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INDICE
1.Introduzione
INTRODUZIONE
In questo lavoro, prodotto finale di un ciclo di studi classici di cinque anni, mi
propongo di esporre un problema, a mio modo di vedere eternamente attuale,
nell'ambito della concezione della Scienza e in particolare nel suo aspetto di
osservazione della Natura.
Affronter il problema dell'impossibilit di giungere ad una Scienza oggettivamente
assoluta ed indubitabile, ricercando le cause di questo soprattutto nel mondo-dellavita (ovvero nel fatto che l'uomo e i suoi sensi non sono perfettamente precisi e quindi
possono cadere nell'errore) e analizzer gli effetti che risultano dall'interferenza di
questo mondo, del soggetto, con quello degli oggetti da studiare (Natura).
Con questo mio progetto inoltre cercher di sottolineare quegli aspetti di continuit
tra l'ambito Classico e quello Scientifico, ambiti che ad un pregiudizio superficiale
potrebbero collidere.
Ho scelto di evidenziare proprio il punto di unione tra i due mondi perch solo grazie a
studi di tipo Umanistico sono riuscita a scovare la mia passione, inizialmente nascosta,
per discipline quali la matematica o la fisica.
Non ho, nonostante questo, la pretesa, ma soltanto il desiderio, di riuscire a portare
una mia esperienza personale su un piano pi universale, supportata da grandi figure
rappresentative dei rispettivi ambiti, quali Epicuro e Schrdinger.
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Nell'opera di Lucrezio, nel IV libro, dedicato alla fisiologia e alla psicologia, troviamo un
passo molto significativo,per quanto riguarda il significato dato dal poeta ai sensi, dal
vv.216 al vv.268.
Quare etiam atque etiam mitti fateare necessest
Dobbiamo certamente riconoscere quanto sia
corpora quae feriant oculos visumque lacessant.
sorprendente che le cose irradino atomi
Perpetoque fluunt certis ab rebus odores,
che colpiscono gli occhi, provocando la visione.
frigus ut a fluviis, calor ab sole, aestus ab undis
Che i fiori diffondano i profumi, i fiumi
aequoris, exesor moerorum litora circum, nec variae
frescura, il fuoco calore, le onde marine la
cessant voces volitare per auras.
salsedine che erode i muri prospicienti le spiagge.
Denique in os salsi venit umor saepe saporis, cum
Che l'aria risuoni di voci. Che al mare le labbra
mare versamur propter, dilutaque contra cum tuimur
si inumidiscano di un sapore salmastro, e
misceri absinthia, tangit amaror.
che percepiamo l'amaro dell'assenzio gi quando se
Usque adeo omnibus ab rebus res quaeque fluenter
ne prepara un infuso.
fertur et in cunctas dimittitur undique partis
Atomi di ogni genere fluiscono da ogni cosa,
nec mora nec requies interdatur ulla fluendi,
incessantemente. Si diffondono dovunque,
perpetuo quoniam sentimus et omnia semper
in tutte le direzioni. E i nostri sensi li percepiscono
cernere odorari licet et sentire sonare.
costantemente, permettendoci di
vedere, udire e odorare tutto ci che ci circonda.
Praeterea quoniam manibus tractata figura
in tenebris quaedam cognoscitur esse eadem quae
Poich riconosciamo con gli occhi, al chiaro, ci
cernitur in luce et claro candore, necessest
che abbiamo toccato con le mani,
consimili causa tactum visumque moveri.
al buio, la vista e il tatto devono avere cause affini.
Nunc igitur si quadratum temptamus et id nos
Ma se tocchiamo un corpo quadrato
commovet in tenebris, in luci quae poterit res
al buio, cos'altro potremo vedere di quadrato al
accidere ad speciem quadrata, nisi eius imago?
chiaro, se non una sua immagine?
Esse in imaginibus qua propter causa videtur
Dovunque, le immagini sono la causa della vista, e
cernundi neque posse sine his res ulla videri.
senza di esse non potremmo
Nunc ea quae dico rerum simulacra feruntur
vedere niente. Queste immagini di cui sto parlando,
undique et in cunctas iaciuntur didita partis;
sono simulacri ottici.
verum nos oculis quia solis cernere quimus,
Esse si muovono dovunque e dappertutto, ma le
proptereea fit uti, speciem quo vertimus, omnes
possiamo appunto vedere soltanto
res ibi eam contra feriant forma atque colore.
con gli occhi: per questo che dobbiamo girare la
Et quantum quaeque ab nobis res absit, imago
testa, se vogliamo percepire le forme
efficit ut videamus et internoscere curat;
e i colori delle cose che ci stanno intorno. Sono
nam cum mittitur, extemplo protrudit agitque
sempre le immagini a permetterci
aera qui inter se cumque est oculosque locatus,
di capire quanto le cose distino da noi, attraverso
isque ita per nostras acies perlabitur omnis
la pressione dell'aria che viene
et quasi perterget pupillas atque ita transit.
provocata dalla sorgente che la emette, quanto pi
Propterea fit uti videamus quam procul absit
una cosa lontana, tanto pi c'
res quaeque. Et quanto plus aeris ante agitantur
aria fra noi ed essa, e quest'aria premer sui nostri
et nostros oculos perterget longior aura,
occhi, una volta smossa
tam procul esse magis res quaeque remota videtur. dall'emissione dell'immagine. E tutto si svolge cos
Scilicet haec summe celeri ratione geruntur,
velocemente, che in uno stesso
quale sit ut videamus, et una quam procul absit.
istante vediamo l'oggetto e percepiamo la distanza.
Illud in his rebus minime mirabile habendumst,
Non dobbiamo comunque stupirci di non percepire
cur, ea quae feriant oculos simulacra videri
le singole immagini, ma solo le
singola cum nequeant, res ipsae perspiciantur.
cose stesse. Allo stesso modo, quando un vento
Ventus enim quoque paulatim cum verberat et cum
gelido ci sferza, non percepiamo
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acre fluit frigus, non privam quamque solemus
gli atomi di freddo, ma solo il cambiamento di
particulam venti sentire et frigoris eius,
temperatura. Quando un corpo ci
sed magis unorsum, fierique perinde videmus
colpisce, non sentiamo una serie di piccoli urti
corpore tum plagas in nostro tam quam aliquae res
localizzati sulla nostra pelle,
verberet atque sui det sensum corporis extra.
ma un unico urto distribuito che ci d la sensazione
Praeterea lapidem digito cum tundimus, ipsum
di un solo colpo. E se tocchiamo
tangimus extremum saxi summumque colorem
un sasso con un dito, non percepiamo le particelle
nec sentimus eum tactu, verum magis psam
di colore che stanno in superficie,
duritiem penitus saxi sentimus in alto.
ma la durezza dell'intero sasso.4
Dopo questo passaggio emblematico Lucrezio si occupa di descrivere nei minimi dettagli gli
inganni che la Natura puo' tendere all'interpretazione sensoriale che la nostra mente
compie, quali ad esempio l'effetto specchio o l'immagine prodotta dalle ombre.
Queste descrizioni ovviamente rispecchiano l'intento dell'autore di fornire agli uomini
tutti gli strumenti necessari per conoscere a fondo la realt che li circonda, senza farsi
ingannare o intimidire dal possibile intervento di qualche divinit .
Lucrezio quindi, ed Epicuro prima di lui, ha una particolare fiducia nella Ragione, crede
cio che l'uomo sia stato dotato dalla Natura di una qualit in pi rispetto alle altre
creature viventi: le facolt intellettive.
Con questa sua cifra quindi l'essere umano in un certo senso incaricato di scoprire tutti
i misteri nascosti nella (Natura), affidandosi pienamente alle proprie capacit, senza
fare affidamento ad un potere sovrannaturale.
In questa visione quindi si puo' ritrovare quell'antropocentrismo che era fondamentale nel
mondo classico, e che rimase tale fino a Copernico, e venne completamente messo in crisi
dagli effetti devastanti delle due Guerre Mondiali e dalle nuove scoperte scientifiche nel
Novecento.
4 Traduzione di Piergiorgio Odifreddi, pubblicata in Come stanno le cose: Il mio Lucrezio, la mia Venere
(editore Rizzoli, pubblicato nel 2013).
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inteso come originario ed antico, e COMICO, nel senso fumettistico di comics, ovvero di
aneddoti raccontati in serie e aventi per protagonista la stessa persona. L'autore si
propone quindi di rivisitare gli antichi miti sulla nascita del mondo (che rappresentano il
sapere dogmatico antico) in chiave moderna, in cui la conoscenza viene vista come un
gioco, che porta a dei risultati non assoluti.
10.
Il libro quindi, scritto tra il 1963/1964, si presenta come una raccolta di 12 brevi storie
con protagonista Qfwfq che, con un atteggiamento di naturale curiosit, cerca di
decifrare, secondo la propria sensibilit, i misteri del mondo, senza cadere in
un'incondizionata fede nel progresso, e nemmeno in un radicale
scetticismo. In particolare in ognuno di questi racconti l'autore,
attraverso gli occhi di Qfwfq, rivede in chiave relativistica una
teoria scientifica.
In Giochi senza fine, ad esempio, vengono contrapposte due
diverse teorie: quella dello stato stazionario, secondo cui si ha
una continua espansione dell'Universo accompagnata da creazione
di materia con un tasso tale da mantenere costante la densit
media , sostenuta T. Gold,H. Bondi, F. Hoyle, e quella che
presuppone l'origine dell'universo in un momento ben identificato,
da un'esplosione,teoria sostenuta da Gamow.
In questa storia si narra il gioco di biglie che era solito fare Qfwfq con il suo amico
Pfwfp. Ogni giocatore utilizzava come biglie degli atomi di idrogeno e lo scopo del gioco
era quello di farli rotolare sulla curvatura dell'universo. Il gioco per, con il passare dei
secoli, aveva annoiato Pfwfp, che aveva trovato un nuovo hobby, che svolgeva durante il
turno dell'avversario: andare a raccogliere, negli anfratti dell'Universo, i nuovi atomi di
idrogeno, che, camuffati in modo da sembrare usati, correvano per pi velocemente e gli
permettevano di mantenere la posizione di vincitore. Qfwfq un giorno decise di seguirlo di
nascosto, e scopr il suo inganno. Decise quindi di sostituire i nuovi atomi di idrogeno con
degli ammassi materici che si sfaldavano subito dopo essere stati lanciati, ma erano molto
simili agli atomi usati da Pfwfp, ed inoltre decise di nascondere i nuovi atomi.
Il risultato della gara si capovolse e Pfwfp non volle pi giocare. Qfwfq allora propose un
nuovo gioco: lanciare in aria i loro atomi che gli erano rimasti, creando cos due nuove
galassie, ed inseguirsi. Pfwfp accett, lanci in aria i suoi finti atomi e non si cre alcuna
galassia, ma quest'ultimi si sgretolarono sotto i suoi occhi. Qfwfq invece salt sulla sua
nuova galassia e inizi il suo viaggio nell'universo, salutando il suo avversario. Dopo qualche
anno luce per anche Pfwfp riusc a costruirsi la sua galassia e si mise all'inseguimento di
Qfwfq.
Nelle corse, si sa qual il segreto: tutto sta a come si prendono le curve. La galassia di Pfwfp
tendeva a stringerle, la mia invece ad allargarle. Allarga allarga, ecco che finiamo sbalzati fuori
dellorlo dello spazio, con Pfwfp dietro. Continuiamo la nostra corsa col sistema che si usa in questi
casi, cio creandoci lo spazio davanti a noi man mano che avanziamo. Cos, davanti avevo il nulla e
alle mie spalle avevo quella brutta faccia di Pfwfp che minseguiva: da entrambe le parti una vista
antipatica. Comunque: preferivo guardare avanti: e cosa vedo? Pfwfp che il mio sguardo aveva
appena lasciato l dietro, correva sulla sua galassia dritto davanti a me. - Ah! - gridai. - Ora tocca a
me dinseguirti!
- Come? - fece Pfwfp, non so bene se da dietro a me o da l davanti, - se sono io che inseguo te!
Mi giro: Pfwfp era sempre alle mie calcagna. Mi rigiro ancora avanti: ed era l che scappava
volgendomi le spalle.
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Ma guardando meglio, vidi che davanti a questa sua galassia che mi precedeva ce nera unaltra, e
questaltra era la mia, tant vero che cero io sopra, inconfondibile ancorch visto di schiena. E mi
voltai verso il Pfwfp che minseguiva e aguzzando lo sguardo vidi che la sua galassia era inseguita
da unaltra galassia, la mia, con me in cima tal quale, e questo me stesso proprio in quel momento si
girava a guardare allindietro.
E cos dietro ogni Qfwfq cera un Pfwfp e dietro ogni Pfwfp un Qfwfq e ogni Pfwfp inseguiva un
Qfwfq e ne era inseguito e viceversa. Le nostre distanze un po saccorciavano un po sallungavano
ma ormai era chiaro che luno non avrebbe mai raggiunto laltro n mai laltro luno. Di giocare a
rincorrerci avevamo perso ogni gusto, e del resto non eravamo pi bambini, ma ormai non ci restava
altro da fare.
Alla fine di questa Cosmicomica troviamo una descrizione spaziale particolarmente
significativa riguardo al tema della Relativit: Qfwfq infatti non appena si rende conto di
essere inseguito, si volta e dietro alla galassia del suo avversario vede se stesso, sopra la
sua galassia, che si sta voltando per guardare dietro di s, e cos via all'infinito.
Questo finale, forse inaspettato, rispecchia pienamente la visione ironica di Calvino della
scienza, e delle sue teorie che non possono dare risposta a qualsiasi domanda o questione,
e lascia trasparire il fatto che ci possano essere dei fenomeni, o dei processi naturali, a
livello macroscopico o microscopico, che non possono essere spiegati da teorie
scientifiche, ma solamente dalla fantasia e dalla creativit umana.
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CONCLUSIONE
A conclusione di questo mio elaborato mi sembrato molto interessante presentare il
seguente articolo, in cui Tommaso Castellani, dopo aver proposto la tesi della visione
probabilistica della scienza, esplica in maniera chiara alcuni risvolti pratici di una visione
positivista della scienza nella nostra societ, ad esempio la scelta oggettivamente giusta
di continuare ad utilizzare energia nucleare, sottolineandone le contraddizioni.
T. Castellani5, La verit della scienza, in MicroMega
(http://temi.repubblica.it/micromega-online/), 7 settembre 2011:
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BIBLIOGRAFIA
P. Odifreddi, Come stanno le cose: il mio Lucrezio, la mia Venere, Milano, 2013, pag.
152-155
SITOGRAFIA:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/
it.wikipedia.org/wiki/Oulipo
http://spazioweb.inwind.it/latinovivo/Testintegrali/lucr4.htm