri per accrescere la propria fortuna;
tutti per un desiderio di ricchezza.
I primi Normanni impegnati militarmente nel Mezzogiorno erano stati reclutati da Melo
ed erano stati battuti nel 1018 dai Bizantini. Dopo questa sconfitta e la morte di Melo, i
normanni ritornarono in Campania.

1.2 La contea di Aversa e il ducato di Melfi


In questi anni, i normanni vennero raggiunti da gruppi di donne e bambini. Nel 1030, il
duca di Napoli, Sergio, aveva dato in sposa una sua sorella e aveva concesso a Rainulfo
Drengot il Ducato di Aversa con i castelli e i territori attigui.
Ad Aversa si costituiva un insediamento stabile, basato su un sistema sociale in cui la
classe dominante si identificava con la classe militare dei normanni. I milites erano
possessori di beni e di uomini che costituivano la garanzia militare. Le funzioni pubbliche
facevano poi capo ad un conte.
In Puglia i Normanni nel 1041 sconfissero i bizantini e si impadronirono di Melfi. Ormai
padroni di gran parte della Puglia e della Basilicata, i normanni scelsero Melfi come centro
di riferimento delle successive operazioni, la rafforzarono con un castello, delle mura e il
potere venne diviso tra i dodici conti che avevano preso parte alla spedizione. Dodici
condottieri che esercitavano il potere in forma collegiale e che da un patto giurato erano
impegnati in un vincolo di reciproca assistenza.
Un nodo importante da sciogliere rimaneva la ricerca di una legittimit per giustificare il
potere: i capi normanni si rivolsero, nel settembre 1042, a Guaimario di Salerno per
ottenere, attraverso lomaggio vassallatico (o omaggio ligio), il riconoscimento ufficiale
della conquista.
I normanni andati in Puglia, dunque, dopo aver eletto e nominato loro conte Guglielmo
Braccio di Ferro, per legittimare le conquiste fatte si erano rivolti, secondo le regole del
sistema feudale, al principe di Salerno, Guaimario V, che convalidava il titolo di conte a
Gugliemo Braccio di Ferro e concedeva linvestitura feudale anche agli altri dodici
cavalieri.
Si era proceduto, dunque, secondo le consuetudini del meccanismo feudale, ma, Gugliemo
Braccio di Ferro risultava come primis inter pares, poich egli era posto a capo dei
cavalieri normanni solo sul piano militare, mentre dallaltra parte era considerato uguale ai

compagni che come lui avevano ricevuto Guaimario linvestitura feudale. Era dunque un
impianto di potere che trovava legittimazione e fondamento nellautorit del principe di
Salerno.

1.3 Roberto il Guiscardo -Astuto.


Si erano dunque costituiti i due insediamenti normanni di Aversa e di Melfi.
Nel 1045, alla morte di Rainulfo Drengot, i normanni di Aversa si rifiutarono di accettare
come successore un conte sostenuto da Guaimario, e nominarono un nipote di Rainulfo
perch non erano disposti a scegliere un signore che non fosse normanno.
Intanto limperatore Enrico III intrecciava rapporti con i normanni, i quali vennero
infeudati direttamente dallImpero. Con uninvestitura che, al contrario di quella concessa
dal principe di Salerno, veniva accordata non ai singoli condottieri, ma al solo Drogone di
Altavilla, che aveva preso il posto del fratello Guglielmo Braccio di Ferro.
Lufficialit imperiale contribuiva a rafforzare lautostima dei normanni, i quali, attraverso
rapine e violenze, ripresero il loro processo espansionistico. Nel 1048 sconfissero i
bizantini aprendosi la strada verso la Calabria dove, Roberto il Guiscardo, il pi giovane
degli Altavilla giunti in Italia, aveva conquistato la valle del Crati (1050).
Drognone dAltavilla, intanto,venne ucciso nel 1051 dai bizantini.
Ci si avviava ormai ad uno scontro i cui protagonisti erano i normanni da una parte, e
papa Leone IX e limperatore Enrico III dallaltra. Nel 1053 lesercito pontificio venne
duramente sconfitto dai normanni.
Continuava intanto il processo espansionistico e nel 1056 Roberto il Guiscardo aveva
conquistato Cosenza. Completata la conquista della Calabria, a Reggio nel 1059, Roberto
assumeva il titolo ducale. Titolo che poneva in primo piano la necessit di subordinare gli
altri signori. Subordinazione che tendeva alla costituzione di una sola signoria dipendente
dal Guiscardo.
Nella chiesa prendeva corpo la necessit di allearsi con i normanni. Niccol II nel 1059, al
concilio di Melfi, dove venivano deposti i vescovi simoniaci e veniva ribadita losservanza
del celibato per il clero, il pontefice assolveva i Normanni dalla scomunica e confermava a
Roberto il Guiscardo, con la dignit ducale, i possessi di Puglia, di Calabria e di Sicilia
e riconosceva a Riccardo di Aversa, che aveva preso il posto del nipote di Rainulfo
Drengot, il principato di Capua. I due capi normanni prestavano giuramento alla Chiesa
di Roma e assumevano gli impegni legati al rapporto vassallatico, fra i quali quelli di

sostenere il papa nel controllo della sede romana e di corrispondere alla Chiesa un tributo
annuo.
Col Concordato di Melfi, la Chesa, impegnata nella lotta per sottrarsi alla tutela
dellimpero, si garantiva il sostegno dei normanni; Roberto invece si garantiva la sua
superiorit sugli altri normanni, imponendo la sua autorit sui territori infeudati e su tutti
i vassalli.

1.4 L'impalcatura feudale i poteri del duca


Il Concordato rafforzava, dunque, la posizione di Roberto il Guiscardo che riprendeva il processo
espansionistico. Nel 1071 conquist Bari, e quasi tutto il territorio meridionale poteva ormai dirsi
controllato dai normanni.
Nelle sue scelte politiche, lintenzione di Roberto il Guiscardo era quella di dare al potere
centrale gli strumenti per esercitare un effettivo controllo sul territorio. Ma limpressione
che strumento fondamentale dellorganizzazione statuale del ducato fosse labilit
personale del capo e della sua forza militare.

Capitolo 2
La conquista di Sicilia
Il concordato di Melfi nel legalizzare il titolo di duca di Puglia, Calabria e Sicilia quando
sarebbe stata conquistata, imponeva al Guiscardo di sbarcare sullisola.
Roberto il Guiscardo mor il 17 luglio 1085, prese il suo posto il fratello Ruggero I
dAltavilla, che con la conquista della Sicilia insieme al Guiscardo, aveva raggiunto una
posizione di forza e di prestigio.

2.1 Le vicende militari


I primi contingenti normanni sbarcarono sullisola puntando su Messina, poich il
possesso della citt poteva garantire il controllo dello Stretto: Messina fu costretta alla nel
1061 da una guarnigione normanna.
Dopo Messina, i normanni trovarono difficolt nella conquista dellisola e limpresa si
rivelava pi difficile di quanto si era previsto.

I motivi di questo arresto nella conquista dellisola non sono chiari. Ma, a parte le
ribellioni in Puglia dove i bizantini speravano ancora di riappropriarsi dei territori
perduti, bisogna tenere conto delle delusioni delle popolazioni cristiane, delusioni di chi
si era fidato di liberatori, che anche se cristiani, si comportavano come tutti i conquistatori.
Ruggero I, a causa delle rivolte pugliesi e della carenza di uomini, fu costretto ad allentare
la pressione della Sicilia e a rinviare loffensiva.
Nel 1071, i Normanni, rimpolpati dalle truppe del Guiscardo, accerchiarono Palermo, che
fu costretta alla resa.
Anche se la conquista non era ultimata, lisola venne divisa tra i due fratelli. La sovranit
dellisola, in base al concordato di Melfi, spettava a Roberto il Guiscardo, alla cui guida
andava Ruggero come feudatario.

2.2 Aggregazioni economiche sociali e


indirizzi di potere
Morto il Guiscardo, Ruggero I incominciava ad affrontare i numerosi e complessi problemi
della conquista, a partire dallorganizzazione e dalla gestione del potere. E prima di tutti
quelli dei rapporti con i cavalieri che avevano partecipato alla conquista dellisola; per i
cavalieri infatti la guerra significava fare attivit economica, nessun condottiero si sarebbe
potuto sottrarre allobbligo di assicurare, a quanti vi avevano partecipato, acquisizioni di
terre, benefici e poteri di signoria a essi connessi.
Donare la terra ai cavalieri, significava applicare delle confische ai vecchi possessori, e uno
dei problemi normanni in Sicilia fu quello relativo alla sopravvivenza o meno del ceto
dirigente indigeno.
Gli Altavilla, a breve distanza dalla fine della guerra, si trovavano nella necessit di
reclutare la propria classe dirigente, laica ed ecclesiastica, intellettuale e amministrativa,
fra componenti etniche diverse da quelle normanne e, per le funzioni pi prestigiose,
anche da quelle indigene.
Ritornando comunque al problema della ripartizione delle terre, possiamo affermare che
la distribuzione della propriet fondiaria e dei territori ebbe inizio prima della conquista
definitiva dellisola nel 1091. Le confische dovevano avere una grossa consistenza,
soprattutto nella Sicilia Orientale. Ma nella Sicilia Occidentale, la pi islamizzata e dove
i ceti dirigenti saraceni che non erano fuggiti avevano contrattato la resa, molti erano

riusciti a conservare tutti o parte dei patrimoni fondiari , come confermato su alcuni
documenti.
Va sottolineato che Ruggero I si era soprattutto preoccupato di imporre il suo dominio e di
non sconvolgere lordine sociale costituito.

2.3 Ordinamento amministrativo, finanziario, ecclesiastico


Rimaneva comunque urgente, per Ruggero I, la necessit di dare vita a funzionali
ordinamenti amministrativi e finanziari. sede preferita di Ruggero era Mileto, in Calabria;
tuttavia Troina era la capitale amministrativa, finanziaria e politica della contea: gli
ordinamenti pi importanti facevano capo alla corte nella quale sedevano Ruggero I e i
suoi pi stretti collaboratori.
Alle pi importanti cariche venivano poi chiamati ecclesiastici e monaci bizantini e
latini; della stessa origine era il corpo dei notai, in grado di redigere diplomi in greco,
arabo e latino. Alla tradizione musulmana si richiamavano pure le strutture degli uffici
finanziari.
Ruggero I, al suo arrivo in Sicilia, si trov nella necessit di dare vita a una struttura
ecclesiastica cristiana che due secoli di dominazione islamica avevano sradicato: si
preoccup di favorire linsediamento del clero cattolico per avviare quel processo di
latinizzazione che prevedeva il concordato di Melfi. Venivano fondati i vescovati e
costituite le relative diocesi affidate a prelati latini fatti apposta arrivare dallItalia e dalla
Francia.
La nomina dei vescovi veniva realizzata da Ruggero I, e ci finiva col rimettere in
discussione la politica svolta dal papato nellXI secolo. Ruggero fece arrestare il vescovo di
Messina che, senza consultarlo, aveva accettato dal papato la nomina di legato pontificio,
questo mostra la sua opposizione a qualsiasi politica che potesse contrastare i suoi poteri
in ogni campo a anche in materia ecclesiastica.
Quella dellelezione e dellinvestitura dei vescovi in quegli anni era una questione
fastidiosa, anche se in Sicilia, a causa di portare avanti il processo di cristianizzazione
interrotto dalla dominazione musulmana, aveva un rilievo diverso. Nel 1088 papa Urbano
II, scese in Sicilia per incontrarsi con Ruggero I, si raggiunse un compromesso favorevole a
Ruggero: il papa confermava i vescovi eletti investiti dal granconte di Sicilia .

Successivamente nel 1098, eman una bolla pontificia con la quale si riconoscevano a
Ruggero i diritti di Legazia apostolica , cio la capacit di pote4re e di constrollo sulle
istituzioni e funzioni ecclesiastiche dellisola.

2.4 La reggenza di Adelasia


Ruggero sembrava ormai lunico degli Altavilla in grado di porre ordine allo stato di
anarchia che dopo la morte del Guiscardo vigeva nel Mezzogiorno peninsulare. Ma
Ruggero I mor in piena attivit, quando ancora la struttura dello Stato era assai fragile, il
22 giugno 1101.
A succedergli fu Adelasia del Vasto, figlia in terze nozze, una donna giovane e bella ma
dal carattere duro e capace di assumere in prima persona la responsabilit della reggenza,
preoccupandosi di garantire la continuit della linea politica del marito e la successione
del figlio Ruggero II.
La reggenza di Adelasia caratterizzata dal trasferimento dalla capitale da Mileto e
Palermo, e da una crescente immigrazione di lombardi. I quali, provenienti tutti dalle
campagne dellItalia padana travagliata dalla crisi feudale, avrebbero costituito unop dei
fattori pi importanti del processo di latinizzazione.

Capitolo 3
La fondazione della monarchia
3.1 L'unificazione dei domini
normanni.
Il 25 luglio 1127, Ruggero II successe al trono. Raggiunta Salerno, ottenne dal vescovo
lunzione sacra con la quale veniva proclamato duca di Puglia. Lunzione da parte del
vescovo di Salerno, sacramento al quale si faceva ricorso per la prima volta nelle vicende

normanne, aveva il significato di garantire nel ducato di Puglia la superiorit di Ruggero II


su ogni altro principe normanno.
Nel 1128. Ruggero II prest omaggio ligio al papa, che a sua volta lo investiva del Ducato
di Puglia, di Calabria e di Sicilia. Carica che dava la possibilit a Ruggero II di controllare
tutti gli altri baroni, costretti a giurargli fedelt.
Ruggero II ottenne la dignit regia per i territori avuti che i duchi avevano avuto dal
papato. Con questa investitura, Ruggero II era al vertice del potere. Acclamato re, si rec a
Palermo, dove la notte di Natale del 1130, Ruggero II riceveva, nella cattedrale che era stata
moschea, lunzione del sacro olio e la corona regia. Veniva cos fondato il Regno di Sicilia,
del quale Ruggero II era il primo monarca.

3.2 Caratteri e funzionalit della monarchia


Il regno di Sicilia era una monarchia feudale. Nel 1140 Ruggero II promulg le assise, cio
un testo di leggi valide per lintero regno; la funzione legislativa era riservata al sovrano e
al ristretto consiglio di corte.
Centro di ogni attivit rimaneva la corte. Organo fondamentale del potere era la
cancelleria; il cancelliere era tra i pi fidati del sovrano.
Per quanto riguarda lordinamento finanziario sono da ricordare gli uffici della dohana de
secretis, la tesoreria regia con competenze sulle concessioni e sulla riscossione dei tributi
locali.
Lordinamento amministrativo si basava su una rete di magistrature provinciali.

3.3 L'organizzazione feudale


La monarchia traeva il suo sostegno economico e militare dai feudi. Centro propulsore
della produzione agricola era infatti il feudo. Convinto di questo, Ruggero II oper una
revisione dei privilegi.
La revisione dei privilegi da una parte tendeva a garantire, con la precisazione dei confini
dei singoli feudi e del numero degli uomini in essi residenti, i diritti e gli interessi dei
signori; dallaltra dimostrava che il re considerava la classe dei vassalli come un gruppo
dirigente insostituibile per la forza militare che rappresentava, e a cui era affidato il
compito di elaborare e applicare, nei territori di propria competenza, norme che fornissero

efficienti strumenti di protezione e di dominazione, sui ceti subalterni. La funzione


militare della classe feudale era possibile solo sulla base di un possesso fondiario dotato
quasi sempre, di villani, di bestiame e di attrezzature agricole. Mentre le classi subalterne
dovevano fornire al signore parte dei prodotti, per lo pi uova e polli, talvolta contributi in
denaro e giornate lavorative gratuite.
Dal punto di vista giuridico poi, i subalterni non godevano di piena libert perch si
trovavano in stato di dipendenza personale. Anche se non mancavano categorie di uomini
liberi.
Alla coltura delle campagne e alla loro produttivit da notare che i risultati furono di
scarso rilievo. Certo la maggiore stabilit influ su un allargamento delle colture, furono
inseriti infatti il gelso, la canna da zucchero, le mandorle, degli ortaggi, frutta, ulivi e viti.
Comunque, non vi fu un aumento generale della produttivit, anche perch non si hanno
notizie, nel Regno di Sicilia, delle innovazioni, come laratro con versoio, che in quegli anni
erano gi in uso da altre parti.

3.4 La vita cittadina


Le citt continuavano ad essere per i normanni aree strategiche e regolatrici della gestione
del potere. La conquista normanna non ha modificato in modo sostanziale landamento
della vita rurale e cittadina del Mezzogiorno e nella Sicilia, e lorganizzazione economica
di base rimasta legata ad un mondo rurale.
Al di l di queste considerazioni, i contemporanei giudicavano il regno normanno potenza
di primo piano al centro del Mediterraneo, specie perch gli ambienti cristiani, scrive
Pietro di Cluny, vedevano nella monarchia normanna di Ruggero II una struttura di pronto
intervento per andare in aiuto del popolo di Dio nelle arre orientali. In effetti, Ruggero II
seppe abilmente sottrarsi alle crociate, riprendendo per quella politica Mediterranea che
aveva caratterizzato i primi anni del potere, quando avvi delle spedizioni sul suolo
Africano, convinto di poter imporre i normanni come potenza mediterranea.

3.5 La politica mediterranea


Nel mondo cristiano erano molto forti le aspirazioni verso lOriente, fonte di traffici e di ricchezze.
Mentre Ruggero II mirava alla conquista di Corf, di Corinto e di Tebe. Da dove trasferiva in Sicilia
moplte lavoratrici della seta.

Andava aumentando in Sicilia la tensione fra musulmani e cristiani. Tensione provocata da


quanti intendevano eliminare quei saraceni che erano impegnati nella monarchia nella
gestione del potere.

3.6 Cultura e societ


Ruggero II aveva fatto esplorare le correnti dello Stretto di Messina, vi anche una leggenda della
costruzione di un ponte fra la Sicilia e la Calabria, progettata da Carlo Magno e poi da Roberto il
Guiscardo.
Il sovrano normanno, persona di vasta e riconosciuta cultura, fece allestire una grande riserva per
uccelli, pesci provenienti da diverse regioni e altri animali selvatici in una localit vicino Palermo.
La cultura normanna era alimentata in modo sempre pi consistente da studiosi e intellettuali
chiamati da fuori e legati alla corte.
Componente fondamentale del sapere degli studiosi del regno normanno erano le
traduzioni e rielaborazione dei testi del patrimonio greco e arabo.

Capitolo 4
Il declino della monarchia
A Ruggero II, morto il 1154, succedeva il figlio Guglielmo I. Il padre lo aveva gi associato
al trono nel 1151 per eliminare eventuali contestazioni sul diritto di successione e per
offrire, alle forze legate alla monarchia, una garanzia sulla continuit della linea politica
seguita fino ad allora. E Guglielmo I, al giuramento si era impegnato a non scostarsi dalle
direttive fondamentali delle scelte ruggeriane.

4.1 La politica di Guglielmo I


Guglielmo I deleg la conduzione della monarchia a Maione di Bari, uno dei burocrati
del palazzo. Maione veniva nominato ammiraglio degli ammiragli, cio responsabile della
conduzione politica del regno. In quella funzione riusc a riavvicinare la monarchia e
Venezia e concluse con papa Adriano IV il concordato di Benevento. Un concordato col
quale si assicurava al Regno di Sicilia il possesso di tutte le terre meridionali conquistate.
Questo concordato poi, staccava il pontefice dalla coalizione antinormanna che faceva capo
allimperatore Federico I Barbarossa, che voleva unire il Sacro Romano Impero con il
mezzogiorno italico.

Questi risultati di politica estera non scoraggiarono comunque i feudatari ribelli e le citt
del regno legate allimperatore svevo; queste citt erano per state costrette a subire la
feroce vendetta di Guglielmo I che distruggeva Bari, imprigion i ribelli. La resistenza dei
baroni continuava in Calabria e in Sicilia, e nel 1160 la rivolta coinvolse anche Palermo,
dove il malcontento popolare aveva assunto dimensioni preoccupanti. Alcuni dei ribelli
volevano una insurrezione generale contro il sovrano, altri lassassinio di Maione.
Il gruppo deciso a sbarazzarsi di Maione riusc a portare dalla loro parte anche Matteo
Bonello, promesso sposo alla figlia del grande ammiraglio. A Palermo, in una congiura,
Matteo Bonello uccise Maione.
Guglielmo I cerc allora di tranquillizzare la fazione ribelle offrendo garanzie al Bonello.
Ma la fazione baronale che mirava allinsurrezione non intendeva per accontentarsi e nel
1161, alcuni ribelli daccordo con Matteo Bonello, entrarono nel palazzo reale e
imprigionarono il re.
Se lalto clero era stato solidale con leliminazione di Maione, non intendeva seguirli fino al
ribaltamento della monarchia e nemmeno fino alla sostituzione del re. Anche la
popolazione sembrava scontenta e furono inclini a reclamare la liberazione del sovrano.
Guglielmo I fu liberato e intervenne subito nelle aree lombardizzate dove la rivolta si era
tinta anche di rabbia antimusulmana. Matteo Bonello fu accecato e sbattuto in prigione e le
ribellioni furono represse. Domate le rivolte baronali anche nella parte peninsulare, nel
Regno di Sicilia tornava la tranquillit, garantita dalleliminazione fisica dei pi pericolosi
avversari della monarchia.

4.2 La reggenza de Margherita di Navarra


Negli ultimi anni del regno, il sovrano sembrava per pi attratto dal lusso e dal piacere,
che dagli affari pubblici. Guglielmo I mor il 7 maggio 1166, dopo una lunga malattia. Gli
succedeva il figlio Guglielmo, di tredici anni, sotto la reggenza della madre Margherita di
Navarra. La situazione generale era pesante e ben presto si allargava il ventaglio degli
intrighi tra le fazioni. Tanto pi che, grazie alla politica di clemenza della regina
Margherita, molti baroni, tornati dallesilio o usciti di prigione, riprendevano possesso dei
feudi e dei castelli.
Preoccupata per la precariet e la gravit della situazione e per i complotti che riteneva
connessi alle trame dei baroni, Margherita di Navarra, nel 1166, faceva venire in Sicilia
numerosi cavalieri dalla Spagna e dalla Francia e un suo cugino, Stefano di Perche, subito

nominato cancelliere e arcivescovo di Palermo. La scelta della regina suscit proteste e


preoccupazioni anche negli ambienti che sostenevano la corona.
Era per la revisione profonda del modo di pensare e di operare introdotta da Stefano di
Perche che infastidiva la gente e irritava i potenti. I quali non gli perdonava lefficienza e il
rigore nella gestione del potere, le riforme con cui intendeva porre fine alla corruzione dei
funzionari, agli abusi delle imposizioni fiscali e al lucroso sfruttamento della prostituzione
organizzato dallo stesso governatore del Castello di Palermo.
Latmosfera si faceva di nuovo incandescente e da ogni parte si ricominciava a ordire
complotti. Dopo varie e drammatiche vicende, caratterizzate da rivolte e congiure,
abbandonato anche dalle guardie regie che non intendevano difendere uno straniero,
Stefano di Perche fu costretto a giungere a patti con gli oppositori: in cambio della vita fu
costretto ad abbandonare la Sicilia. Vera e grande sconfitta era per la regina, costretta ad
accettare la ricostituzione del consiglio di reggenza in cui era netta la prevalenza della
componente ecclesiastica.

4.3 Guglielmo II
Nel 1171 Gugliemo II, raggiunta la maggiore et, incominci a regnare da solo.
Guglielmo II voleva garantire lequilibrio di forza tra i vari consiglieri e intendeva
rivalutare la preminenza del re rispetto a chi cercava di collocarsi ad un livello pi alto di
rappresentativit e peso politico.
Gli uffici che durante gli anni di Guglielmo II subirono una pi profonda ristrutturazione
furono quelli finanziari e fiscali. La dohana de secretis, che fin dal tempo di Ruggero I era
stata lorgano fondamentale della struttura finanziaria, veniva profondamente rinnovata.
Con la riforma fiscale di Guglielmo II appariva per la prima volta la dohana baronum,
ufficio che svolgeva, per le parti diverse del Regno di Sicilia e Calabria, le competenze
relative ai feudi e ai loro obblighi verso la corona.
Le classi produttive urbane dei principali centri marittimi non riuscivano ad operare in
modo da rendere competitivo il livello delle loro attivit produttive.
Per quel che si riferisce alle questioni di politica estera da sottolineare linsistenza di
Guglielmo II a portare avanti, con notevole dispendio di risorse, le tradizionali mire
espansionistiche della casa dAltavilla nel Mediterraneo e nel Levante. Guglielmo II era il
solo che perseguiva per terra e per mare, senza badare a spese, gli infedeli.

Malgrado le varie spedizioni, Guglielmo II non riusciva per a piegare a proprio favore
lequilibrio mediterraneo e ad aprirsi la strada vero lOriente. A sbarrargli laccesso, oltre
che le Repubbliche marinare, e Venezia, stava Federico I Barbarossa.
Nei confronti del Barbarossa la posizione del re normanno si era indebolita specie dopo
che il sovrano di Sicilia aveva accettato unalleanza, sancita dal matrimonio fra Enrico VI e
Costanza dAltavilla, zia di Ruggero II. Con un matrimonio che rendeva inevitabile il
passaggio della Corona normanna al giovane svevo e futuro imperatore.
Guglielmo II mor senza figli il 1189.

4.4 L'eredit di Costanza


Il matrimonio di Costanza e di Enrico fu celebrato il 1186, con sfarzo favoloso, nella
Basilica di SantAmbrogio di Milano. Le nozze ponevano la corte e i territori normanni di
fronte a una crisi grave: da una parte i seguaci dellarcivescovo di Palermo che insistevano
sulla necessit di accettare come erede di Gugliemo II, Costanza e Enrico VI; dallaltro le
fazioni sostenute dal papato e Tancredi di Lecce, che erano pronte a dichiarare illegittime
le nozze della principessa. Nel gennaio 1190 fu eletto re Tancredi di Lecce, nipote di
Guglielmo II.

4.5 La promotio regia di Tancredi


Appare chiaro come per Costanza e i suoi sostenitori non era facile puntare sul rispetto
della volont e decisione regia. O, almeno, non era possibile puntarvi senza spezzare in
due il paese: da una parte i patrocinatori del diritto successorio di Costanza, dallaltra
quanti erano favorevoli a Tancredi.
Va sottolineata la mancanza di dati precisi sul sistema elettorale con cui veniva sancita la
sua promotio regia. Le fonti pi ricche di particolari sullargomento limitano lelettorato
alle sole componenti del consiglio della Corona.
La precariet degli equilibri, le tensioni fra cristiani e musulmani in Sicilia, i contrasti
contro Riccardo cuor di Leone che aveva fatto tappa a Messina contribuivano a indebolire
la posizione di Tancredi. Il quale trova difficolt a far fronte alloffensiva di Enrico VI e a
impedire che, allinizio del 1191, limperatore arriv in Campania. Dopo i primi favorevoli
risultati, Enrico VI, a causa di alcuni disordini in Germania e di una sua malattia, fu
costretto a rinviare loffensiva che riprendeva solo alla morte di Tancredi il 10 febbraio
1194. Limperatore del Sacro Romano Impero la notte di Natale 1194 fu incoronato re di

Sicilia. Il giorno successivo fece arrestare e spedire in Germani ala vedova di Tancredi col
figlioletto Guglielmo III.

4.6 Enrico VI
Le scelte di Enrico VI nel Regnum erano tese a sostenere lImpero e la politica imperiale,
subito riassegn terre e territori a favore dei cavalieri germanici che lo avevano
fiancheggiato nella conquista; introdusse pesanti imposizioni fiscali. And finalmente in
porto lantica aspirazione germanica di riunire il Sacro Romano Impero al Mezzogiorno
italiano e alla Sicilia.
Ci si rende subito conte che la logica imperiale delle scelte politiche di Enrico VI
intendevano vincolare sia sotto laspetto economico, sia sotto quello amministrativo e
giurisdizionale, qualsiasi forma di autonomia cittadina, in quanto non voleva consentire ai
centri urbani lesercizio di libert che sarebbero potute trasformarsi in posizioni di
dissenso verso limpero.
Le rivolte vennero duramente soffocate con metodi repressivi duri e crudeli, che portarono
terrore e paura negli animi della popolazione.
Anche in questa difficile situazione, Enrico VI rimaneva sensibile alla politica
mediterranea.
Il 28 settembre 1197, per il riacutizzarsi di una infezione di dissenteria, limperatore a soli
21 anni mor.

Capitolo 5
La monarchia di Federico II
Con la morte di Enrico VI, il Regnum ricadeva nel caos. Nel testamento, aveva predisposto
che ampio spazio di potere, durante la reggenza, fosse affidato al gran siniscalco
Markwaldo di Anweiller. Costanza per, riusc a mettere da parte il condottiero germanico
e a farsi restituire la patria potest sul piccolo Federico Ruggero natole a Iesi il 26
dicembre 1194.

5.1 .Il progetto meridionale di Innocenzo III


Costanza per, per far fronte alle componenti germaniche, fu costretta a rivolgersi a papa
Inoocenzo III, che dava la sua disponibilit.

Obiettivo di Innocenzo III era di scongiurare che la corona fosse tenuta dallo stesso
sovrano che disponeva gi di quella dellImpero. Anche perch Innocenzo III incominciava
a recuperare nel regno e specie in Sicilia sostanziose fette di potere.
La prematura morte di Costanza, il 1198, indeboliva per i gruppi vicini al pontefice, ma
Innocenzo III era riuscito a farsi incaricare da, parte di Costanza, della tutela del piccolo
Federico Ruggero e a imporre un consiglio di reggenza costituito da 4 vescovi e posto sotto
il controllo di un vicario apostolico.
Quando nel 1208 Federico II raggiungeva la maggiore et, papa Innocenzo III, con
lappoggio del re di Francia, lo fece eleggere imperatore nel 1212. Si rec subito in
Germania a fronteggiare Ottone di Brunswick; egli infatti era stato nominato imperatore e
rivendicava la sovranit dellimpero sui territori della chiesa, venne scomunicato da papa
Innocenzo III che appoggi la successione imperiale di Federico II. Nel 1214 Federico,
appoggiato dal re di Francia Filippo Augusto, sconfisse Ottone in battaglia .

5.2 Restaurazione sveva del potere regio


LImperatore ritornava nel Mezzogiorno nel 1220, nel frattempo la reggenza era stata
affidata alla moglie Costanza dAragona.
Si preoccup subito di risolvere le conflittualit con i Saraceni, che furono sconfitti e
deportati a Lucera.
Nel 1220 promulg a Capua le Assise, delle leggi con cui Federico II rivendicava alla
Corono i diritti regi, revision ogni concessione feudale e fece restituire alla Corona tutti i
beni e i privilegi ottenuti illegalmente negli ultimi 30 anni.
Con le costituzioni di Capua si continuava a mantenere, come gi in epoca normanna, il
sistema feudale. Le lo scopo di Federico II non era infatti quello di abbattere la feudalit,
ma quello di ridimensionarne la capacit economica, ridurne gli abusi e regolarne i
rapporti con la Corona.
Federico II avviava un processo di restaurazione del potere, riservando alla Corona il
diritto di revocare la concessione quando richiesto dagli interessi del regno.
Si ripeteva in fondo quanto era avvenuto con Ruggero II: la ricerca cio di un sistema di
potere nel quale lequilibrio con la Corona e feudatari venisse garantito oltre che da un
apparato burocratico dipendente dal sovrano, anche da una politica di privilegi. Va
ricordata anche la norma De resignandis privilegiis, con la qualesi prevedeva la radicale

revisione di ogni concessione feudale e la restituzione dei beni e dei privilegi illegalmente
ottenuti negli ultimi trent'anni, conferma sia la decisione di Federico II di ricostruire il
demanio regio, sia la volont di colpire la classe feudale.

5.3 Apparato amministrativo e finanziario


Ogni potere amministrativo, esecutivo e giudiziario era riservato al sovrano ed esercitato
dal gran giustiziere.
Al vertice dellamministrazione finanziaria troviamo un decretus Messane per la Sicilia
Orientale, di cui faceva parte anche la Calabria, e un decretus Panormi, per la Sicilia
Occidentale. I due uffici vennero poi riunificati nel secretus Siciliae; le cui competenze
erano numerose: lamministrazione delle dogane di mare e di terra, la cura del patrimonio
demaniale, lapprovvigionamento delle navi regie e dei castelli, il pagamento dei salari agli
ufficiali civili e militari.
Una notevole importanza era stata riservata dagli svevi alla polizia politica, uno
spionaggio cos perfezionato che il sovrano, anche lontano dal Regno, era ben informato di
ci che accadeva.
Lo si nota dalla lettera che il sovrano Federico II inviava a Tommaso di Montenero, il quale
aveva nominato come giudice un illetterato e assolutamente inadatto a tale ufficio.
Federico II non voleva che lamministrazione della giustizia sia venduta per venalit, per
cui gli ordinava di allontanare il suddetto illetterato per sostituirlo con uno
sufficientemente istruito.
Per far fronte alle esigenze di ordine burocratico-amministrativo e di ordine giudiziario
Federico II aveva bisogno di larghe risorse finanziarie e di funzionari stipendiati, esperti e
capaci.
Le funzioni di questi burocrati erano indispensabili alle attivit finanziarie, civilistiche,
demaniali ecc.. e tutta lamministrazione, d'altronde, era basata sui rapporti scritti, e
dunque vi era la necessit di avere gente che li sapesse redigere. E proprio alle necessit di
queste mansioni burocratiche si deve la fondazione di una Universit a Napoli nel 1224,
che comprendeva tutte le facolt ad eccezione di quelle medica, che era alla Scuola di
Salerno. La Scuola di Salerno era divenuta nel XII secolo famosa ovunque. AllUniversit
di Napoli veniva invece affidato il compito di preparare notai, giudici, legisti, di preparare
cio un corpo giuridico-amministrativo cui affidare il potere esecutivo e quello giudiziario.

E a tal fine, Federico II, offriva ai giovani molte facilitazioni per la frequenza
dellUniversit napoletana.

5.4 Le Costituzioni di Melfi e l'dentit della monarchia


Nellagosto del 1231, nella dieta di Melfi, promulg le Costitutiones regni Siciliae. le
Costituzioni di Melfi sono un corpus di diritto pubblico e amministrativo che
rappresentava un momento molto importante della legislazione medievale, ed
esprimevano una visione dello Stato che affondava le sue radici nella tradizione
giustiniana.
Costituito da tre libri e preceduto da un Proemio, il testo delle Costituzioni dedicato
allordinamento del Regno e alla sua tranquillit pubblica, al diritto penale e procedurale,
alle giurisdizioni dei giudici regi, al diritto feudale e demaniale, al matrimonio, alle
successioni ecc. La costituzione di Melfi rimase a fondamento giuridico del Regno di Sicilia
fino al secolo VIII.
Dalle costituzioni emerge poi il contenuto sacerdotale del Regno e della partecipazione
allImpero universale.

5.5 Citt e ceti urbani


I provvedimenti della Costituzione di Melfi non prevedevano la partecipazione del
cittadino al governo locale e venne meno quindi il formarsi di una classe sociale
cointeressata allo spirito e ai voleri della monarchia.
Anzi, la politica economica di Federico II aveva imposto nuove tasse e la pressione fiscale
aumentava. Di fronte alle prime insofferenze e ai primi tentativi di resistenza da parte dei
cittadini che si ribellavano, Federico II soffocava le rivolte con facilit ricorrendo alle
punizioni esemplari e alleliminazione fisica dei capi e delle persone compromesse.
A Federico II sfuggiva non solo il senso delle citt e delle forze vive che incarnavano, ma
anche il significato economico che rappresentavano. Si ha limpressione che le citt fossero
importanti per Federico solo in quanto utili strumenti di prelievo fiscale e di difesa
militare. Preoccupazione principale per Federico rimaneva il dissidio di fondo col papato e
la preparazione dello scontro con i comuni lombardi. E per fare fronte a queste scelte di
politica imperiale, il sovrano non aveva altra risorsa che il sostegno della classe feudale e
linasprimento di tasse e imposte.

La politica economica di Federico II tendeva ad avvantaggiare il tesoro regio e non a


sostenere lo sviluppo commerciale e produttivo poich, le operazioni finanziarie
dellimperatore miravano ad un bisogno immediato di capitali. Scopo principale del
sovrano svevo rimaneva quindi non il benessere per i sudditi o quello del regno, ma il
potenziamento della Corona che non era solo quella della Sicilia, ma anche del Sacro
Romano Impero. Federico II si sentiva infatti prima imperatore, poi re.

5.6 Campagne, produzione agricola, ceti rurali


La vita economica del Regno era basata sullagricoltura e pastorizia. Dunque, una
posizione ancorata alle campagne che rimaneva inalterato nelle sue tradizioni, nei suoi usi,
nei rapporti sociali ed economici; che erano poi quelli della struttura feudale.
Parecchi indizi suggeriscono una progressiva depressione delle campagne e della
produttivit agricola destinata a ripercuotersi sulle successive vicende del Mezzogiorno e
della Sicilia. Nel Regno, vi era quindi un malessere generale e una economia
sostanzialmente pi fragile di quella normanna e comunque non in fase espansiva.
Vi era comunque la presenza di masserie regie, gestite a conduzione indiretta, cio con
manodopera in gran parte salariata e talvolta specializzata nei singoli settori.
Il regno voleva che le masserie fossero unit operative con tutti i caratteri di unimpresa
fondata sulla razionalit e sullefficienza. Ma erano unit operative che costituivano una
superficie molto limitata delle campagne meridionali.
Sui problemi delleconomia federiciana si soffermata la recente storiografia, ricostruendo
i sistemi di scambio e la dislocazione delle fiere; la qualit e la quantit delle merci
importate ed esportate; i criteri di distribuzione dei prodotti di immediata necessit
quotidiana, come il frumento e i tessuti.
I mercanti e gli operatori forestieri erano i protagonisti quasi esclusivi delleconomia del
regno; di una economia caratterizzata dagli scambi di materie prime e prodotti agricoli
meridionali con manufatti del nord.

5.7 Lo scontro col papato


Componente fondamentale della politica di Federico rimaneva lo scontro col papato. I
motivi di fondo erano da ricondurre alle tradizionali divergenze tra papato e impero, ma
anche dalla necessit pontifica di evitare laccerchiamento territoriale della Chiesa di Roma
da parte di un sovrano che teneva la corona imperiale.

Federico II venne scomunicato da papa Gregorio IX, poich non si decideva a partire per le
crociate.
Quando limperatore part, il pontefice decise di invadere il Mezzogiorno. Ma linatteso
sbarco dello svevo a Ostuni costringeva Gregorio IX a chiedere una pace. Federico si
mostr conciliante perch si rendeva conto della necessit di una intesa con la Chiesa per
rafforzare la sua posizione allinterno del regno e nei confronti dellEuropa. Una pace che
comunque non eliminava il dissenso di fondo.
Vennero poi istituite nel regno tribunali dellinquisizione con il compito di scovare e
condannare gli eretici. E non solo gli eretici. Sono infatti frequenti le testimonianze con le
quali il pontefice invitava Federico II a distinguere fra eretici e coloro che erano soltanto
ribelli al sovrano. Perch limperatore mandava al rogo chiunque si opponeva alla sua
politica. Scopo dellinquisizione, secondo Pier della Vigna, non era tanto la caccia
alleretico, quanto la diffusione di uno stato di terrore per mezzo del quale si poteva
ottenere tutto.

5.8 Cultura e potere alla corte sveva


I tanti castelli fatti costruire dal sovrano svevo, che rispondevano certo alle esigenza di
fortificazione del regno, ma i cui impianti architettonici rimangono un polo di riferimento
al gusto, alla cultura.
Molteplici erano le sollecitazioni e curiosit culturali di Federico II. Ma la cultura veniva da
lui considerata non solo come amore del sapere, ma come strumento importante di
governo.
Alla corte sveva prendeva corpo e si sviluppava quella scuola poetica che Dante chiam
scuola siciliana. E che era appunto accademia aristocratica, aulica e cortigiana, dove si
raccoglievano, accanto allo stesso imperatore, funzionari e dignitari, notai, giuristi,
cavalieri e uomini di spada.
Il gruppo dei poeti e degli uomini di cultura della corte sveva era in prevalenza costituito
da funzionari regi e da burocrati, la cui posizione intellettuale finiva col coincidere con la
linea del potere del sovrano.
Lopera di Federico II De arti venandi cum avibus evidenzia le aperture del sovrano svevo.

5.9 Manfredi

Federico II moriva il 13 dicembre 1250, a 56 anni. Lo scenario generale era caotico, e non
era certo il pi favorevole per limpero e in particolare per gli svevi. Federico II aveva
lasciato un testamento nel quale indicava Manfredi come reggente del regno fino allarrivo
in Italia di Corrado IV, dichiarato dal sovrano come unico erede. Manfredi, che riusc a
mettere ordine in Puglia.
Larrivo di Corrado IV (1252) nel regno sembrava risollevare le sorti della monarchia. Ma, il
pontefice, convinto di aver trovato nel figlio di Enrico III dInghilterra luomo che doveva
governare il Regno di Sicilia, scomunic Corrado IV.
Dopo limprovvisa morte dellimperatore nel 1254, che rendeva pi caotica la situazione e
accelerava la fine della casata sveva, Manfredi riusc a imporre il proprio potere facendosi
incoronare a Palermo re di Puglia e di Sicilia.
Con lelezione del nuovo papa francese Urbano IV, la chiesa era ormai decisamente
orientata a rafforzare il partito guelfo e a trattare con Luigi IX la soluzione della questione
siciliana a favore di Carlo I dAngi.
Nel 1263, Carlo dAngi scese in Italia. Lo scontro armato con il Sovrano di Sicilia era
inevitabile, e nel 1266 Manfredi perse il regno e la vita.
Carlo dAngi, incoronato a Roma, diveniva sovrano del Regno di Sicilia.

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