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Edoardo Mirri IL FONDAMENTO DEL PENSARE* In, Pensare il Medesimo, a cura di F. Valori e M.

Moschini, ESI, Napoli, 2006

La filosofia come problema del fondamento Il problema intorno al quale oggi siamo chiamati a dibattere e a confrontarci quello del fondamento. Fondamento, naturalmente di ci che , e che solo in quanto pu essere ed pensato; e fondamento anche del pensare, che non sarebbe pensare se non pensasse ci che : il pensare ci che non , infatti, non pensare, ma, al pi, mera fantasticheria. E ci che in primo luogo conviene notare (e che non pu non suscitare il pi vivo compiacimento) che tale problema eminentemente filosofico: anzi, esso forse il problema filosofico per antonomasia; il problema nel quale, forse, la filosofia tutta si esaurisce; il problema dinanzi al quale tutti gli altri problemi, che pure la tradizione ha chiamato filosofici, mostrano la loro fondamentale inessenzialit, o per lo meno la loro secondariet rispetto ad esso. Lo dir meglio dopo: ma intanto anticipo che una tale inessenzialit e secondariet mostrano, dinanzi al problema del fondamento, tutti i problemi della finitezza, i quali, se non altro, hanno limpareggiabile merito del finire, anche se irrisolti, col finire di ci di cui si dicono problemi. Penso soprattutto ai cosiddetti problemi dell uomo, i quali, da lungo tempo ormai assolutizzati, hanno fatto s che la filosofia andasse storicamente incontro ad una serie di camuffamenti e si facesse, anzich filosofia, sociologia o psicologia, politica o psicanalisi, linguistica o ermeneutica, o tutto ci che si voglia tranne che filosofia. Si badi bene: non voglio certo dire che tutti questi camuffamenti si costituiscano solo di assenza di pensiero come forse altra volta ho detto con eccessivo rigore polemico n voglio negare che essi abbiano una loro innegabile dignit. Anzi, nellambito del pensiero utile, del pensiero piegato cio alle esigenze del vivere umano, essi hanno un valore che linutile filosofia certamente non ha (qui non posso nemmeno accennare a questo tema della divina inutilit della filosofia lespressione, si sa, del Carabellese; il tema trascorre per tutta la storia del pensiero tema che pure mi tanto caro e che pi volte ho cercato altrove di sviluppare). Utilissimi, senza ombra di dubbio, tutti questi camuffamenti della filosofia, e tutti gli altri che si potrebbero enumerare facilmente solo scorrendo, anche con superficialit, i cosiddetti raggruppamenti disciplinari dei concorsi a cattedre universitarie. Voglio solo dire che il problema del pensiero e del suo fondamento non certo da ricercarsi in essi e nelle infinite problematiche della finitezza che essi affrontano; e che anzi da essi assolutamente e deliberatamente ignorato. Per tutti questi camuffamenti il pensare un dato di fatto aproblematico, del quale non vale la pena prendersi cura: si pensa, e basta. Il nostro problema filosofico dunque quello del fondamento: che a un tempo fondamento dellessere (ed naturale che si tratta dellessere dellessente, del fatto cio che lessente il fatto pi ovvio e pi obliato a un tempo) e fondamento del pensare, che sempre, come si detto, pensare lessente. il problema che la tradizione filosofica ha sempre chiamato con il nome di metafisica. Il problema infatti che in tutta la metafisica trascorre anche nella tripartizione kantiana di psicologia, cosmologia e teologia il problema del fondamento dellessere e del
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Conferenza inedita tenuta l8 maggio 1991 presso la Sala delle Lauree della Facolt di Magistero dellUniversit degli Studi di Perugia in occasione della conclusione delle attivit della Societ Filosofica Italiana-Sezione di Perugia per lA.A. 1990-1991 [N d C].

pensare lessente. Un tale problema squisitamente metafisico e che compendia in s la metafisica nella sua totalit, io non intendo certo non dico esaurire, che sarebbe pura follia ma nemmeno sfiorare a sufficienza nel breve ambito di una conversazione. Tanto meno pretendo e questa sarebbe follia addirittura massima darne soluzione. Ch soluzione, poi, forse non c: nel senso che non si potr mai additare un qualcosa e dire: Ecco, questo il fondamento, cos come lidolatra ammesso che ve ne sia uno cos puro addita unimmagine e dice: Ecco, questo Dio. Spero di dare, poco pi avanti, motivazione di ci. Ma intanto mi pare opportuno respingere, per la metafisica, la limitativa osservazione del Croce che l dove non c soluzione non c nemmeno problema. Essa potr bens essere valida per lintelletto conoscitivo che si aggira tra le finitezze del fenomeno (e la filosofia crociana, in verit, non si mai liberata da tale positivistica limitazione, come ben vide il Carabellese), ma non ha certo valore per la metafisica. Pretendere che al problema metafisico del fondamento sia data una risposta positiva e definitiva sotto pena di toglierlo come problema sarebbe come pretendere di porre fine allanelito religioso (e come, se non nel modo dellidolatra di cui si diceva?) o di additare una qualche opera darte come il definitivo compimento e toglimento dellansia di bellezza dellartista. Insomma, dalla metafisica non sono da attendere risposte definitive ai suoi problemi. Ma non per questo essa pu essere messa da parte come vano gioco intellettuale (in realt proprio questo ci a cui il Croce mirava con la ricordata osservazione). Tanto meno tali risposte si attenderanno da me questa sera; come non si attender nemmeno mi auguro un delineamento completo del problema squisitamente metafisico del fondamento. Quello che mi propongo (e che in parte ho gi cominciato a fare con queste chiacchiere introduttive) solo di dare qualche indicazione su di esso; e di suggerire, se possibile, qualche sporadica, rapsodica considerazione sul tema, valga poi essa quello che valga. Fondamento e causa E la prima considerazione che occorre fare, netta, piena, questa: che il fondamento si ricordi, si tratta del fondamento sia dellessere dellessente che del pensare lessente non ne in nessun modo la causa. I due concetti, di fondamento e di causa, vanno tenuti assolutamente distinti, anche se poi, ad una considerazione pi profonda, la causa potrebbe mostrarsi come la figura (uso la parola nel pregnante senso hegeliano) del fondamento. In ogni caso, il fondamento non causa. Ci che nel problema essenziale della metafisica in questione non la causa dellessente. Essa infatti ancora un essente che richiede la sua causa essente, e cos via in una serialit che non ha, n pu avere, limite. La ricerca della causa, insomma, d luogo a quel processo della cattiva infinit che in altro non consiste se non nel cercare linfinito nel finito, anzich nel suo togliersi. Ma cercare linfinito nel finito p roprio dellintelletto per esempio mediante la divisione o la moltiplicazione numeriche (si pensi alle antitesi delle due prime antinomie dell idea cosmologica kantiana) non gi della ragione che linfinito intende come toglimento, non gi come moltiplicazione del finito. Ma il fondamento non causa soprattutto perch questa non si svincola dalla sua iniziale limitazione alla finitezza dellessente: lessente infinito una contradictio in adiecto, diciamocelo chiaro soprattutto noi che crediamo in Dio fondamento degli essenti; per tale sua limitazione alla finitezza, la causa non pu porsi come fondamento; forse, per questa stessa limitazione, non riesce nemmeno a cogliersi come figura del fondamento. Tanto meno, poi, in questione la causa per ci che concerne il pensare. Qui, se ci domandassimo la causa del pensare, correremmo addirittura il rischio delle volgarit del materialismo, e pi ancora del sociologismo materialistico: forse il cervello la causa del pensare? la sua dimensione o la complessit delle sue circonvoluzioni? o forse la struttura sociale? e cos via. Ci di cui qui si ragiona, giova ripeterlo, non in nessun modo la causa dellessente e del suo pensarlo: ci che in questione il fondamento, non la causa. E tra luno e laltra, tra il
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fondamento e la causa, corre la stessa distanza che separa il principio dall inizio. Luno, il principio, permane intatto pur nel mutare del principiato (il richiamo allrc presocratica qui dobbligo), laltro, linizio, cessa gi nelloriginarsi delliniziato (come la partenza di una corsa che abbandonata non appena la corsa sinizia). Spinoza, che su ci maestro inimitabile, distingue nettamente o addirittura contrappone la causa transeunte, che cessa appunto col sorgere del causato, dalla permanente causa immanente, che noi diciamo principio o fondamento. Insomma, n linizio n la causa cos dellessente come del pensato, costituiscono loggetto del problema filosofico per eccellenza; soprattutto perch come si accennato causa ed inizio non superano, ma anzi perpetuano, la serialit del finito: non si levano dal transire delle cause transeunti, non si levano, per dirla con Kant, dallambito della finitezza fenomenica. E non certo casuale che Kant, e pi ancora Schopenhauer, avessero fatto del tempo (in cui inevitabilmente si colloca linizio) e della causa le forme del fenomeno, ed avessero loro precluso la comprensione dellessere dellessente. La considerazione della causa e dellinizio non propria della metafisica, ma della fisica: di grande rilievo, certo, anzi utilissima come invece assolutamente inutile la considerazione metafisica del fondamento, ma tale comunque che, nel dirci dellessente, nulla ci dice del suo essere. Lessente , per la considerazione fisica un dato di fatto intrascendibile ed assolutamente privo di problematicit. Aristotele forse stato il primo che ha confuso i due piani della considerazione fisica e metafisica dellessente, quando ha stabilito che la scienza dellessere dellessente ( qeore t n n) fosse anche scienza delle quattro . Una tale confusione non si dava invece, con certezza, nei cosiddetti presocratici n in Platone, i quali tutti avevano indirizzato lattenzione dell a filosofia non gi allata bens allrc. E se lata causa transeunte, lrc certamente causa immanente: principio, fondamento. Fondamento e fine A questo punto sorge certamente una domanda, il cui sviluppo lascio tuttavia solo in abbozzo, e che comunque potrebbe costituire la seconda di quelle rapsodiche considerazioni in cui avevo detto che si sarebbe strutturata la chiacchierata di questa sera. Questa: se il fondamento o il principio non la causa dellessente, lo forse il fine? In altri termini: se la ragione dellessente richiesta dal leibniziano principio di ragione (nel quale giustamente il Carabellese ha additato la prima vera correzione della vuota formalit del principio di non contraddizione), se il Grund richiesto non causa, pu essere fine? Non vi dubbio che molti passi proprio del Leibniz che per primo ha formulato il Satz von Grund indirizzerebbero ad una risposta positiva: la stessa deduzione del migliore dei mondi possibili (scioccamente derisa da Voltaire in quello splendido lavoro letterario che il Candido) sembra legittimare una tale interpretazione: il principio di essere di ci che il suo essere ordinato al meglio. Ma, a dispetto di quanto Leibniz sembra suggerire, si direbbe chiaro che la risposta alla domanda propostaci non pu essere che negativa. Il fine si inserisce nella stessa serialit delle cause finite che fanno dellinfinito una cattiva infinit. E se si detto che proprio della metafisica il sollevarsi da questa serialit di finitezze, da questo gioco della cattiva infinit (appunto perci si escluso che la metafisica sia scienza delle cause), a pari titoli bisogner ora negare che la metafisica come problema del fondamento possa essere considerazione del fine dellessente. Questo resta acquisito, e questo non si intende ora negare; altrimenti si contraddirebbe a quanto fin qui si venuto argomentando, e in particolare a quella fondamentale distinzione posta tra la causa e il fondamento. Al pari della causa, non pu essere considerato fondamento il fine. Ma forse qualcosa di pi pu suggerire quellaccostamento che sopra si fatto tra la causa e l inizio, e che qui, parlando del fine si traduce nellaccostamento tra il fine e la fine.
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Ora evidente che la considerazione della fine dellessente considerazione assolutamente empirica, procedente da una mera assunzione del dato di fatto; considerazione che non si solleva in nessun modo dallambito della finitezza in cui tutte le constatazioni di fatto si collocano: tutto ci che porta con s linevitabile destino del finire; lessente, nella sua determinazione (e se non fosse determinato non sarebbe essente), non pu che terminare. constatazione ovvia e comune che si muore e che tutto finisce; la coscienza della fine del mondo ci accompagna fin dal suo primo sorgere, magari con la sensazione dello smarrimento e della disperazione giovanile. Tutto ci che si detto porta con s linevitabile destino del finire. Ma qui sorge la domanda: un tale destino di finire del finito, una tale ineluttabilit di finire, non sar proprio essa sia pure solo in forma negativa il segno della positivit necessit dellinfinito? Linfinito non si annuncer per caso proprio in questo necessario finire del finito? Il destino del finito non sar la figura dellinfinito, per parlare del quale noi abbiamo solo la parola negativa o lempiria della figura? Insomma: linfinito o, se volete, il divino, Dio potrebbe manifestarsi proprio nel fatto che il finito finisce, come del resto la coscienza comune ha sempre ritenuto, indicando nella morte lincontro reale con Dio. Se cos, allora la considerazione dellineluttabile finire del finito la considerazione cio della sua fondamentale irrealt non pi considerazione meramente fisica, bens intimamente e profondamente metafisica. Ed acquistano allora un nuovo significato, che va assai al di l dellammonimento moralistico in cui sembrano presentarsi, la determinazione platonica della filosofia come melte qantou, come un prendersi cura della morte del finito, e quella cristiana della meditatio mortis. Il fondamento come non essente e non pensato A questa seconda considerazione sullessenza del fondamento, appena abbozzata, inevitabilmente sommaria e rapsodica, se ne lega ora una terza, che propongo ancora nella forma negativa delle precedenti (n, forse, sarebbe consentito altrimenti). Mi ricollego a quanto ho tentato ora di dire sul finire del finito come figura e man ifestazione empirica dellinfinito, e mi ricollego altres a quanto sopra ho accennato sullinsolubilit del problema, eminentemente metafisico, del fondamento. E mi domando: di fronte ad una provocatoria interrogazione che chiedesse ma che cos il fondamento di cui la filosofia in quanto metafisica si occupa?(ricordate la domanda rivolta dai farisei a Ges e testimoniata da Giovanni 8,19 Dov tuo padre?), di fronte a tale provocatoria interrogazione, che pure anche storicamente ampiamente testimoniata, per esempio in tutta la cosiddetta filosofia analitica, tanto arrogante quanto timida lautentica metafisica, che cosa potrebbe rispondere il metafisico? Forse una sola parola: il fondamento il nulla; volendo con ci significare che il fondamento dellessente e perci anche del pensare lessente non pu essere nessun essente, non pu trovarsi nella serie degli essenti: n come il primo n come l ultimo (lA e l sono soltanto sue figure, non lui stesso), n come un essente particolarissimo tra gli altri, l ens realissimum di scolastica memoria. Nellintera serie degli essenti (ammesso mai che essa si possa dare), dove si collocano tutti gli inizi e tutte le fini, tutte le cause e tutti i fini, tutte le quantit e le qualit delle ssente, il fondamento per cui essi sono essenti non pu trovarsi. Anzi, di pi: rispetto alla totalit degli essenti, del fondamento si dovr dire che esso non . Ci per cui tutto ci che , non pu esso stesso essere. In questo senso il nome che, unico, gli conviene quello che Heidegger ha additato nel Von Wesen des Grundes: nulla, non essente. Eppure e questo va sottolineato con forza tutto ci che , la totalit degli essenti ed ogni singolo essente nella sua particolarit, sebbene non contenga in s il fondamento, certamente solo in grazia del fondamento; e quindi, gi nel suo essere, in qualche modo lo rivela: Enarrant coeli gloriam Dei.
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In questa complessa dialettica del sottrarsi e dellinviarsi del fondamento forse tutta lessenza del pensare metafisico. Qui certo superfluo che io chiami, a testimonianza di tutto ci, la grande nobilissima tradizione della cosiddetta teologia negativa, a partire dallo Pseudo-Dionigi e dal suo grande traduttore e divulgatore Giovanni Scoto Eriugena, o forse a partire addirittura dal Vangelo di Giovanni con il ripetuto rifiuto di Ges di rivelare il Padre a chi lo vuole presentare come cosa presente e constatabile. Ma non inutile pu essere un richiamo a Schopenhauer e allimmortale ultima pagina de Il mondo come volont e rappresentazione, a partire dalla quale deve iniziarsi la lettura dellintera opera, pena il suo totale fraintendimento: l, del nulla che resta dopo la liberazione dalla finitezza dellessente, ci si domanda se esso veramente il nulla, o non piuttosto la serie infinita degli essenti con tutti i suoi soli e le sue vie lattee, che lo fa apparire come nulla; e in questo nulla si addita il completo e certo Vangelo che costituisce di s la filosofia e larte. Dunque il fondamento dellessere dellessente non . E lo stesso vale per quanto riguarda il fondamento che meglio si direbbe principio della pensabilit dellessente: cio, pi in breve, il fondamento del pensare come tale, dal momento che si detto pensare sempre pensare lessente. Di esso principio dovr dirsi che resta impensato ed impensabile, come del fondamento dellessere si detto che non essente. Impensato e impensabile. E daltronde, da quale pensiero, fondato su quale principio, potrebbe essere pensato il principio stesso del pensare? Il che, detto in altri termini anche per evitare inutili e dannosi fraintendimenti, significa che il principio non pu essere fatto oggetto di pensiero (anche se il Carabellese, a cu i tanto spesso son solito riferirmi, lo chiama sciaguratamente oggetto puro), n daltra parte pu essere inteso, fichtianamente, come soggetto pensante. Il principio non n loggetto n il soggetto del pensare, o che lo stesso dire al contempo e soggetto ed oggetto: principio inoggettivabile ed irriducibile a soggetto, perch si colloca al di l della prima distinzione dellintelletto. Cos il discorso su di esso si vede bene non pu procedere sulla scorta delle distinzioni e delle categorie dellintelletto; la sua unica via la via negationis (ecco richiamata in causa, ancora una volta, la teologia negativa), o, tuttal pi, la via limitativa ed empirica della figura. Se allora consentita una figura, si dir ricorrendo ad una vecchia ed usitata immagine, pur sempre efficace (non mero caso che il primo ad adoperarla fosse il divino Platone) che esso come la luce, che fa s che le cose vedute siano vedute, ma non essa stessa n veduta n vedente. Ci in grazia di cui il pensiero pensiero e il pensato pensato non pu essere a sua volta n pensiero n pensato. Ma anche qui, come gi si detto per il fondamento dellessere dellessente, comunque da avvertire che limpensato ed impensabile principio del pensare, mentre si sottrae ad ogni possibilit di essere pensato, al contempo si invia in ogni pensiero che sia veramente tale. Esso si rivela, dunque, in ogni pensare, appunto perch e in quanto non pensato. E la metafisica della quale parlavamo allinizio di queste considerazioni che si sostanzia interamente della ricerca di tale principio del pensare come fondamento dellessere, non potr mai presentarsi come possesso di esso; non sar mai scienza del principio cos come le altre scienze lo sono invece del loro oggetto finito che proprio perch posseduto esse sono in grado di porre al servizio del loro soggetto, che poi luomo. La metafisica, per questo rispetto, non offre proprio nulla come posseduto e perci come utilizzabile. questo, ritengo, il grande retaggio di Kant: del quale Hegel ha giustamente rifiutato il fenomenismo scettico che espunge dalla coscienza il principio stesso della coscienza, la cosa in s concepita come esterna alla coscienza e perci inattingibile ad essa; del quale tuttavia resta intatta la concezione della metaphysica naturalis, della metafisica come non scienza, cio come non possesso di un principio comunque esigito del pensare. Lumanismo come oblio del fondamento
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Laffermazione gi fatta che nessun essente pu essere fondamento dellessere dellessente e della sua pensabilit vuol essere recuperata ed addirittura rigorizzata ora che ci accingiamo ad unulteriore considerazione sullessenza del fondamento. Ci che infatti ora andiamo a considerare il fatto che non pu essere fondamento dellessere e del pensare soprattutto quellessente che luomo; pur essendo ben consapevoli che con ci si contraddice allintero percorso della storia del pensiero giustamente chiamato occidentale. Occidentale non perch sviluppato e maturato nelle regioni geografiche delloccidente (quale immiserimento sarebbe per il pensiero filosofico una limitazione addirittura spaziale!), ma soprattutto perch pensiero che, nel progressivo oblio del suo stesso fondamento e nella progressiva sostituzione ad esso delluomo (dell homo faber in particolare), va sempre pi verso il suo tramonto. Meditatio vespertina lavrebbe detta San Bonaventura, contrapponendola proprio alla chiarit della meditatio meridiana illuminata dalla rivelazione della verit. Anche se dobbiamo riconoscere nel vespro del pensare, come nella sera meditata e raccolta della vita, si fa sempre pi pressante laccorgimento proprio di questa perdita del principio del pensare. Ma in che cosa consiste questa progressiva perdita del fondamento che si verificata nel pensiero occidentale? la progressiva signoria delluomo sulla totalit dellessente, il progressivo porsi di questo particolare essente come fondamento dellessere dellessente e come principio della sua pensabilit. il progressivo affermarsi di ci che il Carabellese chiamava suggestivamente tolemaismo filosofico, o pi pedestremente antropocentrismo, e che lo Heidegger ha indicato come umanismo. Qui non certo il caso che io ripercorra, nemmeno per sommi capi, quello splendido panorama storico del progressivo oblio del fondamento che lo Heidegger ha magistralmente delineato ne La dottrina platonica della verit e, pi ancora, nella quinta parte del suo Nietzsche: dall uomo misura di tutte le cose di Protagora al cogito-sum di Cartesio come unica ancora di salvezza offerta al pensiero dellessente per non piombare nella notte del dubbio. Sono argomentazioni tanto grandiose e suggestive quanto largamente conosciute. Quello che mi preme sottolineare, in parole brevissime, che, in un tale progressivo oblio del fondamento dellessere e del principio del pensare (un oblio che destino, si badi, non certo colpa: un oblio che fa tuttuno con il ritrarsi del fondamento cos da ogni essente come da ogni pensato, pur inviandovisi costantemente), in questo destino di oblio lessere dellessente progressivamente perduto e dilegua nellinconoscibilit kantiana dell in s (vale a dire dellessere) o nel nulla di Sartre; e di pari passo il p ensare diviene via via uno strumento (rganon gi lo dice Aristotele) che luomo possiede e utilizza a suo piacimento (la parola facultas a tal proposito estremamente significativa), come il fabbro fa col suo martello o il muratore con la sua cazzuola, appunto in vista della sua signoria sulla totalit dellessente. Ma non mi dilungo su questi temi, che ho trattato pi volte, in altre occasioni, abbastanza diffusamente. Quel che qui annoto che, in questo porsi della signoria delluomo, alla negazione dellinfinito fa preciso riscontro il trovarsi delluomo solo con la finitezza (si ricorda la profetica figura nietzschiana dell ultimo uomo? Che cos lamore? che cos la creazione? che cos desiderio? che cos una stella? si domanda lultimo uomo incapace di sollevarsi al di l della sua povera finitezza; e la terra sar diventata allora troppo piccola e su di essa salteller lultimo uomo che tutto impicciolisce), mentre il pensare, privo del suo fondamento e dimensionato a strumento, si fa molteplice e dissonante opinione soggettiva. E la filosofia con la sua storia, disancorata dalla sua natura metafisica diviene la galleria di matti di hegeliana memoria, espressione delle dxai brotn anzich dellinfinito fondamento del pensare. La verit Giunti ormai alla fine desiderata di questo sproloquio, forse si chieder: Ma questo inessente fondamento degli essenti, questo impensabile principio della loro pensabilit, ha dunque un nome
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oltre a questo negativo di nulla? Questo qualcosa che, per il fatto stesso di non essere essente e non essere pensabile, si colloca fuori di ogni possibilit di essere affermato dal pensiero, ma pure in ogni pensiero si invia come ineliminabile fondamento; questo qualcosa che dunque presente sia pure nella forma del sottrarsi in tutta la storia della filosofia, come lo si dir, tanto pi che la stessa determinazione di esso come un qualcosa fondamentalmente scorretta? Ha un nome lindicibile, oltre a quello di nulla?. Certamente no. Ma esso trascorre lintera storia della filosofia, sia nei momenti in cui essa stata conscia del principio che la fonda, come metafisica, sia nei momenti del pi radicale oblio umanistico, in cui la filosofia si presentata nelle diverse forme della fisica e il pensiero nel suo livello minimo di opinione. E i filosofi lo hanno perci sempre nominato, sia pure con nomi diversi, tutti ineluttabilmente impropri, perch ogni nome de-finisce linfinito, determina lindeterminato, rende insomma principiato il principio. A tutti, cos, sar ormai chiaro che lrc dei presocratici, nellda di Platone, nellincontraddittorio n n di Aristotele, nelluno di Plotino e cos via fino alla sostanza di Spinoza, allarmonia prestabilita di Leibniz, allassoluto di Hegel, al Sein barrato di Heidegger, si sempre inviato e sempre sottratto, nella storia della filosofia proprio linnominabile fondamento dellessere e del pensare. Tutti questi filosofi che ho ora nominato e tutti gli altri che non ho nominato avrebbero inoltre potuto consentire sul nome unico di verit. Il fondamento la verit. la verit che si emana per dirla con Plotino nella totalit degli essenti e vi permane come ineliminabile causa immanente, pur non essendo nessuno degli essenti; la verit soprattutto per ci che concerneva il tema di questa chiacchierata che, manifestandosi appunto come ritraentesi, fa s che il pensare sia pensare, pur restando inevitabilmente non pensata. la verit, e non luomo, il principio che fonda il pensare, che lo fa vero perch lo trae a s (lo itinerarium del pensare in realt un itinerarium della verit, come altrove ho avuto modo di argomentare), essa che sospinge a s il pensiero, come argomenta Filone di Alessandria, memore del platonico Menone, altrimenti il pensiero non potrebbe averne la bench minima nozione. La verit. A questo punto potrebbe sorgere un certo sorriso ironico sulle labbra dellascoltatore che, ritenendosi ormai smaliziato dallesercizio della critica o piuttosto dellantica, sterile eristica potrebbe prendere le distanze da tali ingenuit riguardanti la verit e il suo manifestarsi. La verit fondamento del pensare: ma quale verit? egli chiede. Non forse vero che ogni filosofo ha spacciato per verit la sua propria opinione nellintero corso di una storia due volte e mezzo millenaria la quale, pi che storia della filosofia stata una serie di dxai filosofn? e non forse vero che ogni filosofo ha posto la sua presunta verit in contrasto con tutte le altre verit come unassolutezza di contro a mere inconsistenze? O forse la verit solo il susseguirsi temporale delle tante verit, come vogliono gli storicisti? Ma allora non assume veste di assolutezza questo ininterrotto susseguirsi temporale, col conseguente ripresentarsi del paradosso eracliteo del non poter fermare la corrente del fiume, con la negazione che ne consegue dellimpossibilit del pensare la verit? una negazione che poi si presenta anchessa come verit. A prima vista, forse, lobiezione dellascoltatore scettico pu sembrare veramente fondata e tale da scoraggiare ogni discorrere della verit come fondamento del pensare. Senonch la sua richiesta di determinazione della verit (quale verit?) altrettanto insensata quanto quella che chiede, riguardo allessere, quale essente lessere. E come ad una tale domanda, mal posta riguardo allessere, lunica risposta sensata quella che dichiara che nessuno degli essenti lessere, e che anzi, rispetto alla tot alit degli essenti lessere nulla, cos, riguardo alla verit, si dir che nessuna verit la verit; che cio la verit non dimora nella serie delle molte presunte verit: n in qualsiasi di queste, dunque, (come vuole il dogmatismo) n nella serie stessa (come vuole lo storicismo). Essa trascende sia la serie sia i singoli elementi di cui la serie si compone. Allo stesso modo, il fondamento trascende necessariamente il fondato eppure ne fondamento. La verit. Forse Dio? Il discorso si apre qui a nuove, pi ampie dimensioni.
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