La Comeda, conosciuta soprattutto come Commedia o Divina Commedia[1] un poema di
Dante Alighieri, scritto in terzine incatenate di versi endecasillabi, in lingua
volgare fiorentina. Composta secondo i critici tra il 1304 e il 1321, anni del suo esilio in Lunigiana e Romagna,[2] la Commedia l'opera pi celebre di Dante, no nch una delle pi importanti testimonianze della civilt medievale; conosciuta e stud iata in tutto il mondo, ritenuta da alcuni il pi grande capolavoro della letterat ura di tutti i tempi.[3] Il poema diviso in tre parti, chiamate cantiche (Inferno, Purgatorio e Paradiso) , ognuna delle quali composta da 33 canti (tranne l'Inferno, che contiene un ult eriore canto proemiale). Il poeta narra di un viaggio immaginario, ovvero di un Itinerarium Mentis in Deum[4], attraverso i tre regni ultraterreni che lo condur r fino alla visione della Trinit. La sua rappresentazione immaginaria e allegorica dell'oltretomba cristiano un culmine della visione medievale del mondo sviluppa tasi nella Chiesa cattolica. L'opera ebbe subito uno straordinario successo, e contribu in maniera determinant e al processo di consolidamento del dialetto toscano come lingua italiana. Il te sto, del quale non si possiede l'autografo, fu infatti copiato sin dai primissim i anni della sua diffusione, e fino all'avvento della stampa, in un ampio numero di manoscritti. Parallelamente si diffuse la pratica della chiosa e del comment o al testo, dando vita a una tradizione di letture e di studi danteschi mai inte rrotta; si parla cos di secolare commento. La vastit delle testimonianze manoscrit te della Commedia ha comportato una oggettiva difficolt nella definizione del tes to critico. Oggi si dispone di un'edizione di riferimento realizzata da Giorgio Petrocchi.[5] Pi di recente due diverse edizioni critiche sono state curate da An tonio Lanza[6] e Federico Sanguineti.[7] La Commedia, pur proseguendo molti dei modi caratteristici della letteratura e d ello stile medievali (ispirazione religiosa, fine morale, linguaggio e stile bas ati sulla percezione visiva e immediata delle cose), profondamente innovativa, p oich, come stato rilevato in particolare negli studi di Erich Auerbach, tende a u na rappresentazione ampia e drammatica della realt. una delle letture obbligate d el sistema scolastico italiano. Curioso notare come tutte le tre cantiche terminino con la parola "stelle". ("E quindi uscimmo a riveder le stelle" - Inferno; "Puro e disposto a salir a le ste lle" - Purgatorio e "L'amor che move il sole e l'altre stelle" - Paradiso). Curi osa anche la creazione da parte del Poeta di neologismi come "insusarsi", "inlui arsi", "inleiarsi"[8]