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IL PRINCIPIO DI CAUSALIT

(aggiornato 30 marzo 2012)


Come noto fin dai tempi di Aristotele, un metodo per acquisire delle verit quello
di induzione. Secondo tale metodo, si pu pervenire alla definizione di un princi
pio generale dopo averlo verificato in un gran numero di casi particolari.
Un difetto di tale metodo che il principio generale cos ricavato sar valido solo n
ell'ambito di fenomeni simili a quelli in cui esso stato verificato.
Un caso tipico di tale limite il principio di causalit. Nella vita di tutti i gio
rni noi incontriamo un gran numero di fenomeni e possiamo verificare che tutti h
anno una causa. Ad esempio, se io trovo degli orologi ed indago sulla loro origi
ne, giunger sempre alla conclusione che essi siano stati fabbricati da un orologi
aio; non verificher mai che essi si siano fatti da soli. Quindi potrei essere ten
tato di affermare che tutto quello che esiste al mondo ha una causa.
Ma gi il filosofo scozzese David Hume nel secolo XVIII aveva criticato il princip
io di causalit. Secondo Hume, il fatto che ad un evento A segua da milioni di ann
i un evento B non pu darci la certezza assoluta che ad A segua sempre B e nulla c
i impedisce di pensare che un giorno le cose andranno diversamente e, per esempi
o, a B segua A. Per ovviare a ci ci vorrebbe un principio di uniformit della natur
a che si incarichi di mantenere costanti in eterno le leggi della natura, cosa c
he per Hume non n intuibile n dimostrabile.
Hume ritiene inoltre che non necessariamente un oggetto che inizia ad esistere d
ebba avere una causa. In realt la necessit della relazione causale non avrebbe un
fondamento logico e neppure empirico, ma soltanto psicologico. Del resto, tutta
la speculazione humeana volta a dimostrare, nell'ambito delle conoscenze sperime
ntali, il fondamento psicologico delle credenze e dei concetti umani.
In fisica esistono molti fenomeni nei quali non si ha l'evidenza della causalit.
Ad esempio nella radioattivit un nucleo atomico emette spontaneamente una partice
lla a o trasformandosi in un nucleo di un altro elemento. Si conosce la velocit c
on cui ogni insieme di nuclei di un dato elemento si trasforma, tanto che ogni e
lemento radioattivo caratterizzato da un proprio tempo di dimezzamento, trascors
o il quale rimane solo la met dei nuclei originali. Ma, dato un singolo nucleo, n
on c' modo di provocarne il decadimento, e neppure di prevedere dopo quanto tempo
decadr. Il decadimento radioattivo di un singolo nucleo quindi un fenomeno senza
causa.
Un altro esempio dato dalla comparsa di particelle che si creano dal nulla. Part
icelle virtuali emergono dal vuoto, prendendo a prestito temporaneamente un po'
della sua energia, [...] quindi spariscono di nuovo nel vuoto, portando con s l'e
nergia che avevano preso in prestito (1).
Ci sono fenomeni che hanno una causa generale, ma non una causa che stabilisca i
l punto preciso in cui avvengono. Ad esempio il moto della materia, che in base
al principio di inerzia dovrebbe essere rettilineo, in determinate condizioni di
venta vorticoso. Tali condizioni sono quindi la causa del moto vorticoso in gene
rale, ma non vi una causa che stabilisca il punto preciso in cui si forma un sin
golo vortice.
Anche l'orogenesi ha una causa generale, che consiste nel movimento delle placch
e tettoniche, a sua volta causato dalle correnti convettive del mantello, ma il
punto preciso dove si formano le singole vette montagnose sembra del tutto capri
ccioso e senza una causa precisa.
Nella fisica relativistica i diagrammi spazio-tempo sono spesso usati per rappre
sentare le interazioni tra particelle. Scrive Capra: Essi "possono essere interp
retati in termini di causa ed effetto solo quando [...] sono letti in una determ
inata direzione, per esempio dal basso verso l'alto. Quando vengono considerati
come figure quadridimensionali prive di una direzione definita del tempo, non c'
un prima n un dopo e quindi nessuna relazione di causalit" (2). Altrimenti l'effetto p
otrebbe precedere la causa! Scrive ancora Capra: Come le nostre ordinarie nozion
i di spazio e di tempo, la causalit un'idea limitata a una certa esperienza del m
ondo e deve essere abbandonata quando questa esperienza viene ampliata" (2).
Secondo il fisico americano Vilenkin (3) esiste un oceano di falso vuoto in cui
continuamente si formano big bang che danno luogo ad isole di vero vuoto. Ogni i

sola di vero vuoto un universo che si espande ad una velocit prossima a quella de
lla luce, creando galassie e stelle al suo interno. Noi vivremmo in una di quest
e isole e non potremmo vedere le altre. Non sembra che vi sia una causa precisa
per la quale un'isola di vero vuoto si crei in un punto piuttosto che in un altr
o.
Secondo i fisici Hawking e Mlodinow (4) la materia si pu creare spontaneamente da
l nulla, a condizione che l'energia negativa dovuta alla gravit compensi esattame
nte l'energia positiva dovuta al movimento delle sue particelle, cos che la diffe
renza sia pari a zero. Ad esempio, l'energia gravitazionale negativa della Terra
meno di un miliardesimo della sua energia positiva, e quindi corpi isolati come
la terra o anche stelle o buchi neri non possono comparire dal nulla. Ma un int
ero universo pu crearsi spontaneamente dal nulla.
Secondo il cosmologo brasiliano Mrio Novello (5), per dimensioni molto piccole si
verificano fluttuazioni di natura quantistica nello spazio-tempo, che possono e
ssere rilevanti e persino dominanti, e portano ad una creazione spontanea. Inolt
re ricerche recentissime sulle supernovae hanno messo in evidenza che l'espansio
ne dell'universo si sta accelerando; ci sarebbe consistente con l'eventualit che i
l big bang non sia stato una singolarit, ma una riduzione dell'universo ad un vol
ume minimo, conseguente ad un precedente collasso; quindi l'universo potrebbe es
sere eterno. In ogni caso si constata che il vuoto instabile, per cui non sembra
possibile che nulla esista: l'universo era condannato ad esistere. Anche il fis
ico Martin Bojowald (6) pensa che il big bang non rappresenti l'inizio dell'univ
erso, ma sia stato preceduto da una fase di contrazione.
Anche secondo il fisico Roger Penrose (7), professore emerito all'Universit di Ox
ford, sostenitore della teoria "CCC" (cosmologia ciclica conforme), il nostro un
iverso va visto come una successione forse infinita di "eoni", ognuno dei quali
appare come la storia di un universo in espansione, e dove il big bang non un fa
tto unico ma il passaggio da un eone ad un altro; quindi vi sono moltissimi "big
bang"! Anche Paul J. Steinhardt, professore di Fisica ed Astrofisica all'Univer
sit di Princeton, e Neil Turok, professore di Fisica matematica all'Universit di C
ambridge (8), credono che ogni ciclo duri circa mille miliardi di anni; alla fin
e del ciclo si ha una fase di contrazione e quindi un "big crunch" o grande coll
asso, a cui segue un nuovo "big bang".
Concludendo, il principio di causalit valido solo nell'ambito di alcuni fenomeni
e non ha validit generale. Pertanto pretendere di dimostrare l'esistenza di Dio i
n base al principio di causalit (cio alla presunta necessit che il mondo abbia una
causa prima) illusorio. L'universo potrebbe essersi creato da solo, od essere et
erno.
Carlo Consiglio
(1) L. Randall, Warped passages, Ecco Press 2005. Traduzione italiana: Passaggi
curvi, Mondadori, 2006, p. 237.
(2) F. Capra, The Tao of physics, 1975. Traduzione italiana: Il Tao della fisica
, Adelphi, Milano, 1982, 2007, pp. 217-218,
(3) A. Vilenkin, Many worlds in one: the search for other universes, 2006. Tradu
zione italiana: Un solo mondo o infiniti? alla ricerca di altri universi, Cortin
a, Milano, 2007.
(4) S. Hawking & L. Mlodinow, The grand design: new answers to the ultimate ques
tions of life, Bantam, London, 2010. Traduzione italiana: Il grande disegno: per
ch non serve Dio per spiegare l'universo, Mondadori, Milano, 2011.
(5) M. Novello, O que cosmologia: a revoluo do pensamento cosmolgico, 2006. Traduzi
one italiana: Qualcosa anzich il nulla: la rivoluzione del pensiero cosmologico,
Einaudi, Torino, 2011.
(6) M. Bojowald, Zurck vor den Urknall: die ganze Geschichte des Universums, Fisc
her, Frankfurt am Main, 2009. Traduzione italiana: Prima del big bang, storia co
mpleta dell'universo, Bompiani, Milano, 2011.
(7) R. Penrose, Cycles of time, 2010. Traduzione italiana: Dal big bang all'eter
nit: i cicli temporali che danno forma all'universo, Mondadori, Milano, 2011.
(8) P. J. Steinhardt & N. Turok, Endless universe: beyond the big bang, 2007. Tr

aduzione italiana: Universo senza fine: oltre il big bang, Il Saggiatore, Milano
, 2010.
ESISTE IL LIBERO ARBITRIO?
(nuovo testo)
Marco Iacoboni, docente nella Facolt di Medicina dell'Universit della California a
Los Angeles, nel suo libro "I neuroni specchio - Come capiamo ci che fanno gli a
ltri" (1), descrive forme inconsce d'imitazione tra persone che interagiscono so
cialmente e meccanismi neurobiologici del rispecchiamento dovuti ai "neuroni spe
cchio", recentemente scoperti. Questi dati, egli afferma, "lasciano supporre un
automatismo biologico difficile da controllare, che potrebbe delegittimare la vi
sione classica di una capacit decisionale autonoma su cui poggia il libero arbitr
io".
Anche il grande fisico Stephen Hawking pensa che il libero arbitrio sia un'illus
ione. Infatti la nozione di libero arbitrio incontra insormontabili difficolt: se
noi abbiamo il libero arbitrio, a quale stadio dell'evoluzione esso apparve? Lo
scimpanz ha libero arbitrio? E i vermi? E le alghe azzurre? Inoltre, come si con
cilia il libero arbitrio con l'osservazione che, stimolando elettricamente una d
eterminata parte del cervello, si crea nel paziente il desiderio di muovere la m
ano o il piede, o di muovere le labbra e parlare (2)?
Il fisiologo Benjamin Libet ha dimostrato che l'attivit nelle regioni motrici del
cervello pu essere evidenziata circa 350 millisecondi prima che una persona sent
a di aver deciso di muoversi (3). Soon e la sua quipe hanno mostrato che alcune d
ecisioni "consce" possono essere rivelate fino a 10 secondi prima che diventino
coscienti (quindi molto prima dell'attivit motoria preparatoria scoperta da Libet
) (4). Questi dati secondo il neurofisiologo Harris sono difficilmente conciliab
ili con l'idea che uno sia la sorgente conscia delle sue azioni (5). Anche per i
l neurobiologo Dick Swaab molti fattori ereditari ed influssi esterni, gi nelle p
rimissime fasi dello sviluppo cerebrale, hanno stabilito la struttura ed il funz
ionamento del cervello per il resto della nostra vita, cos che il nostro comporta
mento gi fissato in misura rilevante fin dalla nascita; egli definisce il libero
arbitrio "un'illusione" (6). Swaab osserva che fino al 1992 "si tentato inutilme
nte di "guarire" gli omosessuali dalla loro supposta malattia mentale [...] Sare
i curioso di sapere quanto ci vorr perch anche relativamente ad altri tipi di comp
ortamento che si ritengono dettati dal libero arbitrio, come il comportamento ag
gressivo e criminale, la pedofilia, la cleptomania e lo stalking, si faccia stra
da la stessa concezione" (6).
Non bisogna confondere la consapevolezza con il libero arbitrio. Mentre leggete
questo articolo, il vostro corpo produce globuli rossi ed enzimi digestivi, ma v
oi non ne sentite la responsabilit, solo perch si tratta di processi inconsci (7).
Secondo Libet, tuttavia, vi sarebbe la possibilit di conciliare automatismo e lib
ero arbitrio. Infatti, poich tra la consapevolezza dell intenzione di compiere un azi
one e l inizio dell azione stessa intercorre un tempo di una frazione di secondo, vi
sarebbe la possibilit di trattenere l azione imminente, fermando i processi cerebr
ali gi innescati. Il libero arbitrio, pertanto, consisterebbe nella capacit di fer
mare l impulso gi avviato a livello neuronale (8).
Forse dobbiamo rivedere la nozione di libero arbitrio, cos diffusa nella nostra s
ociet. Se le nostre azioni fossero automatiche, e non frutto di una libera scelta
, allora cadrebbe il nostro concetto di amministrazione della giustizia, basata
sulla punizione del colpevole, perch non vi sarebbe alcuna colpa: infatti, second
o molti filosofi, la responsabilit sarebbe incompatibile con il determinismo (9).
Potrebbero restare le sanzioni, ma solo come deterrente, senza la pretesa di da
re una "retribuzione". Cadrebbe anche gran parte delle religioni, in larga misur
a basate sul pentimento per i "peccati" commessi e sulla credenza di un'altra vi
ta dopo la morte, dove i "buoni" sarebbero "premiati" ed i "cattivi" sarebbero "
puniti". Ma se non vi responsabilit, non vi sono neanche meriti da premiare n colp
e da espiare. Il bene ed il male tuttavia esistono, come comportamenti rispettiv
amente utili o dannosi per la societ, e per incrementare i primi e ridurre i seco
ndi occorrono soprattutto educazione ed istruzione; inoltre delle sanzioni potre

bbero sempre essere applicate, ma come deterrente e non pi come retribuzione.


Carlo Consiglio
(modificato il 27 ottobre 2012)
(1) M. Iacoboni, I neuroni specchio: come capiamo ci che fanno gli altri, Bollati
Boringhieri, Torino, 260 pp., 2008.
(2) S. Hawking & L. Mlodinow, The grand design, Bantam, 198 pp., vedi pp. 30-32,
2010. Traduzione italiana: Il grande disegno, Mondadori, Milano, 180 pp., vedi
p. 30, 2011.
(3) B. Libet, C. A. Gleason, E. W. Wright & D. K. Pearl, Time of conscious inten
tion to act in relation to onset of cerebral activity (readiness-potential): the
unconscious initiation of a freely voluntary act, Brain, 106 (3): 623-642, 1983
.
(4) C. S. Soon, M. Brass, H. J. Heinze & J. D. Haynes, Unconscious determinants
of free decisions in the human brain, Nat. Neurosci. 11 (5): 543-545, 2008.
(5) S. Harris, The moral landscape: how science can determine human values, Free
Press, New York, 307 pp., 2010.
(6) D. Swaab, Wij zijn ons brein: van baarmoeder tot Alzheimer, Uitgeverij Conta
ct, Amsterdam, 2010. Traduzione italiana: Noi siamo il nostro cervello: come pen
siamo, soffriamo e amiamo, Elliot, Roma, 462 pp., 2011.
(7) S. Harris, Free will, Free Press, New York, 81 pp., 2012.
(8) G. Sartori & C. Scarpazza, Cervello e responsabilit; in: M. De Caro, A. Lavaz
za, G. Sartori, Quanto siamo responsabili? Filosofia, neuroscienze e societ, Codi
ce edizioni, Torino, pp. 59-82, 2013.
(9) S. Nichols, Experimental philosophy and the problem of free will. Science, 3
31: 1401-1403, 2011.

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