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Facoltà di Ingegneria

Corso di Laurea in Ingegneria del Controllo Ambientale

Identificazione di aree di protezione effettiva da valanghe


tramite GIS nel comprensorio sciistico di Madonna di
Campiglio

Relatore Laureando
Prof. Marco Ciolli Luca Bonafini

Anno Accademico 2005-06


INDICE

1 INTRODUZIONE ............................................................................................. 3
2 MATERIALI UTILIZZATI .............................................................................. 6
2.1 Dati di partenza ed Inquadramento Geodetico ........................................... 6
2.2 Il GIS GRASS (Geographic Resources Analysis Support System) ............ 7
3 TIPOLOGIA E FORMAZIONE DELLE VALANGHE ................................ 9
3.1 Generalità sulle valanghe ............................................................................. 9
3.2 Classificazione delle valanghe .................................................................... 10
3.3 Meccanismi di formazione delle valanghe .................................................. 10
3.4 Fattori che influenzano il distacco di valanghe ........................................... 12
4 PROCEDURE UTILIZZATE E RISULTATI OTTENUTI .......................... 17
4.1 Scelta dei Criteri .......................................................................................... 17
4.2 Importazione ed Elaborazione dei dati altimetrici ...................................... 18
4.3 Generazione della Carta della Vegetazione ................................................ 23
4.4 Importazione e visualizzazione delle Ortofoto digitali ............................... 25
4.5 Generazione della mappa di rischio valanghivo globale ............................ 25
4.6 Estrazione di aree pericolose per le infrastrutture tramite digitalizzazione 28
4.7 Estrazione di aree pericolose per le infrastrutture tramite procedura
automatizzata .............................................................................................. 30
5 COMMENTO DEI RISULTATI ..................................................................... 31
5.1 Analisi delle carte di rischio valanghivo ottenute ...................................... 31
5.2 Conclusione ................................................................................................ 34

BIBLIOGRAFIA .................................................................................................... 37
ALLEGATI ............................................................................................................. 39

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1 INTRODUZIONE

La difesa del territorio montano dalle valanghe di neve fa parte di un settore in


continuo sviluppo: l’evento valanghivo, infatti, dipende da un elevato numero di
parametri, spesso di difficile valutazione, ed anche se il problema delle valanghe
interessa il territorio per un numero limitato di mesi all’anno l’attività di ricerca e di
prevenzione risulta essere molto importante.
In Italia, negli ultimi 25 anni, si sono avute mediamente 21 vittime da valanga
all’anno. Il problema valanghe riguarda principalmente le attività del tempo libero
che assommano da sole oltre l’80% delle vittime da valanga. Da non trascurare i costi
sostenuti dalla società per i danni provocati dalle valanghe a strade, edifici e
manufatti o derivanti dalla chiusura di ferrovie, strade e comprensori sciistici in
periodi di elevato pericolo.

Fig 1 – Valanga a lastroni in prossimità di una pista da sci

3
Nel nostro Paese, negli ultimi decenni, non si sono avuti incidenti mortali al di fuori
delle attività del tempo libero e i danni alle opere sono stati abbastanza limitati: ciò è
dovuto principalmente alla sequenza di inverni scarsamente nevosi che hanno
caratterizzato gli ultimi 20 anni. Gli eventi catastrofici avvenuti in Svizzera ed in
Austria nel febbraio del 1999 dimostrano però che determinate situazioni
nivologiche, associate alla concentrazione di un grande numero di persone in zone
potenzialmente a rischio, possono ancora oggi determinare situazioni di grande
vulnerabilità territoriale.
L’obiettivo di questo lavoro è di illustrare come un GIS (Geographic Information
System) possa essere usato come una piattaforma per raccogliere, immagazzinare e
analizzare i vari tipi di fattori che influenzano le valanghe, fino a localizzare le aree
potenzialmente interessate da fenomeni valanghivi, utilizzando dei criteri che si
basano sulle caratteristiche morfologiche del terreno e sulla tipologia della copertura
vegetale: a differenza delle Carte di Localizzazione Probabile delle Valanghe
(C.L.P.V.), attualmente a disposizione delle Regioni dell’arco alpino, le quali
rappresentano un inventario dei fenomeni realmente accaduti, si è cercato di
realizzare delle mappe di rischio valanghivo in modo automatico, tramite
l’introduzione e l’elaborazione nel GIS dei fattori dai quali dipendono le valanghe.
Le valanghe sono fenomeni complessi regolati da molti fattori, alcuni dei quali, come
il tipo di neve e le condizioni climatiche, dipendono dal tempo: nel presente lavoro
questo tipo di fattori non sono stati presi in considerazione, perché si sono volute
realizzare delle mappe di rischio valide per tutta la stagione invernale riferite ad un
intero comprensorio sciistico.
In particolare, dopo la realizzazione di una mappa in grado di individuare le possibili
zone dalle quali c’è un rischio più o meno alto di distacco valanghe, si è proceduto a
localizzare delle aree di rischio ben definite in relazione alle varie infrastrutture
presenti sul territorio, come centri abitati, vie principali, piste da sci ed impianti di
risalita.

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Fig 4 – Opera paravalanghe a difesa di un impianto di risalita

Attraverso le funzioni del GIS si è rivelato poi interessante provare ad ottenere queste
aree di rischio con una procedura automatizzata, e non mediante un lavoro di
digitalizzazione, confrontando in seguito i due tipi di risultati.
La zona considerata è la skiarea di Madonna di Campiglio, importante località
turistica situata nel Trentino Occidentale, la quale dispone di una vasta rete di
impianti di risalita serviti da 56 Km di piste da sci, con una capacità ricettiva che può
superare le 30000 presenze turistiche.
Il software utilizzato per questo lavoro è il sistema GRASS 6.0.1 (Geographic
Resources Analysis Support System), un GIS usato per gestione ed analisi di dati
geospaziali, produzione e visualizzazione di mappe e modelli spaziali. GRASS è un
Software Open Source distribuito sotto licenza GNU (General Public License), usato
in tutto il mondo da università, amministrazioni pubbliche e liberi professionisti.

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2 MATERIALI UTILIZZATI

2.1 Dati di partenza ed Inquadramento geodetico

I principali dati utilizzati sono le curve di livello in formato vettoriale (da cui sono
state ricavate le informazioni morfologiche) e le ortofoto digitali della Provincia
Autonoma di Trento, distribuite attraverso il Sistema Informativo Ambiente e
Territorio (SIAT), i Piani di Assestamento Forestale e la Carta di Localizzazione
Probabile delle Valanghe (CLPV); questo documento è redatto seguendo un metodo
ormai riconosciuto a livello internazionale, che sovrappone due fonti informative
separate: al dato ottenuto tramite indagine diretta sul terreno, ricerche di archivio ed
interviste a testimoni diretti degli eventi valanghivi, si affianca infatti anche lo studio
morfologico generale, effettuato tramite analisi aerofotogrammetrica.

Fig 3 – La foto aerea della zona interessata dallo studio con le valanghe censite nella CLPV

La zona interessata dalla studio, il comprensorio sciistico di Madonna di Campiglio,


inquadrata nella rappresentazione conforme di Gauss-Boaga, nel sistema geodetico

6
nazionale (ellissoide internazionale con orientamento a Roma Monte Mario 1940), è
definita dai punti con le seguenti coordinate: nord 5125400, est 1646900, sud
5116200, west 1636000.

2.2 Il GIS GRASS (Geographic Resources Analysis Support System)

I sistemi per la gestione di informazioni territoriali basati su software free ed open


source, dopo aver avuto un notevole sviluppo presso istituzioni accademiche e
scientifiche, sono ormai entrati nell’utilizzo comune per molti enti pubblici e per i
professionisti. Questi software sono in genere di alta qualità e fra i vari pregi vantano
la possibilità di ridistribuzione gratuita del software stesso, abbattendo i costi sia per
gli uffici pubblici che per le società private. Questo software è solitamente distribuito
sotto licenza GNU/GPL secondo la quale il codice sorgente è disponibile e
modificabile a patto di ridistribuire le modifiche.
GRASS (Geographic Resources Analysis Support System) è il software GIS open
source più diffuso. GRASS è un Sistema Informativo Territoriale estremamente
evoluto con funzioni che vanno dall’analisi spaziale alla modellistica ambientale,
dalla generazione di mappe tematiche all’integrazione con DBMS (Data Base
Management System, programma progettato per gestire un database), dalla
visualizzazione 2D e 3D di dati spazialmente distribuiti alla gestione e archiviazione
di dati.
Le piattaforme supportate includono Linux, Mac e Windows.
Originariamente scritto, sviluppato, gestito e diffuso dall'U.S. Army Construction
Engineering Research Laboratories, sezione dell' US Army Corp of Engineers, come
strumento per la gestione del territorio e la pianificazione ambientale per scopi
militari, GRASS si è evoluto divenendo rapidamente un potente strumento in un
ampio campo di applicazioni in molte differenti aree della ricerca scientifica. GRASS
è attualmente utilizzato in tutto il mondo in ambienti accademici e commerciali, in

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molti settori governativi, che includono NASA, NOAA, USDA, DLR, CSIRO, il
National Park Service, l' U.S. Census Bureau, USGS, e in molte compagnie di
consulenza ambientale.
GRASS è sviluppato da una rete mondiale di operatori che continuano a rilasciare
con regolarità nuove versioni del software. Il quartier generale di GRASS è presso
l'ITC-IRST di Trento, dove viene mantenuto lo sviluppo coordinato di GRASS.
GRASS contiene oltre 350 moduli per elaborare dati raster, vettoriali e immagini
multispettrali, restituire carte ed immagini sul monitor e su carta, immagazzinare dati
con connessioni a diversi DBMS, visualizzare dati tridimensionali, mediante
interfacce grafiche semplici ed intuitive.
Nel programma Grass i dati sono organizzati in due modi, in particolare i dati spaziali
possono essere:
1) in formato vettoriale: i dati vengono memorizzati attraverso le coordinate degli
elementi stessi e la primitiva (punti, linee, superfici);
2) in formato raster: i dati raster invece sono memorizzati attraverso la creazione
di una griglia regolare (matrice di celle), in cui ad ogni cella (pixel) viene
assegnato un valore alfanumerico che rappresenta l'attributo.
Con GRASS è possibile importare ed esportare i seguenti principali formati di dati:
Raster: ASCII, ARC/GRID, E00, GIF, GMT, TIF, PNG…
Vettoriali: ASCII, ARC/INFO ingenerate, ARC/INFO E00, ArcView SHAPE, DXF,
DXF3D, GMT, GPS-ASCII, USGS-DEM…
Immagini (foto aeree e da satellite): AVHRR, BIL/BSQ, ERDAS LAN, HDF,
LANDSAT TM/MSS, foto aeree NHAP, SAR, SPOT...

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3 TIPOLOGIA E FORMAZIONE DELLE VALANGHE

3.1 Generalità sulle valanghe

Una valanga è rappresentata dal brusco movimento verso il basso, lungo la linea di
massima pendenza, di una enorme massa di neve. La neve e la pendenza sono gli
elementi fondamentali per l'origine di una valanga e a causa delle variazioni delle
caratteristiche di questi due fattori, esse possono assumere forme e dimensioni
diverse. All'interno del manto nevoso posto su di una superficie inclinata nasce la
competizione tra due forze contrapposte: la tensione e la resistenza. Quando gli sforzi
di tensione prendono il sopravvento sulle resistenze interne si verifica la formazione
della valanga. (S.Tabarelli,1996)

Figg 4 e 5 – Pista da sci ed impianto di risalita interessati da valanghe di piccole dimensioni

La neve accumulata su un pendio, per i motivi che verranno descritti in seguito, ad un


certo punto si mette in movimento dalla zona che prende il nome di zona di distacco.
In seguito la valanga assume velocità, lungo la zona denominata di scorrimento,
distruggendo qualsiasi cosa trovi sulla sua strada, sia per l'impatto diretto che per lo
spostamento d'aria. Infine, quando la pendenza lo consente, la massa nevosa rallenta

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gradualmente il suo moto fino a fermarsi ed accumularsi nella zona detta di
accumulo.

3.2 Classificazione delle valanghe

I due principali tipi di valanghe sono le “valanghe di neve a debole coesione” e le


“valanghe di lastroni”.
Le prime si innescano sulla superficie del manto nevoso, o comunque negli strati più
alti, e quindi di solito coinvolgono soltanto la neve in superficie; esse si staccano da
un singolo punto, o area, e durante la caduta si allargano fino a formare un percorso
triangolare, trascinando con loro sempre più neve.
Il secondo tipo, la valanga di lastroni, è in genere più pericolosa. Essa viene
provocata da una rottura all’interno del manto nevoso e forma blocchi di neve, di
solito di forma approssimativamente rettangolare, che si staccano completamente, a
causa delle fratture che si propagano nella neve. In questo tipo di valanghe non è raro
che la larghezza della frattura sia maggiore, anche di molto, alla lunghezza percorsa
dalla valanga nel suo movimento verso valle.

3.3 Formazione delle valanghe

Le valanghe sono delle frane della coltre nevosa accumulata sui pendii delle
montagne. In genere si hanno due meccanismi di rottura. Uno spontaneo, dovuto alla
rottura dell'equilibrio dello strato nevoso ed uno accidentale, dovuto a cause esterne
(A.Roch, 1980).
Per quanto riguarda il distacco spontaneo la rottura dell’equilibrio può essere causata
dall’aumento delle sollecitazioni o da una diminuzione delle resistenze:

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• Distacco spontaneo causato dall’aumento delle sollecitazioni: le successive
nevicate, con il loro carico, possono aumentare le sollecitazioni naturali che
interessano uno strato nevoso. Infatti gli strati più vecchi, se non hanno avuto il
tempo necessario per stabilizzarsi, possono cedere in seguito al sovraccarico
prodotto dalla nuova nevicata. Di norma i primi distacchi provocati da una
nevicata si verificano su pendii molto ripidi, oltre i 45°. Nel caso di pendii
meno ripidi, con pendenza compresa tra i 25 e i 30°, per superare il limite di
resistenza occorrono quantità maggiori di neve, le valanghe che si formano
sono pericolose per le loro estese dimensioni e poiché spesso interessano tutto
il versante di una montagna che raggiunge contemporaneamente il limite di
equilibrio.
• Distacco spontaneo causato dalla diminuzione delle resistenze: si può però
assistere ad una valanga provocata dal lento diminuire della resistenza del
manto nevoso. Le stelle e punte dei cristalli della neve fresca vengono
progressivamente modificati attraverso la metamorfosi distruttiva (attivata
dalla radiazione solare), assumendo una forma sempre più sferica, diminuendo
così la superficie di contatto e favorendo lo scivolamento verso valle.
Per quanto riguarda i distacchi accidentali, questi sono dovuti ad un repentino
aumento delle sollecitazioni nello strato più debole del manto nevoso con
conseguente rottura dello stesso. Le cause esterne più frequenti sono rappresentate
dal passaggio di uno sciatore o di un animale, dai blocchi di neve che cadono dagli
alberi o dalle pietre messe in movimento dall'azione del gelo e del disgelo.
Comunque anche i colpi di arma da fuoco, i tuoni e le esplosioni in genere possono
mettere in movimento interi versanti di neve.

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3.4 Fattori che influenzano il distacco di valanghe

I fattori che influenzano la formazione delle valanghe sono tra i più vari; come è
logico che sia, il fattore fondamentale dal quale dipendono le valanghe è la neve
stessa: tutto è legato alla quantità ed al tipo di neve, nonché alle sue proprietà
meccaniche ed alla metamorfosi che interessa la coltre nevosa. Come specificato in
precedenza, in questo lavoro non sono stati presi in considerazione i fattori dipendenti
dal tempo; è interessante comunque riportare il peso specifico dei vari tipi di neve,
riassunti nella seguente tabella:

Tabella 1 – Valori di Peso Specifico della neve (A.Roch, 1980)

Inoltre è importante ricordare che un piccolo lastrone di neve di 100 m³ pesa almeno
25 tonnellate, quindi può essere fatale per uno o più sciatori.
Oltre alla neve, molto importanti per la formazione delle valanghe sono le
caratteristiche delle zone di distacco, riportate di seguito.
Inclinazione del pendio
Il principale fattore topografico per il distacco di una valanga è l’inclinazione del
pendio, che permette l’innesco e l’accelerazione della valanga. Non vi è un limite
inferiore preciso per valori d’inclinazione al di sotto dei quali un pendio si può
ritenere sicuro: l’angolo di inclinazione minimo dipende dalle condizioni della neve.
Comunque in letteratura sono state individuate delle classi di pendenze, di seguito
riportate (Salm, 1987):

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1) i>60° valanghe che si verificano di norma durante le stesse nevicate
(scaricamenti)
2) 50°<i<60° valanghe del tipo a debole coesione
3) 40°<i<50° valanghe del tipo a debole coesione e del tipo a lastrone
4) 30°<i<40° valanghe del tipo a lastrone con presenza minima di quelle del tipo
a debole coesione
5) 25°<i<30° valanghe del tipo a lastrone
6) 10°<i<25° zone interessate dal passaggio di valanghe
7) i<10° zone sicure o zone di arresto delle valanghe
Su pendii con pendenza maggiore, in pieno inverno, la neve non riesce ad
accumularsi, poiché già durante la nevicata i cristalli scivolano in basso verso zone
del terreno meno inclinate dove successivamente si accumulano.
I pendii con una pendenza compresa tra i 30° e i 35° possono originare grosse
valanghe, dato che per tali pendenze si deve formare un notevole accumulo perché la
neve si metta in movimento. Le inclinazioni inferiori ai 28° possono pure dar luogo a
delle valanghe, ma esse di solito sono poco pericolose perché le pendenze sono tali da
non permettere velocità elevate. Comunque tali zone pur non presentando distacchi
provocati o spontanei di masse nevose, sono da considerare a rischio in quanto zone
di transito per i fenomeni che si originano a quote più elevate ed inoltre la pendenza
non è ancora tale da favorire il rallentamento del fenomeno.
Oltre all'inclinazione interessa anche la morfologia globale del pendio. I lunghi pendii
permettono alle valanghe di raggiungere velocità elevate, e nel loro percorso possono
raccogliere altra neve, aumentando così la massa che a sua volta incrementa la
velocità. Anche l'incanalarsi di una valanga in una forra ne accresce di molto la
velocità. I pendii interrotti da pareti rocciose sono favorevoli alla formazione di
valanghe di polvere di neve e di ghiaccio. I terreni con un profilo accidentato
presentano una frequenza di distacco elevata, mentre nei terreni con una morfologia
più uniforme i distacchi sono in genere più rari, e per questo più pericolosi, perché le
masse di neve coinvolte che si mettono in movimento sono maggiori (A.Roch, 1980).

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Sono infine, ma non per questo meno importanti, da considerare le linee di rottura,
che data la minor resistenza della neve a trazione, sono da ricercare nelle aree di
terreno che presentano delle convessità.

Vento
L’esposizione al vento è la seconda più importante osservazione che va fatta quando
si prende in esame il terreno. In presenza di un adeguato angolo di inclinazione, i
pendii con maggiore accumulo eolico sono quelli che con maggiore probabilità
possono dar luogo a valanghe.

Fig 6 – Cornice di neve formata dal vento

Pendii con neve depositata dal vento si possono trovare sul versante sottovento di
alte creste, dietro dorsali orientate perpendicolarmente alla direzione del vento, su
qualsiasi tratto di pendio che presenta un avvallamento ed anche dietro file di alberi.
E’ da ricordare comunque che anche i pendii esposti al vento non sono
necessariamente al riparo dalle valanghe; infatti durante periodi di calma o di vento
debole si può avere un accumulo di neve sufficiente a sovraccaricare eventuali stati
critici, e si può avere la rottura perfino di un manto nevoso eroso dal vento.

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Esposizione
L’esposizione dei pendii rispetto al sole influisce ovviamente sugli effetti
dell’irraggiamento, che determina le temperature e le resistenze del manto nevoso.
Nei versanti all’ombra il manto nevoso rimane più freddo in inverno, quindi si
stabilizza lentamente e tende a formare strati deboli, brina di profondità e di
superficie. La stabilità di un manto nevoso su un pendio ombreggiato cresce
lentamente con l’aumentare delle temperature in primavera.
Un pendio soleggiato si caratterizza invece per superiori temperature nel manto
nevoso e per una migliore stabilità rispetto al pendio ombreggiato in inverno, mentre
alla fine dell’inverno-inizio primavera inizia più rapidamente a diventare instabile.
Tuttavia, in presenza di una stessa topografia, mediamente su un pendio soleggiato si
ha lo stesso numero di valanghe di un pendio all’ombra. Infatti, sulle catene
montuose di USA e Canada, e la maggior parte delle volte anche sulle Alpi, i versanti
più ombreggiati spesso corrispondono ai versanti sottovento per quanto riguarda la
direzione prevalente del vento; di conseguenza è difficile separare gli effetti del sole e
del vento.

Bosco
E' noto da secoli che il bosco è l'elemento che offre la miglior difesa dalle valanghe, e
ciò è confermato dai vincoli imposti dalla legislazione nazionale e provinciale con lo
scopo di mantenere la presenza di una copertura forestale omogenea, soprattutto nelle
aree considerate a rischio.
Un bosco ben strutturato di abete rosso e/o di abete bianco che cresce su un pendio
ripido impedisce la formazione di grosse valanghe in quanto influisce sulle
caratteristiche del manto nevoso, sia impedendo il deposito di accumuli trasportati dal
vento sia con l’azione svolta dalle chiome degli alberi. Un bosco più rado o le piante
irregolarmente sparpagliate su un pendio non assicurano invece alcuna protezione
contro le valanghe: spesso infatti dai lariceti, i quali sono più radi e senza aghi, si
staccano valanghe, che pur lasciando intatto il soprassuolo, non sono da sottovalutare.

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Occorre inoltre ricordare che il bosco ben strutturato riesce si ad impedire il distacco
delle valanghe, ma non può certamente bloccare le masse nevose staccatesi oltre il
limite del bosco, anzi spesso queste lo danneggiano in maniera molto grave. Nella
maggior parte dei casi il lariceto, grazie all'elasticità dei fusti, può essere attraversato
da una valanga riportando solo pochi danni alla chioma, mentre altre specie vengono
completamente schiantate o sradicate (M.Meyer-Grass, H.Imbeck, 1986).

Fig 7 – Effetti di una valanga su bosco rado di giovani larici

Le formazioni arbustive di rododendro, ontano verde e pino mugo (specie pioniere)


rappresentano la tipica vegetazione dei canali da valanga. Dall'esperienza dei tecnici
forestali, specie quando sono piuttosto dense, risulta che sono molto pericolose
perché inducono sollecitazioni interne nel manto nevoso per la reazione al carico
dovuta alla loro elasticità (S.Tabarelli, 1996).

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4 PROCEDURE UTILIZZATE E RISULTATI OTTENUTI

4.1 Scelta dei criteri

Come è stato fin qui descritto le cause del distacco valanghivo sono numerose e
complesse. Per questo studio sono stati considerati i seguenti fattori di rischio:
• morfologia dei versanti;
• tipo di vegetazione;
• eventi valanghivi già censiti nella C.L.P.V.
Per tenere conto della pendenza si sono considerate le classi di inclinazione riportate
nel precedente capitolo; una classificazione così dettagliata comporta però dei
problemi, per questo si è usata un'unica classe, considerando a rischio le zone
comprese all'interno dell'intervallo di pendenza 25°-60°.
Sono state valutate come probabili zone di frattura anche le linee di discontinuità del
pendio, dove il cambio di pendenza è di almeno di 10°.
Importanti sono inoltre le dimensioni minime delle superfici di distacco delle
valanghe, ma questo parametro è in funzione principalmente del tipo di pericolo che
si vuole prevedere. Infatti diverse sono le dimensioni di un fronte valanghivo
necessarie per mettere in pericolo un intero paese, una porzione di bosco o al limite
un singolo sciatore.
L'esposizione rappresenta un fattore importante, ma, come già descritto, laborioso da
considerare, in quanto la sua influenza è variabile nelle diverse stagioni ed è difficile
separare i suoi effetti dal vento.
Per la classificazione della copertura vegetale, come nel caso delle classi delle
pendenze, ci si deve limitare al minor numero possibile di tipologie per evitare di
introdurre degli elementi che rendono difficile la lettura dei risultati. Si propone la
seguente classificazione che pur molto semplificata, tiene conto sia della specie
forestale che della densità:

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1) bosco fitto di piante sempreverdi che assicura una completa stabilità del manto
nevoso (nel caso in esame fustaie di abete rosso ed abete bianco);
2) bosco rado di larici o di piante sempreverdi (abete rosso e pino cembro) che non
impedisce il distacco delle valanghe;
3) pascoli, aree improduttive ed anche aree cespugliose formate da ontani (ontano
verde), le quali aumentano il pericolo valanghe.

Di seguito sono descritte le procedure utilizzate per l’inserimento dei dati in GRASS
e le funzioni utilizzate per svolgere il lavoro.

4.2 Importazione ed Elaborazione dei dati altimetrici

Il primo passo per la realizzazione della carta delle pendenze e delle esposizioni é la
costruzione del Modello Digitale del Terreno (DTM). La Provincia Autonoma di
Trento, attraverso il SIAT (Sistema Informativo Ambiente e Territorio) mette già a
disposizione i DTM dell’intero territorio provinciale con una risoluzione di 10 metri:
in questo lavoro il DTM verrà realizzato utilizzando GRASS con una risoluzione di 5
metri, cioè ogni pixel corrisponderà nella realtà ad un quadrato di 5 metri per 5 metri.
Il modulo presente in GRASS realizza il DTM partendo dalle curve di livello in
formato raster: per ottenerle si sono individuati i quadranti della Carta Tecnica
Provinciale contenenti le curve di livello con equidistanza 10 metri in formato
vettoriale; per la zona in esame si sono considerati i seguenti quadranti:
• N° 42100 Cima Artuich
• N° 42110 Val Meledrio
• N° 42140 Lago Ritorto
• N° 42150 Monte Spinale
• N° 59020 Pinzolo
• N° 59030 Val Brenta

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Con il comando v.in.ogr sono state importate in GRASS e successivamente convertite
in raster attraverso il comando v.to.rast; si sono poi unite in un'unica mappa raster
utilizzando il modulo r.patch, il quale combina ed unisce più mappe raster in una
singola mappa di output.
Da questa mappa si è creato il DTM lanciando il comando r.surf.contour: la
risoluzione che avrà il DTM viene impostata con il comando g.region (nel nostro
caso 5 metri); questo comando definisce il confine per la regione geografica e
permette all'utente di modificare il posizionamento della regione corrente. La region è
una regione, riferita ad un'area geografica, in cui sono stati definiti i confini,
basandosi su uno specifico sistema di coordinate e proiezione.

fig 8 – Il modello digitale del terreno: ad ogni colore corrisponde una determinata quota

La regione corrente indica i bordi e la risoluzione di ogni mappa raster creata in una
sessione di lavoro. Diminuendo la dimensione dei pixel i modelli digitali
possederanno accuratezza differente: tanto più piccoli sono i pixel a parità di
grandezza della regione oppure tanto più grande è la regione a parità di grandezza dei
pixel, tanto più lenta risulta l'elaborazione.
Le carte della pendenza e dell’esposizione sono state prodotte attraverso il menù:

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Raster -> Analyse Maps -> Terrain tools -> Slope and aspect
nel quale come input c’è il DTM appena creato e come output si ricavano le carte di
esposizione e pendenza.

Fig 9 – La carta delle pendenze

Dalla carta delle pendenze si ricava una mappa delle zone potenzialmente pericolose,
cioè le aree che presentano le seguenti caratteristiche:
• pendenza compresa tra i 25° e i 60° ;
• cambio di pendenza maggiore di 10°, zone convesse.
Per generare queste carte si usa il comando r.mapcalc, un programma molto potente
di elaborazione di GRASS, che permette di eseguire calcoli aritmetici all'interno di
mappe raster seguendo lo standard di programmazione in C. Il formato generale di
un'istruzione di mapcalc è:
> newmap = f(map1, map2...)
Può essere fatto funzionare interattivamente digitando r.mapcalc e successivamente
le istruzioni al prompt oppure non interattivamente con le istruzioni inserite in un file
di testo.

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Per esempio, per generare la mappa delle pendenze comprese tra 25° e 60° tale file
contiene la seguente espressione:
pend2560 = (slope>=25 && slope<=60)
e il nuovo raster presenta i valori 1 per le celle che soddisfano la condizione (pixel
rossi) e 0 per le altre.

Fig 10 – La carta che individua le zone con una pendenza compresa tra 25° e 60° (pixel rossi)

Per individuare invece le linee di discontinuità, dove la pendenza varia di una


quantità maggiore di 10°, la formula presente nel file di testo è:

cambiopendenza = if(abs(slope - slope[1,1]>10)||\


(abs(slope - slope[0,1])>10) || (abs(slope - slope[-1,1])>10)||\
(abs(slope - slope[-1,0])>10) || (abs(slope - slope[0,-1])>10)||\
(abs(slope - slope[1,-1])>10) || (abs(slope - slope[-1,-1])>10)||\
(abs(slope - slope[1,0])>10))

la quale controlla che la differenza di pendenza tra una cella e le otto celle adiacenti
sia maggiore di 10° e colora il pixel in rosso
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Infine, per ottenere la mappa in cui sono visibili le zone dove il cambio della
pendenza sia quello effettivamente voluto, cioè le zone convesse, è stata inserita la
seguente espressione nel comando r.mapcalc:
cambiopendenzaright=if((dtm5metri[1,1]>dtm5metri &&
slope[1,1]<slope&&cambiopendenza)||\
(dtm5metri[1,-1]>dtm5metri && slope[1,-1]<slope && cambiopendenza)||\
(dtm5metri[1,0]>dtm5metri && slope[1,0]<slope && cambiopendenza)||\
(dtm5metri[0,-1]>dm5metri && slope[0,-1]<slope && cambiopendenza)||\
(dtm5metri[0,1]>dtm5metri && slope[0,1]<slope && cambiopendenza)||\
(dtm5metri[-1,-1]>dtm5metri && slope[-1,-1]<slope && cambiopendenza)||\
(dtm5metri[0,-1]>dtm5metri && slope[0,-1]<slope && cambiopendenza)||\
(dtm5metri[-1,1]>dtm5metri && slope[-1,1]<slope && cambiopendenza))

nella quale si impone di prendere dalla mappa cambiopendeza i soli pixel i quali sono
ad una quota minore di almeno un pixel adiacente ed hanno una pendenza maggiore
dello stesso pixel.

Fig 11 – In rosso sono riportate le aree che presentano un cambio di pendenza maggiore di 10°

22
4.3 Generazione della Carta della Vegetazione

La carta della vegetazione è una carta nella quale sono segnate, con le diverse
categorie, i tipi di vegetazione, raggruppati in funzione della loro capacità di difesa
valanghiva secondo le classi individuate in precedenza.
Per generare questa carta con il comando v.in.ogr si sono importati i file vettoriali dei
Piani di Assestamento Forestali della Provincia Autonoma di Trento relativi a ceduo,
fustaia e pascolo divisi per comprensorio: il territorio della zona in esame è compreso
in parte nel C7 ed in parte nel C8, quindi il lavoro di importazione è stato ripetuto per
due volte; inoltre una volta visualizzati si è notato che non ci sono particelle censite a
ceduo in questa zona. A questi vettoriali è connesso un database che comprende
molte informazioni riguardanti la particella forestale, compresa la densità espressa in
percentuale, informazione importante per dividere la fustaia in due classi, densa se è
maggiore del 60%, non densa se è inferiore al 60%. Per fare questa operazione dal
vettoriale della fustaia si sono create due nuove mappe vettoriali con il comando
v.extract, il quale permette di estrarre degli elementi da una mappa vettoriale e di
creare con essi una nuova mappa; è possibile estrarre degli elementi i cui attributi
soddisfano delle condizioni specificate in una query, inseribile nell'apposita casella
della form (in questo caso la condizione era maggiore o minore di 0.6).
In seguito i vettoriali così ottenuti e i vettoriali del pascolo sono stati convertiti in
raster usando il comando v.to.rast. A questo punto è stato assegnato un peso diverso
per ogni classe di vegetazione a seconda della sua pericolosità valanghiva,
utilizzando il modulo r.reclass che permette di creare una combinazione di più
categorie in una mappa raster, che sono utili per estrarre una o due classi di interesse
e relegare tutti gli altri valori in un'altra categoria: realmente non crea una nuova
mappa raster, ma genera un file reclass nella directory cellhd del mapset corrente.
In questo modo è stato assegnato un peso “basso” per le particelle di fustaia densa e
via via pesi più alti per fustaia non densa e pascolo.

23
Infine con il comando r.patch si sono unite le varie mappe creando così la mappa
della vegetazione, nella quale però è presente una vasta area non classificata,
corrispondente al fondovalle, a particelle forestali non censite od a zone improduttive.
E’ stato utilizzato così il comando r.mapcalc per riclassificare queste zone in base al
fatto che, se la loro quota era maggiore di 1800 metri, tali aree sono state identificate
come improduttivo e quindi assegnate alla classe 3 della carta della vegetazione
definita nel paragrafo “scelta dei criteri”, mentre se queste zone erano ad una quota
inferiore di 1800 metri sono state classificate come fondovalle, e quindi zone non
pericolose.

Fondovalle
Fustaia densa
Fustaia non densa
Pascolo ed
improduttivo

Fig 12 – La carta della vegetazione

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4.4 Importazione e visualizzazione delle Ortofoto digitali

Le ortofoto digitali sono messe a disposizione dal SIAT (Sistema Informativo


Ambiente e Territorio) della Provincia Autonoma di Trento in formato compresso
ecw: per l’importazione in GRASS è stato necessario decomprimere le immagini nel
formato GEOTiff (formato tiff georeferenziato) attraverso il programma Erviewer,
importandole poi in GRASS come oggetto raster utilizzando il modulo r.in.gdal. Se
non specificato diversamente, il programma crea tre nuovi raster della stessa
immagine, uno per ogni banda (Red, Green and Blu): per visualizzare correttamente
la foto aerea a colori si è utilizzato il comando r.composite, il quale combina le tre
bande in un'unica immagine raster.
Queste operazioni sono state effettuate per ognuna delle sei ortofoto digitali
necessarie a coprire il territorio in esame, corrispondenti agli stessi quadranti in base
ai quali sono classificate le curve di livello della Carta Tecnica Provinciale.

4.5 Generazione della mappa di rischio valanghivo globale

Una volta create le carte appena descritte, si procede alla loro “somma” per ottenere
la mappa di rischio globale. In essa risulteranno zone in cui il pericolo:
- è elevato (giustificato dalla presenza di valanghe che annualmente le interessano);
- è medio alto;
- è medio, essendo mantenuto allo stato potenziale dalla funzione protettiva della
foresta;
- può essere ritenuto basso o medio basso.
Tale operazione si esegue con il comando r.mapcalc in cui si inserisce la formula
assegnando “pesi” diversi alle diverse mappe, in base alla loro importanza nel
processo di formazione delle valanghe. Tutte sono state poi confrontate con la CLPV,
unico strumento di riferimento per definire la bontà o meno del modello.

25
Per aver una buona idea dell’influenza dei vari fattori si realizzano due mappe:
 La prima si basa su una formula in cui si considerano le mappe delle aree
con pendenza compresa tra 25° e 60° e della copertura vegetale
riclassificata
rischio1=10*pend2560+vegright

 La seconda si basa sempre sulle stesse mappe della precedente con in


aggiunta il contributo opportunamente pesato della carta relativa ai cambi di
pendenza maggiori di 10°
rischio2=10*pend2560+vegright+2*cambiopendenzaright

Le due mappe ottenute hanno un range di valori abbastanza ampio; se consideriamo


la mappa rischio1 questi valori rappresentano le seguenti caratteristiche del territorio:
• Valore 0: fondovalle
• Valore 1: fustaia densa su terreno non ripido
• Valore 2: fustaia non densa su terreno non ripido
• Valore 5: pascolo o improduttivo su terreno non ripido
• Valore 11: fustaia densa su terreno ripido
• Valore 12: fustaia non densa su terreno ripido
• Valore 15: pascolo o improduttivo su terreno ripido.

Per meglio esprimere il rischio valanghe si è attuata un’ulteriore riclassificazione


delle due mappe in 5 categorie di rischio (nullo,basso, medio, medio alto e alto). Si
attua una simile ripartizione nelle diverse categorie dei valori ottenuti per le due
mappe:
- per la prima al valore 0 si assegna rischio nullo, ai valori 1, 2, 5 si assegna rischio
basso; a 11 rischio medio, a 12 Rischio medio alto ed infine 15 Rischio alto;

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Alto

Medio Alto

Medio

Basso

Nullo

Fig 13 – La mappa di rischio globale (rischio1)

- per la seconda ai valori da 1 a 5 Rischio Basso, a 7 Rischio medio basso, da 11 a


13 Rischio medio, per 14 e 15 Rischio medio alto e da 16 a 19 Rischio Alto.

Alto

Medio Alto

Medio

Medio Basso

Basso

Fig 14 – La mappa di rischio globale che tiene conto dei cambi di pendenza (rischio2)

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Come si può notare la mappa di rischio globale che considera i cambi di pendenza
(rischio2) non individua nuove zone di pericolo, ma suddivide ulteriormente le zone
già considerate a rischio nella mappa rischio1: per il presente lavoro, il quale ha lo
scopo di individuare aree potenzialmente pericolose per le infrastrutture, e non zone
più o meno pericolose in un area già a rischio, si è deciso così di considerare
esclusivamente la mappa di rischio globale denominata rischio1.
Il passo successivo è stato infatti importare nel programma i vettoriali relativi alle
varie infrastrutture presenti sul territorio: centri abitati, strade principali, piste da sci
ed impianti di risalita, unendoli poi in un'unica mappa con il comando v.patch.

4.6 Estrazione di aree pericolose per le infrastrutture tramite digitalizzazione

Si è proceduto quindi ad individuare le possibili aree dalle quali possono staccarsi


valanghe più o meno grandi che possono creare pericolo alle infrastrutture. Per fare
questa operazione in modo manuale si sono digitalizzate le zone pericolose in
prossimità di infrastrutture, individuate dalla clpv e dalla mappa di rischio ricavata in
precedenza (rischio1). La digitalizzazione è stata effettuata con il modulo v.digit, il
quale consente di digitalizzare oggetti vettoriali o modificare oggetti esistenti
attraverso un interfaccia grafica semplice ed intuitiva.
In questa operazione si sono rivelate utili le foto aeree, le quali, sovrapposte alla clpv
ed alla mappa di rischio globale (rischio1), hanno consentito di individuare la
morfologia del terreno (valli e creste spartiacque), digitalizzando così solo i versanti
pericolosi per le infrastrutture; un possibile errore era infatti quello di estrarre aree di
rischio sì in prossimità di opere, ma localizzate ad esempio su un pendio al di là della
cresta spartiacque, e quindi innocuo per l’impianto di risalita o per la pista da sci.
Come verifica di questa fotointerpretazione del territorio è stata utilizzata la vista
tridimensionale della zona in esame, disponibile in GRASS lanciando il comando
nviz. Questo comando è un programma avanzato di visualizzazione tridimensionale

28
contenuto nelle ultime versioni di GRASS, il quale permette di ottenere delle viste
tridimensionali del DTM, con la possibilità di cambiare l’attributo della superficie
con altri raster e sovrapporre vettoriali.
In questo modo sono state estratte due categorie di aree potenzialmente pericolose per
le infrastrutture:
1. zone dove il pericolo é reale: sono delle aree dalle quali sono probabili
distacchi di varie dimensioni durante tutto il periodo invernale, individuate sia
dalla clpv sia dalla mappa rischio1 ottenuta in precedenza; (riportate in rosso)
2. zone dove attualmente il pericolo é mantenuto allo stato potenziale dalla
funzione protettiva della foresta, dunque aree nelle quali è importante una
corretta gestione del bosco. (riportate in verde)

Fig 15 – Le categorie di aree valanghive ottenute sovrapposte alla foto aerea ed alle infrastrutture
presenti sul territorio

29
4.7 Estrazione di aree pericolose per le infrastrutture tramite procedura
automatizzata

Una volta ottenute le mappe sopra descritte, si è cercato di far generare da GRASS lo
stesso tipo di mappe attraverso una procedura automatizzata, e non digitalizzando
l’area pericolosa con il mouse.
Dato il carattere di questo tipo di operazione, la quale voleva essere una prova per un
possibile sviluppo futuro del lavoro in tal senso, è stato trascurato l’effetto della
vegetazione, seppur, come visto in precedenza, molto importante per quanto riguarda
la formazione delle valanghe.
L’idea che sta alla base di questa procedura automatizzata è quella di considerare aree
a rischio i versanti ripidi compresi entro una certa distanza dalle infrastrutture. Per
questa prima elaborazione è stata scelta una distanza planimetrica indicativa dalle
infrastrutture di 500 metri, considerato che nella zona in esame non sono presenti
versanti molto estesi e con dislivelli considerevoli in prossimità di manufatti. La
scelta di questa distanza è comunque molto importante, ed in un eventuale sviluppo
futuro deve essere scelta con un’analisi più dettagliata.
Il comando usato per estrarre le aree comprese nella distanza di 500 metri dalle
infrastrutture è v.buffer, che è stato eseguito separatamente sui vettoriali di impianti,
piste e centri abitati, e non sulla mappa che rappresenta unite tutte le infrastrutture.
Dal raster che evidenzia le pendenze da 25° a 60° tramite il comando r.neighbors è
stato creato un output nel quale dopo aver calcolato la media, la mediana o la moda
delle celle di una matrice NxN si assegna il risultato alla cella centrale. Questo
nuovo raster è stato trasformato in un vettoriale da r.to.vect.
Infine con il comando v.overlays si sono estratte le aree in comune sia al vettoriale
che rappresenta le zone in prossimità di infrastrutture sia al vettoriale che indica le
pendenze a rischio, ottenendo in questo modo un output contenente le aree
potenzialmente pericolose.

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5 COMMENTO DEI RISULTATI

5.1 Analisi delle carte di rischio valanghivo ottenute

Alla fine di questo lavoro si è arrivati ad ottenere tre tipi di mappe di rischio
valanghivo rappresentanti la zona del comprensorio sciistico di Madonna di
Campiglio:
1. Carta di rischio valanghivo globale.
2. Carta di rischio relativa alle aree pericolose o potenzialmente pericolose per
le infrastrutture, ottenuta in modo manuale.
3. Carta di rischio relativa alle aree potenzialmente pericolose per le
infrastrutture, ottenuta tramite procedura automatica.

Come descritto in precedenza, la Carta di rischio valanghivo globale suddivide


l’intero territorio in esame in varie categorie di rischio; si tratta già questo di un
documento interessante utilizzabile dai soggetti interessati e dalle locali Commissioni
Valanghe in unione alla Clpv, dato che individua non solo le aree già interessate dalle
valanghe, ma anche quelle che potrebbero esservi soggette.
Nel presente lavoro la carta di rischio valanghivo globale e la clpv sono state
utilizzate come base di partenza per ottenere la carta di rischio relativa alle aree
pericolose per le infrastrutture; questo tipo di mappa, ottenuta tramite
digitalizzazione, evidenzia in modo dettagliato i versanti dai quali c’è un determinato
rischio di distacco di masse di neve che possono interessare delle infrastrutture, divisi
in due categorie:
1) versanti dai quali c’è un elevato rischio di distacchi di varie dimensioni
durante tutto il periodo invernale;
2) zone dove attualmente il pericolo é mantenuto allo stato potenziale dalla
funzione protettiva della foresta;

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A titolo informativo si riportano di seguito le percentuali di queste categorie di
rischio rispetto alla superficie dell’intero territorio preso in esame.

Categoria 1: aree pericolose 3.33%


Categoria 2: aree protette da foresta 1.78%
Tabella 2- Aree pericolose effettive, espresse in percentuale

Per dare un’idea delle potenzialità valanghive dell’intero territorio in esame, nella
seguente tabella sono riportate la percentuale di superficie occupata dalla clpv e le
percentuali di aree coperte dalle classi di rischio medio, medio-alto ed alto calcolate
dalla mappa di rischio globale.

CLPV Rischio alto Rischio medio-alto Rischio medio


12.74% 27.23% 12.14% 7.09%
Tabella 3 - Superfici valanghive riportate nella clpv e nella mappa di rischio globale

Tuttavia i precedenti valori hanno un significato limitato, in quanto la clpv considera


anche le aree di scorrimento ed accumulo delle valanghe, e non solo l’area di
distacco; inoltre la clpv riporta solo le valanghe osservate, quindi verificatesi in
luoghi abbastanza accessibili anche in inverno, mentre la mappa di rischio globale
prende in esame tutto il territorio, comprese zone impervie nelle quali non si hanno
notizie di valanghe.

La terza carta di rischio ottenuta ha lo stesso scopo della mappa precedente, cioè
individuare i versanti pericolosi per le infrastrutture, ma è stata realizzata attraverso
una procedura automatizzata.

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Sovrapponendo le due mappe si nota una generale corrispondenza tra le aree di
rischio ottenute con i due metodi, anche se le superfici pericolose ottenute
automaticamente sono più estese delle aree individuate tramite digitalizzazione.

Fig 16 – Sovrapposizione delle aree digitalizzate e delle aree estratte automaticamente

La tabella sottostante mette in evidenza questa differenza espressa in percentuale.


Area di rischio totale ottenuta
5.75%
Automaticamente
Area di rischio totale ottenuta tramite
5.11%
digitalizzazione
Percentuale in comune tra l’area ottenuta in modo
2 %
automatico e l’area digitalizzata
Percentuale in eccesso dell’area ottenuta in modo
3.75%
automatico rispetto a quella digitalizzata
Tabella 4 - Confronto tra procedura di digitalizzazione e procedura automatica

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La differenza tra le due carte è dovuta principalmente a due cause:
• nella mappa di rischio ottenuta in modo automatico si sono considerate le aree
comprese ad una distanza inferiore di 500 metri dalle infrastrutture,
indipendentemente se queste erano al di là di creste spartiacque, dietro dorsali
che dividono il versante o addirittura ad una quota inferiore all’infrastruttura.
• non è stato preso in considerazione l’effetto della vegetazione, fattore di rischio
molto importante per quanto riguarda la formazione delle valanghe.

In seguito a ciò era inevitabile commettere un errore di sovrastima delle superfici a


rischio, errore che comunque è possibile ridurre considerevolmente, se non
addirittura eliminare, in una possibile evoluzione del lavoro. Per far questo sarebbe
necessario far riconoscere al programma i cambi di pendenza delle creste spartiacque,
i quali sarebbero usati come limite della superficie da considerare per un certo tipo di
impianto. Inoltre sarebbe utile che il programma prenda in esame solo i pixel che si
trovano ad una quota maggiore rispetto all’infrastruttura, per esempio utilizzando il
modulo r.mapcalc.
Considerare poi l’effetto della vegetazione consentirebbe di ottenere diverse categorie
di aree a rischio, con il vantaggio di arrivare ad un risultato utile per la corretta
gestione del patrimonio boschivo.

5.2 Conclusione

Tra le carte di rischio valanghivo prodotte in questo lavoro, la più interessante, ai fini
di una corretta gestione delle aree valanghive pericolose per le infrastrutture, risulta
sicuramente essere la mappa ottenuta tramite digitalizzazione. Come descritto nei
precedenti paragrafi, infatti, questo elaborato è in grado di individuare in modo
preciso i versanti pericolosi, o mantenuti allo stato di pericolo potenziale dalla
foresta, per quanto riguarda una determinata infrastruttura.

34
Dall’analisi di questa mappa si è visto che la superficie occupata da aree pericolose
non è molto estesa: per questo motivo si potrebbe arrivare alla conclusione che il
comprensorio sciistico di Madonna di Campiglio sia una zona relativamente sicura
per quanto riguarda la caduta di valanghe, almeno quelle di grandi dimensioni,
soprattutto rispetto ad altre località dell’arco alpino.
Ciononostante le aree a rischio presenti non sono da sottovalutare, specialmente nel
caso di inverni caratterizzati da abbondanti precipitazioni nevose.
Da qui l’importanza che potrebbe ricoprire una carta di rischio di questo tipo per una
corretta gestione delle particelle forestali individuate come aree potenzialmente
pericolose; inoltre tale elaborato risulterebbe utile in supporto ad un piano di
manutenzione e di gestione delle opere di difesa attiva e passiva dalle valanghe,
presenti in gran numero sui versanti classificati come pericolosi dalla mappa
prodotta.

Figg 17 e 18 – Opere paravalanghe di difesa attiva (reti da neve) e passiva (opera di intercettazione)

Un limite della carta di rischio ottenuta tramite digitalizzazione è sicuramente


l’elevato dispendio di tempo necessario a produrre tale elaborato, soprattutto se il
lavoro viene svolto su un territorio molto vasto, come potrebbe essere l’intero
territorio provinciale, e non su un singolo comprensorio sciistico.

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Per questo si è rivelato interessante provare ad estrarre le aree pericolose attraverso
una procedura automatizzata, come base da sviluppare per una possibile evoluzione
futura del lavoro, effettuata prendendo in esame un territorio anche vasto.

Fig 19 – Potenziale area valanghiva in prossimità di un impianto di risalita

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BIBLIOGRAFIA

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Valanghe che si staccano in bosco: soprassuoli più esposti, provvedimenti
ISTITUTO FEDERALE PER LO STUDIO DELLA NEVE E DELLE VALANGHE – DAVOS

2) A. Roch (1980)
Neve e valanghe
CLUB ALPINO ITALIANO

3) B.Salm (1987)
Guida pratica sulle valanghe
C.A.I. - C.A.S.

4) D.McClung – P.Schaerer (1993)


Manuale delle Valanghe
ZANICHELLI

5) W.Munter
3 X 3 Lawinen
CAS – DAV – OEAV – AVS - MAMMUT

6) S.Tabarelli (1996)
Tesi di Laurea: Applicazione di un sistema informativo territoriale alla
valutazione delle aree forestali potenzialmente soggette a fenomeni valanghivi
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TRENTO

7) http://www.ing.unitn.it/~grass/
Tutorial Grass 6
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TRENTO

37
8) http://www.meteotrentino.it
La Carta di Localizzazione Probabile delle Valanghe (CLPV)
UFFICIO NEVE E VALANGHE E METEOROLOGIA
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

9) Provincia Autonoma di Trento


Piani di assestamento forestale
UFFICIO FORESTE

10) G.Fruet - P.Cestari - M.Gadotti


Trentino: la nuova carta valanghe digitale
http://www.aineva.it

11) http://grass-italia.como.polimi.it/
Sito degli Utenti Italiani di GRASS

12) http://grass.itc.it/
Sito ufficiale del GIS GRASS

13) M.Meyer-Grass - H.Imbeck


Il deperimento dei boschi e il pericolo di valanghe
NEVE E VALANGHE, 1986, n°4

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