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LUCA ARCARI

Escatologia, letteratura apocalittica e messianismi nel giudaismo del secondo Tempio e nel cristianesimo delle origini
In margine a un recente volume*

Nellampio panorama della ricerca recente sul giudaismo del secondo Tempio, intenta a rivalutare la giudaicit di Ges e del cristianesimo delle origini, Paolo Sacchi rappresenta uno studioso che, per lanalisi del fatto religioso antico, ha integrato storia e filologia nella prospettiva della storia delle idee1. Il volume che qui si presenta, una raccolta di studi apparsi in sedi diverse e quasi tutti successivi alla pubblicazione de Lapocalittica giudaica e la sua storia2, consta di quattro parti: 1. Riflessioni di metodo; 2. La formazione del giudaismo; 3. Laltra cultura ebraica del secondo Tempio: la letteratura segreta e di rivelazione; 4. Fra giudaismo e cristianesimo. Corredano il libro una bibliografia completa degli scritti di Paolo Sacchi dal 1953 fino al 2009 (pp. 325-334), gli indici delle opere e dei personaggi antichi, quelli degli autori moderni e quelli dei passi citati (pp. 341-363). Dopo una presentazione (pp. 5-9), il volume si apre con il saggio La storiografia ebraica (pp. 13-29)3, dedicato alle fonti impiegati dai libri dei Re, di Samuele e dei Giudici e al metodo storiografico soggiacente a tali narrazioni. Seguono lo studio Riflessioni metodologiche sulla critica
* P. Sacchi, Tra giudaismo e cristianesimo. Riessioni sul giudaismo antico e medio (Antico e Nuovo Testamento, 7), Morcelliana, Brescia 2010. 1 Cfr. A.O. Lovejoy, Reections on the History of Ideas, in Journal of the History of Ideas 1/1 (1940), pp. 3-23; F.L. Baumer, Intellectual History and Its Problems, in Journal of Modern History 21 (1949), pp. 191-203; J. Higham, Intellectual History and Its Nighbours, in Journal of the History of Ideas 15 (1954), pp. 339-347; J.C. Greene, Objectives and Methods in Intellectual History, in Mississippi Valley Historical Review 44/1 (1957), pp. 58-74. Per ulteriore bibliograa, cfr. G. Boccaccini, Roots of Rabbinic Judaism. An Intellectual History, from Ezekiel to Daniel, Eerdmans, Grand Rapids 2002, pp. 15-25. 2 Brescia 1990 (Biblioteca di cultura religiosa, 55). 3 Precedentemente apparso in E. Gabba (ed.), Presentazione e scrittura della storia: storiograa, epigra, monumenti. Atti del convegno di Pontignano, Aprile 1996, Edizioni New Press, Como 1999, pp. 61-76.

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biblica e soprattutto sul cosiddetto problema del Pentateuco, a proposito di un libro recente (pp. 31-36)4, recensione-saggio su E. Noort, Das Buch Josua: Forschungsgeschichte und Problemfelder (Ertrge der Forschung, 292), Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1998, e larticolo, derivato da un conferenza tenuta a Parigi, Le Pentateuque, le Deutronomiste et Spinoza (pp. 37-48)5, in merito alla struttura generale della Bibbia sullo sfondo della storia ebraica, esempio assai indicativo dellattenzione con cui Sacchi utilizza il metodo storico-filologico a discapito di quello che lui definisce storico-critico (dare il primato alla macrostrutture di fronte alle microstrutture: p. 7). Chiude la prima parte dedicata al metodo lampio studio Metodi e problemi di filologia veterotestamentaria (pp. 49-77)6, articolo che preannuncia alcune delle acquisizioni poi sviluppate nella stessa conferenza di Parigi del 1992, e che possono essere ben sintetizzate nella seguente affermazione:
A me sembra che si debba insistere, per fare ledizione di un testo [nel caso specifico, ledizione del testo ebraico della Bibbia], sulla sua storia: storia di tutta la tradizione e non solo di quella ebraica farisaica. Ci non significa che tutto debba essere posto sullo stesso piano. Ci sono varianti manifestamente interpretative, ma ce ne sono anche di quelle che tali non sono, e va deciso volta per volta. Laccordo fra varianti non ebraiche e varianti ebraiche rispetto al T(extus)R(eceptus Hebraicus) mi pare che dovrebbe essere particolarmente valutato. Penso che questo attento esame di tutta la tradizione dovrebbe ridurre molto il numero delle congetture (p. 76).

La seconda sezione del volume, pi breve per numero di saggi, intitolata La formazione del giudaismo, dopo lo studio su La data della vittoria di Ciro su Astiage (pp. 81-91)7, composta dagli articoli Le origini del giudaismo. Tradizione e innovazione (pp. 93-125)8 e La trascendenza nella Bibbia (pp. 127-145)9, dedicati alla storia delle idee legate a quel giudaismo confluito nellalveo cosiddetto biblico. La terza parte del volume, di contro, sullaltra cultura ebraica del secondo Tempio, la letteratura segreta e di rivelazione, contraddistinta, quasi interamente, da studi sulla letteratura enochica, tesi a scandagliare sia aspetti pi propriamente ideologici inerenti alle sezioni pi antiche
Gi in Henoch 21 (1999), pp. 179-183. Apparso in J.A. Emerton (ed.), Congress Volume Paris 1992 (Supplements to Vetus Testamentum, 61), Brill, Leiden - New York - Kln 1995, pp. 275-288. 6 Apparso ne La parola del passato 151 (1973), pp. 237-270. 7 Gi pubblicato ne La parola del passato 102 (1965), pp. 223-233. 8 Precedentemente apparso in J. Campos Santiago - V. Pastor Julian (eds.), Biblia. Memoria histrica y encrucijada de culturas. Congreso internacional del ABE, Salamanca 9-11 sept. 2003, Universidad de Salamanca - ABE, Zamora 2004, pp. 24-48. 9 Gi in Religioni e Societ 19 (2004), pp. 7-21.
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confluite in quella tradizione (The Theology of Early Enochism and Apocalyptic. The Problem of the Relation between Form and Content of the Apocalypses; the Worldview of the Apocalypses, pp. 149-15810; The Book of the Watchers as an Apocalyptic and Apocryphal Text, pp. 159-17711), senza trascurare alcuni sviluppi successivi (Un tratto della teologia enochica del Libro dei Sogni. Il peccato di aver rifiutato di guardare Dio, pp. 179-18812), sia problemi di ordine pi generalmente storico, la datazione del Libro delle Parabole (Qumran e la datazione del Libro delle parabole di Enoc, pp. 189-20713), sia questioni di stampo strettamente storico-religioso (Motivi di gnosi nella letteratura giudaica precristiana, pp. 209-22214). Le due sezioni richiamate vanno lette in modo speculare luna rispetto allaltra: se quello che Sacchi chiama il giudaismo ufficiale, quello del Tempio controllato dai sacerdoti sadociti, fu una realt dotata di enorme peso autoritativo rispetto allIsraele dellepoca, questo non significa che il giudaismo nel suo complesso fu una realt unitaria. Accanto alla tradizione vicina al culto templare, anchessa tuttaltro che univoca, si osserva il sorgere di tradizioni in molti casi concorrenziali, in altri spiccatamente polemiche, in altri ancora volutamente segrete o, meglio ancora, destinate a tradizione segreta (Sacchi le etichetta come tradizioni apocrife fin dal loro sorgere)15.
10 Precedentemente apparso in G. Boccaccini (ed.), The Origins of Enochic Judaism. Proceedings of the First Enoch Seminar, Silvio Zamorani, Torino 2002, pp. 77-86. 11 Gi pubblicato in Henoch 30 (2008), pp. 9-26, pp. 66-79. 12 Apparso in E. Bosetti - A. Colacrai (eds.), Apokalypsis. Percorsi nellApocalisse di Giovanni in onore di Ugo Vanni, Cittadella Editrice, Assisi 2005, pp. 49-62. 13 Pubblicato in Henoch 25 (2003), pp. 149-166. 14 Testo riadattato della conferenza tenuta a Montserrat per Biblia il 5 giugno 2008. 15 I conitti osservabili nelle fonti giudaiche del secondo Tempio vengono oggi valutati soprattutto alla luce delle dinamiche identitarie di auto-denizione e/o auto-delimitazione rispetto ad altri. Se in passato il problema veniva soprattutto affrontato in chiave tematica o idelogica o di concrete prassi culturali e religiose (conitti su questioni come la Legge, Dio, la teodicea, le pratiche di culto, il Tempio), oggi si tende ad analizzare i conitti gruppali come dinamiche sociali interne e/o esterne, ravvisando nei temi che di volta in volta deniscono loggetto del contendere veri e propri demarcatori identitari di singoli gruppi sociali. Il problema, in sostanza, stato reimpostato a partire da ci che nellindagine sociologica denibile scontro tra ottiche discordanti. La bibliograa sul tema cresciuta in modo davvero considerevole negli ultimi anni; a titolo esemplicativo, soprattutto per quanto concerne il giudaismo del periodo ellenistico-romano e il cristianesimo delle origini, cfr. E. Regev, Sectarianism in Qumran: A Cross-Cultural Perspective, W. De Gruyter, Berlin - New York 2007; P.A. Harland, Dynamics of Identity in the World of the Early Christians: Associations, Judeans, and Cultural Minorities, T.&T. Clark, London - New York 2009; J. Jokiranta, Sociology of Jewish Life in Light of the Dead Sea Scrolls: Seeking Steps Forward, in N. David - A. Lange - K. De Troyer - S. Tzoref (eds.), The Hebrew Bible in Light of the Dead Sea Scrolls (FRLANT 239), Vandenhoeck & Ruprecht, Gttingen 2012, pp. 379-401. Si veda anche la bibliograa citata e discussa in A.J. Blasi - J. Durhaime - P.-A. Turcotte (eds.), Handbook of Early Christianity. Social-Scientic Approaches, Alta Mira Press, Walnut Creek, CA 2002 e nella recente sezione monograca Jesus Followers and Their Identities / Le identit dei seguaci di Ges, in Annali di storia dellesegesi 27/2 (2010), pp. 9-182. Per la questione del Tempio, ad esempio, che

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Lultima parte del volume si compone di saggi dedicati ad aspetti ideologici particolari di quel crogiolo storico-culturale che fu il giudaismo del secondo Tempio, utili a comprendere molte delle istanze presenti nei testi proto-cristiani16. La sezione, significativamente intitolata Fra giudaismo
tanta parte ha avuto nella discussione, secondo molti oramai superata, inerente al Parting of the Ways tra giudaismo e cristianesimo, si veda la bibliograa citata e discussa in D. Garribba, Identit giudaica e tempio. Le reazioni giudaiche alla ne di un Identity Marker, in Ricerche storico-bibliche 21/2 (2009), pp. 165-182 (che vede, in unottica tutto sommato tradizionale, nella caduta del Tempio del 70 d.C. il fondamentale spartiacque per denire la separazione tra giudaismo e cristianesimo). Una tesi abbastanza retro si trova nel recente studio di M. Heestra, The Fiscus Iudaicus and the Parting of the Ways (WUNT 2.277), J.C.B. Mohr Siebeck, Tbingen 2010, che vede nellinasprimento del scus sotto Domiziano e nella riforma dello stesso attuata da Nerva un momento fondamentale per denire la divisione tra giudaismo e cristianesimo. La posizione difesa da Sacchi in merito ai conitti e alle dinamiche gruppali osservabili nel giudaismo del secondo Tempio rappresenta una sostanziale riproposizione degli approcci classici, soprattutto di matrice tedesca, in chiave pi espressamente storico-ideologica: per quanto concerne il Ges storico, cfr. Ges nel suo tempo: i concetti di peccato, espiazione e sacricio, in Archivio teologico torinese 5 (1999), pp. 20-29; per il giudaismo del secondo Tempio, si veda il quadro esposto in Sacro/profano impuro/puro nella Bibbia e dintorni, Morcelliana, Brescia 2007, pp. 121-234. 16 Gli studi di Sacchi si pongono, in sostanza, sulla scia delle indagini sul cosiddetto Parting of the Ways, tendenti soprattutto a sfumare i contorni della separazione tra giudaismo e cristianesimo (posticipandoli a una fase abbastanza inoltrata del II secolo d.C.). Le posizioni espresse dagli studiosi, soprattutto negli anni 90, sono state piuttosto varie, certamente quasi unanimi nellindicare lo spostamento in avanti della denita consapevolezza del cristianesimo come qualcosa di diverso dal giudaismo e della percezione, da parte dei gruppi giudaici del I-II secolo d.C., dei cristiani come estranei, ma anche divergenti nellindicare cronologie e modalit precise di tale strappo. A titolo esemplicativo, cfr. J.D.G. Dunn (ed.), Jews and Christians. The Parting of the Ways, A.D. 70 to 135 (WUNT 66), J.C.B. Mohr Siebeck, Tbingen 1992 (al tema Dunn ha dedicato anche unapposita monograa: The Parting of the Ways between Christianity and Judaism and their Signicance for the Character of Christianity, SCM Press, London - Philadelphia 20062); S.G. Wilson, Related Strangers. Jews and Christians 70-170, Fortress Press, Minneapolis 20042; D. Marguerat (ed.), Le dchirement. Juifs et chrtiens au premier sicle, Labor et Fides, Genve 1996; J.N. Carleton Paget, Jewish Christianity, in The Cambridge History of Judaism, University Press, Cambridge 1999, III, pp. 743-746; P.J. Tomson - D. Lambers Petry (eds.), The Image of the Judaeo-Christians in Ancient Jewish and Christian Literature (WUNT 158), J.C.B. Mohr Siebeck, Tbingen 2003 e la discussione presente in G. Jossa, Giudei o cristiani ? I seguaci di Ges in cerca di una propria identit (Studi Biblici 142), Paideia, Brescia 2004, pp. 9-27. Oggi il quadro storiograco appare decisamente mutato. Un fondamentale momento di passaggio rispetto alla prospettiva precedente, anche se ad essa inscindibilmente connesso, rappresentato da A.H. Becker - A. Yosiko Reeds (eds.), The Ways that Never Parted: Jews and Christians in Late Antiquity and the Early Middle Ages (TSAJ 95), J.C.B. Mohr Siebeck, Tbingen 2003, a cui sono seguiti una serie di studi di notevole impegno: a titolo esemplicativo, per rimanere ai pi recenti, cfr. G. Gardner - K.L. Osterloh (eds.), Antiquity in Antiquity. Jewish and Christian Pasts in the Greco-Roman World (TSAJ 123), J.C.B. Mohr Siebeck, Tbingen 2008; J. Carleton Paget, Jews, Christians, and Jewish Christians in Antiquity (WUNT 251), J.C.B. Mohr Siebeck, Tbingen 2010; E.K. Broadhead, Jewish Ways of Following Jesus. Redrawing the Religious Map of Antiquity (WUNT 266), J.C.B. Mohr Siebeck, Tbingen 2010; A.S. Jacobs, Christ Circumcised: A Study in Early Christian History and Difference, University of Pennsylvania Press, Philadelphia 2010. Secondo questi studi, in sostanza, non possibile parlare di un solo Parting of the Ways, ma di differenti Partings of the Ways, a seconda dei vari documenti e dei differenti contesti

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e cristianesimo, presenta gli articoli Il perdono dei peccati nellebraismo da Amos al II secolo d.C. (pp. 225-250)17, La giustificazione prima di Paolo (pp. 251-270)18, Ges di fronte allimpuro e alla Legge (pp. 271-294)19 e La gente chi dice che io sia? Lattesa messianica al tempo di Ges (pp. 295-323)20. La sezione mostra come lo scorrere del pensiero ebraico continui nelle teologie cristiane in un continuum che permette di considerare questultime in continuit con le teologie ebraiche:
I primi discepoli di Ges erano ebrei e come tali non potevano interpretare il Maestro se non alla luce della loro spiritualit e formazione. Allo stato attuale della ricerca fatto puramente intuitivo, al massimo unipotesi di lavoro, che dietro i Vangeli di Marco e di Matteo ci sono due modi diversi di essere ebrei. Mi pare un fatto ormai accettato, anche se non tutti ne traggono tutte le conseguenze, che il giudaismo del tempo di Ges non era unitario. Che si dica giudaismi al plurale, come J. Neusner, o si preferisca parlare di teologie diverse producenti stili di vita e modi di essere diversi, ha poca importanza (p. 8).

Ci nonostante, il cristianesimo ha in seguito rifiutato la propria radice ebraica, in particolare la sintesi portata avanti dai rabbini, coloro che, successivamente alla caduta del Tempio, si sono accollati lonere di salvaguardare lunit ebraica smarrita di fronte alla catastrofe:
Il cristianesimo mi appare sempre pi come religione sorta non come uno degli sviluppi possibili di teologie ebraiche preesistenti, ma come riflessione sulla vicenda di Ges da parte di uomini formatisi nellinsegnamento o almeno nellatmosfera di teologie ebraiche diverse []. Lo studio delle teologie giudaiche del tempo di Ges pu aiutare a capire il suo insegnamento, come lascolto delle sue parabole o delle sue dispute con farisei e sadducei, ma non spiega che cosa sia
protocristiani chiamati in causa: cfr. anche S. Spence, The Parting of the Ways. The Roman Church as a Case Study (Interdisciplinary Studies in Ancient Culture and Religion 5), Peeters, Leuven 2005 e M. Poorthuis - J. Schwartz - J. Turner (eds.), Interaction between Judaism and Christianity in History, Religion, Art, and Literature (Jewish and Christian Perspectives 17), E.J. Brill, Leiden 2009. Va sottolineato come lapproccio di Sacchi al cristianesimo delle origini, in particolare a Ges, sia sempre e comunque il frutto di unindagine dalla prospettiva giudaica, ovvero dallottica dello storico del giudaismo del secondo Tempio. Sacchi non appare interessato, almeno esplicitamente, a denire le modalit con cui i gruppi cristiani del II secolo si sono auto-deniti in dialettica/opposizione al giudaismo coevo (anzi, sembra che la scissione, per Sacchi, vada interamente addebitata agli scontri col giudaismo rabbinico, quindi in una fase successiva alla rivolta guidata da Bar Kokhba: cfr. infra). Per Sacchi Ges un giudeo che parlava, pensava e agiva come un giudeo della sua epoca, e le fonti giudaiche del periodo ellenistico-romano vengono utilizzate per meglio denire tale particolare giudaicit. 17 Precedentemente apparso in Ricerche di storia e letteratura religiosa 40 (2004), pp. 1-26. 18 Gi edito in L. Mazzinghi - B. Rossi - S. Tarocchi (eds.), In memoria Verbi. Studi in onore di Mons. Benito Marconcini, in Vivens Homo 21 (2010), pp. 79-99. 19 Precedentemente apparso in Ricerche storico-bibliche 11 (1999), pp. 43-64. 20 Conferenza tenuta nellambito del Convegno di Biblia, Ferrara 11-13 Marzo 2005, e pubblicata nel volume Chi credete che io sia?, Gallio editori, Ferrara 2007, pp. 13-46.

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il cristianesimo. Questo ha la sua radice principale e vitale nella vicenda ultima di Ges di Nazaret, nella sua morte e resurrezione. E scarsa importanza (per lo storico, non certamente per il credente) ha il fatto che la resurrezione di Ges sia avvenimento reale o soltanto creduto. Quello che certo che nella storia ag proprio questa convinzione (pp. 8-9)21.

Non possibile richiamare i singoli saggi in modo puntuale, n fare riferimento a tutte le tesi in essi espresse o soltanto accennate come future prospettive di ricerca. Crediamo sia pi utile, di contro, far emergere qualche spiraglio in merito al metodo adottato in gran parte degli articoli che compongono il volume, ai fini della (ennesima) valutazione delle complesse questioni ermeneutiche riguardanti il (non sempre facile) rapporto tra filologia e indagine del fatto religioso antico22, a cui Paolo Sacchi ha dato un contributo importante. Emerge, anche a un primo sguardo, una forte compenetrazione tra filologia e storia, in aderenza e quasi in omaggio al metodo approntato da G. Pugliese Carratelli, lincontro con il quale, per Sacchi lui stesso a ricordarlo nella presentazione alla raccolta (p. 6) , stato determinante. Lapertura verso mondi e culture apparentemente lontani dai terreni di elezione del classicista23, sempre in funzione di una compenetrazione totale tra storia e filologia, laddove filologia non va intesa solo come vaga attenzione alle ragioni delle fonti e del loro contenuto, ma come strenua analisi degli sviluppi cronologici dei testi, del loro stile, del loro linguaggio, spesso della loro terminologia tecnica, senza ovviamente tralasciare
21 Alla gura di Ges Sacchi ha anche dedicato il volume Ges e la sua gente, San Paolo, Cinisello Balsamo 2003, dove il metodo della contestualizzazione alla luce del giudaismo del secondo Tempio rappresenta lossatura fondamentale del lavoro nel suo complesso. Emblematiche ci sembrano le seguenti affermazioni: La scoperta dei Rotoli del Mar Morto e degli apocri antichi mi fece vedere una massa di materiale di nuova acquisizione che era adatto a studiare la storia del pensiero ebraico. Frammenti di Apocri dellAntico Testamento dissepolti nelle grotte di Qumran mi spinsero alla lettura sistematica dei testi apocri. Cominciai a vedere che nel giudaismo precristiano non cera una sola teologia, sia pure in evoluzione. Era una miriade di idee e di movimenti, che cercavano Dio e lo afferravano da posizioni talvolta pi opposte che diverse. Dio avrebbe ricompensato il giusto nel Grande Giudizio, ma non era chiaro n chi era il giusto degno di tale ricompensa, n quale fosse il rapporto fra la giustizia e la misericordia di Dio. Dio avrebbe salvato gli eletti? Dio avrebbe salvato chi osservava la Legge di Mos? Nellumanit di questi problemi, scendendo sempre pi nel tempo, ho nito con lincontrarmi con Ges. Ma questa volta non era pi il misterioso padrone della formichine, era un ebreo che parlava e agiva sullo sfondo di tutti i problemi che avevo colto nello scorrere dei secoli in mezzo alle vicende della Palestina dominata dai romani (Ges e la sua gente, pp. 12-13). 22 Si leggano le amare riessioni di A. Brelich, Ad philologos, in Studi e Materiali di Storia delle Religioni ( = Religioni e civilt) N.S. 1 (1972), pp. 621-629. In merito si vedano anche le acute osservazioni di C. Grottanelli, La prova del buon glio, in V. Lanternari - M. Massenzio - D. Sabbatucci (eds.), Religioni e civilt. Scritti in memoria di Angelo Brelich promossi dallIstituto di studi storico-religiosi dellUniversit degli studi di Roma, Edizioni Dedalo, Bari 1982, pp. 217-234. 23 Si veda il ricordo tracciato da C. Ghidini, In Memory of Giovanni Pugliese Carratelli, in Antiquorum Philosophia 4 (2010), pp. 203-210.

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questioni pi strettamente ecdotiche e di critica testuale, unitamente ad un approccio teso a far emergere dai testi visioni del mondo, culture, ideologie, religioni specifiche, analizzate nel loro sviluppo diacronico e reinserite negli sviluppi pi generali propri di una specifica area culturale, sono elementi che hanno orientato e consolidato linteresse di Sacchi verso la ricerca affascinante del mistero religioso, tra ricerca umana e rivelazione, tra apertura agli altri e chiusura, tra tolleranza e intransigenza (p. 6). La metodologia di Pugliese, saldamente impiantata in quello storicismo di cui anche la cosiddetta filologia totale di un Marcello Gigante stata potente espressione, e portata a una sintesi di una tale complessit e dialetticit interne da far cadere, finalmente e una volta per tutte, i paletti che separavano (e separano) le discipline antichistiche, ha permesso alla filologia praticata da uno studioso formatosi alla scuola di Giorgio Pasquali24 di non essere Fine a se stessa, limitarsi allo studio dellopera letteraria e alla sua storia (p. 6), ma di inserire, nel caso specifico degli ambiti di ricerca perseguiti da Sacchi, in lo studio delle origini cristiane nel solco della storia del Secondo Tempio percorsa da esigenze e influssi molteplici nella sua unit posta fra Oriente e Occidente25 (p. 6). Unaffermazione tratta da Ad philologos di Angelo Brelich appare particolarmente calzante ai fini della messa in evidenza dellimportanza del metodo seguito anche da Sacchi per lambito pi generale della(e) storia(e) religiosa(e) dellantichit. Nella disamina dello studio di G.A. Privitera, Dioniso in Omero e nella poesia arcaica26, quando il filologo sembra imputare agli storici delle religioni una certa faciloneria nel sovrapporre un luogo di Omero o di Nonno in quanto testimonianze di Dioniso a pari titolo, come se il dio esistesse atemporalmente da qualche parte e non fosse ogni volta l e allora secondo gli orientamenti culturali di quella determinata societ27, Brelich chiosa che laffermazione non pu certo valere
Per noi storicisti almeno se conosce i nostri lavori. [] Sono il primo e chi mi legge o ascolta lo sa da decenni a insistere sulla creativit religiosa e a vedere laspetto creativo nelle manifestazioni religiose di ogni epoca o periodo,
Al quale Sacchi deve la scelta del tema per la sua tesi di laurea, Alle origini del Nuovo Testamento. Saggio per la storia della tradizione e la critica del testo (Pubblicazioni dellUniversit degli studi di Firenze, Facolt di Lettere e Filosoa, IV/2), Le Monnier, Firenze 1956, presentata dopo la morte del Maestro. 25 Il tema dei confini fra Oriente e Occidente risente, nella formulazione appena richiamata, del modo con cui Pugliese Carratelli ha affrontato lo studio dei rapporti tra religiosit greche e mondo cosiddetto orientale: si vedano, in merito, le osservazioni di A. Marcone, In ricordo di Giovanni Pugliese Carratelli (Napoli 1911-Roma 2010): http://www.inschibboleth. org/Pagina6.24_files/ARN2410.pdf. 26 Edizioni dellAteneo, Roma 1970. 27 Privitera, Dioniso, p. 10.
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di ogni gruppo o strato sociale, di ogni personalit, uomo di stato, sacerdote, poeta o artista che sia. Ma attenzione: crede proprio Privitera che ogni poeta o, diciamo anche, ogni periodo storico inventi ex novo la propria religione? Crede proprio che non esista una tradizione che, pur in continua trasformazione, e perfino nelle contemporanee sfaccettature di varianti e livelli, permanga come sfondo su cui sinnestino le continue creazioni? Ora, la questione di discernere: tra ci che di Nonno (come ci che di Omero) e della sua epoca, della sua cultura, e ci che tradizione. [] Ma come discernere? Ebbene, con metodo con la comparazione, in primo luogo, allinterno della totalit dei fatti documentati da quella tradizione, e poi con la comparazione pi vasta tra fatti religiosi di civilt di vario tipo e livello, che permette di controllare ed eventualmente confermare lautenticit e larcaicit di nuclei religiosi anche di tarda documentazione28.

Il programma, una sorta di ripensamento ex-post (e/o sintesi) di gran parte di quella produzione che Brelich riconduce allalveo dello storicismo, pur non essendo privo di debiti nei confronti di quella creativit religiosa sorta per reazione allevoluzionismo e, quindi, indirettamente influenzata dal dibattito contro quel particolare modo di pensare lalterit, risulta utile in questa sede, soprattutto per illustrare alcuni risvolti impliciti nelle indagini di Paolo Sacchi in relazione a quel tema, cos spinoso che lapocalittica giudaica. Le ricerche di Sacchi si sono concentrate soprattutto sulla possibile definizione di una tradizione storica apocalittica o, per usare unaltra terminologia, sulla possibile esistenza di un vero e proprio movimento definibile come apocalittico, con una sua ideologia fondante, una sua identit di gruppo, delle pratiche condivise e un suo testo in sintesi, un movimento dotato di una sua propria evoluzione storica. Le prime ricerche hanno chiarito la datazione, il Sitz im Leben e la storia redazionale del Libro dei Vigilanti, una delle pi antiche sezioni di 1Enoc29, e uno dei primi documenti letterari provenienti dal giudaismo classificabile come apocalisse. Sacchi ha rilevato come questa sezione inclusa nel pentateuco enochico tramite il racconto della caduta degli angeli vigilanti, nelle sue differenti varianti, e la relativa protologia che ne discende sembri gettare quelle premesse ideologiche su cui si fonda il successivo svolgersi di una vera e propria tradizione, da lui definita, per lappunto, enochiBrelich, Ad philologos, pp. 622-623. Cfr. Lapocalittica giudaica e la sua storia, pp. 31-78; lo studio giunto alle seguenti conclusioni: il Libro dei Vigilanti la pi antica opera apocalittica conosciuta (pu essere datata intorno al IV-III secolo a.C.). Essa appare legata al ritorno dallesilio e alla conseguente ricostruzione del Tempio da parte del primo e secondo sadocitismo; il materiale in essa conuito appartiene allambiente di fronda che non condivide alcune scelte ideologiche e, quindi, sociali della ricostruzione sadocita. Tale opposizione appare evidente in una credenza protologica che vede il male come qualcosa di esterno alluomo, di cui egli in un certo qual modo vittima e da cui stato marchiato sin dallorigine della storia. Questa visione del male sfocier nel predeterminismo della comunit di Qumran (cfr. Tra giudaismo e cristianesimo, pp. 174-177).
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ca. Partendo da simili acquisizioni, inoltre, Sacchi ha cercato di mettere in evidenzia i collegamenti tra il protos heuretes di questa tradizione e altri testi che, almeno apparentemente, non sembrano avere connessioni dirette o esplicite con quello. Attraverso unanalisi ideologica olistica, Sacchi ha notato che, a livello di sistema di pensiero, la protologia sottesa al Libro dei Vigilanti (il male qualcosa che ha corrotto lintera creazione ed , in un certo senso, precedente ad essa; esso il frutto di una trasgressione angelica che ha sovvertito lintero cosmo; luomo, in questa ottica, non compie il male, ma vittima di esso ed , in certo qual modo, inevitabilmente spinto verso di esso30) viene condivisa da altri testi giudaici del secondo Tempio31. Le indagini per sommi capi richiamate si inseriscono nel dibattito, assai vivo tra gli anni 70 e 90, in merito ai diversi movimenti del giudaismo del periodo ellenistico-romano, le cui premesse affondano le loro basi nella storia delle idee32. Si sottolineato, ad esempio, che due opere come il Libro dei Sogni (III tomo dellattuale pentateuco enochico) e Daniele, nonostante la relativa reciproca contemporaneit (II secolo a.C.) e la comunione letteraria e di visione del mondo, non possano essere ritenute specchio di uno stesso movimento, ma vadano intesi come due scritti che polemizzano tra loro su aspetti ritenuti fondanti per i gruppi che li hanno prodotti e/o redatti. Problematiche come quelle del male,
Va ricordato come il male rappresenti uno dei temi portanti della riessione storico-religiosa condotta da Ugo Bianchi: cfr. Prometeo, Orfeo, Adamo. Tematiche religiose sul destino, il male, la salvezza, Edizioni dellAteneo & Bizzarri, Roma 1991 e i riferimenti in G. Casadio (ed.), Ugo Bianchi. Una vita per la storia delle religioni, Il Calamo, Roma 2002. Sacchi stato tra i relatori del convegno di Roma, organizzato da Bianchi e da Cerutti, su apocalittica e gnosticismo: cfr. P. Sacchi, Impurit e male nel pensiero apocalittico, in M.V. Cerutti (ed.), Apocalittica e gnosticismo. Atti del colloquio internazionale (Roma, 18.19 giugno 1993), GEI, Roma 1995, pp. 45-58, 59-70 (discussione). Ma va altres sottolineato come, nonostante alcuni elementi di convergenza tra i due studiosi, la discussione pubblicata a margine dellarticolo di Sacchi (secondo uno schema consolidato, altamente meritorio, nei convegni curati e/o editi da Bianchi) metta abbastanza bene in luce anche le divergenze su aspetti pi generalmente metodologici e per quanto concerne lapproccio alle fonti antiche. 31 Oltre agli studi raccolti nel volume Lapocalittica giudaica, cfr. Storia del secondo Tempio. Israele tra VI secolo a.C. e I secolo d.C., SEI, Torino 20022, pp. 302-329 e Tra giudaismo e cristianesimo, pp. 160-162, 172-177. Si veda anche la sintetica ma indicativa presentazione in Lapocalittica: ovvero storia di alcune idee del mediogiudaismo, in S. Dianich (ed.), Sempre Apocalisse. Un testo biblico e le sue risonanze storiche, Piemme, Casale Monferrato 1998, pp. 85-104. 32 Cfr. Sacchi, Tra giudaismo e cristianesimo, pp. 149-152 e G. Boccaccini, Jewish Apocalyptic Tradition: The Contribution of Italian Scholarship, in J.H. Charlesworth - J.J. Collins (eds.), Mysteries and Revelations: Apocalyptic Studies since the Uppsala Colloquium, Academic Press, Shefeld 1991, pp. 33-50. Si veda anche Id., Il mediogiudaismo. Per una storia del pensiero giudaico tra il III secolo a.e.v. e il II secolo e.v., Marietti, Genova 1993, pp. 19, 34-36, 47-48, 51-86, 87-93; Roots of Rabbinic Judaism, pp. 8-41; Oltre lipotesi essenica. Lo scisma tra Qumran e il giudaismo enochico, Morcelliana, Brescia 2003 (orig. ingl. Eerdmans, Grand Rapids 1998), pp. 11-15, 37-53 (in particolare, si vedano le osservazioni alle pp. 48-50). Ulteriori osservazioni si possono leggere anche in Sacchi, Tra giudaismo e cristianesimo, pp. 152-158.
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della storia e dellazione delluomo in essa assumono una luce del tutto particolare se ri-lette allinterno del contesto ideologico globale che sta dietro alle rispettive tradizioni33. Se il Libro dei Sogni sembra muoversi sulla faslariga dellideologia del Libro dei Vigilanti, concentrandosi sul peccato originario degli angeli vigilanti e sulla degenerazione di tutta la storia umana in seguito a questo evento protologico, evitando di mettere laccento sulla Legge data a Mos sul Sinai (lA., di fatto, al di l di un fugace cenno, non menziona il fatto: cfr. 1Enoc [ = Libro dei Sogni] 89,29)34, Daniele, nonostante un certo determinismo storico, collega le sciagure presenti del popolo di Israele al tentativo di sopprimere la Legge da parte di Antioco IV e di coloro che, come lui, hanno pensato di mutare i tempi e la legge (7,25; ma cfr. anche Dan 1,8-21)35. Allo stesso modo, tra la met del I secolo a.C. e il I secolo d.C., se il Libro delle Parabole di Enoc continua la tradizione inaugurata dal Libro dei Vigilanti, 2Baruc sembra riconnettersi alla teologia della Legge di matrice sadocita36. Appare chiaro che, stando almeno alle tesi di Sacchi (ulteriormente scandagliate da Gabriele Boccaccini), il termine apocalittica non sia pi del tutto calzante nel momento in cui dalla letteratura si passa ai gruppi che hanno prodotto una specifica opera letteraria37. Sulla base dellideologia dei testi letterariamente classificabili come apocalittici (= rivelativi) possibile ricostruire, da un lato, quelli che sono stati prodotti da un gruppo enochico (soprattutto gli scritti entrati a far parte di 1Enoc e,
Cfr. Tra giudaismo e cristianesimo, pp. 179-188. Cfr. Sacchi, Lapocalittica giudaica, pp. 159-160, 283-284, Tra giudaismo e cristianesimo, p. 153 e Boccaccini, Il mediogiudaismo, pp. 93-95; Oltre lipotesi essenica, spec. pp. 157-161; Roots of Rabbinic Judaism, pp. 165-169. 35 Cfr. G. Boccaccini, Daniele un testo apocalittico? Una (ri)denizione del pensiero del Libro di Daniele in rapporto al Libro dei Sogni e allapocalittica, in Henoch 9 (1987), pp. 267-299; Il mediogiudaismo, pp. 87-121; Roots of Rabbinic Judaism, pp. 169-201 e Sacchi, Tra giudaismo e cristianesimo, pp. 153, 179-181. Una simile metodologia sottende anche a S.B. Reid, Enoch and Daniel: A Form Critical and Sociological Study of Historical Apocalypses, University Press, Berkeley 1989 e, pi recentemente, a R.A. Argall, 1 Enoch and Sirach: A Comparative Literary and Conceptual Analysis of the Themes of Revelation, Creation, and Judgment, SBL Press, Atlanta 1995 (la vicinanza terminologica e, in un certo qual senso, contenutistica tra alcuni punti di 1Enoc e Ben Sira non pu assolutamente farci dedurre una loro appartenenza ad un medesimo movimento; i due sembrano, di contro, in conitto). 36 Cfr. anche G. Boccaccini, Esiste una letteratura farisaica del secondo Tempio?, in Ricerche storico-bibliche 11/2 (1999), pp. 23-41. 37 Per questo la critica che J.J. Collins ha mosso al riduzionismo di Sacchi non mi sembra pienamente giusticata (cfr. Seers, Sybils and Sages in Hellenistic-Roman Judaism [Supplements to the Journal for the Study of Judaism, 54], Brill, Leiden 1997, pp. 35-36); Sacchi non nega, almeno a livello di principio, lesistenza di un genere letterario apocalittico (cfr. Lapocalittica giudaica, pp. 22-26, 39-42), ma i suoi studi hanno, per cos dire, unaltra mira, quella di capire se dietro i testi apocalittici possa esserci un gruppo o se questi siano il prodotto di pi gruppi. Successivamente, daltronde, lo stesso Sacchi ha dichiarato che oggi non intitolerebbe pi il suo volume Lapocalittica giudaica e la sua storia (cfr. La teologia dellenochismo antico e lapocalittica, in Materia giudaica 7/1 [2002], pp. 7-13 e Tra giudaismo e cristianesimo, pp. 154-158).
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dallaltro, quelli che riprendendo Daniele hanno cercato di ricondurre il genere rivelativo nellalveo del giudaismo vicino alla Legge. Le analisi di Sacchi per sommi capi richiamate si mostrano tese a derivare dalle vicende testuali dei documenti che compongono lattuale 1Enoc, e degli altri testi riconducibili al medesimo sistema ideologico (sebbene non direttamente ascrivibili alla tradizione enochica propriamente detta), le multiformi riproposizioni occorse allinterno di una tradizione diacronicamente sviluppatasi attorno a dei nuclei riconosciuti, nel suo stesso svolgimento, come fondanti. Esse rivelano quella dialettica tra continuit e innovazione, evocata anche da Brelich (ma io direi, pi genericamente, quella vera e propria tecnica rifunzionalizzante), quasi implicita nei processi -emici di costruzione di unautorit nel passato su cui fondare lazione culturale nelloggi. *** Quella di apocalittica non definizione che si ritrova allinterno dei documenti riconosciuti come apocalittici dagli studiosi (fatto quasi ovvio!). Ci non sarebbe di per s elemento realmente ostativo ai fini di un suo utilizzo in chiave storica, se non fosse che il termine sembra essersi imposto, nella storia degli studi teologici, prima, e poi storico-religiosi, soprattutto in seguito alla necessit di contestualizzare il testo dellApocalisse di Giovanni38 allinterno di un quadro letterario e ideologico che giustificasse la dimensione intrinsecamente canonica dello scritto rispetto a un prius giudaico39. Si imposta la necessit di considerare i
38 Uno dei pochi scritti apocalittici provenienti dal mondo giudaico-cristiano del secondo Tempio a essere titolato, in maniera esplicita, con la parola apokalypsis (rivelazione, non necessariamente connessa agli eventi che segnano la ne dellordine mondano): cfr. 1,1. Sui rapporti Apocalisse di Giovanni-apocalittica giudaica, Sacchi ha icasticamente osservato: il nome di apocalittica puramente convenzionale e non ha nulla a che vedere con lApocalisse di Giovanni che la matrice da cui nato il termine: Formazioni e linee portanti dellapocalittica giudaica precristiana, in Ricerche storico-bibliche 7/2 (1995), p. 26. 39 Lutilizzo risale agli studiosi dell800: si veda A. Hilgenfeld, Die jdische Apokalyptik in ihrer geschchtlichen Entwicklung: ein Beitrag zur Vorgeschichte des Christentums nebst einem Anhange ber das gnostische System des Basilides, s.e., Jena 1857 (rist. Rodopi, Amsterdam 1966) e, prima ancora, F. Lcke, Versuch einer vollstndingen Einleitung in die Offenbarung des Johannes oder Allgemeine Untersuchungen ber die apokalyptische Litteratur berhaupt und die Apokalypse des Johannes insbesondere, Eduard Weber, Bonn 1852 (su cui cfr. recentemente A. Christophersen, Friedrich Lcke [1791 1855]. Teil 1: Neutestamentliche Hermeutik und Exegese im Zusammenhang mit seinem Leben und Werk; Teil 2: Documente und Briefe, Walter de Gruyter, Berlin 1999 e Die Begrndung der apokalyptischen Forschung durch Friedrich Lcke. Zum Verhltnis von Eschatologie und Apokalyptik, in Kerygma und Dogma 47 [2001], pp. 158-179); per una disamina delle posizioni dei diversi studiosi tra 800 e 900 cfr. J.M. Schmidt, Die jdische Apokalyptik: Die Geschichte ihrer Erforschung von den Anfngen bis zu den Textfunden von Qumran, Neukirchener Verlag, Neukirchen-Vluyn 1969, pp. 127 ss. Si veda anche il mio articolo Apocalisse di Giovanni e apocalittica giudaica da

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testi apocalittici giudaici come testimonianze legate a uno stesso gruppo sociale, ancorch vario, definito nel suo complesso come apocalittico e ricostruito attraverso una sorta di selezione di massima dei temi principali emergenti dai testi riconosciuti come afferenti al medesimo alveo letterario e ideologico. Donde lidea che lapocalittica fosse una vera e propria ideologia del giudaismo del secondo Tempio, legata a un particolare gruppo sociale, sorta per influsso del mondo iranico, prima, e greco, in seguito, e tutta improntata allattesa escatologica e agli eventi degli ultimi tempi, connessa a un rifiuto dello statu quo e, soprattutto, delle dominazioni straniere. Sacchi ha rilevato come il termine apocalittica vada inteso nel suo senso formale di apokalypsis, ovvero svelamento delle realt ultramondane da parte di un mediatore che riceve lincarico, da un essere afferente alla dimensione altra, di scrivere e comunicare quanto visto nel suo contatto con loltre-mondo40. Per Sacchi, il termine apocalittica indica una particolare modalit di accesso alla dimensione dellalterit, uno strumento formale con cui particolari gruppi e ideologie esprimono la loro visione del mondo e il loro rapporto con loltre-mondo, ma non certo un gruppo sociale unitario da cui dedurre particolari istanze socio-politiche; per cui, sottolinea lo studioso, impossibile rinvenire nella documentazione cosiddetta apocalittica del giudaismo del secondo Tempio quella linea di continuit o, peggio ancora, quella vera e propria essenza che gli studiosi del passato ritenevano di ravvisare in essa41. La stessa attesa escatologica affiora allinterno di particolari testi in particolari momenti storici, ma non risulta un dato realmente tipico di tutti in testi formalmente classificabili come apocalittici, e non si trova attestata nei documenti formalmente definibili come tali42. Non a caso, proprio il Libro dei Vigilanti testimonia di una sostanziale assenza di elementi legati allattesa escatologica: il testo rivolge la propria attenzione soprattutto a fatti legati alla colpa antecedente degli angeli vigilanti, e alle ripercussioni successive a tale evento sulle vicende umane. Un altro elemento che emerge dalle indagini di Sacchi va messo in evidenza. Alcuni gruppi di credenti in Cristo delle origini hanno certamente ripreso e rielaborato immagini o segmenti di immagini, o veri e propri nuclei ideologici ugualmente attestati nei testi cosiddetti apocalitBousset alle pi recenti acquisizioni sulla cosiddetta apocalittica giudaica, in D. Garribba S. Tanzarella (eds.), Giudei o cristiani? Quando nasce il cristinesimo?, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2005, pp. 147-156. 40 Si veda Tra giudaismo e cristianesimo, pp. 159-161.209-222. 41 Emblematico, in tal senso, lo studio Lattesa come essenza dellapocalittica?, in Rivista Biblica 45 (1997), pp. 71-78. 42 Si leggano le osservazioni di Sacchi in Lescatologia negli scritti giudaici apocri tra IV secolo a.C. e I secolo d.C., in Dizionario di spiritualit biblico-patristica XVI, Borla, Roma 1997, pp. 62-83.

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tici del secondo Tempio. Ma tale ripresa sembra essere avvenuta sempre e comunque in stretta connessione con uno degli assi portanti attorno a cui ruotavano le differenti credenze protocristiane, lattesa del ritorno di Ges in quanto agente escatologico di salvezza. Ne deriva che lescatologia va ritenuta elemento proprio dello sviluppo del protocristianesimo, che riutilizza, in una fase peraltro abbastanza avanzata, la tradizione giudaica (o una parte di essa43) in chiave sostanzialmente ancillare, per meglio avallare il proprio specifico ideologico in continuit (o in discontinuit) con una traditio ritenuta autorevole da taluni. Lunico alveo apocalittico, che utilizza lo strumento formale apocalittico per esprimere la propria visione del mondo e la propria ideologia, ritenuto da Sacchi espressione di una tradizione che si riconosce come unitaria, o meglio ruotante attorno a dei protoi heuretai ritenuti fondativi, proprio quello cosiddetto enochico, il cui nucleo ideologico fondamentale, chiamato in causa grosso modo in tutti, o quasi tutti, i documenti entrati a far parte della medesima tradizione (o comunque ad essa connessi), risulta legato allidea che il male qualcosa che ha fatto il suo ingresso nel mondo in seguito a un sovvertimento dellordine istaurato da Dio, per cui luomo ne vittima. Il dispiegarsi (diacronico) di una vera e propria traditio sostanzialmente legato, almeno in linea di massima, alla figura di Enoc, riconosciuto, nella quasi totalit dei documenti che concorrono a comporla, come una sorta di mitico fondatore e protos heuretes della medesima. La riconsiderazione dei documenti su basi strettamente storicofilologiche e storico-ideologiche, portata avanti da Sacchi, e la relativa riformulazione di concetti e categorie legate a dibattiti fioriti in ambiti soprattutto ideologici e/o confessionali-teologici, oggi dovrebbe indurre
43 Lidea classica secondo cui le varie cristologie protocristiane rappresentino una sorta di sviluppo dei vari messianismi giudaici del secondo Tempio presenta ancora oggi una sua validit, ma va epurata di alcuni suoi eccessi cristianocentrici, come se il messianismo giudaico, storicamente, dovesse necessariamente risolversi nella successiva cristologia. Oggi si tende a considerare le varie attese messianiche osservabili nel giudaismo del secondo Tempio come espressioni particolari di singoli gruppi sociali, non certo come un blocco ideologico pervasivo o totalizzante allinterno del complesso della societ giudaica del secondo Tempio. Addirittura c chi arrivato a ritenere impossibile documentare lattesa di un messianismo davidico allinterno del giudaismo del secondo Tempio: cfr. K.E. Pomykala, The Davidic Dynasty Tradition in Early Judaism. Its History and Signicance for Messianism, Scholars Press, Atlanta 1995. Sulle varie attese cosiddette messianiche presenti nel giudaismo del secondo Tempio, cfr. J.J. Collins, The Scepter and the Star. The Messiahs of the Dead Sea Scrolls and Other Ancient Literature, Doubleday, New York 1995; G.S. Oegema, The Anointed and his People. Messianic Expectations from the Maccabees to Bar Kochba (Supplements to the Journal for the Study of Pseudepigrapha, 27), Academic Press, Shefeld 1998; G.G. Xeravits, King, Priest, Prophet. Positive Eschatological Protagonists of the Qumran Library (Studies on the Texts of the Desert of Judah, 47), Brill, Leiden 2003; A. Guida - M. Vitelli, Ges e i Messia di Israele. Il messianismo giudaico e gli inizi della cristologia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2006; L. Monti, Una comunit alla ne della storia. Messia e messianismo a Qumran (Studi Biblici, 149), Paideia, Brescia 2006. Si vedano anche le osservazioni di Sacchi in Tra giudaismo e cristianesimo, pp. 295-323.

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a estrema cautela nellutilizzo della dizione di apocalittica rispetto ad ambiti diversi da quello (proto-)cristiano44. Se gli studi di Sacchi hanno messo in luce la sostanziale inadeguatezza (a livello storico e ideologico) della categoria per lo studio del giudaismo antecedente e/o coevo al sorgere dei vari movimenti cristiani delle origini, questo dovrebbe spingere a riconsiderare leffettiva utilit di una sua estensione ad ambiti abbastanza lontani da quella linearizzazione della storia in chiave cristologica che rappresenta uno dei portati pi tipici della riflessione cristiana45.
Certamente laffermazione potrebbe indurre il sospetto che il nostro sia un vano tentativo di sostegno a un decostruzionismo inconcludente, che, programmaticamente, non tiene conto dellimpostazione teorica sullargomento messa in campo a partire dalla prima met del 900, almeno da Max Weber in poi (senza trascurare i debiti nei confronti di indagini e riessioni precedenti: cfr. K. Surin, Liberation, in M.C. Taylor [ed.], Critical Terms for Religious Studies, The University of Chicago Press, Chicago - London 1998, pp. 175-185). Se vero che temi, concetti e categorie provenienti dalle tradizioni religiose e dalle varie teorie delle religioni sono conuite nel linguaggio pi propriamente culturale e politico, va altres segnalato che gli studi di Sacchi rappresentano un importante tassello nel tentativo odierno di ridenire quelle stesse categorie alla luce della distinzione -emico/ -etico, una delle pi importanti conquiste delle scienze umane in seguito allimpatto dello strutturalismo. Se Sacchi ha pi volte rivendicato che il suo un approccio rigorosamente storico al fatto apocalittico giudaico, innegabile che i tentativi successivi (ma anche coevi) di ridenire lapocalittica siano partiti da premesse pi o meno analoghe per quanto concerne lanalisi dei testi giudaici cosiddetti apocalittici. Sulla questione terminologica nella storia degli studi e nella ricerca pi recente, si veda lesaustivo quadro approntato da L. DiTommaso, Apocalypses and Apocalypticism in Antiquity I-II, in Currents in Biblical Research 5/2-3 (2007), pp. 235-286, 367-432. 45 Il tema della cosiddetta apocalittica (e delle dizioni ad essa ritenute inscindibilmente connesse: messianismo, profetismo, catarsi e/o liberazione escatologica, ecc.) entra nella storia delle religioni italiana con Vittorio Lanternari, docente di etnologia e allievo di Raffaele Pettazzoni, che pubblica, nel 1960, un importante volume in cui si analizzano le connessioni tra attesa millenaristico-apocalittica, messianismo e la cosiddetta decolonizzazione (cfr. Movimenti religiosi di libert e di salvezza dei popoli oppressi, Feltrinelli, Milano 1960 [opera recentemente riedita per gli Editori riuniti, Roma 2003]). Nella nuova edizione il sottotitolo appare leggermente modicato: scompare la specicazione dal tenore etnologico dei popoli oppressi, proprio in virt del fatto che lidea, negli anni 60 particolarmente in voga, di una connessione quasi strutturale tra attesa millenaristica e/o apocalittica e societ di interesse etnologico caduta di fronte al proliferare di movimenti considerati analoghi allinterno della nostra stessa cultura occidentale). Pi o meno in contemporanea alla pubblicazione dellindagine di Lanternari (peraltro quasi del tutto ignorata negli appunti che oggi compongono lopera postuma di de Martino, se si esclude il richiamo allopera del 60 in due punti de La ne del mondo, brani 205 e 221; sui rapporti, peraltro assai frequenti, tra Lanternari e de Martino, cfr. Cesare Pavese - Ernesto de Martino, La collana viola. Lettere 1945-1950, a cura di Pietro Angelini, Bollati Boringhieri, Torino 1991, p. 203 e V. Lanternari, La mia alleanza con Ernesto de Martino e altri saggi post-demartiniani, Liguori, Napoli 1997), anche Ernesto de Martino incomincia a progettare unopera sul tema, forse in concomitanza con la pubblicazione de La terra del rimorso, edito nel 1961. Nel 1964, de Martino pubblica un articolo, che possiamo denire realmente preparatorio allopus magnum, dal titolo Apocalissi culturali e apocalissi psicopatologiche (in Nuovi Argomenti 69-71 [1964], pp. 105-141), una sorta di anticipazione, per altro di grande organicit, di quei temi che successivamente sarebbero dovuti conuire nel volume denitivo (come si sa, la ricerca si interrompe nel 1965, per via dellaggravarsi della malattia, cui sopraggiunger in quello stesso anno la morte; in una lettera del 1967 a Guido Bollati, Angelo Brelich presenta un progetto per la pubblicazione degli inediti demartiniani [per il testo, parziale, della
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Unaffermazione di Sacchi relativa a Paolo assume, in questa sede, valore emblematico rispetto alla rifunzionalizzazione che il cristianesimo antico ha dovuto necessariamente mettere in campo rispetto a concetti e/o idee sussunte dal giudaismo:
Le teologie cristiane hanno assorbito molte forme di pensiero giudaico fra di loro diverse, che trovano la loro unit solo nel Cristo che muore per stabilire il patto con Dio (p. 270).

lettera, cfr. E. de Martino, La ne del mondo. Contributo allanalisi delle apocalissi culturali, a cura di Clara Gallini, Introduzione di Clara Gallini e Marcello Massenzio, Einaudi, Torino 2002, p. VIII], ma questa verr completata solo dieci anni dopo, ad opera di Clara Gallini, alla morte dello stesso Brelich. Per le vicende legate alledizione dellincompiuta opera di de Martino cfr. La ne del mondo, pp. XXVII-XXXIII). Il lone di ricerca inaugurato in Italia da Lanternari e de Martino trova il suo continuatore soprattutto in Marcello Massenzio (allievo di Angelo Brelich); questultimo consegna alle stampe una serie di ricerche che cercano di approfondire ulteriormente, alla luce dei guadagni emersi dalle indagini di Lanternari, le tracce di un discorso, quello demartiniano, che sembrava essersi interrotto troppo prematuramente (sulla linea de Martino - Lanternari - Massenzio, si veda E. Monaco, I movimenti millenaristici, in Studi storici 22 [1981], pp. 199-203. Cfr. anche M. Massenzio, Progetto mitico ed opera umana. Contributo allanalisi storico-religiosa dei millenarismi, Liguori editore, Napoli 1980, pp. 19-20). Filo rosso che tiene insieme questi studi , anzitutto, lassociazione tra apocalittica, millenarismo, catarsi escatologica, messianismo e fenomeni religiosi di interesse etnologico, in aderenza ad alcuni studi che negli stessi anni si conducevano in ambito internazionale (a titolo esemplicativo, si veda la rassegna curata da V. Lanternari, Riconsiderando i movimenti social-religiosi nel quadro dei processi di acculturazione, in Studi e Materiali di Storia delle Religioni [ = Religioni e civilt] N.S. 1 [1972], pp. 31-68), cercando di riportare il discorso nellalveo del metodo approntato dalla scuola romana, e di rivalutare, quindi, lapporto storicistico ai ni dellindagine storico-religiosa strettamente etnograca. Gi questo dovrebbe portare a rivalutare criticamente, soprattutto nelloggi, la possibilit di unapplicazione dei termini apocalittica e connessi (millenarismo, catarsi, messianismo, ecc.) a fatti religiosi afferenti allambito cosiddetto etnologico e a vericare, di conseguenza, la bont di una identicazione totale tra fatto religioso apocalittico e contesti sociali allora deniti subalterni. Enorme peso hanno certamente avuto, in una simile associazione, la categoria, cos come teorizzata da A. Gramsci, di egemonia, unitamente a quella di dominio, nella sua declinazione soprattutto weberiana e, prima ancora, marxiana. Sul tema si veda il recente contributo di V. Severino, Ernesto de Martino nel PCI degli anni cinquanta tra religione e politica culturale, in Studi storici 44 (2003), pp. 527-553. Bisognerebbe concedere maggiore attenzione anche al rapporto tra contesti cosiddetti subalterni e la diffusione dei cristianesimi, per lo meno a partire dallet moderna, tema sterminato e di notevole complessit su cui oggi esiste una vastissima bibliograa. Non va neanche dimenticato il peso che la cultura politica degli studiosi degli anni 60-70 ha avuto nelle loro rispettive riessioni storiograche e teoriche. Un ruolo dirimente inoltre ravvisabile nella critica marxista e post-marxista, sul cui terreno ma bisognerebbe dire, con maggiore precisione, sulle cui macerie hanno trovato terreno fertile molte delle istanze solitamente ricondotte a quella sorta di ologramma che la teologia della liberazione. Per un quadro generale, si veda J. Rieger (ed.), For the Margins. Postmodernity and Liberation in Christian Theology, University Press, Oxford 2003. Sullimpatto che lo studio del NT, soprattutto dellApocalisse di Giovanni, secondo la prospettiva delle teologie della liberazione, ha avuto nel pi ampio quadro delle scienze umane tra anni 50 e 70, cfr. limportante volume di S.D. Moore, Empire and Apocalypse. Postcolonialism and the New Testament (Bible in the Modern World 12), Shefeld Phoenix Press, Shefeld 2006.

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Si potrebbe dire, per estensione, che i risvolti cosiddetti escatologici di talune riflessioni attestate nel giudaismo del secondo Tempio siano stati ripiegati per meglio aderire allattesa della salvezza portata da Ges alla fine dei tempi (a prescindere da una sua imminente venuta), innescando, a volte in nuce, a volte esplicitamente, altre volte in modo sostanzialmente implicito, il meccanismo che sta alla base della creazione stessa del concetto di apocalittica, inteso come rivelazione anticipante e anticipata degli sconvolgimenti che segneranno la fine dellordine mondano e su cui stagliare la potente venuta liberante di Ges quale agente di salvezza positivo per coloro che hanno creduto in lui46.
46 Ernesto De Martino ha icasticamente osservato: La tradizione giudaico-cristiana lascia entrare nella stessa coscienza mitico-rituale la coscienza storica del divenire irreversibile: laccento si sposta dalla esemplarit delle origini alla esemplarit del centro del divenire, dal divino al divino incarnato (il Cristo), dalla ripetizione delle origini alla ripetizione del centro (la morte e le resurrezione di Cristo), dalla ciclicit delle catastro allattesa di un termine a direzione unica (il Regno). Alla ripetizione delle origini divine della storia segue ora la ripetizione del centro divino-umano della storia col problema della salvezza individuale nel termine unico annunziato (La ne del mondo, brano 110, p. 221). In merito si veda anche il mio articolo Lapocalittica giudaica e proto-cristiana tra crisi della presenza e crisi percepita, in Studi e Materiali di Storia delle Religioni 76/2 (2010), pp. 480-533. La necessit di fornire un orizzonte euristico storicizzante a complessi mitico-culturali sottovalutati e/o ridimensionati perch studiati in chiave sostanzialmente etnocentrica ha portato alcuni studiosi della cosiddetta scuola romana di storia delle religioni ad utilizzare la dizione di apocalittica (et similia!) in chiave comparativa per cercare di chiarire le dinamiche di costruzione di alcuni discorsi mitico-rituali legati alla distruzione dellordine attuale e alla relativa riproposizione di un ordine altro, sostanzialmente oppositivo rispetto al precedente e comunque connesso al riuto di uno stato di dominazione vissuto come realmente invasivo, se non realmente distruttivo, a fronte di ordini culturali tradizionalmente consolidati (cfr. M. Massenzio, Cargo Cults: dallevasione mitica allimpegno emancipatorio, in V. Lanternari, Festa, carisma, apocalisse, SE, Palermo 1983, pp. 305-348). Loperazione, legata a un panorama internazionale di studi allepoca piuttosto orido (un libro che ebbe un grosso impatto in tal senso fu quello di P. Worsley, La tromba suoner. I culti millenaristici della Melanesia, Einaudi, Torino 1977 [orig. ingl. 1968]. Si vedano le osservazioni dedicate al volume in C. Tullio-Altan - M. Massenzio, Religioni, simboli, societ. Sul fondamento umano dellesperienza religiosa, Feltrinelli, Milano 1998, pp. 264-273, 299-317) e, non secondariamente, inuenzata dalla volont, si potrebbe dire politico-ideologica, di affrancare da pesanti derive fenomenologiche dispositivi mitico-religiosi che andavano necessariamente reinseriti nella loro propria storicit e riabilitati in un discorso pi ampiamente storico-religioso ed etnologico, ha offerto un contributo notevole per quanto concerne lanalisi di popolazioni ove linusso dei conquistatori e/o colonizzatori (il pi delle volte programmaticamente legato a presupposti teologici di marca cristiana) ha condotto alla formulazione di impianti culturali in cui la coabitazione, certamente forzata, non ha mancato di lasciare la sua cosciente e voluta traccia. Ci che per a livello di principio va sottolineato, soprattutto nelloggi, che unestensione, in chiave storico-comparativa, del termine apocalittica a culture non direttamente ascrivibili allinusso (anche tangenziale) del cristianesimo, e in questo contesto va inserito il giudaismo del secondo Tempio, non solo pericoloso proprio per il rischio della sovrapposizione etnocentrica ma realmente legato, per ragioni intrinseche allo sviluppo storico del termine, a una visione ancillare dellalterum, piegato per meglio aderire alla denizione del proprium. Si rischierebbe di riproporre, ancora una volta e per lennesima volta, unanalisi dellapocalittica giudaica alla luce delle successive (e differenti) riessioni cristiane, visto che, in molti casi, le c.d. apocalittiche melanesiana (cfr. Massenzio, Progetto mitico e opera umana), e australiana (cfr. Id., Kurangara. Unapocalisse australiana,

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In un contributo di oramai qualche anno fa, J.C. VanderKam ha ripreso lannosa questione dei rapporti tra apocalittica e messianismo47. Lo studioso iniziava col notare come il termine , nella Bibbia, si trovi connesso ai seguenti ambiti: I. lunzione dei re dIsraele (cfr. 1Sam 12,3.5,
Bulzoni, Roma 1976), oppure quelle rinvenibili presso talune popolazioni della Nuova Guinea (cfr. Id., Ges-Manup: Cristo nella Nuova Guinea, in Tullio-Altan - Id., Religioni, simboli, societ, pp. 274-285. Nello stesso volume si veda anche il saggio, sempre a rma di Massenzio, Il futuro e il tempo dellattesa, pp. 286-298) o presso gli indiani dAmerica (cfr. Lanternari, Movimenti religiosi di libert), sono il frutto di operazioni ideologiche compiute da talune lites, o da gruppi particolari, in risposta a e/o per inusso (a volte diretto, altre volte indiretto) di coabitazioni culturali in cui il cristianesimo, o una particolare declinazione di esso, ha assunto un ruolo inglobante/orientativo sempre pi rilevante. E non un caso che il recente studio di A.E. Portier-Young, Apocalypse against Empire. Theologies of Resistance in Early Judaism, Eerdmans, Grand Rapids 2011, per leggere alcune delle apocalissi del giudaismo del periodo ellenistico-romano come espressioni di differenti teologie della resistenza, debba necessariamente ripensare i concetti di impero e resistenza secondo le categorie concettuali proprie del contesto oggetto del suo studio, nel pi ampio panorama del mondo antico, osservando come i due termini siano sostanzialmente due facce della stessa medaglia. Lopposizione nei confronti di un potere avvertito come realmente distruttivo di un ordine culturale consolidato non solo deve fare i conti con quella che si pu denire una vera e propria crisi percepita, ovvero una crisi tipica di particolari contesti sociali allinterno di un pi ampio macrosistema, pensata non allo stesso modo da tutti gli attori che lo compongono, ma deve inoltre tenere presente che lopposizione implica almeno in certi ambiti lappropriazione di strumenti culturali tipici del sistema che si intende combattere, per meglio denire il proprium rispetto allalterum da cui prendere le distanze. 47 Cfr. Messianism and Apocalypticism, in J.J. Collins - B. McGinn - S.J. Stein (eds.), The Encyclopedia of Apocalypticism 1. The Origins of Apocalypticism in Judaism and Christianity, Continuum, New York 1998, pp. 193-228. necessaria una chiaricazione: limpiego del termine messianismo , a mio avviso, piuttosto ambiguo, perch sembra sovrapporre cose piuttosto eterogenee. In tempi recenti si imposto luso del plurale messianismi, operazione senzaltro legittima, ma che non sembra spostare di troppo i termini del problema. noto che il termine messia una traslitterazione del termine ebraico corrispondente che, in un particolare contesto, aveva una valenza ben determinata, ed altrettanto ovvio che lapplicazione teologica di questo termine a Ges abbia portato a denire un messianismo giudaico che, sebbene non strettamente legato al termine tecnico, stato comunque interpretato come tale (sempre e comunque in modo da contestualizzare il messianismo gesuano). Credo che questo sia un caso in cui la terminologia non possa comunque eludere un certo grado di ambiguit: indubbio che oltre al messianismo in senso stretto (quello connesso allimpiego del termine tecnico unto) lebraismo del periodo ellenistico-romano conoscesse una serie di agenti escatologici non strettamente connessi al messia regale o sacerdotale unto, ma questi sembrano comunque rappresentare una sorta di sfondo in cui inserire le riletture gesuane e cristiane dellazione escatologica di un inviato di Dio. Ma no a che punto simili valutazioni erano considerate messianiche da tutti i giudei dellepoca? Connesso a questi problemi , a mio avviso, il tentativo di delineare un tipo di messianismo gi nellIsraele pi antico. Questo argomento su cui non possibile, francamente, neanche fornire elementi di base in questa sede: ma credo che ogni discorso storico debba cercare di prescindere, il pi possibile, da problemi teologici (almeno secondo le diverse teologie moderne e contemporanee). Certamente ritenere che un particolare tipo di messianismo fosse gi presente nellIsraele pi antico darebbe maggiore consistenza storica ad una lettura in chiave cristologica di numerosi luoghi del cosiddetto Antico Testamento. Ma questa unoperazione storicamente legittima? Sul problema di unorigine del messianismo gi a partire dallVII secolo, si veda linterpretazione, e la relativa datazione, che E. Cortese fornisce del Sal 72 (Che Messia? Per quali poveri?, in Lateranum 41 [1991], pp. 41-

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16,6, 24,7.11); II. lunzione dei sommi sacerdoti di Israele (Lev 4,3.5.16, 6,15, Sal 84,10); III. Ciro di Persia denito tale in Is 45,1; IV. un futuro principe denito tale in Dan 9,25.26; V. i patriarchi sono deniti tali in Sal 105,15 = 1Cr 16,22. La domanda centrale per VanderKam era la seguente: possibile usare il termine per riferirsi a qualsiasi leader of the end-time and the thought patterns that include such characters?. O sarebbe meglio restringere il campo alla menzione esplicita del termine in un contesto escatologico e apocalittico? VanderKam optava per la prima possibilit, portando come esempio i testi profetici, dove possibile osservare un proliferare di gure messianiche (ovvero di agenti escatologici di salvezza), pur nellassenza del termine specico (ad esempio, cfr. Is 11,1.2-16, Ger 23,5-6, 2Sam 7,12-14a.1648). Nella stessa prospettiva si mosso J.J. Collins, sottolineando che a messiah is an eschatological gure who sometimes, but not necessarily always, is designated as a in the ancient sources49. Partendo da simili premesse, si osservato che certamente lescatologia rappresenta un elemento centrale nella denizione di un particolare messianismo, ma che esistono gure messianiche non necessariamente denibili nei termini di giudice escatologico (il caso del messianismo davidico), cos come sono documentati agenti di salvezza di matrice sacerdotale e addirittura la venuta di entrambi i personaggi in contemporanea (il caso di alcuni scritti qumranici), correlata allattesa di un profeta che comunque sembra avere caratteristiche messianiche50. Ma se la connessione escatologia/messia dato comunque abbastanza certo (sebbene Flavio Giuseppe ricordi il proliferare di gure cosiddette messianiche che preannunciano limminente rivolgimento escatologico della
60; Come sbloccare lattuale esegesi messianica, in Lateranum 46 [1996], pp. 33-45, contro soprattutto J.-M. Auwers, Les Psaumes 70-72. Essai de lecture canonique, in Revue Biblique 101 [1994], pp. 242-257; ulteriore bibliograa sul problema in E. Cortese, Formazione, redazione e teologia dei Salmi di Davide [RivBibl.S 43], EDB, Bologna 2004, pp. 142-143). La cosa certamente possibile (oggi quasi tutto appare possibile!). Ma rimane anche la validit dellinterrogativo: storicamente legittima? O solo un tentativo di giusticare una lettura teologica, per quanto autorevole, sfruttando argomentazioni che pretendono di essere storiche? Un tentativo storicamente pi equilibrato di rinvenimento di concezioni messianiche nellIsraele pi antico (sebbene non si arrivi, come Cortese, al VII secolo!) quello condotto da A. Laato, A Star Is Rising: The Historical Development of the Old Testament Royal Ideology and the Rise of Jewish Messianic Expectations, Scholars Press, Atlanta 1997, sebbene molte delle sue letture di luoghi profetici rimangano piuttosto ipotetiche. 48 Laato denisce questo passo the backbone of the messianic expectation in the early preexilic period, comparando la profezia di Natan con testi dellOriente e dellEgitto antichi (cfr. A Star Is Rising, p. 36). 49 The Scepter and the Star, p. 12; cfr. anche He shall not Judge by what his Eyes See: Messianic Authority in the Dead Sea Scrolls, in Dead Sea Discoveries 2 (1995), pp. 145-164 (specialmente p. 146). 50 Per un quadro preciso e puntuale sulle diverse attese messianiche del giudaismo, cfr. C.E. Evans, Messiahs, in Collins - McGinn - Stein (eds.), The Encyclopedia of Apocalypticism 1, pp. 537-542.

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storia: cfr. Bell. Jud. 2,262-263 e 433-448; 6,312-313, 7,26-36; Ant. Jud. 18,63, 85-87, 20,97-99, 169-172 e 200)51, meno certe sono le connessioni apocalittica/escatologia e messianismo/apocalittica. Vista linconsistenza storica delluso del termine apocalittica per la denizione di uno specifico e ben denito movimento del giudaismo del periodo ellenistico-romano, e visto che non in tutti gli scritti dal carattere apocalittico lattesa escatologica cos preponderante, non deve stupirci il fatto che in numerose apocalissi quello che si suole identicare come messianismo non sia affatto presente (i casi del Libro dei Vigilanti, dellApocalisse delle Settimane o dellApocalisse degli Animali 52). Mentre in Giubilei lattesa non appare connessa a una escatologia in senso stretto (cfr. Giub. 31,11-17.18-20 e 30,18, dove si parla di due gure, una sacerdotale ed una messianica [Levi e Giuda]53), in altri testi essa emerge come il frutto di un lavoro redazionale straticato e complesso, per cui non sempre facile stabilire la sua reale portata ai ni di una denizione del quadro delle attese messianiche del giudaismo precedente alla nascita del protocristianesimo54. I testi messi insieme sotto la paternit enochica (1Enoc) rappresentano certamente un corpus apocalittico, nel senso che i documenti inclusi nella raccolta appaiono classicabili, sotto un prolo formale, come testi visionari e/o apocalittici. Questi appaiono poco interessati a speculazioni messianiche, e solo il Libro delle Parabole di Enoc (secondo tomo dellattuale 1Enoc etiopico) sembra rappresentare unimportante eccezione in questo senso. La gura messianica ivi descritta, il glio dell/duomo, ha certamente caratteristiche escatologiche e funzioni giudicanti55, ma resta il fatto che essa, in quanto tale, rappresenta un unicum nellambito della tradizione enochica e non appare, al di l di alcune tradizioni protocristiane,
51 Cfr. D. Garribba, Pretendenti messianici al tempo di Ges? La testimonianza di Flavio Giuseppe, in Guida-Vitelli (eds.), Ges e i Messia di Israele, pp. 93-106 (con ampia discussione e bibliograa). 52 Anche se per quanto concerne lApocalisse degli Animali c discussione tra gli studiosi sul signicato di alcuni passaggi: ad esempio, cfr. 1Enoc 90,14.31.37, dove si parla di un toro bianco che, secondo P.A. Tiller, sarebbe il simbolo di un messia celeste (cfr. A Commentary on the Animal Apocalypse of I Enoch, Scholars Press, Atlanta 1993, p. 384). 53 Cfr. VanderKam, Messianism and Apocalypticism, p. 203. 54 Il caso di Test. Levi 2-5. Nel capitolo 5, Levi viene denito sacerdote di Dio (5,1-2), sebbene non sia un sacerdote escatologico; solo Ges, predetto nel passo in questione, viene designato con un titolo messianico (Figlio di Dio). 55 Si veda la bibliograa e le discussioni raccolte in G. Boccaccini (ed.), Enoch and the Messiah Son of Man. Revisiting the Book of Parables, Eerdmans, Grand Rapids 2007. Per esaurienti status quaestionis, si vedano anche i recenti M.P. Casey, The Solution to the Son of Man, T&T Clark, London - New York 2007; M. Mogens, The Expression Son of Man and the Development of Christology. A History of Interpretation, Equinox Publishing, London Oakville 2008 e B.E. Reynolds, The Apocalyptic Son of Man in the Gospel of John (WUNT 249), Mohr Siebeck, Tbingen 2008. Cfr. anche L.W. Hurtado - P.L. Owen (eds.), Who is the Son of Man? The Latest Scholarship on a Puzzling Expression of the Historical Jesus, T&T Clark, London - New York 2011 (con tesi a mio avviso non sempre condivisibili).

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con le medesime funzioni e con la stessa simbologia in altri documenti del giudaismo del periodo ellenistico-romano (gli studiosi sono piuttosto divisi solo per quanto concerne il 4Ezra, ma sembra oramai chiaro che il termine utilizzato dallA. dello scritto sia semplicemente uomo e non glio dell/duomo. Potrebbe certamente essere una variazione sul tema, ma questo confermerebbe ulteriormente il fatto che il Libro delle Parabole rappresenta sostanzialmente un unicum nellambito del giudaismo del periodo ellenistico-romano. Anche Qumran non sembra offrire elementi per dimostrare una presenza di tradizioni legate al glio dell/duomo nel giudaismo del secondo Tempio). Ancora oggi gli studiosi partono spesso dalla denizione di un movimento apocalittico per cercare di ricostruire i loni legati allimmagine del glio dell/duomo, come se questa fosse una concezione nota e condivisa nel giudaismo del secondo Tempio. Dato che Ges utilizzava limmagine senza spiegarla, si dice che i suoi uditori dovevano necessariamente capirla e, quindi, conoscerla56. Ma davvero ipotizzabile che tutti i giudei (o molti di essi) conoscessero le tradizioni enochiche conuite nel Libro delle Parabole? O che questi fossero al corrente di non meglio specicate tradizioni apocalittiche sul glio dell/duomo danielico, riletto in chiave individuale, come un vero e proprio agente escatologico (che quindi fossero al corrente dei dibattiti esegetici che si consumavano attorno al testo di Daniele)? Secondo noi, qui ravvisabile una delle questioni pi importanti, ma oggi anche meno condivisibile, che emerge dalle indagini di Sacchi57. Proprio perch Sacchi mette da parte una generica denizione ideologica di apocalittica, ne consegue che non pi possibile conservare neanche il concetto di tradizioni apocalittiche messianiche sul glio dell/duomo. Visto che la stessa tradizione enochica nella sua interezza non sembra essere interessata al messianismo superumano legato a questa gura sembra suggerire Sacchi va da s che il Libro delle Parabole rappresenta lunica, o la pi importante, attestazione di questa particolare attesa messianica (che non pu che apparire dunque piuttosto isolata nel quadro del giudaismo del secondo Tempio!). Il dibattito sorto nel protocristianesimo si sarebbe consumato proprio in riferimento allattesa messianica documentata da quella specica fase del movimento enochico. Da parte nostra, riteniamo che il problema del rapporto tra cristianesimo antico e cristologie protocristiane non vada impostato in termini di contrasto e/o di analogia rispetto a precostuite ideologie messianiche del giudaismo del secondo Tempio. Ritenere la forma messianica del Libro delle Parabole, che presenta
56 Ad esempio, cfr. P. Sacchi, Qumran e Ges, in Ricerche storico-bibliche 9/2 (1997), pp. 99-115 (specialmente pp. 109-113) e Ges e la sua gente, pp. 79-85 e 105-108. 57 Si veda anche la rassegna curata da P. Bertalotto, Il Ges storico. Guida alla ricerca contemporanea, Carocci, Roma 2010, pp. 117-154 (con ampia ripresa delle tesi di Sacchi, ma con posizioni in molti casi difcilmente sostenibili).

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un personaggio intronizzato e assurto al ruolo di giudice escatologico (si discute ancora se sia lo stesso Enoc, cos come dibattuta la relativa presunta unit compositiva dello scritto, soprattutto in riferimento ai capitoli che lo concludono, dove Enoc esplicitamente identicato con il glio dell/duomo [70-71])58, lunico elemento attraverso cui spiegare lo sviluppo di alcune cristologie protocristiane risulta piuttosto problematico. Se impossibile dire che limmagine utilizzata nel cristianesimo antico derivi da Ges stesso, in quanto rilettura di Daniele in chiave individuale e celeste, non ugualmente possibile escludere, almeno a livello di principio, che alcune successive riessioni protocristiane abbiano ulteriormente allargato il senso di una riessione ritenuta tipicamente gesuana in dialettica con particolari riletture della tradizione enochica (si pensi a 2Enoc, che ancora risente dei dibattiti intorno a gure celesti assimilabili al Figlio delluomo del Libro delle Parabole). Ci nonostante, il Libro delle Parabole, pi che testimonianza di unideologia messianica, da cui far discendere una gura messianica istituzionalmente ritenuta tale nel giudaismo del secondo Tempio, sembra di contro rappresentare una delle molteplici interpretazioni della tradizione giudaica radicate in contesti visionari, dove la tradizione viene conscientemente e sapientemente usata per meglio fornire autorit a resoconti di contatto non ordinario con il mondo altro. possibile ritenere che la gura descritta nel Libro delle Parabole sia stata successivamente interpretata come espressione di una condivisa ideologia messianica nel giudaismo? Sembra che nellottica di Sacchi ogni cristologia presupponga un messianismo; per questo, ne deriva che il glio dell/duomo debba necessariamente presupporre un particolare messianismo di matrice giudaica, sebbene riletto in una prospettiva affatto diversa. invece pi probabile, secondo il nostro punto di vista, che emergano tratti visionari nellutilizzo dellimmagine cos come si presenta in alcuni luoghi dei Vangeli (forse proprio in aderenza al signicato primario connesso allespressione ebraica e/o aramaica glio dell/duomo, lessere umano in quanto tale), riletti e rifunzionalizzati per meglio denire un agente escatologico di salvezza, non meglio identicato, che verr nellera escatologica. Ma tale associazione non sempre ugualmente sottolineata nelle varie tradizioni protocristiane che la riprendono; ci sono anche casi in cui lespressione allude semplicemente allessere umano in quanto tale. ***

Sulla questione mi sia permesso rimandare a L. Arcari, Il Libro delle Parabole di Enoch. Alcuni problemi lologici e letterari, in Guida - Vitelli (eds.), Ges e i messia di Israele, pp. 81-92 (specialmente pp. 88-90).

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Per una ulteriore messa in evidenza della complessit del dibattito recente connesso alle tematiche affrontate da Sacchi, vale la pena, in sede conclusiva, richiamare, quasi come in uno specchio rispetto al volume dello studioso italiano, un recente studio in cui si affrontano questioni pi o meno affini a quelle cui abbiamo fatto cenno, proprio per far emergere con maggiore chiarezza i guadagni e le aporie che ancora permangono in un settore di studio ampiamente (per usare un eufemismo!) scandagliato eppure, almeno a mio avviso, ancora non del tutto compreso nella sua reale portata storica e storico-religiosa (soprattutto alla luce del rinnovato quadro di studi sul giudaismo del periodo ellenistico-romano e, al suo interno, del protocristianesimo). Di recente, A.L.A. Hogeterp59 ha impiegato i termini di escatologia, apocalittica e messianismo sulla scorta di una convenzione abbastanza consolidata tra gli studiosi (almeno tra alcuni!), anche talora facendo riferimento al dibattito, spinosissimo, svoltosi o ancora in corso tra diverse scuole di pensiero60. Per quanto concerne il termine escatologia, Hogeterp rileva come esso sia an observers category from the perspective of phenomenology of religion (p. 2)61. Nonostante la sua coniazione sia riconducibile al XIX secolo, nel contesto del dibattito occorso allinterno della teologia sistematica, Hogeterp ritiene in virt della derivazione etimologica della dizione dal greco t o; e[ s cat on, donde lespressione ej p ej s cav t wn t w'n hJ m er w'n, uno dei modi con cui viene indicato il tempo della fine nei LXX, nel giudaismo postbiblico e nel greco del N.T. che letichetta possa essere conservata in unanalisi storico-ideologica, a patto di una sua riformulazione (che tenga conto della variet interna al giudaismo del secondo Tempio visto come quadro sistemico complesso). Non credo che la precisazione sia sufficiente a sgombrare il campo da una serie di pre-comprensioni implicite nella dizione stessa di escatologia, come le tesi di Sacchi ampiamente lasciano intendere (o sottintendere). Hogeterp ci tiene a specificare che
Apart from eschatology as beliefs about the endtime, the afterlife is also considered a part of eschatology. In this respect, a distinction is made between individual and the collective dimensions are not artificially contrasted. There are
59 Cfr. A.L.A. Hogeterp, Expectations of the End. A Comparative Traditio-Historical Study of Eschatological, Apocalyptic and Messianic Ideas in the Dead Sea Scrolls and the New Testament (STDJ 83), Brill, Leiden - Boston 2009. 60 Cfr. pp. 2-6: Denition of Eschatology and Problems of Comparative Study; pp. 335-342: questioni generali sullapocalittica qurmanica, rapporti tra apocalittica e sapienza e apocalittica ed escatologia, presenza o meno di tradizioni apocalittiche nel cristianesimo nascente nel pi ampio contesto del giudaismo del secondo Tempio; pp. 423-434: questioni metodologiche sul messianismo giudaico, la terminologia messianica, selezione di testi qumranici dal tenore messianico sulla base della pubblicazione dei nuovi frammenti provenienti dalla grotta IV di Qumran. 61 Citazione da L. Albinus, The House of Hades. Studies in Ancient Greek Eschatology (SR 2), Aarhus University Press, Aarhus 2000, p. 9.

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strong indications in early Jewish and Christian traditions that the ultimate point of belief in the individual afterlife, bodily resurrection, is set in the endtime and related to Gods judgment of humankind at large []. Eschatology may thus be defined as beliefs about the fate of humanity beyond death in the final age62.

Ma ci che pi sembra problematico, nellaffermazione, la tendenza implicita nella dizione stessa di escatologia a ideologizzare (per non dire teologizzare!), in una sorta di propedeutica al cristianesimo delle origini (almeno secondo una particolare ottica, legata alluso esclusivo delle sole fonti successivamente accolte nel canone neotestamentario), testimonianze e/o costrutti ideologici tuttaltro che organici e/o uniformi, spesso specchio a singole scuole o gruppi sociali e difficilmente integrabili in una quadro generale (ammessa lutilit storica di una simile operazione!). Allo stesso modo, la dizione di apocalittica viene impiegata da Hogeterp non soltanto in senso letterario e/o formale (la definizione di J.J. Collins), ma nel senso di
A historical phenomenon of developing tradition. Composite early Jewish apocalyptic texts can be taken as a lead for traditio-historical study of development. In this regard, 1 Enoch has been taken as primary example for stages of development in apocalyptic tradition63.

Laffermazione ha di per s una sua validit euristica, ma Hogeterp non sembra voler andare oltre nello scandaglio di una simile possibilit interpretativa (si veda il fugace cenno alla prospettiva di indagine inaugurata da P. Sacchi nella n. 3, p. 335, peraltro senza alcun riferimento bibliografico!). Limpasse evidente, a mio avviso, nel momento in cui la ricostruzione di una presunta ideologia apocalittica, sostanzialmente coincidente con un prevalente interesse nei confronti del giudizio finale, unitamente alla predestinazione e alla periodizzazione della storia, al dualismo cosmico e alla guerra escatologica, viene fatta derivare da una sorta di livellamento di massima di alcune delle tematiche emergenti da testi assai diversi tra loro per forma e contenuto, oltre che per contesto storicosociale64. Non si comprende come si possa definire Giovanni Battista una figura apocalittica (il solo focus sul giudizio non credo sia sufficiente; perch non definirlo, allora, pi semplicemente come un profeta escatologico?) dato che quella di apocalittica sembra, nellindagine di Hogeterp,
Hogeterp, Expectations of the End, pp. 2-3. Ibi, p. 335. 64 Nel Libro dei Vigilanti lautore usa la forma apocalittica, o della rivelazione, solo a partire dal capitolo 12, prima no; la caduta degli angeli nella prima sezione dello scritto solo raccontata. Credo fosse un modo per poter dire con lingua di carne idee che vanno al di l dellesperienza. Vedere in cielo o ascoltare da un angelo e/o dire per metafore ci che non si pu raccontare per esperienza storica.
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una dizione legata principalmente a gruppi di testi, da cui derivare una visione del mondo, e non a un fronte ideologico unitario. Hogeterp mostra di conoscere molto bene il dibattito occorso tra gli studiosi sullapocalittica intesa come resoconto rivelativo interno a particolari scuole e/o gruppi del giudaismo del secondo Tempio65, ma non riesce ad andare al di l di una critica abbastanza superficiale, conciliando, per cos dire, la definizione di Collins con unanalisi ancora legata a unimmagine sintetica della cosiddetta apocalittica una selezione di massima di alcuni dei temi ritenuti una costante delle opere classificate come apocalissi, che si trovano ad assumere valore tassonomico quasi onnicomprensivo. Per quanto concerne il messianismo, Hogeterp ugualmente al corrente delle numerose questioni poste dai diversi studiosi. Le premesse da cui lo studioso muove nella sua indagine sono le seguenti:
In the study of late Second Temple Judaism, messianism frequently serves as umbrella term for ideas about a divinely commissioned redemeer figure who plays a crucial role in acting on behalf of Israels eschatological deliverance. The heterogeneous and pluriform character of the evidence resists a comprehensive definition of the term messianism. The ancient body of literature does not attest to a uniform expectation of the Messiah but to several eschatological protagonists whose messianic role and identity is a matter of debate66.

Oltre Hogeterp ancora pi esplicito:


The use of the very term messiah and messianic have recently been challenged by J. Maier who argued that they entail more confusion through theological presuppositions and Christian projections into Jewish sources than analytical precision. According to Maier, the broadened use of the terms messiah and messianic makes the study of early Jewish messianism hardly distinguishable from the study of eschatology67. G.G. Xeravits further argued that messianism reflects a particular concept of Christian theology and is thereby anachronistic68. Of course, cautions are due against unreflective broadening of terms, but the long known evidence of sectarian Qumran texts about messiahs of Aaron and Israel precludes that the labels messiahs or messianic, rendering and related epithets, by definition entail eisegesis of Christian theology69.

Credo che soprattutto lultima parte dellaffermazione non colga nel segno. Uninterpretazione in chiave esclusivamente singola e/o individuale di molte delle raffigurazioni dellagente escatologico di salvezza
65 Lo studioso richiama le indagini di M.E. Stone e C. Rowland: cfr. Expectations of the End, p. 336. 66 Ibi, p. 424. 67 Il riferimento allo studio di J. Maier, Messias oder Gesalbter? Zu einem bersetzungsund Deutungsproblem in den Qumrantexten, in Revue de Qumrn 17 (1996), pp. 585-612. 68 Qui Hogeterp riprende Xeravits, King, Priest, Prophet, pp. 8-9. 69 Hogeterp, Expectations of the End, p. 430.

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attestate a Qumran, che inevitabilmente lascia in ombra o in secondo piano le fondamentali connessioni di queste figure con la comunit degli eletti, o la lettura di alcuni testi in chiave esclusivamente personale, in riferimento a un agente escatologico concreto (sia esso un re, un profeta, un angelo, un sacerdote, un essere superumano), nonostante la difficolt, per non dire impossibilit, di uninterpretazione cos univoca di alcuni manoscritti70, in alcuni punti dellindagine sembrano prestare il fianco alla necessit di contestualizzare alcune delle valutazioni cristologiche presenti nei vari gruppi proto-cristiani del I secolo alla luce di un prius che ne giustifichi e fondi la storicit.

70 Penso soprattutto a 11QMelch e a 4Q246. Il primo testo stato inteso da taluni in riferimento a una sorta di ipostasi divina, cfr. J.T. Milik, Milk-edeq et Milk-rea dans les anciens crits juifs et chrtiens (I), in Journal of Jewish Studies 23 (1972), pp. 95-144, una specie di rappresentazione dello stesso YHWH come re giusto; il secondo stato interpretato come unallusione a una sorta di messianismo collettivo, in riferimento ai gli della luce: cfr. M. Hengel, Der Sohn Gottes. Die Entstehung der Christologie und die jdisch-hellenistische Religionsgeschichte, Mohr Siebeck, Tbingen 1975, pp. 71-76.

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