Sei sulla pagina 1di 90

Informare per crescere

Stampato con il contributo di: Regione Lazio - Assessorato alla Sanit Direzione Regionale Politiche Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro

Parte I

I CORRETTI STILI DI VITA


Introduzione
Gianfranco Tarsitani, Filippo Conforti, Samantha Di Rollo, Mario Floridi, Federica Pasca-Raymondo, Stefania Iannazzo Dipartimento di Scienze di Sanit Pubblica G. Sanarelli Universit La Sapienza, Roma La donazione del sangue un atto di profonda solidariet umana in quanto ha come fine quello di salvare delle vite umane. Si tratta di un comportamento volontario e gratuito, come formulato nelle indicazioni del Consiglio dEuropa, che fa appello al senso civico ed alla sensibilit di ogni persona che, infatti, dovrebbe sentirsi chiamata in causa direttamente. Non deve, pertanto, essere interpretato come un gesto eroico, quanto, piuttosto, un aspetto del normale vivere comune e civile. LA STORIA DELLA TRASFUSIONE DI SANGUE Sin dallantichit il sangue stato avvolto in unaura di fascino e mistero. Possiamo immaginare lo stupore degli uomini delle caverne nel veder uscire questo fluido rosso e caldo dalle ferite dei loro compagni provocandone, nel caso di una perdita considerevole, addirittura un grave indebolimento fisico fino alla morte. Per tale ragione il sangue aveva assunto un significato mistico particolare come forza vitale e sede dellanima. Presso gli Egizi era consuetudine fare dei bagni salutari nel sangue a persone ammalate o debilitate, in virt delle sue propriet benefiche. Plinio il Vecchio (79 d.C.) e Celsio (200 A.) riferiscono che gli spettatori bevevano il sangue dei gladiatori uccisi nelle arene in quanto si credeva che nel sangue risiedesse la loro forza e che questa potesse essere trasmessa attraverso il sangue.
3

Anche durante il Medioevo si continua a bere il sangue, considerato un tonico per ringiovanire ed una medicina dalle innumerevoli propriet curative. Risale allestate del 1492 la prima trasfusione di sangue che la storia ricordi, considerata anche limportanza del protagonista, il papa Innocenzo VIII. Questi, gravemente ammalato, ricevette il sangue da tre giovani scelti per loccasione tra i pi forti e pieni di vita. Il procedimento fall ed il papa mor poco dopo. Certo non si poteva ancora parlare di trasfusione nel senso moderno del termine, probabilmente perch il sangue non era trasfuso per via endovenosa. Daltronde, assai limitate e frammentarie erano, a quei tempi, le conoscenze relative alla circolazione sanguigna. La sua scoperta risale al 1628, per opera di Harvey, che la descrisse in una memorabile monografia Exercitatio Anatomica de Motu Cordis et Sanguinis in Animalibus. Molti scienziati del XVII secolo si attribuirono lidea della trasfusione di sangue. Gli scritti pi attendibili attribuiscono allinglese Wren, astronomo, architetto e fisico, lintroduzione della terapia endovenosa. Attorno al 1657 egli iniett vari medicamenti nelle vene dei cani. Egli us uno strumento costituito da un ago derivato da una sottile cannula al quale era stato applicato una vescicola. Gli animali reagivano alle iniezioni con vomito, diarrea, stato tossico, a cui seguiva la morte o la ripresa a seconda della sostanza somministrata. Esperimenti simili furono eseguiti da Boyle (1627-1691), forse il primo ad aver iniettato sostanze solubili nelluomo utilizzando volontari carcerati delle prigioni di Londra. Richard Lower, fisico inglese, fu uno dei pionieri della pratica trasfusionale. Nel 1665 condusse esperimenti sui cani, collegando larteria del donatore con la vena del ricevente. Un piccolo cane era salassato dalla vena giugulare sino a che era quasi moribondo. Quindi la vena veniva collegata mediante una penna doca con larteria cervicale di un grosso cane che fungeva da donatore. Il sangue fluiva dallarteria di questultimo alla vena del cane ricevente e il procedimento veniva ripetuto fino a che le condizioni del ricevente non tornavano normali. In esperimenti successivi Lower sostitu la penna doca con appositi tubi dargento.
4

Negli anni successivi esperimenti analoghi furono condotti in Inghilterra e in Francia. Nel 1667 Jean Denis, fisico presso la corte di Luigi XIV, trasfuse sangue in un paziente affetto da lue collegando con una cannula dargento una vena del braccio con larteria carotide di un agnello. La trasfusione ebbe successo, nonostante il paziente avesse avuto reazione. Ci incoraggi Denis a proseguire i suoi trattamenti. Egli trasfuse altri tre pazienti, lultimo dei quali mor dopo tre trasfusioni. La prima volta non aveva avuto reazione. La seconda il suo braccio divenne caldo, il polso frequente, la fronte sudata, lurina scura. Il paziente lamentava dolore ai reni e allo stomaco. Si tratta, probabilmente, della prima descrizione dei sintomi di quella che oggi viene definita reazione trasfusionale emolitica. Alla terza trasfusione con sangue di vitello il paziente mor. La moglie del paziente denunci Denis. Ne segu una lunga battaglia legale, al termine della quale Denis fu assolto dallaccusa domicidio, ma la Corte di Giustizia sanc che la trasfusione nelluomo poteva essere effettuata solo se approvata dalla Facolt di Medicina di Parigi. Parecchi anni pi tardi, una disposizione del Parlamento britannico proib la trasfusione di sangue. Non si parl pi di trasfusione per circa 150 anni. Gli esperimenti furono ripresi nel 1818 dallinglese Blundell, per combattere le gravi emorragie da parto. A differenza dei suoi predecessori, i quali attribuivano al sangue un mistico potere rinvigorente, egli mosse dallidea che la perdita di una quantit notevole di sangue poteva essere dannosa o addirittura fatale per un soggetto. Blundell e i suoi collaboratori fecero un gran numero di esperimenti, con i quali dimostrarono che la sottrazione, allanimale, di grandi quantit di sangue provocava shok, che poteva essere evitato trasfondendo quantit relativamente piccole di sangue senza procurare alcun danno allanimale donatore. Blundell esegu, nelluomo, dieci trasfusioni con sangue umano, quattro delle quali ebbero successo. Egli part dalla constatazione che se un cane veniva salassato e quindi trasfuso con sangue di un altro cane sopravviveva, se invece veniva trasfuso con sangue di pecora, lanimale inizialmente aveva beneficio ma in seguito moriva.
5

Nonostante ci, ancora per parecchio tempo si continu ad usare sangue di animali a causa della difficolt di procurarsi sangue umano, in quanto il procedimento adottato era tale da scoraggiare anche il soggetto pi stoico e volenteroso. La guerra franco-tedesca (1870) diede ulteriore impulso alla trasfusione anche se i successi non furono brillanti. Due importanti problemi rimanevano irrisolti: il sangue coagulava allinterno dei complessi strumenti usati per la trasfusione, rendendo spesso impossibile il suo proseguimento, e si verificavano frequentemente reazioni gravissime, addirittura mortali, come conseguenza di trasfusioni con sangue incompatibili (es. Sangue di gruppo A in soggetto O oppure B) a causa della totale ignoranza riguardo ai gruppi sanguigni. Il primo problema fu risolto nel 1914-15, quando alcuni ricercatori scoprirono una soluzione anticoagulante-conservante in grado di prevenire la coagulazione, senza provocare fenomeni tossici al ricevente, e di mantenere meglio le qualit del sangue durante la conservazione. Erano gli anni della prima guerra mondiale: questa scoperta, insieme a quella dei gruppi sanguigni (O, A, B e AB) avvenuta nel 1900 ad opera di Landsteiner, ha permesso di applicare su vasta scala la trasfusione di sangue sui fronti bellici e di salvare molte vite umane. Negli anni successivi furono scoperti numerosi altri sistemi, tra cui i pi importanti sono il sistema Rh per i globuli rossi e il sistema degli antigeni da trapianto (HLA) per i globuli bianchi. In questi ultimi anni la terapia emotrasfusionale ha subito profondi cambiamenti. Il sangue, infatti, costituito da diversi componenti cellulari e da sostanze solubili, con specifiche funzioni, che possono essere isolati e trasfusi separatamente a seconda delle specifiche necessit del paziente: globuli rossi, globuli bianchi (particolarmente i granulociti), piastrine, plasma e suoi derivati (albumina, fibrinogeno, immunoglobuline). Inoltre, il progresso degli studi nel campo della conservazione del sangue allo stato congelato rende possibile lo stoccaggio di grandi quantit di sangue raro o anche comune, che pertanto disponibile per le situazioni demergenza.
6

LATTO DELLA DONAZIONE Com fatto e a cosa serve il sangue? Il sangue un tessuto liquido del nostro organismo, circolante allinterno dei vasi sanguigni, che rappresenta il 7-8% del peso corporeo, responsabile delle pi importanti funzioni vitali. Si compone di una parte liquida, il plasma (circa il 55-60% del totale), e di minuscoli corpi invisibili ad occhio nudo, ma numerosissimi e attivissimi e instancabili nel purificare e difendere il corpo umano: globuli bianchi, globuli rossi e piastrine. Il plasma costituito da acqua (94-95%) in cui sono sciolti grassi, zuccheri, proteine, fattori della coagulazione, anticorpi, ormoni, vitamine, etc. I globuli rossi, detti anche emazie o eritocriti, sono le cellule pi numerose del sangue (circa 4-5.000.000 per millimetro cubo). Derivano dal midollo osseo e devono il loro nome alla colorazione rossa, in quanto ricchi di un pigmento a base di ferro: lemoglobina (Hb). Hanno la funzione di trasportare lossigeno ai tessuti e lanidride carbonica ai polmoni, perch possa essere espulsa con la respirazione. I globuli bianchi, detti anche leucociti (circa 5.000 per millimetro cubo), sono pi grandi dei globuli rossi e si distinguono in granulociti (neutrofili, basofili, eosinofili), monociti e linfociti. Intervengono, in diversi modi, nei processi di difesa del nostro organismo da aggressioni di varia natura (virus, batteri, funghi, neoplasie, etc.). Le piastrine, dette anche trombociti (circa 150-400.000 per millimetro cubo), sono piccole cellule che si riuniscono in ammassi in corrispondenza di una lesione della parete di un vaso sanguigno, formando un primo tappo che impedisce luscita del sangue. Intervengono poi, in collaborazione con i fattori plasmatici, nel processo della coagulazione, che conduce alla formazione del tappo definitivo e alla fine dellemorragia. grazie alle piastrine che le ferite si rimarginano. Il sangue, in base alla presenza di particolari molecole nei globuli rossi, si differenzia in quattro tipi fondamentali: gruppo A, gruppo B, gruppo AB e gruppo O (zero).
7

Come si utilizzano il sangue donato ed i suoi derivati? Sangue intero: si utilizza in rare circostanze (emorragie massive). Concentrato di globuli rossi: anemia di varia natura (anche secondaria a leucemie, postemorragia, neoplasie, etc.). Concentrato di piastrine: gravi alterazioni quantitative (notevole riduzione del numero) o qualitative di queste cellule, in presenza di emorragia. Plasma: gravi alterazioni della coagulazione, in presenza o con grave rischio di emorragia non correggibile con luso di concentrati dei fattori plasmatici ottenuti dalla lavorazione industriale del plasma. Albumina: per elevare la pressione oncotica in caso di edemi diffusi o di grave diminuzione della pressione arteriosa. Viene ottenuta dalla lavorazione industriale del plasma. Immunoglobuline non specifiche: contrastare le infezioni gravi. Derivano dalla lavorazione industriale del plasma. Fattori specifici della coagulazione: cura delle emorragie che accompagnano la loro carenza o assenza congenita, come nelle emofilie. Provengono dalla lavorazione industriale del plasma. Chi pu donare il sangue? Ogni individuo sano, di et compresa fra i 18 e i 65 anni e di peso corporeo superiore ai 50 kg. Al momento della donazione vengono valutati, per accertare che siano nella norma, la temperatura corporea, la pressione arteriosa,la frequenza cardiaca e lemoglobina. Lapprofondimento sullo stato di salute viene effettuato con appositi esami, al fine di tutelare sia il donatore che il ricevente. Chi non pu donare sangue? Esistono fattori di esclusione, assoluti e temporanei, dalla donazione, in genere valutati attraverso una accurata anamnesi. Fattori di esclusione assoluti: la positivit per epatite B o C, sifilide o AIDS (che vengono trasmesse attraverso il sangue); luso abitudinario di sostanze stupefacenti; labuso di bevande alcoliche (alcolisti cronici);
8

le patologie cardiovascolari importanti. Fattori di esclusione temporanei: la gravidanza in atto e il puerperio per un anno dopo il parto (o dopo uninterruzione di gravidanza); gli interventi chirurgici in anestesia generale, negli ultimi sei mesi; le trasfusioni di sangue ricevute negli ultimi cinque anni; il soggiorno in zone endemiche per la malaria, nei sei mesi precedenti la donazione; i rapporti sessuali a rischio; i rapporti sessuali o la convivenza con soggetti affetti da epatite virale, tossicodipendenti o con comportamenti a rischio per lAIDS o le altre malattie trasmissibili con il sangue. La selezione del donatore. La selezione del donatore viene effettuata da parte di personale medico del Centro Trasfusionale attraverso un colloquio riservato e coperto dal segreto professionale che pu essere anche loccasione per avere informazioni e chiarimenti. La donazione di sangue pu essere occasionale o periodica. Il donatore si definisce periodico quando si reca per pi di due volte presso una struttura trasfusionale per rinnovare latto della donazione. Lobiettivo di tutti i centri trasfusionali , attualmente, quello di arrivare ad avere la maggior quota possibile di donatori periodici che sono, come si pu intuire, pi sicuri per il ricevente; infatti, la pi lunga osservazione del soggetto da parte dei medici del servizio trasfusionale rende pi attendibili anche gli esiti dei controlli clinici e di laboratorio. Quanto sangue viene prelevato? Il volume del prelievo di sangue stabilito dal D.M. 15/01/1991 (art. 10) ed pari a 450 millilitri pi o meno il 10%. Tale quantitativo stato determinato in modo da garantire contemporaneamente sia unadeguata preparazione degli emocomponenti (concentrati di globuli rossi, piastrine, unit di plasma), sia lassenza di complicanze per il donatore. Infatti, la quota liquida del sangue viene ricostituita in poche ore, mentre, per la quota corpuscolata (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) posso9

no occorrere tempi variabili secondo lelemento cellulare considerato, ma, sempre pochi giorni. Ogni quanto tempo si pu donare? La frequenza annua delle donazioni ugualmente prevista dal medesimo D.M. 15/01/1991 (art. 11) e pu essere di quattro volte lanno nelluomo con intervalli minimi di tre mesi fra una donazione e laltra, di due volte per la donna in et fertile. Come si dona il sangue? Un medico (o un infermiere professionale sotto la responsabilit del medico) effettua il prelievo dal donatore disteso su unapposita poltrona-lettino. Viene apposto un laccio emostatico su un braccio e viene inserito lago in una vena, previa accurata disinfezione della cute; il sangue defluisce spontaneamente sino a riempire una sacca di raccolta in cui sono gi contenuti un liquido anticoagulante e altre sostanze utili alla conservazione ottimale del sangue. Prima che lago venga estratto, vengono riempite alcune provette per lesecuzione degli esami previsti dalla legge. Al termine della donazione, il donatore viene invitato a rimanere disteso per qualche minuto e a consumare una leggera colazione. Come si svolge la donazione? Prima della donazione, consentita lassunzione di t, caff, latte, succhi di frutta, a meno che non sia previsto, in occasione della donazione, anche il prelievo di campioni di sangue per le analisi di controllo dello stato di salute del donatore: in questo caso occorre il digiuno. Il donatore viene invitato a leggere attentamente e a compilare un modulo informativo di consenso che verr da lui firmato al momento del colloquio con il medico. Esiste il rischio di contrarre infezioni donando il sangue? Assolutamente no, poich il materiale impiegato per la donazione totalmente sterile e viene usato una sola volta.

10

La cultura della promozione della salute nella scuola: il paradigma della donazione del sangue
Gianfranco Tarsitani Professore Ordinario di Igiene - Dipartimento di Scienze di Sanit Pubblica - Universit La Sapienza - Roma

Premessa Leducazione alla salute uno degli strumenti che lOrganizzazione mondiale della sanit pone alla base dei processi di promozione della salute. Essa consiste in un intervento sociale che tende a modificare consapevolmente e durevolmente il comportamento nei confronti dei problemi collegati al benessere, presupponendo la conoscenza del patrimonio culturale della comunit e la focalizzazione dei suoi interessi soggettivi anche attraverso la rimozione delle resistenze opposte dai gruppi al cambiamento (Alessandro Seppilli 1958). importante sottolineare come non sia possibile parlare di salute senza tener conto degli stretti legami tra i diversi aspetti affettivi, comportamentali, psicologici, economici e sociali della vita delle persone e come la promozione della salute debba uscire dallambito esclusivo dei sistemi sanitari ed essere invece interesse delle singole persone, dei gruppi organizzati, dei sistemi politico-organizzativi. Tutelare la salute significa, rispettando il termine latino che vede letimologia di salus in salvus, salvare dai rischi le persone, intervenire in quel complesso equilibrio che vede luomo mantenere lequilibro fisico mentale e sociale in un quadrilatero del quale corpo e mente da una parte e ambiente fisico e sociale dallaltra sono i vertici (figura 1). La promozione della salute costituisce il supporto disciplinare che guida le politiche sanitarie di sviluppo delle popolazioni; per aderire a queste strategie i governi nazionali e locali debbono realizzare le azioni fondamentali proposte dalla carta di Ottawa (1986) richia11

mate dal classico schema della ruota della salute che le elenca e ne mostra le sinergie. Ritorna su questi concetti la recente carta di Bangkok (2005) che va ad integrare la prima dichiarazione a distanza di 19 anni, sottolineando gli aspetti di globalizzazione che caratterizzano il panorama odierno. Nellaffrontare i determinante di salute, alla luce delle notevole modifiche che si sono realizzate nel contesto della promozione della salute dalla promulgazione della carta di Ottawa, il nuovo documento analizza, tra laltro, i fattori di criticit che sono in grado di influenzare la salute e le azioni richieste per fare ulteriori passi in avanti nellattuazione di strategie per la promozione della salute in un mondo globalizzato. Uno degli aspetti della cultura della promozione della salute che appare fortemente rappresentato nella mission dellistituzione scolastica il processo di sostegno e di rafforzamento delle persone e delle comunit. Gli studi epidemiologici hanno messo in evidenza come tra i determinanti di salute assumano importanza centrale i fattori di sviluppo culturale e sociale nellaumentare la speranza di vita di una popolazione pi di qualsiasi intervento strettamente sanitario. La rivoluzione copernicana della teoria e della pratica della promozione della salute ci chiede di pensare in positivo alla salute umana per raggiungere gli obiettivi ad essa legati, superando lapproccio medico tradizionale centrato sulla malattia. perseguendo e sviluppando in modo integrato tutti i fattori che concorrono allo star bene, potenziando le capacit personali dei singoli e lempowerment delle comunit che si tutela il fondamentale diritto alla salute di tutte le persone. Lambito privilegiato nel quale dunque possibile sviluppare questo processo la scuola, il posto dove istituzionalmente si insegna, il luogo dove educazione e sanit si incontrano. Il modello che propone lOrganizzazione mondiale della sanit la realizzazione della scuola promotrice di salute. Il primo concetto che bisogna sottolineare che per mettere in pratica i principi di una scuola siffatta necessario che lintera istituzione sia coinvolta nel processo di promozione della salute. Questo significa, anche secondo le indicazioni dellOrganizzazione mondiale della sanit, che la scuola deve
12

garantire lattuazione dei principi democratici che portano a migliorare lapprendimento e a garantire lo sviluppo individuale e sociale per la salute; deve garantire lequit nel mettere tutti in grado di sviluppare le proprie capacit senza discriminazioni; il coinvolgimento e la partecipazione per il raggiungimento delle proprie aspirazioni, lavorando insieme insegnanti e studenti; un ambiente scolastico idoneo in termini fisici e sociali; un curriculum degli studi che sappia offrire ai giovani occasioni per acquisire conoscenze, sviluppare acume e spirito critico, nonch le risorse intellettuali per affrontare la vita; la formazione e laggiornamento degli insegnanti; la collaborazione tra istituzioni sanitarie e scolastiche a tutti i livelli, nazionale, regionale, locale; il coinvolgimento delle famiglie; il sostegno di tutti i livelli di governo alle scuole promotrici di salute. La Promozione della donazione del sangue In questo contesto le campagne di donazione di sangue effettuate nelle scuole superiori con lo scopo principale di fare fronte alle necessit del territorio costituiscono un esempio paradigmatico di come un obiettivo di salute possa assumere una dimensione di pi ampio respiro nei termini di promozione di salute. Nellesporre questi concetti faccio riferimento alle esperienze effettuate durante le campagne di educazione alla salute e di sensibilizzazione alla donazione di sangue promosse da Istituzioni a livello comunale, provinciale e regionale, con lUfficio Scolastico Regionale del Lazio, lAssociazione Nazionale Pedagoghi Ospedalieri (ANPO) ed il Dipartimento di Scienze di Sanit Pubblica G. Sanarelli dellUniversit La Sapienza, in collaborazione con le Associazioni di Donatori e dei Centri Trasfusionali. Tale progetto stato realizzato, per diversi anni, nelle scuole medie superiori di Roma e Provincia, con lintento di sensibilizzare alla donazione del sangue e di promuovere uno stile di vita corretto, al fine di aumentare il numero dei donatori. Ladeguata presentazione delliniziativa ai ragazzi, da parte degli insegnanti inizialmente e di ricercatori esperti in sedute assembleari, sono il fulcro delliniziativa
13

che prevede altres uninteressante raccolta di dati su conoscenze, atteggiamenti e comportamenti degli studenti e culmina, per i ragazzi maggiorenni, con la facilitazione dellatto di donare del sangue. Non entro nella descrizione delliniziativa che oggetto di una relazione specifica, ma voglio sottolineare le potenzialit educative, sociali e di promozione di salute che una gestione attenta e partecipata di queste campagne pu sviluppare. Le campagne di cui si tratta sono ormai una tradizione in molte scuole e nelle diverse forme in cui vengono svolte hanno da sempre teso a portare i ragazzi adolescenti a donare il sangue appena giunti alla maggiore et. Qualunque sia lo schema organizzativo, e quello proposto dalle campagne del Lazio di cui ho esperienza particolarmente collaudato ed efficace, si tratta di una tematica che ha forte presa, motiva studenti e docenti, giunge fino alle famiglie, innesta un percorso virtuoso di riflessione sui temi della solidariet. Detti interventi portano, per la loro naturale costituzione, a diffondere informazioni di fondamentale importanza per la salute dei giovani; infatti lesposizione dei motivi di esclusione dalla donazione conduce inevitabilmente la comunit coinvolta ad affrontare argomenti di ordine generale come la sessualit, la dipendenza da sostanze, la trasmissione delle malattie infettive e gli stili di vita a rischio, nonch a divulgare informazioni scientifiche rilevanti come il fabbisogno e le modalit di utilizzo del sangue e le nuove acquisizioni scientifiche in tema di terapia della malattie ematologiche. La presentazione dei fattori di esclusione dalla donazione del sangue attiva nella comunit scolastica elementi di riflessione e di discussione, porta a mettere a fuoco alcune sfere della vita personale sulla quale difficile per i giovani, ma direi per tutti, confrontarsi, prendere atto di possibili errori, attivare processi di cambiamento, se necessario, o indurre sin dallinizio comportamenti corretti e salutari: per questo motivo le campagne educative debbono partire il pi precocemente possibile e interessare anche quelli che sono ancora lontani dal momento della donazione. Una lettura attenta del fenomeno pu mettere in evidenza come queste tematiche possano contribuire in modo determinante, a lato dello svolgimento delle attivi14

t curricolari, a sostenere e sviluppare nelle singole persone e nelle comunit scolastiche coinvolte quegli elementi di conoscenza e di cultura noti con il termine di democrazia della salute. Un terzo elemento da prendere in considerazione, volendo valutare le ricadute complessive delle campagne di sensibilizzazione di cui si tratta, riguarda i riflessi di natura squisitamente pedagogici che possono essere innestati. Infatti gli interventi di esperti nelle scuole, anche se su un argomento di tale interesse, non hanno risultato se i singoli docenti, i consigli di classe, la scuola tutta non prendono in carico la tematica, non fanno rimbalzare le problematiche aperte dagli incontri con gli esperti nella didattica di tutti i giorni, non seguono tutto il percorso che deve portare ad accompagnare, possibilmente anche in modo materiale, i ragazzi al loro primo atto di donazione. Le campagne cos creano una diversa interazione tra docenti e discenti, rompono lunit tradizionale delle classi, inducono al dibattito, ribaltano alcuni ruoli statici, fanno scoprire potenzialit nascoste, scuotono fin nelle fondamenta listituzione scolastica che si lascia coinvolgere in una gara appassionante di partecipazione e solidariet. Se proviamo a rileggere i principi della scuola promotrice di salute, possiamo facilmente capire come impegni di questo tipo possano portare a realizzare una scuola attenta a formare cittadini responsabile e consapevoli. Per concludere, si pu ricordare un dato emerso dalle campagne di sensibilizzazione cui si fa riferimento: oltre l80% dei ragazzi che hanno compilato i questionari somministrati durante gli interventi hanno dichiarato di ritenere utile una campagna di informazione sulla donazione del sangue, ritenendo anche auspicabile proseguire in questa direzione, con iniziative simili, magari su pi larga scala, proprio allo scopo di affrontare in modo pi approfondito le problematiche sanitarie presentate dalliniziativa e per far s che la cultura della solidariet non rappresenti solo un proposito bello e nobile, ma costituisca unazione concreta della vita quotidiana.

15

Comportamenti a rischio nelladolescenza: risultati di una ricerca


Simonetta Pupella Responsabile Area Sicurezza Centro Nazionale Sangue Marcello Hortencio De Medeiros Dirigente Medico SIMT - Azienda Osp.era San Filippo Neri - Roma Nellambito della campagna di educazione alla salute e di sensibilizzazione alla donazione del sangue stata condotta unindagine conoscitiva su un campione di studenti della scuola media superiore, al duplice scopo di capire, da un lato il livello di conoscenza delle problematiche connesse ai comportamenti cosiddetti a rischio, dallaltro il livello di sensibilit dei giovani verso la donazione del sangue. Lo strumento utilizzato stato un questionario somministrato in forma anonima agli studenti allinizio dellanno scolastico; liniziativa stata presentata ai ragazzi dagli stessi insegnanti con la collaborazione di medici esperti in campo trasfusionale; i dati sono stati successivamente analizzati dal Prof. Tarsitani e suoi collaboratori del Dipartimento di Scienze di Sanit Pubblica dellUniversit La Sapienza di Roma. Il campione relativo alla campagna nelle scuole costituito da 5826 adolescenti, di et compresa tra i 13 e i 22 anni (et media = 17,3 anni), 2992 femmine e 2751 maschi; di questi ragazzi 3130 hanno unet inferiore ai 18 anni e 2574 unet pari o superiore ai 18 anni. Il questionario caratterizzato da 20 domande, che si possono dividere in tre gruppi: 1. conoscenza delle tematiche relative alla donazione del sangue 2. conoscenza dei comportamenti che costituiscono fattori di rischio per la salute 3. parere ed atteggiamento verso la donazione del sangue. Alcune domande, inserite nel questionario, hanno permesso di caratte16

rizzare la popolazione in studio rispetto a parametri sociali ed ambientali. Analizzando globalmente tutte le domande del questionario la percentuale media di risposte mancanti stata dello 0,8% per il primo anno e del 2,6% per il secondo anno, dimostrando che liniziativa ha avuto una buona accettazione da parte degli studenti. Prendiamo in considerazione i risultati di alcune delle domande presenti nel questionario. Conoscenza delle tematiche relative alla donazione La maggior parte degli studenti intervistati (92,3%) riferisce di sapere cos un gruppo sanguigno, ma solo il 62,6% dichiara di conoscere il proprio. In generale le ragazze risultano significativamente pi informate dei maschi. A domande pi specifiche, come quella relativa ai litri di sangue nel nostro organismo, la percentuale di risposte sbagliate e di risposte non so aumenta notevolmente. In media pi del 50% dei ragazzi intervistati nei due anni dichiara di sapere come viene impiegato il sangue donato. Solo il 60,6% afferma che il donatore non corre alcun rischio di contrarre una malattie trasmissibile durante la donazione. Ancora una elevata percentuale di ragazzi associa alla donazione di sangue un possibile rischio per la propria salute, a causa di paure che scaturiscono da mancanza di conoscenza ed informazione su questo tema. Conoscenza dei fattori di rischio per la salute, ovvero dei fattori di esclusione dalla donazione L86,2% del campione considera i tatuaggi e i piercing un fattore di rischio per le malattie infettive trasmissibili; il 69,8% ed 67,5% considera luso, anche saltuario, di droghe leggere una controindicazione alla donazione di sangue; il 90,2% ed il 91,4% ritiene che il preservativo sia una valida protezione contro le malattie sessualmente trasmesse (STD). La conoscenza dei fattori di rischio per la salute presi in esame, che si possono considerare anche fattori di esclusione dalla donazione (tatuaggi, piercing, droghe leggere, rapporti sessuali non protetti), sensibilmente migliore tra le femmine rispetto ai maschi e tra i maggiorenni rispetto ai minorenni, con
17

leccezione delluso del preservativo, la cui utilit ed efficacia ben nota fra tutti i sottogruppi considerati. Parere e atteggiamento verso la donazione Il 92,7% del campione favorevole alla donazione, con le femmine che mostrano una maggiore propensione dei maschi. Il 43,9% del campione dichiara di essere disposto a donare il sangue; le femmine mostrano una maggiore disponibilit rispetto ai maschi e i maggiorenni rispetto ai minorenni. Si evidenzia ancora unelevata percentuale di ragazzi non disponibili alla donazione di sangue per differenti motivi. Tra le ragazze prevale la paura dellago, tra i maschi, invece, la possibilit di rischi per la salute. Sono state riscontrate differenze anche in rapporto allet: in particolare, i minorenni che non pensano o non sono sicuri di donare non sanno dare una spiegazione per il loro rifiuto. L86,2% del campione reputa utile una campagna di informazione sulla donazione. Le donne esprimono un maggior desiderio di informazione/formazione rispetto ai maschi ed ai minorenni rispettivamente. I risultati di questa indagine, condotta su un campione ben rappresentativo della popolazione giovanile di Roma e provincia, ci spingono a fare alcune considerazioni. I ragazzi che frequentano la scuola media superiore mostrano ancora una insufficiente formazione/informazione su problemi che riguardano la salvaguardia della loro salute (comportamenti a rischio). Il grado di conoscenza sulla donazione di sangue piuttosto scarso e questo alimenta nei ragazzi paure ingiustificate. Rispetto ai rischi che si correlano a determinati comportamenti (tatuaggi, piercing, droghe leggere, rapporti sessuali non protetti), peraltro molto presenti nella popolazione giovanile, ancora un numero troppo elevato di ragazzi sottovaluta il problema o lo sente non proprio. Emerge, inoltre, da questa indagine, una propensione generalizzata dei ragazzi verso la solidariet, che necessita per di essere finalizzata con esperienze concrete proposte anche dallistituzione scolastica. In questo quadro si colloca la campagna di educazione alla salute ed alla solidariet che lUfficio scolastico regionale sta portando avanti con il sostegno e la collaborazione di numerose associazioni che operano nel campo
18

della donazione di sangue in moltissime scuole medie superiori di Roma e provincia. Allinterno di questo progetto si collocano i medici esperti, nel ruolo di formatori/informatori dei ragazzi sulle problematiche che riguardano da vicino la loro salute, gli insegnati, nel ruolo di coordinatori dei ragazzi per approfondire temi a loro particolarmente vicini e di promotori di esperienze di solidariet (ad esempio la donazione del sangue), i ragazzi artefici principali della loro formazione.

Sei favorevole alla donazione del sangue?

19

Stili di vita e salute: La donazione del sangue


Maria Adelaide Sanna Insegnante, ITCG Duca degli Abruzzi (Roma) Referente Progetto Stili di vita e salute

La scuola Duca degli Abruzzi realizza da molti anni un progetto di Educazione Sanitaria collegato alla prevenzione della dispersione scolastica e del disagio adolescenziale di cui si riferiscono gli elementi principali nella seconda parte del presente lavoro. In questo contesto si vuole sottolineare come allinterno dellattivit di promozione della salute, lapproccio educativo globale renda agevole la sensibilizzazione dei giovani al tema della donazione del sangue. Considerazioni generali In questa fase di difficolt a trovare una propria identit (autonomia, finanziamento della scuola privata, tagli mortificanti alle risorse della scuola pubblica), la scuola sta vivendo un travaglio molto critico al quale contribuiscono sia la precariet e le incertezze del mondo esterno (guerra, terrorismo, crisi economica), sia linquietudine sempre pi manifesta dei giovani che spesso sentono la scuola unistituzione lontana, inadeguata a dare risposte valide ed efficaci alle loro esigenze. Gli insegnanti vivono analogamente un momento di disorientamento, spesso soffocati tra lurgenza delle richieste dei giovani e la consapevolezza di poter incidere in modo molto limitato nel processo di formazione dello studente, cos prezioso e importante per la societ futura. I mass media, da cattivi maestri, giocando sul piano delle emozioni, spazzano via in un sol colpo tutto il lavoro educativo. Nel processo formativo sono agenti determinanti la famiglia e gli amici; gli insegnanti, raramente e in modeste proporzioni, influenzano le scelte. Una risposta adeguata quella di centrare lattivit pedago20

gica sulla persona e non soltanto sui contenuti disciplinari, di superare interventi settoriali e frammentari, concentrando risorse e impegno su progetti condivisi dalle varie componenti, che vedano gli studenti protagonisti coinvolti nello scegliere e organizzare, nel creare strategie valide al conseguimento di obiettivi fissati. Leducazione sanitaria nella scuola I progetti mirati alleducazione alla salute costituiscono da diversi anni uno spazio di acquisizione di conoscenze e di abilit dalla forte fisionomia pluridisciplare, unoccasione di apertura alle istituzioni esterne, un pretesto valido per mettere al centro di ogni attivit ladolescente, coi suoi problemi, con lansia di conoscere e capire il suo corpo, con la ricerca di sicurezze che lo aiutino nella maturazione della personalit. Un cammino fondamentale e difficile, ostacolato dai messaggi confusi e allettanti che provengono non solo dai coetanei, ma dai perversi modelli del consumismo sfrenato e dalla pirateria intraprendente e spregiudicata del bombardamento pubblicitario. Ogni progetto che si occupa di educazione alla salute prevede unattenzione particolare alla donazione del sangue, vista non solo come un atto denso di significato civico e umanitario, ma anche come unoccasione di riflessione sul proprio corpo, sullo stato di salute, sulla correttezza delle scelte dei propri stili di vita. Nelle riunioni che precedono la donazione, tenute dai medici della Croce Rossa, i giovani vengono a conoscenza di informazioni che spesso giungono loro in modo ambiguo e frammentario da fonti poco attendibili; e se cos si convinti che fumare le canne sia innocuo alla salute (sono solo i genitori e i prof. che la fanno tanto lunga), si scopre nel colloquio col medico che chi fuma non pu donare il sangue! Si scoprono quindi le conseguenze a livello fisico create dalluso delle droghe leggere. Gli incontri collettivi e i colloqui individuali costituiscono un momento di grandissimo interesse per tutti gli studenti, sia per quelli intenzionati a donare il sangue, sia per chi titubante o non in condizioni fisiche idonee. Si vede cos la soddisfazione di chi
21

riuscito a superare la paura dellago, il pregiudizio alimentato dallignoranza di chi reputa rischioso il prelievo, si ha modo comunque di creare dei momenti di riflessione sulla propria persona, tanto graditi da tutti gli adolescenti pieni di dubbi, carichi di ansie spesso mimetizzate da atteggiamenti di false certezze. Si ha inoltre modo di riflettere sullemergenza che la cronica mancanza di sangue crea negli ospedali, si medita sui drammi di chi vive privato di quel bene prezioso che spesso i giovani sottovalutano e danneggiano che la salute! Allora la scuola recupera la sua funzione formativa, linsegnante (di qualsiasi disciplina) diviene un mediatore insostituibile tra le scelte personali dello studente e la societ. Lesperienza di donare il sangue con i propri alunni, o semplicemente accompagnarli al centro trasfusionale, unoccasione di eccezionale coinvolgimento, un momento di autentica educazione alla solidariet, di formazione mirata alla maturazione umana in senso globale, al di fuori di ogni ottica utilitaristica, al di sopra di tutte le altre attivit didattiche. Si tratta di una vera educazione morale e civica che rende lo studente protagonista delle sue scelte, in armoniosa relazione con se stesso, coi coetanei e quindi con la societ. Quando la scuola si pone e cerca di realizzare questi obiettivi, allora la sua funzione viene valorizzata ed esaltata, anche in una situazione difficile e critica, quale appare quella attuale. DESCRIZIONE DEL PROGETTO STILI DI VITA E SALUTE Stili di vita potenzialmente pericolosi per la salute, quali il fumo di tabacco, labuso di alcool, luso di droghe illegali, unerrata alimentazione e comportamenti sessuali a rischio, possono facilmente instaurarsi tra i giovani spesso in rapporto a situazioni di disagio adolescenziale. dovere primario della scuola informare, educare e orientare gli studenti, proponendo modelli positivi di comportamento per il raggiungimento del pi ampio benessere fisico, psichico e sociale, al fine di prevenire il consolidarsi di stili di vita
22

pericolosi. Il progetto pluriennale si svolge in collaborazione con il Dipartimento di Scienze di Sanit Pubblica G. Sanarelli dellUniversit La Sapienza e con il Consultorio per gli adolescenti della ASL RMA. OBIETTIVO GENERALE Realizzare un intervento di Educazione Sanitaria centrato sulla partecipazione degli studenti come fruitori/attori del messaggio educativo. OBIETTIVI SPECIFICI Aumento delle conoscenze sulle tematiche dellintervento: AIDS e malattie sessualmente trasmesse Tossicodipendenze, alcol e fumo di tabacco Alimentazione Prevenzione dei comportamenti a rischio presenti nella popolazione scolastica Valutazione della correlazione tra stili di vita, disagio adolescenziale e dispersione scolastica Coinvolgimento dei genitori in unalleanza educativa scuolafamiglia FINALIT PEDAGOGICHE Rendere lo studente protagonista dellazione educativa Sottolineare la complessit dei saperi e lunitariet delle conoscenze Sviluppare le capacit operative Favorire la mentalit del lavoro di gruppo Affermare il metodo della divisione dei compiti come approccio a problematiche complesse Abituare al confronto fra i singoli e i gruppi Consentire rapporti fra la scuola, la realt e le altre istituzioni Abituare a una mentalit flessibile Abituare a una mentalit critica Orientamento (consapevolezza di s, della realt sociale e approccio con alcune professionalit)
23

METODOLOGIA Questo progetto si basa sui principi delleducazione tra pari e del learning by doing: formazione degli studenti finalizzata al conseguimento del ruolo di tutor per lapprendimento dei compagni di scuola pi giovani (formazione dei formatori) coinvolgimento degli studenti tutor nella pianificazione del sistema di rilevamento dei dati conoscitivi (questionari di tempo zero e di verifica) collaborazione degli studenti nella progettazione e nella valutazione degli interventi negli anni successivi; definizione dei bisogni socio-sanitari generali dellutenza scolastica intervento degli studenti nella raccolta, elaborazione e valutazione dei dati raccolti mediazione degli studenti nella restituzione dei risultati ottenuti con il ruolo di tutor formatori. RISULTATI E CONSIDERAZIONI Si riferiscono di seguito, in modo sintetico, i principali risultati ottenuti dalla distribuzione del questionario durante lo scorso anno scolastico. Hanno aderito allindagine 168 studenti pari al 70% della popolazione target (classi II e III). Let media degli intervistati di 16 anni (42% del campione); sono maschi il 57% e femmine il 43%. opportuno ricordare che il test stato somministrato durante lautogestione e che la maggior percentuale di maschi da giustificare in relazione al pi elevato assenteismo femminile durante quel periodo. FUMO DI TABACCO Dai risultati relativi alla sezione fumo, emerge che 2/3 della popolazione scolastica esaminata ha almeno provato a fumare e che continua, pur conoscendone i rischi, nellabitudine al fumo in modo tendenzialmente moderato. Mettendo in rapporto i dati di abitudine al fumo e sesso, risulta chiara la maggiore percentuale di femmine fumatrici (87%), rispetto ai
24

maschi (53%); si tratta peraltro di una differenza statisticamente significativa. interessante il dato relativo allet di inizio del fumo che ha il suo valore modale in 14 anni, presenta quote minori ma pur sempre significative anche nelle et precedenti, a partire dai 10 anni. Confrontando i dati di abitudine al fumo con le classi di et, ci si accorge che la percentuale di fumatori pi bassa si riscontra tra i pi giovani, secondo quanto logico aspettarsi; la percentuale di studenti che hanno dichiarato di fumare pertanto pi elevata tra i ragazzi pi grandi, in particolare tra i sedicenni; anche in questo caso le differenze riscontrate sono statisticamente significativa. Dai risultati ottenuti si pu anche sottolineare come tra i fumatori sia pi elevata la percentuale di studenti che hanno un cattivo rapporto con i genitori (18%) rispetto ai non fumatori (7,5%). Le motivazioni a provare a fumare sono prima di tutto una generica voglia di provare, mentre si prosegue nel fumo soprattutto per abitudine e bisogno. Unelevata percentuale (72%) ha provato a smettere di fumare, ma solo una parte di loro riuscita nellintento, motivata dal pensiero che il fumo sia dannoso. Colpiscono le risposte a una serie di domande sulla pericolosit del fumo che mettono in evidenza la profonda consapevolezza di questi studenti giovani circa i danni correlati a tale abitudine. L89% sa che il fumo crea dipendenza; buona parte consapevole del rischio respiratorio e cardio-circolatorio legato allabitudine al fumo; il 98% ritiene che il fumo passivo faccia male; il 96% consapevole del fatto che fumare in gravidanza pericoloso per il bambino. Stupisce la discrepanza tra i dati di diffusione del fumo di tabacco in una popolazione giovane e la grande consapevolezza dei rischi e dei pericoli legati al fumo di tabacco. DROGHE Il 25% degli studenti intervistati ha dichiarato di fumare spinelli, con una frequenza che pu essere considerata saltuaria. impressionante sottolineare come il motivo che ha spinto pi della met di questi ragazzi a provare gli spinelli sia la curiosit,
25

mentre i motivi per i quali prosegue siano equamente divisi tra lo spirito di gruppo e lo star bene. anche interessante osservare la risposta alla domanda sulle occasioni di fumo; il 61% dichiara di fumare in luoghi di ritrovo, ma deve far meditare il fatto che una percentuale pur minore (16%) dichiara di fumare a scuola. Lassunzione di pasticche stimolanti un fenomeno limitato che riguarda il 3% della nostra popolazione. Il piccolo campione di studenti che assume pasticche (3 soggetti) significativamente rappresentato da tutte persone che bevono alcolici. Le conoscenze sulle droghe sono abbastanza soddisfacenti. Gli studenti non definiscono in modo univoco cosa sia una sostanza stupefacente, ma sanno che tutte le sostanze stupefacenti sono pericolose. Dalle risposte emerge che il tossico dipendente una persona debole che usa prevalentemente droghe pesanti. Risultano abbastanza corrette le informazioni sugli effetti delle droghe sedativo-euforizzanti e di quelle psicostimolanti. Di particolare interesse la risposta alla domanda su quali possano essere gli strumenti idonei per prevenire il fenomeno droga: gli studenti si dividono in tre tendenze: il 42% punta su informazione di massa, il 32% chiede leggi punitive e repressive e il 26% si affida alla liberalizzazione delle droghe leggere. Come per il fumo, si possono considerare soddisfacenti le conoscenze sullargomento, ma a ci corrisponde unimpressionante diffusione del fumo di marijuana, anche in ambiente scolastico. Negli studenti si osserva una profonda separazione di opinione sulla visione delle droghe leggere compatibili con uno stile di vita sano e le droghe pesanti relegate a una marginalit che non li riguarda. Questo un punto critico da approfondire. ALCOL Il 72% degli studenti a volte beve alcolici, spinto a provare da curiosit e voglia di divertirsi; la voglia di divertirsi il motivo per cui gli studenti intervistati dichiarano di continuare a bere. Anche per lalcol, come per il fumo di tabacco, let modale di inizio della pratica del bere 14 anni, ma in questo caso la curva di ini26

zio indica una maggiore precocit con i primi soggetti coinvolti allet di nove anni. La bevanda alcolica pi diffusa la birra (69,4%) che distanzia ampiamente vino (16%) e spumante (5%); preoccupante il dato dei superalcolici che vede coinvolti il 10% di ragazzi cos giovani. Pi della met degli intervistati si ubriacata una o pi volte negli ultimi sei mesi, solo il 41% non ha fatto questa esperienza negativa. Correlazione tra abitudine al fumo e numero di ubriacature: particolarmente interessante osservare come il gruppo di ragazzi che dichiarano di essersi ubriacati addirittura pi di dieci volte, sia costituito esclusivamente da fumatori, questo risultato indica una tendenza parallela a trasgredire sia nelleccesso di assunzione di alcolici che del fumo di tabacco. Per quanto riguarda le conoscenze sul problema dellalcolismo, il 76% consapevole del fatto che lalcol crei dipendenza e l87% sa che bere in gravidanza pericoloso per il bambino. Sono altres ben conosciute le malattie alcol-correlate. Gli atteggiamenti di prevenzione nei confronti dellalcolismo non prevedono posizioni proibizionistiche, ma sono prevalente correlati con lidea limitazionista della distribuzione dellalcol. I dati sul consumo di alcolici rispecchiano le nuove abitudini sociali dei giovani che frequentano pub e birrerie, privilegiando quindi il consumo di birra a quello tradizionale del vino. Si deve sottolineare la pericolosa tendenza ad eccedere, messa in evidenza dagli episodi di ebbrezza acuta. Come per il fumo si pu sottolineare la contraddizione tra la conoscenza dei rischi e lassunzione di alcol. Liniziazione al bere ancora pi precoce di quella al fumo di tabacco. ALIMENTAZIONE Le abitudini alimentari degli studenti mettono prima di tutto in evidenza un fatto noto e grave: un terzo di essi al mattino non effettua la prima colazione. Un altro elemento di allarme emerge dal fatto che il 40% ha avuto problemi di peso, fatto indicatore molte volte di un cattivo rapporto col cibo. I soggetti in sovrappeso hanno correttamente privilegiato lattivit fisica e la dieta per risolvere il problema, ma solo il 23%,
27

per dimagrire, si rivolto ad un medico. inoltre preoccupante, la piccola percentuale di studenti che utilizzano pillole dimagranti o ricorrono al digiuno. Le abitudini alimentari mettono in evidenza alcune note carenze nellalimentazione dei giovani: appare insufficiente il consumo di verdure, latte e frutta. Il nostro campione tende a mangiare formaggi tre volte a settimana, uova una volta a settimana, pesce una volta a settimana, carne tre volte a settimana. Gli studenti identificano nel diabete la malattia prevalentemente correlata ad una cattiva alimentazione e trascurano il rischio di malattie cardio-vascolari. Lopinione prevalente e corretta nel gruppo allo studio che la variet del cibo e il valore nutritivo sono gli elementi pi importanti della dieta e concorrono ad una sana e adeguata alimentazione. Anche questa indagine ha messo in evidenza le caratteristiche carenze dellalimentazione giovanile che tende a saltare la colazione e non assume alimenti importanti come frutta e verdure e, nel nostro studio, anche il latte. Buone risultano le conoscenze su alimentazione e nutrizione, ribadendo, anche in questo settore, la divaricazione tra teoria e pratica. MALATTIE SESSUALMENTE TRASMESSE Il 56% degli intervistati ha un partner e il 35% sessualmente attivo. Let del primo rapporto sessuale presenta il suo valore modale a 15 anni, i due soggetti pi precoci dichiarano i primi rapporti a undici anni. La met dei ragazzi sessualmente attivi dichiara di aver avuto rapporti sessuali con persone appena conosciute, e un terzo dichiara tale condizione non abituale: questo risultato definisce unampia percentuale di situazioni di rischio per malattie sessualmente trasmesse. Risulta statisticamente significativa la correlazione tra avere rapporti sessuali e fumare spinelli. L85% degli intervistati utilizza il profilattico (sempre o a volte) durante i rapporti con il partner; la percentuale aumenta nei rapporti con ragazzi appena conosciuti; la quota di rischio di persone che non utilizzano, o utilizzano a volte, il profilattico del 17%. I motivi di non utilizzo del profilattico si dividono in unampia casi28

stica che vede al primo posto il rifiuto del partner, seguito dallimbarazzo sia nellacquisto che nellutilizzo e infine dal costo; altri non lo utilizzano perch usano altri mezzi anticoncezionali. A questo proposito si deve sottolineare come il principale motivo di utilizzo del profilattico consista nella contraccezione; in secondo piano la protezione dalle malattie infettive. Dopo anni di campagne promosse dai Ministeri della Salute e dellIstruzione, si riscontra nellindagine che la televisione e la scuola costituiscono le principali fonti di informazione sullAIDS per gli studenti. I ragazzi hanno buone conoscenze sulle modalit di trasmissione dellinfezione da HIV, ma conservano unirrazionale paura (35%) di vivere con un malato di AIDS o con un soggetto sieropositivo. Si pu globalmente definire soddisfacente il livello delle conoscenze e dei comportamenti riferiti nello studio, esistono per percentuali limitate e preoccupanti di alto rischio per la pratica di rapporti sessuali non protetti con partner occasionali. Peraltro la precocit di iniziazione ai rapporti sessuali, richiede interventi informativi/educativi anticipati. INFORMAZIONI GENERALI In questa sezione vengono riportate una serie di informazioni tendenti a descrivere il fenomeno della dispersione scolastica e i fattori socio-ambientali che ne costituiscono il substrato. Il 32% del campione stato bocciato e il 70% ha frequentato corsi di recupero, anche se questi corsi non sono in tutti i casi unindicazione di scarso rendimento scolastico. Pi di un terzo degli studenti ha pensato di abbandonare la scuola, almeno qualche volta, nella maggior parte dei casi perch si era scocciato o, in quota minoritaria, perch voleva lavorare. Unosservazione interessante emerge mettendo in rapporto i dati del fumo di spinelli e il pensiero di abbandonare la scuola: il 58% dei fumatori ha questo pensiero negativo di lasciare gli studi, contro il 35% che si riscontra tra i non fumatori. Il rapporto con i genitori viene considerato molto buono o abbastanza buono dalla maggior parte degli intervistati. La natura di tale
29

rapporto viene descritta dagli argomenti di dialogo tra genitori e figli: essi sono incentrati prima di tutto sullandamento scolastico, seguono i problemi personali, sport e progetti per il futuro. Pi di un terzo di loro vorrebbe parlare di pi con i genitori. Gli argomenti di dialogo con gli amici sono principalmente il sesso, lo sport e i problemi personali. A loro principalmente si rivolgono quando debbono risolvere un problema, a distanza segue la madre. Da loro accettano di pi i consigli, in questo caso il ricorso anche alla madre pi frequente. con gli amici che trascorrono la maggior parte del tempo libero. Dal questionario emergono i seguenti giudizi e valori: drogarsi molto grave, fumare tra poco grave e grave, bere alcolici poco grave, spacciare droga molto grave (ma preoccupante che quasi il 10% ritenga il fatto poco grave!), alimentarsi in modo non corretto poco grave. La dispersione scolastica espressa dalle percentuali di bocciati e di studenti che hanno frequentato corsi di recupero espressa da numeri che sottolineano la dimensione sconcertante di tale fenomeno. Il pensiero di abbandono della scuola che colpisce una quota cos numerosa di studenti fa capire il disagio che va analizzato nellambito della relazione familiare e sociale. Sono interessanti i valori che emergono dai giudizi degli studenti e mettono in evidenza lalta percentuale di rifiuto della droga e dello spaccio; per gli altri aspetti invece, si profila la tendenza ad accettare stili di vita a rischio. La presente pubblicazione dei risultati emersi dallindagine intende essere uno strumento di riflessione e unoccasione di dibattito ulteriore tra gli studenti e i docenti; essa pu costituire un punto di partenza per intraprendere campagne di sensibilizzazione sui temi di salute affrontati e per migliorare le relazioni e i comportamenti nella comunit scolastica. CONCLUSIONI Questo progetto ha una storia lunga nella nostra scuola. Prima i progetti venivano accolti come una proposta nuova di didattica, unoccasione di sperimentare tecniche diverse, di conseguire obiet30

tivi che con le discipline tradizionali non venivano sempre attuati e realizzavano lesigenza di innovazione che la scuola sentiva in modo urgente. Oggi assistiamo allinflazione dei progetti nella scuola, spesso la parola progetto suscita diffidenza e senso di noia; i progetti hanno stancato, ma i problemi della didattica sono stati risolti? Criticit Reale coinvolgimento dei Consigli di Classe Reale coinvolgimento delle componenti della scuola Difficolt organizzative Limitata disponibilit degli studenti Cultura utilitaristica dello studente (crediti scolastici) Difficolt di valutazione degli obiettivi dichiarati Punti di forza Interesse dei temi trattati Realizzazione dellinterdisciplinarit Rapporto con gli esperti esterni (conoscenze, linguaggi) Orientamento sia in termini di rafforzamento del s che di scelte future Spazio per la creativit e decisionalit Autogestione dello scorso anno: i tutor hanno spontaneamente proseguito lattivit intrapresa e su richiesta del Comitato studentesco hanno organizzato unassemblea con gli esperti dellUniversit sui temi trattati nel progetto Elevato coinvolgimento nella donazione del sangue

31

Promuovere salute nella scuola


Anna De Santi Uffiico Relazioni Esterne - Istituto Superiore di Sanit - Roma insegnare a scuola mette in contatto con le verit del giorno: come raccogliere uova appena fatte, magari con il guscio un po sporco. Marco Lodoli, da Repubblica, 18 ottobre 2004 1. Promuovere salute: da dove partire? Entriamo in classe e gi ci accorgiamo che abbiamo perso la nostra battaglia. Di fronte a noi, ci sono incalliti masticatori di chewing-gum che ci osservano e scrutano. Sembrano pronti a divorarci, ma poi rimangono l muti e in silenzio, mentre noi parliamo, parliamo, parliamo - Alberto Pellai 2003 Per promuovere salute si deve partire dai soggetti e dai loro desideri ed esaminare i loro comportamenti e lambiente dove questi comportamenti si verificano. Parlando di comportamenti corretti di salute, come educatori, dovremmo chiederci che cosa sanno i giovani al fine di individuare non solo le conoscenze che hanno sulle tematiche oggetto dei nostri interventi educativi ma anche le possibili distorsioni di giudizio o le concezioni errate sui fattori di rischio. Dovremmo inoltre chiederci che cosa fanno gli adolescenti in quanto dovremmo conoscere il loro ambiente sociale e i comportamenti positivi o negativi in grado di influenzare il loro benessere. E infine dovremmo e acquisire competenze per motivare al cambiamento in quanto attivare un intervento educativo significa comprendere i significati che si possono ricondurre a cattive abitudini, indagando le dimensioni relazionali, sociali, affettive dei soggetti per poter individuare i processi di empowerment in grado di modificarle. Uno dei possibili modelli di intervento in questo ambito viene suggerito da Green e Kreuter. Si tratta di un modello multidimensionale delleducazione promozione della salute che riconosce la molteplicit di fattori che agiscono sulla salute e la qualit della vita. Esso parte dal presuppo32

sto che tali fattori debbano essere valutati prima della progettazione dellintervento, per garantirne lappropriatezza e lefficacia dellintervento stesso. Questo modello agisce con metodi qualitativi e/o quantitativi considerando i dati epidemiologici o geografico ambientali o funzionali, organizzativi e i dati sulle relazioni, sulle rappresentazioni, sui valori, sullidentit dei soggetti. 2. Modificare i comportamenti: che cosa fare? Per modificare i comportamenti bisogna conoscerli. E pertanto le domande che ci dovremmo porre sono le seguenti: quali sono i comportamenti che vanno modificati? quali sono i programmi di comunicazione e le strategie capaci di raggiungere, informare e convincere gli individui a comportarsi nel modo corretto? quali sono le modalit con cui gli individui acquisiscono i nuovi comportamenti? I fattori che determinano il comportamento sono costituiti dai fattori di personalit, dai fattori emotivo-affettivi, dai fattori socio-culturali e dagli atteggiamenti. Hanno quindi a che fare con lambiente, la cultura e la personalit: lambiente (limpatto sui soggetti e i cambiamenti ai quali sottoposto) la cultura (le conoscenze, i valori, le opinioni, le regole, le leggi e le consuetudini di un gruppo di persone che tende ad agire secondo modalit condivise) la personalit (il modo in cui un individuo interpreta se stesso e interagisce con gli altri) I metodi di ricerca pi comuni per ottenere dati sullambiente consistono nelle interviste agli opinion leader, nell analisi del contenuto dei media, nei sondaggi dellopinione pubblica, nellanalisi delle tendenze legislative ecc. Gli elementi socio-demografici si riscontrano indagando sui dati relativi al reddito, allistruzione, all et, alla dimensione nucleo familiare ecc.Il profilo psicologico si ottiene, invece, analizzando le attitudini, i valori, le motivazioni, la personalit, ecc. Le caratteristiche del comportamento studiando le abitudini di ciascun individuo.
33

3. Quali strategie per la prevenzione? Non pi possibile ipotizzare una strategia di prevenzione primaria centrata su modelli di tipo monocomportamentale. Deve cominciare a diffondersi una cultura della prevenzione che guarda alla complessit degli stili di vita e dei modelli comportamentali agiti dai soggetti in et evolutiva.Troppe volte i ragazzi vengono raggiunti da messaggi spesso discordanti finalizzati alla prevenzione di singoli problemi comportamentali. Ad esempio chi fa prevenzione dellinfezione da HIV spesso non responsabile della prevenzione delle sostanze ad azione psicotropa o dellalcolismo o del tabagismo. I ragazzi vengono raggiunti da interventi preventivi parcellizzati e spesso estemporanei e non in continuit Bisogna indagare lintero stile di vita degli adolescenti al fine di sostenere una cultura non solo della prevenzione ma della promozione della salute capace di comprendere che tutti i soggetti in et evolutiva sono toccati dal rischio comportamentale spesso trasversale su pi aree dellagire umano. 4. In conclusione, cosa bisogna fare per promuovere salute? Bisogna ridefinire modelli di prevenzione correlati a misure ed outcomes di efficacia e rivedere nuovi modi di fare diagnosi di comunit nella popolazione adolescente. Bisogna promuovere seminari e convegni rivolti alla popolazione adulta e a quella giovanile, finalizzati alla diffusione dei dati, alla discussione a livello locale e alla promozione della salute. Bisogna analizzare e adottare politiche scolastiche e territoriali orientate alla riduzione dellassunzione del rischio negli adolescenti . Bisogna stendere e diffondere linee guida per le scuole, per le agenzie educative e le istituzioni del territorio, per guidare lanalisi dei problemi e dei fenomeni legati alladolescenza con una base di tipo epidemiologico e valutativo. Bisogna costruire un osservatorio permanente dei comportamenti a rischio degli adolescenti e un osservatorio permanente sullagio nei giovani. Bisogna parlare di di agio, di benessere, di gusto di vivere, e non solo di disagio e di rischio. Bisogna inventare un nuovo modo di fare prevenzione e promozione della salute.

34

Bibliografia Andreoli V., Giovani, 1995, Rizzoli Andreoli, Lettera ad un adolescente, 2004, Rizzoli Cerizza G., Ronzio R., Alcol, quando il limite diventa risorsa, 1998, Franco Angeli, Milano Garista P.,La diagnosi educativa, materiali per corso e-learning sulleducazione alla salute, Istituto Superiore di Sanit, 2004 Green L. W., Kreuter M. W., Health promotion planning: An educational and ecological approach, 1999, Mountain View, mayfield Publishing Mantovani S., La ricerca sul campo in educazione. I metodi qualitativi, 1997, Mondadori, Milano. Marcolongo R. (2001), La diagnosi educativa, in Rossato E., a cura di, Educazione terapeutica: una risorsa per malati e curanti, Edizioni Marsilio Pellai A., Ladolescenza. Le sfide del diventare grande, 2003McGrawHill Palmieri C., La cura educativa, 2000, Franco Angeli, Milano. Zani B., Cicognani E., Psicologia della salute, 2000, Il Mulino, Bologna. Zannini L., Salute, malattia e cura, 2001, Franco Angeli, Milano **********

35

10 Consigli a educatori e genitori


Alberto Pellai Ricercatore Igiene Generale e Applicata Facolta di Medicina e Chirurgia - Universit di Milano 1. Tutti gli adolescenti incorrono in attivit a rischio quale parte normale del loro percorso di crescita. Assumersi dei rischi serve alladolescente perch lo aiuta a sviluppare una propria identit e costituisce, ad ogni modo, unesperienza di valorizzazione. 2. Le attivit di assunzione del rischio che aiutano il processo di crescita di un adolescente includono la partecipazione ad attivit sportive, lo sviluppo di abilit artistiche e creative, attivit di volontariato, viaggio, creazione di nuovi rapporti amicali. Implicita in tutte queste attivit vi la possibilit di un fallimento. 3. Educatori e genitori devono essere consapevoli della bont implicita in molte delle azioni a rischio degli adolescenti. Attivit negative di assunzione del rischio in adolescenza includono luso di alcool, tabacco, droghe, guida spericolata di auto e motoveicoli, promiscuit sessuale, automutilazione, fuga da casa, atti di microcriminalit, partecipazione a bande, etc. 4. Azioni a rischio pericolose per la salute possono apparire come gesti di ribellione azioni premeditatamente rivolte contro i genitori o gli insegnanti. Ma la maggior parte dei comportamenti a rischio degli adolescenti, sia quelli sani che quelli pericolosi, costituiscono semplicemente un modo con cui gli adolescenti cercano di definire meglio la propria identit, dandosi unautodefinizione e una separazione netta dal mondo degli adulti, genitori compresi. 5. Alcuni comportamenti a rischio divengono progressivi e additivi. Per esempio unadolescente potrebbe trovarsi intrappolato in un comportamento intrapreso a fini positivi e poi degenerato con pericoli gravi ed evidenti. E la situazione di ragazze che rimangono
36

intrappolate nei meccanismi delle diete dimagranti che possono anche evolvere in conclamati disturbi del comportamento alimentare. Genitori ed educatori devono essere ben informati cos da poter aiutare gli adolescenti ad evitare queste trappole. 6. Segnali di allarme che dovrebbero aiutare a comprendere quando le azioni a rischio degli adolescenti rischiano di diventare pericolose e additive includono problemi quali una depressione persistente o un forte stato di ansia problemi scolastici, coinvolgimento in azioni microcriminali, fumare, bere alcool, guidare in modo spericolato etc. 7. Poich necessario che gli adolescenti si assumano dei rischi, genitori ed educatori devono aiutarli a trovare modi sani per fare ci. Assumersi dei rischi senza mettere a repentaglio la propria salute non solo importante in s ma previene lassunzione di rischi ulteriori caratterizzati da maggior pericolo. 8. Gli adolescenti possono lanciare segnali sottili riguardo ai comportamenti pericolosi per la loro salute che essi assumono. Tali segnali sono da ricercare in ci che dicono, anche relativamente ai comportamenti di amici e parenti. I familiari e gli insegnanti dovrebbero avere il coraggio di parlare con i ragazzi anche delle proprie esperienze personali; dovrebbero, inoltre, sforzarsi di essere modelli e aiutare i ragazzi a capire che nessun errore irrimediabile. 9. Tutti i ragazzi considerano e valutano come molto importante il modo in cui i loro genitori e gli insegnanti valutano e definiscono i rischi. I genitori e gli insegnanti devono aiutare i loro ragazzi a valutare i rischi che corrono e ad anticiparne le conseguenze e devono, inoltre, sviluppare strategie per incanalare le loro energie in attivit a sostegno della salute. 10. I genitori e gli insegnanti devono prestare attenzione anche ai loro stessi comportamenti a rischio. I ragazzi, infatti, ci osservano e ci imitano e i nostri comportamenti sono per loro la prima fonte di apprendimento.
37

Comportamenti a rischio nelladolescenza e loro conseguenze


Stefania Iannazzo1, Carla Gargiulo2 e Simonetta Pupella3

Premessa LOrganizzazione Mondiale della Sanit ha definito la salute, in una accezione globale, come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, cui si contrappone, pertanto, uno stato di malessere che pu essere legato ad una malattia del corpo o ad un disagio psichico o sociale o alla contemporanea presenza di queste condizioni. I progressi della medicina, infatti, non hanno smentito, bens enfatizzato lo stretto rapporto esistente tra stato di salute del corpo (inteso come insieme di organi e loro funzioni), psicologico (ovvero equilibrio mentale, capacit del sapere, del saper fare e del saper essere) e sociale o relazionale. Ne consegue che molteplici e diversissimi sono i fattori che possono influire sullo stato di salute (o benessere), aumentando la probabilit di subire un danno (Fattori di rischio) o contrastando gli effetti dei primi e promovendo un maggior benessere (Fattori di protezione). Ci che maggiormente preoccupa, ai fini della tutela della salute, bene proprio del singolo individuo ma interesse di tutta la collettivit, non lavere un singolo comportamento a rischio, ma ladozione contemporanea di pi condotte rischiose che configurano dei veri e propri stili di vita, i cosiddetti profili e percorsi di rischio. Altro importante problema che una condotta dannosa per la salute pu avere, per la persona che la mette in atto, vantaggi psicologici e sociale in quanto consente di sentirsi inseriti in un gruppo, di superare il disagio, caratteristico soprattutto delladolescenza, ma non solo, di sentirsi diverso e perci incompreso e solo. Ne consegue che alla base delle scelte comportamentali vi sia una interazione dinamica tra individuo e ambiente percepito (rappresentazione individuale e personale della realt), tra esperienza individuale e realt sociale in cui il soggetto inserito e agisce. Nel caso dellado38

lescenza, lambiente percepito pu essere ricondotto a tre ambiti particolari: la famiglia (importanza del rapporto con i genitori), il gruppo dei pari (gli amici) e la scuola.
Fig. 1. Le principali variabili considerate in ognuno dei tre sistemi (modificata da: Bonino S., Cattelino E. Adolescenti e salute: dalla ricerca allintervento. Torino, 1999)

39

I due gruppi di lavoro, costituiti da insegnati con diverse esperienze professionali e da studenti di scuola media superiore, provenienti da realt scolastiche molto eterogenee sia per indirizzo di studi (licei e scuole professionali) sia per collocazione sociale (istituti di Roma centro, di Roma periferia e della provincia), hanno affrontato il tema dei comportamenti a rischio coadiuvati da due facilitatori per ciascun gruppo. La modalit operativa stata quella dellopen discussion, in cui i facilitatori dovevano fare in modo che tutti avessero loccasione di esprimersi e che il dibattito non sconfinasse dallargomento prestabilito. Vengono sinteticamente riportate di seguito le considerazioni personali espresse dai partecipanti al gruppo di lavoro ed i bisogni emersi.

40

In generale i ragazzi denunciano una difficolt oggettiva a passare dalla conoscenza superficiale del problema ad una responsabile consapevolezza delle conseguenze sanitarie e sociali che questi comportamenti possono determinare, ed in questa direzione richiedono interventi specifici di formazione ed informazione da parte degli adulti. Dalla discussione allinterno dei gruppi di lavoro emerge, sul fronte degli insegnanti, la diffusa convinzione di non avere a loro disposizione gli strumenti formativi per imparare ad affrontare con i ragazzi questi temi e di non poter usufruire in modo ottimale del supporto e della collaborazione concreta di strutture sanitarie territoriali con cui svolgere un lavoro in rete. In generale i ragazzi denunciano una difficolt oggettiva a passare dalla conoscenza superficiale del problema ad una responsabile consapevolezza delle conseguenze sanitarie e sociali che questi comportamenti possono determinare, ed in questa direzione richiedono interventi specifici di formazione ed informazione da parte degli adulti. Dalla discussione allinterno dei gruppi di lavoro emerge, sul fronte degli insegnanti, la diffusa convinzione di non avere a loro disposizione gli strumenti formativi per imparare ad affrontare con i ragazzi questi temi e di non poter usufruire in modo ottimale del supporto e della collaborazione concreta di strutture sanitarie territoriali con cui svolgere un lavoro in rete.
41

Dalle considerazioni fin qui riportate scaturiscono queste esigenze: esigenze degli studenti: 1. ricevere sul tema dei comportamenti a rischio una informazione corretta supportata da dati certi (incidenza del problema, casistiche..); 2. essere gli artefici dei momenti collettivi di approfondimento e di riflessione su questi temi (svolgere un ruolo di animatori e non di soli ascoltatori); 3. avere la possibilit di fare esperienze concrete di solidariet e di confronto con realt giovanili in difficolt; 4. avere dalle istituzioni segnali concreti di attenzione al problema giovanile (ad esempio, riduzione del costo dei profilattici) esigenze degli insegnanti: 5. avere momenti di formazione specifica sul rapporto con gli adolescenti per imparare a cogliere dai loro comportamenti le richieste daiuto; 6. ottenere che leducazione sanitaria e sessuale abbia un ruolo alla pari rispetto a tutte le altre discipline di insegnamento attraverso il suo inserimento nei programmi didattici; 7. ottenere un maggior coinvolgimento delle famiglie nelle attivit di formazione sui temi sanitari. I gruppo di lavoro hanno affrontato largomento relativo alla possibilit di divulgare nella scuola la cultura della donazione di sangue come esperienza di solidariet e di concreto impegno sociale. Il tema ha una stretta relazione con i comportamenti a rischio, poich questi rappresentano cause di esclusione temporanea e/o definitiva dalla donazione di sangue. I ragazzi mostrano su questo tema atteggiamenti diversi. Per molti donare il sangue una cosa da fare prima o poi ma non pu influenzare il proprio stile di vita; per altri largomento non sufficientemente conosciuto e sarebbe necessaria una fase informativa preliminare alla decisione di affrontare lesperienza. Per gli insegnanti pu rappresentare unutile occasione di formazione sanitaria ed una valida esperienza di solidariet soprattutto se vissuta in modo sentito da ragazzi ed insegnanti insieme.
42

In conclusione i ragazzi sono generalmente interessati ad affrontare ed approfondire i problemi sociali quali quello dei comportamenti a rischio; vogliono essere posti al centro dellattenzione e vogliono essere loro stessi gli artefici in prima persona della crescita su questi temi. Gli insegnanti referenti per leducazione alla salute sono i coordinatori e gli organizzatori di attivit specifiche su questi temi, ma tutto il corpo docente deve mostrare coinvolgimento e partecipazione per la riuscita di qualunque iniziativa.
Medico, Ministero della Salute - Roma Responsabile Area Sicurezza Centro Nazionale Sangue 3 Dirigente Medico I livello - CTO Santo Spirito - Roma
1 2

43

Il ruolo della famiglia


Angela Nava Presidente Coordinamento Genitori Democratici Nazionale CGD- Roma Mentre parliamo di educazione alla solidariet, riecheggiano le immagini che in questi giorni i media ci hanno fornito della rivolta giovanile delle periferie parigine. Comunque si voglia interpretare il fenomeno, esso il segno di uno scacco, di un fallimento anche educativo. Se nel caso francese emergono i nodi irrisolti della mancata integrazione dei gruppi svantaggiati nella scuola, nelle politiche abitative, nel lavoro, tutti noi sappiamo che famiglia e scuola sono le due agenzie educative che pi sono chiamate in causa, oggi, in una societ complessa di cui noi adulti stentiamo a definire i contorni, a definire una mappa che orienti i nostri ragazzi. Sarebbe facile ed anche comodo assumere atteggiamenti apocalittici di fronte ad una cronaca che, sia pure enfatizzata dai media, assume toni angosciosi e che paiono segnare la nostra impotenza. Sono chiamata qui a riflettere sul ruolo della famiglia, ma a manifestare una sorta di stanchezza pedagogica appare oggi proprio il genitore che ha rinunciato consapevolmente allautorit, memore dei danni che uneducazione autoritaria produce. Assistiamo spesso, infatti, ad un atteggiamento di resa da parte dei genitori, ad una generalizzata incapacit a dire di no, il che significa rinunciare ad essere adulto di riferimento pur di non dover sopportare in alcun modo il malessere di dare anche quella piccola frustrazione. Ma c di pi: questa rinuncia porta ad unulteriore forma dabdicazione: quella ad essere se stessi con le proprie convinzioni, passioni, ideologie, debolezze, subordinando il proprio essere persone reali allansia di evitare per i propri figli ogni genere di conflitto. Questo atteggiamento da un lato consegna, senza lottare, i propri figli alla cultura dellomologazione, alla moda del momento e alla legge del mercato, dallaltra ha riflessi molto preoccupanti sugli stessi processi di
44

identit, se viene a mancare quella dinamica di accettazione\contrasto con le figure di riferimento, che la strada obbligata del divenire soggetti autonomi. Crescono e ne cresce il consenso intorno, le pubblicazioni che ricordano al genitore i no che fanno crescere, i si fa come dico io come enunciano titoli destinati ad essere o gi divenuti best-sellers tra un pubblico sempre pi ampio. Cresce lambizione statistica di misurare i fenomeni di bullismo, raggruppando a volte indistintamente sotto questa categoria tutti i fenomeni di prevaricazione, prepotenza, ma anche di devianza e disagio rispetto ai quali le forme di potere che gli adulti esercitano (penso a quelle della scuola registro, voto, sanzione, espulsione) rivelano la loro inefficacia. Cresce lallarme verso nuove modalit del divenire donne che rompe con molti stereotipi. Aggressivit e pratiche sessuali precocissime tra le giovanissime, come anche il recente film Thirteen palesa, ci svelano romanzi di formazione a noi ignoti. Cresce la voglia di contenimento se vero che la reintroduzione del voto di condotta che confina, determina, definisce atteggiamenti, emozioni, demotivazioni, ritardi che si intrecciano strettamente con il processo di apprendimento ha incontrato il favore della maggioranza degli educatori -genitori ed insegnanti. Si diffonde la geremiade sui ragazzi sregolati appunto, non necessariamente violenti, trasgressivi, socialmente disordinati o pericolosi, ma solo incapaci di riconoscere lesistenza di regole e perci di rispettarle. Sembra che non siano al corrente dellesistenza di un galateo sociale diffuso che silenziosamente regolamenta gli scambi sociali, le precedenze, luso dei tempi, delle parole, degli spazi sociali. come se fosse cambiato un dispositivo strutturale, funzionante da generazioni che omogeneizzava il significato dei comportamenti sociali, come se la continuit della trasmissione tra generazioni fosse stata interrotta. Lidea di una genitorialit sociale, di una genitorialit diffusa che da sempre perseguiamo, diventa sempre pi necessaria in una societ come quella italiana in cui, come unindagine del CENSIS del 2004 affermava,il 40% delle famiglie denuncia la difficolt a tenere il ritmo con altre agenzie educative e lamenta la difficolt a trasmettere valori positivi, mentre ben il 64% denuncia la solitudine delle famiglie rispetto alle istituzioni sociali.
45

Genitorialit diffusa anche come antidoto allindividualismo che si insinuato nelle persone, nelle relazioni sociali, negli stili di vita e di pensiero e di cui non ci siamo accorti in questi anni. Riprendere con piena responsabilit il nostro ruolo di educatori senza deleghe fondamentale, come fondamentale attivare efficaci pratiche comunicative tra scuola e famiglie che escano anche dalle strettoie burocratiche degli organi collegiali. Non ci sar unefficace educazione alla salute e quindi al rispetto di s e degli altri e quindi una educazione alla solidariet che non sia di pura maniera se non ci attiviamo per aprire dei canali di comunicazione e di condivisione. Perch un progetto di questo tipo abbia speranza di efficacia e il lavoro degli operatori scolastici non rimanga semplicemente una voce moralistica o vanamente diagnostica che la famiglia tende a dimenticare se non conforme al progetto culturale familiare, necessario saper intervenire anzitutto sui problemi di comunicazione tra insegnanti e genitori, e poi sulle difficolt di molti genitori ad esporre le proprie idee e le proprie esperienze, a trovare opportunit di confronto e soluzione dei problemi educativi. I tempi ci chiedono un impegno di nuovo genere e lassunzione di nuove, ma condivise responsabilit.

46

Parte II

LA DONAZIONE DEL SANGUE E IL RUOLO DEL VOLONTARIATO


Il ruolo delleducazione alla solidariet nella tutela della salute pubblica
Gabriella Girelli Professore Ordinario di Immunoematologia Universit La Sapienza - Roma Educazione alla solidariet, tutela della salute pubblica - In che modo leducazione alla solidariet pu avere un ruolo nel tutelare la salute pubblica? Per rispondere alla domanda possibile leggere quanto riportato sulla G. U. del 27 ottobre 2005 dove stata pubblicata la Legge trasfusionale N 219 del 21/10/2005, che ha abrogato la precedente Legge 107/90. Alcuni concetti di fondamentale importanza sono rappresentati da quanto segue: Lo stato riconosce la funzione civica e sociale ed i valori umani e solidaristici che si esprimono nella donazione volontaria, periodica, responsabile, anonima e gratuita del sangue e dei suoi componenti (Capo III, Art. 7, Comma 1). E ancora, tra le finalit che si d questa Legge trasfusionale c il raggiungimento di: una pi efficace tutela della salute dei cittadini attraverso il conseguimento dei pi alti livelli di sicurezza raggiungibili nellambito di tutto il processo finalizzato alla donazione ed alla trasfusione del sangue (Comma1 b).
47

negli articoli del DM 03/03/2005, Titolo VI, Art. 16, che troviamo: Le iniziative di educazione sanitaria e le indagini eseguite ai fini della tutela della salute dei donatori e della sicurezza dei riceventi, rappresentano un sicuro riferimento epidemiologico per la realizzazione di alcuni tra i principali obiettivi della programmazione sanitaria nazionale quali la PROMOZIONE DI COMPORTAMENTI E STILI DI VITA (corretti) per la salvaguardia della salute La tutela della salute del donatore viene esercitata attraverso procedure che sono previste negli articoli di legge: La visita medica al donatore di sangue deve mirare ad una attenta valutazione degli apparati cardiovascolare e respiratorio, degli organi addominali e dellapparato linfonodale superficiale poich ognuno di loro pu rilevare condizioni che meritano un approfondimento diagnostico. Il colloquio con il medico deve mirare allaccertamento dellidoneit alla donazione, con particolare attenzione alla situazione psicologica ed intellettiva dellaspirante donatore. Particolare attenzione viene rivolta ad indagare eventuali condizioni di uso abitudinario di alcoolici, di abuso di farmaci, di impiego di sostanze stupefacenti, di uso di steroidi od ormoni a scopo di culturismo fisico. Su ogni unit di sangue donata vengono effettuati i seguenti esami previsti dalla normativa vigente Esame emocromocitometrico - conta dei globuli rossi, piastrine, globuli bianchi e formula leucocitaria ALT - sono enzimi che si liberano dopo citonecrosi epatica e pertanto vengono considerate un marcatore precoce di epatite virale o di epatite cronica. Labuso di alcool porta indubbiamente a delle lesioni epatiche che possono decorrere per anni asintomatiche, come pu decorrere in maniera asintomatica, per anni,
48

unepatite C. Le transaminasi possono essere la spia di questi danni epatici che progrediscono lentamente e di cui ci si potrebbe accorgere troppo tardi. HIV Ab 1,2 - anticorpi contro il virus HIV HbsAg - marcatore virale per lepatite B HCV Ab - anticorpi contro il virus dellepatite C Ricerca del genomi virali di HIV, HBV, HCV. Le metodiche di biologia molecolare vengono impiegate per ricercare particelle del genoma virale: questulteriore ricerca viene effettuata per ridurre il periodo di zona muta durante il quale un individuo capace di contagiarne un altro senza avere ancora positive le indagini di laboratorio (fase finestra). Le suddette indagini, seppur utili per donatore, hanno come scopo principale quello di proteggere il ricevente. Tuttavia il legislatore rivolge la sua particolare attenzione anche al donatore per il quale chiede che vengano effettuate ogni anno: Creatininemia - esame che indaga la funzionalit renale Glicemia -la cui alterazione correlata al diabete o alla sua predisposizione Proteinemia ed elettroforesi sieroproteica - indaga il patrimonio delle proteine che circolano nellorganismo, la cui alterazione pu rappresentare una spia per varie patologie Colesterolemia e Trigliceridemia - valori elevati di tali esami sono correlati allinsorgenza di malattie cardiovascolari; pertanto intervenire su questi difetti precocemente rappresenta unazione importante di medicina preventiva Ferritinemia - fornisce la misura delle riserve di ferro: la eventuale riduzione necessita di essere corretta perch il ferro rappresenta lelemento indispensabile per la costruzione dellemoglobina contenuta nei globuli rossi; daltra parte livelli elevati potrebbero rappresentano un campanello dallarme di una patologia infiammatoria che deve essere indagata.
49

Un concetto moderno di selezione del donatore deve prevedere, oltre alle misure atte a proteggere il ricevente, quelle necessarie per la tutela della salute del donatore stesso. Il donatore di sangue e la sua selezione rappresentano attualmente i cardini su cui poggiano gli obiettivi prevalenti del sistema trasfusionale italiano. La popolazione dei donatori costituisce un target sensibile per linformazione sanitaria e rappresenta un importante veicolo di diffusione, tra la popolazione generale, di comportamenti corretti per la tutela della salute. Leducazione alla solidariet in ambito trasfusionale, che passa attraverso leducazione alla salute e a corretti stili di vita, sta determinando una progressiva trasformazione del concetto di donatore di sangue da figura quasi passiva, che porge il braccio e d il proprio sangue, a figura attiva, che interviene in prima persona nel valutare la sua idoneit alla donazione, consapevole delle implicazioni che comporta il suo gesto di solidariet.

50

Famiglia, scuola e associazioni: un percorso comune per la salute e la solidariet


Giuseppe Spiezia AD SPEM

Quando si trattato di individuare un tema per rendere il mio breve intervento utile allo scopo di rappresentare il ruolo chiave del volontariato nellambito delleducazione alla salute finalizzata allesplicazione della solidariet, ho pensato al cammino di crescita di ciascuno nel quale alcuni attori rappresentassero dei compagni di percorso. Ci che risulta essenziale nella relazione che si instaura tra pi soggetti partecipi di unazione comune condividere valori comuni, cio richiami a ci che ci unisce, formulare idee concrete per realizzare e dare valore allesperienza dei nostri giovani. Alla famiglia si d il primo e limportante ruolo guida nella prima infanzia in modo da costituire il carattere, le aspirazioni e la dose di autonomia, la sensibilit sociale e la cura di se stesso, per il piccolo che cresce. Alla famiglia, ad un certo punto, si aggiunge la scuola che contribuisce a fornire al giovane i supporti di conoscenza affinch si sviluppi il concetto di sicurezza dei comportamenti e di corrette relazioni interpersonali con il rispetto dei singoli e del gruppo. Nella fase adolescenziale e poi in quella del raggiungimento della maggiore et, subentrano forme di aggregazione che per alcuni assumono il carattere della confessionalit, per altri del solidarismo laico e talvolta della politica, per pochi, per fortuna, anche quello del degrado e dellautodistruzione. questa che io identifico come la fase di competenza dellAssociazionismo volontaristico e del servizio civile. In questa fase apparirebbe opportuno parlare anche delle Istituzioni locali che tuttavia devono ancora dimostrare la loro vocazione a fa parte del medesimo percorso. Dopo questa premessa, provo a ripercorrere lattuale esperienza dellAssociazione AD SPEM. La campagna di sensibilizzazione nelle scuole, intrapresa in collaborazione
51

con altre associazioni di donatori, ha avuto come filo conduttore una semplice locuzione verbale: ESSERCI, che ho visto ripetuta anche in altri messaggi di solidariet. In tale verbo ci sono alcuni elementi di cui invito a tener conto. Esserci esistere, vivere, crescere. Esserci partecipare. Esserci servire. Nella famiglia si ricevono i primi insegnamenti per guardare con sufficiente autonomia e correttezza alla propria esistenza. Dallesempio si acquisisce prudenza, attenzione, rispetto per s e per gli altri. Si matura laccettazione del diverso da noi e delle necessit altrui, interne ed esterne alla famiglia. Da un buon rapporto con i propri familiari scaturisce, poi, un buon rapporto con la scuola se questa pronta a dare sufficienti elementi di interesse e motivazione. A giudicare dalla scuola attuale c spesso grande inadeguatezza. Nonostante gli sforzi di alcune componenti decisive nella scuola, questa non riesce a dare risposte sufficienti ai reali bisogni della moderna formazione dei giovani. nella scuola poi che si verificano quei corto circuiti dovuti alle difficolt ambientali, agli stress oggi presenti nelle nostre citt, soprattutto nelle aree pi degradate. I giovani accumulano depressione e aggressivit con la conseguenza del consumo di alcol e droghe per lenire paure e tormenti. Il trasgredire, diffuso tra i pi giovani, spesso produce gravi conseguenze nel fisico e nella mente, talvolta irreparabili. Dove la scuola non ha lopportunit o la forza durto adatta ad essere efficace c uno spazio per i volontari delle Associazioni che, senza adottare un linguaggio predicatorio, particolarmente sgradito ai giovani, tentano di fare proseliti e motivare gli studenti a dedicare un poco del loro tempo libero al servizio agli altri. Molte sono le iniziative, che hanno anche rilievo sui media, per convincere un maggior numero di adolescenti al servizio dei deboli e delle persone in difficolt. Liniziativa da noi posta in essere riguarda la donazione del sangue per i giovani al di sopra dei 18 anni. Essa si arricchita del supporto di personale medico particolarmente esperto sui cosiddetti comportamenti a rischio presenti tra le giovani generazioni. Creare un collegamento tra la donazione di sangue, forte contributo alla solidariet, con uno stile di vita piuttosto misurato e incline alla prevenzione ed alla prudenza un modo di
52

porre il giovane dinanzi ad un concreto obiettivo di benessere psicofisico e solidariet. Inoltre, con piccoli segni di riconoscimento che lAssociazione mette a disposizione dei giovani donatori si costituisce quella community positiva che, nonostante le apparenze, molti ragazzi sono particolarmente inclini a creare. La salute, la solidariet e la donazione di sangue formano poi lo spunto per la creativit individuale e di gruppo allinterno degli Istituti scolastici per via di un concorso artistico con premi importanti a favore delle scuole e a sostegno della didattica. Il bilancio complessivo delle iniziative sul piano degli obiettivi di educazione alla salute e di sensibilizzazione alla donazione di sangue, fa emergere che tra le scuole partecipanti si raggiunta una presenza agli incontri con medici e volontari di circa 4200 alunni delle classi finali delle superiori. Il contributo in termini di donazioni, stato di 1220 unit prelevate. Si pu affermare, pertanto, che un progetto integrato ha conseguito la massima coesione tra le associazioni dei donatori ed ha ampliato la partecipazione di tutte le componenti. Tra i giovani, i loro insegnanti e i loro genitori si sono raggiunte tante certezze, ma anche create tante aspettative: crediamo che queste non debbano andare deluse. Perci lavoriamo ancora per la solidariet e la donazione nel tentativo di dare un contributo alla formazione di uomini e donne consapevoli e responsabili, a vantaggio di un migliore futuro di Roma e del Lazio.

53

Procedure operative per la selezione del donatore e per il prelievo di sangue


Alex Fakeri Medico - Struttura Trasfusionale Policlinico Umberto I - Roma PROCEDURE OPERATIVE PER LA SELEZIONE DEL DONATORE ANAMNESI E QUESTIONARIO ANAMNESTICO Lanamnesi prevede la raccolta delle informazioni, tramite il questionario previsto dal D.M. 3 marzo 2005, ed il colloquio con il medico. Il candidato donatore: deve essere informato della possibilit di trasmettere con il sangue donato talune malattie, in particolare epatiti, AIDS, sifilide, e quindi invitato a comunicare eventuali malattie insorte subito dopo ogni donazione; deve essere richiamato alla propria responsabilit nei confronti del ricevente ed invitato ad astenersi dalla donazione qualora fosse incorso in comportamenti a rischio. Per non disincentivare la donazione, a causa dell allungamento dei tempi di permanenza del donatore nel centro di raccolta, il questionario pu essere sottoposto al donatore stesso che nel frattempo ne prende atto. Il medico responsabile della selezione: verifica, tramite il colloquio riservato, la congruit e la completezza delle informazioni e si accerta che il candidato donatore abbia letto e correttamente compreso il COMUNICATO INFOR54

MATIVO SULLAIDS E SULLE ALTRE MALATTIE TRASMISSIBILI COL SANGUE; sottoscrive il consenso allarruolamento e alla donazione assieme al candidato donatore. VISITA MEDICA Come previsto dal D.M. 3 marzo 2005, la visita medica finalizzata allaccertamento dellidoneit alla donazione e quindi: deve comprendere un esame obiettivo generale, con particolare riguardo agli apparati cardiovascolare e respiratorio, alladdome e ai linfonodi; devono essere valutate le condizioni generali di salute del donatore, con particolare attenzione a stati di debilitazione, iponutrizione, edemi, anemia, ittero, cianosi, dispnea, instabilit mentale; gli elementi significativi dellesame obiettivo vanno sinteticamente riportati nella cartella clinica del donatore; Durante la visita medica , devono essere segnalate le eventuali sospensioni con le relative motivazioni, sul Sistema Informatico in uso ( WIN SIT) Le sospensioni devono altres essere tolte dal Sistema Informatico quando le patologie sono risolte e gli esami inerenti si sono normalizzati; nella CARTELLINA DONATORE deve essere annotata qualsiasi segnalazione si ritenga utile, accompagnata dalla data del riscontro e dal nome del medico che ha annotato il dato. Procedura di determinazione dellHb mediante digitopuntura con strumento HemoCue Hb 301 1. Il donatore, dopo aver eseguito la procedura di accettazione, si reca nel box per la valutazione dellemoglobina.
55

2. Loperatore, dopo aver attivato lo strumento HemoCue Hb 301 secondo le modalit operative previste nel manuale duso allegato, esegue la digitopuntura secondo le seguenti modalit: Per eseguire un test il portacuvette deve essere in posizione iniziale; sul display appaiono tre trattini lampeggianti e il simbolo HemoCue. Loperatore, dopo aver indossato i guanti estrae una HemoCue Microcuvette. Loperatore accerta che la mano del donatore sia ben calda e rilassata; sceglie il dito medio o anulare, evitando le dita che indossano anelli. Esegue disinfezione della cute con Braunoderm e lascia asciugare o tampona con salviettina sterile. Con il proprio pollice preme leggermente il polpastrello in senso distale. Applicando una leggera pressione verso la punta del dito effettua la digitopuntura su un lato del polpastrello. Asciuga con tampone o salviettina sterile le prime due-tre gocce di sangue ed applica nuovamente una leggera pressione verso la punta del dito finch non si forma una nuova goccia di sangue. Quando la goccia di sangue sufficientemente grande, riempie con ununica manovra la microcuvetta. consigliabile asciugare il sangue in eccesso dalla superficie esterna della microcuvetta con la salviettina. Controlla che non siano presenti bolle darea nella microcuvetta riempita; in caso contrario, ne prende una nuova. Posizione la microcuvetta riempitta nel portacuvetta entro 40 secondi dal riempimento. Legge sul display il valore dellHb, che comparir entro 10 secondi, e lo trascrive sulla cartella del donatore.
56

Invita il donatore ad accomodarsi in sala di attesa per la compilazione del questionario per essere poi chiamato alla visita medica. CRITERI GENERALI DI ACCETTAZIONE: DM 3 MARZO 2005 Et minima: 18 anni Et massima: prima donazione non oltre 60 anni per aferesi continuativa 60 anni da 60 - 65 anni per donazione di sangue intero , con controllo cardiologico annuale facolt del medico autorizzare il prelievo di sangue intero, previa adeguata valutazione clinica e cardiologica prima di ogni donazione, anche oltre i 65 anni, fino ad un massimo di 68 anni. Peso minimo: 50 Kg. Considerando che un salasso di 450 ml di S.I. corrisponde a pi dell8% della volemia di un soggetto di 50 kg, prudente sconsigliare larruolamento di donatori di peso inferiore a 50 kg dopo averli correttamente informati sulle possibili conseguenze del salasso nonostante lesistenza di forti motivazioni per la donazione. Polso: Euritmico con frequenza tra 50 e 100 battiti/minuto; i soggetti che praticano sport possono essere ammessi anche con frequenza <50/m. Pressione arteriosa: sistolica tra 110 e 180; diastolica tra 50 e 100. Vedi Linee Guida per la selezione del donatore in uso presso il servizio trasfusionale.
57

CRITERI GENERALI DI ACCETTAZIONE: DM 3 MARZO 2005 Emoglobina: * Sangue intero: non inferiore a 12,5 nella donna e 13,5 nelluomo. * Plasma e piastrinoaferesi: non inferiore a 11,5 nella donna e 12,5 nelluomo. Ematocrito: Sangue intero: non inferiore a 36% nella donna e a 38% nelluomo. Ferritina: Vedi procedura alla pagina successiva. Protidemia: Non inferiore a 6g/dl nei donatori inseriti nei programmi di plasmaferesi. Piastrine: Superiori a 150.000 mmc per la piastrinoaferesi. ( consigliato un n. di piastrine a 200.000 mmc ) Intervallo minimo fra 2 donazioni: 90 gg per il sangue intero (vedi procedura ferritina); 30 gg. fra sangue intero e plasmaferesi; 14 gg. fra 2 plasmaferesi; 14 gg. fra 2 piastrinoaferesi ( con numero di piastrinoaferesi non superiore a 8 / anno); 30 gg. fra piastrinoaferesi e plasmaferesi; 14 gg. fra piastrinoaferesi e sangue intero. Numero di donazioni annuali di sangue intero: max 2 per la donna in et fertile con intervallo minimo di 90 giorni; con un intervallo consigliato di 180 giorni (vedi procedura ferritina);
58

max 4 per la donna in menopausa e per luomo con intervallo minimo di 90 giorni (vedi procedura ferritina); max 1 per i donatori microcitemici con Hb superiore a 12,5 per entrambi i sessi. CRITERI DI IDONEIT ALLA DONAZIONE DI SANGUE O PLASMA IN RAPPORTO AL VALORE DELLA FERRITINA Donna in et fertile: con ferritina < 8 ng/ml - NON IDONEA con ferritina 8 - 18 ng/ ml - PLASMA-PIASTRINOAFERESI con ferritina > 18 ng/ml - SANGUE INTERO N.B. Con emoglobina 12.5 - 13.0 valutare landamento della ferritina nel tempo e alterazioni di altri indici dellemocromo (es. MCV e RDW). Donna in et non fertile e uomo: con ferritina < 18 ng/ml NON IDONEO con ferritina 18 - 28 ng/ml PLASMAPIASTRINOAFERESI con ferritina > 28 SANGUE INTERO 450 ml N.B. Con emoglobina 12.5 (donna) e 13.5 (uomo) valutare landamento della ferritina nel tempo e alterazioni di altri indici degli eritrociti (es. MCV e RDW). PROCEDURE PER IL PRELIEVO DI SANGUE INTERO 2. Procedura per lesecuzione del prelievo di sangue Dopo laccertamento didoneit alla donazione il donatore accede alla sala prelievi e quindi lo si prepara per effettuare il salasso secondo le modalit seguenti:
59

1. Il medico dopo aver concluso la visita medica del donatore, inserisce i dati del donatore nel Sistema Informatico della Struttura e invia la stampa i sala donazione per letichettatura della sacca e delle provette per gli esami di routine e/o screening allargato annuali. 2. Il donatore consegna la propria cartella clinica in sala donazione e viene identificato attivamente dal personale sanitario 3. Successivamente avviene letichettatura della sacca e delle provette per gli esami di routine e/o screening allargato annuale 4. Il donatore viene identificato attivamente e fatto accomodare sulla poltrona da donazione; successivamente la sacca viene posta sulla bilancia pre - impostata secondo quanto previsto dalla legge( 450 ml 10 %; 5. Verificare laccesso venoso pi idoneo e selezionare una zona cutanea priva di abrasioni o arrossamenti o piccoli foruncoli per evitare che materiale batterico penetri nella sacca, per effettuare la venipuntura. 6. Disinfezione della cute secondo protocollo secondo procedura in uso presso il servizio trasfusionale. 7. Eseguita la venipuntura, fissare lago e procedere dal sacchetto satellite al riempimento delle provette per gli esami; queste ultime vanno poi ben mescolate. consigliato di prelevare lemocromo non come prima provetta. 8. Le provette sono di regola 4 (emocromo, sierologia, gruppo sanguigno e biologia molecolare virale) ad ogni donazione; diventano 7 (con aggiunta di glicemia -1-, creatinina, colesterolo, trigliceridi, protidemia ed elettroforesi proteica-1-, ferritna-1-), in occasione del controllo annuale dello stato di salute del donatore previsto dal DM del 3 Marzo 2005. 9. Avviare la bilancia ed invitare il donatore ad aprire e chiudere il pugno lentamente ma con forza. Il prelievo dovrebbe essere condotto a termine entro 12 minuti. Nel caso in cui il flusso risultasse basso, prelevare, se possibile, la quantit minima e conclu60

dere la donazione. Nel caso in cui il flusso risultasse molto lento e la quantit di sangue nella sacca non superi i 50 ml si pu interrompere la procedura. Utilizzare una nuova sacca e procedere a venipuntura in altra sede prelevando al massimo 400 ml. N.B.: Quando lago viene rimosso dalla vena NON SI DEVE PIU utilizzare la MEDESIMA sacca ma DEVE essere sostituita con una nuova che va rietichettata come la precedente. 10. Al termine del prelievo, prima di estrarre lago dalla vena del donatore, il segmento del tubicino deve essere sterilmente saldato con saldatore. 11. A prelievo concluso, sulla sede della venipuntura va posto un batuffolo di cotone sterile ed il donatore invitato a tenere ben premuto per almeno 5 minuti. Ad emostasi avvenuta si pone un cerotto ed il donatore rimane ancora sdraiato per 5 minuti e successivamente seduto per almeno altri 5 minuti prima di avviarsi al ristoro. 12. La sacca appena prelevata va posta su telo di carta e prima di porla in frigoemoteca si deve procedere alla strippatura del segmento per almeno 3 volte e successivamente eseguire le saldature partendo da circa 5 -6 cm dalla saldatura procedendo poi verso la sacca. Se erroneamente si procede in senso opposto, i segmenti si rompono per aumento della pressione, con conseguenti schizzi di sangue e saldature non adeguate. 13. NELLA SACCA NON DEVE ASSOLUTAMENTE PENETRARE ARIA (Possibile fonte di inquinamento): In caso di saldature non corrette o se vi il minimo dubbio che possa essere penetrata aria, la sacca deve essere eliminata. 14. Si provvede alla sostituzione del lenzuolino di carta sulla poltrona e alla rimozione dal carrello di cerotti o altro materiale utilizzato per la donazione. Raccomandazioni al donatore: Assumere liquidi e rimanere nei locali del ristoro per almeno 1015 minuti
61

Non abbandonare la sede della donazione senza il permesso di un membro dello staff Non fumare per almeno unora Se si avvertono sensazioni di debolezza, giramenti di testa, sudorazione, distendersi o sedersi con la testa tra le ginocchia Assumere pi liquidi del solito e evitare alcolici per 24 ore Evitare lavori pesanti, salite sulle scale, attivit sportive per 24 ore Rimuovere il cerotto dopo 4-6 ore Per qualsiasi problema che dovesse insorgere, non esitare a telefonare al Servizio Trasfusionale per parlare con un Medico o un Infermiere. Alimentazione del donatore
ALIMENTAZIONE PRIMA DELLA DONAZIONE DI SANGUE (colazione - 1 ora prima) 1. Bevande permesse: acqua, t, succo di frutta, camomilla, caff, 2. Bevande non consigliate: latte, cappuccino, yogurt 3. Cibi permessi: fette biscottate, marmellata, frutta fresca e spremute

ALIMENTAZIONE PRIMA DELLA DONAZIONE DI SANGUE CON ESAMI DI CONTROLLO PROGRAMMATI E/O PRIMA DI OGNI ESAME DI LABORATORIO (colazione 1 ora prima) Bevande permesse : acqua, t, camomilla, caff NON ZUCCHERATI

ALIMENTAZIONE DOPO LA DONAZIONE DI SANGUE 1. Bevande Permesse: acqua, t, camomilla, caff, latte, cappuccino, yogurt 2. Bevande sconsigliate: alcoolici di ogni tipo 3. Cibi permessi: tutti, meno quelli ad alto contenuto di grassi

62

La selezione del donatore in aferesi


Giancarlo Ferrazza Medico Struttura Trasfusionale Policlinico Umberto I di Roma Il sangue deve essere utilizzato solo dietro precisa indicazione, per cui, da tempo, un fondamentale concetto sostenuto dalla medicina trasfusionale l utilizzo corretto non tanto del sangue intero donato, bens delle specifiche componenti in cui esso viene diviso dopo la sua lavorazione: globuli rossi, piastrine, plasma. Cos facendo, si riducono i rischi di trasfusione impropria e si tende ad evitare carenze. Da alcuni anni nei Servizi Trasfusionali si va sempre pi diffondendo limpiego di SEPARATORI CELLULARI, apparecchiature dotate di sofisticati software che permettono la donazione, mediante kit sterili monouso, di ciascuno dei suddetti emocomponenti (AFERESI) in maniera singola o in associazione (donazione multicomponent). Mediante tali dispositivi, quando il donatore si alza dalla poltrona per andare in sala ristoro, lemocomponente donato gi lavorato, pronto per essere conservato ed utilizzato; in tal modo si salta la fase di frazionamento e lavorazione delle unit di sangue intero. Di seguito una schematizzazione grafica delle varie fasi di lavorazione della donazione classica di sangue intero (SI) che nella donazione in aferesi vengono compattate.
DONAZIONE CLASSICA
RACCOLTA SANGUE INTERO CENTRIFUGAZIONE SEPARAZIONE CENTRIFUGAZIONE

PRODOTTO

Fasi eseguite post-donazione in laboratorio

DONAZIONE IN AFERESI
RACCOLTA FRAZIONAMENTO PER CENTRIFUGAZIONE LEUCODEPLEZIONE

PRODOTTO

Fasi eseguite durante la donazione

63

La tabella successiva descrive e confronta le caratteristiche del donatore di SI e di quello in aferesi Selezione del donatore in aferesi Requisiti del candidato donatore (D.M. 3/3/2005)
SANGUE INTERO ET PESO Pressione mmHg Arteriosa Frequenza cardiaca Emoglobina (Hb) Proteine Totali Piastrine (PLTS) PT, PTT (coagulazione) 18-65 aa >50 kg 110-180 mmHg 60-100 mmHg 50-100 battiti cardiaci U>13,5 g/dl D>12,5 g/dl PLASMA 18-60 aa >50 kg 110-180 mmHg 60-100 mmHg 50-100 battiti cardiaci U>12,5 g/dl D>11,5 g/dl >6 g/dl >150.000/mmc NN PLTS 18-65 aa >50 kg 110-180 60-100 mmHg 50-100 battiti cardiaci U>13,5 g/dl D>12,5 g/dl

Il motivo per cui si propone laferesi quello di consentire la donazione pi idonea in relazione alle caratteristiche personali del donatore. noto a tutti i donatori che per donare sangue intero (SI) si deve: pesare almeno 50 kg, essere maggiorenne, non aver avuto malattie tumorali, allergie particolari e cos via. I donatori, per, presentano valori di emoglobina (Hb) e piastrine (PLTS) molto variabili; i livelli accettabili per una donazione di SI per un uomo possono andare da 13,5 gr/dl a 17 gr/dl, mentre i valori di PLTS, sempre per una donazione di SI, vanno da 100.000 a 400.000 PLTS/mmc. Nella donazione standard di SI si donano comunque 450+/-10 ml di sangue senza tenere conto, ad esempio, che si possa avere 13,5 o 17 gr di Hb. In aferesi (dal greco afereo tolgo da) si ha la possibilit di selezionare la donazione pi giusta per le caratteristiche del donatore
64

(DONAZIONE SU MISURA o tailored donation): chi ha valori di Hb elevati potrebbe cos essere selezionato per donare una doppia unit di globuli rossi senza alcun problema e tornare poi a donare dopo sei mesi. Chi invece ha valori di Hb al limite del minimo accettato per la donazione e bassi valori di ferro di deposito (ferritina) non pu donare il SI ma pu, invece, essere avviato alla donazione di plasma e/o di plasma-piastrine e contemporaneamente essere seguito per il suo stato carenziale. Molti sanno che i donatori di gruppo 0 Rh positivo o negativo sono donatori universali: ci significa che i loro globuli rossi possono essere dati a pazienti di tutti i gruppi sanguigni. Pochi invece sanno che i donatori di gruppo AB Rh positivo e negativo, sia uomini che donne, sono donatori universali di plasma: il loro plasma pu essere dato non solo a pazienti di gruppo AB ma anche a pazienti di gruppo A, B e 0. Ebbene, nella donazione di SI si pu ricavare plasma per circa 1/3 del volume totale prelevato (circa 150 ml); una giusta politica del Servizio Trasfusionale dovrebbe essere invece quella di avviare tutti i donatori/donatrici di gruppo AB alla donazione di plasma da aferesi in modo sistematico, in quanto se ne pu ricavare tra i 500/600 ml a donazione e la frequenza di donazione pu addirittura essere bisettimale fino ad un max di 10 l/anno per donatore. giusto che si conosca limportanza della donazione di plasma da aferesi, poich, oltre ad essere utile clinicamente, dal plasma si ricavano prodotti come albumina, vaccini, immunoglobuline, fattori della coagulazione; tutti questi presidi terapeutici sono estremamente costosi per il SSN proprio perch rari: in Italia, il Lazio agli ultimi posti della produzione di plasma umano per uso industriale proprio perch, essendoci poco plasma, viene quasi interamente impiegato per uso clinico. Altro esempio: le donatrici in et fertile possono donare il SI due volte durante tutto lanno, ma potrebbero integrare il loro programma inserendo anche qualche donazione di plasma e/o plasma-piastrine. In tal modo aumenterebbe lindice di donazione ( numero di donazioni eseguite durante lanno) che nel Lazio risulta essere al di sotto della media nazionale, gi bassa rispetto al resto dEuropa!
65

La tabella di seguito mostra le tipologie possibili di donazione (di SI e in aferesi) e i relativi intervalli in giorni tra due donazioni consecutive.

Tabella di sintesi Intervalli di donazione (in giorni)


Donazione di partenza

Legenda: GR = Globuli Rossi; SI = Sangue Intero; PLS = Plasma; PLTS = Piastrine; 2 PLTS = Doppia unit di piastrine; 2 GR = Doppia unit di Globuli Rossi

Le piastrine (PLTS), ricavate dal frazionamento della donazione di SI, sono sufficienti a trasfondere con successo un paziente di appena 10 kg; con laferesi invece possibile anche selezionare una donatrice di 60 kg con bassi livelli di ferritina ma buon numero di PLTS per programmare una donazione di PLTS sufficiente per due pazienti adulti di 70 kg!. I tempi della donazione in aferesi sono mediamente pi lunghi: globuli rossi-plasma 20-25 min; plasma 35-40 min; plasma-piastrine da 30 a 90 min al max (dipende da accesso venoso, numero di PLTS del donatore); globuli rossi-piastrine circa 60 min.
66

Donazione successiva

I criteri di selezione del donatore in aferesi sono anche pi estesi di quelli di SI, poich si possono arruolare per la donazione di plasma donatori con valori pi bassi di Hb, ferritina ed anche donatori portatori di tratto talassemico. Laccesso venoso identico a quello utile per la donazione di SI almeno per le procedure aferetiche ad ago singolo. Le procedure aferetiche possono essere a singolo e/o a doppio ago: la scelta dipende dallaccesso venoso presentato dal donatore e dal tipo di procedura scelta. I kit monouso vengono assemblati sui separatori cellulari ( il sangue del donatore passa nel kit monouso, non viene mai a contatto con lapparecchiatura!) i quali sono computer in cui vengono inseriti, dopo aver scelto la procedura di donazione, peso, altezza, sesso e parametri ematochimici del donatore. Si pu scegliere quindi dallinizio cosa e quanto sottrarre ad ogni donatore rispettando i tempi gi detti per singola procedura. Le procedure di donazione di aferesi multicomponent sono sicure per il donatore; tale tipo di donazione nel nostro Servizio Trasfusionale in costante aumento negli ultimi anni - da 1701 nel 2005 a 2266 nel 2007 - costituendo quasi l11% di tutte le donazioni eseguite presso il nostro Centro. Lincidenza delle reazioni avverse immediate in aferesi non differente da quella riscontrata nelle donazioni tradizionali di SI; addirittura vi sono studi che dimostrano una migliore tollerabilit nella donazione aferesi multicomponente rispetto alla tradizionale, con riscontro di reazioni vagali moderate-severe minori del 50% (Wiltbank)! Questo dato in effetti non stupisce perch, mentre nella donazione di sangue intero il sangue donato esce dalla vena per entrare in una sacca successivamente frazionata dal Centro Trasfusionale in tre componenti senza alcun reintegro di liquidi, nella donazione in aferesi vi una contemporanea infusione al donatore di soluzione fisiologica per un pi efficace recupero del volume liquido donato. In aferesi vi un efficace controllo della procedura di donazione attraverso un software che consente di verificare il corretto bilanciamento tra entrate ed uscite.
67

Le maggiori reazioni avverse, anche se tutte generalmente di lievi entit, sono caratterizzate da ipocalcemia (parestesie, formicolii, tremori, fascicolazioni), reazioni vaso-vagali, ematomi in sede di prelievo. La donazione in aferesi , se presa singolarmente in confronto alla donazione di SI, pi costosa, ma vanno analizzati vari aspetti a favore dellaferesi: Qualit del prodotto: assenza di tempi di frazione e stoccaggio; temperatura di processo produttivo costante; non manipolazione dopo la donazione. Qualit del processo produttivo: riduzione tempo manuale per singolo prodotto finito; migliore gestione delle risorse; flessibilit del processo produttivo. Qualit per il ricevente: emocomponenti standardizzati, migliore resa dei prodotti donati, riduzione rischio trasfusionale (infettivo, immunologico), ottimizzazione del regime trasfusionale. La donazione in aferesi sembrerebbe quindi decisamente vantaggiosa rispetto alla tradizionale, ma per poterla applicare su larga scala, bisogna preparare adeguatamente il personale medico, infermieristico e volontario attraverso corsi di formazione esterni (specialist) ed interni (formatori). Il personale medico-infermieristico deve quindi essere a conoscenza delle apparecchiature, delle procedure di raccolta e gestione protocolli, gestione delle reazioni avverse, compliance del donatore. Questultimo punto importante: oltre ad essere tecnicamente addestrato, il personale, compresi i volontari, deve essere giustamente motivato per poter lavorare al meglio, per mettere il donatore a proprio agio, spiegando con garbo gli aspetti positivi della donazione in aferesi. Concludendo, uno stesso donatore pu almeno integrare la donazione di SI con quella da aferesi, contribuendo da una parte allaumento dellindice di donazione e dallaltra al raggiungimento dellautosufficienza da parte del Centro Trasfusionale.

68

Autotrasfusione: Recupero intraoperatorio del sangue


Roberto Gramolini Medico - Struttura Trasfusionale Policlinico Umberto I di Roma

Il Recupero Perioperatorio del Sangue (RPS) rappresenta una metodica dellAutoemotrasfusione (AET) e, pi genericamente, una soluzione in pi nel tentativo di non utilizzare sangue omologo in chirurgia. Preso singolarmente il RPS viene utilizzato in chirurgia di urgenza quando non vi il tempo necessario per applicare nessunaltra tecnica di AET. Altrimenti sar bene sempre inserirlo in un pi ampio possibile protocollo di AET, che preveda la preparazione ematologica del paziente, nonch lesecuzione, se possibile, di predepositi autologhi, sia di sangue intero che di altri emocomponenti e, quando richiesto, la preparazione di emocomponenti autologhi topici. Il RPS si divide in Recupero Sangue Intraoperatorio (RSI) e Recupero Sangue Postoperatorio (RSP). Il primo appartiene alla fase perioperatoria e serve a ridurre le perdite emorragiche, il secondo ha la medesima funzione, ma viene applicato nella fase postoperatoria. Il RSI consiste nel recuperare in modo sterile il sangue emorragico dalla ferita chirurgica. Questo possibile attraverso un aspiratore sterile che dal campo operatorio porta il sangue in un reservoire. Attraverso il beccuccio dellaspiratore il sangue viene aspirato in un tubo a doppio lume, il lume pi piccolo serve a convogliare soluzione anticoagulante nel lume maggiore che contiene il sangue. Questo, scoagulato arriva nel reservoire, dove, dopo essere passato attraverso un doppio filtro da 150 e 40 micron, che trattiene qualunque tipo di materiale grossolano come frammenti ossei e parti69

celle di grasso, nonch aggregati piastrinici e leucocitari,si deposita in attesa di una decisione circa la sua utilizzazione. Vedi fig. 1

Fig. 1 Questa prima fase ha gi una sua rilevanza clinica in quanto in questo momento il sangue emorragico non andato perduto ma conservato, filtrato, in un contenitore sterile. Pu essere mantenuto in tale stato fino alla fine dellintervento o comunque fino a quando non si decida di eliminarlo, oppure di continuare il processo di recupero per infonderlo al paziente. Questa fase stata definita Raccolta Sterile (RS) e rappresenta un momento importante perch ci offre diverse opportunit: per prima cosa possiamo disporre di sangue autologo in tutti gli interventi, nei quali non prevista ma comunque possibile un importante perdita ematica. Seconda considerazione quella relativa al basso costo di
70

tale raccolta, inferiore ai 50 euro. Tutto ci permette in molti interventi di non predisporre unit omologhe, con costi di preparazione, e, nello stesso tempo, per, di disporre di una fonte di approvvigionamento ematico autologo, pronto in pochi minuti. Ultimo vantaggio quello di poter procrastinare nel tempo la decisione di infondere il sangue, basandoci su una pi serena valutazione circa lopportunit o meno, eseguendo valutazioni relative alla quantit e qualit del sangue raccolto, considerando la situazione clinica ed ematologia del paziente, decidendo di infondere o meno in caso di patologie neoplastiche. Oltre alla linea di aspirazione diretta sul campo operatorio disponiamo anche di telini di raccolta del sangue emorragico, che in alcuni interventi pu scolare fuori dal campo e non sarebbe in altri modi recuperabile. Parliamo di interventi di protesi di anca o della maggior parte di quelli di neurochirurgia. Tale procedura complementare a quella di aspirazione classica (vedi fig. 2).

Fig .2
71

Ancora alcune considerazioni circa la raccolta: Lanticoagulante maggiormente utilizzato leparina (30.000 U.I./L) in soluzione fisiologica. Luso di tale prodotto richiede la sua eliminazione nel momento in cui il sangue viene ritrasfuso al paziente e ci possibile solo tramite lavaggio con soluzione fisiologica. Un altro prodotto, anche migliore rappresentato dalle soluzioni con CPD, che oltre alle capacit anticoagulanti hanno anche una migliore capacit di conservazione del sangue. Il tubo di aspirazione dovrebbe essere pi corto possibile e il reservoire posizionato in basso. Tutti accorgimenti che dovrebbero permettere un minore traumatismo delle emazia legato ad una minor percorso in ambiente extravascolare e ad una minore pressione negativa di aspirazione, questultima facilitata dalla caduta del sangue nel reservoire perch posizionato pi in basso rispetto al tavolo operatrorio. Una particolare attenzione va posta alla qualit dei liquidi che vengono aspirati dal campo operatorio. Questi possono essere di origine organica, come liquido amniotico, urina, liquido peritoneale, a volte infiammatorio, liquido idatideo, oppure farmacologica come acqua ossigenata, tinture iodate, antibiotici. Ognuno di questi prodotti pu creare problemi e reazioni se infusi mescolati al sangue recuperato. In linee generali un lavaggio di qualit migliorata permette di infondere con tranquillit in caso di inquinamento da liquido amniotico, urina, bile, liquido peritoneale, se non infiammatorio, antibiotici, se del tipo iniettabile. Terminata questa fase di raccolta e dopo una attenta valutazione dellopportunit di infondere il sangue raccolto si pu passare al recupero vero e proprio. Questo consta di tre fasi: vedi Fig. 3. La prima rappresentata dal passaggio del sangue, raccolto e filtrato, nella apparecchiatura e nella sua concentrazione. Tutto ci possibile attraverso una pompa a doppio senso, un sistema di valvole, pi precisamente elettropinze, che con procedura automatica si aprono e si chiudono a seconda della esigenze dettate dalla procedura. Allapertura della prima di esse, il sangue dal reservoire richiamato, dalla pompa, in una campana contenuta in una centrfuga
72

Fig. 3
che, girando a 5600 giri, separa le emazia dal plasma e altri liquidi. Quando il buffycoat raggiunge un sensore ottico, questi far chiudere la prima clamp ed aprir la seconda, che permetter, sempre attraverso la pompa, il passaggio nella campana di 1000 ml di soluzione fisiologica, che laver le emazie, eliminando il plasma ed altri eventuali liquidi e i leucociti residui nonch le piastrine e lanticoagulante. In caso venga richiesto un miglior lavaggio possibile aumentare la quantit di soluzione fisiologica da utilizzare. Terminata questa seconda fase inizier lultima fase: la centrifuga si fermer e con la chiusura della seconda clamp e lapertura della terza, attraverso la solita pompa, che per in questo caso invertir il senso di rotazione, le emazie, concentrate, filtrate e lavate, raggiungeranno una sacca da infusione, dalla quale il sangue recuperato pu essere trasfuso al paziente. Lideale continuit della procedura permette la sua utilizzazione anche su pazienti Testimoni di Geova. Per diverso tempo si dibattuto circa lopportunit di lavare o meno il sangue recuperato. Riteniamo ormai superato questo problema in quanto si visto che il lavaggio quasi obbligatorio in quanto oltre a permettere la concentrazione del sangue con riduzione dei volumi
73

infusi e ad eliminare la soluzione anticoagulante e tutti i liquidi eventualmente aspirati, ci evita la infusione di piastrine e fattori della coagulazione, entrambi attivati dalla circolazione extracorporea, prodotti di degradazione del fibrinogeno/fibrina, nonch dellemoglobina libera che si produce per linevitabile emolisi prodotta dalla procedura su una percentuale delle emazie. Tale emolisi provocata dalla circolazione extracorporea, dalla forza di aspirazione negativa e dal traumatismo provocato dalla pompa, dalle elettropinze, dai filtri e dalla centrifugazione. proprio per questo che la resa di un recupero valutata intorno al 70-80%. Ci vuol dire che se nella raccolta avremo 1000 ml di raccolta, per calcolare la resa finale in emazie dobbiamo sottrarre ad essa la quantit di soluzione anticoagulante usata, eventuali volumi di lavaggio della ferita chirurgica e il volume del plasma. Il prodotto finale rappresentato da emazie concentrate (Ht 70% circa), filtrate e lavate, con capacit vitali uguali a quelle del sangue circolante, con alti valori di 2,3 DPG e quindi con buona capacit di cedere ossigeno. I vantaggi sono legati anche alla facilit di approntare una procedura in grado di ridurre la quantit di sangue perso durante lintervento e questo sia in interventi di elezione che di urgenza. Infine occorre ribadire che tale procedura accettata dai Testimoni di Geova e rappresenta lunica risorsa ematica in alcuni pazienti con anticorpi immuni per i quali difficile reperire sangue omologo compatibile. Effetti collaterali sono rappresentati, in caso di grandi quantit di sangue recuperate, da una coagulopatia da diluizione e piastrinopenia, provocate dalla infusione di elevate quantit di sangue recuperato e pertanto completamente privo di piastrine e fattori della coagulazione.

74

Controindicazioni al RSI sono rappresentate da: Presenza di liquidi organici e non, come quello amniotico, ascitico ed idatideo, Interventi per asportazione di feocromocitoma Presenza di materiale infetto Interventi per neoplasia. Abbiamo gi visto come per quanto riguarda i liquidi, in alcuni casi il problema pu essere superato con un miglior lavaggio; in caso di campo operatorio infetto, in casi particolari il recupero pu essere accompagnato da una profilassi con antibiotici a largo spettro. Un discorso pi approfondito merita il tema delle neoplasie. E indiscutibile che il RSI su un tumore provoca il recupero anche di cellule neoplastiche che verranno reimmesse in circolo, ma a questo punto doveroso fare alcune considerazioni. Una percentuale di oltre il 30% del sangue omologo distribuito, viene utilizzato in chirurgia neoplastica; il 30% delle neoplasie immette cellule cancerogene nel circolo sanguigno; sono ormai provate le modificazioni immunitarie provocate dalla trasfusione di sangue omologo, gi presenti con la somministrazione di una sola unit. Si assiste ad una serie di modifiche del sistema immunitario che comprendono aumenti di certe componenti e riduzione di altri, incrementato anche da sostanze liberate dallapoptosi delle cellule del sangue, dovuta alla sua conservazione. Tutto ci si traduce in una immunodepressione, meglio ancora in una immunodistrazione che porta ad una riduzione di una efficiente risposta/difesa nei confronti della cellula neoplastica. Ecco quindi il perch delluso alternativo di un sangue recuperato anche negli interventi su neoplasie, che pur potendo contenere cellule neoplastiche risulta esente dalle modifiche di cui sopra. Riteniamo infine che tali cellule, prelevate dal loro habitat naturale, aspirate in un circolo artificiale, filtrate, centrifugate e lavate, una volta reimmesse in circolo, non riescano pi ad espletare ancora la
75

loro azione negativa sullorganismo. Sono stati comunque considerati accorgimenti per ridurre questa potenzialit, come luso di microfiltri, che per riducono solamente il numero di tali cellule, senza peraltro eliminarle definitivamente. Un metodo realmente valido quello dellirradiazione del sangue recuperato. stato provato che lirradiazione con 50 Gy per circa 40 elimina le caratteristiche di clonogenicit, proliferazione e invasivit della cellula neoplastica. Inoltre tale trattamento non comporta alterazione della funzionalit del globulo rosso. E per chiaro che lapplicazione di tale tecnologia presenta non poche difficolt legate agli elevatissimi costi della apparecchiatura, ai tempi di trattamento non sempre conciliabili con lurgenza di infondere il sangue, derivanti anche dalla ubicazione della apparecchiatura, sempre distante, ammesso sia presente, dalle camere operatorie. Il nostro consiglio, a fronte anche dei dati positivi dei follow-up postoperatori, simili nei pazienti non trasfusi e trasfusi con sangue recuperato, quello di usare prudenza, che prevede di non recuperare troppo vicino alla massa neoplastica o, se questa dovesse essere aperta, lavare con tecnica di qualit migliorata, di usare microfiltri per la reinfusione e reinfondere solo se vengono recuperate quantit di sangue che prevedano comunque linfusione di sangue omologo in sostituzione.

76

Ruolo delle Associazioni di Volontariato


Aldo Ozino Calligaris Presidente Fidas Nazionale Il Volontariato del Sangue, organizzato in Associazioni e Federazioni democraticamente strutturate, rappresenta un patrimonio etico e sanitario imprescindibile per assicurare agli ammalati curati nella nostra regione lautosufficienza in sangue, emocomponenti, ed emoderivati e per contribuire allautosufficienza nazionale. La sicurezza della continuit delle donazioni e della loro non pericolosit per gli ammalati infatti massimamente garantita da donatori periodici, volontari, non renumerati, responsabili e organizzati in Associazioni di Volontariato che sono promotrici di stili di vita e modelli di comportamento basati sui valori dellaltruismo e sulla cultura della solidariet, tali da favorire la salute ed il benessere dellammalato ricevente. Lattivit trasfusionale basata su un rilevante fattore fiduciario presente a pi livelli: fra Donatori, Associazioni di Donatori, Medici trasfusionisti, Amministrazioni di Aziende Sanitarie, Istituzioni pubbliche, Ammalati. Nellambito del rapporto fiduciario uno dei compiti istituzioni delle Associazioni di Volontariato del Sangue la tutela del Dono e del Donatore; le Associazioni devono poter rassicurare i propri Soci Donatori, attraverso opportune verifiche condotte sullattivit trasfusionale: 1. sulla trasparenza e ottimale utilizzo del sangue donato e sulla sua congruit o meno rispetto alle esigenze degli ammalati; 2. sul rispetto delle normative riguardanti la tutela della salute dei Donatori. Infatti la sorveglianza epidemiologica e sanitaria dei donatori, e il conferimento dellidoneit alla donazione devono essere identificati come servizio al donatore.
77

Il ruolo delle Associazioni del Volontariato del Sangue dunque insopprimibile e necessario per: 1. la promozione alla donazione del sangue e dei suoi componenti presso la popolazione; 2. la spinta motivazionale dei donatori di sangue affinch donino regolarmente e rimangano donatori attivi il pi a lungo possibile; 3. lopera di educazione e acculturazione in materia trasfusionale dei donatori al fine di ottenere una donazione consapevole e responsabile, prima garanzia per la sicurezza degli ammalati; 4. la partecipazione attiva alle fasi di indirizzo, programmazione e valutazione dellattivit di raccolta; 5. lattivit di gestione degli Uffici di Chiamata, necessaria per coordinare laffluenza dei Donatori alle sale prelievo, secondo la programmazione concordata con le strutture trasfusionali. Laddove risulti necessario alla copertura del fabbisogno per il raggiungimento dellautosufficienza regionale e/o nazionale, nellambito dellattuale disciplina della raccolta di sangue e plasma, la Regione, sentita la CRST, autorizza lattivit di raccolta in convenzione con le Associazioni e/o Federazioni dei Donatori di Sangue richiedenti, fermo restando la responsabilit sanitaria, tecnica ed organizzativa del DIMT territorialmente competente al quale devono essere obbligatoriamente conferite tutte le unit di sangue raccolte e fatti salvi i criteri di qualit e certificazione richiesti per lattivit. Le Associazioni del Volontariato del Sangue insieme ai Centri Trasfusionali promuovono e sostengono iniziative volte ad incrementare presso i cittadini valori di solidariet e di divulgazione delle possibilit di prevenzione, diagnosi e cura delle principali malattie del sangue. Le Associazioni e Federazioni del Volontariato si impegnano ad
78

organizzare campagne di promozione al fine di aumentare il numero dei Donatori periodici, in particolare nelle aree pi in difficolt con il fine di garantire lautosufficienza dipartimentale. Le Associazioni, anche con il supporto del CRAT e dei DIMT, sviluppano opportune campagne informative presso i propri associati per aumentare il livello di comprensione culturale delle problematiche trasfusionali, con particolare riferimento alle necessit donazionali e alle questioni relative alla sicurezza. Il ruolo delle Associazioni di Volontariato nella organizzazione trasfusionale

79

80

Educazione alla donazione ed alla solidariet: lesperienza di ADISCO


Simonetta Pupella Membro Consiglio Direttivo Nazionale ADISCO LAssociazione Donatrici Italiane di Sangue del Cordone Ombelicale nasce in Italia nel 1995 con lobbiettivo di promuovere la cultura della donazione volontaria e gratuita del sangue placentare. Il sangue del cordone, infatti, ricco di cellule staminali che possono essere utilizzate per effettuare il trapianto nei pazienti affetti da malattie ematologiche quali la leucemia. Nel momento pi bello della sua vita ogni mamma pu decidere, con un semplice gesto, di donare il sangue contenuto nella placenta e nel cordone ombelicale, che altrimenti verrebbe gettato via come materiale di scarto. Con questo piccolo e facile gesto ogni mamma, al momento della nascita del suo bambino, pu decidere di dare il suo concreto aiuto alla lotta contro le leucemie. La donazione non provoca alcun fastidio alla mamma e non di alcun rischio per il neonato perch avviene dopo la nascita, cio quando il neonato gi nelle braccia del pediatra per gli usuali controlli. La futura mamma, che decida di donare il sangue placentare, deve dare il suo responsabile consenso alla raccolta del sangue cordonale ed al suo potenziale impiego per unaltra persona, deve inoltre essere disponibile a sottoporsi ad alcuni esami di controllo a sei mesi dal parto ed a presentare, nella stesse epoca, un certificato che attesti le condizioni di salute del suo bambino. Perch questo impegno a distanza di sei mesi dal parto? Perch il sangue cordonale raccolto sar reso disponibile per il trapianto di un malato solo dopo che le indagini effettuate sulla sua donatrice (la mamma) e sul suo donatore (il neonato) avranno dimostrato lassenza di malattie che possono essere potenzialmente trasmesse con il sangue stesso. Le unit di sangue cordonale, raccolte dalle donazioni volontarie delle mamme, sono affidate a strutture sanitarie specializzate, le Banche di
81

Sangue placentare. Queste strutture, presenti allinterno dei Servizi Trasfusionali in quasi tutte le regioni italiane, sono deputate ad analizzare, caratterizzare per i requisiti di compatibilit e conservare le unit di sangue cordonale donate. Le stesse Banche rendono disponibili le unit presenti al loro interno per i pazienti in attesa di trapianto, che non hanno la disponibilit di un donatore nellambito familiare o che non trovino un donatore compatibile nellambito del Registro dei donatori di midollo. Per svolgere questo compito tutte le Banche del nostro territorio nazionale sono collegate tra di loro e con le Banche internazionali attraverso un network. A questo network possono accedere i Centri di Trapianto per attivare la ricerca di una unit di sangue cordonale compatibili per i loro pazienti. LAssociazione Donatrici Italiane Sangue del Cordone Ombelicale ha tra i suoi obbiettivi specifici quello di aiutare lo sviluppo della rete di banche di sangue del cordone ombelicale sul territorio nazionale. Adisco la prima Associazione costituita nel mondo che si occupa della donazione del sangue placentare e lunica presente in Europa. Dal 1995 ad oggi, si impegnata prima di tutto a sensibilizzare i cittadini, e in particolare la popolazione femminile, al problema della

82

donazione, a promuoverla ed a renderla disponibile su tutto il territorio nazionale. LAssociazione ha inoltre concentrato i suoi sforzi su campagne di raccolta fondi da destinare alla ricerca scientifica nel campo del trapianto di cellule staminali provenienti dal sangue di cordone ombelicale. In questo campo la ricerca sta sviluppando tecniche che permetteranno in un prossimo futuro di amplificare il contenuto di cellule staminali del sangue cordonale per renderlo sempre pi efficace per il trapianto anche di pazienti adulti di grossa taglia. A tuttoggi nel nostro paese la donazione del sangue cordonale possibile in molti ospedali dove sono operativi i centri di raccolta del sangue cordonale (in totale 112 su tutto il territorio nazionale) collegati con 15 Banche di sangue cordonale certificate ed autorizzate a livello regionale a svolgere tutte le attivit necessarie per bancare una unit di sangue placentare e renderla disponibile nel network internazionale. In ogni regione dove opera una Banca di sangue cordonale anche operativa una Sezione regionale dellADISCO. A Roma ha sede il coordinamento nazionale delle Sezioni regionali. ADISCO nazionale svolge la sua attivit attraverso il Consiglio Direttivo ed il Presidente Nazionale, Sig.ra Giulia Sciomer. La sede nazionale ubicata allinterno del Policlinico Universitario di Tor Vergata a Roma.

83

Tutte le attivit dellADISCO nazionale sono supportate da un Comitato Scientifico, costituito dai maggiori esperti nazionali nel campo delle malattie ematologiche e del trapianto di midollo osseo, che indicano le linee di indirizzo che lassociazione deve seguire nello svolgimento delle sue attivit istituzionali. In modo particolare lassociazione, in questo momento in cui il tema delle cellule staminali nel mirino dellopinione pubblica per ragioni etiche, presta particolare attenzione a dare una corretta informazione sulla donazione del sangue di cordone ombelicale e sulle potenzialit di questo materiale biologico rispetto alla cura di differenti malattie. Di grande importanza anche sostenere la ricerca scientifica in questo campo e su questo lassociazione concentra tutte le sue forze sia a livello nazionale che regionale.

84

Aureliana Iacoboni Russo Presidente Associazione Marta Russo

ASSOCIAZIONE MARTA RUSSO ONLUS


LAssociazione Marta Russo Onlus, la cui sede nazionale a Roma in Via Cerreto di Spoleto, 10 - stata costituita il 2 Agosto 2001 da Aureliana Iacoboni e Donato Russo,.Questa decisione nata dalla volont di portare un contributo in prima persona ad un organismo che si muove sullonda emotiva di nostra figlia che ne porta il suo nome, nella convinzione e con limpegno dinterpretare al meglio un desiderio di Marta stessa, che fin dallet di quindici anni aveva deciso di essere donatrice di organi La sua generosit ha permesso cos a sei persone una nuova vita e una speranza di vita migliore. LAssociazione Marta Russo si prefigge principalmente di promuovere e diffondere la cultura della Donazione e trapianto di organi. Per realizzare questo scopo organizziamo manifestazioni, convegni e Concorsi a premi, ponendo una maggiore attenzione a sensibilizzare il mondo giovanile sia esso scolastico che sportivo. Infatti per quanto riguarda il mondo scolastico siamo arrivati alla IV edizione del Concorso per gli Istituti Superiori e alla III per le Scuole Elementari e Medie. Mentre per quanto riguarda il mondo sportivo siamo arrivati alla VII edizione Trofeo Marta Russo abbinato al Campionati Italiani di Fioretto Femminile e alla III edizione di Una stella per Marta da realizzare nella prossima primavera alla quale parteciperanno i Campioni Nazionali ed Internazionali del mondo della scherma. Inoltre organizziamo Borse di studio per Infermieri, con questo progetto vogliamo sensibilizzare il mondo infermieristico In particolare, per la tematica della Donazione degli Organi, la sua figura assume grande importanza per i famigliari dei potenziali donatori al fine di una scelta consapevole e solidale. Tra le manifestazioni, la pi importante quella che realizziamo a Piazza di Spagna, in prossimit del Natale dal titolo LAlbero della vita arrivata alla V edizione. Infine ogni anno collaboriamo con il Ministero della Salute, alla Campagna di Comunicazione per la Donazione e trapianto di organi.
85

ADMO - Associazione Donatori Midollo Osseo


Rossella Olivieri Presidente Provinciale Donare midollo osseo necessario per curare alcune malattie come la leucemia ed altre gravi neoplasie del sangue. Il sangue midollare (detto anche emopoietico) di un donatore sano, trasfuso in un malato, pu permettere allo stesso il ritorno alla vita. Nellambito familiare possibile trovare talvolta un donatore compatibile (fratello o sorella). Purtroppo anche a causa del tipo di vita moderno, il numero di figli si riduce sempre pi, e con esso la possibilit di trovare un donatore nellambito della famiglia stessa. Da qui la necessit di iscrivere in appositi Registri Nazionali il numero pi alto possibile di potenziali donatori. LA.D.M.O. (Associazione Donatori Midollo Osseo) ormai da pi di dieci anni si propone di reperire nel territorio italiano, volontari che possano donare speranza di vita. importante sapere che nella nostra nazione pi di mille persone ogni anno potrebbero trovare beneficio da questo tipo di intervento e pi della met sono bambini. Lassociazione promuove costantemente il suo messaggio di speranza, divulgando notizie sui centri di tipizzazione, novit scientifiche e tenendo piccoli convegni nelle scuole dove, secondo noi, pu crescere e moltiplicarsi miracolosamente la cultura della donazione. proprio nelle scuole infatti, e senza distinzione di et fra gli scolari, che lA.D.M.O. attraverso piccoli concorsi fa capire ai ragazzi che da certe malattie si pu uscire, spesso scontrandosi con la rassegnazione e lostinazione di chi non informato. I dati di guarigione sono infatti incoraggianti e testimoniano che la strada intrapresa quella giusta. Il donatore rimane, comunque per noi, i elemento principale del quale si tutela principalmente la salute e tutte le coperture economiche durante gli esami di tipizzazione e leventuale espianto. Diventare donatori di midollo osseo semplice: basta fare un piccolo prelievo di sangue nei centri abilitati (chiunque lo volesse pu rivolgersi a noi per essere indirizzato in quello giusto e pi vicino alla sua abitazione), iscriversi al Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo e... rimanere in attesa fino a quando qualcuno meno fortunato di noi chiederci di SALVARGLI LA VITA!
86

A.I.D.O.
Associazione Italiana per la Donazione di Organi, Tessuti e Cellule
Organizzazione non lucrativa di utilit sociale (ONLUS)
MEDAGLIA DORO AL MERITO DELLA SANIT PUBBLICA D.P.R. 15/1/1986
ISCRITTA AL REGISTRO REGIONALE DEL VOLONTARIATO DELLA REGIONE LOMBARDIA AL N. 1153 DECRETO N. 54092 DELL1/3/1994

Filippo Carboni Segretario Nazionale A.I.D.O. Spiegare origini, attivit e scopi dellAIDO forse pi semplice di quanto il termine associazione ci induca a pensare. Basta pensare/riflettere sul concetto che ognuno di noi dovrebbe conoscere di Societ intesa come insieme di individui che condividono diritti e doveri. Se aggiungiamo a questo concetto, quello di solidariet verso gli altri, pensando che noi stessi siamo gli altri per coloro che ci vivono vicino, ecco che diventiamo individui responsabili e sensibili alle esigenze dellaltro noi. LAIDO nasce su queste basi ed opera nella speranza che in un numero sempre maggiore di individui le idee di Societ e Solidariet si uniscano in quelle di Responsabilit. Acconsentire al prelievo dei nostri organi dopo la nostra morte diventa in questa ottica, manifestazione della nostra consapevolezza che la malattia degli altri, le loro difficolt a vivere normalmente, ci devono coinvolgere. Non necessario essere grandi uomini come Martin Luther King, o Papa Giovanni, o Gandhi per fare qualcosa di utile per gli altri; basta in fondo provare a riproporre in una realt ben pi limitata, con un gesto responsabile come il dono degli organi, quello per cui uomini pi grandi di noi hanno sperato e operato nella loro vita di ogni giorno. Storia Allinizio degli anni Settanta, il trapianto di organi, seppur limitato al rene ed alla cornea, cominciava in Italia a delinearsi come un vero
87

e proprio mezzo terapeutico. A quellepoca, Giorgio Brumat e alcuni cittadini di Bergamo che avevano intuito la potenzialit dei trapianti, ma anche gli ostacoli che questa avrebbe incontrato nel nostro paese, diedero vita il 14 Novembre 1971 alla associazione Donatori Organi di Bergamo, DOB. Liniziativa dest molto interesse, determinando centinaia di adesioni da numerose regioni italiane, il che spinse i promotori, il 26 febbraio 1973, a trasformare la DOB nella Associazione Italiana Donatori Organi (A.I.D.O.). I principi su cui si basa lAssociazione sono contenuti nello Statuto associativo. LA.I.D.O. costituita tra i Cittadini favorevoli alla donazione volontaria, anonima e gratuita di organi, tessuti e cellule. E apartitica, aconfessionale, interetnica, senza scopi di lucro, fondata sul lavoro volontario e informata ai principi etici ed a quelli dettati dallordinamento giuridico dello Stato. Sono finalit dellAssociazione: promuovere, in base al principio della solidariet sociale, la cultura della donazione di organi, tessuti e cellule; promuovere la conoscenza di stili di vita atti a prevenire linsorgenza di patologie che possano richiedere come terapia il trapianto di organi; provvedere per quanto di competenza, alla raccolta di dichiarazioni favorevoli alla donazione di organi, tessuti e cellule post mortem. Negli anni, lA.I.D.O. si diffusa in tutte le Regioni (oltre 1.200.000 iscritti) e si consolidata nel tempo con la costituzione di una struttura organizzativa che ha provveduto alla diffusione capillare del concetto e della pratica della donazione di organi su tutto il territorio italiano. Lattivit dellAIDO non si limita alla raccolta delle adesioni, poich questo ne soltanto un aspetto. Essa preceduta, accompagnata e
88

seguita da un ventaglio di iniziative che comprendono interventi di informazione sanitaria e di educazione civica. Un posto di rilievo spetta, ad esempio, allattivit nelle scuole, poich aiutando i ragazzi a riflettere serenamente sul problema dei trapianti e sul profondo significato umano e civile del consenso al prelievo di organi si contribuisce concretamente al superamento delle paure, quasi sempre irrazionali, con cui abitualmente ci si scontra. Non mancato, soprattutto nei primi anni, un coinvolgimento diretto quale supporto organizzativo allattivit di prelievo. Ma ormai diventato un ricordo del passato. In considerazione dellopera svolta per la sensibilizzazione dellopinione pubblica sul problema della donazione degli organi, il Ministero della Sanit ha conferito allA.I.D.O. la medaglia doro al merito della Sanit pubblica, con decreto del Presidente della Repubblica in data 15 Gennaio 1986 mentre, il 7 ottobre 2005, Poste Italiane ha emesso un francobollo dedicato allAssociazione, presentato nellambito della Rassegna Filatelica Romafil in presenza del Ministro delle Comunicazioni.

89

INDICE

Introduzione pag. 3 Gianfranco Tarsitani, Filippo Conforti, Samantha Di Rollo, Mario Floridi, Federica Pasca-Raymondo, Stefania Iannazzo La cultura della promozione della salute nella scuola: pag. 11 il paradigma della donazione del sangue Gianfranco Tarsitani Comportamenti a rischio nelladolescenza: risultati di una ricerca Simonetta Pupella - Marcello Hortencio De Medeiros Stili di vita e salute: La donazione del sangue Maria Adelaide Sanna Promuovere salute nella scuola Anna De Santi 10 Consigli a educatori e genitori Alberto Pellai Comportamenti a rischio nelladolescenza e loro conseguenze Stefania Iannazzo, Carla Gargiulo e Simonetta Pupella Il ruolo della famiglia Angela Nava Il ruolo delleducazione alla solidariet nella tutela della salute pubblica Gabriella Girelli pag. 16

pag. 20 pag. 32 pag. 36 pag. 38

pag. 44 pag. 47

91

Famiglia, scuola e associazioni: un percorso comune per la salute e la solidariet Giuseppe Spiezia Procedure operative per la selezione del donatore e per il prelievo di sangue Alex Fakeri La selezione del donatore in aferesi Dott. Giancarlo Ferrazza Autotrasfusione: Recuperro intraoperatorio del sangue Dott. Roberto Gramolini Ruolo delle Associazioni di Volontariato Aldo Ozino Calligaris Educazione alla donazione ed alla solidariet: lesperienza di ADISCO Simonetta Pupella ASSOCIAZIONE MARTA RUSSO ONLUS Aureliana Iacoboni Russo ADMO - Associazione Donatori Midollo Osseo Rossella Olivieri A.I.D.O. Filippo Carboni

pag. 51

pag. 54

pag. 63 pag. 69

pag. 77 pag. 81

pag. 85 pag. 86 pag. 87

92

Potrebbero piacerti anche