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PIRDUSI

IL LIBRO DEI

RE

POEMA EPICO
RECATO DAL PERSIANO IN TERSI ITALIANI
DA-

ITALO PIZZI
L'epopea persiana, nel suo insieme, produce l'impressione dell'incommensurabile,
simile alla volta del cielo stellato, che riunisce nei suoi fulgidi sistemi di stelle l'infinita pluralit dei mondi.

SCHACK.

VOLUME OTTAVO

TORINO

VINCENZO BONA
Tipografo di S.

1888

M.

Propriet Letteraria

8i58fi

RE SASSANIDI
{seguito)

I.

I.

Il

re Khusrev-Pervzi

Principio del regno di Khusrev-Perviz.


(Ed. Cale. p. 1866-1867).

Rapidamente

allor con

due destrieri

Mandava Gustehm d'Azergashspe


Al tempio un uom, per ch'egli andasse tosto
Appo Khusrv per l'ombre de la notte,
Andasse a lui con quel novello annunzio
Da l'iranico suol. Giunse quel messo
Dal nuovo sire quando gi trascorsa
Era la notte fosca e tenebrosa

Perch novella era la luna, e aperto


Ci che vide e ascolt, con ansia e affanno,
Posesi a raccontar. Si

f' il

Pallido in volto quale

garzone

pur del

fiore

Del fiengreco la foglia, e cos disse:

Di chi per

manco

Lungi sen va da
Gh'
Del

prudenza, n ha timor dell'opre

di

ciel sublime,

Tutta la

Che tu

di saper, nell'ira,

la diritta via

vita.

inutil cosa rendesi

Che

dicesti a

se tal sventura
me, tornami a bene.

6
Davver! che

il

Gangiansi in

vampa che mi strugge

Che

padre

stese

Loco non

il

cibo mio, che

di

fi

al

sonni miei

sangue mio

Allora

la destra,

mio soggiorno in quella

Irania terra. Or io gli son qual servo,

parola ch'ei dice, obbediente.

Con uno stuol d'eroi, trafitto al core.


Venne per la sua via nell'ora istessa
Quale un rapido fuoco. Ei si temea
Che pria di lui giugnesse ambizioso

Behrm guerrier d'altero capo, e intanto


Da Brda e d'Ardebl si distendea
Quell'esercito suo, ratto ei venia

Con un inclito stuol di cavalieri.


Anche d'Armenia esercito discese,
Qual tempesta correndo per

la via

Con quel figlio di re. Come novella


In Bagdad ne arriv, ch'egli ascendea
Competitor del trono imperiale.
Tutta ebbe pace

la citt

per quello

Annunzio fausto, e per tal pace e quiete


Tocc il fin di sue brame il valoroso
Che ambia possanza. Vennero a incontrarlo
magnati e quelli tutti
Del castello
Che parte si prendean di tanta gioia,
Vennero dalla via fino alla tenda
i

Imperiale, favellando a lui

Di molte cose. Molte cose invero


Ei l dicean,

Khusrv

si

gli

ascoltava

de' prenci seguia nobil consiglio

Nel cor devoto. Ma sovra un tappeto


Posero intanto in bianco avorio un trono
E di gran prezzo un serto e una collana
Di fulgid'or, quale recata un giorno
Molti regnanti avean, quale gi molti

Monarchi

visti

avea su quel tappeto

re

Khusrv

nel suo dolor frattanto,

Entrando alla citt, venia dinanzi


Al padre suo con sospirosi accenti.
Or che dir di questa che si muove
Rapidamente n giammai si posa
Dall'opre sue, volta del ciel sereno?
Ella porge a qualcun reale
Altri

abbandona

al

un

mar, quale

serto,
a'

Esca segnata. E quegli ha nudo

suoi pesci

il

piede,

man, scoverto il capo, e loco


Di riposo non ha, non di quiete.
Ella porge a tal altro un miei soave
Ed un latte purissimo e di seta
Vuota

la

Anche

il

riveste e di broccati. Alfine,

Ambo sen vanno de la terra al grembo.


Ambo vanno a cader nel tenebroso
Laccio

di

morte. Che se l'uora ch' saggio.

Nato non fosse mai, giorno di guerra


Mai per lui non sarebbe, e se yeduto
Nulla del

mondo

egli s'avesse,

cosa

Miglior saria veracemente, grande


si mostri o picciolo fra gli altri.
per l'opre di Khusrv, novella
Fatica porterem, nuovo racconto
Apprestando a lettor di queste carte.

Sia ch'ei

Ed

II.

or,

Colloquio di Khusrv col padre.


(Ed. Cale. p. 1867-1869).

Come

sedette su quell'aureo trono

Prence Khusrv, ne and ciascun che avea


Nobile ingegno. Elli invitar quanti erano
D'inclito pregio e sul novello serto

Sparsero gemme. Cosi disse allora

8
A' sacerdoti

il

re: Questa corona

non tocca alcuno


Oh! mai non sia
Arte alcuna di me fuor che giustizia,
Che iattura pur sempre arreca a noi
Ogni ingiusto operar, si che si volge
Al bene ognor nostro regal consiglio
Con ciascuno quaggi, sciolta la mente
D'opere prave dal pensier. Frattanto,
10 da l'Eterno il mio novello trono
Ricevo si, la mia novella sorte
Splendida e ricca di gran pregio. Voi,
Voi pur ponete al mio comando il core,
In ogni opra ver noi con tre impromesse.
E in pria l'uom saggio non si offenda ancora
l'aureo trono mai

Se non

d'inclita sorte.

Non

volgasi ribelle al re la fronte;

Al terzo loco, da cose d'altrui


Lungi si resti, che cotesto adduce
Duolo a chi '1 fa. Sovente altri in tal voglia
In buona ora s'accende o intempestiva
Anche per cosa che non ha valore,
;

11

cor d'alcuno arde sovente. Intanto,

Vuoisi ritrar da quest'arma fallace

Pronta

la

mano

e la diritta via

Di giustizia cercar. Qual poi cosa

Che ad uman

senso accordisi, cotesta

Accetti la ragione. Odii o contese


Io non ho con alcun, s'anche qualcuno
Per s cercava la corona mia
l'anello regal. Ma chi ha per nobile

Lignaggio in terra nascimento illustre.


Non favella ad alcun fuor che in giustizia.
Sola vi resti sicurezza ch'io
All'opre

d'Ahrimn non pongo

il

core.

Ciascun che udia del prence le parole.


F' voti e auguri per il suo regale

Trono e pel serto. Andavano gioiosi


Da quel seggio regal, benedicenti
Alla fortuna di tal re. Discese
L'inclito sire da quel trono ancora

Beato e

lieto,

ma d'Hormzd

Fece costante per

Come

ricordo

notte intera.

la

spari dell'atra notte

Negro qual scheggia d'ebano,

il

velo,

e agli orecchi

Giunse cantar di galli da lontano,


Discese al padre suo quel re del mondo
Subitamente, al cor ferito e pieno
Di duol nell'alma.

Come

vide, in gemiti

il

proruppe e l'ossequiando intento


Stette lung'ora innanzi a lui. Del padre

Ei

si

Come

vide Khusrv disfatto il volto,


Per acerbo dolor mand dal core
Un sospiro profondo. Ei ne baciava
Gli occhi e la testa e i pie, gonfio di duolo

Nel cor trafitto e lagriraoso in volto.


Fin che dir gli pot Deh padre un giorno
S fortunato, a Nushirvn monarca
Erede in terra, ben sai tu che s'io
Stato qui fossi a te sostegno, alcuno
Trafitta non t'avria neppur con picciolo
Ago la punta d'un tuo dito. Or vedi
Qual comando mi dai; che a te ne venne
Aspro dolor, m' pien d'affanno il core.
Che se comando mi dai tu, qual ervo.
Custode al capo tuo, qui resterommi
Alla tua porta, ne vogl'io d'armati
Una falange, n mi chieggo un serto.
:

Ch'io

medesmo

dinanzi al seggio tuo

Recidere vorrei questo mio capo.


Dissegli

Hormzd:

saggio

figlio

mio.

Questo giorno di doglia e di rancura


Per me ancor passer, ne lungamente

10

Incolume sar chi a me f' questo,


Che passano per noi rapidamente

Or io da te desire
Ho di tre cose, ne pi in l da queste
E cerco e bramo ed una si che ogn'alba,

Dolori e gioie.

Di gran mattin, con la tua cara voce

L'orecchio mio tu allegri, indi mi mandi

Un cavalier fra
Han la cervice,

questi che levata

qual di lunghe guerre


Abbia ricordo e di battaglie e assalti
Faccia sermone ed aggia per
boschi
Cacciato ancor. M'invia pur anco un savio,
D'antica et, che favelli de' prischi
i

Re
Un

della terra e portimi notato

libro suo, perch m'allevii almeno


Questa rancura e il mio dolor. Ma terzo
Desire questo ancor che li tuoi zii

Servi,

non

pari, siano a te;

non veggano
il mondo,

D'oggi in avanti con lor occhi

mio

tu, pel

dolor, l'alto tuo sdegno

Contr'essi muovi.

Khusrv

re, gli

rispondea

incolume non resti


Chi non si duol per tue pupille spnte;
E se alcuno v' pur nell'alma trista
Che nemico a te sia, lungi da questa
Terra sen vada. Ma tu nota intanto
allora,

Gol sereno tuo spirto esser de' prodi

Behrm Ciubineh
Seco menar qual

il

capitano, esercito

pi assai di computo,

Cavalieri ed eroi che vibran spade.

Che

se la

man

stendiamo a Gustehemme

Per castigarlo, non avremo in terra


Loco tranquillo ad abitar. Ma intanto.
Perch qui sia per te un antico scriba
Che legga al mio signor d'antichi eventi
La storia, e seco un cavalier nutrito

11

Nelle battaglie, quale ancor le leggi


De' banchetti conosca e de' conviti.

Un nuovo

in ogni

Avr pensiero,

Pel dolor tuo non

Non

dir

che

tempo

io d'inviarti

e tu dolente e

ti

ti

mesto

mostrar. Tal duolo

venia da Gustehemme,

Ch'esso da Dio, per opere e per detti

Non conformi

adunque

a ragion. S'allieti

In tale affanno

il

tuo bel cor, congiunta

Sia pazienza al senno tuo.


S'io dalla sorte

Ma

poi.

toccher mio dritto,

La mia vendetta piglier su questi,


Gustehemme e Bendy tristi ed indegni,
Senza lenzuolo funeral gittandoli
Esca de' cani. E tu beato sii,
Figliuol di Nushirvn; l'anima tua
Eternamente giovane si resti
Dicea cotesto e lagri mando usca
Dal cospetto di lui; non per schiuse
Ad alcuno quaggi quel suo secreto.
Pi assai del suo signor pieno d'amore
Era quel figlio, ed un antico saggio
Sentenza disse in ci Giovane amico
!

Di sermon dolce ed eloquente assai

di

vecchio miglior, cadente e stanco.

Eppur, l'uom stolto e il sapiente ancora


Avranno un giorno da la stessa terra
Coperto il capo. Non scampo mai
Dall'apprender cotesto, e chi dirla
Che pari son fra lor l'uom saggio e dotto

lo stolto e

Nobile meta
Ti dar

Come

il

l'ignaro? In sapienza
di te sta;

tua pace

cielo in paradiso. Intanto,

sostien la fragile persona

L'alimento quaggi,

di

sapienza

L'alma abbisogna, e non scampo. Iddio


Tu chiama

12

vincitor, santo e possente,

In tutte l'opre, e non temer di cosa

Che

altri stimi

HI.

quaggi picciola o grande

Venuta

di

Behrm Cibineh

(Ed. Cale. p. 1869-1872).

Come

intese

Per avverso

Behrm quale

destin, trista

incogliea,

sventura

L'inclito sire (avergli altri ne' fulgidi

Occhi confitto arroventato ferro,

Onde s'erano estinte ambo coleste


Lampade chiare, come bei narcisi
In ameno giardin, sedersi il figlio
Sul trono suo regal, riversa al suolo
Della fortuna la grandezza), questo
In ascoltar, stupa Behrm guerriero

impallidia. Ne' suoi pensieri assorto,

Cosi dicea: Giunse per

me

stagione

D'armi e d'assalti, e recheremci in pugno


Del mondo signora col valor nostro.
E comand che fuori altri recasse
timpani sonanti e alla campagna
Si traesse il vessil di sua grandezza.

Le provvigioni

egli apprest, l'esercito

In ordin pose e favell di sua

Vicina guerra con Khusrv. Si mosse


Quell'esercito allor quale un gran monte

Che via cammina, fin che ardito e presto


Di Nahrevn alle sponde giungea.
Dell'opre di costui come novella
Ebbe prence Khusrv, molto si dolse
Di questa impresa impetiiosa e tosto
Vigili attorno esploratori suoi


Mand

le

13

cose a investigar del mondo.

Primamente d'uopo

Disse a cotesti:

Accertar de l'esercito nemico


Qual sia secreta voglia, e se fra l'armi

Con Behrm battaglier que' prodi

suoi

Saran concordi; ovver, cotesta impresa


Lunga sar per noi. Veggasi ancora
Se Behrm si fa duce al medio loco
Dell'esercito suo, se ad un de' corni,
Come si asside allor che in sua presenza
Accoglie altrui, se ne' viaggi suoi

Cerca

la caccia.

Magion

Uscan

dalla regale

di lui gli esploratori, e

niuno

Dell'esercito suo di tal secreto

Conscio fu allora. Andaron

ritornar; secretamente

Appo

ci

tutti e

videro

vennero

lor prence e dissero: L'esercito

In ogn' opera sua col duce accordasi.


Giovinetti sian

o sian degl'incliti

elli

Principi suoi. Nell'ora che le armigere

Schiere egli

mena per

Dell'ampio stuolo

Volge talor verso


Talvolta ancor,

ei

sta

la via, nel

diritta e a

tal'

mezzo

per alcun tempo,

manca

altra ove s'accolgono

Le provvigioni. Ed egli tal che lungi


Vede con gli occhi de la mente e cercasi
Ardite imprese. Anche il vedemmo noi
Eroe prudente e cavalier. Ma sempre
Ei la sua gente serbasi secreta

d'uopo egli ha di gente estrana, e al tempo


come i re pur fanno,

Ch'altri egli accoglie,

In trono asside, cercasi la caccia

Per la campagna con segugi e nulla


Ei vede o sa fuor che di re battaglie,
E leggesi pur sempre di Kalla

di

Dimna

il

volume.

Al

consigliere

14

Lunga una impresa


Quando il destriero

Cosi disse Khusrv:

Ecco! innanzi

ci vien.

Behrm sospinge
Anche de' mostri
L'alma

contro

al

suo nemico,

nel profondo

mare

frange. Imperiai costume

si

Dai re del

mondo

egli

si

apprese, e allora

Ch'egli ha, qual di', per consigliero

Di Kalla, davver! che niun

Gom'ei

fa,

uno

scrittor

che dia

fatica e a dolore oggi

il

libro

vanta,
consigli!

Gustehemme

Indi a Bend}'^ e a

si

ei disse:

slam noi

Davver! congiunti.
Ma Gherdy frattanto,
Endimn e Shapr, Darmn, signore
D'Armenia,

tutti,

con

l'iranio prence.

In secreto sedean, principi tutti


D'inclito

senno e

Principi re

bellicosi, e

Khusrv

a questi

cos dicea:

valorosi da l'eretta fronte

che chiaro
Senno possiede nella mente sua,
Per saper ch'egli vanta, ha intorno
belligeri miei, quegli

Una

al

corpo

n la spezza alcuna
Punta nemica fuor che de la morte
L'acuta spada. Ogni casco d'acciaio
Molle si fa dinanzi al mortai ferro
Qual molle cera. Ed or, d'anni minore
Son io di voi, n gi poss'io la terra
lorica,

Di giovent col debile consiglio

Attorno camminar. Dite qual sia


Arte sottile in ci, dite chi senta

Maggior dolore

in quest'alta ferita.

Dissegli allora

Lieto vivi,

il

signor,

sacerdote: Lieto,

lume e alimento

Di tal che ha parvo ingegno. Allor che in pria

Questo mistero del rotante cielo


Mostravasi, divisa in parti quattro


Fu

15

intelligenza. Parte ai re assegnata

una parte, che s'addice ai regi


Senno con maest. Fu l'altra parte
Dell'uom prudente, e and la terza ai servi
De' regnanti quaggi. Quando si trova
D'essa

Appo

il

re de la terra

non nasconde

un

fido servo,

senno suo. Restava


D'intelligenza picciola ed esile
Ei

Anche una

parte, e l'assegnava

All'uom che

Non ha
Non ha
Che

il

in villa

il

nacque. Oh!

saggio

ma

alcun sentore,
colui che non conosce Iddio

l'ingrato

d' intelligenza

se tai detti

il

mio signore ascolta

Quali un giorno dicea vigile e accorto


Il

saggio antico,

s'ei

con l'occhio puro

Del suo cor ci considera pensando.

Frutto eletto n'avr, tosto che forza


Dei saggi detti penetri
Dissegli

'1

il

suo core.

re: Se questi detti tuoi

Scrivessi in auro, degno ben saria

Di mio costume e dignit sovrana.


Il

dir parole oneste propria cosa

ma diverso in core
Un pensiero mi sta. Come di contro
Ambe si troveran le avverse schiere
E saliranno a' Gemini nel cielo
Di lor aste le punte, a me non certo
De' sacerdoti

Biasmo ed onta verr s'io fuor balzando


Dell'esercito mio dal medio loco
Verr, verr dinanzi alle adunate

Falangi in guerra e chiamer con alta

Voce Behrm, impuro capitano,


Duro nel suo deso. Pur della pace
Un vago aspetto additergli e molte
Carezze

gli far

lodando ancora.

s'egli ascolta le

parole mie.

16

Cosa miglior sar, che veramente


Qual gagliardo in questa reggia mia
Che gli sia pari? Ma se guerra ei cerca,
10 guerra cercher, menando incontro
L'una dell'altra le falangi nostre.
In tal sentenza che

novello sire

il

Cosi dicea, tutti que' saggi allora

S'accordar tostamente.

Benedissero a

lui,

prenci tutti

re della terra

mentre ciascuno
Lungi da te rimanga.

Festosi l'acclamar,

Cosi dicea:

Almo

signor, della fortuna avversa

L'opra malvagia! Abbi vittoria sempre

di

serto imperiai sovra la fronte.

re dignit, grandezza vera

Cosi disse Khusrv: Cotesto sia


Veracemente, alcun di noi non vegga
Iattura mai, non division d'amici!

Fuor

di

Bagdad

l'esercito ei traea

Subitamente, alla vasta pianura


Suoi recinti novelli egli traea.
Allor che per la via scendean vicine

Le schiere avverse, da una parte

il

duce,

quando cadde presa,


Quale in un laccio, questa lampa fulgida
eh' luce al mondo, e le sue trecce sparse^
La notte oscura, andavan le vedette
D'ambe le genti a custodir l'esercito
Da repente assalir di danno in via.
Ma tosto che la notte iva fuggendo
11

re da

l'altra,

Dalla spada del d, rapida in corsa


Qual colui che con aride labbra
Fugge temendo in cor, d'ambo i recinti

Levossi di timballi alto

il

sol gi si

un fragore

vedea qual de

Gruida secura. F'

comando

il

l'assalto

sire


A Gustehemme

17

ed a Bendy che in fronte

Si ponesser lor caschi alto ferrati,


co' suoi prenci d'anima serena
Di Nahrevn sino a le fonti ei venne.
Veniano allor senza frapporre indugio

Le vedette a Behrm. Venne, diceano,


A due tratti di frecce ampio un esercito.
Behrm, tosto che ud, trasse le schiere,
Tutti chiamando 1 prenci suoi gi esperti
Delle battaglie, e mont in sella a un candido
Corsier che bruna avea la coda, rapido
Nel balzar, con eretta la cervice
E di bronzo con l'ugne. Avea per armi

Un

ferro d'India, ch'era tal ne' colpi

Qual fuoco che da nube

il

si

scoscende,

destriero ei spingea quale

un baleno

Chiaro e lucente. Avea da man sinistra


Ized-gashsp malvagio, Azergashspe
E Yelan-sineh ancor. Venan cotesti
Pieni al cor di vendetta e di contese,

tre Turani ardimentosi, stirpe

Dei re

di Gina,

v'eran anco, accinti

Contro a Khusrv in fiera giostra ognuno


Ratto che il volto
D'esti tre detto avea
Dell' iranio signor vedrem da lungi
;

Dal medio loco di tue schiere, lui


avvinto o ucciso t'addurrem. Davvero
tua

Che
Da questa parte re Khusrv, da l'altra
L'eroe, nel mezzo la fontana limpida
Di Nahrevn. D'ambe le parti intanto
allor s'acqueter la terra

Stavansi a rimirar le accolte schiere


Come contro al suo re l'eroe n'andava.

FtRDcsi,

vni.


IV. Colloquio di

Khusrev

(Ed. Cale.

E Behrm
L'un

d'essi

18

L'altro di contro.

l s'incontravano,

oscuro e tristo
il prence

volto,

il

De

Behrm.

1872-1883).

p.

Khusrv

aperto

e di

terra

la

Candido come avorio un palafreno


Si cavalcava, d'oro in su la fronte

E di rubini un diadema e attorno


Un ammanto s'avea tessuto in oro,
Opra cinese. Gli era innanzi e guida
Prence Gherdy, ma Gustehemme illustre
E Bendy del monarca erano a lato
Con quello, di Berzn nobile figlio,
Kharrd, che un elmo d'or portava in fronte.
Tutti cotesti eran coperti d'oro

d'argento e di ferro, e

le

cinture

Auri-fulgenti sotto da' rubini

Non apparian per


Che di quel re di
Behrm scoverse,

gran copia. Allora

la

principi la fronte
dalle gote sue

Sparve color per improvviso sdegno,

Ed

egli ai duci si rivolse e disse

Ve'! che questo figliuol di meretrice,


D'infausti segni, da vilt e bassezza

valor

cintura cingeva!

si

levava e

si

fea ricco
s

gli

appare

Su quel volto d'avorio una lanugine

rara e sparsa

Re Fredin con

la

Ve'

ch'egli diventa

clava e la corona!

Egli impar costume imperiale,

Ma cesser per lui rapidamente


Nel mondo signoria. Ve'! che il bastardo


D'anima

19

fosca guidasi l'esercito,

Di Nushirvn qual costume! Or voi


Da un capo all'altro le sue accolte schiere
Mirate s, se v' qualcun fra' suoi
Di nome illustre. Un cavalier non veggo
Di pugne amante qual con me ne venga

Un

Ma

solo istante a contrastar.

Quei

si

l'opra vera,

De

le

intanto

vedr qual d'uomini gagliardi

spade

il

il

correr de' cavalli,

colpir,

che

sia

polve

la

Della battaglia, e de le ferree clave

Lo scender

forte e di saette acute

L'orrida piova e

Piglia!

Un

dalli!

il

gridar degli eroi

ritieni! . In questo

campo

non resiste allora


Ch'io dal mio loco a contrastar con l'armi
Balzo fremendo. E caggiono scrollate
Alla mia voce le montagne ancora,
elefante

fuggesi vigor di chi pi mostra

Ardimento nell'alma. Or, con la spada


Possente una malia su questo fiume
Avventer, volgendo in sangue tutte
Quell'acque sue dall'una sponda

all'altra.

Disse e dal loco suo quel suo destriero

Spron

Che

di

color bianco. Oh! detto avresti

un'aquila volante era

Veracemente. Angusto loco

il

ei

destriero

prese

far battaglia e l'esercito intero

lui meravigliava. Ei cosi venne


Al Nahrevn dal campo suo, dinanzi

Di

Cos fermossi

Ed erano con

a'

principi pi illustri,

lui de' prodi Irani

Alcuni inver, contro a Khusrv dell armi


Accinti gi per contrastar con seco.
Cos disse
Indizio chi

Khusrv Principi illustri.


ha di voi di quell'altero
:

Behrm

20
Giubneh

re,

Grherdy rispose.

Guarda all'eroe che candido destriero


L si cavalca. Bianca la sua veste,
pendagli, e in mezzo all'altre schiere
Neri
i

bianco palafren ratto

Il

Come
Da

vide

Behrm

ei sospinge.

del

mondo

il

sire,

conobbe

tal principio l'esito

Rapidamente e cosi disse: Quello,


quello si che lunga ha la persona,
Di color fosco qual

di

fumo, assiso

Sovra bianco destrier dal capo eretto?


Ei si, Gherdy rispose, egli colui
Che d'opre egregie non f' mai pensiero.

Se tu inchiedi colui dal dorso incurvo,

Khusrv dicea, ben aspri a le risposte


Far suoi detti. Quale adunco grifo
Ei reca un ceflfo e gli occhi ha chiusi pieno
;

D'ira

il

cor suo, diresti ancor. Se

il

guardi

que' tristi occhi suoi, maligno ei mostrasi.

Ch'egli di Dio nemico in terra. Intanto,


di sommission nella sua mente
non discopro, e niun d'obbedienza
Avr da lui ben che picciola prova.

Pensier
Io

A Bendy

poscia e a

Gustehemme

ei disse

Questa sentenza mia dal cor secreto


10 scioglier. Quando a portar suo peso
11 giumento non vien, quel grave peso
Reca tu stesso del giumento al dorso .

Ma
Un

poich corrompea
tristo

Devo,

Behrm Giubneh

la diritta via

Di Dio, signor del

mondo,

in qual

mai guisa

Potria veder? Quel cor ch' corruccioso

Per

Da

trista ambizion, frutto

consiglio d'altrui.

Ghe

non tocca
se tu scendi

Alla battaglia, ogni faccenda compiesi.


Ma vuoisi in pria dal suo principio al fine

Ogni cosa osservar. Chi sa, in battaglia


Chi vittoria s'avr, chi fia di doglia
Ricolmo e sazio e chi sar la luce
Dell'esercito suo? Cos dinanzi

Esercito ne sta gi in ordin posto,

duce Behrm che

n'

le battaglie

Cercasi e agogna, un uom, qual Devo ardito,


Tristo e malvagio, con drappel d'armati

Qual

di lupi ululanti

una caterva.

con me pur v'accordate, nulla


Onta m'avr da ci ch'io dico. Primo
A favellar m'avanzer con lui,
E questo meglio fia che ne la guerra

Che

se

Mostrar

vilt.

Che

se da lui parole

Io m'otterr dentro misura, antiche

viete

si

Ben che

faran per

me

sue colpe.

recenti e nuove. Io per la terra

Assegnergli separato loco,

D'animo grato g' imponendo ufficio


Nel darlo a lui. Cosi, la nostra guerra
Volgerassi alla pace insiem col fiero
Proponimento in questo campo d'armi,
E dalla pace un dolce frutto ancora
Io

si

m'avr, sar senza periglio

La mente

mia, d'ogni sospetto reo

Libera e

sciolta. Allor

Opera

sire,

il

il

Lieto per lui sen va.

Gustehemme:

che da mercante

cor d'ogni pi saggio

Dissegli allora

signor, vivi beato

Fin che tempo sar! Ne' detti tuoi


Perle tu spandi; tu di noi pi saggio
Sei veramente, ci che pi

Tu

fa.

Ma

ingiusto

ti

piace,

Nella giustizia, ecco! tu

sei,

servo tuo; tu pien di senno,


Quei di superbia e di codardo vampo.
Khusrv, come ascolt, sua via percorse,
il

22

Con

de

fiero incesso

le

squadre

venne-

ei

Behrm guerriero

Alla presenza e di

Fece inchiesta da lungi,

ei

che cercava

Di battaglia nel d feste e tripudi.


Cos disse a

Che rechi

Behrm: Fiero mortale

altera la cervice, quale,

Qual l'opra tua nel campo dell'assalto


Ornamento sei tu della mia reggia,

Gloria sei tu del trono mio regale

del serto, sostegno a' prodi miei

Della pugna nel

di,

quale una lampa

Fulgida e bella in tempo che s'appresta


Convito genial. Cerchi possanza,

se'

gagliardo e a Dio fedel. L'Eterno

Mai non tolga da te la mano sua


Or per di tua sorte ebbi pensiero
E con bont l'opere tue che festi,
Ebbi gradite, s che te con questo
!

Drappello tuo fajrommi ospite e gioia

questo spirto recher nel dolce

Aspetto tuo. Con diritto verace


D'Irania

ti

dir vassallo e duce.

Benedicendo in nome tuo l'Eterno.

Behrm eroe

quelle parole sue

Ratto che intese, abbandon

le redini

Al suo bianco destrier che bruna avea


La coda irsuta, e salut il suo prence
Dal dorso eretto del corsiero. Stette

Lungo tempo

l innanzi, indi rispose

Quel cavalier dal candido cavallo:


Lieto e allegro son io con la fortuna

ma per te non sia.


mai della grandezza il giorno.
Che ingiustizia non sai, non sai giustizia
Di tuo grado real Quando si prende
Costume imperiai chi degli Alani
Propizia e amica,

Deh! non

sia

23

Principe detto, ogn'uom


Il

di trista sorte

soccorre ed aita. Ed io pur anco

un

Della tua sorte ebbi pensiero, e

laccio

Novellamente a torcere mi posi


Per te, che tosto elever nel campo
Un alto legno e con quel laccio attorto

Ambe

le

man

Da

avvincer.

ti

quello

Arbor degno di te ti far appeso,


E amarezza per me vedrai del Fato.
Come Khusrv cotal risposta intese

Da Behrm

cavalier, quelle sue gote

Impallidir qual di fiengreco rosa.

Ben s'avvide che il cor mai non


Da pensier di corona o di regale

torra

Seggio colui, non tornerebbe mai

diritto sentier. Cosi rispose:

tu ingrato Davver che si non parla


Quell'uom che Iddio conosce! Allor che viene
Alle tue case un ospite da lungi,
Del tripudio nell'ora imprechi a lui.
De' regnanti costume oh non fu mai

Deh

Di questa foggia,

non

de' cavalieri

Che alta reggon la fronte, e ci non fece


Alcun d'Arabia, non di Persia alcuno.
Anche se a numerar trenta fiate
Anni cento vai

tu.

Di ci vergogna
e tu a la porta intorno

Ha l'uom eh' saggio,


Non t'aggirar d'animo
Che un

ospite gentil

Sol cos

come

fai

ti

ingrato. Allora

d una voce,

risposta rende

Malnato Devo; ond'io gi temo assai


a te ne venga di tuo danno il giorno.

Che
Che

tu stesso travolto

il

tuo consiglio

Conosci e vedi. Ogni tua aita in mano


Di quel Re eh' vivente in sempiterno.
Disciolto in suo voler. Del peccatore,

24

Dell'uom eh' ingrato, in biasmo la persona,


Nello sgomento il cor. Che se m'appelli
Re degli Alani, ad una parte sola
Ti apponi tu del nascer mio. Deli! forse
Che indegno son del grado imperiale ?
Forse che a me della grandezza il serto

Pi non s'addice ? L'avo mio fu Ksra,


Hormzd il padre mio; chi vedi o sai
E Behrm gli dicea
Di me pi degno ?

Deh! malnato,
Qual forsennato,

parole apristi

le

Ma

D'ospiti in favellar

Novella cosa, antiche

cui tu corri

Che

De' monarchi parole

Uom
Non
Gi

fai
?

saggio, cavali er
se'

nell'opre e negli accenti

tua natura
le

sentenze,

tu con quelle

e tu non sei
degno dell'armi

davver Tu degli Alani sire


or prence sei, ma veramente
!

fosti,

Meno

sei tu di tal eh'

servo ai servi.

Colpevole tu sei senz^i alcun frutto

non degno
Oh! ma qual
Me acclamar tutti prodi miei, ned io
Soffrir mai che l'orme tue malvage
Sopra

la terra,

non

Di grandezza fra

sei re,

prenci.

sire

Tu

stampi in terra. E s'io ti dissi ancora


Che infelice sei tu, che non s'addice
Grado a te di signore e di sovrano.
Questo diss'io (deh! tu monarca indegno.
Deh! tu non possa mai sopra regale
Trono posar!), perch gl'Irani avversi

te son tutti e te combatteranno,

Divelleranno

la

radice tua

Dall'imo fondo. Sulla tua persona

cute e vene schianteranno e l'ossa

Fien date

Perch

ti

ai cani.
festi

E a

lui

Khusrv: Deh!

impetuoso e altero

tristo.

25

Di questa foggia? Gran difetto all'uomo

Ree parole avventar, ma tal natura


Da principio la tua! Dal tuo cerbro
Gi

si

parta splendido senno; oh! rinclito

Prence beato che dal senno vero


Frutto raccoglie! Ma del tristo Devo
Di cui s'avanza del morir stagione,
Ratto s'allunga a dir parole stolte
La mala lingua. Eppur, gi non vogl'io

Che un prode qual


Per

ira e

Sar per

sei tu se stesso annienti

perda suo poter. Ben meglio


te se via dal cor discacci

L'ira inconsulta, ne

fremendo

vai,

Ma

su l'impeto getti una mala


Per raffrenarlo. Ti ricorda Iddio,
Giusto Signor, nella giustizia tua

Poni ragione a fondamento. Innanzi

Una montagna

hai tu

se tu la miri,

maggior di Bisutn del monte.


Che se un prence di te mai si facesse.
Ell'

Rovo infecondo tu saresti allora


Che a fruttar viene. Il core hai tu frattanto
Fermo in pensier di signora, ma quale
Sar consiglio dell'Eterno in questo.
Attendo di veder. Non so chi mai
Malvagia intenzion cos t'apprese.
Chi t'addusse a tal f bieca ed infausta
Ch' d'Ahrimne. Ma chi disse queste
Parole a te, con le parole sue
La tua morte sen va cercando attorno.
Disse cotesto e gi balz dal suo

Candido palafren, la preziosa


Corona sua levossi da la fronte

E gem
Al

sospirando e volse

sol splendente, in

Facendo

il

il

Dio pien

viso
di

core. Cosi disse allora

speranza
:

26

Giudice giusto e splendiente, l'albero


Della speranza per te sol ne viene
Frutti a recar!

Tu

sai chi sia

Cotesto servo innanzi a

te,

davvero

tu sai

Se per tal' onta piangere si dee


Sulla corona imperiai. Se il regno

Kay

seme forza pur che migri,


non cinger, ma quale
Fedele adorator n'andr ad un tempio
De'
I

dal

fianchi io pi

Del vivo Fuoco, n vorr alimenti


Fuor che di latte e d'erbe verdi. Argento
Ed auro non avr nel mio tesoro

E rozze lane vestir a quel loco


Ove servesi a Dio. Ma se tal regno
veramente il loco mio, se a Dio
Devoti siamo con giustizia vera.

Almo

Signor, tu fa vincente questo

Esercito pugnace e la corona

E il trono mio diniega al servo. E s'io


Toccher il fin della mia brama, al tempio
D'Azergashspe mener correndo
II palafren con la corona mia,
Con

la collana e

braccialetti e questi

Orecchini lucenti e questa ancora

Dorata veste che ha

Anche

l,

di

gemme

fregio.

presso a quella in lapislazzuli

Cupola eretta del delubro, cento


D'auree monete verser sportelle

E dramme centomila a' suoi devoti


Anche dar, tosto ch'io sia del momio
Ampio signore. Le citt che andarono
Per l'opre ingiuste desolate,
Fatte d'onagri e

ostello

di leoni agresti.

Tanto far che nuovamente a buono


Stato sian rese, n vorr che ingombre
Dimorino di spine e d'oziose

27

Erbe vivaci. E mander pur anche,


Tostoch da l'assalto io mi ritorni,
Centomila monete; e qual captivo
Gaggia

d'esti a

Quando a me

Behrm

seguaci addetti.

tragga chi prigione

il

fea,

il

Far che serva con devoto aspetto


Al sacro Fuoco,

cor de' suoi pontefici

il

E sacerdoti rallegrando sempre.


Disse cotesto e

lev dal suolo

si

Subitamente in pie. Quest'uom rizzavasi,


Ei che sofferta violenza avea.
Egli eloquente nel suo dir. Sen venne
Rapido si dal loco di sue preci
Come nembo che corre, e a quell'ardito
Behrm Ciubneh f' tal voce e disse
Infernal servo di malvagio Devo,
Che lungi vai da ogni saggezza, lungi
Mentre sen va da te regal costume
:

Devo

dignit, fu tracotante

Quei davver che con

ira

In questa guisa

agli occhi cieco

f'

ti

e violenza
!

Di senno in loco, la vendetta e l'ira

anche

Ti ritrovasti e laudi

Una

ottenesti

parve
Ogni loco deserto ed un giardino
La dimora infernal. Cos dinanzi
Al tuo cerbro si spegnea del senno
Dai

tristi

Devi.

La chiara lampa

citt

ti

e tolta fu la luce

Di te all'alma ed al core. Altri non fue,

Fuor che pieno d'inganni un

Che

in tua

grandezza

Abisso al fondo.

Oggi a

tal

ramo

tu la

di cui

Atro veleno e sono

Amaro

ti

tristo

mago,

traea di negro

man
son

distendi

le foglie

frutti suoi

Alcun di tua famiglia


Cotesto non cerc, n v' a chi '1 cerca
tosco.

28

Benedizione. Iddio cotal possanza,

Tal maest dar non ti volle, e forse


Ricordanza non hai di quello antico
Ourghin Aglio a Mild? Oh! sciagurato
E d'ingiustizia pieno, ardimentoso
A non possibil cosa il pensier tuo
Non volgere cosi, che non ha l'ale
D'aquila il granchio, e l'aquila non vola
Del sol pi in alto! Or qui giuro per Dio
Santo e pel trono e la regal corona
Ohe s'io te trover senza qualcuno
Degli armigeri tuoi, sol ch'io

ti

soffi

Incontro alquanto, non vedraimi in guerra


D'allora in poi mai pi. Parole udimmo

Acerbe molte, ma sostegno in Dio


vittoria, noi ci femmo. Indegno

Che d

Ov'io sar di regal soglio, oh! mai,

che campar qual servo io degga.


gli rendea cotal risposta
Stolto e malvagio che di Devo hai l'arti,
Il padre tuo, che govern la terra,
Amico della f, che mai non disse
Contro alcun di quaggi scortese accento.

Mai non

sia

E Behrm

Non conoscesti nel suo pregio e in guisa


E turpe e vii dal trono suo cacciasti
!

r, dietro a

lui,

vuo' tu regnar? prudente

E vigile esser vuoi ? Ma tu se' impuro


E nemico di Dio, n, fuor che male.
Cosa tu

ottieni

Spande sue

Stato ingiusto

da Lui

grazie.
si

che intorno
Hormzd ancora

s,

Che

fosse e

se
il

secol suo

terra al suo tempo avesser chiesta

lui, non per bello


che gli sei figlio, assiderti
In Irania e in Turania alto signore.

Aita contro a

Sara per

Non

te,

pel trono la tua vita; apprestati,

ci

Da

basti,

ti

lieta sorte

Ma

Chiara mi

Che

fa

la

io

Indi in Irania re son

De' giusti

oscuro avello, e lungi


va

Hormzd

Di prence

29

vendetta

chieder dapprima

io.

Tu

intanto

questa sentenza

e quale

l'approva acconsentendo,

cio tu dovessi a' re negli occhi

Rovente un ferro conficcar, che altrui


Vel conficcasse, far precetto? Il regno
Or troverai che spetta a me, dal sole
Fino al drago che il mar regge e la terra.
Khusrv dissegli allor: Deh! mai non sia
Che del padre al dolor gioisca il servo.
Scritto era questo, e ci che avvenne, avvenne^

Ma

tu parole su parole molte

Accumulando vai. Tu di te stesso


Re monarca far vuoi, ma se la morte
T'incoglie ratto, un lembo non avrai
Di benda fonerai.- Sul tuo destriero.

Con

Un

gualdrappa e con cotesti tuoi.


di cui deso non compiesi

tal

re sei tu,

In alcun tempo.

Non

Non

hai casa o albergo.

non terra o suolo,


E re sei tu pieno di vampo. Oh! certo
Che splendor non avrai su regal seggio
Con tali arredi tuoi, con tal ricchezza
E tal nome bugiardo! E di te prima
inclito natal,

Assai gagliardi gi vivean, di gloria

Amanti

s,

Non per

con ponderose clave;


cercar, ch'egli eran servi,

si

Di regal seggio indegni e di corona.


Dignit imperiai.

Ma

tu frattanto

Ad ogni tempo cresci in ira, e tinta


Gh' di pudor, non sale agli occhi tuoi.
Davver che il Fato ti disdegna, allora
Che ti si agita in cor nascostamente
!


Pensier malvagio

30

Iddio cre suoi regi

Sol per giustizia ch'elli avean, per alto

Pregio e illustre natal. D il regno Iddio


chi pi il merta, a chi pi saggio e scevro

pi d'offesa inverso altrui. Mi fece


Re degli Alani il padre mio, che appunto
Egli per me del traditor tuo laccio
Avea temenza. Ed or mi dava

Iddio

Imperiale dignit, grandezza

E trono

e serto di regnante.

Accettai

si

da chi del

mondo

dono

Il

Sire,

Conosci tor d'ogni celata cosa

d'ogni aperta

e l'ehbi per decreto

D'Hormzd regnante, che quel

serto avea

Del genitor qual nobile retaggio,


L'ebbi dai saggi e dal primo signore

De' sacerdoti, dai magnati illustri

da' prenci ch'esperti d'ogni cosa

Son

di

Che

gi rec di paradiso in terra

quaggi. Per quella fede ancora

Zerdsht, antico savio (allor ch'ei diede

A
Ed

re Lohrspe

messaggio di Dio,
a Gushtspe il diede).
quaggi, corruccio

il

ei l'accolse, indi

Ogni vivente di
Dato egli m'abbia o
Toccati

io n'abbia,

fulgidi tesori
tutti

insiem di sotto

mio schermo, ei sian nemici o amici.


Nelle citt che fr deserte attorno
Per l'ampia terra, dove stan celati

Sono

al

Poverelli e mendichi, io que' mendichi,

Vadano

erranti o in stabile dimora


Abbian soggiorno, far ricchi. Intanto
Ogni loco di spine ricoperto
Qtial paradiso render, di genti.

anche farollo.
che merto di qualcuno

Di quadrupedi pieno

lascier


Celato resti,

Che da tal
E porremo

31

compensando,

il

in bilancia

E peseremlo

il

core altrui

trarrem forza ancora

Dal nostro braccio. Quando


In sua giustizia,

La terra

il

lieti

Fato.

Hormzd regnava

eran per

il

lui

ne dubbio

figlio suo,

Il

in ci, dal genitore ebbesi

Ebbesi

in fino

vita ad altra verrein noi,

il

trono,

cinto e la corona e s'ebbe

Sorte propizia. Ma, deh! tu colpevole

E ingannator che pria cercasti guerra


Contro a principe Hormzd, non fu alcun male
Se non pel cenno tuo, per le tue frodi.
Pei tradimenti e per gl'inganni! Intanto,
Se il vuol l'Eterno, vendicando il prence
10 far

si

che questo

S'intenebri per

te.

sol

che ha

luce,

Di chi frattanto

degna cosa la corona ? e s'io


Non ne son degno, chi n' adunque degno
Behrm gli disse:
ardimentoso, quegli

N' degno

s che ti togliea cotesta


Regale dignit. Quando nascea
Di Babk da la figlia Ardeshr prode,
Nel tempo che tumulto era e scompiglio
Fra gli Ashkni monarchi, a morte forse
Che lo stesso Ardeshr non trasse allora
11 regnante Ardevn, forte e gagliardo
Si fece ei s, che vennegli il regale

Trono

in poter

Ma

pi d'assai di cinque-

s che omai caggiono


Corona e trono de' Sassni antichi
In un gelido obblo, che questo il giorno
Per noi del trono e della ricovrata
Nostra corona, e nostra impresa ardita
Congiunta vassi a fortuna che vince.
Ratto che vedrem noi pi da vicino

cento

gli

anni passar,

32

fronte tua, la tua fortuna e

La

il

serto

trono e l'ampio stuol de' tuoi guerrieri,


Qual leon che disciolto la feroce

il

Indole spiega, strugger cotesto

Cadente impero de' Sassni.


Cancellarne vogl'io da' libri

Il

nome

nostri,

Calpestarne col pie l'altero capo

E la corona, che real grandezza


Veracemente addicesi agli Ashkni,
Se pur giusto m'ascolta un uom eh'
stolto che ami le contese, a lui
Die risposta Khusrv, se dalla stirpe
De'

Kay

saggio.

vuol migrar la regia

illustri

Potest, chi sei tu fra questa turba?

Abitanti di

Rey che sono mai


Due volti

Nell'intimo del cor?

egli

hanno,

E qual mai senso hanno d'umani ? E

in pria

Picciolo stuol d'armigeri guerrieri

Uscia da Rey, qual

si

congiunse poi

Alle falangi d'Iskendr. Si cinsero


L'armi coi Greci, ed improvvisi e audaci
Il

trono

Ma
E

del

si

carpir de'

mondo

al

Kay

regnanti.

Signor ci non piacea,

grave iattura incolse a loro


medesmi, e allor sovra la fronte
D'Ardeshr grande pose il diadema
De' Kay antichi il Giudice supremo
Che aita i forti. Egli era degno assai
De' Kay del serto, ben che privo ei fosse
E di tesori e di monete. Ed ora
si

Per

lor

Passaron l'opre
E in aura lieve
I

nostri detti.

di que' prenci illustri,


tutti si

Quando

conversero

Iddio trascelse

Ardeshir per suo grado imperiale,


Altro non vide in lui che indole eletta
Quel Giudice verace. Or, chi pi degno


Di grado signoril

mondo

lastabil

33

mai

chi

Sol per giustizia e verit

La tua

di

questo

principe sovrano?

mi rendi

risposta, prenditi la via

Del ver, menzogne non cercando mai.


Come ascolt parole di tal guisa

Behrm

ardito, alla risposta pose

Oh

Altro principio.

Che

Kay

de'

si

Behrm guerriero

Khusrv: Quello son

Cosi disse a

io

sveller da l'imo fondo

E re Khusrv gli disse:


L'empia radice.
Questa sentenza che d'antichi tempi

Un

saggio disse, udisti tu?

Non

vuoisi

tempo mai l'armi concedere


Della grandezza ad uom eh' abietto e ignaro
E la sua via smarr. Dolce ei si mostra
Quando da te quell'armi prende, e allora
Che le richiedi, si sgomenta e turba .

In alcun

padre mio, gi sospettoso e rapido


Nell'opre sue, discernere non seppe
Il

Tuo

secreto pensier dal manifesto,

che molti s'avea piccioli e grandi


Uomini seco eppur l'armi de' Kay
Diede agli abietti. Allor che riaverle
Ei volle, in mano sua non ritornaro.
Che chi le avea per ci che avea, mostravasi
Da ebbrezza vinto. Or che dicea quel saggio
Dal soave parlar ? Se tu, dicea.
Poni a seder chi non ha fondamento.
Al fin dell'opra ti verr dolore
E col dolor rancura; e tu dattorno
Degl'ingrati alla porta oh! non andare! .

Ei,

Ma

ben tu

E d'animo

fosti

impetiioso e ardito

superbo, e per vennero

Opere triste da tua rea natura


Veracemente. Duce di gagliardi
FtBDvrsi,

vui.


Ti fece Hormizd,

34

ma

Nella terra de' Kay,

tu prence

ti

festi

che per questo

si

Regal seggio d'argento e pel suggello


la mente tua si fece
Ebbra d'un tratto e tu dalla via

dritta

Andasti lungi. Ed or tuo proprio

nome

Imperiai

Di Giubneh per te in

Behrm

si

volse,

intanto in laccio a te voltasi ancora

Questo trono d'argento. Ecco! per questo


Seggio regal pi della luna in alto
Salir vuoi,

che

di forti eri tu

il

duce,

Or monarca esser vuoi. Queste parole


L'uom eh' saggio, non dice, ed io mi penso
Che a tristo Devo tu congiunto sii.

Behrm

malvagio,

gli

rispondea,

Davver che soli esti rabbuffi tuoi


Bene ti stanno E tu di Dio la legge
Mai non osservi e indegnamente cerchi
!

Questo seggio regal. Negli occhi bei


D'un re del mondo arroventato ferro
Conficchi; oh

come

si

potria cotesta

Cosa celar ? Tutti gli amici intanto


Ti son nemici, e teco stan coi detti,
Ma del cor son con me. Di Cina il sire
In tale impresa m' alleato, e amica
M' ogni gente guerriera in Cina accolta
Ed in Irania, che abbiam nostro dritto
E suggello regal, spada e possanza,
N per ci verr da chi n' avverso
Iattura alcuna. Or io l'imperiale
Grandezza a Rey trasporter di Persia,
N lascier che d'ora in poi rimanga
Nome de' Kay. Sollever giustizia
Per l'ampia terra ed il costume prisco
Ch' di Mild, rinnover; ch'io sono
D'Arsh del seme glorioso, e allora


Che reco

assalti,

Veramente son

35

una vampa rubesta


Son io nipote

io.

Di principe Gurghin, son io quel rapido


Di Berzn fuoco veemente. Un giorno,

Ebbe principe Sveh un

tal consiglio

In iranico suol, per ch'egli il trono


E la corona ed il regal suggello

Pi non lasciasse incolumi e spianasse


Al tristo suol del Fuoco sacro i templi,
Del di primo dell'anno anche togliendo
E di Sadh la lesta. Erano servi
Tutti gl'Irani allor per questi lochi,
Fin ch'io l'armi cingea. Con la saetta

Che fuor dall'arco via scagliai, cessava


Il dolce tempo a Sveh re. Ma il novero
Se tu non

sai di quelli tracotanti

Gh'erangli a

lato, va,

quattro fiate

Centomila ne conta e mille ancora

dugento

belligeri elefanti

Annoverando poni. Oh! tu diresti


Che spazio in terra non rimane! Eppure,
Quell'esercito

grande

si

prendea

Ratto la fuga, ed io stavagli a tergo


Alto gridando qual leone ardito.
Sappi tu adunque che nessuno in terra.
Quando pregi ei non ha, da folle e insano

Cerca il seggio dei re. Spira fragranza


Qual di corona la celata mia
E da questo pugnai verrammi un trono
Di bianco avorio. Che se in guerra scende

Teco un
Cadrne

insetto esl, dal trono tuo


ei

ti

far supino al suolo.

Khusrv gli disse,


Perch dunque l in Rey non ti ricordi
Di Gurghn prence? Amica gi non gli era
La fortuna quaggi; non trono avea.
sciagurato, re

36

Non grandezza o poter. Ma ninno in


Sapea tuo nome per la terra, e vile

pria

Eri tu nel tuo covo. Allor che venne

Mihrn-Sitd ricco

pregi e indizio

di

Al re del mondo die di te, dal negro


Fango ei ti trasse, ed or dagli occhi tuoi
Memoria sparve di quel d. Ti diede
Tesori il prence e armati ancora ed armi

quel vessillo, come luna fulgido.


Di Rstem valoroso. Oh! gi non era
Desiderio di Dio che

il

suol d'Irania

Turania gente che venia


Potesse devastar,

Contro

di Gina,

ch'Egli fue

quelli, in battaglia,

a te alleato,

Onde poi si lev la tua celata


Superbamente a rasentar le nubi
Alte del

ciel. Cos,

Quel Reggitor de

Che

poi

che volea

le rotanti sfere

desio del signor d'Irania bella

Compiuto

fosse, tu

a te stesso apponi

Cotesto merto, tu che non vedesti

Grandezza mai, non buono stato. Intanto,


Se questo regno dalla stirpe eletta
Migrar debbe de' Kay, perch dell'armi
Cosi ti cingi ? Un Sikendr fa d'uopo
Quaggi nel mondo a intenebrar fortuna
Del re dei re! Ma tu, con questo grifo
Di Devo e tal color di trista polvere.
Possa quaggi non rimaner che in loco
E basso e vii Fu sol per l'opre tue,
Per tuo smarrir la tua diritta strada.
Che d'Irania al signor fosco divenne
Il chiaro giorno. In su le dramme ancora
Scrivesti il nome mio, cos cercando
Farmi sparir da questa terra; al male
Materia hai tu per l'ampia terra e in grado
!


Peggior

37

sei tu di tal

che

la

sua via

Quel sangue poi


Che and versato per la terra, tutto
Su te s'aggrava, n tu mai ne' sonni.
Infelice perde.

La

notte oscura,

il

troverai,

ma

cercalo

Alla luce del sol nel giorno chiaro


infelice

ed ingiusto!

giorni tuoi

Non menar con menzogne e stoltamente


Non far danno a te stesso. Al tuo dolore
Allor

ti

rimarrai con l'opre triste

Della ingiustizia. Fa pensier che almeno


Tu gratifichi a Dio, prendi costume

Di senno e verit, che questa vita


Per te passa e per me, conta il destino
Il

nostro respirar. Chi afferma e dice

Miglior di verit restar menzogna.

Poi che a menzogna gi inclinasti

Ma

il

core?

se tu cedi al voler mio, t'avrai

Ci che pi brami, parte avrai di questo

Ampio mio regno

e qui sarai felice

In terra, forte di persona e

Lungi da mal che

il

lieto,

tuo nemico ordisce.

Che se un di migrerai da questa nostra


Dimora breve, non avrai rancura
Nell'ora del partir, n far degg'io

Cosa maggior, cosa minor di quanto


Del Zendavesta su le carte dice
Zerdsht profeta Allor che da la santa
Fede di Dio volgesi a dietro alcuno
:

E non have

di

Dio timor nel core,

Porger consigli a lui per tutto un anno


Vuoisi con cura, e se il consiglio tuo
Giovevole non gli , del re per cenno
D'uopo scannarlo, gittar sulla via

La colpevole

spoglia.

Nutre malvagi contro

E
al

se pensieri

re del mondo,

38

Ratto e all'istante trucidarlo d'uopo .


Davver! davver! che spargeranno il tuo
Sangue pur anco, e ci richiede e vuole

La fortuna

tua rea! Cos tua vita

Bella intanto non ; se tu morrai,

Soggiorno avrai nel fuoco ardente. S'anche


Di questa foggia rimarrai qui a lungo.
Ribelle al tuo signor, ribelle a quella

Di Dio giustizia, pentimento un giorno

verr de l'opre tue, dei detti


tuo costume. Un egro
Veramente sei tu, sono i consigli
Rimedio al tuo malor, s ch'io m'adopro

ti

Non

belli inver, di

Perch tu sano ti ritorni. Allora


Che avranno signora sovra il tuo core
Cupidigia ed invidia, una parola

Tu dimmi,
Un medico

ed io ben altro alle tue cure


addurr. Medico tuo
il mio consiglio ed prudenza il balsamo,
Qual forse ti potr scacciar dal core
Fiero deso della corona. In quella
Vittoria tua ti festi un uom, pel reo

Pensiero d'un tesor ti festi poi


Tracotante e superbo. Udisti ancora

Che irriverente era Dahk, il mondo


Per Devi e maghi di sgomento pieno;
Ma quando sazio fu d'angoscia il core
A' prenci in terra, anche sai tu qual fece
Di lui governo re Fredn illustre
E fortunato. Ma i tuoi prodi in armi
Servi son miei veracemente, in morte

in vita ei son per

S'ebbero

E
La

di

me. Picciola parte

splendor per te soltanto,

per da giustizia in questa guisa


fronte rivolgean.

Far

Ma quando

tesori miei, pieno di

aperti

gaudio

socor far de' valorosi, e alcuno

li

Di coteste tue schiere a te d'accanto

Non
Non
Che

nome tu non hai.


non cosa alcuna. Allora
re Sveh ottenesti vittoria,

rimarr, che
dignit,
di

Quell'esercito tuo fermossi in questa

Opinion che non vedesse mai

La

sconfitta di s, da

Ebbri eran

Ma

tutti

che ricolmi,

per l'accolta preda.

non vuoisi che per mano mia


che non han timore.
Non sgomento nel cor, vadano a morte,
Che non vogl'io che questa irania terra
Orba rimanga di cotesto esercito
Grande e pugnace, di cotesti eroi
gi

Cotesti prodi

Valorosi ed

illustri,

alta iattura

Toccando si di mia grandezza al trono.


Ma tu dimmi chi mai regnava in terra
D'Arsh al tempo, ove cessar pur voglia,
Per me, contrasto lungo di parole.
Behrm gli disse: Era a quel tempo sire
Minocihr con esercito e corona.

Khusrv

dissegli

Poi che sai che del

Re Minocihr, non

allor:Deh! tu malnato.
mondo era sovrano

sai

per che servo

Eragli Arish, chinata in gi fronte

cenno ed a voler di tal signore.


poi re Khusrv, d'una fatale
Vendetta esecutor, si avea per servo

Quando

Un Rstem
Prender

valoroso, ecco

potea

la signoria dell'ampia terra

Rstem guerriero

e prendersi

costume

Di regnanti sul trono. Ei per sempre


L'antica legge in osservar si tenne

al regal soglio

Avido

gli occhi.

non rivolse mai


Perch adunque niuna


Inchiesta mi
Favelli di

fai tu,

40

n, guai di prence,

Khusrv? Tu

sei brutale

Ceffo di terra, tristo Devo, quale

Aliriman veramente, e reo deso


Ti pone in cor de' principi d'Irania
Con

corona

la

Behrm

l'alto seggio.

Della semenza di Sasn tu

malnato

sei,

e Sasn era pastore

figlio di pastor,

ne

gli

assegnava

Primo Babk la pastorizia


Disse Khusrv: Superbo

Tu

Disse

a lui: Per la tua giusta via

malvagio, non

sei

sua.
e tracotante.

de la semenza

De' Sassni per. Le tue parole


Menzogne sono veramente, e false
Parole dir, non virt. D'abietta
Stirpe tu sei, d'infausti segni ancora.

Non
Per

giugnesti a carpir tuo scarso pane


la

semenza

Behrm

di

Sasn

Rispose

allora: Di Sasn pel

Gelar non puossi omai

mondo

la pastorizia.

Dar quando mor, Khusrv

gli disse^

Gi non pot di sua grandezza il serto


A Sasn affidar. Ma se fortuna
Mancavagli, restava il natal suo
Inclito e regio, n sen va giustizia
Per ingiusto parlar. Tu forse adunque,
Con tal senno e consiglio e dignitate.
Il

seggio imperiai cercando vai?

V. Consigli di Gordieh.
(Ed.

Cale.

Disse e sorrise e

si

diresse al

p.

si

campo

1883-

volt da lui
suo.

Ma

intanto


Eran pur

Seme

41

l que' tre

Turani

arditi,

del re di Cina, avidi in guisa

D'agresti lupi. Detto avean cotesti


A Behrm cavalier: Della battaglia

Nel fatai giorno, per deso di gloria,


spenta la regal persona
viva
Dell'esercito innanzi a te addurremo.

un cavalier che impuro.

Or, di cotesti

Audace,

iroso, e

da timor disciolto

Era, avventossi di pugnar bramoso,

Cruccioso in volto, con un laccio

Con

al cubito

suoi nodi sessanta. Allor ch'ei giunse

Pi assai vicino al candido cavallo


Di Khusrv, dirizzandosi a quel serto
D'inclito pregio, via scagli suo laccio

Pi volte attorto e caddero in que' nodi

La

fronte e

Ma

trasse

Al laccio

Venne

serto dell' iranio prence.

il

Gustehm
si,

di

spada un colpo
al capo

che nessun danno

del sire, e

Bendy valoroso

corda e all'aer sereno


Fur la luce con quel dardo. Contro
Al turanio guerrier quella fatale
Freccia di legno ben compatto ei trasse,

Tese all'arco

la

che cercavasi battaglia,

colui

Indietreggi da

lui.

Behrm

allora

Cosi disse al turanio infido e reo:

Albergo tuo l'oscura terra sola


Tenta
non vedesti
Tornava
eh' io stetti in pie dinanzi a lui ?
Indi al suo campo, e l'anima s'avea

Esser

Col re

Piena

La

ti

possa

un

Oh

chi

disse

ti

assalto? Forse

di doglia

e la persona attrita.

sirocchia che udi che

Per quel sentiero

Da quel campo

il

si

fratel suo

d'armati,

il

tornava
scendendo

diadema

42

Inclito e bello via gitt, recavale

L'ancella

il

ed ella

velo,

al fratel

suo

Venne correndo, d'un acerbo duolo


Al cor

trafitta e l'alma fosca.

lui

Questi detti ella volse: Inclito duce

Che

assalti agogni,

dimmi tu

in

re Khusrv ne andasti.

che guisa

s'egli

iroso

E impetiioso per la verde etade,


Non rintuzzar valevole consiglio
Che

Alla sirocchia
pace ti mena.
Behrra guerrier cosi rispose allora:
Fra i regnanti colui contar non vuoisi.
Ei

alla

non

Non

battaglier,

non cavaliero,

donator, non splendido, non saggio

Nella sua mente. Di natali illustri


Migliore la virt; regal persona

Ricca

di

pregi e di virt

si

vuole!

Dissegli allor la suora sapiente:

impetiioso, o prence

Ami

Parola ascolti e

che soverchio

tua gloria, che dir se niuna


l'ira

l'ingegno perverso?

L'uom facondo

di

tua sol meni

ci

che disse

Balkh, poni la mente.

Parlar verace, ei disse,

amaro

Allor che tuo difetto alcun

ti

torna,

dice

Ed ogni ver fuor trae da loco ascoso .


Or tu di disertar la terra tua
Non far consiglio, poi che gi toccasti
La tua parte quaggi. Tal, che cospicua
Parte s'avea di sapienza un giorno,
Acconcia storia in ci dicea. Gi fue
Un giumento, ei narr, che l'alte corna
Volea de' tauri, e si perde d'un tratto
Gli orecchi suoi da questa parte e quella
Deh! non cercarti per la terra attorno
Il biasmo tuo, che non fu mai regnante

43

Di tua famiglia alcun!


In

mezzo qui

tal

Che

non

se

fosse

giovinetto sire,

Fosca l'anima mia gi non sarebbe


Per acerbo dolor. Ma vive il padre
E incolume si sta suo regal soglio,
E tu innanzi ti fermi ai due nel mezzo
Ritto sui pie.

Impresa

Non

so qual di co testa

fin sar,

il

che

di

pianto

In ogni notte son questi occhi miei

E pieni e
E biasimo

gonfi.

Ma

mente insana.

Attossicato fior con

Or

che

allor
di

tu cerchi solo

e dolor, fiutando vai

si

dir: Trista la fama

Ciubneh, biasimo del

Behrm!

nome

ne avr disdegno
Iddio pur anco e in carcere d'inferno
L'anima tua sar. Deh! fratel mio,
Non dura eterna per alcun la vita;
Nulla vi dura fuor d'un casto nome
Vedi tu se qualcun per Tampia terra
Te ricerc, se non fu Hormzd regnante;
Ma quando in poter tuo sen venne il trono
Di Sveh re con quella suppellettile,
si

fa di

Cingesti

un

serto, e

quando per

Ti festi illustre per la terra,

il

lui solo

trono

Del re dei re cercar volesti. Tutte

Le cose

belle tu da Dio conosci.

Contro a costui ch' prence incoronato,


Animo ingrato non mostrar. Per queste
Battaglie che facevi, oltracotante

Non

mostrarti cosi; tu

fosti

saggio,

Or non essere altero. In cor ti festi


Amico un Devo e contro a Dio colpevole

Anche

se' fatto.

Principe

Allor ch'ebbe disdegno

Hormzd

e s'adir pei detti

D'Ain-Gashspe malvagio, era tuo

ufficio

44

Pazienza mostrar, che di contese

Tempo quello non fu per tal eh' servo.


E poich al tuo signor grave sventura
Venne improvvisa, e
Da Brda a ricercar

il

figlio

la

suo discese

sua vendetta,

Al novello signor tu andar dovevi


Subitamente e a suo deso conforme

Nuovo

seggio apprestargli.

Il

giovinetto

Nulla operato avria fuor che conforme


Al tuo consiglio, n la ria sventura

Veduto avran questi occhi

tuoi.

Tu

fosti

Di persona aitante e lieto e sorte


Di vittoria ottenesti, oh! perch adunque
Agognando rivolgi alla corona
Ed al trono il pensier? Tu sai che ancora
Della semenza di Ardeshir superstiti
Son prenci assai, vegliardi e giovinetti.
Quali han tesori e innumerevol schiera
Di prodi in armi. Or chi sar di questi
Che te in Irania elegga re? Se alcuno,

Se alcun potea per gente e per tesori


In Irania serbar grado reale.
Altri non era fuor di quel di Gina
Prence e signor, Sveh gagliardo, quale

In iranico suol le genti sue

Tutte menava. Contro a

lui ti

pose

Iddio santo e verace, e dalITrania

dalle case de' suoi vecchi eroi

Fugg '1 mal ch'egli fea. Da che l'Eterno


Cre la terra e sopra lei distese
Quest'ampio ciel sublime, in terra mai,
Qual era Sam, fu visto un cavaliere.
Tal che di contro a lui muover le piante

Non

ardano

leoni

anche

feroci.

Quando, pel fato, volse all'opre ingiuste


Nvdher monarca, rovesciando legge

45

Del padre suo, d'Irania quando i prenci


Sam cercar disiosi e il regal seggio
Si gli

apprestar

di

turchesi adorno,

que' prenci egli disse: Oh! mai non sia

Che agogni

al serto

Di valorosi!

Che Minochr

il

l'anima d'un duce

trono mio

la

polve

calpesta, e m' corona

L'umil grado del trono in che si asside


Nvdher illustre . Or io conosco e veggo

Che pi forte di te Sam cavaliero


Fu veramente, n cerc reale
Grado giammai, ch'egli non fu di rea
Natura o ingegno. Non Destn, non certo
Rstem, eroe fortissimo, in quel popolo
Il regno disio. Diss'io cotesto,
fratel mio, che non ottien regale
Seggio se non colui che sorte ha lieta

E nascimento nobile e gagliarda


La mano e maest, saggio si mostra
E d'anima serena e di giustizia
Pieno la mente. E gi non so qual cosa
Toccar

ti

voglia,

che

fuggissi

omai

cotesto tuo cor l'antico senno!

Da

Behrm

le disse:

verit cotesta,

in testimonio Iddio santo e

questa verit,

Gi

le

ma

verace

troppo innanzi

cose n'andar, questo mio core

E questa mente

di desio

son egri.
il capo mio
morte un elmo

innanzi andr vincendo, o

Dar

Pur

alla morte,

che

la

d'acciaio penetra.

s'io trafitto

Del nuovo re cadr per mano, a lui


Il

novello suo trono

prodi miei

Terranno a forza e un altro su quel trono


Vorranno assiso. fosco il cor de' forti
Per pensier di vendetta incontro a lui.


Ma

di rincontro

giovinetto sire,

il

Poi che lieto pass


Sul Nahrevn,

46

ponte

di l dal

tutti

invitava

prenci

Dell'esercito suo, tutti poneali

Orrevolmente accanto al suo regale


Trono a seder. Cosi dicea dipoi
Prenci d'eletto cor, del mondo esperti.
Duci che assai su questa terra opraste.
Questo principio al regno mio che solo
Far prove io deggia e sperimenti. Alcuno
Essermi grato anche non pu, se bene
Del bene io sia conoscitor, n a voi
Da me ancor venne o beneficio o grazia.
Quando gi vostra cura e vostro affanno
Augumentar per me si dee. Serviste
:

Gli avi miei e vedeste per la terra

Scompigli

amare
Ed ora un mio secreto

cose vedeste

assai,

Ben molte

volte.

ma

Vo' aprirvi,

terronne ascoso

All'esercito mio,

Dir di cotesto agli altri Irani

Per che
Il

il

tutti.

dir nostro spargano, all'intorno

un disegno mio,

All'esercito accolto

il

ratto che alcuno

disvelasse.

questa notte, di balzar pensai

Correndo

in

di menar
Che Behrm

armi e

In fiera giostra.

detto

divulgando. Per cotesto, andria

Sfatto

Io,

il

che non d'uopo

parlamento.

le

schiere

vid'io

cavalier colui

Incitator di palafreni, destro

In ogn' opera sua.

Non per

vidi

prudenza segno,
Non nella mente di quel suo famoso
Esercito guerriero. Ei non favella
Che di sue pugne con re Sveh, tutta
Per rinnovar quella fortuna antica
Nella sua mente

di


Nel pensiero

d'altrui.

Che non ha senno

E con
N sa

la

47

Me

quale infante

estima, e con la spada

clava d'atterrirmi tenta,

per che in questa notte assalto

Repentino fargli e ch'io dal core,


In questa notte, caccer paura.

Che

se alleati in questo assalto

mio

Voi mi sarete, quando l'atra notte,

Senza ch'io indugi,

Quando

la

si

far pi oscura,

notte tenebrosa

il

volto

Coprir d'un color qual d'ambra grigia

Le brune trecce disciogliendo


Voi con l'armi

di

guerra alto

attorno,
salite

Sui palafreni, strette in pria le clave

le

spade lucenti in vostra mano.


tornossi alla regal sua chiostra

Come

Prence Khusrv, tutto sgombr quel loco

Da

ogni pi estrano e

A Gustehmme
Eroe Gherdy

f'

cortese invito

ed a Bendy, a quello
di

molle cose esperto,

favell di suo notturno assalto

Apertamente, per veder se ancora


Volean essergli amici ed alleati.
Dissegli allora Gustehm Deh
Perch tanto securo per cotesta
Vicina pugna? Con le tue falangi
:

Notturno assalto

sire.

farai tu; deh! forse

Per cacciarne dal cor quell'amor tuo


Interamente Ma le tue falangi
Son gi congiunte del nemico all'oste,
Son con quelli ad un cor, son veramente
A un sol corpo con essi. da una parte
!

Il

nipote e dall'altra l'avo suo.

Come

potria nella lor

mente un odio

Scambievole covar? Da questa parte


Sta il fratello e da l'altra il padre suo,

l'uno all'altro

48

fermamente

sono

ei

Congiunti a un patto. Contro

padre suo

al

Come pugnar pu il figlio? Oh! del nemico


Non vellicar desio con l'inconsulto
Disegno; n dovei queste parole

Ai prodi ricordar. Quel tuo disegno,


Poi che l'hai detto, rovinasti intanto.
Cosi disse

Gherdy: Pass

questo

di

Propizia occasion; poich passava.

Inane vento rest in pugno. Intanto,


Nostro antico poter,

il

brama
mente

la nostra

tesoro e l'esercito e la

De' nostri prodi giovinetti volgonsi

Ma

Dal diritto sentier.

tu, signore,

In questo campo non restar

la

notte,

Non aspettar che frughi altri pe' tuoi


Ampi tesori e per le accolte squadre,
Che

in

me

dubbio non che

di cotesto

Nostro secreto e di tal nostro ascoso


Apparecchiarci non sia giunto un cenno
All'esercito avverso, e qui

non vuoisi

Che te stesso abbandoni al tuo nemico.


Khusrv come l'ud, piacquegli assai

giovevole al cor

gli fu consiglio

Di questo savio. Fra que' prenci suoi

Alquanti

E ne

ei scelse

ch'erangli fedeli

l'avversa e nell'amica sorte,

Gustehm qual leon, Kharrd, rampollo


Shapr e quell'ardente
Endin e Bendy, Kharrd pur anco.
Luce de' prodi, e quel, d'avverse genti
Di Berzin, e

Distruggitor, Nesth, d'ogni gagliardo

Sterminator, dopo cotesti ancora

Ciascun che

gli

era

d'

uopo,

a'

suoi tesori,

All'esercito suo, alla persona

Fidi custodi.

E vennero ad un

loco

49

si mostrava un collicello, e dove,


D'una battaglia al levarsi improvviso,

'Ve

Aita lor sorgea. D'erbe virenti


Eravi pieno un collicello, luogo

feste acconcio, e quivi

da lontano

Prence Khusrv guardar potea

Ma

di rincontro in sella

Behrm

si

l'esercito.

tenea

gagliardo assiso, e intorno a lui

S'erano accolti

principi di sua

Oste guerriera e

fantaccini.

Il

duce

A' prenci dimand: Forse che a voi


Annunzio venne de' congiunti vostri?

Mandi ciascun

di voi

che ha un suo congiunto.

Col quale ei sia d' una favella sola

d'un sol core e d'una f. Se quelli


noi verranno e obbediranno a noi

In ogni cenno e l'anima porranno

In testimonio

a' patti

lor,

col

mio

diverran possenti e ricchi,


come siete voi, tutti ei saranno

Tesoro

ei

Principi

illustri.

E d'Armeni

D'Ardebil, di Brda

codardi una falange

rimarranno
non di lor sgomento
Nell'assalto ci colga; oh! che son mai
Di Brda i prodi fuor che una manata
Di cavalieri o due

si

Ma

Appo Khusrv.

Di polve abietta

intesero gli eroi

Queste parole che Behrm belligero


Lor proponea, s che un ardito ei scelsero
Dalle falangi, un uom facondo e savio
E memore davver. Gol core assorto
Nel secreto messaggio, ecco! sen venne

Un

valoroso e

Lenta

nell'

cammin

la notte

avanzar. Ci ch'egli intese

Da' prenci di Behrm, quivi

Nella presenza
PiBDrsi,

vm.

d'esti

grandi

ei ridisse

illustri,

50

D'esti gagliardi, e cotal dagli Irani

Risposta acconcia ud: Fin che non muovasi

una battaglia,
Khusrv non volgeremci noi

Dell'esercito intero

Da

re

dietro mai.

Lunga

si

Temiam che

faccia.

Ma

nostra impresa

sicuri intanto

Al vostro vallo deh! non siate voi,


re Khusrv con le falangi sue
Quel messo,
Notturno assalto vi dar.

Che

Come

ascoltava tal risposta, ratto

Qual tempesta ritornossi al campo


Del suo duce, e ridisse le gi udite
Cose in secreto. Non aperto ei disse.

V. Assalto notturno di
(Ed. Cale.

p. 1888-1890).

Behrm

Poi che intese

Behrm.

ch'eragli amica

L'oste d'Irania, per quel vasto

campo

Destaron fuochi e in gni parte attorno


Acceser lampe. Ma Behrm guerriero.
Pari a leon, da l'esercito suo
Scelse drappello atto a pigliar la terra.

Ardimentoso e forte. Allor che il novero


Ne fean con lui gli scribi intenti, esercito
Era quel s di seimila guerrieri
Di spade armati, ed egli disse allora
A suoi gagliardi Ratto che di timpani
Fragor si lever, quando s'intendono
:

Galli intorno cantar, levate voi

Feroce un urlo e date dentro e ai duci


Serto di sangue ricingete al capo.
Rapidamente, al cenno dell'eroe,
L'esercito n'andava e i tre Turani,


Alti del

N'erano

capo e ardimentosi, innanzi


i
duci. E vennero a quel campo

Dell'iranio signor,

5i

inganni e a

vennero intesi
con deso nell'alma

frodi,

Di lor vendetta. Si lev fragore


Di clave e mazze e di cadenti spade,

Parve di ferro il suol, nubi di polvere


Agglomerarsi in ciel. Dicea ciascuno:
Ov' Khusrv? che oggi vittoria nostra

Con

la

Era del

giornata

Ma Khusrv
con

colle in suo dolor,

su l'alto
gli

occhi

Gonfi di pianto e pallide le gote.


E fu cotesto fin che il raggio primo

monte si lev; l'esercito


Da tanti colpi ebbe stanchezza. Allora
Che sparve il lembo de la notte oscura,
Tutto vide Khusrv quell'ampio vallo
Dell'alba al

Pieno d'uccisi e

di feriti, e allora

Yoi
Datemi aita e il mio deso su questi
Nemici miei per voi si compia! Iddio,
Che sempre vince, mio sostegno, in guerra
Ei ra' alleato, ed opra nostra intanto
A' suoi guerrieri cosi disse

Dnno esser colpi di lucenti spade.


Cosi venne correndo incontro a quei
Oh quai Turani! Egli erano
Tre di Turania.
Forti tre lupi e ardimentosi ed uno

Corsegli incontro e

Ratto dal fianco

Damaschinato.

il

raggiunse e trasse

'1

brando suo lucente.

Ei disiava al sire

Fatai colpo scagliar,

ma

l'ampia targa

Il

sire cavalier portossi al

di sotto

un

a la targa

capo

fiero colpo

Del ferro avvelenato e rilucente


Scagli al turanio e

capo

in gi.

il

Gridava

f'

cader dall'alto

allor:

Deh! a

voi.


Illustri in

guerra, d'uopo

Alcun tempo indugiar

La

52

si

Ma

qui ancora
le

sue genti

fronte gli volgean tutte d'un moto,

Vilmente abbandonando

A Gustehmme

il

valoroso!

allora ed a

Or

Bendy

ben tristo
Ho nel core un pensier. Non ho progenie
Giunta a matura et che degna sia
Di regal serto, n ho congiunti, e s'io
Cado trafitto nella pugna, sire
Oh! nobil prence,.
Non rimane alla terra.
Volse

tai detti:

io di ci

Bendy

rispondea, dell'amor tuo

gli

Senta necessit quest'ampia terra!


Poi che tua gente se n'and, restarti
Qui non di tu, che un alleato o amico
Deh vanne.
In questo tempo tu non hai.

Gherdy

Disse allora a

Con Tokhr va

E
E
E

recinti e

corona mia,

la
i

di qui

cofani ed

Con

rapido in corsa,

broccati ed

il

l'ira nio sire.

tesori

paggi tutti

trono in bianco avorio

mille cavalier fra quanti

meco

Qui rimanean, con ci che troverai


Per questo campo, a questo loco adduci.
I

prenci allor quell'ampia suppellettile

Raccogliean

co' tesori e in

carreggiarla

Molesta e grave sopportar fatica.


Ma, in queir istante, rapido vessillo

Con

la figura

d'un dragon mostravasi,

mondo intenebr. Dietro al vessillo


Venia Behrm guerriero, ei che la chiara

il

Luce

togliea

ne

le battaglie

sue

questa terra. S'incontrar nel

E Behrm
Arditi e

campo

e Khusrv, due valorosi

forti,

In lor furor.

due

Come

leoni accesi
elefanti in giostra

53

Quivi attizzando la scambievol'ira,


Golpi tremendi

sferrar l'un l'altro

si

Sul capo, e qual leon fero ed agreste


Behrm divenne, ma quell'armi sue

Nulla operar sul suo nemico. In questa


Guisa n'andava la ienzon feroce.

Fin che discese dall'eterea volta

Quest'almo

sol.

Davver! che l'aspro assalto

Di l ne andava da misura

Intanto,

Dinanzi a re Khusrv Tokhr venia,


Qual tratto avea sul ponte la regale
Suppellettile insiem co' suoi tesori.

Khusrv che intese, a Gustehm si volse


disse: Non alcun qui presso a noi

In questo assalto, e dieci qui slam noi

E grande

l'oste de' nemici e innanzi


Ardimentoso un capitano. Ancora
Che mi sostenga maest regale,
Se amici qui non son, la fronte nostra
A dietro volgerem. Cosa migliore
Della battaglia ad opportuno tempo

si

la fuga,

E non

che son

io

qui solo

tempo al rimaner propizio.

Cos ne

andava

il

giovinetto sire,

Egli inesperto, fino al ponte eccelso

Nahrevn su la riviera. Dietro,


Con la sua mente piena di vendetta.
Di

Col cor pien di tumulto, ecco! gli andava

Behrm

guerrier rapidamente. Allora

Che re Khusrv
Al ponte

si

di ci s'avvide,

sopra

ferm, chiam quel saggio,

Di cose esperto, Gustehmme, e disse


Deh! mi recate l'arco mio eh' interprete
:

Di

me

L'arco

fedel
si

gli

ne

le

battaglie

Allora

apport chi de' tesori

Eragli guardiano (in tale ufficio

54

Gustehmme), ed ei,
Eroe duce d'eroi, l'arco si prese
E parve col fulgor dei dardi acuti
Luce togliere al ciel. Qual di grandine
Un vasto nembo, le saette alate
Piovere ei fece, e ad ogni dardo un elmo
Gli era ministro

Forte inchiodava de' nemici in fronte.


Behrm leone gli era in corsa a tergo
Con un laccio alla man, con un feroce
Destrier di sotto. Ei

Solo

un

s,

Dietro a prence Khusrv.

Vide

Ed

mano,

nella sua

laccio stringea, ratto balzando

Come

cotesto

l'iranio, s'allegr di tanto

due capi di quell'arco suo


corda e contro al palafreno
Di Behrm che venia, punta mortale
Da quell'arco vibr. Davver che a un tratto
a'

Pose

la

L'opra cessava del destriero ardente


Ma quel duce d'eroi rimasto a piedi

La targa prese e nella sua distretta


La mano al capo si rec. Qual turbine
Innanzi venne Yeln-sineh allora.
Impeto fece pi e pi

volte, e

il

prence

Bramoso di poter, de' Kay progenie.


Che quale un forte l'estimava, stese
Dirittamente

La man
Il

al

palafren di lui

sinistra. Gli feri

d'un tratto

palafreno e Yeln-sneh a piedi

Dal ponte

si

fugg,

balzando ratto.

Di Nahrevn dal ponte anche tornava

L'avversa gente, e quei che giovinetto


Eravi, e quei degli anni carco; e allora
Che anche Behrm indietreggi, quel ponte

Nahrevn qual turbine disfece


Khusrv dal fondo e salse addolorato
Di

In Tisifuna, pien di doglia al core.

OD

Pien di lagrime agli occhi. Egli

Chiuse della

le

porte

con ferree verghe,

citt

l si assise de' pensieri suoi

Nel cumulo dolente. Un prence allora


Da ogni castello si chiam, dispose
Custodi e guardie ad ogni porta intorno.

VII.

Fuga

di

Khusrev

morte

di

Hormuzd.

fEd. Cale. p. 1890-1893).

Di

l,

con

gli

occhi suoi pieni di lagrime.

venne
padre allora
Che rivide la fronte, ei reverente
Fecegli omaggio e lungo tempo innanzi
Cosi gli stette. Disse poi: Quel prode.
Quel cavalier che tu scegliesti, o sire,
A me sen venne come i re pur fanno
Trafitto al cor, del padre suo sen

Alla presenza.

Ma

del

Che han regia maest, rec un esercito


Di numero ben grande. Ogni consiglio
Che in mente a me venia, gli dissi ancora,.
Ma giovevoli a lui non furon mai
Li miei consigli.

Suo desio soltanto

Furon pugne ed

asfalti; oh!

Non vada

attorno

il

nome

per

la terra'

suo! Si fece

Aspra battaglia contro a voler nostro,


molti andar da le nemiche stelle
Di tanto offesi. Ma la gente mia

Da me

si

volse tutta a

un

tratto, e detto,.

Detto avre>;t che niun mi vide in terra

Fuor che a caso

Behrm

alla via.

Gridaron quelli

sovrano, dal principio

il

fine

Dell'opra rea non ripensando. Allora,


Ei dietro a me, qual

monte che cammina,

56

Stuolo addusse d'armati in fino al ponte


Di Nahrevn. Poi che di frutto priva

L'opra mia

restava, io

si

impigliar non

Che

mi

mi

fuggii,

volli al teso laccio

Ma

del mal, del bene


n amico a noi
Altri ancor resta fuor che degli Arabi
11 belligero stuol. Se il mio signore
Men fa comando, qui addurr drappello
D'arabi cavalieri ampio e infinito.
Retto consiglio non questo, disse
Principe Hormzd, che l non puoi fermarti

Della sventura.

Or

io

computo

sostenere.

fi,

Andar

col, fatica

che non vi son tesori.


Non uomini, non armi. A te alleati
Gli Arabi prodi non fien mai, se frutto
Non han da te, non hanno offesa; ed elli.
Con doglia del tuo cor, con molto cruccio,
Te gitteranno al tuo nemico in mano
Per poco prezzo. Deh! ti sia sostegno

Sola per

te,

L'Eterno e teco

Che

sorrida

ti

sia splendida sorte

Che

se vuoi da questa

Terra partir veracemente, corri


D'Irania in Grecia e le parole tutte
Di questo servo che dimanda aita,
Tosto che ito sarai, ripeti innanzi

Al greco Imperator. Co' suoi tesori


Il greco Imperator ti fia sostegno.

Compir

il

Falangi tue

tuo deso sopra cotesto


ribelli.

Ove son

genti

son ricchezze, armi son anche e prodi

Atti alla pugna. Ei son della

semenza

Di re Fredn, congiunti tuoi; nell'ora


Che fia pi grave la faccenda, incontro
Ei

ti

verranno.

Come

Khusrv baciava, molte

ud, la terra
di

regnanti

Benedizioni pronunciando quivi.

57
A.

Gherdiy, a Bendy, a Gustehemme,

Ei disse allora:

fiero duci congiunti

Ed a travaglio qui siam

noi.

Deh!

tosto

Apprestatevi, amici, e insiem ponete

Le nostre

suppellettili, al

nemico

L'iranio suolo abbandonando.

sire,

Gustehm, non veggano


Questi occhi tuoi della sventura il danno
In alcun tempo!
Il ciel che volge ratto,
Risposegli Khusrv, talor ci reca
Peso dell'ira sua, talvolta amore.
Questo egli disse, allor che da un torriere
Questa voce levossi:
re che amiche
Hai le stelle del cielo, in tua giustizia
Sempre verace, levasi da lungi
Oscura polve per la via, nel mezzo
All'ampia schiera un fulgido vessillo,
Un vessil che di drago ha la figura,
Qual sollev di Nahrevn sul fiume
Giubneh ardito.
Ratto che l'intese,
Balz in arcioni a un palafren, qual fosco
Nembo di fumo, re Khusrv. Qual rapida
Bufera in volta, ei fuori usc correndo
Dissegli allora

E gli era a tergo quel vessillo azzurro


Del suo nemico. Egli movea, correndo,
E il braccio e il capo e l'ampio petto, e intanto

A Gustehmme ed a Bendy volgeasi


A riguardar, ma camminavan questi
Lenti lenti, e

Khusrv con voce calda

Cosi dicea gridando:

Che avvenne mai

voi

se gi

il

non degni.
nemico vostro

Un

de' vostri si f' ? Se no, cotesto


Lento venir perch, mentr' vicino

Behrm guerriero

a vostre terga

Disse

Allor Bendy: Deh! non turbarti, o sire,

Per Behrm dentro

al cor, ch'egli

non vede


La
Ed

58

nostra polve per la via lontana


lungi di qui di sue falangi

Ma

L'alta bandiera.

gli

amici tuoi

Dicendo vanno: In questo correr nostro


Non giusta ragion, che tosto al regio
Albergo salir Giubineh ardito
E render la sua corona e il trono
A prence Hormzd. Quale un ministro suo
Egli al suo fianco seder, nell'onda
Caler intanto quel, che tutto ottiene.
Amo suo rapitor; poscia una epistola
Scriver in nome del suo prence antico
Al greco Imperator Cotesto schiavo,
Inetto, in fuga and da questa terra,
N si vuol che quiete in greca terra
Egli ritrovi. In ogni tempo e luogo
:

Ch'egli in pie

E
Or

di

drizz, cagion di

si

danno

scompiglio fu alla terra vostra.

voi,

non

tosto la frontiera ei tocchi,

L'incatenate e quel suo cor gioioso

Pieno fate d'angoscia, indi novella-

mente il mandate a questa


Mai non soffrendo ch'ei si

prepotente

te,

reggia, mai.
faccia

grande

signor, co' tuoi

Avvinceranno in greca terra e a questa


Paterna reggia invieran piangente .
Khusrv, come ascolt, si f' nel core
Mesto e cruccioso, e impallidir le gote
Alle parole di cotesti. Forse,
Forse, ei rispose, per la sorte avversa
Cosa ne incoglier di tal ragione.
Ma lungo il favellar, grave l'impresa,
E farem noi di Dio veracemente
Nostro sostegno.
E sospinse il cavallo
E disse ancor: Quel mal, quel ben che Iddio
Sul nostro capo gi scrivea, fra poco

59

S'avverer, n per pensier cli'uom faccia,

Deh! mai non

Si ritrarr.
A.

me

che tocchi

sia

bisogno de' nemici miei

Com'ei ne andava, si partian da lui


due perversi con la mente piena
D'un pensier di vendetta, e dalla via
All'ostello regal venian correndo,
Venian crucciosi e con la colpa in core.
Ma da la soglia come andar vicini
Al regal seggio, rapidi una corda
Strappar da un arco ed improvvisi al collo
Del vecchio sire l'avventar, ne appesero
La nobile persona. Ecco spara
Quella corona imperiale e il seggio
Sparia con essa. Detto avresti allora
Cotesto
Che Hormzd in terra mai non fu.
ben costume del rotante cielo,
Gh'ei veleno talor, soave balsamo
Talor t'appresta. Se cotal natura
Egli ha, tu non cercar favor del cielo,
I

Che a

te cercarlo porta affanno e cura.

Poi che

si

D'Hormzd
II

volse la giornata a sera

antico e deserto rimase

regal seggio e

Ratto da lungi

si

il

fortunato loco,

lev di timpani

Improvviso fragore. Impallida


Degli omicidi quale attrita resina

La gota
Di

allora, e quel vessillo intanto

Behrm duce

Apparve

in

sulla via lontana

mezzo a

le falangi.

tristi,

Gustehmme e Bendy, rapidi allora


Da l'ostello regal preser la via
Di lor fuga e sen vennero, essi due,

L da Khusrv. Quel principe

Come vedea
S'avvide

que' smorti

che

visi,

di cotesti

il

del

ratto

core

mondo

60

Alto secreto rinserrava e intese

Per qual cagion da


S'eran

lui,

partiti. Impallidir

Qual del greco

sire del

Deh

flen pallida rosa,

Ma il suo pensier non fece ei


A que' due arditi. A l'esercito
Cosi disse

mondo,

sue gote

manifesto

suo

voi dalla regale

Via discendete, cli ne vien da presso


Falange avversa. Una pi lunga via
E il deserto scegliete e da fatica

Non

ritraete la persona a dietro.

Vili.

Astuzia di Bendy.
(Ed. Cale.

p.

1893-1897).

Tosto ch'entrava nel regale ostello


ardimentoso, ampia una schiera

Behrm

Scelse bramosa di vendetta (eroi

Vibranti spade, di corazza cinti,

Eran

seimila), onde su l'orme certe


N'andassero del re. Quest'ampia schiera
Illustre e forte egli affidava a quello

Di Siyavish

Ma

di

Behrm

figliuol,

gagliardo.

rincontro pel deserto andava

Prence Khusrv,

la vita

sua dal male

De' rei nemici sottraendo.

Andava

Fin ch'egli ^ziunse a un monastero innanzi:


D'esso non si vedean, tanto eran alti,
Delle

mura

Chiamavano

pinnacoli. Di Dio
l'ostel

quel loco eletto.

Loco propizio all'adorarvi Iddio,


Loco beato, e l tenean soggiorno
Antichi penitenti e sacerdoti

E un

metropolitano.

A un

sacerdote


Cos disse

Rispose

lievito

a lui l'abate

illustre in armi,

un pane, o

Abbiam qui con


Dentro

Khusrv: Che avete voi

Di cibo qui

Senza

virenti erbe cresciute

a' ruscelli.

Che

se questo cibo

convien, per questo pasto solo


Possa tu avere il tuo alimento! Scese
Ti

si

Dal palafren rapidamente il sire


E ne scendean quanti erano con

lui

Prenci a cavallo. L'inclito signore,


Con que' due servi a lui devoli, in
Si prese allora,

Su l'arena
Affrettati a

Povero

sottil

pugno

verbene sacre
indi sedeano insieme

Per dir preghiere

le

d'un color grigio

mangiar quello che

v'era,

cibo. Cos disse poi

Al sacerdote re Khusrv:

Non

hai,

Non hai tu vino, saggio vecchio, quale


Noi,
Inclite l'orme in terra stampi ?

con datteri un vino


Facciam nel mese di Tammiz, nel tempo
Che l'aria ardente. Ed or ne abbiam qui ancora
Disse l'abate,

cotal poco, nitido qual' acqua


Di rose fresche, e qual corallo al sole
E intanto
Nella sua tinta rubiconda.

Un

recava una coppa di vino,


Tal che luce del sol sembr velarsi
Dinanzi al suo splendor. Bevve del vino
Tre nappi re Khusrv, bevve del vino
E del pane mangi che d'orzo il pane
Altri suole chiamar. Ma poi che oppressa
Ei l

Fu

la sua

Su l'arena

mente da quel rosso

Chinato in pria
Il

vino.

addormentossi,

sottile
di

Bendy su

la

capo stanco. D'amarezza piena

Era l'anima sua,

trafitto

il

core.

coscia

62

Poi che nel sonno ei declinava il capo,


L'archimandrita vennegli daccanto
E disse: Per la via nembo si mostra

nembo

Di negra polve, e dietro al fosco

Ampia ne viene una

Oh

falange.

rea

Khusrv dicea.
Che tanto di me cerchi il mio nemico!
Non uomini ho con me, non ho destrieri,
E giorno venne omai della distretta.
Dissegli allor Bendy: Deh! tu provvedi,
Amico,
Che gi vicino il capitano.
Khusrv gli rispondea, deh! in questa impresa
Sventura questa

si,

Tu

m'addita la via

Bendy
Arte

Signor,

allora, in questo

sottile

adoprer, per tuo

mia
mondo,

Riscatto posta quest'anima

te dinanzi, principe del

Del

mondo

Di Gina

soggiunse

avverso tempo

vincitor.

Khusrv

un sapiente

Una sentenza in
Che re monarca

gli disse

assai migliore

ci dicea

Colui

a soverchiar perviene.

Al dolce paradiso in altra vita

Se a una citt le mura


mai non che incolume
Resti al suo loco un umil tetto, e allora
Che desolate van citt e castella.
Mai non sar che resti al loco suo

Non

salir.

Caggion

divelle,

Ostello agli egri destinato

Se arte vedi

Che

libero

sottil,

non

sei

Intanto

tu qui l'adopra.

da ogni bisogno
Questa

Inverso Iddio verace e santo.

Aurea corona

tua,

Bendy

rispose,

Dammi con

gli

Con questa,

intesta d'or, cinese tunica

orecchini e la cintura,

D'un color di rubino. Allor ch'io queste


Cose poste m'avr su la persona.


Non rimaner

63

Va

lu qui.

co' tuoi prodi

Rapidamente, come navicello

Che nell'acque sospinge il marinaio.


Quel che Bendy dicea, f' il giovinetto,

di l si part

qual se congiunto

Fosse al vento veloce. Ecco!

Khusrv

Poi che

Cose

molte
vescovo sen venne

gi esperto, al

disse:

l'astuto,

di l parta, di

d'uopo frattanto

tutti voi

che
un nembo

Salir sul monte, alla turba

viene.

Ascosi

ratto,

tutti.

Come

Ei venne allora al santuario e chiuse


Subitamente e con vigor le porte

Gravi

di ferro e si vesti que'

Intesti d'or,

panni

quella regal corona

pose in fronte. Allor, sovra un terrazzo,


Ben che contro a desio, sali veloce

Si

l'esercito vide attorno attorno,

A' quattro

lati del Castel.

Restava

Fin che l presso al nobile castello


Belligera giugnea quell'ampia schiera.
Si che da lungi lui vedean col serto
Splendente in or, con la collana e il cinto,

Con

gli

ognun dicea

orecchini, e

re Khusrv con la
E con nuove le vesti
Si fu

Bendy che

la

Ben quello

regal corona
!

Allor

che certo

veniente schiera

Discerner noi pot dal suo sovrano,


Gi discendea da quel terrazzo e rapida-

mente

le vesti

sue

si

rivestia

Ed al terrazzo riascendea, disciolto


Da ogni tema nel cor. Prodi novelli,
Ei disse allor, chi fra voi tutti e

duce

E capitano chiamer, ch'io reco


Del re del mondo un inclito messaggio,
E dinanzi agli eroi ci che ascoltai.


Qui vo' ridir

Come

ud

'1

64

Queste

parole sue

Siyvish. disse

figlio di

duce qui son io, Behrm


Disse Bendy: Del mondo

Il

di
il

nome.
re

dice:

ti

Per la fatica della via lontana


Afiranto qui son io, battuti e pesti
palafreni e pel

cammin

Crucciosi e stanchi.

eh' lungo,

questa casa antica

Di penitenti, nella mia stanchezza.

Ecco! venn'io perch trovassi loco


A riposar. Ma quando il chiaro giorno
Spunter in ciel, per le cose terrene

Ogni speranza torr

al core, e noi

Verrem con teco per la via lontana


Fino a Behrm che altera ha la cervice.
Per ci ch'io dissi, un altro indugio ancora
Non cercher, se pur m'aita il cielo
Veracemente. Oli avi

Furono

in pria, la

f,

nostri, quali

sante leggi

le

In custodia s'aveano; e se longeva

Lor fortuna dur propizia e amica,


A' lor soggetti quale avean deso,
Non ricusaron mai. Ci che nel core
Aveam noi di secreto, ora dicemmo.
Poi che c'incalza avversa sorte. Intanto,
Dal sol lucente a questa terra oscura.
Nulla si fa fuor che voler di Dio .
Gotal sermone poi che ud da lui
II

capitano, alle parole sue

Ratto

si

f'

consenziente

ancora

Chi ud que' detti, pien di doglia al core


Fu veramente e di piet per quello

Misero stato del suo

re.

Discese

In quella notte la raccolta schiera


In questo loco ad albergar, guardando

Le

vie di

scampo

di

Khusrv.

Ma

poi,

65

Al giorno che venia, sovra

il

terrazzo

Bendy salia novellamente e il viso


Delle mura da l'alto a quella parte

Behrm

Di

volse e cosi disse ancora:

In questo

Ad
Il

di,

per sue divote preci,

alcun'opra non verr di certo


nostro prence. In questa notte oscura

Vigilando

ei rest,

dinanzi a Dio

Devotamente ad adorar. Frattanto,


Alto il .sole mont, n vuoisi mai
Che da intenso calor danno ei si pigli.
Riposer quest'oggi e alla dimane.
Al primo albor, verr fra le sue schiere.
Disse ai prenci Behrm: Cosa cotesta

lieve e grave.

Se premendo attorno

re Khusrv ci restiam noi, cruccioso


Ei si far, verr in battaglia nosco,
Ch'ei sol ne la persona ampio un esercito
Vale ed forte e vigile e la terra
Atto a pigliar. S'ei cade ucciso in questo
Campo dell'armi, aspro di noi governo

Far Behrm,

che ben meglio

fia

Oggi qui rimaner, s'anche son scarse


Le provvigioni, che con alma lieta
Forse Khusrv a noi verr, per questa
Giusta ragion, senza battaglie e alterchi.
Cosi ei rest fin che la notte oscura

Scese dal monte e s'adun


Intorno a

lei

la folla

degli astri suoi. Dispersa

intanto in ogni parte quella


Schiera d'armati; da ogni parte attorno

Ne andava

alla campagna.
Quando al novello di splendea qual
La superficie de la terra, ascese

Acceser fuochi allegri

sole

Sovra il terrazzo, in favellar maestro.


esperto
Prence Bendy. A Behrm disse:
FiBDBSi, YHI.

(36

Di molte cose, al tempo che dal piano

La polve si lev di tutti voi,


Khusrv che vi scopri, tosto ne andava,
Andavano veloce in greca terra
Con gli armigeri suoi. Tu intanto, in cielo
S'anche volassi com'aquila ardita,
S'anche levar pi assai del sol potessi
L'altera fronte,

Fuor che

non vedresti

sire

il

in terra di Grecia. Egli gi antico

Ma

In quella terra in verit!

intanto,

Se grazia al viver mio voi qui mi


Al duce cavalier verr con voi

gli dir ci ch'ei

Vorr,

le

me

da

richiedere

gravi cose e le leggiere,

Di quella scorta del mio

Non mi

date,

re.

Se questo

d, vestir l'armi tosto

si

Della battaglia e in improvviso assalto

Lever fino al sol l'adusta polve.


Di Behrm, come ud quelle parole
Di lui novelle, parve il giovinetto
Gore invecchiar per fiera doglia. Ei disse
A' compagni dell'armi Or, qual frutto
Se Bendy trucidiam ? D'assai fia meglio
Che in questa guisa con sereno core
Io l'adduca a l'eroe. Nel suo cospetto
Egli dir ci che ben sa del prence,
E quei gli far grazia di sua vita
Disse a Bendy:
il serto gli torr.
Deh! malvagio inventor d'arte pi rea,
A principe Behrm questi argomenti
:

Ridirai tu

Bendy

leon discese

Rapidamente dal terrazzo allora

E incamminossi ardimentoso
Con

e fiero

quegl'incliti in armi. Allor

che intese

Behrm guerrier ch'esercito venia,


Che re Khusrv cercandosi vendetta

07

Ito era in Grecia, un'alta ira si prese


Di Siyavish contro quel figlio, e disse
Deh! tu malvagio da la sorte avversa,
:

te non era quella che t'ingiunsi,


Impresa ardita, e folle i' ti lodai
E si chiam dinanzi
Senza tuo merto
Bendy che gloria amha. Contro quel prode
Rovesci l'ira sua Behrm allora.
Gridando contro a lui: Deh! tu perverso
Dall'opre triste e ingannatore e degno
Di vituperio, in turpe guisa il mio

Da

Esercito ingannasti e per la tua

mai

Trista natura

non

Con Khusrv

eh' cagion d'alta sventura.

quietasti

Fosti congiunto e d'un fanciullo

Esperto

fosti.

Or qui ten

un uomo

vieni e

il

Di fole hai pieno e millantando vai


S,

s,

rinnover l'antica sorte!

core
:

Signor d'altero capo, a lui rispose


Bendy cos, tu cerca in me del vero,
Non darti all'ira. Sappi che congiunto

M'

il

re dei re, che innanzi a

me rimane

In suo splendor quella grandezza sua,

Quella sua potest.

Ne

riscattai

ben dovea. Ma tu,


Se prence sei, non t'aggirar dattorno
Io per tal colpa,
Alla trista menzogna.
Disse Behrm, che tu facesti, a morte
Non ti trarr; ma ratto da colui
Sarai tu anciso e me verace allora

La

vita, e farlo

Appellerai.

Fr

A' piedi allora di

poste le catene

Bendy

per farne

Aspro governo, a Behrm l'affidava


Di Siyavish. Attese poi che il sole
Al tramonto scendesse; indi sen venne

s'addorm, pieno d'affanno al core.


Parlamento

IX.

68

di

Behrm Cibineh

coi principi.
(Ed. Cale.

Quando

p.

1897-1901).

spada de' suoi raggi d'oro

la

Trasse quest'almo

sol dalla guaina,

Quando il fulgido ammanto di sua luce


Apparve in cielo, mand genti attorno
Prence Behrm e tutti accolse i prodi
E su gli ampi tappeti esti campioni
Incoronati

Un

f'

seder.

Dovunque

seggio ei pose in fulgid'oro, e poi,

Come fanno

sovrani in lor vittoria,

ad alta voce:
che ha nobil pregio, ratto
A me favelli rispondendo e sia
Securo e ponga dietro a mie parole
Nobil consiglio. Voi porgete intanto,

Lieto

si

Ognun

assise e disse
di voi

Tutti, gli orecchi a' detti miei, la

mia

Faccenda ardita ben considerando.


se molto alcun ricerchi, niuno
Peggior fra tanti re fia che si mostri
Dell'antico Dahk. Uccise il padre
Di regno per deso; dopo quel sangue,

Anche

Vennegli in potest l'irania terra.


Or poi Khusrv, cotesto ingiusto e reo.
Uccise il padre in tempo che n'andava
In greca terra.

Ma

De'

Kay

del

Che degno

la terra

si

sia di desiar quest'alto

Seggio regale e
Il

frattanto voi.

anche
seme principe famoso.

Fin che alcun per

il

diadema e cingere

cinto imperiai con lieta sorte.

mostri

59

Quale sapete voi che oggi a tant'opra


Anche accinger si possa e in via riponga
Leggi e costumi de' regnanti Kay ?
Giuro per Dio che questo sol governa
Alto pel ciel, ch'io vi sar per lui
Udiron tutti
Alleato ed amico.

che l'illustre
avea nuove parole,

Gli eroi superbi queste

Prence

gittate

E niun

dai detti suoi dritti e spavaldi

Torse a dietro

in piedi

si

la fronte.

Era

lev. Di lui fu

l
il

un vecchio

nome

Shehrn-Gurz, eroe canuto al capo,


Ma prence altero e ardimentoso. Disse:
illustre, o grande, tu nel mondo
Principe aiutator. Se tu non eri

in

Con

Rey,

di

sei

contro a Sveh re, che giunse

esercito infesto al nostro suolo

de' liberi eroi cotanti schiavi

Far

disiava, in tutta l'ampia terra

Competitor non era. E tu cingesti


Dell'armi il fianco per valor che avi,
S

Da

che lungi n'andar fatiche e crucci


questi Irani. Esercito che quattro

Volte contava centomila eroi.


Gagliardi tutti e di pugnar ben degni,
Per una freccia tua d'un'asta sola

dietro

si

torn; cos posava

Irania bella da scompigli e crucci.

Or per a
Il

te

de l'Irania s'addice

trono imperiai,

La tua

t' in

vigile sorte.

testimonio

se qualcuno

Al tuo comando fa ribelle e lungi


Andar vorr dalla tua legge, noi
Sotto al comando tuo si l'addurremo,
S'egli ancora un eroe, s'egli pur anco
Degno di storia qual Khusrv antico.


Disse questo e

si

70

assise al loco suo.

Khorasn, di guerrieri inclito duce,


Innanzi venne e cos disse allora:
Per questo vecchio di scienza amante

Che

tante gi dicea parole innanzi

questa gente,

cercher per quale

io

vecchio sapiente
E ambizioso. Ogni pi bella cosa
Gh'ei di te ricord, f' lieto il core

Gagion

le disse

il

D'ognun de l'assemblea; ma una sentenza


Leggiadra ancor, quale dovra l'uom savio
Ascoltar, che Zerdsht nel Zendavesta
Dice in tal foggia Quei che si ribella
A Dio sublime in ciel, per tutto un anno
:

Date in catene ed incliti consigli


Porgete a lui che rechin frutto; e allora
Che d'un anno al cader sulla via dritta
Non torner, con una spada, al cenno
Del vostro

sire,

il

trucidate.

E quando

Al suo giusto signor mostrisi avverso,


Vuoisi che ratto dal suo corpo lungi
Khorasn ci disse.
Vadane il capo .
Chiuse le labbra e venne al loco ov'era
L'alto suo seggio. Farrukh-zd intanto

In pie levossi e in quell'ampio consesso

Porse innanzi

Prence

Che son

la fronte e cos disse:

di noi proteggitor, parole

giuste, ridir, meglio d'assai

D'ogni periglio, e se giustizia

il

meglio.

mai non viva alcun che lieto vada


E a Behrm disse: Lieto
Per ingiustizia!
Viver tu possa e al mondo almo sostegno
Gol dolce aspetto tuo! Se i nostri detti
Qui pur son grati, e n' propizio Iddio

Deh

Sempre vincente, vivi tu beato


Nostro sovrano in sempiterno e lungi


Rimangano da

te

De' rei malvagi

71

mano

e favella

Questo

disse e al suo

Loco sed quest' uomo ardito e forte.


Khazarvn di Khusrv, come leone,
Avanzavasi allor. Disse a quel duce:
Poi che tante parole e giovinetti

E vecchi

ricantar, se tu dell'opra

Ti cerchi al

fin giustizia

vera,

un messo,

Qual tempesta veloce, e tu sospingi


In sulla via, non aspettar lung'ora.

Per che Khusrv ardimentoso e altero


lungo suo sentier calcando venga
Dietro le ingiuste opere tue. Perdono
Per l'opre gi compiute a lui dimanda,

11

Non

t'avanzar con tracotante incesso

fin che vive.


Prence del mondo, il re, non pu del trono
Esser mai degno il capitano; in core
Se hai timor di Khusrv, da Persia bella
Il cor distogli e ancor da Tisifuna,
Di Khorassn per le citt discendi
A viver lieto, che cotal letizia

Al trono imperiai, che,

Ben

ti

si

addice e principesco grado.

Ma fogli tuoi l'un dietro l'altro invia


A far tue scuse, onde Khusrv non venga
A te da tergo per la via lontana.
i

Poi che dal loco suo ritorse

Khazarvn

di

piede

il

Khusrv, innanzi

il

pose

Zad-Farrkh all'istante, Ei cos disse


A giustizia conforme; Illustri eroi
D'inclito nascimento, udii parole

Ridir da' prenci che d'Irania sono


I

duci

eletti.

fCir

parole in pria

perch un duca d'armati


Re si facesse! Tal parola il saggio
Approvar mai non pu, che d'uom per essa
Servili inver

72

si scema. E Khorasn parola


Dicea eh' piena di superbia; ed io
Forse dir ch'ella congiunta a senno?

L'onor

Farrukh-zd accrescea quelle parole


Ardite e stolte ed offendea del saggio
cor per esse. Khazarvn, di forti

Il

Capitano, fu

quarto, e

il

detti suoi

Furon congiunti a vero senno. E invero


Da che die forma all'universo Iddio,
Questo mutar della fortuna a un tratto
Manifestossi, e tu prendi tue

Dall'arabo

Che

mosse

Dahk primieramente

fu ingiusto e di voglie insane e ree,

Quale uccise Gemshd superbo e

il

Per

mondo

intero in

mano sua

tristo

prese
Pien d'angoscia allora

ingiustizia.

si

Ogni saggio ne and, ch'era signore


Di questa terra

il

tristo

Devo. Intanto,

Fredn, monarca fortunato e illustre,


Del regno di colui tronc stagione.
Secondo era Afrasyb, natura prava.
Che con arte malvagia da Turania
Si mosse e il fiume valic. Troncava
Miseramente con l'acuto ferro
A Nvdher celebrato il capo augusto
E la fortuna in basso cadde. Terzo
Fu Sikendr che qui venia di Grecia,
In Irania venia, s che deserta
N'and la terra. Ed egli uccise in guerra
Dar di spada vibrator, per lui

cibi e

sonni

fiir

gravosi e

tristi

E quarto venne

Agl'Irani gagliardi.

Khoshnavz che di cor non era puro,


Qual distruggea di questa terra antica

La

delizia e l'amor.

Uccisero Pirz

gli

Quando improvvisi

Heytli in guerra,

73

Inclito re d'inclita sorte, principe

D'ogni monarca e vincitor del mondo,


Precipite cadea l'alta fortuna

Del re dei

Ma

re.

tal

prodigio in terra

Alcun non vide mai, quale or toccava


Novellamente a suol d'Irania, in fuga
Andarne un re, qual Khusrv, dal trono,
E cercarsi rifugio appo il nemico

Da

ribelle poter de' prodi suoi.

Cotesto ei disse; per dolor piangendo

Anche

Ma

e impallid nel volto

si assise,

Behrm

Alle parole sue

guerriero.

Sinbz, di gran cose esperto assai,

Ratto balzava in

pie, cinto alle reni,

man, cos gridando:


gran pregio, ecco! divenne
Illustre e grande e d'anima serena
Ed or, fin che non venga un de la stirpe
De' Kay, qual stringa a' fianchi suoi dintorno
La cintura dei re, meglio ch'ei solo
Assida in trono, ch'egli prode in guerra
D'India

un

ferro alla

Questo eroe

di

E valoroso

e di fortuna amica.

Ud quo' detti

E
E

la

man

cos disse:

condottier de' forti

Ove per

noi

si

trovi,

caste!, di regal

In villaggio

Una

il

porse e sguain la spada

fanciulla,

Porti, fuori di

seme

non vorr che alcuno


lei, regal corona

E in mezzo agli altri cavalier cavalchi


Come u diano prodi
Suo palafreno.
Gurd e Baby d'armeno sangue quale

Atto superbo fea quel duce impuro,

Trasser le spade e in pie levarsi e nuove


Parole a pronunciar gi si apprestavano:
sovrano Behrm, noi gli siam servi,

dal suo

cenno e dal consiglio suo

quando

Ci partirem,

Fuor

tratti

74

ferri,

Behrm che

a prudenza

si

vide

volse

E a pi giusto operar. Chiunque, ei disse,


Dal loco ov'ei si asside, in pi si leva
E la man stende al ferro, avr la mano
Da me tronca a l'istante, e far senno
La mente sua hriaca.
Ei questo disse

E primo

a tutti

principi d'Irania

Venne a un giardino imperiai. Dispersa


Andava allor quella vasta assemblea,

corrugate avea ciascun

Avea ciascun

le gote,

trafitto in petto

il

core.

Poi che mostrossi de la notte in cielo


Il

bruno

vel,

quando brillaron

gli astri

In quel cupo color, tosto che voci

Di sentinelle

Calamai

si

si

levar dintorno.

cerc, fogli richiese

Behrm guerriero, e venne un avveduto


E saggio scriba, e un calamo dinanzi

il

vasel degl'inchiostri a

lui,

si

accorto,

Pose innanzi Behrm. Dissegli allora:

Su questo

foglio ch' di seta,

un patto

Vuoisi notar pei duci Irani. Dicasi

Che sovrano Behrm, di vincitrice


Fortuna sempre, ch'egli degno ancora
Del serto e degno d'esto seggio. Nulla,
Fuor che giustizia, ei cercasi pel mondo
Nell'opre manifeste e nelle ascose.

Questo fu scritto e quei levar le lampade.


Passar l'oscura notte in gran pensieri.
Come disparve quell'azzurro velo

alla vista del sol chiara

si

fece

Quest'ampia terra, un uom che vincitrice


Avea sua sorte, l sen venne e pose
Entro la stanza di Behrm un trono.
Dinanzi

al

trono d'or poneano

seggi

l'adito

75

schiudean. Si assise in trono

Behrin sovrano e il diadema cinse


Imperiai sovra la fronte; allora,
Quel regal patto, sovra prezioso

Drappo

di seta gi notato,

il

regio

Scriba recava e ad uno ad uno i prenci


Scrivean, testimoniando esser del mondo

Behrra signore. Come detto fue


Lor chiaro nome su quel foglio, un aureo
Suggello a sommo re Belirm vi appose
E cosi disse: Questo regno mio,
E Iddio santo e verace in testimonio
A tutti voi. Cos per anni mille
Resti che alcun de la semenza mia

Prence si nomi, d'uno in altro figlio


Incolume rimanga ed onorata
La corona regal con l'alto seggio!
Nel giorno d'Hur, d'Azr nel mese, appunto
Si fea cotesto, quando balza in groppa
Agli onagri

il

Ma Behrm

leon per farne preda.


cosi disse a' prenci Irani:

mezzo a noi sorser discordie ornai,


Odii pur anco. Qual di voi non pone
Consentimento a ci che femmo, sia
Uom di cor giusto o menzognero, in questo
In

Iranio suol pi di tre giorni ancora

Non
Che

si

rimanga

nel tempo
mondo,
appo Khusrv ne vada.
al

quarto

di,

pel ciel salir, luce del

Quest'almo sole,
N pi a lungo s'indugi in questa terra.
Non di verace core il benedissero
Cosi gridando; Mai non resti priva

che ciascun qual era


Fedele a re Khusrv, trafitto al core
Per quel regno novello, andava in Grecia
Di te la terra

Da

quella terra,

andavane ramingo

D'Irania bella dagli ampi confini.


X.

Fuga

(Ed. Cale.

Stette

76

Bendy

di
p.

Bendy.
1901-1904).

come

agreste fiera

Incatenato al tenebroso carcere

Fino a settanta d. N'era custode


Behrm, quel di Siyvish, e dolente
E increscioso egli era assai di quelle
Di lui catene. Ratto ad ingannarlo

Era pronto Bendy, ch'ei non quietava


ben che in catene. Ei disse
Non disperar del prence iranio, ancora
Se il chiaro giorno in tenebrosa notte

Dall'arti sue,

Si converti.

Che

se tardiva e lenta

sua fortuna come gi fu lenta

Di Prz la fortuna inverso a quello

Perverso Khoshnavz, Dio gli f' grazia


Nella persona del suo figlio eletto,
Kobd monarca, e gli rendette poi
La sua terrena potest. Davvero!

Che a Behrm tracotante e il trono e il serto


Non rimarranno! E che di ci si pensa
Costui che amica ha la fortuna? Oh! mai,
Deh mai non sia chi di villano sangue
Discese un giorno, qual se stesso tragge
!

Insanamente

al precipizio! Intanto,

Stagion tu conta sovra alle tue dita

Fino a due mesi, e tu vedrai

di

Grecia

un esercito. Le fiamme
Avventeranno di Grecia gli armigeri
In Irania

Contro al seggio fittizio e alla corona,


E gli ornamenti suoi via strapperanno
Dal capo

di costui

che

li

rapa.


Disse Behrra

Se grazia alla mia vita

mi

L'iranio prence

77

far, di questi

mia
Adornamento, obbedir al tuo cenno
In ci che dirai tu. Ma un sacramento
Consigli tuoi far dell'alma

Terribile vogl'io per questa luna,

Pel trono e il serto e per la sacra fiamma


D'Azergashspe, che se un d ritorno
Far Khusrv in questa nostra terra.
Del greco Imperator da suol di Grecia
Menando un pugno di gagliardi, grazia

Per

la

mia

vita impetrerai da esso,

faccenda
Malagevole assai, perch al mio corpo
Danno da lui non venga e ci non sia
vile estimerai cotal

Per

detti biechi degl'Irani avversi.

Questo egli disse e poi del Zendavesta


Chiese il volume e avvincere Bendy
Cerc per sacramento. AUor che prese
Il Zendavesta fra le mani sue,
Bendy cos parl: Per Dio signore,
Mai non vegga Bendy che angoscio e affanni,
Mai tranquillo ei non sia per questa vita

Breve cotanto, s'egli, allor che


Khusrv regnante da quel loco
Tosto noi vede e non

Mandi appo

di

te

torni
suo.

insiste, ond'ei

una preziosa

gemma

principe degna una corona.

Behrm, come ascolt quel giuramento.


Ratto ch'ei vide cor sincero in

lui

E fermo

io

il

patto, cos disse:

mio secreto a
Chiara a parlar

Il

Un

Or

te dir,

levando

la voce.

Ecco! a Ciubneh

laccio apprester, con sottil'arte

Compir

la

vendetta. In luogo acconcio

Alle insidie, con ferro avvelenato.

e studio, ben poss'io menarlo


morte certa. Se acclamar qual sire
Behrm si dee, davver! che le marine
Bendy dicea
Onde non hanno umor

Con arte

Deh

tu esperto nell'opre,

Reputar mi di

tu,

un uomo accorto

saggio e avveduto.

Come di Grecia con sue genti armate


Re Khusrv torner, quando su questo
Seggio regal

si

assider, tu sappi

Che in ogni cosa che dirgli, mai


Da mie parole non Carassi a dietro.
Quelle tue colpe che di te ne andavano,
10 chieder ch'ei

Per

le

ti

condoni. Ei certo

parole mie darebbe ancora

La sua corona. Ma

se intanto in

opra

Vuoi por ci che tu di', se di menzogna


La via non cerchi nel tuo cor, deh! sciogli
I

piedi miei da questi ceppi gravi,

E di Khusrv questo ricordo primo


Tu fa, tu gli apri il tuo secreto core
Per tal favor, per che agli orecchi suoi
Pervenga il chiaro suon della tua voce.
Behrm, quando ascolt, si f' nel volto

sorridente e

lieto,

ed a l'istante

Lev a Bendy i gravi ceppi suoi.


Quando il vel de la notte oscuro e

tetro

Chiaro divenne e l'afferr d'un tratto


L'alba novella. Se il mio cor non rompesi,
Disse a Bend}', quando a giocar di mazze

Giubneh oggi verr, come gi ordii


Con cinque amici miei la scorsa notte,
11

vital spirto gli torr dal capo.

Chiese una maglia e la vesti di sotto


All'ampia veste e ratto a un palafreno
Balz in arcion da quel palagio. Avea

Behrm

valente una mogliera infida.

79

Qual disiato avra che

fatto a pezzi

Behrm le fosse, di Behrm Ciubneh


Amica in cor, nell'anima perversa
Contro allo sposo suo d'odio feroce
Turgida e piena. Ella invi cotale
A Behrm che dicea: Della persona
Tienti daccanto difensor possente,
vesta secreto e accorto

Che Behrm

si

Una

e tutti de'

corazza

Della corazza

gheroni

nodi strinse. In core

Qual male ordisca, gi non


Sar per te se da te lungi

so,
il

ma

bello

tieni.

Ciubneh, come udia di cotal femmina


( Non giocar di mazza

chiari detti

Con seco

d'ognun che scendere

ella dicea),

Ei l vedea ne la palestra, allora


Che alla sua mazza pi vicin si fea.

Lieve lieve palpava in su la schiena


Con la mano e dicea parole dolci

Con

affabile voce.

Di Siyavish

manifesto sovra

L'arnese

f'

fin ch'egli
il

cotesto

giunse al

figlio,

colmo petto

gli scopri. Dissegli allora:

Deh! tu peggior d'un serpe che

ti

morde,

Chi suol vestir sotto a panni di seta


Questo
Nella palestra una corazza?
Disse, e la spada della sua vendetta

Rapidamente sguain, divise


Dal capo al piede l'infelice in due
D'un taglio netto. La novella intanto
And per la citt, giacersi ucciso
Behrm guerrier, dal viver suo migrando.

Ma

di tal

morte

la

novella certa

Poi che intese Bendiy, luce del giorno


S'accorciava per

lui.

Vest

un arnese,

Balz in arcioni e tremante

si

cinse

80

Quel suo fianco d'eroe. Con quanti ancora


Dell'estinto Behrm eran congiunti,

Con quanti avean per

lui tranquilla

vita,

Dalla citt del suo fuggir la via

Ratto

si

prese, perch alcun

grande

Scompiglio non vedesse. Andavan'elli

Da questa

a quella stazion, crescendo

Cavalieri e cavalli, ed

sentiero

il

Che mena in Ardebil, prendean correndo.


AUor che usci da la palestra, il lembo
Davver! che trasse de le vesti sue
Behrm nel sangue per l'accolto sdegno!
A Mahry cenno ei fea che di Bendy
Fosse custode,

ma

dicean

gli astanti:

Deh per Bendy non corrucciarti in


Almo nostro signor! Poi ch'egli seppe
Di questa morte di Behrm, ei certo
!

core,

Ne and congiunto a rapida bufera


E si fugg. Seppe che di s stesso
Opra era quella, che Behrm ucciso
Cosi giacea per quelle insidie sue,

si

pent di quella dell'amico

Acerba morte e vide che d'un tratto


S'intenebrava ogni sua impresa ardita.
Disse Behrm: Di tal che il suo nemico
Non riconosce dall'amico, mai
Non restino midolli e non di pelle
Tristo involucro! Dorme l'un posando
Qual su la punta de le zanne estreme
D'un elefante, s medesmo affida
Altri ai flutti del

mar profondo

Altri contro al suo re mostrasi

zampa

tracotante, altri la

e azzurro.

audace

afferra

Di leon fero. Abbi piet dell'alma


D'esti quattro infelici!

Che

si

parte da

lor.

Ma

la fortuna

v' pur altri

siche scuote un monte ed una turba chiama


Perch

l'aiti.

Ei d le

cos

membra

Dopo cotanto

gran

fatica

sue, stringe nel pugno,

faticar del corpo,

Inane vento! Meglio assai sull'onde


Passar con isdruscito navicello,
Che affrettarsi nell'opre. E se tu vuoi

Mirar con gli occhi tuoi dritto nel sole,


Stordito ne sarai, ne tornerai
Cruccioso e guasto. Quei che per sua guida
Prendesi

il

cieco, rimarrassi a dietro

Nel suo lungo sentier. Chi afferra il serpe


Con la sua mano, ucciso fia, disciolto
Andr il serpe da lui. Se alcun per prova
Tosco si bee, da ci che bevve, e duolo

E morte avr qual parte sua. Bendy


Non uccidemmo in sul principio, ed ei
Di mano mi sfuggia, via si cercando
Con un'arte sottil. Deh che m' forza
!

Per

Ma

l'opre nostre lagrimar!

Vedrem

noi

Con breve

si

dov'

di

intanto

Dio consiglio.

scorta, dall'opposta parte.

Come nembo che

corre,

il

suo sentiero

Bendy prendea. Recavasi ciascuno


Quanto potea recar verso ad un loco
In

che stava Mausl, d'Armenia un


l'intorno ampi deserti

forte,

Ed erano a

Senz'acque, passo a

le

vaganti

fiere.

Pi in l un ricinto, al suol confitto, scorse


Bendy, gli sguardi sollevando, e vide
Ch'era pur l Mausl d'Armenia, e ratto
Vide a l'intorno acque scorrenti e chiare

pascoli

Solo

pur anco. Andava

Bendy

in pria

d'altere voglie e al loco

Verdeggiante correa con presti passi,


E vedendo Mausl, dovuto omaggio
FlRDOSl, Vili.

82

Prestavagli e dicea quali in secreto

Avea

novelle.

Oh! non partir,

Mausil, di qui, che

ti

gli disse

verr novella

quando a quando, e tu saprai che fece


Khusrv in greco suol, s'ei f' la pace,
Bendy che intese,
Se la guerra apprest.

Non

dilungossi da quel loco e tutti

Convoc dal deserto

suoi compagni.

XI. Arrivo di Khusrev-Perviz in Grecia.


(Ed.

Cale. p. 1904-1910).

Andavane Khusrv sospinto in corsa,


Acque non eran per que' lochi od erbe,

Non eran

guide. Abbandonate allora


Al suo stanco destrier le attorte redini,
Scese, malgrado suo, fino alla terra
Di Babilh. Della citt i magnati
Vennero incontro, venne incontro a lui
Chi parte ancor s'avea di sensi umani.
Ma nel tempo che giunse appo cotesti
Prence Khusrv, quando a l'esterna parte
Della citt scendere ei fea sua scorta,

Quando ei l discendea, venne d'Irania


Correndo un messaggier. S'avea del fiero
Behrm-Giubneh un foglio seco e il foglio
Recava ascoso fra le vesti. Scritto
Di Babilh v'era al signor: Se giunge
Esercito di qui, non far che vada
Libero e sciolto. Le falangi mie
Ecco dietro gli son sospinte in corsa
E scenderanno alla citt ch' tua,
Dall'uno all'altro istante.
Allor che il prence
Vide epistola tal, subitamente
!

Corse da re Khusrv.

il

foglio lesse

Meraviglia

il

il

83

Come

ci vide

giovinetto sire,

tocc dell'opre arcane

temea ch'esercito

Di questa terra. Ei

si

Venisse a tergo,

principe d'Irania

Stringersi

Ma,

poi,

il

ei

cor senta nell'alta angoscia.

dalla citt, balz in arcioni

Ratto a l'istante e il regal fianco accinse


A sua corsa novella. Ei dell'Eufrate
Discese all'acque in affrettata via,

Che loco ei non vedea nel regno suo


Da riposarvi. Gi sentan la fame
Giovani e vecchi, allor che una foresta

Vedean da

lungi, acque scorrenti ancora,


mostr una carovana. V'erano
Cammelli, e a tutti precedea dell'ampia
Scorta il signor. L'uom, giovinetto ancora,
Allor che scorse di Khusrv la fronte.
Quale a illustre signor gli benedisse,
E Khusrv cominci: Quale il tuo nome?
Dove andarne vuoi tu? Qual la tua brama?
Kais mi son io, di Hris figlio, ei disse,
D'Arabi franchi e liberi son io
Un degli eredi, e qui d'Egitto venni

si

Con una carovana ond'io son duce.


Ecco! il mio loco ad abitar su l'acque

dell' Eufrate e per questa foresta


da quel loco la mia via. Di cibi
Deh! quanto hai tu, Khusrv gli disse, e quanto
Hai di coperte e di tappeti? Noi
Stanchi qui siamo e siam digiuni, e cibo
Non con noi, non carchi o suppellettili.
Qui, qui t'arresta, l'Arabo rispose;

Una

sol cosa la persona mia.


Poi che spiegava
L'anima mia con te!
Per l'iranio signor l'arabo duce

84

Cotanto amore, una pingue giovenca

un fuoco

Ei l rec. L'uccisero, ed

Acceser tosto e secchi legni e freschi


V'arsero in copia. L'arabo signore

Ponea sul fuoco le spartite carni,


E i compagni del re gi s'affrettavano
A divorarle. Senza pane allora
In copia egli cibar le carni apposte,
Quindi ogni prence ai dolci sonni un loco
Si ricerc.

Levarsi

Ad

Dorman

poi,

alcun tempo;

elli

novelle a Dio preghiere

apprestare, a Dio, giusto e verace,

Fattor del mondo, creator di quante

non possibili.
compagni il re Qual di voi
Che ha maggior colpa, qual a me pi caro

Possibili son cose e

Disse

a'

d'esti servi

il

pi famoso, e quale

Opra pi rea comp, da me, da quella


Via ch' del cielo, dilungando, tutti
Or dnno in me speranza aver maggiore.
Porgete adunque lieto annunzio omai.
Tutti ver me, d'opre leggiadre e buone!
A benedire incominciar gli amici.
Gridando Re Khusrv d'intatto core,
D'intatta f, sereno cor sia il tuo,
:

Lieta la sorte! Iddio, giusto e verace,

Ti renda

il

trono! Ei gi

Amor

per te con senso

In ciascun de' mortali.

ti

die cotale

che cresce

Inclito aspetto e maest,

di giustizia

tu se' ancora

Almo tesor di sapienza al mondo.


Che ben ci dai per mal che femmo.
Che s'alliet per tale onesto augurio

Allora

Il

nobil prence, vennegli nel core

Nuovo pensier

pel suo viaggio. Ei disse

All'Arabo chiedendo

Oh

quale adunque

85

il nostro calle? ed io con queste genti


L'Arabo disse:
Come andarne potr ?

Pi che settanta parasanghe a voi


Son qui; dinanzi a voi monti e deserti

Son veramente. Ma se a me di tanto


Vnia sar, carni arrostite ed acqua
Recher su la via, perch d'assai
Fuor di ci, consiglio
Tu non t'affretti.
Altro non , Khusrv gli rispondea.
Per che andarne possiam con provvigioni
E con tal che ci guidi in questo calle.
Un dromedario per la via sospinse
L'Arabo allor, perch la via segnasse

All'esercito innanzi.

Andava

intanto

L'iranio prence per deserti e monti,

Pien

pien di doglia e affanno.

di fatica,

sua scorta. Un'altra carovana


Mostrossi ancora per la via da lungi

Con

tal

l'esercito innanzi, e

un mercatante,

Ricco e opulento, al re venia. Gli disse


L'iranio prence: Donde sei? Rispondi.
Ove andarne vuoi tu cosi correndo?
Di Maestate d'Ardeshir son io

Un
Son
Il

mercatante, quei rispose, e scriba


Disse il re Qual
io pur anco.

genitor

ti

f' ?

Mihrn-Sitd.
Gli chiese

il

Cosi rispose

Sue

nome

provvigioni allora

prence, e

il

sir di

carovana

Deh! illustre! ecco son meco


Provviste tante che non misura,
Anche se il volto de' mercanti in questo
Se un ospite ritrovi
Lieto non .
Gli rispondea:

Sul tuo sentier, Khusrv

gli disse,

Agio e poter s'accrescono d'assai.


carchi
Disciolse il mercatante
denari
ov'erano
Ov'eran dramme,
i

ratto

suoi,

86

In molta copia, e rec cibi e al suolo

Anche

si

Gustato

assise e benedisse al prence.


il

pane, l'uom, tanto devoto

quegli ospiti suoi, venne e

prese

si

mani un'ampolla. Oh! da lontano


Kharrd eh' di Berzin, vedea cotesto
Fra

le

dal loco dov'era, al suo signore

Venne correndo. L'acqua calda ei prese


Da le man del mercante e al re la porse.
Perch il suo re non ne toccasse offesa
Qual di vergogna. E allor che il mercatante
Sollecito rec limpido vino

Come un'acqua
Kharrd

di rose,

ecco

eh' di Berzin, di

che

man

nappo

il

gli

tolse

Un'altra volta di suo andar nel mezzo

corse innanzi al re. Gotal servigio


Frutto recava a chi serva, crescea
Nuova grandezza sovra l'altre sue.

Al mercatante disse
Or sar per mie genti

il
?

re: Qual via

qual tuo loco

Maestate d'Ardeshr, degli


liberale accoglitor

Che

vigilando vivi,

Fra

ei

prence

rispondea.

mercatanti io mi son

Dell'opra sua.

ospiti

Deh

Comand

tal

allor

che vive
che il nome

Del mercatante giovinetto e il vico


Lo scriba suo di nobile fortuna
Scrivesse, e a quello disse: Addio pertanto!
Sii

nel tuo cor congiunto a vero senno,

Come all'ordito suo trama s'aggiugne.


Come part dal verdeggiante loco
L'irania schiera, fino a suol di Grecia

Rapida venne e giunse ad un castello


Che il greco Imperator loco da traffichi
Appellar gi solca. Come da lungi
L'esercito venir scopria la gente


Che

in Cristo

ha

87

fede,

venne a corsa

Inaccessi e in aperti, entro a le

Men

le suppellettili e le

in lochi

mura

porte

Rinchiuse del Castel con fermo colpo.


Stupia di tanto il re, luce del mondo,
Egli e le genti sue rimaser fuori
Della citt tre d. Ma al quarto giorno
Tale ei mand che disse: Ecco! non grande
Scorta d'armati qui con noi. Frattanto
Cibi

mandate e porgeteci

aita,

Trista voglia su noi non soddisfate.

Dinanzi a quelli fr dispetto e vili


Queste parole, e digiuno l'esercito

Era ed affranto. Ma in quell'ora istessa


Nuvola negra si lev, ruggente
Qual leon battaglier. Da quella nuvola
Contro all'ampia citt vento improvviso
Si scatenava, ed erano dovunque.
In ogni vico, supplici lamenti

voci di terror.

Mezze

Quando passate

eran gi l'ore.
Parte cadea di quelle mura e tutta
La citt ne stordia, chiedea perdono
A Dio pregando il vescovo. Al mattino,

Da

dell'atra notte

ogni castello

il

fodero adunaro

Subitamente ed inviar di fuori


Di grave et tre sacerdoti, e quante

Erano cose in quella terra verde,


Tuniche e vesti che si fanno in Grecia,
Al prence iranio carreggiar. Deh
Egli dicean, fu manifesto e chiaro
!

Nostro peccato

Era e

Ma

d'alto sentir,

sire.

Khusrv, che giovane

per lor peccati

que' supplici suoi non

f'

rimproveri.

Nella citt sorgeva alto un castello,

Di cui l'altezza arditamente andava

Le nubi a rasentar. Dentro


Molti eran schiavi, e
Il

il

al castello

dilettoso loco

greco Imperator costrutto avea.

Dalla

campagna

si

togliea l'iranio

a quel loco venia, poscia aggiravasi


Per la citt per ore molte, e tutti
Gli feano

Gemme
Cosi,
Il

Greci auguri e

voti, a' piedi

lucenti gli spargeano in copia.

come

gli

giunse in potestate

loco ameno, riposovvi alquanto

Khusrv

illustre e v'indugi. Scrivea


Un'epistola al greco Imperatore,

Di quel vento improvviso e de le fosche


Nuvole favellando e de la pioggia,
Poscia a Maniiy dalla citt scendea,

Many

leggiadra, che citt celeste

re appellava. Chi avveduto e accorto


Era e prudente e saggio molto e sire
Di Many fra la gente, e sacerdoti
Il

E monaci pur

anco, andaron tutti

Incontro al sire con

eletti doni.

Con cose elette da gittargli al


Andavano col re parole assai

piede.

Di quel vento improvviso e dell'antica


Citt che l'ebbe, e quei dcean:

Tutti noi

ti

Di principe

Siam servi,

Khusrv chinato

Nella citt tre giorni

Siam

noi,

alle parole
il

capo.

rimase
Prence Khusrv. Al quarto d, nell'ora

Che questo

sol,

si

luce del mondo, trasse

L'acuta spada de' suoi raggi incontro


Alle nuvole fosche, il nobil prence

Scese

al sentiero di

Anche era Aurgh

Vergh.

Il

nome

della citt, dov'erano

Del Nazaren la croce ed un ospizio


Per l'egra gente. Ma vedeasi ancora


un

In

Un

89

loco appartato ed inaccesso

romitaggio, e

La voce uda

il

mondo

principe del

dell'eremita. Allora

Al romitaggio and vicino e questa


Voce Khusrv mandava: Oh! in questo loco
Della sua sorte chi sen va beato

Un

vecchio qui

dissero allora,

sta,

si

Per gli anni molti attenuato e macro


Quale un'erba sottil. Conoscitore
Egli dell'opre de le stelle, e ninna

Cosa del mondo

gli

E invero

celata.

Ci ch'egli dice, accade poi, n

il

dubbio

S'annida mai nelle parole sue.

And

Khusrv

alla porta re

Del romitaggio e die

tal

allora

voce: Oh!

sia

mai sempre a Dio servire!


E se tu scendi a me da questo antico
Ufficio tuo

Tuo

romitaggio, vengati dall'alto

Benedizion di Dio, dator

di grazie.

Dal romitaggio, come ud


Tosto discese l'eremita e

il

la voce.

prence

Scorse che l'attendea. Khusrv tu sei,


dubbio non qui, non lieto
Del trono in che sedea quel padre tuo.

Dissegli, e

Colpa d'un servo d'opere malvage.


Allor che
Schiavo tristo ed impuro.
dilungando.
Dell'eremita andavan
Lieto ne andava dell'iranio il core

Per

affetto

ver

lui.

Di suo dolce parlar,

Invocava su

lui,

Meravigliava
s

che l'Eterno
mondo,

fattor del

la man gli stendea del palafreno


Dal dorso eretto, interrogando lui
Si a Dio devoto. Quel devoto a Dio,

Come

omaggio e disse
Allora,
lungo
tempo.
Parole seco
ci vide, gli f'

detti

90

il

re

gli disse:

Per farne prova,


Un servo mi son

io d'irania

Umile

gente

greco Imperator porto un messaggio.


Quand'ei renda risposta, al mio signore
La recher. Ma tu frattanto vedi

al

Se felice sar l'andata mia,


Qual esito ella avr; tu cerca intanto.
L'eremita dicea
Il

re

sei tu,

Devoto

al

non

Non

dir cotesto

far di te

uno schiavo.

suo signor. Quand'io

ti

vidi,

Tutto il ver ti diss'io, ma non provarmi


In alcun tempo mai. Nella tua fede
Mentir non lice, n tua legge o norma la menzogna. Molto affanno invero
Gri sopportasti e

a contrastar scendesti,

Indi fuggisti da quel servo tuo.

Prence Khusrv delle parole sue


Meravigliava. Gli tocc vergogna
Di ci che disse;

pronunciar,

ma

ei gi

imprendea sue scuse

dissegli

'1

romito:

Scuse non dimandar, chiedi piuttosto


Dell'avvenir da me motto ben certo.
Lieto e securo in questo tuo viaggio
Serbati adunque e sii pel mondo quale

Ramo

giocondo da' bei frutti. Iddio


ti vuol disciolto.
D'alta fortuna ti far, possente

Da

ogni necessit

glorioso.

intanto armi e guerrieri

Otterrai tu dal greco Imperatore

Ed una figlia ancor, degna di serto


E di trono regal. Quando battaglia
Sar di te
Proteggitor
Il

Re

co' schiavi tuoi ribelli,


ti

fia vigile

e forte

del mondo. Fuggirassi alfine

reo malnato e molto seco stesso


Ricorder di sua propizia sorte
Il


I di

Da

passati.

quel

Ma

campo

91

in lontano loco

andranne

dell'armi

far in quella terra

allora

suo soggiorno.

il

Poscia, poi che lontan dalla tua legge


Ei volle andar, per tuo real decreto

Ne

versato per la

il sangue.
Questo e non altro
Possa accader, come dicesti, o vecchio
E saggio e accorto Ma che di' tu ancora ?

fia

Khusrv

teri'a

gli disse allor:

Quale indugio sar perch

Mi

ritorni in poter?

il

Cos

mio regno
rispose:

Dieci e due mesi passeranno, e allora


II

tuo seggio riavrai. Dieci e poi cinque

Giorni ancor passeranno, e tu sarai


Il

re dei re, luce ed onor del mondo.

Khusrv

gli dimand: Di questa gente


Chi sar che suo studio in ci riponga
Tale
Per darmi angustia con travaglio?

Ch' altero e

lieto in ogni voglia sua,

Quei rispondea, di cui Bistm il nome.


Zio tu appelli quest'uom, vedi per lui
Giocondi i mesi e gli anni tuoi. Deh guardati
Dal traditor, che ti verran da lui
!

Crucciossi
Danni e travagli e fiero duol
Prence Khusrv e disse a Gustehmme:
Il nome tuo questa parola arcana
!

Dal suo secreto fuor traea. La madre


f' nome Bistm, e tu, fra l'armi,
Gustehmme son io, dicendo vai.

Ti

Indi

si

volse all'eremita e disse:

Questi lo

per sangue

zio,

alla

mia madre

E l'eremita. Oh certo.
Disse, da Gustelim guerra e travaglio
Un giorno avrai Deh consigliero mio,
Khusrv
che
tu pi innanzi
Che m'accadr Tu non pensar cotesto,
Pari di grado.

gli disse,
?

di'


Disse

il

92

romito, che d'allora in poi

Altro non vedrai tu che alto favore,

Benedizion di Dio. Danno o rancura


Non ti verr mai pi, se non forse

Mal che l'Eterno manda a


Altero

si,

la

te.

Ma

questi,

pace tua tranquilla

Ti turber; d'allora in poi compiuta


Ogni tua brama vedrai tu. Se ancora
Costui, nemico tuo, sar perverso.
Verr pur sempre di sua vita il fine
Per la tua mano.
Gustehmme allora
Cos disse al suo reL Deh! signor mio,
Per questo in core non crucciarti Giuro
Per Dio santo che fea la bianca luna.
Che die alla terra principe sovrano
Qual sei tu, per la luna e per il sole.
Per lo splendor d'Azergashspe e l'alma
E il capo illustre del mio re, che nulla,
Fuor che onest, si cercher in sua vita
Gustehm, non battendo unqua alla porta
Della menzogna. Che se mai diverso
Avr consiglio da cotesto in core
Gustehm, l'alma sua salva non resti
Dal di che fece l'universo Iddio,
Niun la chiave scopr che apre la porta
De' suoi secreti. Perch dai tu fede
Dell'uora di Cristo a le parole ? Indegne

Parole adunque tu ascoltando vai

Ma dammi

tu,

signor, dei delti suoi

Sicurt vera, e non cercar pretesti.

Poi che giurai quel giuramento mio

Khusrv

gli disse allor:

Iddio signor, non

Dall'uom che teme

vengono parole
Mal da te non vidi
In alcun tempo, n tu inclini a stolto
E menzognero oprar. Ma gi non dee

Insane e

stolte.

93

Stupir dell'opre di quest'alto cielo


Il

mortai, se tu ancor pieno sarai

Di mala intenzon. Quando


Che avvenir dnno, son di

E senno ancor da una


Indi

'1

le

cose

Dio,

prudenza

parte sen vanno.

re cos disse all'eremita

Lieto vivi del cor, con lieta sorte


Allor, qual

lampo da

nubi fulgido.

le

Alla citt d'Aurg sen venne

il

prence

Dal romitaggio. Vennero a incontrarlo


Di quel castello

principi,

Ognun che parte avea

XII. Lettere di

ne venne
umani.

di sensi

Khusrev

e dell'Imperatore.

(Ed. Cale. p. 1910-1913).

Ratto che giunse alla citt quel sire,


Dal greco Imperator famoso e illustre
Sen venne un cavalier con tal messaggio
Ci che

il

t'

d'uopo in questa terra, chiedi,

tuo desire non celar dinanzi

A' prenci di quaggi, che s'anche questo

Regno

dal tuo va separato, eguale

Alla tua reputiam nostra persona.


In cotesta citt vivi securo,

Vivi beato, libero e disciolto

Da

ogni mal che

ti

Servi tuoi tutti son

pensi. In tutta Grecia


gli

abitatori,

Anche se prenci ei sono e levan alta


La superba cervice. Ed io frattanto.
Fin che fornito non t'avr di genti
E d'armi ancor, non cercher il mio cibo.
Del mio riposo non la stanza o il sonno

Mi cercher.

Khusrv,

che uda cotesto.

94

Oiubilava del cor, l'anima sua


Disciolta andava da ogni cura, ond'ei
A Gustehmme ed a Baby f' cenno,
F' cenno ad Endin vago di gloria.
Anche a Kharrd eh' di Berzn, e a quello

Pari a leon, Shapr. Cos dicea


L'iranio prence con ben fermo core:
Quando il giorno sar, ponete voi
A' destrieri le

selle, a'

palafreni

L'auree selle imponete. Anche vestite


Le tuniche cinesi inteste d'oro.
Partitevi di qui con un sol core
E con retto consiglio. Andate al greco

Imperator da questa in che slam noi


Citt cortese, e favellate a lui
E n'ascoltate le parole. Saggi
Siate voi tutti e d'anima serena,
Obbedienti, in dir facondi ancora,
Dolci di lingua.

Che

se

mai discende

greco Imperatore
E cerca l'arco o cercasi la mazza,
on la gente eh' a lui devota e fida,
Alla palestra

il

perch a voi sconfitta


In tal prova non tocchi, ed ei ben vegga
Che d'Irania costume alcun si porta
Di cavalier, forza ed ardir con nerbo
Si v'adoprate,

Recasi ancor qual di leoni ardenti.


A Kharrd figlio di Berzn f' cenno
L'iranio sire: Apportami di seta

Cinese un foglio e nero muschio. Vuoisi


Un'epistola al greco Imperatore
Scrivere ornai, si come sol che splende
In dilettoso paradiso. Brevi
Sian le parole e lungo il senso e quale
Rammenti e serbi il cor d'ognun, che presso

Al greco Imperator sono

filosofi.

95

che niun da te parole


sermone invero
D'ogni argomento, ne si vuol che biasmino
far di tu

Ascolti insane. Ei fan

Dell'epistola nostra alcuna parte.

Ma

poi

che

il

foglio letto

avr quel prence,

Sciogli la lingua; alle parole tue

Resister non potr.

Per

Disse poscia a Baby, che

Di

me

quelle cose,
il

greco sire

faveller dinanzi a tutti

Toccando il patto mio, la legge e il vincolo


Di sangue e il giuramento, ecco! farai
Dolce qual puro miei la tua risposta.
In quell'ampia assemblea tu se' davvero
La lingua mia, l'interprete mi sei
Ne' tristi casi e ne' propizi. Or voi
In tutte cose onde non tocchi a noi
Alta iattura, studiate e a prova
Scendete ancor col greco re. Tu queste
Norme da me, Baby, ti prendi e tutte
Parole che diss'io, serbati a mente.
Dell'inclito garzon quelle parole
Ascoltavan

gli eroi di

cose esperti.

D'alma serena, e benedisse a

lui

D'essi ciascun. Fuori di te, nessuno,

Dicean, qui

resti,

incoronato sire

S'incamminar dal greco Imperatore


Di cor sereno questi grandi allora
E bramosi d'andar. Come sapea

greco Imperator che prenci illustri


d'Irania, da quel re dei mondo
In via sospinti, che venuti egli erano
In lor viaggio appo le genti greche,

Il

Giugnean

Ratto a incontrarli nobile drappello


D'armigeri invi. Di drappi greci

Che avean

ad oro

il

figure in

gemme

rilucenti

fondo, egli adorn

un

palagio,

96

Indi sedette su l'eburneo trono,

capo

Inclito, illustre, postasi sul

La sua corona che d luce

al core.

F' cenno allor che ratto sollevate

Fosser tende e cortine e

Pel vestibolo addotti. Era

prenci irani
di tutti

Gustehmme illustre,
Baby dietro venia, Shapr gagliardo,
Kharrd eh' di Berzn, poi quell'eroe

Principe e duce

Endin valoroso, e tutti in capo


Avean corone e vaghi cinti al fianco.
Dirittamente al greco sire andaro
E l'ossequiar poi che il vedeano. Ancora
Ad una lingua gli fr lieti auguri,
Gittaron

gemme

su quell'aureo trono.

Primieramente il greco Imperatore


Del prence dimandava e dell'irania
Terra pur anco e di suo stuol d'eroi.
Del faticar di

Kharrd
Venne appo

tal viaggio, e allora

come

eh' di Berzn,
il

ci intese,

trono, del suo re col foglio,

presti passi. L'inclito signore

Si

comand che

posti ivi

pur fossero

Quattro seggi dorati, e vi si assisero


I tre magnati d'inclito consiglio.
Mentre in pie si tenea dinanzi al trono

Kharrd

eh' di Berzn. Dissegli allora

greco Imperatori Siede a' sgabelli


Rispose
Quei che percorse lunga via.
Kharrd eh' di Berzn, subitamente:

II

Alla grandezza

Non mi

il

mio signor

la via

dischiuse per che osassi poi

Sedermi innanzi al greco Imperatore


Quando ancora ho in mia man del prence iranio
L'epistola regal. S'io

Nel mio posto

Utile forse a te

ti

son grato

con un messaggio
ne vengo intanto.

servii,


Dissegli

Tuo

il

97

greco Imperator: Deh!

secreto pensieri

Che

Quel saggio tuo signor

dice

sciogli

mai

di fronte

altera?

Kharrd eh' di Berzn, come disciolse


La lingua a favellar, ben ricordando
Di Khusrv le parole, al gran signore
Pria benedisse e gl'invoc alleato
Iddio creante. Ei supera, dicea,

Ogni grandezza

quaggi, possente

di

sapiente in ogni cosa. Vennero

Da Lui le schiere fulgide


Da Lui, che ci die l'alma

del cielo,

e ci die

Senso d'amore e

comando suo muovesi

Sotto al

il

senno,

di giustizia. Intanto,
il

cielo,

Gh'Ei supera ogni tempo ed ogni loco


Veracemente. Il ciel medesmo e gli astri
Che vanno attorno, opre son tutte ancora
Di tal possente Creator. Ma quando
Ei

f'

soggetta questa terra umile,


die vita in pria. Cotesto

A Gayumrs
Ei

f'

per

Fredn

altri ancor, fin

che a monarca
mezzo

Ei giunse, quale Ei scelse in


tutti della terra.

Ai prenci

Intanto

mostrava in terra,
Manifestossi ci che in pria si stava
Celato al mondo; e cos andando vennesi
Di re Kobd fino alla meta, allora
Ch'ei di grandezza l'inclita corona
Posesi in fronte. In s gran tempo, male

Nostra semenza

Mai non

si

incolse alla famiglia nostra,

Ch'ei custodan la via del ciel. Ma ai nostri


Giorni levossi indegno servo e corse

al

regal trono

si

sedette.

Or

io

Contro a l'ingiusto a dimandar ne vengo


Giustizia, contro a lui che non ha serto,

Non

trono o casco o regal cinto. Ognuno

FiBDDSI, Vili.

'

osche

in trono asside abbia saggezza in pria,

Inclito

nome

e sorte amica, e sappia

Gotesta sorte e dignit cotale

chi

si

spetta con

Di re dei re.

Ma

il

serto fulgido

voi di Grecia intanto

Datemi aita nella impresa mia,


Compite il voto mio sopra costui
Infido e reo, che andiamo noi raminghi
Pel mondo attorno, ed io qui vengo oppresso
Dalla vergogna innanzi a prenci e servi.
tal ragion come ascolt parole
greco Imperator, nelle sue gote

Di
Il

Qual' la rosa del fiengreco a un tratto


Impallid. Quella sua scialba rosa

Empissi allor di lagrimose stille.


Piena di duol quell'alma sua trafitta,
Piena la lingua di lamenti. E poi
Che l'epistola ei lesse, anche maggiore
Fece sua doglia, e tetro agli occhi suoi
Parvegli il trono e tenebroso. Allora
Disse a Kharrd eh' di Berzin, il prence:
Ad ogni saggio questo non si asconde.
Pi di me stesso e de' congiunti miei.
Pi dell'anima mia che fa parole,
Essermi caro re Khusrv. Ma intanto
Armi ho con me, tesori e genti, e tu
Vedi ci che v' d'uopo. Anche s'ei chiede
Questi occhi miei, non niegherolli a

Ben che

gli

lui.

occhi pi valgano d'assai

Di monete e di spade e di tesori.

Esperto scriba a s chiamava innanzi

seduto il volea dinanzi al trono


Di sua grandezza. (]enno fea che scrivere
Ei dovesse in risposta una sua epistola

Adornandola

si qual un bel prato


Di paradiso, con parole acconce,

99

Con proposte e consigli, ai tempi antichi


Da quel d risalendo. Allor che stanco
Del notar lungo fu lo scriba intento,
Il greco Imperator scelse, guardando,

Un

cavalier di fermo core, memore,

Di cor sereno, parlator facondo.


Ricco di senno e sapiente e forte,
D'epistole scrittor. Dissegli allora:

Vanne a Khusrv. Gli dirai tu: Signore


Di cor veggente e che cerchi tua via,
Armi ho con me, tesori e genti, e a ninno
Degg'io perci recar travaglio. E dove
Ci non avessi ancor, da ogni possente
Noi cercheremmo e da ogni terra attorno
Auree monete, per che alfln, col tuo
Deso compiuto, con tua quiete e pace.
nell'irania terra

Tornar tu possa

suol di Grecia. Or tu frattanto in questa


Terra eh' nostra, non restar con alma
Torbida e fosca, poich questa legge

Da

Del roteante cielo. il ciel talvolta


Rifugio a noi, cagion di danno e pena
Talvolta ancor,

si

che siam noi talora

Con danno e duol, cogliam talora un frutto.


Or tu, fin che monete, armi ed armati
Raccoglierem, non ti mostrar cruccioso .
11 messaggiero da Khusrv ne andava

Rapidamente, le parole tutte


Del greco Imperator gli ripetendo.

XIII.

Fellonia dell'Imperatore.
(Ed. Cale. p. 1913-1914).

Il

greco Imperator d'ogni pi estrano


il loco e l sedea pensoso

Sgombrava

100

Coi consiglieri suoi. Cosi poi disse

A' sacerdoti

Presso a noi rifugio,

mondo, si prendea costui


giustizia or dimanda. Oh! che faremo
ch'ei forte ritorni e senza danno
Resti per l'onta di quel servo suo?
Al greco Imperator cos rispose

Per
Che
Per

Il

tutto

il

consigliero:

Di vigli cor, de'

qui

si

vuole alcuno

filosofi nostri

Che han nobile pensiero. Egli a quest'opra


Avvinca insieme a noi veggente il core.
L'inclito

Imperator mand taluno,

quattro l venian subitamente

De'

filosofi greci.

Erano due

Giovani, vecchi gli altri due, di greca

sermone
che usca

Eletta stirpe, e lungo ei fean

Sovra cotesto: Da quel

Da questa terra Sikendr, nell'alma


Sempre noi fummo da cotesti Irani
Trafitti e offesi negl'impeti molti.

Nelle battaglie e ne le zuffe e in tanto


Stolto versar, di chi innocente,

Or per

il

sangue.

male

loro addusse orrendo

Iddio santo dal ciel per l'opre loro


Infide e triste.

Tu, signor,

ti

scegli

In tanti eventi di restar tranquillo,

Poi che affranta cadea dei re Sassni


L'inclita sorte. Se Khusrv in mano
La sua corona imperiai riprende,

Certo

la

Superbo

luna a rasentar
ei

lever, tosto

la fronte
il

tributo

Ei chieder di Grecia e questa terra

Tutta devaster. Se ci s'accorda


A vero senno, tu ripensa intanto,
signor nostro, e degl'Irani

Stima cosi quanto un'auretta

il

detto

lieve.


Da
Il

come

lor

101

ascolt quelle parole

greco Imperator, principio

ei

pose

Appo l'iranio
A
Principe un cavalier mand correndo
diverso pensiero.

un'epistola scrisse e la sua via

Si gli mostr,

conforme a

le parole

De' vecchi saggi, recitanti a lui

Lungo sermone. Come venne allora


Innanzi a re Khusrv 11 cavaliero,
Ci che ascolt da l'inclito signore,
Dissegli aperto, e gli rec dinanzi

Del greco re

l'epistola,

Oltre misura

f'

Il

con seco

parole assai.

Khusrv che

ci vedea, sent nel petto

cor serrarsi.

Ratto

quel pensier novello

gote sue perdean colore,

le

Ei rispose per: Se di tai detti

Che a

noi venian da tempi antichi, tale

Ricordanza

Aver

si

dee lieve e dappoco

nell'alma, ogni travaglio nostro

Stimar dobbiam quanto un'auretta

Or vedi

lieve.

un giorno.

tu se gli avi nostri

Principi eletti e santi, ingiustamente

giustamente fean la guerra Vedi


de' vecchi ha ci in memoria
Bello sar se tu dimandi alcuno
!

Se alcun

Ancora

De' saggi in Grecia, se cotesto male

Dall'upupe
Da' corvi

Che

ci

venne o veramente

ci tocc.

Ciascun sovrano

in Grecia visse,

per favor di Dio

Mai non ebbe rancura da

gli avi nostri

Fine ottenean d'ogni

bisogni,

furo illustri e in terra


deso,

ma

la superbia e l'alterigia e

Costume e insano

Non

in

il

l'ira

reo

mortai core mai

vollero soffrir. Pure,

non hanno

102

Queste cose valor, che

il

capo mio

Sta nella strozza di feroce drago.

Ma

un mio saluto al greco


che parole, in cui
Non trama ed ordito, i grandi in terra
Non osan dir contro ragion, che alfine
E beni e mali passan tutti. Or io.
D'oggi in avanti, non i dolci sonni
Mi cercher, non la mia pace, ond'io
Dall'acque torbe di mia veste almeno
Ritragga il lembo. Che se in gente greca
Non troverem cui nostra prece arrivi.
Qualcuno inverem di Gina al prence,
Poi che vani apparir dovranno allora
I detti che gittai; l'acqua scorrente
tu deh! porta

Imperator,

di'

Dalla origine sua torba volgea.

Quando

poi torneranno

messi miei,

In citt vostre non terrommi a lungo.


Disse agl'Irani:
II

Or m'obbedite

voi,

vostro cor non distogliendo mai

Dal mio precetto, che

il

nostro amico e l'opre


Umane tutte e generose.
Qual cosa

lieve, si

Che questo

nostre sono

Ei certo,

prendea sul core

Est faccenda e via

Di Tokhr per la

vincente Iddio

mandava

man

intanto

quel foglio suo,

egli scrivea di cotal guisa

Sovra quel fogUo, n gli venne in mente


di bene o di mal cura o pensiero.

Khusrv parta
andavane alla reggia

Cos dal fianco di

Tokhr

allora,

Del greco Imperator d'inclita fama.

103

XIV. Lettere di Khusrev e dell'Imperatore.


(Ed. Cale. p. 191S-1920).

Guardava il greco Imperator, l'epistola


Leggea pur anco e dentro al cor raovea
Pensieri molti e vari. Al suo ministro
Inclito e

grande

cos disse poi

Questi secreti tu ricerca e traggi

Da
I

lor loco riposto.

savi tutti e
fa

con

Anche

tu

aduna

principi guerrieri

essi de' trascorsi

casi

Deh vedi ancor se


Prossima pugna di vittoria lieto

Parole

assai.

in

questa

Sar Khusrv, o se di sua fortuna


Dovr dolersi. Che se dite voi:
Vittoria ei non avr, s che la festa
Del primo d dell'anno giovinetto
Ei non avr d'ora in avante
noi
Qui attenderem perch'ei sen vada al sire

Di Gina intanto, e sua difesa cerchi


S'egro

ei s'aggira.

Che

se

mai beato

Di vittoria sar, s'egli nel regno

Sar qual era il padre suo, ben meglio,


Meglio per noi sar ch'ei di qui vada
Con drappello d'armigeri campioni,
S ch'egli in cor

Di sua vendetta.

non guardi mai pensiero

Come

tal

parola

Ebbe il savio ministro udita in pria,


F' cenno s che tavole astronomiche,
Vetuste assai, recasser gl'indovini

Che conoscon

le stelle, e f'

parole

Fin che sole restar tre de la notte


Lunghe vigilie. Al greco Imperatore
Cosi alfln disse quei che

gli astri

conta

104

Inclito re, ben riguardai coleste


Tavole antiche, quali un di con gli astri
Plato compose. Non fla lungo tempo,

a re Khusrv la sua regal possanza

mutamento

Ritorner, novello

Della sorte verr per quel suo grado


Imperiai. Cos avverr che solo
D'otto e trent'anni fino al termin giusto

La bruna

gleba dell' avel su lui

Cader non oser per

ricoprirlo.

greco Imperator, come ci intese,


Disse al ministro suo: Davver! che usca
Questo secreto da riposto loco!
Or che direm? qual darem noi risposta
Per cotesto che di' ?
Gagliardo balsamo
il

Sovra cotesto porrem

noi, rispose.

Che se alla terra del


Khusrv andranne e

signor di Gina
si

otterr da lui

Alleati ed amici, ei sciolto fia

Da

ogni rancura alla persona. Eppure,


Se d'altro loco esercito raccoglie
E non da questo, mai non fia che libero
Ei resti dal pensier di sua vendetta

te di contro.

Ma

Che

tu intanto vedi,

pi saggio sei tu, pi assai valente


In ogni tuo deso.
Cosi rispose

greco Imperator: Stuol di guerrieri


Or si che invierem, che non scampo,
Al prence iranio. Se ogni detto o verbo
Vai tu pesando, meglio assai ch'io spregi
Il

Li miei tesori, perch'io lungi resti

E tosto e in queir istante


Un'epistola scrisse, e molte in essa
Dalla sventura.

E prima

e poi benedizioni accolse:


Coi sacerdoti d'inclito consiglio

di nobile cor consigli

femmo

del

105

bene e del mal per ogni via;

Anche per ogni via femmo sermone


Fin che tornammo a quel consiglio nostro
Ch'era gi in pria.
Poi che son giunti

Ma

il

ma

consigliar,

al fin, le

porte

io

detti

schiudo

All'antico tesor. Pi in l da queste

Che mi guardan la terra inclite schiere,


Non ho di Gostantin fra l'alte mura.
Or per che apprestammo in ogni via
Nostri consigli, da ogni terra intorno

Nuove schiere appellammo. E


Ad una ad una qui saranno,

allor

che giunte

a voi,

Ratto, a l'istante, senza dubbio alcuno.

Le invieremo.

il

Questi nostri indugi

lungo nostro consigliar con questo

Pungendo vellicar di leon


La strozza fonda, eran per

fero
ci

che

in mente,

Chi le istorie sapea, l'opere antiche


Si richiamava. Di Shapr nel tempo,
Principe figlio d'Ardeshir, si fece
Vecchio ed attrito il cor, giovane in pria,
D'este mie genti, per l'acerba doglia,

molte rapine e per le morti


gl'impeti improvvisi e l'opre ingiuste

Per

E
E

le

le

vendette procacciate.

allora

Che da tal prence ti diparti e scendi


Ad Hormzd e a Kobd che mai ricordo
Non fean di quella ch' di Dio giustizia,
Nove e trenta citt di questa nostra
Inclita terra in un orrido loco
opera infausta
un gran lago
Pel sangue degli eroi l'ampia campagna,
E quelli ne adducean captivi i pargoli
E le donne con essi. Or, se nel core
Di vendetta un pensier l'uom ch' di Grecia,

Si

tramutar

di spine,

Degl'irani campioni. Era

106

prese e accolse, meraviglia alcuna


Venirne a te non dee. Ma in nostra santa
Religion non costume o legge
Serbar le offese. Oh! non sia mai di noi
Costume o legge il male oprar! Migliore
Di lealt noi non vedemmo in terra
Alcuna cosa, non del lungi andarne
Da menzogna e ingiustizia. E per tutti
Noi convocammo quegli offesi un giorno,
Molte parole con cotesti avemmo
In tal soggetto, si che il cor di quelli
Purifcossi all'arti che adoprammo,
E il mordente velen mutossi in balsamo.
In ci noi convenimmo, onde nessuno
Favelli mai delle trascorse cose

Di tempi antichi, e obbediremti noi


In quel che dici, e in testimonio al patto

Porrem l'anime nostre. Or per


Che un' impromessa anche per

voi

Perch nessuno contro a noi

mostri

Nemico

si

vuoisi
si

faccia.

e avverso, e tu frattanto dica:

Fin ch'io prence sar, dispetto e vili

Non prender

tante fatiche vostre.

Pi mai non cercher balzelli e offerte


Da gente greca, disperdendo il vostro
S lungo faticar per lieve cosa .

brama

Anche pi

assai di questa nostra

Per voi

faccia; nosco v'accordate

si

Ed alleanza componete, e
Che nova impresa avrete

allora
voi, se

ancora

Guerra sar ben che non degna e vile.


Tutti vi sarem noi fratelli e amici
Veracemente, e sar tempo ancora
Che vincitori sarem noi. Ma quando
D'este nostre citt bisogno alcuno

Non

toccheravvi, forse allor nel core


Pensier

vi

107

torner dell'odio antico,

Salm e di Tur parole ancora


Andranno attorno e di quel lungo tempo
Vieto ed infesto. Or io fermo domando

di

Un

patto a voi, su cui ricordo sia,


Degno, un suggello. Dicasi Da noi
Della vendetta ch' d'Erg' antico,
:

Motto non

Non
Una

far d'oggi in avanti,

si

della sua

remota

Fia sola

et.

terra cos d'oggi in avanti

D'Irania e Grecia, n di lor confine


Ghiederem noi separazion . Frattanto,
Una mia figlia ho dietro a mie cortine.
Degna del prence d'ogni prence. Chiedila,

Chiedila tu di nostra f con quella

Integra norma, quale pur costume,


Quale legge di noi, perch, nel tempo

Che un

avrai che da' monarchi scenda

figlio

Di Grecia antica,

La vendetta

non ricordi mai

ei

d'Erg', e

si

riposi

Dalle battaglie e dai tumulti alfine

Del suol

con giustizia cerchi

la faccia e

Sua via la terra. Che se attorno guardi


Con pupilla di senno e queste cose
Non conterai che per giustizia vera.
Il

nostro patto per colai connubio

Intatto rester.

Comando

nostro

venne da Dio. Ma da quel tempo


Di re Pirz a Khoshnavz, davvero

noi

Che

stagion lunga trapass! Cotesti

Ambo

la vita

a manifesto esizio

Traean protervi. Deh! non

sia

che un prence

Viva, di patti infrangitor! Cotesto


Disse Cristo profeta A mal precipita
:

Dell'uom la mente se dal ver dilunga


Ma Khoshnavz ben molte adoperava


Arti

408

perch mai

sottili,

la testa

Di Pirz regnator sotto alla force

Non venisse, e poich duro ed acerbo


Pirz mostrossi a lui, nulla ei vedea
Nell'orrenda tenzon fuor che caligine
Tenebrosa e mortai. Cadde l'esercito
E cadde il trono imperiai con esso.
Ratto che si volgea dalla giustizia
Del re la mente. Giovane tu sei

E recente

Ma

venisti a l'ardue imprese,

se vuoi tu dalla fortuna

Toccar buon

L'uom ch'

frutto,

un giorno

deh! non

amico

farti

de' patti infrangitor.

Le

zolle

Del suo sepolcro qual lenzuol funebre


Hassi colui che patti infrange, e il serto

il trono ancor maledicendo al sire


Vanno, che chiese la vendetta sua
E i patti viol. Leggi tu intanto
Questa epistola mia da un capo all'altro,
E se abili ed esperte hai tu le dita
Allo scrittoio, custodendo queste
Parole mie tu scrivimi risposta,
Pensa ogni bella cosa e nobilmente
A me riscrivi. Ch'io non vo' che questo
Sappia lo scriba, e notar cifre sai

se'

memore

ancora.

allor

che

letto

Avr al mio foglio la risposta, il core


Vedr di tal ch' fermo in suo desio,
Si che noi manderemo auree monete.
Guerrieri ed armi, perch

il

cor nel duolo

Tu non abbi pi ancor. Ma per chiunque


pi grande appo te, per chi pi illustre

te dinanzi,

per cui serbi in core

Di vendetta un pensier, deh! tu dal core

Con

viril forza della

Svelli

il

rea vendetta

pensiero e di colui le colpe,

109

Per Dio sovrano, a perdonar ti accingi,


Non sperdendo vigor sovra nemici
E sovra amici. Che se vuoi che il fato
ti faccia di vittoria e principe,
Signor del mondo, con corona e trono
Ed armigeri attorno, ecco! la mano

Lieto

Traggiti a dietro da le cose altrui,


alla giustizia e

L'alma tu volgi

A' tuoi congiunti anco

Che s'affatica,
Che a perdonar

ti

custode.

sii

amico

mostra e

al

misero

allora

sarai proclive e

prego

il

T'arriver d'altrui, ninno al tuo serto


E al trono tuo distender la mano.
Quelli tra

Custodi al

prenci che fr desti e accorti.

mondo

Non ebber danno

da' nemici,

mai

da' nemici, e crebbe

Divina in lor la maestade. Assai

Gercaron prenci vincolo di sangue


Con me, per essi, per lor dolci figli
Ingenui si; ma te soltanto noi
Qui preferimmo e disciogliemmo intanto

consigliarti questa lingua nostra.

Ratto che
Il titolo

Un

si

essicc del regal foglio

pomposo,

nero muschio

in

e allor che giunse


quando novella

suggel vi fu apposto;

L'epistola a Khusrv,

S gli giunse del patto, ai prenci irani

Cos ei parl: Volgesi omai pel cielo

Oggi quest'almo sol per via diversa.


Dal greco Imperatore inclita venne
Un'epistola, e il dir di sue parole
Tutto in favor

La

di

me. Cerca

egli intanto

via diritta perch'ei tronchi alfine

che

a lungo

Tra Grecia e Irania

l'odio

Vi

risposta egli ebbe

perdur. Cotal

Da' prenci irani

si

Al d che l'odio antico


In mezzo a noi

si

110

tacer, nessuno

De' prenci tutti agogner del sire


D'Irania nostra la corona, e vuota

La mano allor di suo cospicuo esercito


Non rimarr. Che se cotesto aggiustasi,
sire, a' giorni tuoi, sui diademi
Scriveranno il tuo nome i re del mondo!
Poich di cotal guisa avean consiglio,

D'ogni pi estrano sgomber


Prence Kliusrv e calami e

la

stanza

cinesi

Carte di seta e dell'inchiostro ancora


vasel dimand. F' cenno allora

Il

Che

regio scriba a lui venisse, e intanto

il

In pehlvica lingua, in quella forma


Gh' de' monarchi, e in regal cifra, ei scrisse
Un'epistola sua. Khusrv, dicea.

Da Dio

santo e dal sole errante in cielo


la terra

per

immobile, proposte

Accoglie, e dice:

Fin che prence

in trono

Assider, Tirania terra e l'ampio

Stuol de' guerrieri e

li

tesori miei

A me

saranno, ne vogl'io

Alcun

tributo, da' suoi re,

Invier per quella terra.

di

Grecia

n genti
E quante

Di quel confin sono citt, le cose


ivi son di prezzo sceme e

Quante

vili.

Al greco Imperator tutte vogl'io


Rendere ad una ad una, indi mandarne
Scritte le carte col decreto.

Quella sua

figlia

ch' di

Ancora

madre ingenua,

Stirpe di greco Imperator, da lui

Chieggo, al patto conforme, e in

Tutto pongo

Che

il

mio

core.

tal richiesta

quelli poi

in tua reggia son pur, d'Irania scesi.

Posti sotto al tuo

Gustehmme

schermo

(e son cotesti

e Shapr, Endin forte.


Kharrd ch'

Ili

di Berzin,

della

semenza

De' prischi re), la figlia tua tu affida,


L'inclita figlia tua saggia ed accorta,

Ratto che invierai tue genti armate.


Per tal connubio tal son io con teco,
Quale un tempo gi fu quella di grandi

Gayumrs il primo
fu poi; speme e terrore
Gemshd
N'era,
Ebbe il mondo per lui. Vennero poi
Gli altri d'inclito seme ed eran prenci
Inclita schiera.

Saggi e di schiatta imperiai; da questi


Antichi re che avean corona, scende

Kvus, a Khusrv, stirpe de' Kay,

Il

detto mio, fino a

medesmo

Pel

Kobd

illustre.

sentier, per cui giustizia

Flir congiunti fra lor lupi ed agnelli.

Da

lui

tu scendi a principe Lohraspe


scendesi a Gushtspe,

E da Lohraspe

Iranio sire, a Isfendr pur anco.


Inclito

duce d'ogni prence. Fue


illustre e nobile, rampollo

Behmn,

Rigoglioso di

lui.

Viensi in tal guisa

Ad Ardeshr che Babekn

fu detto.

Pel quale a un tratto nostra sorte antica


Ringiovan. Khusrv anche son io.
Che da Hormzd regnator tragge sua stirpe,
Gol greco Imperator d'un cor soltanto
E d'un' indole sola. Al greco prence

Avo prisco fu Salm, n qui parole


Gercomi invano, e dir non vo' menzogna.
Or, dal mezzo di noi l'odio d'un tempo
Togliemmo via, s che una gente sola
Si fr Greci ed Irani, ed io frattanto

Dal greco Imperator la figlia sua,


l'altre figlie sue corona a lui.

Fra

Volente accetto, e ben sar ch'ell'abbia

112

Ogni suo pregio, ogni difetto suo,


tal foglio mio sta in testimonio
Iddio santo dal ciel. Scritto il mio foglio
In cifre mie da un capo all'altro, e luce
Han per la terra le mie cifre. Ancora
Il mio suggello a questo foglio apposi
Conforme alla mia f, conforme ai riti
E alle mie leggi. E dopo te ciascuno
Che fia di Grecia Impera tor, del mondo
Prence sovrano con corona e seggio,
Abbia di ci qual testimonio vero
Questo mio foglio, e l'alma e il senno suo
Riconoscan pur me. Non io da quanto
Or ti diss'io rivolgerommi a dietro
Per cose lievi o gravi mai; le cose

Mentre a

Che or

E
E

ti

diss'io,

son

licite,

son giuste,

mia sorte
mio m' in testimonio. Intanto
Non t'indugiar per ci che hai detto; lunga
Si f' in questa citt la mia dimora .
Poi che in tal guisa ei pronunci coteste
Iddio santo dal ciel con la
col cor

Parole sue, la sua notata epistola


Porse a Khorshid, figlio a Kharrd. Levossi
Dal loco suo, qual turbine improvviso,
Il

nobil duce e in sella a

Balz di color baio.

un palafreno

corsa

ei

venne

Del greco Imperator nella presenza


Qual tempesta veloce e a lui ridisse
Di Khusrv

Ebbe

le parole.

legami

il

Di quel foglio regale,

Prence

Allor che

sciolti

greco Imperatore
ei

di quell'inclito

detti mir, quanti

eran savi

In far sermoni ed eran forti e grandi.

Comand che
Signor

di

raccolti a lui venissero.

Grecia, e tutti ei dimandolli

Ad uno ad

un. Qual difesa, ei dicea,

113

In questo adoprer? Qual farem patto

Con

pretesti

Una gente

si

f'

Gol popol greco.

Per questa epistola


non abbia m, che sola
l'irania gente

l'iranio signor?

Scuse

principi levarsi

saggi ancora e gi sciogliean la lingua

Slam

Alla risposta. Elli dicean:

Tuoi servi e

noi

greco Imperator tu
Sire del mondo con corona e trono
il

Veramente sei tu. Vedi tu


Che il comando pur tuo

sei,

intanto,
col tuo consiglio,

E la persona e l'alma nostra ancora


Cosa son tua, se tu da noi le chiedi.
Il greco Imperator, come ci intese,
F' lodi

a'

prenci suoi d'alto consiglio,

Di fede pura, e l restossi intanto

Fin che

la

lampa del rotante

in aspetto e in belt

XV.

Il

si

f'

cielo

diversa.

talismano dell'Imperatore.
(Ed. Cale. p. 1920-1922)

Poi che senza color divenne il sole


Errante in cielo e gi splendeano gli astri
Con le stelle di Sirio, ecco f' cenno
!

A un

facitor di talismani

il

sire

Di lungo adoperar pensiero e cura


E in alcun loco, di stupor ben degno.

Talismano elevar, tale, che alcuno


Dall'uman corpo in ninna guisa mai
Discernere il potesse. In nobil seggio
Seder dovea qual femmina leggiadra,
Sufifusa di pudor, con lunghe vesti.

Con

suoi valletti in questa parte e in quella,

FiBDnsi, Vni.

114

Innanzi e a tergo con suoi schiavi. Assisa


Ella starsi dovea su l'alto seggio

Senza favella, e somigliar, s vaga


Qual bianca luna, a femmina piangente,
E le mani levar di quando in quando
A terger da le ciglia una di pianto

Lagrima ardente. In quella guisa appunto

Che udian de' talismani facitori.


Con trecce lunghe ei fecero una femmina.
i

Si che da lungi chi vedeala, femmina


Innamorata la credea, di fulgida

Luce cosparsa, qual

si stesse a piangere
Dolorosa per Cristo. Eran qual nuvola
A primavera, per le molte lagrime.

Le

ciglia sue, rosse le gote e vivide.

Poi che toccava


Il

il

loco suo de' prenci

talismano, al greco Imperatore

Sen venne un consiglier. Ci che ordinasti,


Disse, noi femmo; in quella guisa appunto
Che tu dicesti, noi compimmo l'opra.
Dal sapiente

il

greco Imperatore

Come ci ud, ratto


Venne dal trono al

si

mosse e ratto

talisman dinanzi.

Davver! ch'ei si stupa di quell'arcana


Opra de' maghi! E mand alcuno e innanzi
Gustehm si chiam. Die molte cose
A' maghi suoi, die con monete ancora
Suoi doni assai, poi disse a Gustehmme:
Inclito eroe, qual dolce primavera
Ebbi una figlia, ed ella crebbe, e giunse
Di marito stagion. D'onor voglioso

Un congiunto avev'io, s che a lui diedi


Questa mia figlia, seguitando legge
Di Cristo, e le scoprii per la fronte
Del velo virginal per mia stoltizia.
Del giovinetto all'inclita dimora


10 la inviai,

ma

115

sen volava al cielo

L'alma, repente, del garzone, ed ella

Or

si

sta assisa piena di cordoglio

d'alto affanno, e

il

giorno suo gi chiaro

Fosco si f' per lei. Di me consigli


Gi non accoglie, n parola dice.
S che per lei s'invecchia e si consuma
11 viver suo novello. Or tu, cortese.
Prendi per te questa mia cura e lei

Vanne a
Degne

mirar, scegli per

Quali esser dnno

di colui

Di valorosi. Forse fia

parole

lei

di saggi, quali ben tu

sai.

ch'

seme

che teco

Ella disciolga a favellar la lingua.

Questo vo' farti, Gustehm rispose.


Forse che dal suo cor trarr l'amore.
Cosi ne andava con aperto core,
Piena la lingua di parole accorte.
Al talismano l'inclito guerriero.
Come fu accanto al trono suo, f' cenno

Ossequiando a

lui

quel talismano

Ingannatore, e Gustehm valente


Uml si assise e f' suoi detti a quella

Femmina che

piangea.

Venne

Arditamente in pria con


Salutiferi a

lei.

a'

consigli

detti acconci.

D'Imperatori

Inclita figlia, disseto, chi saggio

Mai non

si

duol dell'opre di giustizia.

Non l'aquile volanti e non ne' boschi


Hanno scampo da morte leon feri,
Oh dell'eroe
Non pesci nell'acque.
i

Erano vento

Che

parole tutte,

privo d'alma e di favella privo

Stavasi

Ad

le

il

talismani Sol con le dita

ogni istante

ei

si

tergea le lagrime

L, nel cospetto di colui, facondo

Medico invero!

116

Ma

poich stupito

L si restava Gustelim, qualcuno


Mandava il greco Imperator, chiaraavalo

E
E

dicea: Deh! che hai veduto in questa

gli

Ch'

mia? Davver! che pel suo affanno


io nella rancura!

figlia

suo dolor son

il

Molti consigli le porsi

Ma

io,

rispose;

giovevol non fu quel mio consiglio.

Al

che venne,

il

greco Imperatore

Compagno oggi tu sii


Ad Endin; Shapr, seme di prenci,
Venga teco pur anco e l'alma nostra
Disse a Baby:

Per questa

figlia

omai gioconda

faccia

ei

Alla dolente figlia mia tu vanne.

Favella a

signore

lei dell'inclito

D'Irania bella. Forse che tu avrai

Una

risposta da est figlia

Onde a me

mia

incoglie di dolor gran

fiamma

ben s'addice a voi


A me venirne in questa mia rancura
Alleati ed amici e la mia figlia

Sovra

Ch'

la fronte; e

si

Che forse
ammonimenti e prieghi

dolente, interrogar.

Vostri consigli e

Ascolter, conoscer qual sia


Vostro pregio e valor. Certo son io
Ch'ella risposta vi dar in tal giorno,

Ratto che voce ella dar cortese

Per rispondere a

man

Dalla

me

Io

Cader
I

E
E

dolorosa

n'andr, di costei
si

fa nel

tre Persi

di

voi. Cosi disciolto

di costei si

guerre

si,

stille

ne andar,

che sempre

di pianto.

nobili e illustri,

ciascun l favellava

di battaglie,

Vide parvenza

Femmina

sen

ma

nessun da lei
Quella

di risposta.

arcana, senza lingua,

un

alta

117

Serb silenzio; e quei di l ne andavano


Al greco Imperator, scemi d'aita
Al lor giudice andar, cos dicendo:

Parlammo

Ma

demmo

assai, consigli

lei,

nel sentier di sua trista fortuna

Disse

Frutto giocondo non apparve.

greco Imperator: Trista fortuna


Che dolenti siam noi per lei dolente!
Il

Ma
Niuna
Al

poich da cotesti

figlio di

Un

incliti

prenci

aita egli avea, ratto si volse

Kharrd

Berzin,

illustre.

de' prenci sei tu famosi in guerra,

Dissegli; forsech per

Della mia

figlia

qualche via

udir potrai

la

voce!

Invi seco un suo fedel da quella

Inclita reggia alla dolente figlia


II

greco Imperator.

Come

dinanzi

Kharrd, figlio a Berzin, ne venne a lei.


Il capo e il volto e la corona fulgida
Ne rimirava e sta vasi per lunga
Ora l innanzi, e feagli intanto omaggio
Il talismano ingannator. Dal capo
Al pie mirava l' inclito guerriero
Quella femmina assai, vedeale attorno

Ancelle molte e molto

ei

favellava.

Ma

non gli rese di risposta verbo


La donna arcana. Oh! quell'illustre e prode,
Figlio di prenci, and pensoso allora
E disse in cor: Se demente per doglia
Questa femmina ignota, a che le ancelle
Stanno in silenzio? E se di pianto stille
Agli occhi suoi

si

stanno,

il

suo corruccio

Scemarsi anche dovria. Lascia le lagrime


Sul petto suo cader dinanzi, eppure
O da destra o da manca ella alcun moto
Non si conosce, e vanno ad un sol loco

118

Quelle che spreme lagrime dagli occhi,

muove

si

Che

man, n il pie cammina.


un'alma fosse, ancora.

la

se in tal corpo

Oltre la

mano

il

pie, la

sua persona

Mobil sarebbe e in altra parte ancora

Cader del pianto lasciera

le stille

man

volgerebbe in altra parte.


E la
Deh! ch'io non veggo d'anima alcun moto
In questo corpo, e ci non che tristo
Talisman di filosofi di Grecia
Al greco Imperator sen venne il prode.
!

Rise e parl: Non ragione o senno


Congiunto a questa tua fanciulla, vaga
Come candida luna. Un talismano

questo

che

Quale Babiy e

Non

f' la

gente greca,

Gustehmme ancora

discoprir. De' principi d'Irania

Rider volesti e rintuzzar de' nostri

Ma

l'iranio sire

Occhi

la vista.

Come

cotesto udr, rider forte

Sgangherando

le

labbra e de' suoi denti

Vivi,
bianco argento disvelando.
Vivi in eterno! il greco re gli disse,
Il

Che

d'alto

grado tu

sei

degno, o saggio,

Or io stupenda
Di ministro
mia stanza, e prenderne
una
reggia
nella
Ho
Altri non pu maggior misura. Allora
Che la vedrai, non saprai tu che sia
di regi

L'alto artificio, se di Dio fu l'opra

O un

talisman pi veramente.

Che uda
Kharrd

E
E

Allora

cotesto, a quell'antico loco


figlio a

Berzn ratto sen venne

scoverse per l'aria alto sospeso


ritto un cavalier. Cosi tornava

Al greco Imperatore inclito e illustre


E dicea: Gli di ferro il cavaliero

119

d'un'inclita pietra la magione,

D'una pietra che i saggi e i sapienti


Dicon magnete, qual di Grecia artefici
Posero sopra d'India al palafreno.
Chi cotesto leggea d'India nei libri,
Vassene lieto e d'anima gioconda.

XVI. Esposizione della religione degl'Indi.


(Ed, Cale. p. 1923-1924).

Il

greco Imperator

f' tal

dimando:

Gl'Indi a qual punto trassero lor grado

In leggi e

Fra

la

norme?

e chi son

gente devota

elli

adoratori

D'idoli sono, o chi son

dunque ?

mai

Disse

Kharrd eh' figlio di Berzin, al prence:


La giovenca e la luna in India tutta
Han regno e impero, e l non crede alcuno
In Dio signore e nel rotante cielo,

Alcuno al corpo suo non serba amore.


Ei non vincon per l'errante sole.
Ma noi fra' sapienti in ninna guisa
Non pongon mai. Qual di lor che accese
Vivido un fuoco e v'entr in mezzo e v'arse
La sua persona, che nell'aria un fuoco
Per comando di Dio libero e sciolto
Nelle sue leggi, e crede e afferma, quale

Gliiamano i sapienti in India nati


Etere, e acconce usan parole e grate
Il descrivendo. AUor che si congiunge

Un

fuoco

Che l'uom

all'altro,

ogni colpa nell'opre

gi fea, cancellasi.

Per quello

Inevitabil ardere del fuoco,

Esser consunto nella

vampa ardente

120

Opera giusta ognun di quelli estima.


Di l da questo non son vere e giuste
Vostre parole, e in testimonio pure

L'alma

di Cristo.

Ci che disse Ges

Nel tempo

Da

scioglieva

cti'ei

Ecco

lor loco riposto.

Disse,

Non

ti

fura

se

alti

secreti

se alcuno,

tuo mantel, con esso

il

qualcun

Al suo

Fa

sai

contrastar per soverchio disdegno,

Della sua

Non

non vedi e
a Maria

tu

figlio

guancia

la

mano

il

percuote

ti

viso tuo s'infosca

non muover tuo disdegno,

colpir,

far pallido

il

volto e

il

tuo furore

non favellando acerbo.


Di manchevole cibo anche ti appaga
Ne' pasti tuoi, non t'affannar se strati
O giacigli non hai. Per questa via
Mal che v'incolga, non per voi si estimi
Danno o sventura; cosi senza affanno
di assopir,

Valicherete de

Ma

si f'

la

terra l'ombre

donno ogni pi reo desire

Del vostro senno, e

Per cupidigia

si

sviava

il

core

eh' soverchia. Salgono

Le

stelle a rasentar le vostre case.


Trascinano 1 cammelli de' tesori

Vostri le chiavi, e co' tesori vostri

Guerrieri avete ed elmi greci e maglie

Ad inteste. In
Non con giustizia
In

Menate e

ogni loco intanto


le falangi

vostre

brandi fuor traete ancora

Da

lor pace tranquilla. Ogni fontana


Sen va dispersa per il sangue molto,

Cristo gi vi die consiglio o guida


cotest'opre. Egli era

un

poverello,

D'aita scemo, con fatica e stento

Procacciantesi

il

pane

a'

giorni suoi,


E
E

cibi suoi

121

non eran che caciuole

dolce latte, e imbandigion solenne

che in mano

L'olio eletto gli parve. Allor

L'ebbe la gente di Giudea, d'amici


Poi che orbato

il

vedea, gramo l'uccise,


un tristo legno e spregio

ucciso

sua religon fece con quello.


monastero gli fu padre e madre

Il

il

trasse a

La sinagoga, ed

E
E

ei

custode in terra

indagator mostrossi d'ogni male

d'ogni ben pur anco. E allor ch'ei fue


D'alma serena e sapienza ottenne,
Facondo in favellar, memore e saggio,
A profezia stagion propizia ancora

Tosto rinvenne e in giovinezza tutto


Deso comp dell'alto ingegno. E intanto

Vai tu dicendo ch'ei

di

Dio fu prole

sorridea confitto al tristo legno


In che fu anciso. Ben di ci si ride
Ogn'uom eh' saggio, e tu da presso a Dio,

Se hai fior di senno, ti rifugia, a Dio,


Qual non ebbe giammai di donne o figli
Necessit, presso a cui son palesi
Lungi
Gli arcani tutti de la terra
!

Gayumrs da

quella
Perch
Fede verace e dalla via pur anco
Di Tahmurs e da le norme sue?
Ei dicean che v' un sol Fattor del mondo,
Che legge non hai tu fuor che servirlo.
vai tu di

L'uom de

la villa eh' del

mondo

esperto,

Adorator di Dio, quando si prende,


A far sue preci, di verbene sacre
Un fascio in pugno, mai non pu di fresca
Acqua stilla gustar, s'anche per sete

Acqua

in sogno ei vedesse. In Dio

Nel fiero

de

la battaglia, e

si

fresche

affida


Acque non cerca
Di cotal gente

il

122

alla battaglia in

loco al qual

si

mezzo.

volgono

In lor preghiere, d'inclita sostanza,

Maggiore assai

di

d'aria pura.

limo accolto e d'acqua


lor legge

nostri

Prenci vendono mai, di Dio porgendo

Al comando

gli orecchi; e non van lieti


Per monete o per gemme, e gloria e nome
Sol per giustizia van cercando in terra,
Dimore eccelse via donando e il core
Consolando de' mesti. Al quarto loco,
Se alcuno in giorno di battaglia al sole

Fulgido in

ciel

con la volante polve

Copre la gota e da' nemici intanto


Guarda il suolo natio, costui soltanto
Appellan saggio i nostri re. Ma tale
Che di l da giustizia altre si cerca
Cose dalla sua

f,

senza

Voti per esso, maledetto

felici

sia.

Al greco Imperator, come ci

intese,

Caro venne cotesto e le parole


Recar buon frutto. Al prence iranio ei disse:
Quei che il mondo cre, ti fece illustre
prenci. Este parole sante
Fra tutti
i

Da te ascoltar
La chiave hai

si

dnno, e tu

a'

secreti

pronta. Di chi vanta un servo

Di cotal foggia, levasi

la

fronte

Del cerchio de la luna alta pi assai.


D'oro e d'argento da' tesori suoi

Cerc monete, un'inclita corona


Cerc pur anco e diella al prode e molto
Gli benedisse in tali accenti: Lieta

Vada per

te l'irania terra

sempre

123

XVII. Invio della sposa e delle schiere.


(Ed. Cale. p. 1925-1927).

Indi, poi che gi intese a lui venirne


Le sue falangi e per la polve in alto

Da' cavalieri sollevata intorno


Offuscarsi la terra, ei centomila

Greci eroi trascegliea famosi in guerra,


Belligeri destrieri, armi e denari

Ghiedea pur anco, e lunga sovra lui


Correa stagione. Ed una figlia accanto
Eragli ancor, Maria di nome, ricca
Di consiglio e di senno e di deso
Nobile, e saggia. Cofani ei recava

Di tal misura, che veloci e forti

Ne andavan

stanchi

palafreni; e v'erano

Dentro composte preziose cose


In fulgid'auro e

gemme

imperiali.

Rubini e vesti in or tessute e molti


Ricchi tappeti e greci drappi, in cui
Eran d'or le figure ed era il fondo
Seta lucente, e collane ed armille

Con orecchini,

tre corone

D'inclito prezzo, a

gemme

ancora
ornate. Ancora

Quattro apprestava palanchini fulgidi


D'or splendiente, di cui tutti i veli
Di gemme imperiali ivano adorni.

Anche quaranta v'erano

lettighe

D'ebano tutte, con lucenti gemme


Qual d'un gallo il fulgid'occhio. Ancora
Venan le ancelle, come luna ai volti,
Trecento, adorne di fragranze elette
E di colori vaghi e cinquecento
;


Garzoncelli venian,

Con auree

124

vigili,

accorti,

briglie e con argentee

A' lor destrieri.

Ma

fra

barde

Greci ancora

Venti e venti gli eunuchi, atti a ferire


Ogni uman cor, tanto leggiadri in volto

Quanto alata Peri,

di

sapienti. Ci

nobili e illustri;

Grecia filosofi pur anco


V'erano, quattro, saggi molto ed

incliti

che dir doveasi


Lor disse il greco Imperator, che assai
Anche a Maria leggiadra, in loco ascoso.
D'ogni eletto costume e d'ogni voglia
Nobile favell, della tranquilla

Pace dell'alma, del


Di quanto era
Poi che

il

sentir pietade.

di lei pi

degno e

bello.

greco signor di tante cose


f', pi che trecento-

novero si
mila migliaia

Il

il novero ne usca;
ad ognun ch'ei'a in sua reggia, un serto
Inviava da porsi alto sul capo,
Aspro di gemme, dava ancor destrieri.
Vesti e monete e molte cose assai
Ch'erano all'uopo. Sovra seta indisse,
D'Irania al re da scriversi, una epistola.
Disse: Davver! che dell'iranio prence
Cotesti servi degni son che in alto
Levino la cervice in fino a quella
Errante luna! Fra monarchi e servi
Non levasi quaggi chi sia pi degno

Ei

si

Di

Gustehmme;

e v'

Shapr gagliardo.

Nobile prence, in far parole acconce

Mezzano
Fido

accorto.

Anche Baby, che serba

secreti, quali a' Persi

Non venderla

mai

per cosa alcuna. E l'uomo,


S'anche a lungo rest su questa terra.
Tal non vide giammai che ugual si fosse


A Kharrd
L'eterno

125

figlio di

Re

mondo

Berzn. Del

cre, perch da lui

il

Ogni secreto

svelasse; e invero

si

Egli qual sol che fulgido risplende,

Scevro
I

di colpa, e

son divina cosa

suoi consigli e l'opre sue leggiadre.


Nell'epistola sua le cose tutte

Ei ricordava e cenno fea che innanzi


S gli venisse

Un

il

consiglier,

con quello

indovin, per che dicesse a lui

Qual fosse

suo andar propizio tempo.

di

Behrm, si mosse
greco Imperator con buona stella

Allor, nel giorno di


II

E con augurio qual del mondo


E per tre stazioni egli venia
Per suo

luce,

che fu quarta,
venne a l'esercito suo
E cenno f' che discendesse a lui
Maria leggiadra. Molte ebbe con lei

Innanzi

Parole

sentiero. In' quella

ei

allor,

pi di misura, e disse:

Fin degl'Irani alla frontiera

il

cinto

non discirne il fianco.


Bello non che discinta ti vegga
Prence Khusrv, che inusitata cosa

Serbati, o cara, e

T'incoglierebbe.

Questo

ei disse,

e intanto

Con molto amore accommiatolla. Il cielo


Deh! ti sia amico nel tuo andar, soggiunse.
Nij^ats battaglier del greco prence

Era

fratello e

duce era

a'

suoi prodi

In quella guerra. Ei dissegli:

T' congiunta

di

Ch'eli' della tua

Con

l'inclita

Maria

sangue, e a ci mi appongo,
f.

La

figlia

mia

ricchezza a te confido

E l'esercito ancor di
E adorno e pronto.

tal

maniera

Niyats

l'incarco

Prendeasi allora, e quei dicea que' detti

la fronte

126

volgea piangendo assai,


la via d'Aurlgh lontana

Mentre gi per

L'esercito n'andava e

il

precedea

Con spada e clava Niyats valente.


Ratto che intese avvicinarsi esercito
Prence Khusrv, dalla citt mena vane
I prodi suoi su l'ampia via. La polvere
Poi che mostrossi de' venienti principi
E il vessillo appari di quelli, in fulgide
Corazze, prodi cavalieri, e rapido

come vagante nuvola,

Stuolo ascendea

Guerrieri

tutti,

A-lto rinchiusi,

Ferro
Sbito

in lor corazze ferree

con elmetti in nitido

battuti, di
il

Khusrv

sorrise

cor per quelle squadre

illustri,

Qual ride in un giardin vivida rosa


A primavera. Quel suo cor sereno
II gran sire eccit, del suo leardo
Le zampe ei f' levar balzando fiero,
E Niyats com'ei scoverse, al petto
Lo strinse e dimand, cortesi e liete
Incominciando

le

accoglienze. Inchiesta

Fece del greco Imperator che tanto


Ebbe travaglio e si vuot un tesoro
Dell'esercito suo per l'alta cura.

Indi

ne andava

al

palanchino e sotto

Ai bianchi veli di Maria la fronte


Vedea bramoso. Ei la inchiedea, poneale

Un
Per

bacio su la man, tutto allietavasi


colei si leggiadra in suo bel volto,

recavala

Destinando a

nel suo recinto


colei,

vaga qual luna.

Un loco ascoso. Ebbe con lei sermone


E tre giorni con lei l si rimase,
E al quarto d, nell'ora che splendea
Quest'almo

sol eh' luce al

mondo, eletto


Un padiglione
E Niyats gli

127

apprestar

gli

le genti

appellar nei cospetto

Con Serkb e con Kut, prode guerriero,


Del greco stuolo in tutte cose, grandi

pur anco, e duci e prenci,


Khusrv: Quali son dunque
I capitani e gli nomini guerrieri ?
E chi colui che con ferro e con clava
picciole

Lor

Mena

disse re

suoi colpi e in improvvisi assalti

La vita, sua non si risparmia, e allora


Che incontro viengli o leon fero o pardo,
Non si ritrae della tenzon nell'ora?
Settanta eroi che sanguinoso assalto
Della pugna nel d spinger solcano,
Scelse allor Niyats. Mille guerrieri

Ivan

di lui sotto a' vessilli, scelti.

Astati cavalieri. Ecco! l'eletto

Stuol poi che vide re Khusrv, que'


D'alta cervice cavalieri, amanti

forti.

D'aspre tenzoni, benedisse a Dio

Che

il

ciel cre,

cre

la terra e

il

tempo,

benedisse a Niyats, a quello

Ampio

esercito, al

greco Imperatore,

Inclito e illustre, ed alla terra sua,

E
Mi

disse a' prenci: Se in tal


fia propizio,

spiegher

la

guerra Iddio
mia

Regal possanza e l'ampia terra intorno


Splender far, quale un gran mar, di gemme
Voi del vostro venir siate ornai lieti.
Sceglietevi parlar

Che

sommessamente,

nulla vuoisi qui fuor che d'amici

Nobil pensiero. Aura d'amor

ci

adduce

Dagli orti attorno questo ciel sereno.

128

Andata

XVIII.

di re

Khusrev

in Azer-bdagn.
(Ed. Cale. p. 1927-1929).

Il

re leggiadro, al giorno che fu settimo.

L'esercito apprest nitido e bello

Come

rotante

il

Fragor

ciel.

di

timpani

Levossi allora da le soglie e l'etra

Scura

si

f'

qual d'ebano una scheggia

Di tante genti all'atra polve. Elesse

Di Persi re Khusrv nobile schiera,


D'Azer-abadagn la via prendea

Da quel campo cos. Due settimane,


Per comando del re, l'ampio drappello
Andavane e scendea di quando in quando
Agli steccati. Li recinti suoi

Di

Duk

Con
Che

lo

nella

campagna

gran gente e
seguan.

Ma

il re figgea
manipoli greci

le falangi poi

Niyats egli affid. Tu prence


Di cotal greggia sii per me, gli disse.
Di l, con suoi gagliardi cavalieri,

Abbandonando ai rapidi
Le redini disciolte, egli
Si volse di

cavalli
alla via

Khangst; pensoso in core

il suo sentier. Ma intanto


Al loco ove Mausl, armeno prence,

Venne cercando

Avea soggiorno e fra monarchi libero


Nel suo comando si tenea, dimora,
L nel suo vallo, avea Bendy. Bendy
i

Del nobile signor gloria cerca ntesi


Era materno zio. Come in quel loco
S'ebber novella che Khusrv tornava,


Elli

129

correndo da que' campi vennero

Su quel sentiero, ei due di mezzo all'ampia


Lor falange balzar, quando alla via
Dalle sue schiere

gli

occhi suoi levava

Khusrv a riguardar. Disse egli allora


A Gustehm: Cotesti due chi sono,
valoroso, che correndo

Per

la

campagna

vengono

dell'assalto?

Ad

essi

Volgi lo sguardo per veder chi sono


E perch mai di cotal guisa ei vanno

Rapidi in corsa.

Gustehm
che

Credo, iranio signor,

Che bianco

bruno ha

il

il

gli disse

cavaliere

palafren,

Bendy

Sia veramente, il fratel mio belligero.


Ma d'altra gente quel compagno suo.

Khusrev: Che di' tu mai?


che cerchi Bendy? Se vivo il cerchi.
Egli in carcere sta; se morto il cerchi.
Da un legno ei pende a la palestra in mezzo.
Dissegli Gustehmme: O re, tu guarda
Attento, ch'egli s veracemente
Dissegli re

Il

materno tuo

zio.

Qui sar presso ed

Gustehm
Fuor che

Quando
altri fia,

colui.

da questo

cinguettier nulla tu chiedi


la vita sua.

Giugneano

Ambo i guerrieri appo


E di sella balzavano a

quel loco

D'ombre

che pi

allegrato. Poi

intanto

l'ranio sire

vicini

Khusrv, laudi gli fecero


E omaggio gli prestar. Questa dimanda
A Bendy f' Khusrv. Detto avre' io.
Disse, che te sotto la terra oscura
E quei narrava
Trovato avrei nascosto!

Si feano a re

Tutto a Khusrv ci che l'incolse e quale


Ebbesi da Behrm d'umani sensi

Prova cospicua, e
FiBDrsi, Vni.

gli

dicea di quella
9


Gh'ei

si

130

cercava, in quel giorno funesto,

Arte sottil, di quel vestir ch'ei fece


Regale ammanto. Questo egli narrava,
E re Khusrv ne lagrimava assai,

questi detti gli volgea: Costui

Chi dunque?

Bendy

Sire che hai di sole aspetto,

che non

rispose, a

fai

dimandi

Mausl con amor? Fin che tu fosti


Fuori d'Irania in greco suol, costui

Mai non

prese in abitati lochi

si

Suoi dolci sonni,


Il

ma

le chiostre

sono

loco suo nel gran deserto e casa

Tende gii sono e padiglioni. Seco


Son prodi assai, tesori anco e monete.
Ed armi, arnese de' possenti. Ed ora
Ei si tenea su questa via lontana
Fin che venissi, che deso nel core
Egli si avea che il prence suo tornasse.
A Mausl cosi disse il re del mondo.

Prence Khusrv: Come restava ascoso


Il tuo travaglio e la tua cura? Or noi
S ci adoprammo per che i giorni tuoi
Fosser beati e

il

nome

tuo fra

grandi

nobil sire,
Grandeggiasse pur anco.
Mausl gli rispondea, deh! tu rinfresca
La sorte mia che giace, ond'io ne venga

E ponga un

bacio a le tue staffe e lode

Faccia pur anco a maest eh' tua,


Dopo tua cura,
A tua grazia cos
!

Dissegli re

Khusrv, far per queste

Parole tue risplender tuo tesoro,


E satisfar nel tuo desio ben voglio
Il tuo dimando e innalzer fra i prenci
D'alta cervice

il

nome

tuo.

Traea

L'un piede allor fuor da le staffe; innanzi


Impaziente si f' il prode, vigile

131

In suo dimando, e l'aurea staffa e

il

piede

Baci del suo signor. Davver! che attonito


Ei

si

Ma

rest per terror che n'avea

poich

L'uom devoto

suo

al

re,

quel re del

Gh'ei tornasse in arcion ratto


Indi spronando

stava e inerte e a piedi

l si

f'

mondo

cenno.

palafren da quelli

il

Deserti campi fino al sacro Fuoco

Venne d'Azergashspe, assai correndo.


Mormorando sue preci ei nel delubro
Entrava

allor; trafitto era quel core

Ma

D'angoscia acerba.

venia dinanzi

quell'inclito re fedele a Dio

Col Zendavesta in

mano un

sacerdote,

allor dal fianco l'aureo cinto suo

Il

re disciolse e gitt alquante

Sul fuoco ardente. Ei

Fiamma
Venne

s,

gemme

dinanzi a quella

sacrata, con ossequio umile,

e molto preg fra pianti e

lai.

De' sacerdoti superando voce,

cosi disse:

di giustizia

eterna

Giudice santo, de' nemici miei

La fronte atterra. Ben sai tu ch'io prego


Per giustizia che cerco, e meditando
Sentier men vo d'opre leggiadre. Ingiusta
Opra d'ingiusti oh non accr, Signore
!

Questo

egli disse e l'aurea

sua cintura

novamente e mosse
Duk, trafitto al core,
Sua via cercando. E poi che si tornava
Agli steccati de' suoi prodi ancora
E gi la terra si oscurava e lenta

Si strinse al fianco

Verso

ai

campi

di

Salia la notte, vigili a Tintorno


ei mand che investigassero
Le cose di quaggi. Come la gente
L del Nimrz ebbe novella certa

Sue vedette

132

Gi ritornarsi per la via lontana


L'inclito re, luce del mondo,

timpani-

Ratto sul dorso agli elefanti avvinse

ondeggi come l'azzurro

la terra

Mare

annunzio
Rinnovavasi allor di tutti il core,
Tutti alleati a re Khusrv ne andavanotalvolta. All'inatteso

XIX. Lettere

Behrm

di

intercettate.

(Ed. Cale. p. 1929-1932).

Come

Behrm

giunse a

novella certa

Gi riprender vigor quella d'Irania


Imperiale maest, cercossi.

Fra

di

l'esercito suo, ricco d'onore

saper chi fama per

la

terra

Procacciarsi volesse. Era di tale

Dara-Panh

principe

E amico
Sire

l'inclito

Behrm

e fido.

Behrm

nome, ed

ei

era devoto

chiamava

l'inclito scriba e

allora

seco

Parole acconce avea, poi comandava

Che ampi

A
A

fogli

e patenti altri scrivesse

Gustehmme,
Gherdy prode e valente,

que' prenci superbi, a


Bendiy, a

Quale s'avea fra

prenci tutti attorno

D'eroe la fama, anche a Shapr e a quella

Endin cavaliere, a ognun che

fosse

Di gagliardi l'erede. Ecco! l'epistola

Queste parole al suo principio fea:


Nel mio secreto a Dio, fattor del mondo,
Chieggo tal grazia perch desti voi
Tutti siate dal sonno e per tal guisa

Non

v'affrettiate al mal.

Da che

nel

mondo

133

Manifestossi fra regnanti e servi

De' Sassanidi

seme, altro per

il

Non venne che malor sempre


L'andar raminghi per
Scompigli e
Si

liti.

essi

pi grave,

la terra e fieri

E primamente

fosca

terra per la spada rea

f' la

D'Ardeshr Babekn, quando nel mondo


Si rinnov l'antica guerra. Allora,

D'ogni prence rest confusa e attonita

La mente chiara. Ma vogl'io primiero


Ardevn ricordar, que' prenci ancora
D'alma serena, del cui nome a un tratto
Orba

la terra si rest, di doglia

Rest pieno

Anche

l'ostel

di lor

grandezza.

quale incolse male

t'udisti

Sufry da Pirz,

tristo ne' suoi

Tristi consigli. Dalle sue catene

Sciolse

Lui

il

piede a Kobd,

sol trasse

Kobd

fra

prenci

a morir. Forza prendea

Kobd maligno

e via dal core intanto


Virt cacciava e reo costume in core

Prendea volente,
Quello

si

fido,

contro a

Induravasi

si

che uccise poi

celebrato ed inclito,

lui de' principi frattanto


il

cor. Chi

non degno

Di sua famiglia e le sue triste brame


Innanzi pone a' figli suoi, non degno
Degli estrani pur anco, e niuno in terra

Cercasi avorio d'una pianta d'ebano

L tra le fibre. Ond' che la speranza


Non riponete ne' Sassni prenci.
Da salce che rosseggia al tardo autunno,
Vago rubin non si
Che a voi si rechi

ricerchi

e allora

questo foglio mio

(E lieta sia vostra fortuna!), voi


Questo sappiate che appo me cospicuo

134

vostro loco e le tuniche sempre

Han

pettorali e

maniche pur anco.

pace e sonno a un loco avete voi


Ch' a noi da presso, allor eh' spento il sole
E allor che alto sen va. Ma qui da presso
Ratto che giunti voi sarete, questa

Alma mia
Che allor
E del suo

Ma

il

fosca

far serena,

prence, ma la testa sua.


trono suo calpester col piede.

Suggello

Fu

si

nullo pensier m'avr di G-recia

di

Behrm sovra

apposto allora e andava

Cercando

la

l'epistola
il

messaggiero

sua via. Qual costume

De' mercatanti, andavano veloce.

Con

fiero incesso, di

Khusrv sala
merce avea

Al regio ostello. D'ogni

Con seco un'ampia carovana e doni

Avea pur anco oltre a que' fogli. Vide


La grandezza regal, vide l'esercito
che dir poteasi allora
un varco schiuso,
core: Or chi vorr, con questo

S grande, s

Non

restar per la terra

disse in

Nobil signor, cercarsi aita e schermo


Presso Behrm, bench gagliardo? Tale

Son io di Persia e alcun nemico in terra


Veramente non ho, some qui reco
Di ben trenta cammelli. Oh! perch mai
Darmi a morte dovrei, quando gi sorge
Real grandezza da l'abisso? Intanto
Andr, presso a Khusrv di quello
Io recher, novelli doni a lui
Ne' pensieri suoi
Cos offerendo.

Entr costui nel regio albergo,

Recando e 1 fogli
Monete offerse e
Gl'incliti doni e

le offer

con

doni

nemico duce.

del

con

fogli,

tutti

e tutte

fogli

135

AU'iranio signor le intravvenute

Cose ridisse. Come i fogli lesse


Il re del mondo, sovra un aureo seggio
Assiso volle il messaggiero e disse:
Uomo accorto d'assai, vile e dappoco

Behrm
Per

ci

tu estima accanto a me. Tu intanto


festi, d'ogni voglia tua

che

Al fin se' giunto, ma in cotesta impresa


Pi di quello che hai gi, non chieder nome.
E comand che il regio innanzi a lui
Scriba venisse, e una risposta a quella
Inevitata lettera in ben lunghe
Epistole not, cos dicendo:

Prence che altera hai


I

tuoi fogli

la cervice, noi

leggemmo e a

noi dinanzi

messaggier vollimo assiso. E invero


A re Khusrv siam noi ne le parole
Devoti e fidi, ma col cor siam teco

II

Pari a novella primavera. Allora


Che menerai l'esercito tuo prode
In su questo confin, chi mai di Grecia
Si

dar cura o degli eroi

di

Grecia

Tutti noi fuor trarrem le spade allora

E i greci eroi nell'orrida tenzone


Truciderem. L'esercito tuo grande
Quando vedr prence Khusrv, tua forza
Quand'ei vedr con l'alto grado tuo,
Quel cor suo tremer nel fatai giorno
Della battaglia e

come volpe

in fuga

Dal tremendo tuo aspetto andranne lungi.


Suggello appose a l'epistole sue
L'iranio sire ed a quel prence amico
Si le affid. Dissegli

saggio,

si

gli die

il

re:

Buon

frutto,

t'avrai di tua fatica!

gemme

e gli don monete,

Assai rubini di gran prezzo ancora

136

Tu

lui don. Dissegli poi:

Tosto a Giubneh questi

Le udite cose

Che suo

reca

fogli miei,

e allora

gli ripeti;

splendor ripiglier la mia

Inclita sorte, libero

Necessit

ti

da

trista

serber alla terra.

Dara-Panh da quel regale ostello


Andavano cos; correa sua via
Di nembo in guisa. Ei si, giovane e

forte.

L'epistole recava, e quelle epistole

Avea da

Come
Que'

lui l'altero capitano.

costui,

bramoso

fogli lesse,

sua gloria,

di

brama

ogni pi stolta

se chiamossi e

mand senno

in

bando;

Poscia, dopo l'epistole, la sua

Partenza apparecchiavasi, e gl'Irani


Stupan di tanto. Accorsero i vegliardi
Appo quel forte, e poi che l'opre sue

Vedean confuse e tenebrose, ognuno


Cosi gli favell: Deh! non andarne,

Che se tu vai, questo novello giorno


Discende a tarda et. Se in suol d'Irania
Viene prence Khusrv, nulla vedervi
Ei non potr che belligere spade
E clave in ferro; ma tu in questa sede
Imperiai non perder tua fidanza,
Che ben

potra la sorte in strana guisa

Trarti in inganno.

Queste parole su
F'

si

che a

colui,

non aveano frutto


che cenno

lui venisse alto

a le porte

L'esercito fedel. Tutte ei raccolse

Le provvigioni ed ordin sue


Batt

schiere.

timballi e le falangi tutte

Dalla citt condusse fuori. Corse

D'Azer-abadagn verso

Animosa

li

campi

de' Persi la falange.

137

questa a quella gente era vicina


Gi gi d'assai, si che ad erranti insetti
Tutte fir chiuse del passar le vie.
Ma quel servo di re, di pugne amante,
Cosi dicea: Davver! ch'io la nemica

Schiera bramo veder! Vedr chi sono


Questi di Grecia cavalieri, esercito
S'ei son di

guerra e perch sono.

Tutti salan su' lor cavalli

Allora,

prodi,

Principe Ized-Gashaspe e Yelan-sineh,


L'esercito a mirar ch'era nemico;
Essi,

di

gran valor, prendean

la via.

Poi che vedean l'esercito guerriero.


Tornavano e venan correndo al duce

dicean: Falange

eli'

cotesta

Che confine non ha; diversa cosa


E di rincontro
Da ci che ne pensammo.

greci cavalier del prence iranio

Venan correndo al regio albergo e quivi.


Di re Khusrv nella presenza, cinsero
L'armi lucenti. Oh! noi con questi Irani
Convenne
Gerchiam la pugna! elli esclamar.
L'iranio sire in questo che volea

La gente

greca, desiderio intenso.

XX. Prima battaglia

di

Khusrev

e di

Behrm.

(Ed. Cale. p. 1932-1935).

Quando su la montagna tenebrosa


Ergea la fronte questo sol, levossi
D'ambe le schiere un fiero grido, tale

Che

detto avresti col rotante cielo

Confondersi la terra. Oscura intanto.

Per

le

spade levate,

al sole

ardente

138

Si fea la gota, e l'esercito a

Ordinavasi e a

Parve

dritta, e

di ferro la

manca

una montagna

pianura. Allora,

Al nitrir de' cavalli ed

alle voci

Dell'esercito accolto,

suol parea

il

Tremar sconvolto e rincorrere ai monti


Di sotto ai piedi; e Behrm bellicoso
Che cotesto vedea, trasse la spada
Fulgida e bianca.

Timor non
Mentre gi
Per terror

il

si

No davver! che

venia, non

gli

in core

tema o affanno.

cor de' leon feri

al

campo

frangea. Gli ordini vostri,

Disse agl'Irani, scbierinsi per voi.


Voi di Duk per i campi distendete
E s'aggir dintorno
L'ampia falange.

All'esercito suo, solo egli intento,

Per guardarlo da destra e da sinistra,


E a Yelan-sineh disse poi: Nel mezzo
Dell'esercito mio tu resta intanto,
Qui nel cospetto de l'altra oste, ch'io
Oggi mi sono in quest'ampia falange

Un

combattente, e qui star indugiando

Anche nel tempo de la vasta fuga.


Ma Khusrv riguardava al tristo campo,
Vedea la terra intenebrarsi tutta
Per l'esercito accolto, e oscura e fosca,
Qual la strozza d'un leon, la gota
Del sol lucente; piover da le nubi
Ferri taglienti detto avresti allora.

Ond' che

il

sire e

Gustehm con

lui,

Niyats e Bendy, dal tristo campo


Vennero ad una altura. Ivi, sul monte
Che di Duk si dicea, que' prenci assisero,
Volti

ambo

gli

dall'alto del

occhi

a'

lor fedeli al piano,

monte ogni drappello

Khusrv prence vedea,

sinistra e destra

139

medio punto e l'ale ancor. Ma quando


Fragor levossi in questa parte e in quella

il

Di timpani sonanti e s'avanzaro


Belligeri gli eroi, detto tu avresti

Ch'era quella

E che nemico

una montagna
guerra portava
AUor che vide

di ferro
elei

il

Alla terra di sotto.

La gran faccenda re Khusrv

dall'alto,

Come

vide mischiarsi e cielo e terra,


In pehlvica lingua a Dio si volse:
Santo, che vinci ogni pi grande in terra,

Oggi chi mai si torner beato


Dalla tenzone? e chi ben sa cotesto

Fuor di te che
Cadr vinta la

se'

giusto?

Oh

di chi

mai

sorte e la sua lancia

Muterassi in vilucchi e in schegge acute?


Di principe Khusrv l'alma ed il core
Cos eran pieni di pensieri, e intanto

Dinanzi agli occhi suoi foresta oscura


la terra, quando fuor balzava

Era

Principe

Kut

agli ordini dal

Qual negro monte per

De

le

Come

mezzo,

le ferree

schiere dal mezzo

ei

maglie.

venne a corsa,

salse pi accanto alla ventosa

f' a Khusrv tai detti:


Signor d'altero capo, or cerca e vedi
Ove mai sia quel servo tuo che l'arti
Hassi dei Devi, contro a cui tenzone

Cima

del monte,

Gi in Irania

t'avesti e a cui dinanzi

Fuggisti, com'egli ebbe ogni sua

brama

Laggi compiuta. Da sinistra vedi


E da man dritta, ov'egli mai, nel mezzo
Di tanti grandi, perch'io ratto a lui
L'arti insegni di guerra ed egli il core

Vegga e la forza d'uomini che fanno.


Da Kut come ascolt queste parole

140

Prence Khusrv, per quell'antico assalto


Ebbesi

Avea

il

cor pieno d'angoscia. Detto

colui:

Tu

fuggisti

da un servo,

De' cavalieri via gittasti l'armi


Si

che non

per

digli

Risposta alcuna,

ma

le

sue parole

quel cor d'affanno

Ratto fu pieno e quella mente sua

Piena

di

A Kut

sdegno. Eppur, cos poi disse

guerrier l'iranio prence: Vanne,

Vanne contro a l'eroe che bianco e bruno


Cavalca un palafren. Quand'e ti vegga,
Ti verr incontro a far battaglia, e

Tu non

tu.

che per vergogna ed onta


labbro non ti deggia poi.

fuggir,

Mordere il
Kut, come uda quelle parole sue,
Si ritornava, e fu davver qual fosse
Congiunto a vento repentino. Venne
Alto fremendo con la lancia in pugno,
Venne, come elefante in suo furore,
Della battaglia al campo. Oh! Yelan-sneh
Grido a prence Behrm cos mandava.
Vigile e accorto, o cavalier belligero.

Serbati omai, che

Come

venne un tristo Devo


un laccio

elefante furioso,

Al culmo de

pugno!

l'arcion, l'asta nel

Behrm, come

l'ud, trasse la

spada

Dalla guaina rapido qual nembo.

Nome

invoc di Dio. Khusrv, che d'alto


Questo vedea, levossi in piedi e il capo
Tenne sorretto su l'aerea cima
Della montagna, volti

A Behrm

gli

occhi intenti.

ed a Kut, pieni

Gli occhi e di cruccio pieno

lagrime

di
il

core. Intanto,

Balz dal loco suo con l'asta in pugno


Il greco eroe, punt suoi piedi al suolo

Behrm, voglioso

di poter.

Ma

nulla

141

Poi che l'asta gli f' del suo nemico,


Contro a lui s'avanz l'uom bellicoso
Protendendo la targa, e un colpo grave
S gli sferr con la tagliente spada

Al collo e

al petto,

che partane

in

due

In fino al casso la persona fiera.

Poi che

il

A Khusrv

fragor de la cadente spada


giunse, in rimirar quel colpo

Di Behrm, ei sorrise. Oh!

occhi suoi

gli

Socchi udea Niyats, prence guerriero,

si

gli dicea:

il

crucciava
rider,

Khusrv

di

Non
come

pel ridere

bello, o glorioso,
fai,

nella battaglia.

Altro non hai ne le battaglie tue

Che

astuzie e fraudi, e veggo che il tuo core


Dorme, i tuoi padri in vendicar. Non vedesi
Qual era Kut, figlio d'Hezreh, un prode
In Grecia o Irania e non in ogni terra

Colta a l'intorno.

Poi che ucciso

cadea! Sappi che cade

ei

tu ridendo vai

Precipitando la fortuna tua

Non di sua morte, re Khusrv gli disse,


Non del tronco suo corpo io vo ridendo,
E questo sappi che qual d'altri gioco
Si fa

Dal

da insano, colpi orrendi tocca

ciel rotante.

Tu

fuggisti

Da

tal

Kut mi

disse

Un

giorno

da un servo, e tal valore


In te non fu, si che a giostrar con lui
Non discendevi E non gi vergogna
!

servo fuggir, quando son

Dell'assalto nel giorno

Ma

tali

colpi suoi.

queste voci da l'opposta parte

Mand prence Behrm: Famosi

prenci

Di nobile lignaggio, o Yelan-sineh,

Ram,

Ized-Gashspe, ecco! l'ucciso

D'uopo legar

di

suo destriero

al dorso.

142

Al campo suo di qui '1 mandate, e il vegga,


Vengalo il suo signor con gli occhi suoi.
Di Kut la spoglia de la sella al culmo
Uomini esperti di battaglie avvinsero

Con fermo nodo, e rapido il destriero,


Con quel guerrier d'alta cervice un giorno,
Al campo suo tornavane. Dolente
Fu il cor di re Khusrv per Kut anciso,

sue genti sciolsero a l'estinto


i nodi. Sparse muschio il prence

le

Del laccio

Su

l'aperte ferite e

f'

comando

Che, terse e asciutte, ricucite fossero


Acconciamente. In carbaso f' avvolgerlo.

Con la corazza sovra il petto e stretto


Nel cinto il fianco, e al greco Imperatore
Con tal messaggio il rinvi: La spada
Di questo servo che d'un Devo ha l'arti,
In questa foggia recidendo cade

Nel giorno de

Un

d fuggii,

Tutti

feriti

l'assalto; e s'io

non per
cor

al

di

me

da

lui

vergogna.

Grecia

prodi

Erano, tutti avean trafitto


Senza d'armi tenzon. Vorsavan quivi
il

Stille di

pianto

patrizi di Grecia,

Con lagrimose ambe


Pien

core

le

gote e

di corruccio. Diecimila

il

core

vennero

Eroi d'altera fronte e cavalieri

E
E

valorosi e cattolici e ratto


in cotal guisa

impoto

Tutto alle voci de'

fr,

forti di

che

il

monte

Grecia

Crollavasi e scotea. Fragor levossi

s'udir voci di pugnanti duci,

Cozzar di clave ponderose e fiero


Urtar di ferri, e detto avresti il mare
Gonfio levarsi e gemere sanguigne
Stille

rotando

il

ciel.

Pei molti uccisi


Gi s'arrestan

E chiuso

il

gli

143

eroi ferrai a' lor posti

Oh

varco.

s!

schiera infinita

Giacque uccisa de' Greci e ognun giacea


Qual era duce tra que' forti. Intanto,
Di lor per doglia, di

Andava

il

core, ed

Khusrv

egli

traftto

corpi infranti

De' vivi ancor fasciando iva con cura,


E gli uccisi in un cumulo dolente
Tutti gittar facea che d'un gran

monte

Levossi in guisa. Behrra-cd fu detto


Il

cumulo, e Khusrv togliea sua speme

Dai greci eroi. Dicea: Se l'uom

mena

Un'altra volta ancor,

di

Grecia,

l'assalto

In questa guisa, sappi omai che ratto

Libero andr da popol greco

il

mondo;

Sappi che loro acciar tanto ha di peso


Allora
Quanto di cera un picciol globo.
A Serkb cos disse il prence iranio:
Dimani, all'opra de la guerra i tuoi
Greci non addurrai; diman ti posa.
Per ch'io sospinga vindice uno stuolo

D'Irani all'armi.

Ed

agl'Irani ei disse:

D'uopo che voi, dimani e senza indugio,


Farem cotesto,
Scendiate alla tenzon
monte e il piano
il
perch
concordi,
Dicean
E le pendici uguaglinsi per noi!
!

XXI. Seconda battaglia


e di
(Ed. Cale.

Ratto che

si

Del nuovo sol

lor

p.

Khusrv

1935-1940).

lev dal
la

di

Behrm.

mare azzurro

candida bandiera

speme perdean

le

erranti stelle


Ne

144

l'ombre che fuggan, da l'una e

Chiostra del

campo

Con trombe ed

uscir

l'altra

timpanisti

elefanti. Ecco, di tibie

E di tube levossi alto un concento


E un barrir d'elefanti e di timballi
Un fremer cupo. Detto avresti allora
Che crollavansi il monte
Quando gi, come penna
Augello in

ciel,

e la pianura,
di

corvino

s'intenebr la fulgida

sol. Poi che gl'Irani al campo


Lor ordini schierar, tutti con l'aste
Strette nel pugno e con lor ferri d'India,
Detto avrest che l'ampia terra intorno
Era tutta a corazze e che le stelle
Prendean lor raggi da le lancio acute.
Poi che ordinato di sue schiere il mezzo
Ebbe prence Khusrv, tutto l'esercito
Core si prese, ed eragli custode
Gherdy a l'ala destra, ei ch'era forte
Ed animoso e amante di grandezza.
Eragli a manca un uom d'Armenia, nobile.
Con usbergo e la spada eretta in pugno

Gota del

Qual d'Ahrimne. Sipansr v' pure,


Endin e Shapr, tutti alla pugna

accinti e pronti.

Gustehmme

intanto

Di re Khusrv teneasi a lato e lui

Guardar dovea

Ma

principe

Nel campo
Silenzioso.

da' colpi de' nemici.

Behrm che non vedea

Greci, s'indugi,

Comand che

si

stette

timpani

Alti sul dorso agli elefanti avvinti

Fosser da' suoi, e del mondo

la faccia

Parve di Nilo la corrente allora.


D'un candido elefante in su le terga
Egli si assise, e nel destin la speme
Perdeano omai li soci suoi. Spingea

145

Quell'elefante al destro corno e intanto

Fea

tai detti

a Shapr: Deh! tu malvagio,

Questa non era

la

impromessa tua

Nella epistola tua, che tu venissi

A me

contro in

di

tal

campo

di

sangue!

Questo non de' liberi di Persia


Vero costume e insanamente il corpo
Figlio di Devi,
Tu stesso a uccider dai
Shapr gli rispondea, nel tuo servaggio
!

Alta hai levata la cervice. Or come


nome o indizio hai tu d'un foglio mio,

Qual ricordando vai dinanzi

a'

prenci?

Shapr Khusrv illustre: Quella


Epistola ch'ei dice, era conforme
Al suo consiglio. Ma condegno premio
Per tal foglio avrai tu, da me, dagl'incliti
Di quest'ampia falange. Allor che tempo
Disse a

ne verr, faveller con

teco,

Purificando te dal reo sospetto.


Poi che la voce di Khusrv intese

Behrm

guerriero, l'arte di colui

Vide nel suo pensier. Fiero sdegnossi


Per l'opra grave ed onta gli sorvenne,
Ond'ei, nell'ira sua, deso

D'un aspro

assalto.

si

prese

Con maligno

intento,

Solo, sul dorso a l'elefante suo,

N'and diritto e al medio punto ov'era


Prence Khusrv, s'incammin. Ma quando
Vide cotesto re Khusrv, Deh! fiero
Leone di gran cor, disse a quel forte
Endan, su cotesto alto elefante
Pioggia di dardi rovesciate voi.
Come nuvola fosca a primavera

Or, degl'Irani
Fate voi gli archi vostri.
Qual era lieto nella sua fortuna.
Tese la corda all'arco suo. Ma intanto
FlEBDSI, Vili.

10


Dell'elefante di

Proboscide

146

Behrm
per

tal fu,

l'incurva

le confitte

Punte mortali, che ben detto avresti


Dell'ardua belva da le aperte piaghe

Uscir di sangue un nero fiume. Allora


Chiese prence Behrm un palafreno

E chiese un elmo che adornar potea


Una fronte regal. Novellamente
Ripigliavasi allor de le volanti

Punte

la

pioggia che cadeau su quello

Destriero di Behrm, che alta ed eretta

Avea la fronte.
L'uom belligero

Dell'ampia veste
Indi lo scudo

si

pie rimase allora

e tosto
si

il

lembo estremo

raccolse al cinto,

rec alla fronte,

L'acuta spada lev in alto, e orrendo


Cacci scompiglio ne le avverse schiere.

Da Behrm si fuggano fanti allora


Pel vasto campo e gittavano gli archi
Che Ciaci lor mand. Ma in quell'istante
A Behrm fu recato un palafreno.
Ed ei sopra vi ascese, ei di guerrieri
i

Inclito prence, rapido e veloce.

Urlando egli correa del vasto campo


Al medio punto, ove l'iranio prence
Stava co' prodi suoi. Quivi ei rompea
La media schiera si che sparve a un tratto
Del duce iranio
Poscia di l ver

l'inclito vessillo,
l'ala

destra in corsa

Andavane, e da sezzo eran de' Persi

Le provvigioni. Ma poich vedea


Khusrv, a manca ei si ritrasse in corsa
Come agnel che da lungi ha visto il lupo.

Gherdy custode era a quel punto,

E
E

valoroso ed avido di gloria;


il

fratel

come vide a

s dinanzi

forte


Il

147

volto del fratel, tese la corda

Dell'arco e trasse. In cotal guisa

D'uman
Che detto

due,

sangue bramosi, accapigliavansi,


avresti

ambo

fra lor confondersi,

E lunga l'ora trapassava, e quello


Da questo gi ritrar non si volea,
Behrm primo

Fin che

Tu che

se' privo,

Del tuo fratello?

Gherdy

rispose,

Antica istoria

grid: Di padre

a che t'accingi al sangue

Vecchio
non
Se il

lupo, a lui

udisti quella

fratello amico,

Buona cosa davver; ma

s'

nemico,

Miglior cosa d'assai viver senz'ossa


polpe e vene! . E tu se' vile
malvagio e sanguinario ancora

E senza

se'

a Dio, fattor dell'universo, in core

Nemico

sei!

Contro

suo

al fratello

Non discende il fratel con l'armi


Ove buon nome ancor l'adorni e
Behrm, come

Da

lui,

ma

ascolt,

si

in core s'adir,

E corruccioso andavane da
E Gherdy del suo prence

in giostra.
segni.

trasse a dietra

ma

tristo

lui,
si

traea

L nel cospetto e negra avea la faccia


Sua marzial pel nero ferro. A lui
Benedisse Khusrv con molto amore
Premio a te venga dal rotante cielo!
E degli ordini suoi dalla presenza
:

Al medio loco re Khusrv

poi

che

di

tal

si

trasse,

re gi vacillavano

I valorosi,

alcun mandava

A Shapr
A Mausil!

battaglier. Porgi tu aita

il

comand. Per voi

sire

si

pugni

schiena a schiena alto s'appoggi. Forse

Splendida sorte in vostra mano avrete.


L'iranio prence a Gustehemme allora

148

Mand

tal voce: Se de' Greci alcuno


Qui destasse la pugna, ove sconfitto
Fosse Behrm guerriero, ove in battaglia

Ferito

fosse, fino al ciel la fronte

ei

Superbi leveran cotesti Greci,


Parole pi d'assai cbe n' misura

Cacciando

Non

fuori.

vogl'io

che alcuno

De' Greci eroi sollevi alta la testa

pompeggi

si

Tremendo

in questo cb' di noi

assalto,

che

Greci

de'

valor gi vid' io. Son

Il

tutti

come greggi

Allor che sorge la bufera

e meglio.

Meglio d'assai che con picciola schiera


Io con Giubneh a contrastar mi provi.

mia

Nell'alta impresa

Non

vo',

che

d'altri l'aita

in Dio proteggitor s'appunta

La mia speranza.

Gustehm

gli disse

Iranio prence, non tradir tu stesso

La cara anima tua! Ma

tuo disegno,

se cotesto

pi gagliardi eleggi

a tua persona non dar morte in questo

campo di pugna!
Ottimo tale
Disegno tuo, Khusrv gli disse, quale
Manifestasti a me. Cerca frattanto
Fatai

Che

sia de' prodi

miei voglia secreta.

quattro e dieci

Gustehm

scegliea

Cavalieri d'Irania, incliti in guerra,

Da

l'eretta cervice, e

Primo adducea

il

nome suo

fra que' gagliardi in giostra

Notato e scritto e dinanzi


Agli altri

tutti.

il

ponea

V'era poi quel prode

Shapr con Endn, Gherdy, sostegno


De prenci Kay, Bendy pur anco e l'inclito
Azergashspe, indi Shirzl e quello
elefanti e con leoni
Ardito in guerra. Vera s Tokhreh,

Rengy, con

149

Animator d'ogn' altro in fiera pugna,


Nemico acerbo a Yelan-sineh, e v'era
Farrukh-zd e Khusrv di eretta fronte,
Anche Astd e Pirz, d'ogni nemico
Distruggitor; Khorshid v'era beato
Con prence Ormzd, a cui dinanzi tutti
I nemici pareano erbe selvagge
Cui tronca il falciator. Ma Gustehemme,
Inclito e prode, era di tutti

il

duce,

Quale in battaglia avea poter sovrano,


Ei che tra
forti in questa guisa elesse
Quattordici campioni e ad una parte
Rapido venne de l'iranie schiere.
Eroi devoti al mio comando, voi
i

Che

alta levate la cervice, disse

A' principi Khusrv, tutti la fronte

Dio volgete e consolate

Lieto e beato.

Non

Fuor che voglia

Fu da che

il

core

cosa in terra

di Dio;

sempre cotesto

in alto la vetusta volta

Morte aver pugnando


Meglio d'assai che principe di noi
Stette del cielo.

Facciasi

un

Custodi a

servo.

me

Ma

frattanto voi

siate fra l'armi. Indugio

Di scompiglio nell'ora oh! qui non vuoisi!

Benedissero a

lui tutti que'

prodi

Con favella concorde e lui signore


De la terra gridar patto egli fecero
Che nessun dal suo re si ritrarrebbe
;

In quell'orrida pugna. Allor che intese


L'iranio prence, ritrov sua pace,

Gradi cotesto e l'alto intento suo


Per que' prenci tocc. Le schiere allora
Al nobile Behrm tutte affidava
E con quelli quattordici, gagliardi

valorosi,

andavane.

Ma

intanto


Voce venia da

A Behrm
Un

di

150

Giunge,

le vedette.

Giubineh ecco

esercito avverso.

Alto

si

disse.

in arcioni

Balzava a un palafren, vigile in core,

L'uom
Stretta

De

disoso di possanza, in

una spada, con un

pugno

laccio al

culmo

l'ardua sella; e ratto ch'ei scopra

Su' lor destrieri que' gagliardi assisi.

Dagli armigeri suoi alquanti prodi


Scegliea cercando e a Yelan-sineh, Giusta,

Giusta prova, dicea, di suo valore

Diede in battaglia quel malnato. Or io


Che altri non fuor di Khusrv costui
E vedo e so, qual osa in questo campo
Di tenzoni avanzar. Discende in giostra
Con quegli uomini suoi pregiati e forti,
E fors'ei da s stesso innanzi a ieri
Alligatori scende in armi. D'uopo

Non ho con

lui di pi di venti prodi

Su' lor cavalli, n ben so de' suoi


quello chi

Questo

La

sia.

Vengami innanzi

terra tutta, e bast'io sol contr'essa.

Nulla son io, s'io manco al suo paraggio.


Al prode Azergashaspe e a Yelan-sineh
Ei cosi disse: Lor valor non celano
I

valorosi,

Siam pi

si

vuol che noi

di quattro.

La fortuna mia

Intanto
Contro a Khusrv ra' protettrice.
Bravi un uom che l'atra notte al giorno
Nell'alma trista preferia; suo nome
Gian-flrz era, ed a costui l'esercito
Affidando Behrm, tosto ne andava
E correa con quei tre velocemente
Vigile e accorto. Ma Khusrv che lungi

Per
Fidi

la

sua via

compagni

Behrm
f' tai

scoverse, a' suoi

detti

Viene

151

Schiera nemica! Or voi nel petto il core


e mesto,

Non vi serbate corruccioso


Che venne tempo a noi di
mi terr

Io c-on la clava

Giubineh malnato, e

Con

gli altri

qui star fermi.

di

contro

la battaglia

prenci fate voi. Quattordici

Amici siete ed ei son tre. Sconfitta


Deh! mai non sia che veggasi per voi
Niyats e l'esercito de' Greci,
Tutti d'un tratto, per manco di speme,
Si cinser l'armi e da quel campo al monte
Salir correndo, ove di questa e quella
Schiera nemica era la vista aperta.
Dicea ciascun Deh perch mai quest'inclito
Iranio prence la sua dolce vita
Perder vuol per un serto? E qui son molti
Xlavalieri nel campo, ed ei da stolto
Giascuno
Gorre soletto alla tenzon
Lev le palme al ciel, che il prence iranio
!

Pensavasi ciascun

Behrm

trafitto e spento.

guerrier poi che incit

il

cavallo

Gon Yelan-sineh, con Azergashspe,


Tutti gli amici di Khusrv ne andaro
Dispersi attorno. Ei fu qual lupo, e quelli
Si goriosi qual timida greggia

Deh

s,

gli

amici

Vider da' ceppi

Khusrv che sciolto


tristo Devo, a un tratto

di

il

Per tema sbigottan, restavan soli


Gherdy, Bendy e Gustehmme. Allora
Di Dio chiamava il santo nome il prence
Incoronato;

ei

s,

Signor del mondo,

Quando

il

di speme,
suo destrier volgea,

gi gli era a tergo Azergashspe

Forte correndo.

A Gustehmme

Forte m'incalza

manco

la fortuna,

che senza ragion

ei disse:

e questo

fiero scompiglio,

152

Or che

le spalle

Volte

nemici miei ?

mie videro in fuga

Gi

gi t' presso

Gustehm gli disse,


E tu sei solo; come dunque ancora
Khusrv guardava
La pugna sosterrai?
Il

cavaliero,

Dietro a le spalle, e di quei quattro innanzi

Vide Behrm Giubneh. Ecco!

Per riguardar

s stesso

dal reo nemico, tutta

Ei lacer la bruna sua gualdrappa,


Mentre lungi da lui stavansi a dietro

due suoi fidi cavalieri e a tergo,


Avido di vendetta, era il nemico.
Ma l di contro angusta era una gola
Della montagna, allor che gi vicini
Come pardi venano al fuggitivo
I

I tre guerrieri. Della gola

Era chiuso dal monte, e

Da sue

il

fondo

l rinchiuso,

genti lontan, rimase

prence

il

Dell'ampia terra. L'inclito garzone

Balz dal palafren,

pie sul monte.

sali

Sbarrata innanzi era

Era l'alma perci

correndo

pie n'andava e intanto


la via; trafitta

del nobil sire

D'alta ferita, e per quel loco angusto

Che il trattenea, poi che di scampo


L pi non era, con veloci passi
Gli era dietro

Di frodi

sei,

Behrm. Deh! a

te

via

che pieno

dicea costui, bassezza

Ora sorvien dopo l'altezza tua


Perch tua morte a me abbandoni e il peso
Gittar ne sembri su le spalle mie?
Poi che stato del prence alla distretta
Era venuto e gli era dietro un ferro
E una rupe dinanzi, a Dio si volse
E cosi disse: Almo Fattor del mondo,
Tu che mutar della fortuna avanzi,
!

'4

153

In questo loco di distretta

sii

Proteggitor; non io le stelle in cielo

Volgomi a supplicar

La

flebil

Come

levossi

prece da quel monte, apparve

Sul ripido sentier Sersh. beato,

Verdi le vesti tutte e


Candido palafren. Deh

Alma
Come

sotto a lui

che a

tal vista

riprese re Khusrv! D'accanto


gli fu, la

man

del prence iranio

prese (meraviglia questa


Per Dio santo non ); poi che dinanzi
L'angiol

si

Tolto l'ebbe al nemico, agevolmente

Lungi l'addusse e lasci andar


Khusrv dissegli allor Quale
:

la
il

mano.

tuo

nome?

E l'angelo
nome mio.

dicea questo e lagrimava.

Gli rispondea:

Sersh

il

Lungi dal lagrimar, poi che ottenesti


Sicurezza da me! Tu d'ora in poi
Sara' prence del mondo, e non t' d'uopo

Che saggio addimostrarti ed avveduto.


Disse cotesto e via da lui disparve,

alcun pel mondo mai tal meraviglia


Giunse a veder. Meravigliando stette
Behrm che ci vedea. Molto invocava,
Fattor del mondo, Iddio, quando gli cadde
Per la persona un tremito improvviso
Ratto al veder del fuggitivo prence
L'opra e il deso gi gi compiuto. Ei disse:

Con uomini finch sar


Deh! mai non sia che in

me

Ma

con alate

poich

la battaglia

la guerra,

valor

si

Peri vaganti, sulla mia fortuna


Che gi s'infosca, lagrimar fa d'uopo.

E Niyats

di contro, in

su la cima

Della montagna, grazia a Dio chiedea

Giusto e verace, e

le

sue belle gote

scemi!

154

Grafflavasi Maria nella distretta

Del dolce sposo, re del mondo. Ancora


Stavan sul monte le falangi ed erano
Alle sue falde e alla pianura, e pieno

Era d'ansia e di duol de' Greci il core.


Deh! qui t'assidi, Niyats diceva
A Maria dolorosa io temo assai
;

Ch'estinto giaccia dell'Irania

Ma

in quell'istante,

il

prence.

da l'opposta parte

Della montagna, pel dirotto calle.

Da sue

genti lontan, raostrossi in vista

Prence Khusrv, e ratto

la

sua schiera

guerra giubil, disciolto


cor di Maria dal fiero duolo.
Khusrv giunse a Maria vicino,

Inclita in

And

il

Come

L'alto prodigio che mostrossi a lui,

Narravale e dicea: Deh! sposa mia.


Di greco Impera tor nobile figlia.
Rese giustizia a me giusto e verace
Il Giudice supremo! Oh! non avvenne
Per vilt del cor mio, non per bassezza.

Che mostrasi codardo entro

la

pugna

Sol chi tristo di cuor. L, nella gola


Della montagna, senza amici e scorta

mi restai, nel dolor mio l'Eterno


Chiamai piangendo, e il mio Signor che
Le cose di quaggi, gli alti secreti
Io

questo servo disvel. Non vide


Questo ch'io vidi, ne' suoi dolci sonni,

mai noi vide un giorno


Salm od Afrasyb, ch'io vidi
In questo di, compagni miei che eretta
Avete al ciel la fronte, un chiaro segno
Di mia vittoria e del poter sovrano.
Or rinnovate dell'assalto l'impeto.
Ricordando Khusrv nella tenzone

Fredn
Tur

illustre,

cela

155

XXII. Terza battaglia e sconfitta


di

Behrm.

(Ed. Cale. p. 1940-1942).

In quell'istante gi dal monte scese


L'esercito fedel,

mentre

la terra

De' cavalieri per la negra polvere

Intenebrava. Da l'opposta parte

Behrm

Stava

pieno di duol, pentito

Dell'opre sue compiute; e poi che

Era

di

speme, rapido a

manco

l'istante

L'esercito sospinse, e luce al giorno

Pi non rest. Dicea: Chi mena in guerra


Le sue falangi, abbia saggezza e possa
E marzial virt. Gli eroi che videro
I giavellotti miei, che la guerriera
Indole mia notar,

me

preferirono

monarchi. Io la corona
A
Allora
Atterrer di Nushirvn.
cotesti

Impetuoso e cieco egli avventossi


Fuor da sue schiere contro al prence
Tese all'arco la corda e s v'appose

D'un

sol legno

una

freccia.

iranio,

Ei repentino

suo prence colpa nella cintura.


Ma tortuosa la mortai sua punta

II

Andando

vi s'infsse.

Come vedea
Venne

il

colpo,

e la estrasse dal serico panno,

d'asta

Vibr

Uno scudiero

di quella freccia

un colpo

l'ira nio

del

nemico

al cinto

prence. Era una maglia.

le giunture sue l'asta cadente


Spezzar pot; cos la ferrea punta
Di quell'asta possente in due n'andava,
Ma pieno di terror restava il core

Dello stolto guerrier.

Come

s'infranse

prence e un colpo
clava del guerrier nemico

Quell'asta sua, s'adir

Men

i56

di

Ratto al cimiero;

ma

il

la ferrea

clava

S'infranse nel colpir, s'avvinghi al

Dell'elmo e

si

fiss.

sommo

Pur, chi vedea

Quel grave colpo, chi senta del ferro


L'alto stridir, f' voti e auguri e tutto
L'esercito del re vigor riprese,

che

Si

Behrm guerriero
Come d'un tratto
Behrm e luna e sole

in difetto di

L'intento

si

rest.

Agli occhi di

D'ombra

si

ricoprir, contro sua voglia

Si trasse a dietro dal suo re. S'avvide

Ch'iva congiunta a stento e a duol la sua


Impresa grave e si ritrasse a dietro
Dall'opre di valor, dalla battaglia.

Ma

un di Grecia
Khusrv nell'armi

d'Irania le squadre e in

Come vedean

di re

L'inclite prove, innanzi s'avventaro,

Trasser

le

spade della gran vendetta


fr, quale un gran monte,

Tutte d'un moto e

Un

impeto gagliardo. Ecco! sen vanno

Dietro a cotesti

prenci tutti e rompono

scompiglian l'esercito e

il

disperdono.

suo re con fiero incesso allora


Appo
Andavano Bendy. La tua corona
Superi il cerchio de la luna, ei disse;
al

Ma un

esercito qui

come

locuste.

Come formiche, e preso n' il


E la landa remota e il campo

deserto

Bello non per opra stolta

sangue

il

intorno.

Cosi versar, n accapigliarsi bello

D'un re col servo. Ma se alcun la vita


In don ci chiede, meglio ci che ucciso
trafitto

vederlo entro

la

pugna.


Dissegli re

157

Khusrv: Se alcun

si

duole

Delle sue colpe, non io vo' di lui

Farmi

castigator. Tutti qui sono

Sotto l'egida mia; sono al mio serto

Attorno

Poi che
Si sollev

Ambe

quai fulgidi pendenti.


vessillo de la notte in alto

il

da

montagne oscure,

le

schiere separarsi e a dietro

le

Si ritornar.

Da

le

vedette allora

Voci alterne levarsi e pur s'intese


Di sonagli un concento; oh! in quella notte
Ben pochi assai dormian! Di l si trasse
Bendy allor che am sua gloria, e venne

Fra questa gente e quella al medio loco,


Rapido in corsa. Ma un gagliardo ei scelse
Dall'esercito in pria, di bella voce,

Facondo parlator, quale un araldo,


E gli f' cenno che in arcion balzasse
A un arabo destrier, pronto ed accinto
Un bando a proclamar, Com'ei si trasse
In mezzo a questa e a quella gente, al punto
L 've ben poco alle nemiche squadre
Restavagli di via, lev l'araldo
servi al nostro prence,

Quest'alto grido:

Di colpe

rei,

che per

la terra

intorno

cercando vostra sorte, a quello


Che fia tra voi pi peccator, che in questa
Orrida pugna maggior gloria s'ebbe.
Ite

Per Dio condona

le

peccata

Dell'ampia terra,

le

peccata sue,

Quante

ei

f'

Come and

il

sire

manifeste e quante ascose.

per

la notte

oscura e tetra

Cotesta voce, a questa voce ognuno

Porse l'orecchio, e tutti i prenci illustri.


Seguaci di Behrra, tosto a partirne
Ad uno ad uno s'accingeano, e quando

158

che illumina la terra,


quando la terra
Qual d'un bel drappo di lucente seta

Quest'almo

sol,

Sul monte

si

Il

lev,

giorno rivest, vuote

Eran

le

di

genti

tende alla pianura, e intanto

Di ci che feasi in quella notte, inconscio

Era Behrm. L dentro a' padiglioni


Alcun non si vedea, fuor che fedeli

amici di

Ma

Behrm

questo soltanto

Behrm, come avea

di ci novella,

Venne

e pass per quelle tende e a' suoi


Amici disse Miglior cosa omai
Per noi la fuga che restarsi in pace
:

Con vicino

scompiglio.

chiese allora

Mille cammelli da' custodi e mille

Dromedari gagliardi, che dal labbro


Bianche gittavan spume, e quante cose
Erano a carreggiar ne' suoi tesori,
Strati e tappeti, eburnei troni, argento

Ed oro

ancor, collane e braccialetti

D'oro e corone, tutto in alte some


I

suoi valletti accumular. Balzava

Egli in arcioni, a ritrarsi dal

campo

Del corpo e del pensier gi pronto e accinto.

XXIII.

Fuga

di

Behrm.

(Ed. Cale. p. 1942-1944).

Come

il

SUO trono s'apprest nel cielo

Questo fulgido sol, dal regal fianco


Partian gli esploratori. Ei non vedeano
L ne' recinti alcun mortai, n molti
Padiglioni ei vedeano in piedi ancora.

Le vedette

tornar, dicean cotesto

159

Al prence iranio, e quel suo cor dolente


Si fea pel campo abbandonato. Allora
Scelse tremila fra' gagliardi suoi.

Con

lor

gualdrappe e loro usberghi

al petto

Nobili cavalieri, e cenno intanto

Nestid

f'

che accinto

alla persona,

ad inseguir correndo.
Balzasse in sella. Ma Nestd ne andava
Pien di corruccio il cor, ch'egli non era

Forte e

virile,

Uom

da Behrm in giorno di tenzoni.


Anche Behrm per sue raccolte genti

Fiducia non avea nel suo diritto,


nella terra sua. Iva costui

Non

Per deserto

sentier, pien di terrore

core, e

d'ansia

il

L'argento e

l'or

con

menavasi intanto
s. Lor palafreni

Sospingean da l'un canto de l'esercito


Ized-gashspe e Yeian-sineh e lungo
Deserto un calle conducean le squadre,
D'antichi prenci favellando insieme.

Un

villaggio mostravasi da lungi

Squallido e tristo, e degno quel villaggio

Non era
Behrm

gi d'un prence. Innanzi

a tutti gi pentito,

il

andava

core

Pien d'affanno e d'angoscia e allor che a


Secche le fauci eran per sete, ei primo
,

In casa entrava d'una

donna

tutti

antica.

Afiabile e cortese essi la lingua

Moveano a

chiedean dell'acqua,
vegliarda, ed essa
Che lor detti ascolt, vecchio e sdruscito
Un suo vaglio recava e l stendea
favellar,

Ghiedean del pane

un pane scarso
porgea frattanto
principe Behrm delle verbene
fascio sacro Yelan-sineh eppure

Attrito

un

cuoio, d'orzo

Posto nel vaglio.

A
Il

alla

Ma

160

Ei ridir non potea sue preci antiche


Per l'acerbo dolor. Le incominciando,

Gibavansi cos del tristo pane,

stavano a mirar que' prenci illustri


Alquante donne del villaggio. Allora
Che d'orzo il pane fu gustato, ei chiesero
Stilla di

vino e a

mormorar

lor preci

Sciogliean la lingua. Se di vin desio

Hai tu, signor, disse la donna antica.


Vino qui ancora, e v' una zucca annosa
A cui tolsi il coverchio e s ne fei
Un cavo nappo, e vel posai di sopra.
Disse Behrm: Poi che c' vin, deh! come
Esser nappo miglior potra di questo?
And colei, recava il nappo e il vino,
E principe Behrm per quel novello
Nappo lieto si fea. Nella sua mano

Colmo

di

vino

ei sei rec, l'antica

Ospite sua perch piacer n'avesse.


Ella

pur anco, e

Delle opere del

Certa novella

disse: Inclita

madre,

mondo oh! quale hai

Tante

teco

cose udii.

L'ospite annosa rispondea, che tutto

Ne and

stordito

Oggi venan dalla

il

mio cervel. Ben molti

citt,

soltanto

Della battaglia ch'ebbesi Ciubneh,

Favellando tra lor. Dicean che tutto


Ritratto s'era appo l'iranio prence
Lo stuol de' prodi suoi, che senza scorta
Deh santa donna,
Il duce ne fuggi.

Behrm
Che
Di

le disse, di cotesto parlami.

forse tratto di

Behrm

prudenza fue

questo; o forse egli a prudenza

Innanzi pose

il

piacer suo.

Rispose

L'antica donna allor: Deh! perch mai,


glorioso, la pupilla tua

161

Devo intenebr? Non sai


tempo che sospinse il palafreno
Contro al figlio d'Hormzd Behrm ardito,

Un

Che

tristo
al

si ridean di lui
Quanti han saggezza, e niun fra i prenci mai
E quei rispose allora:
L'and contando?

Figlio a Gashspe,

Oh!

Behrm ebbe

se

Entro una zucca

deso di bersi

dolce vin, tu sopra

il

L'antico vaglio serba d'orzo


Innanzi,

l,

che

fin

L'orzo novello

si

un pane.

mieta ancora

s'adagi la notte

Co' suoi compagni al tristo loco e s'ebbe

Per

coltrice la veste e la corazza

Agli omeri di sotto.

E non

discese

sonno a lui, ned ei trov sua pace,


Che si cercava il suo deso, ma sempre
Il

In ci che

mai non

volle, ei s'incontrava.

Poi che sciolse del ciel gli

alti

secreti

Questo fulgido sol, di fieri colpi


Il principe guerrier fece i timballi
D'un tratto tempestar. Quanti eran seco
Prodi campioni

Prendean

ei

seco addusse, e quelli

tosto la via, forti e gagliardi.

Novello era un canneto in su la via


molti v'eran dentro uomini intenti

L'alte canne a troncar. Com'ei da lungi


Prence Behrm e l'ampia sua falange
Altera e forte discopran. Deh! sempre,
Gridarono a Behrm, vivi tu lieto
Oh! perch ne venisti a questa via
D'esto canneto? Innanzi a te pur sono
Schiere ben molte, e i forti alla battaglia
Gi gi pel sangue si apprestar le mani.
Disse Behrm: Qui non son cavalieri
Se non di regie squadre. Io bene udii
Che nel tempo che a correr nostra via
!

FlRDUSI, Vni.

11


Da

nostre tende ci apprestammo,

Scelse Nestd, un

Ma

162

uom

duce

il

d'altere voglie,

senza trama e senza ordito in sua

Anima

trista, ond'ei

Tremila

con cavalieri,

forse, quali in

giorno d'armi

Resister ponno, dietro a noi venisse

Forte correndo. Or
Al termine segnato

Menar

sapr.

Ma

io,
il

che

tosto

Rapidamente

Strinsero

vegga,

voi le cinghie intanto

A' cavalli stringete e l'ampie


Tutti serrate.

il

viver suo

le

file

cinghie

cavalieri allora.

Le indiche spade strinsero nel pugno,


Gittr le fiamme entro al canneto, quelle
Genti ivi accolte scompigliando. Tutte
Bruciar le canne in questa parte e in quella,
Quei giacque ucciso e questi arso restava.
Ma Behrm battaglier, tosto che vide

Nestd venirne,

Le

al rapido destriero

briglie abbandon. Tolse di sella,

Entro a le spire del suo laccio attorto,


Il suo nemico ed i suoi prodi intanto
In guisa turpe gli avvincean le mani
Con vincoli dolenti. Oh! la sua vita
Ghiedea Nestd. Signore inclito in armi,
il mio sangue
Versar? Del mio destin crudele e tristo
Abbi, signor, piet! Deh! non uccidermi,
Per ch'io poi ti preceda in ogni loco
Forte correndo, poverello umile
Addetto al tuo servir.
Trovar sul campo

Dicea piangendo, a che vuoi tu

un uom quale tu sei,


Behrm gli disse, unqua non ebbi caro.
Reciderti non vo', che onta avre' io
Della battaglia

Se a te simile un cavalier disceso


Fosse con meco a contrastar, la

testa.


Ma

tu,

poi

163

che scampato

Ratto sarai, va

forte,

alle

mie mani

e ci che visto

Hai qui da me, narra a Khusrv.


Cotesto
Ratto che udia Nestd, baci la terra

benedisse al cavaliere assai.

Da quella selva
Behrm allor con

fino a

Rey ne andava

suoi guerrieri in armi,

D'inclit'orme quaggi. L s'arrestava,


Prendea riposo e ne partia, movendo
Rapido e fiero al principe di Cina.

XXIV.

Il

campo

di

Behrm

distrutto.

(Ed. Cale. p. 1945-1946).

Ma di rincontro al mesto campo scese


L 've gi stette con le sue falangi
Behrm guerrier, Khusrv illustre. Tutto
Alla rapina abbandon quel vallo

E sportello ricolme e diademi


Alle sue genti dispens. Balzava
Indi sul dorso a

Accinto a dir
Eragli

un

un rapido destriero,

le preci sue.

Dinanzi

loco abbandonato e tristo,

Ed egli a piedi vi scendea per quella


Sua nova intenzion. Quivi, dinanzi

Dio signor, prostravasi alla terra

dicea:

Deh! Signor, giudice santo,

me sollevasti incontro
Al mio nemico e di favor misura

Dal nudo suol

Or qui son io
Adorator di te, servo non degno,
Al tuo precetto, almo Signor del mondo,
Camminante conforme.
E di l venne

Nell'opra tua passasti

A' suoi recinti, ed appo lui recavasi


Un

164

suo fido ministro. Ivi precetto

F' che venisse

regio scriba innanzi,

il

Scritta per lui su rilucente seta

Una

epistola sua. Di quante cose

campo accadean

In quel

Un cenno

al

dell'aspra guerra.
greco Imperator scrivea

L'iranio sire, e benedisse in pria


A.1

Giudice del

ciel,

da cui vittoria

Ebbe e fortuna e militar valore.


Scrisse poi: Da Colui che il mondo fea,
Ogni favor vi d'io nel mio secreto,
Ch'io venni gi con le mie squadre al tempio
D'Azergashspe

in corsa e

Di mia vendetta disioso.


S m'incalz

ne

ne tornai
quei

la battaglia

orrenda.

Che angusto era per me del pugnar seco


Lo spazio. Ma poich noi proteggea
Iddio santo dal ciel, quel fiero vampo
Ratto

si

spense e tacque ogni scompiglio.

Cos, quand'ei trovossi

D'aita e

Ferme

non restar

le

ed orbo e scemo
sue falangi

sul loco, all'alba del mattino

Rapidamente se n'and fuggendo.


Noi disperdemmo sue restanti schiere
Tutte d'un tratto e suscitammo il fuoco
Nel vasto campo suo. Noi, per precetto
Di Dio vincente, ogni suo varco intorno

Anche sbarrammo a

lui.

Posero

Suggel di prence su quel


I messaggieri si prendean

Con quel

foglio del sire,

allora

foglio, e tosto

la via.
il

messaggiero

Del greco Imperator nobile e illustre

Andavane a

la reggia. Alto dal trono

Poi ch'ebbe letto

Gi ne discese,

ei

il

greco re quel

foglio,

principe e signore

Di vigile fortuna, e cosi disse

Dio dinanzi

165

Duce

de' mortali,

Eterno sempre se' al tuo loco! Al tuo


Servo donasti la vittoria, e quello

Ben

sei tu

che solleva e umilia e atterra.

A' poverelli ei dispens monete


In copia allora e cibi anco die attorno

A some

di

giumenti, anche a quel foglio

Risposta scrisse, bella quanto ancora


Di paradiso un nobile virgulto.
Di quel suo foglio al cominciar, di Dio
Ricordo ei f', di Dio, re di vittoria,
Signor di maest, d'alta giustizia.
Della luna signor, signor del sole,

Sire di forza e di possanza. Questa

Grandezza

quest'inclita fortuna,

tua,

Tu

da Lui riconosci e in verso a Lui,


Fin che vivo sarai, d'animo grato
Mostra la prova. Sol leggiadre e giuste

Le cose tue farai pel mondo, in parte


Secreta e in parte manifesta, sempre.
Una corona ch'egli avea, ricordo
De' prischi Imperatori e qual serbava

Per tempo

che venir doveagli

in

all'uopo.

Una real collana e due pendenti


E mille e cento vesti aureo-dipinte,
Egli inviava. Di

Some eran cento


Grande

di

Una croce

monete d'oro
di

cammelli e copia

perle e di rubini.
inviava, in

Ancora

gemme

fulgide

Tutta fregiata, e un trono che coperto

Era

gemme

di

Intesta d'oro

Fulgida

Con

a'

imperiali; e v'era

una tunica verde,

lembi suoi d'inclite gemme.

questi doni e con sue ricche offerte

Intorno da gittar, quattro

ne andavano

Filosofi di Grecia, e tosto incontro

166

Loro inviava re Khusrv suoi mille


Nobili cavalier d'inclito pregio.

Appo Khusrv ne andavano que' grandi,


Ne andavan tutti co' novelli doni,
E Khusrv che miravali ed il foglio
Imperiai leggea, meravigliava

Per

tal ricchezza ingente. Ei disse allora


Al suo ministro: Queste, in gemme ornate,

Vesti di Grecia a costume di quelli

duci de' villaggi Persi

Incliti

Non son

conformi, ch'elle son di foggia

Di cattolica gente. Or, se la croce

Risplender sa queste nostre

Costume

Che
Che

fia di tal

vesti,

che ha fede in

non vesto questi panni,


invi, ne andr cruccioso

s'io
li

Altro di

me

Fa

li

ch'io

Ma

far pensier.

vesta, e

Cristo.

il

sire

e forse

intanto

principi famosi

una voce diran s che forse,


Per cosa alcuna, si rivolse a Cristo
De' popoli il signor, da che si vede

Tutti a

Cinto e ricinto da coteste croci.


Disse a

Non

Khusrv quel suo ministro: Forte

reggesi la f per vestimenta,

Signor d'Irania. Addetto

se' alla

Di profeta Zerdsht, anche se

fede

un vincolo

Or ti congiunge a' greci Imperatori.


La regal vesta egli vesti, sospese
Alta sul trono la corona sua
Di

gemme adorna

Fosser levate

e cenno

le cortine e

Introdotti nell'aula.

f'
i

Entravan

Irani e Greci e a questi in

che ratto

prenci
tutti

mezzo ogn'altra

Gente pur anco. Ma qual era in essi


Ricco di senno e pur vedea la vesta
Dell'iranio signor, ch'egli segua

167

Del greco Imperator consigli e cenni,


Ratto s'avvide. Ogn'altro disse: Oh! forse

Che
Si

mondo

in suo secreto questo re del

f"

e di sua f seguace?

di Cristo

XXV. Alterco

Niyts

di

Bendy.

e di

(Ed. Cale. p. 1947-1948).

Al d che venne,
Prence Khusrv e

Gav

Venne

Grecia

di

allor

a quella

Niyats

mensa

Co' filosofi greci

le

Khusrv e
tutti

co'

trono

il

corona

imbandir

elli

volse re

si

Vanne, e

adornarsi

pose in fronte. In un giardin

Si

Ornato a festa

f'

la regal

rose

di

mense,
disse:

prenci aduna.
Greci eroi,

tutti assiser quivi

e allor

che scese

Prence Khusrv dal trono suo regale,


Con quella veste in greca foggia, adorna
Di molte gemme, con regale incesso
L sorridendo venne e si sedette
Alla mensa regal. Bendy allora.
Delle verbene col fastello in pugno.

Venne d'un
Che son dei

tratto, e
re,

Supplici detti a

incominci

le preci,

quel principe del mondo,

mormorar

si

accinse

Sommessamente. Niyats che vide.


Lungi

pani scagli,

si

trasse a dietro

mensa regal nel suo disdegno


E disse: Croce e mormorar di preci

Da

la

Insiem confusi? Vituperio questo


A Cristo re pel greco Imperatore!

Ma Bendy

che vedea,

la

man

riversa

Batt, di sopra da le apposte mense,


Contro

la

168

gota di colui, di croci

Adoratore.

si

crucci di questa

Opra che vide re Khusrv e quale

di fiengreco

Impallid.

il

scialbo fior, nel volto

Deh! che cotesto eroe

Che non ha senno, a Gustehmme ei disse.


Mai non dovra fra liti e fra contese
Bersi del vin! Qual mai contesa egli ebbe
Col greco Niyats? Davver! che poco
S stesso ei cura in facile litigio!
Ma Niyats usc a di l. Balzava
Rpido in sella e andavano al suo campo
Ebbro quasi dal vin. Per far battaglia
Il greco usbergo ei si vesti, la cena
Per rovesciar di re Khusrv, e seco
Tutti di Grecia, di pugnar bramosi.
All'ostello regal volsero
I cavalieri.

il

volto

Niyats intanto

Rapido come nembo un cavaliere.


Di greco sangue, di Khusrv speda
Alla dimora con tai detti: Oh! dunque

Bendy codardo con

la

man

riversa

Ogni fedele a Dio batte a le gote!


Mandalo, o prence, a me; se no, vedrai
Alto scompiglio di tua gente. Allora

Pi innanzi a

me

tu piegherai di quanto

Piegasti innanzi ad

Di re dei regi

l'alto

un tuo

servo, quale

seggio agogna.

Khusrv come ascolt, n'ebbe disdegno


disse
Fede in Dio celar non vuoisi
Da ninno in terra. Da que' giorni antichi
Di Gayumrs e di Gemshid al tempo
Di re Kobd, niun f' ricordo mai
Di Cristo, e non sia mai che de' miei padri,

Principi eletti e santi, io sprezzi

il

rito,

Passi alla f di Cristo, e le mie preci

169

Sedendo a mensa mormorar non

Che

Fatto a Cristo fedel.

Computo

fai,

voglia,

se tu stesso

sappi ch'io pur de' Greci

Vidi quanto valor nel di dell'opra.


Io la contesa di cotesta gente

Khusrv Maria.
ha la cervice,
veggano ancor mirando

Assopir, disse a

Bendy
Perch
I

che altera
il

greci prodi, e incolume

il

affidami,
al viso

ritorni

te da presso. Non cerc litigi


L'iranio prence
Stoltamente nessun.

L presso a Niyats Bendy mandava


Con dieci cavalier; Maria pur anco
Andavane con lui, donna avveduta.
Di cui le labbra nobili consigli

Avean pur sempre. Vanne or


Prence Khusrv, ed

tu, le disse

al fratel del

tuo

Inclito genitor cosi favella:

malaccorto, qual contese agogni.

Tu non
D'Irania

vedesti ci che fece al sire


il

gr^co Imperator con sua

Alta grandezza, con battaglie ed armi,


Con alleanza e vincolo di sangue.

Con ricchezze e con uomini e tesori


Adorni e pieni. E tu que' patti e il vincolo
Di sangue infranger vuoi, del greco sire
cacciar la maest. Ma udisti
Dal greco Imperator che alla sua fede
Non fia ribelle re Khusrv, tornato
In suol d'Irania; e non sai tu che mai
Dall'antica sua f l'uom che nutrito

Da me

Fu

A
A

ne' Persi villaggi,

dietro?

la

che gittando vai?

Al sen

Non

ti

stringi di

dir parole

non

ritornasi

parola e stolta e

Ma

folle

tu piuttosto

Bendy

la fronte.

che toccar non ponno

170

Uman

core pi mai, del greco sire


L'opra e la cura non sperdere al vento,
E mai non sia che ricordar tu deggia
Inutilmente ogni consiglio mio
Maria,

come ne venne

Tutte ridisse

al

prence greco,

le parole, e intanto

Qual rosa fresca

si

tingea la gota

Di queir inclito in armi. Ei di Maria


Il priego accolse ed il consiglio, e frutto

Ebber

di lei

parole acconce. Allora

Egli in cor s'ammollia per l'atto fiero

Di principe Bendy,

che vergogna

Di rimirarlo in volto avea.


Ch'egli

'1

Ma

ratto

rivide, in pie levossi e chiese

Dal guardian del suo tesoro un forte


E nobile destrier. Sorrise alquanto

E gli f' inchieste e gli f' doni, e poi


Ambo a prence Khusrv si ritornarono.
Come rivide Niyats, gli volse
Questi accenti Khusrv: Cor stolto e vano
Mai non cercasi il ben. Nulla cerca vasi
fuor che scompigli e alterchi,

Bendy guerrier

Ma

tu angusto

non

farci e tetro

il

mondo

Del greco sire

Per cagion
Per impeto del cor l'opra e la cura
Tu non sperdere al vento e qui rimani
Perch alcun tempo letiziar con teco
di costui.

Qui possiam

noi,

ch'io son trafitto

al

core

Del genitor pel sangue sparso e cinto


Di grave affanno ho il fianco mio. Di voglia
D'alta vendetta

ho gonfio

il

cor per questo

Bendy malvagio e contro a

Ho

piena

si

lui la

lingua

d'acerbi detti assai,

Imprecanti a costui.

Ma

se per questa

male ei favella.
Da l'uom ch' stolto, non <iercar saggezza.

Religi'on eh' sua,


Almo

171

mondo, a

signor, prence del

lui

Rispose Niyatis, non cercar senno


In

uom

Grecia ebbro dal vin.

di

Tu adopra

In quella f degli avi tuoi tua cura,

Che a sua

non

religion

Chi saggio e accorto.


D'arabo

Al

il

sermon

campo suo

f'

si

ribella

Poi che in

tal

soggetto

dilungava assai,

si

N3^ats ritorno.

XXVI. Partenza

dei Greci.

(Ed. Cale. p. 1949-1951).

Cenno a Kharrad-Berzn f' il prence allora


E disse: Un loco a numerar gli eserciti
Appresta omai, degli

Le

scrittoi tu appella

genti qui. L'esercito de' Greci

Annoverando, giovinetti e vecchi


Tutti contar ti piaccia. Anche due volte
Darai stipendi de' tesori miei
Agli armigeri Greci, onde non veggano

Per quelli
Rancura nostra nel donar.
Che degni eran fra lor di regal vesta.
ad opre famose in giorno d'armi,
Ricche vesti apprestar l'iranio fece
E nobili destrieri in quella sua
Atti

Inclita reggia ricercar. Di

gemme.

Di cavalli e di schiavi aureo-succinti

Tale

ei f'

un dono a Niyats, che

il

dono

D'ogn' altro regio donativo assai

Misura oltrepass, pass


De' prenci

tutti.

le

le citt

norme
che un giorno

Grecia tolse re Kobd, e quelle


si togliean Hormzd e Ksra d'alto

Che

nobile natal, tutte egli rese

172

Niyats e ne descrisse il patto,


Miele infondendo in una coppa, d'atro
Veleno infetta. Verso Grecia allora

Andavano

gli eroi di

greco sangue,

Alla terra ne andavano fiorente


e gaia. A stazioni due
Venia con quelli re Khusrv d'altera
Fronte levata, e dato un dolce addio

E amena

Niyats, a dietro

si

tornava.

La settimana che segui, levossi


Con dieci cavalier, quali avveduti
Erano e accorti e amici suoi. Dal campo
D'Azergashspe andavane

Miravane

al

delubro,

regale

la volta e dal

Palafren discendea. Cosi ne venne

con occhi lagrimosi e tristi,


le gote sue com' talvolta
Pallido il sole; e come giunse accanto
Al sacro fuoco, gli velar le lagrime
pie,

Smorte

Ambe
Il

le gote.

Zendavesta

Sette giorni e sette


egli leggea, dattorno

Al sacro fuoco, in umil


Ei s'aggirava, e

al

atto,

ancora

giorno che segua

Dopo que' sette, poi che gi vicina


Era la festa di Sadh, sen venne
Fuori dal tempio e die alla sacra fiamma
Ci che promise un di, conforme a detti
prenci suoi.

Ch'ei disse gi dinanzi

a'

D'oro e d'argento e di

gemme

Di monete e di

Ampio

f'

gemme

un dono

e die

pregiate,

imperiali,

monete

ai miseri.

Si che nessun per quella terra attorno


Rest non pago. Di l venne poi
D'Endiv alla citt, perch'egli parte
D'alcuna gioia avesse mai. Quel loco
Era il confine del deserto e niuno


Ben conoscea
Qual

173

di quella terra

Che Nushirvn

si

un

fece

il

pregio

dimora

fosse inver. Nell'inclita


di,

've molti

Giorni sereni avea trascorsi, un nobile


Soggiorno a re Khusrv le genti sue

Ordinarono intente e v'apprestaro


Un aureo seggio. Di l venne e assise
Dell'avo suo sul nobil seggio, ei principe,
Khusrv-Pervz, dell'ampia terra, a Dio
Caro e devoto. E comand che ratto
Ascendesse

lo scriba al

suo cospetto,

Venisse, consiglier per dargli aita.


Il

sacerdote. Per gl'Irani allora,


norma di regnanti prischi

Qual' era

di nobili prenci, ivi notaronsi

Editti molti, e presiedeva all'opra

Bendy

illustre, ei d'ogni

cosa esperto

di nobil consiglio e saggio molto.

Tutta donava Khorassn

A Gustehemme

il

prence

e precetto gli fea

L'antiche leggi e di giustizia l'opre


Di rinnovarvi, suo ministro in tutte
di nobil seme,
che questo cielo
suo deso conforme

Le imprese sue Burzmhr,

scriba esperto.

Che

alto si

muove,

poi
al

Cos ne andava, Darab-ghrd provincia

Ed Istakhr egli donava ancora.


L'aureo suggello a quel decreto appose
rapido il pos ne la man destra
Di Ram-Berzn e cenno f' che tosto
Il recasse a Shapr. Giovani schiavi

Anche

affidgli e splendida

una

vesta.

Altro decreto, qual de' prenci

Che

si

recasse ad Endin,

f'

norma,

cenno

Sire Khusrv, che la citt leggiadra

Davagli

di

Kirmn,

lui

noverando


Fra

prenci. Un'altra terra ei dava

gli altri

Gherdy

174

ponea sul foglio


L'aureo suggello, ed a Baby ancora
Di Giaci attribuendo le castella,
A.

battaglier,

Con un trono d'avorio il regio editto


Si gli inviava. Annover pur anco
Le chiavi tutte de le porte attorno
De' suoi tesori e di Tokbreh al figlio
Tutte

affid. Fatto cotesto, il nobile


Signor del mondo volse a grandi e servi

comand che ognuno


Qual fosse prence, obbediente al cenno
Di Kharrd fosse di Berzin, che libero

Gli sguardi attorno e

Fosse e disciolto di Kharrd precetto


Pel mondo attorno e scritto il nome suo
Sovra gli editti. A quanti poi con l'inclito
Iranio prence rimanean fedeli

pugna nel

Della

Ei porse in

veste regale

d,

dono e a governar castella

terre gli invi nella sua gioia.

Facondo banditor di bella voce,


Di vigil core, e grande in quella terra,
servi al nostro sire,
Ne andava attorno.
Dicea, del

Non

mondo

reggitor, sue lodi

faccia alcun di voi, fuor

Opere

giuste.

Non

si

che per sue

cerchi alcuno

Vendetta, sangue mai non versi, e guida

Non

facciasi

ad alcuno all'opre

Che se lagnasi alcun


Ed bassi da qualcun
danno,

Offesa

il

d'esti guerrieri

violento e reo

Nulla s'avr fuor che

Per loco

Ognun

lui

confitto palo
il

cruccio

di voi signore

quanto ancora
s'accumul con sua fatica.

de' tesori suoi, di

Per

un

suo, nell'altra vita

Del fuoco ardente.

triste.

de' servi miei


Per voi
Ite

175

goda, e ci che avete, attorno

si

donando, e chi

di voi

non have,

A chieder venga. Son tesori nostri


In tutte le citt, per cura intenta
Degli avi nostri accumulati, ancora
Per nostro

che dicemmo

faticar, si

Al tesorier che vesti e cibo ancora


Ei doni a chi non ha. Quando fa d'uopo

D'alimento ad alcun, prendasi ed aggia


All'alba di quel d da' tesorieri

Tre misure

di

grano

Cosi, di tal signor

al

per

suo bisogno.
la giustizia,

Qual superno paradiso il mondo


S'addimostrava, e benedir si vuole
A re Khusrv-Perviz. Che se v' un prence
Di tal costume, d'un eh ' dotto ed empio.
Migliore ei

fia d'assai,

quand'egli canti

Dio sue lodi, e a far pi bella e

amena

Quest'ampia terra ponga industria e cura.

XXVII. Lamento

di Firdusi

per la morte del

figlio.

(Ed. Cale. p. 1951)

Son passati di me cinque e sessanta


Anni fugaci, e ch'io la man distenda
A ricchezze, per me pi non bello.

Che s'io de' miei consigli alcuna parte


Non mi prendessi, al morir del mio figlio
Continuo penserei. Tempo era mio
D'andarne, e se n'and quel giovinetto.
Si che per suo dolor son io qual corpo

D'anima privo. Or io m'affretterei


Per veder se il trovassi, e se il trovassi,

lui direi

rimproverando:

Tempo

176

Gli era mio dell'andar; senza mia voglia


Perch mai te n'andasti e il mio riposo

Portasti teco? Eri tu a me l'aita


Ne' mali miei; perch lontan da questo
Vecchio compagno tuo altro viaggio

Cos cercavi

Forse che compagni

Giovinetti trovasti, e per tosto

Da me

fuggivi? . Allor che trenta e sette


Anni gi si compian del giovin figlio,
Parve la terra non trovar conforme
Al suo deso, s che ne and soletto.
Aspro fu meco in ogni tempo, meco
Ebbe corruccio e mi volgea le spalle.
Cosi ne andava, e qui lasci dolore
E grave affanno; questo cor nel duolo

Sommerse e gli occhi miei pose nel pianto.


Ed ora ei venne ad un'eterna luce.
L 'v'egli appresta al padre suo dolente

Un

ben lunga
compagni miei
tornava alcuno. Or veramente

loco eletto. Si volgea

Stagione in
Di

Gli occhi

il

ciel,

figlio

de'

me

volge; egli del lungo

mio tardar mesto e cruccioso.


Cinque e sessanta gli anni miei, di lui
lento

Trenta soltanto e sette ancora! Ei nulla


A questo vecchio dimand, ma lunge
Soletto

si

parta, rapido e in corsa.

Io tardo e intento ad aspettar qual frutto

Verr da l'opre mie. Ma splendiente


Renda l'anima tua l'Eterno in cielo,
Difesa all'alma tua faccia l'Eterno
io da quel supremo
Giudice chieggo ch' Fattor del mondo,

La tua saggezza! Ed

Da Lui

sostentator, santo, di nostro

Cibo dator ne' giorni nostri in terra,


ti perdoni le tue colpe e renda
L'oscura stella tua fulgida in alto!

Gh'Ei


XXYIII.

177

Behrm presso

il

principe

di Cina.
(Ed. Cale. p. 1952-1954).

Lunga or dirami una

stori* e

mi racconta

Imprese di Behrm, com'egli giunse


L, di Turania alle citt, di Gina
Presso il monarca e a' prodi suoi.
Venino
Incontro ad esso cavalieri eletti,

diecimila fra gli eroi di Cina,

Di vigil core. E v'era il figlio ancora


Del re di Gina col fratello innanzi.

Con ogni sacerdote, a

lui ministro

consiglier. Com'egli innanzi giunse

Al regal trono del monarca illustre.


benedisse e prestavagli omaggio

Il

Belirm Giubneh; quando


In pie lovossi

il

Q-li

il

il

vide, ratto

nobile signore

baci in fronte e con la

accarezz. Odi

f'

dimanda

man

la gota

assai

Del faticar del suo lungo viaggio,


Di sue battaglie e del contrasto fiero,
Di re Khusrv e

di

sue genti in armi,

Ized-G-ashspe e Yelan-sineh ancora


Interrog, gli eroi che ogni pensiero

Deposto avean

Come

di scontri e d battaglie.

ad un sedil d'argento,
Cina si prendea la mano
Behrm, dicendo: Benedetto sire
Principe e duca de' Turani armigeri
Che sono in Cina, ben sai tu che ninno
eouro vive per la terra attorno
Del re

si

assise

di

Per Khusrv
FiHDtisi,

Vm.

tristo e reo.

Se alcun riposa
18

178

Da sue fatiche, il punge e morde, e


Che vive quei beato ed aitante

allora

Della persona, aggiugnevi corruccio

Alto e molesto.

Che

se tu m'accogli

Qui, nel tuo tetto, e protettor

mi

sei

Nella fortuna mia propizia o avversa,


In questa terra che valor non have,

Amico deh

mi

sii,

consolatore

Nella fortuna mia propizia o avversa

Mi

sii

tu sempre. Se molestia alcuna

Ti vien da

n'andr lontano e

ci,

il

loco

Del mio riposo cercherommi altrove;

se tu a

me non

acconsenti, in terra

D'India discender dalla tua terra.


Dissegli

il

prence: Eroe d'altera fronte.

Necessit di cotal giorno mai

Non

me! Qual mio congiunto


Deh! qual congiunto? Assai

t'incolga per

Io qui t'avr.

Pi t'avr caro de' miei figli. In questo


aita questa terra mia
Co' prenci e servi, e a te dar comando

Darammi

Sugli altri duci e libero e disciolto

Fra

grandi

ti

far di qual

ti

tocchi

Alto bisogno.

Un

Buona o rea

sorte a te consolatore.

sacramento ancora
Volle da lui prence Behrm, che quelle
Eran parole, ed ei chiedea da lui
Vincol che l'alma g' inceppasse. Allora
Disse di Cina il re: Per Dio supremo.
Di me, di te guida possente, amico
Io ti sar fin che son vivo, nella

due nobili dimore


chiedean vesti d'ogni foggia. Allora
schiavi e panni e cibi eletti ed ogni
Cosa pi bella da formar giacigli.
Quanti vengono all'uopo in auro e argento
Indi apprestar

E
E

179

monete

Preziosi utensili, auree

E gemme

imperiali,

Inviava a Belirm,

L'alma sua

fosca.

il

si

De

re di Gina

ch'ebbe luce
le

mazze

al giuoco.

Agli usati convegni, alle pianure

Ove cacciar
Di Gina

il

solea,

mai non andava


lui non

prence ove con

fosse

Gotesto amico. In questa foggia ei tennesi,

Ei

di

Gina signor, sempre lodando

Behrm

guerrier, benedicendo ancora.

Era un principe

allor, del

re di Gina

Diletto amico, nelle sue battaglie

Possente aiutator. Maggior di lui


Di nascimento egli era, e Mekatreh
Il

nome

Il

suo. Gloria

mai sempre avea

Gina il re, d'ogni sua brama


compimento. All'alba egli solea

Per

lui di

Venirne

al

suo signor, ponea

le

labbra

Sulle sue dita per baciarle, in quella

Guisa che il servo omaggio rende a un inclito


Di Gina regnator, poscia anche mille

Recavasi con se monete fulgide


Tolte al tesoro di quel nobil sire,
Sperto in gran cose. Gi vedea pi volte

Behrm

guerrier, s che stupito e attonito


Al re di Gina ei riguardava; e un giorno

Sorrise e disse:

nobile signore,

Davver! che pregio hai tu dell'ampia, terra


Fra i prenci tutti! Ma vegg'io che al tempo
Ghe i tuoi raccogli qui, mille monete
Ogni mattina prendesi cotesto
Turanio prence. In cotal dono tuo

Ove d'auro qui

fosse pi d'assai

D'una miniera, destinata parte


A lui soltanto ella sara.
Costume
Tale di noi, rispose il re; cotesto

180

onor di nostra f, s che, se alcuno


Pi gagliardo fra noi nelle battaglie
E pi fermo d'assai nel fatai tempo
Della distretta, ov'ei pi chieda, nulla
Gli neghiam noi. La cupidigia sua
Muove or costui per suo bisogno estremo,
Ed egli presso a noi grado maggiore
Ha veramente e sol con le monete

Acquetarlo possiam. Che se da

lui

Togliessimo favor, ne avria disdegno

La gente

nostra e pel ribelle esercito

S'infoscherebbe

nostro di sereno.

il

di genti signor,

Behrm
Il festi

ambizioso.

donno. Allor ch' sire in terra

Taluno e forte e

Le

sovra te stesso,

gli die risposta

vigile dell'alma,

redini disciolte al servo suo

Non

abbandoni. Or, s'io ten liberassi,


Forse che grato ti saria? Ma forse
D'uopo ha' d'assai di suo fedel consiglio.
Potere in questo hai tu, disse il signore,

in cotesto desio consiglio tuo.

Tuo

l'accordo con me.

Che

se tu puoi

Libero farmi da colui, troncata

Avrai ben tu l'antica mia contesa.


Disse Behrm: Dimani a l'alba, allora
Che Mekatreh i nummi venga a chiedere.
Non gli sorrider tu, non volger gli occhi

rimirarlo aperti e non rispondi,


se rispondi, solo

il

fa

con

ira.

Quella notte pass. Venne al suo prence


Di gran mattino Mekatreh, e a lui
Di Gina il prence gli occhi suoi non volse.

Udir non parve del turanio eroe


e Mekatreh alto uno sdegno
Pel re di Cina concepia, turbavasi,
1 detti,

18i

Sbarrando gli occhi, ed a gridar si fea


Contro al suo prence: Re famoso e illustre,
Oggi deh! perch mai nel tuo cospetto
Vile son fatto? Forsech cotesto
Prence di Persia che venia con trenta
Amici suoi nel regno tuo, s'affanna
Perch tu volga da giustizia a dietro,
E tenta ancora i prodi tuoi disperdere?
Avido e ingordo, perch mai, rispose
Behrm allor, tant' mpeto dispieghi
In tal contesa? Poi che il re di Gina
Alle mie norme ed al consiglio mio
Sen va conforme e non volge sua mente
Dal patto mio ben fermo, io pi non soffro
Che ogni alba qui tu venga e a tuo grand'agio
Disperda al vento il suo tesor. Tu in questo
Ti appunti s, perch trecento hai teco
Gagliardi cavalier, perch, qual preda,

Cerchi

il

Ma

non

leone in ogni tua battaglia.

perch tu chieda al prence,


giumenti a some
Le auree monete.
Le parole sue
ci

vai,

Ogni mattina,

di

Mekatreh ascolt. D'odio e di cruccio


La sua mente s'empi per l'avventura,

con ira e con impeto distese


Ratto la mano e di compatto legno
Trasse una freccia dal turcasso. Allora,
Cosi disse a

Behrm Questo

l'interprete

Dimani,

Mira

al

alla

mio nelle

mio segno

il

battaglie.

tuo ritorno in questa reggia.

punta mia.

Behrm

che udia.

Ratto stese la man; di puro acciaio


Trasse una punta, ad un compatto legno
Infissa e ferma, e porsela al turanio

disse: Questa, qual ricordo mio.

Abbiti intanto. Vedi tu in qual

tempo

All'uopo

ti

182
verr. Dalla presenza

Del re di Cina Mekatreli usca,


Alle sue tende rapido tornava.

XXIX. Morte

di

Mektreh.

(Ed. Cale. p. 1954-1955).

L'oscuro lembo suo come ritrasse

La

notte ombrosa, quando l'alba apparve

un suo guerresco arnese

Sui monti bruni,

Mektreh

venne stringendo
Turanio ferro in pugno. Allor che
vesti,

il

seppe,

un palafren Behrm guerriero.


Chiese un usbergo quale ornar potea
Prence che regni. E scelsero tal loco
Ove giammai, per campi e per deserti,

Richiese

contrastar non discendean le fiere.

Ma

di Cina il signor, tosto che intese,


Balz in arcioni e vennero con lui,
A lui fedeli, i prenci suoi turani.

a veder qual dei due leoni agresti


furiosi pi vicin s'avria

Suo tempo

del morir. Tosto che sceso

Fu Mektreh

della giostra al

campo.

Fino alle nubi sollev del piano


Turbinosa la polvere e tal voce
A Behrm che recava alta cervice,
Mand da lungi Quale hai tu ricordo
Di marzal virt? Vuoi tu primiero
In tal giostra colpir? vuoi che sia primo
:

Questo, cuor di leon, turanio duca.

Al suo prence fedel?

Behrm

gli

Fa,

fa tu primo,

rispondea, che a tal contesa

Col tuo parlar cominciamento hai posto.

Mektreh invocavasi

l'Eterno,

183

Poscia dell'arco all'uno e all'altro estremo

Innestava

la corda. Ei quella

corda

quella freccia allegramente strinse

Nella sua mano, e come fu da lui

Tratta a dietro la punta,

E con

quel dardo

il

ei sciolse

il

pollice

cavalier nemico

Colp diritto alla cintura.

Il

ferro

Non

il

ferro

trafor della cintura

Ampio-splendente, e stavasi da lungi

Behrm per alcun tempo

e s'attendea

Che Mekatreh del pugnar stanchezza


Avesse alfin. Che morto ei fosse intanto
Ben si pensava Mekatreh, ond'ei
Alto gridava e da quel campo d'armi
Gi fea ritorno, quando a

Mand Behrm

lui tal

voce

di giostrar voglioso,

Ucciso non m'hai tu; non correr dunque


Alle tue tende.

Tu

Or resta ed odi
Che udito avrai,
Potrai tornarti.

parlasti in pria.

la risposta, e allora

se vivo ancor rimani,

Una

volante freccia

Trascelse allor di ben compatto legno,

Atta a forar nemici usberghi;

Contro

tal

il

ferro

punta era qual cera o quale

Friabil pietra, ed ei cacciolla al fianco

Dell'animoso cavalier. Davvero!

Che

sazio d'oro e di battaglie sazio

Fu

quel duca d'eroi! Chin la testa,


Pien di lagrime agli occhi, e la sua

sella,

Fatta in legno di tuz, loco gli fue


Di sonno eterno. Mekatreh, al tempo

Che

del bianco destrier balz in arcioni,

Ambo

a la sella i piedi suoi si avvinse


Primieramente, e allor ch'ei fu trafitto
Da quella punta del nemico, in sella
Rimase ancora e tentennando il suo
Belligero destrier parve correggere.


Deh! tu che

184

aneli al tuo desio, gridava

Behrm di Cina al re, costui, costui,


Che am sua gloria, chi l'avel gli scavi
Cercasi ornai

Meglio

riguarda,

prence

il

Di Cina rispondea, ch'ei dorme vivo

Sul culmo dell'arcion.

Behrm

Deh!

tu

magnanimo,

soggiunse, va sotterra omai

La sua persona! D'ogni tuo nemico


S'addormenti cosi la trista spoglia.

Come dorme
Che

di

Un

costui sul palafreno

sangue turanio un

cavaliero

il

di

nascea

principe animoso

Di Cina allor presso al leon mandava,

Famoso un

giorno, l caduto. Avvinto,

Miseramente ucciso il vedean tutti,


Dai mutamenti della rea fortuna

Omai

tranquillo e riposato. In core,

Nascostamente, ne ridea gioioso


Il re di Cina, e meraviglia in lui

Sorgea per quello, cavalier famoso

Su l'ampia terra. Alle sue case ei venne


Pensoso intanto, ma toccar le stelle
Parea col serto di regal signore.
Tanta gioia era in lui. Monete ed armi
Ei chiese poscia e palafreni e paggi.

Corone ed ornamenti imperiali,


Denari e gemme da gran re, stromenti
Di guerra, vari e assai. Dalla presenza
Del re di Gina un messaggier togliea
I

ricchissimi doni, al tesoriero

Di

Behrm

battaglier per affidarli.


XXX.

185

leone Keppi.

Il

(Ed. Cale. p. 1955-1959).

Dopo

che in

cotesto, poi

ciel passavasi

Stagion non lunga, e notte e giorno pace,

Maestra

regnava

di virt,

in terra.

Avvenne da que' di che fiere agresti


Fr viste, pi d'assai che altri si pensa,
L sui monti di Gina. E v'era ancora

Una

fiera selvaggia, assai

maggiore

D'un palafren nel

tristo corpo.

Due

sommo

negri

ciufi

Intorte funi, biondo

il

il

Avea

capo, quali

corpo e negra

La strozza e negri ambo gli orecchi. Ninno


Mai la vedea fuor che ne' caldi giorni,

quali artigli di leone agreste

Eran

del ciel le nubi

gli artigli suoi,

Passavan

gli

urli,

ed ella anco

Nelle fauci profonde

Mentre grami per

Anche
Ognun

si

lei

ai possenti di

si

le pietre

traea.

feano

giorni

quaggi. Chiamarla

solca leone Kppi, e quella

Terra a l'intorno andavane dolente.


Di Cina il prence una leggiadra figlia
Avea, qual luna, se vantar potesse
La luna in ciel due brune trecce e due
Turgide labbra di rubino e quale
Argenteo stelo un sottil naso e due
Labbra dischiuse ad un sorriso e meste
Pupille e brune. Che se mai sul capo
Raggio di sol toccavale, dolenti
E padre e madre si vedean per quella

Lor

figlia

lagrimar.

Che un giorno

uscisse


Alla

campagna

186

la fanciulla, accadde,

verde bosco attorno,


Per
cacciar, di Cina il sire
intento
a
Quando,
In altra parte da quel bosco andava
E dentro al suo castel con un ministro
aggirarsi al

Si consigliava la regina. Al loco

Giugnea frattanto dilettoso e ameno


La giovinetta con un dolce vino,

Con giovani coppieri e di gagliardi


Con altre figlie. Come lei dall'alto
Della montagna vide Kppi, rapido
Gi ne discese e

l'ingoi.

Partia

questa terra l'infelice a un tratto


repentina; il vivere terreno

Da

Tronco fu a

leggiadrissima gota.

lei,

come n'ebbe annunzio.

re di Cina,

il

Livide e fosche

f' le

guance e

il

crine

Strappavasi la madre. Ei tutto l'anno


Stettero a lagrimar per doglia acerba,

Arser d'affanno come se cocente


Li toccasse una vampa, arte cercavano
Contro l'orribil serpe, onde poi sciolta

Andasse da

Ma

tal

poich

la

duol terra di Cina.

tenzon con Mekatreh

in campo uccise
L'uom bellicoso, per vederlo andava
La regal donna ed a ciascun dicea

Fece Behrm, quand'egli

Dell'opere di
Il

lui.

Ch'ella pur vide

cavaliero, accadde

un

giorno, e cento

eran presso; ancora


Molti sergenti il precedeano e il prode
Una sua guida avea con se. F' inchiesta

Incliti Irani gli

La regal donna e disse: Oh! chi


Con tale alta persona e tal di Dio

costui

Lungi tu sei
maest?
Da ci che brami, dissele un valletto,

Inclita

187

Se Behrm valoroso anche non

sai

Di nome! Ei fu signor d'Irania bella


Per alcun tempo, e di suo serto allora

And

l'altezza a

superar d'assai

In ciel la bianca luna. Ora

Behrm gli danno


nome ei tolse di valor

D'eroe
Il

il

pi forti

nome, e invero

fra l'armi

Ai prenci irani. Da ch'ei venne in Cina


Da Irania sua, di sotto al palafreno

Trema
Il

la terra.

Il

nostro prence ancora

dice suo signor, gli pose ancora

Un diadema

su l'eretta fronte.

Dissegli la regina

Che

Oh

sara d'uopo

sotto a l'ale sue dolce conforto

Avessimo per tanto onor ch'egli bave!


Una grazia da lui veracemente
10 chieder, se pur non volge a vile
Cotesta impresa il mio signor. Costui
Forse potr da l'orrido serpente
La mia vendetta dimandar, pur ch'egli
il mio dolor,
rivolte.
imprecar
Ad

Ascolti

11

paggio

le voci

Ove

disse, al nobile

L'orrido caso

il

mie
racconti,

guerriero

re d'ogni pi giusto,

Di lion Kppi non vedrai tu segno

Pi mai quaggi, se non ucciso, allora


Che i lupi ne trarran le membra sparte.

La regal donna, come ud coleste


Parole acconce, n'ebbe lieto il core,
Disciolta and della perduta figlia
Dall'acerbo dolor. Corse e ne venne
Del re di Cina alla presenza e tutto
Quivi ridisse ci che vide e intese.
Disse di Cina il re: Sara cotesta

Onta e vergogna in loco ov' pur sempre


Un cavalier quale son io. Se detto

188

Sar per noi che leon Kppi un giorno


La figlia mia si divor, fia questo

mia casa in vituperio. E quegli


Davver non sa che l'orrido serpente
Anche un monte di ferro col pestifero
Alito tragge a s. Ben che di prence
Inclita sia la figlia, pur di prence
Gara la vita.
Oh! la vendetta mia.
La regal donna rispondea, per quella
Della

Ch'era pupilla agli occhi miei, dimando!


Sia di me gloria o sia vergogna, tutto
10 ridir perch il desio si compia.

Anche lungo su ci tempo si volse,


Ed ella nascondea quel di vendetta
Amor feroce a tutti. E fu che un giorno
Fece una festa il re di Cina e a tutti
Diede l'accesso i prenci suoi. Mandava,
E fatto invito a Behrm battagliero,
Sovra un trono d'argento, allor ch'ei venne,
11 f'

seder.

Ma come

dietro ai veli

Delle sue stanze ud le voci allegre


L'inclita donna, rapida si

Behrm
Laudi

mosse

gagliardo a rivedere. Assai


fece e

gli

il

benedisse ancora

Per te sian fiorenti


Cina e Turania! Or da te illustre chieggo
Un mio desire. Al mio deso propizio
E amico deh! tu sii!
Tuo gli il comando,
In questa foggia:

Behrm

le disse,

In ci che chiedi.

tua la possa e

la

il

velie

regina disse

Di qui non lungi un dilettoso

loco.

Atto a tripudi. Al verde loco, giovani


Di Gina, al cominciar di primavera,

Fanno una

festa.

Ma

pi in su di quella

Foresta verde, quanto un trar di freccia,

Tu

scorgi

un monte pi che pece

assai

189

e tetro. Su quel monte un drago,


Onde pur sempre da sventura colta
Questa terra di Cina. Egli un leone

E bruno

Ch'io Kppi dico, n

Nome

conosco.

di lui

Ma una

diverso

mia

figlia

Ebbimi gi dal principe di Cina^


Tale che il sol rendeale omaggio. Un tempo
A quel loco di festa ella ne andava
Dalle sue stanze, quando il prence nostro
Alla caccia scendea con una scorta.
Discese allor dall'orrida montagna
fiero mostro e dentro a le sue fauci

Il

La

figlia

Ad

ogni cominciar di primavera,

nostra

si

traea. Frattanto,

And

a quel loco dilettoso e bello


re di Cina per sue cacce, e ninno
De' robusti garzoni in questa nostra

Il

nessuno

Citt rimase, degli eroi

guerra qui rest, ma tutti


Da leon Kppi truculento e fero
Ebbero morte. Disert quel crudo
Incliti in

La

nostra terra

fiorente.

Cavalieri belligeri ed

Atti a grand' opre, molti

Correndo

Veggon

E
E

il

al

monte.

Ma

nno

il

saliti

quand'ei da lungi

l'artiglio dell'orrido

petto e

Eppure

eroi,

drago

dorso e la cervice e

il

capo

orecchie, e allor ch'ei rugge e freme,


D'ogn'uora guerriero il cor si fende. Oh! quale,
l'irte

Qual mai tigre o leon truce o in acque


Temuto alligator che di tal mostro
Timor non senta? E non ardisce alcuno
Muovergli incontro, ov'ei de la sua sorte

Computi
Disse

casi a lui propizi o avversi.

Behrm

Andr, vedr pur

lei:

Dimani,

all'alba,

io quello di festa

190

Loco temuto. Gol poter di Dio


Che ci d forza, Creator superno
Della luna e del

Loco

di festa

Ratto che

il

sol,

Quando mostrossi
De la pallida luna,

Le brune

quel dilettoso

sgombrer dal serpe,


primo albor la via ci

additi.

in ciel l'argenteo disco


allor

che

sciolse

trecce sue la notte ombrosa,

Gli eroi di Cina

si

Ne andavano

sperdean.

Ebbri dal vino, e ognun si ritornava


Da quel loco di festa al suo soggiorno.

Ma

quando apparve maest del

Fulgido in alto e

le

sole

sue trecce attorse

La notte bruna, un suo guerresco arnese


Behrm s rivesti, fidata^ in Dio
La dolce

E
E

vita. Ei

port

un

laccio e

un arco

cento frecce di compatto legno

con due punte un'asta lunga, fiere

Atta a colpir.

Come

sen venne al monte

Alto e dirotto, che tornasse a dietro


De' suoi la scorta comand.

Ma quando

lon

Il

nobile guerrier, detto tu avresti

Che

si

trov pi accanto

soltanto per lui tutta adombravasi

L'alta

Kppi

montagna. L'armi cinse

il

prode

tra le rupi e con l'attorto laccio

Balz in arcioni. Soffregando


L'arco suo forte e rilegando

in pria
il

Iddio chiam dator di grazie e

nervo,

un

fiero

Grido mand, su la ronchiosa pietra


Pos la mano e da la roccia dura.
Della mano al toccar, fuoco schiantava.
Entrava allora in una fonte chiara

Leone Kppi. Dentro all'acque sue


S'avvoltolava, indi n uscia, che quando
Erano molli dell'orrendo serpe


Gl'ispidi peli,

Feano

191

nessun danno a

lui

dardi d'alcun. L'orribil drago

Allor s'avanza e gi desia quel prode

Entro gittar ne

la

profonda strozza,

Quando una freccia di compatto legno


L'uom valoroso vibragli di contro.
Davver! che sazio delle giostre sue
Fu lion Kppi! Un'altra freccia ancora
Behrm al capo gli avvent diritta,
Si che qual'onda l'atro sangue usca
Per la bocca dal petto. Ei ben vedea
la belva e l'impeto e la possa,

Qual de

Onde

ratto

una terza

e cuspidata

Freccia scagli contro agli

E quarto

il

artigli suoi

laccio sciolse poi. Balzava

Rapido allor su

la

montagna

eccelsa,

belva in mezzo al petto


L'asta avvent, si che le pietre attorno
Andar di sangue intrise. Il valoroso

di l

de

la

quel corpo immane


due divise e il capo
D'un colpo ne tronc. Qual cosa vile
Abbandonando il lurido carcame,
Gi calessi dal monte e al re di Gina

Trasse la spada

allor,

Del fero serpe in

Venne con

fiero incesso e lieto in core.

Di lion Kppi a raccontar l'impresa.


Ma gi salito al dilettoso bosco

Era

di

Ambo

Cina il re con la sua donna,


correndo a concitati passi

Della montagna al vertice. Levossi


Voce di gioia fra gli eroi di Cina,
Si

che fendersi

Detto avresti

A Behrm

la

al grido alto e

sonoro

terra. Ei benedissero

battaglier,

gemme

con oro

Gittrgli in copia, e al petto suo frattanto

Forte

il

serrava

il

re di Cina; sempre.

192

D'allora in poi, sire chiaraollo. Al regio

Albergo suo come


Di Gina

il

si

rese ancora

prence, messaggier scegliea

Cortese e dolce e di cofani cento


D'auree monete da' tesori suoi
Inviava un suo dono e vesti ancora

giovinetti paggi e cose assai

Anche
Il

in

meno ed

in pi.

regio scriba, anche

f'

Che a

cenno, e

lui venisse

un

inclito

Editto ivi notar su rilucente

Foglio in seta cinese. Ecco

una

figlia

principe Behrra concesse allora

nobil sire, perch in Gina il suo


Soggiorno egli fermasse e la sua sede,
Poscia una vesta, quale pur costume
Il

Di quella terra, gli apprestar, per lui


Molte celate e molti cinti chiesero.
A ogni duce d'Irania, il re gli disse.
Ove degno ei ne sia, questo tu dona.
Di Behrm, da quel giorno, altro non fue
Gura
pensiero che cacciar per boschi

E prender cibo; niun corruccio in


Pel tramutar della fortuna, e tutti
Di Gina i cavalier d'altero capo

lui

Deso pungente di Behrm nel core


Avean pur sempre, e de la gente ognuno
Gosi dicea: Noi

Per

ti

siam

servi, noi

te siam vivi su la terra.

Behrm godea

Facea pur anco, e a


Ogni abitante

Intanto,

la dolce vita e doni

di

lui

benedicea

quel loco estrano.

193

XXXI. Lettera
al

di re

Khusrev

principe di Cina.
(Ed. Cale.

1959-1962).

p.

che annunzio venne

fu cotesto fin

In .suol d'Irania, de' gagliardi al sire

Fin che annunzio tocc Regno e tesori


Ha Behrm pi di te, n per averli
:

Pien d'affanno e doglia


Ebbe rancura.
re Khusrv per tal pensiero e afflitto
Per l'opre di colui fu il mesto core.

Fu

Gonsigliavasi allor co' prenci suoi

favellava e opinion dicea

Di varie cose e per la notte oscura

Anche

indicea che

il

regio scriba a lui

Venisse ratto. Qual di freccia punta,

calamo

Egli aguzzava al

la

punta

un'epistola sua di Gina al prence

Ratto scrivea. Deh!


Detto avresti,

gli

si,
il

quale un pugnale,
calamo scorrente.

A Dio signore, unico in ciel, f' laudi


Primieramente, ch'Egli guida a tutte
Opre leggiadre, almo fattor del sole
E de le stelle e della luna, in trono
Qual pone i regi a governar. Chi male
Cercasi in terra, Egli castiga, e accresce
Divina maest eh' de' regnanti.
Ei di nostro saper, di ci che ancora

Non conosciam,

dell'opre giuste o ingiuste,

D'ogni difetto e

mancamento

Conoscitor

si

in noi,

mostra, Ei che nel cielo

Unico vive, ch'Ei non ha compagno,


Non ugual, non consorto. 11 ben raccoglie
Chi del ben f' ricerca. Oh! mai non viva
FiMusi, Vni.

13

194

Quei che a male operar

Ma

la

man

f'

presta!

chi scelse di Dio retto sentiero,

Ben

vuoisi che rifugga da pensiero


D'animo ingrato.
E di Behrm-Ciubineh

nome

Il

poscia ricordava (mai

Compiuto il suo deso costui non vegga


Per l'ampia terra!): Avea l'iranio prence

Un

servo ingrato, sconoscente al sire,


Sconoscente a l'Eterno. Era un fanciullo,

E nome non
Ed

allevollo

avea, non voglie oneste.


il

padre mio nel tempo

Ch'era propizio.

Come

Educossi costui,

f'

ci

il

re del

che a

mondo

lui

Ben s'addicea per sua natura. Intanto,


No son pel mondo l'opre di cotale
Nascoste inver tra principi e tra servi.

Non

l'accoglie chi

Grado

accolto

in virt.
si

ha pregio, o chi d'eccelso


Presso di te sen venne,

l'hai tu, la

man

gli

hai preso

un gran prence. Or qui nessun cotesto


In uom ch' giusto, pensa mai, n in questo
Qual

di

10 m'accordo con te. Dimenticasti


Forse l'opre di lui, quando cruccioso
N'andasti si per suo disdegno, allora
Che molto ei ti colpi con una sferza
A sommo il capo? Ci davver non piacque
A niun de' tuoi Ma tu non di tua gloria
Senza frutto lasciar, non di tua pace
A Behrm dare a prezzo. Allor che questo
!

Mio regal foglio ti sia dato, pensi


La fosc' anima tua. Che se quel servo
Co' ceppi intorno al pie m'invierai,

Di molta aita sarai largo a noi.

Se no, d'Irania mander d'armati


schiera ed in turania terra

Ampia una
11

giorno infoscher sereno e chiaro.


Come

A
A

Khusrv

di

detti intese,

Dimani

giunse quel foglio

Ratto ch'ei
I

195

Come

re di Cina,

al

pur fossero

quali

tu verrai

all'alba, e disse al

messaggiero,

questa reggia, la risposta chiedi

Andava il messaggiero
questo foglio.
Pieno d'affanno il cor, n in quella notte
Ebbe sonno o quiete. Ei l si tenne
Fin che rivide fulgida la lampa
Del nuovo d, s ch'ei torn correndo
Alla magione del signor di Cina.
Il

re di Cina uno scrittor d'epistole

Si prese allor

con nero muschio e calami

con fogli cinesi in seta candida.


Rispondendo ei scrivea: Laude da principi
Epistola
A Dio creante da me servo
Di te gi lessi, aggiunse poscia, e assidermi
!

Innanzi feci

Che

a'

il

messaggier. Davvero

servi tuoi per questa via favelli?

non s'addice
non riconosca prence
Per principe qual , che in servii loco
Seder non faccia chi gli servo! Mie
Cina e Turania in ogni lor confine
E diadema fra gli Heytli ancora
Son veramente. Da che vissi, tale
Non son io che le leggi e patti infranga,
E tu con meco non gittar cotesto
Parole insane. Poi che in man mi presi
La mano di Behrm, se poi rottura
In quel patto inducessi, ei veramente
Chiamar non mi vorra fido e leale,
E in me non timor fuor che di Dio
Verace e santo. Che se crebbe in alto
La tua grandezza, ove in te fosse mai
Senno maggior, bello saria cotesto.
All'antica tua casa oh!

Che alcun

di voi

196

Pose a quel foglio un suo suggello e


Or si convien che in rapido cammino
A vento aquilonar congiunto sii.
Andavane pertanto il messaggiero

disse:

All'iranio signor, correa la via

In minor tempo d'una luna; e quando

Lesse quel foglio il prence iranio, assai


N'ebbe corruccio e della rea fortuna
Ebbe sgomento. Ei mand attorno e tutti
gl'Irani e ripet con

Chiam

elli

Cina le parole. Ancora


Del re
L'epistola mostrava e quei leggeano,
Irani prenci, e in gran pensier restavano.
di

gloria
E n'ebbe alfin cotal risposta:
Di tua grandezza, o di prenci corona,
Coteste cose e facili e leggre

Non

pensarti nel cor.

Ma

con accorti

saggi vecchi tu consiglio tieni,

per tal foglio, impetiioso in tale


Impresa non andar! Non far che questa
E,

Splendida lampa d'un' antica gloria

Un uom

S'offuschi ratto.

d'Irania scegli

D'et provetta, ed eloquente e saggio,

vadane

atleta e scriba. Ei

Al principe
il

di qui,

di

Cina

parole ei dica

secreto ne ascolti. Ei sappia ancora

Behrm

chi fu ne' primi giorni suoi.

che fu duce, a che anelando


Tanto rest fin che compiuta fue
Indi, poi

L'ardita impresa, e

come

poi suo servo

suo prence volea. Che se non bene


Approda l'opra di costui che mandi,
Il

un sol mese,
Tragga l'indugio

In

di

Gina

ei resti

suo.

al signor

Agevole non

Ma

ancora, a un anno
poi che

Behrm

le triste cose

gen^o

gagliardo.

197

Ricantar di costui. Vuoisi che molte

Parole dica in favellar cortese


il suo disegno ascoso

Colui che mandi, e

Alcun, che non

Ma

da quel

si

vuol,

mai non conosca.

come sapea che alcuno

d,

Epistole rec di Cina al sire

Da suol d'Irania, rapido correndo


Venne Behrm guerrier del re di Gina
prence

L, nel cospetto, e cos disse:

Che molta

hai lode, bene udii che quello,

Malnato e reo, l'uno e poi l'altro scrive


fogli suoi. Ma tu di Cina un forte
Esercito ti scegli onde a te venga

L'Irania terra in potest. Irania

E
E

Grecia ancor m'acquister col ferro


te sire dir di quel confine

Ampio

Le notturne

e remoto.

scolte

In Grecia e Irania disciorranno

labbro

il

nome tuo. Ma il capo


Io frattanto a Khusrv malnato e reo
che incolume di lui
Troncher. Deh
Non resti il capo, non il pie Quand'io
Solo a gridar nel

M'accingo a te servir, dalla radice


Dei re Sassni sveller la stirpe.
Il

re

come

di Cina,

ud, la

mente

Ebbesi ingombra da pensieri e questi


Gli

si

affollar nel tempestoso core

come

Si

F'

a'

Ai saggi

piante in una selva. Ratto

pi vecchi

disse ci

Behrm

che

invito, agli eloquenti,

memoria avea,

disse in

prima a

lui

guerriero, e dall'intimo core

Ogni secreto via

Da

un

a chi

tutti e

disciolse. Allora,

que' saggi raccolti e da' congiunti


dagli estrani tal risposta egli ebbe

Lieve impresa non ; che

la

misura

198

Gi gi si coirai de' Sassni prenci,


Malagevole ancor. Ma se un esercito
Mena in guerra Behrm, la via mostrando

chi pi saggio, molti egli

Fidati amici; e se di Cina

il

ha

in Irania

prence

ed alleato in guerra,

Gli fia sostegno

Per la fortuna tua rapidamente


Si compir cotesta impresa e voglionsi
Pure ascoltar di Behrm le parole.
E Behrm che ascolt, parve d'un tratto
Farsi giovane in cor, sorrise alquanto.

Altro disegno assunse. In


I

un

consiglio

prenci tutti convenan concordi,

Sceglier doversi due garzoni, a cui

Grado potea

di principe

e signore

Addirsi, forti in sopportar fatiche


belligeri ancor. Ciny di nome
Era un prence gagliardo in Cina allora,
E v'era un altro da l'altera fronte,
Zengy il nome suo. Mandava allora
Di Cina il sire, e questi due chiamando.

Agli scrittoi del dar stipendi attorno

Li volle

assisi. Dell'assalto al

Disse a cotesti

il

giorno,

nobile signore.

Accorti siate voi. Gli occhi volgete

A Behrm
E

sempre,

di

sua gioia

al

tempo

nell'istante del suo sdegno. I guadi

Tutti occupate del Gihn, sperdendo

L'acque sue chiare e tempestando

Un
Eran

esercito

audace (erano

forte.

illustri,

valenti quai leoni in guerra)

cotesti affid.

Di principe

Ma

Behrm

da

l'ostello

fragor di timpani

Ratto s'intese e per la densa polvere


Si f' oscura del sol la gota fulgida.
Volse di Gina a suol d'Irania in giorno
Di Sfendarmd, all'apparir dell'alba.

199

XXXII. Andata
(Ed. Cale.

di

Kharrd-Berzn.

p.

1962-1967).

All'inclito signor d'Irania bella

Come annunzio
Era balzato

il

venia che fuor del bosco


tristo

lupo e forte

Manipolo d'eroi menarne seco


gagliardo, si che al ciel sereno

Behrm

egli rapia, queste parole

La luce
Ei

f'

La

a Kharrd-Berzin

via

ti

prendi

Per tanta impresa

regio ostel nemico.

al

Turania e

sempre

in Irania e in

Il

pi saggio e in valor di tua favella


Cosi apria le porte
pi possente.

Il

sei tu

Del suo tesoro e tante ne traea

Gemme

regali e cinti aurifulgenti

E spade

acute, che stupiane in core


Kharrd-Berzin, chiamava Iddio signore
Nel secreto dell'alma. E allor ch'ei prese

La

via di Cina con gli eletti doni.

Altro per

Giunse

il

Gihn

trascelse

a l'ostello del

un varco

signor di Cina

E lev il guardo e scelse un nunzio suo


Perch'ei dicesse che alla regia casa
Del prence iranio era salito il messo.
Il re di Cina, come udi, l'ostello
Tutto fece adornar, f' cenno ancora
Di dar l'accesso, e il messaggier d'Irania,

Poi che fu giunto pi da presso, sciolse


La lingua a favellar, rese a quel grande
Inclito

omaggio e

Che

me comando

cosi disse: Allora

farai tu, la lingua

Eia che disciolga a favellar chi servo.

il

200

re di Gina rispondea: Diventa

Giovane il cor dell' uora gi vecchio e attrito


Per dolce favellar. Di' quelle cose
Che han nobil frutto in s, che la parola,
Detta, midollo, e, taciuta, corteccia.

Kharrd-Berzin, come cotesto intese,

Le parole d'un

di ratto a la

mente

sue laudi a Dio


Primieramente, a Dio possente e forte.
Della fortuna reggitor, che questa
Si ricondusse e

f'

Volta azzurra cre, cre la terra


E il tempo e questo cielo alto rotante
E il mondo di quaggi. Tutta di Lui

La

potest, servi slam noi, parlanti

Di sua giustizia. Diadema ed alto


Seggio ei dona a costui, misero un altro
tapino, n per quello amore
Ha, non per questo egli ha corruccio, e niuno
Questo ben sa fuor di Lui sol, che il mondo

Rende e

Creava un giorno. Per

l'avel

nascemmo

Principi e servi, e senza voglia a morte


Devota abbiam nostra persona. Or io

Movendo da Gemshd, principe illustre.


Da Tahmurs degno di laudi, sire
Dell'ampia terra, e dopo lui scendendo,

Kobd monarca,
illustri,
membrando
I
Prence Khusrv e Rstem glorioso,
A Isfendir per la medesma via

Fino

alla testa di

prenci tutti vo'

Cos scendendo.

Ma una tomba

oscura,

viver di qui, fu la lor sorte,


E veleno gustar d'un dolce balsamo
In loco, ovunque. Ed or, della persona,
il prence iranio tuo congiunto, lieto

Dopo

il

Per tua grandezza, corruccioso e mesto


Se danno hai tu. Nel tempo de' regnanti


Che aveansi
Gi fu

padre

lode,

Cina

di

201

re,

il

L'antico patto rinnovar

Da che n'and per

alla sua

che in

si

madre

tal

giorno

debbe,

altra via dispersa

Ogni opra nostra. Benedetto sii


Da Colui che concede alta vittoria,
E de' regnanti che han corona, il capo
Suolo

ti

che

sia

col tuo pie calpesti!

Cosi parlava, e

Orecchio

Se

il

principe di Cina

porgea. Dissegli poi:

gli

Deh! tu che vendi sapienza attorno,


in Irania cotal che riconosca

L'opre del cielo in fuor


Ch'egli basta d'assai

Orrevol loco
Il
I

fea seder.

doni eletti

gli

davvero!

di te,

Nel

regio ostello

apprestava e accanto

Per suo comando allora


il

messaggier recava,

Numeravali
Ad uno ad un partitamente. Oh! disse
tutti al tesoriero

Di Gina

prence, per

il

Povero e

mancar

di

doni

derelitto in su la terra

sii tu mai! Che se da me tu brami


Alcun dono ottener, dillo, perch'io

Non

Questo ancora

ti

faccia incontanente;

Se no, ben tu sarai per doni tuoi


Pi splendido appo me, qual diadema
Per sapienza sovra i prenci tutti.
Loco giocondo gli apprestar, di tutte
Fogge vi poser vesti; indi alla mensa.
Indi alla caccia ed

a'

banchetti e al dolce

Gustar del vino stavasi

l'iranio,

D' inclit'orme quaggi, presso di Cina

Al nobile signor. Cercava

ei

sempre,

E un di che sciolto e libero il


A favellar con subitane ardire
Corse e in

tal

vedea,

guisa incominci: Malvagio


Behrm

202

di natura, e

d'Ahrimne,

D'opre triste <5agion, d'assai peggiore.


Prenci esperti ei trad per cosa tale
Cui ricordar, quanto un obolo
Pregio non ha. Dal nulla suo

Hormzd regnante
Il

vile,

lo trasse

incoronato, e in alto

sollev, per pregio ch'egli avea,

Pi assai di questo sol. Niun per la terra


Quale il suo nome conoscea; ma in terra
Pur si compiva ogni sua brama. E s'ei
Molto appo te con opere leggiadre
Or si comporta, ei franger il tuo patto

come

Alfine alfin,

Con

gi

l'iranio signor.

Egli

non

Che

se tu

il

franse

Fedele

al

un tempo

prence

non fedele a Dio.


mandi appo l'iranio

il

sire,

Dell'iranio signor solleverai

L'inclito capo fino al ciel superno

Di questa bianca luna, e Gina poi


Tua sar con Turania e il tuo soggiorno

Ai loco farai tu che pi t'aggrada.


Queste parole come ud, turbossi
Di Gina il prence, intenebrar quegli occhi
Nel rimirar Kharrd-Berzn. Deh! queste

Parole tu non

Gh appo

dir, dissegli allora,

noi l'onor tuo tu offuschi ratto,

Ch'io malvagio non son, non son


Violator. Di questa terra

Ha per

il

di patti

grembo

sua veste funeral colui


Come ud cotesto
Kharrd-Berzn, che dell'oprar freschezza

Che

patti infrange.

Ratto avvizzia, conobbe e vide, e al prence


Di Cina disse allor: Nobil signore
D'alto lignaggio,*

a che dicendo vai

Queste parole tue? L'iranio prence


Di Ciubneh per te d'assai migliore,


Che da lunga

stagion l'iranio sire

Il mio secreto, allora


Kharrd novellamente il sire,

tuo congiunto.

Disse a

203

10 fuor trarr dall'intimo del core.

Se

il

greco Imperator ruppe sua fede

Con re Khusrv allor che f v'aggiunse


Con impromessa, forsech fia d'uopo
Ch'io come quei nell'opre mie m'adopri,

A Behrm

battaglier frode intessendo?

Khusrv, schiavi a me sono,


E pregio ancor di nascimento illustre
Ho meco inver. Quel prence tuo non vale

Mille, pari a

re di Grecia, che prestgli esercito,


Tesori e terra a soggiornar. Ma il forte
11

Behrm

tal,

che notansi ne'

libri

L'opre famose delle sue battaglie.


Genero egli di me, sommesso ed umile,
E trarmi a dietro dal suo patto, oh in quale
!

Guisa potrei

Novellamente

AU'iranio Kharrd

si

volse

si

inganni e frodi. Ripensando ancora


s stesso ei parl: Di noi ricordo

Far pi non vuol


Gli die
I

core

strinse in petto;

Ei con arte sottil ratto

il

Behrm

di

Cina

il

re,

che speme

d'irania bella, e sono

detti miei fruttificar di salce.

Come

speme nel signor di Cina


lui, per manco d'arte
Alla regina ei si volgea. Cercava
la

Cancellavasi in

Chi

piir

accanto

le fosse

onde serena

Si ritornasse l'anima sua fosca,

E
E

vennegli alle mani un maggiordomo,

l'abitar con lui vennegli ancora


Acconcio e all'uopo. Di Khusrv ridisse
Nel suo cospetto le parole e lieto
F' per esse quel cor d'uom. vano e stolto.

204

Deh! tu m'aita, gli dicea l'iranio,


Appo la donna tua regal, perch'io
Scriba diventi sulle porte sue.
Il

tuo desio per la regal mia donna

Mai non

fia

che

compia,

si

il

maggiordomo

Gli rispondea nell'arti sue fidato.

Che genero

di

lei

Veracemente e da

Behrm-Giubneh

lei

vien possanza

Behrm battaglier. Ma tu se' tale


Che scrivere ben sa d'arte sottile

In

Fa, fa ricerca, e non svelar cotesto

Alto arcano di te non pure all'aure.

Kharrd-Berzin come cotesto uda.


fine al suo dolor non scorse.
Vecchio turanio eravi allor (suo nome
Kaln era davver), che vile e abietto
Principio

Avean gli altri Turani. Or le sue vesti


Eran di cuoio e di miglio bollito
La sua vivanda. A Mekatreh antico
Congiunto egli era si della persona,
E la sua mente per Behrm guerriero
Piena d'alto scompiglio e di tumulto,
Ond'ei sempre nel cor per quell'estinto
Avea deso di sua vendetta e piena
D'imprecanti parole e di scongiuri
Contro a Behrm la lingua sua, che quando
Miseramente Mekatreh ucciso
Per mano di Behrm giacque nel campo
In fatai giorno, per dolor ch'egli ebbe,
Turbossi il core di Kaln, piangente
La notte e il giorno per acerba doglia.
Kharrd qualcun mandava e a quell'afflitto
Invito fea, nel loco ampio ed illustre
Volealo assiso. Anche don monete,

Anche denari gli die in copia e vesti


E cibi molti gli sparti. Chiamavalo

205
S'egli al desco sedea, volealo assiso

Pi in alto assai d'ogni pi illustre. Intanto,


Di pensier gravi era la mente piena
Di Kharrd sapiente, esperto in molte

Opere

quaggi, d'alto intelletto

di

paziente in cor,

si

che

in disparte

Col maggiordomo del regale ostello

Molte parole consigliando ei fea


Della donna regal di Cina illustre;

Ma

s'egli

andava appo

La notte o
Unqua non

il

il

signor di Cina

giorno, a favellar le labbra

disciogliea. Disse frattanto

Al prence iranio

il

maggiordomo antico:

Se conoscenza hai tu di medic'arti,


Tu che se' grande e notar sai tue cifre.
Se il nomo tuo lontana fama ancora
Vantasi, ora davver! che alla regina

Caro sarai qual diadema

in fronte,

Poi che vinta da morbo la sua figlia.


Tal conoscenza in me pur anco, ei disse,

E man

tanta impresa.

Il

maggiordomo

le dicea:

Un medico
Deh!

me

porr, se tu per

favelli,

Andavane

alla regal

correndo

sua donna

Novello e sapiente
qui giunse

a'

nostri alberghi.

vivi tu beato e in godimenti,

Adducimi,
non indugiando.
Venne a Kharrd-Berzn e cos'i disse:
D'uopo che celi il tuo secreto. Or vanne

La

regal donna

Adducimi

Alla regina e

Fa

gli rispose.

colui,

il

di te stesso

Di lieto aspetto.

nome

tuo le annunzia,

medico valente.

Andavane

colui.

Fermo nell'arti sue, dalla regina,


E l'egra figlia sua scovria da morbo
Al fegato colpita. Ei

f'

cenno


Che acqua

206

melagrano incontanente
verde ancora
D'acque scorrenti e l'erba che lattuga
Altri suole appellar. Via dal .cerbro
di

Altri apportasse e crescion

Volle scacciar de la febbre l'ardore,

trapassar di sette giorni.

tosto, al

Per comando

di Dio, qual

bianca luna

mondo, fu la donzelletta,
Si che recava da' tesori suoi
La regal donna di monete fulgide

Gh' luce

Una

al

sportella e vesti cinque, d'oro

Intesto, e disse:

Queste cose indegne

Deh prendi, o saggio,


Anche t' duopo.
E
!

Deh!

Ma

di

me

qual cosa

quei rispose: Questo

che vengami
dimandar m'appresto.
rincontro fino a Merv ne andava

ritieni

All'uopo

e chiedi a

un

appo

te; cosa

giorno, a

Behrm

guerrier, l'esercito ordinando


Rapido si qual di fero augello
Rapida l'ala. E venne alcuno intanto
Di Gina al sire e cosi disse: Alcuno
Che di Cina o Turania in suol discenda
D'Irania, non lasciar. Che s'ei recasse
bi noi novella a re Khusrv, per questa
Novella sua novelli doni avria.
F' un bando il re di Cina e cos disse
Senza il nostro suggello ove qualcuno
Scenda in terra d'Irania, in parti due

Ne

fender la ribelle persona;

Giuro per Dio che la persona sua


Non vo' che per argento altri redima!
E Kharrd per due lune ivi si tenne
Il suo segreto ben guardando. Alfine,
Del cor suo ne l'angustia, a s chiamando

Kaln protervo, il f' seder su l' inclito


Suo seggio e disse: In alcun giorno mai,

207

Per tutto il mondo, alcun non che sciolto


Abbia da doglia in suo secreto il core.
Lunga stagion tu mendicasti in Cina
Da questo e quello un pane d'orzo e miglio
E di cuoio le vesti. Ora il tuo cibo
il bianco pane e d'agnelli le carni

di fulgida seta

attorno rechi

Le vestimenta. Cosi fu a quel tempo,


Or gli cos come tu vedi. Oh! quante
Udir dovesti imprecazioni e quante
Benedizioni!

Ma

Anni toccava

di

frattanto a cento

tua vita

tempo,

il

molti inver son gli anni tuoi.

te serbo un'impresa, in

che otterrai

regio trono o tetro avel.

La gemma

Tremenda

Io piglierommi del signor di Gina,

E tu vanne di qui rapidamente


Travalicando l'ampie regioni,
Che appo Behrm andar t' d'uopo e lungo

Tempo

in

Merv

t'arrestar. Vesti frattanto

Di negro cuoio un ampio arnese e togli

Un pugnai teco e la tua via divora.


Giorno del mese che Behrm si appella,
Tu

nota e osserva, ed in quel giorno

Soglia ch' di

Behrm, luce

del

all'alta

mondo.

Vanne diritto. Egli quel giorno estima


E nefasto e infelice, e noi molt'anni
L'avemmo ad osservar. Non vuol che molta
gente intorno a lui quel giorno,
drappi di Grecia ei si riveste.

S'affolli

di

che un messaggio rechi


Cina dalla figlia a lui.
Gioioso prence, e ignudo entro la manica
Serba intanto il pugnai, serbalo ascoso
Fin ch'ei te solo chiami a s. Ma quando
Di' tu frattanto

Del re

di

Appo Giubneh

te n'andrai, cotesto

208

Digli tu aperto: Quella figlia altera

Cos mi disse

e quando

gli dirai

L'alto secreto nell'orecchio, ascondi

Le tue parole ad ogni


Ch'ei

ti

dir: Quale

Dillo tu a

me

estrano.
il

allora

secreto? Dillo,

vanne

affrettato a lui,

Colpisci di pugnai, tutto gli squarcia

L'urabilico profondo e balza poi

Qualche scampo a trovar. Quei che

la

voce

Udranno del trafitto, all'ampie stalle,


Lungi da lui, discenderanno, ed uno
Verr a' cavalli, altri a' tesori, e nulla
Molestia

Che

verr se ucciso

ti

se alcun

ti

l'hai.

uccidesse, oh! molte cose

Viste hai gi su la terra e

il

male e

il

bene

Provato hai tu. La tua vendetta ancora


Compita avrai, la legge tua pur anco
Avrai seguita. Ma di te nessuno
Forse darassi alcun pensier, per farti,
In quell'ora fatai, danno ed offesa.
Che se da morte sciolto vai, davvero!

Che il mondo ricomprasti


Anche ne desti. Una citt

Re

Perviz

ti

governar

dar,

il

giusto prezzo

frattanto

dar parte

ti

di questa terra ancora.

XXXIII. Morte di Behrm Cibneh.


(Ed. Cale.

j.

1967-1972).

Kaln al saggio cosi disse: Guida


Or vuoisi a me. Davver! che giunser
A cento ornai; nella miseria mia
Altri vo' trarne ancor. Di te riscatto

Esser

ti

possa questa mia persona

gli

anni


E l'alma
fermo

209

che

insiera,

sempre.

il

patto mio con teco

Come

ud cotesto,

Corse Kliarrd-Berzn da quella casa


Fin che sen venne alla regina e disse:
Tempo venia di ci che bramo, ed io

te

il

Stanno

Congiunti

Tu

donna preclara.

dir,

me

cari,

que' ceppi. Per

me

L'impronta del suggel del re

togli

adunque

di Cina,

sappi che cos vita mi rendi.

Ebbro

In ceppi

fiume alcuni miei


e ben si vuol che sciolga

di l dal

ei

si

dorme,

la

forse potre' io con la

Apporre

al

regina disse,

mia mano

suo suggel molle

la creta.

Creta da impronte di suggelli chiese

Kharrd

la regina, indi

sen venne

Dell'ebbro al capezzal dirittamente


Dalla sua stanza e quella creta appose

Al suggello regal; venne di poi


E die l'impronta a chi da lei cercava.

Lo scriba allora benedisse a lei.


Venne e l'impronta pose in man di quello
Vegliardo antico. La regale impronta
Kaln si tolse e come fero augello

Rapido venne

fino a

Merv, nascosto

Di tutti al guardo. Ivi rest, quel giorno

Fin che giugnesse di Behrm n lieto


Per esso era Behrm. Solo egli stava
Con un famiglio in solitario ostello,
Postisi innanzi melagrane e pomi.
Mele cotogne rubiconde. Solo
A quell'albergo and Kaln, dicendo
Questo al custode delle porte Un messo
Ecco! son io di quella figlia eletta
Del re di Cina, o tu che gloria cerchi.
Uom di guerra non son, non son di Persia,
;

FiBDDSi,

Vm.

14


Ma un

210

suo secreto mi dicea

Donna avveduta, perch'io


Inclito

prence

Eir ha

le

colei,

ratto a questo

Chiuse
che presa
Eir da morbo ancor, grave d'un figlio.
Che se di me consapevole il fai,
Al tuo signor che ha bella fama in terra,
ridicessi.

il

porte per lui

Incoronato, ridir

il

sol,

messaggio.

De le porte si mosse il guardiano,


Degno di molto onor, correndo assai
Fino alle soglie

prode

dell'ostel del

E disse: Venne qui d'infausti segni


Un messaggier; vesti ha di cuoio e
Che de la figlia del signor di Gina
Messaggio reca

aflferraa

al nobil prence, lieto

Nel suo desire.


E Behrm disse allora
Questo gli dirai tu: Mostra il tuo volto
:

L da la porta di quest'ampio ostello


Andavano Kalin fino alla porta

per l'ampia fessura entro

la

stanza

Sporgea la testa. Come il vide (un vecchio


Era misero e stanco), Ove tu rechi
Un foglio a me, disse Behrm, tu il porgi.
re, disse Kaln, messaggio il mio,
Null'altro invero, n vogl'io parole
Dire innanzi ad alcun. Dissegli: Adunque
Entra qui tosto e parlami all'orecchio
Nascostamente e non cercar pretesti.
Col pugnai nella manica celato
Kaln entrava.
Sua malizia allora
Mostra vasi e perfidia!
Ei s'avanzava

All'orecchio per dirgli

il

fer

di

Per l'ampia

il

suo secreto

pugnai. Grido n'andava


casa,

che ratto a

l'istante

Gh'ei die quel grido, accorser dalla via

Genti affrettate appo

il

lor prence, ed ei

211

Gridava: Or tosto l'afferrate e inchieste


Fategli di chi mai la via gli apprese!

Accorse ognun ch'era


In turpe guisa

Seco adirarsi

palagio, e trassero

al

fiero vecchio, e tutti

il

famigli raccolti,

E duramente con colpi di mano


E di pugni il battean. Soffr que'
Ne il labbro sciolse l'infelice mai
Del

da

medie

l'ore

medie ore

alle

Di quella notte che segu;

Rotto le mani e
I

pie,

famigli adirati in

colpi

ma

poi,

l'abbandonare

mezzo all'ampia

Behrm

tornarsi,

Trafitti all'alma e costernati ei

vennero.

Chiostra del loco ed a

Dalla persona del trafitto eroe

Usciva

il

sangue ed erano

le

labbra

Tutte a sospiri e livida la faccia,

Quando pur venne la sirocchia e tutte


Le chiome si svellea dall'erto capo.
In grembo ella prendea del suo trafitto
La testa smorta e dolorosamente
prode,
Dicea piangendo e sospirando:
forte cavalier, per cui le selve
Abbandonava ogni leon gagliardo

Travolto in fuga, chi divelse mai


Dal loco suo la nobile colonna

Che il mondo sostenea?


Tremendo in suo furor

chi l'elefante
gittava al suolo?

Deh! cavalier che aspetto avi di prence,


Del mondo vincitor, che vii paura

Non

conoscevi ed atterravi in giostra

Del deserto

il

leon!

Ma

tu non eri

Ossequente a Khusrv, ma tu non eri


Adorator di Dio, s che trafitta
Fu la persona tua forte e gagliarda
Di prence e di guerrier.

Deh

nobil

monte


Alto e levato

al

212

ciel,

chi

divelse

ti

Senza radici dal profondo mare


De le bell'acque? oh! chi svellea cotesto
Agii cipresso verdeggiante, e questo

Di grandezza real serto lucente


Chi mai gittava al suol? Chi all' improvvisa
Colm d'arene questo azzurro mare,

Chi

ne

gitt

la fossa

il

nobil

Che superbo incedea ? Ma

E
E

soletti

slam

Di estrani le

di

senza sostegno

qui,

senza amici, e

monte

noi stranieri

vili

abitiam noi

Pur

citt.

ti

diss'io:

genti signor, della tua fede

L'albero non schiantar dalla radice,

Che

se

pur

de' Sassni

una soltanto

Figlia restasse, la regal corona

In fronte

porrebbe e l'ampia terra


la sua

si

Tutta sommessa gli sara,


Fausta corona a rasentar

Andra del

cielo.

la volta

que' consigli miei.

Alle parole mie, non diede ascolto.

Ben che

profcue,

Di ci che

festi,

il

duce.

se' pentito,

tu frattanto

e rechi

L'anima tua peccaminosa e trista


A Dio dinanzi. Cos danno incolse

A
Ci

quest'inclita casa, e agnelli noi

femmo ed qual lupo ogni nemico.


lei come ascolt quelle parole

Di
Il

guerrier (vedea colei

trafitto

Di nobil core e d'inclito consiglio

Strapparsi

Con l'ugne

di

il

crine e graffiarsi le gote

intorte, pieno

lagrime

Cosparso

E
E

il

gli

il

cor d'affanno

occhi e d'atra polve

dolorosamente

volto),

lento sciolse a favellar la lingua


cos disse:

Deh

sorella

mia

213

Di nobile natal, nulla che possa

tuo consiglio pareggiarsi

La mia misura
Frutto su

me

si

li

colm.

eppure

Non ebbero

tuoi consigli allora

Che mi fu guida un tristo Devo. Prence


Che avanzasse Gemshd, unqua non fue,
Da cui nel mondo era timor con speme.
Ei pur, dei Devi a le parole stolte,

Lasci

il

dritto sentier, fece a s stesso

Oscuro e tetro il mondo. Anche l'accorto


Kvus regnante che reggea la terra,
D'orme preclare e di fortuna amica.
Precipit per le parole stolte
D'un tristo Devo, e qual l'incolse danno,
Udisti raccontar. Volle del cielo
Salir le chiostre per veder la volta

Roteante del

ciel,

della luna.

Ma

l'errar del sole

cadde

dall'etra ei

Precipitando, l da Sari alpestre.


In

mezzo all'acque. Me pur anco un Devo

Trasse

di via, dall'opere

leggiadre

Un giorno
Tua si far l'imperiai corona.
Tu avrai poter dai giorni in che riluce

Distogliendo la man. Dissemi

tempo
Or io mi pento
Del mal che feci, e se perdona Iddio,
Di Dio cosa ben degna! Era cotesto

In Arite

il

sol fino a quel

Ch'egli ne' freddi Pesci

Scritto sul capo mio.

Dell'opere trascorse

il

Come

potrei

fiero duolo

Ma sopravanzano
L'acque irrompenti il capo mio, gi sperdesi
Ogni mia doglia, ogni mia gioia al vento!

Nell'alma sopportar?

Scritto era questo, e ci ch'esser dovea.

Accadde

intanto,

ne misura omai

Di mali crescer pu, non pu scemarsi.

214

Que' tuoi consigli son pur sempre un dolce

Ricordo all'alma mia, le tue parole


Sospese ancora nno all'orecchio. Intanto
E del giusto operar termin si tocca

E dell'ingiusto e inutili parole


Tu non ridir. Deh! sollevate omai
La fronte a Dio signor, fate sostegno
A voi medesmi della sorte amica
Che vi sorride, e contro a' mali in terra
Proteggitor vi sia l'Eterno. Motto
di gioia

duol far non vi piaccia

di

alcuno, che la parte mia

Appo ad

Questa fu

d'uscir da questa terra.

Yeln-sneh cos disse: Tutte

Io qui t'affido le

il

ed or compiasi, e tempo

in terra,

Venne per me

loco e di

mie schiere e il seggio


il grado augusto.

monarca

Guarda tu attento alla sorella mia,


Donna preclara, ed ella di consigli
Ti giover per la tua vita in terra
d'assai. Ma voi, miei fidi.

Veramente

L'uno dall'altro separar voi

stessi

Mai non vogliate in mezzo a voi non


Alma discorde. Lungo tempo in questa
Nemica reg'ion non vi restate,
;

Ch'io

men

parto gi stanco d'esto seggio

Alto di prence.

re

Khusrv ne andate

Tutti d'un moto e favellate a lui

E sue parole
E dite ancor:
Behrm con
;

d'ascoltar vi piaccia,

Con

te

si

riconcilia

lui ti riconcilia, o sire,

Poi che con te riconciliossi

Che a

allora

voi dal vostro re verr perdono,

Lui solo dite

Luna pur

sia

il

anco.

vostro

sol,

principe

Molti saluti voi per

me

la

vostra

Gherdy

recate

tristo caso

il

215

come avvenne,

dite.

Udii che giunse da l'irania terra


Kharrd-Berzin con un regal messaggio
In suol di Cina; ond' ctie dite voi

Ratto a Gherdy: Da lui del sangue mio


Chiedi vendetta e da cotanta impresa

La

fronte a dietro

Deh!

voi

mi

fate

il

non voltar .
mio sepolcro

Ma
in

intanto

una

Delle iranie citt, questo palagio

Che

detto di

Behrm,

tutto atterrando.

mai
che un sol di, grato e cortese.
Alcuna lode ei mi facesse; oh! questa
Certo non era del mio lungo affanno
La ricompensa, perch un tristo Devo
Molto

Non

Ad

soffrii

pel re di Gina, e

vidi

forse.

assalirmi egli inviasse.

Quand'egli udr del tristo annunzio, fine


principio veder dell'opra rea
Ei

non potr.

D' Irani opra cotesta,

Non d'altri gi; fu


Un Devo in mezzo
Che uno

istigator dell'opra
a lor.

scriba venisse ed

F* cenno poi

una

epistola,

Senza indugio per lui, per lui scrivesse.


Cosi parlando al regna tor di Cina:
Morto Behrm Tapino e derelitto
Morto Behrm senza toccar sua meta.
Or tu, signor, sostieni esti meschini
Che rimangon di lui, tu li disciogli
Da ogni rancura e da nemico male.
Ch'io male a te non feci mai, giustizia
Cercando e senno con intenta brama.
Alla sirocchia sua molti consigli
Ei dava ancora e il capo suo diletto
Al seno si stringea. Le labbra appose
!

Al lobo dell'orecchio

Per darle un bacio

Ambo

gli

di

colei

e f' pieni di lagrime

occhi gi spenti e l'alma rese.

216

Piansero accanto a

lui le genti accolte,

Visser la vita nel dolor del core


Miseramente, e la sorella in lagrime

Per fiero duol


Ricordando di

il

cor

disciogliea, que' detti

si

lui partita mente,

fendea per tanta e acerba

le si

Ma una

Doglia inattesa.

bara angusta

bianco argento, e il corpo


Dell'estinto guerrier tutto ravvolse
In broccati lucenti; in bianco lino
Ella gli

Era

f'

di

la sottoveste.

Anche dattorno

Alla persona gli gitt di canfora


Eletta copia per tal foggia e guisa

Che

capo ne coverse ancora.


Di nostra vita ch' s breve, queste
Son l'opre. Poi che sai che lunga in terra
tutto

il

Dimora non

Non

non corrucciarti,

farai,

gustar del dolor,

ma

e notte e giorno

Bevi d'un vin gagliardo, e pien di gioia


Abbiti il core e sorridente il labbro.
Ratto che intese il principe di Gina
Qual, per brama d'onor, misero fine

Behrm

incolto avea, di quell'estinto

Gli giunse

il

Ed

ascoltava

Fu

al tristo

foglio, e
il

re.

il

Colmo

messaggier narrava
d'affinno

annunzio quel suo core e

gli

occhi

Gonfi di pianto e livide le gote.


Ma poich di tal'opra infida e rea
Alto egli avea stupor, tutti

se raccolse

suoi saggi

convocando e disse

Quale Behrm guerriero alta sventura


Incolto avesse. Pianse allor di duolo
Ognuno che ascolt, piansero in Cina

Le

genti tutte per l'estinto, ed arsero

Di fiera doglia, e

Ma

il

vampa

non

re di Cina a investigar

era.
gli

eventi


Ad uno ad un

si

217

die,

su chi la colpa

Veracemente a ricader venia,


Cercando intento; e seppe allor che quella
Opra era di Kharrd, che frodi e inganni
Erano l'arti di costui. Deh! come,
Sclamava il prence, mi sfugga colui,
Malvagio cane, onde pot fra noi
Tal

vampa

Ma due

suscitar di acerba
figli

doglia?

s'avea Kaln antico

In turanico suol, congiunti molti

d'ogni grado, e

re di Cina, tosto

il

Ch'ebbesi annunzio dell'oprar suo

tristo,

Un incendio dest, n'arse la casa


E il villaggio e il Castel, que' due suoi figli
Alle vampe gitt, tutti sperdendo
Lor parchi averi. E come giunse tempo
Della regina,

Fuor
Di

da

lei

le cortine

trasse pe' capelli e l'ampio e ricco

lei
f'

tesoro a le sue stanze addusse,

stima di tante

ivi

da

lei

Fatiche spese. In ogni parte attorno

Dromedari invi

furenti ed ebbri.

Ma

Kharrd non venne

in suo poter

Allor, quanti

eran servi in Cina a

D'azzurre vesti

ei ricopri;

allora.

lui.

stagione

Lunga ei rest per Behrm nel dolore.


Che per l'opre di lui lieto egli andava.
Ratto che giunse a re Khusrv, narrava
Kharrd-Berzin ci ch'egli f', che vide
E che ascolt. Di re Pervz il core
S'allegr di cotesto, or che disciolto
Erasi omai da quel nemico suo
Ricco di pregi e di valor. Donava

Monete

in copia a' poverelli attorno

ancora e cose molte assai

vesti

Di vario prezzo. Scrissero una epistola


Ad

218

ogni sire, ad ogni re disciolto

In suo comando, in pehlvica lingua,

Narrando
Del
Il

che

ci

mondo

f'

e creator,

Dio reggitore

come

reo nemico e l'atterr.

disperse

Ma

prence

il

Un'epistola al greco Imperatore,

Qual' era degna di monarca, scrisse,

feste intorno si apprestar per sette

Giorni seguenti, e vin gagliardo e suoni


In ogni villa

cercar.

si

Mandava

A' delubri del Fuoco attorno attorno


Incliti

doni re Khusrv, regale

Kharrd mandava un dono

All'inclito

E
E

gli
il

dicea: Ch'io

mio serto

ti

cedessi

trono

il

regal, d'uopo sara.

Cosi piena gli fea d'imperiali

Gemme

la bocca,

il

tesorier

ben cento-

mila monete splendienti e d'oro


A' piedi gli gitt fin che uguagliamo
L'alta statura sua. Chi s'allontana

Dal suo prence e signor, dissegli saggio


Il tesorier, vede oscurarsi a un tratto
Il sereno suo di, s'anche egli fosse

Qual era

in

guerra Behrm valoroso.

Cui d'un colpo atterr miseramente

Uom

di

Turania antico.

prenci

tutti

Benedissero al re: Deh! mai non sia

Orbo
Il

regal suggello o serto

di te

Imperiai!

Ma

chi

non vuol che splenda

tuo volto di re, ben che sia pieno

D'amor ver

noi,

come Behrm

si

muoia

219

XXXI V. Messaggio

dell'Imperatore di Cina

a Gordeh.
(Ed.

Cale. p. 1972-1974).

Come sgombr
Di Cina

il

d'ogni altra cura

prence, per

il

il

petto

sangue sparso

Quando fu il suol qual poltiglia tenace,


Cos un giorno ei dicea: Dall' uom eh'

vile,

Opre vengon soltanto e infide e triste.


Dal glorioso che Behrm fu detto,
Gioia mi venne e d'ogni dolce brama
Il compimento. Or io, perch codardo

fiacco e vii dovrei ritrarmi a dietro

Di quell'illustre da' congiunti? Biasmo


Para di me chi ci narrarsi udisse,

Fede pi non porrebbe


Ch'io pronunciai.

Ne

di

giuramenti

a'

suo picciol

figlio

Curai l'angoscia, n pensier mi diedi


D'alcun de' suoi cognati. E poi ch'egli era
Congiunto a me per la mia dolce figlia,
Dell'anima col senno e con l'amore

E col cor m'era avvinto.


Che a lui venisse il fratel

f'

comando

suo. Parole

che non misura,


Vanne in Merv, di qui partendo,

Dissegli assai pi

aggiunse

Rapido s, come in giardin cammina


congmnti
Veloce un fero augel. Vedi
Di Behrm battaglier, molti per essi
Fa voti e auguri e di' che di cotanta
Sventura che g' incolse, io, per l'Eterno
Il giuro e il trono della mia grandezza,
Senior non ebbi, e che ferito al core
Son pur anco di ci, che in tale angoscia
i


10 sar avvinto fin

Per vendicarlo, gi
Tutta

la terra

Sono per

A me

220

che vivo

in terra.

sangue
che dintorno

lavai col

mia,

le citt detti

per

di contro,

imprecanti

lui voti e

auguri.

Di tal dolor per quante io far potessi

Vendette acerbe, se l'azzurro cielo


D'alto su questa terra anco traessi

Pel sangue dell'eroe di gloria amante,

Un

sol deso

su cento di vendetta

Compiuto non avrei. Ma dal precetto


Di Dio signor non va pi in l nessuno,
E questo sa chi ha fior di senno. Tale
Era destin del prode, e fu cotesta
D'un tristo Devo opra d' incanto. Or io
Sempre a quel patto sto che dissi un giorno,

Fermo

Ma

le leggi

e a l'impromesse antiche.

separata una epistola sua

Inviava a Gordeh. Donna avveduta,


che intatto di tua veste rechi

Disse,

E puro il lembo, l'indole


E verit con uman senso
Grandezza, lungo da

tua bella
e nobile

difetto.

Molto

All'opre tue gi ripensai nell'ora

Che

in secreto sedea quasi a consiglio


senno mio con questo core. Ed ecco
Ch'io gi non veggo chi di me ti sia
Sposo miglior. Deh! vieni adunque e adorna
11

Col tuo consiglio questo nostro albergo.

Ch'io

E
E

la
s

ti terr, quanto l'anima mia


persona mia, diletta e cara,

far ch'io

fermo
Sar di

Il

patto.

mai non rompa teco

d'ora in poi

comando

te su le castella nostre,

questo cor su ci che vuoi, qui pongo

Mallevador per

te.

Ma

tu frattanto

221
Ci che hai qui

raccogh', e innanzi ai saggi

ti

proposta mia; vedi poi quale

Di' la

Il

ti venga in core e segui


senno tuo con l'anima serena.

Il

senno tuo su

Consiglio allor

parole mie

le

Fa che comandi e consapevol


Mi

fa del

poi

tuo pensier chiaro ed aperto.

Com'egli ud, qual tortora che vola


Via da un cipresso, venne in Merv correndo
Il

nobile fratel del re di Cina.

Ei venne

di gloria

si

amante, e seco

Avea quel foglio e seco il suo


Venne ai congiunti di Behrm
Ci che

gli

disse

il

re

deso,

e disse

di Cina, ch'ei

Di quell'ucciso per la ria vendetta

Era cruccioso. Aggiunse poi: Deh! saggi,


Deh! sacerdoti grati al ciel, di vigile
Core mai sempre, per l'acerbo caso
Ricca v'abbiate voi la ricompensa

caro estinto

al

sia propizio Iddio,

Giusto giudicatori Morte fu quella

Non

lieve gi,

ma

trista e repentina.

Quale in terra giammai niun si pensava.


L'epistola regal secretamente
Ei porse allora a la sirocchia e

Del re

di

Cina ripet,

Nozze parlando e

di

il

detto

sue

de' consigli suoi,

Dei detti onesti e dell'antica sorte

della nuova, de' costumi eletti

Di donna e del suo senno, or che de' mali


Consolatrice pur la donna e saggia

Di consigli datrice.

Il

garzoncello

Cos parlava, e quella, da l'intatto

Lembo, femmina pura alto


Tenea dinanzi a le parole

Ma

poich

il

silenzio
^

sue.

regal foglio ella

si

lesse

222

E le parole del sign


Fermo in sue voglie

Gina

di

-r

intese, allor

Senno e saper congiunti

che insieme

ella ebbe, in

Questa risposta medit a quel

core

foglio.

mi lessi, ella dicea,


senno mio posimi accanto. Il sire
Di Gina cosi f' come pur fanno
L'epistola

il

come fan

cose esperti

prenci,

monarchi quaggi. Splenda per

di

lui

La pupilla di noi per molta gioia,


Or che tanto ei desia nostra vendetta,
E mai non sia che vedova si resti
Di lui

la

terra,

ma

per

pi lieta

lui

Sia la corona della sua grandezza!

Da rancura
II

trafitto

suo bel cor, non

unqua non

sia

gli sia tolta

Ma

Dolce speranza di quaggi!

mai
intanto,

Quando noi sederem Tun l'altro accanto,


Da un capo all'altro leggerem del sire
L'epistola, e qual fia tra noi pi

E senno

avr, la

domanda

Parassi a ripensar.

Ma

grande

del sire

in nostra casa

Or non son che lamenti, e non questo


Propizio tempo a favellar di tanto.
Del prence estinto poi che tocchi al termine
Il

grave

lutto,

scampo a

noi

non

fia

Del re di Gina dal voler, n al suolo


Poss'io d'Irania ritornar, che ninna
Gosa miglior per donna intatta e pura
Di vago sposo. Ma s'io tosto in via
Gos scendessi, oh! che di

me

Iranio prence dir potrebbe?

quel saggio

Immersa

Nel mio dolor se a gioir m'apprestassi,


Opera non farei degna di donna
E saggia e accorta. Ogni pi savio allora
Me impudica direbbe, e il re di Gina

223

svergognata proclamar potria.

Me
Ma

per

tal

lutto

come

Quattro lune, appo

Un

sian trascorse

re d'Irania bella

il

cavaliero invier. Le cose

Che udir fia d'uopo, ascolter, da' saggi


Che son facondi, quali uscir dovranno,
ladi in

un

Venuto

Tu

mio

foglio

Ridir tutte,

come

le

cose udite

l dal sire

sia chi lui consigli e guidi.

intanto, o messaggier, di qui

Lieto e gioioso e qual

ti

ti

parti

messaggio

diei

Di Cina al prence a ricordar

ti

appresta.

Multi die doni al messaggiero, e quegli

Da Merv

lieto part,

saggio ed accorto.

XXXV. Fuga

di Gordeh.

(Ed. Cale. p. 1975-1976J.

Ma

poi, la

donna giovinetta e saggia.

Col suo fidato consiglier

si

assise

In molta pace e cos disse: Giunse


Novello annunzio a me, qual nel mio core

Unqua non fia che per etade invecchi,


Che me richiese, principe del mondo.
Il

re di Cina e

Adorn

Non

le

parole sue

tutte in tutte guise. In lui

difetto e grande egli

monarca

gran core e del turanio esercito


Moderator. Ma fin che visse il mio.
Pari a leon, nobil fratello, ninno
Far di me cenno os fra gente molta.
Che Behrm battaglier s mi guardava,

di

Orba del padre, per dieci anni e dieci.


Da che moriva il padre mio. Se alcuno

Me

a lui chieder

si fea,

per fiero sdegno

224
Quella sua mente
Di Cina

fra

si

turbava. Intanto,

prence, nobil re, non vile


mortali veramente e possa
il

have e dignit. Ma s'egli adopra


Perch si faccia fra Turania e Irania
Egli

Vincol di sangue, da quel d fatale


Gh'ei far

il

patto e l'alleanza, fiero

Vedr corruccio

e affanno.

al fin dell'opra

Vedi che d'Afrasyb altro non ebbe


Fuor che vampa di sol che lo distrusse,
Un giorno Siyavsh. Il dolce capo
Ei die d'un tratto a manifesta morte,

Ei giovinetto, di cui mai l'eguale

nascea. Deh! quali


Opre poi fece di quel grande il figlio
Quando Turania e il suol d'Irania insieme
Con l'armi devast! Ma voi frattanto
Fate che noi per via secreta e chiusa

Da mortai madre non

repentina dal turanio suolo

In Irania portiam questa novella

Un'epistola mia gi per

Gherdy

Composi, che al cor mio grave rancura


Ebbi di

ci.

Cotesto egli palesi

All'iranio signor,
Il

nostro affanno e

Com'egli udr, per

gli

appresenti

nostro duol. Cotesto

il

la forza

di Dio,

Al sagace mio
Ognun le rispondea Fin che tu
In Cina e Irania la regina sei,
dir porr sua fede.
:

sei.

gi potria dal loco tuo scrollarti

Di ferro

un monte. Ai

valorosi in guerra

Col valor tuo tu se' la guida, e accorta


Pi d'ogni saggio ben sei tu, pi saggia

D'ogni avveduto consiglier. Siam noi


tutti e il comandar gli tuo,

Tuoi servi

In tal deso la legge tua col voto.

225
Gom'ella ud, l'esercito raccolto
Volle in ordin veder, pose sue genti
Agli scrittoi per dar monete attorno

E venne a riguardar l'ampie falangi


E in questa parte e in quella. Ecco!

scegliea

Cento e sessanta e mille eroi gagliardi.


Di cui, nell'ora della gran faccenda,
Niun cavalier volgea la fronte a dietro
Dinanzi a dieci. E poi che attorno assai

Monete ella don, fece a sue case


Ritorno ancora e cos disse ai prodi

Che aman

la

pugna

Qual

di voi gi vide

L'alta correggia di sue staffe, in core

Mai non si turbi nella sua fortuna,


Umile od alta. Da raccolta folla
Di nemici crudeli egli non tema.

Anche

se capi sanguinosi e tronchi

Cadessero su

Nubi del

ciel.

lui dalle

Le

vaganti

redini da questa

Nostra partita egli non volga a dietro,


Non tema se correndo a lui di contro
Il nemico ne vien. Vuoisi che noi
In Irania passiam, vuoisi

che accanto

Al sire andiam d'ogni gagliardo in terra,

Che

in turanico suol

come

stranieri

Siam veramente, ne sostegno o amico


Vantar possiamo, fra cotesti grandi
Noi grami e oppressi. Andar si vuol nell'ora
Che l'etra oscura si far, nel tempo
Che dal grave dormir stordita sia
De' nemici la mente. Al partir nostro
Increscioso non serbate

Anche

se

il

venga esercito

core.
di

Cina

contrastar con voi.

nostre terga principi verranno

Con

le lor

FiRDnsi, Vili.

Che veramente

clave ponderose. Intanto,


15

226
L'alma recate

sii

le

palme vostre

Nell'estremo periglio, e se nemica


Grente qui giunge, e ricevete e date

Che se in tal disegno


Vostro consiglio non s'accorda, niuno
Da questo loco muova innanzi il piede.

Golpi tremendi.

Dissero ad alta voce: Ecco! siara noi

Tuoi servi

tutti,

Ci partirera,

non

ne dal tuo consiglio


dal

comando

tuo.

In questo s'accordar, levarsi poi

guerra con

Tutti, la

Ad apprestar.
E Yelan-sneh

gli eroi

di

Gina

Coi pi famosi in guerra

e prence Ized-gashspe
Balzarono in arcion. Morir con gloria,
Ognun dicea, meglio d'assai che in vita
Rimanersi e veder Gina festante.

Ratto scendea la donna accorta e saggia


Alla pianura ver le carovane

cammelli volea che a lei dinanzi


tutti. De' cammelli addotti
Tremila ella scegliea, perch sovr'essi
G-rave di provvigioni imposto fosse
Il carco. Allor che fu la notte oscura.
Balz in sella Gordieh, quale un eroe
Dall'alta fronte, con la clava in pugno.
i

Passasser

Sul dorso al palafren gittata in pria

una gualdrappa e cinto


un ferro e un elmo,
guerrier, postosi in fronte. Rapida

D'inclito prezzo

Un

ricco usbergo e cinto

Qual di
Qual bufera,
Per la dirotta

ella traea l'esercito


via, nel

giorno splendido

nelle notti tenebrose e oscure.

XXXVI. Morte
(Ed. Cale.

Ma

227

Teburg.

di

p. 1976-1979).

da sue schiere venian molti allora

Fidati alla merc, venian chiedendo

A lui sen venne


Deh! glorioso
Signor di genti che alla pugna aneli,
Al suol d'Irania volgesi un esercito
Arditamente, e vengon molti aita
Al re
Il

Gina

di

aita.

fratello e dicea:

A me

chiedendo

disertori.

Eterna

Sulle tue porte restera vergogna

re

Di tanto.

di te la terra

tua

Si riderebbe con tue genti ancora.

Come
Per

intese cotesto, ecco! che sparve,

molta, vivido colore

l'ira

Del re di Cina dalle gote. Affrettati,


Ei disse al fratel suo,

Armate

L'esercito

che

Se tu

arrivi,

Non

mena

schiere, e vedi

gli

adoprar,

ma

impetuosa foga

primamente

dolci

quei conosce

di

Nostro costume, e chi

ci

Infuse in essi tal timor.

Affabile

ti

tue

va, tocchi di via.

Parole adduci. Niun

Parole dolci e

le

omai qual punto

ai

avverso forse

Tu

parla

fuggitivi in atto

volgi e col valore

Lor solleva la fronte. E se qualcuno


Viene a giostrar con te, virt dispiega,
Lungi mai sempre da ogni indugio. D'essi
Fa in Merv un ampio cimitero e il sangue
Renda rosso quel suol qual di fero
Con seimila eroi
Augel la piuma.

228
Cavalieri belligeri, trascelti
Di Turania fra

prodi,

il

capitano

Allor san venne. Al quarto di raggiunse


I

che nel petto


donna preclara.

fuggitivi, e quella

Avea cor

di leon,

Tosto che vide le falangi armate,


Pensier per esse non si die nel core,
Ma da sue file, qual bufera in volta,

Al cammellier sen venne.

Le provvigioni

tergo pose

e dell'assalto corse

loco a riguardar. Del suo fratello

>

Vestia la donna Tarmi rilucenti,


Balzava in sella a un palafren veloce,

II

gi in battaglia questa schiera e quella

Ordinavasi

allor, posta la vita

palme per deso gagliardo.

Nelle lor

Tebrg allor, che il principe di Cina


Vecchio lupo dicea, balz dinanzi
All'esercito e disse a' prenci Irani

Forsech quella donna e saggia e accorta


In quest'ampio drappel non si ritrova?
Poi che Gordeh quell'armi ponderose

Avea

vestite, cinti

fianchi suoi

Qual costume de' guerrieri, lei


L'animoso Tebrg non riconobbe,
S che il tallon sul fianco al palafreno
Forte premendo, corse innanzi a lei,

dissele: Di' tu dov'io potrei.

Fra queste

La

schiere, dell'estinto prence

sirocchia cercar? Ch'io pur con essa

Ho a
E de'

dir parole e degli antichi tempi


novelli ancor.

Ecco
Contro

Gordeh

ch'io quella son .che

a'

il

rispose

lei

leoni truculenti incita.

che

palafreno

l sedea sul palafreno


Qual leon battaglier, come la voce

Di

;?

229

Tebirg intese, alto stupor


Ei disse: Nel suo regno

Te

sola scelse

gli

perch tu a

Dolce ricordo di

Behrm

venne.

signor nostro

il

lui fossi

gagliardo,

Eletto cavalier. Disse che questa


Ricompensa del ben che fea quel prode,
Egli darla dove ascoltar ti piaccia
Le sue parole. Affrettati pregavarni,
,

di'

a colei: Se di quel ch'io

ti

dissi,

Piacer non hai, sappi che il ver non dissi,


E ch'io pur anco dal disegno mio
Mi traggo a dietro. Ma tu andar non di
Da' miei confini; deh! non farlo, ancora

Se un dolce sposo tu non brami . Queste


le annunzia per tal guisa, e questo
Consiglio mio se non le aggrada, in ceppi
Ratto la poni. Chi a la stolta impresa
Cose

Cos

la

spinse, le parole sue

Pi ch' misura, d'avventar presunse

Da questo campo

di battaglie,

lui

Gordieh rispose, in altra parte vadasi,


Lungi da nostre schiere. Io la risposta
Per ci che di', l li dar, consiglio
Ti porger per ci che chiedi, acconcio.
Usca Tebrg delle falangi accolte

Via dal cospetto e sen venia con

lei

Inclita e ardita, e quella accorta e saggia

Ratto che

il

vide l da solo,

il

volto

Sciogliea dall'elmo nereggiante. Disse

Behrm vedesti, un cavalier pugnace,


Anche applaudisti a le battaglie sue.
D'un solo padre e d'una madre sola
Egli era meco, ed ora il tempo suo
Al termine tocc. Ma di te prova
Io frattanto far, ch'io con la voglia
Teco a giostrar m'inclino. E se tu degna


Di sposo mi vedrai,

Per

sposo a

farti

dillo,

me

che forse

tu basti assai.

ella disse ed incit

Questo

230

il

destriero,

corse dietro a lei Ized-gashspe.

Al cinto

Tebrg

di

Colpo d'asta vibr,

Ne

un tremendo
che l'usbergo

ella
si

trapass coi fulgidi gheroni,

di sella a capo innanzi cadde


Miseramente. Sotto a lui l'arena
Divenne un rio di caldo sangue. Allora
Yelan-sineh guerrier con una eletta

Ed

ei

Di prodi suoi verso


Incitava

il

il

campo

destrier; tutto ei

dell'armi

rompea

L'esercito di Gina incontanente.

Molti guerrieri trucidando e molti


Atterrandone ancor, molti ferendo,

E andavano con lui dietro a' fuggenti


Fino a due parasanghe i suoi guerrieri,
Non

molti in sella degli avversi eroi

Incolumi lasciando. Era quel piano


Un rio di sangue in ogni suo confine.
Un si giacea tronco del capo, e l'altro
Gol capo in gi travolto e sanguinoso.

Come

L verso

si

Irania, al re de' prodi

Rapidamente. In

mosse
andando
posava

vittoria ebbe colei,

Amy

si

alquanti giorni rimanea, nel seno

Molte cure accrescendo, e un foglio suo


Al fratello del cor scrivea nell'ansia,

A Gherdy

battaglier, notificando

Ogni opra sua compiuta. Allor che spento


Giacque Behrm guerrier (scrisse colei)
Del suo fratello con l'angoscia e il duolo,
Molti per me, per te, diede consigli

Acconci e saggi. Deh! quell'alma sua


Scevra d'affanno sia per noi Dirai,
!

231

Dissenni ancora, all'inclito sovrano

D'Irania bella qual da

Udito hai tu!

Ma

me

poi

consiglio

che giacque

estinto,

Venneci a tergo formidabil schiera,


Guerrieri

tutti celebrati

in guerra.

Ora, in aspra tenzon tale fec' io


D'essi governo, che battaglie mai
Pi non vedranno da tal giorno o cene.
Molti sono con me principi illustri,
Ne per vuoisi che periglio o danno

Lor tocchi mai. Frattanto


Qui m'assido a veder se

Mi recher

la stella

su

io

la via

la risposta

mia propizia.

Indi sedette in molta pace

sire

il

D'Irania bella, poi che tolto fue


Dall'alto suo sentier

Behrm

gagliardo,

vide allor quale de' grandi a lui

Odio recasse e ribellante incontro


Gli stesse a contrastar. Ma un giorno
Nobil ministro cos disse: Oh! come

al

Potria celarsi l'intimo pensiero?

Ad

ogni istante chi uccideami

Mi passa innanzi ed
Di sangue!

la

Ma

il

padre

congiunto mio

poich piena

serena anima mia,

di

di doglia

prence

Opra far qual mi si addice.


Allora,
La regal mensa fu imbandita, ed ei
Bevve del vino e Bendy truculento
Pose in ceppi in quel d, poscia si volse

f' tai

Or

gli

detti al consiglier:

Perch'egli poi, privo

di

mani,

spargere dei re pi non


All'infelice e

mani e

Ratto a l'istante ed

Dal corpo

troncate e mani e pie col ferro,

ei

si

il

sangue

accinga.

pie fr tronchi

mor, lasciando

re Khusrv l'anima sua feroce.

suo

232

Indi un suo fido in Khorassn mandava


Con molti prieghi. A favellar la lingua,
Disse, non muover tu con uom vivente,
Ma di qui vanne fino all'erme porte

Del guardan de' miei confini. Al prode

Gustehm

dirai tu

Per ninna guisa, e

Non

poi

indugiarti

che

letta avrai

Questa epistola mia, vieni a me ratto .


In Khorassn giugnea quel messaggiero,
All'ostello giugnea dell'opulento

ricco sire e gli dicea qual fosse

Alto precetto di Pervz, che prence

Novello egli era e spargitor

XXXVII. Nozze

di

sangue.

di

Gustehm

e di Qordeh.

(Ed. Cale. p. 1979-1981).

come ci
Gustehmme e

L'esercito de' suoi,

In via sospinse

intese,

tutte

chiam le falangi disperse,


Fin che tocc di principi e d'illustri
L'alte citt, fin che d'Aml, da Sari,
Ei discese in Gurgn. Quivi egli uda
se

Che crudel

si

facea l'iranio prence,

Trucidando improvviso

il

Bendy

le

preclaro. Ei

annunzio

fi^atel suo,

man

in ascoltar,

Il

tristo

dall'arcion del baio palafreno

si

co' denti,

morse

Al suol balz. D'eroe la rilucente


Veste squarciossi e lagrimando il capo
Sparse di polve, ch'ei vedea che il sire
Dell'ampia terra lui volea pur anco.
Il

Si

padre a vendicar, punir di morte,


che in sospiri e in gemiti dal loco

dietro

Che

si

233

torn. Detto tu avresti

a rapida tempesta era congiunto.

Cosi raccolse le disperse genti

alla foresta di

Rapido
D'Aml

Narvn discese
come giunse accanto

in corsa, e
ai

monti

in quella selva

oscura

L'esercito men. F' da ogni parte

Impeti e

assalti,

L'improvviso

ed era sua vendetta

assalir.

Da

tutte parti,

Ov'eran genti inoperose e vuote,


Venan le genti a lui servir, d'un pane
Per il misero prezzo; e dove un campo
Era d'armati dell'iranio sire
tal gente Gustehmme avea
Contezza certa), su lor teste rapido
Ei si gittava, l'esercito avverso

(E di

Intento a scompigliar coi

Ma

di rincontro,

fieri

come venne

colpi.

al sire

Gherdy gagliardo, s narrgli quale


Governo fea, con le sue forti schiere,
Di lui la suora, degli eroi che

Mand

di Cina,

quando

in

il

prence

Merv con l'armi

E di rincontro
Anche sapea che di Behrm guerriero
Andava colma la misura il prode
Gustehmme e sapea che con immensa

Tutti gli sgomin.

Schiera d'armati si parta dal fianco


Del superbo signor famoso in guerra
Gordeh preclara; anche sapea che in guerra

L'avea seguita esercito di prodi,


Qual governo ella fea d'esti campioni
Che di Cina venan. Quel valoroso,

Ad incontrar la donna illustre, fuori


Men sue schiere, e qual tempesta in

volta

Fuori balz dalla foresta oscura.


Gordeh che il seppe, s'avanz veloce

234

Co' prenci suoi, con

g' incliti

la

Grustehm che su

guerrieri,

via lontana

Tanta schiera verlea, spron il cavallo


Di sue genti dal mezzo. Ei venne allora
Pieno d'angoscia appo Gordeh, portando
Per l'estinto Behrm acerba doglia
Anche narrava di Bendy caduto
L'affanno e con la manica tergea
Stille di pianto da le ciglia. Ei vide
;

Ized-gashspe e Yelan-sneh e ratto,

Ben che

lontano, lagrimando scese

Dal suo destrier. Narr che tratto a morte


Avea Bendy l'iranio prence allora

Che da

lui si rivolse la fortuna,

che detto avrest non esser figlio


Di Bendy d'una suora il prence iranio
E Bendy di sue membra il caldo sangue
Non aver dato pel suo re. Bendy
Si

pie del suo signor l'anima forte

Parea

E
E

spirar, se lungi ei n'era, e tristo

si fea. Ratto le mani


prence or gli troncava in quella
Guisa davver che ben s'addice a sua
Grudel natura. Ma, frattanto, oh quale
Speranza in voi per lui? Frutto dai rami
Di tristo salce mai non spunta, e il sire
Far di voi peggior governo assai.
Si che a vii prezzo scenderan le carni
Per le iranie citt. Com'ei da lungi

cruccioso
i

piedi

il

Yelan-sineh vedr, n'avr disdegno.

Rinnovando
Gil tu pur
Ai valorosi

il

pensier di sua vendetta,

fosti,

di

o Yelan-sineh, duce

Behrm, per

lui

Toccasti in terra ogni tua voglia. Intanto,

Se da colui
Gonsiglio

si

fia,

guarda alcun, migliore


meglio

fia

assai se acuto

235

un suo pugnai. Ma, voi


Se meco a un patto v'accordate, in tutto

Gli sta alla gola

del meno e del pi consiglio pongasi.


Ognun che intese quel consiglio, in core

L'accolse ratto, che ciascun cercava

Da

perigliosa via balzar lontano.

Rapida
Di

Behrm

Cadea
I

colei,

tutte

membra ndo

lei

l'opre; e vinta alle parole

che nel suo cor possenti

pensieri scendean. Tutti s'accolsero

A Gustehemme
E

a favellar la lingua

ei sciolse

Appo Gordeh,

valoroso intorno,

suo consiglio torbido ed oscuro


Ebbesi luce allor. Gotesta donna,
il

Ei disse un giorno a Yelansineh, forse


Che d'uno sposo non favella? o forse
Ch'ella grandezza per tal via non brama?

Cos rispose: S'io favello a

lei.

Investigarne con parole molte


II

core ne potr.

Donna

preclara,

Gordeh cos disse, in questa terra


Di dar consigli ti scoversi degna.
Dal re di Gina di fuggir scegliesti,
E questo ben ti sta, che l'alma tua
A' Persi inclina. Or che di' tu del prode

Gustehemme ch'
Duce di schiere e

zio del nostro prence.

principe gagliardo

Sposo che vien d'Irania, ella rispose,


Mai non fia che disperda il nostro seme.

E Yelansineh a Gustehm la diede


Gustehemme, eroe

Inclita sposa, a

D'anima forte e di monarchi figlio,


Ed ei la tenne quale un fresco pomo
Che nell'alto degli alberi non teme
In basso di cader. Tutte le schiere

Che venan da Khusrv

in quelle parti.

236

vedean d'un tratto


come una gente
dispersa,
andavane
armi
in
Venuta
I vinti eroi ne proteggea pur anco.

Lor vieta sorte

Rinnovellarsi, e quei,

XXXVIII. Morte
(Ed. Cale.

fu cotesto fin

Anche

di

Gustehem.

p. 1981-1983).

che lungo tempo

trascorse. Piena di cordoglio

Era per Gustehm l'alma del sire.


Si che un giorno a Gherdy, nell'ira
Ei disse: Gustehm si f' congiunto

lui gi gi si affollano

Gordeh, presso a

Schiere

infinite,

ed

sua,

io

mi penso e credo

Ch'ella cotesto consigliava ai prodi.


D'esploratori miei da Aml qui venne

Un
Si

tale, e ci

che

in pria celato stava,

divulg. Questo

Fin che

in ciel

si

ei dicea, la

perde, fin che

luce
gli eroi

Ebber la vista dal veder distolta.


Ma quando l recar lampade e vino
I paggi intenti e sgomberar l'ostello
D'ogni pi estrano, re Khusrv si assise
Con principe Gherdy, di molte e varie
Cose intento a parlar per questa guisa:

Ampia una schiera e belligera e forte


Di qui ad Aml mandai. Tutti feriti

tutti avvinti ritornarsi

prodi,

Si ritornar pieni di affanno e in gemiti


E in struggimento. Un solo mio consiglio

Ho

in

me

frattanto,

ben che lieve

ei

Di re pel trono e per il serto. Allora


Che la diritta via Behrm Giubmeh

sia

237

Perdea d'un tratto, amica nostra sempre


Fu Gordeh valorosa. Arte sottile
Or io serbo appo me (tu innanzi a gente
Motto non farne), e tosto un foglio acconcio
Scriver n' d'uopo per colei, che uguagli

Un

rivoletto di odoroso vino

un

Di paradiso in
Io le dir,

Ed

giardini Dal tempo,

che tu mi

se'

alleata in tutte l'opre


in ogni loco,

si

propizia

mie

volgea stagione

In ciel ben lunga, n la lingua mia


Os pure al mio cor svelar l'arcano.

Ora stagion di favellar


Che m' Gherdy quanto

propizia.
la

mia persona

Diletto e caro. Vedi tu se un'arte


si perda
capo reo, schiacciando
Qual di sotto a una rupe alto cadente
Gustehm, conquistando e la mia casa
E questo core. Come tanta impresa
Compiuta avrai, l'esercito tuo prode

Usar

t'

dato per che alfin

Di

Gustehemme

quanti amici tuoi son per la terra.

il

Grazia avranno appo me, vili e dispetti


In nessun loco a me saranno. A quelli

Che vorrai
Per ch'elli

tu,
si

dar province e terre,

quai prenci in lor dominio

Abbiansi potest. Vieni tu intanto

Al mio dorato gineceo,^ compiuta


Ratto che avrai la mia vendetta. Molti
Io pongo in ci miei giuramenti e aggiungo
A' consigli di pria consigli ancora
Gherdy rispose: Vivi tu beato

Come la stella del mattin fra gli astri


Che dalla Spiga han nome! Ecco! tu sai
Ch'io de' miei

La mia terra

figli

l'anima diletta.

fiorente e la

mia

casa.

238

Nulla del capo tuo veracemente


Stimo al paraggio, anche se molto pregio

Han

tali

oggetti. Or' io

mandando

a quella

Sirocchia mia cotal, render luce


Alla sua

mente ottenebrata. Un

foglio

Gol suggel del mio re qui chieggo intanto,

Con

le

sue cifre splendide qual luna

In ciel sereno.

mia donna ancora

la

Alla mia suora inver,

mandando

In tal messaggio mio lungi da

lei

Ogni sospetto, che cotesta impresa


Opra sola da donna, assai di donna
Atta

a' consigli.

E ben

quest' io vo' pensando,

vuol che

si

il

tuo messaggio vada

Alla sirocchia mia. Quale tua voglia,

Ratto

si

compir l'impresa ardita.

Nulla aggiunger

si

Re Khusrv che
Si

vuol, nulla scemarvi.


l'ud, lieto si

fea,

che fuggian, qual'aura, dal suo core

Gli antichi affanni. Carte ai tesorieri

Chiese a l'istante e da contuso muschio


Di color bruno sue parole acconce

chiedere

si f'.

Scrisse

una

epistola

Qual un giardino, pien di fresche rose


Qual di fanciulla turgide le guance.
Di sacramenti e d' impromesse piena

di patti

di lusinghe.

e di molti ammonimenti

E come

fr le cifre

Del regal foglio asciutte e terse, in muschio

Vi fu apposto un suggel. Scrisse pur anco


Gherdy guerriero un'epistola sua
E molti ancora vi spieg consigli

Acconciamente. Al principiar del foglio


Ci che fece Behrm, qual tristo

Fece

alla casa e alla

sua terra,

prosegui: Concedagli l'Eterno

nome
ei disse


Il

239

suo perdono, ed egli mai

non

di tante

Sue guerre e

liti

Chi

non ha, all'opre sue

nt'll'alina

si

penta! Senno

Non riguarda sottil. Poi ch'egli andava,


Dietro gli andremo noi, fidando in quella
Dell'Eterno giustizia. AUor che giunta
La donna mia sar da te, la tua
Mente ch'e

fosca, ella far pi chiara,

E tu, sorella mia, da sue parole


Non dilungarli. Che se il fai, davvero
Che la tua sorte perder sua luce!
Di re Khusrv le cifre egli nascose

Nella epistola sua, quel foglio poi


In seta avvolse e la sua donna accorta
lui, si fermo
Nel suo deso, bene ascoltando i detti.

L'epistola prendea, di

Andavano correndo alla foresta


Ch' di Narvn, lei donna e messaggiera
Ad una donna. Ma Gordieh fu lieta
Qual dell'anno
E di fragranze e

Le gote

si

la stagion pi bella,
di

abbell.

colori e fregi

Molte fr dette

di Behrm, gi da le ciglia
Molte lagrime sparse, indi in secreto
La messaggiera, consigliando a lei.
Porse a Gordieh del suo signor l'epistola

Parole

Con
Che
Vide

le cifre

del re. Davver!

che allora

cotal dorma, leonino core.


il

foglio regal, detto tu avresti

Che scendere ella vide in su la terra


La bianca luna! Ella sorrise e disse:
Tal che ha cinque alleati, ardua cotesta
Impresa sua non stima.
E cinque allora
Amici a se chiam, poseli accanto

Di

Gustehemme

a la notturna stanza,

le cifre del sire

a quei soltanto

240

Suoi cinque amici recit, nascoste


assemblea le riserbando,

All'inclita

come

Poscia,

favellar,

Ferm con

disciolte ebbe le labbra


subitamente il patto

Come

ancora

quelli e le lor destre

Strinse nella sua

man

nell'ora istessa.

discese l'atra notte, spense

Ella ogni luce ed improvvisa

il

pugno

Dello sposo dormiente al labbro appose;

Anche

venan da quelli

alleati le

Subitamente, al capezzale accorsi


Dell'inclito guerrier.

Molto con l'ebbro

Che assopito giacea, lott colei


E al fin dell'opra ne fren la lingua
Che gridando assala. Cosi nell'ombre
Mora quel duce

di gagliardi,

L'atre notti lasciando e

Ma
E

ad

altri

d sereni.

dentro alla citt grida levarsi

gemiti e dimandi e in ogni vico

Sorse incendio e tempesta. Allor che intese


L'imperterrita donna i gridi alterni.
D'un greco usbergo la persona eretta
Vestendo, per la notte ombrosa e tetra
Gl'Irani tutti convoc, parole

F' molte a lor di queir ucciso e

il

foglio

Mostr del sire, augumentando a tutti


Forza ed audacia in cor. Gridaron lodi
I

prenci

tutti,

al

re benedicenti,

sul foglio regal sparsero

XXXIX. Nozze

di

Gordeh

gemme.

e di

Khusrev.

(Ed. Cale. p. 1983-1986).

Calami chiese l'intrepida donna


il vasel degl'inchiostri e in molta pace

Col suo fidato consisrlier

si

assise.


Un
E

di

:^41

foglio scrisse a re Khusrv, d'amici


nemici favellando, e in pria,

Del foglio al cominciar, di Chi dal core

Scaccia purificando

rio pensiero

il

sue laudi, e aggiunse


L'impresa che il re nostro impose a noi,

Della vendetta,

f'

Or si compia di chi l'onora ed ama


Conforme al desiderio. Iva dispersa.
Per la fortuna del gagliardo sire.

mondo

Del

reggitor, l'ampia falange

De' suoi nemici. D'ora in poi deh

quale

Ci dai comando, e quali a' servi tuoi

Orecchini

Come

di

schiavo appender hrami?

giunse a Khusrv

Novella gioia venne in

Donna

preclara.

lui

l'inclito foglio.

da quella

Un messaggier

cercossi

nobil re, pari a leon gagliardo,

Il

Accorto messaggier, d'alma serena,


D'alti destini, e fu

un

notato

foglio

Quali d'Arzhng sono le cifre in China,

E molte laudi vi fr dette. Il sire


La nobil donna a sua regal dimora
Cosi chiamava e lei dicea nel foglio
Splendido serto de
Il

messaggier,

Andavane a
E le parole

la

bianca luna.

come tempesta

colei,

in volta,

donna preclara,

ridiceale acconce.

Tutte, di re Khusrv.

La

nobil donna,

D leonino cor, del re sovrano

Per

l'epistola allor

parve qual rosa

In sue tinte smaglianti a primavera.


Si

che tosto

suoi prodi ella

chiamando

Alle sue porte, die stipendio attorno

al

primo albor del

di

vegnente l'ampie

Provvigioni ordin. Com'ella giunse

Vicino alla citt del suo signore,


FiKDusi, Vni.

16

242

Esercito d'eroi per la sua via

Le ascese

incontro, e poi che da la via

Entr nel regio ostel, l'accesso ell'ebbe


Subitamente.

Il

cor del suo signore

Libero scorse da ogni cura e affanno,


S che molti e pregiati e ricchi doni
Ella al pie gli gitt, trassegli innanzi

Quanti eran seco principi e guerrieri.


L'ampia ricchezza ed i tesori accolti
Tutti ell'addusse al re dinanzi e tutti

Partitaraente al tesorier

gemme

li

porse,

Monete e
Copia, che ninno inver sapeane quanto
imperiali in tanta

Il

novero stimarne, auree corone

cinti e vesti in

or tessute e troni

In nitid'oro e targhe auri-fulgenti.

costei,

pari a nobile cipresso,

Nelle sue gote a primavera eguale

Veracemente, come augel superbo


Nel fiero incesso (brune le sue trecce
Qual la notte e qual mattin sereno
Candido il volto; che piovean lucenti
Perle dal labbro suo, tu detto avresti),
Riguardava Khusrv. Alle sue stanze
D'Irania bella inviavala

il

sire,

nel gineceo d'ogn'altra assai

Suo grado era maggior. Tale mandando


A Gherdy, di colei nobil fratello.
Tale mandando

al

suo ministro ancora.

Aita a lui nelle sue imprese,

Come eran norme

di

lei,

chiedea
l'accolse e cara

sua

f,

Qual sposa eletta. Ei si


L'avea cos come sua dolce vita.
Fra i compagni di lei sparta pur anco
Incliti

doni e fulgide monete

cose molte di diversa foggia.


Due settimane

243

trascorreano, e

il

prence

Cosi a quella dicea: Per questo sole

E per
Dimmi

la

luna e

la

corona e

il

trono,

tu la battaglia di cotesti

Del re di Gina, e come a quelli in mezzo

L'armi cingesti a' fianchi tuoi dintorno.


E Gordleh rispondea: Vivi beato,

d'Irania signor, col dolce aspetto

sostegno all'alme nostre. Imponi

Sii tu

Che

qualcun mi adduca,
Arco mi apporti e un scelto laccio e un'asta
E un elmo e da battaglie una corazza
E di frecce mortali in duro legno
Colmo un turcasso.
E f' cenno a un valletto
sella e palafren

Il

nobile signor d'Irania bella

disse:

fra

Un

trono tu mi appresta adunque

roseti ne' giardini miei.

Di vigli core, andavano

valletti.

Greci paggi e Turani, e mille ancora


E dugento vaghissime fanciulle
Di principe Khusrv. Detto tu avresti

Che

spazio nel giardin

Come

pi non restava.

splendido sol Shirna intanto

Avanzavasi in mezzo ed incedea


Nella sua altezza qual d'un erto
Di bianco argento.

Appo

stelo

l'iranio sire

Anche andava Gordleh, forte un usbergo


E un elmo greco a un garzoncel chiedendo
Turanio, ed incedea dal loco ov'era
Assisa un tempo. E cinse la cintura

la lancia impugn. Deh


tu mi sii
Qual tesorier, disse a l'iranio sire;
Volgimi gli occhi ed assentir ti piaccia.
A tal femmina, ricca d'ogni pregio.
Die l'assenso il gran re. Venne colei
Appo al suo bruno palafren, la lancia
!

244

Piant a l'estremo nel profondo suolo


E rapida qual nembo alta in arcioni

Balz

di terra.

Qual

di giostre

un loco

Ella trascelse in quel giardin fiorente

da destra

si

schiuse e da sinistra

un varco.

In varia foggia

Di tratto in tratto

Pi de

le

Ella volgea

palafren, cacciando

il

fosche nubi alte le grida.

Khusrv: Nell'ora appunta

Disse alfine a

Di mia tenzone con Tebrg, un lupo


Fero ed agreste in questa guisa fui,

Shirna disse allor: L'armi guerriere


Cos porgi a' nemici, o re del mondo?
Ben fia che il sangue del fratello ucciso
Ella ricordi ancor,

Ch'ella

ti

Col tuo nobile stato.

Con una veste

ch'io gi

temo

tragga in manifesto esizio

tu frattanto

sola in trono assidi,

libero a costei da tutte l'ore


l'accesso

appo

te.

Cosi disse a Shirna

Con
il

un

sorriso

re del mondo:

Non cercar da costei fuor che leggiadre


E quella intanto, vaga
Opre ed amiche.
Qual luna in viso, andavane dattorno
E con atti di guerra e con cortesi
Atti d'amor belligeri guerrieri
Iva imitando. Oh! almen qui fosse alcuno,

A me

dinanzi, ella dicea, de' fieri

Nemici del mio re, qui nel fatale


Loco dell'armi! Nel regal cospetto
D'arcioni il leverei come gi un tempo
Stupa l'iranio prence
Tebrg levai!

Al rimirar l'eretta sua statura


E gli omeri e la forza e il ferreo braccio.

donna
Fin che tai detti le rivolse:
Che biasimar della fortuna tua

245

mutarsi non puoi, fa ch'io qui vegga


Se con un nappo di purpureo vino
Il

Ferma

o debil sarai su l'orme tue.

Colmo di regal vino un fondo nappo


La femmina gagliarda in man si prese,
Tal che fuggito ne sara pur anco
Vinto Ahrimne. Posti ognun vi avea
Fermi gli sguardi, ma Gordeh, d'un fiato,
Di principe Khusrv gridando il nome,
Quella fonte essicc di color d'oro.

Davver! che ne stupia l'iranio sire


gridavale ancor Deh tu leggiadra
Qual bianca luna, che battaglie cerchi.

Quattro son duci a

me

Custodi a

me

per l'ampia terra,

dell'alma mia. Ciascuno

Dodicimila ha cavalieri seco


D'Irania, di

Anche

gran foga entro

gli assalti.

nel mio, che d'auro splende intorno,

Inclito gineceo, l, nella casa

Di

gemme

Con

adorna, con monili fulgidi,

orecchini, tenere fanciulle,

Dodicimila, son. D'oggi in avanti,


G-ordeh, tu sei di tutte

alma custode,

Poi che affanno pe' tuoi gi sopportasti

E grave

cura.

vogl' io

che alcuno

Parli d'esse giammai, vecchio o garzone,

Te

sola tolta.

Lieta Gordeh

Come
si

f',

ud cotesto.

libera

omai

Di gente avversa da' rimprocci.

Il

suolo

Ella tocc con la sua fronte, a quella

Di prence maest benedicendo.

246

XL. Oppressione

di

Rey.

(Ed. Cale. p. 1986-1989).

Dopo

Lunga

cotesto trascorrea pur anco


stagione, e per salir soltanto

Dell'inclito signor la chiara stella

Volgeasi in

ciel.

Co' principi e co' saggi,

Co' sapienti d'ogni cosa esperti,


Si

Un
Fu

bevea re Khusrv ad una notte


vin gagliardo. In quella festa ancora

un nappo, e di Behrm su quella


nome. Di gittar quel nappo

visto

Notato
Tosto

il

f'

cenno re Khusrv, e

il

core

Di liberarsi dal pensier di quello

Subitamente per ciascun. Principio


Fecero allora ad oltraggiar l'estinto
Behrm i prenci, a maledir quel nappo
E chi '1 recava, e il re parl: Deh! intanto^

Per

colui

malvagio,

il

suol di

Rey

Elefanti belligeri calpestino

Gol pie ferocemente.

Fuor da l'empia

E Rey

Anche

citt la

si

scacci

gente accolta

s'uguagli a desolato

Degli elefanti sotto al pie.

campo

Ma

l'inclito

Consiglier cosi disse al re sovrano:

De' prenci

Kay

nobile erede, a questo

Deh! mira che cittade inclita e grande


Rey veracemente e che non vuoisi

Che

Ne

il

suol fiorente gli elefanti addotti

calpestin col pie. L'opra nefanda

Iddio dal ciel non gradirebbe e ninno

De' sapienti per la terra attorno.

Tal qui

si

vuole, al consiglier rispose

^m

247

L'iranio prence, d'indole malvagia

privo. Egli governi

di famiglia

Citt di

Rey per alcun tempo

e sia

Inetto e ignaro e in favellar maligno.


dir di cotest'uom

Oh! chi
I

certi segni, o nobil

Disse

il

prence? a

reo
lui

ministro. Gercheremlo noi,

Addurremlo qui ancor, ma non dato


Addurlo mai senza che alcun ci guidi.
Re Khusrv rispondea: Tal mi fa d'uopo

Che

cinguettier

Rossi

Pallido

si

mostri e

di vii sorte.

capelli e laida la persona,


il

volto e storto

il

naso, tristo

Ne' suoi pensieri e di veduta corta


E piena l'alma di rancura. Malo
Di core ei

sia,

dispetto e

vii,

la

mente

D'odii nutrita e la sua lingua piena

Di menzogne procaci.

Ambo

lunghi

volga bistorti e

gli

occhi grigi
i

denti

Mostri e pel suo sentier, qual tristo lupo.


Vadasi incurvo a tortiiosi passi.
Tutti del sire

Meravigliar,

di

sacerdoti allora

quello

Prence Khusrv, novello

che disse
detto.

Ognuno

Molto cerc pel mondo attorno, ognuno


Di quell'ampia citt, principi e servi,

E accadde

si

che un giorno appo

Dalla via aperta


Il

un uom

l'iranio

fu addotto quale

prence design. F' cenno allora

Che innanzi

a lui condotto ei fosse, addotto

Innanzi a lui cotesto falco; e tosto

Nel suo cospetto altri adducea colui,


S che ridea la gente attorno ed ogni
Uom d'armi ne ridea. Recami innanzi,
Disse Khusrv, quale hai tu in serbo, rea
L'uom gli rispose
Parola od atto reo.

248

mai non ho dall'opre triste


me non . Da ci ch'io dico,
Diversa opra mi fo, piena d'affanno
L'anima rendo e il corpo di colui
Che a me pregando vien. D'ogni mia possa
a me principio la menzogna, e questo
Bastami inver; n giunge la mia mano
A verit giammai. Con chi fo patti,
Io posa

E senno

in

Que' patti infrango, e

radice e

la

il

tronco

Dell'arbor di giustizia abbatto al suolo.

Sola questa tua sorte e trista e grama,


Disse Khusrv, sul capo tuo sia scritta!

Rey

Scrissero allor di

citt l'editto

Khusrv, e l'uomo infausto.


Per l'indole sua rea, grande si fece.

Ne'

scrittoi di

Una

schiera d'armati, in pria dispersa,

Affldavagli

Da

il

ei ne andava
sua natura

prence, ed

l'ostello regal, di

Malvagia e rea seco portando

Come

discese in

Rey

il

nome.

citt costui

Tristo e maligno, da timor di Dio

il

Che

Ad

core e

il

guardo

liber. F'

cenno

fosser tolte le grondaie attorno

ogni tetto, e per quell'opra stolta

In core giubil; poscia de' mici

Ampio
Il

fece sterminio, e fu dolente

cor d'ogni signor

di

case attorno.

In ogni loco egli ne andava e seco

Era una guida, e un banditor dinanzi,


ritto, gridava: Ecco! se mai
Vedr grondaie incolumi a' lor posti

In pie

mici attorno per le case,

il

fuoco

Io per que' tetti gitter, per quelle

Campagne

tutte e sovra gli abitanti

Far pietre cader d'alto sul capo.


Ogni loco frugando ove nascosta

249

Fosse una dramma, il possessor nel duolo


Gittavane per essa, onde lor case
Gli abitatori per timor di lui

Disertando venan, distolto


Da' lor campi fiorenti.

il

core

che pioggia
Venia dal ciel, non erano grondaie,
Non erano in citt custodie attorno,

Che per

tal

uom

allor

di trista voglia, infausto

Nell'indole sua rea, che in

Rey

discese

Dalla dimora di Khusrv, d'un tratto

La

fiorente citt

f'

si

deserta.

Splendea da l'alto il sol senza difesa


Sul capo a tutti, e di cordoglio piena

Era l'ampia citt, piena d'affanno


Per l'uom si tristo, e niun pel mondo ancora
Degl'infelici davasi pensiero.

fu cotesto fin

che giunse

il

mese

Di Ferverdin, quando la terra intorno

Di petali di rose porporine

Tutta adornossi e scesero dall'alto


Delle nubi del ciel, come rugiada.
Stille

piovose e la pianura e

il

monte

Si rivestir di tulipani. Allora,

Qual de' pardi la gaietta pelle.


Ebbero i prati varie tinte e il suolo
D'un broccato di Grecia ebbe colore.
Per lor sollazzi vennero a' giardini
I prenci allora e corsero per prati
Capri e gazzelle. Come vide aperte

Prence Khusrv

le

porte de' giardini

de' giardini ogni piscina scorse

D'anitre piena,
Altri desse a le

comand che

flato

trombe e colmi nappi

Altri apportasse di profumi. Assisero

Su l'erba verde e chieser vino e l'alma


Fecer pi bella per novella gioia.


Ma

250

intanto da citt di Re}' lontana

Tale a Gherdy venia, tutti a narrargli


I vieti casi. Pel dolor di Rey

Gherdy ben

Ad

un'arte

crucci,

si

sottil

Del core e tosto

che

volse

si

per quell'affanno
alla sirocchia sua,

Deh! tu, dicea, nascondere cotesto


Al re nostro non di Vedi, se puoi.
Arte d'usar perch da l'opra trista
Tornisi a dietro il cor di lui.
Gordeh
Un picciol gatto si recava allora,
Tal che da un bimbo piccioletto ancora
Scerner non si potea. Sovra un destriero
!

Da

l'auree briglie (e molte sovra l'oro


Splendean le gemme) ei si posava, e due
Gli pendean da gli orecchi aguzzi e dritti
Orecchini lucenti, e l'ugne sue
Qual tulipano eran dipinte. Agli occhi
Negro qual pece e nelle guance sue
Qual primavera, con lucenti gli occhi
Quali d'un uom che vino bevve. Intanto,
Attorno a quel giardin, quale un fanciullo,
Sul destriero ei correa, l'aurea gualdrappa
Dal dorso eretto del destrier pendendo.
Davver che il labbro dell'iranio prence
Di un riso strano si riempi Seguaci
!

Fr

del riso regal tutti que' servi,

E re Khusrv
Tu cerchi pi
Donna

d'assai fra ci

d'indole eletta, a

Ratto omaggio

E
La

cervice, di

ricorda

me

gli f' la

tu svela.

donna astuta

re che alta sollevi

cosi disse:

ti

Qual cosa
che brami,

disse a Gordeh:

il

Rey fammi

tu dono
senno tuo, disciogli

Da ogni corruccio degli afflitti il


Da Rey richiama l'uomo infausto

core.
e lui

251

Infausto appella e tristo e malaccorto


In ogni opera sua, eh' egli discaccia

Via da le case i piccoletti mici


E le grondaie svelle ad una ad una.
Della

femmina accorta a

le

parole

Rise prence Khusrv e le rispose

Donna audace, che rompi


Falangi ancora, gi

ti

le

nemiche

dono quella

Citt fiorente e que' villaggi. Tale

Accorto e savio tu vi manda e il tristo,


Quale Ahrimn di f malvagia e rea,
Maggiore
Di l t'affretta a richiamar.
Cosi la sorte di Gordieh si fea

Di giorno in giorno, all'albero fidata


Inclito e illustre del suo re sovrano.

XLI. Spartizione del regno.


(Ed. Cale. p. 1989-1991).

Poi che la possa di tal re sovrano


Lungi si stese, amica a lui divenne
Quest'ampia terra in ogni suo confine
Ed ogni prence incoronato a lui
Servo si fece; gli umili pur anco
Dovizie avean per lui. Scelse d'Irania
Otto e quarantamila prodi, esperti

forti e cavalieri atti

a le pugne,

Indi le porte de' tesori antiqui

Tutte dischiuse, quali un di riposti


Avea Pirz, avea Kobd illustre.
Divise poi l'ampio suo regno in parti
Quattro sim.li e ne segn pur anco

Ad una ad una
Poscia

di

le citt

per nome;

quegli eroi famosi in guerra

252

Dodicimila cavalieri accorti,


Di spade armati, re

Khusrv mandava

In suol di Grecia, di quel suol custodi.

Ricco e fiorente, perch gente avversa


Di Grecia mai non salisse in Irania
Onde poi questa terra ampia e ferace
Desolata non fosse, e ognuno intanto,

Di suo confin dettosi pago, quale


Fosse proprio valor, qual la possanza

Ancor vedesse. Tra famosi eroi


Dodicimila anche scegliea d'Irania
Cavalieri belligeri. Cotesti

Fino al Zabil

salir

dovean, da questi

Orti di rose a quella terra oscura.

Cos lor disse il re: Se alcun va errando


Lungi dal suo sentier, n il loco suo
Serba costante, con amor per voi
Sia quei condotto alla sua via diritta,

torna ad errar, carcere e ferri

s'ei

Gli amministrate. Esploratori vostri

Anche

inviate in ogni parte attorno

Perch ninna rimangasi nascosta


Di quante cose son quaggi. Che voglionsi
Torrieri e notte e di. Senza custodi

unqua non piacciavi.


che chiedean la pugna,

In tende pigliar sonno


Altri gagliardi

Da

l'esercito suo, dodicimila,

chiamava re Khusrv. Consigli

Saggi lor porse ed invioUi poi


Pel sentier degli Alani e quel confine
Dell'occidente lor

fid,

nemici

passaggio
ivi si avesse,

Perch niun

de'

Poscia

duci favell: Deh! voi

a' lor

Vigili siate, sotto alla difesa

Di Dio, signor del mondo!

Dodicimila

scelse ancora

altri gagliardi in quelli

253

Uomini suoi

belligeri, conforme
Al suo desire, e gl'invio lontano
In Khorassn, molti consigli e prieghi

dati in pria. Non debbe alcuno, ei disse,


Dal confin degli Heytli a quel di Cina

Lor

il pie giammai,
Se non quand'io ci sappia e ci comandi
E quegli avvinta a' nostri patti serbi
L'anima sua. Per ogni terra intorno

In suol d'Irania porre

Son ricolmi tesori, e niun la mano


Lungi ne dee tener. Tosto che d'uopo
N'abbiate voi, chiedete aperto, e

lieti

Viver possiate e senza duol campando


Siate vigili e saggi.
Aperse allora

dramme
prence Hormzd vedevi

De' tesori le porte e rec

Su cui

di

E lagrimando

a'

poveri

il

segno,

le diede.

Poi che da lui la gente ch' mendica,


Ebbesi vesti, pi d'assai

f'

doni,

che alleati erano e amici


A principe Bendy, che ree parole
Dissero un giorno a Gustehm per lui,
A chi del sangue dell'estinto padre
Gioia, dal busto il capo reo recise.
Poi che compiuta la vendetta sua
Indi a quei

l'imprecar ebbesi

Per sapienza

la

il

re, diversa

sua via

del ciel roteante

il

si

prese,

di e la notte

Dispose e in parti quattro anche divise.


Prepose all'una un sacerdote, quale
Tutte a memoria le leggiadre cose

Aver dovea,

dell'opre dell'esercito.

Dell'opere del

mondo

in ogni parte,

in secreto e in palese al re

sovrano

Dovea far motto. E se pel regno attorno


Vedea iattura da soggette genti

254

da gagliardi armigeri,

di

sua

Alta giustizia, ad operar, quel sire

lembo raccogliea. Le gi avvenute


Cose cercando e investigando, tutte
Ei giugneva a scoprir. Ma l'altra parte

Il

Della notte e del di tripudi e feste


Eran per lui con musici e cantori

E co' principi suoi sedersi in pace.


Ned ei cura o pensier di triste cose
Davasi

allor,

qual costume eletto

De' prenci illustri di quaggi.

La

terza

Parte del giorno e de la -notte ombrosa


Era per adorar pregando Iddio,
Fattor del mondo, e a computar del cielo
Superno i moti destinata a lui

Era

la quarta, allor ch'egli del quanto.

e del perch ragion prendea.


In piedi innanzi a lui stavansi allora

Del

come

Gli astrologi raccolti,

ognun che

fosse

In sapienza a lui maestro e guida;


Indi fino a met del lento corso
Dell'atra notte, egli assidea con belle

Fanciulle di Tirz letiziando.


In quattro parti ancor divise il corso
D'ogni mese dell'anno, ond'ei raccogliere
Potesse di quaggi letizia vera,

E gi una parte a gittar globi e dardi


Nella palestra fu assegnata, e un prence
D'inclito nome stava innanzi a lui
I colpi a ricordar. Fu l'altra parte
Alle cacce per monti e per

campagne

Data dal sire, onde per lui la vecchia


Et ringiovan. Tutte fiate
Ch'ei ritornava da le cacce sue.
In tarda notte o in chiaro di, ciascuno

Che avea

poter, per la citt dovunque,

255

Sul suo passaggio, nobili apparati

Ponea

di festa. L'altra

parte ancora

Al giocar degli scacchi e

al

nerdiludio

Egli assegnava e a favellar di tempi

D'antiche guerre.

Era

Ma

ciascun che saggio

e scrittore e leggi tor, quel sire

In veci alterne fea sedersi innanzi

Del mese all'altra parte, e quei dicea


Lunghi racconti. I raessaggieri poi
Appo il sire chiamavansi alla quarta
Da' lor sentieri, ed
All'epistole tutte,

ei

scrivea risposte

appo que' prenci

D'alta cervice e gloriosi. Intanto,

Con regi doni e con sua voglia piena.


Da l'ostello regal, con la sua pace,
Ogni messo parta. Scrivea pur anco
Il nobil prence ad ogni giorno editti
Per ogni terra e ad ogni prence intorno
Si gli affidava. E allor che del novello
Anno principio fu il giocondo mese
Di Ferverdin, quando nel cor s'accende

Alla luce del sol novella fede


Agli uomini quaggi,

Colmo un tesoro

Khusrv pur sempre

in disparte ponea,

Qual niun servo sapea per tutto

il

mondo.

XLII. Nascita di Shiry.


(Ed. Cale. p. 1991-1992)

Come

del regno suo cinque trascorsi

Furono gli anni, per la terra attorno


Di re Khusrv l'ugual non era. AI sesto,
Del greco Imperator la bella

figlia

Ebbe dal prence iranio un pargoletto,

256

Pari a candida luna. Allor non era

costume

Legge

de' piccioli infanti,

Nutriti con amor, presso a l'orecchio

Sommesse preci mormorar; ma

Un nome

ridicea

del figlio

il

padre

suo

Presso a l'orecchio, e un nome avea per


Palese e un altro ne celava intanto.

lui

In disparte e in secreto egli a l'orecchio


Un nome gli dicea, fuori, a l'aperto.

Un

altro gli dicea palese agli altri,

Kobd l'appellava, il caro nome


Presso a l'orecchio mormorando, e fuori

Gh'ei

Shiry dirlo solea d'alto lignaggio.


Come trascorse de la notte ombrosa
Fr tre vigilie da ch'ei nacque, al sire
Gli astrologi venan. Chiese agli astrologi

D'Irania

il

prence: Chi

di voi le stelle

Stettesi a rimirar, che vide in cielo?

Qual
Qual

esito sar d'est


fia

opra mia?

la sorte del picciolo infante,

Sire del mondo, per le carte vostre?


Scampo trovar non puoi da questo cielo

Alto rotante, l'indovin rispose;


E per per l'infante che nascea,

Turbamenti si avr quest'ampia terra,


N avr lodi per lui la gente accolta.
Anche avverr che dal sentier di Dio
Egli a dietro si volga. Oh! come intanto

Dir potre' pi d'assai di quel ch'io dico?


Per cotesto ch'ei fean, del prence il core

Ebbe corruccio, e pi

d'assai per quelle

Parole, indegne inver. Meglio di tanto

Voi custodite
Disse

il

le

monarca

parole vostre,
a' sapienti.

Voi

Guardate s che sopra a ci non volgasi


La lingua vostra innanzi a' prenci illustri

Dell'iranico suol.

257
Cosi celavano

sapienti la maligna sorte

Del regio infante e su quel foglio arcano


Stava l'impronta del regal suggello.

Ma

signor pieno d'affanno

l'inclito

Andavane
Per sette

per,

che nessuno

giorni in sua presenza accolse

s'astenne dal vino e da le cacce,

che nessun per alcun tempo mai


Veder la fronte ne pot. Ma
prenci
Vennero tutti al sacerdote innanzi
E favellar di molte cose. Oh dunque
All'inclito signor che avvenne mai,
S

Se

precluse

l'adito ei

sacerdote,

il

Appo

suo prence e

il

Armigere

Risposegli d'Irania

Per
Io

udia,

di

messaggio

il

servi suoi

a'

come

sue elette genti

gli

il

ne andava

rendea.

maggior

sire:

mia cruccioso in core


son io pien di sgomento

la fortuna

mi

si

fi;

Degli astrologi miei per le parole.

Per questo

cielo roteante in alto.

ingiunse al tesorier: Tosto mi reca

Serico

foglio e quella

il

Notata carta.
E il sacerdote
Ei

si f' in

Ancora e
Gh'ei

Che

si

se

la

il

che v' inchiusa

tesorier recavala

vedea. Cruccioso

core ed in silenzio stette

disse poi: Ti basti Iddio,

di tutti
il

ciel

sapienza avanza.

roteante (e non

modo

scamparne) diverso a chi lui prega


Mostra l'aspetto da quei voti, oh come
Per rancura che ha l'uom, tornarsi a dietro
II ciel potra da mal ch'ei pensa? E questo,
Questo ridir come s'addice a vera
Sapienza dell' uom? Nulla t'alberghi
!

FiBDDsi, vin.


Fuor che

258

o re, nel cor, n

letizia,

mai

Voglia tu ricordar degl'indovini


I

detti vani

Che

gitta

il

Quale pur semenza


cielo, noi mietiam, fidando

In lui ci che vogliamo e ci che noi

Lunge vorremmo. Eppur, ci che ne serba


II fato, anche sar, guerra talvolta
E battaglie e tenzoni, amor taraltra
Ed opre vaghe di giustizia. Danno

E giovamento a le nostre persone


Procedono da lui, ma di chi saggio
L'anima forte del destin non teme.
Sostegno e amico deh! l'Eterno sia

te,

signore, e tu recarti in firembo

Ti possa un di la tua fortuna amica!

Khusrv, come ascolt queste parole


Dal sacerdote, rise alquanto e pose
Fondamento novello a nuova impresa.

Caro ed accetto uno scrittor

s chiamossi e

Pi

di

misura

f'

d'epistole

parole seco

assai. L'iranio

prence

Un'epistola indisse al greco sire.

Degna

del grado imperiai, scrivea,

Ti poni in fronte

Che

nella notte

la

un

corona tua,
piccioletto infante

Maria mi partor, di cui nessuno


Vide l'ugual giammai. Degno egli solo
Di sapienza e d'inclita fortuna,

E per pregi ch'egli ha, di grazia degno


E d'alto seggio. Poi che lieto io sono,
Lieto vivi tu pur, che

ti

si

addice

Letizia vera e imperiai grandezza.

259

XLIII. Richiesta della Croce.


(Ed. Cale. p. 1992-199S).

Al greco Imperator come l'epistola


Giunse d'Irania, ei riguardolla e vide
Sentenze di Perviz. F' cenno allora
Che su le porte sue flato a le trombe
Si desse, e tosto di gioiose grida

Piena

si

f'

quella sua terra. In luoghi

ponean segni di festa,


Negli inaccessi ancor, con liete voci
Acclamando a Shiriy, figlio bennato
Di Perviz regnator. Levossi ancora
Di musici all'intorno un suono alterno
Per tutte le citt di Grecia illustre
Da confine a confin. Recaron molte
A l'ostello regal croci pompose,
Aperti

elli

vol attorno odor di rose e forte

Di profumi fragranza. In questa guisa.

Per

sette giorni, fra concenti e suoni

vin fumoso, furon

lieti

a gara

Per principe Shiry. Al giorno ottavo


Il greco Imperator, che ampia venisse
Al regio ostel coi cammellieri suoi

La carovana,
Del suo tesor

precetto, e allora

f'

Cento cammelli

di lucenti

f'

dramme

carchi, altri cinquanta

D'auree monete da gittarsi attorno,


Di drappi intesti d'or, composti in Grecia
Con tant'or che non essere in tessuto

Alcuna trama detto avresti, carchi


Ne f' dugento ancor. Quaranta deschi
Di corallo coi

pie, d'oro lucente,


Quali addiceansi

a'

260

regnatori, e belve

In or scolpite e in bianco argento (egli occhi

Eran gemme

conftte acconciamente),

Seriche vesti e

di cinese raso.

Ampio un cratere

di smeraldo e d'oro,
gran sire apprest. Ma per Maria
Molte gemme invi, fiero un pavone
D'auro massiccio. Anche i tributi suoi
Della sua terra (ed eran quattro volte
Mille fiate mille dramme greche)
Con quaranta di Grecia incliti eroi
In Irania invi; d'esti quaranta
Il

Vigile

il

core ognun s'avea; lor guida

Era un gagliardo, Khanegh suo nome,^


Di cui regnai non era in sapienza.
Cos, col carco de' cammelli in fulgide
Monete, andavano di l le carovane.
Coi cammellieri lor, dieci nel novero.

Al

sire vincitor d'Irania bella

Come annunzio

venia che il messaggiero


Del greco Imperator giugnea pel suo
Lungo sentiero, che in arcion balzasse

Farrkh precetto
Guardian
Di

ei

f'.

Devoto

al sire,

de' confini era costui,

Nimrz

reggitor, d'incliti pregi.

Gagliardo eroe, splendor d'ogni falange^


Armata in guerra. Andavano con lui
Cavalieri del re, postasi in capo

Una corona

tutta d'or.

Ma

quando,

Lontano ancor, la nobile masnada


Scoverse Khanegh, con fiero incesso
Fecesi innanzi, e per tal via n'andavano
Appo l'iranio sire, entravan tutti
In quell'inclita reggia. Allor ch'ei videro
Il

nobil volto di

il

Khusrv regnante

trono adorno in quella guisa, tutti

261

D'un moto al suol chinar la testa e laudi


A tal prence gridar. Chinando a terra
Khanegh allor le gote sue, sclamava:
signor di giustizia, integro e santo,

Benedizion

Monarca
1

sempre vincente,

di Dio,

Discenda su

Sii tu soltanto

di te!

in terra in ogni

grandi

Rapidamente e un
Principe

gli

tempo e

lieto!

rilevar dal loco suo

il

loco appo Tiranio

apprestar.

Ma

quegli al sire

Seguitando dicea: Deh! chi t' uguale


In sapienza ? Pi del sole in cielo
Splendido sei, pi valido e pi fermo
D'ogni spirto che ha nobile favella!

Senza tal re non viva il mondo, e frutti


Rechi a tal sire il tempo suo Nessuno
Vegga i suoi giorni senza che tu v'abbia
!

Il

tuo piacer!

Ma

il

nome

tuo sta scritto

Lass, nel sole, e questa terra oh! mai

Orba non

sia di

tua corona illustre

del sacro tuo capo, e

Libero mai da

le

il

suol d'Irania

tue accolte schiere

Non

veggasi quaggi Dal greco sire


Vengon, vengon saluti e da noi lutti
Benedizioni a questo re del mondo,
Inclito e illustre. Ma colui che lieto
Non va del patto con cotesto sire,
Luce del ciel non abbia mai! Frattanto
Venimmo noi con doni e con tributi
!

ascendemmo

Di greca terra ed

a questo

Con sapienti ancora


Venimmo, o sire, perch niun per

Inclito suol.

Cruccioso andasse.

Ma

noi

l'iranio prence

Dal greco Imperator prendasi almeno


I

tributi e le offerte,

Benedizion

di lui

per

onde poi

sia

tal tributo

per

tal

262
dono. Per costui
alquanto

D'incliti pregi rise

Ed

altri intanto

ricco

il

sire,

uno sgabello umile

Sottoposegli. Tutte le inviate

Cose dal greco re Khusrv mandava


A' suoi tesori e al messaggier dicea
D'uopo non era di si gran travaglio.
:

questa gente qui raccolta leggi

L'epistola dinanzi, allor soggiunse

Re Khusrv

Lo scriba

Kharrd.

Alle rubriche rimirando,

ei

saggio

memore,

f'

queste

Ed eloquente

intento,.

Parole e disse Al principe d'Irania


Sen viene il foglio imperiai, sen viene
Al nobile Perviz fedele a Dio,
:

Sire del mondo, vigile, gioconda


Letizia alle citt d'Irania bella.

Cui die in sorte l'Eterno e

l'alto

la

corona

senno, reggitor del mondo,

Figlio a principe

Hormzd,

Alto ornamento.

al trono, al

serto

vien cotesto foglio

Del greco Imperator, padre alla madre

Di quei che di Leone ha

il

nome

eletto,

Di cui resti la gloria in sempiterno

il

nobile desio.

Sempre

egli vanti

Grandezza e maest, vincente

tutti

giorni suoi sian

come

ei sia,
il

primo

Giorno dell'anno. Ma l'iranio sire


In Irania e in Turania ha regal possa.
Ninno egual deh! gli sia nel grado suo
Di re sovrano,

ma

in eterno ei sia

Lieto e beato e d'anima serena.


Vecchio di senno ognor, ma giovinetto
In sua possanza.

tal

signor pregiato,

Stirpe di Gayumrs, d'Hoshng figliuolo

di

re

Tahmurs (deh! mai non

sia

2Q

al termi n suo questa regale


padre discendendo in padre,
in figlio, benedica Iddio

Che giunga
Stirpe), di

Di

figlio

Santo dal
Del regno

cielo,
i

benedican

tutti

grandi e della fede

prenci

Davver! che non in terra un cavaliere


Eguale a te, non una primavera
A te simile, non in tutta Irania
Figura sculta eguale a te! Ben sei
Giustizia e nobilt; l'anima tua

Deh

mai non vegga

In sempiterno!

Ma

menzogna

soglia di

in Irania bella

Turania ed in India e in suol di Grecia,


da Turania fino al tristo albergo
De' tristi maghi, nascimento eletto

E
E

in

Iddio

ti

dava, e alcuno a te simile

Da pura madre non nascea giammai.


Nel tempo che Fredn l'irania terra
Afl3dava ad Erg', tolse di Grecia,
Tolse di Gina del valor la fama,

E i prischi tempi fecer lodi a lui


Veracemente, ch'egli il cor disciolse
Da ogni

fosco pensier, da ogni fallacia,

che d'allora in poi dir tu potresti


Che Iddio donovvi una propizia sorte.

D'ogni bisogno alta franchigia, eletta

Virt e grandezza e

Togliendo ad

di

altri del

magia

la

possa,.

valor la fama.

Cos voi foste d'incliti tesori


Dispensalori, alimentando in petto
Ogni nobile pregio, onde per questa
Vostra stirpe regal ninno mai s'ebbe
rancura o dolor. Gravi tributi
E lor balzelli imposero a' nemici
1

vostri prenci, e

Come

ne fr

gli

avversari

bovi dannati a trar lor pesi.

264

Di Kisra Nushirvn nel tempo antico


(Di cui l'anima sia per sapienza

Vigoreggiante in sempiterno!) allora


Che non era quaggi che l'uguagliasse

Prence sovrano, ne

giammai

tal fla

In tante stirpi di monarchi, allora

Che l'acque ei valic profonde e cupe


Del regal fiume e super de' vigili
Principi

La

Kay

selva di

le

mura

altere, tutta

Narvn da

le

turanie

Schiere libera and, sciolte

Fr da cordoglio

le genti

e da rancura. Allora

Tanti da' lor nemici andaron sciolti


Popoli in terra, e prenci e servi allora
Benedissero a lui, nobil sovrano.
Arabi prodi allora, Indi ed Irani,
Cinsero innanzi a lui l'armi lucenti
A' fianchi intorno, e dal

mar

ch' di Gina

Khzari guerrieri,
D'Armenia ai liti d'occidente, e ancora
Dagli Heytli ai Turani e a Samarkanda
E a Giaci ancora, i principi che gloria

Fino a

Aveano

citt dei

e serto e maest, di voi

Tutti fr servi e in testimonio ei stessi

Eran

di loro servit,

Del seme

di

Fredn

che i prenci
che in Irania

poi

Avean governo, agli altri tutti il dritto


Era precluso. Or io per il novello
Vincol di sangue che con te gi

Onde

strinsi,

poi per saggezza alto levai

grado mio, tanto son lieto e pago


Quanto per l'onda un assetato, o quanto
Un'erba verde a lo splendor del sole.
Deh! beato mi faccia il re del mondo,
Vigile e accorto, e in questo giorno ancora
Il

Una

risposta facciami! Dal prence

265

D'Irania bella chieggo un mio desire,


Quale appo lui lieve sar. Ne' vostri
Tesori ancora del Messia la croce,
E se guardate, ben vedete il mio
Detto esser vero. Scorsero ben lunghi
Gli anni frattanto, e ben sar se il prence

La santa croce mi rinvia. Con questa,


Il re del mondo faccia grazia eletta
A' grandi e

Pel

mondo

a'

servi per noi

Che mai non


10

elli

lui.

che questa terra e il tempo


Per quella croce
sar grato a re Khusrv, per esso
d e la notte a tre vigilie ancora
lui!

Star pregando. Ei

ed

sia

Orbi vadan di

11

soli,

attorno faran laudi a

s,

tutti

que' doni

che gl'invio
Appo sua gente, prendasi pur anco.
Ch'io sol mi prender per quella croce
i

tributi e

balzelli

Alto favore (oh! pupilla di rei


In fronte mai non

Pi

ti

riguardi!), e allora

belli fien di noi tripudi e feste

splender per l'ampia terra attorno

La nostra fede. Anche digiuno integro


Per noi farassi d'ogni settimana
Al cominciar, con ogni rito e pompa
Intesa a venerar l'Eterno in cielo.

Ma gl'infelici che han dolori


A quella croce accosteranno
E

e affanni,
il

volto

profumi e incensi
Arderanno. Davver! che il nostro core
molti innanzi a

lei

Integro allor sar, quando voi pure


Il

Da

vostro cor purificar vogliate


l'odio vieto

che dal tempo fue

Di Fredm regnator, quale nell'intimo

Del core penetr con Salm un tempo

E con Tur

bellicoso. Allor la terra

266

Dagl'impeti guerrieri avr riposo,


Riposo avr da tante esercitate
Aspre vendette. Un di furono addotti
In servit fanciulli greci e

in ogni guisa

il

Ma

Dolente e offeso.

or quiet

Per questo che abbiam

E fu appagato ogni
Anche se lieve. Ma

terra

la

noi vincol di sangue,

deso del core,

Dio frattanto

di

Benedizion venga su

Tua

donne

nostro cor ne andava

su quella

te,

terra ancor benedizion discenda!

Del greco Imperator poi che l'epistola


Al termin giunse e de
I

detti molti

ne

la terra

beato

lieto ei fu dell'anima e

Per

Ringiovana de' prenci

Che

che per

quell'inclito foglio, or

Molte

sire

il

ascolt, gioioso

ei f' lodi a

lui

la fortuna.

Khanegh, poi

straniero sei qui, scordar

ti

disse:

piaccia

Apprestavasi un loco al messaggiero,

E due gli disgombrar


E gli recar quant'era
"Vigile e

stanze gioconde
d'uopo, a lui

prode. Ei venne allora e vide

L'eletto loco suo,

si

stette poi

Appo il gran sire; tra il giocondo vino,


A mensa ancora ed alla caccia, ancora
A' suoi ritrovi, appo quel re, fedele

A Dio signore, ei
Un mese integro,
Di Grecia

si

rest.

appo

Per

tutto

l'iranio, stettero

messi, e fr beati e allegri

sereni di cor con lieta voglia.

Poi che un mese trascorse, a quella epistola

Una

risposta re

Khusrv

dettava,

Scrivea parole di gran senno e acconce.


Del foglio disse al cominciar: Di prenci

Degna una lode

facciasi a colui


Che ha core

il

male e

Serba timor

267

integro e da Dio santo accoglie

bene e per

il

la terra in

core

Lui, fa lodi a Lui,

di

Sire di questo

sol,

ch'Egli in tal guisa

Quest'alto elei sostiene e regge.

Per quelle che a

me

festi

in pria

inclite lodi,

Quasi nel foglio tuo mi disvelando


Il

viso tuo, tutto compresi e lieto

Andai

di tanto, all'inclite parole,

Degne

di saggi,

Accolsi

che

dicesti.

Ancora

foglio tuo co' tuoi tesori.

il

Ben

eh' io non brami che

Per

te

faccia.

si

Santo, del

mondo

Ma

si

tu puoi,

gran dispendio
che Iddio

reggitor, di tua

Terra lev l'onor fino a le stelle,


E per India e per Gina e per la terra
Dei Khzari e Siklb, la tua contrada
Pregio acquistossi. Qual valor di voi
Qual sapienza, qual prudenza e fede!
Oh s! benedizion da Dio raggiunge
Voi tutti omai Quando m'incolse grave
!

Rancura

dal destin, tu a

me

dinanzi

Fosti alleato, fosti ancor per molta

Scienza nel dolor consolatore;

Ed or tanto son

io beato e lieto
Pel vincol eh ' tra noi, per questa tua
Santa e ricca di pregi alma figliuola.

Quanto lieto non pei figli suoi


Un prence in terra e per la terra sua

E pei congiunti. De la terra i grandi


Volser le terga a me, vile e dispetto
Pel mondo mi lasciar, ma tu soltanto
Di genitor mi fosti in loco, fosti
Pi assai che padre a me. Che a te fu padre
Nobile un prence e d'anima benigna,
Pur veggo e so. Per ci che tu m'hai detto

268

Della santa tua f, del tuo digiuno

Al cominciar di settimana, ancora


Delle preghiere tue, tutti a me lesse
Partitamente il regio scriba i tuoi
Acconci detti che mi vanno al core.
Ma, per l'antica fede mia, vergogna
10 davvero non ho, n per la terra
Altra fede miglior di quella santa

D'Hoshng antico. Ell' giustizia e amore.


Verecondia e bont, guardar nel cielo

gli astri

annoverar. St)n

io

credente

Nell'essere di Dio, sempre a giustizia

Gol core anelo, e noi consorti o figli


Di Dio non conosciam, non suoi compagni,

n fia che mai


non compreso

ci ascondesi a noi,

Gelar

si

voglia. Iddio

In pensier

d'uman core; Ei mi fu guida


Per ci che in mente

All'esistenza ma.

Da' tempi antichi vnneti per quella

Groce del tuo Messia, vedi che il senno


Pur sempre guida a quella f che ferma

Su

verit riposa.

chi tu appelli

Dolente e mesto perch in croce alcuno


11 suo profeta gli figgea, chi mai,

Ghi dir potr che quello era di Dio


Il

figlio eletto e ch'ei sul tristo

Sorridente mostrossi

Era

di

legno

Dio

Il figlio eletto? ed ei tornar dovea


Al padre suo. Tu per un legno attrito
E putrefatto non crucciarti in core
Da greco Imperator quando una stolta
Parola viene, ridono i pi vecchi
Pel foglio ch'ei mand. N quella croce
Di Ges tuo vale d'assai che un giorno
Prence Ardeshr nel suo tesor depose.
Ghe se in Grecia inviam vetusto legno
!


Da

269

suol d'Irania, ogni provincia ed ogni

di noi si rider. Pensiero


Questo sar de' sacerdoti eh' io
Mi fi cristiano e vescovo mi feci

Gonfin

Per amor

di

Maria. Chiedi qual vuoi

Altro favor da me, che a voi dischiusa

pur anco
che tu per questi

fino a noi la via. Gradii

Gl'incliti doni tuoi,

Grave travaglio sopportasti


Di tue fatiche sopportate

il

ed

io

frutto

A Shiry mio gi gi donai, novello


Tesor cos gli componendo. Eppure,
Pieno son io per Grecia e per Irania
Di gravi cure e nella notte ombrosa
qual foresta quest'anima mia.
Ricinta da pensieri. E temo assai
Che fatto grande Shiry mio travagli
In Grecia adduca ed in Irania; e in pria
Da Salm illustre in gi discendo, scendo
Da Sikendr belligero e crudele.
Antico lupo, e temo s che ancora
Rinnovisi quaggi fatai parola
D'odii recenti e d'odii antichi. Intanto,

Sappi tu che per quelle che gi intesi


Dalla tua figlia nobili parole,

Splendor novello a tua regal corona


Ella don. Di Cristo per la fede
Ella s'adopra e le parole nostre

Poco ella ascolta. Nella sua quiete


Beata ella si sta, con vincitrice

La sua fortuna per cotesto suo


Nuovo rampollo di regal semenza.
Deh! in sempiterno ti sia amico Iddio,
Ti posi in grembo la tua sorte bella!
Il

suggello regal fu apposto al foglio^

E, prole di Berzin,

Kharrd

il

tenne.


Ma

De' tesori

andavano dischiuse

poi le porte

che

270

in molti e lunghi giorni

Accumulava re Khusrv. E

in pria

Cento e sessanta cofani capaci


Atti

di'

peijdavesl (che le monete

Peydavesl diceano

gemme

Ei di

Colme

colm,

Persi allora)
si

come

pietra

e compatte, su ciascun de' cofani

Posto un piccol suggel. Prezzo d'ognuno


dramme era d'argento,

Di centomila

mostr pe' registri del sire


E v'erano anche centoappunto.
Novero
quarantamila rilucenti drappi

Qual

si

Di Gina, molti intesti d'or, con fregi


Di chiare

gemme, e cinquecento ancora

D'una bell'acqua preziose perle


(Ogni grano parea veracemente
D'acqua pura una stilla), e cento ancora

sessanta rubini, a chicchi eguali


Di melagrane, quali ogn'uora pi esperto
Altamente apprezz. Di cose elette

De' Berberi del suol, d'India e di Cina,


D'Egitto ancor, di vesti gi tessute

In Shustr, e di quante inclite cose


Nascono attorno in ogni terra e quali

Un

sire di quaggi gradite avra.


Trecento some di cammelli il prence
Da Irania al greco Imperator, di bella
Gloria pel mondo, anche inviava. Ancora

Dono regal per Khaneghi

traea,

che per congiunti o estrani,


Vesti e destrieri e troni e briglie e panni
Che recavan gran nome, e ne f' il carco

Pi bello assai

Per

cammelli.

Ma

di

aurati

Dieci

some apprest; queste

Don

di Grecia, e

nummi

a' filosofi

quei n'andar festanti


Da quella

terra.

271

prenci tutti allora

Gridar benedicendo

al glorioso

Della terra signor, ricco di pregi.

XLV. Leggenda di Khusrev

e di Shirlna.

(Ed. Cale. p. 1998-1999).

Di

Or io fo nuova una leggenda antica,


Khusrv e Shirina io fo parole.
Questo libro vetusto ove raccolti

Son detti e fatti di passati eroi,


Era gi vieto, ed io novello un libro
Si ne compongo, in cui ricordo posto
D'antichi prenci. Egli di diecimila

sei fiate distici sonanti,

E parole

vi son conl'ortatrici

D'ogni cordoglio e acconce. Alcun non vide


Libro in Persia mai pi che di tremila
Distici avesse il novero compiuto
;

se talun vi ricercava addentro

I distici

non

belli,

Di cinquecento

oh! meno allora


restavano!

distici

Eppur, questo gran re s generoso.


Quaggi nel mondo pi d'ogni sovrano
Splendido e illustre, non riguarda a questi
Racconti miei. Da maledica gente
Colpa mi venne e da fortuna trista.
Che invidia all'opra mia port malvagio

che travolta cadde


al re. Ma quando
II mio prence e signor le mie parole
Dolci e soavi legger, se un guardo
Ei vi porr con anima serena,
Ricco e beato da' tesori suoi

Calunniator,

L'impresa mia dinanzi

272

tornerommi. Lungi sia da lui


Ogni opra rea de' suoi nemici! Intanto,
Ricordimi tal libro al mio signore,
Io

Perch del faticar mio la semenza


Venga frutti a recar. Deh! in sempiterno
Incolume si resti e il serto e il trono
Di

sovrano, incolume

tal

La sua

si

resti

fortuna, pi del sol cospicua!

Del villaggio

signor savio ed antico

il

Sen va dicendo sapienza

all'

uomo

D'uopo in terra e gioia


doglia sopportar, gustar qui d'uopo

A-iutatrice.

L'amaro e il torbo ancor. N i giovinetti


Che han sapienza ed inclito lignaggio,
Acquistansi virt senza lor prove .

XLV. Incontro

di

Khusrev

(Ed. Cale.

e di Shirina,

p. 1999-2001).

Quando giovane ancor, senza rimprocci.


Era Perviz, vivente il padre ancora,
Fanciullo pari ad un eroe, in terra
Qual dolce amica sua Shirina egli ebbe.
Ell'era

La

per

lui

Non

era in terra, fuor di

Fra tante

lei,

nessuna

belle e tante figlie date

Nelle sue notti a

Del

quale degli occhi

fulgida pupilla, e cara a lui

mondo

egli

si

lui.
f',

Ma

poi

che

sire

per alcun tempo

Diviso ei stette da Shirina e attorno


And pel mondo senza posa e quiete,

Che l'opre sue contrasti erano e pugne


Con Behrm battaglier. Poi che disciolto
Cosi ne andava dall'amor di

lei

273

Prence Khusrv per lungo tempo,

notte e giorno

si

in

lagrime

vivea la bella.

Avvenne s che di cacciar deso


Prence Pervz ebbesi un giorno, e allora
Ei la caccia apprest qual fu costume
De' re dei re che pria di lui nei mondo
Avean dominio. Con dorate briglie
Trecento a re Khusrv d'inclito nome

andavano

Furono addotti

palafreni, e

con giavellotti

pie con

lui,

in

pugno.

Mille e cento sessanta paggi suoi.


Mille e quaranta avean lucenti spade

broccati di sopra ed aspre maglie

Sotto a* broccati. Settecento poi

Falconieri accorrean, con falchi in pugno


civette e sparvieri, e dietro ancora

Venian trecento

cavalieri, e dietro

A' guardiani de' falconi i veltri


Chi reggea col guinzaglio. Anche vedevi
Settanta in ceppi nobili leoni

leopardi, entro a broccati avvolti

Tessuti in Cina. Istrutti a regal caccia

Eran leoni e leopardi e avvinte


Le fauci avean con musoliere d'oro.
Con monih dorati eranvi ancora
Ottocento segugi, ei che alla corsa
Raggiugnean pel deserto le gazzelle,
E, dietro a quelli, musici venino,

Duemila, per quel di sacro alla caccia


Composti in pria fieri concenti. Sotto

Un cammello

s'avea ciascun de' musici,

Postasi in capo fulgida corona

D'oro lucente. E v'erano di seggi


Carchi e di tende e di recinti ancora.

Di padiglioni ancor, di beveraggi


Per i giumenti, cinquecento in mostra
FiRDDSI, Vili.

18

274

Forti cammelli; cli apprestati

il

sire

appunto gli avea. Ma giovinetti


Dugento paggi, con bracieri ardenti,
Alo vi abbruciavano e odorosa
Ambra con esso, e cento garzoncelli
E cento ancor tra i servi ampi a le mani

ci

Avean

fasci di vividi narcisi

zafferano, e precedeano

Percb fragranza

Gom'ei venisse, fino

Ma

andando

degli eletti

fiori,

al re giungesse.

innanzi a questi dai soavi odori,

Venian con

cento schiavi intenti

otri

Pure l'acque a recar. L'acqua ei spargeano


Lungo l'ampio sentier, s che ben detto
Avresti allora ch'ei spargean su bionda

Ambra un'acqua di rose, onde improvvisa


Non levasse la polvere con impeto
Il

turbo aquilonar, contro a quel sire

Di nobil nascimento ad avventarla.

Ma, come prenci o

re, seicento

vaghi

Giovinetti a cavallo accanto all'inclito

Signor venian,

tutti

con violette

rosse vesti e gialle, e

Avea

di

Kveh

Egli venia

il

con orecchini e

Con una veste

re de' regi
serto.

imperiai, tessuta

In fulgid'or, con

Con

il

sacro drappo. Innanzi

un dorato

cinto,

braccialetti e con monili, infissa

Del cinto ad ogni nodo ampia una gemma.


Shirina,

come udia venir

la

schiera

D'Irania, precedente a quella schiera,

Signor del mondo,

di

il

re, di color giallo

muschio odorosa una

Ampia tunica
D'un bel color

sua,

si

tinse

si
il

cinse
volto

di melagrana, e sopra
Alla tunica sua ritinto in rosso

275

inse un greco broccato. Erano a


I fregi suoi,

Ella

si

ma

d'oro

il

gemme

fondo. In capo

pose una regal corona

gemme che l'ornavan tutta,


Eran s degne d'un eroe. Da quella
Gioconda stanza sua venne a un terrazzo.
Ma lieta ella non gi, ben che ne' giorni
Di cui le

Di giovinezza,

si

mostrava. Quivi

Khusrv giugnea,

Ella rest fin che

per

gote da le fosche ciglia

le

Le discendean

le

lagrime. Quel volto

Del suo signor com'ella vide, in piedi

Ratta levossi ed a Perviz la sua


Alta persona f' veder. Con dolci
Parole allora a favellar la lingua

Addusse e ricord quel tempo antico

per

Ma

occhi irrig

gli

Rose del

le

porporine

volto. Mesti gli occhi suoi.

vivide

le rose,

ed ella intanto.

Di sua belt nello splendor, nel suo

Costume

onesto, rapida la lingua

In quel serraon pehlvico disciolse

E disse: Oh! mio signor,


Che hai di sire l'aspetto

leon gagliardo.
e se' felice

Guerrier fra l'armi, eroe che in fiero assalto


Leoni atterri, ov' l'amor tuo grande
E dove son le lagrime cocenti
A cui soltanto era valevol cura
Di Shirma l'aspetto? Ov' il costume
Le notti in giorno di mutar, allora

Che

il

core e

gli

occhi eran piangenti e

il

labbro

Sorridere parea? Dov' l'amore.

Dove

il

patto di noi, dove la nostra

Irapromessa e

la

fede e

il

giuramento?

Cos parlando, gi dagli occhi mesti

Tersava un pianto su

le vesti

sue


Tinte d'azzurro.

276

Come

giunse

il

pianto

Khusrv, gli sguardi


Ei lev un cotal poco e di Shirna

Fino agli orecchi

di

Scorse le gote rubiconde. Oh! allora


Per lei negli occhi suoi lagrime addusse
Prence Khusrv e impallid nel volto
Qual talvolta questo sole in cielo!
Con auree briglie un suo destrier mandando
E quaranta di Grecia incliti eunuchi
Perch nel gineceo d'or splendiente
Recassero colei, l ne la reggia
Di

gemme

ornata, di sua caccia al loco

Indi sen venne, l 've falchi e veltri

All'uopo

gli

venian. Poi che sua parte

Di suo sollazzo egli ebbesi nel monte,


Egli ebbesi nel campo, in molta gioia

Alla citt

Per

si

ritorn. Festivi

per l'ampia via, fr posti


dovunque, or che tornava
Dalla pianura de le cacce sue
L'iranio sire; e al clangor de le tube,
De le voci al concento, ecco! parea
Che al fiero suon tutto quest'ampio cielo
la citt,

Gli apparati

Si confondesse.

Con

la

sua statura,

Alta e degna di re, nel suo palagio

Entr dalla citt quel re sovrano,


E Shirna venia dal gineceo

Ad incontrarlo. Ambe le mani


E il capo gli baci, quando in

il

tal

piede
guisa

Al sacerdote re Khusrv si volse:


Per noi non aver tu, fuor che di bene,.
Alcun pensier. Questa leggiadra donna
Voi concedete a re Khusrv, la lieta
Novella al mondo ne bandite ornai.
Qual degli antichi era costume, lei
Cos richiese il re sovrano; tali
Erano da que' d costumi e leggi.

277

XLVI. Consigli dei principi.


(Ed. Cale. p. 2001-2003).

Come

novella per sua via giugnea

Di re Khusrv appo que' prenci illustri,


A-ppo la gente, quando intese ognuno
Che di Khusrv nel gineceo Shirna
Gi soggiornava, dell'antico tempo
Rinnovando cos stato nel mondo.

Tutta l'ampia

citt del tristo fatto

e pieno di cordoglio

And crucciosa

Ciascun mostrossi e

biasmi

di pensieri, e

Ebbesi acerbi contro al re sovrano.


Per tre giorni appo il re gi non andaro
I

prenci

Che

tutti,

e al quarto

Inclita luce, re
I

di,

nell'ora

in ciel risplende questo sol, del

mondo

Khusrv mandava

prenci ad invitar. Li volle assisi

A' lor seggi d'onor, poi f' parole


Voi non vid'io per molti giorni e tristo
:

dolente ne andai. Si mi corruccio


Di vostra offesa per timor; pensieri

Per cagion vostra m'affollano


Cosi disse e nessun

Ma

la lingua

gli

il

core.

rispondea.

ciascun dal far parole

Frenava intanto, e quei che ira e corruccio


Avean contro a Khusrv, gli occhi teneano
Al sacerdote. Come ci pur vide
II

sacerdote, in pie levossi e disse:


Giusto signor, di giovent nei giorni

Principe

fosti

male e ben

toccasti

Dalla fortuna. Assai di male udisti,

Assai di bene ancor per l'ampia terra

278

Di monarclii dell'opre e delle imprese

che veramente,
corruppe il seme,.
Di tal semenza la grandezza ancora
Macchia si tocca. Sappi tu che mai
Bennato figlio la sua man distese
Contro al sangue del padre. Ove la madre-

De' principi d'un

d,

Poi che de' grandi

Ne contamini

il

si

seme, ella

il

suo

figlio,

Per cotal vitupero, e tristo e gramo


Sempre far, come Dahk feroce.
Arabo prence, che f' morto il padre,
Per cui grave incogliea Gemshd antico
Danno e sventura, come fu quel greco
Sikendr che vers di Dar il sangue

di guerre e di battaglie
gran fuoco accendea. Pure, ei chiamava
Fratel del padre suo Dar imperante
Cui figlio suo dicea veracemente
Faylaks regnator. Se genuino
Erane il padre, ma la madre impura,
Sappi che genuina unqua non venne
Da lei la prole. Mai non cerca alcuno
Nella menzogna il ver, s' anche del vero
L'ampia manica sua colma si porta.

contro a noi

Ma

il

nostro core or

si

attrist

per quella

Audace Devo che compagno al nostro


Inclito re si fea, come se donna,
Fuor di Shirna, in Irania non fosse
A cui Khusrv benedicesse. Quando
L dentro a' ginecei non fosse accolta
Shirna, ovunque alto s'avra splendore
Il

volto di Khusrv.

Ma

gli avi tuoi.

In sapienza giusti, alcun ricordo

Non ebbero

di

ci

che or qui

Ben che lunghi su


Fossero

detti,

il

si

narra.

ci del sacerdote

re dei re non dava

279

Risposta alcuna. All'alba di domani,


Il

sacerdote disse allor, verremo

questa reggia tutti insiem, che forse


Dal prence nostro avrem risposta. Lungo
Oggi fu invero ogni sermon di noi.
Al di vegnente, all'alba ei si levarno,
Omaggio al prence lor tutti apprestando,

alcun dicea: Cotesto oh! gi non era


L'altro dicea: Congiunto
Da dirsi al re!
detto.
E il terzo ancora.
quel
prudenza
Fu a
Oggi, dicea, dar risposta il prence.

Che ben

s'addice a lui nobile

Aggiungere a
I

cotesto.

un

detto

preser via

sacerdoti e con solenne incesso

Entrar dal prence. Elessero que' grandi


Luoghi a sedersi, e tal sen venne intanto
Con una coppa nella man. Qual sole

Che

alto risplende, tersa era la coppa.

Quale innanzi passava ad uno ad uno


De' sacerdoti. Caldo sangue, allora,
Allor versato, dentro era alla coppa,
E quei la deponea, l, dolcemente,
Poi che pi presso ei fu. Da quella coppa

Ognun

la faccia a dietro volse e tutti

Confusi detti mormorar.

Ma

intanto

Prence Khusrv gli sguardi suoi volgea


Sovra ciascuno, ed eran costernati
Tutti per tema di quel re. Che dunque
cotal sangue? a' prenci Irani ei disse,
Rispose
E perch posto innanzi a me ?
II sacerdote: Egli un impuro sangue

Onde

chi

'1

vide

Pensiero e malo.

si

fa tristo in

Come

suo

ci fu detto

Dal sacerdote, altri lev la coppa


la pass dall'una all'altra

E ciascun

Man

degli astanti.

Ma

dal sangue

impuro


Il

280

prezioso vaso altri frattanto

A mondar

s'affrettava e con arena

E con acqua
Poi che

lavavalo. Splendente

fu resa e nitida la coppa

Infetta in pria, chi la lav, d'un vino

Colma la fece e sopra anche vi sparse


Muschio odoroso ed essenza di rose,
E quella risplend come risplende
Quest'almo

sole. Cos disse allora

Prence Khusrv

Ben

al sacerdote:

altra a riguardar
il

si

f' la

Oh

vedi!

coppa

sacerdote rispondea: Deh! vivi

Beato,

sire,

Gran bene

si

che dal mal

di pria

mostr! Per tuo comando

Usc d'inferno un paradiso e buona

Opra usc

dalla trista e scellerata


Qual'era questa coppa insulsa e colma
D'atro veleno, re Khusrv soggiunse.
!

Tale Shirina in mia citt. Ma ratto


Nei nostri ginecei qual coppa dessa
Colma di vino, e per fragranza nostra
Soavi sparge sue fragranze. Un tempo
nome fu per noi Shirina;
Non per si cerc giammai favore
Di tristo

Da' prenci attorno.


I

lui benedizioni

principi gridar cos dicendo:

Senza

la

tua corona e senza

il

trono

Mai non resti la terra. Ecco! s'accresce


Per quel che buono fai, bont pur sempre,
Grande in terra si fa qual tu fai grande,
Che principe tu sei e sacerdote

sapiente, quasi in terra sei

Di Dio

la stessa

maest sovrana.

281

XLVII. Morte di Maria,


(Ed. Cale. p. 2003-2004).

Indi pi assai del principe d'Irania

Grandezza crebbe, e come sol divenne


Ci che a pallida luna era simile.
Del greco Imperator sempre egli stava,
Ad ogni giorno, con la figlia, ed ella
Di lui nel gineceo veracemente
Vivea regina. Ma in dolor si stava
Shirna intanto per Maria,

le

Pallide per invidia ella

avea

si

Pur sempre, onde un veleno


Mortai

porse e

le

gote
alfine alfine

la lefigiadra figlia

Di sangue imperiai migr dal mondo.

Niun per

di

quel tratto infido e reo

S'ebbe contezza, che cel Shirna


L'alto secreto e ci "bast.

Che anno
Maria

si

Ma

ratto

trascorse da quel d che estinta

giacque,

il

gineceo dorato

Shirna affid l'iranio prence.


Poi che otto di Shiry, regio garzone,

Ed

otto

ancor fr

gli anni,

in sua statura

Gli anni trenta parea ch'ei superasse,

E il padre suo di saggi gli assegnava


Ampia una scorta, per che ricco e ornato
Di pregi ei fosse e di gran nome in terra,
E il sacerdote il custodia con gioia.
Per comando del re, la notte e il giorno.
E avvenne un d che all'alba il sacerdote
Sen venne

al

prence amico; e allorch presso

Ei recossi a Shiry, sempre voglioso

De' giochi suoi lo vide. Innanzi a

lui


Scoverse un

Era Kalila,

282

su quel libro, scritto

libro, e,

ma

del reo garzone

Arida stava nella man sinistra


Una zampa di lupo un di recisa,
Ed un corno divelto al capo eretto

D'un bufalo

ei stringea nella

man

dritta,

questo contro quella egli battea


Qual pi gli attalentava. Il sacerdote

Ben

si

dolse nel cor dell'opra trista

frivola e del gioco, e augurio

malo

parve del lupo la recisa


Zampa e il corno del bufalo e l'intento
Di quel fiero garzon. Molto ei si dolse
Si gli

Dell'opere del fato e del riottoso


Fanciullo assai che avea fortuna avversa.

Che

visto egli n'avea del d natale


L'oroscopo e richiesto anche n'avea
Il tesorier del sire e il suo ministro.

Dei sacerdoti

al pontefice allora

Andando, ei si dicea Congiunta ognora


Al prence garzoncel voglia di giochi.
E il sacerdote rapido ne andava
Questo a ridire al prence iranio. Allora
:

Guardava intento re Khusrv a questo


Riottoso figlio suo,

Gi rubiconde

si

gli si

che

le gote

feano smorte

In tanta cura, che di doglia pieno


Egli era

per l'opere del

fato,

Degli astrologi ancor per le parole

Pieno d'affanno era quel cor, trafitti


I precordi del sire. Oh! come mai,
Dicea sovente, in questo stato mio

Mostrerammi

Come

la faccia

il

Re

del cielo?

del regno suo venti trascorsi

Furono gli anni e tre, lev Shiry


La cervice superba. Aveane cruccio


Il

283

nobile signor d'Irania allora,

Che

feroce crescea l^spro garzone,

Al suo desire non conforme. Tosto

L'anima sua,

Andava

si

lieta in pria, di doglia

piena, ond'egli al burbanzoso

F' di sue stanze un carcere e con lui

Rosevi ad abitar quei che fratello


Gli era di latte, di cui pregio e stima

Dinanzi agli occhi suoi

si

feano oscuri,

quelli ancor, congiunti d'amicizia

n'andavano
il novero
Presero allora, e fuor ne venne computo
Per piccioli e per grandi anche pi assai
Di fanciulli tremila. Eran lor case
Congiunte insiem con varchi alterni, e quivi
In career si rest con gli altri tutti

Gol tristo

figlio suo,

che a

lui

Consigli a dimandar. Di questi

Shiriy superbo. Vesti e cibi in copia.

Cose ancor da donarsi, anche tappeti,


In lor stanze apprestar, vollero ancelle

schiavi e paggi, e

il

nobile signore

Vino mandovvi e musici, e monete


Eran senza confin per l'alte case.
Davver che il tempo a' giovani superbi
!

Scorrea nel gaudio e la copia de' cibi,


Sotto la guardia di quaranta prodi.

XLVIII. Costruzione del trono detto Tk-ds.


(Ed. Cale. p. 2004-2008).

Ed

dopo un'istoria, altra ci narra


istoria, a quel narrar conforme
De' saggi che un sol cor, sola una lingua
Vantavano, e favellaci del trono
or,

Gioconda


Che

284

tu appelli Tak-ds, qual nell'ippodromo

Perviz prence fond. Cominciamento

Fu a quello per Dahk, impuro e tristo


Qual visse un di. Nel tempo che venia
Fredn guerriero e del dominio il nome
montagna

Agii Arabi togliea, sulla

Del

Demavnd un uom

Quale

il

traea sua vita,

nobil signor tra la compatta

Folla ratto scoverse. Era

Gihn

di Berzin, e la

il

suo

nome

sua voglia in

tutti

Lochi venia compiuta. Ora, costui


Inclito un seggio f' a quei re sovrano

E gemma

sovra gemma anche vi appose,


che prence Fredn ne andava lieto,
Ratto che il trono prezioso e vago
Oli fu piacente. Trentamila ei diede
A Gihn industre fulgide monete,
Orecchini pur anco e una corona
Di fulgid'or, scrissegli ancor l'editto
E di Sari e d'Aml del regio editto
Qual paradiso in ciel splendido il lemh
Ma nel tempo che Irania egli assegnava
Al garzoncello Erg', quale de' suoi
Nobili infanti era il minor, tre cose
Si

).

Fredn monarca
Aggiunse
Dal capo

di

Terza

gemma

d'Irania a l'impero

in pi, quel trono e quella

sua

giovenca orrida clava.


Che monumento fu di lui nel mondo,
la

ch'ei

chiamar solea

Di Sette fonti col bel nome,

E verace

ei

giusto

che moria
Principe Erg', rimasero di lui
Queste tre cose e ne and lieto ancora
Principe Minocihr. Chi poi si cinse
La corona regal, cose novelle
Sempre aggiunse a quel trono, e quando venne
signor. Poi

285

re Khusrv di nobile fortuna,

Di quel trono l'altezza ei crebbe assai.


Cos a Lohrspe

Il

scendea,

si

Ma

Cos a Gushtspe.

venne

si

Grushtsp che vide

regal seggio, cos disse: L'opra

De' prischi re non celisi da noi

Indi quell'uom di nobil pregio

Giamsp

si volse e cos disse

all'

inclito

Quale

Cosa aggiunger puoi tu? Vedi qual vuoi


Cosa aggiugnervi ancora, onde qualcuno

morte nostra.

Ci lodi poi dopo la

Poi che Giamspe riguard

tal

seggio

chiave ne scorse per il suo


Alto saper, del ciel sublime i computi
la

vi pinse e il come e il quando ancora


perch. Del sire per comando

Sovra

lo

Sovra l'inclito seggio i segni ei pose,


Da Saturno scendendo a questa luna.
Cos fu che sen venne in fino al tempo
Di Sikendr, e qual de' re vedea
L'inclito seggio, un ornamento ancora
Aggiugneavi, con argento e con avorio,
Con ebano e con or. Ma in brani il fece
Principe Sikendr che ignaro e stolto
L'opera stolta

f'

d'un tratto. Allora,

Molti frammenti di quel trono illustre


I

mano

principi celar, di

in

mano

Passaronli pur anco; e fu cotesto

D'Ardeshir fino

al

tempo, allor che vieto

sceso nell'obblio pur anco

il

nome

Era del trono. In alcun loco ei nullo


Vestigio ne trov, s che si volse
Nel suo desire ad altra parte e molto
Intanto fece; non per gli venne
Frutto, qual s'addicea, da l'opra sua.

Ned

ei

vide

letizia.

Ei

si

mora,


Mori

286

frattanto, e rimaneagli dietro

L'inclito seggio, poich l'alta voglia

Del dominar vid'ei compiuta. E quando.


Invitto re, Khusrv sal sul trono

prenci

con benigna voglia

tutti

Furongli amici, ei di quel seggio illustre

imperiai fecer parole seco,

Tutti narrando

gi trascorsi casi.

Prenci, disse Pervz, da' servi miei


chiegg'io, perch quel trono
grande i' rinnovelli e faccia
Dei re d'un tempo nobile ricordo
Quaggi per esso. La parola scritta
Che Giarasp di benigna e amica stella
Gi fece un giorno, qui m' d'uopo, allora
Che principe Gushtsp quest'alto seggio
Si fabbricava, per consiglio e norma
E il sacerdote
Di Giamspe avveduto.
Si gli recava la parola scritta,

Una grazia

Inclito e

principe

Khusrv

d'eretta fronte

Andavasi gioioso. Ecco! lo scritto


Poi che rinvenne re Khusrv, con gioia
Aflfrettossi

a rifar l'antico seggio,

E il trono d'Ardeshir, monarca illustre.


Col si addusse e l men d'Irania
Quanti ingegno s'avean pronto ed acuto.
L'antico seggio, de' monarchi degno,

Ricomposero

allor ne' di felici

Di questo re d'invitta sorte, e vennero

vennero di Grecia
da Bagdad pur anco.
Da suol d'Irania e da Mekrn. Maestri

Di Gina allora e
I

legnaioli,

Erano mille e cento e venti, a cui


in mente pensier di far quel seggio,
E discepoli ognun trenta s'avea
Di Grecia e di Bagdad, anche di Persia.

Stava


E comand che

287
sol

per breve tempo

Riposasser da l'opra, in anni due

Adducendola

al fin.

Come

fu eretto

L'alto seggio regal, della fortuna


Inclita e
Il

grande

re sovrano

di tal

volto risplend. L'altezza sua

Cento cubiti

sopra

regi, a cui di

Settanta ancor ne aggiungerai;

ma

cento

Cubiti e venti era l'ampiezza, intanto

Che questa

Ma

dell'altezza era minore.

mese

d'ogni

ai trenta d, nell'ora

Del primo albor, tappeto

vedea

si

D' un'altra foggia su quel trono.


In dieci parti di Perviz

luce era del d pel

il

Ed era

seggio,

mondo

intero

Del trono suo la maest. Vi pose


Centoquarantamila fregi attorno
In fulgid'or, con nobili figure

Tutte a turchesi sovra

l'oro,

e tutti

gheroni ed i chiovi eran d'argento


Puro, non fuso, e ciascun d'essi avea
I

Di sessanta e sei libbre

Ma quando

il

peso grave.

sol nell'Ariete

il

avea

Posta sua lampa, squallido deserto


Era da sezzo al regal trono e in faccia

Eran

orti e giardini. Allor

Splendea fra

Era

il

gli

astri del

tergo rivolto al sol

che

il

sole

Leon, del trono


cocente;

Quando poi sorvena tempo del mese


Che nomasi di Tir, quando giugnea
Stagion de' frutti e
A' frutti

Ed

si

volgea

a' giardini,

Ei toccasse de'

di

gioconde

l'inclito

feste,

seggio

perch odor soave


frutti.

all'

invernale

tempo che son piogge e venti,


Niun sovra il trono si vedea cruccioso,
Stagion, nel

288

Gil veli a' baldacchini erano appesi

Intorno intorno e di seta e

di pelli

Di zibellino, qual pur costume

Di nobile signor, che mille globi


D'oro e d'argento fean scaldar nel fuoco

De

le vesti regali

guardiani,

Ciascun di libbre cinquecento. Al fuoco


Rossi venan come corallo i globi,

E met
Stava

stava d'essi al fuoco ardente.

l'altra

Eran

met dinanzi

Dodici del zodiaco


Sette

Con

a' prodi.

dipinti su quel trono illustre


i

segni chiari,

pianeti e la splendida luna

la costellazione in ch'ella gi,

gli astrologi intenti

con esperti

vedean le stelle erranti in esso,


Le fisse ancor; vedean qual de la notte
Fosse parte trascorsa e per qual tratto
Sovra la terra questo ciel rotante
Volto si fosse. Ma dipinti in auro
Alquanti seggi eran sul trono ancora.
Deh! quanto adorni di lucenti gemme!
Davver! che de le gemme, anche se molta
Scienza avesse alcun, ninno sapea
Il novero formar! Qual de le gemme

Gli occhi

Avea prezzo minor, valea dintorno

A
I

denari settanta, e molte ancora


settecento ne vincean

Norma

da questi

meno

e al pi. Rubini
V'erano ancora d'un bel rosso, e prezzo
Non uno in terra ne sapea, non certo
Computarne il valor, non la natura;

Ma

tu prendi al

per essi a

Si fea lucente

la notte

come

il

tetro volto

l'astro chiaro

Di Venere su in ciel ne' tardi vespri.

Appo

il

trono regal tre seggi adunque


Eran sovra

gemme

Di

A sommo;

289

gradini, e que' gradini

preziose eran fregiati

quattro da l'un seggio all'altro

gradini, e ciascun d'oro splendea

gemme. Un

di

nome

de' troni aveasi

Di Capi di monton, che di montoni


Grli sculti capi l'adornavan tutto;

Seren di dei qual lapislazzuli

L'altro

Era chiamato, ove bufera e polvere


Noi turbavan giammai. Era in turchesi
Tutto il terzo composto, e chi '1 vedea,
Caldo nel petto il cor senta. Qual fosse

capo

di villaggi o al re soggetto.

montoni al loco illustre


Avea suo seggio; sotto a quella volta
Di Sereno di del stavano i prodi

De' Capi di

Cavalieri che in cor, dell'armi al giorno,

Timor non hanno, ed


Era l da' turchesi, a

al

ministro

il

loco

che molte
governar. Se alcuno
lui

Aveasi cure in
Su quel trono sedea tutto a turchesi,
Certo era segno che avveduto egli era
E fedele al suo sire inclito e grande.

Ma

d'oro intesto

Q-ittato su

un fulgido tappeto

quel trono; e n' l'altezza

Di cinquansette cubiti,

Composte a gemme,

le

frange

splendienti

villi

D'oro all'intorno, e sopra manifesti


Erano i segni di quest'ampio cielo,

Marte e Saturno e
E il sol fiammante

E de

la

la

candida luna

Venere e Mercurio

luna splendida gl'indizi

Allor ch'ella rivela a' prenci e

E
I

a'

regi

bene e il mal. V'eran dipinti ancora


sette cUmi de la terra, e l'opre
il

De' capi de' villaggi, e degli eroi


FiBDvsi, vni.

1*

290

L'aspre tenzoni. Immagini pur anco


Di quaransette re v'eran dipinte

Con trono

e serto. In auro ecco trapunta

De' re dei regi la corona. Oh! in terra

Non

fu giammai drappo
Era un uom senza pari

siml

Ma

in Gina

egli in sett'anni

Tess quel drappo, e dell'anno novello


Al cominciar, di Ferverdin nel mese

nel giorno d'Hormzd,

venne

al signore

Dell'iranica terra e quel regale

Drappo

recgli. Diedero l'accesso

principi a lui, s ch'egli il drappo


Ratto
Al primo giorno dispieg dell'anno,
i

Allontanato ogni deso da

lui

Per la molta letizia. Una gran


Fecero allor pel nobile tessuto

festa

chieser vino e musici e cantori.

XLIX. Avventura del cantore Brbed.


(Ed. Cale. p. 2008-2010).

Era allora un cantor, Serkish


Per l'arte musical beato e lieto.

il

nome,

Serkish del re dei re fea lodi in musica


fea voti per lui; gemme gittavangli
I grandi tutti, che il dicean puranco

Della grandezza imperiai preclaro

Onore e gloria. Ma ogni d pi assai


Grande si fea Khusrv monarca, e allora

Che fu d'anni ventotto il regno suo,


Nessuno in terra su le porte regie
Opre triste incontrava. Anche novella
Giunse a Barbd cantor di quella sua
Inclita reggia, che ciascun gli disse:

Un

cantor

si

trascelse

il

re del

mondo


Secretamente.

Ma

291

se a te di contro

Qualcun lo pone, te faranno al capo


Del musico Serkish nobile serto.
In Barbd che ci intese, arse deso,
Ben che bisogno noi toccasse mai
Di cosa alcuna e tosto egli da' campi
;

Venne

alla reggia

de l'iranio sire

musici a guardar.

Ma come

udalo

Serkish a modular note soavi,


Torbido il core gli si f', turbato
Ei

si

n'and per

Di quel cantar,

cadenza e il ritmo
che ne venne ratto

la
si

Al maggiordomo de l'iranio sire

molte

gli gitt

monete innanzi

D'argento e d'or. Sul limitar del prence,


Disse, un cantor si sta, che assai mi vince
D'anni e

Vada

di pregi. Gh'ei del

al cospetto,

non

Vecchi qui siamo, ed


Della porta del sire

re sovrano

vuol,

si

che noi

egli or or venia.
il

guardiano.

Poi che cotesto da Serkish intese,

Al novello cantor subitamente


Chiuse la via. Quando Barbd giugnea
Nel suo cospetto, la faccenda sua
Mal procedea, tristo il suo carco e gramo.
Quand'ei tornossi orbo

Da

l'ostello regal,

di

venne del

speme e

tristo

sire

Ad un giardin col suo liuto. Nome


Era Mardy del giardiniere, e tosto
Gioi Barbd in rimirarlo.

Il

prence

Dell'anno al cominciar scender soleva

quel giardino e di festa in quel loco

Due settimane si tenea. Sen venne


Cosi ratto a Mardy Barbd cantore

con

lui

Per que'

s'accord nel cor, nell'alma.


giorni. Egli disse al giardiniere

292

che tu l'alma sei,


Ed ora un mio desire
Da te mi chieggo, qual pur leggiera
Cosa appo te. Quando il signor del mondo
Davver!

Ch'io sono

diresti
il

corpo!

A' tuoi giardini scender, tu m'apri

Un

varco almen perch'io nascosto

Quando

il

sire

ha una

il vegga.
oh! potess'io

festa,

Nascostamente rimirarne il volto


Questo far, Mardy rispose, tosto
!

Per l'amor tuo scacciando ogni sospetto.


Il cor del giardinier s come face
Per la gioia rifulse allor che a scendere
S'apprest il sire a quel giardino. Ei venne
A Barbd e grid: Gi gi discende
Di festa al loco re Khusrv.

Verdi allora

Ed un

liuto si

Cingea
gran cantore
togliea con canti

le vesti

il

Di tenzoni e di pugne, indi venia

Al loco ove scendea Khusrv regnante^

Che novello era sempre ad ogni nova


Stagion dell'anno

Un

loco suo. Sorgeva

il

bel cipresso l d'accanto, verde.

rami suoi
Con spesse frondi, folti
Com'era folta la battaglia orrenda
Nel campo di Peshn. Col suo liuto
i

Raccolto in grembo, l'agile cipresso

Barbd sala, restavasi a quel loco


Per alcun tempo fin che il re giugnea.
Dall'ostello regal discese alfine

quel loco di festa

il

Un

giardinier

gli

il

maggior prence

apprest

il

loco.

Venne

garzoncello a versar vin, dal volto

Leggiadro

ponendo in mano
colma di vino

di Per,

All'iranio signor

Un'ampia coppa, e

l'inclito

Dal garzoncel prendeasi

il

signore
vino.

Il

nitido

293

Cristallo disparia sotto al licore

Che rosseggiava dentro;

e allor che il sole


sempre attendendo
notte si f' oscura, un canto

Impallid nel

Fin che

la

ciel,

Incominci su
Il

l'alto del

cipresso

un inno,
Cantava una gioconda

nobil cantor, composto

Degno

di re.

Istoria su quell'albero vetusto,

all'intorno attonito restava

che

Ogn'uom di vigil sorte; ei modulava


Con accento soave un canto suo
Quale or tu chiami di giustizia
Tutti stupan meravigliando, e

il

sire.

ognuno

Opinion diversa si prendea,


Ma Serldsh per quell'inno iva di mente
Subitamente fuor, ch'ei ben sapea
Di chi fosse la voce e per tacque,

Che

tocco di

tal

Eroica da que'

mano

d,

e tal canzone

fuor che

il

gentile

Barbd, non seppe alcun. F' cenno


A' prenci tutti e cosi disse: Voi

Deh! ricercate
Questo loco

il

sire

in ogni suo confine

di festa.

quelli assai

Cercavano pel loco e ritornavansi,


Tornavansi a Khusrv rapidamente.
Avveduto Serkish parola prese
E disse: Per la sorte di tal prence,
Meraviglia non se a lui cantori
Si fan cipressi e rose.

Eterna

resti

L'inclita fronte sua, la sua corona!

Un
Rec

altro
al

L'ebbe

nappo

prence

l'inclito

il

di

gagliardo vino

coppier. Tosto che preso

re da quel leggiadro

in altra foggia un suono


musico apprest, repente un altro
Canto si prese, qual diceasi un tempo

Suo garzoncello,
Il

294

Vassallo degli eroi (cotesto nome


Davangli allor pel suon de le parole) ^

E
E

mentr'ei

si

cantava,

quel vin

si

bevea dietro a le note


Disse allor: Deh! tosto

Soavi e dolci.

il

re l'uda

Qui recate colui, tutto il giardino


Scompigliando a l'intorno.
E quelli
Del giardin ricercando ogni confine,

Recaron lampe

Ma

agli alberi di

assai;

sotto,

nulla rinvenan, ben riguardando,

Fuor che

salci e cipressi e tra le rose

Fagiani che correan con fiero incesso.


Altra

si

chiese

il

re dei re una coppa

la fronte lev diritta e intenta

Di Barbd al cantar. Cosi levossi


Altra fiata un echeggiar di canto,

quegli in foggia anche diversa fece

Nobil canzone che Verde sul verde


suoli appellar, con che la gente
Incantesmi compone. Allor che intese

Ora

Prence Pervz,
Chiese

di vin

in pie levossi e

un nappo

qual bevesi nel gaudio

In un giardin di rose. Era una libbra

Di puro vino entro quel nappo, e


In un sol fiato il purissimo vino

Bevvesi allora. Cos disse poi

il

sire

Se un angelo si fosse, egli di muschio


Sara formato e d'ambra pura. Un Devo
S'ei fosse, non dira questi suoi canti.

tocco egli sapria

Ma

voi frattanto pel giardin cercate

Ov'egli

sia,

Gli orti e

La bocca

di

cotal suono.

da dritta e da sinistra
roseti investigando, ch'io
il

grembo

di lucenti

gemme

Al cantor colmer, prence faroUo


Di quanti pur son qui cantori eletti.

il

295

nobile cantor,

Ud del prence e

le

come

la

voce

parole sue

Consolatrici, gi balz dai rami

venne
Sen venne

Dell'agile cipresso e innanzi

Con molta pace

e dignit.

E con

il

la

fronte

suol tocc;

ma

intanto

Diceagli re Khusrv: Dimmi chi sei.


Sire, un tuo servo mi son io, rispose;
Sol per la voce tua nel mondo io vivo.
Indi partitamente e da principio
ei dicea, chi

Ci che avvenne,

E d'un

il

sol

corpo fu con

nobil re

si

f'

lui

d'un sol core

mostrava;

gioioso a quella

Vista di lui leggiadra, in guisa appunto

D'un giardino di rose a primavera.


A Serksh ei dicea: Deh! tu mal destra
Nell'arti tue, tu se' qual pianta amara,
Dolce Barbd quale un'essenza dolce!
Dimmi tu perch mai si '1 trattenesti
Da me lontano. Quel suo dolce canto
Forse ti spiacque de la gente accolta,
Cosi allor bevea
Qui, nel cospetto.

Al canto di Barbd il vin gagliardo


L'iranio prence ed i ricolmi nappi
Sculti in rubin vuota vane. Per questa

Foggia

cos, fin

La mente

che inclinava

al

sonno

grave, del cantor la bocca

Egli colm di rilucenti perle,

detto fu Barbd sire e sovrano


principi d'Irania
i

D'ogni cantor, fra

Uom si f' glorioso inclito e celebre.


Ma il giorno che a Barbd io destinai.
Or giunge al fine. Deh! non sia giammai
Che tristo amico tu rinvenga in terra!
Anche de' servi e de' monarchi il giorno
Trapassa, e l'uom che ha senno, oh

perch mai


Del

fugace

si

296

dorr? Passati

Son prenci e schiavi, n vogl'io destarmi,


Poi che spento sar, dal sonno estremo.
Ogni fiata che a sessanta e sei
Giungon gli anni dell' uom, ch'ei sia belligero
Pi non s'addice. L'inclito mio libro
Fa che soltanto a suo termine giunga,
E tosto del mio nome in ogni parte
Fia ripiena

la terra.

poi ch'io vivo.

D'oggi in avanti non morr, che


Della parola intorno sparsi, e

Che ha

fede e senno ed inclito consiglio

Mi loder dopo

L.

la

morte mia.

Fondazione
(Ed. Cale.

Di

il seme
ognuno

p.

di

Madiu.

2011-20U).

Or far di Madin detti


Khusrv dell'ostello io

novelli,

far

un motto.

Un uom di Persia, cor sereno e lieto,


Su cui trent'anni per quattro fiate
Eran

trascorsi, cosi narra, e dice

Che principe Khusrv sue genti in


Mandava e in India e in Gina ancora
Terra

G-recia

e in ogni

onde venano a lui


Di l tremila artefici, chiunque
Inclito fosse nella terra sua
Per arte industre. Da cotesti, quelli
Ch'eran maestri e sapienza in core

Avean

abitata,

dell'opre di mattoni e gesso,

Dugento re Khusrv trasceglier volle


E d'Irania e d'Ahvz e della amena
Terra di Grecia. Ma da questi ancora
Trenta ei scelse animosi e da que' trenta

297

Due

di Grecia e un di Persia, A.nche fra questi


Ch'erano tre, fu scelto un greco (in terra
Pochi gli erano eguali), onde costui.
Abile e sperto, a re Khusrv si addusse

f'

parole d'edifici e d'opre.

Di pregi ricco,

Era quel greco

Ogn'uom

di

geometra

Persia superava.

L'iranio prence cos

Togli da

me

Ci che dir,
"Vogl'io da te

La casa

illustre

e in eloquenza assai

lui

allora:

dis.se

cotesta impresa e in

ti

serba.

dove

Un

mente

loco eletto

miei

figli

e tutta

mia, fino a trent'anni ancora,

Stiano abitando, n in rovina mai

Gaggia quel loco per alterne piogge


per neve o per sol che d'alto splenda.
Dell'ostello del re l'inclito incarco
Il

geometra allor si tolse e. Questa,


mi prendo gloriosa impresa.

Disse,

Cos per dieci cubiti regali


L'edificio real profondo ei rese.

Fatta radice e fondamento quella

Di cubiti regali alta misura.

Eran di sasso, eran di gesso tutte


Le fondamenta di quell'opra, e questo
Fece il maestro perch stabil fosse.
Dell'inclito palagio allor che ritte
Furon le mura, innanzi al re del mondo
L'artefice ne venne. Ecco! dicea.
Se piace al mio signor, d'uopo ch'ei mandi
All'edificio mio tal che sia sperto,
Sapiente d'assai, su cui ben molti
Siano
Del

gli

ciel

L'uom

anni trascorsi, e al re gradi Itj,


con un ministro, amico a lui.
ch'ei richiese,

il

nobile sovrano

Ratto assegnffli, e venner

essi l'alto

298

E dritto muro ad osservar. Ma intanto


Un fil di seta il geometra innanzi
Recava onde

Uno spago

gente

la

Si l'attorcesse

ivi

come pur

al suol

attorce

poscia da l'alto

sottil,

Dell'ostello regal l'inclite

Fino

raccolta
si

mura

misurava, alla sua base.

il filo si attorto ebbe l'altezza


Misurata alle mura, innanzi a tutta
L'accolta gente, egli '1 rec al tesoro

Poi che

Di quel re d'ogni prence e col suggello

Che

il

tesorier v'appose, a lui fidoUo.

venne

Indi sen

alla real

Vanno a rasentar

disse:

Dell'edificio le pareti.

dimora
la

luna

allora

Che principe Khusrv cenno mi

fesse

L'opra mia d'aff'rettar, nell'opra mia


Gi non andrei sollecito. Quaranta
Giorni son gi ch'ei m'affid l'impresa,

me

Poi che
L'illustre

tra gli artefici scegliea

mio signor. Quando

fia

tempo

Di compir l'opra del regale albergo,

Pari a

su nel ciel l'altezza

le stelle

sar veramente. Oh! ma non vuoisi


Che impazienza tu dimostri in questa

Ne

Opera tua

regal, crescermi ancora

L'aspra fatica mia non ti si addice.


Deh! perch mai, Khusrv gli rispondea,
malaccorto,

si

gran tempo chiesto


si vuol che a dietro

Hai tu da me? Gi non

Tu
Ne

ritragga la
si

man

dall'opra tua.

vuol che bisogno abbi pi mai

E comand che date


D'oro e d'argento.
Fossero trentamila al geometra
Dramme d'argento, perch mesto in core
Ei non andasse.

Ma

sapea colui,

299

Artefice veridico ed esperto,

Che biasmo

gli

farla l'uom sapiente

Ratto che in elevar


Affrettato

ei

si

l'alto edificio

onde perduto

fosse,

Di lui sara l'onor col pane ancora.

Venne

notte e l'artefice sparve,

la

fu allor

che nessun

Il

rivedea.

Ma come

d'allora in poi

uda che ratto

Fuggito era Ferghn,

l'ira

concetta

Contro Ferghn tutta vers d'Irania

Sdegnoso il re su chi l'annunzio diede.


Ei, che scienza non avea, gridava,
Perch mai tanto innanzi al mio cospetto
Porse all'opra la man?
Ma voi quell'opra.
F' cenno poscia, ad osservar ne andate,
Entro a oscura prigion tutti gittando

Cotesti Greci.

Ma

poi disse: Artefici

Adducetemi intanto e qui recate


Gesso e mattoni ponderosi e sassi.
Cercaron quelli, ma ciascun che vide
L'altere mura, sparve repentino
Del prence iranio dalla terra, ond'ei
Nella distretta sua

Da

la

man

ritrasse

l'inclit'opra e volse intento

il

core

Alla terra d'Ahvz, perch da quella


Citt lontana artefici venissero

E per lunga stagion l'opera sua


Non si restasse non compiuta. Ancora
Per anni

Ma

tre cercavasi un maestro.


niun scoverse artefice che pari,

Come

quei,

non

s'avesse.

Oh

molte volte

Di queir industre fecesi ricordo.

Fin che

al

quart'anno

ei si

mostr. Novella

Recavane a Khusrv tal ch'era saggio


E vigile pur anco e glorioso.
E tosto il greco, rapido qual nembo,

300

Innanzi venne. Oh! colpevol d'assai,


Dissegli il prence, dimmi tu qual cosa

Fu in cotesta opra tua trista ed infida,


Che lungi ben tu sei da opra leggiadra
E il greco
E lungi sei dal paradiso.
Rispose allor: Se il prence mio mi manda
Con un suo fido, per quell'opra mia
Le scuse gli far, per .quelle scuse

parr manifesto

Si

il

Khusrv mandava,

mio perdono.
e dal regale ostello

Gol fido amico del suo prence usca


Il

maestro ingegnoso. Ecco! recava

La sua corda sottil di Grecia il


Gente pur anco si adducea con

savio.

seco,

Indi, poi che dell'opra ebbe con cura


Larghezza e ampiezza misurate, in meno

Sette cubiti egli ebbe, alla sua corda

Ben computati. Appo

l'iranio sire

Altri la corda riportava, e quello

Che
I^e
Il

maestro per la via discese,


cose tutte al re dicea. Se mai,
greco disse, a continuar l'ardita
col

Opera posto qui mi fossi, o prence.


Non muro in pie, non arcuata volta
Saria rimasta, non indizio alcuno
D'essa pi mai, ned io rimasto ancora
Su le porte sarei del prence iranio.
Khusrv intese e disse: Ei parla il vero,
Ne vuoisi gi che alcuno il ver nasconda.
Ei liber quanti erano rinchiusi

In career tetro, fossero di tristo

Pensiero e malo, fosser'elli innocui.


Indi al greco don dieci ricolme

Sportene di monete, e a' prigionieri


Molte cose don. Pass frattanto

Lunga

stagion su quell'opera industre,

301

Quando n'avea l'iranio prence in core


Necessario un desio. Come trascorsi
Furon sett'anni, al loco suo si stette
prence

L'edificio compiuto, al nobil

Gradito e caro. Molto onor rendette

Al maestro Khusrv, terra

Dramme

gli

diede,

d'argento e fulgide monete,

E il benedisse. Il nobile castello


Ognun guardava, ed a quel loco
Dell'anno al primo

illustre,^

con pompa

nessuno in terra
giammai,
sperta e famosa

Edifcio cotal vide

salia

Ma

L'iranio prence.

d,

da gente l'udi

ricordar. Sospeso era a la volta

Fuso e d'auro un anel; pendea da quella

Una catena corruscante


Su

e d'oro,

per ogni nodo, erano infisse


Splendide gemme. Quando il re de' regi
A quel trono venia di bianco avorio.
La sua corona sospendeasi a quella
Catena d'oro; e quand'egli sedea,
Dell'anno al primo di, su l'alto seggio,
cui,

Stavagli accanto

il

sacerdote, quale

Sorte amica s'avea. Del sacerdote

Stavano sotto

principi co' grandi

prenci

co' provveditori, e sotto ai

De' mercanti era

il

loco e de la gente

Trafflcatrlce, ivi apprestato.

Il

loco

De' poverelli era pi in basso, a cui


Sol per travaglio e per fatica

Procacciasi del

il

vitto

Pi in basso ancora
pie tronche e di mani.

di.

Stavan genti di
Che misere giaceansi abbandonate
Delle case d'altrui sovra le porte.

Ma venne

poi dall'inclito palagio

Alta una voce,

si

che

al fiero

suono


Si

commosse ogni

302

cor:

Deh! voi

Del re sovrano de la terra,

il

soggetti

core

Torbido e reo di riserbar non piacciavi,


Non con tristi pensieri. Ognun che miri

questa altezza del regal palagio.

Tutti vedr confondersi d'un tratto


I

suoi pensieri.

De' prenci

Kay

Ma

pi in l del trono

di

riguardar vi piaccia.

Annoverando ognun

eh' pi

pi in basso di noi.

Nelle catene

di

Alcun pi non
Innocente

Da

meschino
quell'istante

quel re sovrano
rest, foss'egli reo,

egli fosse.

Anche donava

a'

Il

nobil sire

carcerati suoi

Vesti dal capo al pie, monete e cose

Molte e diverse. E chi per la ciltade


Andavasi tapin, che parte alcuna
In quella gioia non avea dell'anno

Che incominciava, nel regale


Fu addotto di Khusrv, dono

ostello
in

gran copia

Dato gli fu di fulgide monete


Dal tesoro del sire. Ecco! di tema
Pieno andavane in cor per tal monarca
Ogni uomo peccator, desti per lui
Si fean d'un tratto dormigliosi e pigri.

Mandava

intanto pel regale ostello


banditor qual vi giugnea nel tempo
prenci
Che ognun ritorna alla sua casa.

Un

Che

alta recate la cervice, ei disse,

armi e di natura adoi^ni


Generosa, oh! perch tanti cercate
E segni e indizi di grandezza in terra?
Pensier si vuol prima dell'opra, incolumi
Perch voi siate e salvi. E pria si pensi

Incliti in

In ogni impresa, indi

D'uom non

si

faccia, e

il

core

s'offenda che poco favelli.

303

concepir vuoisi a principio, e poi

Operar vuoisi e d'uom ch' sapiente,


Udir parole. Ond' che ben fra voi
Qual cercate di gagliardo ingegno,

Che piangere

si

vuol per chi fortuna

Ebbe nemica. Quei che serba e segue


Legge del nostro re, dorme sicuro

Appo

il

suo trono;

ma

chi stende a cose

man, raggiunto all'improvviso


da disdegno che da noi si muove.

D'altrui la

LI.

Grandezza

e gloria di

(Ed.

Parola or

Cale.

p.

2014-2015).

quella gloria

io dir di

Di principe Khusrv,

Khusrev Pervz.

gli

antichi giorni

Intento a rinnovar. Gotal grandezza

Ninno

alla terra

si

ricorda in tanti

Ma

Principi e servi.

chi legge questo


Libro dei Re, ben vuoisi che di sua
Veste il lembo egli scuota a liberarsi

Da ogni ritegno

Una sentenza
Approva

di

quaggi. M' bello

ricordar, che

in core

Deh

saggio

il

non

Tracotante tu sii per la fortuna


Di quaggi, che in vigor supera

Tu

Il

suo tristo velen.

cupidigie stolte e a stolte

che mai

sia

la tua

balsami

mano

brame

D'odio non dar, non far tuo loco eletto


In questa breve stazon del mondo.

Per ogni viandante

Che breve dura,


Mentre tu

ell'

dimora

e tal giunge novello

vi se' antico.

Uno

s'avanza.

L'altro sen va, ciascun per breve

tempo

304

questa breve stazion s'aggira

va pascendo;

ma

nel d che levasi

Di timballi fragor che la partenza

va sotterra ancora

indice e intima,

Di fortissime belve

Se da

me

il

capo altero .
Perviz l'istoria
vuol che in mente

ascolti di

Meravigliosa, ben

si

Abbi tu questo, che di tal possanza


E tal grandezza e dignit, di tale
Poter, di tal corona e di cotale
Maest di gran re, cosa maggiore

Non udrai tu per l'ampia terra mai,


Anche se gente ne richiedi esperta.
D'India e Turania e di Gina e di Grecia

E da ogni
Lume del

terra

amena

e eulta, al chiaro

giorno e per la notte oscura,

Tributi e offerte recavan le genti

l'inclito signor.

Da ogni casa

Veniano ancelle

regal, giovani paggi.

Perle e rubini ed ogni gemma e intanto


A sue monete e a suo regal tesoro
Gonfin non era, e per la terra prence
;

si vedea che ugual gli fosse. Ancora


Falchi e sparvieri ed aquile volanti.
Pardi e leoni e alligatori in fonde

Non

Acque nascosti, a suo comando


Obbedendo cedean; l'anima sua

tutti

Come

il

fulgido sol splendeagli in core.

Ma

il

tesor che in disparte egli ponea.

Primo d'ogni

Da

tesor,

quale

ei

raccolse

Bulgari e Ginesi e da le genti

Di Grecia e Russia, ebbesi vago nome:


Della sposa il tesor. L'altro era colmo
Di perle di bell'acqua e la sua altezza
Era s quanto il volo d'una freccia
Alto sospinta;

prenci tutti e

gl'incliti

305

nome

Saggi d'Arabia

Ma

aveangli posto

tesor che nome


Avea di Carco, non fu visto mai
Da alcuno in terra, in appartato loco

Di Ciel sereno.

in pubblico; e

Che Lieto

si

il

il

tesor v'era pur anco

dicea, grande, famoso.

Quale erano a lodar cantori

intenti,

Abili e destri. Altro tesor diceasi

Superbo,

Ma

computo

di cui

si

prese.

stanco ne rest chi computava.

Altro tesor quello


Intendi

il

nome

si

fu di cui

e che appellar gi suoli

Broccato imperiai. L'altro il tesoro


mai non fue

Inclito d'Afrasyb, qual

In terra o in acqua. Altro tesoro quello

Che tu Ardente dirai; luce e splendore


Ha per esso la terra intorno intorno.
Ma fra musici suoi Khusrv si avea
i

Serksh e Barbd,

Suo

stato

mai non

si

si

che cruccioso

vedea.

Ma

dodici-

mila fanciulle egli ebbesi ne' suoi


Dorati ginecei, gioconde e vaghe

Qual gaia primavera. Anche

ei

vantava

Mille e dugento battaglieri e forti


Elefanti; e diresti che per essi
Loco non era in su la terra. Avea
Quarantamila con seimila ancora
Belligeri destrieri

il

nobil sire

ne' presepi suoi, di rosso pelo

Diecimila cammelli, e ninno in terra

Tanti ne avea quanto Khusrv. Ancora


Egli ne avea dodicimila, gravi

Che

carchi

gli

traean co' palanchini.

ne avea, sessantasei, veloci,


Rapidi al corso. No davver! che ninno
"Vide cotesto per la terra; mai
Altri

FiBDCsi, VIIJ.

20


Non

l'ud

306

raccontar da gente antica

Di cose esperta

Mille volte mille

avea pur anco il sire


Atti a le pugne, ed eran di Turania,
Eran di Gina, eran di G-recia. Ancora
Ei vantava un destrier, bruno qual notte,
Cavalieri

si

Quale nel tempo d'eccitar battaglie


Non si ristava dal balzar. Ancora,

Ancora al gineceo stava Shirna


Adorna e bella, ed i giardini suoi
Si fean

Ma
Per

la

per

moria s gran monarca


d'uno schiavo, oh tu nel core

man

si

Ansiosa voglia

Non

pi rilucenti e vaghi.

lei

poich

di

grandezza mai

albergar. Fra l'opere

ti

scegli

Qual minore ha travagli, ove tu brami


Per tua giustizia aver tua lode. 11 male
Trapassa in terra e il bene ancora, e il fato
Ogni nostro alitar va numerando.
Sia che tu tocchi una corona e un seggio
E splendido tesor, sia che pel mondo

Tu cammini

nel duol, l'estremo loco

Di te sar dell'ampia terra il seno


E due gelide pietre. Oh! per la terra
Altro gittar non di fuor che del bene
La nobile semenza! Anche tu di

Da Perviz regnator prender tua norma,


Che rimarrai meravigliando allora
Che questo libro leggerai. Quel grande
Pago non fu dell'inclito suo trono.
Del loco inai

di

sua real grandezza,

Della corona imperiai, di quella


Inclita potest,

si

che a rovina

L'irania trasse e la turania terra.


LII.

307

Rivolta dell'esercito.
(Ed. Cale. p. 2016-2023).

Prence

si

giusto

si

f'

ingiusto allora,

Ei che gio dell'opere non giuste


D'ogni suo servo. Si togliea ricchezze

Da ciascun che

n'avea, questo battea

Contro cotesto e contro a questo quello


Senza ritegno, onde volgeasi in biasmo
Benedizion d'un tempo. Iniquo lupo
S'era fatto l'agnel.

Crucci a s stesso

Ne

Sempre
ei

novelli

procacciava intanto,

altra voglia ei s'avea fuor

Tesori sempre.

E come

fu la

che

di

nuovi

gente

Senz'acqua e senza cibo e senza forza,


In terra di nemici elli n'andavano
Da Irania bella. Chi peggior toccava
Sorte in Irania, fuor dalla sua terra.

Malgrado suo, sen gi. Ma tal spregiato


Era a que' tempi, era Gurz il nome,

Da cui gioie e sollazzi e sua quiete


Avea prence Khusrv. Sempre custode
Egli era del confin che guarda a Grecia,

Avea mente

di

Devo

infausto e reo.

e ingiusto core

Come

verso a giustizia

primo in Irania
Ei la fronte lev, quando pur anco
Un altro v'era, Farrukhzd il nome,
Accetto e grato a re Khusrv. Nessuno
Irne osava al gran re, se pria l'accesso
Farrukhzd non chiedea. Ma poi che piena
And misura dell'iranio sire,
Anche di Farrukhzd guasto fu il core.
Ingiusto

si

f' il

re,

308

venne

Figlio d'Azermign,

costui,

mormorando iroso
soggetti, e un sol, d'alma e

Tristo nel volto,

Contro

a'

di

core,

Fecesi con Gurz, d'anni pi antico,

E da

questa contrada a quella terra

Patto secreto con


Scrisse prence

lui

pur anco

Nel suo

lui f'. Un'epistola

Gurz

al greco sire
malvagio e reo

f'

desire. Dissegli

Ti leva

Irania prendi, ch'io per primo innanzi

L'epistola
te verr soccorri tor.
greco sire poi che lesse, un ampio

Il

Esercito raccolse a far battaglie,

Batt

timpani in bronzo e die stipendi

E all'estremo confln d' Irania venne


Come bufera che dall'alto scende.
Ma l'ira nio signor, come di tanto
Ebbe novella, ben leggiera cosa
La cosa grave comput. S'avvide
Che opera di Gurz era cotesta
Qual disvelata al greco Imperatore,
Avido di contrasti, ebbe colui.
A Gurz f' un invito il prence iranio,.

quegli all'arti

L'epistola regal

f'

che

ricorso e vile
il

richiamava,

Os stimar. Costui, d'animo infausto,


Sgomento avea di re Perviz, terrore

Avea

Ma

il

de' prenci e del regale ostello.

re dei re co' principi e con quanti

Erano duci

nell'irania terra,

che mondo il core


Ebbe con un pensier pi integro e sano,.
Molte e d'ogni maniera arti sottili
Si assise allora, e poi

And cercando;

come

sorse in lui

Un pi chiaro pensier, scrisse un'epistola


A principe Gurz: Grato mi venne

309

Quel tuo disegno, e innanzi a' prodi miei


S ti lodai, che all'opre tue sagace
Un inganno aggiugnesti, onde l'altero
Capo del greco Imperator gi tenti
In basso loco di gittar. Ma quando
Questa epistola mia recata avranno
Nel tuo cospetto, la sotfil tua mente
Piena

fa

d'un pensier. Resta

fin ch'io

Di qui mi parta. Co' tuoi prodi allora


Il piede muoverai. Quando da questa

Parte e da quella eserciti saranno.


Desio del greco Imperator nel mezzo

Andr cadendo, e noi captivo in terra


D'Irania il menerem, tutti i suoi Greci
Carchi di ceppi qui addurrem pur anco.
Nell'ostello regal scelse un de' suoi
Quale all'uopo venia, saggio, eloquente,
Sperto d'arte

sottil.

Dissegli

il

sire

mio
Con teco apporta, quale pur costume
D' esplora tor. Fa si che alcun di Grecia
Veder ti possa e in su la via di molte
Cose ti chiegga. E ti far prigione
Nascostamente questo

foglio

Costui, del greco re nella presenza

Per

trascinarti o per addurti innanzi

Del greco stuolo ad un de' capi. Allora


Quei chieder: Donde sei tu? Favella!
E dirai tu Son io tapino un servo
Che l'arte sua va procacciando. Questa
Grave fatica sopportai, correndo

La

via lontana, e per

Porto con

me

Tu

Gurz un

foglio

avvinci al destro braccio

Questa epistola mia. Se alcun la toglie


A te, davver! che ci mi fia gradito.
Di re Khusrv dalla presenza uscia
11

messaggiero, avvinta in pria l'epistola

310

Al destro braccio. Ei venne intanto, e allora


Che al greco Imperator vicino egli era,
Il

vide pel suo calle un degli erranti

Esploratori. Al suo signor l'addusse.

D'immonda polve sparso

Ambe

capo, smorte

il

gote e con le labbra livide.

le

Ov' Khusrv? gli disse il greco sire.


Davver! che la sua via dritta e verace

A me

d'uopo disvelar!

t'

Parve per

lui

di

Stordito

re Khusrv lo schiavo

Astuto, e per timor che avea del sire.


Tristo e turbato nel ridir risposta

Deh

Si f' nel volto.

Gridava

il

greco

frugate voi.

costui

re,

tristo,

Ricercator di nostro danno, reo

Nel suo pensier, d'aspetto reo pur anco


E di perversa voglia
E quei frugamo,
!

nel braccio di lui la regia epistola

Avvinta un uom trov sagace e vigile.


Il greco Imperator su que* confini
Un sapiente allor cerc, pehlviche
Cifre in leggere esperto e allor che il foglia
Ebbegli letto i'uom di cifre dotto.
Dell'inclito signor fosca qual pece
;

Si f' la fronte. In manifesto danno.

Disse in secreto

a'

prodi suoi, volea

Gurz menarci adunque! E

il

re de' regi

Trecentomila eroi seco si adduce,


E niun conosce agli elefanti suoi,
il computo verace.
Davver! che trarmi a' lacci suoi volea
Gurz infido! Eternamente fosco
Nelle triste sue voglie il cor ne sia!

A' suoi tesori,

Di l cosi

ei

ogn'altra

brama

traea l'ampie falangi,

principe Gurz

dal suo cor spara.

come giugnea

311

Novella certa, ritornarsi in Grecia


L'inclito sire, pien di doglia il core

Andonne

e smorte fr le gote e livide,


che ratto ei scegliea fra suoi gagliardi
Un cavaiiero e con ansia ed ardore
Dettava un foglio. Oli! perch mai, scrivea,
Fecemi oltraggio il greco Imperatore?
Dimmi, dimmi, perch ti ritornasti
Si

Da

me

suol d'Irania e festi

Bisognoso d'aita? E

Ben

che ci

sa

pel

mondo

re de' regi

il

che quel core

fec' io, s

Pieno gi contro a

me

greco Imperatore,

d'odio acerbo.

Poi che

Il

d'alto corruccio

occhi levando

gli

il

foglio vide,

Ricco di pregi un uom scelse tra i prodi


E veloce a Gurz mandollo in via.
Forse, gli disse,

Da ogni
Perch

sciogliea l'Eterno

poi tu dovessi

Sperdere e
I

ti

o mentecatto,

tristo bisogno,

il

trono mio

serto imperiai, distruggere

il

prodi miei col fuoco de la guerra?

Da l'epistola tua nulla mi venne


Fuor che de' miei tesori ampio uno sperpero,
Per colpa tua, tristo e malnato. In mano
Dar mi volesti a re Khusrv. Deh! mai
Grandezza non ti venga o buono stato
Nel viver tuo, che questo tu dovevi
E intendere e saper che prenci irani.
Fin che vedranno un re de' Kay del sangue,
In iranico suol gente straniera

Non chiameranno

mai, foss'ei rampollo

Di greco sire o sapiente illustre.

Al greco Imperator molte

Gurz

allor,

ma

detti suoi,

Scienza ch'egli avea,

Non penetrar

di

li

f'

scuse

per molta

orecchi mai

quell'irato. Intanto,

312

Scegliea Khusrv tale e bennato ed inclito,

Facondo e savio messaggier. Dettava


Un regal foglio per Gurz con queste
Parole acerbe: Deh! spregiato e vile,

he
.

Devo, quante volte a questa

arti hai di

Mia reggia ti chiamai, ma tu lontano


Da nobile costume e da pi giusta
Legge ti resti! Ed or quelle che hai teco
Squadre d'eroi, che son la stella tua
Negli anni tuoi, ne' mesi tuoi, col core

E con la mente al greco Imperatore


Son gi devote, ed altre in lor segreto
Hanno

voglie e disegni.

Or

tu m'invia

Quanti son ribellanti e gi s'apprestano


Come giugneva
Il capo a sollevar.

A Gurz

prence

la

regale epistola,

Ei cauto nell'oprar, senti la mente

Di pensieri affollarsi, onde trascelse


Dodicimila, fra

gli

illustri suoi,

Cavalieri animosi, e disse ai duci:

Or siate voi d'un solo core, e verbo


Che altri vi dica, mai non piaccia a voi
D'ascoltar.

State di

Ma

Non prendavi
Il

vostro

Anche

qui insiem per alcun

tempo

qua dall'acque torbe e fretta


fla,

d'andar. Se
se sola

una

un

detto solo

difesa,

potrete voi scrollar dall'ime

fonde basi una montagna eccelsa.

Fino a

citt

che Maest

si

dice

D'Ardeshir, discendea l'ampia falange,

Quanti eran vecchi o garzoncelli in armi


Cos scendean. Fino a le sponde ei trassero
Del bel fiume le schiere, ivi aspettando
Qual comando farla l'iranio sire.
Ma Khusrv, come avea novella certa
Di ci ch'egli si fean, deso non ebbe

313

Di riveder que' suoi guerrieri, e cenno


Pe'

che andasse Farrukhzd correndo

quelle del suo re genti raccolte.


Ei tal messaggio a le raccolte genti

Recava e si dicea: Da che mi foste


Amici un giorno, oh perch mai la
!

via

Schiudeste al greco Imperator da quella

Ampia sua

terra, ond'ei

men

Confini miei le sue falangi?

su questi

Oh! dunque

Chi mai fu che smarrissi da la dritta


Via dell'Eterno e dal mio patto lungi
And perduto e da mia giusta legge?
L'accolta schiera come ud messaggio
Di principe Khusrv, livide e fosche
Ebbe le gote per terror. Nessuno
Os svelar

l'alto secreto,

Rimasero nel
Ne'

e tutti

duol, pallidi tutti

tristi volti.

Ma

d'un solo core

Con principe Gurz era quel messo.


Ben ch'ei celasse all'aure ancora e a questa
Terra il secreto suo pensier. Sen venne
Gelatamente ai valorosi e luce
Diede all'anime fosche e conturbate.
Principi, ei disse, niun di voi del sire
Tema d'Irania, ch'ei non scorse aperta

Alcuna colpa in voi. Siate soltanto


D'una sol lingua e d'un sol core e dite
Asseverando Chi di noi fu adunque
Di reo pensiero? Se talun pur v'ebbe.
Tutti del nostro re slam sotto al manto
:

Proteggitor, siam noi l'uno per l'altro


Alleati in valor.

Di lui

la

voce

L'alto secreto

Onde

Tosto che udir

sbigottiti prenci,

ognun

de' prenci intese.

levarsi da' lor seggi attorno

D'un moto

La

sol.

Conforme a

ci ch'ei disse,

risposta apprestar subitamente.

314

Farrukhzd ne venia

nembo

ratto qual

principe Khusrv, tutte a ridirgli

Este parole, e quei rispose: Vanne,


Vanne, e in presenza lor cosi favella
Deh! chi di voi si cerca il suo corruccio
Qual forsennato? Se ingannava alcuni
Il greco Imperator d'infausta sorte
Corone promettendo, armi e tesori
:

seggio illustre, se talun colpevole

Si f'

dinanzi a noi, se alcun dispetta

Ebbesi e vii questa corona mia

il

sovrano poter, questi a

me

ratto.

Alla dimora imperiai, mandate.


si che contrassero tal colpa
Maligna e rea. Se no, vedr ciascuno
Dell'esercito mio, qual la sua dritta
Strada perdeva, e carcere e gibetto .
Andando Farrukhzd, queste parole
Ridicea del suo re, si che a vecchiezza

Questi

Parea precipitar per l'aspra doglia


Della giovane schiera

il

cor dolente.

Niuno si ardia discir le labbra e pieni


Eran tutti di duol, si che in silenzio
Restavansi lung'ora. Alfin la lingua
Disciolse Farrukhzd subitamente.
Disonesti

formando

detti suoi:

In quest'ampia falange, di gran core

Armata

e nuova, non vegg'io chi

Sia di possanza e d'ardimento.

scemo
voi

Quale d'uopo timor pel vostro sire.


Di lui che disperdea pel mondo attorno

Fuor della reggia i suoi gagliardi? In quella


Dimora sua di prence oh! non vegg'io
Un grande, un forte, che l'antica luce
Renda all'astro regal. Le mie parole

Che

dissi in pria, lievi

stimar vi piaccia.

315

temasi da voi per mio corruccio,

Ma

tosto, ad imprecar contro al superbo


Prence e contro a me ancor, sciogliete il labbro.
Quale da lui queste parole udia,
S'avvide si che giovane fortuna
Del suo re gi invecchiava, onde levarsi
Tutti d'un moto da' lor seggi e il labbro
Sciolsero ad imprecar. Tornava allora
Farrukhzd al suo re, dicea compunto:

Tutta de' prodi tuoi l'ampia falange


Uniasi a

Ho

si

un

patto e congiungea.

Sgomento

pel viver mio, se a que' gagliardi

Con un messaggio ancor mandami il sire.


Or s'avvide Khusrv che il menzognero
Fiumi di sangue e di cocenti lagrime
Avria versato, ond'ei si tacque e nulla
Rispose allor per tema del fratello,
Ristem, di Farrukhzd, e il vero ascose

Nei profondo del cor. Che ribellante


Al suo prence e signor si palesava

Rstem

infido, al loco suo,

Diecimila suoi prodi, atti


In battaglia a vibrar.

Di

Farrukhzd ancor
ribelli al

suo re

Ma Farrukhzd

f'

dov'erano

spade
Corruppe il reo
le

l'infido core
i

suoi gagliardi.

ben s'avvedea che

il

sire

Dell'esercito suo tutta la colpa

Da Farrukhzd

Come

riconoscea. Di fuori

usci dalla reggia ei del suo prence

Fatto nemico, non os pi ancora


La reggia penetrar. Stava alle porte
Costante e fermo e con ciascuno assai

Fea prove intanto a

far seguaci suoi

Tutti gli eroi delle raccolte squadre,


Si

che

ribelli molti f' al

comando

Del suo prence e signor. Parole avea

316

Con ciascun ben sovente


S'accordavano in

ci,

e quelli seco

doversi in trono

Altro elevarsi un re, che lungi ornai

era da Khusrv

Ita

la

sua fortuna.

La maest, la dignit pur anco.


Ma un saggio vecchio che nell'opre sue
Era avveduto, stavasi costante
L presso a Farrukhzd. L'iranio sire,
Dissegli un giorno, de' guerrieri suoi
Tutte da te le colpe si ripete.
Ed or, se tu non meni a noi dinanzi

Un

novello signor, pi in

tanto

l di

Avventurarci non dobbiam, che tosto


Deserta fia questa contrada amena

Irania tutta

fia

turbata e scossa

Qual d'un vegliardo percossa

la

Vuoisi cercar qual di Khusrv

Di verecondia ornato e da

mente.
figlio

litigi

Alieno in core e da contese, e

lui

Porre in trono qual re, monete d'oro


Sul suo serto gittar. Procederemo
Indi a un'opra maggior, che amara beva

Gustammo un tempo
Ora

n' d'uopo.

Ma

e assaporar del dolce

se accorto e saggio

Shiriy, maggior figlio al nostro sire,


Quale ora in career sta, niun altro vuoisi.
E porgeva ciascuno egual consiglio,
E molte non passar dopo cotesto
E notti e giorni, che levossi a un tratto
Di Tokhr de le schiere alta la polve.
Quando gi quella impresa aveano assunta
Come agevole cosa i prenci arditi.
Ma Farrukhzd per la lontana via
Corse incontro a Tokhr, venner con lui
Copiose genti armigere, e nell'ora
Gh'elli incontrarsi,

andarono parole

317

E in secreto e in palese, E primo sciolse


La lingua Farrukhzd l'opre malvage|
Di re Khusrv a rammentar. L'antica
Di sire dignit, disse,

gente

la

Gol senno e col valor vuol che

principe

Uom

Tokhr

da sermoni non son

Scendo

ma quando

io,

vana

d'ogni gagliardo

Caro a

vive.

noi

tutti

questo re nell'et sua pi fresca,

Agli eroi caro ed

a' prefetti

Che sua giornata

si

Deh! mai non


di

Ei

affermi.

in battaglia co' miei prodi,

Rendo l'opera
Che al mondo

Fu

si

rispondea:

gli

si

Opre

corona

fa

che onor di regal trono


vegga! AUor che ingiusto

sia

ei

mostr, quando gio di ree


su' suoi soggetti, a noi

Dispetto e vile.

Come

Suoi detti Farrukhzd,


Sozio

ed ora

torba e trista.

si

Per noi

lui fra gli Irani

elesse e dissegli:
si

vada

al

fece

si

ud cotesti

Deh! intanto

carcere del

sire.

Vadasi presso a quegli afflitti! Fuori


Shiry si tragga senza tema, il fiero
Garzoncello che onor cercasi al mondo.
Ma un prence di sua carcere custode,
Tal,

che piuttosto leveresti a

lui

cerbro e la cute. Egli ha seimila


Cavalier gi provati e gl'infelici
Il

Suoi prigionieri nel dolor sostiene.

Leggera forse noi stimammo, disse


Tokhr a Farrukhzd, l'impresa ardita
Contro a tal prence. Ma se torna
Di re Pervz a ripigliar vigore

Qual

di

giovane

et,

il

non un eroe

In suol d'Irania resterassi incolume.

Senza ch'ei tocchi da Pervz catene

fato


E carcere
Non resti

318

e supplizio,

onde

in Irania

alcuno a minacciar perigli.

Questo egli disse e da quel loco intanto


Via sospinse il destrier, correndo in guisa
Quar d'Azergashspe il sacro fuoco.
A improvvisa tenzon tutta ei menava
La sua schiera d'eroi, quando all'incontro
Vennegli il prence senza indugio, al carcere
Preposto di Shiriy. Ma della sua
Schiera gi illustre declin l'altezza
E ucciso cadde in quel tumulto primo
Il

capitano. In fuga and la schiera

Dell'iranio signor, tenebre furono

Sovra

Ma

il

chiaro suo

d,

cadde suo intento.

nell'angusto carcere scendea

Tokhr bramoso per l'intento suo.


Con l'arnese di guerra. Ivi una voce
Mand a Shiry d'altero capo, e tosto
Gli die risposta l'inclito garzone.

E conobbe Shiry perch disceso


Fosse nel career suo l'altero duce
In quell'ora, onde ratto allor che vide
Splender di gioia di Tokhr la fronte,
Balzar, per doglia che l'assalse, il core
Senti nel petto, e dissegli piangendo:
Ov' Khusrv? Ed l'ufficio vostro
Donarmi a

quel

libert

figlio di

Se un

uom

Cos

sei tu,

Incerte brame.

Non

rispose

re Tokhr allora:

Che

non

vellicar le tue

se tu a quest'opra

acconsenti e la proposta mia

Vile stimando vai, forse di sedici


Fratelli tuoi fia

che dispaia un

Quindici ancora

ci

solo,

restando, quali

Del grado imperiai degni saranno.


S che per loro fia beato il seggio

319

Piangendo

Della regale dignit.

Stavasi al loco suo Shiry attonito

N il
Ma

movea da quell'angusta

pie

casa.

su le soglie del regal palagio

Teneasi Farrukhzd, n schiuso il varco


Et lasciava ad alcuno onde poi fosse

Consapevole
Da' ribelli

re di ci che allora

il

L'ampia cortina

fea.

si

Ei sol guardava al limitar del prence;

tosto

La

che del

sole in occidente

quando

faccia impallid,

Apprestavansi loco
F' cenno

ei s

Poter

si

vedette

le

avea

prence da que' giorni, a

di

Venisse de

Loco

tutti,

che ognun de

Di quell'ampia citt, quale

lor sonni

a'

prenci

la

lui

reggia al limitare,

di gioia e di tranquilla

pace

Dell 'ira nio signor. Diverse assai

Dall'altra notte,

Farrukhzd

lor disse,

V' d'uopo in questa alzar le voci.


Gridino di Kobd alle vigilie
Della notte

torrieri.

Ed

io

Il

nome

cotesto

Far, rispose ogni terrier, cacciando

Via dalla mente

Come

la

Pervz

di

il

nome.

notte rinnovando stese

Il

bruno

dell'ampia citt per ogni loco

Un

velo, da'

mercati attorno

grido sorse: Vivasi beato

Sire

Kobd

ne' prenci tutti e facciasi

Lieto ricordo di suo

nome

illustre

Per ogni region.


Sire del mondo,
Khusrv dormia per l'atra notte, e accanto,
Sul

medesmo

guancial, stavasi afflitta

Shirina bella. De' torrieri attorno

Le voci come

il

core

le

ud,

molto

si

dolse

balz nel sen profondo


Per

320

alto affanno. Al

gemito

di lei

L'antico re destossi e corruccioso

Ebbesi

il

cor per le parole meste


disse. Oh! che sar, signore?

Che quella

Dicea Shirna; e ci che intendo attorno,


Leggiadra
In qual mai guisa disporrem ?
Fanciulla mia, deh! perch mai, rispose

Shirna Khusrv, queste parole


Dicendo vai ne' dolci sonni ? Apri,

Apri, disse, l'orecchio e de' torrieri


Il

grido ascolta

Come

ud quel grido

Prence Khusrv, qual di fiengreco rosa


Smorto si fece ne le guance sue.
Ma disse poi: Ratto che tre vigilie
Trascorse fen dell'atra notte, voi
Degli astrologi miei tutte cercate
parole, che allor che questo mio
Malvagio figlio da la madre nacque,
Kobd nascostamente io l'appellai.
Pur Shiry lo chiamava, e l'altro nome
Tenni celato, ond' che il nome suo.
Noto agli altri, Shiry. Deh! perch adunque

Le

Nome

gli

appone

di

Kobd

costui.

Insano e stolto? Or ch' la notte ancora


E oscura e tetra, in Gina andar n' d'uopo
in

Macn o

in

Mekrn, chiedere

aita

D'armi e d'armati dal signor di Gina,

E con

arte pigliar sovra cotesti

Ma poich nel cielo


Libero varco.
Gi s'oscurava di Khusrv la stella,
Vane pel mondo le parole sue
Andar d'un tratto. Per la notte oscura.
No! non giovgli l'arte sua; l'impresa
Difficile ei

stim facile e piana

Ed a Shirna

cos disse

Ecco! venia che

l'arti

Tempo

nostre

ha vinte

Il

reo nemico

321
Oh vivi
!

Shirna rispondea

tu beato,

sempre lontano

Guardar ti sia della sventura Intanto,


Con sapienza arte tu fa di scampo,
E mai non sia che del nemico tuo
Necessit t'incolga. Allor che chiaro
!

Il

d Tarassi, a

questo regio ostello

Volger senza dubbio il reo nemico,


Autor d'inganni, la colpevol fronte.
Ratto prence Khusrv dal suo tesoro
Chiese un usbergo e due temprate in India
Fulgide spade e un elmo greco e l'ampia
Faretra e i dardi e l'aureo scudo. Ancora
"Volle un suo servo di pugnar bramoso,
Gagliardo e forte, e per la notte oscura
Ne' giardini scendea, quando si scuote
Dai gravi sonni suoi per la campagna
Il tristo corvo. A un ramo egli appendea
L'aurea sua targa, in loco da' passaggi

De

la

gente lontano, e sui narcisi

Posava affranto e su

novelli fiori

Del zafferano, postosi di sotto


Alle ginocchia

un ponderoso brando.

LUI. Cattura di

Khusrev Perviz.

(Ed. Cale. p. 2023-2026).

Come dall'alto le sue punte d'oro


Vibr quest'almo sol, dentro la reggia
I rei nemici si gittr, devoti
Dei Devi

all'arti.

Per quell'ampio ostello


sgombro

Ei s'aggirar partitamente, e

Dall'iranio signor quel loco stava,

Degno
F1BDO81,

loco davver, Que' suoi tesori


Tin

21

322

Alla rapina abbandonando allora,


Gi non fece nessun di sue fatiche
In ragunarli alcun ricordo o stima,

Onde ognun

si

torn con lagrimosi

Gli occhi suoi, gi sollecito dell'opre

Del fato arcane.

Oh

che chiediam noi dunque

Alla volta del ciel che ratto muove.


S'ella non cessa mai da quelle sue

Opre che mena? Imperiai corona


Ella dona a costui, l'altro ne' gorghi
Abbandona del mare, esca gradita
A' pesci suoi. Costui fa

gramo

e ignudo

capo e delle spalle ancora.


Orbo di cibo e di quiete, senza
Dimora ad albergar. Dolce vivanda
Di miei, di latte, a un altro appone e il veste
Del

pie, del

Tutto a broccati ed a lucente seta.


Ma poi, dell'opra al fine, ambo sen vanno
Sotterra ad albergar, vanno ad

un

loco

una profonda fossa.


Oscuro
Che se l'uom saggio mai non fosse nato
A questa vita, non gli avria rancura
Incolto mai di pugne e di contese.
Veduta ei non avria rivolta al male
e tetro, a

Dal suo principio

la

terrena vita,

Sia che grande fra gli uomini

Sia che tapino attorno vada.


All'opre di

Khusrv porto

il

ei sia detto,

Or

io

lavoro

Della mia mente, al leggitor novello

Racconto appresto con intenta voglia.


Stavasi re Khusrv nel verde prato
E al capo suo con l'alte frondi un albero,

D'ombra dator, gli sovrastava. Allora


Che met corse di quel lungo giorno,
Alta necessit venne in quel sire
Di suo cibo consueto. Era per gli orti

>

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|
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Un

323

suo servo fedel, quale "del prence

Vista mai non avea l'inclita fronte,

il

re,

che maest

Deh
cintura mia

Disse a colui

D'est

avea di sole,
staccami un brandello
si

eh' preziosa.

Entro cinque vi son d'oro massiccio


Splendidi globi, ed ogni globo fulgide
Recasi gemme che costar fatica.
Al giardinier soggiunse poi Cotesto
Aureo globo davver! che oggi mi viene
Propizio all'uopo! Vanne tu al mercato.
:

Compra di carne un picciolo brandello,


Anche del pane, e muovi passi tuoi
i

Era di trentaPer luoghi non frequenti.


mila monete d'ogni gemma il prezzo,
Quando n'avesse alcun di trarne frutto
Alta necessit. Rapido venne
Ad un fornaio il giardiniere e pane
Si gli cerc per quel brandel reciso,

Di fulgid'or, dalla cintura, e quegli,


Deh! ch'io non so, dicea, di queste cose

Prezzo verace ne oserei


Stoltamente far getto
!

un

dissero:

di tanto

Ambo recaro

gioiellier lo splendido brandello

Deh! tu fanne

di

questo

prezzo e con scienza poni


Come le gemme vide
Industria a ci.
Colui gi esperto, rispondea: Chi mai

Verace

Ardir

il

gemma

di tal

Nel tesor

di

acquisto farsi?

Khusrv sono

soltanto

D'or questi frusti e cento nuovi a ogn'anno

Ven recano d'eguali. Or tu, rispondi.


Da chi rubasti queste gemme tue,
Ovver, da quale addormentato servo
A Farrukhzd ne andavan tosto
L'hai tolte?
Cotesti tre con le gemme e con l'oro,


Con

gemme,

E Farrukhzd che vide

faccenda.

tal

L'inclite

324

al re novello corse,

Mostr a Shiry queste pietre cotali,


Mostr dell'aureo cinto il tronco brano.
Ma Shiry cos disse al giardiniero:
Se di colui che possedea le gemme,
Indizio

non

dai tu, ratto la testa


far, far troncarla

Io

troncar

quanti son della tua casa.

ti

Quei rispondea,

prence.

l ne' giardini tale

Ricoperto d'arnese e con un arco


Stretto nel pugno. Egli quale un cipresso
Nella statura ed qual primavera
Nelle gote leggiadre,

ei

un re

In ogni cosa a

che somiglia
Splende

di forti.

All'intorno per lui l'ampio giardino,


Egli

come

sol fulgido e

vivo

Nella corazza sua. L'aureo suo scudo

Gi da un ramo
Cinto un servo

gli

si

pende e innanzi a lui


Troncava il servo

sta.

L'ingemmato brandello e quegli il porse


A me, dicendo Or di qui vanne e recami
Pan dal mercato e ci che l'uom si mangia
:

Insiem col pane

ond'io da lui partii

Rapido come nembo e qui men venni.


Riconobbe Shiry che lo straniero
Era prence Khusrv, che il maestoso
Aspetto suo con la regal presenza
Unico e nuovo era a que' d. Trecento
Egli invi dalla regal dimora
L del fiume a le sponde, e qual bufera
Veloci al corso, cavalieri

eletti,

Khusrv che l'irrompente scorta


Vedea da lungi, impallid, la spada
re

Della vendetta sua traendo venne.

Ma

l'accolto drappel

come

del sire


Vide

325

a dietro

la fronte, si rivolse

Dall'aperto sentier con pianti e

ciascun

Farrukhzd

f'

parole ognuno

Alto gridando: Servi

Ed

lai,

torn partitamente

si

egli sire, e

slam noi

gli

nuovo ed inusato

Della sventura pel re nostro

Mormorar contro a

il

giorno!

non osa alcuno,

lui

Trovisi ne' giardini egli o dell'armi

Corse

Nel tumulto guerrier.

all'antico

Principe allora Farrukhzd e seco


Alquanti armati da

Ma come

a lui

si

Innanzi venne e

E Khusrv
Ch'io
S'egli

la

f'
f'

l'ascolt.

reggia addusse.

vicino, solo

parole assai,

Se

il

re concede

Farrukhzd cos dicea.


franchigia mi dar per queste
parli,

Cose compiute, io pi verr vicino


E dir che ne avvenne. E s'ei ricusa,
Alle mie case torner.
Qual cosa
Pi dir vuoi, di' tu adunque, il vecchio sire

Gli rispondea. Consolator nel duolo

Tu non mi
E

il

sei,

non per vuoi contese.

cinguettiere cos disse al prence:

Con maggior senno

Tuo
Che

tu riguarda a questo

proprio stato. Tale gi non sei

uccidere potessi in fiero assalto

Mille guerrieri, che dal far battaglie

Stanco omai

ti

ritorni.

t'

d'Irania

Nemica ogni citt, per farti guerra


Hanno tutti un sol core e una persona
Veracemente. Vieni adunque e vedi
Che mai ti appresta questo cielo arcano,
Se forse per amor gli odi novelli
Davvero
Contro a te nati ei frener.

Disse Khusrv, che ci ben

sta.

Terrore


Io

326

m'avea per uomini men degni,

Ch'ei venissero a me, turpe governo

Per

far di

mia persona, e

le lor triste

Voglie appagar fra contumelie e scede.


Udite appena avea queste parole

Dal suo re Farrukhzd, che afflitto il cor&


Fu di Khusrv per un tristo ricordo
Dei giorni antichi. Astrologi e indovini
Diceangli un tempo (ed egli avea rancura

Per le parole) in questa guisa: In mezzo


A due montagne un d sar tua morte
D'un servo per la man, lungi da tutti
I tuoi fedeli. E d'oro un monte fia,
L'altro d'argento, e tu, spezzato

In

mezzo

Ti sar sopra, e sotto

un

la sorte.

di

vendetta gravida

Ed

ora, ei

Corazza m'

il

ciel

il

core,.

sederai. Dorato cielo

si

suol di ferro

dicea, questa ferrata

scudo
due tesori,
due montagne,

la terra e l'aureo

dorato e sono

Nascosti nel giardin, le


I due tesori, ond'era gaio e lieto

Questo cor mio qual chiara face. Il termine


Veramente or tocc de' giorni miei.
Oh! dove sei, mia stella amica, al mondo
Inclita luce? e dove son le mie
Brame d'un giorno e la mia gioia e il gaudio^
Ond'era scritto il nome mio su tutte
Ma un elefante
Le corone di re ?

Ratto fu addotto a lui da presso, e piena


Era l'anima sua fosca e turbata
D'un alto affanno. Sovra il dorso eretto
Dell'elefante

il

re

si

assise e fuori

Dall'ameno giardin pel calle aperto


Quella scorta l'addusse. Egli da l'alto
Dell'elefante in pehlvica lingua

327

F' questi detti allor

Se del tuo prence

Tesoro mio,
nemico, amico

se'

Degli avversari miei non farti mai.

Ch'io nelle mani d'Ahrimn protervo


Oggi mi sono. Nella mia distretta
Soccorritor tu non mi fosti; or statti
Ben nascosto e ad alcun non palesarti.

Ma

Kobd, nuovo

Al suo ministro

Non

re, f' allor

far ricordo a lui. Di'

Tisifuna

sia,

ei

che da

Con una guida alcun


Restisi in

Ne
Il

comando

Degli antichi mali

che recato
la

reggia

vel meni. Quivi

pace per alquanti giorni,

vuoisi che qualcun di qualche offesa

tocchi mai.

Con mille

cavalieri

Galinsh poni a lui fido custode.

Da che
Questo

si

volse di

ciel roteante,

Khusrv sul capo


erano omai

Otto e trent'anni di suo regno allora.


Correa d'Azr la luna appunto, e il giorno
di Dey, tempo del vin, del fuoco.
Del cibar carni d'arrostiti augelli.

Era

L'imperiale maest partita


Erasi omai da re Khusrv. Rimasto
Egli era si come vii servo, privo
Del suo serto di re; ma venne allora
Prence Kobd e si pos sul capo
Il diadema e beato e giocondo
Su quel trono sed. Tulte d'Irania

Le
Ed

genti accolte l'acclamar signore,

ei stipendi per un anno intero


Dal tesoro regal donava attorno.
Ma sol di sette lune era lunghezza
Fissata al viver suo. Chiamalo adunque

Signor

di genti,

o,

se pi vuoi, l'appella

Uom nullo e oscuro. Questa legge

norma

328

D'est dimora d'igiustizia piena,

che da lei non t'aspettar di fede


Opera alcuna. Prenditi costume

G-eneroso nell'opre e nel pensiero

Opre leggiadre a meditar

Che

ti

poni.

se dirai: Son'io d'ogni desire

Giunto alla meta

vedi tu se quello

D'ogni desire compimento sia


Ordito

un

una catena. Al male,


non dar la mente e sola

laccio o

Fin che puoi

tu,

Una parola d'ascoltar


Da questo savio: Se

ti

piaccia

parole oneste,

Opre oneste farai, senza difetto


Renderai l'alma tua su questa terra

2.

I.

Il

re Kobd ShirOy.

Richiesta di perdono dal padre.


(Ed. Cale.

Come

p. 2026-2031).

sul trono di delizie assise

Prence Shiry, quell'agognato serto


Si pose in capo, e vennero all'istante
Tutti gli eroi d'Irania bella e a lui

Liete gridar benedizioni, ai regi

Quali

Ad

fanno. Cos disse

si

alta voce:

ognuno

re d'alto valore,

Di pregi ricco, sappi ornai che Iddio

La corona ti die, s che tu posi


Con molta pace su l'eburneo trono.
Resti dominio de la terra adunque
A'

figli

tuoi, a' tuoi

Cosi rispose re

congiunti e

Kobd

affini

Gioiosi

sempre siate voil Non sempre


male farem noi. Deh! quanto bella
Intanto,
Giustizia aggiunta a buon costume
Noi reggerem con sicurezza il mondo
E l'opre d'Ahrimn tronche faremo
Subitamente, nobile costume
De' nostri padri in ci che far n' d'uopo,
Assumendo fedeli, onde poi cresca
La maest di religion ch' nostra.

invitti

Il


Un messaggio

330

frattanto al padre

mio

Invier, dir le cose a lui

Partitaraente e parler dell'opre

Non

s che rimase
quaggi nel mondo.
Faccia egli intanto le sue scuse a Dio
Per le sue colpe e volgasi alla dritta
Via dell'Eterno ed a sua legge. Allora
Ch'egli al mio dir s'acqueter, nel core
Quand'egli non avr corruccio e affanno
Per ci ch'io feci, curer del mondo
L'opere tutte ed a giustizia ancora

leggiadre ch'ei

Tristo

nome

f',

di lui

un pensiero

in secreto e in palese alto

10 doner.

Per chi ben

fa,

Far con molto amor, n

del

bene

meschini
11 core infranger. Ma qui m' d'uopo
Di due fra voi, che abbian parole oneste

de'

memoria

sian d'integro cor, quali a

Abbian pur sempre

li

trascorsi casi.

Indi, rivolto a l'inclita assemblea,


Questo soggiunse: Di chi mai fla dunque
Gotesta impresa? e chi fra questi Irani

Con gli occhi intenti


avveduto e fedel ?
Mostravano gli eroi, tutti d'un cenno.
Nell'inclita assemblea due sapienti,
Quando pur cotal scelta di lor cruccio
Gagion non fosse. Chi scegliean gl'Irani
Apertamente in mezzo a lor, conobbe
Prence Shiry. Ashtd era l'un d'essi,
L'altro Kharrd figlio a Berzn antico,

Due

sapienti e

memori

e facondi

In lor parole; ond'egli disse: Voi,

Sapienti d'Irania, in molte cose


Esperti, saggi, che compiste in terra
Opre leggiadre, del mondo le imprese
Qual trista cura non abbiate ottiene
;


Ogni

da questa ingrata cura

illustre

Ampio

331

tesor. Frattanto, oggi v'

d'uopo

Irne all'antico re, perch ritorni


Alla sua dritta via l'antico sire

Di voi per l'opra. Dite innanzi a lui


Ogni parola che pi torni all'uopo,
Cose nuove toccando e cose antiche.

Ambo
I

levarsi allor, contro a lor voglia,

sapienti e fecero di pianto

Ma

Molli le ciglia.

poich

saliti

Furon sui palafreni al regal cenno


Kharrd figlio a Berzin e Ashtd, illustre
Di Gashspe flgliuol, cos lor disse
L'iranio prence: Con intenta voglia
Del core, or
che prendere il sentiero
Ver Tisifuna d'uopo a voi
Tu intanto,
Disse a Kharrd, che mai t'indugi, guardati
Che veramente qui sei tu ministro
Del tuo signor. Reca un messaggio al mio
s'i

capo

Illustre genitor, di

Tutti
Digli

Non

Da Dio

lui.

fu di noi cotesta colpa.

avean gl'Irani
pena e il tuo castigo
poi che volta a dietro

tanta potest

Ma ben
Avi

capo

miei detti ricordando a

in

si

tu la tua
t'avesti,

la fronte dalla via

diritta

che mai
Bennato figlio non sparge del padre,
Ben che malvagio, il caldo sangue mai
Della tua fede.

in pria dir

Non acconsente

ci.

Ma

tu d'affanno

D'ogni pi giusto hai fatto colmo

Che

il

mondo

il

core.

pieno de' tesori tuoi.

Io dir quindi, e

che travaglio tuo

In ragunargli ad ogni loco giunto.

Terzo dir che

di tanti gagliardi.

Di tanti cavalier, d'Irania tutti

gloriosi,

Eran

beati,

E per

332

che pei

dolci figli

per lor terra

lieti

uno per tuo


Gina scese e un altro

l'inclita stirpe,

Duro comando

in

In Grecia and, per ogni terra sparsi

E per ogni confin. Vien poi che il greco


Imperator per te f' assai, portando
Ogni corruccio per te sol, nel tempo

Che esercito ti die, ti die una figlia,


Ampi tesori e co' tesori suoi
Cose in gran copia. E domand la croce,
Per

sua terra, del Messia, per essa

la

bramando che fiorisse ancora


La sua contrada. Oh! che ti vai cotesta
Cosi

Croce

di Cristo ne' tesori tuoi.

Quando

il

greco signor per tal cortese


beato?

Atto

di te stato sara

Non

la

desti per;

savio consiglio

n ti fu guida a senso
Q-eneroso ed umano. Altro desire
Tale su te s'ebbe dominio allora,
Che torbido si f' del senno tuo

non

In te

fu,

L'occhio lucente. Ai miseri, ai tapini,

L'aver

togliesti e

per mal t'incolse

Due de' tuoi zii


Anche uccidesti, a te benigni e amici.
Da cui luce si avea questo tuo seggio

Per

lor maledizion.

Imperiai. Ci che t'incolse adunque.

Riconosci da Dio, pensa a le triste

Opere
Il

tue.

Son

io del

mal che avvenne.


che narrasi,

pretesto, son io di ci

Primo argomento. Eppur, giuro per Dio


Che non di me fu questa colpa e ch'io
Mai non cercai che andasse il regal trono
Cosi diserto.

Ma

tu intanto chiedi

Che

ci

ti

altri di

faccia scuse, dillo

333

cotesti d'Irania incliti prenci,

pel

mal che

g:ik

festi,

a Dio

ti

volgi,

Ch'Egli pur guida all'opere leggiadre,

Per ch'Egli

forse nel tuo duol presente

Cui fuggir

potevi, aiutatore

ti

sia.

propizio

Otto due volte, ed

Figli tu avevi

per te lor notti

ei

lor giorni passar rinchiusi in carcere,

Gh'elli

Sicuri

giammai, per tua superbia e ardire.


non dorman nascosti a tutti.
;

Di te per tema, vissero lor giorni

due prenci d'Irania, allor che intesero


Il messaggio regal, partan col core
Pien di doglia e d'affanno. In questa guisa
Di Tisifuna ei vennero alla terra.
Ambo con gli occhi lagrimosi e il core
Pieno d'angoscia, e si recar da quella
I

Citt superba al regio ostel ch' detto

Marusipnd, ove l'antico sire

Avea soggiorno. Stavasi

alle porte

Assiso Galinsh, e innanzi a lui

Detto avrest che di scompiglio piena


Era la terra. Con corazza ei stava

E con elmo sul capo e cinto fianchi.


Ed arabi con seco avea destrieri
i

Con lor gualdrappe. Ma ordinate intorno


Eran le genti sue, tratte le spade.
Cinte l'armi lucenti e quegli in pugno
;

Una

clava reggea di bianco acciaio.

di vampo e di alterezza il
Come Kharrd figlio a Berzn

core.

Pieno

Ashtd

Furon

figlio

Gashsp gi da' cavalli

discesi, ei sapienti e saggi.

Ratto in pie

Fu

e l'inclito

lieto,

si

lev,

che del vederli

Galinsh. Li volle assisi

orrevol loco e di famosi prenci


Lor diede

il

nome, e

334

in pria

Kharrd, rampolla

Nobile di Berzin, facondo e saggio,

Con molto ardir la lingua sciolse e disse


A Galinsh: Con molta pace adunque
Kobd illustre or si ponea sul capo
Il

regal serto, e gi correa novella

In Irania e Turania e Grecia ancora,

Prence Shiry sedersi ornai sul trono


Imperiai. Ma tu perch ritieni
Cotesto arnese tuo, questa celata

questa clava ponderosa

Nemico hai tu?

Deh

tu di molta esperienza, tutte

Siano conformi
L'opre che

Per

? e quale
Galinsh rispose:

l'esile

fai

a' desideri
!

Rancura

tuoi

forse avesti

mio corpo, or che

di ferro

la tunica mia ? Ma per cotesto


Amor che mostri a me, ti benedico,
Che degno anche

Gemme

i'

ti

sei tu

sparga

Soltanto in bene

ti

Fin che in terra

che splendienti

al pie.

Le tue parole

son dette; oh! possa.

sei tu,

quest'almo sole

Per qual cosa intanto


Sei qui venuto? Dillo tu, che poi

Esserti amico!

Da me chieder potrai motti e parole.


Kobd illustre per Khusrv, colui
Cos rispose, davami un messaggio.
Che se tu il vuoi, tutto dir il messaggio
lui, pastor di genti e re del mondo.
Deh! valoroso, Galinsh dicea.
Quelle parole oh chi ridir potra ?
Ma l'iranio signor, Kobd illustre,
Molti su ci mi die consigli e preghi
E ammonimenti. Notte e giorno, ei disse,

Di

Non consentir che disciolga le abbra


Nella presenza di Khusrv alcuno

pur que' detti ancora


che quei sermone

favellar, se

Tu non

:5

ascolti, sia

Di Persia adopri o pehlvica lingua .


Deh tu felice, Ashtd gli rispondea,
!

Non

io

secreta la regal parola

Messaggio

egli

che spade

Serbo per

te.

Per

recher, far che cadano

frutti

Teste recise

di principi illustri

Nel lor grembo medesmo. E tu frattanto


Chiedi accesso a Khusrv, perch il messaggio
Del regnante Kobd gli diciam noi.
Galinsh come ud, balzossi in piedi
E dell'usbergo i fulgidi gheroni
Attorno al corpo s'annod. Le mani
Poste a

le ascelle

ed incrociate, quale
serve a un grande,

pur costume d'uom che

sire.
Entr dal vecchio re. Dissegli
mai
Vivi beato e per sventura
Non s'attristi il tuo cor! Del prence iranio,
:

Da

messaggio
Kharrd, nobile figlio

quell'inclito ostello, alto

Recano a

te

Di Berzn, ed Ashtd.
disse

d'Irania signor, chi

il

sorrise

parlar tuo

sapienza sia congiunto! S'egli


mi son io?

E perch
E

Khusrv

ad alta voce: Oh!

qui

mi

sto nella prigione

tetra e angusta, se da

Chiedere pur

si

me

l'accesso

debbe, ove qualcuno

Menzogner mi favelli o veritiero?


A' due principi eroi si ritornava
Allora Galinsh, ci che gli disse
L'antico prode, ripetendo. Or voi,
Soggiunse poscia, entrate a lui,
Poste a le ascelle ed incrociate
Dite, e

Ambo

il

le

mani

al seno.

suo detto d'ascoltar vi piaccia.

que' saggi, di parole oneste.


Il

volto

si

336

coprir d'un

sottil

drappo

Tessuto in Gina, e tosto che l'antico


Sire vedean, prestavangli dovuto

Omaggio innanzi, lungo tempo immoti


L l restando. Sovra un alto seggio
Stavasi assiso il re del mondo, e in quello
Eran figure di montoni e lupi
Intorno sculte, e vi splendean pur anco
Ed oro e gemme con bell'arte insieme
F1:*

lr conserte. Stavagli di sotto

D'un drappo

giallo

anche un tappeto e dietro

turchino guancial. Mela cotogna,


Grossa e carnosa, egli teneasi in pugno,

Un
E

tristo e

mesto

Quasi supino.

Prenci

di

gran valor, per sapienza

illustri,

si

Star resupino e

f'

Incliti

posava
due scoverse

sul sedil

Come

lev dal suo


richiesta a Dio

Di forte aita nel profondo core.


Indi sul suo guancial quella a lui cara

Mela cotogna deponea,

nell'atto

Che inchiedere volea que' servi suoi.


Quando la mela dal guancial discese
Lenta lenta e dall'alto rotolando,
Senza romor, venne alla base e poi
Dal regal trono gi discese e giunse
superficie a disfiorar del suolo.
Corse Ashtd e raccolse la caduta
Mela d'un tratto e la mond del suolo
Dalla polvere accolta e in su la fronte.

La

Segno d'onore, la port. Ma il sire


Lungi da Ashtd volse la fronte sua
Per non sentir della raccolta mela
Fragranza alcuna, il vivido colore
Per non mirarne; e quei sul regal trono
La deponean novellamente e stavansi


In pie dinanzi a

337

Ma

lui.

quel, gi illustre

In sua grandezza imperiale, avea


Piena l'alma d'affanno e lieto augurio
In ci non discopria. Volse la fronte
Allora al cielo e cos disse: Eterno

Giudice nostro che verace

sei,

Chi mai solleva quel che atterri ? e ancora


Chi mai congiunge ci che infrangi? Allora
Che si diparte da regal famiglia

La sua splendida

sorte, ella

Infinito dolor, tosto

che

il

si

prende

giorno

Del suo breve gioir tramonti e passi


Disse ad Ashtd Qual dunque hai tu messaggio
!

Di colui che non ha mente ne core,


Fanciullo ancor, di trista fama ? e quale,
Quale l'hai tu dalla masnada rea
Di peccatori, di pi rei pensieri

di torbido cor,

nemici e

tristi

Male ei pensano ognor, di sapienza


Sempre digiuni, veramente privi
D'ogni lor pace per difetto grave

Ma partir si dee
L'amica sorte da mia stirpe illustre,
S che ninno sar di mia famiglia
Mai pi felice, e la corona e il trono
A chi n' indegno andr, caduto e infranto
Quest'albero regal. Sar monarca
Colui ch' servo, e andr dolente in core
Colui ch' prence, n l'antico regno
Si rimarr tra i figli miei, non certo

Di sapienza.

Nella mia stirpe o ne' congiunti. Tutti


D'un d gli amici son nemici aperti.

Rei di favella e
Contro noi tutti.

di

persona rei

Ma

il tremendo arcano
Or s mi disvel questa che cadde
Mela odorosa, senza frutto un giorno

FiBDUSi, Vili.

22

338

Doversi rimaner l'antico trono

Ma

Imperiai.

tu, quali ascoltasti

di colui, ratto

Parole

mi

svela.

dell'acqua ne' ruscelli torbida


Messaggio di colui per me ha valore.

Meno

Ambo

lingua ei sciolsero faconda

la

Parole a dir che il figlio disse, e tutte


Ad una ad una gli dicean le cose,

Ne

alcun motto che ad

Tenean

altri si susurra,

celato. Ascoltavali intanto

De' prenci

Cupo un

il

sire e nel dolor traea

Ma

sospiro.

poi disse all'inclito

Or tu la mia risposta
porta al nuovo re. Del biasmo,

Iranio saggio:

Ascolta e

Tu gli dirai, contro chiunque sia


Non far ricerca se dal tuo difetto
Pria non

Che a me
Chi gi

Ma

ti

Le parole adunque
son pur tue ? Deh mai
incolume non resti

volgi.

dicesti,

le disse,

tu cose non dir stolte ed insane

Onde

s'allegri poi, ratto

che

ascolti,

Il reo nemico. Ei s'avvedr che fiore


Non hai di senno veramente in capo.

sapienza
il cerbro tuo con
Possa un detto formar, Che se t'afforzi

Onde
Con

detti stolti e infruttiiosi, l'alma

Piena

farai,

piena farai la mente

D'alto difetto.

Ma

chi in pria

ti

disse

Colpevole in suo cor, poscia ti vide


Signor del mondo, non dovra pi mai

Loco trovarsi per sederti accanto.


Pi non dovra le imprese tue fra mano
Aversi e governar, picciole o grandi.
Tu d'ora in poi non meditar messaggio
Quale osasti inviar, che n'avr gioia

Chi

t'

nemico. In Dio frattanto posta


Ogni opra mia,

339

le voglie

In quella vita ch' di l.

mie son poste

Ma

tu,

Per questo tuo cercar biasmi bugiardi,


Gloria non toccherai presso chi grande

II.

Risposta

di

Khusrev Perviz.

(Ed. Cale. p. 2031-2040).

Or per cotesto s far risposta,


Perch tu poi, dinanzi al popol tutto.
A ridirla ne venga, e perch un giorno,
Dopo la morte mia, ricordo resti
E il dir verace sia. Quando l'antico
Mio travaglio e il dolor t'avr svelato,
Ben saprai tu che nacquero tesori
Dalla mia lunga cura. E in pria dicesti
Di prence Hormzd e di quel tempo antico
E del grave suo sdegno una parola.

Ma

sol

d'un

tristo pei

maligni detti

Contro a me s'adirava il padre mio,


Onde furono allor scompigli in terra
E tumulti da noi. Ratto ch'io seppi

Alcuna cosa

Da

de' pensieri suoi,

l'ostello regal

per inaccesso

Calle fuggii nell'atra notte. Ei stesso


Uccidermi volea di rio veleno,

Quando, fuor che la fuga, altro non vidi


Balsamo al suo velen. La via prendemmo
E ci fuggimmo, n per ne' lacci
Della sventura ad impigliarci

andammo.

Ebbi novella poi che male incolse


All'iranio signor, s che da Brda,
Poi che l'orecchio mio cotesto intese.

Rapido mi

partii.

Behrm

frattanto,


Autor

di colpe,

340

con armati ed armi

Campo apprest dinanzi a


Ed io s mi fuggii dinanzi
Di battaglia in un

di,

noi di guerra ^

a lui

perch'io cadere

man non dovessi. Oh! ma tornai,.


Dopo quel giorno, altra fiata, e venni
Seco a giostrar con anima ed ardire.
In sua

poich l'adirata nostra

Dilungossi da noi, quando

stella
il

fuggito

Nostro poter fece ritorno, quella


Battaglia di Behrm non d'un sol colpo-

Fu veramente

a quell'orrendo assalto

Stette la gente a riguardar. Di Dio


alto cenno, di Lui s, che il bene
Accresce in terra, ch' pur guida a noi
Nella propizia e nella rea fortuna.
Tosto che s'acquetar Turania e Irania

Per

Sotto al nostro poter, la voglia trista

And perduta di Behrm. Ed io.


Ratto che di Giubineh dagli assalti
Libero andai, per prima cosa a quella
Vendetta corsi dell'estinto padre
E bench di me zi fossero il prode
;

Gustehemme
Non avesser

e Bendy,

bench un eguale

cotesti in ogni terra.

Bench esposta

egli

avessero la dolce

Vita per me, congiunti miei di sangue

E pieni in cor d'affetto, allor che il sangue


Era del padre a vendicar, di doglia
Piena l'anima mia, non m'indugiai
Pel sangue, no, del padre mio. Troncai
Piedi e mani a Bendy, che tristo ei rese
suo soggiorno al vecchio sire. E poi
Che Q-ustehm sembr sparir dal mondo.
Il

Loco appartato ad abitar scegliendo.


Per mio comando ei giacquesi trafitto

l'improvviso, ed

341
il

consiglio e

il

capo

Degli omicidi cadder vinti e rotti.

Ma

di tuo stato

Facesti a

me

anche

parlasti e

verbo

tua fortuna rea

di

Oh! fu quel carcere


non
mi venisse
mio
Perch
sventura, che sul capo suo
Male
del carcere angusto.

dal figlio

Si ritornasse poi.

Non eran

Timor non era

Non

atti

Ma

per voi

tutti

ceppi nell'oscuro carcere,


di periglio

o danno,

indegni contro a voi.

Non

certo

Vili e dispetti vi lasciai qiie' giorni,

Ma tesori lasciai liberamente


A voi dinanzi, che insistemmo

noi

De' prischi re nel nobile costume.


Inoperosi non restammo,

norme

Non prendemmo

diverse.

voi bisogno

Di nulla aveste allor per romorose

Cacce e per globi da gittar lontano,


Per musici e cantor, per tutte cose
Degne di prenci, per monete e gemme
E per falchi e segugi. Era un palagio
Quello si che di carcere s'avea
Il nome assunto, in che viveste lieti.
intendi ancora
Dell'oroscopo tuo deh
La vera istoria, onde per te sgomento
Ebbimo un giorno. E fu per ci che avesti
Que' ceppi angusti, perch a noi periglio
Non venisse da te. Ma perch poi
M'abbia incolto quel mal che ora mi tocca
Da te, non per mai di tua fortuna
L'oroscopo cader mi fi di mano.
Regal suggello v'apponemmo allora
Ed a Shirina questa confidammo
Alta contesa del destin. Ma quando
Gli anni fr trentasei del regno mio.
!

342

In mezzo a tanti avvenimenti miei


Felici e lieti (tu scordasti, dubbio

Non
per

che trascorso
gran tempo), un regal foglio
D'India a te giunse ed io senior pur n'ebbi.
Era quel foglio d'un gran re con esso
Erano gemme e d'ogni foggia ancora
qui, cotal cosa, or

noi

si

Tuniche e vesti, un rilucente ferro


Temprato in India, un elefante bianco
E cose assai di l da ci che in terra
Mai non sperammo. Presso al ferro un drappo
Era tessuto in or, con molte e varie
Intatte

gemme,

e l'epistola regia

Era per te, sovra un serico foglio.


Tosto che scorsi cifre d'India, un saggio
Scriba d'India chiamai, facondo e memore
eloquente. Poi che lesse quella

Ed

Del prence d'India epistola regale.


Dagli occhi suoi si f' cader le lagrime.

Che

nel foglio era scritto

che degno

Vivi,

di vita

del

di

mondo

Dey

Or

tu beato

regal seggio

beata! Allor che

D'Azr sar,

Tu

sei di

il

mese

nel giorno, sire

sarai, principe e

donno.

D'anni trentotto quando giunto al segno

Sar

il

dominio dell'antico padre.

In questa foggia ben sar che in cielo


Si

volgan

gli astri.

Splendida tua sorte

Felice allor sar, tu la corona


In fronte

Ed or

ti

porrai di tua grandezza

tempo antico il vaticinio


S'avverava per me, non per il core
Degg'io spogliar dell'amor tuo. Ben io,
Ben io sapea che da tua sorte un giorno,
Dal tempo che s'avra gloria e splendore
del

L'alto tuo seggio, del dolor soltanto

343

Partecipe sarei, d'alto travaglio

Avrei rancura, intenebrato il giorno


Che chiaro mi splendea. Ma, per la fede,
Di Dio per grazia, per l'amor di padre
E il vincolo di sangue, io di quel foglio
Nel volto mio non mi crucciai. Volgendo
Mille pensieri, poi che letto l'ebbi,

Shirlna mia dolce

il

confidai.

Ed esso con l'oroscopo tuo antico


Or si sta presso a lei, n alcun di tanto
Secreto o

Che

il

meno

il

pi conosce o vede.

se ci vuoi mirar, fanne ricerca,

Perch tu ancor del pi e del meno il vero


Scopra con gli occhi tuoi. Penso che tosto
Che tu il ver scorgerai, di ci che festi.
Andrai pentito e a riparar la mala
Opra il cor volgerai con pronta cura.
Di carcere parlasti e di catene

Onde venne a ciascun per opra nostra


Danno e periglio. Ma s fu cotesto
Da che fr l'opre di quaggi, dal tempo
De' prischi eroi, dei re de' re pur anco.

Se tu noi

Che

sai,

forse ei

dimanda

ti

In tal soggetto.

Male sar

Ma

a'

sacerdoti.

faran chiara

Ognun ch'

la

mente

a Dio nemico.

se vivo lasci in terra.

nel carcere nostro eran davvero

Devi maligni, onde lamenti e lai


i. buoni. Perciocch non era
Di noi costume sparger sangue e dentro

Aveano

Gittarci all'opra rea con foga insana.

In carcere serrai le genti ree.

Ch'io periglio d'altrui non ebbi a vile.

Or per bene

udii che hai tu disciolti


che d'un maligno serpe
Son peggiori d'assai. Per l'opra trista

Cotesti

si,


Colpevole

Reo
Reo

ti

ti

festi

344

a Dio dinanzi,

se' fatto nelle

tue parole.

nell'opere tue. Saggio tu adopra,

Poi che principe sei; del sapiente

Ti

un amico,

fa

E non

se tu

ben non

vedi,

far grazia a chi t' poi cagione

D'affanno e di dolor, s'anche speranza

Da lui ti vien d'ampio tesoro. Oh! quale.


Quale cosa miglior d'aspre catene
E di ceppi a colui donde alla terra
Altro non scende che periglio e danno?
Anche

dicesti a

me

Ma il tuo consiglio
A te stesso celasti.

de le ricchezze,

e la saggezza tua

Io da nessuno,
che balzelli, mai
Nulla volli cercar, da chi potea
Dar que' tributi. Molte volte alcuno
S mi dicea: Quei son li tuoi nemici.
Della semenza d'Ahrimne ei sono,
Ei sono rei . Ma perch sol di Dio
Ebbi pensiero, di costor le male
Parole non curai qual cosa abietta.
Da Dio soltanto la corona mia

Fuor che

tributi e

Ottenni e

il

Grave

trono e tollerai per essi

Ma

fatica assai.

Iddio signore.

Giudice vero, tramut mia sorte


In altra guisa; e nulla in terra avviene

Fuor

di ci ch'Ei desia, s

Non cerchiam

che grandezza

noi quand'Ei ci umilia. Noi

Compiacimento dell'Eterno solo


Cercammo in terra, che dal suo favore
da rancura ch'Egli infligge, scampo
Mai non vedemmo. Quando sia che noi
Interrogar vorr l'Autor del mondo.
Le manifeste e le secrete cose
Tutte diremgli. Oh allora, un ch' pi saggio
!


Di

far

te,

345

dimandi, un che pi forte

nel castigo e nella grazia ancora.

Ma i rei che stanno a te dinanzi, cura


Mai non avranno del tuo duol, congiunti
A te non sono. Ogni pi trista cosa
Che di me van dicendo, ai tuoi nemici
Ridiranno

di te.

Servi

elli

sono

Dell'or soltanto e dell'argento, e ninno

Che

soccorra, in essi avrai. Frattanto,

ti

Hai tu per essi giubilante il core,


Ci che al peccar di me fia purgamento.
forse questo dire alla tua

Non

accordasi ancor, n

fia

mente
che alcuno

Colgane frutto l'anima perversa


Di que' maligni. Ma per questi appunto

Che hanno tristo deso, tosto che


Avranno si questa regale epistola

letto

In pehlvica lingua, altri conosca

Che mai

dinanzi ai re splendor non

Bugiardi

detti.

Sar

di

me

hanno

Questo foglio in terra


qual monumento, ai saggi

Consolator nel loro affanno. Allora

Che

le

parole mie legger alcuno,

Conoscer

Ma

Fin da

mio verace.
un tempo di Berts,

lo stato

noi gi

la terra, eserciti

E in ogni
Ponemmo

loco

un duce nostro ancora

a governar. Sovra

Fieri assalti

Cina

di

menammo

menammo

nemici

e la cervice

Ninno os sollevar. Poi che i nemici


Furon dispersi per la terra attorno.
Tutti ricolmi

li

tesori miei

Furon d'un tratto. Innanzi a me la terra


Era all'opere intenta e perle fulgide
Per me dal mare si traean. Davvero
Che i palombari andavan lassi e stanchi
!

346

Dall'opra lunga dell'estrar! Frattanto,

Erano cosa mia campagne e monti


E mari ovunque, e se il regio tesoro
Delle argentee monete iva disperso,

Nuove sportene

si

facean ricolme

Dell'auree tosto, di rubini ancora

gemme

di

reali e di stromenti

Fieri di guerra e di vesti e di tuniche.

Come poi d'anni sei con venti ancora


Tempo tocc questa corona mia,
Rigurgitava di lucenti gemme
Il

mio

tesoro. Alle

Nuovo

Ai godimenti ed

Che

al gioir.

novero mi

il

Cento

monete mie

conio formai, volsimi allora

fiate

Nell'anno

mie ricchezze,
centomila vennero

Gli aurei denari.

fi

di

Andavano

disperse.

Sparse andavano attorno le monete


Peydaves, peydaves di Persia
anco. E ben dodicimila
Dentro ad ogni sportella eran monete.
Mentre disperse andavan quelle tutte

Andavan

Imperiali oltre a' balzelli e a quelli

Nummi
De'

d'India o di Grecia o del paese

tristi

maghi, oltre a

l'offerte e ai doni

D'ogni terra a l'intorno e d'ogni prence

d'ogni illustre, senza dir la

Del primo di dell'anno e

pompa

riti

sacri

Della luna di Alihr, senza le ancelle

Vaghe

nel volto,

palafreni, tutti

Gli elmi, gli usberghi, le ferrate clave,


I ferri

che a nessun per voglia

Non ricusammo, senza

Di canfora e di muschio e

trista

dir fragranze

gli ermellini, le villose

drappi in seta

spoglie

Di bianchi lupi e di lontre rossastre.


Ognun ch'era

347

soggetto al nostro impero,

Cotesti carchi su'

cammelli suoi

Fortunato avvincea, venia correndo


Al nostro ostello imperiai, ne alcuno

Da

nostra legge in altra parte il capo


Volgere os. Davver che sopportammo
Fatiche assai d'ogni maniera, colmo
!

Perch

Che

cos n'andasse ogni tesoro

Verde chiamai
Tesor delta sposa
Chiamai quell'altro, e per quel che serbai
Della sventura ai tristi giorni, assai
in disparte giacea.

Questo tesoro e

Del
Il

nome suo

Superbo

il

il

feci parole e al fine

chiamai. Cos quegli anni

Ventisei del mio regno ad otto e trenta

Giugnean nel tempo che quest'alto


Al mio desire si volgea conforme.
Forti, aitanti di

persona

cielo

prenci

Erano allora, timorosi


tristi.
Or poi che intesi del real tuo grado.
Male incolse alla terra per cotesta
Tua nuova autorit. Nessuno intanto
i

Tranquillo

si

vivr per l'ampia terra,

E ben sar che resti inerte ognuno


E nel silenzio. Ma tu vuoi davvero
Il mondo empir di danni e guai, dolente
Impresa inver che non ha frutto. E sono
Di periglio per te grave cagione
Quei che sono appo te, che ti son quale
Amica stella in tenebrosa notte.

E s quest'alto seggio tuo vorranno


Disperdere e atterrar, perch pel mondo
Andar
Il

Da

felice tu

non debba. Oh

almeno

sapiente fosse a te vicino,


cui l'anima tua ch' fosca e trista,

Si ricevesse

alcuna luce

Allora

348

Per doni che fai tu, non recheresti


Danno ad alcuno, che il tesoro tuo

chi n' degno, arriverebbe.


figlio

mio

di

figlio,

brevi giorni ancora,

Di poco senno ancor, l'anima tua


Toglie a s stessa la sua dolce pace

Con l'atre cure e co' pensieri Sappi


Che questo mio tesor gli tuo sostegno.
Che tutto ora si sta nella tua mano
!

Di tuo regno

il

destin. Forte un'alta

Ad un regno

il

Sen va

la terra

tesor, che rovinando


che non ha monete,

E si fa ingiusto ogni monarca allora


Che monete non ha. Pregio e possanza
Non ha colui che ha mani vuote, e quando
non aggi a al donar forza o potere,
D'ognun ludibrio, non gi re, le genti
Ei

Soglion chiamarlo.

Che

se

il

tuo tesoro

Discende in potest del tuo nemico


(Qual se venisse un idolo funesto

Brahmani in poter), poca di Dio


Avr cura il fedel, scemer pregio
De'

Al tuo nome, al tuo dir. Di genti armate,


Se tesoro non hai, forte un drappello
Mai non fia che tu ottenga e di monarca
Non ti daranno i tuoi soggetti nome.
Cane che un tozzo cercasi di pane.
Buono si mostra ma nemico all'alma
Tua si far, tosto che sazio il rendi.
Parlasti ancor di ci che fi di mie
Falangi armate, quali io posi attorno
Per ogni terra in su le vie. Cotesto
Per tua mancanza di saper ti spiace,
N discerner sai tu la via che reca
;

Buon

frutto o danno.

Per mio diuturno

Or questa

faticar soltanto

la risposta

349

venne a me regal

Inclito

tesoro,

Ch'io le citt ritolsi agli stranieri

i
miei nemici scompigliai, perch'io
Seder potessi poi con molta pace

Delle delizie sovra

il

trono, sciolto

Da ogni trista rancura


E da ogni affanno. Pei
I

e da cordoglio
confini attorno

cavalieri miei tutti dispersi,

Onde poi fra gl'indegni emerser quelli


Che pregio avean maggior. Ma se richiami
Da tutte parti le falangi tue,
Aperta
Ratto

si

la

vedr chi
via.

Che

nemico,

t'

Irania qual giardino

Nella stagion di gaia primavera.

Ove sempre

le rose

disiate

veggono fiorir, pien di narcisi,


Pien di mele cotogne e melagrani,
Di pomi pieno. Ma se vuoto restasi
Da chi lo cura il bel giardin, dall'ime
Si

Radici sue chi svelle

E
E

chi

rompe

chi

a'

il

basilico,

rami

suoi

al

melagrano,

cotogni. L'armi degli armati

Son quale un muro intorno a Irania e sono


frecce sue su le superbe torri
Qual di spine uno schermo. E se da stolto
Atterri del giardin l'eretto muro.

Le

Come tra loro fian diversi gli orti


E i deserti, de' monti le pendici
E il vasto mare? Guarda che tu mai
Quel forte muro non atterri adunque.
Che

il

core ed

il

vigor tu non infranga

Dell'iranio guerrier,

E rapine
Grida

di cavalieri,

Di vendetta pigliar.

Ma

le

che

allor

saranno

e tumulti in ogni parte.


alto desio

Ma

donne d'Irania e

la

fanciulletti.

sua terra


Non

350

lasciar derelitti, abbandonati,

Per un malo pensier. Che se passasse

Anno per
Stolto

ti

Intesi

te di cotal foggia,

savio

il

chiamerebbe e forsennato.
ancora che donasti grado

Alto e possente a chi n' indegno. Sappi

Che Nushirvn, che re Kobd

antico,

Questo dicean de' lor consigli saggi


Su le carte notate Ognun che porge
:

L'armi

nemico, d s stesso a morte,


Che tosto che quell'armi ei ridomandi
Quando vengangli all'uopo, ecco che il tristo
al

Con

chi aita gli die, scende a battaglia .

Del greco Imperatore anche mi

Lungo sermone

me

festi

chiamasti vile

reo dell'alma e cupido in mie voglie.

Pur non eran

di te

veracemente

Queste parole, che sermon son elle


Di chi te le insegn. Ma tu che sai
Di tanta lealt del tuo maestro

dell'ingiusto operar mio? Discernere

Sai tu forse lealt, sai tu ingiustizia?

Intendi omai che mia risposta viene,

Ed

ella cos

suona: Oh! mentecatto.

Nulla dir fuor che di quanto d'uopo

E si conviene. Tu l'accusa fai


E vieni ancora in testimonio. Il
Non approva cotesto. Allor che

saggio
il

greco

Imperator si liber da noie


Che la sventura apporta, ecco che prendesi
Genero suo per militar valore
Il giovane Pervz. Ognun che il mondo
Sol per desio del mal va percorrendo
!

E non ha senno nella mente sua.


Ben sa che scompigliar non si potea
Con greca gente Behrm tracotante.

351

Behrra dell'anni cinto, allor che a lui


Ogni iranio guerrier s'era congiunto,

Come atfrenar non pu mobile arena


Una rupe montana. Oh ma l'Eterno
!

pugna aiutator mi venne,


Onde abietta mi parve agli occhi innanzi
Ogni ampia schiera della terra. Seppero,
Sepper gl'Irani ci che avvenne allora;
In quella

Intenderlo

t' d'uopo, e tu da quelli


ridomanda. Ci ch'io far dovea
Per Niyats nel giorno de l'assalto.
Io feci s con alma generosa
E con umana ancor, quel fiero giorno
In ricompensa computando a lui.
Il

Farrukhzd pure tei dir, ma il mondo


Non guardar tu con occhi da fanciullo;
E Gashsp ti dir, quei ch'era allora
Mio tesoriero, ti diran l'integro
Mio sacerdote ed il ministro mio,
Che centomila eran sportelle colme
Ne' miei tesori

allor,

quali donai

mio ricordo a' greci prodi. Mille


G-erame donando a Niyats, v'aggiunsi
Oro lucente ed orecchini, e il peso
D'ogni gemma che diei, era di mille,
In

Quali poi computai, perfette e giuste

Oncie del mio

tesor. Perle donai

D'una bell'acqua ancor, cento nel novero.


In cui non rinvena difetto alcuno
L'uom che n' sperto. Oh si! colui che gemme
Suole estimar, di dramme trentamila

Ad

ogni

gemma

dato avra valore!

Cento v'aggiunsi palafreni ancora


Di gran valor, cinquanta di lucenti
Selle forniti, da' presepi nostri
Scelti

con cura, ed

altri poi

che drappi

352

Di broccato s'avean su l'ardue

Quali in

selle,

campo deserto erano uguali

A rapida bufera. Io queste cose


Al greco Iraperator tosto mandai
E benedissi all'opulenza mia.
Ma

per la croce del Messia, di cui


Motto facendo vai, rancido legno

Che l si giace ne' tesori miei,


Da cui non venne a me danno giammai

N giovamento

clamor gi

(e tu

udisti

Di gente a Cristo ch' devota), assai

Stupor mi tocca se di Grecia un sire,


gran valor fra l'armi,

Inclito assai, di

Intorno a cui stan molti saggi e molti


Sacerdoti e

Dio

si

Stima

Legno

filosofi

e dottori,

proclama quell'ucciso e cosa


di

Dio questo gi attrito ed arido

di croce.

Che

un

se

pur fosse

dio

Questo inutile tronco, alto, qual stella,


Or splenderebbe sovrastando a questa
Candida luna, e da' tesori ancora
Saria fuggito a l'improvviso. Cristo
And, n il legno qui restar dovea.
Or tu dicendo vai Scolpati e intanto
:

Fa penitenza e prenditi
Di Dio sovrano

Questa risposta
Perdansi mani e

la via

Alle parole tue

Deh

pie, la

Del fanciullo Kobd

si

perda

Questa corona in su
Si l'accettai, vissi beato e
giustizia.

labbro,

Posemi Iddio
la fronte

Per mia

il

lingua perdasi

Quando

ed

io

lieto

poi

mi

tolse

Iddio quel serto, a Lui lo resi, e nulla.

Nulla ben so che dir si voglia in questo


La lingua tua, la bocca tua. Ma parlo
A Dio soltanto, non ad un fanciullo


Che

tra

il

male ed

353
il

ben nulla discerne.

Io per l'opre tutte dell'Eterno

Gradii volente, ben che in terra assai


Torbido e amaro abbia gustato a prova
E intanto fr di me gli anni trascorsi

Ed otto e trenta, e niun de' prenci in terra


Erami egual. Ma chi donommi il regno
E altra cosa or mi d, non per impone

me

Obbligo a
Io

verso d'altrui. Soltanto

benedico a questo regno

Onde

illustre,

soltanto per chi saggio intorno

L'ampia terra fiorisca Allor che Iddio


.\ita porge ed sostegno a noi,
Ninno ardir far biasimo di noi.
!

A Kharrd
E

cosi disse

poi

volse

si

il

mondo

re del

nobile rampollo

De' sapienti di quaggi, tu parla

A quel fanciullo impetiioso e stolto


Che nulla sa. La gloria mia s'oscura,
Gli dirai tu.

Per sempre addio, che solo


mente

A' saggi in terra volger vo' la

l'opra

mia

Ma

Facondi e ricchi

voi, nobili Persi,

per sempre
un mio saluto, e nulla
Ridite al figlio mio fuor che parole
Che ascoltaste da me. Lode all'Eterno,
Signor del mondo, sempre io fo, che il mondo
Altro non estimai fuor che passaggio
Rapido e breve. Muore ognun che nacque

Ambo

di valor,

v'abbiate

Dalla sua madre, se tu

fai

ricordo

Da Khusrv a Kobd. Hoshng illustre


E Tahmurs, Gemshd alta cagione
,

questa terra

di

speranza e tema,

Ei che le fiere a lor

comando

Devi

Sottomessi traean, ratto che al termine

Lor giornata venia, partian dal mondo


FiBDCsi, V]I].

23

354

Spirando in pace. Quell'illustre ed inclito


Prence Fredn che da la terra lunge
L'opre male cacci secrete e aperte

E la man di Dahk, arabo sire,


Dal male oprar fren, pel valor suo
Libero non usc del rio destino
Dall'artiglio rapace. Arish moria,

Ei che avventava

le saette

rapide

Ad una parasanga, e quell'invitto


Kren moriva, espugnator gagliardo
Di nemiche citt. Kobd moria
Che d'Albrz da le cime un di scendea
E per valor ch'egli ebbe, in fra le genti
Fu signor della terra, ei che un palagio
Si fabbric di fulgidi cristalli

E di fama riempi la terra intorno


Per quell'ostel meraviglioso. Ancora
Mora Kvus regnante, ei che sua possa
Volle sperimentar, che il mondo resse
Con sapienza e nobile consiglio,
Indi al cielo saliva alto e sublime,
Ei che nulla sapea de' mutamenti
Dell'avverso destin. Fulgide perle

D'una bell'acqua

gli

ornamenti

suoi,

di rubini corruscanti e spessi

Era fregiata la sua reggia. Ancora


Mora Sij^vish, inclito leone.
Quale atterr ne' giorni suoi pi belli
Due fere tigri, che Kang-dzh un loco
F' ad abitar con molto stento, nullo

"

Dal faticar traendo poi tesoro.


Ove ne andava re Afrasyb, antico
Di Turania signor, di cui nessuno
-

Vede

l'ugual

non pur sognando, e dove.


Zal, dove quel forte

Dov' Rstem e

Isfendir, di cui rest

parola

355

Memore

in terra ? Ove n'and quel saggio


Gderz e que' settanta eletti suoi

Figli animosi, cavalieri tutti

Nella palestra e leoni in battaglia?

Ov' prence Khusrv, nobil leone,


Quale in battaglia ogni gagliardo eroe
Abbattere solea Dov' Gushtaspe,
Alto signor, che la verace fede
Accolse di Zerdsht, onde la gloria
Si rinnov d'Irania nostra ? E dove
And Iskendr, inclito eroe, per cui
?

Iva la terra in iscompiglio

dove,

Dov' Giamsp che in noverar

le stelle

Venere e del Sol pi assai splendea


Per sapienza ? Ov' quel glorioso.
Monarca Behrm-gr, di cui nessuno
Era pari in valor, non nella forza,
Di cui non fu regnante eguale in terra
Per magnanimo cor, s che toccarne
L'inclito capo non osava il cielo ?
Di

Dov' quell'avo mio, d'alma serena

mondo.
Dove son quelli,

Inclito prence, reggitor del

Re Ksra Nushirvn

Sette e quaranta, che regnar la terra

Tutte l'opere lor precipitaro


In un profondo obblo, tutti son
I

grandi e

Un

saggi e

di gagliardi, e

iti

cavalieri, in

guerra

sapienti ancora,

Fra cui ben era questo

di colui

Migliore per virt, quello per

gli

anni

Di questo era maggior. Quest'ampia terra

Sgombraron
I

tutti e si lasciar

da sezzo

palagi e le torri e le palestre.

Niuno fra i prenci mi fu egual, quantunque


Tardiva et questi anni miei raggiunta

Non avessero

ancora. Io camminai

356

Nella fortuna e trista e rea la terra,

Non per

me

Di

che sventura mai


Anche mi schiusi

volli

avesse vittoria.

difficili vie molte fiate


varco e molti a me nemici lungi
Da me innanzi cacciai. Ma ogni contrada

Per
Il

Piena frattanto de' tesori miei,


E fatica pur mia l 've scorrenti
Acque tu vedi e coltivati campi.

Che

me

se vita per

mondo

cessa del

tutta gi s'intenebra speranza

De' prenci di quaggi, non sempre

mi

Di chi

figlio

Da quel trono

il

trono

rimarr, ch'ei pure

cadr, la sua fortuna

Al termin suo venendo. E allor che un angelo


A rilevar verr questo mio spirto,

Deh

gli dir,

Lene e dolce

l'anima mia

cos! .

ti

prendi

Per pentimento

Quest'integro cor mio far sereno,


Usbergo a me far ch'io non fi segno
A mie offese altri mai. Vera de' saggi.

mondo esperti,
Quando in gi precipita

De' sapienti gi del

la

La

sentenza

<^

vigile fortuna, ogni

pur

sgomento

forza provar. Se di grandezza

Trapassa

il

giorno per alcun, se indietro

Ei tenta revocar quel d fuggito.

Che

Ma
Che

non ha

Questo messaggio
monarchi e servi.
lunga non andr stagione ancora

Mente e senno
al

il

mondo

ei

invio presso

novello signor con le falangi

Sue gloriose a contrastarsi in campo


Con l'armi scender, desto all'intorno
Alto incendio di guerra in ogni loco.
Cos, per man del figlio ucciso il padre
Allor sar, sar trafitto in questa

'

357

la

man

Guisa medesma per


Il

giovin

del padre

Ci che disse un giorno

figlio.

Il mio nemico, ben far con sue


Opre non belle e con parlar malvagio;
Ma poi, quando sarem di qui partiti,
Trista la pena avranno i tristi e molto
Non si godranno lor poter. Di mia
Grandezza poi che giunse e di mio regno
Il termine cos, deh! che mi cale

Di Shiry prence o d'altri al grado suo?

Del nobile signor poi che

Ebbero inteso Ashtd e

il

il

messaggio

figlio illustre

Di Berzin valoroso, ecco! parea


freccia trapassato il core

Che d'una
Ad ambo

saggi egli

Alla fronte la

Ambo
Ambo

si

avesse. Posero

mano ambo

dolenti,

pentiti di lor detti, e intanto


le

gote percoteansi. Alfine,

Per l'acerbo dolor, sul colmo petto


Le vesti lacerar, di negra polve
Sparsero il capo e si partir piangenti
Dal cospetto regale, ambo vegliardi,
Saggi ambedue, pieni di doglia al core,
Qual da una punta di mortai saetta
Trapassati nell'alma. E ritornarsi
Cosi, con volto corrucciato e mesto,
Sazio di doglia il cor, nella presenza
Di principe Shiry. Del vecchio sire
dicean partitamente

Il

messaggio

lui, di forza e di

III.

ei

Angoscia

prudenza scemo.

di

Shiry-Kobd.

(Ed. Cale. p. 2040-2041).

Amaramente a lagrimar si diede


Shiry, come ascolt, trem quel core

358

pel diadema; e

Pel trono

allor,

Dinanzi a

lui de' principi la

Si lev per partir, quella

quando

turba

che noia

procacciava e con parole stolte

G-li

Al sangue lo spingea del genitore,


Del giovane signor l'alma inesperta
Accendendo cos, dal regal trono

Rapido scese e

l'inclite

sue mani

Alla fronte rec. Stille di pianto

Gi

Da

gli

scendean pel colmo petto allora

le ciglia,

e di ci novella intese

Dell'esercito suo la folla accolta.

Davver! che per quel pianto e per que' lai


Del re novello ebbe timor nel core
L'ampia falange degli eroi Sen vennero
!

un appartato

Tutti raccolti a

loco

favellar di re Khusrv. Se ancora

In trono asside re Pervz, diceano.

Calpester col pie vincente

il

capo

D'ogni principe suo, d'ogni suo duce.

Quando lev su
Il

montagne ombrose
quando si scosse
mente de' ribelli.
le

sol la fronte sua,

Da' sonni suoi la

Salir tutti alla reggia. In trono allora,

Tosto che ud,

si

assise

lui

Turba

prence e vennero

il

Gli eroi superbi innanzi a

lui,

d'eroi

congiunti e a lui stranieri

immensa

raccolta, e l sedean con volti

Gorrucciosi e dolenti, n la

A far parole si movea


Ma l'iranio signor cosi

lingua

per nulla;
dicea:

Ben degno di patibolo colui


Che non si duole per dolor del padre.
natura e tristo
D'alma e di corpo; n si vuol che in lui
La sua speranza alcun riponga. Attrito
Io dir lo vo' di rea

putrido egli pi d'imputridito

Ramo

359

di salce.

Servo son

io di

E chi sen va gridando:


due regnanti (questa

Risposta egli ebbe da' ribelli eroi),


Abbiasi nel tuo cor

nome

di stolto.

S'anche gran pregio egli ha, dillo tu abietto.


Ma Shiry rispondea: Re che tesori
Non ha, non trova esercito fedele.
Noi, per un mese ancor, dolci parole
Al vecchio re deh! rivolgiam, parole
Acerbe e dure in verso a lui tacendo.

Forse lieti andrem noi di qualche suo


Ammonimento, che d'Irania il suolo
Tutto un tesoro di Khusrv dovunque.
Udir quella risposta, indi levarsi.
Mossero per tornarsi a lor dimore.
Prence Shiri^iy a' dispensieri allora
Cos parl: Nulla sottrar si debbe
A re Khusrv da noi. Mense dorate
Voi ponetegli innanzi e v'imbandite
Di cibi dolci e di piccanti e forti

Ogni maniera.
Le prescritte dapi,
Chi la mensa imbandia, recava allora.

Ma
Che
Non

re Khusrv gi non gust de'

cibi

vedea su l'imbandita mensa.


gi de' caldi, non de' freddi. Tutte
Per la man di Shirina eran le sue
Vivande preparate, or che soltanto
l

Consolatrice ne' suoi molti affanni

Era Shirina. Al vecchio prence amica


Costei fu sola e

Grave dolor
Ella

si

il

sostenea nel suo


il d. Con
speme ancora

la notte e

stava nella

lui

E nel timor, ch'ella per lui tremava


Come trema di salce alla bufera
Un sottil ramo. Cosi fu che tutta


Una luna

360

trascorse, e

Stavasi nel suo duol

di e la notte

il

Khusrv

antico,

Sempre le colpe sue, le sue peccata,


Rimembrando nel cor, nel viver gramo
Niun conforto trovando e niun soccorso.

Lamento

IV.

Brbed.

di

(Ed. Cale. p. 2041-2042).

Ed ora

Barbed

di

il

laio ascolta,

L'altre cose di qui dimenticando.

Barbd, nobil cantor, tosto che intese


a suo voler, contro al consiglio,

Che contro

regal seggio avea sgombrato

Il

Che

altri

un'arte

sottil si

il

sire.

meditava

Per trarlo a morte, che il ribelle esercito


Caro gi non avea che in ceppi ei fosse.
Da Gihrm se ne venne in Tisifuna
Pien di lagrime il ciglio e pien d'angoscia
Il

cor dolente. Al regio ostello

vide

il

prence, pallide

Gi rubiconde, quale pur

la

rosa

Pallida del fiengreco. Egli alcun

si

ferm ne

corse

ei

le gote,

la regal

tempo

presenza

E al trono s'accost con pianto grave.


Fiamma d'amor si raccendea nel core
Di Khusrv per l'angoscia, e quella fiamma

L'anima e

core divorar parea.

il

Cosi, dagli occhi suoi

Qual nuvola piovosa

Quando
Per

gi

il

in

versando lagrime
primavera,

grembo lago gli si


un suo

le stille cocenti, alto

Su nota musical Barbd compose,

Un

pianto ei

f'

sul flebile liuto

fea
laio

361

Mestamente cantando.

Ei quel

lamento

F' in pehlvica lingua, e le sue gote

Erano smorte e pien d'affanno il core.


Nobil prence, ei cant, Khusrv illustre,
Grande, possente e magnanimo eroe,
Dov' di re la tua grandezza e quello
Tuo sovrano poter? Dov' la tua
Antica maest,

il

diadema

Alta statura e

la

dov', dov'

dove

copia,

Dov'

la
i

guerriera

onde

Ti custodivi sotto l'ale?

tua

de' tuoi monili

la virt

la forza e la gloria

Dove

la

tuo regale incesso

il

tua benda imperiai? L'eburneo

Trono

La

tua fortuna

la

Dov' pur

la

terra

dove,

stanza de la tua fanciulla?

musici tuoi, dove

la

reggia

dove
tuoi prenci?
Dov' la tua corona ed il vessillo
Di Kveh antico e dove i brandi tuoi
D'un ceruleo color? Dov' quel tuo.
Capo e corona d'ogni saggio in terra,
Giansipr, che orecchini aurei vantava
E trono tutto d'or? Dov' quel tuo,
l'aula imperiai,

Nero qual

notte, nobile destriero,

la

Il

nobile destriero, impaziente

te di sotto.

sua sella e

Dove l'elmo e

Ov'
la

sue staffe? Egli era.

le

la fronte tua,

tua dorata maglia

Tutta a gemme annodata? Ove son quelli


Tuoi cavalieri da le aurate redini.
Di cui la spada fodero condegno

Avea nel petto dei nemici? e dove,


Dove i cammelli tuoi rapidi al corso
E i tuoi dorati palanchini e i tuoi
Servi fedeli? Dove

dromedari,

362

Dove i corsieri e i candidi elefanti?


Deh! che fatti siam noi senza speranza
Per l'anima di te! Dov' pertanto,
Dove quel tuo parlar dolce e facondo?
Dove il tuo core, il nobile consiglio,
La serena alma tua? Perch restasti,
Dopo s grandi cose tue, tu solo?

Come

del viver tuo nel libro arcano

Legger potesti la tua sorte avversa?


Deh! mai non sia che ardimentoso alcuno
Verso il fato si mostri! pi possente
Il

tosco del destin d'ogni apprestato

Balsamo

Ma

altrui.

Che sostegno ed

tu cercasti in core

aita

tuo

figlio

il

Ti fosse; ed ora dal tuo

figlio istesso

re son

te

vengono

Sol per

figli,

ceppi

Assalti del destin sol per

figli

Non han difetto. Ma cadeasi


E forza e maest del re dei
Poi che del

figlio

Statura crebbe.

forti

e contro a' ripetuti

affranta
regi

suo maligno e reo

Ognun che

il

tristo fato

Khusrv intende, ardimentoso


In terra mai non sia! Deserto ignudo
Di re

Irania tua

Pensala

bella ecco! tu pensa.

di leoni e

leopardi

Orrido covo. De' Sassani prenci


Alla nobile stirpe era

il

re nostro

duce (la corona e il trono


Mai non vedranno chi l'uguagli in terra).
Ed or la nobil stirpe and dispersa.
Inclito

Deserta Irania, e compiesi desio


De' suoi nemici. Esercito maggiore

Di quel eh' ebbe Khusrv, non ha un regnante


Ma chi di tanti eroi venne per lui
Il

soccorso a cercar? Danae

ci

venne

363

Dal custode maggior di nostra greggia

Or che

in tanta rovina agreste lupo

Balz improvviso. Or vada alcuno e dica


A principe Shiry: Deh! svergognato

Che di principe hai nome, opra s rea


Degna non era di monarca illustre!
Oh! le falangi tue non terran fermo.
Ratto che guerra da ogni parte intorno
Levisi contro a te . Ma Iddio sovrano

fattor di giustizia all'alma tua,

Khusrv

il capo
nemici tuoi!
Giuro per Dio, per l'alma tua, signore

antico, sia propizio e

te s'umilii de'

D'Irania illustre, giuro per la prima

Alba dell'anno, per

la festa

santa

Di Mihr e per la bella primavera,

Che

se questa

mia man d'ora

Musical suono a suscitar

si

in avanti

appresti,

Niun d'un saluto mi consoli. Io stesso


Il mio liuto strugger nel fuoco,
Per ch'io mai pi, per esso, del nemico
Del mio prence e signor rivegga il volto.
Cos due dita ei si troncava e due
Di quella man s esperta e strette in pugno
Le dita tronche si tenea. Tornando
Alla sua casa una gran vampa accese

il

flebile liuto

Ma

arse in quel fuoco.

chi frattanto

si

vivea da presso

il giorno
sua sorte incerta e oscura.

All'antico signor, la notte e

Temea per

la

V. Uccisione di Khusrev-Pervz
(Ed. Cale. p. 2043-2045).

Poi che inesperto e timido mostrava


Shiry s stesso, un laccio eragli a' piedi,

lui di sotto

il

364

regal seggio. Tale

Che l'uom sa giudicar, chiaro vedea


Che de' prenci ribelli anche dovea
La giornata arrivar. Ciascuno intanto
Che male opr, che con ardor giovata
Avea l'impresa contro al vecchio sire,
Venne dinanzi a re Kobd nell'erma
Sua reggia e ricord l'alto misfatto
E disse: Una fiata a te dicemmo,
Questa

anche diciam, che

fiata

Altro pensiero hai tu.

nno a un

Ha

sol

sommo

Quando

in

mente

seduti

trono due regnanti e l'uno

il basso grado e cerca


padre si di stringere col figlio
Vincol pi stretto, ratto de' lor servi
Gaggion tronche le teste. Oh! non slam noi
In ci che fai, consenzienti, e tu

il

e l'altro

Il

D'oggi in avanti di cotesto mai

Non

Ebbe timor di tanto


ci far motto.
Prence Shiry. Timore avea, che preso
Egli era si, come un abietto schiavo.
Fra gli artigli di quelli, onde risposta

Cos rendea: L'antico re nessuno

Gol laccio piglier se non colui

Che ha nome

tristo.

Andarne ora

v' d'uopo

vostre case e far su ci consiglio.

Gercate voi chi trovisi pel mondo

Ghe

tal travaglio e cotal

noia ardisca

Secretamente togliere da noi.


Ogni pi avverso dell'antico prence
Un manigoldo ricerc, che lui

Oh! ma nessuno.
Nessun per l'ampia terra aveane ardire,
Niun di s gran coraggio iva partecipe.
Onde il sangue versar fessegli dato
Di si gran prence e togliersi tal peso.
Quale d'un monte, su la sua cervice.
In secreto uccidesse.


Ma

di

365

Khusrv cercavano

nemici

In ogni parte, fin che tal rinvennero


Soletto in su la via. Cilestri gli occhi,

Smorte

le gote,

la

persona asciutta.

Irta di peli, livide le labbra,

Lordo di fango il pie, rattratto il ventre


Per molta fame, dell'uom tristo il capo
Scoperto al sole. Niun pel mondo invero
Sapeasi

il

nome

di costui, fra tanti

Principi e servi; ed ei per,

reo

protervo, a Farrukhzd ne venne


(Deh! mai non vegga il lieto paradiso

L'abietto spirto!), e

come

a lui proposta

F' del misfatto Farrukhzd, a quella


Opra acconciossi prontamente e disse:

Impresa mia questa battaglia! Sazio


Se di vivande mi rendete voi,
Vanne, gli disse
Gotesta preda mia!
Allora Farrukhzd. Fa, se tu puoi;
Indi non aprir mai su tal soggetto
Le labbra a favellar. Per te qui tengo

D'aurei denari una ricolma borsa,


Ch'io qual mio figlio t'ho alleato e amico.
Diedegli allora, splendido qual' onda,

Acuto un suo pugnai, s che parta


Rapido l'omicida, il cor ripieno
D'un feroce deso. Come quel tristo
Giunse da presso al re sovrano, lui
Trov soletto con un suo fedele
Paggio dinanzi al regal soglio. Un tremito
Ebbe prence Khusrv ratto che il vide,

dalle ciglia lagrime di pianto

Per

le

gote vers. Gi

In testimonio

gli

era

il

core

che l'estremo tempo

Giunto era omai, s ch'ei si volse e disse:


Deh! tu malnato quale il nome tuo?

366

Che piangere dovr

Un

giorno

chi

ti

die vita

Mihr-Hormzd

mi chiama,

altri

Disse l'uom tristo, e son straniero in questa

Ampia

non ho consorti o amici.


Oh! soggiunse Khusrv, dunque per mano
Di costui vile e reo cos mi arriva
L'estremo tempo mio! Gi non somiglia
citt;

Ad uman

volto

il

volto suo; nessuno,

Nessun mortai l'amor

di lui si

cerca!

stava

il

giovinetto,

al giovinetto cos disse

il

prence:

Ritto in pie l

si

Deh! tu cortese che m'aiuti, vanne,


Recami d'acqua un colmo vaso e muschio
Ed ambra pura e la pi intatta veste,
Gradita all'alma.

Come

ud quel cenno.

L'arcana intenzon del suo signore

Non anche

intese

il

garzoncello.

Il

paggio,

Fanciullo ancora ed inesperto, uscia

Dal cospetto regale, aurea una conca


Recava al nobil re con una vesta,

Con un'ampolla piena d'acqua, allora


Che s'affrettava re Khusrev da questa
Terra infelice ad emigrar. Non tosto
De le sacre verbene ei vide il fascio,
Che a mormorar si die preghiere; tempo
Quello non era da gittar parole,

Non

di secreto favellar.

Intatte

si

cingea l'iranio

Di sue peccata

si

Le

vesti

sire,

penta, le preci

Mormorando sommesse. Al capo


Posesi nuovo, ancor non tocco,

alfine

un

velo.

Del suo tristo uccisor l'orrida faccia

Per non veder quando avanz, nel pugno


Con la lama fatai, chiuse le porte
Alla stanza del re tutte a l'intorno,
Mihr-Hormzd. S'avvent rapido e pronto,


La

regal veste sollev, col ferro

Squarci

mondo il cor nel


muta e si rivolge
ella che sempre

al sire del

adunque

Cos

si

L'instabile fortuna,

367

seno.

nasconde il suo segreto. Il saggio


i
detti suoi, sciolto da cure,
pensa
Che
E l'uom stolto ed insano altro dall'opre
Non veggon del destin che con ludibrio
te

Anche

Offesa e danno.

se tu raccogli

Ampio

tesoro per la terra o sola

Tocchi

fatica e travaglio del core.

In questa vita ch'

danno

far

Se per

Ma

breve e grama,

stagion non rimarrai.

Lunga
Il non

Deh!

scegli

altrui, segui giustizia.

giustizia toccar vuoi tua lode.

per

le piazze

e per le vie l'annunzio

tal maniera ucciso


Khusrv, corsero i tristi

Ratto che venne, in


Griacersi re

Al carcere d'un moto, al tetro ostello


Gorser degli infelici. Erano allora
Quindici

figli

dell'estinto sire,

Nobili e illustri giovinetti, in ceppi

Nell'albergo real. Tutti nel carcere


Fiir trucidati esti innocenti allora.

Allora
Di re

Non

si,

che

d'alto la fortuna

Khusrv

precipit.

os dirne de la terra

Prence Shiry,

ma

L'alta sua doglia.

Molto per

ne,

il

Parola
sire.

rinserr nel core

Come

n'ebbe annunzio.

pianse e alcuni suoi

Fidi custodi (venti eran) mandava,


Perch degl'innocenti alle diserte
Donne e ai fanciulli fossero custodi,
Dell'ucciso signor dopo la morte.

Cos cessava di

le falangi e la

Khusrv l'impero
grandezza e tutta

368

La possanza e il valor. Tanta grandezza


Alcun non ebbe mai de' prenci irani,
N mai l'ud ridir da' saggi antichi
Famosi e grandi. Ma chi savio e dotto
In favellar, valor non ha se il capo
Tien tra le fauci de la sorte avara,
Orrido serpe. E tu non altro il fato
Appellerai che alligator feroce
Che ci che prese fra gli artigli suoi,
Sotto ai denti maciulla. Ecco! che cadde
Di re Pervz la gloriosa sorte,

Sparve quel trono

suo,

sparve

il

tesoro

Celebrato e l'esercito pur anco!

Ma

chi speranza ha del destino in terra,


tal che cercasi giocondi

come

Frutti d'un salce fra le rame. Oh!

dunque

Perch correndo vai, smarrito il calle,


Per l'atra notte e il d sereno? Grata
Abbiti al cor qual da la sorte ottieni

Cosa quaggi, se pure all'alma offesa


Non cerchi o danno, e stima te soltanto
Privo di forza e di poter, se ancora

Qualche fiata hai vigorosa mano.


Generoso sentir, amor del giusto,
Qual costume ti prendi e nel pensiero
Pensa leggiadre cose. Anche fa doni
E godi fin che puoi, che, se tu togli
L'aurea moneta, tutte cose in terra
Altro non son che doglia e affanno. Oh! quanto
fedel^ amico,
quanto buona!
deh!
D'amici fedelt

migliore per noi


VI.

Morte

di

369

Shirina e di Shry,

(Ed. Cale. p. 2045-2050).

Poi che giornata di Khusrv addussi

Al termin suo,

Comincio e

Fur

di

l'istoria di

Shiry.

Shirina

Come

trascorsi

tre giorni e cinquanta dal fatale

Tempo che giacque

il

nobile signore

D'Irania ucciso, re Shiry fidato

Un amico
Che

Autrice

Che

invi l da Shirina

le dcea:
di

Donna possente

e astuta,

mage, nulla tu sai

ed incantesrai e in tutta

sortilegi

L'irania terra quella ben tu sei


Di

maggior colpa rea. Sol per incanti

L'antico sire governasti, e forse

Con tue magie discendere dall'alto


Far potresti del ciel l'errante luna.
Abbi adunque timor, tu peccatrice,
E vieni presso a me, non arrestarti
Lieta e sicura nella tua dimora.

Per

tal

messaggio

si

crucci Shirina,

Grucciossi ancor per le parole ree,

Maledicenti, e cosi disse: Quei

Che

il sangue gi vers del genitore,


Mai non abbia grandezza e maestade.
Io quel malvagio non vedr giammai
Non pur da lunge, non in giorno mesto,
Non in giorno di gaudio.
Indi uno scriba,

Consolator nelle sventure sue.

Con un

libro composto nell'antico


Pehlvico sermon, f' addursi innanzi,

in quello

FiBDusi,

Vm.

il

saggio trascrivea consigli


24

Di

lei,

di

370

sue ricchezze alto

il

valore

Fea manifesto. In picciolo vasello


Alcune stille di velen rinchiuse
Ella tenea, di cui l'avverso balsamo
Per le citt non si potea cercare,

Ed

ella seco il ritenea, la sua


Funeral benda all'agile persona,
Qual bel cipresso in un giardin cresciuto,

Componendo

cos.

Mandava

intanto

A re Shiry cotal risposta: Sire


Incoronato, che sollevi in alto
La cervice superba, ecco!
Parole che

dicesti,

le

tue

andaron via

Qual vento passeggier. Di quel malvagio


Che altro nome non sa per l'ampia terra
Fuor che d'incanti e sortilegi e trista
Gioia ne sente, perano dispersi
L'anima e il core! Che se tal natura
Avea prence Khusrv, si reo costume

Da

conforto cercar ne' sortilegi

All'alma stanca, stavasi ne' suoi

Dorati ginecei una maliarda.

Di cui, non vista in pria, poscia ei si stava


volto ad ammirar. Ma per conforto

Il

suo core egli m'avea


suo fianco, e ogn'alba, allor che

Dell'afflitto

Sempre

al

gli

occhi

Ei dischiudea, da sue dorate stanze

Solea chiamarmi e nella vista mia


L'anima confortar. Ma tu vergogna
Abbi di queste tue parole stolte.
Che non s'addice a re che regni, un detto
Menzognero giammai. Dio ti ricorda
Di grazia donator,

ma

que' tuoi detti

D'altri al cospetto

non

ridir pii mai.

Airiranio signor quella risposta

Fu

allor recata e contro all'innocente


Re Shiry

s'adir.

371

Schermo

al venire,

non nel mondo


Feroce donna come te che al sangue
Gol core aneli. Ma tu vieni e mira
L'alto fastigio della mia corona,
E se bene a me sta, fa per me voti.
Ei disse, qui non

Piena d'affanno, come ud cotesto,


Si fe'Shirina. Ella si dolse e pallido

Color

Che

f'

si

delle sue gote, allora

Non io verronne al tuo


Fianco, o signor, se non con un'accolta
rispondea:

Di gente saggia al tuo cospetto, esperta,


Nel legger dotta le notate cifre.
Raccolse re Shiry cinquanta saggi.
Antichi, esperti, ed a Shirna un messo

Poscia inviava a dir: Levati e vieni


Al mio cospetto. Ci che detto, basti.
Shirina, come ud, negra ed azzurra
Cinse una ve.^ta ed all'iranio sire

ne venne e a presti passi


il Gaio detto.
Laddove a conversar nobili i Persi
Sollecita

Il

giardin penetr che

Raccogliersi solean. Quivi ella assise

Dietro a

un velo

regal, quale

costume

Di donna saggia e vereconda e onesta.


Inviavate un messo il re sovrano,

Dicendo: Gi tocc una luna intera


Il lutto di Khusrv. Consorte mia

Or tu deh! vieni perch un dolce frutto


Goder tu possa, non mirando a grado
Minor del grado imperiai. Diletta

Come

gi il padre mio t'avr al mio fianco,


Anzi pi bella e pi d'assai famosa.
Il dritto mio qual prima cosa rendimi,

Shirina rispondea, che allor soltanto

Pronta

a'

tuoi cenni fia quest'alma. Allora

372

Mai non sar che dal parlar con teco


10 cessi, obbediente al tuo comando,
Cedevole al desio del tuo bel core.
Acconsenta prence Shiry, perch'ella.
Vaga e leggiadra, tutto espor dovesse
11 novello suo dir. L'inclita donna
Di dietro

a' veli

suoi cosi rispose

Invitto e lieto deh!

Pur, tu dicesti che son

tu,

sii

signore;

maliarda

io

incantatrice e da giustizia aliena

E da

onesto costume.

Shiry

le

rispondea

Dell'ira altrui

non

ma

fu cotesto,

generosi

pigliansi vendetta.

che raccolti
Erano nel giardin, che il Gaio detto,
Shirina disse allor Che mai vedeste
Di colpa in me, qual mai opra non bella,
Qual menzogna o stoltizia? Ecco! molt'anni
Regina fui d'Irania vostra, in tutte
L'imprese ai forti valido sostegno,
E nulla mi cercai che anche giustizia
Non fosse, e lungi di menzogna sempre
A.'

nobili di Persia

me furon l'opre.
per mie preghiere, ebber governo
D'opulente citt, sempre pel mondo
E

d'ingiustizia da

Molti,

Ebber cospicua sorte. E se in Irania


in mia ricchezza alcun gi vide

Un'ombra
nel mio

serto o negli adornamenti,

Dicalo aperto, s'egli intese o scorse.

Perch risposta manifesta venga


D'ogni cosa per me.

Quanti eran prenci

Nel cospetto del re, fean di Shirina


Laudi sincere: Non donna in terra
Pari a costei, non in secreto loco.

Non

in aperto.

Principi, rispose

Shirina allora, o d'ogni cosa esperti.

373

Duci che opraste grandi cose in terra,


chiaro a voi che per tre cose a donne
Formasi qui propizia sorte, a donne

Che degne son

questa

di

regal seggio; ed una

ch'ell'abbia verecondia

E ricchezza pur anco onde

s'adorni

Per lui del suo consorte il nuovo ostello.


Seconda questa ch'ella un figlio a lui
Partorisca, onde a lei grandezza venga
Per suo sposo felice. terza poi

Che

di volto e persona ella sia vaga,


Nobile e casta in suo virgineo stato.
Or io, nel tempo che qui venni sposa

principe Khusrv, per

tal

connubio

Quand'io qui giunsi peregrina e nuova,


Mentr'ei da greca terra

si

tornava,

Non ottenuto il suo desio, dolente


E senza possa, e fea soggiorno agli ermi
ei nondimen toccava
mta che nessun cotale

Gonfln d'Irania,
S nobil

Mai vide o intese per quest'ampia terra.


Quattro

figli

da

lui

m'ebbi frattanto,

Ond'ei lieto gioia, Nestr valente,


Fird, Shahryr e Mardan-shah, cor.jna
Di questo azzurro firmamento.

Oh! mai

Da Fredin, da Gemshd, figli non vennero


Come cotesti; e tronchisi mia lingua
Se dal ver mi dilungo! Eppur son elli,
Tutti quattro, sotterra, e l'alme loro

Aggiransi beate in paradiso.

Questo ella disse e da la fronte


ed era luna il volto suo.

il

velo

Si tolse,

Muschio

il

volume

Ella soggiunse,
S'ell' cotesta,

il

de' capegli. Questo,

volto mio.

Menzogna

violenza opponi.

Sol per savio disegno io mi celava

374

I miei capelli, perch alcun pel monda


Non vedesseli mai. Mostraili, e questa
la maga che altri m'appone. Questo

Incantesmo non , non menzogna,


Pria d'allor, nessuna
Non reo costume!
Veduto avea con gli occhi suoi, ne mai
Udito avea da chi maggior degli anni,

si

vago ricordar. Stupir

vecchi

tutti a l'inattesa vista

acre saliva profondean dal labbro.


Ma di Shiry, com'ei vedea le gote

Crine

Leggiadre

di Shirna,

Attonito rest,
II

petto, Ei

cor fu pieno, ed

Niuna

ecco! che l'alma

per quel volta


che d'amore

Parve fuggir dal

vogl'io fuor

Te qual consorte

ei

Ninna,

le disse:

che

te sola, e

avr, sola

mi

quando

basti

In tutta Irania. Da' tuoi cenni mai

Non andr

mio

lungi e questo patto

Sulle pupille mie scolpir vorrei

Per l'iranio signor non anche scevra


Di mia brama son io, cos rispose
La vaga donna. Se tu a me concedi,
Anche due cose chieder vo'. Deh resti
!

In sempiterno

il

grado tuo

di

prence!

L'anima mia gli cosa tua, rispose


Prence Shiry; se altro tu chiedi ancora^
Ogni ricchezza mia,
Chieder ti lice.

Shirna disse, quale accolta in questa


Irania terra, a me partitamente

Renderai

tu, dell'inclita

Qui, nel cospetto.

assemblea.

Le tue

questo libro apporrai

cifre

tu,

ancora

perch'io

ogni cura mi sciolga e grande e lieve.


Ci ch'ella disse, re Shiry facea

Da

Rapidamente, e

la

donna leggiadra.

375

Tosto che al suo desio degna risposta


Ebbesi da Shiry, scese alla via

Da quel

giardin che

il

Gaio detto, uscendo

Dal cospetto de' prenci e de' seniori.


Cos sen venne alla sua casa, e quivi
Liberi fece

servi suoi, que' servi

Con sue ricchezze

f'

beati.

Ancora

Quant'eran cose sue die a' poverelli,


A' suoi congiunti pi don d'assai,

Doni

f' a'

templi del fiammante fuoco

Di Sadh per

la festa e per il primo


Giorno dell'anno e quel di Mihr; per molti
Ostelli ancor deserti e abbandonati,
Per ospizi, a leoni orrido covo
Gi divenuti, a re Khusrv estinto

Gratificando, fece offerte e doni,

All'anima di

lui

Dolce conforto.

con l'opre pie

Ma

discese poi

Ad un giardino e l
E si assise sul suol,

scoverse
d'ogni

il

volto

ornamento

Spoglia e discinta. Le sue genti attorno


Ella raccolse e con atti cortesi

Tutti volle seduti e cos disse

Ad

alta voce: Chi di voi

va scevro

D'ogni sua offesa inverso altrui,

Porga

gli

orecchi

mio dir, che d'ora in poi


Questo mio aspetto non vedr pi mai.
Quel Giudice che cerca da' mortali
Alta giustizia, che don sua luce
intenti al

Agli astri, al sole ed alla bianca luna.

Temete voi; non parlisi da voi


Che per dir vero, che a' pi savi in terra
In ci difetto non s'addice. Intanto,
Dal di ch'io venni appo Khusrv, dal tempo
Che sue stanze dorate io penetrai
La prima volta e fui l'onor del sire,

376

Fra le donne regali inclita e grande,


Qual colpa mai f(a scorta in me ? Davvero
Che simulando pronunciar parola
Non debbesi da voi; che vai cotesto
Simular presso a donna e accorta e astuta?
!

Tutti levarsi da' lor seggi allora,


Sciolta la lingua a dar risposta, e dissero:

Tra

le

spose regali inclita donna.

Saggia, eloquente e d'anima serena.

Per Dio giuriam che te non vide mai


Alcun vivente, n ud mai tua voce
Delle tue stanze dietro alle cortine.

Oh! davver che dal tempo fortunato


D'Hoshng antico eguale a te nessuno
Si assise in trono!

le ancelle

gli

paggi tutti allora

schiavi accorti e saggi,

Avidi

tutti di poter, con alte


Voci gridare inverso a lei: Preclara,
Inclita donna, celebrata in Cina

Ed in Grecia e in Tirz, chi dir parole


Oser in male contro a te? Deh! come
Licito fla recarti

E Shirna

danno a prova?

dicea: Questo malvagio,

Di cui la fronte colpir dall'alto


Irato

il

Uccise

pel trono e per il serto


padre suo. Deh! ch'ei non vegga

ciel,
il

D'oggi in avanti sorridente


Della fortuna

Forse

il

viso

morir suo
Schermo questo si f', ch'ei tal governo
F' dell'alma del padre. Ed or messaggio
Ei m'inviava, onde fu tetra e oscura
L'attrita anima mia. Dissi che viva
Fin ch'io sar, serva di Dio sacrata
Sar del core, e manifesta a lui
!

al

Feci la via che volente mi scelsi.


Eppur, piena di duol qui mi son io

377

Pel reo nemico e temo si che innanzi


Al popol tutto, con proterva lingua,

Dopo
Male

morte mia

la

Ma

ei favelli.

A me

me

di

del capo.

Alle parole sue

Forte quelli piangean,


Pervz

l'estinto

Ma

di voi

gi servo, or libero e disciolto

Sen va
Per

infelice

qual fu

ratto

core

traftti al

acerba.

di doglia

che venian suoi messaggeri

Appo prence Shiry,

le

udite cose

Della innocente ripeteano a lui,

E Shiry dimandava: Oh! qual sorvenne


Alla donna preclara altro deso?

E Shirina mandavagli un suo fido,


Qual dicea: Sol rimane anche un deso.
Deh! che

al sepolcro dell'estinto sire

10 dischiuda la porta! Alto

Di rimirarlo

Questo
Shiry

un

desiderio!

certo sar, che

al

mi venne
Oh! bene

si

ti

addice,

rispondea, cotal deso!

le

Del sepolcro la porta allor dischiuse

guardiano e quella donna egregia


Funebre pianto incominci. Si mosse
E appose al volto di Khusrv la fronte
11

Il

veleno

casi ricordando intravvenuti,

Ingoi,

rapidamente

letal

che

tosto la sua dolce

Vita distrusse. Ella pos daccanto


All'estinto signor, coperto

Raccolta

Odorosa

la

di

Alla parete

L
Via

si
si

Ben

volto,

il

persona entro a una vesta


canfora, e appoggiando
il

corpo suo cadente.

mor. Mor, da questa terra

recando
si

la

crucci,

sua lode e

come ne

Prence Shrv. Del riveder

il

merto.

intese annunzio,
l'estinta

378

Ebbe terrore e cenno

Tomba

novella

si

f'

che a

lei

apprestasse, e volle

Per

lei si componesse di odorosa


Canfora un serto e in un di puro muschio.

Ferma

rinchiuse poi di quell'avello

Ma gran tempo ancora


non pass che un tosco
Anche a Shiry altri apprest. Misura
Era colma dei re su questa terra.
Ed ei che nacque in trista sorte, in trista
Il

re la porta.

Dopo

cotesto

Sorte ancor

si

mori, lasciando

Imperiale al picciol

il

trono

figlio suo.

Cosi quei che dominio ebbe di sette

Lune

soltanto, di canfora s'ebbe

Funebre serto al cominciar di quella


Che venne ottava. Maggior bene in terra
Non d'un trono, maggior male in terra
D'una vita non breve e caduca.

3.

I.

Il

Cinque re Sassanidi

re Ardeshr figlio di Shiry.


Cale. p. 2050-2053).

(Ed.

Del regno d 'Ardeshr, poi che cotesta

A me

qui giunge inevitabil cura,

Parole or

io far.

Prence Ardeshr

Tosto che assise

vennero

sul regal trono,

Dalle iranie citt giovani e vecchi.


Molti famosi eroi, d'et provetti,

Bramosi d'ascoltar qual mai parola


Detta egli avra. Si assisero cotesti

Appo
Incliti

il

nuovo signor da

tutti in

tutte parti.

ogni lor contrada.

Ardeshr giovinetto allor disciolse

La lingua a favellar. Famosi eroi.


Disse, che opraste grandi cose in terra,
Quei che si asside in regal seggio, aperta
Abbia l'anima sua, fedele a Dio
Mostrisi ancor. De' prischi re la

Noi seguiremo e seguirem

lor religon.

Dator

E
E

Sempre

norma

lor gloria

di Dio,

di grazie, facciasi

ricordo

giuste siano ognor l'opero nostre

laltre imprese. Chi devoto a noi,

Sosterrem

noi,

ma punirem

col

sangue


Grringiusti e

Pirz

di

Gode per

380

L'esercito affidiamo

rei.

Khusrv, che

giustizia

di

l'opre e pel suo re

va

lieto,

Che, se duce in Irania pari a lui,


Tutti nno allegri e d'anima serena.
Molti tranquilli in cor per sue parole

Furono

per

allora, e di lui

quieta

la

ognun tocc sua brama.


Ma di ci ben giugnea novella ancora
A principe Gurz, per cui gi un tempo
Fu Khusrv in affanno e struggimento.
Gurz di Grecia un messaggier spedia

Anima

e dolce

Saggio, eloquente, e

dicea: Caduta

si

Di Shiry infelice la corona

Al suol calpesta. Oh! possa nell'inferno


Ir prigioniera l'alma sua feroce

cader rovesciato da l'altezza

Il

suo sepolcro! Chi sapea che

Nobil cipresso danno e offesa

Avuto avra da

l'erbe del giardino

Putride e fiacche

l'alto,

un giorno

Del destino

l'acuta pupilla oh!

il

core

non vedranno

Pari a Khusrv un principe in Irania,


Pari a Khusrv, da cui ci venne questa

Grandezza nostra, onde servendo a


Unqua da lui non ci partimmo. Oh

lui
!

dunque

Lui gi precipit dal regal soglio


Il

Da

reo destino e volse


lui la fronte e la

la

fortuna

rotante volta

Di questo ciel rissavasi con lui

sua parte

Il

grembo oscuro!

gli f' del suol

Cosi

profondo

dunque a

lui

luna e il sol l'antico regno,


Toglieano a si gran re la sua corona
E l'alto seggio! Ma poich fortuna

Togliean

la

Die a principe Shiry regal potere,

381

Tutte d'Irania le citt superbe


Umili. Mori Shiry, ma tosto

Re divenne Ardeshir, per


Ecco

Ed

cui son

in Irania giovinetti e

io,

se

lieti

vecchi;

pur mi venga alcuna parte

D'Irania a me, non soffrir che spiri

Vento importuno sul suo capo illustre.


Or per, poi che nulla ebbi novella
Di re Pervz quand'ei mori d'un tristo

Per la calunnia e per l'accusa, tale,


Quale Ardeshir, ricuso un prence, ancora
Che senza re lunga stagion rimanga
L'irania terra. D'Ardeshir la mente

tutta piena di pei' verse voglie

in esercito altrui tutta riposta

La sua speranza. Or

io

verr con l'ampia

Schiera de' miei, verr con duci

d'Irania e di Grecia, e

Chi

sia cotesto

re che

Di cotesti consigli.

Oh

eletti

vedrem

noi

si diletta
!

ma

dal fondo

Io svelleronne le radici, ond'ei

Mai pi ci parli di suo tristo regno.


Rapido un messaggier pose alla via
Perch n'andasse dell'irania terra
A' prenci anziani, indi per altra guisa

Reo disegno compi,

Pirz

di

foglio inviando

Khusrv. S'intenebrava,

Scrisse, fortuna de' Sassni prenci,

E chi brama ha d'onor vuoisi che accingasi


Arditamente a nuova impresa. Forse
Arte in questo saprai, saprai tu forse
Nuovi pensieri ordir. Cercati molti
Fra' giovani e fra' vecchi amici e soci

E d'Ardeshir da
Fa di sgombrar.

la

presenza

il

mondo

D'allora in poi l'intento


Del tuo core otterrai, securo e pago "

382

Andrai con tua quiete. Ove poi fuori


Questo secreto darai tu, darai
Sangue alla spada della mia vendetta,

Ed

io

di

Grecia mener cotale

Esercito guerrier, che tetra e oscura

Far

la terra agli occhi tuoi.

Tu

intanto

Con profondo pensier guarda il mio detto.


Deh! mai non sia che vii ti sembri questa
'
Novella impresa mia, che non d'uopo
Che tu perisca stoltamente. Scendere

Non

di sotterra dall'altezza tua,

Dal seggio tuo, n pentimento allora

Ti gioveria, quando gi tronco il capo


T'avesse il ferro mio per mia vendetta.
Epistola colai

Pirz

come vedea

a Khusrv, tutto scoverse

fosse di colui avido e altero

Qual
Il

figlio

disegno verace, e in prima assai

Medit nel suo cor, poscia co' prenci


Ch'eran pi anziani, ebbe consiglio e
Giungemi repentina est faccenda

E manifesto

rendesi consiglio

In pria secreto.

Fama

disse:

Principe che cerchi

quaggi, ricco

di pregi, tale

Dagli anziani venia risposta a

lui,

Se cade estinto il nuovo re, fia d'uopo


Che da noi si precipiti a rovina
Per tanta colpa. Or tu, per le parole
Di principe Gurz, cosa

Non

far,

ma

al foglio di colui,

Fa una

rea

d'opre oneste arte

ti

cerca

quale s'addice,

risposta e dal suo tristo sonno

Desta la mente rea. L'alto consiglio


Di Dio signor, tu gli dirai, non sperdere.
Fino al tuo cor non schiudere tu il varco
A un tristo Devo e pensa al mesto caso

383

Di re Perviz, alla ignobile impresa


Che a morte il trasse. Che se tu dal trono

Traggi in basso Ardeshir, cade fortuna


De' re Sassni tutta a un tratto. Allora
al trono suo regal Shiry si assise

Che

la

cintura imperiai de'

Kay

Si cinse a' fianchi, altro deso

non ebbe

Perviz trascorsi,
la sua mente in ogni impresa sua
Precipitava. Che se in questa guisa,

Che
Che

de' bei giorni di

Quale allor fu, si resse il mondo, frutto


Gi non ebbe Shiry da l'opra sua
Grave e tremenda. Le terrene cose

Per l'opra

stolta ch'egli fea, si volsero

che sparve a un tratto


Ogni sperato frutto. Or che si assise
Qual re sovrano su quell'alto seggio
Ardeshir giovinetto, all'alto loco
Di re Kobd, per la grandezza sua
Godon le genti e la terra gioisce.
Gioisce il fato per la sua che il cinge .
tal foggia cos,

Di

Deh! che vai mai

Inclita maest.

Che

vostra terra che tranquilla posa,

Vadasi tutta per novella doglia.

Per nuova guerra, in iscompiglio? Oh!


Di vostra man non battete alla porta
Della sventura

Un

Non

voi

fausta cosa

re innocente trucidar, n vuoisi

Che questa

volta rapida del cielo

E temo assai
Che per quest'opre lagrimose e triste

Tutta Irania diserti.

Fine agl'Irani non imponga

il

fato! .

Pirz, questi consigli allor che intese,

Un'epistola scrisse apportatrice

Di buon frutto a Gurz, tristo e malnato. -

Deh! mai non

sia

che re come costui

384
terra! Ma

di ci sentore
Tocchi alla
Gom'ebbesi Gurz, che con la force

gli avesse attanagliato il core,


Detto avresti!. Forte disdegno egli ebbe

Alcun

Per Pirz

di

Khusrv, tutte dispose

L'altre sue cose, ei principe d'eroi,

E cenno

che

f'

in

armi

sue schiere

le

d'un tratto alla

campagna,

Uscissero
Dalla citt venendo. Ecco, l'annunzio

Anche a Pirz ne corse, ed egli in via


Rapido pose un messaggier che venne

Tokhr,

il

chiamando. Ei

f'

parole

cotesto d'assai, digli novelle

Su

Di Gurz del disegno e de la guerra

movea costui.
Khusrv questa risposta
Da Tokhr venne: Per sangue di prenci

Che

al serto

Pirz

imperiai

di

Dell'iranico suol, duce famoso,

Tanto non ti crucciar. Quelle parole


Che Gurz gi ti disse, ecco tu ascolta.

Ma

se scritto gli hai tu quel foglio tuo,

Sol verr contro a te per sua vendetta.


Il

foglio di

Tokhr

tosto

che vide

a Khusrv, posa non ebbe


Per malvagio pensier quel cor turbato,
L'anima sua chiara e serena in pria

Pirz

figlio

Fosca divenne, modo ripensando


Ch'egli al suo prence qualche danno fesse.
Ardeshr a ogni tempo a s chiamarlo
Solea, ch'egli era in favellar facondo

E memore ed

accorto; eragli in guisa

Di ministro, era a lui de' suoi tesori


Anche custode. In un'oscura notte
Venne Pirz ed ebbe accesso, e vino

Luccicante trov nel regio ostello


E dolci detti. Nelle stanze sue

385

Stava seduto re Ardeshir, con

lui

Erano alquanti giovinetti e vecchi;


Ma ratto che da lui cos venia
Pirz, il figlio di Khusrv, la fronte
Detto avvest che pi del ciel levava
Per la gioia Ardeshir. Tosto ei f' cenno

Che concento

festoso incominciasse,

di canti e di

suoni incontanente

L'aula fu piena. Della notte oscura

Come

fr corse l'ore medie,

sire

il

Bevuto avea di purissimo vino


Tjha misura ed ebbro stava, ed ebbri
Erano d'Ardeshir tutti gli amici.
Niun de' musici l, niun si restava
Savio di mente. Ma del re gli amici
Fuori cacciava l'uom perverso allora

soli si

restar nell'aula regia

Ardeshir e Pirz. Balz d'un tratto


Il violento dal suo loco e chiuse
Al re le labbra con la man repente,
E tenne si, fin che Ardeshir spirava.
Piena la casa di freccie e di spade
Allor divenne, ed eran questi

Di Pirz

di

soci

Khusrv, nuovi bramosi

Di gloria e di poter, guerrieri e duci.


Cosi di quattro e di due mesi il regno
Fu di prence Ardeshir. Per questa via

Del dolce viver suo termine giunse.

II.

Il

re Gurz Feryln.

(Ed. Cale. p. 2053-2057).

Pirz appo Gurz mandava un messo

E con
Come

esso un'epistola secreta.

giunse quel messo, ecco

PlBDUSI, Vili.

che l'anima
25

38(3

Di Gurz tenebrosa,

al

nuovo gaudio,

Come sol si f' chiara. Ei tale


Men con se, da quella terra,
Che chiudere parea

esercito
in armi,

valico ai bruchi

dell'aria e del suol. Corse qual

Vr

Tisifuna.

Le sue

forti

nembo

schiere

sparger sangue erano pronte, e allora


Che da tal parte dell' irania terra

La sua gente

venia, tutti a l'incontro

prenci su la via remota,


Ma niun fiat di quella schiera, e molta
Gente raccolta inver non era allora.

Vennergli

Grurz nella citt rapido entrava.

Non
E

non ministri

consiglieri,

Lasciando,

ma

sedeano

prenci suoi con lui

Tutti in secreto.
Piriz figlio

in essa

volea deserto un loco,

Come

a Khusrv

sciolse allora
la lingua sua.

F' questi detti: Eroe famoso in guerra,

Chi mai scegliesti

al

grado imperiale.

Di tal serto d'onor che sia ben degno?


Nulla in secreto per l' irania terra

Serberem

noi, cosi facea risposta

Belligero G-urz. Novello sire

Diman

vedrete, qui seduto in trono,

Onor s'acquista
Per scienza il mortai tu, fin che puoi,
Non camminar nell'ignoranza tua.
Parole acconce dice l'uom che ha senno,
Senno quand'egli ha in cor, libero sempre
Sen va dal male. Ma prudenza ancora
Il ben migliore pei mortali, e questa
pur legge del mondo, e questa via
Bello qual nuova luna.
;

Che l'Eterno segn. Nobile impresa


Non ricordi colui con sermon lungo
Ove indegno ei ne sia, ch'egli se stesso

387

Stoltamente per ci d'onta

Anche

Ma

Potea compir.
Il

senno

Pudor

degno,

fa

se altra fiata opere egregie

si

poi

part, poi

che da la mente
che fuggia

dagli occhi, vituperio e gloria,

Nobile orgoglio e assiderato core,

Son cose eguali. Di tal uom che poco


Ha d'uman senso, alcun non teme, e nulla,
Nulla pi vai se vivo egli , se morto
Giace sotterra. Oh! fin che puoi, costume
D'opre egregie

Non

resta

Sia la tua

ti

prendi

In sempiterno

mondo per alcun. Soltanto


norma generoso core,

il

Giustizia e verit sian la tua fede.

Ma Gurz Ferayin come sul capo


Kay si pose il diadema, quante

De'

Cose vennergli in mente ei disse allora.


Se possanza regal, disse, tu eserciti
In alcun tempo e in trono d'or t'assidi
Beato e

Che
Il

lieto,

meglio assai

ti

fia

servir sessant'anni allor che perdesi

paterno tesoro e

la

cervice

Sempre levasi altera. Ecco che ornai


Con regal dignit qui anch'io mi assido,
D'auro e di raso con le vesti. E ancora
Dopo di me seder in trono il figlio,

la

corona imperiale

in fronte

un giorno
padre sar, levando il capo,
Gloria acquistando. Chi per noi si allegra.
Alla sua gente d'ogni dolce brama

Si poser, signor d'Irania

Come

il

Compimento procaccia, e noi frattanto.


Lieti del cor, nel tempo de' banchetti
Berrem del vino e farem segno ai nostri
Colpi in tempo di guerra ogni nemico.
Secretamente allor

cosi gli disse


maggior

Il

Chi mai

figlio

388

padre mio,

di noi

re? Quieto e securo mai

fla

Deh non pensarti

e a radunar tesori

Solo t'adopra. Se del

mondo

sire

una fiata almeno


Opera e fa. Che se qualcun venisse
Della semenza degli antichi regi,
Lunga stagion qui non staresti. In core

Or

diventasti,

Dolor

ti

rimarr, doglia e corruccio,

Pel tuo breve regnar, sarai tu misero

derelitto e pallido a le gote.

Indi gli disse

Che

nel

il

mondo

minor

sei

figlio

Intanto

tu re incoronato,

Di grado imperiai cosa ben degna

Ampio un

uno

tesoro ed

stuol d'armati.

Preso resterai tu dalla rancura

Se tesor non avrai. Fredn


Che Abtn per padre avea,

illustre

in sua casa pria di lui

Ebbe

Col tesoro e

il

valor reggi

Che non nasce giammai

che regi

forse
?

Tu dunque

la terra,

dalla sua

Piacquero

madre

Un uom

gi fatto re.

Ben pi

d'assai queste parole, ed ei

Al maggior

Cose
non far

figlio cos disse:

Stolte e inconsulte,

deh

al

padre

Ma

De' prenci ne' scrittoi pose ufficiali

l'esercito suo tutto alla regia

Dimora sua raccolse e per quel giorno

per

la notte

Don monete

tenebrosa attorno

e dispens suoi doni

molti indegni. In settimane due


Di re Ardeshr nell'inclito tesoro

Cosa pregiata non rimase quanto


D'una freccia la piuma. Ogni fiata

Che

negli orti regali ei discendea.

D'ambra odorosa

rilucenti faci

poi

389

Sol recava con s. D'oro e d'argento


I

vasellami suoi; che s'eran d'oro,

Aspri di

gemme

ei

vedean pur anco.

si

Ottanta eran dinanzi, erano ottanta


Le faci dietro a lui; venan da sezzo,
Fautori suoi,

gli

amici

era di

lui

Gonsiieto costume ad ogni notte


E bevere e cibarsi, e ai prenci tutti

D'odio era piena l'anima sdegnosa


Contro a lui si, che per l'oscura notte
Aggiravasi attorno ad ogni tempo,
Per gU orti e per le piazze ei s'aggirava,

Nulla sapea di cotest'uom si vile


La mente insana fuor che dolci sonni
Sfiorar poltrendo e correre impazzando

E bevere
Ebbro

[lel

e mangiarsi e far rapine.

molto vino

ei si

dormia

di Gina
che sdegno

Costante e avvolta in pannohn

Tenea la fronte. Cosi


Ebbe di lui l'esercito
Piena

di doglia e di

fu

raccolto.

tumulto piena

Fu la sua terra. Ferayn superbo


Non generoso anche mostrossi intanto
E per opere ingiuste ebbesi poi
La sorte irata e il frutto suo disperse;
Danno le genti avean, danno ed offesa,
Per

l'opre sue

non

giuste, e sotto al

pondo

Del grave suo poter fieri lamenti


Aveano e lai. Degl'innocenti il sangue
Versava il tristo, e per n'ebbe sdegno
Alto e implacato la sua gente. Tutto

Gurz avventur, pur che in sua mano


Oro in copia venisse, ei che pot
Vender per le monete il regno ancora.

Ad imprecar

contro costui

le

labbra

Sciolse la gente e disi sua morte;

un appartato

Indi gl'Irani a
Si

390

loco

congregar secretamente ed ebbero

Per

l'opre di

Gurz parole

assai.

Hormuzd Shehrn Gurz molte

in secreto

Parole disse in una notte oscura,


nobile fiore

Ei, d'Istaklir citt

Tra
cavalieri, onde agli irani prenci
Venan gloria ed onor. Famosi eroi,
i

Disse agi' Irani, grave assai divenne

Questo di Ferajn tempo nemico!


Lieve de' prenci tutti egli fa stima

Perch adunque

il

cerbro ed

Pieni

gli

di voi si fean pusilli


il

cor?

occhi per

lui,

Ma
ma

son di lagrime
pien di doglia

il sen di tutti e a l'invadente male


Un sanator non anche in vista. Eppure
Un de' Sassni egli non , semenza
Non

de'

Cinger

Che

Kay. Perch dovremgli innanzi

come

le reni

servi

Certo

cor volava
che nel ventre l'atro fiel svana!
Poi che niuno rest, cosi rispose
L'accolta gente, di regnar ben degno.
Anche per odio non levasi in mente
Ad alcuno il pensier di romper fede
Al malnato signor. Pur, tutti noi
via dal vostro petto

Con teco

ci

accordiam,

il

di'

ci che' sai

Di questa impresa tua, per qual maniera


Si

francheggi per noi l'irania terra

Dall'insano signor, stolto di mente,

Di cui non sono le parole oneste,


giuste l'opre. Deh non sia giammai
Allora
Che per giustizia il lodi alcuno
Lunga
lor
disse:
Shehrn Gurz cos

Non

Stagione inver cotesto degl' Irani


Stato infelice

si

protrae. Se voi


Nulla in danno

Ma

con

me

di

391

me

far vi pensate,

v'adoprerete, quale

Di generosi pur costume,

Per

la forza di

lui,

Dio santo e verace.

Dall'alto trono gitter al suolo.

Questa risposta dagl'Irani egli ebbe:


Deh mai non sia che danno ti raggiunga.
!

Nobile eroe! Qui siam, dell'ampia schiera.

Oggi alleati tuoi. Che se t'incoglie


Mal da ci che farai, rocca e difesa

Qui

ti

Siam

noi.

L'eroe fedele

Come

cotesto intese

a' prischi re, l'assalto

Contro a l'indegno re cercava intento.


Apprestavasi un di l'iranio prence

E per

cacciar dalla cittade uscia.

Seco venia schiera d'Irania, quale


Prence fosse e qual servo. Il palafreno
Incit Ferayn dal loco suo.

In ogni parte, rapido qual fiamma

D'Azergashspe, corse, e

cavalieri

Cerchio attorno gli fean, contro a le belve


Correndo per cacciar. Ma del ritorno
Vr la citt nell'ora, ecco che gli occhi,
Senza timor, Shehrn Gurz tenea
Sull'ignobile re fermi ed intenti.

un dardo con la forte punta


Cercava poi dentro al turcasso e intanto
Il bruno suo destrier dal loco suo
Forte spingea. Guardavalo frattanto

D'acciaio

La schiera degli eroi. Ma quegli al braccio


Recando l'arco suo, talora al petto
Si l'accostava e talora alla fronte,

qual per giuoco una mortai saetta


Alla corda innestava. Allor che a dietro

L'acuta punta ne fu tratta, il pollice


Lev quel prode e la fulminea freccia


Venne improvvisa
Il

392
dell'

dorso a trapassar.

iranio prence

Cadde

la sferza

pugno reggea, ma la volante


Freccia pass fino a le penne sue
Pel sangue e fuor ne usci da l'umbilico

Ch'egli in

La

ferrea punta. Trassero le spade

Subitamente

prenci allora, e tosto

Sali la notte paventosa e tetra

Dall'arenoso campo. Essi le spade


Tutta la notte che segu, vibrarono.

Ne

questi quello discernea. Costui

Ebbesi da colui, quello da questi


E busse e colpi, ed un benedicea.
L'altro imprecava. Come in ciel mostrossi

L'aureo velo de' rai che il sol ricinge


E luci ed ombre ebbe per lui la terra
Qual di pardo maculata spoglia.
Molti pel

Molti

Fra

campo

feriti,

si

lor sdegnosi.

Ampia

si

vedeano

uccisi.

e cavalieri e duci

Ma

l'

disperdea pel

irania schiera

campo

attorno,

Qual si disperde, poi che vide il lupo.


Di pecore codarde un ampio gregge.

Lunga

stagion

Senza monarca

si

rimanean gl'Irani
ne alcun venia

allor,

L'iranio serto a dimandar. D'assai

Gercaron

Niun

figli

de' regnanti prischi,

fu scorto per lor di

III.

sangue

illustre.

La regina Prn-dokht.
(Ed. Cale.

p.

2057-2058).

Bravi allora una fanciulla, il nome


N'era Purn, bench, se donna regna,
Mal camminan le cose. Ella rimasta

393

dell'inclita stirpe

Era soltanto

Dei re Sassni e molte carte avea


D'antichi re gi lette. I prenci irani
Lei collocar sul trono imperiale

E gemme

le gittr

Purn-dokht

Non

voglio

il

plaudendo

al piede.

sperdere

cosi disse: Intorno

popol mio. Colui ch' misero.

Ricco far del mio tesoro, ond'ei

rimanga alla distretta. Oh in terra


Dolente alcun non sia, che a me periglio
rei nemici
Viene dal suo dolor. Ma
Lungi si mander da questa terra,
Quale norma dei re via seguitando.
Di Pirz di Khusrv indizio intanto
Ella cercava ed un verace indizio

Non

si

Uno straniero le
Come ne giunse

rec. Novella

a Purn-dokht, assai

Ella trascelse nobili guerrieri

Da
Le

l'esercito suo.

Come

poi tratto

fu innanzi Pirz, cosi ella disse


Malvagio capo, o d'indole perversa,
:

Or si dell'opra che tu festi, degna


Ricompensa t'avrai, quale si spetta

Ad uom codardo

e vii! Dell'opre tue

Abbiti pena, qual s'addice a tale

Di cui fortuna umili la fronte.

Un

giovane puledro, anche non atto

portar

sella, da'

presepi suoi

Ella cercava e sul puledro il tristo,


Senza la sella, avvincere ella fea

Con fermi
Aspro

nodi, gittatogli in pria

al collo

Signora omai
Della palestra

un
di
il

capestro. Allor costei,

sua vendetta, al piano

giovane destriero.

Inesperto di sella e al correr presto.


F' addur subitamente e cavalieri

394

quel piano invi, con lacci attorno


culmo di lor selle. Ei videro

All'alto

In qual foggia traea quell'infelice

Qua

e l impazzando

Come ad

il

rapido puledro,

or l'avventasse, indi s stesso

G-i rovesciasse al suol. Plausi

Levavansi

al destrier

dattorno

furente ornai.

Fin che a Pirz caddero a brani a brani


Le carni tutte lacerate e il sangue
A poco a poco ne still; rendea

Lo spirto alfn miseramente il tristo.


Deh! perch mai ricerchi tu giustizia
Da opera ingiusta? Veramente solo
il male al male oprar giusto compenso,

a chi giustizia fa, ci far si addice.


Resse la terra con amor, con fede,
Regina Purn-dokht, n su la terra
Balz dall'alto ciel vento importuno.
Ma poich trascorrean di suo regnare
Sole sei lune, di sua sorte a un tratto

Volser le seste tortuose. G-iacque


Egra per sette giorni e si moria.

Portando seco il nome suo preclaro.


Questo costume del rotante cielo,
In ogni opera sua forte e possente.
Mentre slam noi tapini. Oh che ti vale
Se misero sei tu, se grande e ricco.
Se breve o lungo il viver tuo, se pago
il tuo deso per ci che brami, o tristo
Vai tu per tal deso che non si compie?
!

Sia che tesori tu possegga, sia

Che

faticando viva, in sempiterno

Mai non

Non
Anni

il

di

fla

che rimanga

tuo faticar.

il

tuo tesoro,

Che valgon cento

regno o mille ancor, che valgono

Sessanta o trenta o dieci o quattro? Allora

395

a terminar s'affretta.
Cose pari son queste, anni aver molti,
Anni aver pochi. Sol ti siano amiche
L'opre elette che fai questo ti basti,

Che

vital giorno

Ch'elle

ti

sono aiutatrici in ogni

Loco, per sempre.

La caduca

vita

Lascia libera andar dal poter tuo,


Che altro loco ti attende assai di questo

Pi ricco

di valor.

Che

se t'accingi

Cose egregie a imparar, per sapienza


Spaziar potrai tu per l'alto cielo.

IV.

La regina Azermi-dokht.
(Ed. Cale. p. 2058-2059J.

Altra fanciulla eravi allor che

nome

avea. Deso della corona


Della grandezza imperiai la prese,
Ed ella venne e de' regnanti prischi

Azrm

Si assise al loco e

govern

la terra.

Diss'ella in pria: Saggi d'Irania, esperti

In tutte cose di quaggi, possenti

Che molto

opraste, a giustizia conformi

Sian vostre imprese, che una pietra nuda


Farete un d vostro guancial sotterra.

mi sar, qual madre


veramente, e porgergli

chi propizio

Io sar

Valida aita di monete e ancora.


Se fia ch'ei pecchi, pazienza lunga

Avr per

lui.

Ma

se la legge

Alcuno infrange, se da

norma

mia
o via

Ch' di ragion, sen va lontano, a un legno


Appendere io faronne il tristo corpo
In turpe guisa, cavalier di Grecia
d'Arabia egli

sia,

o borgomastro.

396

Cos per quattro mesi ella sul trono


Rimase, e al quinto rapida sorvenne
Rovina all'alto loco suo. Mora

Azrm ancora
D'Irania

e senza prence

restava, alla

si

Abbandonato

de'

trono

il

mercede

nemici suoi.

Queste son l'opre del rotante cielo,


Odio egli porta a chi nutriva un giorno.

V.

Il

re Farrukhzd.

(Ed. Cale. p. 2059-2060).

Da Gihrm Farrukhzd chiamava

allora

Disiosa la gente e su quel trono

Imperiale

il

fea seder. Sull'alto

Seggio dei re com'egli fu seduto,

Con alma integra benedisse a Dio,


Del mondo creator. Figlio mi sono.
Disse, de' prischi re d'Irania bella.

altro in terra cercomi bramoso


Fuor che de' miei la sicurezza. Tale
Che danno va quaggi d'altri cercando.
Fin che prence sar, non fa che mai
Grande divenga. Ma chi cerca e brama
"Verit nel suo cor n induce mai
Mancamento o difetto in sua giustizia,
Come l'anima mia caro e gradito
Da me terrassi, ch'io non vo' che offesa
Abbia chi offesa non arreca ad altri.

Ned

Chi travaglio o fatica avr per


Al faticar premio s'avr da noi

noi.

Ampio tesoro. Ma gli amici nostri


Farem segno d'onor, ma prenci tutti
Faremo illustri in ogni loco, e sempre
i


Pia securo di

me

397

chi sta soggetto

Al mio potere, avverso o amico


L'esercito de' prodi

Di conserto per lui

alti

f'

La terra e

Orbi giammai non sian di

Ma

ratto

si

volgea

Un mese appena
Di sua fortuna

te,

sia.

il

fato

signore!

di lui sul

in ciel,

ei

voti

quando

trono
l'altezza

al suol precipitava.

Leggiadro qual cipresso agile e snello


suo paggio egli avea, bello, aitante
Ed avvenente. Siyah-cishm il nome
Era del paggio che virt non ebbe

Un

(Deh

mai non

Pari a

lui,

sia

che

il

qui ci meni

ciel

rotante un altro^

ed egli in core

!),

D'un' ancella si f' perduto amante


Ratto che all'improvviso ella ad un giorno
Dinanzi gli pass. Mand un messaggio
Alla fanciulla e disse:

Venga ad un

Ove tu meco

loco separato, assai

Ricchezze avrai da me senza confine;


10 la corona t'orner di gemme.
Ud l'ancella, ne gli die risposta,
Ma ricord la cosa trista e rea

Appo re Farrukhzd. L'iranio prence,


Tosto che intese, pien di cruccio e d'ira
Fu nell'anima sua, per l'aspra doglia

Sonno e cibo non prese,

pie costrinse

Siyah-cishm in ferrei ceppi e loco


All'uom tristo assegn l'oscuro carcere.
Poi che alcun tempo corse per costui,
Vile ed abietto, cui di ceppi carco
11

giusto prence avea, que' gravi ceppi

Tolsegli a

un

tratto

Poi che molti per

il

nobile signore,

lui gl'intercessori

Vennero a supplicar. Torn


Del re

a'

colui

servigi un'altra volta allora,


Ma

per

Tempo

lui

398

s'accorci del viver dolce

al nobil signor.

Per sua vendetta

Contro a l'iranio sire acconcio loco


E si cercava, ei servo da' consigli
Perfidi e rei, d'opre malvage autore

E un

che alcuna parte di riposo


Farrukhzd si prendea, mischi per lui
Siyah-cishm il velen nel puro vino,
E quei ne bevve e sette giorni ancora
Visse languente. Chi l'acerbo fato
d

Ud narrarne, lagrim per

lui.

Cosi giugnea l'antico regno al fine

E d'ogni parte si mostrar nemici


Subitamente. De' Sassni il trono
Precipitava ornai per l'opre stolte,
Per

l'opre triste degl'irani prenci.

Questo costume del mutevol fato,


ben farai se d'esso alcuna parte

E
Non

avrai tu. Quello che hai qui,

ti

godi,

dimane non pensar, che forse


Altro consiglio avr diman la sorte.
Ella a te prender dando ad altrui,
E veramente instabil cosa il mondo
Alla

chiamerai, poi ch'egli fugge e mutasi.


Quello che hai qui, ti godi adunque e dona

Tu

Di ci che avanza, le raccolte cose


faticar mai non lasciando

Con lungo

Al nemico in

Che

bala,

che ad ogni giorno

di te passi, l'accolta

dovizia

Passer come nembo alla pianura


Veracemente, e ci che sta rinchiuso
In tuo regio tesor, fi a che divenga
Del tuo nemico in potest. Fa doni.

Fa doni adunque, perch

poi

non

Altrove nel dolor l'anima tua!

resti

4.

I.

re Yezdeghird.

Il

regno

Pi'incipio del
(Ed,

di

Yezdeghird.

Cale. p. 2060-2061).

Fu prence Yezdeghird,

poi

che

si

giacque

Estinto Farrukhzd, nel giorno lieto

D'Ird, nella luna che la gente

chiama

Sifendarmdh. Che disse mai quel grande,


Animoso, eloquente, ei che gi stanco
Del tramutar parea della fortuna?
Deh! non m'avesse mai dato alla luce,
Disse, la madre, n su me si fosse
Volto mai questo cielo
Lungamente non dura

alto e sublime!
pe' mortali

il

di,

lungo non dura

Di lor grandezza

la

giornata! Dura,

Della distretta

Se ben tu vedi, brevissimo istante


Il viver nostro, e niuno ha l'armi seco
Il fato a contrastar. Bevi tu adunque
Ai colmi nappi e imbandisci le mense,
N fa parola del dolor che ovunque
Alberga in terra. Se qual servo umile
Anche potesse la mutevol sorte
Acconciarti la sella al palafreno.

Saria pur sempre nel sepolcro alfine

Fredda una pietra

Anche

se

ti

il

tuo guancial. Di genti

farai prence sovrano,

400

Al fine che sar? Se al tuo principio


Hai regal seggio, al terminar de' giorni
Che t'avrai poi ? Non render schiavo adunque
Il

tuo core al dolor pel viver breve,


ti dir di questo cielo

Securo non

Alto e sublime.

Fa

Che

se tristo gioco

la sorte a' leoni, agli elefanti.

Sappi ch'ella ci

fa

perch

di nulla

Veracemente ell'ha rancura in terra.


Estinto un di sarai, mentr'ella ancora
Fia che perduri. Lunga istoria questa.
Ne te stesso mai devi a intempestiva
Gioia fidarti. Non sei tu maggiore
Di principe Fredn, pari non sei
A re Pervz che avea corona e trono,
Come a Gemshid non sono obbedienti
Al tuo comando i tristi Devi, e l'alma
Sicura in Dio non hai come gi l'ebbe
Kvus regnante. Con profondo sguardo
Mira tu intanto ci che feano i sette
Cieli sublimi a Yezdeghird in terra!

Come

sul trono imperiai

Lieto e giocondo e

si

si

assise

pos sul capo

Di sua grandezza la corona, ei disse


Per volgere che fea questa del cielo
:

Rotante

sfera, qui

son

io legittimo

Figlio di Nushirvn. Di padre in

Venne a me

padre

regno, e m' propizio il sole


De' freddi Pesci e dell'ardente Spiga
Con le fulgide stelle. Anche mi cerco
il

Grandezza in terra e sapienza ed opre


D'ira e di guerra e generosi e grandi
Gli atti miei, che non resta la fortuna
Sempre amica al mortai, non resta il giorno,.

Non
Non

il

tesori suoi restano incolumi,


^

suo trono o

il

regal serto. Sola


Resta eterna

Non

il

401

di noi la

fama

in terra,

nostro desio. Lungi tu adunque

Scaccia da te

Fa grande

le stolte

nome

il

Vive eterno

brame, e solo

tuo. Sol per suo

nome

mortai, mentre sotterra

il

Sta la sua fredda spoglia.

Oh quanto
!

bella

Religion con integra giustizia


In re sovrano

Piene son

Al nome suo tutte

Or

io

qui fermo

le et

sto,

di lodi

venture

perch, alla vita

Fin che rimanga questo corpo mio,


L'ime radici d'ogni male in terra
Strappi e divelga con gagliarda mano.
I

mondo

prenci l'acclamar, sire del

disser anco, e in questa via, trascorsi

Il

Fin che furon per lui due volte in cielo


Ott'anni, e luna e sol propizi a lui
Su quel capo regal compiean lor giri.

II.

Invasione di Saad

figlio di

Vakks.

(Ed. Cale. p. 2061-2065).

Avvenne

poi che

il

duce degli Arabi,

Di cui pel ferro intenebrava

il

giorno

Qual atra notte, Omar, principe e sire


Di chi ha f nel Profeta, egli, che lode
Ebbe da Dio che non ha pari in cielo,
D'eroi con

un drappel mand

l'eletto

Saad figliuol di Vakks, perch intimasse


Guerra all'iranio prence. Allor che vinse
Degli Arabi la sorte quella un tempo
Sorte lieta de' Persi e intenebrossi
L'astro propizio de' Sassni, colma

Di questi re dell'ampia terra a un tratto


FiRDUsi, Vili.

25


Fu

la

402

misura, sparve l'oro e attorno

monete andar. Tristo divenne


Ci che buono era un di, buono divenne
Vili

Ci ch'era

tristo,

D'un paradiso
Subitamente fu

Fu

e dell'inferno schiusa,

di delizie in loco.

Diversa

la via.

nell'aspetto la rotante volta

Di questo

ciel,

che

Tolse d'un tratto.

a'

Persi l'amor suo

Ma

conforme a legge

Di Dio, fattor dell' universo, d'uopo

Che operi il servo. Gi non ha fermezza


Di contro all'ira sua tapino il servo.

Che

di

Iddio sol gli don spirto immortale

bellezza gli adorn la fronte.

Re Yezdeghird come
Ebbe

di ci novella

scienza, da ogni parte attorno

Eserciti raccolse e

f'

precetto

Che percorresse la lontana via


D'Hormzd il figlio e le adunate squadre
Seco traesse. Rstem di costui
Era

l'inclito

nome. Accorto

era

egli

sapiente e valoroso e prence,

Gonoscitor degli astri e di gran senno


Ricco pur anco, intento alle parole
De' sacerdoti. Venne allora e seco
Tutti condusse que' prestanti in guerra.

Condusse ognun ch'era vigile e prode.


Per questa via poi che mutate in cielo

Fr

trenta lune, fu cercato al

Di Kadsia
Il

l'

assalto.

Oh ma
!

computo sapea Rstem

campo

degli astri

allora.

Egli con fede e con giustizia attento

Degli astri indagator. Propizia a noi

Questa pugna non vien, diss'ei pensando,


Non per quest'alvo di riviera il corso
Del regal fiume.
Un astrolabio intanto


In

man

si

403

comput

tolse e

le stelle

crucciossi nel cor, della sventura

Per

il

giorno vicino. Indi una epistola

Dettando

Le cose
In pria

suo nel suo dolore,

al fratel

tutte ricordando, a Dio


f' lodi,

che da Lui pur sempre

Ei della sorte e la grazia e l'offesa

Riconoscea. Cosi, scrivendo,


Sospettoso

si

Di questo ciel chi

li

ei disse:

mutamenti

fa pei

ricerca, ed io

Son l'uom pi reo di nostra etade, omai


Gaptivo d'Ahrimn. Che veramente
Questa famiglia de' Sassni prenci
Orba sen va del regno suo, n tempo

questo di splendor, non di vittoria.


Dal quarto cielo a noi riguarda il Sole
Di rissarsi co' principi bramoso,

Da Venere

e da Marte alto periglio

noi s'annunzia, n quest'alto cielo

dato superar. Congiunti sono


E Mercurio e Saturno e l tra

Gemini

Mercurio alberga. Tal del cielo adunque


l'aspetto, e ben grave innanzi a noi
Si sta l'impresa.

Oh! di sua dolce


Veggo le cose

vita

sazio questo cor!

Che avvenir dnno, e per scelsi in pace


Tacendo rimaner. Quando fui conscio
D'esto arcano del cielo, onde mia sorte
Sar soltanto di fatica e duolo.
Miseramente per gl'Irani io piansi

E pe' Sassni mi crucciai del core.


Oh sciagurati la corona e il capo
E il grado eccelso di monarca e il trono!
Oh sciagurata la grandezza e quella
!

la sua sorte,
verr dagli Arabi

Di prence maest con

Che

d'ora innanzi

ci

404

Fonda rottura e non volgonsi gli astri


Fuor che a danno di noi Quattrocent'ann
!

Trascorreran dopo cotesto, e ninno


Della semenza imperiai di sue
Orme la terra segner Ma intanto
!

Dagli Arabi a

me venne un

messaggiero,

D'ogni maniera andar parole innanzi

Ai prodi accolti. Da Kadsia, il messo


Degli Arabi dicea, fino a le sponde
Alte del fiume lasciererii la terra
All'iranio signor, purch dischiuso
Dopo cotesto un sentiero ne sia
Fino a citt che abbia a mercarvi loco.
Ove dato ne sia far compre nostre
E vendite cercar. Cosa maggiore
Non chiederem di ci pi mai. Gravosi

Darem

tributi e ricche offerte, e quella

Regia corona de' gagliardi mai


Non brameremo. Obbedirem fedeli
Al re dei re d'Irania vostra e ancora,
Ov'ei
Questi

li
i

darem

chiegga,
lor detti,

nostri ostaggi .

ma non

dobbiam

cotesto

che

tortiiosa
Ci che
Discende all'opre sue solo per noi

far

La

sorte avara.

noi,

Anche sar una pugna

In ogni tempo, in che saranno uccisi

Cento leoni generosi. 1 grandi


Che son con meco a la battaglia accinti,
Al favellar de' rei nemici ancora
Non degnano guardar, Gulby che nato

nel Tabaristn, Erraeni ardito,

che d'Ahrimne entro l'assalto


Recan l'ira e la foga, e Mah}^ forte

Essi,

Di Surn e que' principi gagliardi

Che han mazze

e clave ponderose.

Ei van dicendo, e quali son cotesti.

quali,


Superbi e

del

alteri,

405

ed a che son

Maznd per

le citt?

d'

Ma

Irania

noi

Cotesto violar l'alte frontiere,

Questo occupar

le vie, se mal, se bene,

Farem cessar con le possenti clave


E i ferri acuti. Arte porremo in questo
E in atto recherem quella di noi
Celebrata virt. Farem la terra
All'arabo invasor tetra ed angusta

Ma, del rotante


I

niun veramente

ciel

secreti conosce, e assai diversa

ci volge la fronte. Allor che letta


Questa epistola avrai, tu co' tuoi prenci

Ei

Ogni cosa raduna e

l'esercito

la disponi

adduci e

paterna

la

Dovizia, quanta ell', tutta raccogli.

Con le ancelle
Pompose della

gli

schiavi e con le vesti

pace. Ogni tua cosa

D'Azerabadagn reca

alla terra,

Alla patria de' forti e de' gagliardi.

Ancor, quante avrai tu

di

Raccolte raandre, tutte

a'

palafreni

guardiani

Affiderai degl'incliti tesori

E dove schiera alcuna


venga o di Zabl, se alcuno
Verr cercando sua salvezza, tutti

D'Azergashspe.
D' Irania

Tu

raccogli e sostieni e

Fa

in loro di destar

amor

nel core

con dolci e umili

Parole tue. Del roteante cielo


Mira all'opere arcane; e sol per esso
Qui contenti siam noi e di sgomento

Piena l'anima abbiam, talor salendo,


Talor scendendo. Ci che dissi intanto,
A nostra madre tu dirai, che ancora

non rivedr questo mio volto.


Deh! tu le reca un mio saluto e molti

Ella


Ammonimenti

406

miei, perch'ella in terra

Che se qualcuno
che novelle apporti,
Molto di ci non ti doler. Deh! pensa
Che qual raccoglie in questa vita breve
Con fatica di mano ampi tesori,
non

Infelice

sia

me

Triste di

fia

mondo aspro

Dai tesori del

travaglio

Soltanto aduna, e che di sua fatica


Altri

frutto godr.

il

Se per crescer che


Il

Deh che
!

tuo molto crucciarti e

Il

tuo bisogno?

Ma

fai,

il

mai dunque

tuo deso,

mai non

si

scema

tu sempre l'alma

Volgi l'Eterno a venerar, sciogliendo

Libero
Vita

di

questa

breve, che gi viene e incalza

tempo, n l'iranio sire

fatai

Il

core dall'amor

il

D'oggi in avanti mi vedr pi mai.

Or

tu,

con quanti son

Vecchi

ei

Dio fa

di

nostra casa.

siano o garzoni, ad ogni tempo


lodi,

venera l'eterno

Di questa terra Creator, ch'io sono

Con l'esercito mio alla distretta,


Sono in corruccio ed in travaglio e
Di fortuna scompiglio. Al
Io

in

grave

fin dell'opra

scampo non avr; deh! almen propizia

Sia la fortuna al dolce suol d'Irania!

Ma quando

angusta

All'iranio signor, tu

L'anima

si

far la terra

tuoi tesori.

tua, la tua persona, cari

Al cor tuo non aver, che di quell'inclita


Preclara stirpe di regnanti ninno

Rimase a noi fuor che

cotesto sire

Nobile e grande. Notte e di tu a lui


Custode sii, mentr'io qui attendo all'opra
Contro all'arabo stuol. Lento nell'opra

Per travaglio che

avrai,

deh

non mostrarti,


Che

solo

407

Yezdeghrd restaci

in terra

Proteggitor sovrano. Ei de' Sassni

Rimase erede,

ei sol,

n d'ora innanzi
misero

Della sua casa alcun vedrassi. Ahi

Quel capo augusto e quella sua corona.


Quell'amor suo, quella giustizia sua,
Che il trono imperiai perdesi omai!

Ma
E

tu, fratello

un saluto
Rimani
tuo re. Che se g' incoglie

mio, t'abbi

vivi sciolto dal dolor.

Sempre innanzi

al

Qualche gran danno, tu dinanzi a lui


Alle spade nemiche il capo tuo
Ratto abbandona e lascia ogni dir vano.
Ma quando incontro al soglio iranio quella
Cattedra si vedr de' Mussulmani,
D'Abu-bekr e d'Omar quando dall'alto
Si grideranno i nomi, il lungo nostro

diuturno faticar disperso

Andranno

al vento. Stassi la

rovina

non trono
non d'Irania

All'altezza dinanzi; e allor

Tu

vedrai, non corona e

Le

citt belle,

che fortuna

agli

Tutto cotesto diede in sorte.

Ad

Arabi
ogni

Passar d'un giorno all'altro, egli per molte


Ricchezze accolte non avran travaglio,

E nere

vesti

una

lor schiera intanto

Si vestir, porrassi attorno al

Di pannicelli un'infula.

capo

quel tempo

Non regal trono rester, non serto.


Non calzari dorati e non corona,
Non gemme, non vessil che alto per

l'etra

Sventoli sovra noi. Questi fatica

Avrassi in terra e quei godr, ne alcuno


Fia che riguardi a grazia od a giustizia,
officio, ma verr la notte
con occhi ardenti a chi si giace

De' regi

tal

408

Queto e nascosto fia cagion di pianto,


Altri sar che notte e di s'affretti,
Cinto dell'armi sue, con la celata
Intorno al capo, ed ambo da le giuste
Leggi e da norme andranno lunge, soli
Restando onrati la menzogna e il falso
E il malvagio operar. Pedone in guerra
Ogni guerrier discender, che biasmi
Avranno e contumelie i cavalieri,
E de' campi il cultor, ben che pugnace,
Spregiato andr. Davver che alto lignaggio
E grandezza di cor non daran frutto!
!

Ma

questi a quello e quello a questi intanto

Furer, n
Benedizion

fia allor

dall'

che

altri distingua

imprecar. Peggiore

Del manifesto ogn' intimo pensiero,


E fia qual pietra, o qual selce montana,
11 cor dell' uom. Di contro al figlio suo

Nemico

si

far l'antico padre

contro al genitor perfide trame


Ordir il figlio. Servo abietto e vile

Monarca

si

far,

che non avranno

Alto lignaggio e d'animo grandezza


Valore all'uopo. E ninno avr in suo core

Fede quaggi,

d'arti

malvage e ree

L'alma e la lingua de' mortali in terra


Piene saranno. Mescolata stirpe
D'Arabi allor, d'Irani e di Turani,
Sorger in mezzo a noi, ne qui saranno
Persi fra lor dagli Arabi divisi
da' Turani, e la mista favella

Giuoco inetto parr. Di sotto ai lembi


Della sua veste avidamente ognuno
Suo tesor celer ma, faticando,
;

Di sua fatica

il

sospirato frutto

Al suo nemico lascier dipoi.

409

Alto corruccio e scompiglio e dolore

Tanto saranno allor comuni in terra,


Quanto di Behram-gr ne' tempi gai
Era la gioia. Non saranno feste
Allor, non gioia, non tripudi allora,
Non gemme, non onor; ma con gran cura
Altri d'ogni maniera un tristo laccio
All'altro apprester. Per trarne frutto
Altri ordir danno d'altrui, pretesto
Recando innanzi la sua f. N allora
Dal tristo inverno scernere la gaia

Primavera

potrassi, e

il

Nell'ora del goder non

dolce vino

che pongasi
Sovra la mensa. Per deso del molto.
D'avanzar per deso, gi non avranno
Senno i malvagi, e d'orzo un tristo pane
Sar lor cibo e vestimenti attorno
Di lana avranno. Poi che lungo tempo
Trascorso

fia della

fia

dolente istoria,

A' nobili di Persia umiliati

Nessuno guarder. Sangue per brama


Di ricchezze d'altrui fia che si versi,

ordito fia della sventura

Pieno
Pallido

il

sospiroso

Sar

volto mio, secche le fauci


il

labbro. Allor eh' io tolto

mezzo,

di

tempo.

il

di doglia questo cor frattanto,

io

principe guerriero.

De' re Sassni torbida d'un tratto

La

sorte

si

far. Cos

mancava

Alla sua f questo rotante cielo.


Cos crucciossi contro a noi, da noi

Togliendo l'amor suo. Che s'io spingessi


Quest'asta mia di ferro contro a un monte,
Il

ferreo

Che

la

monte

ferree

ella passar dovria.

membra

vanto.

Or

sua punta che trapassa

il

la

mia freccia

ferro,

410

Contro a capo eh' ignudo, ecco! non recano


Giovamento al colpir. La spada mia

Che gi degli elefanti e de' leoni


La cervice abbattea, morti stendeali
Con un sol colpo, or non potr la cute
Degli Arabi scalfir. Deh che mi giunge
Per la scienza mia danno su danno!
Questo saper deh non avessi, ovvero
!

Non

avess'io di prossima sventura

Tal conoscenza I principi che vennero


Da Kadsia con me, son fieri ed aspri,
!

Dell'arabo invasor nemici in core,

E credon
Nemico

che piena andr di sangue


che la terra

si

la foresta e

Sar quale

Ma

Conoscenza

Gihn

il

pei tristi rivi.

de' secreti di quest'alto cielo

il

ei

non hanno, e che non breve

nostro faticar, non veggon chiaro.

Quando trapassa d'un' antica


tempo lieto, qual discende

Il

Da

stirpe

frutto

contrasti dell'armi e da fatiche?

Ma
Di

lieta

ed aitante

te, fratello, sia

D'Irania bella

il

la

Per

cor

persona

te del sire

s'allieti intanto,

Che Kadsia mi

fia

del

mi

fia

mortuaria veste

Il

loco omai,

mio sepolcro

La mia corazza ed elmo atri di sangue


Rappresi grumi. Tal dell'alto cielo
il secreto voler, ma tu il tuo core

duol che avrai per me, non far captivo.

Gli occhi tuoi

Ma
Il

non levar dal re

del

mondo.

nell'assalto donagli in riscatto

corpo tuo. Gi vengon d'Ahriraane

Rapidi

giorni,

che nemico a noi

Mostrasi questo ciel che alto


Poi che

il

si

volge.

suggello fu a quel foglio apposto.

411

Benedizion, sclam, vada congiunta


A.1 solerte corrier che al mio fratello
Recher questo foglio e sol di cose
Che s'addicono a ci, fia che gli parli

III.

Rustem

Lettera di
(Ed.

Cale.

p.

a Saad.

2066-2069).

Rapido allora come tuono o folgore


messaggier dal loco suo mandava

Un

Rstem a Saad. Fu

scritta in bianca seta

Un'epistola acconcia, e piena ell'era


Di parole di

speme e

Alla rubrica

Di Horrazd sovrano,

Duce

di

terrore.

leggea: Dal

si

Rstem

figlio

battagliero,

d'Irania, questo foglio vassi

Saad

figlio

Di sapienza e

a Vakks, di pugne amante,


di consigli ricco,

Cauto nell'opre sue.

Rstem dicea

Ma

cotesto:

nell'epistola

Or senza tema,

Senza sgomento, innanzi a Dio verace


E santo non dobbiam tenerci noi,
Che sol per Lui si regge e si mantiene
Il ciel rotante ed Ei concede il regno
E fa giustizia e porta amor. Da Lui
Scenda benedizion sovra l'iranio
Principe in terra che di serto degno.
Di suggello regal,

di

regal trono,

Qual raffrena Ahrimne entro

Per

la

a' suoi

vincoli

sua regia maest, signore

Di spada e laccio e di cimiero. Intanto


Venuta innanzi a noi cosa non grata,
Futile guerra e vano intento! Dimmi,

Dimmi

tu chi

il

tuo re, qual

uom

tu sei,

412

Qual la tua legge e il tuo costume, e presso,


Presso a chi tu domandi esto dominio
E colai signoria, d'ignuda gente
Tu ignudo condottier. D'un solo pane
Ti sazi tu,
Elefanti

ma fame

non

hai,

hai sempre, e teco

non regal

seggio,

Non carchi o suppellettili. Ti basti


Campar la vita in suol d' Irania il
E il suggello regal son veramente
;

serto

Retaggio di cotal che ha diadema


E trono e maest, vanta elefanti,
E nobile signor per ordin giusto
D'antichi padri. Non re sul trono
Pari all'altezza sua, non pel cielo
Candida luna dall'aspetto suo;

Ed ogni

volta ch'ei sorride in trono.

Sciolte le labbra, e de' suoi denti mostra

bianco argento, fa suoi doni attorno


Che valgon s quanto la testa altera
Il

Di questi Arabi
Per quanti doni
Dodicimila

tuoi,

cani e

Ed i segugi che
Han lor sonagli

che i suoi
non han

ei fa,
i

tesori,

iattura.

falchi suoi

dorati al collo
e portano orecchini;

d'un anno pel corso i cavalieri


De' tuoi deserti, armati d'asta, tanto

Non osano mangiar da questo a quello


Ampio confine, quanto a lui fa d'uopo
Per sostentar suoi cani e suoi segugi,
Quali ne' campi le inseguite belve
Prendono al corso. Ma per bever latte
Di vetuste cammello e cibar carni
vili, a cotal punto
Giunse l'ardir di questi Arabi tuoi.
Che osano ambir di Persia il trono. Oh! spregio

Di lucertole

Abbiasi questo ciel se tanto ei soffre!

413

Davver! che non dentro agli occhi vostri


vergogna o pudor, non rispetto,
Amore in voi non che da saggezza
Procreasi in cor, se a te desio sorvenne
Del trono imperiai, del regal serto.

Con

tal

vampo

del cor, con questa tua

Indole abietta e questo volto

In terra

Se tu cerchi poter dentro a misura.


Se le parole tue non per insano
Deso gittando vai, saggio, eloquente

Mandami un uom

de' tuoi,

mandami

tale

Di cose esperto e sapiente e prode.

Per
Il

ch'ei dichiari a

me

quale pur sempre

tuo consiglio e chi cos

ti

spinge

Verso il trono de' Kay. Un cavaliero


Al prence iranio invier frattanto
E chieder da lui perch tu chiegga
Ci che pi vuoi. Ma tu con tal sovrano
La guerra non cercar, che onta e dispregio
Al fin te ne verr. Nipote il nostro
Almo signor di Nushirvn monarca.
Per cui giustizia a giovinezza assorgere
Ogni pi vecchio parve. E re fr tutti
1 padri suoi, prence egli pur, n l'ampio
Della terra dominio hassi un erede

Che

gli sia pari.

Piena

Non

la

ftir

Deh non
!

far tu

adunque

terra contro a te di biasmo,


te stesso alle tue stesse leggi

Primo nemico, guarda a questa mia.


Che ti consiglia, epistola prudente.
Gli occhi e gli orecchi non frenar del senno.
Sottoposto al suggello

Pirz, di

il

Shapr nobile

foglio suo,
figlio,

Rstem il porse, e l' inclito guerriero


Da Saad figlio a Vakks correndo venne
Con alquanti d'Irania eroi famosi,

414

D'alma serena. Chiusi eran

cotesti

Nell'or, nel ferro e nell'argento, e scudi

Avean

dorati ed auree le cinture.


Saad valoroso, poi che ud cotesto,
Vennegli incontro con un ampio esercito
Come nembo improvviso. 11 fiero duce

Balz

di sella in quell'istante e chiese

Novelle
Di

de

le falangi iranie,

Rstem prence

e dell' iranio sire,

De' suoi ministri e di sue schiere, ancora

De' prenci suoi di vigil cor, di quella

Ampia sua

terra. Di Pirz allora


Ai pie gittando un suo mantello, ei disse
Sempre con noi le spade nostre e l'aste
Ahbiam, che di broccati e di tappeti
L'uom che ha valor, non parla mai, non parla
:

D'oro e d'argento, non di cibi mai.

Non

di placidi sonni. In voi l'intento,

No, del valor non

Avete

E fragranze
Solo

si

che,

come donne.

fregi e dipinture attorno

odorose.

Il

vostro pregio

sta nell'apprestar broccati.

Nel pingere ed ornar

soffitti

e porte.

Porgeagli allor l'epistola del duce

Pirz guerriero e tutte ripetea


Di Rstem le parole, e Saad que' detti
Ascoltavasi ancora e il foglio ancora

Leggendo

si

stupa per quella grave

Epistola pehlvica.

In arabica lingua

Ma
una

tosto

risposta

Ei scrisse e cose vi spieg ben molte.

Oneste e ree. Dell'epistola


Scrisse

il

Apostolo

nome
di Lui,

di Dio, di

al

sommo

Maometto

guida a ogni vero,

favell de' Geni erranti e ancora

De' mortali, e ridisse le parole

415

Del profeta d'Hashm. Ricordo

ei fece

D'unit ch' di Dio, del suo Corano,


Delle promesse sue, di sue minacce.
Dello sgomento ch'Egli infonde in core,

Di sua legge novella, e della eterna

Vampa del
E del gelo

fuoco e della pece ardente


d' inferno. Il

paradiso

Ricord co' ruscelli di dolcissimo


Vino e di latte, dell'intatto muschio,
Della canfora eletta e delle chiare
Acque di fonte e degli alberi ancora
De' suoi giardini, del gagliardo vino,

Del miei soave.

Che

se

il

re d'Irania,

Disse, la nostra f ch' vera, accoglie.

Questa vita e l'eterna avr con gioia


E avrassi il regno suo. La sua corona
Ei si terr con gli orecchini suoi.

Vivr beato

co' suoi molti doni

In tutti gli anni. Intercessor di sue

Commesse colpe Maometto avrassi,


E puro il corpo avr come la pura
Acqua che il saggio distill. Per opra
Di cui per ricompensa un giorno avrai
paradiso, non dobbiam le spine
Seminar pel giardin della sventura.
Re Yezdeghrd e l'ampio regno suo
Il

suoi giardini e le palestre e l'alte

Torri e

palagi col suo trono ancora

E col suo serto, con le feste sue


E suoi tripudi, tanto a riguardarsi
Non valgon gi quanto un capei di donna
Dagli occhi neri in paradiso. E tu,
i

Iranio prence, tieni a questa vita

Breve e caduca intenti gli occhi, tanto


Per la corona tua, pel tuo tesoro.
Attonito tu sei. Soverchiamente

416

Per questo seggio tuo

di

bianco avorio

securo e pei tesori ancora,


Pel tuo suggello e per la tua fortuna
E il diadema. Che se tanto vale
Il mondo a noi quanto pur d'onda fresca
Ti

fai

Un

breve

A me

che per esso

sorso, a

il

core

nel dolor? Chi viene in guerra

Immerso bai

di contro,

non vedr

dipoi

l'inferno e la sua

Gbe dischiuso

tetra e angusta.

Il

paradiso

Ma

s'ei

crede,

tomba
un giorno

suo loco, e tu

fa

Vedi e pensa che sia quel che or ti giunge


Nuovo consiglio! Eternamente dura
Di l la vita e questa passa in breve,
E l'uom che ha senno, ci ripensa e dice.
Degli Arabi

ripet di

il

suggel pose alle carte

Maometto

il

vero

Un

messaggier ne andava allora


Di Saad figlio a Vakks, con fiero incesso
Da Rstem battaglier forte correndo.

Saluto.

Shbah Moghyrah

che andava

fu colui

Degli arabi guerrieri appo l'iranio


Principe, Rstem, e un uom chiaro in armi

per l'ampio calle


cosi disse Venne
e
duce
Venne al suo
vecchio a noi.
debil
un
messaggiero
Qual
cavallo,
ha
non
ha,
non
ei
vesti
Vere
Non armi seco. Una spada sottile
D'Irania fra

gli eroi

Pendegli al collo e pe' suoi panni attorno


A tale annunzio
Strappi veggonsi ovunque.
Volse Rstem la mente, e un padiglione

F' levar di broccato, e fr distesi


Intesti d'or cinesi drappi e schiera

Venne innanzi
di locuste

Che

d'eroi quant'
di

formiche.

uno stuolo

Un

seggio

d'or splendea, quivi fu posto, e sopra


Si assise

417

duce. Assisero dinanzi,

il

Nel suo cospetto, censessanta eroi.


Come leoni in giorno di battaglia,

con lor caschi in fronte,


con dorati
pie. Collane avean lucenti

cavalieri,

Con

vesti violette e

Calzari al

Ed

orecchini, e d'un gran prence in guisa

Rstem duce era la tenda adorna.


Ma Shbah. come giunse del regale
Padiglione a l'altezza, il pie non pose
Su que' tappeti gi, ma lento e umile
Venne sul nudo suol, fattasi appoggio
La sua spada sottil. Sul nudo suolo
Di

Si assise e ninno ei rimir, non volse


Al duce iranio ed a' suoi prenci un guardo.

L'anima tua deh!

Rstem

t'abbi lieta, dissegli

allora; e per saper dell'alma

Abbiti la persona e forte e sana!

Shbah

gli disse:

Ove

tu accolga, o forte

D'inclita fama, nostra f verace,

te salute

Alle

parole sue

Rstem crucciossi ed aggrott le ciglia


Per ci che f' l'arabo vecchio. Eppure
Prese

il

foglio

da

lui,

porselo ancora

chi legger dovea. Tutte gli lesse

L'uom sapiente le notate cose.


Ed ei cosi rispose Al tuo signore
Cos dirai Tu non sei re, non sei
:

Tal che possa cercar serto regale.


Di mia fortuna non vedesti ancora
L'inclit' altezza e

per tosto in core

Il trono mio tu disiasti. Quelle


Parole tue non son davver leggiere
Appo i pi saggi e non hai tu sicura
Veduta in ci. Che se corona avesse

De' Sassni regnanti in su la fronte


FiKBDSi,

\m.

27


Saad valoroso,

facil

418

cosa e grata

me con seco
conviti. Ma poich

Sarian per

le battaglie

Ed

discende

Nostro mal dalla sorte infida e rea,


altro dir se non che questo
Della sventura? Se maestro e guida

Che

il

giorno

Maometto mi

fosse ed io la vostra
Novella fede anteponessi a quella

Relig'ion de' padri nostri antica,

Del cielo arcato l'opera sara


Avversa a noi, aspro e sdegnoso a noi
Si volgerebbe .

Ma

tu intanto lieto

Ritorna al tuo signor, che non loco


Parole a barattar d'armi nel giorno.
Digli che meglio assai morir con gloria
Pugnando, che gittar parole vane.

IV.

Battaglia e morte di Rustem.


(Ed.

Cale.

p.

2069-2070).

Poi che Shbah da Rstem si partia.


l' iranio a' suoi guerrieri

F' precetto

D'apprestar l'armi e cenno


Fiato

si

f'

che

tosto

desse nelle trombe e al loco

Destinato al pugnar, da tutte parti.


L'esercito scendesse. Atra la polve

Suscitavasi allor, voci destavansi

alterne grida e l'uom storda che acuto

Avea

l'udito e penetrante. L'aste

Adamantine

in quell'oscura polve

Stelle son, detto avresti, in notte azzurra,

sugli elmi lucenti le ferrate

Lancie scendendo non avean fermezza


Ne' lor colpi mortali. E la battaglia


Dur

419

tre giorni al designato loco,

gi raancavan l'acque

Cadde
Per la

affranta la

man

sete cocente e

a' forti

Irani.

de' valorosi
i

palafreni,

Animosi e gagliardi, or ne la pugna


Stanchi erano e cadenti, e gi le labbra
Inaridan

A Rstem

come

argilla o creta

battaglier per l'alto ardore,

Si screpolava entro a le fauci sue

L'arida lingua.

tal fu

angustia ai prodi

umido fango
Presero a masticar destrieri ed uomini.
Grido levossi come tuono in cielo,

Nell'ora del pugnar, che

E di qua s'avanz Rstem gagliardo,


Saad avanz di l. Dal medio loco
De le schiere compatte elli balzarono
E dal loco dell'armi ambo a un secreto
Campo calar. Da le restanti schiere
Come

fr separati, a pie d'un colle

Andaron

di

conserto e corser quivi

Di singoiar tenzone a

Ambo

un chiuso campo,

duci e vogliosi, l'un su

Di lor vendetta.

Come tuono

l'altro.

in cielo.

Venne da Rstem un tremendo

la

spada

ei

grido,

vibr contro al destriero

Di Saad gagliardo.

Il

rapido corsiero

cadde a capo innanzi,


E diviso da lui ne fu d'un tratto
Saad bellicoso. Liberava intanto
Rstem di spada acuta un gran fendente
Per annientar quel suo nemico. Ei volle
Via troncargli dal busto il capo altero,
Ei colp,

ch'ei

Ma per la polve del vicino esercito


Questo quell'altro non vedea. Discese
Rstem allor dal palafren, da quella
Sella vestita della fulva spoglia

420

Di leopardo, e de le sciolte redini


Grli estremi capi alla cintura avvinse.
Ma di Rstem veder dall'atra polve
intenebrato, e Saad rapidamente
Su quel campo dell'armi incontro a

Fu

lui

Minaccioso avanz. Dell'vversaro


Ei sferr a l'elmo con la spada un colpo,
Si

che dall'elmo tepido pel viso

Scese a Rstem

il

sangue. Allor che

gli

occhi

Intenebrar del nobile campione


Del sangue allo sgorgar, l'arabo altero
Vittoria ebbe su

lui.

Novellamente

Dell' iranio alla testa e alla cervice

Vibr un colpo di spada e al suol distesa


Abbandon la marzial sua spoglia.
Nulla di ci sapean le schiere avverse
Da questa parte e quella, e niun d'andarne
Al duce iranio ben vedea sentiero.
Eppur, l'irania gente il duce suo

Rapida corse a rintracciar, discese


Al

fatai loco dell'assalto. Allora

Che da lunge vedean sparso

di

sangue,

Pieno di polve, l giacersi il prode,


Di fdrite di spada aperto il corpo.
Fuggir gl'Irani sbigottiti e molti,
Ben che famosi, nella turba accolta
Pur trucidati. Molti ancor la vita

Per

la sete

Che misura

perdean su l'ardue

selle,

dei re su questa terra

Gi traboccava. La fuggente schiera


All' iranio

signor

si

ritornava.

In via pel giorno e per la notte oscura


Forte correndo. Ma poich in battaglia

Rstem guerriero cos cadde


E fortuna manc de' gloriosi

ucciso

D'Irania bella, dietro a lor gittossi


De' Mussulmani

corsa,

Era

421

vincitor drappello

il

come son

leoni ardenti.

Bagdad re Yezdeghrd,

in

Che intorno a

lui la fuggitiva

Si raccolse d'un tratto.

allora

schiera

Oh non rimase
!

Rstem a noi, dicean con seco, e il fiume


Parve mancar de' freschi umori suoi
Per il nostro dolor! Molti d'Irania
Caddero

uccisi e

si

tornaron

gli altri

Da quel loco fatai d'assalti e pugne.


In Karkh dal loco dell'assalto omai
Venan

le genti

armigere, e pel calle

Ven'iano Arabi e Persi.

AUor quel prode

Farrukhzd, nobil figlio dell'antico


Hormzde, con molt'ira e con ardenti
Lagrime agli occhi, rapido sen venne
Dal margo dell'Arvnd e in Karkh entrando
F' improvviso un assalto. Alcun guerriero
De' prodi astati d'arabo lignaggio

Vivo non

Fuor

E per

di

si

rest. Gli altri

Bagdad a un

essi

venino

tratto. Elli

uccideano,

n'andar molti crucciosi.

Y. Ritirata di Yezdeghrd nel Khorassan.


(Ed. Cale. p. 2070-2073).

Farrukhzd polveroso, ancor portando


L'armi guerriere, al suo signor tornava.
Discese dal destrier, persegli omaggio,

Ambo

con

gli

occhi lagrimosi e

Distrutto e attrito.

A che

il corpo
pianger cotanto?

Ei disse a Yezdeghrd. Forse che

De'

Kay

il

purificar tenti piangendo?

Niun rimane quaggi

della

semenza

trono

422
Real

Che

Kay, se

de'

poi

si

pur

te

togli,

Gol serto imperiai. Solo tu

Son centomila

Che per

ni uno

deggia collocar sul trono


sei,

tuoi nemici, allora

con l'armi

la terra desterai

Fiero contrasto. Di Narvn tu adunque

Vanne

ben

alla selva e l

che tutta

fia

Si raccolga la gente. Indi, lasciando

Come Fredn guerrier, quell'aspro luogo.


Come fuoco t'appiglia a nuova impresa.
Farrukhzd

cosi disse, e

Un

Ascoltavalo intento.
Manifestossi in

lui.

il

re de' regi

pensier nuovo

L'iranio sire

Si assise in trono all'altro giorno e in


Si

pose

il

capo

serto imperiai. Raccolse

Ampia assemblea

di principi e di saggi,

Di sacerdoti vigili del core,

E disse poi Deh che vedete in questa


Impresa nostra e qual consiglio in mente
Avete voi da' tempi antichi ? Dice
:

Farrukhzd consigliando

Alla foresta

Di Narvn tu discendi con l'accolta


Degli armigeri tuoi. Son tuoi devoti
In

Aml

Son

citt pure,

tutti in Sari,

servi tuoi

come

un ampio

tosto

Esercito t'avrai quivi raccolto.

Tornati a dietro

Con

valorosi

puossi far la guerra

Ma

cotal disegno

Forse che piace a voi ?


Dissero

prodi:

Buon

Tutti

a una voce

consiglio questo.

Ci non s'addice a noi, rispose allora


De' monarchi

il

signor

dentro

al

cor mio

Sta ben altro pensier. S'io, mi fuggendo,


Gl'Irani prenci qui lasciassi e tutto
L'esercito fedel, l'irania terra

il

trono e

il

serto,

non grandezza vera

423

Ci sara, non valor, non buon consiglio.


Pi assai dell'onta m' diletta e cara
Gol mio nemico la battaglia, e in questo
Una sentenza nobil pardo volle

Tra

l'altre

belve ricordar. Da

stolto,

Ei disse, non mostrar le terga mai

Al tuo nemico, se pur anche


Della sventura t'arriv

il

giorno

Ma come

minor servo a precetto del sire


bene e in male dee guardar, non
Cos non vuoisi che il suo re sovrano

Il

in

vuoisi,

Poi l'abbandoni nel travaglio e volgasi


I

suoi tesori a custodir.

Benedicendo

Dier

voci

grandi allor: Gli questo

Nobile intento del regal suggello

del trono regal. Vedi tu intanto


Qual comando ne dai, che vuoi tu, sire,
Qual novo patto a' servi tuoi tu imponi.
Per soverchio pensier, cosi rispose
A' prenci il re, perde sua forza il core.
Miglior cosa per noi che noi ne andiamo
In Khorassn, sciogliendoci da questo

Nemico

assalto.

Ma

col son molte

Schiere all'intorno d'ogni terra e molti


Eroi vi sono valorosi e grandi.

Sonvi i prenci turani e v' di Gina


gran signor, quali verranno i voti
A portarmi del cor. Ma pi d'assai
II

Io crescer loro amicizia, ch'io


di sangue stringer con una
Leggiadra figlia del signor di Gina,
Si che per darmi aita ampia una schiera
Meco verr, prenci turani ed incliti
Guerrieri in armi. Lor signore e duce
Mahy, che ha d'assai sue suppellettili
E cavalieri ed elefanti. Duce

Yincol

424

de' nostri pastori, ai guardiani

De' campi nostri qual maestro e donno.


Io l'esaltai,

Era

che rapido e veloce

in andar, gagliardo eroe, facondo,

Esperto in favellar. Poi che donammo


Ad uom di stato uml nome e valore
E potest con elefanti ed uomini
E campi e terre, s'egli ancor di vile

Nascimento e non ha bella persona.


Egli pur sempre in nostra casa alunno.
Anche dal sacerdote una sentenza
Udii, qual'ei dicea di

favellar

Cui mal

conforme

tempi antichi
Ecco da tale
!

facesti, cui recasti offesa

Per lieve cosa, guardati Ma poni


La tua speme in colui che con amore
Al ciel levasti . Or io mai non l'offesi,
Non offesi Mahy, si che la pugna
!

Oggi

ei vorr contro a' nemici miei.


Batt le mani palma a palma allora

Farrukhzd e grid Signor che a Dio


Sei devoto e fedel, deh non mostrarti
Sicuro mai di chi malvagio in core.
Che odierna sentenza questa ancora
:

Ch'io ridir; Se mille incantamenti

Contro un'indole rea tu adoprerai,


Se industria porrai tu perch disciolgasi
Dalla trista rubigine, l'Eterno

Poi che tal la cre, bada che mai

Contro a vincol
Acconcia chiave

di
.

Dio non troverai

E Yezdeghrd

gli disse

Animoso lion, per questa prova


Danno ed offesa non avr, t'accerta.
Cosi rimase in quella notte, e al primo
Albor del giorno presero lor via
D'Irania

prenci valorosi. Prese


Da Bagdad

425

sentier che lo guidava

il

In Khorassn, l'iranio sire, e lievi

Parvergli al cor l'altissimo travaglio

la

rancura.

Tutu

Ma

d'Irania

prenci

pieni di duci partan col sire

Generoso e

benedicendo

leal;

Cosi gridarno; Senza te la terra

Mai non

si

resti,

non

resti

si

il

fato

un grido
Dall'esercito allor, per duol che il prese
Nel partir del suo re. Quanti eran cap

Con gemiti

e con

levossi

lai

Di villaggi e castella in suol d'Irania,

Quanti erano a' pi forti alto sostegno,


Appo al lor prence venner dolorosi,

Yenner con

gli

occhi lagrimosi e dissero:

siam l'anima e

re, servi noi

il

corpo

Dell'amor tuo pieni abbiam noi. Con teco

Verremo ancor per veder


Faccia

qual giuoco

questo re per sua

la sorte a

Frode malvagia. Di qual guisa il core


Per la terra e pel loco di sua pace
Lieto sar, se del volto del sire

Orbi resterem noi


I

figli

Campi

intanto ed

Noi lascieremo
tesori e

fiorenti e ci

nostri

torrem con teco

Ogni travaglio, ogni fatica. In terra


Viver non vogliam noi senza quel tuo
Trono regal. Solo di te la sorte
Quale
Propizia resti ed immutata
Era l degl'Irani in dir parole
!

Esperto e saggio, umilio

la

fronte

Al negro suolo e cos disse: Noi

Abbandonammo

Da

te sovrano.

Ferito

il

campi ameni

nostri

Pensando che protetto

il

Ed or ten

mondo

fosse

vai fuggendo.

cor, dal re di Cina, vai

In turanico suol da suol d'Irania!

re dei re di lagrime

Il

Le

42d

ciglia e disse

piene

f'

a que' gagliardi

illustri:

Voi l'Eterno adorate insiera congiunti,


vostra adorazion recando sempre

Augumento maggior, che

forse un'altra

Tolta vi rivedr, quando a lor fine


travaglio e

Il

dolor del di presente

il

me voi siete
me il retaggio
De' vecchi padri miei. Ma non vogl'io
Che danno incolga a voi, che a me voi
Saran

discesi.

Veri a

Proteggitori, siete a

Nella sventura mia compagni e

Vediam qual

sia del

siate

soci.

roteante cielo

Alto consiglio, quale accrescer voglia

Ed esaltar, ver
Con sua grazia
Tal

si

Qual

volga omai

si

si

comporta

Di Gina

il

verso

il

cielo

di voi nell'opre,

ciel,

che non scampo

ch'ei fa suoi tristi arcani.

mercatanti anche

a'

cosi disse

Ma

e favor.

comporti ognun

Da rivolger

chi

si

volse

Neil' irania terra

Deh! non restate voi per alcun tempo,


Che danno a' lucri vostri or fia che tocchi
Degli Arahi al venir.
Con doglia e affanno

con pianti e gemiti


E con lamenti. Farrukhzd, illustre
Figlio d'Hormzd, l'esercito guidava.
Separarsi da

lui,

Dall'iranico suol tutti raccolti


I

pi esperti guerrieri. Ecco

Re Yezdeghrd con gemiti e


E il precedea con le falangi
II

maggior duce. D'una

ne andava
sospiri,

sue

in altra

Stazon per la via, giunse alle

andando

mura

Rey lontana, e l rest, diserto


Del dolce vin, de' suoi tripudi usati

Di

Fra canti e

suoni.

Rapido qual nembo,


Gurgn

In

427

venia da

ei

Rey

Giorni vi stava or tristo or

Gurgn da

Di

di Bust,

Scese

e sette
lieto.

per

la terra ei

Alfine

la via

pieno di rughe

volto,

il

Affaticato alla persona ed egro.

VI. Lettere di Yezdeghird.


(Ed, Cale. p. 2073-2077).

Merv scendea,
Merv custode,

L'iranio sire poi che in

A Mahy

di

Surn,

di

Un'epistola scrisse, ove

suo cruccio

il

Esperto uno scrittor

il

suo duol, con lagrimosi gli occhi


il
cor d'alto deso. Chiamossi
pieno

Era

di

regie epistole,

tutta rivers del cor la piena.

Del cor sazio d'affanno. E in pria sue lodi


F' a Dio, sovrano altor, saggio signore.

Signor del sole e delle erranti

De

le

belve signor,

dell'esile

stelle,

forti e rubeste,.

bruco. Ei, quando

il

voglia,

Dal nulla crea, che per nessuna cosa


Oh qual ne giunse,
Precettor gli fa d'uopo.

Disse di poi, cosa novella

Ratto

Di questo regno lo splendor disparve;

poi

che Rstem cadde ucciso

Di battaglia in un

in

campo

per l'aspro affanno


fa la terra e grama.
d,

Angusta a noi si
Cadde ucciso per man di tal che ha nome
Saad, fgliuol di Vakks, che non ha patria,
Non certo nascimento e non ben fermo
Deso, non traccia di saper. Ma intanto

Che a

Tisifuna in su le porte esercito

Si sta

nemico e

di

mezzo ne stanno

428

E foreste e burroni, alla battaglia


Tu co' tuoi prodi apprestati e concordi
Fa l'altre schiere in un intento solo.
Non pi di sette di restar vogl'io
In Nishapr, che lunga e travagliosa
Fatica innanzi sta. Yerronne poi
In

Merv

io stesso e

per l'impresa mia

De' Turani al signor, di Gina al prence,


Un messeggiero invier. L'aita

Lor chieder di formidabil schiera,


Cercando s che ritorni a sua via
La caduta fortuna. Ecco, qual nembo,
Io

verr ratto dietro a questo

foglio,

mente serbo.
Dar
E un messaggier speda come tempesta
consigli quali in

Mahj^

di retto consiglio

di

Surn. Di vigil core

un

messo

altro

Ei scelse allor ne l'inclita assemblea.


Di Tus alla citt scrisse un'epistola

Piena del duolo del cor suo, col volto


Pallido quale pur resina attrita.
-Prima f' lodi a Dio, da cui discendono
Virt, forza e fortuna. Anche da Lui

Vien

la vittoria, la possanza,

il

trono

corona imperiai. Dall'orme


De' bruchi ai vanni d'aquile volanti,

la

Dagli elefanti in su l'arida terra


Dell'acque ai mostri, nulla al suo comando.

Nulla a sua legge

si

sottrae

nessuno,

Senza voler di Lui, del suo respiro


Dal re del mondo.
Pu gli aliti contar.

Inclito Yezdeghrd, figlio di padre


Che fu prence gagliardo e celebrato,
Signor d'Irania, vincitor, custode

Alla sua terra disioso, germe


Della semenza di regnanti, a Dio

Che

fr devoti,

429

figli

ei

pur

prenci

di

sapean del fato

Incoronati che

mutamenti

E de

le stelle

Onde
And

poi questa terra in ogni parte

amena

fiorente e

aggiunsero

Elli

Ed

in cielo,

splendore

(e gi

al seggio e alla

corona

al suggello imperiai), l'epistola

Vassi de le frontiere
Incliti

a'

guardiani,

prenci che han tesoro e seggio,

Han regia dignit, serto


E d'armigeri un pugno,

e grandezza
ov' la terra

Di Shemirn, di Radeh-kh, la terra


Di Ruyneh, ov' ancor da questa banda

Kelt e son da quella altre guerriere


Genti raccolte. Deh custode a noi
!

L'Eterno sia, senza periglio voi


Da sventura del fato Or veramente
!

S'intese dagli eroi, pel

mondo

attorno

Andaron prove manifeste e chiare.


Che in ogni guerra e in ogni evento e sempre
Vr gli uomini che grande hanno la stirpe,
Pieno d'amor fu

nostro cor, fu pieno

il

per voi.
Giuro pel vostro nascimento illustre.

Di giustizia e sollecito

Che

pi de' suoi tesori hassi

un monarca

Travagli e cure. Allor che qui ne venne


Behrm protervo apertamente e il capo
Lev ribelle contro a nostra legge
al comando, il vostro cor si dolse
Per queste ampie citt, per le frontiere,
Per li vostri giardini e le palestre

Ed

per

L'alte

le torri. In tal vicenda, voi

montagne ed

burroni vostri

Feste soggiorno per timor di danno

di periglio.

Ma

se Iddio

mi dona

Vio-or novello e volgesi la sorte

430

Conforme al voto del cor mio, maggiore


In ricompensa renderovvi grazia

Iddio signore adorer.

Ma

certo

Annunzio giunse a voi quale ne

incolse,

Degli astri per voler, novella cura,

Per

cotesti serpenti abietti e vili,

Semenza d'Ahrimn, che sapienza


Non hanno e non pudor, non han

Non

fortuna,

tesori.

non nome, o nascimento

Ingenuo e chiaro. Ei voglion si la terra


Perdere e disertar. Cosi le seste
Si volgono del cielo alto e sublime.
Onde all'impero mio venga periglio
E venga offesa da cotesti vili,
Capi di corvi, senza senno e onore,
Senza nome e saper, senza vergogna.
Senza costume. Ei volsero la fronte
A. questo seggio imperiai, bramosi
D'un diadema, ei s, ch'esteniiato
per digiuno il tristo ventre Un tempo
Principe Nushirvn cotesto vide
Ne' sogni suoi, che tosto l'onor prisco
Saria caduto dell' iranio seggio.
Vide che dalle stirpi arabe accolte

Han

Centomila venian ebbri e furenti.


Rotti i bavagli lor, cammelli sciolti,

E del fiume d'Arvnd per l'onde chiare


Un varco rinvenian. Tutto a scompiglio
Ne andava allor l'irania terra, e intanto
Spegneasi ne' pirei

la

sacra vampa,

Splendor fuggia della sacrata festa


Del primo di dell'anno e della festa
Gioconda di Sadh. Per tutta Irania,
Pei campi di Babl, da messi e colti
Negro il fumo salia fino alle vie
Alte degli astri, e del nobile ostello


mondo

Del re del

431

si

d'un

tutti e

Gadean nella palestra


I pinnacoli. Ed or, del
Risposta vera

fa

sol

moto

alto divelti
tristo

sogno

chiara e aperta,

partir vuol da noi del ciel rotante

L'instabile fortuna.

Ognun che ha

pregio.

Sar dispetto e vii, chi vile e abietto,


Grande sar per sua novella sorte,
Divulgherassi per la terra attorno
manifesto

male.

Ogn'opra

trista,

Celato

bene. In ogni terra intanto

il

il

Fian manifeste l'opre violente,


Pia che
I

mostri ogni misfatto. Vengono

a noi, che gi si parte.


parte da noi la sorte amica!
Or io con vnia de' ministri miei
de' principi miei d'alto consiglio.

Ben
Gi

si

segni omai di tenebrosa notte


visibili

si

Ver Khorassn mi mossi, andando a


Che son custodi alle frontiere, eroi
Che aman la pugna. Ancor, pel sire
Di Tus

citt,

quelli

illustre

qui gli elefanti addussi,

timpani miei, perch da noi


i
Veggasi almen qual sia volger del fato
E che avvinca a tal nodo anche non fermo
La sorte nostra. Disiando in gurra
Trassi

Scender con l'avversario, ecco! che l'armi


Cinte al fianco mi son, perch scontrarci
Con gli Arabi possiam. Congiunto meco
Farrukhzd per il sangue e la persona.
Amico mio ne l'alleanza sua.

Ora

ei si sta,

bramando

la

tenzone.

In Altunia, contro al nemico esercito

Volta la fronte.
Di
II

lui, s

figlio

questa reggia intanto

forte e battagliero, giunse

Kashmegn. Disse parole

432

Quali a rispetto inverso a noi s'addicono,


Quali son degne d'animo devoto

ossequioso. Udii ci ch'egli disse

D'esti vostri confini e degli eccelsi

Lochi e de' bassi e degli spechi attorno

de' lochi riposti. Ei del castello

Parl

Gunbedn-i-Tegh, del forte

di

Castel di Germinh, di quella rocca

Di Lazhivrdi, a nascondervi acconcia

Le nostre provvigioni; anche


D'AI, di

Makhzm,

parlava

ei

di Desht-i-Ghil,

mostrando

Ci ch'egli avea di buon pensiero in core.

Ma, cos grande esercito che nosco


Scende in battaglia, non potra gran tempo
In cotesti castelli aver soggiorno.
Angusti invero.

E stemmo
Quando

tutti gli eroi

D'ogni cosa

Le

allora

il

vesti di

nosco adunarsi.

parlammo

Fr stabilite, fin che


Convenimmo, perch
Corona e

sedemmo

noi

a favellar coi consiglieri.

trono e

Kashmir,

e cose assai

poi in questo

l'imperiale
le

di

gemme

il

suggello.

Cina e Grecia,

^Le cose tutte preziose, elette.

Quali vengonci all'uopo, e ci che a noi

Vien da Kibcik e da Kirvn,

le cose

Che a vestirsi, a distendersi e


Sul nudo suolo sono acconcie,

a gittarsi

Gli ori e le

gemme

Inclito peso,

con

tutti

ancora intatte e quante


Son cose ancora che hanno laude e pregio,
I cibi nostri con gli arnesi e quanto
A noi fa d'uopo fin che un giorno dura,
Quarantamila bovi, atti lor carri
A strascinar, trasportino con noi.
Del frumento

ivi

la spiga eletta

aggiunta.

Anche

si

rechi


A some

di

433

giumenti (e saran queste

Dodicimila) quanto d'uopo a noi


Di nigella; ed

il

miglio ed

pistacchi.

Le melagrane, esperto un sacerdote


Rechi appo

mandi,

noi. Si

Gondizion del

ciel, d'asini

che mutisi

fin

a some

Sale in gran copia ed in egual misura

Miglio nutriente a carchi di cammelli

E mille
Ed otri

d'olio

puro ampi

corpulenti.

vaselli

Anche

di

zucchero

Mille carchi e di datteri pur mille

cammelli

di

Balkh traggan con

Anche dodicimila

il

seco,

miei soave,

Tutti d'un moto, ne' castelli nostri

Menino insieme. Ancor quarantamila


Sian

le

carni salate, e

servi miei

Le adducan si con altre cose. Rechinsi


Trecento some di cammelli, colme
Di nafta bruna, per due mesi ancora
Carco a noi necessario. Un sacerdote
Con gente eletta verr poi dai lochi
Di Shemirn, di Radeh-kh. Dinanzi
Agli anziani e a' principi che stanno
Sulle montagne, a' prefetti dinanzi

a'

saggi nostri, quale cosa all'uopo

Traggasi dentro

ai nobili castelli

se

II

registro notato.

ne

affidi a' tesorieri

miei

se que' grandi

Che son di quella gente, ogni mia cosa


Vorranno seco custodir, davvero
Che in quelle valli e tra que' monti eccelsi
Danno o periglio non verr da gente
!

D'Arabia o

di

Turania.

voi frattanto,

In questo tempo fortunoso e reo,

Forte appo noi

valorosa.

FiRDcsi, Vili

fa

d'uopo aver

Comand

la

mano

frattanto
28


A' nostri tesorieri

il

434

saggio e nobile

Nostro ministro d'inviar ben cinque


Vesti di Persia a chi per noi fatica,
Ed una benda ornata d'or, leggiadra,

Chi

fatic, dell'opra al fine, avrassi.

Ma in
Dramme

questo tempo travagliato e tristo

quaranta avr ciascun da' nostri

Tesorieri, e dipoi, chi fia soggetto

E servo a noi, avrassi una di


Dramme lucenti che sessanta
Anzi

di l

da

le

sessanta

nostre
valgono.

han

sei

quattro quarti. Ei leggeravvi scritto

Ci che v' sculto, ad alta voce

e l'uno

avr di Dio santo e verace


L'inclito nome, che da Dio ci vengono
Ansia e speme e sgomento. All'altro lato
Son la corona e il volto nostro e scritto
Ivi sar che per l'amor di noi
Fruttifica la terra. Al d primiero
De'

lati

Dell'anno che verr, coteste cose

Apprestate saran, che le pupille


De' prenci nostri d'un desio son piene
D'incliti doni. Venga da l'Eterno

Benedizion su chi non fece agli altri


danno, su chi pensa in core

Offesa

questa nostra imperiai corona!

Come

supposto alla real sua

Ebbe quel

foglio, ai

Inviollo

gran

il

re.

gemma

duci dell'esercito

Venne a

que' prodi

Un cavalier di gioita amante, d'alta


E nobil sorte, e recavasi in pugno
Di Yezdeghrd l'epistola segnata.


Fuga

VII.

di

(Ed. Cale.

Di l fr tratti

435

p.

Yezdeghird.
2077-2081).

timpani sonanti

verso a Tus ne venne

Da Nishapr

citt.

il

re,

partendo

S'ebbe novella

Mahy allora di Surn che ratto


Venia nel Dehistn pel suo sentiero
L'iranio prence, e corsegli all'incontro

Con ampia schiera


Armati d'aste e in

Come da

di gagliardi, tutti

lor corazze chiusi.

mostr la fulgida
Maest del gran re, con quel vessillo
Di sua grandezza e tanti eroi dattorno,
A pie dal suo destrier subitamente

Mahy

lungi

si

discese, al re dei re prestando

L'omaggio suo di fedel servo. Innanzi


Lento lento ei venia sul suolo ardente.
Fatti, per verecondia, lagriraosi

Ambo

quegli occhi suoi

Ossequiando

il

baciava

suo signor,

si

il

suolo

stava

Lungo tempo l in pie dinanzi a lui,


Quando la gente sua benedicendo
Gridava a Yezdeghird,
Umiliava. Farrukhzd,

la fronte al suolo
il

volto

Allor che scorse di Mahy, l'esercito

Tutto ordin per l'ampie

file.

In core

Veracemente per Mahy gioia,


Si che ben molti ammonimenti e prieghi
Gli porse e disse: A te questo gran sire
Della stirpe de' Kay, perch t'accinga
A custodirlo, qui t'affido. Mai
Tu non soffrir che contro a lui si sciolga

436

o che qualcun gl'imponga

Aura importuna

Obbligo alcun d'alcun favor. M' d'uopo


Or discendere in Rey, ne so, n veggo

Quando mai rivedr questa

de'

Kay

Nobil corona, che dell'armi al campo


Molti a

me

pari caddero trafitti

Sotto l'assalto di cotesti che

Un

L'aste nel pugno.

hanno

cavalier non era

quaggi, n mai l'intese

Come Rstem

Del saggio a ricordar l'orecchio intento


Eppure, ucciso ei fu per man d'un tristo.
;

Capo

di corvo, tanto

Precipitava

Fra

a noi la sorte

gli eletti

un

loco

Iddio gli doni e colpo di nemica

Asta dall'alto

Mahy

gli

nero corvo infligga!


rispondea Prence guerriero,
al

L'anima mia serena e la pupilla


il mio signore. Questo incarco tuo
S, s mi prendo, e accolgo esto sovrano
Gh' un

ciel

per

te.

Cos ne

andava allora

quel loco regal, conforme al cenno


Di Yezdeghird, a Rey citt correndo,
Principe Farrukhzd. Lunga stagione

Da

Dopo cotesto
Di

Mahy

in ciel

si

volse, e intanto

scellerato usca dall'alma

L'antico amor. Gi non osava alcuno


Contro gli Arabi prodi uscir con l'armi.

Che a lor propizia era del ciel la volta


Azzurra, e intanto dell' iranio prence
Eran le gote corrugate e smorte,
De' nemici per l'opre il cor nel petto
ali si stringea. Poi che si mesto e affranto

Mahy
Che

vide

di lui

Sollecito

si

il

suo

contro

re,

quando scoverse

a' voti

era la sorte,

f' l'iranio trono

disiar, diverso ne' consigli

437

ne' pensieri e nell'indole sua

Ratto

si

Egro

fece.

f'

si

del corpo

Astutamente e parvegli gravosa

La servit verso cotanto prence.


Un prode eravi allor, di cui ben lungi
Le brame altere si stendean, che nome
Aveasi Bzhen, nella terra aprica
Nato gi di Terkhn. Ei la sua sede

Avea

Samarkanda

di

in sul confine,

E in quel confine molti avea congiunti


Ed alleati. Ribellante al sire
Poi che Mahy si f' tristo e perverso,
Venne a Bzhen da lui ratto un'epistola
Che si dicea Figlio d'eroi preclaro
:

Che sciolto vai


Or giovevole a

Una
Il

battaglia,

dalla sventura in terra,


te

viene innanzi

ti

che qui

re sovrano senza

Ed ha sua sede in Merv. Che


La sua testa e il suo grado e
Son cosa
I

tua, son cosa tua

se tu vieni.

la corona
pur anco

suoi tesori e l'esercito iranio


il

trono imperiai.

La dovuta vendetta
E fa giustizia di tal
II

mondo

sta del

prodi suoi

Deh

ti

ricorda

agli avi tuoi

stirpe ingiusta!

Bzhen, poi che guardando ebbe veduto


foglio di Mahy, s'accorse e vide

Che di Mahy
La terra ornai,

ribelle era in potere


s

che

si

volse e disse

pi giusto.
Al suo ministro
Allora
mente?
tu
in
hai
che
In tal faccenda
adducessi
meco
Mahy
aitando
Che
il

fior d'ogni

mio stato
biasmo
Paria T iranio re, me proclamando
Yil di core e di mente. E s'io non vado.

prodi miei, cadra

In aperta rovina.

l'alto

di

me

438

Della volante
Polve per tema, forsech in orrore
Ha Bizhen battaglier dell'armi il giorno! .
Eroe, cuor di leon che ami la pugna.

Si la gente dir

Cosi

'1

ministro die risposta a

Andarne da Mahiy quale

ritornarti poi, d'alta

lui,

alleato

vergogna

Cagion ti fia. Ma fa comando a quello


Valoroso Bersm che al campo d'armi
Vada alleato. Che se in guerra vai
Di quel ch' di Surn, solo pel cenno,
Stolido e vano ti dir l'uom saggio.
Giusto consiglio ci, Bizhen rispose,

ch'io

muova

Cenno

ei

non bello.
Bersm che diecimila

di qui, no,

fece a

Cavalieri belligeri, le acute

Spade avvezzi a vibrar, seco adducesse


In fino a

Merv

e apparecchiasse l'armi

Della battaglia, perch

il

suo signore

Egli recasse in suo poter. L'esercito

Da Bukhra venia rapido al corso


Quale un augello volator, che al settimo
Giorno ei discese in Merv citt. Nel tempo
Dell'atra notte, allor che intorno s'odono
Galli cantar, levossi da quel piano

Di timpani

un

fragor.

Ma

di cotesto

Com'ebbe annunzio il prence iranio? o come


E vide e seppe che Mahy ribelle
Era al suo re ? Levossi alta una voce
In quell'istante e un cavalier sen venne
Al primo albor del d. Mahy ne dice.
Gridava il cavalier, che venne esercito
Di turanica gente

Or, qual consiglio

del nostro signor

Duce

di quelli

maggior prence e signore,


l'ampie schiere non contien la terra.
di

Cina

il

439

Forte crucciossi Yezdeghrd monarca

E
E
E
E

fiero grido

Il

nobile signor fremendo venne,

la diritta e la sinistra

la

corazza

si

vest.

Da questa

quella parte radunossi intanto

questa gente e quella ed ordinossi,

Dispose ratto,

si

lev. D'Irania

schiera

che tutto insieme

All'aspro assalto s'avvent l'esercito.

Yezdeghrd l nel mezzo era con l'asta


pugno e tosto intenebrava
Per l'atra polve che levossi, il mondo.
Allora ch'ei vedea qual fosse nerbo
Di que' Turani che chiedean la pugna,
Stese la mano e dalla gran vagina
Stretta nel

Trasse la spada. Innanzi dall'esercito

Come

elefante ei s'avanz; la terra

Ondeggi allor s come ondeggia il Nilo


Rapido e azzurro, ed ei, s come nuvola
Che alta tuona pel cielo, impeto fece.
Ma dietro a lui gi non rimase alcuno
De' suoi guerrieri, tutti al glorioso

Volser

le

mezzo

In

Mahy

terga e lu lasciar soletto


ai cavalier.

Come da

s'allontan, s'avvide

il

esso
sire

Qual trama ei nascondea. Questo il disegno,


Questo l'intento di Mahy malvagio.

Perch cadesse prigioniero

man

In

di lui. Valor, forza

E fermezza
Il

di

il

cor nell'aspro assalto

re de' regi l mostr

nel

mezzo

Delle schiere nemiche a molti

Rapida morte,
Arte ed

sire

ed ardire

ma

ei

diede

poich mancavangli

aita, si fugg.

Ben molti

De' turanici eroi furongli a tergo,

Ed

ei

ne andava con

in

pugno un ferro

440

Gi temprato in Kabul, Per l'atra notte


Rapido come folgore pel cielo,
Corse, e correndo l su l'acque azzurre
Di Zark vide un mulin. Quivi discese
Dal palafren del mondo

il

re, celossi

Da' suoi nemici d'umile mugnaio

Nel gramo ostello, mentre attorno andavano


Lui ricercando i cavalieri. Tutta
Di Zark la villa di tumulto piena

Fu

in quella notte.

Ma

rimasto a dietro

Era di Yezdeghird il palafreno


Con dorate sue redini, e la clava
Rimasta eravi ancor col brando suo
Dal fodero dorato. Alto gridando
Turani movean cercando il prence

E fremean

d'ira, l'armi e

palafreno

il

In rimirarne abbandonati. Intanto,

Del mulin

nell'ostel si

nascondea

L'iranio re, sovra un fastello assiso

D'erbe seccate al

sol.

Tale

Di nostra vita ingannatrice


L'altezza sua,

AUor che
Era
II

ma

rapida

di costui

la sorte,

parve

costume

in alto

la scesa.

vigile e desta
il

ciel

sorreggerne

regal trono; ed or, toccgli in sorte

Il

gramo

il

noi provien fuor che travaglio al fine.

ostello

d'un mulin deserto,

che dolce balsamo


Atro velen gli amministr. Se in core
Saggezza hai tu, non avvincere il core
Al mondo infido, che dal mondo nulla
cielo infido pi

Liscio qual serpe egli

Ma tempo ha

se l'accarezzi.

che reo veleno ardente


Intorno spande. A che tu poni il core

si

questa vita ch' futile e vana.

In cui, ad ogni tempo, odesi fremito

441

il partir ne intima?
una voce: Or tu le some
T'appresta ornai, che sol del tuo sepolcro
T'avrai per trono le commesse pietre! .
Con digiuna la bocca e lagrimosi
Gli occhi dolenti, Yezdeghrd l stette
Fin che il sol si lev. Schiuse la porta
Il mugnaio, e recavasi sul dorso
D'erbe un fastello. Un uom da nulla e vile
Era costui, Ivhusrv di nome, e nulla
Si possedea, non senno avea, non brama
Alcuna in cor, non rinomanza. Tutto
Suo scarso cibo ei dal mulin traea,

Qual

timballo che

di

levasi

Non

attendendo, fuor di questa, ad altra

Opra in niun tempo. Ei vide l un eroe,


Qual agile cipresso entro un giardino,
Mesto ed afflitto in su la terra assiso,
Con serto imperiai sovra la fronte
E col petto che fulgido splendea
Di broccati di Grecia. Erano gli occhi
Eguali a quelli di gazzella e

E
S

la

cervice qual

che

di

di rimirarlo

il

petto

leon fero.

ancor non erano

Sazi quegli occhi suoi.

Ma

d'oro

sandali

Avea l'estranio cavaliere al piede,


Con rabeschi e figure, e della tunica
Era adorna la manica di perle
D'una bell'acqua e d'or. Khusrv guardava

attonito rest

Santo

il

nome

nel suo stupore

Dio forte invocando,

di

Allo straniero cos disse

Che d'un

Mulin se' giunto? Dillo


il mulin perch tu cos
Il mulin che di polvere e

E d'erbe

forte

oh come a questo
ornai! Qual loco

sole hai la faccia,

pieno

vi posi,
di

grano

chi sei tu con questa

442

Alta statura e questo volto e questa

maest? Davver! che il cielo


te non vede mai dall'alto!

Inclita

Uom come

Degl'Irani son

io,

ripose

il

prence,

qui fuggii dalle turanie schiere.

Nulla congiunto a me fuor che


Mia povert, con vergognosa fronte
Disse

mugnaio. Che se a

il

te fa

la trista

d'uopo

D'orzo un misero pane e l'erba vile

Che a

noi cresce ne'

Ti far parte.

Ma

fossi, io di

di l

cotesto

da questo

Pi nulla qui di ci ch' al mondo, e l'uomo


Che vuota ha la sua man, sempre si lagna.
Da tre giorni per l'orrida battaglia
Atteso non avea del mondo il sire
A prender cibo, a prender sonno, ond'ei
Tosto rispose Ci che hai tu mi reca,
Ogni tuo cibo cademi in acconcio
:

Con un fastello d'esili verbene.


L'uom poverello e d'umil nascimento
Ratto ne andava. D'orzo

il

tristo

pane

l'erba vii de' fossi allo straniero

Depose innanzi e s'affrett correndo


Per quello di verbene ampio fastello
E discese alla via l dove il guado
Della riviera. E di Zark and in pria
Dal borgomastro per quell'alta sponda.
Delle sacre verbene a lui per chiedere

Ampio un

fastello. In

Genti mandate avea

Re Yezdeghird
Sol

Cos

si

curava.

f'

Il

ogni parte attorno

Mahy

borgomastro allora

inchiesta al semplice

Deh! per chi mai

delle

fortunato, vai cercando ?

Khusrv

gli

frattanto^

a ricercar; di tanto

mugnaio

verbene

Un

il

fascio,

prode,

rispondea, stassene assiso

443

dal mulin su l'erbe ivi raccolte,

Nella statura ad agile cipresso


Eguale, come sol nel vago aspetto,
Con molta dignit. Le sopracciglia

Son qual arco perfetto e son dolenti

Ambo

quegli occhi suoi, l'anima piena

D'alto cordoglio e di caldi sospiri

Piena

la strozza.

dinanzi io

D'orzo

vii, di

me

Or mi domanda

E ben
a

verbene un

di

Che non

si

fascio,

lui stupisca.

borgomastro Or di qui vanne


Surn questo racconta,

il

Mahy

un pane

e sovra

degno. Ei per sue preci

vuol che tu per

si

Dissegli

Antico un desco mio

gli posi,

di

vuol che,

Sappia l'uom

come

Tutta disveli contro a noi.

un

ci da

l'indole sua

tristo,

altro

mala

Lasciavalo

Subitamente il borgomastro a un suo


Fedel servo in poter, quale al cospetto
L'addusse di Mahy. Quel poverello
Mahy richiese interrogando Il vero
Or dimmi tu. Per chi a cercar venisti
E timoroso
Di verbene il fastello?
:

Cosi quei rispondea

De' carchi miei

Facea ricerca a questa mane, allora


Che con rapido moto io del mulino
Schiusi la porta. Sappi omai che un sole
Apparve agli occhi miei. Qual di cerbiatto

Che vinto

da timor, dello straniero

Erano

occhi e

gli

Neri qual notte

Son tre

vigilie.

di

folti

suoi capelli

cui gi passate

Da fragranza

eletta

mi venia, venia di muschio


Un senior vivo e maest d'un serto

Che da

lui

Imperiai dal volto suo spirava.

Ma

chi

di

Dio non vide mai con

gli

occhi

444

La maest, davver! che ora la chiave


Chieder del mulin per contemplarla!
la corona sua piena di gemme
Intatte ancora, e gli risplende

petto

il

Di broccati di Grecia. Ecco! per lui

mulino fulgido qual sole,


un pane il cibo suo, gli scanno
D'erbe un fastello. Egli una primavera
Di paradiso, tu diresti; e l'uomo
Del villaggio non mai piant cipresso

Si f'

Ma

il

d'orzo

Pari d'altezza a

Vili.

Trama

lui

dentro un giardino.

per uccidere Yezdeghird.

(Ed. Cale. p. 2081-2085).

Mahy, come raccolse intento

il

core

ben s'accorse e vide


questi
era colui. T'affretta,
Yezdeghird
Che
Disse al mugnaio, esci da questa accolta
detti,

Assemblea di gagliardi e allo straniero


Togli il capo dal busto; e se noi fai.
Io stesso tronco avr questo tuo capo,

Di tua famiglia non lasciando in terra

Alcun che viva.


I

grandi

Tutti

principi raccolti,

tutti vigili e gagliardi,

guerrieri,

come udir

que' detti

Intorno al tristo s'adunar, di

sdegno

Pieni e di cruccio, di parole acerbe


Piena la lingua e lagrimosi gli occhi.

Rady

Un

di

nome,

Imposte avea

Le

in essi era

pur anco

sacerdote, quale all'alma sua


di

senno e

redini possenti. Egli a

di

ragione

Mahy

Cos parl: Deh! tu malvagio e reo.

445

Perch mai t'accec gli occhi protervi


Un tristo Devo ? Sappi ornai che regia
Possanza e profezia sono due gemme
In un anello infisse e che se d'esse

Una

tu infrangi, la ragione e il senno


Dell'uom calpesti e l'alma sua. Deh mira
Ci che tu di', cauto ten guarda, e reo
Non dimostrarti inverso a Dio signore!
!

E primo

danno e

a te Aberra

periglio

Da ci che fai, lasciando un seminato


Campo al tuo figlio, di cui fieno un giorno
frutti e di sangue le foglie
Amari
i

Intinte e infette

Vedrai tosto

in basso

L'altezza tua precipitar. Parrassi

Ignuda allor di te l'opra malvagia,


E per la terra mieteranno tuoi
Figli del seme che gittasti un giorno.
i

Religon di Dio n'avr iattura

Per

te soltanto, e

Faccian

di te

Un uom

ben sar che biasmo

questa corona e

trono.

il

fedele a Dio, casto e devoto,

Eravi allor quale non mai la destra

Avea

distesa d'ingiustizia all'opre

(Hormzd, rampollo di Kharrd,


Di cui posava l'anima contenta

il

nome).

Della f nella pace. Ei disse allora

A Mahy

con molt'ira: Oh! tu protervo,


di Dio santo e verace
Non andar lungi come fai! Gi veggo
Dalla porta

Che torbido il tuo cor, torbido il senno,


Veggo che tristo qual deserto avello
il tuo perfido sen. Grande di membra

Tu
Hai

se',

ma

privo di cerbro e l'alma

vile e rea.

Vampa

Non

del fuoco,

Veggo che

cerchi tu la tepida

ma

il

suo tristo fumo.

in terra biasimo d'altrui


Mendicando

ti

vai,

446

veggo chS ardore

Di tua rovina hai tu medesrao e in questo


Ti struggi ed angi. Or sar la tua vita

Deserta e grama, e, al tuo partirne, avrai


Nel fuoco eterno l'ultimo soggiorno.
Si assise

Shehrn

Hormzd, e balz

e disse vr

in pie d'un tratto

Mahy

rivolto:

Tanto ardire a che mai ? Venisti in guerra


Contro al re d'ogni re, venisti amico
Di Gina al prence ed al signor! Ben molti
D'est famiglia di regnanti prischi

Fr visti un di senz'alleati; eppure


Niun s'affrettava in trarli a morte mai.
Poi che servo sei

Non

tu, de' regi

il

sangue

versar, che avrai biasmo in fino al giorno

Che da

le

tombe sorgeranno

Questo egli

disse, e

morti.

per dolor piangendo

Si assise al loco suo, pieno d'affanno


Il

con

cor,

gli

occhi lagrimosi. Ratto

fu assiso, Mihr-i-nsh innanzi

Ch'ei

si

Si

piangente, pien di doglia al core,

f'

E con pianti e con lai disse all'uom tristo:


Deh protervo e malnato, che nel core
Non hai giustizia, non consiglio nutr
!

Pel

fin dell'opre,

Immane

anche

rispetto avra

alligator di real sangue,

se pardo feroce alla campagna


Trovasse ucciso un re, la fredda spoglia
Dilaniar non ne oserebbe. Oh tristo,
Oh! tristo pi d'assai che non le belve
Nella natura tua, nelle tue brame,
!

Della corona imperiai desio

Dunque

ti

Dell'arabo

venne

Dahk

in cor!

Quando per mano

giacquesi ucciso

Gemshid monarca, deh! qual tempo ancora


Dopo cotesto il ciel si volse in alto!


Ma
Si

tosto
f'

447

che Dahk dell'ampia terra


mondo apparve

sovrano, Abtn al

E nacque

re Fredn di genitura

alta, onde poi venne al mondo


Ordin novello. Udisti tu qual frutto

Nobile ed

Ebbe poi

Dahk

di s stesso al

fin

dell'opra

ingiusto e reo. Pi che raill'anni

Passarono su

lui,

ma venne

al fine

L'aspro esattor di sua vendetta. Ancora

Quando Tur

violento e tracotante

(Cui tormentava dell' irania terra

Implacato

deso), stolto

ed insano

Erg' trafisse ingenuo ed innocente

che la grazia del trafitto andava


Per lui sotterra, quando poi raandonne
A Fredn valoroso il tronco capo
E immerse nel dolor tutta la terra,
Apparve Minochr della tradita
Stirpe d'Erg', e all'empio nodo a un tratto
La chiave si trov. Terzo fu il prode
Si

Siyavsh, de' re

Kay

Qual contro

suo deso l'armi di guerra

al

nobil rampollo,

Si cinse ai fianchi. Alle parole triste

Di Garsivz, e verecondia e onore

mente e dall'anima cacciava


Afrasyb truculento, ond'egli uccidere
11 garzoncel pot, figlio di regi.
Dalla

Ma

nemico e crucciato inverso a lui


il mondo per, fin che dal seme

Si f'

Di Siyavsh tradito inclito sire

Venne prence Khusrv che l'ampia terra


Tutta emp di scompigli e di tumulti.
L'avo suo con la spada egli trafisse
A mezzo la persona e di spavento
Empi la mente di chi cerca in terra
E litigi e contese. Al quarto loco

448

vendetta contro Argisp che

la

Di Lohrspe vers.

Quando

sangue

il

in battaglia

Isfendiar con lui discese, tempo,

Per desio ch'egli avea d'aspra vendetta,

Non

gli

Fu quinta

concesse all'indugiar.

Hormzd

Di re

la

vendetta. Allor che in terra

Ebbe prence Perviz ben fermo core

potest,

f'

ci ch'ei

Gustehemme

f'

dei

tristi,

e Bendiy. Davver

che mai

Da' moti suoi questa rotante vlta

Non

s'arresta del ciel

Non

Perviz allor di quanto

ei

f'

ricordo

fean per esso,

Poi che l in mezzo eran del padre

E l'amore

natal.

il

il

sangue

mano
mano

Gom'ei

di

Forte divenne, lor tronc la


Subitamente. Oh no leggera cosa
Estimar non possiam della vendetta
!

L'alto subietto!

te

pur anco

il

fato

Ratto crr, quando corruccio avrai


De' pensamenti tuoi

tristi

ed insani.

Di ci che in terra seminando vai,

Mieteranno

Non

arrestasi

tuoi
il

In apprestar. Ti

figli,

un

solo istante

vendetta

fato, la

guarda da

cotesti

Tesori adorni del tuo re, da queste

Ricchezze sue, da questa che un erede


Chiede soltanto, imperiai corona.

Ma

tu volgi la mente al rio

D'un tristo Devo


Dal sentier ch'

Che a

comando

ornai, tu togli

il

core

Per cosa intanto

di Dio.

te si disconviene, assai dovresti

E intendere e saper che in ci t'inganna


Un Devo traditor. Deh l'alma tua.
Deh la persona tua fa che non ardano
1

Nel fuoco eterno un d Gloria di questa


Corona imperiai ch' luce al mondo.
I


Non

oscurar,

ma

449

le disperse genti

Raccogli intorno a

te,

volgi tuo intento

un giorno,
E di qui por tue scuso al re del mondo
Vanne compunto; tosto che il vedrai,
che

In quella guisa

dicesti

Patto di servit con


Poscia di l contro

La guerra

lui

a'

rinnova,

nemici suoi

appresta, n posarti dei

Dal far tue scuse e meditar. Per quello

Che

pensi in cor, tristo avrai segno e in questa

Vita e nell'altra, poi che de' pi saggi


parlar non ascolti. Opra che in oggi
Compir t' d'uopo, se a diman rinvi.
Ben sar che per essa altri ti adduca
Il

Iattura manifesta. Al re dei regi,

prence Yezdeghird, peggior nemico


sei d'esti Turani avversi,

Inver tu

lui,

re sul trono, splendido qual luna

pugna

ch' qual leone entro la

qual sole su in

ciel, de'

re Sassni

Unico erede, quando ninno

in terra

Stringeasi a' fianchi la regal cintura

Come

re Yezdeghird. Di padre in padre.

Da prence Nushirvn a

quell'illustre

Ardeshir, con saper saggezza antica


Egli redava, ei

Da

che per

sette padri,

re Ardeshir in poi, fu re del

Incoronato fra

mondo

Sassni prenci.

Che veramente Iddio l'imperiale


Corona in capo gii pos, di tanti
Regi d'illustre nascimento il serto.
Molti erano quaggi di te pi forti,
Ma niuno in core concepa giammai
Consiglio al tuo simil.

Behrm

Ciubineh,

un dardo suo,
terga abbandonando il campo

cui dinanzi, per

Volgean

le

FiTiDu^r, Vili.

'

29

450

Di lor battaglie ben trecentomila

Cavalieri gagliardi usi le redini


De' lor destrieri a governar, recanti

Rilucenti gualdrappe, allor che

core

il

Ebbesi stanco de' monarchi suoi


Della semenza, vide d'alto scendere

La sua fortuna

E Ferayin che

in pria
il

si

bella e chiara

trono imperiale

Volle agognar, di cui non era degno,

E per s'apprestava empie e perverse


Opre a compir, miseramente ucciso

E turpemente, come
Davver! che

il

fato

giacque.

sai, si

non sopporta

Insano millantar! Temi

di

in terra

Dio

Alto fattor di questa terra e primo

Autor del trono imperiai, del serto


E del suggel di re sovrano, ed onta
A te medesmo non far tu per tuo
Stolto consiglio, che a te contro un giorno,

sar tosto,

fia

rivolta questa

Impresa tua malvagia

Non

dice

il

Oh

quei che teco

ver, sappi che all'alma tua

Egli nemico.

Di medico son

Ora egro sei, ma


io, medico afflitto

in loco

Che va piangendo lagrime di duolo.


Che se tu d'ogni servo infimo sei,
Non prenderti, del cor per rio pensiero.
Vano costume di grandezza! Intanto,
Arditamente a Dio santo e verace
Fai guerra stolta e fuor da quella via

Che

il

Ma

senno addita,

inclito

grado agogni.

di quel figlio di pastori abietti

Pieno era il cor d'una cocente brama


Del trono imperiai, si che gli venne
Sgradito e acerbo il consigliar de' saggi.

ci fu

sempre dal

principio, e

nuova

451

Cosa questa non ; non ha misura


L'offesa del destin. Questo ei solleva
Al ciel sublime e quello rende misero
E tapino e dolente. Ei non ha patti

con questo o con quel ne' diuturni


non sapienza, o norma,

Assalti suoi,

Non
I

f,

non legge, non pudor, non senno.

saggi tutti e

Fin che

il

Del sol fiammante

Porgean

sacerdoti allora.

mondo oscur salendo


ammonimenti

consigli e

Che sua vendetta


Giovamento non

al loco

la pallida luna,

si

fu,

al tristo

cercava; eppure

quanto un capello.

Di lor parole alcun. Come la notte


Fu tenebrosa, d'uopo omai, dicea

Ai sacerdoti,

Escan

di qui.

d'uopo omai che i saggi


Nella mia mente, in questa

Notte che segue, la faccenda grave


Io penser, portando a recar frutto
Ogni maniera di saper. Qui tosto

Adunerem

dell'esercito

mio

Venti eroi de' pi saggi, onde non sia


Che piangere da noi debbasi un giorno
Di qualche opera trista e sventurata.
Uscan di lui dalla presenza i saggi,
Allor che venne da sue schiere accolte

Un

sacerdote. Ratto che

Prence Mahy

si

assise

co' suoi fidati, ei disse

In questa impresa, oh! che vedete voi?

Se Yezdeghird vivo si resta, eserciti


Verranno a lui da tutte parti intorno
A radunarsi; e gi svelato il mio
Alto secreto per la terra, insieme

Davvero
al termin suo
farammi,
ch'ei
mal
Che da
La mia vita cadr, non la mia terra
Mi rester, non la persona mia.

Principi e servi gi l'udir.

452

un uom prudente Questo


non dovei Nemico
Se t' r iranio prence, oh non dubbio
Che alla persona mal da lui t'incolga!
Cos rispose

Far tu

al principio

Ma

se ne versi di tua

E ne

mano

sangue

il

resta esattor della vendetta

Iddio nel mondo, affanno e duol da dritta

E da manca

ti

sta d'ogni maniera.

Guarda tu adunque e vedi


Oprar

t'

d'uopo.

il

che in questa
padre

ci

figlio disse:

Che hai felice consiglio, or che t'hai fatto


Nemico Yezdeghrd, sgombrane il loco.
Di Cina e di

Macn verr per

lui

Esercito possente, onde la terra

Parassi angusta a noi. Lieve cotesta


Impresa non stimar. Poi che vincente
Fosti su

lui,

non

vellicar la strozza

Del leon fero. Che se alcun de' prodi


Vessillo si far del lembo estremo
Di sua veste regal, te dalla terra

Sradicher con

IX.

le falangi tue.

Morte

di

Yezdeghird.

(Ed. Cale. p. 2085-2089).

Mahy, senza pudor, senza vergogna,


Ratto che ud, con impeto e con vampo
Al mugnaio

si

volse e

f' tai

Levati, alquanti cavalier

ti

detti:

prendi

E spargi il sangue del nemico mio.


Il semplice mugnaio, allor che intese,
Delle parole di colui non vide
principio; ma nell'ora istessa.
Fine
Nel tardo vespro, in che si asside in trono

453

La bianca luna, al suo inulin tornossi


Appo l'iranio re. Com'egli uscito
Fu da l'ostello di Mah}^ con ambo
Gli occhi piangenti e pien d'affanno

Mahy
Mand
Rapidi

il

core,

protervo cavalieri suoi

subitamente a le sue spalle,


qual di negro fumo

Nembo dall'aer sospinto. Ei f' comando


E disse: La corona imperiale
E gli orecchini col real suggello
E la tunica regia, in ninna guisa,
Si tingano per voi del sangue suo.

Come esanime
Via

ei sia, la

gli togliete.

Con lagrimose

Ambe

le

Il

regal vesta

buon mugnaio

le pupille,

guance come

il

intanto.

smorte
sol talvolta,

Supplicando venia: Giudice eterno,


Fattor del cielo, ben tu avanzi tutti
I mutamenti della rea fortuna!
Or tu a costui, per suo tristo comando,
II cor dilania e l'anima, o Signore
Cos, pien di vergogna e di sgomento
!

Egli

andava

Ambe
Che

suo re, con lagrimose


il labbro. Allora

al

le gote,

arido

circospetto gli

Come

si f'

vicino.

se confidargli alcun secreto

All'orecchio ei volesse,

un suo pugnale

Del re infelice conficc nel ventre


E al fero colpo disperato grido
Di Yezdeghrd usci dal labbro. Cadde

capo suo con la corona al suolo.


l ancora gli giacca d'accanto
Scampo
Abbandonato il pane d'orzo.
Ove dal reo destin ritrovi alcuno

Il

Quando

resti in vita,

Ei

non alberga Non ha senno vero


!

vero senno

in core

454

Questo mutar del cielo roteante,

discerne dall'amor ch'ei reca,


il suo corruccio. Meglio

si

Il

suo disdegno o

Con
Per

davver che tu

mondo non guardi

al

occhi mai, non serbi amor, non ira


l'opre sue, che si fan stanchi e lassi
gli

Di chi un giorno allevar, questi del cielo


Sette pianeti, e l'innocente ancora.

Come re Yezdeghrd, cade traftto.


Principe incoronato oh non mora
In tal guisa giammai, n cavaliero
!

di gagliardi in

D'una falange

Ma

di

Mahy

perverso

guerra

cavalieri

Videro che giacca lungi dal trono,


Lungi dal loco di sua pace, quella
Nobil pianta regal. Corse ciascuno
E quel volto mir, poscia i legami
Tutti fr sciolti alla tunica regia

corona
anche il monile
Ed i calzari in fulgid'or. Levaro
Al re dei regi gli ornamenti suoi
E lui in guisa turpe abbandonaro

D'un color

violetto e la

All'estinto fu tolta,

Sul tristo suol.

Deh

giacca per terra

s,

Del re d'Irania la persona estinta


Di sangue intrisa, dal pugnai nemico
Squarciato

A Mahy
Cadde

fianco.

il

ci dicea

l'altero,

Egli perdette

Dal bieco ostel

Ma

taluno allora

Dal trono suo

godimenti e pugne

Ratto che levarsi


le genti dolorose,

Sciogliean la lingua ad imprecar, dicendo:

Deh

Estinta

cos giaccia d

Mahy

la spoglia

un giorno, abbandonata

Tinta del sangue suo!


F' cenno

al suolo,

Ma l'uom perverso

che nel tempo del sonno

455

Gittata fosse la spoglia regale

Entro l'acque profonde.


E vedi intanto
Meraviglia di ci
Dal suo mulino
!

Tolse

il

mugnaio

regal persona,

la

Ei nell'acque gitt l'uom grande e forte,

La

've

suo capo or

il

si

mostr

fra l'onde

Alto levato, or volto in gi. L'ucciso

Non discernean da
Su quell'acque

que' gorghi profondi

Ma
E

folaghe raccolte

le genti, allor

poi

che

in giorno

che dentro

ei

fu gittato.

si

mut

la notte

le genti mostrarsi, al tristo loco

Gunser due saggi, penitenti antichi

Ed astinenti, e venne un d'essi al verde


Margo del fiume. Dell'estinto sire

Come

vide la spoglia entro quell'acque.

Forte crucciossi e ritorn affrettato.


Corse alla porta del santuario e disse
Ci che pur vide, ai penitenti Il prence.
Signor del mondo, l in que' gorghi. Ignudo
Ei del fiume di Zark dentro all'acque.
Molti accorsero allor de' penitenti.
:

Monaci accorser d'ogni schiera e accorse


Il vescovo pur anco. Un fero grido
Per acerbo dolor levossi ratto
Dai monaci raccolti
incoronato
Signor del mondo, o generoso, o grande,
Niun vide in terra principe sovrano
:

In

si

misero

Non pur

stato, e

ninno intese.
tempo, mai

di Cristo pria del

A raccontar che infido servo, cane,


Malnato inver, ramingo per la terra,
Tal cura del suo re con alma finta
Si prendesse, onde poi danno ed offesa
Di lui toccasse la persona. Mertasi

Maledizion di Dio

Mahy per

tanto

456

Ahi la tua fronte, o nobil re, la tua


Regal corona e la statura bella
!

E
E
E

la forza

vigor

il

Deh quel tuo braccio

l'ampio petto e la tua

man

possente
tua ferrea clava Ahi capo estinto
Della famiglia d'Ardeshr sovrano
la

Ahi gentil giovinetto ahi cavaliero


!

Eri forte e gagliardo e l'alma tua

Era adorna

Tu

di senno Or questa nuova


rechi a Nushirvn, che il bianco petto,
!

D'un mulin ne

l'ostel,

Ti squarciarono

Avi

con crudo ferro


a te che volto

tristi,

mondo,
che nell'acque
Ignudo ti gittr. Davver! che quella
Tomba di Nushirvn gemiti e lai
Udir far, che dell'antico sire
di luna, principe del

Amator

del tuo serto, e

tanta angoscia

Anche

il

si

dorr

lo spirto

sepolcro d'Ardeshr sovrano

Di doglia gemer, che niuno in terra

Ud narrar che ne' profondi gorghi


re perisse, che gittato all'acque
Cosi fosse un gran prence, insanguinate
Le membra e ignude, a capo in gi travolto
Quattro monaci allor de' penitenti.
Tolte le vesti, entrar nel fiume e il corpo
Ignudo di cotal, giovane sire,
A prence Nushirvn tardo nepote,

Un

Trasser dall'acque in loco asciutto, e quivi


Fr gran pianto su lui giovani e vecchi.
Indi apprestargli in

un giardin

la

tomba

n'elevar la cima alle vaganti

Nubi del

ciel.

Ma

le ferite in pria

Tutte essiccar del nobile sovrano

Con vischio e pece, con intatta canfora


E con muschio odoroso, e in drappi gialli

457

La fredda spoglia ne adornar. Di sotto


Stesero un pannolin morbido e lieve,

sopra una tela ampia e in colore

di

Qual

di lapislazzuli. In

Di eterno sonno

Acqua
Venne

di

quel loco

vescovo frattanto
rose e puro muschio a spargere
il

e canfora eletta e vin gagliardo

visco in copia. Oh! che dicea l'illustre

Borgomastro di Merv quando fu ascosa,


Qual cipresso gentil, del re la spoglia?
Per faticar ch'ei fa, disse, riposti
Son pur sempre di Dio grazia e favore
Per l'uom che pago e sorridente e lieto
S' anche ei sorride,
Via dal mondo sen va!
Aggiunse un altro, sappi ancor che dentro

Egli alla turba de' dolenti e mesti,

Ch'egli ebbe inganno dal rotante cielo.

Dal

ciel

Il f'

che

cader.

alto l'addusse e in basso poi

Ma tu non chiamerai

Sapiente colui, soggiunse un altro.

Che

col

sangue

de' regi utile frutto

s stesso procaccia e va frattanto

Dovizie ad accattar con tristo nome,

Quando l'alma sua rea male non teme


Poi che sue labbra,
Che all'ultimo verr.

Un

altro aggiunse, chiuse

Qui non vegg' io

la

In che sedea, non

Non
Non

il

re sovrano.

sua corona e

il

il

trono

regal suggello,

suoi servi entro la reggia illustre,

benda regal, non l'alto scanno


diadema o la sua terra E allora
Che ci non giova, questo nostro affanno
Che vai per noi, che vai la sorte infida ?
Coi saggi detti tuoi, soggiunse un altro,
prence, s davver che di te degna
Veggo la lode Un agile cipresso
la

il

458

Del paradiso nel giardin piantasti,


Ed or l'anima tua nel paradiso
L'albero

ammira che

piant.

Iddio l'anima tua, rispose

la

un

Si tolse

altro,

tua spoglia a questo acerbo duolo


Ma ci incremento al tuo

Abbandon.

Spirto sar, sar cagion di danno

Al tuo nemico. Ed
Stato beato di

or, nel paradiso.

re possente,

tal

Mentre all'inferno viaggiando scende


L'anima trista de' nemici suoi
Re sapiente, disse un altro, saggio,
!

Della famiglia d'Ardeshr progenie,


Di ci che seminasti in bel giardino,

Or tu mietendo

vai.

Splende sovrana

Deh! giovane,
La tua facella imperiai.
Deh giovane signor, soggiunse un altro.
!

Qui t'addormisti,

La bell'anima

ma

svegliasti altrove

Qui tace il labbro.


Ma l'alma assorse ad inclita assemblea,
La spoglia tua qui abbandonando. Inerte
Qui ti rimani, ma operante e viva
tua.

pur

l'anima tua, mentre da un alto

Legno

gi pende de' nemici tuoi

Il

tristo capo.

L'anima tua

Se

la

lingua tace.

favella ancor; se

il

corpo

qui ferito, pi lucente e puro

Si f' tuo spirto, e se lasci le redini

La mano

tua, l'anima tua si prese

Nobile eroe,

Un'asta e l'impugn.

Altri soggiunse, tu partisti e innanzi

Come guida ne andar


Ed or

l'opere tue

un

nel paradiso a

alto soglio

T'assidi, e ad altri si rest in retaggio


Questa misera terra
E l'uom che uccise
!

Uom

di te pari,

un

altro disse, or vegga,


fortuna

459

Vegga nemica la
Aggiunse allor Siam noi
:

Il

tutti

vescovo
tuoi servi,

Per l'anima tua bella, o re sovrano,


Ossequiosi.

Con

Ed

questo tuo avello,

or,

tulipani seminati attorno,

Ti sia

come un giardin funeral

coltrice

Questa terra

ti

sia fiorente e lieta,

Queste valli all'intorno erme ed apriche


Detto cotesto, ei sollevar la bara

nell'avello da quel campo aperto


La carreggiar. Contro sua voglia sceso

Nella sua tomba


Gessa per

Tutta

la

lui del

re sovrano, e cessa

il

trono suo regale

pompa, del suo serto

Di sua corona lo splendor.

fasto,

il

Deh

vecchio

Di storie narrator, volgiti a dietro


Dal calle incerto del desire e tronca

Giustizia noi
La tua parola ornai
Qui dimandiam per Yezdeghrd, vendetta
Qui dimandiam di questi che nel cielo
Errando van sette pianeti. Intanto,
!

Poi che nulla ei ben sa di tal giustizia,

Di tal vendetta, non mi die risposta

Chi presso a noi

s'ei

men

Era chiusa ed

La verace

filosofo si dice

disse, la

parola sua

incerta,

onde rimase

risposta entro a profondo

Mistero avvolta. Or

tu,

che in cor pi sano

Consiglio rechi, se tesori in terra

Vantar non

Non

Passer

puoi, lieto

gi

il

numera

Ogni breve

La tua

ti

fa del

core

dimane. Rapido
tempo tuo su questa terra,

ripensando

il

alla

fato al tuo respiro

alitar.

Fin che tu alberghi

spoglia mortai, per questi brevi

Giorni del viver tuo, s'altra semenza

460

che d'opre oneste,


Parco e frugai ne' cibi
Prendi costume; che se vivo in terra
Anche rimani, chi ti dava un giorno,

Non

vai gittando fuor

Bene

sar.

Ancora

ti

dar. Gioia soltanto

Possa tu aver da questa vita e nome


Illibato quaggi Te allor beato
Fin che tu puoi, malvagie opre evitando,
!

S vedrai

Da vero

che non scende ofiesa o danno

e giusto senno

e vino intanto

Ti reca e godi, che non molto dura


Nostro giorno vital. Quale a principio.

Tal la vita oggid, n per alcuno

Ha

cotanta virt che resti eterna.


se a me fosser pari e ci eh' io prendo

Che

d'amore
Ma, come morte.
Venne in quest'anno la gragnuola, ed era
Della grandine trista a me la morte

ci ch'io spendo, qual fratel

A me

il

fato saria.

Miglior cosa davver

Alto e sublime, cos a

Quest'alto cielo,

me

rapia

Armenti e legna e biondeggi anti messi.

Mhy

X. Signoria di

di Sur.

(Ed. Cale. p. 2089-2091).

Ora, a

Mahy

di

Sur venne qualcuno

Gi nasconde il seno
Dell'ampia terra il re del mondo. Vescovi
E archimandriti e monaci di Grecia,

cos disse

Tutti di quel castello

penitenti.

Giovani e vecchi, al designato loco


Venner piangendo e tolsero dall'acque
Di Yezdeghrd la moria spoglia.
In

un giardin costrussero

la

tomba.

lui

46i

Alta, sublime, superante

De'

corvi in

tristi

ciel.

il

volo

Mahy malvagio,

Di rea fortuna, cosi disse allora

Pria d'oggi mai non fu alleata a Grecia


Poscia
Irania nostra veramente
Genti mand che trucidar que' pii
Che il sepolcro elevar del morto sire,
Che per tal lutto ebber dolor. La terra
Tutta ne disertar, che trista voglia
!

Era cotesta

Ma

Mahy

di

poi, pel

mondo

protervo.

in giro, ei riguardando.

Della stirpe de' prenci alcun non scorse

Che vivo

Una corona avea

fosse.

un suggel,

Del re morto e

Ambizion loco

Di quel flgliuol
Tutti

Gi

che malvagia

nel core

si f'

d' ignobili pastori.

fedeli suoi

chiamossi attorno,
quante

posti a parte de' secreti, e

Avea parole in core, apertamente


L pronunci. Deh tu sagace e sperto,
Disse al ministro suo, venne per noi,
Venne quel giorno di battaglie e d'armi.
Io tesori non ho, nome o regale
Nascimento non vanto, e gi di perdermi
!

cor. Di Yezdeghrd il nome


Scritto su questo anel, n con la spada

Penso nel

Al novello poter vonno acconciarsi


nostre. Le citt d' Irania

Le genti
Servon

fedeli a

Yezdeghrd, ancora

Che li congiunti e gli alleati suoi


Vadan dispersi. L'uom ch' saggio, il nome
Non mi d di sovrano, e l'ampio esercito
Gi non s'acqueta, del suggello mio
L'impronta in rimirar. Ben altra in core
Speranza avemmo noi Deh perch adunque
!

Spargemmo

il

sangue del signor del mondo?


Tutta

corruccio e d'ansia,

lungo pensar, pieno il mio core,


quale ora son io, Dio ben conosce

Per

la notte di

402

il

consiglier gli rispondea:

Il

Compiuta

Cosa cotesta, e gi ripieno il mondo


Della fama di ci che festi ardito.
Or per tu ripensa all'opra tua
Investigando, che rompesti vincolo

Che

al re gi

congiunse. Ora egli in tomba

ti

Polvere divent, dell'alma stanca

Balsamo

La

fu del desolato avello

Tu

trista polve.

Tutti

frattanto

aduna

principi tuoi di cose esperti,

Indi la lingua a far parole oneste

Rapido aguzza. Tu dirai L'anello


Imperiai con la corona il sire,
Per grado mio di principe leale,
Mi confer. Com'egli intese un ampio
Stuol di Turani qui venirne in guerra,
Quando pi oscura fu la notte, al suo
Fianco mi volle e dissemi L'orrendo
Grido di guerra poi che qui levossi,
Chi sa, chi vede, verso a chi fortuna
In terra volger ? Ma tu mi serba
:

Questa corona e questo anello mio.


forse in tempo di battaglie e d'armi

Che

Verranno
Vaga una

all'uopo. M'ebbi qui soltanto


figlia,

eppur celata agli occhi


Tu parimente

Degli Arabi ella sta.

Al mio nemico

Non

lasciar,

il

ma

trono imperiale

Difendi e osserva .

Ho

mia
Or io questa corona
mio re, per suo

fedel la legge

qual retaggio dal

Regal comando qui m'assido in trono .


Per tale astuzia all'opra che tu festi,
Splendore adduci. E chi sa poi se il vero
O la menzogna nel tuo dir s'annida?


Mahy, come
Ministro mio tu

A
I

prenci

Evviva
n alcun pi grande

ascolt, dissegli
sei,

te sopra si sta.
tutti di

463

Cos adunava

sue armate schiere

in quella via facea parole oneste.

Ma

s'avvide l'esercito che al vero

Non era

il dir conforme, e ch'ei, per sua


Svergognata iattanza, era ornai degno
D'andar tronco del capo. Un degli eroi
Grid pertanto Opera tua cotesta,
Se vero o falso ci che a noi favelli
:

Mahy, come

trono

l'ud, s'assise al

Imperiale, e ratto in poter suo

Vennegli Khorassn per


Arti che us. Spart fra

maligne

le
i

prenci suoi

Del regno iranio l'ampia superficie

E disse Qui son io signor del mondo


Con suggello regal.
Quante eran genti
Di sua semenza a s chiam dinanzi,
:

nel grave subietto ebbe con quelli

Parole assai.

Ma come

Volle intorno spartir,

l'ampio regno

gli astri del cielo

Parean stupirne ancor, che tutti ei scelse


Quanti eran di natura infima e rea.
S conformando al tristo suo costume.
In gi travolse ogni pi saggio, e ovunque
Die a' tristi potest. Cadde nascosto
II

vero e

il

giusto e in ogni parte attorno

La rea menzogna

si

Ma

mostr.

Donava intanto al maggior


Balkh ed Heri leggiadra e
Stuol d'armati spedla.

il

figlio

prence

suo

in ogni loco

Come

fr grandi

L'esercito raccolto e la dovizia

fu beato

Orbo

di

il cor dell'uom protervo.


vaghi frutti, ei die monete

Al drappel de' suoi

fidi

il f'

beato

di

vampo

la

464

mente

alla

sua rea

Stirpe riemp. Guerrieri avea novelli

armigeri pur anco, e

le

vedette

Andando il precedean. Duce de' suoi


Era un prence famoso, esperto in guerra,
Ghersiyn s'appellava. Ecco a Bukhra
La nuova schiera di pugnar bramosa,
Cos raccolta, si volt. Ma il nuovo
Signor d'Irania, E Samarknd e Giaci,
!

Dicea, prender vogliam con questa nostra

Gemma

real,

con

la corona,

quale

Di Yezdeghrd che govern la terra,


De' sette astri signor ch'erran pel cielo,

Fu

gi comando.

piglier vendetta

Col ferro mio di Bizhen reo, per cui


Tristo

si

fea del re del

XI.

Morte

di

(Ed. Cale.

mondo

Mhy

il

fato.

di Sur.

p. 2091-2095).

fu cotesto fin che annunzio venne


Bizhen battaglier che preso il trono
Della grandezza imperiai s'avea
Mahy protervo, che mandando intorno

La regal gemma

col suggel, la terra

Tutta acquetava. Intanto, ei discendeva


Alle correnti del Gihn con ampia
Schiera bramosa

di battaglie e d'armi.

Per guerra far. Ghiedea Bizhen allora


Tale,
Oh! chi gli die la regal gemma?
:

Esperto in favellar, l'opera trista


Gli raccont.

Gome

giugnesti, ei disse.

Di Farb alle arene, allor che

Parea tacer su l'opre

il

de' mortali

fato

te,

n'andava esercito

ree, di qui

giuste

Di

465

signor, possenti cavalieri,

Di gloria amanti. Asseverando allora

te disse

Un

Mahy:

Se tu m'invii

drappello de' tuoi, nascostamente

T'invier l'imperiai corona,


L'anello e

il

trono in fulgid'or, che

Su questa terra a

il

regno

te s'addice . Intanto,

L'esercito de' tuoi di qui affrettossi

E prence Yezdeghrd in Merv disceso


Rinvenne. In mezzo a le contrarie schiere
re fu colto, e quegl' Irani suoi

Il

fuggir.

Come rimasto

l'iranio signor

senza un'alta,

Sconftti

Fu

si

tem s che dal ribelle esercito


Male incogliesse a lui. L, sul crocicchio
Di quel calle, un mulin stava non lungi
L entrava Yezdeghrd con quella sua
Ei

Di sole maest.

Ma

di lui tosto

Ebbe Mahy novella e

Che

il

re trafsse.

Legittimo signore ebbe

spedia

tal

Come

ucciso
il

Tutto nel poter suo ridusse


Gol suggello di re.

suo

il

mondo

Ma

ben due parti


te son, che quelli

Di questa impresa di

Eran pur sempre

il

malvagio.

cavalieri tuoi

Pugnaci, e quello fu di te un assalto.

Ma Bersm
Non

soggiugnea

Bzhen regnante,

da Giaci tanti cavalieri


Gon meco addussi. Ma da Merv allora
Che tanta preda qui recai, soletto
io

Quando re Yezdeghrd

restossi in

mezzo

Alle schiere nemiche, a te gi detto

Avea Mahy in pria L'aureo suo trono


E il monile ingemmato e la corona
:

suoi tesori invier di Giaci

FiRDUsi, TIII.

30


Alle

mura per

te,

466

che a

Merv tre giorni


Come splendette il
In

mondo

te nel

S'addicon trono e regal serto

Intanto,

Al quarto.

io combattei.
sol,

luce del mondo.

Gol cor serrato e corruccioso un'aspra

Pugna

Mahy

ingaggiai,

D'Irania

Come

ma

volsemi le terga

ingannator. Poi che rimase


il

regnator fra l'armi

solo,

bieco leon contro di noi

All'assalto gittossi e molti in guerra


Gi famosi fra noi col ferro spense.
Come poi non rimase alcun de' suoi
Alleati ed amici, egli fuggendo
le terga. N ben so in qual guisa
L'alma gli tolse un servo reo, del suo
Re sovrano uccisor. Ma come tosto

Volse

Dell'estinto signor l'ampio tesoro

Mahy si prese, quel tesor per cui


Non fatica ebbe, non rancura, e innanzi

se

il

depose, per ricchezze attorno

L' uom reo

si

mosse. Detto avresti allora

Che me veduto mai non ebbe. Stette


In Merv intanto per due intere lune
L'esercito de' nostri, ed ei

Mai con
Il

non volse

atto cortese a noi gli sguardi.

suo signor celatamente uccise,

Uccise cotal

re, face del

mondo.

Tal cavalier, che detto avresti, in mezzo


Alle schiere nemiche, alta la fronte

Fino al cerchio levar di questa luna.


Niun de' Turani di sua clava ai colpi
Incontro andava, e si fendea per lui
De' pi famosi

il

cor.

Mai non

vid' io

Cavalier di cotanta maestade

E
E

tanta dignit, con tale usbergo


tal

clava e tal elmo e con

tal

destra

467

Forte e gagliarda. Ed

Come

sazio

si fu,

or,

come

l'uom tristo e reo,

pigliossi

L'antico regno, questo ancor

si

prese

Costume insano. Ma poich al guanciale


Il tuo nemico battaglier t' giunto,
Posar non di co' tuoi gagliardi. Fiori
D'erbe oziose deh non siam giammai
Dei re negli orti. Se pur v'nno, alcuno
Il giardino regal pi non ammira.
Bizhen, come ascolt, forte crucciossi
!

Che, per l'uom

prence

tristo, dell' iranio

Cenno
che adunarsi ampio un esercito

S'era oscurata la fortuna.


Ei

f' s

Ratto dovesse di turani prenci


In giorno d'armi cavalieri, e tosto

Da Kaciar-bshi rapido ne venne


In corsa e per la via non cerc indugio
In alcun tempo.

Come

citt di

E
E

pel deserto sparse

Bukhra,

lor disse

Fretta o

ei
i

giunse accanto

per

campi

prodi suoi

pur anco Or non abbiate


all'oprar, fin che il nemico,
:

vampo

Da questa parte del profondo fiume,


Le sue falangi contro a me non guidi

Forsech vendetta
Ancora
prence iranio.
Ei dimand: Prole del morto sire
Che venga all'uopo, non rimase adunque?
Fratelli non avea del mondo il prence,
O se figli non ebbe, una fanciulla
Non ebbe forse, che potremmo innanzi
Addurci e protettori esserle e amici,
Tutto compiendo su Mahy l'intenso
far battaglia.

Avrem da

lui del

Deso del nostro cor ?

Nobil signore,

Bersm gli rispondea, compiasi tempo


Della semenza imperiai. Possanza


Hanno

468

su le citt con signoria

Gli arabi prenci, e

non rimase un

Di re quaggi, non un che

Bizhen,

come

l'ud, tutto

il

figlio

fuoco adori.

raccolse

L'esercito guerrier, dolente e tristo

Per l'opre del

destin.

Vennero intanto

Esploratori. Esercito s'avanza,

Dicean

elli,

e posar gli

accampamenti

In terra di Bayknd. Passan le schiere

Su

navicelli l'acque ornai del fiume,

per la polve che levar, nel cielo


Innanzi da l'esercito
Il sol disparve.
Bizhen duce ne venne, ivi ordinando

All'assalto dell'armi acconcio

Ed

Mahy

di

Sur che

la

loco.

il

nemica

Schiera lungi vedea, detto tu avresti

Via da le membra fuggirsi lo spirto


Per timor di tante armi ivi raccolte.

Targhe
Scuri

cinesi ed elmi, usberghi e clave.

di Giaci

ed aste. Ei ben

dolse

si

Pur le sue file ad ordinar si prese


L di rincontro, quando gi si fea
Oscura

l'etra e

il

suol spara di sotto.

Bizhen, come ordin le sue falangi,


A' guerrieri d'Irania al loco ov'era,

Volle porre un agguato.

Mahy ben

s'

Oh ma
!

Delle sue schiere, e di l volse

Con
Il

tanto

di

avvedea dal medio loco


i

passi

Bizhen riguardando
ne scorse, indi conobbe

alte grida.

vessillo

Che quei

la fuga meditava. Allora

F' tal cenno a

Bersm Dal medio

loco

Di nostre genti quelle che hai con teco

Schiere agguerrite,

l rivolgi.

D'uopo

Non per noi che la battaglia tema


E volgasi al Gihn senza indugiarsi


Mahy

ribelle.

Or

469

tu,

rapido corri,

Gli occhi dal tristo non levar, che seco

Ben diversa a compir faccenda abbiamo.

Come

scoverse di Mah}' da lungi

L'alta bandiera, a quella parte insieme

Bersm

di

Cina

le falangi

sue

Tutte rivolse. Fino al lembo corse


Dell'alte arene di Farb, le guance
Corrugate per ira e pieno il labbro
D' imprecanti parole. Ivi quel tristo

Raggiunse,

di

Ivi puntossi

Farb su

su

le staffe

l'alte

arene.

e rapido

si avvent. Come correndo


Pi e pi gli fu vicin, trasse la spada
E alta prova gli die d'ardir, di forza,

Al corso

Che

alla cintola

il

prese e via di sella

Traendo il tolse e repentino al suolo


D'un sol colpo il batt. Scese d'un balzo
E le mani gli avvinse, indi cacciollo

s dinanzi e torn in sella. Ratto

allor tutti i compagni e amici,


che il deserto risuon d'alterne
tu che ci se' guida,
Voci all'intorno.

Vennero
S

A Bersm

ei dicean, qui, sul

crocicchio

Dell'ampia via, d'uopo troncargli

Ma

quei rispose

il

capo.

Ci non consiglio

Ch'io seguir debba, che di

tal

cattura

Consapevol non Bizhen illustre.


Novella a Bizhen venne intanto, omai
Esser caduto in suo poter lo schiavo
Perfido e reo. Bizhen intese, e ratto
Gioi quel core e giubil, disciolto

And da cure e da pensieri. Un grido


Lev Bizhen allor come leone,
E vennero da lui correndo in folla
Molti eroi di Turania. Elli fra loro

470

Molti disegni avean pensati, e tutti

Volean strage e sterminio. Or, quale ei videro


Di Mahy della reggia, elli improvvisi
Uccideano; oh davver! che de' trafitti

Fu
Le

infinito lo stuol

Tutte dispersero

dovizie raccolte e la raccolta

Preda

infinita, allor

Trasser

Mahy con

che tutto ignudo


s.

Come

l'uom reo

Di Bizhen giunse a riveder la fronte,

Parve che la ragion via si fuggisse


Dalla sua mente conturbata. Ei fue.
Per la tema del cor, qual' persona
Esanime, col capo in gi travolto
Su la mobile arena. Oh tu malnato,
Bizhen grid, di cui simile schiavo
!

Mai non

abbiasi alcun,

D'Irania

il

perch uccidesti

giusto re, signor di trono

signor di vittoria e re sovrano


Di padre in padre, erede in su la terra
Cos rispose
Di prence Nushirvn ?

Ad uom
Fuor che

ch' reo, che altro s'addice

rabbuffi e

Male, colpisci

la

morte ? Or

tu,

adunque

per tanto

cervice mia,

mio capo all'assemblea de' tuoi.


Ben io questo far, Bizhen rispose.
Per ch'io tosto dal cor della vendetta
La destra allora
Fuor mi tragga il desio

G-itta

il

Troncandogli col ferro,

Oh

Pari non ebbe

Man

mano
mano

questa

Grid, nell'opre triste un'altra

Poi che l'una e l'altra

ebbe tronca, I pie gli recidete.


Grid furente, perch immoto ei resti
Soggiunse poi:
In questo loco, qui.
gli

Intanto
troncate orecchi e naso.
In arcioni ei balz. Qui su la calda

Or

gli

Arena, disse comandando, voi


Rattenete costui,

Sonno
d

fin

che l'eterno

l'incolga in vituperio ed onta.

Dal capo

471

al pie l'avvinser

con un laccio,

tube un clangor ratto levossi

Dal padiglion

ma un araldo
campo attorno e innanzi

Bzhen

di

Anche ne and

pel

Alle soglie pass de' padiglioni

Alto gridando

Servi che la morte

la mente
non conturbate.
Abbia la sorte di Mahy, regale
Seggio non tocchi mai chi d'un monarca
Piet non ebbe nel suo tristo core
Un prence eravi ancor, Gurz il nome.
Da cui gloria e diletti e buono stato

Ordite ai vostri re, stolta

Per insano

deso

Gi venan
Di

Merv

Mah}', posto alla guardia

di

Come

citt in que' d.

Misera e

Mahy

vile fu

in tal foggia

trafitto,

Ei pel figlio maggior, gioconda luce

Degli occhi suoi,

compor

F' un regal serto.

Di

Mahy

si f'

Ed entrarono

Ma

di fulgid'oro

poich fortuna

torba all'improvviso

in

Merv da

tutte parti

Cavalieri con l'armi e d'alti strepiti

Risuon la citt, quando levarsi


Alterne voci di corruccio e tutta

Fu quella terra di tumulti piena


E di battaglie, in quell'eccidio estremo
Anche Gurz
Il

fatai

Eran
Eletti

ebbesi morte e giunse

tempo

tre

figli

di

sua casa antica.

suoi nell'ampio esercito.

figli, tutti

e tre onorati

Di regal seggio e di corona. Al loco

Ov'eran

elli,

una gran vampa accendere

F' Bzhen battaglier

Ardere

ei f'

nel vasto incendio

quel padre e

figli

suoi

472

Miseramente. Cos niuno in terra

Rimase allor di quella stirpe, e alcuno


S' anche rimase, ognun che lo scovra,
Lungi '1 cacci. Maledissero intanto

La

stirpe scellerata

prenci

tutti,

Ei che bramosi erano in cor, la morte

Di vendicar del re tradito. Cada,

EUi dicean, maledizion su

lui

Che
Che

ti

il

misfatto compi.

Deh mai non


!

tu dal maledir costui

sia

astenga,

con giustizia te n'astenga


Ancora
Bzhen turanio era di colpe reo,
Si che di lui pur anco la misura
!

Tosto fu colma. Si

f'

estrano a lui

L'antico senno, ed io ridir m'intesi

Che

folle e insano divent, che visse


Alquanto ancor fin che s'uccise.
Oh! cielo
Roteante su noi, su noi ricurvo

D'ora in avanti volgerassi


Sotto

il

nome d'Omar, da

il

tempo

ch'ei ci addusse

Novella fede, in cattedra mutando


Sacerdotal l'antico iranio trono.

Xn. Fine

del Libro dei Re.

(Ed. Cale. p. 2095-2096).

Poi che su me passati nno sessanta


Anni e cinque, pi grave entro al mio core
Si

f' il

pensier per tante sopportate

Fatiche e

Brama

stenti.

Yennemi

gi in pria

nel cor di raccontar d'antichi

Prenci la

storia, e la mia stella intanto


Lenta e tardiva procedeva. Assai
Grandi di Persia e dotti e generosi,

473

Senza premio donar, li versi miei


Trascrivendo venian. Da lungi io stava

riguardarli assiso, e detto avresti

Gli'uom per merc condotto er'io per quelli.


Altro che un Bene hai fatto era la mia
Parte assegnata, e il vigor mio, per quello
!

Bene hai
si

fatto

perdea.

Ma

scemavasi frattanto

chiusi erano

cofani

Degli antichi tesori, e quel serrarne


Alto il mio cor feria. Pur, fra que' prenci

Di quest'alma citt grandi e famosi.


Era Ali Dileraita, ei che ben giusta

Sua parte or tocca,

ch'egli ognor, sereno

Dell'alma e liberal, l'opera mia

Che

bella procedeva, ebbesi cara.

Hussyn Kotyb pur de' generosi,


Qual non si tolse mai di me un sol detto
Senza premio donar. Vesti da lui
Ebbimi e cibo, ed oro e argento, e moto
Ebbi alle mani e a' pie. Per lui non ebbi
Di catasti o d'imposte o di tributi

Alcun gravame, e qual dentro a una coltrice


Ravvolgermi io potei con cor tranquillo.
Poi che a settanta ed uno ancor venuti
Son gli anni miei, sommesso il ciel divenne
Al mio sovrano poetar. Per trenta

cinqu'anni, vivendo in questa vita

Caduca e breve, molto faticai


Con la speranza d'un tesor. Ma tosto
Che fu disperso il faticar, perduto

Anche n'andava d'anni tanti il frutto.


Ed or che il viver mio gi gi vicino
Gli anni ottanta a toccar, la

mia speranza

Al vento in un baleno iva dispersa.

Ecco

di

Yezdeghrd

Oggi compissi,

al

l'antica istoria

giorno d'Ird, nel mese

474

D'Isfendarmdh. Quando ben cinque volte


Ottanta fr trascorsi anni fugaci
Dell' Egira dal d, questo compii
Dei Re d' Irania imperiai volume.
Di re Mahmd fiorente la persona
In ogni tempo sia, lieto il suo core.
Chiara la mente sua Tanto il lodai.
Che il detto mio si rimarr nel mondo
!

Eternamente,

di

secrete cose

Sia ch'ei favelli o di palesi. Laudi

Ebbi dai prenci un d, ma pi d'assai


Furon quelle da me gi tributate
Lodi a

lui sol fra tutti. In

uom

sempiterno

Viva adunque

tal

Sempre beato

in suo deso, col core

saggio e prudente,

Atto al bene operar. Questo mio libro


10 gli lasciai qual nobile retaggio,

Quando a sei volte diecimila distici


Ei venne a pareggiar. Ma il tempo intanto
11 mio lungo parlar, ci che udir fi

Ad

altri gi,

condusse al termin suo,

Che discendean

vecchia

di

et. Poi

Cos venne al suo

giovinezza

che
fin,

giorni

l'inclito libro

del verso

mio

Tutta piena la terra. Ognun che alberga


Senno e fede e saggezza entro al suo core,

Mi loder dopo la morte mia,


Ned io morr pi mai, ch'io son pur vivo
Da che il seme gittai di mia parola.

i:N^r)iCE

re Sassanidi

1.

1.

II.

III.

IV.

Il

re Kliusrev-PerTz.

Principio del regno di Khusrev-Perviz pag.


.

Fuga

di

Khusrev

Behrm
morte

di

12

18

40
50

Hormuzd

Bendy
IX. Consiglio di Behrm Gibneh

Vili. Astuzia di

La domanda del perdono


Venuta di Behrm Gibneh
Colloquio di Khusrev e di Behrm

V. Consigli di Gordieh
VI. Assalto notturno di
VII.

{seguito)

55
60

coi prin-

68
76

XI. Arrivo di Khusrev-Perviz in Grecia

82

Xll. Lettere di Khusrev e dell'Imperatore

cipi

X. Fuga

di

Bendy

XIII. Fellonia dell'Imperatore

XIV. Lettere

XV.

11

di

Khusrev

della religione degl'Indi

XVII. Invio della sposa e delle schiere


XVllI. Andata di Khusrev in Azerbdagn
.

XIX.

Lettere di

Behrm

intercettate

93
99
103

e dell'Imperatore

talismano delFlmperatore

XVI. Esposizione

113

119

123
128

132

Khusrev e di Behrm 137


XXI. Seconda battaglia di Khusrev e di Behrm 143
XXII. Terza battaglia e sconftta di Behrm 155
158
XXIII. Fuga di Behrm
163
XXIV. Il campo di Behrm distrutto

XX. Prima

battaglia di

...
.


XXV.

476

Alterco di Niyts e di Bendy

XXVI. Partenza

dei Greci

XXVII. Lamento

di

Firdusi

per

pag. 167

171

morte del

la

175

figlio

...

XXVUI. Behrm presso il Principe


XXIX. Morte di Mektreh

XXX.
XXXI.

11

leone Keppi

Lettera

di

re

di

Khusrev

Gina

177

185

al

Principe di
193

Gina

XXXll. Andata di Kharrd-Berzn


XXXIII. Morte di Behrm Gibineh

XXXI V.

Messaggio dell'Imperatore

di

Fuga

208

Gina a Gor 219

di

XXXVl. Morte

di

XXXVII. Nozze
XXXVllI. Morte

di

XXXIX.

Nozze

Gordieh

di
di

Gordieh e di Khusrev
di

e di

Rey

XLI. Spartizione del regno


XLII. Nascita di Shry.
.

XLIII. Richiesta della Grece

XLIV. Leggenda

XLV.

...
...
...
...
...
...
.

Teburg
Gustehem
Gustehem

XL. Oppressione

XLVI.

di

Incontro di

Gordieh

Gonsigli dei principi


.

Grandezza e gloria

di

LIl. Rivolta dell'esercito

3.

I.

II.

Khusrev-Perviz

di

Khusrev-Perviz

Il

re Zobd-Shry.

Richiesta di perdono dal padre


re

Risposta di Khusrev-Pervz

III.

Angoscia

IV.

Lamento

di

di

227
232

236
240

246
251

255

259

277
281
283
290

...
...
.

LUI. Gattura

223

Khusrev-Pervz e di Shrina 271


Khusrev-Perviz e di Shrina 272

XLVll. Morte di Maria


XLVIII. Gostruzione del trono detto Tk-ds
XLIX. Avventura del cantore Brbed
L. Fondazione di Madin
LI.

199

dieh

XXXV.

182

Shry-Kobd
Brbed
.

V. Uccisione di Khusrev-Pervz
VI. Morte di Shrina e di Shry

296

303

307

321


3.

1.

477

Cinque re Sassanidi.

VOLUME OTTAVO

ERRATA

PK
6^50
I8P5

Ferdowsi
II libro dei re poema
epico

V.8

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