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La Lingua dei documenti notariLi

aLto-medievaLi deLLitaLia meridionaLe


bilancio degli studi e prospettive di ricerca

a cura di
rosanna sornicola e paolo greco
con la collaborazione di
giovanna pianese

ACCADEMIA DI ARCHEOLOGIA LETTERE E BELLE ARTI

TAVOLARIO EDIZIONI MMXII

le carte alto-medievali come fonte di lingua:


qualche esperienza personale
PR LARSON

he paper relates the authors experience as a researcher in the ield of pre-literary italian,
using Latin charters from the eight to twelfth centuries ad (mainly from tuscany) as sources
for information on the vernacular of the time, in the ields of phonetics, morphology and
lexicography. diferent approaches are taken into account and the paper proceeds to highlight
three cases of possible interference between the vernacular and the Latin of the charters: a
particular type of genitive occurring in nouns of the third declination; the use of apparently
plural demonstrative pronouns with nouns in singular (e.g. ille terra, ipsi petio); the
occurrence or not of a prosthetic vowel before initial clusters of the type sk, sp, st.

1.introduzione
signore e signori,
io vi devo confessare che, oltre a essere contento e anzi lusingato dellinvito a partecipare
a questa giornata di studi, ne sono anche leggermente intimidito, perch se vero che ho
passato vari anni alla ricerca di elementi volgari in carte italiane medievali soprattutto della
toscana per anche vero che ci successo parecchio tempo fa: da circa un decennio
non me ne sono pi occupato se non di sfuggita, quando per qualche ragione mi capitato
di dover riutilizzare i miei vecchi spogli. per riuscire a dirvi qualcosa di possibilmente utile
non mi resta perci altra scelta che ritornare ai miei lavori pregressi, nella speranza di trarne
qualche elemento ancora valido. mi scuso in dora per il tono dellesposizione, che sar per
forza piuttosto egocentrico1.
il mio rapporto damore con il mondo dei documenti medievali cominci quando ero an
cora uno studente di lettere, a met degli anni ottanta; ero al terzo anno di storia della lingua
italiana e dovevo svolgere una ricerca seminariale. il mio maestro arrigo castellani tir fuori

non parler invece delle ricerche di tipo puramente lessicale, come larson 1995, 19962 e 1998.

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pr larson

dalla sua cartella una lista di possibili argomenti di tesi di laurea e di relazioni di seminario, e
tra questi ultimi ce nera uno che mi incurios subito, dato che avevo appena seguito un corso
entusiasmante con il grande paleografo emanuele casamassima: lanalisi linguistica delle carte
lucchesi anteriori al mille, pubblicate nella prima met dellottocento da due canonici, do
menico bertini e domenico barsocchini2. si trattava di un tema che, come capii pi tardi,
stava molto a cuore al mio professore, che aveva gi utilizzato le carte di lucca come fonti di
lingua volgare nei suoi studi sulla formazione del tipo fonetico italiano e sullantroponomia
medievale toscana, e anche altrove3.
naturalmente, trattandosi da un lato di una serie di ponderosi volumi e dallaltro di una
semplice relazione seminariale, dovetti ritagliarmi un sottoinsieme piuttosto ridotto di docu
menti rogati mi pare di ricordare nel primo venticinquennio del iX secolo. fu la prima
volta che afrontai quel tipo di fonti e per mia fortuna, pi che per mio merito, ci avvenne nel
migliore dei modi. non sicuro di che cosa esattamente dovessi cercare, percorsi attentamente
colonna per colonna, riga per riga, le pagine da spogliare, segnandomi ogni forma o fenomeno
che destasse curiosit o sospetto. concluso lo spoglio, presi il treno per lucca per rivedere
tutti i documenti originali, per scoprire che essi come spesso accade serbavano non poche
sorprese: errori di trascrizione, graie o addirittura intere righe sfuggite ai trascrittori, ecc.
il risultato inale della ricerca ovviamente non fu clamoroso (le ore e i giorni spesi servirono
per a familiarizzarmi per la prima volta con il latino medievale documentario), ma castel
lani rimase contento e mi propose di approfondire ulteriormente largomento in una tesi di
laurea dedicata alla lingua dei documenti rogati in epoca longobarda. qui, data leccellenza
delledizione di luigi schiaparelli4 (integrata, per il cinquantennio successivo alla caduta del
regno longobardo nel 774, con le edizioni di documenti curate da barsocchini e bertini, da
Wilhelm Kurze5 e da altri), veriicabile in parte sui volumi con fotoriproduzioni delle chartae
Latinae antiquiores, potei esimermi dal controllare ogni singolo passo sulloriginale. constatai
per ed una convinzione che continuo a nutrire che soltanto le trascrizioni diplomatiche
o diplomaticointerpretative, con ogni scioglimento di abbreviazione doverosamente segnalata
nel testo (con parentesi tonde o con il carattere corsivo) possono venir adoperate come fonti
linguistiche sicure: in tutti gli altri casi occorre passare al controllo autoptico, per non rischiare
di analizzare forme ricostruite o addirittura inventate dagli editori6.

2
bertini/barsocchini 18181841 (le citazioni da questa edizione sono segnate con la sigla mem.Lu. seguita dai
numeri di pagina, colonna e rigo).
3
cfr. castellani 1980, i pp. 8990; 462, 466, 512 ss., 566567.
4
le citazioni da questa edizione saranno segnate con la sigla cdl seguita dai numeri di tomo, pagina e rigo.
5
le citazioni da questa edizione sono segnate con la sigla cdamiat seguita dai numeri di pagina e rigo.
6
le cose si fanno ancora pi serie quando ci si trova a dover ricorrere a edizioni antiche, come nel caso delle mie carte
di lucca, edite in epoca prescientiica: il secondo e pi intelligente dei due canonici, il barsocchini, metteva talvolta a
testo delle forme pi volgari di quelle che realmente si trovavano nelle pergamene! (cfr. castellani 1980, i pp. 8990,
che conclude: la raccolta del bertini e del barsocchini, purtroppo, non ofre sempre forme sicurissime).

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Le carte aLto-medievaLi come fonte di Lingua

2. Questioni di metodo
la tesi di laurea, rimasta inedita anche se successivamente letta e citata da alcuni studiosi7,
fu per me il banco di prova di un metodo, relativamente alla possibilit di dedurre informazio
ni sulla lingua volgare dal latino dei documenti. esistevano gi due lavori dedicati alle carte
del codice diplomatico longobardo, il primo dovuto al tedesco Wilhelm funcke8 e il secondo ai
coniugi statunitensi robert e frieda politzer9. se del primo lavoro, privo di metodo scientiico,
non mette conto parlare, i politzer afermano invece in dalla parte introduttiva del loro studio
di avere accepted the documents as having a deinite connection with the spoken language of
the time, since we feel that this has been established by previous studies10, optando di con
seguenza per unanalisi di tipo quantitativo (quasi si trattasse delle parole uscite dalla bocca di
un parlante di una lingua viva), contando gli esempi dei vari cambi rispetto alle corrispon
denti forme del latino classico11.
il lavoro dei politzer, che analizzano le desinenze nominali declinazione per declinazione
e caso per caso, non d, in verit, grandi risultati, o almeno non risultati avvalorati appieno
dagli stessi studiosi: essi, pur notando, per esempio, come la tendenza a sostituire -us con -o o
-u sia noticeably greater in nomi propri che in nomi comuni, o pur trovando degna di nota
loccorrenza, in carte lucchesi, di toponimi della terza declinazione con plurale in -i < es (p.
es. colli), si guardano per bene dal trarne le debite conclusioni. unanalisi quantitativa dei
fenomeni morfologici delle carte non poteva, del resto, dare risultati soddisfacenti: la presenza
di elementi tradizionali, di forme cristallizzate e invalse troppo preponderante nella lingua
notarile perch si possano in tal modo ottenere delle testimonianze sincere sullo stato della
lingua viva12.
un metodo come questo, puramente quantitativo, non poteva perci essere il mio, dato
che era troppo ovvio che il linguaggio delle carte non costituisce un systme o tout se tient.
trovai un aiuto decisivo per uscire dal vicolo cieco in un famoso articolo di francesco saba
tini, esigenze di realismo e dislocazione morfologica in testi preromanzi13, dove lautore mostra
come determinati fenomeni tendono a comparire in determinate parti dei documenti: cos,
tra laltro, in liste o elenchi nominali si osserva addirittura in dal sesto secolo d.c. la comparsa
di un sistema di desinenze nominali che prescindono del tutto dal sistema casuale latino per

cfr. maraschio 1993, p. 149 ss.


funcke 1938.
9
politzer/politzer 1953.
10
politzer/politzer 1953, p. 1.
11
i coniugi politzer sono ben consci della discutibilit di tale scelta: he application of the classical latin standard
is actually of course a somewhat questionable procedure and fairly meaningless for the morphology of the noun after
prepositions, since from the eight century point of view a noun after a preposition is object of a preposition rather than
dative, accusative or ablative. it was thought best, however, to adhere to the standard of classical latin, since the latter is
a rigorous one, and not subject to interpretation (politzer/politzer 1953, p. 14).
12
del resto gli scrivani longobardi non avevano certamente nessuna intenzione di scrivere in volgare, e questo men
che meno nelle carte, cui potevano dare valore giuridico soltanto adeguandosi il pi strettamente possibile alla tradizione.
13
sabatini 1965.
7
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pr larson

avvicinarsi invece a quello che sar il sistema italiano. non star qui a ripetere gli argomenti
di sabatini, che ho gi citato e discusso altrove14, ma voglio ribadire che ancora attuale la sua
afermazione:
ai ini di uno studio linguistico di questi documenti essenziale distinguere le parti di formular
io (protocollo, escatocollo, datatio, subscriptio), dalle parti libere (che formano il dispositivo)15.

tra tali parti libere, oltre alle liste nominali, sabatini elenca anche le speciicazioni di
conini di terreni, gli elenchi dei prodotti del suolo che i contadini devono pagare al padrone,
gli inventari di beni, e anche, allinterno delle descrizioni di terre, il riferimento ai toponimi
e alle distanze misurate secondo luso locale [...], o anche una dichiarazione o testimonianza
resa dagli astanti. a queste sedi di licenza ho potuto aggiungerne unaltra: le cosiddette note
dorsali apposte sul retro dei documenti, con funzione di titolo16.
se non voglio ripetere per ilo e per segno il gi detto e scritto, occorre per ricordare ed
una cosa che non mi pare di aver inora sottolineato a dovere che la sempliicazione morfo
logica non implica di per s il diretto volgarismo, o comunque non necessariamente il rilesso
della lingua viva dellepoca e della zona dove stato scritto il testo in questione. bisogna fare
i conti con pi livelli di lingua, e tra questi c anche quello del latino sempliicato che per
resta, nelle intenzioni dello scrivente, latino. tra le forme presenti nelle liste nominali riportate
da sabatini, redatte dal 564 in avanti, ci sono in realt anche lessemi senza diretti continuatori
romanzi.
osserviamo alcune note dorsali:
cartula conparationi da filiperto ilio filimari fabro (pistoia 726); Breve da Sprinca ilio Sindoni (lucca 770); dote de eccl(esia) iacobi diac(oni) (lucca 790); Livello da dulciolo et gumprando de casale maiore (lucca 816); adfeduciato da magno da orticaria [lucca 819]17.

davanti a brani come questi si potrebbe essere tentati di pensare che si tratti sic et simpliciter di lingua volgare, ma non cos: si tratta piuttosto di un latino volutamente sempliicato,
che forse meriterebbe il nome fatto conoscere da ramn menndez pidal (che laveva trovato
in un manoscritto del sec. Xiii) e reso popolare da darco silvio avalle, latinum circa romanum18.

cfr. larson 2000, pp. 15253, larson 2003, p. 130.


sabatini 1965, p. 975.
16
cfr. larson 2000, pp. 15356.
17
larson 1988, pp. 14748.
18
menndez pidal 19503, p. 459.
14
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Le carte aLto-medievaLi come fonte di Lingua

3. genitivo sempliicato o dativo?


nelle carte di epoca longobarda e franca non tutto ci che non classico dunque volgare:
certi tratti sembrano aver avuto vita solo nella scripta latina documentaria. uno di questi tratti
riguarda una categoria grammaticale non sopravvissuta in italoromanzo, se non in qualche
forma isolata: il caso genitivo.
si tratta di questo: in numerose carte toscane e dellitalia settentrionale sincontra un tipo
di genitivo in -i di nomi imparisillabi della terza declinazione, maschili e femminili: aurifex
(gen. auriici), crux (gen. cruci/croci), dux (gen. duci/doci), rex (gen. regi); una nutrita serie di
nomina agentis in -tor (gen. aucturi/autori, conserbatori/conserbaturi/conservatori/conservaturi,
curatori, daturi, donatori, irmaturi, genitori/genituri, manifestaturi, oferturi, pictori, promessori/promessuri/promissori, repromessori/repromessuri, salvaturi, tradituri, venditori/vinditori),
nomi in -o (gen. avitationi, cautioni, comparationi, conirmationi, disponsatione, donationi,
ofersioni, renovationi, scarioni, tingationi, venditioni/vindicioni) e qualche altro termine (gen.
civitati, curti, vinditrici).
il genitivo in -i difuso anche nellonomastica (e.g. tzenoni), dove spesso non viene fatta
nessuna diferenza tra nomi della seconda e della terza declinazione: cos un ego iustu auriice
da porta S(an)c(t)i geruasi in una carta lucchese del 739 compare al genitivo come iustoni
auriici.
il fenomeno del genitivo in -i della terza declinazione si potrebbe spiegare per analogia con
il dativo: nella prima declinazione, rosae era la forma sia del genitivo sia del dativo e nel rume
no i due casi sono conluiti in uno19. io preferisco tuttavia pensare che si tratti di un fenomeno
di analogia: come nella morfologia nominale sempliicata descritta sopra (quella, tanto per
intenderci, riscontrata da sabatini) si ha n casa g case e n servo g servi con la forma del
genitivo uguale a quella del nominativo plurale, cos si sono venuti formando paradigmi come
n duce g duci, n conservatore g conservatori, n venditione g venditioni, ecc. lipotesi
dellestensione della desinenza genitivale singolare -i dalla seconda alla terza declinazione mi
sembra confortata dallestensione ben documentata di -orum alla iii declinazione20. se mi
permesso di ripetermi, vorrei concludere a questo proposito che viene il sospetto che questo
genitivo notarile in -i sia il tentativo di raforzare una categoria grammaticale morente, elimi
nandone il precedente polimorismo21.

19
heinrich lausberg (1976, 625 ss.) include, nei paradigmi della declinazione consonantica latina e delle forme
romanze, un genitivodativo in i, che per testimoniato soltanto da forme rumene. fra i pronomi italiani si hanno
tracce della conluenza dei due casi: il pronome relativo cui, con funzione di accusativo, dativo o genitivo (cfr. rohlfs
19661969, 483 e 485) deriva da un dativo latino, loro e costoro dai genitivi illorum e (ec)cu istorum.
20
per ulteriore bibliograia cfr. larson 2000, pp. 153154 n. 6.
21
larson 2000, p. 153.

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pr larson

4. il tipo ille terra, ipsi petio


vorrei segnalare un altro fenomeno, la cui possibile relazione con il volgare mi sfuggiva al
momento della tesi, e del quale ho trovato esempi soltanto nei documenti del territorio luc
chese, dove per abbastanza comune. si tratta dei nomi singolari concordati con pronomi
dimostrativi al plurale:
cdl (anni 720773):
masch.: sorticella quod ipsi aunifrid clirico ice (lucca 720, copia ante 740) i.100.8; illi alio petzolo, illi petzolo (lucca 752) i.295.6, 7 e 10; qui ipsi petio uno capo tene... (lucca 764) ii.144.2;
ipsi genitor tuus (lucca 772) ii.384.7; ipsi orto (lucca 773) ii.415.9.
femm.: ipse ecclesia (lucca 720, copia sec. viiiiX) 102.19 e 104.22; ipse hecclesia (lucca 728
29) i.145.2; his ipse s(upra)s(crip)[ta] casa (lucca 738, copia sec. viiiiX) i.205.10; ipse s(upra)
s(crip)ta casa data est (lucca 738, copia 75872) i.210.2; si mihi aduineret ille persona (lucca
740) i.228.16; ipse ecclesia (lucca 750) i.288.11; ipse terra (lucca 752) i.295.10; alia tale cartula
[...] qualis ille erat, ipse casella (due volte), ipse casa (lucca 754, copia 755) i.329.1415, 330.21
e 23, 332.9; ipse terra (terr. di lucca 755) i.356.10; ipse d(e)i eclesia, ipse conpositio (lucca 759)
ii.35.10 e 36.27; ipse eclesia (lucca 764) ii.146.24; ipse res mea ofersam est (terr. di lucca 765)
ii.175.11; ipse ecclesie regere et gubernare (lucca 765) ii.186.3; ipse terra (due volte), et ille alia
(luca 768) ii.255.5 e 9, 255.10; ipse uinea, ipse terra, ipse petia, ipse ilia mea (tre volte) (terr. di
lucca 771) i.337.17 e 24, 338.8, 338.27, 29 e 31; ille alia petia (lucca 772) ii.372.17; ipse sala,
ipse tua portionem (lucca 773) ii.415.7 e 26.
mem.lu. (774825):
masch.: ipsi uirgario (lunata 792) 171.20; ipsi uirgario (lucca 808) 211.a31.
femm.: ille alia petia (lucca 779) 101.b16; ipse basilica S(an)c(t)i Petri (lucca 785) 118.b15;
ipse clausura (lunata 792) 171.16; ipse bassilica (uiturio [garfagnana] 795) 33.15; ille alia
petia, ille tertia petia (carraria 799) 164.a34 e a3940; duos petiis de terra tua, qui una ex ipse
[...] ipse terra [...] et ille alia petia (lucca 804) 187.a1018; una de ipse petie [...] ille alia petia
[...] ambe ipse petie (lucca 806) 197.a15b42, una ex ipse petie [...] ille alia petiola (lucca 808)
211.a2226; una ex ipse [...] ille alia [...] ille tertia casa, una ex ipse [...] et duo [...] ille quarta petia
(lucca 808) 213.a14b3, b11132; ipse petia (vetruniana 810) 224.a 36; una ex ipse petie [...]
ille alia petia (lucca 813) 231.a248; qui una ex ipse case [...] ille alia (lucca 824) 279.a10122;
casas tres, qui una ex ipse [...] ille alia [...] tertia uero 285.b132.

come vediamo, ille/ipse e illi/ipsi compaiono sia davanti a vocale sia davanti a consonante,
ragion per cui non pu trattarsi di unerronea restituzione graica di vocale elisa, come avreb
bero potuto far pensare ipse ecclesia e ipsi orto. una possibile spiegazione che per vale solo
per ille/ipse f.sing. che lormai generale passaggio dei plurali neutri al femminile (il tipo

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Le carte aLto-medievaLi come fonte di Lingua

le braccia) abbia fatto s che i vari ille latera, ipse loca inluenzassero, nella mente dei notai,
anche i singolari femminili, che ugualmente uscivano in -a (in seguito lo strano accoppiamen
to singolareplurale si sarebbe esteso anche al maschile), e che poi questa costruzione entrasse
a far parte della lingua notarile. si notino anche gli esempi della prima parte del sec. iX: duos
petiis de terra tua, qui una ex ipse [...] ipse terra [...] et ille alia petia ecc. (lucca 804, vedi so
pra). purtroppo non ho trovato esempi pi antichi di periodi di questo tipo.
esiste anche unaltra spiegazione, anchessa, per, piuttosto problematica. a lucca, nel
medioevo, si aveva sul piano dei pronomi anche se su quello dei pronomi personali e non
dei dimostrativi una situazione analoga a quella delle carte, giacch egli e ella in lucchese
medievale si dicevano elli e elle22. sappiamo che elli (da cui deriva il nostro egli) non viene dal
nominativo ille o dallaccusativo illum, bens da un ricostruito *ill con la medesima vocale
inale lunga di qu; allo stesso modo elle, ben attestato a pistoia, prato e lucca, deriva proba
bilmente da una forma ricostruita *illae analoga a quae23.
si potrebbe quindi pensare che luso nelle carte lucchesi dei secoli viiiiX di illi/ipsi m.sing.
e ille/ipse f.sing. derivi da un avvicinamento alle forme dei pronomi personali? ammetto che si
tratta di unipotesi assai arrischiata; e anche se la spiegazione data fosse davvero quella giusta,
sintagmi come ipsi petio e ille petia non costituirebbero un diretto rilesso volgare, ma un
fenomeno di scripta.

5. Prostesi davanti a esse impura


per concludere vorrei parlare di un altro fenomeno, la prostesi vocalica davanti a s seguita
da consonante (la cosiddetta esse impura). sappiamo che ino a tempi molto recenti in
italiano rimasta valida una regola fonosintattica che richiedeva la prostesi di i- davanti a s +
consonante quando la parola precedente usciva in consonante: per ischerzo, in istrada, in isvezia. nei testi medievali toscani tale regola in genere scrupolosamente seguita: e la prostesi
attestata molto prima, in dai graiti pompeiani (ismurna smirne), anche se non sappiamo se
gi in latino tardo avesse un collegamento con luscita della parola precedente.
la prostesi compare molto frequentemente nei documenti, dove ben attestato anche il
fenomeno opposto, cio la caduta di vocale iniziale (i o e) seguita da s + consonante, anchessa
senzaltro corrispondente ad un uso linguistico reale24.
le carte del codice diplomatico longobardo ofrono numerosi esempi di prostesi (per una
maggior chiarezza, ho riunito gli esempi sotto etimi pi o meno arbitrari)25:

22
23

cfr. castellani 2009, pp. 800803.


cos come il latino volgare s avuto ill da ille qu, cos s avuto *illae da illa quae (castellani 2009, p.

803).
24
cfr. forme italiane come stimare (aestimare), storia (historia), Spagna (hispania), stremo (extremus), strano
(extraneus), strumento (instrumentum) ecc., dove lesito di ae/hi/e/in sembrerebbe essere stato percepito come una
vocale prostetica non facente parte della parola vera e propria.
25
la dicitura tuscia merid(ionale) indica i documenti rogati nelle attuali province di siena e grosseto e nel lazio

69

pr larson

scire:
lucca bene iscimus ii.342.29 [copia ant.: non iscimus ii.285.6].
tuscia merid. iscribere isciebas (petronianu 798) cdamiat 91.23

scribere:
lucca supraiscripti, sup(er)iscripto i.133.13 e 19, presb(iter) iscriuere i.145.13, meo iscriuere
i.250.2, meo iscripsi i.252.11, eius iscriuere i.254.5, meo iscriuere, d(euotus) iscripsi i.256.7 e
19, notario iscriuere i.257.23, not(arium) iscriuere i.284.24, d(euotum) iscriuere i.264.25, cartula
iscriuere 284.26, cartula iscripsit 285.3, supiscripsi i.290.7, p(res)b(ite)r iscriuere i.298.13, dauid
iscriuere ii.10.22, ii.36.31, teutpert iscriuere ii.25.1, Prandulo iscriuere ii.28.19, sup(er)iscripti,
subiscripsi ii.37.13 e 15, georgius iscriuere ii.61.9, noster iscriuere ii.65.4, supiscripsi ii.86.9,
rachip(er)t iscriuere ii.144.18, not(arium) iscriuere ii.131.11, tenure iscriptas, Prandulo iscriuere
ii.147.20, subiscripsi ii.148.8, not(arium) iscriuere ii.161.28, dauid iscriuere ii.169.17, georgius iscriuere ii.183.7, ghispand iscriuere ii.229.12, Prandulo iscriuere, subiscripsi ii.255.20 e
30, Prandulo iscriuere ii.277.2, cl(ericus) iscriptor ii.331.5, rachip(er)t iscriuere ii.339.5, subisiiscripsi ii.345.16, subiscripsi ii.357.27, Saxu iscriuere ii.373.3, firmiteu iscriuere, firmiteu iscriptor ii.377.2 e 13, gunprandu iscriue ii.400.19, Prandulo iscriuere ii.416.8, duodecima iscripsi
ii.420.4 [copia ant.: nostram iscriptam i.88.14, nostro iscriuere 89.4 (subiscriuere, sumiscripsi 89.6
e 9), clirici iscriuere i.100.24, supiscripsi i.333.11, sisiscripsi ii.21.12, Prandulo iscriuere ii.26.20,
not(arium) iscriuere ii.286.21].
tuscia merid. not(arium) iscriberes i.208.4, notar(ium) iscriuere i.216.19, f(eliciter) escripsi
i.282.3; notar(ium) iscribend(am), supraiscripta i.300.10 e 11. skaffil (longob.):
lucca ista iscailiorum ii.9.14, mino iscailiorum ii.338.7, uno iscailo ii.418.2.
skerpa (longob.):
lucca uel ischerpa ii.338.29.
tuscia merid. uel ischirfas (montepulciano 794) cdamiat 84.17.

spondere:
lucca istipul(atione) ispunsique i.145.14, potuerimus ispondimus i.249.21, et ispundeo i.251.4,
i.253.5, istipulationem isponsionemque i.254.7, defensauero ispondeo i.256.3, potuerimus/ispondeo,
heridi ispondeo i.304.11 e 12, unde ispondeo, potuerimus ispondeo ii.61.2 e 6, sup(er) expondimus

settentrionale. tutti gli esempi, tranne quelli segnati cdamiat, provengono dal cdl. agli esempi di prostesi aggiungo
anche quelli di epentesi allinterno di parola composta, del tipo supiscripsi, ecc.

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Le carte aLto-medievaLi come fonte di Lingua

ii.64.16, modo ispondeo, homine ispondimus ii.144.11 e 16, potuerim(us) ispondim(us) ii.255.18,
unde ispondeo, quesierimus ispondimus ii.400.12 e 16, fuerer ispondimus ii.416.4 [copia ant.:
aliquando ispondimus i.105.2, modo ispondeo, potuerimus ispondimus ii.26.12 e 17].
tuscia merid. et sponsionequa i.282.28, istipulationem isponsioneque ii.46.1.

stabilis:
lucca et istauilem i.145.11, et istauilis, dixit istauile i.284.14 e 17, et istauilem i.289.30, ista
istauile ii.10.18, et istauilitum ii.28.17, et istauile ii.36.29, oferui istauilitum ii.88.8, conuenit
istabilem ii.94.6, et istauile ii.147.11, et istabile ii.231.4, tempore istauilem ii.183.5, et istauile
ii.276.23, et istauile ii.339.4, et istauile ii.376.22.
tuscia merid. et istauile cdamiat 52.10

statio:
lucca corte istationem ii.182.16, ubi istationem ii.376.11.

stipulatio:
lucca confermationem istipul(atione) i.145.14, sup istipulationem i.254.7.
tuscia merid. sub estipulationem i.282.28, sub istipulationem ii.46.1.

stare:
tuscia merid. de istato i.180.10, anteistares i.207.25 (anteistare cdamiat 62.28, 85.6).

studere:
lucca p(er)tinentem istudendi ii.35.25 [copia ant.: cotidie istudis i.88.9].
tuscia merid. non estuduero (due volte) ii.236.4 e 7.

altri nomi comuni:


lucca una iscala i.264.16 omnem ispem ii.8.1, ii.35.7, inistituere ii.8.4, seculi ispatia ii.146.1,
ipse istaili ii.146.26, et ispecialiter ii.168.3.
tuscia merid cunip(er)tu isculdais ii.325.25.

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pr larson

nomi di persona o di luogo:


lucca + istefanacis i.183.3, manus iscafulu i.304.23, ego isprinca ii.86.17, q(uon)d(am) isparoni ii.420.5, et istefanaci ii.442.4 [copia ant.: Bonulo de ispardaco ii.242.6]

dopo parola terminante in consonante conto sessantun casi di prostesi vocalica (e tredici
casi di anaptissi di i davanti a s impura allinterno di parola: subiscripsi ecc.). dopo vocale i
casi di prostesi sono quarantasei (cui se ne aggiungono tre di anaptissi: anteistares, supraiscripta
-i). la prostesi sembrerebbe dunque pi frequente dopo consonante che dopo vocale. ma il
materiale troppo limitato, troppo dipendente dalla tradizione precedente e troppo pieno di
formule isse26 perch se ne possa trarre conclusioni sicure sullo stato della lingua volgare. si
ricordi inoltre come i dialetti toscani medievali (e anche molte parlate dei nostri giorni) non
limitassero afatto luso della prostesi allevitare cacofonie come nstr, rsp ecc.: essa era anzi
frequentissima in ogni posizione, anche dopo vocale e allinizio di frase27. possiamo solo af
fermare che la vocale prostetica davanti a s impura devessere stato un fenomeno assai comune
gi nella tuscia longobarda.
anche le forme con e-, che provengono da carte di chiusi e di tuscania (viterbo), potreb
bero testimoniare di un uso efettivo: la e come vocale prostetica era comune nel dialetto me
dievale di perugia ed attestata anche in aretino, castellano e viterbese antichi28.
si noti invece la totale assenza di attestazioni nelle carte settentrionali, coerente con il fatto
che i dialetti dellitalia del nord, antichi e moderni, non conoscono questo fenomeno.
una cosa rende tuttavia imprudente prendere i dati delle carte come sicuri indizi dello sta
to delle cose a livello del parlato: se esempi come istationem e iscriuere paiono convincenti (sia
stazzone che scrivere sono termini di diretta derivazione dal latino), altri lo sono di meno,
dato che non afatto sicuro, per esempio, che il verbo spondere appartenesse alla lingua viva.
un altro verbo, scire, ci mostra chiaramente come non si possano prendere i dati volgareggianti
delle carte come spie volgari tout court: sia perch tale verbo non sopravvissuto al passag
gio dal latino allitaloromanzo, sia soprattutto perch inizia con una sibilante palatale e non
con una s impura: la pronuncia skire doveva aver ceduto il passo a ire gi nel latino del tardo
impero. forme come bene iscimus, non iscimus e iscribere isciebas non sono quindi volgarismi
dellepoca longobarda, bens di unepoca ben anteriore29.

certe delle nostre forme avevano gi secoli di vita e ai notai dovevano sembrare corrette.
cfr. rohlfs 19661969, 187.
28
cfr. castellani 1980, ii pp. 502.
29
questo mi sembra confermato dal fatto che lunica lingua romanza ad aver conservato il verbo latino per sapere,
il sardo, ha iskire, con i- iniziale presente in tutte le forme del paradigma.
26
27

72

Le carte aLto-medievaLi come fonte di Lingua

BiBLiografia
bertini, d. / barsocchini, d. (a cura di). 181841. memorie e documenti per servire allistoria del ducato
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castellani, a. 1980. Saggi di linguistica e ilologia italiana e romanza (1946-1976), 3 voll., roma, sa
lerno editrice.
castellani, a. 2009. nuovi saggi di linguistica e ilologia italiana e romanza (1976-2004), 2 tomi, roma,
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funcke, W. 1938. Sprachliche untersuchungen zum codice diplomatico Longobardo. tesi delluniversit
di mnster in Westfalia, bochum.
cdamiat = Kurze, W. (a cura di). 197482. codex diplomaticus amiatinus, tbingen, niemeyer.
cdl = schiaparelli, l. (a cura di). 192933. codice diplomatico longobardo, roma, istituto storico
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pp. 99118.
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herman, J. / marinetti, a. (a cura di). La preistoria dellitaliano. atti della tavola rotonda di
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sabatini, f. 1965. esigenze di realismo e dislocazione morfologica in testi preromanzi, in rivista di
cultura classica e medioevale, vii, pp. 972998.

73

pr larson

discussione
ugo criscuolo: ringraziamo il collega pr larson per la miniera di dati che ci ha oferto e su cui
credo ci siano delle domande.
rosanna sornicola: tu hai giustamente osservato che il genitivo non ha continuazione nelle lingue
romanze. per non credi che anche qui siano necessari dei distinguo? una sorta di stratigraia? perch forse
nelle fasi molto antiche delle lingue romanze il genitivo ha una permanenza. penso al francese antico e alla
chanson de roland o al Saint alexis, dove ci sono forme come ancenor < antianorum. oppure, cor
reggimi se sbaglio, ho limpressione che in documentazioni italiane antiche ci siano schegge cristallizzate di
genitivo. certamente in documenti di area campana. mi pare che, in due casi ad amali in documenti del
X secolo, o in due casi dei documenta di capasso, si trovino forme come de parentorum meorum, o anche
forme di genitivo cristallizzato non preceduto da preposizione. quindi probabile che anche in questa fase
che, come tu hai giustamente osservato non rilette il volgare, in realt poi come se qualche cosa si muo
vesse ino ad alcuni stadi successivi e poi dopo, molto dopo, scompare. tu cosa pensi?
pr larson: io non volevo dire che questo genitivo non sia mai esistito, penso solamente che non riletta
necessariamente lepoca stessa in cui viene messo per iscritto, perch il genitivo sopravvissuto come un
elemento congelato. si tratta quasi sempre di forme in orum e arum che diventano suissi attaccabili in
contesti non sempre di genitivo. per esempio vicino alla mia vecchia abitazione a firenze cera losmannoro,
un toponimo formato da un nome germanico con desinenza latina. oppure in piemonte c refrancore, che
si riferisce a una sconitta inlitta ai franchi intorno allanno 663. quindi si tratta di genitivi nati abbastanza
tardi. la questione, per, se rilettono la lingua di quellepoca o se oro / ore fosse gi divenuto una sorta
di suisso. un altro toponimo interessante mi balzato allocchio in seguito ad un litigio che io stesso ho
avuto con un avvocato abruzzese il quale afermava che fara filiorum petri (chieti) fosse un nome di diretta
derivazione dal latino e non, come invece chiaramente , uninvenzione medievale. chiaramente esso
uninvenzione del medioevo, a diferenza dei due precedenti che sono veri. probabilmente il genitivo avr
lasciato delle forme, almeno ino a oltre il mille. la questione, ripeto, capire se queste forme genitivali,
che io ho riscontrato nel iX secolo, rilettano quello stesso secolo oppure se siano un tentativo notarile di
salvaguardare ci che era vivo nel vi o nel vii secolo.
ugo criscuolo: ringraziamo il collega.

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