IL DIVORZIO
DI SAN VALENTINO
Come la Scala Mobile divise lItalia
Questo libro
N
QUESTO LIBRO
INDICE
PREMESSA
Ma non fu un addio ..........................................................................................................pag.
11
IL PUNTO UNICO
Quel peccato originale ....................................................................................................pag.
31
GIANNI AGNELLI
LItalia della Fiat ................................................................................................................pag.
47
LA SVOLTA DELLEUR
Austeri al governo .............................................................................................................pag.
63
LUCIANO LAMA
Tra unit e fedelt ..............................................................................................................pag.
83
LA PRIMA ROTTURA
Quarantamila in marcia ..................................................................................................pag.
99
ENRICO BERLINGUER
Elogio della diversit .......................................................................................................pag.
123
INCOGNITE E DEBOLEZZE
Il sindacato al bivio ..........................................................................................................pag.
143
GIORGIO BENVENUTO
La fatica dellunit ............................................................................................................pag.
159
177
GIOVANNI SPADOLINI
Dalla speranza alla delusione .....................................................................................pag.
189
199
PIERRE CARNITI
Intransigenza di un cane sciolto...........................................................................pag.
213
SAN VALENTINO
Lautunno del sindacato ................................................................................................pag.
227
7
BETTINO CRAXI
Evoluzione e involuzione. ............................................................................................pag.
247
265
MIGLIORISTI IN ATTESA
Iotti, Napolitano e gli altri ............................................................................................pag.
287
299
TORMENTI SOCIALISTI
Convinti, perplessi, preoccupati ................................................................................pag.
319
METAMORFOSI DC
Irrompe De Mita, lanti-Craxi ....................................................................................pag.
331
SANDRO PERTINI
Il presidente nuovo ......................................................................................................pag.
351
RICORDANDO BRUNO
Insieme, se non si vince si perde meno...
...........................................................pag.
365
IDEE A CONFRONTO
Nel cuore della crisi di identit ..................................................................................pag.
381
395
MERLONI E LUCCHINI
Per qualche decimale in pi
.......................................................................................pag.
419
LULTIMO ACCORDO
Orfani di passato e futuro..............................................................................................pag.
439
451
BREVI BIOGRAFIE
(Politici, Sindacalisti, Imprenditori, Professori, Giornalisti) ....................pag.
GLOSSARIO .......................................................................................................................pag.
BIBLIOGRAFIA ...............................................................................................................pag.
INDICE DEI NOMI.........................................................................................................pag.
475
499
505
515
PREMESSA
Ma non fu un addio
PREMESSA
Il 14 febbraio 1984 il governo presieduto dal segretario del Psi, Bettino Craxi, var un decreto che port al taglio di quattro punti di contingenza.
Lobiettivo era quello di riportare sotto controllo uninflazione che in Italia
aveva raggiunto livelli quasi sudamericani, sfondando, qualche anno prima,
addirittura la soglia psicologica (ma anche economica) del venti per cento.
Quel decreto scaten una vera e propria guerra a sinistra. Da un lato i socialisti
al governo, dallaltro i comunisti allopposizione. In mezzo, il sindacato, la
Uil, la Cisl ma, soprattutto, la Cgil che pi degli altri si ritrovava nell'occhio
del ciclone per la posizione inflessibile assunta dal segretario generale del
Pci, Enrico Berlinguer. Cosa fu quel decreto? Per i critici (cio i comunisti)
un atto di imperio, il prodotto pi chiaro della deriva autoritaria del governo
Craxi, un intervento senza precedenti. Soprattutto per un motivo: per la prima
volta, una scelta di politica economica era stata adottata a prescindere dal
consenso (e dal dissenso) del Pci. Ma, soprattutto, i comunisti che sino a un
decennio prima avevano consegnato, essendo allopposizione dal 1947 ed
essendo vittime della "conventio ad excludendum" determinata dalla divisione del mondo in due blocchi e dalla Guerra Fredda, la delega alla Cgil a
trattare con lesecutivo queste materie, dopo essere entrati nella maggioranza
con i governi della non sfiducia e di solidariet nazionale, avevano deciso
che quella delega non poteva pi esistere.
Insomma, se prima non si poteva governare contro il Pci, adesso
non si poteva governare senza il Pci e quel "succedaneo" rappresentato
dalla Cgil non poteva bastare pi come ai tempi di Palmiro Togliati e Luigi
Longo. La vicenda cos sintetizzata sembra riguardare un piccolo pezzo
della storia dItalia. In realt tra la sua genesi e il suo epilogo intercorrono
la bellezza di dieci anni. Perch tutto comincia con il famoso accordo sul
punto unico di contingenza, cio con la creazione di un meccanismo che
affidava in misura crescente agli automatismi laumento dei salari finendo
per determinare un appiattimento e per non valorizzare adeguatamente le
13
PREMESSA
PREMESSA
forma sindacale, il vecchio capitalismo che tendeva esclusivamente all'accumulazione, si modificato, stato costretto dalla pressione dei sindacati,
che hanno contestato la riduzione dei salari, e dalla democrazia politica
che ha immesso nel corpo sociale la pratica ormai generalizzata delle spese
sociali, a lasciare la presa su una quota sempre pi rilevante di reddito destinata all'investimento e a trasferirla ai consumi. La situazione, mezzo
secolo dopo, ha provveduto a smentire il generoso ottimismo di Lombardi.
L'accumulazione dei suoi tempi, quella legata all'attivit industriale,
quella "produttivista" si bloccata venendo sostituita dall'accumulazione
finanziaria che ha prodotto effetti perversi a livello di occupazione e distribuzione della ricchezza per completare, poi, l'opera deflagrando nella crisi
pi grave che gli uomini di questo secolo e, probabilmente, anche del secolo
scorso, abbiano mai conosciuto. Impegnati a discutere su quattro punti di
contingenza, i partiti italiani non riuscirono a cogliere la trasformazione in
atto, una trasformazione che, come dice Luciano Gallino (e come conferma
Joseph Stiglitz), ha determinato inaridimento dei diritti e compressione dei
salari utilizzando due semplicissime leve: globalizzazione e delocalizzazione. In quel lontano 1984 si parlava di difesa del salario reale attraverso
la lotta all'inflazione. Adesso, invece, bisognerebbe parlare di recupero del
potere d'acquisto. Perch, di fatto, i salari sono fermi pi o meno da vent'anni e le lancette del potere d'acquisto per i lavoratori dipendenti nel nostro
Paese sono tornate indietro di un quarto di secolo. Dall'Unione Europea ci
dicono che la ripresa qui da noi debole perch si appoggia su una domanda interna a dir poco rachitica. Negli anni in cui i salari non crescevano,
con il credito alla famiglie (generosamente dispensato dalle banche) si "curava" in qualche maniera il nanismo. Ma era un palliativo, non una terapia,
era l'aspirina non l'ormone della crescita. Ora che il vaso di Pandora si
rotto, il problema davanti a tutti: con questi salari, la domanda interna
boccheggia. E non pu fare altro. Il fatto che tutto quello che sta accadendo non era imprevedibile.
Fra il 1976 (cio un anno dopo il famoso accordo sul punto unico)
e il 2006 (cio l'ultimo anno prima della bolla immobiliare esplosa nel 2007
e deflagrata in tutta la sua potenza nel 2008) nei paesi Ocse la quota di Pil
destinata ai salari crollata dal 67 al 57 per cento. In Italia crollata un po'
di pi: dal 68 al 53 per cento. In questa non invidiabile classifica siamo agli
17
ultimi posti, in compagnia di Giappone e Irlanda. A livello di lavoratori poveri non siamo sulle grandezze della Germania (20 per cento del totale degli
occupati) ma siamo sempre attestati su un poco sostenibile 17 per cento.
Abbiamo ormai circa quattro milioni di lavoratori precari che in media guadagnano il venti, trenta per cento in meno dei colleghi a tempo indeterminato che pure non nuotano nell'oro. Abbiamo quasi tre milioni e mezzo di
disoccupati e se a questo esercito aggiungiamo i connazionali che hanno
rinunciato a cercare lavoro arriviamo a sei milioni di persone costrette a
girarsi i pollici. Le stime dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro dicono che nei prossimi dieci anni se non vogliamo che il mondo esploda
sulla bomba sociale della disoccupazione, bisogner creare qualcosa come
un miliardo e duecento milioni di posti: dove crearli e come crearli un
rebus di complicatissima soluzione. Trent'anni fa il mondo (il nostro piccolo
mondo) sembrava ruotare intorno a quattro punti di contingenza, ai decimali
che la Confindustria non voleva pagare, al recupero del "taglio" che i comunisti (anche quelli della Cgil) reclamavano a gran voce. Adesso, la que-
PREMESSA
stione decisamente pi ampia. Da un lato una disuguaglianza che non rappresenta soltanto una offesa alla dignit umana ma che finisce per essere
un morbo che pu uccidere la societ occidentale nella forma e nella dimensione in cui l'abbiamo conosciuta negli ultimi cinquanta, sessant'anni;
dall'altro una disoccupazione che chiede soluzioni ma finisce per scontrarsi
con una societ che non crea posti di lavoro ma distrugge lavori.
La sfida oggi pi alta e rischiosa. Anche affascinante. Ma occorre
uno sforzo di creativit notevole e una proposta politica che rifuggendo
dalla retorica riesca a offrire una "visione di Futuro", l'immagine di un
mondo se non nuovo, almeno rinnovato. L'inflazione era il Problema; in
trent'anni la realt si capovolta: oggi la deflazione uno dei problemi. La
decrescita pu essere anche "conviviale" o "felice" come ci dice Serge Latouche, nel frattempo si vedono in giro pochi disoccupati che brindano all'evento della mancanza di lavoro (e di sostentamento) stappando bottiglie
di Dom Perignon. La sintesi economica del nostro tempo l'ha fatta in un
documento l'Associazione Koin: Ci ritroviamo con una decrescita infelice e pi poveri. Con alcune significative peculiarit. Siamo sotto la media
europea: negli investimenti per la ricerca scientifica, nell'offerta di educazione (da quella di base a quella universitaria, da quella professionale a
quella continua), nell'efficienza della Pubblica Amministrazione, nelle infrastrutture immateriali collegate alla produzione e ai servizi. Nello stesso
tempo, siamo sopra la media europea: nella tassazione del lavoro e della
produzione, nella protezione delle rendite finanziarie, professionali e immobiliari, nelle tutele corporative e nei limiti alla concorrenza, nel peso
delle illegalit (compresa quella mafiosa) sul sistema economico. Siamo
il Paese con i salari netti pi bassi, la tassazione pi alta e gli orari di lavoro
pi lunghi (di trecento ore rispetto alla media europea, di quattrocento rispetto a quelli tedeschi).
Stiglitz spiega da tempo che il Pil non un misuratore affidabile
del benessere: se produci e vendi armi il Prodotto Interno Lordo aumenta,
ma pu considerarsi baciata dal benessere una societ che si regge sull'equilibrio del terrore o sui profitti delle guerre? E, comunque, il disagio accanto
alle conseguenze sul conto in banca (o sul rosso in banca), produce contraccolpi sui rapporti umani, sulle relazioni interpersonali, sui modelli di
vita. La sintesi di questa crisi pi ampia l'ha offerta Pierre Carniti: La so19
ciet del lavoro si trasformata nella societ del consumo, l'ordine dell'egoismo individuale ha avuto il sopravvento sull'ordine della solidariet.
Concetto che riecheggia in qualche misura un pezzo di quella teoria della
liquidit elaborata da Zygmunt Bauman: la nostra Polis non pi abitata
da cittadini responsabili ma da consumatori felici. Questi ultimi sono quelli
che appaiono nelle pubblicit di mulini pi o meno bianchi, sulle copertine
delle riviste patinate, negli studi televisivi; che hanno trasformato Internet
in un grande e freddo supermercato, consumo per il consumo senza nemmeno il fastidio del confronto interpersonale. Si finisce per esistere se si
oggetti del consumo o esempi di consumo, modelli di uno stile di vita
tanto accattivante quanto improbabile da raggiungere per chi pu contare
solo su un reddito fisso. Come dice il presidente delle Acli, Gianni Bottalico, nessuno parla pi delle persone normali. Conseguenza: nessuno
parla pi delle vite normali. Riecheggia come una profezia insoddisfatta
quel diversamente ricchi che tanti (ormai troppi) anni fa avanzava Riccardo Lombardi. Non l'uomo che ha cambiato l'ordine dei bisogni, ma i
bisogni che hanno precipitato l'uomo nel disordine e nella insoddisfazione.
San Valentino , nella sostanza, la foto ingiallita di un album di ricordi. Ma
pu sempre essere un momento concreto della nostra vita se si trasforma
nello stimolo per andare oltre le apparenze, per provare a recuperare quel
che si nasconde sotto la superficie. San Valentino pu essere utile alla sinistra italiana per riflettere su se stessa, sulla sua atipicit, sul rifiuto di aderire
(nella sua totalit) a quell'ideologia socialdemocratica che il riferimento
strutturale dei partiti progressisti in Europa. Con la conseguenza che ancora
oggi la sinistra in Italia non ha una identit di tipo "continentale" e non consente a chi ad essa fa riferimento, come disse negli ultimi anni della sua
vita Bruno Trentin, di poter morire socialisti. Perch non un'offesa esserlo, in fondo si in buona compagnia: Brandt, Schmidt, Mitterrand,
Palme, volendo persino Roosevelt.
Il sindacato italiano da quella storia usc cambiato nei suoi connotati.
Diviso e anche impaurito. Poteva essere l'occasione per costruire le regole di
una vera, consapevole duratura concertazione; al contrario abbiamo assistito
alla regressione di governi che l'hanno rifiutata alla radice per produrre, a livello economico, risultati disastrosi; abbiamo partiti, anche di recente conio,
che pensano che dei sindacati in una societ moderna si possa tranquillamente
20
PREMESSA
fare a meno, evocando da un lato forme (false) di democrazia diretta attraverso il web e dall'altro sistemi partecipativi sul modello tedesco che delle
organizzazioni dei lavoratori proprio non possono fare a meno. Eppure, in
una fase drammatica (una delle tante, si potrebbe dire) che questo Paese ha
attraversato, Carlo Azeglio Ciampi, da capo del Governo, ci ha spiegato che
se ci sono delle regole, la concertazione come strumento di condivisione delle
responsabilit e di ampliamento del consenso (non come consociativismo
che si esalta e si esaltato spesso in Italia nello scambio sottobanco), pu essere lo strumento pi efficace per raggiungere il traguardo.
Per quanto i sindacati abbiano giocato in difesa, qualcosa di buono,
per, da quella vicenda venuto fuori: un aggiornamento delle strategie
determinato dalla consapevolezza che il mondo del lavoro era cambiato,
che non ci si poteva pi attardare nell'esaltazione di un operaio-massa che
non c'era pi, che la classe aveva recinti pi ampi perch se per classe,
come dicono i sociologi, si intende una comunit di destino, ora il destino
comune a gran parte dei salariati e nella societ i bisogni di un professore
delle medie superiori non sono diversi da quelli di un operaio siderurgico
titolare di una busta-paga pi o meno analoga. L'elencazione delle richieste
semplice, molto pi complessa la loro soddisfazione: una societ capace
di redistribuire pi equamente il benessere, un fisco capace di chiedere a
tutti il dovuto per evitare che i costi del vivere insieme si scarichino sui soliti noti (producendo effetti letali proprio su quella distribuzione della ricchezza e dei benefici sottraendo "alimento" finanziario ai servizi collettivi,
sanit, istruzione, scuola, eccetera), una sicurezza sanitaria e sociale diffusa,
un accesso alla conoscenza garantito e capace di valorizzare le qualit e i
meriti. Giorgio Benvenuto trasform queste richieste in un'idea: il Sindacato dei Cittadini. Perch era diffusa la consapevolezza che non bastava
pi la fabbrica o l'ufficio a riaggregare gli interessi scomposti dei lavoratori.
Tutto era diventato pi ampio, i confini erano stati travolti. Diventava, perci, la societ il luogo in cui cercare una sintesi.
Un problema che si pone ancora oggi. Come si raggiunge il vasto
arcipelago dei non garantiti? Come si offre l'indicazione di un destino
comune a quel fiume impetuoso che si disperde nella societ in mille rivoli
fatto di precari, titolari tipologie contrattuali atipiche, di regolamentazioni
flessibili? Come si protegge questa sconfinata umanit giovanile che rischia di
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essere stritolata dalle regole spietate e funeste di un liberismo trasformato nell'unica ideologia sovranazionale sopravvissuta al crollo di tutte le ideologie?
Resta, oggi come allora, la societ il luogo in cui cercare le risposte;
il cittadino che chiede tutele nelle sue diverse vesti, non solo in quelle di
lavoratore. Una riflessione che diventata patrimonio di tutto il sindacato
anche se forse non ha avuto adeguati sviluppi. Basterebbe rileggere quel
che scriveva Bruno Trentin, agli inizi del 1988, rievocando la figura di Giuseppe Di Vittorio in un breve saggio pubblicato su Rassegna Sindacale: Si
tratta di piantare qui la radice di un patto di solidariet, la ridefinizione
di nuovi diritti universali di cittadinanza come diritti al lavoro, all'informazione, alla formazione permanente, alle pari opportunit, alla sicurezza,
alla salute e alla tutela dell'ambiente. E si tratta di riconquistare dei diritti
universali che non possiamo definire come in passato; o riconsiderare solo
alla luce del fatto che intorno alla piccola impresa si sta creando un'area
dilagante di negazione dei diritti. Ha un senso, infatti, proporre oggi l'obiettivo dei lavoratori delle piccole imprese, ignorando il grandissimo problema di ripensare anche nella grande e media impresa i diritti di
cittadinanza effettivi dei giovani e delle donne? E' possibile ignorare che
nel momento in cui affrontiamo questi problemi si pone appunto l'esigenza
di una riunificazione complessiva intorno ad alcuni diritti universali nella
pubblica amministrazione, nel settore privato, nel settore dell'impresa minore? Mi domando, cio, se non siamo di fronte all'esigenza di ridefinire
una nuova carta dei diritti per tutti, che davvero identifichi nuovi diritti
universali indisponibili. Un discorso che, in qualche maniera, richiama
Piero Calamandrei e, attraverso la sua mediazione, Carlo Rosselli. Insomma, la cultura del Partito d'Azione declinata con concetti solo un po'
pi moderni. Certo, i diritti indisponibili sono tali nella misura in cui il loro
recinto ben definito, limitato. Perch quanto pi si ampliano i confini,
tanto pi si sviliscono i diritti.
Questo libro coltiva la speranza di poter fornire alcuni riferimenti
storici a una riflessione su quel che siamo e su quel che potremmo essere.
La scala mobile oggi non pi un totem, non pi nemmeno un trofeo. E'
solo il momento di una storia che coinvolge la sinistra e il sindacato, che
ha diviso, distribuito torti e ragioni, creato inimicizie o costruito nuove amicizie. Ma il fatto che gran parte dei temi economici di quella vertenza (come
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PREMESSA
vedremo nei prossimi capitoli) sia ancora di estrema attualit (fatta eccezione per l'inflazione), la conferma che l'Italia, pur attraversata da mille
tempeste, rimasta immobile. Anzi, si mossa ma con il passo del gambero, all'indietro. Oggi l'inflazione non pi un problema ma c' unaltra
percentuale che inquieta il Paese e rispetto alla quale le ricette sono state
solo quelle fasulle di una precariet spinta oltre il limite del tollerabile attraverso la proliferazione di forme contrattuali. Creativit al servizio del
nulla perch come dice un esperto di queste cose, Tiziano Treu, alla resa
dei conti sono sufficienti quattro tipologie: tempo indeterminato, tempo determinato, part time e apprendistato. E ancora: la flessibilit pu essere governata e controllata attraverso il negoziato tra le parti ma deve poter
contare su un paracadute. Bisogna, insomma, ripensare la flessibilit per
disboscare la giungla contrattuale e fornire certezze a quella che si candida
a essere la "generazione perduta"; bisogna rivedere il welfare perch da un
lato non accettabile che si spendano tanti soldi per non fare lavorare la
gente (meglio investirli per creare opportunit di impiego) e dall'altro intollerabile che chi pi degli altri esposto al rischio di temporanei periodi
di disoccupazione (e i precari lo sono) non possa al momento contare su
sostegni economici che attenuino il disagio. Se il liberismo sfrenato ha portato il suo attacco al cuore dello Stato sociale, il riformismo deve puntare
a rilanciare lo stato sociale rivendendone l'articolazione, adeguandolo a un
mondo produttivo che non pi quello di mezzo secolo fa fondato sull'industria, ripulendolo dalle incrostazioni burocratiche, rendendolo pi semplice e accessibile (per chi in difficolt), creando le condizioni per
l'eliminazione degli sprechi. Soprattutto facendo pagare chi pi ha e chi ha
pi lucrato in questi anni: se lo dice il sindaco di New York, Bill De Blasio,
perch non dobbiamo proporlo noi, nella vecchia Europa, cio nel Continente che a queste tematiche stato sempre pi attento provando ad addomesticare gli "spiriti animali" del capitalismo?
E poi bisogna smetterla di alimentare questa inutile, improponibile,
autodistruttiva guerra generazionale che viene giocata attaccando pensioni
e, soprattutto, pensionati, non per aiutare i giovani a trovare un futuro, ma
per realizzare una delle ossessioni (l'altra l'annientamento del servizio sanitario nazionale) dell'utraliberismo trionfante, cio l'abolizione di una vecchiaia dignitosa e al riparo dalle incertezze, per quanto possibile. Ossessioni
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che non hanno motivazioni semplicemente ideologiche, fondandosi, al contrario, su interessi estremamente venali, economici, meglio ancora, finanziari: trasferire al privato il lauto affare della previdenza sociale, per lucrare
profitti pi che per garantire protezioni. Al di l delle distorsioni del sistema
che vanno individuate con seriet (non con demagogia e populismo) e curate, la stragrande maggioranza di chi va in pensione non si appropria indebitamente di un privilegio ma esercita legittimamente un diritto che non
solo ha conquistato con decenni di lavoro, ma anche acquistato versando
(e facendo versare ai datori di lavoro) congrui contributi. Siamo quasi un
mondo a parte. Perch se in diversi paesi dell'Unione Europea i pensionati
godono di condizioni fiscali di favore, in Italia vengono annichiliti da un
trattamento apertamente sfavorevole (come testimoniano le varie leggi finanziarie o di stabilit varate negli ultimi anni) che li porta a versare nelle
casse statali pi di quanto non versi un lavoratore in attivit. Un esempio
di vero e proprio "accanimento impositivo".
Eppure la tutela previdenziale un elemento fondamentale del modello sociale europeo, un pezzo del dna della sinistra di governo. Ma anche
della destra di governo visto che i primi esperimenti in materia risalgono addirittura a Otto von Bismarck e che il nuovo welfare britannico nacque da
una illuminazione di Winston Churchill e da un rapporto dell'economista
conservatore, William Beveridge: la coltivazione di un po' di sana memoria
storica non farebbe male nemmeno ai liberali del nostro Paese. Pensare che
si creino posti di lavoro perseguitando gli anziani, spingendoli sempre di
pi verso la soglia della povert, declassandoli a soggetti inutili, passivi e parassitari, alimentando risentimenti generazionali, sbagliato non solo per elementari motivi etici, ma anche per questioni prettamente pratiche: se la
mamma dei bischeri sempre incinta, di conseguenza bischeri si pu essere
a sessanta come a vent'anni, l'utilit sociale, insomma, non ha nulla a che vedere con i dati anagrafici indicati sulla carta di identit; se l'Italia ha attutito
gli effetti perversi della crisi il merito di un welfare familiare che consente
agli ultratrentenni senza "posto fisso" di poter usufruire di un tetto e di un
vitto garantito da mamma e pap (e questo discorso vale soprattutto per i precari che, al contrario, dallo Stato, lo stesso Stato che sembra avere in odio i
pensionati, sono abbandonati); se il disagio sociale non si trasformato in rivolta sociale la ragione va ricercata nel fatto che i licenziamenti di massa per
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PREMESSA
PREMESSA
stritolando i pi deboli risponde a un semplice principio: redistribuire la ricchezza dal basso verso l'alto, dai meno abbienti ai pi ricchi.
E a muoversi a tutela di quegli interessi , probabilmente, un superpartito, come dice Luciano Gallino. Spiega il sociologo: Quello di Davos
non ovviamente un partito nel senso usuale del termine. Tuttavia i circa
tremila individui che si riuniscono ogni anno nella cittadina svizzera sotto
le insegne del Forum economico mondiale sono per vari aspetti un perfetto campione rappresentativo della classe che governa il mondo. Classe
formata da capi di governo, ministri, politici di rango, dirigenti al vertice
delle maggiori corporations, accademici, tra cui molti economisti e qualche
politologo, rappresentanti delle maggiori societ di ricerca e consulenza
industrial-finanziaria. E' stata denominata in vari modi: classe globale,
classe dominante globale, classe capitalistica transnazionale, iperclasse.
Poco importa il suo nome; molto di pi importano le risposte. Perch, come
canta Bob Dylan, quante volte un uomo pu voltare la testa fingendo di
non vedere? La risposta, amico, sta soffiando nel vento. Oggi, a trent'anni
di distanza dal decreto di San Valentino, quella risposta che soffia nel vento
ci sussurra che la societ (soprattutto quella politica) sembra avere un debito
con le classi lavoratrici che non ha ancora onorato.
Il Governo Craxi agganci la ripresa, rilanci la crescita che arriv
in quegli anni a sfondare anche la soglia del quattro per cento. Ma nulla
stato consolidato di quei successi, i sacrifici, parafrasando Bob Dylan, se li
portati il vento. Il sindacato stato sempre pi spinto in un angolo. Certo,
anche per colpe proprie, ma come pure ha recentemente detto Franco Marini, uno dei protagonisti di quelle trattative, il mestiere del sindacalista
adesso molto pi difficile. Allora esisteva ancora intorno alle organizzazioni dei lavoratori un consenso di massa, una attenzione che spaziava dal
terreno sociale a quello culturale, che coinvolgeva un'ampia fetta della societ, i partiti mostravano nei confronti dei sindacati una attenzione che derivava da una idea di societ in cui resistevano ancora alcuni elementi di
solidariet. Ora le Confederazioni sono messe all'angolo, attaccate non solo
dagli avversari tradizionali (le organizzazioni imprenditoriali, le controparti) ma anche dalle forze politiche che in quanto forze, alternativamente,
di governo dovrebbero avere un ruolo non di partes ma super partes,
quantomeno da un punto di vista formale. Trent'anni fa, i sindacati e i la27
PREMESSA
IL PUNTO UNICO
Quel peccato originale
IL PUNTO UNICO
Le ombre della sera avevano ormai avvolto Roma, rendendo indistinguibili le cose e le persone. Erano le 19,30 quando Pierre Carniti, segretario generale della Cisl chiuse con poche, rituali ma significative parole
la riunione: La Segreteria Cgil, Cisl e Uil ritiene opportuno concludere i
lavori prendendo atto che sui criteri e sull'entit della manovra sul salario
non c' accordo. Era una fredda giornata di febbraio, anche un po' ventosa.
Ma, nonostante il riscaldamento fosse acceso, in quella sala il clima era
ancora pi gelido. E divenne addirittura polare quando alla frase di rito,
Pierre Carniti fece seguire un commento che aveva quasi il sapore di un
epitaffio: Attenzione, qui finita la Federazione unitaria, noi siamo cristiani, ma non offriamo l'altra guancia. Lo storico Eric Hobsbawm ha coniato la felice definizione di Secolo Breve per illustrare i tempi accelerati,
le trasformazioni repentine, l'alta concentrazione di eventi drammatici che
hanno caratterizzato il Novecento.
Quella sera di trent'anni fa (7 febbraio 1984) veniva scritta la pagina
non conclusiva ma decisiva di quello che, parafrasando il famoso storico,
potremmo definire il Decennio Lungo, cominciato nove anni prima, con la
firma dell'accordo interconfederale sul punto unico di contingenza e che si
sarebbe concluso, un anno dopo, con il referendum che avrebbe con voto
popolare ratificato quel provvedimento che va sotto il nome di decreto di
San Valentino, firmato dal presidente del Consiglio di allora, Bettino
Craxi, e dal ministro del lavoro, Gianni De Michelis, negoziato con tutti i
sindacati sino al momento finale, fino a quella sera del 7 febbraio del 1984,
alla certificazione di una rottura che nei sette giorni successivi si prov a
evitare ma che alla fine si realizz, epilogo ineluttabile di una vicenda che
non riguardava pi l'aspetto sindacale, il problema di una inflazione che
solo quattro anni prima, nel 1980, aveva fissato un vero e proprio record:
21,2 per cento. Quel confronto era diventato parte dello scontro tra Partito
Socialista al Governo e Partito Comunista all'opposizione; personalizzan33
dolo, tra Bettino Craxi, presidente del Consiglio, ed Enrico Berlinguer, leader del Pci. Secondo molti storici, il momento culminante di quello scontro,
la battaglia senza esclusione di colpi su un totem, su un simbolo. La storia
a volte si serve di sconosciuti sceneggiatori.
Quella riunione del direttivo unitario si svolse al Midas, lo stesso
albergo in cui Craxi, otto anni prima, aveva conquistato la segreteria del
Psi. Da quella sala sarebbe uscito vittorioso per la seconda volta, inconsapevolmente. Poteva essere un'occasione, quel febbraio dell'84; fu in buona
parte una occasione perduta, soprattutto a sinistra dove finirono per scontrarsi due idee difficilmente componibili, almeno a quei tempi: il socialismo
riformista craxiano che aveva saldamente fatto propri i fondamenti della
democrazia liberale; la Terza Via berlingueriana, una complicata e alquanto
immaginaria soluzione che si proponeva di superare il marxismo-leninismo
senza approdare alla socialdemocrazia; il pragmatismo del Psi che alla fine
degli anni Settanta accarezzava le ipotesi di un socialismo autogestionario
e l'ondeggiamento comunista, dopo l'addio ai governi di Solidariet Nazionale e l'accantonamento del Compromesso Storico, tra alternativa democratica e governi degli onesti. L'Italia rest paralizzata in questo scontro
uscendone, alla fine, con un referendum che ribalt i pronostici: i perdenti,
i sostenitori dell'accordo riversato in un decreto, cio la Uil, la Cisl e i socialisti della Cgil, divennero i vincenti; i vincenti, i comunisti della Cgil
guidati da un Luciano Lama che con grande sofferenza personale aveva accettato quell'epilogo (anzi, quei due epiloghi, il no all'accordo e il successivo referendum) come un amaro calice da bere in nome della lealt di
partito, diventati perdenti.
Uno scontro epico ma non epocale nel senso che, alla fine, dal rumore delle armi tutti vennero distratti con la conseguenza che gran parte
dei problemi di allora rendono ancora oggi difficile e complicata la vita italiana. Eppure, gli strumenti, le analisi per capire che qualcosa stava cambiando non semplicemente dentro i nostri provinciali confini, ma fuori in
un mondo gi molto ampio che stava diventando, a tappe forzate decisamente sconfinato. Vittime, insomma, di una lunga distrazione. Cominciata
una decina d'anni prima quel 7 febbraio. Sembrava una semplice crisi congiunturale, legata all'improvviso aumento dei prezzi petroliferi voluto dagli
sceicchi che in quel modo cominciarono ad accumulare nei propri forzieri
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IL PUNTO UNICO
liquidit. Percepimmo gli aspetti pi immediati: l'uso contingentato del riscaldamento condominiale, le domeniche senza auto, la riscoperta di mezzi
di trasporto silenziosi come la bicicletta o i pattini a rotelle, lo scalpiccio
dei cavalli che con i loro zoccoli evocavano rumori antichi, provenienti da
un'altra epoca, un'epoca ai pi giovani, quelli cresciuti nel Mito dell'Automobile di Massa, completamente sconosciuta. Ma quella crisi, pur legata a
un evento, portava con s scelte, decisioni che avrebbero cambiato il
mondo, che avrebbero prodotto fenomeni non originali in assoluto, ma profondamente diversi da come erano stati conosciuti nel passato, dalle generazioni che ci avevano preceduto. E pensare che gli strumenti per prendere
coscienza del mutamento in corso c'erano tutti. Certo, la comunicazione
non era celere come oggi, ma le analisi, seppur con qualche lentezza, saltavano da un continente a un altro. Lo stato dell'arte, ad esempio, non era
sfuggito a Paolo VI, un Papa che aveva dato un carattere profondamente
itinerante al suo Pontificato. Era il 1967 quando nell'enciclica, Populorum
Progressio, cominci a parlare dei problemi che si accompagnavano a
quella che lui chiamava Mondializzazione. Quella Mondializzazione che
pi tardi avremmo definito Globalizzazione, poteva solo trarre alimento
dalle nuove ideologie liberiste che teorizzavano la rottura dei lacci e lacciuoli, la completa libert fatta di confini abbattuti, di regole travolte, di
controlli ridotti al lumicino.
Quel che avvenne in quegli anni lo hanno raccontato con lucidit
Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini: Nel 1971 il presidente Richard
Nixon, per reagire alle richieste di svalutazione del dollaro rispetto all'oro,
si decise a una mossa drammatica. Come Napoleone a Monza, il dollaro
si mise in testa la sua corona e si sganci da ogni parit fissa con l'oro,
che venne relegato tra i fantasmi della storia. Con questa mossa il dollaro
divenne una moneta puramente fiduciaria, si pass a un regime di cambi
flessibili. Ma la storia non fin qui perch la seconda mossa fondamentale
fu attuata dagli Stati Uniti alla fine degli anni Settanta con lo scopo di riprendere in mano la leadership dell'economia mondiale e di sferrare l'attacco finale al comunismo sovietico. Quella mossa fu rappresentata dalla
decisione del ministro del Tesoro americano Paul Volcker di reagire all'inflazione causata dall'aumento dei prezzi petroliferi con un forte rialzo dei
tassi di interesse, che inevitabilmente trascin con s i tassi d'interesse
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mare d'estate e in montagna d'inverno. Quella curva non si sarebbe pi fermata: avrebbe scalato vette inimmaginabili, sino al 1980, la stagione del
"record". I lavoratori dipendenti, soprattutto gli operai dell'industria che attraverso l'Autunno Caldo e la contrattazione avevano recuperato in termini
anche (ma non solo) salariali quei benefici che il Miracolo Economico
aveva distribuito in maniera decisamente diseguale, si ritrovarono all'improvviso scoperti: l'inflazione mangiava spezzoni consistenti del potere
di acquisto e la contingenza consentiva un recupero al massimo della met
di quel che l'aumento dei prezzi confiscava. Il meccanismo era nato alla
fine della guerra, con l'accordo interconfederale del 6 dicembre 1945 che
lo introduceva nell'Italia del Nord; veniva modellato provincia per provincia
e gli importi differivano per qualifiche, per sesso e per et. Dopo essere
stato bloccato nel 1949, venne ripristinato il 21 marzo del 1951 acquisendo
una valenza nazionale. Il punto, sempre differenziato per qualifiche, sesso
ed et, aveva un valore nel Centro-Sud depotenziato (venti per cento in
meno rispetto al Nord).
Quell'intesa conteneva una clausola di revisione nel caso i prezzi
fossero aumentati pi del 25 per cento. La Confindustria chiese questa verifica e una commissione paritetica studi il problema e si arriv a un nuovo
accordo il 15 gennaio del 1957. Poi arriv l'Autunno Caldo e l'abbattimento
delle gabbie salariali, quarantuno punti su quarantasei di contingenza vennero conglobati in busta-paga. Il conteggio ripart dal 4 aprile del '69. Ma
davanti alla crisi petrolifera e al conseguente vertiginoso aumento dei prezzi
il meccanismo mostr i suoi limiti. Proteggeva poco i salari, soprattutto i
pi bassi, e, di conseguenza, alimentava una conflittualit diffusa. Nel 1975
gli scioperi bruciarono 190 milioni di ore di lavoro; cinque anni dopo,
nel periodo di vigenza dell'accordo sul punto unico, le ore di agitazioni scesero a 115,2 milioni. L'accordo, insomma, da un certo punto di vista funzion. E qualche anno dopo, l'Avvocato Gianni Agnelli, che lo aveva
firmato come presidente della Confindustria, lo sottoline in una intervista
concessa ad Arrigo Levi. Disse senza particolari giri di parole: Quegli accordi vanno giudicati tenendo conto del momento in cui vennero fatti. In
quel momento si pensava che una minore conflittualit fosse l'obiettivo da
raggiungere. Era chiaro che con l'aumento del costo della vita gli operai,
in un modo o nell'altro, avrebbero ottenuto degli adeguamenti; si pens
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IL PUNTO UNICO
IL PUNTO UNICO
come la Fim-Cisl e, bisogna riconoscerlo, in gran parte del movimento sindacale italiano, quella che si chiamata filosofia dell'egualitarismo...
Preferisco ancora adesso parlare di una politica sindacale che tende ad
affermare alcuni princpi di eguaglianza fra i lavoratori pi che di egualitarismo, con il contenuto etico e totalizzante che ha questo termine... C'era
una preoccupazione di fondo nella mia ostilit al semplicismo della rivendicazione degli aumenti uguali per tutti che, ad essere franchi, mi sembra
avere trovato delle conferme e non delle smentite con l'andare degli anni:
quella di favorire una divaricazione fra salario contrattuale e salario reale
in ragione di un appiattimento indifferenziato dei differenziali retributivi
dovuti alla professionalit e la mortificazione dei vecchi e dei nuovi fattori
di professionalit, sia individuale che collettiva.
Ma quella dell'egualitarismo era una linea a forte suggestione, soprattutto negli anni dell'Autunno Caldo e in quelle conquiste che sono state
in qualche misura la prosecuzione di quella stagione come, appunto, la
nuova contingenza del 1975. Trentin questa situazione la spiegava cos: I
lavoratori avvertivano la necessit di disporre di alcuni obiettivi unificanti,
nel corso di una lotta che esprimeva anch'essa, al fondo, un contenuto di
potere. Ed era forse inevitabile che questa battaglia per ridurre sperequazioni e diseguaglianze richiedesse immagini semplici, come sua prima
espressione. Gli aumenti uguali per tutti che ritornano ciclicamente come
parola d'ordine del movimento sindacale, sin dai suoi albori hanno probabilmente rappresentato questa immagine semplice, capace di riassumere
o, meglio, di simbolizzare una politica volta al superamento delle diseguaglianze, al controllo effettivo del salario di fatto, alla costruzione di un
nuovo rapporto di lavoro fondato sulle professionalit individuali e collettive effettivamente emergenti e sulla contrattazione collettiva della mobilit
professionale.
Ma quelli erano tempi in cui il sindacato, pur nella diversit delle
posizioni, riusciva a mantenere un alto livello di unit preservando un elevato tasso di autonomia rispetto ai partiti. La resistenza alla soluzione del
punto unico era forte nella stessa Flm, la Federazione dei Lavoratori Metalmeccanici. Ad esempio, sulle posizioni di Trentin era attestato anche Antonio Lettieri. La soluzione venne messa ai voti, pass a maggioranza e il
punto unico al tavolo delle trattative divenne la posizione di tutti. E come
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IL PUNTO UNICO
IL PUNTO UNICO
altro importante elemento di distorsione: non esiste una dinamica dei salari
che sia parallela alla dinamica dei bisogni. Ad esempio, io non credo che
un lavoratore di cinquant'anni abbia maggiori esigenze di un suo compagno di venticinque. La curva dei bisogni non ha una progressione costante
rispetto all'et.
Quell'accordo cre, pi tardi, dei problemi, ma nasceva da una esigenza reale, non era il frutto di una improvvisa quanto fatua folgorazione,
era il risultato di una situazione economica che peggiorando a livello mondiale, produceva a livello nazionale una forte tensione inflazionistica che
si scaricava sui lavoratori che, comunque si voglia vedere la cosa, erano i
pi esposti e, quindi, i pi indifesi. Il sindacato, insomma, si fece carico di
un problema. E lo spieg con grande obiettivit proprio Luciano Lama,
quello che da tutti considerato il firmatario principale dell'intesa insieme
ad Agnelli. Diceva parlando con Giampaolo Pansa, a molti anni di distanza
dal protocollo sul punto unico, addirittura diverso tempo dopo il referendum
sulla scala mobile, quando, insomma, le tossine della controversia politica
erano state riassorbite e le fedelt di bandiera diventate sostanzialmente
inutili, insomma quando il velo della storia che stempera le passioni aveva
portato via un bel po' di incomprensioni: Allora c'era una differenza molto
forte tra i valori di ogni un per cento di variazione del costo della vita e i
valori che ogni mese si aggiungevano al salario per effetto di questo tasso
di inflazione. Insomma, ogni volta che l'inflazione cresceva di un punto,
c'era un aumento dei salari molto diverso fra lavoratore e lavoratore. Ad
un certo momento la Cisl propose un valore uguale per tutti, cio il punto
unico di contingenza.
Il viaggio verso quel traguardo non fu ovviamente lineare e Lama
lo ricordava: Da noi esisteva la preoccupazione di dar vita a un meccanismo che avrebbe schiacciato troppo i salari uno sull'altro. Tanto vero che
la Cgil formul dapprima una proposta di tre valori (per gli operai, gli intermedi e gli impiegati) e poi di due valori (per gli operai e per gli impiegati). La Cisl insistette per il punto unico. L'avvocato Agnelli mi chiese:
Che facciamo? Le sembra possibile o no fare un accordo con punti differenziati? Io gli risposi: No, io questo accordo non lo faccio perch sarebbe
un colpo duro per l'unit sindacale. A me sembra pi giusto un valore diversificato del punto unico di contingenza ma accetto la posizione della
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Cisl per non rompere il fronte del sindacato. andata cos. Ma c'era anche
un'altra ragione che spingeva la Cgil ad accettare la linea della Cisl: il
punto unico che si applicava a tutti era il pi alto. Nessun lavoratore ci rimetteva. l'immagine di un sindacato che tiene, che ha su un argomento
decisivo che riguarda il salario posizioni diversificate ma che trova una sintesi unitaria. Nove anni dopo, per, le cose non sarebbero andate nella
stessa maniera.
GIANNI AGNELLI
LItalia della Fiat
GIANNI AGNELLI
questa idea, a ridimensionare la capacit di condizionamento dell'Avvocato nei confronti della politica: Gli piaceva farlo credere. Una volta,
credo fosse agli inizi degli anni Ottanta, fu formato un governo e si disse
che su una quindicina di ministri sette o otto erano di indicazione Fiat.
Non era vero, ma io dissi ai miei di assecondare la voce, cosa che avrebbe
accresciuto il nostro prestigio. Ci non toglie che la Fiat avesse avuto
una influenza particolare sulle scelte di politica economica compiute dai
governi dal dopoguerra in poi: la mobilit privata preferita a quella pubblica, il trasporto su gomma privilegiato a quello su rotaia. In quella
azienda in cui si parlava in torinese, l'avvento di Gianni Agnelli port oggettivamente il soffio della modernit, una sensibilit cosmopolita che
sino a quel momento era mancata, l'inglese pian piano sostitu il torinese,
sino alla radicale trasformazione dei giorni nostri con l'amministratore
delegato, Sergio Marchionne, che parla l'italiano con accento inglese e
il torinese, quando gli capitato, con accento misterioso.
In quegli anni difficili e anche violenti, era un simbolo: per alcuni positivo, per altri negativo. Le fasce pi estreme della sinistra urlavano ai cortei Agnelli, Pirelli ladri gemelli e nell'inno di Potere Operaio,
gruppo dichiaratamente rivoluzionario dal quale, poi, venne fuori l'Autonomia Operaia che negli anni Settanta predicava la guerriglia urbana,
nel finale erano presenti un paio di versi di straordinaria truculenza:
Agnelli, Pirelli, Restivo, Colombo, non pi parole ma piogge di
piombo. Una cosa certa: quel decennio stato fortemente caratterizzato
dalla figura di Gianni Agnelli. La genesi, tanto per cominciare: l'accordo
sul Punto Unico. Poi la vertenza del 1980 con la Marcia dei Quarantamila
che obblig le Confederazioni sindacali a rivedere la strategia e ad avviare
la riflessione sulla scala mobile, sui meccanismi di indicizzazione (non
solo quelli salariali) che determinavano un aumento dell'inflazione impedendo al Paese di agganciare la ripresa che nel mondo, dopo lo choc
petrolifero, aveva cominciato a manifestarsi.
Lama ha raccontato che quando venne proposta la soluzione del
punto unico, Agnelli rispose semplicemente: Se volete cos mi sta bene.
Una arrendevolezza che era in qualche maniera figlia delle idee nuove
che l'Avvocato aveva comunque portato all'interno della Confindustria e
che aveva illustrato, nel novembre del 1972, in una intervista pubblicata
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GIANNI AGNELLI
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relazioni industriali che la Fiat, dopo anni in cui i carabinieri predisponevano rapporti sulle persone che presentavano domanda di assunzione
all'azienda o che gi lavoravano in azienda, il nuovo presidente della Confindustria intendeva instaurare. Da questo punto di vista, le testimonianze
sono tutte abbastanza concordi: con Agnelli e anche con Cesare Romiti
gli accordi si potevano fare. E nel 1980 l'allora amministratore delegato
della Fiat l'intesa l'aveva realizzata. Ma poi, il giorno successivo, le cose
cambiarono, arriv la Marcia dei Quarantamila e quel che era stato messo
nero su bianco non valeva pi. D'altro canto, a promuovere la manifestazione dei quadri non era stato Romiti anche se poi, recentemente, ha narrato quel giorno con un aneddoto: Mi arriv una telefonata, lui (Agnelli,
n.d.a.) era al Quirinale per un pranzo in onore della Regina Elisabetta e
si stava intrattenendo con Giuseppe Saragat. Credevo volesse congratularsi con me, invece si mise a raccontarmi la storia dell'ex presidente
della Repubblica. Saragat, in effetti, con il Mondo Fiat aveva ottimi rapporti e quando in maniera liquidatoria l'Avvocato aveva fatto fuori Vittorio Valletta (Professore, o me o lei), da presidente della Repubblica
provvide a nominare senatore a vita l'uomo che aveva dato la spinta decisiva alla motorizzazione di massa in Italia.
In realt, come ha raccontato lo stesso Luigi Arisio che quella
Marcia guid, il vero organizzatore fu Carlo Callieri che poi divenne
anche vice-presidente della Confindustria e, infine, candidato alla presidenza. E, probabilmente, proprio quelle elezioni perdute determinarono
un certo allontanamento di Agnelli dalle vicende e dai destini della Confindustria. Per anni la Fiat aveva in qualche maniera ispirato le soluzioni
presidenziali. Callieri era il candidato forte. Ma Silvio Berlusconi, ancora all'opposizione, si preparava a tornare al governo e riusc ad aggregare intorno ad Antonio D'Amato il consenso delle piccole e medie
imprese. Non da solo, comunque, ma con l'aiuto di Cesare Romiti che,
nel frattempo, aveva consumato il divorzio dalla Fiat. In quella imprevedibile contrapposizione ebbero un peso le vicende editoriali. Agnelli
amava il mondo della carta stampata. Spesso piombava nella redazione
della Stampa, a Torino o a Roma, e avviava lunghe conversazioni con i
direttori in quel momento in carica. Romiti ha provato a spiegare questa
passione: Avrebbe voluto fare due mestieri. Il diplomatico, e ci fu un pe53
riodo a met degli anni Settanta, quando i comunisti avanzarono alle elezioni amministrative, in cui Ugo La Malfa pens a lui come ambasciatore
a Washington per tenere buoni rapporti con gli Usa. E poi il giornalista,
visto che gli piaceva da matti seguire il mondo dei giornali e aveva
grande familiarit con molti giornalisti: ne ricordo due su tutti, Giulio
De Benedetti e Indro Montanelli.
Uscito dalla Fiat e diventato presidente e azionista della Rcs, Romiti pens bene di provvedere personalmente alla nomina del direttore
del Corriere della Sera. A distanza di tempo ha spiegato: Lo feci per salvaguardarlo, non certo per fargli un dispetto. Dissi che il direttore lo nominava il Consiglio di Amministrazione quale organo di rappresentanza
degli azionisti. Non poteva essere un diritto acquisito da parte di un solo
socio anche se si chiamava Agnelli. Forse non fu un dispetto ma l'impressione che dest in tanti fu esattamente quella. Il sodalizio con Romiti
ha caratterizzato il decennio in questione, una fase di rapporti difficili ma
anche di strategie aziendali e di scelte produttive, di modelli lanciati
sul mercato che ridiedero slancio a una azienda uscita in affanno dagli
anni Settanta. Il confronto di due personalit molto forti si conclude quasi
sempre in maniera traumatica. Ci non toglie che l'immagine alla fine rimasta quella di Romiti che segue in piedi la funzione funebre in onore
di Gianni Agnelli e quando un signore che gli era alle spalle si lament
perch non riusciva a veder nulla, rispose stizzito: Mi lasci in pace.
Il fatto che si era creato tra i due un equilibrio perfetto, sintetizzato da Romiti in poche battute: L'Avvocato aveva un grande fascino...
Era curioso e aveva una dote: leggeva immediatamente nella testa di chi
aveva di fronte... Il suo problema che non aveva alcuna voglia di occuparsi della gestione dell'azienda. Capiva subito i problemi ne individuava
le soluzioni ma ne restava fondamentalmente estraneo... Era un cinico
che si annoiava... Una volta, dovendo parlare a un convegno, si era fatto
scrivere un discorso. Mentre lo stava leggendo, arrivato a met disse
sconsolato: Ma quanto noioso quel che sto dicendo e continu parlando a braccio con grande abilit. Lontano, insomma, da quella gestione a cui si dedicava Romiti facendo delle scelte (l'accantonamento di
Ghidella, il padre della Uno, l'auto del rilancio, un certo eccesso di finanza) che poi gli verranno da molti contestate. Ci non toglie che anche
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GIANNI AGNELLI
GIANNI AGNELLI
GIANNI AGNELLI
mente lo stata. Perch l'azienda di oggi, quella guidata da Sergio Marchionne, non ha nulla a che vedere con quella di allora. Ricordare all'azienda attuale i benefici (alcune stime parlano di un centinaio di
miliardi in tutto) ottenuti dai diversi governi che si sono avvicendati alla
guida del Paese serve veramente a poco.
Questa non pi la Fiat dell'Avvocato che presentava la Bravo e
la Brava nel 1995 con queste parole: Noi fabbrichiamo automobili, le
fabbrichiamo in Italia e rappresentiamo Torino. In anni migliori, quando
gli stabilimenti erano ancora pieni di operai, disse: Nel 1945 avevamo
sessantacinquemila dipendenti, oggi duecentocinquantamila. E sono cinquant'anni che sento dire: Agnelli licenzia. Forse oggi, quella frase, non
potrebbe pi pronunciarla. Nei suoi sei stabilimenti italiani (compresa la
Sevel di Val di Sangro) lavorano poco pi di ventiquattromila operai.
Complessivamente il nuovo gruppo (compresa Chrysler) conta su poco
pi di 197 mila dipendenti, il 31,80 per cento lavora nella Penisola, il
68,20 all'estero. Gli anni ruggenti della motorizzazione di massa, delle
Seicento che rappresentavano il Miracolo Italiano ed erano il segno di un
benessere che cominciava a diffondersi, sono passati. Quando Agnelli arriv alla guida dell'azienda, la Fiat produceva un milione e mezzo di veicoli, aveva in Italia una quota di mercato pari all'ottanta per cento e in
Europa del 14 per cento; era nel Continente il secondo produttore di autovetture dopo la Volkswagen e il quinto mondiale dopo General Motors,
Ford, Chrysler e Volkswagen. Da allora molta acqua passata sotto i
ponti.
La quota di mercato italiana si progressivamente assottigliata
passando dal 55,6 per cento del 1970, al 23 per cento del 2010 e ritornando nel 2012 al 29,6 per cento perch contemporaneamente nel nostro
Paese c' stato il crollo delle immatricolazioni (-19,87 per cento). I ricavi
consolidati del gruppo nel 2012 sono stati di 84 miliardi di euro, l'utile
della gestione ordinaria di tre miliardi e 814 milioni, l'utile netto di un
miliardo e 411 milioni. La Volkswagen nel 1970 cominciava a boccheggiare, il suo modello di punta, il vecchio Maggiolino, manifestava sul
mercato scarsa sintonia con i gusti del pubblico. Ma oggi i numeri della
casa tedesca sono straordinari. Tanto per cominciare, Volkswagen nel
2012 attraverso i suoi otto marchi ha prodotto qualcosa come nove milioni
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e trecentomila vetture; nei sei stabilimenti tedeschi (Wolfsburg, Braunschweig, Hannover, Salzgitter, Emdem e Kassel) impiega centotremila
operai.
L'azienda nel suo complesso ha realizzato un fatturato di 192,6
miliardi di euro e prodotto un utile di 21,7 miliardi; in premio di produzione (produktivitaetsbonus) ha distribuito 750 milioni di euro. Alcuni
anni fa Sergio Marchionne sottoline che l'andamento del mercato
avrebbe concentrato la produzione di automobili in poche mani, mani capaci di immatricolare almeno sei milioni di veicoli all'anno. La Fiat al
momento a un terzo del percorso e un quarto di quella produzione la
piazza in Italia, che ancora un suo mercato di riferimento. La situazione,
nel frattempo, peggiorata visto che la sovracapacit produttiva in Europa
stimata in venticinque milioni di pezzi e, come ha notato l'economista
Salvatore Bragantini, non ci sono segnali per ridurre in maniera coordinata questa sovracapacit perch la linea tedesca che prevalsa postula
che chi fa buone auto a prezzi competitivi le vende e ci guadagna. Nel
1986, un anno dopo il referendum, le Partecipazioni Statali consegnarono
l'Alfa Romeo alla Fiat. L'Alfa aveva una clientela molto affezionata e fortemente identitaria, un po' come quella che si associa, nelle due ruote, all'Harley Davidson o alla Ducati. Ma la Fiat cominci a produrre vetture
che con le icone del passato, la Duetto o la Giulia, avevano poco a che
spartire. Qualche anno fa, prima della presentazione della nuova Giulietta
(quella storica rappresent una vera e propria rivoluzione), Marchionne
annunci che se il marchio non avesse venduto almeno trecentomila auto,
probabilmente il Gruppo vi avrebbe rinunciato.
La scelta delle Partecipazioni Statali che nasceva dal desiderio di
sbarrare la strada alla Ford che voleva acquistare quell'azienda fu sbagliata: un concorrente sul mercato nazionale avrebbe aiutato la Fiat a migliorarsi dal punto di vista della qualit diventando competitiva anche a
livello europeo. Una posizione, questa, condivisa anche da Luca di Montezemolo. Sollecitata dalle pubbliche dichiarazioni di Marchionne, la Volkswagen aveva avanzato una proposta di acquisto alla quale il Gruppo
rispose con un prezzo: venti miliardi. Oggi, il marchio che si pensava di
dismettere diventato quello di punta visto che con l'ottavo piano (in
otto anni) Fiat ha annunciato di volersi dedicare all'alto di gamma, quello
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GIANNI AGNELLI
che garantisce pi utili, e non pi alle utilitarie che tanto piacevano all'Avvocato che in un certo momento nel suo garage personale aveva la
bellezza di ventidue Panda. Dice Bragantini in un articolo per
lavoce.info: vero in questo segmento si guadagna di pi ma ci richiede anni di grandi investimenti e una ossessiva coerenza nella cura
dell'immagine del marchio. Si veda il pluridecennale lavoro di Volkswagen sull'Audi che trenta o quaranta anni fa era un marchio debole e senza
identit. Solo con questo lavoro si possono ottenere risultati durevoli sui
segmenti alti, quelli che i nostri governi, premuti dalla Fiat, hanno tartassato con ogni mezzo. Ed appunto dai segmenti alti che arrivano i
profitti con i quali Volkswagen sussidia una politica di prezzi stracciati
sul basso di gamma che strozza i produttori di quelle auto come Fiat.
Insomma, serve continuit strategica e investimenti, cio soldi. Gianluigi
Gabetti, presidente onorario di Exor, dice: L'intelligenza, la cultura, l'internazionalit ma soprattutto l'Avvocato avrebbe apprezzato di Marchionne la capacit di vivere nel futuro. Probabilmente. Certo non
avrebbe mai immaginato di vedere il nome di uno dei suoi grandi successi
proprio nell'alto di gamma, la Thema, associato a un'auto che di italiano
ha solo lo scudetto e nemmeno la calandra ( stata cambiata anche quella
per renderla simile alla Chrysler). Pierre Carniti in un suo saggio racconta
un gustoso aneddoto che riguarda il direttore della Volkswagen in Brasile:
Con un certo autocompiacimento egli avrebbe sostenuto che la sua
azienda era riuscita a delocalizzare all'esterno, in varie parti del mondo,
la quantit maggiore della sua produzione. Riservandosi di realizzare
solo ci che sapeva fare meglio: collocare la sigla VW sul cofano dell'automobile. Ecco perch a questo punto riesce difficile pensare che le
biografie si incrocino ancora.
Dalla Confindustria Agnelli and via solo dopo due anni, nel
1976. Convinse Guido Carli, che si era dimesso nel 1975 da Governatore
della Banca dItalia, a sostituirlo alla guida degli imprenditori. Da quella
poltrona lo allontanarono quella noia di cui ha parlato Romiti, i problemi
della Fiat e le critiche che i colleghi non gli avevano risparmiato (le sue
aperture al sindacato erano considerate troppo generose). Lasci la Confederazione nella mani di quello che molti storici considerano ancora oggi
il miglior presidente che lorganizzazione imprenditoriale abbia mai
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avuto. Ma su questo giudizio probabilmente non tutti gli industriali concordano perch in un sistema capitalistico nel migliore dei casi protetto
e nel peggiore assistito, Guido Carli, in un a fase in cui le aziende avanzavano richieste protezionistiche, indic la strada della competizione, cio
quasi una eresia per i tanti liberisti allamatriciana che densamente popolano la nostra Penisola.
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LA SVOLTA DELLEUR
Austeri al governo
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Perch il problema era lAutonomia. Perch una cosa erano le intenzioni di Lama (comunque non del tutto al riparo dai condizionamenti),
altre quelle del Pci che tendeva a considerare le scelte del sindacato funzionali alla sua strategia e puntava a ripristinare, per quanto riguarda la rappresentanza sociale, il primato del Partito rispetto alle Confederazioni. Si
riproponeva, sotto forma diversa, il conflitto ideale che si era gi posto sul
concetto di unit. La Flm, la Federazione Lavoratori Metalmeccanici, era
stato lunico tentativo riuscito, realmente compiuto di unit dopo il Patto
di Roma e la successiva rottura della rinata Cgil dalle macerie della guerra.
Ma la Flm non era particolarmente amata allinterno del Pci: con la sua autonomia (concetto evidentemente indissolubile rispetto allunit) accentuata
finiva per proporsi come soggetto politico autonomo, per rivendicare un
protagonismo al di fuori e al di l delle tutele politiche, un ruolo distante
dai partiti e oltre i partiti. Significativa la critica violenta con cui lUnit
accolse laffiliazione della Flm allorganizzazione internazionale dei metalmeccanici (la Fism), un decennio prima delladesione della Cgil alla Cisl
internazionale avvenuta nel novembre del 1991. La Federazione Cgil, Cisl
e Uil era stata un compromesso al ribasso, pi vicina ai gusti del Pci che
vedeva al suo interno la riproposizione di determinate dinamiche partitiche.
Anche se poi a Botteghe Oscure non si facevano salti di gioia per la creazione di un apparato di vertice, la segreteria unitaria, in cui i comunisti
erano minoranza perch a ogni organizzazione erano assegnati paritariamente trenta posti ma nella Cgil cerano anche i socialisti cosa che riduceva
la rappresentanza dei comunisti. Era un sacrificio che Luciano Lama accettava poich animato da spirito realmente unitario ma che altri, ad esempio, Rinaldo Scheda, uomo di pi stretta ortodossia al pari di Sergio
Garavini, faticavano a digerire.
La Federazione Unitaria, poi, era un frutto che avrebbe avuto bisogno di un tempo pi lungo per la maturazione. Giorgio Benvenuto lo ha
sottolineato con grande chiarezza: Il patto federativo si stabilizzato durante il Compromesso Storico. Poi, quando entrato in crisi il Compromesso Storico, anche il patto federativo entrato in crisi. La Federazione
Unitaria paradossalmente andava bene ma avrebbe richiesto pi tempo
per consolidarsi. La crisi del Compromesso Storico forse avvenuta troppo
presto perch la Federazione Unitaria era una scelta che doveva convivere
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maggiore coinvolgimento del Pci nel governo. Ferma restando la sua autonomia nel giudicare (ed eventualmente contrastare) le scelte di politica
economica e sociale messe in campo.
Esattamente il nervo scoperto di chi temeva che la Svolta dellEur
fosse un pretesto per riesumare antiche cinghie di trasmissione, semmai un
po logore ma, comunque, sempre riutilizzabili alla bisogna. Queste preoccupazioni erano espresse in maniera molto chiara dalla Uil; la Cisl, in cui
non si era ancora del tutto consolidata la leadership Macario-Carniti, era
un po pi prudente.
L A S V O LTA D E L L E U R
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tempi: il teatro proprio davanti alla sede centrale della Banca dItalia, laddove venivano gestiti in larga misura i destini di un Paese in grande difficolt. Perch gli interventi di quei mesi furono pesantissimi: abolizione e
accorpamento di alcune festivit, aumento del prezzo della benzina e di
altri prodotti petroliferi, delle tariffe postali e ferroviarie, pagamento a partire dal 30 settembre del 1976 per i diciotto mesi successivi dei punti di
scala mobile scattati sui salari superioti agli otto milioni con buoni ordinari
del tesoro (per gli stipendi tra i sei e gli otto milioni, la quota era stata abbassata della met), eliminazione della contingenza dal calcolo della liquidazione, pi tardi, nel settembre del 1978, ci sarebbe stato anche un accordo
tra sindacati e Confindustria per ridurre dal sei al tre per cento lincidenza
della scala mobile sullaumento delle pensioni, in pi il tasso di sconto aument dal 12 al 15 per cento, fu introdotta una imposta straordinaria sugli
acquisti in valuta estera e per chi esportava capitali lobbligo di un deposito
in valuta del cinquanta per cento.
Davanti a quella platea, Berlinguer spiegava il significato della sua
politica economica. Nellintervento ritornava ossessivamente una parola:
Austerit. Diceva il segretario comunista: LAusterit non oggi uno
strumento di politica economica cui si debba ricorrere per superare una
difficolt temporanea, congiunturale, per poter consentire la ripresa e il
ripristino di vecchi meccanismi economici e sociali... il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che entrato in una crisi strutturale e di fondo, non congiunturale. Di un sistema
i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, lesaltazione dei particolarismi e dellindividualismo sfrenati, del consumismo pi dissennato.
Lausterit significa rigore, efficienza, seriet e significa giustizia, cio il
contrario di tutto ci che abbiamo conosciuto e pagato finora, e che ci ha
portato alla crisi gravissima i cui guasti si accumulano da anni e che oggi
si manifesta in Italia in tutta la sua drammatica portata... LAusterit per
i comunisti la lotta effettiva contro il dato esistente, contro landamento
spontaneo delle cose, ed , al tempo stesso, premessa, condizione materiale
per avviare il cambiamento. Cos concepita lausterit diventa arma di
lotta moderna e aggiornata, sia contro i difensori dellordine economico e
sociale esistente, sia contro coloro che la considerano come lunica sistemazione possibile di una societ destinata organicamente a rimanere ar76
L A S V O LTA D E L L E U R
L A S V O LTA D E L L E U R
tre anni di durata dei contratti collettivi, lintero meccanismo della cassa
integrazione dovr essere rivisto da cima a fondo. Noi non possiamo pi
obbligare le aziende a trattenere alle loro dipendenze un numero di lavoratori che esorbita le loro possibilit produttive, n possiamo continuare a
pretendere che la Cassa integrazione assista in via permanente i lavoratori
eccedenti.
Spiegher qualche anno pi tardi Bruno Trentin: Bisogna in primo
luogo riconoscere, guardando ai singoli obiettivi, che non ci troviamo di
fronte a una modifica radicale delle priorit rivendicative determinate dal
sindacato. Nel documento dellEur vengono infatti riaffermati degli obiettivi che, sia pure in modo meno sistematico di oggi, impegnano da anni il
movimento sindacale italiano e che sono stati al centro di lotte importanti
della classe operaia e dei lavoratori italiani. Allora dov stato lelemento
di svolta? Credo, per parte mia, che esso si esprima, innanzitutto, nella
maggiore organicit che nelle risoluzioni dellEur e nel dibattito che le ha
precedute, assume la proposta di politica economica del movimento sindacale unitario. Mi riferisco in modo particolare al rapporto prefigurato
fra le misure di rilancio delleconomia e le misure di riforma della struttura
industriale, delle strutture agricole e distributive. Il documento dellEur
quello che affronta nei termini pi conseguenti la connessione fra politica
di sviluppo e riforma di struttura. Ed quello in cui viene, forse per la
prima volta, esplicitata con chiarezza, la connessione esistente fra alcuni
indirizzi di politica economica e lobiettivo pi generale della riforma e
del rinnovamento dello Stato.
Tutto questo avr vita breve e qui tornano le perplessit, il legame
indissolubile che settori del sindacato avevano creato tra quella Svolta e la
strategia del Compromesso Storico. Un mese dopo lEur ci sar la strage
di via Fani e il rapimento di Aldo Moro; tre mesi dopo il corpo del leader
democristiano verr ritrovato in una Renault rossa in via Caetani, un ritrovamento avvolto ancora da una robusta coltre di mistero, una coltre che alcune rivelazioni abbastanza recenti (in realt, lauto e il corpo sarebbero
stati rinvenuti molto prima della pubblica comunicazione) hanno da un
certo punto di vista reso ancora pi spessa. Il Pci sarebbe entrato nella maggioranza, ma pi per far fronte allemergenza istituzionale prodotta dal gravissimo attacco terroristico che per convinzione perch era ormai chiaro
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L A S V O LTA D E L L E U R
vanti da indennit di contingenza dei redditi da lavoro pi alti furono parzialmente o interamente destinati ad investimento forzoso in speciali titoli
pubblici... I sindacati per parte loro accettarono labolizione delle scale
mobili anomale, e labolizione di un certo numero di festivit infrasettimanali; accolsero lesigenza di aumentare la produttivit, mutando il loro atteggiamento nei confronti dello straordinario e della mobilit interna;
accolsero solo in parte minore (sulle tariffe) la richiesta di attenuare il
meccanismo di scala mobile ma offrendo la de-indicizzazione delle indennit di fine rapporto, finirono per dare molto di pi di quanto richiesto.
LEur da un punto di vista pratico non garant i benefici che pure,
generosamente, i sindacati avevano inseguito. LItalia, insomma, rimase in
mezzo al guado di una crisi drammatizzata da un terrorismo che non dava
tregua e che in quegli anni appariva imbattibile tenendo sotto scacco lItalia
con la sua potenza di fuoco. Quelle vicende avrebbero pesato sul futuro
del sindacato. Lo ha spiegato qualche anno pi tardi, una volta abbandonata
la scrivania di Corso dItalia, proprio uno dei principali protagonisti, luomo
che con la famosa intervista aveva fatto sobbalzare molti suoi colleghi in
un mattino di gennaio, cio Luciano Lama. Replic allaccusa di aver voluto con quella strategia mettere la sordina alle rivendicazioni dei lavoratori
definendola ingenerosa. Disse: Io credevo davvero in quel che dicevo e
facevo. La mia linea non era strumentale. Era una linea giusta, o almeno
io la ritenevo giusta. E mi sono comportato di conseguenza. Prov a smentire anche la tesi della strumentalit di quella scelta rispetto alla strategia
del Compromesso Storico: Non ho fatto nessun calcolo, n mi sono inventato niente, Forse ho camminato un po pi avanti degli altri. Ma ci
vuole, no?, qualcuno che ogni tanto cammini un po pi avanti. E, comunque, io camminavo lungo la stessa strada del mio partito. Ammette che
in ogni caso lEur non spost di un millimetro le cose nel Paese: la linea
vince formalmente nel voto di quellassemblea. Non vince nella politica,
non si afferma in concreto. E io perdo, a conti fatti. Perch la nostra gente
pensa che quella linea sia sbagliata o da illusi, non laccetta come strategia
di cambiamento vero, capace di dar pi potere alle classi lavoratrici, di
affermare la loro forza e la loro autorevolezza nel Paese.
Ma Lama cap, in quel momento, che sarebbe cambiato il suo rapporto con il Pci come ponte verso il governo (e lo avrebbe verificato ama81
ramente pi tardi, negli ultimi sei anni della sua segreteria) e che era cambiato anche latteggiamento di buona parte dei suoi compagni della Cgil
nei confronti dellunit sindacale: Berlinguer non ci disse mai in modo
esplicito di non stabilire rapporti con il governo. No, cominci una politica
pi sottile ma anche molto decisa: quella di spingere il Pci ad intervenire
assai pi di prima sulle questioni economiche, sociali e di orientamento
sindacale. Questi interventi si rivelarono, via via sempre meno coincidenti
con le posizioni della Cgil, con le posizioni dei comunisti della Cgil e con
le mie posizioni. E fu allora che dentro la Cgil cominciarono i contrasti.
Contrasti sempre pi evidenti, pi aperti. E infine: il fallimento dellEur
forse incise anche sulla mia autorit. Ma soprattutto incise e molto sullunit sindacale. In quella fase, infatti, ripresero forza dei discorsi strani
sullunit del sindacato. Nel Pci molti si domandavano: questunit serve
o non serve? E qualcuno rispondeva: ci sono dei momenti in cui non serve,
meglio la divisione, meglio star soli avendo una linea, che ununit confusa, verticistica, dove i leader sindacali ricercano di continuo degli accordi fra di loro, a danno della democrazia sindacale. S, fu in quel periodo
che si cominci a parlare molto di democrazia nel sindacato, con accuse
precise, a noi del vertice, di essere, come si sarebbe detto in seguito,
degli oligarchi... In verit, alle spalle di questi discorsi cera un proposito
molto netto: affermare il principio che le scelte dei lavoratori comunisti
competono al partito, le fa il partito, poi i lavoratori diranno se il partito
ha torto o no. Il sindacato pu anche avere una posizione diversa, ma sia
chiaro che la sua, deve avere la firma della Cgil. A quel punto si vedr
come la pensa la gente. Se la gente la pensa come il Pci, ha vinto il Pci.
Berlinguer lo sosteneva con chiarezza, e continu a sostenerlo con sempre
maggiore chiarezza: poich il Pci ha molti iscritti tra i lavoratori, non pu
rinunciare a dire ai lavoratori come loro si dovrebbero comportare. Insomma, che ognuno facesse il suo gioco, il partito e il sindacato. cominciata allora la solitudine di un leader, una solitudine prodotta da due
qualit incontestabili: coerenza e lealt.
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LUCIANO LAMA
Tra unit e fedelt
LUCIANO LAMA
LUCIANO LAMA
dacato (al suo sindacato) la delega. Il Pci aveva deciso di fare in proprio
mentre Lama pensava di poter continuare come prima (prima del Compromesso Storico, dei governi di solidariet nazionale). Quel suo voler andare,
come avrebbe detto Fabrizio De Andr, in direzione ostinata e contraria
rispetto alle indicazioni del Pci e allidea che al di l di certi confini esistano
solo Nemici e non semplici Avversari, lo aveva comunque trasformato nel
tempo in una presenza rassicurante, anche per i suoi colleghi del sindacato.
Pierre Carniti, caratterialmente spigoloso, non aveva sempre avuto ottimi
rapporti con quel romagnolo espansivo, forse un po vanitoso ma coerente
e affidabile. Qualche tempo dopo, parlando con Giorgio Benvenuto a una
commemorazione del collega scomparso, disse senza infingimenti: stato
il migliore. E in una intervista ha sottolineato parlando di quel San Valentino: Lama era un riformista. Si pu forse dire che se avesse avuto pi
coraggio le cose sarebbero andate diversamente ma lui era una persona
molto leale, con un forte senso di appartenenza politica e sociale. Se ne
sarebbe dovuto andare dal Pci o dalla Cgil ma non se la sent. Quando la
direzione del partito decise il referendum lui si pronunci contro, quasi da
solo, eccetto qualche riserva espressa da Giorgio Napolitano e da Gerardo
Chiaromonte. And a firmare con lufficio-stampa del Pci che aveva organizzato la presenza dei fotografi. Lo vollero umiliare. Lumiliazione della
chiesa ad un proprio adepto con tendenze eretiche.
Parlando dei problemi che a partire dalla met degli anni Ottanta
assillano il sindacato, delle sue difficolt a ritrovare una logica unitaria solida e credibile, Giorgio Benvenuto ha detto in un libro: Lungi da me lintento di esprimere giudizi sulle persone. Le personalit sono figlie delle
fasi storiche e di determinate fasi storiche certe personalit sono quasi la
diretta conseguenza. Per al di l della scala mobile e delle divisioni che
ne seguirono, penso che gli addii alla segreteria della Cisl di Pierre Carniti
nel 1985 e di Luciano Lama a quella della Cgil nel 1986 abbiano accresciuto le difficolt. La crisi che si apr sulla scala mobile provoc nel sindacato unonda lunga che port anche al ricambio dei gruppi dirigenti.
La logica che nel confronto politico si avversari pi che nemici
trov una conferma proprio in quel congresso di addio, nel 1986 quando al
tavolo della presidenza, si manifest la figura fisicamente imponente di
Bettino Craxi. San Valentino era ormai lontano; il referendum si era risolto
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LUCIANO LAMA
in una sconfitta per il Pci. Con svizzera puntualit, Craxi cominci a parlare
a mezzogiorno: non fu un mezzogiorno di fuoco perch la platea lo accolse
con imprevisto calore. Ma soprattutto rese lonore delle armi al vecchio avversario che andava via. E lo fece citando Fernando Santi, ricordandone la
fede che nutriva nella funzione riformista del sindacato. Alla platea lesse
questo brano: Vi una legge invisibile che presiede, lo vogliamo o no, allazione del sindacato: la legge della gradualit. Il sindacato non pu dare
appuntamenti con la storia; i partiti lo possono fare, e dentro certi limiti;
io credo nella sicura conquista di ogni giorno, credo nella necessit di trasferire nel costume, negli orientamenti, nelle leggi, le conquiste operaie,
perch siano salvaguardate e diventino patrimonio civile, di tutta la societ
civile e di tutta la societ nazionale. Era il testamento ideologico di
Santi e, probabilmente, il testamento ideologico di Luciano Lama; sicuramente i princpi a cui il segretario che stava per lasciare aveva uniformato
per sedici anni la sua azione di leader, vincendo e perdendo, scegliendo
nella maniera migliore e sbagliando. Craxi chiuse quel suo discorso facendo
a Lama gli auguri di buon lavoro per lazione di difesa degli interessi dei
lavoratori che egli continuer a svolgere.
Con il leader della Cgil, il presidente del consiglio di allora aveva
sempre avuto ottimi rapporti. Si stimavano, non si accettavano semplicemente e questa stima emerse quando Craxi, tornando temporaneamente,
eccezionalmente a vestire i panni del comune mortale, cio del comune
giornalista, vecchia professione di appartenenza, fece per lAvanti! una intervista a uno dei capi dei lavoratori. Craxi in quel momento, cio alla tribuna di quel congresso della Cgil, immaginava che Lama sarebbe rientrato
al partito (che aveva lasciato agli inizi degli anni Settanta rispettando le regole dellincompatibilit tra la carica parlamentare e il ruolo di sindacalista)
e avrebbe messo al servizio del Pci lesperienza accumulata in tanti anni di
attivit, di lotte, di confronti e di intese. Ma le cose non andarono esattamente cos o, meglio, andarono solo formalmente cos. Un po perch i sindacalisti faticano a sintonizzarsi con le logiche autoreferenziali di cui
parlava Trentin a proposito di Di Vittorio e un po perch la vicenda di San
Valentino (e quelle degli anni precedenti) continuarono a spingere ai margini lex leader della Cgil: lo guardavano con sospetto. Avrebbe potuto guidare il Pci verso un nuovo approdo riformista, forse la sinistra verso una
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LUCIANO LAMA
con una forza politica di riferimento che ondeggiava tra una imprecisata
alternativa democratica e un indefinito governo degli onesti.
A questo bizantino zigzagare avrebbe preferito una coerenza di idee,
di elaborazione, di proposta. Ecco perch con le lacrime agli occhi, davanti
a Giorgio Benvenuto e Agostino Marianetti (segretario generale aggiunto
della Cgil) firm laccordo con il ministro del lavoro, Vincenzo Scotti, cos
come qualche tempo prima aveva accettato la proposta del Fondo di Solidariet che avrebbe dovuto finanziare gli investimenti al Sud (e che fu boicottato e affondato dal Pci, con un durissimo e liquidatorio fondo sullUnit,
come ha raccontato lallora leader dei metalmeccanici della Uil, Enzo Mattina), ecco perch le scelte di San Valentino vennero accompagnate da mille
turbamenti. Voleva essere, allo stesso tempo, fedele allidea di unit sindacale che per decenni aveva coltivato e leale con le decisioni del suo partito
ma si rendeva conto che le due cose non si riuscivano a tenere insieme. Soprattutto nella Cgil dove cominciarono gli scontri che esplosero al momento
della sua successione. Da un lato Bruno Trentin e dallaltro Sergio Garavivini, luomo dellortodossia che dopo la rottura del Compromesso Storico,
e dopo le critiche (da sinistra) di Cisl e Uil, aveva detto ai dirigenti delle
altre due Confederazioni: E ora capirete cosa significa essere contestati
da sinistra, annunciando la paralisi che avrebbe caratterizzato la vita del
sindacato dopo la rottura della Federazione Unitaria. Tra i due, Luciano
Lama, che aveva inizialmente puntato su Lucio De Carlini, scelse Antonio
Pizzinato nella speranza di poter tenere unita lorganizzazione dopo la sua
uscita di scena. Per la verit il segretario aveva anche immaginato una soluzione decisamente innovativa: il socialista Agostino Marianetti, per il
quale stravedeva tanto vero che chiese a Giorgio Benvenuto di adoperarsi
per convincerlo a rimanere nel sindacato.
Lui, come si dice, la faccia ce lha sempre messa. Ad esempio, nel
periodo durissimo del terrorismo. Ha raccontato in un libro Giorgio Benvenuto: Per noi la cosa pi sorprendente era il fatto che esistesse un terrorismo di sinistra. Faticammo a capirlo, ci sembrava impossibile.
Allinizio si usava ancora laggettivo sedicenti. Poi prendemmo atto che
le Brigate Rosse non erano sedicenti, che le cose erano diverse da come
per un certo periodo ce leravamo raccontate. Con onest devo dire che il
Pci e la Cgil furono fermissimi, determinati.
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LUCIANO LAMA
LUCIANO LAMA
nellaffermazione che i confini dellindustria si stanno dilatando e tutto diventa fabbrica, perfino il ristorante, il fast-food. Mi preoccupa, per, che
dicendo che tutto fabbrica si finisce per affermare che nel sindacato dellindustria non c niente da cambiare: gli altri lavoratori verranno a noi.
Sarebbe bellissimo. Ma non cos. Perch quel cameriere del fast-food non
un Cipputi come gli altri. Non loperaio della catena di montaggio. Anzi
non sono nemmeno convinto che il vero operaio della catena di montaggio
sia lo stesso di anni fa. Il sindacato deve cambiare se vuole continuare a
essere lespressione della solidariet e dellunit fra i lavoratori.
Fu un duello a distanza con Garavini, luomo che pi di altri, in
quegli anni, gli aveva tagliato lerba sotto i piedi e che da quella tribuna
aveva accusato i dirigenti sindacali di essere ondivaghi, di dire delle cose
in assemblea e di cambiare poi la linea nelle interviste. E Lama gli disse:
Se nei miei quarantadue anni di militanza sindacale e nei sedici trascorsi
come segretario generale della Cgil avessi dovuto aspettare confronti e verifiche per ogni idea, bislacca o valida, che mi fosse venuta in mente, che
fine avrebbe fatto la creativit? Lapporto di idee?... Il rischio esige coraggio... la paura non virt... So chi siete, so cosa valete. Il nostro essere
avanguardia nei decenni passati non dipeso dalla forza del numero ma
dalla capacit di interpretare le esigenze profonde anche degli altri lavoratori... Non lasciatevi, dunque, tarpare le ali dalle difficolt. Abbiate il
coraggio di volare, come in passato, anche su territori sconosciuti.
La paura di volare ha bloccato il sindacato, lo ha costretto a giocare
in difesa, gli ha impedito di rendersi conto che il mondo del lavoro stava
cambiando, che il lavoro stesso stava cambiando, che le certezze del passato
non erano pi valide, che, come diceva Woody Allen, Dio morto, Marx
morto e anchio non mi sento troppo bene. Lama entr in un partito
senza Berlinguer ma in cui pesavano ancora gli scontri che lui aveva avuto
con Berlinguer. A lui, in altre situazioni, avrebbero potuto pensare come
un segretario proiettato verso il futuro, al contrario rimase nel suo ufficio
per un programma mai nato. Quando gli chiedevano quanto avesse pesato
quello scontro con il leader morto a Padova mentre pronunciava lultimo
discorso, rispondeva: Pu aver influito ma poi aggiungeva per sottolineare che le cose stavano cambiando: la parola riformista non ha pi il
connotato negativo di un tempo. S, una volta, qualsiasi iscritto al Pci si
sarebbe ribellato nel sentirsi definire riformista. Tuttal pi accettava
desser chiamato riformatore. Oggi i riformisti nel Pci ci sono. E spesso
sono dei riformisti veri, pi veri dei riformisti che stanno fuori dal Pci...
Ho un nipote di due anni e mezzo. Quando sar uomo avr dei problemi, i
problemi del suo tempo. Ecco, non vorrei lasciargli in eredit anche alcuni
problemi del mio tempo. Vorrei affrontarli io e vedere di risolverli. Questo
ci che io penso del compito di una forza progressista in Italia: fare delle
cose, non lasciar marcire le questioni, non nasconderle nellasse ereditario
destinato alle generazioni future.
La logica resta valida nonostante siano passati diversi decenni da
quando pronunci quelle parole: il nipote di due anni e mezzo ormai un
uomo e fa i conti con i problemi di un tempo veramente complesso, segnato
da crisi spaventose, da problemi che sono nati in quegli anni e che sono
stati proprio lasciati nellasse ereditario delle generazioni future. LItalia
diventata pi moderna negli aspetti esteriori ma non riuscita a modernizzare i suoi assetti profondi, la sua macchina burocratica, il suo sistema
fiscale; ha visto partire fabbriche, ha visto in qualche modo impoverirsi un
sistema industriale che non stato capace di consolidare. La parabola di
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LUCIANO LAMA
Lama rappresentativa di quel che avvenuto al Paese: unenergia dispersa, come le tante industrie che mantengono il nome ma vengono acquistate da imprenditori stranieri. Ha fatto il sindaco di una piccola citt
dellUmbria, Amelia. Ma non gli sono stati concessi appuntamenti con la
storia pi importanti.
Nel 92 faceva parte del gruppo di esponenti comunisti che partecip alle trattative per lelezione del Capo dello Stato. Alla fine fu scelto
Oscar Luigi Scalfaro. Ma per un giorno circol anche il suo nome. E lui
spiegava che si portava dietro un peccato originale: la tessera del Partito
Comunista che, ormai, non esisteva pi ma resisteva nei ricordi e, quindi,
nelle valutazioni. Diceva che ci sarebbero volute ancora delle generazioni
prima che quellevento si realizzasse. Ma, alla fine, c voluto meno tempo
di quel che lui immaginava, visto che quattordici anni dopo sarebbe stato
eletto Giorgio Napolitano che avrebbe anche per la prima volta nella storia
della Repubblica bissato lincarico. Una scelta che se fosse stato ancora
vivo avrebbe forse considerato come un filo rosso che si riannodava: tanti
decenni prima, nella gara per la segreteria lui aveva puntato pi su Napolitano che su Enrico Berlinguer. In quei giorni, in Parlamento, gli capitava
di incrociare Gianni Agnelli, il primo dei Padroni, lavversario non il
nemico. A chi gli chiedeva un nome sul futuro inquilino del Colle, rispondeva senza esitazione: Voterei Gianni Agnelli. Tra tutti quelli che sono qui
dentro, lui diverso. anche una questione di stile e lo stile conta. Veniva,
daltro canto, da un mondo diverso, diverso dallItalia sguaiata delle Olgettine, delle nipoti di Mubarak, dei pitoni che invece di essere accolti
nei rettilari strisciano tra i banchi di Montecitorio, delle trib degli Al Cafoni che usano il Crystal come colluttorio, perch, poi, bisogna avere stile
anche a fare i playboy e c una differenza tra Gigi Rizzi e il fotografo Corona. Gianni Agnelli, incrociandolo, gli diceva: Voterei lei ma ho cominciato con Spadolini e non posso cambiare. Questione di stile, appunto.
Nel decennio lungo Lama ha giocato un ruolo decisivo. Decisivo
e sofferente perch le cose non sono andate come lui avrebbe voluto che
andassero, perch a un certo punto il partito gli ha ritirato quella delega che
lui pensava di poter mantenere ancora, anche dopo larchiviazione del Compromesso Storico. Lo hanno indebolito dallesterno contestandogli ogni
iniziativa, impegnandolo prima in una trattativa con il Pci e poi con i vari
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LA PRIMA ROTTURA
Quarantamila in marcia
LA PRIMA ROTTURA
Uscirono in fila dal Teatro Nuovo. Ordinati e silenziosi. Camminavano tra la gente che sui marciapiedi li guardava, un po partecipi un po
incuriositi. E un po anche inveleniti perch l, tra chi guardava, cerano
anche membri del Consiglione di Mirafiori. Molti li applaudivano, altri li
insultavano. Man mano che sciamava per le vie del centro di Torino, il serpentone si ingrossava e, soprattutto, si allungava: quando la testa del corteo
era giunta gi a Piazza Castello, il Teatro Nuovo non si era ancora completamente svuotato, due chilometri e mezzo di corteo. Sembra che la pubblica
misurazione del tasso di partecipazione sia stato fatta da un giornalista
del Manifesto che sentenzi: sono quarantamila. In realt non lo erano e
sui numeri, in effetti, le polemiche non mancarono.
Ma non era quello laspetto sostanziale della cosa: il dettaglio aritmetico non poteva fare ombra sul significato politico. Dopo trentacinque
giorni, un pezzo di Fiat (e di Torino) diceva a un altro pezzo di Fiat (quello
che bloccava i cancelli della fabbrica, impediva lingresso e luscita delle
merci e, quindi, della produzione) che non era pi disposto a seguirlo su
quella strada. Ci sono momenti in cui il silenzio pu essere estremamente
rumoroso. Quel 14 ottobre il silenzio di quella manifestazione fu talmente
assordante che leco fin per rimbalzare a Roma, nelle sale insonorizzate di
un albergo di via Veneto. AllHotel Boston, intorno a un tavolo cerano
lAmministratore delegato della Fiat, Cesare Romiti, il capo della Fiat Auto,
Vittorio Ghidella, il capo delle relazioni industriali, Cesare Annibaldi, il capo
del personale, Carlo Callieri; cera anche lo stato maggiore del sindacato,
Luciano Lama, segretario della Cgil, Pierre Carniti, segretario della Cisl,
Giorgio Benvenuto, segretario della Uil, Pio Galli, segretario della Fiom,
Franco Bentivogli, segretario della Fim, Enzo Mattina, segretario della Uilm.
Non sempre la storia la fanno i grandi condottieri. Non sempre la
storia la fanno le avanguardie combattive. A volte il destino ha le sembianze
anonime e un po grige di una persona normalissima, di un signore baffuto
che poi, anche grazie alla fama acquistata quella mattina, sarebbe diventato
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LA PRIMA ROTTURA
chiese che faccia aveva fatto Lama di fronte alla riuscita della marcia.
Cesare Annibaldi, non troppo tempo fa, ha tranquillamente confermato che quel che avvenne non fu frutto del caso e che Arisio pi che il
modellatore di un destino, ne fu lo strumento. In una intervista a La
Stampa, lallora capo delle relazioni industriali alla domanda: lavete organizzata voi?, rispose senza mezzi termini: S. La storia questa. Una
sera dopo un mese di blocco un gruppo di capi aveva tentato di entrare in
fabbrica a Rivalta ma erano stati buttati fuori. Cos Arisio e gli altri capi
presero liniziativa. Volevano trovarsi dentro il Teatro Nuovo. Noi suggerimmo: uscite in strada, fate vedere che siete tanti.
Evidentemente il contributo dellazienda non si limit a un suggerimento, ma la storia, a volte assume aspetti romanzeschi, addirittura leggendari e se poi le leggende sono metropolitane si finisce per smarrire il
senso della realt. Daltro canto, anche quel che avvenne a seicento chilometri di distanza, a Roma, in quel salone dellHotel Boston stato raccontato in maniere diverse. Le ricostruzioni di provenienza aziendale hanno
puntato a fornire l immagine di una resa senza condizioni: dateci una carta,
una carta qualsiasi, che la firmiamo. Non fu cos e, soprattutto, a tanti anni
di distanza, la soluzione finale appare non dissimile da quelle, che nel
tempo, sono state date a tante altre ristrutturazioni industriali. La Fiat vinse
ma non trionf, il sindacato perse ma non venendo obbligato al passaggio
sotto le forche caudine. Cesare Annibaldi nelle sue ricostruzioni ha provato
a confermare una versione dei fatti che piaceva molto a Cesare Romiti.
Sempre in quella intervista raccont: Fu Lama a dire a Romiti, dateci voi
il testo dellintesa. E noi a quel punto ci comportammo in maniera saggia.
Abbiamo tenuto il punto ma inserito una modifica essenziale... abbiamo
aggiunto la clausola dei rientri dopo due anni per i ventitremila cassaintegrati. Messa cos, sembra che quel 14 ottobre del 1980, un po fuori stagione, Babbo Natale abbia fatto irruzione allHotel Boston. Le cose non
andarono cos. E le testimonianze su questo concordano: non ci fu la delega in bianco a Romiti e Babbo Natale non port doni. Ha scritto tempo
dopo Giorgio Benvenuto in un libro: Nessuno disse a Romiti: Scriva lei
il testo. una caricatura. Anzi ricordo benissimo che avemmo un duro
scontro sul principio se la cassa integrazione si dovesse applicare a rotazione, ripartita cio su un numero maggiore di lavoratori, o solo sugli stessi
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LA PRIMA ROTTURA
LA PRIMA ROTTURA
LA PRIMA ROTTURA
gambizzati e nelle case dei feriti continuavano ad arrivare telefonate di minacce dei brigatisti. Ammazzarono Carlo Casalegno, vice-direttore della
Stampa. Ammazzarono Carlo Ghiglieno, capo della pianificazione dellauto. Torino era unarea di guerra. Occorreva unazione decisa anche
nellinteresse della fabbrica. Ecco perch nellautunno del 1980 rifiutammo
la cassa integrazione a rotazione: cera da alleggerire lorganico, ma bisognava anche allontanare i tanti, troppi simpatizzanti di quellideologia.
Finiti gli anni bui andai da Lama e dissi: quando noi vi avvertimmo,
quando noi vi dicemmo... avevamo ragione. Non cercavamo particolari autorizzazioni. Ma il sindacato avrebbe dovuto agire diversamente.
In quel clima si inser un articolo che Giorgio Amendola consegn
alle colonne del settimanale ideologico del Pci, Rinascita. Una denuncia
severa ma che conteneva elementi di riflessione per tutto il sindacato, che
sarebbero potuti tornare utili anche lanno successivo. Diceva Amendola:
La sconfitta subita alla Fiat con il fallimento dello sciopero di protesta
contro il licenziamento dei sessantuno, impone a tutte le forze politiche e
sindacali uno sforzo autocritico pari almeno a quello compiuto nel 195556 e che dovrebbe giungere, a mio avviso a drastici mutamenti. A partire
dal 1969-70 si avuto in fabbrica uno sviluppo di nuove forme di democrazia, chiamate democrazia diretta... Non si mai riusciti a sapere quanti
Consigli di Fabbrica siano effettivamente operanti... In realt i nuovi organi, che possono avere avuto in un primo momento, una funzione innovatrice sostituendo le vecchie e sclerotiche commissioni interne hanno perso
in molte fabbriche il loro carattere e non sono riusciti ad assicurare la partecipazione e la rappresentanza dellintera massa degli operai, dei tecnici
e degli impiegati. Amendola sollevava la questione della crisi del Sindacato dei Consigli, un tema su cui anche Bruno Trentin si era misurato in
maniera schietta e la cui urgenza sarebbe stata toccata con mano lanno
dopo quando la vertenza Fiat avrebbe sottolineato la distanza tra le cosiddette avanguardie e il resto dei lavoratori, una distanza che pesava anche
sulle rivendicazioni contrattuali, che denunciava il problema di un appiattimento salariale che non era pi momento di unit ma di divisione con la
trasformazione del lavoro, la moltiplicazione delle professionalit, la presenza, nello stesso luogo, di operai maggiormente qualificati e di operai
meno qualificati. Amendola anticipava il dibattito che avrebbe fatto seguito
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LA PRIMA ROTTURA
alla vertenza Fiat, accompagnato quello sugli accordi con Scotti e trovato
in qualche maniera un momento di sintesi nel decreto di San Valentino. Il
mondo del lavoro cambiava ma il sindacato non riusciva ad adeguarsi al
mutamento con la medesima velocit. Arrancava e restava bloccato su antiche e rassicuranti certezze, forse anche perch poco stimolato da un lato
da una classe dirigente politica che mostrava scarsa dimestichezza con i
linguaggi nuovi, e dallaltro da una classe imprenditoriale comunque
schiacciata sul proprio particolare e sostanzialmente poco sensibile a quella
funzione sociale di cui non che parlasse Carlo Marx ma un padre del
liberalismo come Adamo Smith.
Amendola sottolineava i limiti delle forme di rappresentanza scrivendo: Quale stata la partecipazione alle assemblee di reparto della
Fiat che hanno approvato la dichiarazione di sciopero delle due ore contro
i licenziamenti considerati arbitrari dei sessantuno? E ancora: Le rivendicazioni sono cresciute incontrollate, con un progressivo livellamento delle
retribuzioni, in un esasperato egualitarismo che contribuisce a mortificare,
assieme ai nuovi sistemi di organizzazione del lavoro, ogni orgoglio professionale e senza che laumento dei salari sia accompagnato da un crescente aumento della produttivit... Il sindacato ha commesso lerrore di
parlare un linguaggio ambiguo e cifrato, diplomatico e circospetto per
mantenere in equilibrio la precaria unit sindacale, senza affrontare apertamente la diversit delle posizioni, in un gioco di crescente demagogia e
di scavalcamento a sinistra... Non si mai detto che in Italia, in questi ultimi anni di crisi europea, magari esaltando questo risultato come prova
di forza contrattuale, i salari (delle categorie occupate) sono cresciuti in
assoluto pi dellaumento del costo della vita. Si voluto avvicinare il salario italiano al salario europeo, ci che obiettivo pienamente legittimo,
ma senza prendere liniziativa di una coerente politica di ristrutturazione
produttiva delleconomia italiana... Si proceduto ad una difesa rigida
della sopravvivenza di tutte le fabbriche, anche di quelle chiaramente dissestate e si dilapidato nel salvataggio di certe grandi imprese (Sir, Liquigas) e nellaccettazione di passivi impressionanti delle imprese pubbliche,
somme che non so calcolare (e chi lo potrebbe fare?) ma superiori certamente, nel loro complesso ai 10.000 o 20.000 miliardi di lire, sottratte agli
investimenti o imposte alle banche, impedendo loro di esercitare un credito
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LA PRIMA ROTTURA
sce non affrontare il problema... Si rischia di svalutare per non voler toccare
la scala mobile e tutti gli altri meccanismi automatici di indicizzazione.
Sistemata la lira, pass allargomento di maggiore interesse per la
Fiat: Abbiamo mano dopera in pi. Dobbiamo trovare il modo per ridurla, ma siamo pronti a discutere. Si possono riprendere i progetti sulle
agenzie regionali per coloro che restano senza lavoro. Si pu modificare
la legge di riconversione industriale 675. Si possono fare tante cose. Ma
dobbiamo essere onesti con noi e con il Paese: ci vuole meno gente nelle
fabbriche. Le aziende devono alleggerire i propri conti per poter tornare a
programmare lo sviluppo... Ci che abbiamo da offrire ai lavoratori appunto questo: un sacrificio subito, in cambio di una maggiore occupazione,
e distribuita meglio, fra qualche anno. Cos parl Umberto Agnelli il 21
giugno del 1980. Non sapeva, forse, che erano i suoi Ultimi Giorni di Pompei. Appena dieci giorni dopo, i vertici dellazienda, allAssemblea degli
Azionisti, annunciarono un taglio del trenta per cento della produzione.
Esattamente quaranta giorni dopo, Agnelli si dimise dalla carica consegnandola nelle mani di Cesare Romiti. Perch?
La storia non lo ha mai chiarito. E forse mai lo chiarir. Due le ipotesi. La prima: dovendo avviare una battaglia cos dura, la Famiglia abbandonava la prima linea, scivolava nelle retrovie e lasciava ai manager il
disbrigo delle pratiche pi sporche e complicate. La seconda: gli improvvisi
attacchi di orticaria prodoti da quellintervista e, in particolare, dalla richiesta
di svalutazione; insomma, il mondo politico avrebbe chiesto a Gianni Agnelli
la testa del fratello (che si spost allIfil), anche attraverso lintermediazione di Enrico Cuccia (quando ho un problema, penso a cosa farebbe
lui, diceva lAvvocato del presidente di Mediobanca con il quale aveva un
rapporto intenso) che nella vicenda avrebbe svolto un ruolo decisivo e, come
da personali abitudini, silenzioso, fedele al principio che i voti non si contano
ma si pesano e le pesature richiedono grande concentrazione.
La risposta allannuncio dell11 settembre furono sei ore di sciopero
ma nel giro di una settimana la produzione si ferm per il blocco dei cancelli. La linea del sindacato, in ogni caso, non era monolitica. Perch se a
livello di rappresentanze territoriali e aziendali la scelta di una forma di
lotta che lasciava pochissimi margini alla trattativa con il rischio di infilarsi
in un vicolo cieco era maggioritaria, a livello di Confederazioni nazionali
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LA PRIMA ROTTURA
LA PRIMA ROTTURA
Daltro canto, tutti noi stavamo lavorando non per occupare la fabbrica
ma per giungere a un accordo e dichiarare conseguentemente la conclusione dello sciopero. Volevamo lintesa perch sapevamo che continuando
su quella strada avremmo perso: eravamo allo stremo, i lavoratori erano
stanchi, non avevamo adeguate risorse economiche per resistere. Su quella
vicenda non ci furono divisioni tra di noi: avevamo la consapevolezza che
molti errori erano stati gi compiuti. Quella domanda e quella risposta
continueranno a essere il punto nevralgico (o il nervo scoperto) di una vicenda che diventata storia e che ha oggettivamente indebolito il sindacato.
Laltro protagonista di quella mattinata, il delegato della Cisl, Liberato Norcia, anni dopo ha raccontato: Io lo sapevo che Berlinguer non poteva rispondere in modo diverso, ma la mia domanda non era una provocazione
come qualcuno ha detto. Lidea di occupare la Fiat cera e il consenso del
Pci era importante. Quella domanda lho fatta a ragion veduta. Erano
daltro canto giorni di parole forti. Lo stesso Benvenuto alla porta numero
5 di Mirafiori aveva detto: O la Fiat molla o molla la Fiat. Ma io lo
dissi quando sapevo che avevamo in tasca laccordo, ha spiegato lallora
segretario della Uil.
Nelle ricostruzioni non ci si pu attardare nei processi alle intenzioni (tanto che finiscano con una condanna, quanto che si concludano con
una assoluzione), bisogna guardare ai fatti e, come avrebbe detto Leonardo
Sciascia, al contesto. Lo ha fatto un protagonista dei trentacinque giorni,
uno che ha sofferto sulla propria pelle lepilogo traumatico: Enzo Mattina,
segretario generale dei metalmeccanici della Uil. Ha provato ad andare alle
radici delle scelte di Berlinguer. Ha spiegato: lestate polacca a diffondere tensione e aspettativa... Torino come Danzica uno degli slogan
pi popolari. Ma leffetto Danzica pi un richiamo di atmosfera perch non ci vuole molto a capire che in Polonia si rivendicano diritti che
in Italia sono abbastanza garantiti... Il richiamo alla Polonia nasce da un
bisogno di protagonismo che il movimento operaio avverte, dopo che dal
1976 ha cominciato ad avvertire il ripiegamento... Il sindacato vive come
come una bruciante contraddizione quella sorta di congelamento della politica che il compromesso storico... In questa situazione si sedimentano
delusioni ed amarezze tanto pi spesse allorch il tentativo del sindacato
di inserirsi nel nuovo corso politico con una propria strategia autonoma,
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LA PRIMA ROTTURA
la piattaforma dellEur, appare e di fatto poi diventa a tutti gli effetti pura
subordinazione a quel corso, cio allingresso del Pci nellarea di governo.
Continuava lucidamente Mattina: La svista storica di considerare attuale
il momento di un nuovo scontro epico viene orientata senza dubbio dal bisogno di protagonismo, nel quale fa leva, un secondo fattore: il mutamento
di linea del Pci... I connotati di questo mutamento di linea, alla luce delle
risultanze del comitato centrale dell8-10 gennaio 1981, che appare come
il momento di sintesi di un complesso processo di revisione avviato allindomani delle tornate elettorali del 1979 e del 1980, sembrano essere sostanzialmente tre: la proposta dellalternativa democratica alla Dc, la
liberalizzazione del dibattito interno, la ricostituzione di un rapporto con
la base operaia superando la mediazione affidata alla Cgil. Mattina ricordava che in quel periodo Marcelle Padovani sul Nouvel Observateur
parlava di sindrome Marchais del Pci italiano e altri, addirittura, di sindrome Cunhal, due punti di riferimento non propriamente confortanti riguardando i due partiti comunisti occidentali pi ortodossi e ossequiosi con
Mosca, quello francese e quello portoghese. E Mattina ricordava pure i duri
attacchi al fondo si solidariet, i cartelli inalberati in occasioone dello sciopero dei metalmeccanici del 17 luglio 1980 dai militanti di fede comunista:
Lama, Carniti, Benvenuto, con lo 0,50 ci avete venduto.
Ma il fondo di solidariet, come pretesto di scontro sociale era poca
cosa: La vertenza Fiat, con la posta in gioco un terreno ben pi idoneo.
Raccontava Mattina: Il segretario del Pci chiede esplicitamente che, come
a Danzica la trattativa si svolga a Torino, con altoparlanti che consentano
alla gente di seguire il confronto e di controllare i negoziatori. Quindi il
comizio torinese, quelle parole: Con questo avallo alle ipotesi di occupazione lo sforzo della Flm nazionale di modificare le forme di lotta viene
definitivamente sconfitto. Ma Berlinguer con quel suo intervento avrebbe
prodotto, secondo Mattina, anche unaltra conseguenza: Il secondo effetto
della spinta oltranzista... quello di determinare tra i dirigenti sindacali e
i militanti di fabbrica o di lega un clima di diffidenza che porter i secondi
a irrigidire sistematicamente le posizioni di trattativa con il risultato di
rendere il negoziato privo di ogni flessibilit.
Concludeva Mattina: Quanto questa utilizzazione impropria abbia
influito sulla vertenza della Fiat, lo si ricava dal rapporto che il Pci intrat119
tiene con gli altri partiti e con il governo nel corso dei 35 giorni dello scontro. Gli altri partiti dellarco costituzionale incontrano a pi riprese il sindacato, esprimendo espliciti consensi con le sue posizioni. Ci sarebbero
state le condizioni per una comune stretta nei confronti della Fiat che la
faccia recedere dalla intransigenza su cui attestata. Purtroppo non si riesce a mandare in porto neanche il pi circoscritto dei patti dazione, dato
il clima di rissa che avvelena i rapporti tra Pci, Dc e Psi. La Fiat utilizza
questa divisione per allontanare leventualit di una possibile azione di
forza nei suoi confronti da parte del governo.
Da quel comizio in poi la situazione ebbe una accelerazione improvvisa. Mentre ai picchetti gli operai diminuivano, aumentavano i lavoratori che sul marciapiede di fronte attendevano di entrare in fabbrica:
superare il blocco era diventato abbastanza facile. I picchetti venivano rafforzati dagli operai che arrivavano dalla Lombardia e che avrebbero indotto
Sergio Cofferati, capo dei chimici Cgil, a dire: Ancora una volta saranno
i riformisti lombardi a cavare le castagne dal fuoco ai massimalisti torinesi. Fino allintervento di Berlinguer, la solidariet sociale era stata tutta
per i lavoratori. Ma quel legame con lopinione pubblica con il passare
dei giorni era diventato sempre pi debole. La Fiat aveva respinto la proposta del ministro Foschi ritenendola troppo onerosa, poi era caduto anche
il governo Cossiga, un interlocutore troppo debole per poter realmente
avere voce in capitolo in una vicenda cos complicata e anche carica di tensioni. Nonostante tutti gli sforzi, i vertici nazionali faticavano a mutare il
segno della lotta, inascoltato era rimasto anche Bruno Trentin che aveva
proposto di passare a forme pi articolate. Le dimissioni del governo ispirarono alla Fiat una mossa a sorpresa che determin un mutamento negli
equilibri psicologici e nella percezione mediatica dei torti e delle ragioni: i
licenziamenti furono trasformati in cassa integrazione (ventitremila lavoratori a zero ore). Era una occasione da cogliere al volo, il momento giusto
per riaprire le trattative ma i metalmeccanici torinesi la respinsero.
Dir ancora Enzo Mattina: Il rifiuto a rivedere le modalit della
lotta non nacque dal caso e tanto meno da una tenuta costante di quella
tensione di massa cos avvertibile nei primi giorni dello scontro. Accadde
piuttosto che sul radicalismo sociale cos intrinseco alla connotazione culturale dei lavoratori Fiat si innestasse il particolare radicalismo politico
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LA PRIMA ROTTURA
che ritroviamo cos frequentemente nella storia del movimento operaio torinese... Lavanguardia assume in molte occasioni un atteggiamento aristocratico di vera e propria indifferenza per gli orientamenti prevalenti tra i
lavoratori. Quella che conta lopinione dei lavoratori combattivi: quella
degli altri non fa testo. In alcuni momenti arriva a teorizzare che concludere
la vertenza solo con risultati di garanzia per il lavoro significherebbe sprecare un eccezionale potenziale di lotta. Resta convinta fino alla fine che il
problema non come coinvolgere nello scontro sindacale tutti i lavoratori
Fiat, ma come garantire che i combattivi possano rimanere in prima linea
per s e per gli altri. Parole amare che illustrano lo stato danimo di chi a
quella vertenza avrebbe voluto dare unaltra direzione di marcia.
La situazione da quel momento in poi precipit. A fine settembre, i
dirigenti sindacali nazionali fecero un altro tentativo per far togliere i blocchi ai cancelli. Il 30 settembre, mentre al Teatro Nuovo si teneva lassemblea dei delegati, la Fiat rendeva nota la lista dei ventitremila cassaintegrati
compiendo una scelta che modificava ulteriormente gli equilibri: gran parte
degli oltre quattordicimila licenziati erano stati recuperati e potevano tornare in fabbrica mentre molti delegati sindacali comparivano tra i cassaintegrati. Era la conferma che la motivazione econonica non esauriva tutti i
motivi della vertenza, che lobiettivo era esattamente quello spiegato da
Romiti: la ripulitura della fabbrica. E lo confermer anni dopo anche Cesare Annibaldi: Le cause del braccio di ferro sono da ricercarsi nel decennio precedente durante il quale si erano determinate condizioni con le
quali si rischiava di non poter pi governare la fabbrica. Ma la spaccatura
allinterno della Fiat chiara. Il 7 di ottobre i quadri uscirono allo scoperto
con un documento apertamente polemico con i sindacati accusati di disconoscere il loro ruolo pur arrogandosi arbitrariamente la tutela di
tutti. Poi arriv il tentativo di sfondamento della porta 31 di Mirafiori,
quindi la manifestazione davanti a Rivalta. Erano i segnali della tempesta
in arrivo: la Marcia dei Quarantamila. La sera prima, allHotel Boston la
trattativa era ripartita e si era giunti anche a un accordo. Ma la Fiat prefer
rinviare al giorno successivo la chiusura e il motivo del rinvio divenne evidente poche ore dopo. La Marcia determin una accelerazione del negoziato: alla chiusura si giunse alle 17 del 15 ottobre. Poi ci furono le
assemblee, i fischi al cinema Smeraldo e il tentativo di aggressione ai danni
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ENRICO BERLINGUER
Elogio della diversit
ENRICO BERLINGUER
Quella sera, a piazza dei Frutti davanti alla colonna romanica che
uno dei simboli della citt, la storia si fermata, insieme alla vita di un
uomo. Le parole faticavano a farsi suono, si impigliavano come i pesci in
una rete. Accesso al lavoro, alle professioni, alle carriere... Si tolse gli
occhiali mostrando un volto segnato dalla sofferenza; bevve un po dacqua.
E continu: Invito... Ancora una pausa, la folla che urlava il suo nome
capendo che qualcosa non andava. Gli chiesero di fermarsi: Basta, basta.
Antonio Tat prov a portarlo via. Ma lui continu: Impegnatevi tutti in
questi pochi giorni che ci separano dal voto, con lo slancio e la passione
che sempre i comunisti hanno dimostrato nei momenti cruciali della vita
politica... Unaltra interminabile, drammatica pausa. Lavorate tutti, casa
per casa, azienda per azienda, strada per strada, dialogando con i cittadini. Natalia Gizburg, poi, scrisse di una bella morte. E probabilmente
non aveva tutti i torti: tra la gente e con la gente, come si conviene a un
uomo politico, a un grande uomo politico. Perch si pu essere o meno
daccordo con le scelte di Enrico Berlinguer, con le spigolosit di questo
sardo riservato, quasi scolpito nel granito delle coste della Gallura, ma non
si pu certo dire che non abbia segnato unepoca, ingaggiato con Aldo
Moro, Bettino Craxi, Ugo La Malfa, Giovanni Spadolini e Ciriaco De Mita
confronti, rapporti, scontri che avevano il sapore della Grande Politica,
qualcosa a cui forse ci siamo disabituati. Probabilmente oggi Berlinguer
sarebbe in difficolt in un dibattito che si esalta nelle battute (e lui non era
certo un battutista n un campione dironia), che si modella sui tempi televisivi (e lui, invece, aveva bisogno di argomentare come quasi tutti i politici della sua epoca), che si alimenta di slogan dimenticando spesso i
contenuti (e lui, al di l delle valutazioni, era uno che andava a Mosca per
festeggiare il sessantesimo anniversario della Rivoluzione dOttobre e
spiegava, a una platea che aveva non poche difficolt ad assecondarlo, che
il soffio positivo di quegli accadimenti era andato ormai disperso). Quella
sera, in quella piazza dove ancora oggi si mercanteggia in frutta e verdura,
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ENRICO BERLINGUER
ENRICO BERLINGUER
sima alla Cgil che alla Cisl ed Enzo Mattina era addirittura considerato un
amico dei comunisti. Si ha quasi limpressione che una parte di quei contrasti, probabilmente non quella determinante, sia stata prodotta da atteggiamenti pregiudiziali, anzi da veri e propri pregiudizi. Quella drammatica
serata ha cancellato tutti i dubbi. Nella maniera peggiore, nel senso che non
ha dato alla storia una nuova chance, ha chiuso i conti e consegnato agli
archivi una inimicizia che diventata anche il problema della sinistra italiana, perennemente a met del guado, incerta su tutto, interessata alle alleanze ma non a una definizione strategica della sua identit, schiacciata
sul presente ma poco incline a definire un progetto di futuro, a proporre
una visione, a indicare un orizzonte.
Berlinguer era fatto per non intendersi con Craxi. Ed questo il dato
che rimasto. Eppure, se si rivedono le immagini del funerale di piazza
San Giovanni, mentre Nilde Iotti rivolge un ringraziamento al Capo dello
Stato (Voglio dire dal profondo del cuore, grazie Presidente Pertini per
quello che hai fatto in questi giorni tragici, per come sei voluto stare accanto a Enrico, alla sua famiglia, a tutti noi, per laffetto generoso che hai
testimoniato cogliendo i travagli cos profondi degli uomini e delle loro ragioni ideali), si vede un Craxi commosso, che sembra asciugarsi gli occhi.
Antonio Ghirelli che fu il capo-ufficio stampa di Craxi negli anni della presidenza del Consiglio, quindi anche in quel giugno del 1984, ha raccontato
la reazione del leader socialista alla notizia della morte, confermando quella
impressione. Erano a Madrid e alle 12,56 lAnsa diede la notizia. Ghirelli
prese il dispaccio dagenzia e, in albergo, lo diede a Craxi: Glielo consegnai in silenzio. Lo prese, lo lesse senza dire una parola. Poi lo vidi piangere. Uscii subito, dopo un suo gesto del tipo vai via, lasciami solo.
Anche io ero commosso. Eravamo l per un incontro bilaterale Italia-Spagna. Fu un momento molto particolare. Craxi aveva un carattere strano,
passionale, siciliano. E pensare che eravamo proprio nel pieno della questione scala mobile e i rapporti con il Pci erano molto, molto tesi. Erano
talmente tesi che quando domenica 10 giugno, prima di partire per la Spagna, Craxi, di ritorno da Londra, pass a trovare Berlinguer, in coma ormai
da molte ore, il fratello, Giovanni, and a parlare con i militanti che stazionavano davanti allospedale per invitarli a non contestarlo; la famiglia prefer non incrociarlo. In realt le contestazioni ci furono ugualmente.
130
ENRICO BERLINGUER
nologie, lidea che siano sempre asettiche e che la sostanza alla fine la diano
gli uomini. La realt ben diversa e la conoscono perfettamente proprio
quei lavoratori a cui il Pci faceva riferimento: la tecnologia appare asettica,
in realt non lo perch trasforma i lavori, le competenze, i rapporti; la tecnologia pu migliorare la qualit della vita ma pu anche peggiorare la qualit di molte vite perch toglie loro la possibilit di avere una occupazione.
Sembravano asettici anche i computer nelle redazioni ma poi una categoria,
quella dei poligrafici, stata cancellata e se non fosse stato quello lobiettivo Rupert Murdoch a Londra non avrebbe trasferito, nel giro di una notte,
la produzione dei suoi giornali da un posto a un altro. Le macchine non
hanno unanima ma chi le impiega unanima ce lha e anche un cervello,
un progetto, un obiettivo e pensare che tutto questo non incida pratica a
dir poco illusoria. Questa idea, volendo anche un po romantica, del rapporto con la tecnologia, emerge da una intervista rilasciata a Ferdinando
Adornato che allepoca lavorava allUnit.
Era il 1 dicembre 1983 e quasi tutti si stavano cimentando con Orwell. Anche Berlinguer. Diceva: Credo che latteggiamento pi corretto
di fronte a certe nuove rivoluzioni tecnologiche sia quello di considerarle
in partenza come neutrali... Io vedo oggi la possibilit di due processi
contemporanei: da una parte luso della microelettronica per rafforzare il
potere dei gruppi economici dominanti, il potere di quello che in una parola
viene chiamato complesso militare industriale. Dallaltra per vedo una
grande diffusione di nuove conoscenze che pu portare a un arricchimento
di tutta la civilt. Gli sfuggiva un aspetto: per usare le sue parole, il complesso finanziario che quello che dalle nuove tecnologie, dallinformatica
ha avuto il maggiore impulso perch si specula sul tempo e manovrando
capitali in base ai fusi orari si possono ottenere grandi guadagni. Ma questo
che oggi chiarissimo, a molti appariva evidente anche allora, con la Thatcher che parlava di una Gran Bretagna che doveva uscire dalla civilt industriale per abbracciare ottimisticamente e gioiosamente la nuova civilt
dei servizi (nel frattempo, lei provvedeva a stangare i minatori, mentre
Reagan negli Usa faceva la stessa cosa con i controllori di volo). Finanziari,
ovviamente.
Ma cera anche in quella intervista un passaggio in qualche maniera
profetico: Segnalerei il pericolo di nuove espressioni di fanatismo ideo132
ENRICO BERLINGUER
ENRICO BERLINGUER
libert religiose; che la presenza della Chiesa nel sociale, attraverso le strutture educative, non poteva essere messa in discussione o avocata tutta dallo
Stato. Erano nervi scoperti, anche per il segretario di un partito che aveva
accettato il governo Andreotti della non sfiducia e che di l a poco avrebbe
garantito il suo appoggio al governo di Solidariet Nazionale attuando in
maniera parziale il compromesso storico.
Berlinguer rispose un anno dopo, il 7 ottobre del 1977 con un articolo che venne pubblicato da Rinascita. E rispose laicamente. Sulla questione della presenza dei cattolici nelle liste comuniste sottoline che non
si trattava di un espediente tattico ma di una scelta che si inseriva nella ricerca dellunit di tutti i lavoratori, delle grandi correnti popolari e di tutte
le forze democratiche del nostro Paese e, quindi, in special modo, nel senso
dellapertura verso il mondo cattolico. E dopo aver riconosciuto che negli
stati comunisti la libert di culto era stata condizionata e spesso soppressa
(ma poi, aggiungeva, qualcosa anche l stava cambiando e, in effetti, poco
dopo sarebbero arrivati Lech Walesa e Giovanni Paolo II), ricordava a Mon-
ENRICO BERLINGUER
signor Bettazzi che nella libera Italia i rapporti tra Italia e Vaticano, erano
regolati da un concordato che prevedeva ancora una religione di Stato,
quindi una discriminazione nei confronti della altre religioni. E indicava il
traguardo finale del suo partito e di uno Stato laico e democratico, anchesso dunque non teista, non ateista, non anti-ateista. E, ancora: lo Stato
non pu non assumere in proprio fondamentali servizi civili e sociali per
il bene della comunit nazionale. Semplice la conclusione: Lo Stato democratico deve, in linea di principio, rispettare le iniziative autonome dei
privati sul terreno sociale, ma non pu, per malinteso rispetto del pluralismo, rinunciare alle proprie funzioni... Noi comunisti vogliamo una societ
organizzata sempre pi aperta e accogliente verso i valori cristiani; non
vogliamo, per, una societ cristiana o uno stato cristiano: e non gi
perch siamo anti-cristiani ma solo perch sarebbero anchessi una societ
e uno Stato integralisti, ideologici.
Quelle questioni aperte assillano ancora la sinistra. Basterebbe per
un momento soffermarsi sui travagli che attraversano un partito, il Pd, prudentissimo sui temi etici e che per quella prudenza ha su questioni altrove
risolte brillantemente da governi di ispirazione progressista, una posizione
di retroguardia: dallidea che il rapporto tra due persone di sesso diverso si
esaurisca nei confini del matrimonio, al fatto che non si voglia riconoscere
che quei rapporti possono riguardare persone di ugual genere; che una pessima sopravvivenza, in stato vegetativo, sia migliore e pi auspicabile di
una buona morte, consentendo, poi, che intorno a un caso come quello di
Eluana si imbastiscano volgari circhi mediatitici, confronti tra curve sud
fuori degli ospedali, e insopportabili duelli tra polli da combattimento
della politica; che lo Stato debba mettere sullo stesso piano le proprie scuole
(e, quindi, il sapere come diritto fondamentale, essenziale, civile) e quelle
private trasformando le proprie in veri e propri ruderi e garantendo a quelle
private una esistenza molto pi che decorosa, peraltro in aperta contraddizione con quel che prevede la Costituzione la quale non vieta nulla ai privati
ma vieta allo Stato di rimetterci dei soldi; o le tassazioni sugli immobili
che trattano in un modo il cittadino e in altro modo la Chiesa anche laddove
quegli edifici non sono riservati al culto. Forse ha ragione Pietro Folena
che in suo libro ha scritto: Il socialismo, nelle sue matrici cristiane, umanitarie e laiche, non ha niente da dire in questo pianeta, nel 2000, nella
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ENRICO BERLINGUER
uscire indenne dalle urne il decreto. Per il resto, il voto di scambio ancora
oggi una piaga italiana e in particolare del Sud di questo Paese dove vere e
proprie famiglie politiche (che spesso si confondono o, peggio ancora,
si identificano con famiglie di tipo diverso, mafiose, ndranghetiste, camorriste) gestiscono pacchetti di voti e di carriere. Di fronte a questa situazione,
Berlinguer definiva la diversit del Pci organizzandola intorno a tre punti:
Noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono,
come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volont
politica della nazione, e ci possono farlo non occupando pezzi sempre pi
larghi dello Stato... noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri, gli emarginati, vadano difesi... che
certi bisogni sociali e umani ignorati vadano soddisfatti... che la professionalit e il merito vadano premiati... Noi pensiamo che il tipo di sviluppo
economico e sociale capitalistico sia una causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparit sociali, di enormi sprechi di ricchezza. Non vogliamo seguire i modelli di socialismo che si sono finora realizzati,
rifiutiamo una rigida e centralizzata pianificazione delleconomia, pensiamo che il mercato possa mantenere una funzione essenziale, che liniziativa individuale sia insostituibile, che limpresa privata abbia un suo
spazio e conservi un ruolo importante. Ma siamo convinti che tutte queste
realt, dentro le forme capitalistiche non funzionano pi e che quindi si
possa e si debba discutere in qual modo superare il capitalismo inteso come
un meccanismo, come sistema, giacch esso oggi sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati.
La Diversit si rivel alla fine una sorta di camicia di forza non
perch lItalia di allora (e di oggi) non ne abbia bisogno ma perch fin per
confondere aspetti etici e aspetti programmatici togliendo forza agli uni e
agli altri. La Diversit in se stessa non un programma politico soprattutto nel momento in cui viene proposta come regola di comportamento,
come valore, come principio etico: vale per tutti, o dovrebbe essere trasversale, riguardare tanto la destra quanto la sinistra, cos come ci rendiamo
conto che quel che denunciava Berlinguer riguarda tutti perch non esiste
un cromosoma della Diversit, qualcosa che rende onesti tutti quelli che
sono da una parte e disonesti tutti quelli che sono da unaltra parte, che il
contagio non conosce barriere e non esiste un vaccino per prevenirlo effi139
ENRICO BERLINGUER
laica e pi occidentale: per lui la collaborazione tra Dc e Pci era la premessa per una alternanza senza traumi. In fondo, qualcosa del genere era
successa in Germania, con la Grosse Koalition. Berlinguer, invece, pensava al compromesso storico come un periodo prolungato di governo comune. Entrambi avevano in mente un cambiamento di fase, in netto anticipo
sulla storia, con la fine della conventio ad excludendum verso la sinistra.
Per rendere pi credibile tutto ci Berlinguer non solo accett il Patto
Atlantico ma anzi spieg che esso era la garanzia della realizzabilit di
questo disegno. Concetti, peraltro, che espresse con chiarezza il 15 giugno
del 1976 nel corso di una intervista concessa al Corriere della Sera e raccolta da Giampaolo Pansa: Io penso che, non appartenendo lItalia al
Patto di Varsavia, da questo punto di vista c lassoluta certezza che possiamo procedere lungo la via italiana al socialismo senza alcun condizionamento. Ma questo non vuol dire che nel blocco occidentale non esistano
problemi: tanto vero che noi ci vediamo costretti a rivendicare allinterno
del Patto Atlantico, patto che pure non mettiamo in discussione, il diritto
dellItalia di decidere in modo autonomo il proprio destino... Io voglio che
lItalia non esca dal Patto Atlantico... mi sento pi sicuro stando di qua
ma vedo che anche di qua ci sono seri tentativi per limitare la nostra autonomia. Quello che venne definito lo strappo si comp definitivamente
il 15 dicembre del 1981, durante una trasmissione di Tribuna Politica, registrata subito dopo la proclamazione in Polonia dello stato dassedio da
parte del generale Jaruzelski: Quello che mi pare si possa dire in linea generale, forse su questo tema potremo tornare, che ci che avvenuto in
Polonia ci induce a considerare che effettivamente la capacit propulsiva
di rinnovamento della societ o almeno di alcune societ che si sono create
nellest europeo, venuta esaurendosi. Parlo di una spinta propulsiva che
si manifestata in lunghi periodi, che ha la sua data dinizio nella rivoluzione socialista dottobre: il pi grande evento rivoluzionario della nostra
epoca e che ha dato luogo poi a una serie di eventi e di lotte per loccupazione, nonch una serie di conquiste. Oggi siamo giunti a un punto in cui
quella fase si chiude e per ottenere che anche il socialismo che si realizzato nei paesi dellest possa conoscere una nuova era di rinnovamento e
di sviluppo democratico, sono necessarie due cose fondamentali: prima di
tutto necessario che prosegua il processo di distensione... inoltre ne141
cessario che avanzi un nuovo socialismo nellovest dellEuropa, nellEuropa occidentale, il quale sia inscindibilmente legato e fondato sui valori
e sui principi di libert e di democrazia. Berlinguer era giunto al traguardo. Era, per, il traguardo di una tappa importante, non quello finale.
Perch lultimo passo, quello verso Bad Godesberg, nonostante i buoni rapporti con Brandt, non lo comp mai. Ci non toglie che sul fronte dellaccettazione dei principi liberaldemocratici avesse compiuto scelte
estremamente innovative. Quel Pci fu sottoposto a lunghi esami del sangue
per testarne laffidabilit democratica. E da questo punto di vista siamo veramente un paese singolare. Nel fuoco di tangentopoli, la politica italiana
provvide rapidamente a sdoganare forze politiche della destra nostalgica
che avevano le loro radici nellideologia dellunica dittatura che il nostro
Paese ha conosciuto nel Novecento; campioni di libert diventarono coloro
che solo qualche anno prima (ad esempio nel 1992 in occasione del settantesimo anniversario della marcia su Roma) salutando romanamente guidavano tetri cortei per le strade della Capitale; coloro che anche sulla soglia
del governo continuavano a ritenere Mussolini il pi grande statista italiano.
bizzarra la storia che si racconta con lanimo ultr.
INCOGNITE E DEBOLEZZE
Il sindacato al bivio
INCOGNITE E DEBOLEZZE
catena: il Pci avrebbe definitivamente archiviato la strategia del compromesso storico, in particolare dopo il congresso democristiano che vide
trionfare il Preambolo cio laccordo delle correnti interne che avevano
accettato la linea della solidariet nazionale prima convinte dallabilit politica di Aldo Moro e poi dallemergenza terroristica determinata dalla
strage di via Fani e dal sequestro e dalluccisione del leader democristiano.
Il mutamento dc avrebbe determinato dei contraccolpi nel Psi dove lalleanza tra autonomisti guidati da Craxi e sinistra guidata da Claudio Signorile
sarebbe giunta a un drammatico chiarimento (in particolare, in un comitato
centrale in cui Gianni De Michelis avrebbe abbandonato la sinistra e alleandosi con il segretario avrebbe creato le condizioni per il rientro dei socialisti nellarea di governo). Contemporaneamente, la stabilizzazione
elettorale da un lato rendeva impossibile una democrazia dellalternativa,
ma dallaltro obbligava i partiti a trovare forme di alternanza alla guida del
governo che consentissero comunque di uscire da una situazione ingessata. Le conseguenze furono il nuovo protagonismo dei partiti laici e in
particolare del Pri che con Spadolini si ritrov per la prima volta alla guida
del governo (dopo aver sfiorato lobiettivo con Ugo La Malfa) e la definitiva ascesa della stella di Bettino Craxi che nel giro di pochi anni e di unaltra consultazione elettorale avrebbe conquistato Palazzo Chigi.
Quel cambio di rotta della Dc stato raccontato cos, diversi anni
dopo, da colui che in quel momento rivestiva la carica di segretario, Ciriaco
De Mita: Vien fatto di pensare che morto Moro, fosse venuto meno un elemento di garanzia, dentro e fuori la Democrazia Cristiana. Ricordo un episodio. Alla fine del 78 il governo Andreotti doveva disporre un programma
triennale per leconomia: ma la situazione politica si era alquanto logorata; e io anzi lo sottolineai in occasione di un convegno organizzato a
SantAngelo dei Lombardi, a cui partecipava anche lonorevole Macaluso.
Lui rispose di no, che il Pci era ancora orientato a giudicare il programma,
e a regolare su di esso la sua condotta politica. Tornai a Roma convinto
che questo sarebbe accaduto. Il dibattito si era tenuto il 4 gennaio del 1979,
il programma doveva essere pronto per l8 o il 9 gennaio. Invece, qualche
giorno prima, il Pci decise di rompere. La situazione si era indebolita per
la morte di Moro, ma anche perch le ragioni dellaccordo non erano le
stesse. Insomma, secondo quanto ha sostenuto De Mita, evidentemente
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INCOGNITE E DEBOLEZZE
buon testimone, tra le due principali forze democratiche era andata in scena
una specie di commedia degli inganni, molti anni dopo, come abbiamo riportato nel precedente capitolo, segnalata anche da DAlema.
Sottolineava lallora segretario democristiano: Credo che sbagli
chi attribuisce a Moro lidea di lavorare per un governo con il Pci, come
prima aveva lavorato per il governo con il Psi. Allora lobiettivo cera,
aveva solo bisogno di tempo. Ora, viceversa, il suo scopo era di creare le
condizioni per uscire dalle difficolt: il dato nuovo che il Pci accett di
concorrere a uscire dalle difficolt. Forse anche perch pensava che alla
fine del percorso ci sarebbe stata una alleanza organica, una vera e propria
intesa di governo con tanto di ministri comunisti, una prospettiva che anni
prima era parsa chiarissima anche a Ugo La Malfa che ne aveva parlato in
una lunga intervista con Alberto Ronchey: Mi sono domandato pi volte
perch il partito comunista non tende allalternativa... a un certo momento
Paolo Bufalini ha offerto ai socialisti la fusione, qualche anno fa. Ne aveva
parlato anche Amendola, quando aveva detto ha sbagliato il Partito comunista, ha sbagliato la socialdemocrazia... Perch i comunisti insistono
sul Compromesso? E qui ci sono due teorie. Perch laccesso al potere, dicono alcuni, pi facile attraverso il Compromesso. Invece io ho limpressione che tendono al Compromesso perch lalternativa li esporrebbe di
pi verso lUnione Sovietica. La sola sinistra al governo potrebbe resistere
meno alle pressioni dellUrss.
Quale che sia la tesi giusta posto che ambedue appaiono plausibili,
quel 3 giugno la prospettiva cominci ad arenarsi. Con conseguenze su tutti
gli aspetti della vita italiana e, primo fra tutti, quello sindacale perch cominci il quel momento lincomunicabilit tra Luciano Lama ed Enrico
Berlinguer; lo scontro tra Berlinguer e Bettino Craxi si arricch progressivamente di capitoli nuovi; e lItalia che prima boccheggiava nella crisi poi
scopr una ripresa che forse fece nascere troppe illusioni perch, come diceva La Malfa tutto deve tenersi in modo coerente allinterno di una societ. Prendiamo la celebre Svezia. La sua evoluzione, che ci piaccia o no,
globale. Funziona in un certo modo il sistema economico, le forze di sinistra sanno spremere dal sistema economico quello che pu dare e si fermano quando il sistema non pu dare di pi. Ci sono state alcune riforme
e su quelle si sviluppata la societ. L i problemi nuovi, di sesso o di ge147
INCOGNITE E DEBOLEZZE
sere il teatro di nostalgiche involuzioni. Una legislatura gi nata sotto cattivi auspici, minata dal pericolo di un voto politico puramente distruttivo
vivr invece se diventer la legislatura di una Grande Riforma... che abbracci insieme lambito istituzionale, amministrativo, economico-sociale
e morale... Vi sono problemi che riguardano lesercizio del potere legislativo, la stabilit e lefficacia dellesecutivo, il riadeguamento di istituti e
di strutture amministrative alle nuove realt ed alle nuove esigenze funzionali. In questa materia il presidenzialismo pu essere considerato come
una superficiale fuga verso una ipotetica Provvidenza, ma limmobilismo
ormai diventato dannoso... Si tratta di aumentare linfluenza dei lavoratori nella vita produttiva per ricevere limpulso positivo di una partecipazione responsabile e non per aumentare il peso di controlli paralizzanti.
La proposta di Craxi, che pure anticipava di molti decenni la soluzione, anzi la mancata soluzione di problemi che hanno infilato piombo
nelle ali del Paese, nel contesto polemico di quegli anni, in quel momento
di passaggio in cui gli equilibri si stavano definendo ma non erano stati ancora completamente determinati e dal punto di vista delle alleanze erano
in campo un paio di opzioni, venne banalizzata e schiacciata solo sul versante del presidenzialismo e delle pulsioni del personaggio a candidarsi a
nuovo Uomo della Provvidenza. In realt quel che il segretario socialista
indicava era veramente una grande riforma ed essendo troppo grande non
venne realizzata anche perch Craxi stesso la perse di vista concentrandosi
forse un po troppo su quelle alchimie di formule che pure criticava. Limpianto era robusto e lobiettivo ambizioso: certo il presidenzialismo per
riducendo larco del mandato; ma anche il passaggio dal bicameralismo a
un singolo ramo parlamentare con funzioni legislative con il Senato trasformato nella Camera delle Regioni (allora la parola federalismo non era
molto utilizzata e le regioni erano considerate, dal punto di vista dello Stato
delle Autonomie, un grande e sicuro porto, anche perch non avevano ancora fornito i pessimi spettacoli che poi hanno spesso mandato in scena);
un esecutivo pi forte ma anche lintroduzione di quellistituto della sfiducia costruttiva che in Germania era (ed ) garanzia di avvicendamento democratico nella gestione del potere; diminuzione del numero dei
parlamentari (si parlava di dimezzamento) ma anche una legge elettorale
che riducesse la frammentazione dei partiti e allepoca ve ne erano sette,
149
otto (lidea era quella di una legge proporzionale con uno sbarramento piuttosto basso, al tre per cento). Norberto Bobbio, che pure pi avanti nel
tempo sar di Craxi un severo critico, dopo quellarticolo lo defin un precursore. Ma Craxi parlava anche di struttura economica e produttiva e
prefigurava qualcosa di non molto dissimile da quella compartecipazione
che in Germania proprio i socialdemocratici avevano rafforzato e ampliato.
Insomma, si sarebbe potuto discutere. Ma non si discusse perch
tutti vennero distratti dalle alchimie. Salvo scoprire, sette anni pi tardi,
che persino uno dei pi acerrimi nemici di Craxi, cio Ciriaco De Mita, in
fondo la pensava se non in maniera analoga abbastanza simile allavversario. Diceva ad Arrigo Levi: In Italia mancata una politica costituzionale,
che adeguasse la struttura alla tutela dei valori di libert in evoluzione.
Per un lungo periodo questo limite non stato avvertito. Ma quando il processo di trasformazione della societ si accelerato, allora entrato in
crisi anche il rapporto di fiducia fra il cittadino e i partiti a cui era stata
data oggettivamente una delega. Sono emersi i limiti di alcune ideologie,
si avuto il superamento di alcune culture... Linadeguatezza delle strutture, delle regole, delle procedure e delle istituzioni di garanzia democratica esplode perci in modo drammatico. C insomma una grande
contraddizione: perch la coscienza democratica nel nostro Paese cresciuta ed verissimo; la sensibilit del cittadino, come protagonista della
vicenda politica, a un livello altissimo. Ma le istituzioni, assai spesso,
non danno al cittadino la possibilit di concorrere alle proposte di governo
della comunit. In questa divaricazione nasce e si allarga la crisi del sistema politico nel nostro paese.
Cos come la politica era giunta su un confine in cui le scelte apparivano epocali, allo stesso modo il sindacato era chiamato a rivedere le sue
strategie. La Linea dellEur che molti avevano inteso come un corollario
del Compromesso Storico, uno strumento per accompagnare, agevolandolo,
lingresso del Pci nellarea di governo, aveva inevitabilmente perso smalto,
attualit, praticabilit. Lo sapeva benissimo Luciano Lama che pure quella
strategia aveva abbracciato con grande onest intellettuale. E la delusione
che manifest a Giampaolo Pansa il prodotto diretto di quella onest:
Avevo gi compreso che quella politica non aveva fiato, ed era sconfitta
non soltanto dal giudizio della gente, ma dalla pochezza dei risultati otte150
INCOGNITE E DEBOLEZZE
nuti, dalla loro inconsistenza. Quel che allora non mi piacque fu unaltra
cosa: il rovesciamento completo della linea del Pci e poi la fuga in avanti
dellalternativa. Parlo dellalternativa cone la vedemmo allora, a partire
dalla fine del 1980: il risultato di una scelta molto personale di Berlinguer,
non discussa prima e anche scelta senza molte possibilit di successo. Parlare di alternativa ha un senso se tu vai alla ricerca delle alleanze giuste,
le alleanze con le forze che possono aiutarti a realizzarla, questa alternativa. Ma se tu cominci a dire: questi no, per questa ragione, quelli nemmeno
per questaltra, insomma se tu tagli qui, tagli l, alla fine lalternativa diventa solo lalternativa tua!. Finita una politica, bruciato un patrimonio
notevole di capacit contrattuale alla Fiat prima con la storia dei sessantuno
licenziamenti e poi con la Marcia dei Quarantamila, il sindacato si ritrovava
a dover ripensare se stesso. Partendo dalla premessa che in qualche misura
aveva un riferimento in una vecchia analisi di Ugo La Malfa: Consideriamo la natura della crisi. Siamo tutti daccordo sulla necessit che i sindacati seguano una certa politica per salvare un minimo di economia
produttiva di tipo occidentale. Bisogna rivedere i costi del lavoro, necessaria unausterit di massa. Perch non basta dire che bisogna punire le
evasioni fiscali. Queste sono esigenze reali, ma la questione economica
non l. Leconomia di massa, quando in sviluppo espande i consumi di
massa, ma quando in crisi deve restringere i consumi di massa.
Parole del 1977. Il tempo ha cambiato le carte in tavola. La questione fiscale questione economica soprattutto quando allo Stato viene
sottratto un imponibile di 270 miliardi di euro e la pressione fiscale ha abbattuto il muro del suono del cinquanta per cento incidendo pesantemente
sul costo del lavoro, molto pi degli aumenti salariali che, per giunta, dal
fisco vengono spietatamente erosi. Cos come le politiche di contenimento
della domanda proprio in questultima crisi hanno mostrato la corda inducendo premi Nobel come Joseph Stiglitz ad affermare che la domanda va
sostenuta non depressa perch a furia di contenimenti si precipita nella recessione (cosa in effetti avvenuta).
La vertenza Fiat aveva evidenziato il tramonto delloperaio-massa.
Le avanguardie sindacalizzate facevano ancora riferimento a quella figura
mitologica finendo, per, per schiacciare il sindacato su battaglie che riguardavano una parte non il tutto, facendo, soprattutto, perdere di vista la
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complessit delle stratificazioni che si erano venute a determinare nella fabbrica, nei posti di lavoro, nella societ. Eppure qualche strumento di analisi
lo aveva fornito Sylos Labini con il suo saggio sulle classi sociali, in particolare riprendendo una valutazione del politologo Giorgio Galli: Quella
che si viene consolidando, dunque, unalleanza non tra grande borghesia
industriale e ceti medi conservatori (come negli anni Sessanta), bens
unalleanza tra lalta borghesia speculativa e media borghesia burocratica,
luna e laltra non legate alle imprese ed alle professioni, ma alla speculazione ed alla rendita derivante dal controllo di posizioni chiave nellapparato amministrativo (alti burocrati), creditizio (alti funzionari delle
banche), delle imprese ed enti pubblici e nellapparato politico strettamente
connesso ai precedenti (lo strato superiore dei funzionari di partito), dei
politici professionisti. Accanto a questa rappresentazione della dinamica
sociale che ha ancora una certa attualit, Sylos Labini concentrava la sua
attenzione sulla strategia sindacale sino ad allora seguita, quella che veniva
normalmente definita come egualitarista. Diceva: Questo processo di
avvicinamento economico e sociale fra certi strati di operai e certi strati
di ceti medi sta provocando... una spaccatura nellambito degli stessi ceti
medi. In alcuni strati quellavvicinamento suscita orrore e d luogo a sforzi
per contrapporsi ad esso, anche attraverso una strategia corporativa
rivolta a ripristinare le distanze e possibilmente ad accrescerle; lorrore
per il comunismo e, pi in generale, per la sinistra, ha spesso una tale origine. Altri strati di ceti medi, invece, considerano positivamente questo processo, poich lalleanza organica con gli operai, se ha degli svantaggi
economici (da un punto di vista piccolo-borghese), ha diversi rilevanti vantaggi in termini di civilt e di forza politica.
In sostanza, Sylos Labini indicava una faglia sociale che poteva
provocare dei movimenti al di sotto del terreno calpestato dalle organizzazioni sindacali. Qualche tempo dopo analizzando le classi sociali negli anni
Ottanta riassumer in una tabella questo terremoto: la borghesia nel nostro paese nel 1951 rappresentava l1,9 per cento della popolazione, nel 71
il 2,5 per cento, nel 1983 il 3,3 per cento; le classi medie urbane erano cresciute dal 26,5 per cento al 46,4 per cento; contemporaneamente gli operai
dellindustria erano passati dal 22,1 per cento al 26,1 dopo, per, aver toccato un massimo del 31,1 per cento. La crescita delle classi medie combi152
INCOGNITE E DEBOLEZZE
INCOGNITE E DEBOLEZZE
qualificati. La questione diventava fondamentale per tenere unito il sindacato, per fargli superare anche lo choc della vertenza Fiat. Il primo rilancio,
il sindacato lo tent nellassemblea dei quadri e dei delegati della Federazione Unitaria che si svolse al Kursaal di Montecatini tra il 4 e il 6 marzo
del 1981. Alla fine delle dibattito, fu avanzata una mozione in cui si diceva
che la scala mobile per ora non si tocca. Era un documento sostenuto
dai vertici sindacali, da Giorgio Benvenuto, ma anche da Pierre Carniti e
da Bruno Trentin. Ma un delegato propose un semplice emendamento:
labolizione del per ora. Qualche leader avrebbe dovuto difendere il testo
ma nessun lo fece. Giorgio Benvenuto ha manifestato anni fa in un libro il
suo pubblico pentimento. Ma ci fu anche dellaltro: una certa irritazione da
parte del segretario della Uil che si attendeva una presa di posizione pubblica da parte di Trentin. Che non ci fu pur essendo lautorevole esponente
della Cgil favorevole a quellimpostazione del problema, a quella apertura
verso una trattativa che era ineluttabile ma che il sindacato avrebbe voluto
governare pi che subire.
Una cosa certa: la questione delle indicizzazioni era da tempo presente nel dibattito del sindacato, da molto prima del decreto di San Valentino, cos come era aperto da tempo fra le Confederazioni il confronto su
come rilanciare produttivamente il Paese, su come organizzare le compatibilit, su come garantire ai lavoratori una partecipazione reale al governo
delleconomia. Daltro canto, la strategia dellEur era figlia di quella discussione. Il fatto che poi erano prevalsi gli interessi di bottega politica,
le strumentalizzazioni partitiche che approdavano nelle sedi confederali per
i canali contorti delle correnti sindacali. Latteggiamento delle Confederazioni nei confronti della vertenza Fiat, decisamente pi prudente, nasceva
anche dalla considerazione che le cose, da un punto di vista sociale, erano
in via di trasformazione. Solo che, nel frattempo, unaltra trasformazione
si era abbattuta sulla situazione italiana, cio la nuova fase politica attraversata peraltro da tensioni che trasformavano la vita quotidiana, quindi di
tutti i cittadini, nella navigazione in un mare in tempesta. I mesi a cavallo
tra il 79 (cio le elezioni e larchiviazione del Compromesso storico) e il
1980 furono veramente turbolenti, caratterizzati da eventi drammatici (il
terremoto dellIrpinia, le accuse condivise e rilanciate dal presidente della
Repubblica Pertini, sul ritardo dei soccorsi), da fenomeni di pubblico de155
INCOGNITE E DEBOLEZZE
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GIORGIO BENVENUTO
La fatica dellunit
GIORGIO BENVENUTO
Sera, acuto interprete di cose sindacali. Dalla sua penna sgorg limmagine del Metalmezzadro, intuizione nata durante una visita allIlva (allepoca si chiamava ancora Italsider) di Taranto dove i picchi di
assenteismo finivano normalmente per coincidere con le fasi produttive
dellagricoltura: la semina, il raccolto, la potatura, eccetera. Il centro siderurgico pi grande dEuropa circondato di agrumeti, da quelle parti
si coltiva un frutto particolare, con tanto di riconoscimento e protezione
ufficiale: il mandarino senza semi. Ma verso la fine dellautunno, quando
i frutti cominciavano a essere maturi, le campagne si riempivano e lItalsider si svuotava. Al mattino, daltro canto, in concomitanza con linizio
dei turni, gli autobus della Sud-Est vomitavano davanti ai cancelli della
fabbrica migliaia di operai-contadini che venivano dai paesi vicini, Palagiano, Palagianello, Mottola, Massafra. Tobagi cominci a descrivere
GIORGIO BENVENUTO
GIORGIO BENVENUTO
economiche, ma un protagonista sociale e politico, con pari dignit, coinvolto nella vita collettiva, a conoscenza dei sistemi e dei modi di produzione.
Daltro canto, agli inizi del secolo scorso, cera una certa contiguit tra repubblicani e socialisti, soprattutto in regioni come la Romagna.
E per rendersene conto basta rileggere una cartolina di propaganda repubblicana degli inizi del Novecento: Gli uomini della Repubblica lavoreranno tutti, consacrando una piccola parte del giorno al lavoro
manuale e gran parte alle occupazioni intellettuali... Non vi saranno pi
oziosi, n grandi proprietari terrieri, n capitalisti parassiti di ogni genere, n mendicanti, n disoccupati... Le terre saranno di chi le coltiva,
indennizzati i vecchi proprietari merc un diritto elevato di successione.
Lindustria manifatturiera sar esercitata da cooperative. E molti anni
pi tardi, ma sviluppando concetti che in qualche maniera si ritroveranno
nella scelta del Sindacato dei cittadini, Ugo La Malfa dir: Per dare
una immagine plastica della condizione attuale, bisogna dire che la nostra societ si divide oggi in due vaste zone. Nelluna ci sono coloro che
hanno un patrimonio, un reddito, un lavoro, e che sembrano voler difendere con ogni mezzo e con energico spirito corporativo quello che hanno.
Alla porta di tale zona si affolla laltra, costituita da disoccupati, giovani
e adulti, da categorie debolissime, da abitanti di zone depresse. Se le
forze politiche e sociali continuano a occuparsi soltanto della prima
zona, secondo i propri interessi politici, di classe o di ceto, trascurando
la seconda, non usciremo dal problema.
Quelle idee di Ugo La Malfa espresse nella seconda met' degli
anni Settanta erano il prodotto di una antica elaborazione del Partito
d'Azione. Antica per il periodo in cui era stata sviluppata ma moderna
per i temi che sollevava. Esattamente tre decenni prima, infatti, il 25 ottobre del 1946, Riccardo Lombardi, in qualit di segretario del Pd'A aveva
scritto una lettera aperta alla Cgil nella quale sollecitava il sindacato a
guardare oltre i confini dei garantiti. I sindacati - diceva Lombardi furono sempre organizzati guardando al lavoratore provvisto di lavoro
pi o meno continuativo e non al disoccupato. Oggi la situazione profondamente mutata: lesperienza del ventennio tra le due guerre mondiali
ci avverte che le mutate condizioni economiche generali... rendono per166
GIORGIO BENVENUTO
manente in tutti i paesi un forte esercito di disoccupati... E questo un fenomeno del quale la politica confederale deve tenere il massimo conto
se non vuole errare profondamente nella impostazione della sua azione
sindacale. Insomma si dovr dare sempre maggiore considerazione
agli interessi dei disoccupati. Ma la modernit di Lombardi andava
anche oltre parlando della compartecipazione prima, molto prima che trovasse sistemazione giuridica in Germania. Affermava lallora segretario
del Partito dAzione: Ai lavoratori per si potranno chiedere dei sacrifici solo se ed in quanto essi abbiano il controllo - e con esso il modo di
influire - sulla gestione delle aziende e soprattutto - questa cosa essenziale - sul modo in cui vengono reinvestiti i profitti.
Al pari del nuovo Psi, la Uil di Benvenuto puntava ad arricchire
il suo bagaglio ideale, riscoprendo antiche radici ma anche cercando, nella
societ, nuovi punti di riferimento. Il cambio al vertice della Confedera-
zione stato interpretato, un po' semplicisticamente, come il completamento craxiano della svolta del Midas. In realt in quel momento Craxi
era piuttosto disinteressato alle vicende del sindacato. A muovere le fila
dell'operazione politica fu la sinistra lombardiana, in particolare Claudio
Signorile che all'hotel Jolly, a due passi dalla sede della Cgil organizz
un convegno in cui furono gettate le basi della scalata alla segreteria
della Uil. A quel convegno partecip tutto lo stato maggiore della sinistra
lombardiana. C'era Fabrizio Cicchitto che aveva lavorato nel sindacato,
nella Cgil. C'era Michele Giannotta. E c'era la benedizione del leader,
Riccardo Lombardi che con il mondo sindacale aveva una intensa frequentazione. Aveva, ad esempio, buoni rapporti con Bruno Trentin, anche
lui di formazione azionista. Con Benvenuto, poi, il legame era nato nel
luglio del 1971 quando l'allora segretario della Uil, Raffeale Vanni, dopo
aver deferito il leader dei metalmeccanici ai probiviri per la sua eresia
unitaria, decise di metterlo fuori dall'organizzazione (un eufemismo perch lo statuto della Confederazione non prevedeva lespulsione) con un
voto a maggioranza (39 contro 32) del comitato centrale. Riccardo Lombardi aveva preso carta e penna e manifestato la sua indignazione con una
lettera violentissima allallora segretario del Psi, Giacomo Mancini (scriveva il 17 settembre 1971: Quello che importa avere la certezza che
il Partito sosterr la battaglia e i nostri Compagni impegnati in essa affrontando le prevedibili difficolt ma sapendo che la posta in gioco ne
vale la pena).
All'attivismo della sinistra lombardiana si aggiunse, poi, l'insofferenza socialdemocratica di cui si fece portavoce Giuseppe Saragat. L'ex
presidente della Repubblica non apprezzava gli estremismi in maniera
particolare e Benvenuto per via delle sue esperienze unitarie nei metalmeccanici, con la Flm, un po' estremista gli appariva. Ma temeva anche
il consolidamento del Compromesso Storico, cio l'ingessatura del quadro
politico in un bipolarismo Dc-Pci che avrebbe alla fine messo all'angolo
il polo laico-socialista. Fu lui a sollecitare l'interesse di Craxi per la questione sindacale. Gli telefon e gli disse che trovava singolare che alla
guida di una organizzazione dei lavoratori ci fosse un esponente che faceva riferimento a un partito, il Pri, che flirtava con gli imprenditori (in
quegli anni si parlava molto di un polo laico guidato da Gianni Agnelli)
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GIORGIO BENVENUTO
e manifest la disponibilit dei socialdemocratici a sostenere la candidatura di Benvenuto alla segreteria, cio di quello stesso leader dei metalmeccanici la cui espulsione i sindacalisti del Psdi avevano sostenuto con
il loro voto al comitato centrale cinque anni prima. A quel punto, Craxi
cominci a interessarsi alla vicenda. Chiam Benvenuto e gli chiese se
c'erano le condizioni per conquistare la segreteria della Uil. La risposta
di quello che era ancora il leader dei metalmeccanici fu semplice: Le
condizioni si possono creare. E, in effetti, vennero create. Ma a lanciare
il segnale politico fu la sinistra lombardiana, non Craxi e a tessere la
tela fu Claudio Signorile, uomo estremamente abile nell'organizzazione.
Il bisogno di rompere i vecchi schemi che ingessavano il sindacato, la necessit di uscire dalle fabbriche per sintonizzarsi con la societ,
induceva Benvenuto a sottolineare che la con la Marcia dei Quarantamila
era apparso chiaro che pur lavorando nella stessa fabbrica, gli occupati
non avevano pi i medesimi interessi e, quindi, non esprimevano pi una
identica categoria di bisogni... che non cerano pi rivendicazioni in
grado di tenere unito un universo che si era frammentato... laumento
uguale per tutti poteva soddisfare alcuni, altri per inseguivano la gratificazione professionale. Gli aumenti in busta paga funzionavano quando
tutte le aziende andavano bene ma nelle realt in crisi le rivendicazioni
erano inevitabilmente diverse... Avevamo davanti un interrogativo a cui
dare una risposta: come ricomporre quella unit di classe che non si riusciva pi a costruire in fabbrica... Poi il lavoratore da cittadino si ritrovava a fare i conti con una societ inefficiente o iniqua o tutte e due le
cose contemporaneamente. Su quel versante lunit si poteva ricomporre.
Accanto allanima repubblicana, poi, nella Uil, cera quella socialdemocratica che aveva un diretto riferimento, a livello sindacale, in
quel che aveva detto Giuseppe Saragat in occasione della scissione di Palazzo Barberini: Diamo uno sguardo allEuropa e vediamo che in Inghilterra lenorme maggioranza dei lavoratori unita sotto la bandiera
del socialismo democratico. Lo stesso avviene in Norvegia, nella Svezia,
in Olanda, nel Belgio, nella Danimarca, in Svizzera. Idee, testimonianze
che inducono Benvenuto ad affermare: La Uil nasce con una forte connotazione laica, vive con disagio la divisione del mondo in blocchi,
169
est e ovest, una divisione che finisce per lacerare anche il mondo del lavoro. Vuole unificare, vuole proiettare in una dimensione occidentale la
rappresentanza sindacale, uscire dai recinti ristretti che un eccesso di
ideologia finisce inevitabilmente per creare. , se vogliamo, lanticipazione di quellidea che prender forma a Bad Godesberg, di un lavoratore
soggetto sociale, cittadino a tutti gli effetti, liberato dal peso delle ingiustizie ma anche della burocrazia. La Uil limpasto di tre matrici ideali:
quella socialista riformista che si richiama a Turati e Bruno Buozzi,
quella socialdemocratica di Saragat e quella repubblicana-mazziniana.
La vicenda che si concluse nella notte di San Valentino fu vissuta
da Benvenuto con una certa amarezza: da fondatore della Federazione
Lavoratori Metalmeccanici mai avrebbe immaginato di essere protagonista e testimone di un simile momento, pur avendo avvertito che il peggioramento delle condizioni politiche avrebbe prodotto lacerazioni. Ha
detto recentemente: La Flm stata lesperienza pi bella della mia vita.
La Flm stato lunico tentativo realmente riuscito di unit sindacale.
Quando penso a quellesperienza, mi vengono in mente certe immagini
del mondo del lavoro di fine Ottocento. Quando penso alla Flm davanti
ai miei occhi si materializza limmagine del Quarto Stato di Pellizza da
Violpedo: una moltitudine che si muove, in marcia verso il futuro, senza
simboli ma orgogliosa di s; davanti a tutti un uomo e una donna. La
donna con un bambino in braccio perch la famiglia era la vera grande
risorsa: in quel mondo contadino che aveva bisogno di braccia, i figli
erano ricchezza. Quellimmagine il simbolo della compattezza; quella
donna e quegli uomini non hanno paura perch sono consapevoli della
propria forza. In quel quadro poi si venne a produrre uno squarcio,
come nelle opere di Fontana. Ma non aveva nulla di artistico. Eppure la
solidariet che era nata tra i leader sindacali di quegli anni evit che le
diversit sulle scelte (indotte in larga misura dai condizionamenti dei partiti) determinasse anche una contrapposizione personale.
Ci sono episodi, aneddoti che possono spiegare meglio di mille
discorsi come le cose possono andare anche in momenti di grande tensione e come anche le grandi tensioni possono ricomporsi in un tessuto
di rapporti civili, soprattutto quando notevole lo spessore dei protagonisti. Il giorno prima della manifestazione degli autoconvocati contro
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GIORGIO BENVENUTO
il decreto di San Valentino, quella del 24 marzo del 1984, nelle segreterie
delle Confederazioni serpeggiava un notevole allarme. Era annunciato a
Roma larrivo di un milione di manifestanti, moltissimi animati da uno
spirito poco amichevole nei confronti della Uil e della Cisl. Lipotesi
di una qualche forma di contestazione sotto le sedi di via Lucullo e di via
Po non era poi cos infondata nonostante Luciano Lama si fosse speso
per evitare che la manifestazione assumesse toni esacerbati, annullando
tutti gli spazi di uneventuale ricomposizione. Giorgio Benvenuto e Pierre
Carniti telefonarono a Lama per chiedere se fosse opportuno provvedere
a un presidio delle sedi. Il segretario della Cgil rassicur i colleghi. Ma
non si limit a quello. Infatti, dopo qualche minuto sulle scrivanie di Benvenuto e Carniti fu depositato il discorso che il leader della Cgil avrebbe
pronunciato il giorno dopo. Un intervento dai toni moderati che, probabilmente, deluse la piazza. Lama, per, con un gesto di straordinaria correttezza volle che i suoi colleghi, con i quali aveva s celebrato la rottura
della Federazione Unitaria ma sostenuto anche entusiasmanti momenti di
lotta, lo potessero leggere in anticipo e valutarne la portata. Del contenuto
di quel discorso, parleremo pi avanti, ma laneddoto serve a definire il
clima delle relazioni che intercorrevano tra i vertici sindacali, anche in
un momento di grande polemica, di acceso confronto politico, di divisione.
A volte i rapporti hanno avuto una illustrazione un po caricaturale. La Uil e la Cisl in qualche maniera al servizio di Bettino Craxi e la
Cgil subalterna al Pci. Il premier socialista nei panni del cattivo che
impediva il libero esercizio della dialettica sindacale; il leader comunista
che, al contrario, difendeva la parte pi debole. Le cose non stavano esattamente cos, non erano il riflesso automatico di un posizionamento tanto
manicheo. Anche nella rottura, alla resa dei conti, non prevalse la logica
della cinghia di trasmissione. Certo, la Cgil risent di una divisione ideologica che le imped di avere, dal 77 all85 una linea coerente, come daltro canto lo stesso Lama confermava nel momento in cui diceva di non
aver capito pi Berlinguer nel momento in cui, agli inizi degli anni Ottanta, aveva radicalmente cambiato la strategia del partito. Ma tutti quei
travagli sono proprio il segnale di un sindacato che non si arrende allidea
di rinunciare a una sua coerenza. Racconta Benvenuto: I partiti della
171
Prima Repubblica avevano una notevole sensibilit nei confronti dei problemi del lavoro e i sindacati a loro volta esercitavano una robusta influenza sulle grandi forze politiche. Emanuele Macaluso ha ricordato che
una volta Togliatti disse che la cinghia di trasmissione in Italia non
poteva funzionare perch a volte erano i sindacati a fare da cinghia di
trasmissione verso i partiti ma spesso accadeva lesatto contrario. E a
proposito di condizionamenti aggiungeva: No, non mi sono mai sentito
condizionato. N dal Psi n tanto meno dal Pci. Poi la Uil e la Cisl erano
in una situazione favorevole: i dirigenti ce li sceglievamo noi. Nella Cgil,
GIORGIO BENVENUTO
invece, gli imput arrivavano sia dal Pci che dal Psi. Certo, cera una sintonia con la linea di Craxi perch sentivo che avrebbe accentuato la nostra capacit di movimento.
Di come andarono le cose in quei primi mesi dell84 parleremo
pi avanti, ma vi sono aneddoti che posono meglio illustrare qual era latteggiamento di Craxi nei confronti delle diverse parti sociali. Considerava
la Confindustria un interlocutore da privilegiare? Racconta Benvenuto:
Nei giorni del referendum sulla scala mobile, andai a trovarlo a Palazzo
Chigi. Avevo un aereo in partenza per Milano e una certa fretta. Ma notavo che lui voleva a tutti i costi trattenermi ben sapendo che in anticamera cera qualcuno che attendeva di essere ricevuto. A un certo punto
mi fa: Ora ti faccio vedere una cosa. Mi accompagna alla porta, la
spalanca e l in attesa cera Gianni Agnelli. Gli va incontro e gli dice:
Mi spiace averla fatta aspettare, ma dovevo parlare con Benvenuto.
Non che volesse solo farlo attendere, voleva fargli capire che lattesa
era dovuta a un colloquio in corso con un suo avversario dal punto di
vista delle relazioni industriali. Considerava la Uil il suo sindacato di
fiducia? Benvenuto rivela: Le nostre posizioni spesso collimavano, non
per una adesione fideistica ma perch in realt concordavamo sulle terapie pi utili in quel momento. Ma spesso accadeva che non ci si intendesse. Come quella volta che stigmatizz la posizione della Uil con una
nota ufficiale della segreteria. Era in carica il governo presieduto da Giovanni Goria. LItalia era stata presa in ostaggio da azioni di lotta selvagge nei servizi pubblici che finivano per creare disagio agli utenti e
scarsissima simpatia per i lavoratori in lotta. Lanciai la proposta della
regolamentazione del diritto di sciopero nei pubblici servizi, un tema al
quale un sindacato che si definisce dei cittadini non poteva essere insensibile. Ma lui lesse quella nostra sortita come un favore a Goria e
tir fuori la nota. stato forse il momento di maggior tensione nei nostri
rapporti. Insomma, non cera un copione che in quegli anni alcuni interpretavano. Ricorda Benvenuto: I risultati del referendum sulla scala
mobile, Craxi li apprese in Portogallo. Io e Carniti avevamo deciso che
non avremmo dato alle nostre valutazioni un tono trionfalistico che, ci
saremmo limitati a dire che una parte aveva prevalso su un altra ma che
i lavoratori andavano rappresentati nella loro totalit. Craxi non ap173
GIORGIO BENVENUTO
labitudine tornata frequente di parlare pi che delle proposte, delle divisioni, delle contestazioni... Il sindacato rimane intrappolato nel clima
di radicalizzazione politica che fece seguito allesaurimento della cosiddetta solidariet nazionale (nella quale era maturata la svolta dellEur). Allindomani della traumatica conclusione della vertenza Fiat,
invece di reagire con prontezza e con coraggio, prima di tutto aggiornando e modificando una strategia ormai velleitaria, si preferisce nella
Federazione Cgil-Cisl-Uil farsi condurre dalla logica del rinvio.
Eppure, Benvenuto prov a spingere, unitariamente, il movimento
sindacale verso un approdo nuovo. Tent il colpo a Montecatini, a marzo
del 1981, con quel documento che avrebbe potuto aprire una confronto
pi organico sulle scelte di politica economica: la scala mobile finiva di
essere un tab e la Federazione Unitaria abbracciava, dal punto di vista
delle soluzioni macroeconomiche, quel ruolo da protagonista che in
uno dei tanti momenti difficili che questo Paese ha attraversato, avrebbe
potuto rivelarsi risolutivo. A giugno lo sottoline, il segretario della Uil,
al congresso: Il sistema non uscito dalla condizione di democrazia
bloccata; manca lalternativa, domina linstabilit politica, la governabilit un miraggio; non nemmeno tollerabile questa particolare
forma di dimissione dalla politica che il rifugio nella cultura del puro
antagonismo; non pi tempo di sfiducia ma di speranze, non pi
tempo di antagonismo ma di protagonismo. Avverte che la societ sta
cambiando e in qualche maniera nelle sue parole ritornano alcune intuizioni di Ugo La Malfa e di Riccardo Lombardi: Chi dentro la Cittadella dei garantiti si sente sostanzialmente protetto e sicuro ma chi ne
fuori rischia di non entrarvi mai. Parole che hanno ancora oggi una certa
attualit, tra giovani precari, sottoccupati e disoccupati. Lautocritica
sullappiattimento salariale: nelle fabbriche si sono moltiplicate aspettative di crescita e di promozione a cui il sindacato non sempre ha risposto soprattutto a causa delleffetto appiattimento determinato
dallintreccio scala mobile-fiscal drag e aumenti salariali uguali per
tutti... La consapevolezza di questo effetto distorsivo non di oggi... ma
abbiamo dovuto veder sfilare 40 mila tecnici e quadri per le vie di Torino
per capire che il problema ha assunto le proporzioni di un fenomeno di
massa.
175
Infine la scala mobile: ormai innegabile che nel processo inflazionistico un ruolo rilevante continua a essere svolto dalla proliferazione di meccanismi di indicizzazione... dunque a questo punto, un atto
di responsabilit e di esplicitazione di cultura di governo che ci porta a
sostenere oggi lesigenza di un patto contro linflazione... La nostra proposta dunque quella di impegnarci e di impegnare le controparti e il
governo a contrattare obiettivi annuali di rientro dallinflazione allinterno di un piano triennale. La condizione che questo piano triennale
abbia il contenuto riformatore necessario per dare consistenza e credibilit ad una ipotesi di sviluppo. Era il 10 giugno del 1981. La questione
della scala mobile non esplosa improvvisa, tre anni dopo. La miccia era
stata accesa da tempo.
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possibile. Non solo non era impossibile, ma era necessaria perch i termini del confronto tra sindacati e imprenditori stavano prendendo indirizzi sbagliati. Il clima, insomma, si stava incarognendo. E di tutto questo
Spadolini ebbe immediata consapevolezza.
Daltro canto, la Confindustria non impieg troppo tempo per fargli capire che gli imprenditori non avevano pi voglia di attendere. Parlando di lui, gli industriali a volte evocavano le Le allegri comari di
Windsor; protagoniste di quella commedia di William Shakespeare, in
cui cui sir John Falstaff viene lungamente menato per il naso e in conclusione gabbato. Vittorio Merloni lo mise subito di fronte a un fatto
quasi compiuto: la disdetta della scala mobile. A indirizzare il presidente
della Confindustria su questa posizione ultimativa era stata la Federmeccanica con una nota riservata: Occorre scendere in campo e lunico
modo la disdetta della scala mobile. Quando il 7 giugno Merloni
varc la soglia di Palazzo Chigi per essere ricevuto dal presidente incaricato impegnato in quel momento nelle consultazioni di rito, aveva un
solo messaggio da consegnare da parte dei suoi associati: cos stando le
cose, noi disdettiamo. Grazie alla mediazione di Arnaldo Forlani, marchigiano come Merloni, riusc a guadagnare un po di tempo promettendo
una grande trattativa sul costo del lavoro, scala mobile compresa. In quel
momento, Spadolini era convinto di godere anche del consenso del sindacato: cera gi stata lassemblea di Montecatini e il tema era emerso,
in maniera faticosa e in maniera altrettanto faticosa, come abbiamo raccontato, era stato temporaneamente sommerso. Qualche giorno dopo
quellincontro a Palazzo Chigi, il congresso della Uil aveva posto con
chiarezza la questione della scala mobile, andando anche oltre quella
mozione che Giorgio Benvenuto avrebbe voluto far approvare dai quadri
e dai delegati della Federazione Unitaria. La Cisl gi discuteva ampiamente intorno alla proposta messa a punto da Ezio Tarantelli, leconomista allievo di Federico Caff e di Franco Modigliani, che per su
questo tema avevano posizioni diverse. Insomma, il clima non era di
calma piatta. Certo, cerano le difficolt. Forse Spadolini confidava di
arrotondare anche gli spigoli del Pci con cui intratteneva un discreto rapporto. Daltro canto, fra i dossier che aveva fra le mani cera anche
quello relativo alla contingenza sulle liquidazioni che era stata tagliata
182
nel 1977 durante il governo della non sfiducia e che aveva avuto il via
libera anche dai comunisti.
Quellintervento aveva portato a un pesante ridimensionamento
del Tfr e Democrazia proletaria, insieme ad altri gruppi dellestrema sinistra, aveva avviato una raccolta di firme per ottenere la convocazione
di un referendum abrogativo. Il comitato organizzatore alla fine aveva
messo insieme ottocentomila adesioni, un numero pi che sufficiente per
portare gli italiani alle urne e per indurli a decidere sulla conferma o
meno di quella norma. Spadolini con il ministro del lavoro, il socialdemocratico Michele Di Giesi, si mise immediatamente al lavoro e riusc,
poco meno di un anno dopo il suo insediamento a Palzzo Chigi, a far approvare un provvedimento (29 maggio 1982) che evit il referendum.
Ma se quellintervento sul calcolo della contingenza nelle liquidazioni era stato accettato dal Pci quando era nellarea di governo, ora
che il partito guidato da Enrico Berlinguer era allopposizione tutto diventava pi difficile. In ogni caso, convinto da Forlani, Merloni decise
di non disdettare il 24 giugno la scala mobile e di attendere sino alla fine
del mese per dare modo a Spadolini nel pieno dei suoi poteri, di incontrare le parti sociali e di mettere a punto quella grande trattativa sul costo
del lavoro che la Confindustria in quel momento riteneva urgente. E alla
fine il 28 di giugno, a notte fonda come si conviene alle trattative sindacali, Spadolini usc con il Protocollo che doveva fare da base al negoziato e produrre laccordo finale. Il governo annunciava che avrebbe
fissato un tasso contrattato allinflazione. Alle parti sociali per combattere linflazione chiedeva di trovare unintesa su tre temi: la struttura del salario e del costo del lavoro nelle loro diverse componenti
(salario diretto, indiretto, differito e relativi oneri sociali) e i diversi momenti contrattuali; la dinamica del salario e del costo del lavoro, ivi
compresa la scala mobile; i mezzi per ridurre il divario crescente fra
il costo del lavoro a carico dellazienda e il reddito effettivo a favore dei
lavoratori. In sostanza, sono gi l, in quel Protocollo i temi che saranno
successivamente al centro dellAccordo Scotti e del Decreto di San Valentino.
Il problema non era solo quello di raffreddare i meccanismi di indicizzazione che producevano un effetto moltiplicatore sul costo della
183
Quello, in ogni caso, fu un luglio di maratone negoziali. E di mediazioni sotterranee. Che avevano come protagonisti soprattutto Benvenuto e Carniti. E fu in uno di quegli incontri che Spadolini fece
chiaramente capire che lui non era disposto a forzare la mano con il rischio di perdere per strada la Cgil. Ma i segnali erano preoccupanti. E la
Confindustria provvedeva ad amplificarli facendo sapere che con una
inflazione programmata al 16 per cento nel 1982 alla fine per gli aumenti
contrattuali sarebbe stato disponibile un misero uno per cento. Tutto il
resto degli incrementi sarebbe stato distribuito attraverso i meccanismi
di indicizzazione. Spadolini avrebbe voluto chiudere laccordo entro il
30 settembre dell81, per presentarlo insieme alla legge finanziaria. Ma
le cose non andarono come lui aveva sperato. Anche perch, poi, sullo
sfondo cerano i congressi della Cisl (7-12 ottobre 1981) e della Cgil (621 novembre 1981) che annunciavano di essere decisivi ai fini della conclusione del negoziato. La vita sindacale in quei mesi e in quegli anni
era agitata da altri temi, ad esempio quello della democrazia in fabbrica:
lo sollev, tra gli altri con grande clamore, Benvenuto quando sottoline
che troppi delegati, il 90 per cento, erano operai, le altre figure professionali non erano adeguatamente rappresentate nei Consigli e che pochi
organismi, poi, accettavano di verificare ogni due anni, in libere elezioni,
il consenso alla propria azione.
Carniti approfitt del proprio congresso per lanciare ufficialmente
la proposta di predeterminazione degli scatti, senza toccare n il paniere, cio linsieme dei prezzi e dei servizi che definiva landamento
del costo della vita, n il valore degli scatti. Conclusione: Tutto tranne
che una manomissione della scala mobile. Il segretario della Cisl non
manc di usare toni polemici nei confronti di una Cgil che vedeva troppo
immobile e arroccata: Il problema sapere se il sindacato deve restare
impantanato ai piedi del muro con mansioni di semplice custodia e attesa, agitazione e propaganda, aspettando che la situazione politica
cambi o se, al contrario, la sua iniziativa sul proprio terreno specifico,
sui contenuti, non costituisca essa stessa elemento per dinamizzare la
situazione politica. In termini eleganti, Carniti sottolineava quel che
precedentemente abbiamo detto: la sua iniziativa non aveva un carattere
di rottura rispetto al Pci ma semmai nasceva sulla base del generoso in185
188
GIOVANNI SPADOLINI
Dalla speranza alla delusione
GIOVANNI SPADOLINI
GIOVANNI SPADOLINI
sista abbastanza simile a quella della Dc, del Pci, del Psi. La differenza
tra questi partiti di massa e noi sta nel fatto che abbiamo impiegato dieci
o quindici anni a educare i nostri iscritti e i nostri elettori a un pensiero rigoroso, in base a unanalisi seria dei problemi della nostra societ. I partiti
di massa hanno fatto molta ideologia, hanno sparso nelle masse convinzioni non rispondenti alla realt dei problemi che pone la nostra societ.
Da qui la crisi e da qui la difficolt dei partiti di massa a cambiare strada,
di far comprendere il loro pensiero alle masse. Per La Malfa non contavano i numeri ma i fatti e ad Alberto Ronchey che gli faceva notare che in
un piccolo partito di massa come il Pri tutto era pi facile, lallora leader
del Pri replicava: Se tu a un milione di elettori spieghi come stanno le
cose, lo puoi fare anche con pi milioni di persone. Spadolini si ispirava
allo stesso modello di La Malfa, un partito di una sinistra empirica, pragmatica, nata sul rifiuto delle ideologie pietrificate e pietrificanti ereditate
dal passato.
Non tutto, ovviamente, and come Spadolini immaginava o sperava
e pi tardi se ne sarebbe lamentato: Ci fu un disegno preciso, volto a logorare il tentativo laico attraverso una progressiva paralisi delle sue capacit decisionali. Da questo punto di vista la trattativa sul costo del
lavoro fu una sensibile cartina di tornasole. Spadolini, in realt, si logor
anche da solo, inseguendo un consenso diffuso che la situazione politica
gli negava quasi a priori. Lo aveva capito Luciano Lama anche se lo
avrebbe svelato solo successivamente, una volta lasciata la segreteria della
Cgil. Il Pci aveva ritirato la delega alla Confederazione: dopo lesperienza
di governo con il Compromesso Storico, il partito non aveva alcuna intenzione di ritornare al passato, ai tempi in cui consegnava alla Cgil il compito
di inteloquire con i governi e di raggiungere anche accordi. Nessuno sconto,
dunque, nemmeno a uno come Giovanni Spaodlini, cauto e felpato, un po
innamorato del culto della propria personalit, un difetto comunque comprensibile in un uomo abituato a essere sempre enfant prodige. Lo era stato,
daltro canto, alluniversit quando alla Cesare Alfieri di Firenze, affascinati
dai suoi studi, avevano deciso di costruirgli una cattedra su misura a scienze
politiche: storia contemporanea. Lo era stato da giornalista bruciando le
tappe e diventando direttore del Corriere della Sera al posto di Alfio Russo.
L, su quella poltrona, sono nati anche i suoi successi politici. Richiam a
194
GIOVANNI SPADOLINI
collaborare Gaetano Afeltra, storica firma che si era allontanato dal Corriere
della Sera in polemica con Alfio Russo. Afeltra, a sua volta, gli present
Ugo La Malfa che rimase affascinato da questo signore un po Ottocentesco. La Malfa gli offr una candidatura e lui, che nel frattempo aveva concluso un po precipitosamente la sua esperienza al Corriere della Sera,
accett, dopo due giorni di valutazioni. Non sapendo che poi avrebbe sostituito il suo mentore alla guida del Pri portando quel partito a un risultato
elettorale che rester unico nella sua storia: lo sfondamento del muro del
cinque per cento (esattamente 5,1) alle politiche dell83 (i repubblicani a
Milano divennero addirittura il secondo partito). La sua azione di governo
fu premiata dagli elettori. Anche se poi, sul fronte pi complicato, il costo
del lavoro, aveva incassato una sconfitta.
Formalmente le cose erano cominciate in maniera promettente ma
ben presto era subentrato un certo pessimismo. Traspare anche da quella
conversazione con Eugenio Scalfari avvenuta dopo la prima maratona negoziale, del luglio dell81. Allo scetticismo, Spadolini replicava: In quattro
giorni non si poteva fare di pi. E comunque se a settembre non ci sar accordo, il governo attuer misure unilaterali per combattere linflazione e
lequo canone riprender i suoi meccanismi.
Avrebbe voluto far coincidere accordo e legge finanziaria. Ma a settembre il negoziato non aveva prodotto nulla e Spadolini aveva deciso di
lasciar perdere quella minaccia illustrata a bassa voce nell intervista. La
rilancer pi tardi quando ormai i buoi avevano abbandonato le stalle e il
suo secondo esecutivo era ormai avviato sul viale del tramonto. Diceva: Io
non sto proponendo un patto sociale. Il mio un governo di emergenza.
Linflazione al 20 per cento un fenomeno di emergenza. Quello che io propongo un patto contro linflazione. Ma pi tardi Gianni Agnelli, un uomo
a lui politicamente molto vicino (tanto vero che si parl di una sua nomina
a ministro degli Esteri o ad ambasciatore negli Stati Uniti), gli rimproverer
proprio la ricerca di un patto sociale, di un consenso estremamente ampio,
totale, possibile, a parere dellAvvocato, nei momenti in cui si pu distribuire
ricchezza ma molto difficile da realizzare quando non ci sono ricchezze da
dividere e le soluzioni bisogna confezionarle a maggioranza.
Chiedeva tempo, Giovanni Spadolini: Solo un pazzo poteva supporre che la trattativa con i sindacati e la Confindustria avrebbe potuto
195
chiudersi alla fine di luglio dopo quattro giorni di discussione. Altri governi
si sono cimentati su quel tema per anni, e in alcuni casi nella maggioranza
parlamentare cera addirittura il Pci. In quattro giorni, andiamo, non si
viene a capo di problemi come il costo del lavoro, la scala mobile, la politica fiscale, i tagli alla spesa pubblica, le tariffe. Giusto, comunque, chiedere rapidit. Ecco i miei tempi. In quei quattro giorni di luglio abbiamo
impostato il tema. Abbiamo perfino redatto un documento comune con i
sindacati, ed era la prima volta che ci accadeva dopo molti anni. In settembre sindacati e Confindustria tratteranno da soli i problemi del costo
del lavoro. Nel frattempo il governo sta predisponendo il suo programma
di rientro dallinflazione. Presenteremo alle parti il programma e su di esso
apriremo la discussione. Ma far di tutto per ottenere il consenso dei sindacati, a cominciare dalla Cgil, che in apparenza la pi restia.
La presidenza laica fu un grande elemento di novit. In unItalia
politicamente molto vischiosa, con una Dc troppo forte, un Pci troppo arroccato e il Psi di Bettino Craxi che cominciava a essere un concorrente
proprio in quellarea laica sulla quale il Pri riteneva di vantare una sorta di
egemonia culturale. Spadolini, ad esempio, si ritrover a proporre riforme
istituzionali come il potere di revoca dei ministri e dei sottosegretari e interventi per ridurre i tempi delle decisioni che in qualche maniera facevano
gi parte della proposta di Grande Riforma lanciata proprio dal segretario
socialista subito dopo le elezioni del 79. Eppure quello fu uno dei terreni
di pi aspra polemica tra Psi e Pri, probabilmente anche per lidea di quello
sbarramento elettorale che veniva visto come un pretesto socialista per fagocitare quelli che allepoca venivano definiti partiti intermedi.
Eppure i concetti sviluppati da Craxi non erano molto diversi da
quelli che Spadolini consegn in un libro-intervista: Il riformismo dei riformatori significa interpretare lo spirito profondo delle istituzioni, quale
ci stato consegnato dai padri fondatori della Costituzione, e renderlo
esplicito nella storia del nostro tempo, al confronto con le esigenze nuove
della societ civile. Prov, Spadolini, a dare un segno di discontinuit con
il suo governo, a staccarlo dai partiti, troppo grandi e ingombranti, a cominciare dalla scelta dei ministri ma poi ammetteva che le rose di nomi
che aveva chiesto non erano state molto ampie sottolineando che ho io
stesso respinto due o tre candidature democristiane e alla guida della po196
GIOVANNI SPADOLINI
sterit. In quel vertice, il nuovo segretario della Uil aveva rotto una antica
consuetudine che assegnava al segretario della Cgil il compito di parlare
per primo (subito dopo il discorso del Capo del Governo). Ma Benvenuto
chiese di intervenire prima di tutti gli altri per dire quel che nessuno si attendeva: questa politica di austerit non mi sta bene perch prevede sacrifici
per i lavoratori ma non contropartite. Nei corridoi di quel convegno di Trieste, otto anni dopo il passaggio di consegne alla guida della Uil, Giorgio
La Malfa esclamava: Mica rimpiangeremo Benvenuto.
Spadolini, ancora scottato per quel suo negoziato terminato con un
nulla di fatto, prov a recuperare il centro della scena: La nostra lealt
verso il governo e verso le misure di urgenza che esso ha dovuto prendere,
anche per respingere pregiudiziali politiche, non in discussione... Abbiamo tutto il diritto come movimento politico e anche come movimento
dei lavoratori che si identifica con il pi antico filone del movimento operaio italiano, di dire la nostra parola nel travaglio inquietante che caratterizza lattuale fase di disgregazione, non tanto dellunit sindacale che
nei suoi aspetti liturgici noi respingiamo, ma nella consistenza e nella credibilit stessa del sindacato. Spadolini presentava la sua proposta (semestralizzazione della scala mobile, ristrutturazione del salario con una
riduzione della quota automatica) non come una scelta di contrapposizione
rispetto al governo presieduto da Craxi ma come un contributo di pi
ampio respiro al recupero di un minimo di efficienza e di operativit del
sindacato contro il pericolo di tensioni senza fine e senza sbocco... La nostra lealt al governo non pu farci dimenticare che ci sono problemi di
relazioni industriali che non si esauriscono nel varo di un decreto: cos
come non pu farci dimenticare che il decreto solo un primissimo passo
verso il risanamento generale e complessivo delleconomia, che ha altrettanto bisogno di un controllo e di una riduzione da cui siamo ancora lontani della spesa pubblica.
Una lealt, insomma, non incondizionata che d il senso di quelle
prudenze, di quei tentennamenti di cui parleremo pi avanti, che verranno
fuori non solo durante la fase del negoziato e dopo il varo del decreto di
San Valentino, ma anche prima, praticamente a ridosso di un referendum
che poi scompagin le carte in tavola.
198
sarebbe successo nelle buste-paga a partire dal febbraio 83. I nuovi contratti di lavoro non decollavano; quello pi importante dei metalmeccanici,
era ancora al palo di partenza. Il secondo elemento, forse pi decisivo,
anche se contingente, fu la contestazione clamorosa di cui fu vittima a Bologna, il numero due della Cgil, Agostino Marianetti. Questa contestazione
seguiva a ruota quella che poche settimane prima a Genova aveva colpito
me. Ma fu pi grave, pi drammatica, perch era la prima volta che veniva
fischiato da una base che non era certo tutta di Democrazia Proletaria, a
Bologna, la capitale dellEmilia rossa, un dirigente della Cgil. In piazza
cerano cartelli offensivi verso il Psi. Uno, in particolare, diceva: I socialisti sono tutti ladri. La reazione dei socialisti fu durissima. La Federazione per risposta a una situazione drammatica, oltre che complessa,
decise di indire per la prima volta manifestazioni mute. La gente, cio, fu
chiamata a manifestare, ma non ci fu nessun oratore. Io partecipai a Roma,
a piazza San Giovanni, assieme a Lama e Carniti a una manifestazione veramente imponente. Ci furono in tutta Italia manifestazioni di massa insieme grandiose e tristi. Ricordo di aver visto operai con la bocca chiusa
da mascherine con una scritta: Federazione Cgil, Cisl, Uil. Queste adunate per quanto silenziose, sortirono due risultati. Dettero una prova della
nostra compattezza agli imprenditori e costituirono una buona carta in
mano al ministro del Lavoro, Vincenzo Scotti per portare gli imprenditori
a sbloccare i contratti. Ma influirono anche sulla Cgil perch dettero a
Lama la forza per far prevalere la logica sindacale su quella politica anche
nei confronti del suo partito. Lama gioc la carta di una possibile spaccatura della Cgil nelle roventi riunione che ebbe a Botteghe Oscure con i dirigenti del Pci, con lo stesso Enrico Berlinguer. Cos alla fine, quando
seppe che la Cisl, la Uil e i socialisti della sua confederazione erano pronti
a firmare, anche lui firm.
Ma quella firma non fu n semplice n indolore e la lacrime che poi
Lama, tradito dalla tensione, vers davanti a Benvenuto e Marianetti furono
la testimonianza di una difficolt che in quel caso il sindacato riusc a superare unitariamente ma che un anno dopo, invece, avrebbe prodotto una
lacerazione profonda, una ferita che faticosamente venne rimarginata ma
non riusc mai a guarire completamente perch da quel momento il sindacato, impaurito e diviso, cominci a giocare quasi esclusivamente in difesa
202
Al ministro non serve di pi. Mancano ancora pochi minuti alla mezzanotte
quando telefona a Fanfani e gli chiede il permesso, considerando la sostanziale novit, di portare avanti il negoziato per qualche ora. Scotti
ferma gli orologi alla mezzanotte del 20 gennaio. Il 21 sembra a tutti
una buona giornata. Nella mattinata si realizza tutta una serie di importanti
accordi, per le tariffe, la sanit, la previdenza, lassenteismo, la riforma
della cassa integrazione, la microconflittualit... Ormai il campo pronto
per la battaglia finale sulla scala mobile. Le posizioni erano rimaste fino
alla vigilia bloccate, con gli industriali che chiedevano un taglio del 30
per cento e il sindacato che ufficialmente restava al dieci e ufficiosamente
si dichiarava disponibile al quindici. Ma lultima tempesta doveva ancora
venire. Nel pomeriggio, mentre si svolge una riunione a Botteghe Oscure
tra i dirigenti del Pci e alcuni esponenti della componente comunista della
Cgil, unagenzia di stampa nellesporre alcuni calcoli sulle conseguenze
di un taglio del 15 per cento sulle buste paga fa quello che nessuno finora
aveva fatto: afferma candidamente che i comunisti sono disponibili ad accettare quel taglio alla scala mobile del 15 per cento. I comunisti si irrigidiscono... Tutto sembra precipitare. Lama avanza una proposta facendo
capire che qualcosa di pi di una semplice proposta: attendere una consultazione dei lavoratori prima di arrivare ad un accordo, perch non si
ha alcun mandato a firmare accordi del genere. Carniti e Benvenuto non
accettano. Sarebbe la fine del sindacato, affermano, senza lasciar tra le
righe laccusa a Lama di eseguire il mandato del Pci di boicottare lintesa.
Noi, aggiungono i leader della Cisl e della Uil, siamo in grado di andare
al di l del mandato ricevuto se si tratta di poche migliaia di lire allanno.
Lama tenta un ultimo colpo di coda quando nel corso della notte fa capire
a Scotti di essere pronto a negoziare la rinuncia alla riduzione dellorario
di lavoro con lassenso industriale ad una riduzione della scala mobile solo
del 10 per cento. Ma stavolta chi non ci sta Carniti. Messo alle strette,
Lama capisce che i conti li deve fare con Marianetti, schierato con Carniti
e Benvenuto, e con il Pci.
Il copione verr replicato con esiti diversi. Perch, in quel gennaio
del 1983, Lama riusc, con ardite manovre a evitare gli scogli degli ortodossi e a traghettare la Cgil al tavolo del ministero per la firma dellaccordo.
Ci riuscir con un documento che il direttivo della confederazione appro205
ver con 55 voti dopo aver, invece bocciato, una mozione presentata dai
socialisti. E cos quando alle 19,30 del 22 gennaio Scotti consegna il suo
Protocollo, le risposte arrivano a stretto giro di posta: prima la Uil, poi la
Cisl e infine, con un piccolo ritardo, la Cgil. Per diverso tempo il documento resta sul tavolo del presidente della Confindustria, Vittorio Merloni.
Il fatto che laccordo proposto dal ministro del lavoro prevedeva anche
una riduzione dellorario di lavoro, una pillola amarissima per gli industriali
che assediano il loro presidente chiedendogli di non firmare. Ma Merloni,
che ha condotto la trattativa insieme al suo vice, Walter Mandelli, non pu
imbarcarsi in un voltafaccia e annuncia che firmer il protocollo e poi si
dimetter. Una forzatura, evidentemente. Alla fine arriva anche lassenso
della Confindustria, alla mezzanotte del 22 gennaio, con quarantotto ore di
ritardo su quella che oggi tutti chiameremmo road map. Il protocollo un
testo ricco e articolato, composto da una premessa, sedici paragrafi e tre
allegati.
A quellepilogo si giungeva dopo un lavoro complesso che Scotti
ha cos raccontato: Chiesi subito a un gruppo di saggi, composto da
Gino Giugni, Domenico Valcavi, DHarmant e Stefania Lazzari, con la collaborazione di Ezio Tarantelli, allora allufficio studi della Banca dItalia,
di approfondire a livello tecnico, con le due parti, le possibilit di intese
specifiche sulle diverse materie oggetto del possibile accordo. Nel frattempo i ministri Goria (Tesoro, n.d.a), Bodrato (Bilancio, n.d.a.), Forte
(Finanze, n.d.a.) e Pandolfi (Industria, n.d.a.) avrebbero provveduto ad affrontare i temi del fisco, delle tariffe e della spesa pubblica costruendo in
tal modo dei singoli capitoli dellaccordo generale. Composite le posizioni sulla questione contingenza, almeno allinizio. Ricorda Scotti: Su
una riduzione degli scatti di scala mobile cera un accordo di principio,
mentre cerano forti divergenze sulle modalit per ottenerla. Da una parte
la Cisl e Carniti personalmente, su consiglio di Tarantelli, non erano contrari a una programmazione del numero degli scatti... La Uil, anche se con
minor consenso, concordava con quella modalit, mentre la Cgil era fortemente contraria a ogni misura di quel tipo. Sulla Cgil pesava linfluenza
del Partito Comunista che si manifest in tutta la sua forza nella fase finale
della trattativa quando Lama mi chiese una sospensione, manifestandomi
comunque la sua volont e il suo impegno per laccordo, per consentire di
206
della Confindustria, la confederazione guidata da Giorgio Benvenuto sottolineava: Cadono cos una serie di aspettative che potevano creare nel
paese un clima di radicalizzazione dello scontro sociale e di insanabile
divaricazione politica. Viene inoltre sconfitto il tentativo di portare a conseguenze estreme la situazione di endemica divisione nella quale si dibatte da anni la Federazione Unitaria, che ora deve essere
profondamente modificata ricontrattando con realismo il patto federativo
e definendo forme e regole certe di democrazia di base. Alla fine del
tunnel, la Uil individuava la nascita di un nuovo modello sindacale: Non
pi un sindacato eternamente impegnato in una politica di difesa e di rimessa, e perci incapace di incidere positivamente e costruttivamente
sulle scelte generali; ma un sindacato protagonista ed espressione, in
tempi di crisi strutturale, di cultura di governo. Luciano Lama parlava di un accordo senza precedenti e Pierre Carniti annunciava lintegrazione della cultura della rivendicazione con la cultura della
gestione. Prima della firma, Scotti, a sua volta, sottolineava: Abbiamo
visto che il Governo non pu limitarsi a registrare il consenso, ma deve
costruirlo, deve avanzare le sue proposte e rischiare anche un rifiuto se
le condizioni lo richiedono, perch questa la questione vera della governabilit in un sistema democratico. E il consenso allora va cercato
sapendo cosa le parti sono disposte a dare e forzando la mano se quelle
cose non sono sufficienti, anche rischiando politicamente, ma su una proposta precisa. una strada che si apre, questa, ma bisogna percorrerla
e non sar facile, perch nessuno pu illudersi che i problemi finiscano
qui, che il conflitto, connaturato con una societ industriale, possa terminare: si tratta di costruire delle regole allinterno delle quali il conflitto
possa svolgersi in maniera costruttiva, sia per la tutela degli interessi
coinvolti, sia soprattutto perch questi interessi non contrastino con quelli
pi generali di crescita e di stabilit del Paese.
In effetti il Protocollo era un documento piuttosto articolato e anche
molto impegnativo dal punto di vista dellattuazione, con zone dombra
che, come vedremo, si trascineranno anche in quel decreto di San Valentino
che attraverser come una tempesta la vita del sindacato. Nella premessa,
Governo, sindacati e imprenditori indicavano lobiettivo: i tassi di incremento dei prezzi al consumo dovevano muoversi nella misura media
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annua del 13 per cento nel 1983 ed entro una variazione al di sotto del
10% per il 1984. Di qui gli impegni per le parti e i provvedimenti che il
governo si impegnava ad adottare: un provvedimento urgente per la modifica dellimposta personale sui redditi delle persone fisiche... un provvedimento per listituzione di un assegno integrativo per i figli a carico di
et non superiore ai diciotto anni, da determinare in misura modulata in
relazione al livello del reddito familiare e del numero dei figli a carico...
entro un onere finanziario a carico del bilancio dello Stato di 650 miliardi
di lire per il 1983; un provvedimento per la fiscalizzazione degli oneri
sociali a carico delle imprese; limpegno che lincremento medio ponderato annuo delle tariffe, dei prezzi amministrati e dei prezzi sorvegliati
si mantenga nei limiti del 13 per cento nel 1983; misure di contenimento
degli oneri per i lavoratori per lacquisto di farmaci e per gli accertamenti
diagnostici, strumentali e di laboratorio; una revisione delle norme che
limitavano i diritti in materia di trattamenti malattia; limpegno di tutti a
mantenere lincremento annuo del costo del lavoro, nei settori pubblico e
privato, entro i limiti (si specificava che per determinare gli aumenti
dellindennit di contingenza si far riferimento alle differenze assolute al
netto delle frazioni di punto che lindice medio trimestrale del costo della
vita presenta rispetto allindice medio del trimestre precedente: saranno
chiamati decimali e finiranno per essere un pomo della discordia tra imprenditori e sindacati); si fissavano gli incrementi massimi salariali a cui i
rinnovi contrattuali si sarebbero dovuti uniformare nel triennio 1983-1985
(35 mila lire per i primi due anni, 40 mila per il terzo); venivano varati
provvedimenti per contrastare lassenteismo; al fine di realizzare regimi
di orario di lavoro pi corrispondenti alle esigenze produttive, le parti concorderanno, nei rinnovi di categoria, clausole che consentano un pi intenso utilizzo degli impianti, un recupero della prestazione effettiva rispetto
allorario contrattuale, nonch criteri per una maggiore flessibilit di orari
da porre in essere in sede aziendale... I rinnovi contrattuali definiranno
una riduzione di orario di lavoro di 20 ore in ragione danno nel corso del
secondo semestre 1984 e di ulteriori 20 ore in ragione danno nel corso
del primo semestre 1985; lapertura di un confronto tra sindacati e governo
per giungere alla costituzione di quel fondo di solidariet che il Pci aveva
affondato in occasione della trattativa con il governo Cossiga; la possibilit
209
212
PIERRE CARNITI
Intransigenza di un cane sciolto
PIERRE CARNITI
Amico forse no, ma chiaro che un certo fascino tra i tanti ragazzi
di quegli anni che vedevano nel sindacato anche una forza di trasformazione politica del paese, al di l e, soprattutto, al di sopra dei partiti (e dei
loro radicati e non mondabili vizi), lui, il leader dellAutunno Caldo (subito
dopo Macario), che aveva trasformato la Cisl, vecchio sindacato di chiara
e stretta osservanza democristiana, in unagile navicella che solcava i mari
evitando abilmente gli scogli del conformismo e dellortodossia che induceva soprattutto la sinistra comunista a sentirsi depositaria di una verit assoluta, dogmatica, di contenuto diverso ma di portata analoga a quella degli
integralismi religiosi (cattolici compresi), un certo fascino lo esercitava.
Forse anche per una certa capacit affabulatoria, per quella robustezza culturale costruita con la passione di chi vuol conoscere e non con il fastidio
di chi si sente obbligato a conoscere. Chiudeva quellintervista con una battuta: Dicono che sono un po matto? Questo forse vero. Ma chi di noi
non lo , un po? Una follia fatta di irregolarit ma anche di una certa coerenza. Se nei confronti di Lama il suo rapporto (e il suo giudizio) nel tempo
cambiato, con Bruno Trentin, nonostante la frequentazione nella Flm, le
relazioni erano piuttosto fredde. Non aveva gradito, proprio nella fase del
decreto, il tenersi in disparte di quello che poi sarebbe diventato anni pi
tardi il segretario della Cgil e che, ironia della sorte, avrebbe firmato laccordo nel 92 per la tumulazione della scala mobile, dopo aver detto, in
quellormai lontano 84, che il Pci (e quindi la Cgil) non avrebbero firmato
mai lintesa, nemmeno se Craxi avesse inserito la corresponsione di un notevole quantitativo di mele doro su un vassoio dargento.
Dal sindacato si stacc spiegando per lultima volta lidea che aveva
ispirato la sua azione da segretario: Noi abbiamo appreso a considerare
le diversit una ricchezza, anzich un ostacolo, avendo lasciato indietro
lillusione che qualcuno o qualche ideologia possano monopolizzare la
rappresentanza del lavoro. E concetti non diversi aveva utilizzato, ad
esempio, Bruno Manghi in una intervento su il Manifesto di un anno
prima a proposito della rottura: Tra gli anni Cinquanta e Sessanta matura
concordemente tra i lavoratori attivi nel sindacato lidea che lobiettivo
principale, la condizione di ogni conquista successiva, lesser riconosciuti
come rappresentanti e interlocutori delle istituzioni. A dispetto delle profonde diversit di allora, si tratta di una idea strategica, di un punto di
216
PIERRE CARNITI
capacit di fare politica a pieno titolo. Anche Amendola soffriva di hegelismo, questa sacralizzazione delle istituzioni e dello Stato a scapito della
societ. E ovviamente nel suo mirino finivano molti altri perch di hegelismo soffrivano anche Berlinguer. E anche De Mita, in parte, almeno.
Ma De Mita poi si sforza di capire le ragioni dei movimenti. Ma Berlinguer
come Ceausescu. Grandi aperture sul piano internazionale, ma sul piano
interno.... Alcune sue analisi hanno retto al tempo che passa, ad esempio
quella sulle conseguenze della crisi della politica. Spiegava sempre a Lauzi:
Lalternativa alla politica il prevalere del mercato, inteso non come categoria economica, giacch come tale non forse mai esistito se non nella
mente di Adamo Smith, ma come regolatore esclusivo dei rapporti di forza.
La sua idea movimentista non poteva certo coniugarsi con la logica politica del Pci che non aveva colto il 68 mentre nel 77 si era preoccupato solo di assumere un atteggiamento in qualche misura repressivo
senza provare a vedere se in quel magma infuocato vi fosse qualcosa che
PIERRE CARNITI
potesse essere se non recuperato, quanto meno indirizzato verso una civile
protesta. Da questo punto di vista, le parole che consegnava a Pasquale
Nonno, a marzo dell84 in occasione di una intervista allEuropeo forniscono il quadro esatto della sua difficolt a rapportarsi con le rigidit comuniste: La cultura prevalente nel Pci resta quella che fa riferimento alla
Terza Internazionale, malgrado qualche non fortunato contributo al suo
superamento. Il primato della politica viene fatto coincidere con il primato
del partito, di un partito. Non si riesce a concepire che in una societ pluralista moderna, i soggetti politici sono molteplici. E ancora pi duro: Il
Pci era convinto che le grandi decisioni che riguardano la sinistra e la societ italiana dovessero passare, esplicitamente o implicitamente, sul tavolo
o sotto il tavolo, attraverso la sua intermediazione. Il nodo che venuto al
pettine la pretesa del Pci di voler dimostrare che la forza egemone ed
esclusiva nella sinistra e a livello sociale. un errore di valutazione. Spero
che prima o poi venga il momento in cui si possa ragionare con il Pci. Ora
i comunisti sprecano molte forze per dimostrare questa egemonia. E le altre
forze progressiste, tra cui la Cisl, devono sprecarne altrettante per contrastarlo... La cultura dellautonomia per la Cisl un dato profondo, costitutivo. Siamo una realt anomala secondo i parametri correnti. Solo una
minoranza del gruppo dirigente aderisce esplicitamente a un partito. Di
alcuni colleghi con i quali lavoro non so nemmeno per chi votano.
Da un punto di vista elettorale, la sua tendenza a essere un cane
sciolto lo aveva, ad esempio, portato a votare per Riccardo Lombardi, personalit estremamente eterodossa, probabilmente per i suoi trascorsi nel
Partito dAzione, capace di affascinare chi sognava lAlternativa ma anche
di suscitare grande rispetto in chi non aveva una idea propriamente movimentista della politica come Ugo La Malfa (diceva il leader repubblicano
del vecchio compagno del PdA: Non basta avere gli economisti. Bisogna
avere anche chi interpreta politicamente gli economisti. Ora secondo me,
cera un solo uomo nel Psi che poteva impostare bene il problema delleconomia moderna in Italia, Riccardo Lombardi. E devo dire che quando
Nenni and per la prima volta al governo mi chiese di convincere proprio
Riccardo Lombardi a seguirlo. Nenni in questo aveva le idee chiare, per
lui sarebbe stato come il braccio secolare. Io andai da Lombardi per convincerlo e gli dissi: Voi socialisti mi avete mandato a fare la nazionaliz219
PIERRE CARNITI
litico; pi facile considerarle (e rappresentarle) come una forma di tradimento, come manifestazione di intelligenza con il nemico. E, daltro
canto, Craxi andava al congresso della Cisl e lo ringraziava definendolo
uomo coerente, capace e generoso. Non un caso che dai leader di opinione, dai giornali pi prossimi a Berlinguer (o anche a De Mita) o a settori
della Confindustria che apprezzavano poco lidea dellaccordo, in quei mesi
sia stato scelto come il bersaglio preferito delle critiche, in pratica la causa
di tutti i mali. Su la Repubblica il primo a criticarlo severamente fu Fausto
De Luca, con un corsivo del 18 febbraio 1984. Diceva il famoso notista politico: Il protagonismo di Carniti allinterno del sistema sindacale surclassa quello di De Mita nel mondo dei partiti, tende anzi a sopravanzare
la Dc di fronte al mondo cattolico, a fare della Cisl lelemento di punta
avanzato di un popolarismo che comprende e raccoglie la sfida di Craxi,
le risponde andando ancora pi avanti nella rottura coi comunisti, con
lambizione di indicare una via duscita al partito tuttora anchilosato nelle
vecchie correnti, nelle stantie divisioni, nelle oligarchie immobili, quasi
sovietizzate... la sua presa di posizione pi politicamente schierata, pi
oltranzista si potrebbe dire, dal lato del governo, quasi proiezione di uno
schieramento politico allinterno del sindacato, per farsene elemento di
forza e di competitivit nei confronti delle altre organizzazioni, in primo
luogo la Cgil, naturalmente.
Oggettivamente, appare un po complicato considerarlo, anche oggi,
a tanti anni di distanza, come una sorta di avanguardista democristiano
lui che, al tempo stesso, veniva definito troppo amico dei socialisti e, comunque, troppo orientato a sinistra (tanto vero che per riequilibrare in
qualche modo lorganizzazione, Franco Marini, dichiaratamente democristiano, forzanovista, era il segretario generale aggiunto). Dopo De Luca, il
giornale di Scalfari schier un editorialista di primissimo piano, Massimo
Riva che lo indicava come il vero autore del decreto di San Valentino. Scriveva, alla fine di una articolata analisi sullesproprio, attuato attraverso laccordo, delle prerogative parlamentari in tema di politica economica: Sul
significato istituzionale di quanto verificatosi, c una conferma autentica
che viene dal regista dellintera operazione, il sindacalista Pierre Carniti.
Cosa si era verificato? Non una violazione costituzionale, come pure alcuni
allepoca sostenevano: Semmai pi fondato il dubbio che esso (il prov221
PIERRE CARNITI
coabitazione delle diverse anime del Pd nel momento in cui si passa a parlare di diritti civili. In secondo luogo, poi il mondo era in grande evoluzione,
si avvertivano cedimenti in quello che Reagan aveva ribattezzato lImpero
del Male, cinque anni dopo il comunismo sarebbe stato sotterrato dalla
Glasnost, dalla Perestrojka di Gorbaciov e, soprattutto, dalle macerie del
Muro di Berlino. Organizzare una operazione sindacale di stampo anticomunista sarebbe stato inizialmente inutile e, alla fine, a giochi internazionali
fatti, anche un po ridicola.
Certo, Martelli si adoper molto. Il 27 settembre del 1984 organizz
una riunione allhotel Jolly (quello a due passi dallufficio di Luciano Lama
in Corso dItalia a Roma) con i socialisti della Cgil, della Uil e della Cisl.
Ma liniziativa trov scarsi consensi. Due mesi dopo, Giorgio Benvenuto
riun i socialisti della Uil e afferm: Che cosa intende fare il Partito Socialista? Continuare un confronto con i sindacalisti socialisti o metterli in
secondo piano e privilegiare il rapporto e laccordo con la Cisl? A febbraio, Martelli a un convegno della Uil sul lavoro, dichiar di essere in disaccordo con la Uil e di concordare, invece, con la Cisl. Sempre nello stesso
mese, il 25 febbraio, Martelli in un convegno a Bologna sul riformismo afferm che gli interlocutori privilegiati del Psi nel sindacato sono i riformisti della Cgil e, soprattutto, la Cisl. La risposta pi netta a un progetto
che non decoll, Giorgio Benvenuto la diede, per, davanti a una platea di
socialisti e di dirigenti socialisti: il congresso che si svolse a Verona dall11
al 15 maggio (quello dellacclamazione di Craxi al vertice del partito, dei
fischi a Berlinguer e dellincauto commento del segretario: Se avessi saputo fischiare, avrei fischiato anche io). Disse il segretario della Uil: Non
ci piace il tentativo di far crescere sulle macerie della spaccatura una sorta
di bipolarismo sindacale: i comunisti di l, di qua tutti gli altri in attesa di
chiss quale altra egemonia. Non abbiamo avuto mai la vocazione al sindacato di partito figurarsi se abbiamo voglia di riunirci sotto le anacronistiche bandiere del sindacato anti-comunista. Queste discriminanti
appartengono a un passato politicamente remoto. E, comunque, non c
dubbio che lalternativa allunit il pluralismo.
Seduto al tavolo della presidenza, Martelli prendeva appunti mentre
il suo progetto scompariva allorizzonte. Poteva interessare a qualcuno quel
sindacato? Forse qualche attenzione laveva suscitata in Franco Marini o
223
PIERRE CARNITI
bagnata nel sangue di uomini prodi e innocenti. Ezio Tarantelli era uno
di quegli uomini prodi, decisivo nella soluzione adottata per ottenere il raffreddamento dellinflazione cio la predeterminazione degli scatti. Ma da
un punto di vista ideologico il suo testamento un articolo che apparve su
la Repubblica il 5 giugno dell84. Il titolo era: Lavorare di meno per
occupare di pi. Scriveva: Occorre rendere pi flessibile luso della forza
e lorganizzazione del lavoro in fabbrica e in azienda. Ma occorre farlo lavorando meno per lavorare tutti, senza aumentare i costi per le imprese.
Vediamo come ci sia possibile prendendo a riferimento lo scenario stilizzato che ho appena accennato. Se la produttivit cresce al tre per cento, il
salario per ora lavorata pu anchesso crescere nella stessa misura. Ma
questo non deve significare un pari aumento del salario mensile per occupato se, contemporaneamente, diminuisce il numero delle ore che il lavoratore sceglie di non dedicare al lavoro ogni giorno, mese o anno. Al
contrario, la differenza fra il tasso di aumento della produttivit del lavoro
e laumento del salario mensile deve essere esattamente pari allaumento
del tempo libero per occupato.
In un saggio recentissimo e inedito, Pierre Carniti ha scritto: I fattori di insicurezza che derivano e si riflettono sulla situazione del lavoro
sono molteplici. Non ultimo pesa il fatto che la popolazione attiva mondiale
rapidamente aumentata. infatti passata da 1 miliardo e 200 milioni del
1950, ai circa 3,5 miliardi del 2010. Il risultato che nel mondo cresciuta
enormemente lofferta di lavoro, senza che di altrettanto si sviluppasse la
domanda... Stando cos le cose una domanda diventa spontanea: si pu
fare qualcosa per cambiare il corso degli avvenimenti? Per cercare di rispondere occorre tenere presente che la questione del lavoro si compone
di due aspetti, collegati ma nello stesso tempo sufficientemente distinti. Il
primo riguarda la dimensione quantitativa, il secondo quella qualitativa.
La risposta al primo aspetto dalle istituzioni pubbliche viene normalmente
affidata a riti propiziatori nei quali sono invocati: la crescita, la ripresa, il
rilancio delleconomia. Rituale al quale si dedicano (con maggiore o minore convinzione) tutte le istituzioni nazionali e internazionali. Ma a parte
la concreta realizzabilit, occorre sapere che queste ipotesi, per non dire
semplici auspici... non sono comunque in grado di risolvere n in termini
quantitativi e ancor meno qualitativi il problema. Siamo dunque ad una
225
226
SAN VALENTINO
Lautunno del sindacato
SAN VALENTINO
Nella tarda serata del 14 febbraio 1984, mentre i ristoranti del centro di Roma si popolavano per i tradizionali festeggiamenti di San Valentino, la festa degli innamorati, a Palazzo Chigi arrivavano due lettere
sostanzialmente uguali. I mittenti scrivevano: Caro Presidente, sulla base
del mandato ricevuto dal Comitato Centrale (dal Consiglio Generale, diceva la seconda, n.d.a.) Ti (Le, nella formulazione della seconda, n.d.a.)
comunico ladesione della Uil (della Cisl, n.d.a.) ai termini conclusivi del
negoziato relativi a: provvedimenti fiscali; governo delle tariffe, dei prezzi
e dellequo canone; programmazione della dinamica salariale; mercato
del lavoro e contratti di solidariet; nuovi strumenti di politica industriale
e interventi nei settori e nelle aree di crisi; istituzione del fondo di solidariet; programmi per loccupazione giovanile in particolare nel Mezzogiorno, misure per la sanit e indicizzazione degli assegni familiari;
provvedimenti per il pubblico impiego; convenuti nella giornata di marted
14 febbraio. In conseguenza di quanto sopra, la Uil (la Cisl) impegna il
Governo a prendere tutti i provvedimenti di legge e amministrativi necessari per attuare con urgenza e contestualmente le direttive politiche contenute nei testi richiamati. Cordiali saluti. Giorgio Benvenuto (Pierre
Carniti).
Alla lettera della Uil era accluso il documento del Comitato Centrale approvato allunanimit, 220 membri su 220. Chiara lidea della Confederazione guidata da Giorgio Benvenuto su quello che alla storia sarebbe
passato come il Decreto di San Valentino: Il Comitato Centrale della Uil
rileva perci che vi il necessario grado di coerenza fra limpostazione
della Uil, cos come emersa dalla sua conferenza di organizzazione, al centro della quale vi sono state la scelta della politica dei redditi ed un patto
per loccupazione e le indicazioni che fanno parte della ipotesi conclusiva
di accordo. Il Comitato Centrale della Uil rileva altres che tale ipotesi
corrisponde in notevole parte allimpostazione unitaria costruita nella Fe229
derazione Cgil-Cisl-Uil. Non basta, perch le questioni relative alla rappresentanza, alla democrazia sindacale erano esplose con grande fragore e
Benvenuto era stato il pi determinato a farsene portavoce. Nel documento
si leggeva: Il Comitato Centrale della Uil impegna la segreteria a definire
al pi presto regole e comportamenti che debbono presiedere ad un nuovo
progetto di democrazia sindacale affinch rapporto e verifiche con i lavoratori si svolgano secondo criteri certi e chiari. Non mancava una stoccata
alla Cgil che su quelle ipotesi a cui le due lettere facevano riferimento
aveva chiesto di consultare i lavoratori attraverso un referendum: Non
nemmeno utile esprimere un giudizio su coloro che fino ad oggi non hanno
politicamente consentito di fissare regole, procedure e garanzie per rendere
praticabile il ricorso al referendum. per da respingere ogni ipotesi rivolta
ad improvvisare le regole del gioco democratico. Il referendum pu morire
prima di nascere perch cos sarebbe se dovesse degenerare passando da
strumento di democrazia a veicolo di spaccatura tra i lavoratori.
Pi stringati i due comunicati del Consiglio Generale che Carniti
accludeva alla sua lettera. Nel primo si spiegava che i risultati conseguiti
erano idonei alla conclusione della trattativa; nel secondo chiedeva alla
Segreteria di convocare il Comitato Esecutivo per un aggiornamento dei
contenuti politici dellAssemblea organizzativa con lobiettivo di consolidare il rapporto democratico con linsieme dei lavoratori e - per ricostruire
nelle nuove condizioni e su nuove basi strategiche - una prospettiva unitaria. Bisogna, comunque, tenere presente che nel tentativo di evitare la divisione, la Cisl aveva preso in considerazione nel comitato esecutivo del 12
febbraio, dopo lincontro con il Governo a Palazzo Chigi, anche lipotesi di
utilizzare il referendum ma, come ha spiegato tempo dopo Carniti, lipotesi
fu accantonata perch, anche a prescindere dai problemi di ordine pratico
e di garanzie nella sua gestione, i tempi del referendum sarebbero risultati
incompatibili con i tempi dellentrata in vigore dellaccordo. Non bisogna
infatti dimenticare che la predeterminazione degli scatti di scala mobile era
stata concentrata (su iniziale richiesta della Cgil) nei primi due trimestri.
Esattamente due punti in meno nel primo e un punto in meno nel secondo.
Sul tavolo del presidente del Consiglio, Bettino Craxi, veniva depositata anche una terza lettera, firmata da Luciano Lama a nome della Cgil.
Il tenore era ovviamente diverso rispetto alle altre due. La Cgil non accet230
SAN VALENTINO
filo-craxiani, filo-berlingueriani e filo-demitiani (in qualche caso i due ultimi filo si identificavano). Il provvedimento in via di elaborazione agli
imprenditori non piaceva granch e questa scarsa simpatia emergeva dal
tono e dal contenuto della lettera. Lo stesso Merloni aveva temuto la replica
del copione dellanno prima quando per far passare il Protocollo Scotti, inviso a buona parte della sua Confederazione, aveva dovuto forzare la mano
presentando le sue dimissioni (accompagnate da quelle di Mandelli), obbligando cos gli oppositori a uscire allo scoperto. In ogni caso, con un solo
voto di scarto, le soluzioni erano state accettate e Merloni dava il via libera
dellorganizzazione con queste poche righe: La Confindustria esprime
adesione al Protocollo dintesa presentato in data 14 febbraio 1984 ed
allallegato sui prezzi e tariffe. Invita il Governo a prendere i provvedimenti
conseguenti. Qui finiva il consenso e cominciavano le perplessit: la Confindustria insiste affinch si adottino strumenti pi flessibili per il mercato
del lavoro e in particolare che sia confermato il contratto con finalit formative introdotto con laccordo del 22 gennaio 1983 e che ha consentito
pi di 100.000 assunzioni senza costi per lo Stato. Raccomanda che la politica industriale e quella per il Mezzogiorno siano ispirate ai principi
delleconomia di mercato ed alleliminazione dellassistenzialismo. Raccomanda la rapida attuazione ed il miglioramento delle misure rivolte allo
sviluppo degli investimenti e dellinnovazione. Esprime preoccupazione
per lintroduzione di nuovi vincoli nel regime degli affitti.
Doveva esserci anche una quinta lettera, firmata da Ottaviano Del
Turco a nome dei socialisti della Cgil, ma Lama lo convinse che non poteva
adottare una iniziativa del genere in quanto rappresentante solo di una minoranza dellorganizzazione. La sera, quando i sindacalisti si ritrovarono a
Palazzo Chigi, Bevenuto e Carniti posarono sul tavolo le loro missive, Del
Turco, invece, annunci che la sua non ci sarebbe stata. Nella sala cal il
gelo. Carniti, tra lo stupore generale, prese la sua lettera, la infil in tasca
e fece per andarsene. Fu bloccato sulla soglia e a quel punto cominci una
faticosa opera di convincimento alla fine della quale il segretario della Cisl
consegn nuovamente la sua lettera.
In quella serata in cui si festeggiano i rapporti sentimentali, le Confederazioni, insomma, celebrarono il loro divorzio. Nulla sarebbe stato pi
come prima. Contemporaneamente venivano tagliati quattro punti di con232
SAN VALENTINO
tingenza e diciotto anni di accordi firmati unitariamente. Nasceva lo strumento della predeterminazione degli scatti di sacala mobile e moriva il Sindacato dei Consigli perch, alla prova del nove, aveva dimostrato di non
riuscire pi a essere realmente espressione di democrazia, a farsi portavoce
delle maggioranze ancorch silenziose (il termine bruttino ed evoca storie
non propriamente commendevoli, ma rende) e non pi solo delle minoranze
(o avanguardie) pi combattive e, soprattutto, politicamente schierate.
Quella data era, contemporaneamente, la fine di una storia, la trattativa sulla
scala mobile cominciata tre anni prima con il Governo Spaodolini e temporaneamente risolta con il Protocollo Scotti; e linizio di un altra storia,
due anni con il 1 maggio celebrato da separati in casa, le manifestazioni
dei cosiddetti autoconvocati con una caratterizzazione pi politica (anti-socialista) che economica, il referendum, soprattutto la fase pi acuta dello
scontro tra Berlinguer e Craxi (con linserimento di protagonisti a latere
come De Mita e Spadolini).
Furono giorni difficili che Pierre Carniti pag anche da un punto di
vista fisico. E quando Bettino Craxi and a trovarlo al Policlinico Umberto
I dove era ricoverato per quello che lui con una certa dose di ironia chiamer spesso nei suoi scritti un soggiorno imprevisto, spieg chiaramente
che le ipotesi di arretramenti tattici sulla soluzione data al problema della
scala mobile non potevano essere prese in considerazione (Io per questa
storia mi son preso un infarto, disse al presidente del Consiglio dichiarando la sua indisponibilit a valutare soluzioni alternative per favorire uno
smussamento degli angoli). Cosa fu quel decreto? Un atto autoritario di
un presidente del Consiglio decisionista? La conclusione di un negoziato
lungo e complesso? In qualche maniera, il provvedimento legato al nome
di Ezio Tarantelli visto che il meccanismo della predeterminazione degli
scatti era stato suggerito, ideato, costruito da lui e accettato dalla Cisl e poi
anche dalla Uil. A quasi trentanni dalla sua morte, il figlio Luca quel decreto lo descrive cos: Anche se alcune di quelle proposte somigliavano
ai 18 punti che mio padre aveva elaborato con la Cisl nel 1981, il decreto di San Valentino, come fu conosciuto, era tuttaltro che il risultato di
una concertazione sindacale come quella che auspicava lui. Craxi, infatti,
aveva risolto la questione della scala mobile di nuovo con laccetta attribuendosi poteri decisionali unilaterali in un ambito su cui fino ad allora
233
si era cercata una intesa tra tutte le parti interessate. Questa modalit era
in linea con lo stile personalistico di governo che impresse al partito, e che
lo port a ottenere un potere pi grande di quello che avesse mai avuto
nessun presidente del Consiglio prima di lui. La ricostruzione, in realt,
appare quantomeno parziale. Craxi intervenne solo alla fine: fra le parti le
trattative erano andate avanti per alcune centinaia di ore; la soluzione adottata, cio la predeterminazione degli scatti, era il frutto di unidea di Ezio
Tarantelli, fatta propria da Carniti e dalla Cisl, sostenuta da Benvenuto e
dalla Uil.
Laccetta, poi, non era cos affilata se dal momento delladozione
sino alla sua conversione in legge (il primo provvedimento decadde, il secondo riusc a passare lesame del Parlamento), il decreto sub degli aggiornamenti di non poco conto soprattutto sul versante della durata, sei mesi
invece di un anno. Una modifica che avrebbe in qualche maniera mutato
anche latteggiamento di Enrico Berlinguer. Massimo DAlema ha raccontato in un libro come il segretario comunista accolse la novit: Berlinguer
alla fine si mantenne prudente, sottoline che le questioni di principio rimanevano irrisolte anche con il nuovo decreto, ma accolse linvito a una
condotta pi moderata e a una rinuncia allostruzionismo. Ormai era
chiaro che egli non escludeva si potesse trovare, uscendo dal muro contro
muro, una convergenza con settori della maggioranza. Quale fosse il disegno del segretario comunista lo vedremo pi avanti (almeno nello
schizzo che ci stato offerto da Antonio Tat). Ad ogni modo non da
escludere che se sul palco di Padova non fosse intervenuto quel terribile
malore, probabilmente Berlinguer avrebbe trovato il bandolo della matassa
per impedire la celebrazione di un referendum che pure aveva voluto con
grande determinazione. Quel decreto fu il frutto di duecentoventi ore di
trattative, duecentoventi ore in cui Craxi entr in scena solo nella parte finale, replicando quel che aveva fatto un anno prima Amintore Fanfani con
Vincenzo Scotti. Gianni De Michelis che era il ministro del lavoro che condusse il negoziato, ha una idea diversa rispetto a quella di Luca Tarantelli:
Laccordo di San Valentino, il pi alto esempio di riformismo di marca
socialista europeo. Il decreto un nervo scoperto. il nervo scoperto di
chi allora, nel Partito Comunista, organizz una battaglia senza esclusione
di colpi, soprattutto a livello parlamentare (e anche nelle piazze), con espo234
SAN VALENTINO
nenti riformisti, come Napoleone Colajanni che a un certo punto, per allungare i tempi della discussione fecero saltare la luce in Commissione.
il nervo scoperto di chi ondeggi tra Scilla e Cariddi saltando,
come spesso capita in Italia, sul carro del vincitore al momento giusto. Ne
parleremo pi avanti, ma il comportamento confindustriale fu tuttaltro che
coerente (lintesa venne accettata dagli imprenditori con la maggioranza di
un voto: quello di Gianni Agnelli, catapultatosi appositamente a Roma da
Torino ma contro votarono Cesare Romiti e Carlo De Benedetti). E poi c
la figura di Craxi che crea imbarazzi. Perch ai pregiudizi di quegli anni si
sono sommate le vicende legali dei primi anni Novanta e la valutazione,
anche su fatti che nulla hanno a che vedere con le aule di tribunale, ha finito
per essere orientata da situazioni di altro tipo. San Valentino andrebbe riletto
per quello che stato. Forse, come dice Luca Tarantelli, il provvedimento
non conteneva in toto i 18 punti elaborati dal padre ma ne conteneva di-
SAN VALENTINO
SAN VALENTINO
posto sul metodo. Sullo strappo, operato per di pi via decreto, nelle relazioni con le parti sociali. Mentre sul piano della sostanza, si preferiva insistere sulliniquit di una proposta che non prevedeva una politica di
tutti i redditi, nel senso di una autentica lotta allevasione fiscale e di una
tassa patrimoniale sulle rendite finanziarie, come i sindacati e il Pci chiedevano allora con insistenza.
Le parole di DAlema tradiscono, comunque, la contraddizione con
cui il Pci era costretto a fare i conti: negli anni della solidariet nazionale
per via legislativa si era intervenuto sulla scala mobile (limitatamente alle
liquidazioni) e con il consenso comunista. Tra laltro, cerano alcuni aspetti
dellintervento proposto che avrebbero forse dovuto sollecitare altra attenzione se il confronto fosse stato sulle cose e non sulle pregiudiziali politiche. La predeterminazione degli scatti era un meccanismo che tendeva a
salvaguardare il salario: lobiettivo era quello di tenere inalterato il potere
dacquisto contenendo linflazione e riducendo gli effetti perversi del fiscal
drag. Alla perdita monetaria non avrebbe corrisposto una perdita reale. Lo
schema, comunque non era molto dissimile rispetto a un anno prima.
Lunica novit era costituita dal presidente del Consiglio, anzi dal partito
di appartenenza del presidente del Consiglio. Luciano Lama, probabilmente, allintesa sarebbe arrivato (in un paio di occasioni la sua firma apparve vicinissima; lo stesso Presidente di Confindustria, Vittorio Merloni,
aveva tratto la convinzione che il Segretario Generale della Cgil, alla fine
sarebbe stato della partita). Avrebbe avuto bisogno di un alleato forte, ad
esempio Bruno Trentin. Ma i metalmeccanici della Cgil erano fieramente
contrari a ogni ipotesi di soluzione e lui fin per restare bloccato sotto il
peso politico di quella che restava la sua categoria di riferimento.
Risultato, nella verifica del 22 gennaio le distanze cominciarono a
emergere nettamente anche perch la Cgil nellesecutivo del giorno prima
aveva detto chiaro e tondo che di non essere daccordo sulla predeterminazione. E cos si arriv al Direttivo della Federazione unitaria del 7 febbraio
che prese atto della divisione evitando di formalizzarla con un voto. In quellorganismo, i comunisti della Cgil erano in minoranza: se ci si fosse
espressi nellurna avrebbero perso tanto che si fosse votato per organizzazioni (due contro uno) tanto che si fosse votato per membri (in quel caso i
socialisti della Cgil avrebbero ampliato larea di maggioranza). Con il voto
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sarebbe morta non solo lunit presente ma anche quella futura; senza voto,
restava il conflitto immediato ma non si bruciavano le prospettive.
La sofferenza che caratterizz la vita della Cgil in quei giorni, soprattutto a ridosso della riunione finale a Palazzo Chigi, emerge da un documento che Bruno Ugolini ha pubblicato su l'Unit e che proviene
dall'archivio storico della Confederazione. Si tratta del verbale del comitato
direttivo del 12-13 febbraio del 1984. A sintetizzare la situazione complessa
provvide il Segretario Confederale, Gianfranco Rastrelli che in apertura del
vertice diceva: ... In ogni modo noi alle due e mezza ci presenteremo con
queste due opinioni differenziate, di una componente e di un'altra componente, poi mi pare che anche il compagno Lettieri, per informazione, d'accordo con noi nel senso che non ci sono le condizioni per firmare
l'accordo.
Quella che si svilupp sul decreto di San Valentino non fu una semplice trattativa sindacale ma qualcosa di molto pi ampio: un conflitto aspro
politico-ideologico con in ballo non solo i quattro punti di scala mobile,
ma gli equilibri di governo, il logoramento di Craxi, il ribaltamento del suo
esecutivo. Nel suo libro DAlema, ad esempio, parla di un segretario comunista che a un certo punto della vicenda adombr la possibilit di un governo che ristabilisse le regole del gioco anche senza i socialisti.
Insomma, San Valentino fu, come ha sempre scritto DAlema, la guerra
civile della sinistra italiana la cui ricomposizione venne resa impossibile
dalla scomparsa di Berlinguer in quel momento e in quel modo. Furono
giorni di trattative e di scontri, dentro il governo e fuori dal governo, nel
Parlamento e fuori dal Parlamento. Un gioco pesante in cui si cercavano
Giuda e se ne proponeva lacquisto con i soliti trenta danari. Ha raccontato
Gianni De Michelis che quattro giorni prima della definizione del decreto
venne invitato a una cena alla quale incontrai Spadolini, Scalfari e Rognoni.
Credo che fosse presente anche De Benedetti. Per tutta la sera tentatorono di
convincermi a mollare tutto, assicurandomi, da un lato, che la Confindustria
avrebbe cambiato idea, dallaltro che Craxi stesso, alla fine, mi avrebbe lasciato solo. Ma non fu cos: Ricordo che ci fu una riunione a Palazzo Chigi
alla quale partecipai con Giorgio Benvenuto e Pierre Carniti nel corso della
quale minacciammo le dimissioni se fossero stati messi in discussione i termini
dellaccordo. In sostanza, il giorno in cui il decreto venne approvato, Craxi
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SAN VALENTINO
SAN VALENTINO
a sua volta, ebbe qualche giorno dopo quello che si sarebbe svolto tra Tat
e De Mita, un incontro con Enrico Berlinguer. A favorirlo fu sempre Tat.
Dice lex segretario generale della Cisl: Lincontro dura un paio dore.
Berlinguer non si sofferma sul merito dei problemi che hanno costituito
loggetto dellaccordo... Mi intrattiene invece sugli aspetti politici. La sua
tesi di fondo che il governo Craxi pericoloso per la democrazia. Perch ha messo in causa la costituzione materiale. Gli obietto che non capisco bene cosa lui intenda per costituzione materiale. Gli faccio notare
che in fondo Craxi si limitato a trasferire in decreto le parti pi urgenti
di un accordo sottoscritto con le parti sociali. E che questo si era gi verificato in precedenza, uninfinit di volte, con altri governi, compresi quelli
con il Pci nella maggioranza. Lui replica che ora la cosa diversa perch
il Pci si schierato contro laccordo ed il Pci pur sempre il partito pi
rappresentativo del mondo del lavoro. Sono dispostissimo a riconoscerlo
- gli dico - a patto che tu riconosca che laccordo stato sottoscritto dalla
maggioranza del movimento sindacale. Sia per numero di iscritti che, almeno induttivamente, per numero complessivo di lavoratori rappresentati. un riconoscimento che non disposto a fare... Perch la mia
posizione risulti chiara gli dico che ci che lui chiama costituzione materiale io lo interpreto come consociativismo. Pratica che considero
uno dei guai pi seri del nostro sistema politico. Dalla quale, quindi, prima
si riesce a liberarci e meglio per tutti. Evidentemente non siamo fatti per
intenderci. Ed infatti non ci intendiamo... Lui pensa che si debba ripristinare la democrazia consociativa, io che si debba, al contrario, aprire
la strada alla democrazia dellalternanza.
Concetti non molto diversi da quelli che user Giorgio Benvenuto
intervenendo al congresso socialista di Verona: Noi vogliamo creare le
basi di una vera cultura di governo in cui i valori socialisti di equit e di
progresso si leghino a ci che di insuperato (e di insuperabile) c nella
grande tradizione liberaldemocratica... Se i nostalgici del regime consociativo ritengono che questa nostra scelta eversiva, ebbene questa eversione necessaria e possibile. E non abbiamo nessuna intenzione di
dolercene. Ma c di pi: la nostra critica allastensionismo decisionale, al
non-governo, la nostra convinzione che la democrazia forte quando una
maggioranza in grado di decidere e di governare vengono etichettate come
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SAN VALENTINO
gioni andavano ben al di l dei fischi. Gli eventi degli ultimi giorni furono
drammatici con Chiaromonte che in sede di dichiarazione finale annunci
lintenzione del Pci di promuovere il referendum, Berlinguer che il 7 giugno
ebbe il malore mortale a Padova e il Senato che l8 giugno approv definitivamente il decreto che aveva scatenato la guerra civile della sinistra.
Ha spiegato Gianni De Michelis: Nellaccordo tentammo di tenere
conto di tutte le richieste che Bruno Trentin ci faceva, ora dopo ora, cercando di dimostrare che le condizioni per arrivare a unintesa non
cerano... La differenza tra laccordo fatto da Vincenzo Scotti e quello che
facemmo noi, fu che, pur volendo coinvolgere tutto il sindacato, decidemmo
alla fine di non accettare le condizioni che venivano dal Pci e dalla Cgil,
contrari allintesa nella forma che noi ritenevamo potesse essere utile al
Paese. Non accettammo pi, in altre parole, la norma non scritta della Costituzione italiana secondo la quale, il Partito comunista aveva una sorta
di diritto di veto sulle decisioni di politica economica e che quindi senza il
consenso di questo partito intese come quella sulla scala mobile sarebbero
state impossibili. Fu una rottura gigantesca, che non pu essere sottaciuta. Alla fine Craxi tenne il punto. E pensare che il Presidente del Consiglio non era considerato particolarmente edotto in materia salariale. Tra i
sindacalisti circolava una battuta: Non conosce la differenza tra la scala
mobile e un paracarro.
246
BETTINO CRAXI
Evoluzione e involuzione
BETTINO CRAXI
San Valentino per loro stato una specie di derby calcistico, partite in cui non si risparmiano i colpi bassi. E, daltro canto, non poteva
essere diversamente, anche per una questione di predilezioni tifose. Enrico Berlinguer, come molti suoi concittadini sassaresi, timidamente tifava
per la Juventus (che poi era stata la squadra di Palmiro Togliatti ed era
quella di Luciano Lama); Bettino Craxi, al contrario, esibiva con una certa
dose di orgoglio la sua identit torinista. Come mettere insieme Valentino
Mazzola e Giampiero Boniperti? Impossibile. Alcuni dicono che una partita di pallone una pacifica simulazione della guerra. Se cos stanno le
cose, San Valentino stata laccesa trasposizione politica di una sfida decisiva per lo scudetto tra due squadre della stessa citt (pi o meno), una
di quelle sfide in cui giocatori come Beppe Furino e Aldo Agroppi se le
suonavano di santa ragione commentando alla fine: Molte ne ho prese,
ma tante ne ho date. I due, insomma, erano diversi in tutto.
Quando Berlinguer scomparve, i Modena City Ramblers gli dedicarono una canzone che diceva: Un popolo intero trattiene il respiro
e fissa la bara/ sotto al palco e alla fotografia/ La citt sembra un mare
di rosse bandiere/ e di fiori e di lacrime e di addii. Poco meno di una
decina di anni dopo San Valentino, Francesco De Gregori, cantautore romano noto, almeno allepoca, per le sue simpatie comuniste, dedicava,
invece, a Bettino Craxi questi versi: solo il capobanda ma sembra un
Faraone/ Ha gli occhi dello schiavo ma sembra un padrone/ Si atteggia
a Mitterrand ma peggio di Nerone. E pensare che per quel ragazzone
Craxi stravedeva. Musicalmente se ne era innamorato per caso. Lo ha raccontato il figlio, Bobo. Un giorno, nel salotto di casa Craxi cerano il futuro presidente del Consiglio e il suo delfino, Claudio Martelli. Sul
piatto un vinile e Bobo decide di farlo ascoltare. Parte una canzone che
segner la simbologia craxian-socialista: Viva lItalia. Il futuro presidente del Consiglio viene colpito dalle parole, le trova patriottiche e
249
per uno come lui che si esalta nel mito di Garibaldi la cosa non assolutamente fuori luogo. Quella canzone diventer la colonna sonora dei congressi del Psi, sostituendo di fatto lInternazionale e scatenando i mugugni
dei socialisti maggiormente inclini alla tradizione. Quelle parole entreranno cos profondamente nellanimo del futuro presidente del Consiglio,
che allatto della fiducia ritaglier nel suo discorso una citazione. Dir:
LItalia che soffre, che lavora, che resiste come dice una bella canzone.
Poi un giorno, Lucio Dalla, anche lui prossimo allepoca al Pci ma amico
di Craxi, decide di far incontrare nella sua casa romana a Trastevere i due,
il leader e il cantautore. Spunta una chitarra e De Gregori canta Viva
lItalia con Craxi che fa il coro. Nel 1992 esplode Tangentopoli e De
Gregori confezioner i versi inizialmente citati e li inserir in una canzone
dal titolo: La ballata delluomo ragno. Poi, per, sar anche uno tra i
primi a rivalutare la figura del leader socialista e agli inizi del novembre
del 2006 dir senza particolari giri di parole: Se ripenso a Craxi credo
che intellettualmente sia stato superiore a molti politici attuali. Bobo
Craxi, che nel frattempo era diventato suo amico, dir: Da fan sfegatato,
mio padre aveva vissuto la Ballata come una ferita.
Una ferita in una storia di ferite, quella di una sinistra che non ha
saputo far pace prima di tutto con se stessa e poi con quelli con cui
avrebbe dovuto creare delle alleanze. Perch, ad esempio, a rileggere oggi
il discorso pronunciato da Craxi il 9 agosto del 1983 a Montecitorio, in
occasione del dibattito sulla fiducia al suo governo, soprattutto nella parte
relativa alla prospettiva economico-sociale, c sinceramente da chiedersi
cosa centrassero quelle parole con, ad esempio, Arnaldo Forlani, suo alleato. O se invece non centrassero molto di pi con Enrico Berlinguer,
suo irriducibile avversario, anzi in questo caso forse sarebbe meglio usare
un altro termine: nemico.
Diceva Craxi: Leconomia italiana deve uscire dalla stretta inflattiva e recessiva, lo Stato italiano deve riportare sui binari il treno
della finanza pubblica che ha deragliato, il corpo sociale non pu sopportare lallargarsi delle ferite del mondo del lavoro disoccupato, il peso
di situazioni di privilegio, di inadempienza, di assenteismo... Linteresse
a sviluppare una correzione di rotta di tutti. Del mondo del lavoro e del
mondo della produzione, di chi allinterno del sistema produttivo e di
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BETTINO CRAXI
chi chiede legittimamente di entrarvi... I governi precedenti avevano concordato con le forze sociali un obiettivo di lotta allinflazione che deve
essere confermato e perseguito con coerenza. Esso sta alla base dellimportante accordo del 22 gennaio di questanno tra Governo, sindacati e
Confindustria. Questo cammino deve essere ripreso, chiarendo ci che
nellaccordo deve essere chiarito attuando integralmente gli accordi stipulati, agendo con equilibrio in vista della conclusione di contratti che
sono ancora aperti, evitando il rischio di gravi conflittualit, definendo
in concreto e con urgenza il percorso che deve essere seguito per non ridurre la lotta allinflazione ad una mera campagna declamatoria priva
di effetti concreti... Il governo si propone di determinare le condizioni
perch prenda vita e sostanza una efficace politica dei redditi. Nelle condizioni attuali enunciare una politica dei redditi significa fissare un obiettivo e un punto di partenza. Una convincente e utile politica dei redditi
non pu riguardare solo una parte del corpo sociale e produttivo, non
pu riguardare solo i redditi del lavoro dipendente ed in particolare i
redditi di categorie di lavoratori sovente gi malpagati per un lavoro
duro e faticoso. Troppi gruppi sociali si sottraggono ad ogni controllo e
troppi cittadini vengono meno ai doveri fondamentali verso la collettivit
e lo Stato. Con i mezzi di cui dispone e proponendosi di rafforzarli, rammodernarli, renderli pi efficaci, lo Stato dovr agire per assicurare il
pi vasto concorso e la pi coerente estensione del controllo sulla dinamica dei redditi.
Non cera, dietro questa enunciazione, al di l dei risultati che potranno essere stati anche al di sotto delle attese (anche se poi non va dimenticato che nel 1983 linflazione era attestata al 14,7 e tre anni dopo
era crollata al 4,7, dieci punti in meno che dal punto di vista della spesa
per interessi rappresentavano un risparmio di 30 mila miliardi di lire),
una cultura riformistica a cui anche un partito comunista che aveva deciso
di navigare in mare aperto avendo ridotto al minimo i legami con Mosca,
avrebbe potuto riservare un minimo di attenzione? Non un caso che alla
fine, a fronte della durezza della posizione di Berlinguer, si manifestava
un atteggiamento ricco di disponibilit da parte di Luciano Lama. Il feeling tra Craxi e il segretario della Cgil stato sempre forte e probabilmente avrebbe retto anche in occasione di San Valentino se quel confronto
251
BETTINO CRAXI
cati, aggiungendo che se non avesse fatto cos lintesa non sarebbe stata
raggiunta), Craxi tanto rispetto allaccordo firmato da Scotti (e da Amintore Fanfani) quanto rispetto allintesa di San Valentino ha avuto ununica
posizione: i decimali dovevano essere pagati. E tra i piedi, la questione il
presidente del Consiglio se la trov subito perch la guerra dei decimali
era esplosa gi un paio di giorni dopo la firma dellaccordo Scotti quando
la Federazione Cgil-Cisl-Uil denunciava il tentativo della Confindustria
di sabotare i patti con i rifiuto di pagare i decimali. E davanti alla comunicazione ufficiale degli imprenditori arrivata il 29 ottobre successivo,
Craxi impiegava appena sei giorni per far partire una lettera in cui dichiarava legittima la posizione dei sindacati su quellargomento. Una presa
di posizione che avrebbe bissato il 15 marzo dell85 di fronte alla decisione degli industriali, annunciata il 15 novembre dell84 e confermata il
10 gennaio dellanno dopo, di non pagare i decimali.
Insomma, se la vicenda fosse stata trattata per quel che effettivamente era, cio il tentativo di mettere sotto controllo linflazione attraverso uno scambio che come corrispettivo dei sacrifici chiesti ai
lavoratori, garantisse miglioramenti tanto dal punto di vista della politica
dei redditi quanto dal punto di vista delle soluzioni occupazionali, probabilmente allItalia sarebbe stato evitato un conflitto lacerante e molti
problemi sarebbero stati risolti allora. Invece, ce li siamo trascinati e ancora stiamo provando a risolverli. Spiega Carniti: La conclusione, deplorevolmente non unitaria (la sede della Federazione Cgil-Cisl-Uil
venne chiusa il 2 ottobre dell84, n.d.a.) di quellaccordo, ha alimentato
leggende e interpretazioni fantasiose su cosa ci fosse dietro. Cos un
buon numero di fantasiosi interpreti delle dinamiche sociali e politiche
ci ha visto il deliberato disegno di Craxi di dividere il sindacato e mettere
nellangolo il Pci. Personalmente posso testimoniare il contrario. Craxi
fece tutto il possibile e limpossibile per consentire una conclusione unitaria. Giuliano Cazzola, un passato da sindacalista nella Cgil, ha ricordato che Bettino stimava Lama e Lama gli volle mandare un segnale di
attenzione accettando il suo invito a commemorare, in morte Pietro Nenni
(nacque anche un piccolo giallo: il leader del Psi ebbe limpressione
che quella commemorazione contenesse dei riferimenti negativi nei suoi
confronti; chiese conferma a Benvenuto che sment categoricamente,
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BETTINO CRAXI
BETTINO CRAXI
BETTINO CRAXI
e simbolici di un periodo e di una esperienza di governo. Quasi un decennio dopo arrivata Tangentopoli e Craxi in qualche maniera rimasto
vittima della damnatio memoriae. Tutto quello che aveva fatto in precedenza (tanto nel bene, quanto nel male) stato sovrastato dal finale giudiziario, dalle monetine del Raphael, periodica forma di ordalia cos
caratteristica in un Paese che spesso pecca di disattenzione. Per molti
anni, nella valutazione di Craxi e della sua vicenda politica la damnatio
memoriae ha determinato la creazione di due tifoserie contrapposte, da
un lato chi per salvare un pezzo di storia finiva per salvare tutta la storia,
dallaltro chi per condannare un pezzo di vicenda, condannava tutta la vicenda. Le generalizzazioni, per, non aiutano a comprendere. Con il
tempo gli aspetti positivi della presidenza Craxi sono stati rivalutati anche
da chi lo aveva fieramente avversato. I ripensamenti di Francesco De Gregori sono forse quelli che dal punto di vista della popolarit (del personaggio) hanno maggiormente colpito. Emanuele Macaluso, ex dirigente
comunista, in un convegno ha detto: Ho riflettuto criticamente sulla posizione assunta, anche da me, nei confronti del governo Craxi che stato
uno dei migliori che lItalia ha avuto: basti pensare alla sua composizione. Per esempio, Scalfaro come ministro degli Interni nel governo
Craxi, fece delle cose di grande rilievo, fu lui che and a Palermo quando
fu massacrato, nella caserma della polizia, il giovane che era stato arrestato come presunto colpevole delluccisione di un commissario, fu lui
che and l a fare un discorso di condanna molto duro e molto forte.
Si spesso puntato il dito contro quellesecutivo per esprimere
una condanna definitiva su Craxi. In realt, i problemi sono nati dopo,
molto dopo. Quando in lui cominci a crescere una sorta di sindrome da
astinenza (di Palazzo Chigi); soprattutto quando, da un versante diverso
rispetto ai comunisti, non riusc a cogliere la novit della caduta del Muro:
aveva immaginato un progetto Mitterrandiano (semmai passando attraverso un riequilibrio elettorale dei rapporti di forze) ma non riusc a sfruttare loccasione che a quel punto gli veniva offerta dalla storia per provare
realmente a fare un partito socialdemocratico in Italia, per incalzare i comunisti (ormai eredi un po confusi di Berlinguer) che a quel punto non
dovevano semplicemente cambiare il nome alla ditta ma anche la ragione
sociale. Osservava il dibattito allinterno del Pci, si stupiva per il fatto
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BETTINO CRAXI
che tra i tanti nomi nuovi a cui si pensava a via delle Botteghe Oscure
non ve ne fosse uno che prevedesse luso della parola lavoratori. Ma
anche la sua spinta propulsiva si era un esaurita. Avrebbe potuto, in
quel momento, offrire validamente al confronto a sinistra Proudhom e
Salvemini, Turati e Rosselli; avrebbe potuto provare a vincere con le idee
che aveva maturato con grande anticipo ma che aveva lasciato cadere (un
po come aveva fatto con la Grande Riforma). Invece, pens di inseguire
legemonia attraverso lesercizio del potere, loccupazione dei posti.
Perse di vista, insomma, il motto del suo mentore, Pietro Nenni: Politique
dabord.
Sempre in quel convegno, Macaluso sottolineava: La strategia
che lo aveva portato alla modifica dei rapporti politici fu efficace. Dopo
non ha pi strategia, non ce lha soprattutto nel 1989. Craxi non ha capito il 1989, non lo cap lui e non lo cap Occhetto, nonostante avesse
fatto la svolta della Bolognina. Fu una svolta che lasci il partito nel
limbo, dellessere e non essere, dato che non lo colloc con nettezza
nellarea in cui doveva essere collocato, cio nel socialismo europeo.
Una spiegazione dei difficili rapporti tra il Craxi presidente del
Consiglio e il Berlinguer capo dellopposizione, lha offerta un altro ex
dirigente del Pci, Claudio Petruccioli: La posizione di Togliatti allinizio
del centrosinistra si pu riassumere cos: si pu governare senza il Pci,
ma non si pu governare contro il Pci... Con Berlinguer questa posizione
cambia. Il rapporto fra Berlinguer e Craxi non pu giovarsi di questo
ammortizzatore. Perch? Perch il Pci, negli anni della solidariet nazionale era entrato nellarea di governo, aveva avuto una funzione essenziale per garantire lesistenza dei governi in quella fase, e ne aveva
condizionato lazione. Quellesperienza finisce nel modo traumatico che
conosciamo. A quel punto Berlinguer pensa e dice, ai democristiani innanzitutto, ma a tutti i soggetti presenti sulla scena politica italiana: questo Paese non si governa - come sempre il Pci aveva detto - contro i
comunisti. E aggiunge: non si governa neppure senza i comunisti. Eppure spazi per un rapporto, per unazione anche comune ce ne sarebbero
stati. Racconta Emanuele Macaluso: Berlinguer e Craxi si incontrarono
alla vigilia delle elezioni del 1983 e il comunicato conclusivo della riunione impressionante. Le cose che i due si dicono si inquadrano in una
261
prospettiva unitaria. E sono significative le cose che si leggono sulla giustizia: c una critica severa sul modo in cui la magistratura si muoveva,
per esempio, a Milano, gi nel 1982. Insomma, un comunicato che letto
ora, colpisce sia per ci che dice Craxi, sia per ci che dice, come prospettiva generale, Berlinguer. Una politica che poi sar smentita dai fatti.
La politica enunciata in quel comunicato finisce con il governo Craxi a
cui Berlinguer muove una dura opposizione.
Uno tra i migliori governi, dice Macaluso; Lama riconosce che
sul fronte della politica estera quellesecutivo si mosse bene. E la dura
opposizione di cui parla Macaluso andr in crisi proprio sulla politica
estera. Ad esempio, sulla vicenda di Sigonella. Storia intricata, cominciata
con il dirottamento della nave da crociera Achille Lauro e luccisione di
un cittadino americano, Leon Klinghoffer, terminata con il rilascio dei
due mediatori, tra i quali Abu Abbas, uomo dellOlp di Yasser Arafat. Nel
mezzo una notte in cui gli americani della Delta Force minacciarono di
sparare addosso ai militari italiani che avevano circondato laereo con a
bordo i terroristi e i mediatori. Craxi ne fece una questione di dignit nazionale, di inviolabilit del territorio italiano e, dopo i casi di Abu Omar
e di Ablyazov, bisogna anche dire che quello stato forse lultimo sussulto di un esecutivo italiano a difesa dei propri confini anche nel confronto con un potente alleato come gli Stati Uniti. Berlinguer non cera
pi ma in quel caso il suo successore, Alessandro Natta, non pot fare
altro che solidarizzare con la scelta di Craxi (mentre dallaltra parte, un
alleato, Spadolini, minacciava di aprire una crisi di governo). E in un periodo in cui lItalia sembra aver smarrito buona parte della sua forza ai
tavoli europei, soprattutto quando si tratta di discutere di questioni che
riguardano la nostra economia e i modi per rivitalizzarla, fa un certo effetto ricordare il modo in cui Craxi in un vertice si contrappose con fermezza a Margareth Thatcher decisamente contraria allingresso nella
comunit di Spagna e Portogallo. La stessa vicenda degli euromissili
alla fine fu gestita da Craxi, che aveva capito che il tempo era solo a favore dellOccidente, con astuzia (dovevano essere dislocati entro il 1988
ma a quel punto il sistema sovietico era gi in profonda crisi, ormai incapace, economicamente, di tallonare gli Stati Uniti sui programmi di
riarmo).
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BETTINO CRAXI
riforma delle pensioni. Fummo a un passo dal farla, il Consiglio dei ministri aveva dato il via libera, ma Craxi, di fronte alle incertezze della
Dc, condizionata dalla pressione comunista, esit e decise di fermarsi.
Sbagli, sbagliammo anche noi, forse, a non insistere e a non assumere
atteggiamenti pi decisi. Alla fine, la sintesi di questa complessa e conflittuale vicenda politica, lha offerta lo storico Luciano Cafagna: Lepisodio dei fischi a Berlinguer al congresso del Psi a Verona nel 1984 e
quello poi dei fischi a Craxi ai funerali di Berlinguer qualche mese dopo
possono essere considerati lo squallido simbolo di una insanabile incomprensione. I giovani successori di Berlinguer si limitarono a un cambio
di facciata (il nome del partito), continuando a inseguire la remota strategia del compromesso storico con i cattolici, invece di cogliere il naturale obbligo epocale della grande scelta socialdemocratica imposta
alle forze della sinistra europea, dalla caduta del muro di Berlino. Questa
mancata scelta ribadiva lottusa volont di continuare un duello a sinistra ormai anacronistico. In effetti, se la guerra dei decimali che ha
legato i due accordi anti-inflazionistici proseguita anche dopo San Valentino, anche dopo gli inviti di Craxi a pagarli, la guerra civile della sinistra non mai finita avendo solo acquisito contorni un po pi confusi
essendo cambiati i nomi e i protagonisti.
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parlare... Era stata avviata, seppur in via solo teorica, quella politica dei
fischi che per Luciano Cafagna sar il momento finale e sgradevole di
questa specie di film di cappa e spada. Quella manifestazione fu il momento
culminante, uno spartiacque, lo snodo in cui i comunisti, forse convinti che
avrebbero vinto, che avrebbero avuto alle spalle su quella battaglia una fetta
di Paese ben pi ampia dei propri elettori e dei propri iscritti, di fatto persero
andando a un referendum che travolse tutti, anche i sondaggisti, che sbagliavano pure allora in un paese in cui nessuno votava per la Dc che poi,
per, puntualmente vinceva le elezioni.
La scomparsa di Berlinguer ha modificato la sceneggiatura del film,
ma quella piazza piena (venne definita la pi imponente manifestazione del
dopoguerra: qualche vecchio militante comunista scomod addirittura il
funerale di Togliatti per dire che forse a Roma era calata pi gente di quanta
ne fosse arrivata per le esequie del Migliore) forse trasform, con ladditivo
delle emozioni, ipotesi in certezze, qualcosa che, in fondo, era accaduto
anche nel 48 quando i comizi dei comunisti e dei socialisti uniti nel Fronte
Popolare fornivano ai fotografi un colpo docchio che lasciava presagire
una adesione oceanica, maggioritaria nelle urne che, al contrario, non ci fu,
a tutto vantaggio della Dc. Insomma, la vecchia regola del mai confondere
le piazze con il consenso reale, quel giorno venne un po dimenticata. La
sicurezza di unItalia che a ranghi compatti si muoveva contro il decreto di
San Valentino, tolse lucidit di analisi, imped al Pci di cogliere la grande
occasione del nuovo decreto con il taglio della durata.
Ha detto poi Gerardo Chiaromonte: Questo fu forse il momento in
cui avremmo potuto rivedere la rigidit assoluta della nostra posizione;
ma non lo facemmo. Forse perch negli occhi e nella mente cerano ancora
le istantanee di quel giorno di sole in cui Mario Capanna spiegava ai giornalisti: Ora bisogna fare secco il governo alla Camera. E Lucio Magri
incalzava con ironia che si riveler decisamente fuori luogo: Ho sentito
un grande comico, Giorgio Benvenuto, dire che la maggioranza dei lavoratori a favore del decreto. Venga qui dove sta la maggioranza del popolo
italiano. Era stato, evidentemente, tradito da un effetto ottico e quel popolo italiano da lui evocato, poco pi di un anno dopo, nel segreto dellurna, gli spiegher che anche la prudenza strumento rivoluzionario, al
contrario dellestremismo che solo malattia infantile, una sorta di morbillo
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di chi fa politica.
La manifestazione fu il momento culminante di una battaglia cominciata ventiquattro ore dopo la firma del famoso decreto. Si definivano
autoconvocati, in realt si trattava soprattutto dellala comunista della
Cgil su cui pigiavano lacceleratore Sergio Garavini e Rinaldo Scheda. Ma,
almeno allinizio, anche a causa della divisione fra le due anime della Confederazione, il simbolo ufficiale non fu usato. Ci non toglie che il 15 febbraio del 1984 il movimento degli autoconvocati organizz scioperi a
Milano, Roma, Porto Marghera e Sestri Levante. Quelli nel settore dei trasporti assunsero connotazioni selvagge come quelle delle sigle autonome.
Le agitazioni in compartimenti nevralgici come Milano, Firenze e Genova
mandarono in tilt tutto il sistema ferroviario scatenando le reazioni di Uil
e Cisl che invocarono il rispetto del codice di autoregolamentazione. Giorgio Benvenuto le bocci senza appello: Si tratta di azioni irresponsabili.
Il 22 febbraio a Roma alcuni Consigli di Fabbrica proclamarono lo sciopero
generale; per fermare limprovvisata locomotiva selvaggia, la Federazione trasporti di Cgil, Cisl e Uil fu costretta a intervenire per ripristinare
lapplicazione del codice di autoregolamentazione. Una escalation che
avrebbe potuto produrre danni seri a livello di rapporti sindacali, di ricostruzione di quella unit in quel momento in crisi. E cos, per rimettere un po
dordine nella situazione e recuperare la guida di un movimento che sembrava
poter travolgere tutto e tutti, la segreteria della Cgil, con il voto contrario dei
membri socialisti, decise di promuovere e organizzare la manifestazione del
24 marzo. Nel frattempo, il segretario metalmeccanico Angelo Airoldi, partecipando a una assemblea degli autoconvocati fece saltare la Flm.
La scelta della Cgil venne illustrata direttamente da Luciano Lama
alla direzione del Pci che si svolse prima della manifestazione. Ha raccontato Massimo DAlema: Spieg perch aveva preferito fare assumere direttamente alla Cgil la responsabilit di promuovere la giornata di protesta.
Voleva evitare che tra i consigli di fabbrica che avevano animato il movimento e gli altri sindacati si determinasse una situazione di rottura. Ma
non si ferm qui, il segretario della Cgil e sempre nel racconto di DAlema,
aggiunse: Dobbiamo evitare una spaccatura tipo luglio del 1948. Non
debbono esservi striscioni e parole dordine contro la Cisl e la Uil. Il partito
deve impegnarsi che ci avvenga... Sar una manifestazione grandiosa ma
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protagonista e il regista della manifestazione non sembrava certo il condottiero di una massa che stava assaltando il palazzo dinverno, bens
appariva pi vicino al Lama che aveva tentato senza riuscirci (e oggi ne
sta forse egli stesso pagando le conseguenze) la famosa svolta dellEur...
Appariva subito un contrasto fra la composizione sociologica e, quindi, la
psicologia politica della massa e lintonazione del discorso di Lama...
Nella massa emergevano i cartelli contro il vero bersaglio, Craxi... Lama
che per cos dire, apparso a destra di Berlinguer e che, se non ci sbagliamo, non ha mai neppure una volta pronunziato il nome del bersaglio,
del decisionista Craxi. Il tono, insomma, era quello di un leader che
aveva conosciuto gli anni dellisolamento della Cgil e non voleva tornare
indietro; che aveva lavorato per lunit e laveva realizzata anche accettando dei sacrifici e questa sua anima, come scriveva Russo risaltava nel
richiamo a personaggi come Di Vittorio, Novella, il socialista riformatore Santi, risaltava il concetto dellesigenza dellunit dei lavoratori
in intesa con le forze riformatrici. Concludeva Russo: Certo conta mobilitare la piazza, settecentomila lavoratori. Ma conta molto di pi aver
capito e detto che questo un modo vecchio di fare le battaglie sindacali,
mentre ci che conta la partecipazione diretta di lavoratori che abbiano
una reale rappresentativit nel sindacato a tutti i livelli.
Quello di Lama fu, in effetti, un discorso a destra rispetto a Berlinguer, ma anche a destra rispetto a quei dirigenti comunisti che pure, anni
dopo, qualche ravvedimento sullargomento lo manifesteranno. Ma l per l
andarono avanti sulla strada tracciata, senza tentennamenti, o, almeno, senza
tentennamenti apprezzabili. Massimo Dalema, da questo punto di vista,
molto sincero quando in un suo libro parla di quel 24 marzo: Fu il giorno
dellorgoglio. Ceravamo tutti e, credo, ognuno conservi la propria foto di
quel corteo interminabile. La mia in mezzo a un gruppo di operai baresi.
Le sue parole sono sostanzialmente la smentita della tesi che poi i dirigenti
del Pci proveranno ad accreditare: una manifestazione, sopra le parti, che
coinvolgeva pi parti. Non era cos. Certo lo sforzo (propagandistico) in
questo senso cera stato, cos come non erano mancate le foglie di fico.
Ha scritto Carniti: Dal palco prendono la parola alcuni rappresentanti degli autoconvocati. Tra questi vengono inseriti due delegati
carneadi, presentati come appartenenti alla Cisl e alla Uil. Quello della
272
20 marzo. Nel mirino Claudio Martelli. Scriveva: Il Martelli... ha dichiarato che anche se il Pci a spese della Cgil portasse a Roma tutti i suoi
iscritti che sono assai pi di un milione, la prova di forza la vinceranno i
venti milioni di lavoratori e produttori italiani che sabato 24 marzo resteranno a casa fiduciosi di essere tutelati dalle loro organizzazioni e rappresentati dalla maggioranza democratica del Parlamento della
Repubblica... In tutti i tempi lontani e vicini, questi richiami alle mag-
gioranze silenziose hanno preannunciato intendimenti autoritari. Silenziosi e rumorosi... Il Martelli cerca di accreditare ancora una volta il concetto che chi verr a Roma il 24 marzo non potr che essere un comunista.
Ed anche questa storiella vecchia come il cucco. Su questo argomento il
giovane Martelli potrebbe rileggersi con profitto le cose scritte
sullAvanti! da Pietro Nenni e da Fernando Santi. Ma anche in altri
tempi abbiamo sentito affermare da uomini di parte diversa che il Pci dopo
la Liberazione accrebbe di gran lunga la sua forza grazie anche al fatto
che i fascisti avevano etichettato come comunisti tutti gli oppositori... Ma
il passaggio pi incredibile della dichiarazione di Martelli quello nel
quale si fa riferimento allinutilit di una grande manifestazione popolare...
Se le cose stanno effettivamente cos vuol dire che siamo arrivati ad una
concezione per cui la presidenza socialista, da un canto, parla, opera e
promette in modo da riscuotere gli applausi dellassemblea della Confindustria e, dallaltro, pretende di rappresentare tutte le istanze popolari, al
punto da considerare eccessiva lopposizione nel Parlamento e nel
Paese ad un decreto che taglia i salari e cancella fondamentali principi
sindacali e costituzionali... Insomma, Craxi vuole tutti: Agnelli e Merloni,
Lucchini e Pininfarina nonch le organizzazioni sindacali stretti in un bel
patto corporativo. I vertici della Cisl e della Uil ci stanno. Gli altri no.
Sono temi che Macaluso svilupper anche nelleditoriale che
lUnit pubblicher il giorno della manifestazione. Dir Macaluso: La
Cgil stata identificata col Pci e tutti gli oppositori al decreto ed i manifestanti di oggi sono stati etichettati come comunisti. Il Pci, a sua volta,
stato descritto come ferrovecchio di un arcaico operaismo superato dalla
societ post-industriale, post-moderna e da tanti altri post... La
Dc in un suo manifesto affisso a Roma definisce pericolosa la manifestazione dei lavoratori. Pericolosa per chi?... Un partito che per anni non
ha considerato pericolose la P2 e la mafia, lesportazione dei capitali e
levasione fiscale, non pu decentemente scoprire pericoli in una manifestazione come questa. Il dirigente comunista, sicuro della grande partecipazione e del fatto che lostruzionismo parlamentare avrebbe impedito la
conversione del provvedimento prima della manifestazione, affermava:
Questo decreto voluto solo per motivi politici al fine di consolidare il pentapartito a presidenza socialista al contrario ne ha messo in luce la debo275
lezza politica. E concludeva: La presenza in questa manifestazione di lavoratori di orientamento sindacale e politico diverso, di cittadini democratici, pu essere per i sindacati un nuovo stimolo a ritrovare liniziativa per
il superamento del punto del decreto sulla scala mobile ed una sollecitazione
alle forze democratiche presenti in Parlamento.
Infine, luned 26 marzo, interveniva sempre su lUnit Achille
Occhetto che deve avere un conto in sospeso con un aggettivo declinato al
femminile: gioiosa. Perch gioiosa, e quindi foriera di successi, era
stata la manifestazione di Piazza San Giovanni, gioiosa, esattamente dieci
anni dopo, sar la macchina da guerra elettorale che and a sbattere, invece, con gran rumore di ferraglia, contro la meno gioiosa ma decisamente
pi efficace macchina da guerra politico-televisiva berlusconiana. Leditoriale di uno degli allievi prediletti di Berlinguer spiega, a chi voglia
dare un senso compiuto alle parole, la ragione reale di quello scontro: pi
che il merito, il fatto che un governo avesse deciso di bypassare il consenso
comunista. Scriveva: Ora nessuno mette pi in dubbio la consistenza del
movimento imponente suscitato dal decreto. Nellanno di Orwell (il 1984)
si scopre che esistono una classe e un popolo che pure stando dentro il
mondo della macchine sanno portare in quel mondo un alto grado di democrazia e di partecipazione. Si tratta di unalternativa interna a questa
societ - interna alloccidente, impastata dei suoi valori e della sua modernit e che cresce tutta dentro le sue contraddizioni. Se non si capisce
questo non si capisce niente della societ italiana... Questa della diversit
orgogliosa, dellassoluta estraneit unimmagine di comodo con la quale
non si fa altro che confessare lincapacit di governare tutto il Paese e la
segreta e pericolosa speranza di poter comandare su una societ dimezzata.
Tragico errore questo. Chi vuole governare per davvero e decidere per davvero deve avere presente lItalia tutta intera.
Semplice la traduzione: senza il Pci le decisioni riguardano solo un
pezzo del Paese. Continuava Occhetto: Per fortuna la primaverile manifestazione di Roma ha sciolto al sole i gelidi fantasmi che erano stati evocati dai pi lontani abissi della guerra fredda: gli anni Cinquanta, il grande
ghetto di una opposizione settaria, larroccamento cunhaliano (Alvaro
Cunhal, leader di un partito portoghese ultra-ortodosso, al pari di quello
francese guidato da Geroges Marchais, n.d.a.) allitaliana. Quindi lap276
900.00 meno due punti di contingenza non scattati) avrebbe un valore reale
superiore (797.760 lire) poich si svaluterebbe del 10% e non del 12%. E
poi aggiungeva: Sulla necessit di contenere linflazione al 10 per cento
e sullobiettivo di contenere entro il 10% la dinamica del salario si sono
trovate daccordo anche Cisl e Cgil, le divergenze sono sorte, invece sullipotesi di recuperare integralmente ed automaticamente nel 1985 i punti
di contingenza non corrisposti. Perch il dissidio? Perch il recupero
avrebbe vanificato la manovra. Scriveva Benvenuto: Tale recupero integrale ed automatico, a nostro parere, avrebbe avuto da una parte leffetto
di annullare lefficacia delle manovre contro linflazione attuate nel 1984,
in quanto causerebbe una nuova spinta inflazionistica effettiva, aumenterebbe il peso dellindicizzazione sulla struttura retributiva fino al punto da
non consentire la riapertura della contrattazione economica.
Nonostante le difficolt, nonostante le diversit, Lama in quella manifestazione cerc di limitare la profondit del baratro. Sapeva, lo aveva
detto ai membri della direzione del Pci, che quella sarebbe stata una manifestazione difficile. Aveva chiesto di non accentuare le divisioni con una
polemica troppo forte nei confronti dei socialisti. Ma per quanto ci avesse
provato, non era riuscito a tenere completamente sotto controllo la situazione, soprattutto sul versante degli slogan. DemoCraxia? No, grazie;
Craxi ora che te ne andaxi; su uno striscione si leggeva: Siamo venuti
da Siracusa, Bettino Craxi cosa fetusa; un altro recitava: Rex-DuxCraxi; un altro ancora conteneva un risvolto addirittura macabro: Craxi
i garofani li ha, costruiamogli la tomba. E poi alcuni manifestanti vestiti
da arabi per rispondere alladunata islamica evocata da Carniti accusato di
essersi ammalato di autonomia, al contrario di Benvenuto contagiato
dalla governite; limmancabile Cipputi che chiede: Ma i socialisti sono
ancora compagni? La risposta: Dipende dalle annate. E a Craxi: Abbiamo bisogno di statisti, non di caporali. In un contesto simile, a Lama
serviva una scorta e cos verso San Giovanni marci tra Gerardo Chiaromonte e Giorgio Napolitano, certamente non degli oltranzisti. E poi dal
palco, in trentacinque minuti spieg quel che intendeva fare e, soprattutto,
quello che non aveva alcuna intenzione di fare.
Tanto per cominciare, lo sciopero generale invocato da unampia
fetta della piazza e che da lui si attendeva proprio una parola in quella di278
rezione. Ma lui li deluse perch non era un uomo buono per tutte le stagioni
e qualche anno prima aveva sostenuto, come sottolineato da Giovanni
Russo, la svolta dellEur: quel che aveva sostenuto allora non poteva essere dimenticato, anche perch la situazione del Paese non era cambiata. Ma
Lama non esit ad affermare che nelle condizioni date, lo sciopero generale,
cio una forma di lotta decisamente estrema, era da evitare. Anche perch
rischiava di scavare solchi pi profondi tra i lavoratori rendendo meno
Lama. E allora possibile che gli stessi uomini gestiscano tutte le stagioni
modificando la loro posizione con il passare degli anni? Io, per esempio,
ho fatto il sindacalista durante il periodo unitario, poi ho lasciato il sindacato ed ho scelto la politica. Ed naturale che anche la ricucitura in campo
sindacale passi attraverso un ricambio di uomini: la ricucitura sempre
auspicabile, ma la dovranno fare altri dirigenti.
Contro chi aveva pure parlato di una manifestazione eversiva, Lama
sottoline: Noi siamo qui a dimostrare civilmente, nel pieno rispetto delle
istituzioni... Questa piazza non si contrappone al Parlamento ma ne rispetta
e ne esalta i poteri. Noi chiediamo semplicemente al Parlamento che raccolga questa nostra volont di giustizia, gli chiediamo di ripristinare il potere contrattuale del sindacato. Ovviamente polemizz con Carniti e
Benvenuto, cio con coloro che avevano parlato di adunate islamiche e processioni medievali. Ma soprattutto contest ai colleghi di Uil e Cisl la dichiarazione di morte presunta del sindacato dei Consigli e il no al
referendum in fabbrica. Disse: Chi proclama oggi la fine dei Consigli o
rifiuta come eversivo o anti-unitario il ricorso al giudizio dei lavoratori in
caso di disaccordo dimostra in realt di essere contrario allunit. La Cgil
non rinuncia alla lotta, non rinuncia alla partecipazione dei lavoratori,
non rinuncia alla ricerca unitaria. Anni dopo, Luciano Lama spieg i motivi che lo avevano indotto a usare quei toni in piazza: Non mi sono mai
pentito di aver dato questo taglio al mio discorso perch in quella maniera
ho creato le condizioni per ricucire nei tempi pi rapidi possibili lo strappo
che in quel momento era profondo. E parlando della manifestazione aggiungeva: Vi fu una partecipazione imponente, forse mai vista prima in
una manifestazione sindacale in Italia. Ma quella folla, allo stesso tempo,
era sola, era isolata, era una sola parte.
Gongolava, ma da posizioni decisamente diverse, il segretario del
Pci, Enrico Berlinguer: Questa indimenticabile manifestazione della volont popolare contro il decreto governativo la prova pi eloquente che
possibile costruire sulla democrazia e sul consenso dei lavoratori unautentica autonomia dei sindacati dai governi e dai partiti, una nuova unit
sindacale. Ed anche possibile imprimere un nuovo corso alla vita politica
del Paese. Replicava seccamente il Psi con una nota sullAvanti!: Dopo
gli scioperi di partito si avuta unadunata di partito per la quale il patto
281
antinflazione apparso ormai un obiettivo marginale. Si manifestato contro il Governo, contro il sindacato non comunista, contro i socialisti e in
particolare contro Craxi.
Il baratro che Lama si era preoccupato di non allargare, in realt
venne ampliato dal tono complessivo della manifestazione. Lo sottolineava
immediatamente Benvenuto: stata la prima manifestazione non unitaria
in quattordici anni. La sigla Cgil stata presente solo nel nome perch a
sfilare sotto quegli striscioni stata soltanto la componente comunista.
Alla diretta televisiva della manifestazione avrebbe dovuto fare seguito uno
speciale con i rappresentanti di Uil e Cisl (Benvenuto e Franco Marini).
Ma le due Confederazioni declinarono linvito: Non volevamo essere soli,
senza la Cgil. Bastava la testimonianza drammatica di separazione che
stata data nelle strade. Ma Benvenuto sottolineava anche gli aspetti positivi dellintervento di Lama pur chiosandolo in maniera sarcastica: Il discorso risponde al criterio che prima di dire la verit occorre dire delle
bugie. E spiegava che il discorso comprendeva una prima parte tendente
a catturare la piazza e una seconda autocritica con la quale avrebbe
sconfessato lala massimalista. Ma in quel momento nessuno si nascondeva la realt di una strada unitaria decisamente in salita. Diceva Benvenuto: Nelle fabbriche c gente che piange, si sono rotte amicizie.
AllItalsider di Genova pu capitare che un nostro iscritto si senta chiamare
venduto ai padroni da compagni comunisti insieme ai quali ha fatto il
dossier contro il terrorismo.
Ed era questo il grande nervo scoperto, nei giorni della Grande Rottura. La democrazia in fabbrica, sui posti di lavoro, la partecipazione alle
scelte, la rappresentativit. Il sindacato dei Consigli aveva dimostrato di
non essere pi uno strumento efficace perch non riusciva pi a essere
lespressione di tutti i lavoratori ma solo di quelli che riuscivano a imporre
la propria egemonia politica; in crisi la chimica che teneva unite le sigle,
che cio teneva uniti uomini di opinioni diverse ma con comuni interessi
sul posto di lavoro, con battaglie da condividere non in virt delladesione
a un partito, ma sulla base di necessit reali, di urgenze concrete. Lo scavalcamento che in molti posti di lavoro era stato effettuato da alcuni membri
dei Consigli (volantini a favore della manifestazione del 24 marzo su cui
campeggiavano tutte e tre le sigle sindacali) per sostenere una battaglia che
282
sc mai a trovare la quadratura del cerchio: troppo forti le pressioni del Pci
che in quel momento giocava (e lo vedremo nel prossimo capitolo) unaltra
partita, una partita che riguardava il governo e non il merito del provvedimento. Si adoper molto Ottaviano Del Turco alla ricerca di quella soluzione sollecitata da Benvenuto al Palalido. Un mese dopo la manifestazione
di piazza San Giovanni le due anime della Cgil, comunisti e socialisti, ritrovavano lunit su sei punti che illustrarono alla commissione Bilancio,
Lavoro e Industria della Camera. Il primo decreto era decaduto e il governo
ne aveva presentato un secondo che prevedeva una durata pi limitata, una
novit che induceva Luciano Lama ad affermare: Oggi tuttavia ci troviamo
in una situazione politica e di merito diversa. La Cgil chiedeva la garanzia
che i punti da tagliare fossero solo tre anche in presenza di un aumento
maggiore dellinflazione. In sostanza Lama proponeva di conteggiare tre
punti di contingenza e di tagliarne uno solo. Inoltre, un nuovo calcolo degli
assegni integrativi, per gli statali una copertura della scala mobile pari al
63 per cento del costo della vita cio al livello precedente al decreto antiinflazione, aumenti di prezzi e tariffe sotto il dieci per cento, inserimento
nel decreto del blocco dellequo canone e maggiori tutele fiscali sui redditi
pi bassi. Contestualmente lanciava qualche timido segnale anche il Pci
che attraverso Giorgio Napolitano manifestava una certa disponibilit al
confronto purch non sia condizionato e stravolto da atti di forza quali il
ricorso al voto di fiducia. La proposta della Cgil, per, non riusc a prendere quota. Daltro canto, Franco Marini, nella stessa riunione della commissione Bilancio, Lavoro e Industria aveva fatto sapere che la Cisl non
prendeva in considerazione n lipotesi della restituzione dei punti n quella
dellinserimento del blocco dellequo canone.
Il 1 maggio, poi, arriv la messa a punto di Giorgio Benvenuto: I
segnali che la Cgil ha mandato nellaudizione parlamentare a proposito
del decreto sono importanti: la Uil che ha sottolineato a suo tempo con un
apprezzamento sincero lintervento di Lama a Piazza San Giovanni, li registra con grande interesse, anche perch la posizione espressa davanti
alla Commissione un elemento di rottura inequivocabile con le posizioni
estremistiche cavalcate tuttora da ambienti politici e sindacali, un elemento di chiarezza perch conferma la rinuncia della Cgil al recupero automatico, un elemento dirimente rispetto a quella caricatura del decreto
284
cuni settori imprenditoriali. Il taglio della durata del provvedimento, insomma, non riusc a lenire completamente le ferite n a impedire la raccolta
di firme da parte del Pci per chiedere la convocazione del referendum abrogativo. Lanciato a piena velocit, il treno deragli, nonostante i frenatori.
E un anno dopo della gioiosa manifestazione del 24 marzo rimarr solo
uno sbiadito ricordo.
286
MIGLIORISTI IN ATTESA
Iotti, Napolitano e gli altri
Nilde Iotti "irrit" Berlinguer con la sua guida della Camera "troppo"
super partes durante il dibattito sul decreto di San Valentino
MIGLIORISTI IN ATTESA
MIGLIORISTI IN ATTESA
annunci. Ma prima sped due lettere, una delle quali venne secretata.
Ma poi diventata pubblica (attraverso la biografia di DAlema scritta
da Giovanni Fasanella).
Parole di fuoco contro chi, mentre lui si riprendeva dallinfarto,
aveva deciso che il suo tempo era scaduto: Compagni, non vi siete comportati lealmente. C stato un tramestio davanti alla mia stanza di ospedale. Quello che avete fatto per me offensivo, perch erano cose non
necessarie. Si chiudeva cos il cerchio di un segretario che in quel posto
si era ritrovato quasi per caso, prodotto pi delle condizioni che di una
valutazione ragionata, approfondita. E daltro canto, in quel giugno
dell84, con la tempesta emotiva suscitata dalla morte di Berlinguer, con
Sandro Pertini che caricava la bara del leader comunista sul suo aereo,
con due milioni di persone che lo salutavano mentre Giancarlo Pajetta
pronunciava la commemorazione ufficiale, la scelta non poteva essere
molto meditata.
Cerano state le elezioni europee che avevano fatto del Pci il
primo partito italiano (cosa mai avvenuta) ed era ancora in piedi la vicenda della scala mobile con Gerardo Chiaromonte che proprio in chiusura di dibattito al Senato aveva annunciato la raccolta di firme per
ottenere la convocazione di un referendum abrogativo. Era una scelta di
Berlinguer che nella direzione del 15 maggio aveva detto chiaro e tondo
che lopposizione al decreto era solo un pezzo di una lotta pi generale,
volta ad arrestare le deformazioni e le tendenze in senso autoritario del
nostro sistema politico. Tradotto in soldoni: il pezzo di una manovra
pi ampia per far cadere Craxi, luomo che personificava quelle deformazioni. Quando si ritrovarono a scegliere il successore, i dirigenti comunisti cominciarono a sfogliare una margherita fatta di pochi petali. In
sostanza, tre, quattro: da un lato Alessandro Natta e Renato Zangheri,
dallaltra Luciano Lama e Giorgio Napolitano. A sostegno di Natta (e di
Zangheri) giocava la vicinanza al leader scomparso, il fatto che avrebbe
perci continuato a combattere la battaglia avviata, il segno della continuit perch, pensavano i berlingueriani che erano la maggioranza, non
si poteva affidare la guida del partito a un esponente che non la pensava
come il pi Amato. I sostenitori di Luciano Lama (e di Giorgio Napolitano) invece erano convinti che bisognasse cambiare linea nei confronti
291
del Psi, che il segretario della Cgil era sufficientemente popolare e autorevole per mettersi alla testa di un movimento riformistico capace di
far cambiare strategia ai socialisti.
Lama e Napolitano rappresentavano la minoranza e difficilmente
ce lavrebbero fatta. Sui due, poi, pesava proprio il ruolo svolto in occasione della battaglia sulla scala mobile. E non solo quello. Il segretario
della Cgil lo ha detto chiaramente: quando venne scelto Berlinguer, lui
si era espresso a favore di Napolitano. Napolitano, a sua volta, pur con
modi garbati e mai strillati, le sue eresie le aveva consumate sino in
fondo. In rotta di collisione con Berlinguer era entrato in occasione della
famosa intervista al segretario pubblicata su la Repubblica il 28 luglio
del 1981, quella sulla questione morale. Un dissenso che gli era costato
un vero e proprio processo nella direzione del 10 settembre successivo;
una eresia pagata con la scomunica: estromissione dalla segreteria
ed emarginazione alla presidenza del gruppo parlamentare alla Camera.
Poi era arrivato il biennio di fuoco, 83-84, con il duello tra
Craxi e Berlinguer giocato anche nelle aule parlamentari, anzi con le
aule parlamentari che dovevano essere messe al servizio del duello. Alla
fine dell83, Giorgio Napolitano, per, non solo non alza le barricate
contro la Legge Finanziaria, ma partecipa con la presidenza della Camera
dei Deputati, cio con Nilde Iotti, alla definizione del calendario dei lavori. In cambio ottiene pi soldi per gli enti locali (nervo particolarmente
sensibile con i tanti sindaci comunisti in attivit) e lincremento del
fondo investimenti. Berlinguer mostra segni di insofferenza definendo
questa scelta un increscioso episodio. Contro il presidente del gruppo,
per, si scatenano soprattutto Renato Zangheri e Alfredo Reichlin. Napolitano si difende con un articolo su lUnit che viene, per, interpretato da la Repubblica come un attacco a Berlinguer, una rottura con
il segretario. Napolitano per fare piazza pulita di quello che defin un
pettegolezzo riprese carta e penna e chiar di nuovo a mezzo stampa.
Ma poi cominci il balletto sulla scala mobile.
Berlinguer avrebbe voluto ben altro atteggiamento da parte soprattutto di Nilde Iotti, troppo sopra le parti nella gestione del dibattito.
Napolitano scese in campo a difesa della presidente della Camera pro292
MIGLIORISTI IN ATTESA
vando a spiegare che nel suo ruolo la Iotti doveva solo fare larbitro non
poteva fare il giocatore. Natta qualche tempo dopo rivel: Berlinguer
si sent un po tradito. Fatto sta che contest la cosa al capogruppo alla
Camera, manifestando duramente la sua posizione nella direzione del 22
maggio e dando appuntamento per un chiarimento definitivo, che evidentemente non avvenne mai, a dopo le Europee. Nel frattempo Napolitano in una lettera non solo aveva provveduto a spiegare le sue posizioni
ma aveva anche messo a disposizione il mandato.
Le differenze tra Berlinguer e il capogruppo alla Camera non
erano tanto sulla linea politica ma sulla sua interpretazione. Il compromesso storico, ad esempio, per Napolitano era una grande coalizione in
cui si ritrovavano partiti alternativi che dopo quella fase avrebbero percorso strade differenti, prefigurava, insomma, quello che era avvenuto
molto tempo prima in Germania quando il primo governo socialdemocratico era stato anticipato proprio dalla Grosse Koalition. Il segretario,
invece, attribuiva a quella linea un valore pi strategico, sembrava considerarla quasi una fase di passaggio verso il socialismo. Archiviato il
compromesso storico, la diversit si concentr sul governo Craxi. Napolitano in un articolo fece riferimento allatteggiamento di Togliatti nei
confronti del centro-sinistra quando invitava a saper scendere e muoversi sul terreno riformista evitando, al tempo stesso, vuote contrapposizioni verbali e invettive.
Nella medesima situazione si ritrovava anche Lama che lanno
prima aveva firmato un accordo con il governo Fanfani e il ministro
Scotti, che probabilmente sarebbe arrivato allaccordo anche con Craxi
e De Michelis e che sicuramente non aveva alcuna intenzione di andare
al referendum. Avrebbe spiegato qualche tempo dopo in un libro a proposito del decreto di San Valentino: Io dicevo: votiamo contro, ma non
arriviamo allestremo del referendum. Per due ragioni, entrambe molto
forti. Prima ragione: il referendum avrebbe sancito la frattura nel movimento sindacale gi emersa con laccordo separato, lavrebbe resa
permanente, e dunque estremamente pericolosa. Seconda ragione: il referendum avrebbe potuto minare, e in modo molto grave, lunit interna
della Cgil, fra noi e i socialisti. Questa posizione, Lama la sostenne in
direzione: Ma restai in minoranza. Spiegava ancora il segretario della
293
MIGLIORISTI IN ATTESA
ricadere nei vecchi errori. Daltra parte tutta la storia del nostro rapporto con i socialisti dalla scissione di Livorno in poi, fatta di polemiche ai loro cedimenti. Polemiche a volte sacrosante, a volte eccessive e
anche francamente sbagliate... Io mi domando se anche in tempi pi recenti come quello del centro-sinistra certe nostre asprezze polemiche e
il rifiuto di una ricerca unitaria non abbiano contribuito a rendere infruttosa quella politica. E ricordava, a questo proposito, uno scontro
con Pietro Nenni di cui si era pentito: meglio essere chiamati compagni in una sezione che eccellenza a Palazzo Chigi, gli avevo detto in
un discorso alla Camera. LUnit nel resoconto aveva poi censurato
questa frase e anche Togliatti non laveva apprezzata per nulla. Persino
su Craxi, a livello umano, Pajetta non condivideva le asprezze del momento: I rapporti personali con Craxi? Sono buoni. Certo sarebbero
pi fruttuosi se non pretendesse che gli interlocutori condividano il suo
giudizio negativo sul Pci... un uomo intelligente ma dotato di una fiducia in se stesso eccessiva. E anche di una suscettibilit eccessiva. Non
credo che per sia un merito andare a irritare questa suscettibilit magari credendo che solo noi comunisti siamo autorizzati a essere drastici. E a proposito delle prospettive politiche evidenziava: Io non
dimentico che quando si ottenuto qualche risultato positivo lo si ottenuto assieme, comunisti e socialisti. Il fatto che spesso si confonde
lunit con lidentit. Lesperienza italiana ci ha ormai dimostrato che
da noi impossibile avere un solo partito della classe operaia... Ci non
toglie che anche oggi io credo nellunit coi socialisti come una cosa
necessaria e anche praticabile.
Pajetta, alla morte di Berlinguer, sembrava destinato a giocare un
ruolo nella transizione, quasi di padre nobile. Si era parlato per lui
della presidenza. Ma poi arrivarono i funerali del segretario e a Pajetta
venne attribuito il compito di pronunciare lorazione funebre. Essendo
lorazione ufficiale, del partito, il testo era stato letto dai membri della
direzione e autorizzato. Ma il vecchio dirigente, molto incline alla polemica contingente, ci inser un passaggio non concordato che riguardava
proprio la battaglia sulla scala mobile, in pratica fece riferimento al discorso di Ottaviano Del Turco parlando di un monito e unautocritica
per tutti. Quellaggiunta sembra sia costata a Pajetta la poltrona di pre295
MIGLIORISTI IN ATTESA
sicuro del successo in una battaglia cos delicata. Ma forse non bisogna
sottovalutare il fatto che allepoca i segnali sembravano tutti confortare
lottimismo di chi voleva andare allo scontro finale. Piero Fassino, sempre in quella prima fase dell84, aveva chiesto alla Telemark una indagine demoscopica sulla questione della scala mobile limitata a Torino:
il risultato diceva che il cinquantun per cento degli abitanti della citt
dava ragione a Lama e torto al Psi. In ogni caso, probabilmente le cose
dopo le elezioni Europee sarebbero cambiate, le diversit forse sarebbero
emerse con maggiore chiarezza e Berlinguer avrebbe traghettato il Pci
verso un approdo diverso da quello garantito dal referendum. Ma sotterraneamente, il segretario giocava unaltra partita, quella della spallata
al governo confidando sullatteggiamento critico di esponenti della maggioranza come De Mita e Spadolini (e Giorgio La Malfa) nei confronti
della piega che gli eventi stavano prendendo. Anche su questo versante,
per, la scomparsa di Berlinguer mut profondamente la situazione.
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I L P S I D E L C A P O
I L P S I D E L C A P O
I L P S I D E L C A P O
alla storia per un evento importante ma fuori dalla sostanza dei temi in
discussione; un evento che sicuramente illustra il momento ma finisce
per far passare in secondo piano questioni pi interessanti anche ai fini
delle valutazioni di quello che ancora oggi accade nel nostro Paese.
I fischi a Berlinguer arrivarono proprio il giorno dellapertura del
congresso e non furono sicuramente una bella testimonianza di tolleranza
da parte di un partito che si ispirava al socialismo liberale, cio una cultura politica non settaria. In quel caso il settarismo venne fuori e in maniera decisamente sonora. Nessuno si scus per laccaduto. Solo Giacomo
Mancini ci prov lanciando anche un monito: So che un discorso difficile compagni, perch lo scontro a sinistra duro e la campagna elettorale ardua, ma smettiamola con questo clima di guerriglia. Quando si
arriva a questi livelli, non ci sono n vinti n vincitori. Perdiamo tutti e
due. Il dovere di ospitalit avrebbe dovuto consigliare almeno delle
scuse, al contrario Craxi nella replica, il 15 maggio, rincar la dose: Mi
spiaciuto che il congresso sia venuto meno a un dovere di ospitalit.
Per se c stato un fatto grave, ci deve essere stata una ragione grave.
So bene che non ci si indirizzava a una persona ma a una politica che
questa persona interpreta con maggiore tenacia di altre e che non so fino
a che punto sia convincente per il suo stesso partito. Questi fischi sono
un segnale politico contro quella politica, non mi posso unire a quei fischi
solo perch non so fischiare. Non mi pare che il Pci tenda a una vera revisione. I ritardi si aggiungono ai ritardi. Ragionare, discutere va bene.
Ma sia ben chiaro che con noi, niente tattiche da Terza Internazionale.
Risponderemo colpo su colpo. Il Psi forza di grande vitalit. Il congresso stata una grande manifestazione di orgoglio della sua identit...
Il decreto sarebbe gi stato approvato se i deputati non avessero fatto
conferenze sulle aspirine. Prima o poi il Parlamento metter il timbro su
quel decreto. Un Parlamento che, dallinizio della legislatura, ha legiferato su pollame, lotto, molluschi, prosciutti di San Daniele, scuole di chitarra. E, invece, il Governo ha presentato quasi trecento disegni di legge
su casa, giustizia, trasporti, occupazione, lotta allinflazione. Nulla ancora approvato: la vadano a spiegare agli italiani, che devono votare tra
un mese (erano in programma le Europee, n.d.a.), la polemica contro il
decisionismo. Queste ultime battute avranno uno strascico immediato
306
I L P S I D E L C A P O
visto che nello stesso giorno si svolgeva la direzione del Pci e Berlinguer,
come abbiamo detto in un altro capitolo, lanci la sua offensiva contro
le deformazioni e le tendenze in senso autoritario del nostro sistema politico.
Ma ci fu anche unaltra polemica piuttosto dura. Dura e, in qualche misura sotterranea. Nella sua relazione di apertura, Bettino Craxi
aveva letto una missiva che Aldo Moro gli aveva mandato nel 1978 dalla
prigione del popolo. Diceva Moro: Caro Craxi, poich ho colto, pure
tra le notizie frammentarie che mi pervengono, una forte sensibilit umanitaria del tuo partito in questa dolorosa vicenda, sono qui a scongiurarti
di continuare ed anzi accentuare la tua importante iniziativa. da mettere
in chiaro che non si tratta di inviti rivolti agli altri a compiere atti di
umanit, inviti del tutto inutili, ma di dar luogo con la dovuta urgenza
ad una seria, equilibrata trattativa per lo scambio di prigionieri politici.
Ho limpressione che questo o non si sia capito o si abbia laria di non
capirlo. La realt per questa, urgente, con un respiro minimo. Ma io
ti scongiuro di fare in ogni sede opportuna tutto il possibile nellunica
direzione giusta se non quella della declamazione. Anche la Dc sembra
non capire. Ti sarei grato se glielo spiegassi anche tu con lurgenza che
si richiede. Credimi, non c un minuto da perdere. E io spero che al Raphael (lalbergo dove alloggiava a Roma Craxi, n.d.a.) o al partito questo mio scritto ti trovi. Mi pare tutto un po assurdo, ma quel che conta
non spiegare ma se si pu fare qualcosa, di farla.
Fin qui la pubblica lettura. Poi intervengono le segrete interpretazioni. E un contributo di chiarezza lo offre ancora una volta Antonio Tat.
Lepisodio lo cita Massimo DAlema in un suo libro. In una nota, Tat
dice di essere stato invitato al Quirinale da Antonio Maccanico, segretario
generale di Sandro Pertini, per un caff. Erano giorni turbolenti: cera
stato uno scontro tra il Quirinale e Palazzo Chigi sulla commissione di
indagine sulla P2. Era filtrato il nome di Pietro Longo, ex leader del Psdi
e membro del governo. Craxi, per difendere il suo esecutivo, aveva solidarizzato con Longo, Pertini non laveva presa bene e aveva ritenuto le
dichiarazioni del capo del governo lesive di un organo del Parlamento. A
quel punto arrivava la citazione della lettera di Moro. Tat nel suo appunto, cita le parole che avrebbe detto Maccanico: Un avvertimento po307
litico di tipo mafioso alla Dc perch non tiri troppo la corda nel senso di
una crisi di governo... Un vero e proprio ricatto volto a mettere la Dc in
difficolt sul piano umano ed etico un avvertimento che non viene dal
Craxi del 1978, segretario del Psi, ma dal Presidente del Consiglio che
ha il controllo dei servizi di sicurezza.
La metamorfosi del Psi stata studiata con grande attenzione da
Salvadori. A parere dello storico la questione dellunit del partito venne
affontata in maniera piuttosto semplice: Il segretario lo risolse per un
verso accettando le correnti stesse con le loro rispettive reti di influenza
locale, per laltro addomesticandole sempre pi efficacemente grazie al
successo conseguito nellaffermare una posizione di preminenza personale indiscussa nel partito, al ruolo centrale assunto dal partito allinterno del sistema politico e al formarsi di un consenso forte non tanto in
campo elettorale dove il Psi ottenne s una crescita ma inferiore alle
aspettative, quanto piuttosto presso strati assai influenti della societ.
A proposito del consenso elettorale interessante lanalisi di Claudio
Martelli: Il risultato del 1987 (cio quello figlio della presidenza del
consiglio socialista e del decreto sulla scala mobile) stato il 14,3 %, ed
vero che il record storico dei socialisti, ma era al di sotto non solo
delle aspettative diffuse ma delle convinzioni dello stesso Craxi... In quegli anni si era costruita attraverso Pertini, Spadolini e Craxi, una prospettiva... non solo socialista ma laico socialista, che era quella uscita
vittoriosa dai grandi referendum popolari sul divorzio e sullaborto...
Quella alleanza politica doveva essere sperimentata nelle elezioni del
1987. Lo fu in una parte molto modesta, soltanto in 12 collegi senatoriali
noi ci presentammo insieme, socialisti, radicali, socialdemocratici e un
pezzo dei verdi... Craxi si oppose per allidea di estenderla su scala generale. Ebbene in quei 12 collegi il Partito socialista con i suoi alleati
super il 20 per cento.
Lanalisi di Martelli su quellaspetto elettorale, si coniuga con la
trasformazione della forma partito come emerge dallanalisi di Salvadori: La riforma del partito venne condotta tra il Congresso di Palermo
del 1981 e il congresso di Verona del 1984. Nelluno fu decisa lelezione
diretta del segretario nazionale ad opera del congresso, nellaltro quella
dei segretari periferici dai congressi regionali e federali e la sostituzione
308
I L P S I D E L C A P O
del vecchio comitato centrale con la nuova Assemblea Nazionale... Importante completamento fu la formazione di clubs, suggestione francese,
destinati a costituire, secondo lo schema della raggiera, avente il suo
centro nellAssemblea Nazionale, uno schema in grado di attivare su
scala locale il consenso socialista, puntando non pi sulla vecchia base
formata prevalentemente da operai, funzionari e intellettuali di partito,
ma in primo luogo su un nuovo notabilato composto da esponenti della
politica, della cultura e del mondo delle professioni collocati negli strati
sociali medio-alti. Il modello era frutto della consapevolezza della crisi
oggettiva, sempre pi rapida e irreversibile, del partito basato sulle sezioni territoriali e sullideologia del primato del proletariato di fabbrica.
Esso era destinato a fare molta strada e a essere fatto proprio nelle linee
essenziali anche dal partito post-comunista, nella sostanza e nella forma,
in corrispondenza con il cedimento e il superamento del carattere classista dei partiti di sinistra. E in effetti nel 1987 il Psi mostrava una composizione sociale nettamente interclassista, con il 35 per cento di operai,
il 27 per cento di impiegati, il 17 per cento di commercianti e artigiani,
il 12 per cento di liberi professionisti e imprenditori, il 5 per cento di insegnanti e il 4 per cento di agricoltori. Ma interessante anche quel che
dice Salvadori a proposito della strategia del partito: Nei primi anni ottanta, Craxi port a compimento tre operazioni strettamente collegate.
La prima fu la messa in soffitta dellalternativa di sinistra alla DC, che
il Psi aveva abbracciato per rispondere al compromesso storico di Berlinguer ed esorcizzare lipotesi di un accordo tra Pci e Dc che lo emarginasse e la sua sostituzione con quella alternanza al governo di Psi e
Dc, rivolta a creare le condizioni per la presidenza del Consiglio socialista sulla base della solidariet dei partiti del polo laico e della costituzione di un patto con il Psdi. La seconda fu la rottura ideologica con
la residuale matrice marxista e la proclamazione del Psi quale partito
riformista. La terza fu la definitiva trasformazione del Psi in un partito
che, lasciandosi alle spalle vecchi moduli organizzativi, puntava su un
modello leaderistico e assembleare.
Una lettura di questo tipo porta a considerare il dialogo a sinistra
come una ipotesi accantonata a priori. La realt sembra, invece, pi complessa, pi articolata. Ricorda Rino Formica: C una finestra di rap309
porto buono tra socialisti e comunisti... Accadde nellincontro alle Frattocchie del febbraio del 1983, quando il Partito comunista firma un documento unitario con i socialisti e agevola la richiesta di Craxi di elezioni
anticipate. Ricordo che nel documento vi finanche rilevata... la questione delluso politico della giustizia da parte della magistratura. E
Claudio Signorile a sua volta spiega: Nel 1979 Craxi ebbe lincarico di
formare il governo dopo le elezioni con una maggioranza di solidariet
nazionale. Per testimonianza diretta posso dire di non aver avuto da parte
del Partito Comunista nessun ostacolo. Lo dico perch portavo avanti le
trattative come vice-segretario. Il vero problema venne da parte della Dc,
che pose soprattutto con De Mita un veto radicale. Molto determinato
nello sbarramento della strada fu pure Benigno Zaccagnini, allepoca segretario democristiano. E Carlo Tognoli a sua volta sottolinea: Craxi
non fu mai pregiudizialmente contrario ad aperture e accordi con il Pci...
A parte gli ottimi rapporti con Bufalini, Pajetta e Cervetti, un altro segno
del suo atteggiamento costruttivo fu lipotesi di una piattaforma comune
proposta a Occhetto per trattare con la Dc, non per lalternativa, ancora
immatura, ma per rafforzare la sinistra... Il sostegno al Pds per lingresso
nellInternazionale Socialista fu la conferma della sua volont di dialogo... La tesi secondo la quale Craxi, dando valore simbolico e politico
allunit socialista, mirasse a egemonizzareuna sinistra comprendente
il Pds non sta in piedi. Un realista come lui sapeva perfettamente, malgrado la crisi dopo la caduta del Muro, cosera il partito e lapparato
comunista, il sindacato, le cooperative. Impossibile larrembaggio a una
simile corazzata. Sicuramente pensava che fosse possibile stare sul ponte
di comando, in prospettiva, con i dirigenti del Pds, in un nuovo partito
socialdemocratico che avesse superato la divisione di Livorno e la diffidenza dei comunisti durata settantanni verso il socialismo democratico.
Al di l dei rapporti col Pci che hanno preceduto e seguito il
grande duello a sinistra, al di l delle intenzioni che poteva nutrire Craxi
e le interpretazioni di queste intenzioni che forniva il gruppo dirigente
del Psi, quel congresso di Verona alla fine passato alla storia soprattutto
per alcuni fatti di cronaca: i fischi a Berlinguer, la chiosa non certo elegante dellallora premier, lacclamazione del segretario, la nascita di
unAssemblea Nazionale pletorica e pertanto inutile. I dati di cronaca,
310
I L P S I D E L C A P O
per, hanno finito per oscurare quelli politici che pure cerano ed erano
presenti soprattutto nella relazione introduttiva di Craxi. A rileggerla ora,
alcune riflessioni vengono immediate. Tanto per cominciare, Craxi, che
pure era considerato soprattutto un grande tattico, poco incline alle impegnative costruzioni strategiche, attento al breve periodo ma poco a suo
agio sul medio e, ancor di pi, sul lungo, faceva una diagnosi dei problemi
italiani quanto mai acuta e, allo stesso tempo, indicava gli elementi essenziali della terapia e oggi, a tanti decenni di distanza, si pu dire che
quei problemi non essendo stati affrontati o essendo stati affrontati, successivamente, in maniera superficiale e frammentaria, hanno finito per
trasformarsi nella palla al piede del Paese, un peso da cui ancora oggi non
riusciamo a liberarci.
Poi emerge lenorme differenza culturale che divideva il segretario
socialista da Enrico Berlinguer, una diversit che spiega anche le difficolt che hanno segnato i loro rapporti, umani prima ancora che politici.
Craxi, con il suo istinto da animale politico riusciva a cogliere gli elementi della modernit, semmai ci si tuffava dentro con un entusiasmo
giovanilistico un po acritico che gli impediva di distinguere gli elementi
positivi da quelli negativi. Berlinguer, con i suoi austeri ragionamenti, se
da un lato coglieva con chiarezza il problema del degrado della vita pubblica italiana, dallaltro vedeva la modernit come un moloch da abbattere non come una realt da governare.
Diceva Craxi proprio nelle prime pagine di quella relazione:
Oggi siamo pi forti elettoralmente e politicamente, pi uniti e anche,
sulla base delle esperienze maturate, pi consapevoli delle difficolt,
delle carenze, degli ostacoli che ci si parano ora di fronte. E passando
dallanalisi generale alla sua autobiografia, aggiungeva orgogliosamente:
Credo che a pochi sia toccato lonore di una fiducia cos grande, di un
sostegno tanto fraterno. In quella fase di grande polemica, di scontro
sulla scala mobile, la novit di un Psi scarsamente litigioso era per lui un
dato confortante: Grazie per lunit. Essa rappresenta una grande conquista che da Palermo ad oggi si ulteriormente consolidata. I nostalgici
di un partito diviso e debilitato non mancano. E qui il riferimento alle
vicende successive al decreto di San Valentino diventava diretto: Io giudico straordinario che nella martoriata vicenda della riduzione dei punti
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I L P S I D E L C A P O
il frutto di una trattativa, di relazioni sociali che puntavano alla valorizzazione del sindacato. E faceva partire laffondo: Confesso che pi
analizzo le pi recenti vicende del mondo sindacale e politico-sindacale
e pi rimango sbalordito per ci che successo e che ancora succede.
Come si sia potuto in poche ore buttare allaria una costruzione unitaria
come la Federazione sindacale costata il lavoro di anni e come si sia potuto gettare tanti semi di divisione e di polemica nel movimento sindacale
con tutto il danno che da ci deriva, oggi e in prospettiva al mondo del
lavoro, francamente incredibile. Un messaggio diretto evidentemente
al Pci e Craxi, per sottolinearlo ulteriormente, utilizzava lideologo di riferimento di quel partito: Qualcuno aveva del tutto dimenticato il monito
di Marx che a proposito del rapporto partiti-sindacati scriveva nel lontano 1869: Ma i sindacati devono essere collegati ad una associazione
politica, o trovarsi sotto la sua dipendenza, se essi vogliono svolgere la
loro funzione: il farlo sarebbe apportarvi un colpo mortale.
E dato che il Pci lo aveva accusato di aver colpito solo i redditi
da lavoro, Craxi incassava la critica, la faceva propria e rilanciava: Uno
degli elementi dellazione programmatica costituito dalla politica dei
redditi. Di tutte le critiche pregiudiziali, ingiustificate ed esagerate che
sono state scagliate contro il decreto della discordia, una sola mi ha colpito, mi convince, anzi mi trova consenziente. quando si afferma che
la politica dei redditi, allo stato delle cose, non agisce con medesima tempestivit ed efficacia in tutte le direzioni, a senso unico, cio rivolta
solo verso il lavoro dipendente. ci che noi vogliamo evitare predisponendo nuovi strumenti e perfezionando lorganizzazione della politica
dei redditi che deve diventare elemento permanente per un ordinato ed
equilibrato sviluppo della nostra societ. Un obiettivo riformistico, su
cui in Europa tutte le sinistre, allora come oggi, concordano. Poi nella
polemica con il Pci aggiungeva un altro elemento facendo riferimento a
un dirigente comunista scomparso qualche anno prima: Bisogna ridurre
il livello dellinflazione. Parlando allinterno di unottica di opposizione,
Giorgio Amendola scrisse una volta che maggioranza e opposizione dovrebbero ugualmente sentire la responsabilit della lotta allinflazione...
Il tasso di inflazione sta ora scendendo, la discesa lenta ma pur sempre discesa. Quindi inseriva una questione che ci assilla ancora oggi,
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I L P S I D E L C A P O
anzi oggi ci assilla pi di ieri: Motivi di costante allerta e di preoccupazione tuttaltro che fugati, vengono dalla situazione della finanza pubblica. Come noto negli ultimi anni il buco del debito pubblico si
rapidamente allargato ed oggi pi che un buco un cratere. I disavanzi
che annualmente si sono formati nel settore pubblico sono stati superiori
al doppio di quelli medi europei... Lobiettivo che ci siamo posti di bloccare il corso del torrente in piena... Dal lato delle entrate lo scenario fiscale presenta ancora la pi grande, la pi vistosa e la pi inaccettabile
delle contraddizioni... Per questo necessario ristabilire equilibrio e soddisfacente giustizia sociale.
Avviandosi alla fine, poi, lanciava un appello allunit del sindacato: La divisione nel mondo del lavoro interviene nel momento peggiore, e tutto ci che pu essere fatto per ricreare condizioni di unit,
una visione matura e responsabile dellazione sindacale, e in una ritrovata autonomia, deve essere fatto. Quindi, diceva a Berlinguer che non
si sarebbe fermato: Al Paese che si interroga sulle proprie crisi, sulle
proprie difficolt, sul proprio avvenire, noi rinnoviamo il nostro messaggio di fiducia. Molto si decide in questi anni che saranno di transizione
e di trasformazione con tutto limpegno straordinario che questo comporta. Mi attirer ancora una volta laccusa malponderata di decisionismo, che del resto non mi disturba affatto, ma penso che si debba insistere
sulla necessit di affrontare i tempi delle decisioni che urgono, di non
accumulare ritardi nellazione del governo, del parlamento, nella sfera
degli operatori pubblici come in quella degli operatori privati. E sulle
note di De Gregori la nave di un Psi di governo unito dietro il proprio
leader prendeva il largo.
Ha scritto anni dopo Massimo L. Salvadori: Coadiuvato da un
gruppo dirigente composto da personalit di notevole livello, alcune delle
quali persino brillanti, tra cui spiccavano i suoi due giovani delfini, Claudio Martelli e Giuliano Amato, Craxi, accantonate definitivamente le velleit del socialismo autogestionario in nome del riformismo senza
aggettivi, mise in luce innegabili qualit gestionali e decisionali. Salito
al potere in una situazione economica ancora difficile, il suo governo
pot godere degli effetti positivi della ripresa interna sullonda di una favorevole congiuntura internazionale e conseguire risultati positivi nella
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I L P S I D E L C A P O
rallentano il cammino della loro evoluzione in senso occidentale, nel timore che ci danneggi il Psi. Dobbiamo invece aiutarli ad avere una proposta di governo.
Per lui la segreteria di Craxi ormai rispondeva alle logiche del Fuhrerprinzip e puntava il dito contro i suoi allievi che nei confronti di
questa deriva non avevano costruito gli opportuni argini: Siamo al livello
elettorale del Partito comunista francese e il Psi rischia di diventare un
partito che non ha pi ragione di vita. Non si allarga la base con operazioni di vertice, usando le istituzioni come trampolino di lancio. Questa
la politica della Dc non la nostra. Stiamo diventando il partito delle tavole rotonde ma siamo assenti dai drammi sociali. Non possiamo pi essere al di sopra dei drammi sociali. Se quellallarme fosse stato colto
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TORMENTI SOCIALISTI
Convinti, perplessi, preoccupati
TORMENTI SOCIALISTI
Bettino Craxi lo aveva detto a Verona. Il Psi era unito sulla questione della scala mobile non perch disciplinato o organizzato attraverso
sistemi che producevano disciplina, ma per convinzione, per adesione a un
progetto, a un principio, a una idea: la modernit contro il passato, il dinamismo contro limmobilismo. Ma non deve trarre in inganno limmagine
di un partito monolitico, attestato acriticamente intorno al Capo. Cerano,
come abbiamo visto, le diversit di idee che contrapponevano, ad esempio,
Claudio Martelli a Giorgio Benvenuto e Ottaviano Del Turco relativamente
allipotesi di un sindacato democratico, quasi un fantasma dellimmediato
dopoguerra, della rottura politica che aveva portato allesclusione del Pci
e del Psi dal governo e alle inevitabili conseguenze sulla Cgil riunita dal
Patto di Roma ma poi di nuovo divisa in virt dei mutamenti intervenuti
nel quadro politico. E poi cerano le diversit rispetto alla frattura che sul
decreto in s si era venuta a determinare tra le Confederazioni sindacali.
Perch non tutti, su questo versante, la pensavano nella stessa maniera.
Certo non facevano salti di gioia i sindacalisti che sino al giorno
prima avevano lavorato gomito a gomito con i colleghi della Cgil: pur con
accenti diversi, quasi tutti confidavano nel superamento di quella fase di
crisi. E quasi tutti, alla fine, condividevano lidea di base che bisognasse
rinnovare i meccanismi di democrazia, le regole dello stare insieme, riformare le rappresentanze aziendali avendo il sindacato dei consigli fatto
il suo tempo. Ma che poi bisognasse stare insieme, tutti erano convinti. Perch quello slogan dellAutunno Caldo, Uniti si vince, sar stato anche
semplicistico, per dava il senso di una azione comune che poteva partorire
vantaggi collettivi. Quasi nessuno, insomma, si rassegnava tra i sindacalisti
socialisti allidea che quello slogan potesse essere sostituito da un divisi
si vince perch, al contrario, ci si rendeva conto che la divisione poteva
portare solo alla sconfitta. La stessa polemica sullautonomia nasceva proprio dal bisogno di evitare che il rapporto con i partiti diventasse tossico,
321
TORMENTI SOCIALISTI
queste pressioni, rispondeva sibillinamente: Dallesterno... Un mondo complesso. Invitato a spiegare, a dire, replicava: Non si pu dire... Insomma
quella fase andava chiusa con la liquidazione del Psi... Quando una piccola
potenza fa la politica di una grande potenza, nei momenti di difficolt dei
potenti pu trovare spazio. Ma quando il potente pu fartela pagare, te la fa
pagare. E il decreto sulla scala mobile fu un elemento di quella politica da
Grande Potenza perch rompeva equilibri consolidati, prassi ritenute pi che
scolpite nella pietra, scritte con inchiostro simpatico nella Costituzione (la
famosa distinzione tra formale e sostanziale che a giorni alterni, ad anni alterni e a Repubbliche alterne viene evocata per sollecitare soluzioni e comportamenti che poi, in realt, con la Costituzione hanno ben poco a che fare
e qualche esempio lo abbiamo avuto anche di recente).
Erano gli elementi di discontinuit rispetto a un passato considerato
incontestabile che attribuivano a quel decreto caratteri veramente eversivi. Ed indiscutibile che su di esso Craxi non solo abbia giocato diverse
carte del suo successo personale, ma abbia anche costruito una governabi-
lit che, quanto meno dal punto di vista della durata di quellesecutivo, in
Italia non si era mai vista (e, durate a parte, non si vedr mai pi). Ci non
toglie che quellintervento inseriva allinterno del mondo sindacale elementi
di divisione che a Rino Formica non piacevano. Lui avrebbe (al pari di Craxi)
voluto costruire un accordo unitario. E durante il dibattito parlamentare si
comport di conseguenza provando a lanciare qualche proposta in grado di
superare la pregiudiziale opposizione del Pci. Ad esempio, indic la strada
di un ordine del giorno da approvare contemporaneamente al decreto in cui
si dava mandato al governo di elaborare, nel giro di un paio di anni, una legislazione organica in materia di equo canone e ladozione di strumenti fiscali
e parafiscali per consentire ai lavoratori di recuperare le perdite salariali determinate da una inflazione reale superiore a quella programmata.
Formica ha sempre ritenuto che certe questioni di carattere sociale
andassero affrontate con la condivisione piuttosto che con la divisione, nonostante un carattere che lo ha spesso portato in rotta di collisione con molti
suoi colleghi, soprattutto a livello verbale. Non un caso che a dicembre
del 2010 in una intervista a il Foglio analizzando le rotture di Marchionne, dicesse: Abbiamo alle spalle un secolo di esperienze terribili,
un secolo che ci ha detto: la ricomposizione vale molto di pi del conflitto.
Abbiamo visto le conclusioni positive della ricomposizione, hanno creato
soluzioni evolutive, mentre lesasperazione dello scontro ha prodotto ferite
difficilmente risanabili senza pagare prezzi molto alti. E a proposito delluscita della Fiat dalla Confindustria, aggiungeva: Pu darsi ci sia una
crescita della coscienza che riesca a far comportare da statisti, pur senza
essere nello stato, anche i rappresentanti dei lavoratori da un lato e del
padronato dallaltro. La sua idea del conflitto semplice: Si tratta di
calcolare i costi sociali di quel che avviene. Il problema chi pagher il
cambiamento. I conti si fanno dopo, non prima. Se i costi vengono trasferiti
sulla parte pi debole della societ, allora si crea una carica esplosiva.
Era esattamente questa carica esplosiva che Formica temeva allepoca della guerra sulla scala mobile. Temeva che il conflitto potesse
arrivare a un livello in cui la ricomposizione non sarebbe stata pi possibile.
E temeva anche gli effetti sul dialogo a sinistra perch, poi, lui faceva parte
di quel gruppo di dirigenti socialisti che non si rassegnava allidea di una
alleanza eterna con la Dc, pensava che per il Psi lepilogo politico pi logico
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TORMENTI SOCIALISTI
fosse un altro. Tanto vero che prover a rilanciare quellidea, quasi sul finire della Prima Repubblica, cio a tempo sostanzialmente scaduto. Quelliniziativa stata ricordata da Giorgio Napolitano in un suo libro:
Unimportante iniziativa unitaria sarebbe stata tentata in extremis dopo
le elezioni del 1992, nellottobre di quellanno, con il manifesto per una
sinistra di governo, cui aderirono tutti gli esponenti dellarea riformista
del Pds e numerosi esponenti di primo piano del Psi, da Giorgio Benvenuto
a Rino Formica, da Enrico Manca a Giacomo Mancini, da Mario Raffaelli
a Claudio Signorile. Quella iniziativa non produrr alcun frutto anche perch nel frattempo Mani Pulite era esplosa e lagenda della politica veniva
dettata dai Palazzi di Giustizia. Insomma, non era pi il tempo di grandi discussioni sul futuro della sinistra italiana, sul suo nuovo assetto, sulla necessit non tanto di una riunificazione dei tronconi nati dallesplosione livornese,
ma di un veloce traghettamento verso una normalit europea fatta di adesione
ai principi della socialdemocrazia sostenuti dai Willy Brandt o dagli Olof
Palme (il leader che diceva che il capitalismo va tosato, non ammazzato).
Poteva essere quella una maniera per riannodare i fili di un discorso
che penzolavano senza trovare un rammendo dai tempi della battaglia sulla
scala mobile. Perch, poi, il problema era essenzialemente quello: come si
governa una societ industriale, di mercato, da sinistra? Se il problema non
abbattere ma redistribuire, come ci si pone di fronte a una inflazione che,
alla resa dei conti, non diffonde benefici ma solo lapparenza di privilegi?
Quellintervista di Rino Formica, rilasciata ventisei anni dopo San Valentino, in qualche misura significativa perch a proposito della situazione
esplosiva che si viene a creare nel momento in cui i costi sociali delle trasformazioni vengono scaraventati sulle spalle dei pi deboli, aggiungeva
pensando al presente ma confrontandosi con il passato: La politica non
ha pi strumenti per intervenire. Da ventanni ha praticato il laissez-faire,
aderendo allidea del mercato bello e accettando implicitamente il criterio del pi forte. Lo sforzo, a destra come a sinistra, stato di fingere di
accantonare le ideologie; perch esse non sono state sostituite da un empirismo equilibrato, bens dallideologia che il pi forte vince. In fondo il
principio basilare del mercato non che la selezione fa morire i pi deboli?
Ebbene, dalla critica a quella visione nato un movimento che ha portato
alla democrazia e a nuove conquiste sociali.
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TORMENTI SOCIALISTI
TORMENTI SOCIALISTI
METAMORFOSI DC
Irrompe De Mita, lanti-Craxi
METAMORFOSI DC
riore al 90 per cento, che desiderano una riforma elettorale in senso maggioritario e in collegi uninominali. Il Caf finisce sostanzialmente cos.
Ma la conclusione della sua parabola politica apre il vaso di Pandora
della corruzione su grandissima scala, della corruzione sistemica di Tangentopoli.
A volte, per comprendere, bisogna cominciare dalla fine. La storia
della scala mobile, i primi anni del governo Craxi, rappresentarono un
tentativo di recupero di quella capacit programmatoria, di indirizzo
delleconomia italiana sul modello dei primi tempi del centro-sinistra.
Rappresentavano un tentativo evolutivo. A quellevoluzione, nel giro di
alcuni anni, fece seguito linvoluzione. Prodotta da un lato da scelte sbagliate, da un altro dalla tendenza a riposare sugli allori (cio a interpretare
il governo come semplice gestione del potere rinunciando alla capacit
propulsiva delle idee innovative), dallaltro ancora dal ritorno massiccio
in campo di dinamiche che, per un motivo o per un altro, si erano sentite
minacciate. La Dc di Ciriaco De Mita (considerando anche quella successiva di Andreotti-Forlani) un momento altamente rappresentativo di
quello che avvenuto prima, durante e dopo San Valentino.
Un dato, tanto per cominciare, emerge con chiarezza: De Mita
nella sua parabola al vertice democristiano riuscito a ottenere lesatto
contrario degli obiettivi che si poneva. Voleva logorare Craxi e semmai
farlo cadere sulla storia della scala mobile; ha, al contrario, consegnato
al suo avversario forse il successo pi significativo (almeno dal punto di
vista economico) di quegli anni di governo. Voleva costruire una democrazia dellalternativa fondata sullavvicendamento al governo di Dc e
Pci con la sostanziale subordinazione del Psi, ha finito per aprire la strada
al concetto dellalternanza e alla presidenza del consiglio socialista; immaginava una Dc senza correnti e ha prodotto un tale sussulto correntizio
da venir travolto da una classica congiura di palazzo; voleva consegnare
alla storia un partito nuovo, conservatore sul modello thatcheriano (modello in quegli anni prevalente e fascinoso) e ha di fatto lavorato per la
stabilizzazione del quadro politico, per il Caf, esperienza che non certo
passata alla storia come una fase di buon governo. Doveva essere
lUomo Nuovo, Ciriaco De Mita, il leader che avrebbe dovuto combattere
e sconfiggere il protagonismo craxiano. Al vertice del partito, daltro
334
METAMORFOSI DC
canto, ci era arrivato con uno slogan semplicissimo e allo stesso tempo
significativo: Demitizzare Craxi.
Per comprendere il ruolo giocato dalla Dc e dallallora segretario
nella vicenda della scala mobile, bisogna fare riferimento a quello che
era avvenuto negli anni precedenti, alla difficolt della Democrazia Cristiana a confrontarsi con lattivismo socialista che seppur ancora scarsamente premiato dalle urne, cominciava ad attirare linteresse di nuovi
ceti, ad avere un peso nellopinione pubblica superiore a quello elettorale. Dalle elezioni del 1979 la prospettiva del Compromesso Storico era
uscita sconfitta e la paura dei Cosacchi in piazza San Pietro era decisamente diminuita. Il terrorismo, che aveva conosciuto il suo momento
culminante con il rapimento di Aldo Moro, la sua uccisione e la strage
di via Fani, attraverso le dichiarazioni dei pentiti cominciava a perdere
la sua assurda guerra. Ha scritto Giorgio Galli: Le grandi famiglie dellimprenditoria italiana ritenevano a met degli anni Settanta che non
fosse possibile una stabilizzazione politica senza lassegnazione di un
nuovo ruolo al Pci. Dopo la stabilizzazione sociale del 1982 (sconfitta
della lotta armata a partire dal sequestro Dozier, ultimo grande sciopero
del gennaio 1983), lassegnazione di questo nuovo ruolo appare superfluo e si perfeziona il rapporto privilegiato con la Dc. Cartina di tornasole di questo nuovo umore nazionale era, come al solito, Gianni
Agnelli che subito dopo la lettura dei risultati elettorali parlava di sollievo, chiedeva alla Dc di far buon uso dei voti invitandola a non
governare con i comunisti. Articolava con schiettezza la sua analisi:
Ritengo che lemergenza obblighi tutte le parti in causa a dare prova
di realismo e quindi a rinunciare a certe pregiudiziali. Ai comunisti bisogna chiedere che rinuncino, nelle circostanze attuali, a fare parte del
governo; oggi come oggi questa partecipazione sarebbe impossibile per
ragioni di carattere interno e di carattere internazionale. E agli altri bisogna chiedere che discutano con i comunisti il piano di emergenza. Non
ci sono alternative.
Agnelli era un profondo conoscitore di quel che si muoveva negli
Stati Uniti e se nel 1976 Jimmy Carter aveva detto: Penso che non sarebbe una catastrofe se il Pci dovesse avere una parte di rilievo nellambito di un governo nazionale. Non sarebbe la mia preferenza ma non
335
costituirebbe una minaccia alla pace mondiale; due anni dopo lambasciatore Richard Gardner chiudeva di nuovo la porta statunitense: La
nostra posizione chiara, non siamo favorevoli alla partecipazione del
Pci. Che peraltro, era stato ampiamente logorato dai governi della non
sfiducia (e si preparava a esserlo ancora di pi appoggiando dallesterno
un esecutivo monocolore, senza neanche negoziare il programma). La situazione economica del Paese in quel momento era drammatica; la Fiat
si preparava a lanciare la sua campagna dautunno prima con i sessantuno licenziamenti e poi, lanno dopo, con la vertenza chiusa dalla Marcia
dei Quarantamila. Ma la Dc che grazie a Zaccagnini non aveva perso le
politiche del 79, era ancora orfana di Moro, non aveva un grande leader
di riferimento al contrario di quasi tutti gli altri concorrenti. Lo scalpo
di Zac da quello che pass alla storia come il Congresso del Preambolo
(doveva vincere la sinistra alleata con Andreotti; riuscirono a prevalere
le altre correnti che unirono le forze con un preambolo comune alle
mozioni finali in cui si escludeva qualsiasi accordo col Pci) venne immolato sullaltare della fine della solidariet nazionale. Anni dopo, in una
intervista ad Arrigo Levi, lo stesso Ciriaco De Mita dir: Probabilmente,
dopo i risultati elettorali del 79 (col Pci ridisceso dal 34,4 per cento del
1976 al 30,4 per cento e la Dc sempre sopra il 38), il partito aveva quasi
dimenticato le sue preoccupazioni: si era guardato alla sostituzione di
Zaccagnini quasi con indifferenza, come se il problema del rinnovamento
non avesse pi lurgenza di prima. Ma nell81 torniamo a livelli molto
bassi; subito dopo al Consiglio Nazionale emerse una proposta schematica, al confine tra la superficialit e lincoscienza, una proposta che attraversava tutti i gruppi e che consisteva nellillusione di risolvere il
problema sostituendo Piccoli. Io, in quella circostanza, convinsi Piccoli
a rimanere e rimase.
Ma era pi che evidente il fatto che nella Dc che doveva fronteggiare Bettino Craxi crescesse la necessit di avere un leader, sostanzialmente un front-man come verrebbe definito dai gruppi musicali rock, in
grado di interpretare quel nuovo che si agitava nella societ e che De Rita
e il Censis ogni anno illustravano. E a quel punto spunt Giovanni Marcora. Giorgio Galli riporta in un suo libro la testimonianza di Pietro Ottone contenuta in una intervista rilasciata a Panorama il 19 febbraio del
336
METAMORFOSI DC
1989. Lex direttore del Corriere della Sera raccontava quello che era
avvenuto agli inizi degli anni Ottanta e spiegava: Lantefatto risale allautunno 1981. Ero presente anchio quando Giovanni Marcora, alla
fine di un pranzo in una casa di Milano, espose il suo programma. Democristiano del Nord... capiva meglio dei colleghi romani quanto fosse
fallimentare la situazione politica... Occorreva un salto di qualit. Nella
casa di Milano erano riuniti alcuni grandi industriali e la diagnosi di
Marcora li trovava daccordo... Ma la novit della serata fu che Marcora
aveva o credeva di avere la ricetta buona; e quando la rivel i presenti
trasalirono. La soluzione della crisi passava attraverso il rinnovamento
della Dc, dichiar Marcora; lunico capace di rinnovarla, secondo lui,
era De Mita. De Mita non era molto noto al Nord; ma se ne sapeva abbastanza per diffidare di lui, per ritenere che fosse lultimo uomo al
mondo capace di rinnovare un partito... Era ministro dellIndustria e non
aveva lasciato un buon ricordo. Per di pi era di sinistra. vero che la
ricetta di Marcora si completava con la prospettiva che lui, lo stesso Marcora, si sarebbe raccordato con De Mita stando al governo; e gli industriali avevano fiducia in Marcora, un uomo risoluto e competente anche
se piuttosto verboso. Ma la prospettiva era presente in modo vago.
Il progetto non si arrest e divenne sempre pi operativo, ricevendo la benedizione di Agnelli, Eugenio Scalfari e Caracciolo. Il tutto
in una serata sempre raccontata da Ottone nella stessa intervista e sempre
riportata da Giorgio Galli: I pareri su De Mita cambiarono in fretta, e
le ragioni mi apparvero chiare in un secondo episodio, anchesso alla
fine di un pranzo, questa volta su una terrazza romana, allinizio dellestate del 1982. Cera De Mita, da poco tempo leader del partito (precisamente da maggio, in conclusione del quindicesimo congresso, n.d.a.);
cerano uomini politici e uomini daffari... Cera anche Giovanni Spadolini, allora presidente del Consiglio... Si parl della scala mobile e alcuni di noi insistevano nel dire che la riforma della scala mobile era
assolutamente necessaria; ma Spadolini tergiversava e spiegava che non
conveniva intervenire e imporre una modifica perch non voleva qualificare il governo, cos si esprimeva, come un governo di destra. De
Mita aveva ascoltato sino a quel momento con espressione arcigna... A
quella frase sbott: Se per salvare il Paese bisogna essere di destra, eb337
METAMORFOSI DC
per un impegno serio tuttaltro che utilitaristico, inteso a centrare le questioni vere del degrado economico e produttivo, ed a fissare ed applicare
terapie risolutive, che sono sempre amare quando risultano davvero efficaci... In poco tempo il governo ha messo... in atto... una manovra tendente insieme a ridurre il disavanzo pubblico ed a contenere entro i tetti
programmati di inflazione, il costo del lavoro. Con lodevole solerzia il
governo ha messo a punto e presentato in Parlamento i relativi provvedimenti che, certo, possono essere come sempre criticabili ed emendabili
su questo o su quel punto; ma che nel loro insieme, vanno colti come lo
sforzo pi imponente finora attuato per recuperare risorse finanziarie ed
incidere sul disavanzo. E ancora nei confronti dellopposizione del Pci
a proposito dellaccordo Scotti: Si trattato e si tratta di un risultato
importante di una grande vittoria della ragione e del senso di responsabilit sui particolarismi e sulle conflittualit dure, acritiche, a volte strumentali e strumentalizzabili... Si infatti avviato un processo nuovo ed
importante: si sono affermati alcuni principi e si sono rotte vecchie rigidit e vecchi feticci, lungo una linea di tendenza che premia limpegno e
gli sforzi di un sindacalismo pi moderno e consapevole, realmente autonomo da pregiudiziali politiche e di una dirigenza imprenditoriale responsabile e attenta a ricreare le condizioni della competitivit e della
ripresa... La nostra proposta, su cui poi maturato laccordo, non nasceva dalla difesa di alcun interesse particolare. E neppure minacciava
un qualche interesse speciale. Non puntava a proteggere il capitale per
punire il lavoro, come da qualche parte irresponsabilmente si detto. Richiamava, piuttosto, alla realt tutte le forze produttive... La nostra proposta... stata costruita tenendo conto di indicazioni emerse nel
confronto con la dirigenza sindacale e pi in particolare con la dirigenza
della Cisl... La Cisl sta attraversando un momento felice di riflessione
sul ruolo in una societ democratica di un sindacato libero che vuole impedire che una crisi economica sbocchi tristemente nello smarrimento
delle conquiste di libert. Partecipa responsabilmente a un lavoro di revisione di antichi riferimenti non pi applicabili ad una societ trasformata anche rispetto ai traguardi elevatissimi raggiunti. Probabilmente
si fa anche carico degli orientamenti di una parte rilevante della sua base
operaia costituita di militanti democristiani, senza con questo deflettere
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METAMORFOSI DC
minimamente dalla propria autonomia che noi rispettiamo, anzi valutiamo come un dato importante e che caratterizza la Cisl rispetto ad altre
organizzazioni sindacali le quali, tutto sommato, praticano forme di collateralismo con altri partiti che noi da molto tempo abbiamo abbandonato.
Un anno dopo, con Craxi a Palazzo Chigi e con un risultato elettorale decisamente deludente (anzi sconfortante) alle spalle, De Mita avr
un altro atteggiamento verso le proteste di piazza decisamente pi rumorose di quelle organizzate contro laccordo Scotti. Tanto vero che alla
vigilia della manifestazione del 24 marzo, quella promossa dalla Cgil e
dagli autoconvocati, il segretario democristiano evidenzier delle forzature nella linea tenuta dallesecutivo. In una nota apparsa sullAvanti!,
Craxi avrebbe replicato: Nel momento stesso in cui lopposizione comunista sviluppa il massimo del proprio potenziale offensivo... il segretario
della Dc non ha trovato di meglio che rivolgere alla condotta del governo
una serie di critiche tanto malevole quante ingiustificate. Per leggere
meglio quella polemica bisogna probabilmente fare riferimento a una nota
scritta da Antonio Tat dopo un colloquio avuto il 14 maggio 1984 con il
Segretario Generale della Presidenza della Repubblica Antonio Maccanico. Racconta Tat facendo riferimento a quanto gli aveva rivelato Maccanico: Gli stato riferito che De Mita punta allafflosciamento lento
di Craxi, ad un suo graduale sgonfiamento, lasciandogli commettere gli
errori che sta commettendo, fino al proprio esaurimento e autoaffondamento. Ha paura di vibrargli il colpo, perch ritiene che ci dia a Craxi
nuove armi di rivalsa e di accusa contro la infida e sleale Dc, che dia a
Craxi il destro di mietere pi copiosi voti nellelettorato democristiano.
Il proposito di De Mita, insomma, secondo Maccanico desunto da un suo
colloquio tra avellinesi, di fare la crisi sulla legge finanziaria e sul
bilancio dello Stato per il 1985, cio ad ottobre-novembre (secondo la
linea dellautosgonfiamento e autoaffondamento). Lanno prima, invece, sempre in quel Consiglio Nazionale il segretario democristiano
aveva detto: La disputa su monetarismo ed econometrismo, tra calcolatori passivi delle perversioni degli automatismi economici ed oltranzisti
difensori dei pi vieti luoghi comuni del veterosindacalismo, in una societ nazionale che radicalmente mutata nelle sue strutture, pu far
parte del gioco delle contrapposizioni propagandistiche, ma non ha pi
un senso reale... Cos le esercitazioni, messe in atto dalle opposizioni,
per etichettare secondo vecchi schemi la nostra proposta del rigore, sono
solo rivelatrici di persistente pigrizia mentale.
Il De Mita anti-craxiano, ben radicato nel cuore di alcuni poteri
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METAMORFOSI DC
e mandato in crisi
per due volte nel corso
della Prima Repubblica
la Democrazia Cristiana
(nel primo caso segretario
era Amintore Fanfani
nel secondo
Flaminio Piccoli)
344
METAMORFOSI DC
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METAMORFOSI DC
Insomma, De Mita attribuiva ai socialisti il ruolo che nella democrazia tedesca hanno svolto per diverso tempo i liberali. Le elezioni
dell83 mandarono in fumo gran parte delle analisi demitiane. Anche San
Valentino in qualche maniera figlio di quella tornata elettorale. E sulla
scala mobile si giocarono, con molta probabilit, robuste ambizioni di rivincita. Perch chiaro che se lobiettivo era il logoramento di Craxi,
una azione tendente a far saltare quel provvedimento o a farlo passare in
una maniera decisamente diversa rispetto a quella definita da Palazzo
Chigi, avrebbe creato le basi per il successo finale. Anni dopo, De Mita
giustific cos quel clamoroso crollo elettorale: Il mio proposito era di
portare avanti una linea politica e una gestione del partito che avviassero
il recupero arrestando il processo di crescente incomunicabilit tra la
pubblica opinione e la Dc. Certo la sconfitta elettorale del giugno 1983
fu un trauma, aggravato dallabbaglio, dovuto anche allattenzione benevola che la stampa aveva dato alla mia segreteria e alla campagna
elettorale della Dc, che i problemi fossero stati gi superati. Debbo dire,
per, che personalmente non ero caduto in quellillusione, anche se non
avevo la possibilit di verificarlo. Nella campagna elettorale avevo potuto constatare infatti lentusiamso recuperato dei democristiani: ma, indubbiamente, solo dei democristiani.
Caduta la Prima Repubblica, Pietro Scoppola, che era stato uno
dei riferimenti intellettuali del nuovo corso, in un saggio sulla Dc scriver: Nonostante la plebiscitaria conferma alla guida del partito nel
maggio del 1986 la leadership di De Mita non esprime pi le originarie
istanze riformatrici: lampio ricorso alle gestioni commissariali nel partito, per superare lassetto correntizio, non produce gli auspicati effetti
innovatori. Fu uno scontro meno avvincente di quello a sinistra, pi sotterraneo, ma pur sempre uno scontro. Anche se poi, anni dopo, Ciriaco
De Mita prover a stemperare quellimmagine di arcigno anti-craxiano
costruita anche sulla storia della scala mobile. Con tono divertito ha raccontato il suo primo incontro con Craxi: Era un semplice deputato. Lo
incrociai insieme a Marcora, di cui era amico, davanti a Montecitorio
con la giacca sulle spalle. Albertino (era il nome di battaglia da partigiano di Marcora, n.d.a.) gli chiese: Dove vai? E lui di rimando: A
donne. Per gli incontri a quattrocchi, quelli in cui avvenivano i chia349
350
SANDRO PERTINI
Il presidente nuovo
SANDRO PERTINI
Ad esempio, agli inizi del 1985, cio qualche mese prima del referendum sulla scala mobile, quando il governo stava ancora provando a trovare una soluzione che evitasse quellappuntamento referendario.
Sembrava, in quei mesi, che si potesse ancora raggiungere un accordo tra
le diverse parti in commedia. Ma accadde una vicenda che mise a rischio
la stabilit dellesecutivo. Il terrorismo non era stato ancora sconfitto, gli
Anni di Piombo non erano ancora un ricordo ma una preoccupante realt
(la conferma sarebbe arrivata a marzo, con lagguato mortale a Ezio Tarantelli). Qualche anno prima, il 7 aprile del 1979 (il Processo che seguir nel
1981 prender il nome proprio da quella data), un marted, su ordine del
giudice di Padova, Pietro Calogero, alle 17,30, la polizia fece irruzione
nelle case di diversi docenti universitari e intellettuali, tra i quali Toni Negri,
Nanni Balestrini (che si diede alla latitanza), Franco Piperno, Emilio Vesce.
Erano tutti destinatari di un ordine di arresto in quanto ritenuti i capi del
terrorismo italiano (i cattivi maestri). Tra gli accusati anche Oreste Scalzone, ex fondatore di Potere Operaio e leader in quel momento di Autonomia Operaia. Due anni dopo, in primo grado, Scalzone venne condannato
a sedici anni di reclusione per associazione sovversiva, banda armata e rapina. Approfittando, per, di un permesso per motivi di salute e grazie allaiuto dellamico-attore, Gian Maria Volont, si allontan dallItalia, ripar
a Copenaghen, quindi in Corsica e alla fine trov ospitalit a Parigi. Ed
qui che si svolse la storia che port il governo Craxi sullorlo della crisi,
Gianni De Michelis a un passo dalla dimissioni e Sandro Pertini in rotta di
collisione con il suo partito, il Psi.
Tutta colpa della passione per larte. Erano i primi giorni di gennaio,
precisamente il 5. Gianni De Michelis, in vacanza a Parigi, decide di visitare il Beaubourg, il museo progettato da Renzo Piano, nel centro del quartiere di Les Marais. E l avviene il fattaccio. Il latitante Scalzone incrocia
il ministro De Michelis. Lincontro, che tanto luno quanto laltro definirono
del tutto casuale, fin per su un settimanale, Famiglia Cristiana. Infatti,
avvenne alla presenza di un giornalista, David Sassoli, che allepoca lavorava per lAgenzia Asca e per il settimanale cattolico. Lo scandalo conseguente fu enorme nonostante il tentativo tanto di Scalzone quanto di De
Michelis di ridimensionare il rilievo dellincontro. Dei fatti, diedero due
versioni identiche. De Michelis disse: Non si capisce come possa essere
354
SANDRO PERTINI
quanto imperfetto).
La pubblicazione dellarticolo fece esplodere, verso la fine del
mese, il caso politico. In quel momento, peraltro, il governo stava attraversando una fase non semplice, con i franchi tiratori in perenne agguato in
Parlamento, i socialisti che chiedevano labolizione del voto segreto e Craxi
che sfibrato si sfogava con Arnaldo Forlani dicendo: Pianto tutto. La lettura del resoconto giornalistico non era per nulla piaciuta a Sandro Pertini
che da capo dello Stato non poteva accettare smentite alla linea ufficiale
della fermezza. E davanti a quellincontro, seppur casuale, aveva fatto trapelare che le dimissioni del ministro sarebbero state un atto particolarmente
apprezzato. Furono ore e giorni complessi con Craxi, che per evitare la
crisi, interruppe il 24 gennaio un consiglio dei ministri per chiedere
udienza a Sandro Pertini. Lincontro ci fu ma, invece di rasserenare la situazione, fin per renderla pi incandescente. Si era, infatti, diffusa la notizia
che il Presidente della Repubblica avesse scritto il 23 gennaio una lettera a
Craxi sulla questione. Un atto certo poco favorevole a De Michelis.
Uscendo dal colloquio con Pertini, il capo del governo smentiva la circostanza: A me il presidente della Repubblica non ha detto niente, io non ho
ricevuto nulla.
Pertini, si sa, era uomo piuttosto incline allira improvvisa. Anni
prima ne aveva fatto le spese Antonio Ghirelli, suo portavoce al Quirinale,
obbligato alle dimissioni per una nota incauta che non aveva scritto ma
di cui si assunse la responsabilit per salvare un funzionario (Ghirelli, nel
frattempo, era passato a Palazzo Chigi, dove guidava la comunicazione del
governo). Di fronte alle dichiarazioni di Craxi che alle sue orecchie suonavano come una smentita del suo operato, fece immediatamente diramare
un comunicato dai toni secchi e perentori: In merito alla notizia riportata
dalla stampa di una lettera del presidente della Repubblica al presidente
del Consiglio sulla vicenda De Michelis-Scalzone, si conferma che questa
lettera stata inviata in data 23 gennaio ultimo scorso.
Quel comunicato aveva laspetto di un piano inclinato che avrebbe
portato alla crisi e immediatamente vi salirono su quei leader che non vedevano lora di liberarsi di Craxi. Primo fra tutti, Ciriaco De Mita che
tuon: Il caso Scalzone non esister per lui (per De Michelis, n.d.a.), ma
per la Democrazia Cristiana esiste. A sua volta, Nicola Mancino, territo356
SANDRO PERTINI
rialmente e politicamente vicinissimo a De Mita, presentava una interrogazione al governo commentando: Affermare che il caso non esiste, pu
al di l delle stesse intenzioni di Craxi, apparire una provocazione. Nella
sostanza il caso si sgonfiava il 1 febbraio quando De Michelis, dopo un
incontro tra Pertini e Giovanni Sapdolini, prendeva carta e penna e inviava
al Quirinale una bella lettera di scuse. La soluzione era stata sollecitata proprio da Spadolini il quale aveva chiesto nellincontro con il presidente della
Repubblica un atto pubblico concludendo: Nella storia c il diritto di
sbagliare ma non di difendere lerrore. La parola conclusiva venne posta
da Bettino Craxi che si present in Parlamento per rispondere alle interrogazioni, anche a quelle di Nicola Mancino e del Pci che aveva chiesto se
dopo quellincontro parigino De Michelis possa ritenersi compatibile con
le sue responsabilit e i suoi doveri di ministro: Risponder alla Camera
su una vicenda che io non credevo rappresentasse un caso, ma a quanto
pare mi sono sbagliato visto che lo diventato. A quel punto il governo
era salvo e poteva continuare la sua navigazione verso il referendum sulla
scala mobile, cercando una soluzione che, per, non fu trovata.
Su quella storia che divise profondamente il mondo politico e sindacale, il presidente della Repubblica un ruolo lo gioc. Discreto, perch a
lui non toccava essere parte in causa. E un ruolo lo gioc pure nella riforma
del Concordato supportando le trattative del Governo grazie ai suoi rapporti
amichevoli con Giovanni Paolo II. E a lui che si deve la nuova interpretazione della funzione del Quirinale, pi interventista, pi presente nelle
vicende quotidiane, pi impegnata nel concreto e un po meno nel taglio
dei nastri. Il fatto che Pertini aveva capito prima di altri che nel rapporto
tra il Paese e le Istituzioni qualcosa si stava rompendo, che cerano troppe
crepe e che bisognava in qualche modo ripararle. Sentiva, ad esempio, che
le giovani generazioni si stavano allontanando, perci con i suoi viaggi e
con suoi incontri provava a riavvicinarle allo Stato. Il terrorismo aveva avvelenato il clima del Paese; i nuovi fermenti economici che venivano dalla
Gran Bretagna e dallAmerica stavano portando novit in quel momento
poco comprensibili; come un fiume carsico si agitavano forze, allora di minoranza, come la Lega, portatrici di una predicazione che portava il Paese
alla frantumazione, a una irreparabile divisione tra Nord e Sud, non pi
solo economica, ma culturale e, possibilmente, istituzionale. E luomo che
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in una canzone sanremese fu definito da Toto Cutugno un partigiano presidente, non poteva accettare che lItalia andasse avanti guardando continuamente indietro.
Lo aveva detto nel 1978 in un discorso ai lavoratori genovesi: Questa Repubblica non ancora perfetta, molte cose devono essere fatte, molte
riforme devono essere fatte, non vi dubbio su questo punto. Per non dimenticate questo, che questa Repubblica non ci stata donata su un piatto
dargento da qualcuno... E questa Repubblica noi abbiamo il dovere di difenderla perch difendiamo una cosa che nostra... Io non apprezzo coloro
che dicono n con le Brigate Rosse n contro le Brigate Rosse. No, no, non
una posizione coraggiosa. Perch questo ritornello noi lo sentimmo nella
nostra giovinezza, quando qualcuno diceva: n con gli antifascisti, n con
il fascismo, ed ha finito per adeguarsi poi alla situazione che per ventanni
ha dominato il nostro Paese. Non poteva accettare la divisione, la frattura,
il salto nel vuoto. Cap prima degli altri che la fine della solidariet nazionale, la mancanza di una alternativa di governo faceva precipitare la politica
in una condizione di sostanziale stagnazione. Di qui la scelta di introdurre
elementi di movimento attraverso lalternanza: diede i primi incarichi a
Ugo La Malfa e a Craxi, tentativi che non furono coronati da successo.
Prima che venisse dato lincarico al leader socialista nel 1979, Carniti e
Lama si avventurarono in private scommesse sulla scelta presidenziale.
Puntarono su Piccoli e rimasero spiazzati quando arriv lannuncio del Quirinale. Rimase spiazzato anche Craxi che si present in jeans venendo rispedito al Raphael per abbigliarsi in maniera pi consona. Ci riprov con
Giovanni Spadolini (tentativo appoggiato dalla Uil con convinzione) e ancora con Craxi e le cose andarono diversamente anche perch i risultati
elettorali avevano creato condizioni nuove, seppur minime.
Insomma, non aveva problemi a spiazzare partiti abituati a giocare
con regole vecchie e in molti casi logore, tanto logore da non consentire
l'apprezzamento delle novit che quelle decisioni puntavano a valorizzare.
L'incarico a Ugo La Malfa, un Padre della Patria Repubblicana, fu accolto
con indifferenza e scetticismo, un po' da tutti, anche nell'ambiente sindacale
visto che solo la Uil lo sostenne con convinzione scorgendo nella cosa un
segno di rinnovamento, mentre la Cgil, Confederazione che il leader repubblicano guardava con attenzione particolare e grande rispetto, si tenne
358
SANDRO PERTINI
decisamente in disparte. La scelta di Craxi, invece, scaten paure quasi ancestrali. Soprattutto nella Dc che aveva inutilmente indicato Flaminio Piccoli e guardava il segretario socialista come il fumo negli occhi. Tanto
vero che la segreteria Zaccagnini prima si impegn a sbarrarne il cammino
e poi cerc di metterlo in un angolo con Filippo Maria Pandolfi, presidente
incaricato, che concord con tutti la lista dei ministri ma non con il segretario socialista che, ovviamente, si prese la rivincita ponendo un veto sulla
nascita del nuovo governo e favorendo, al contrario, il successivo tentativo
di Francesco Cossiga (in quel passaggio nacque il rapporto privilegiato tra
Craxi e il futuro presidente della Repubblica).
stato lintuito il grande strumento di Pertini, pi uomo dazione
(il vecchio partigiano) che di elaborazione. Non era un politico raffinatissimo, come Pietro Nenni, n un politico-intellettuale come Riccardo Lombardi (li univa una cordiale inimicizia con Lombardi che lo definitiva
ingenerosamente: Cuor di leone, cervello di gallina). Ma sapeva vivere
in sintonia con lanima pi profonda del Paese, capiva al volo come pulsava
il cuore dellItalia e se coglieva sintomi di aritmia, provava a intervenire a
suo modo. Un modo che port gli italiani ad amarlo come mai avevano
amato un Presidente della Repubblica (e come, probabilmente, nessun altro
hanno amato dopo di lui, nonostante siano emerse successivamente figure
popolari come Ciampi e Napolitano). Era sentito dai suoi connazionali
uguale, non diverso come gli altri frequentatori del Palazzo pasoliniano.
Parlava in maniera semplice, il suo obiettivo era farsi non solo ascoltare da
tutti, ma anche capire da tutti. Incontrava gli operai dellItalsider di Savona
e diceva: Pi volte ascoltando gli oratori mi sono sentito chiamare compagno Sandro. Ed precisamente il compagno Sandro che parla alla classe
lavoratrice savonese. Era luomo delle ire improvvise e dei gesti non calcolati. Quando riport a Roma la salma di Enrico Berlinguer volle far capire
che quello non era il lutto di alcuni ma un lutto del Paese, che si poteva essere politicamente diversi ma che non si poteva essere politicamente nemici
perch in una democrazia tutte le idee sono rispettabili a parte quelle che
sono in contrasto con i principi di libert.
La sua presidenza della Repubblica ha attraversato momenti drammatici, momenti in cui il Paese si sarebbe potuto spezzare. Gli Anni di
Piombo, la strage di Bologna, il terremoto dellIrpinia. Lui cera sempre,
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con la sua pipa, quel suo parlare schietto e senza veli: Noi tutti speravamo
in unItalia pi giusta, noi speravamo che veramente la classe lavoratrice
si potesse avviare verso una giustizia sociale e verso una maggiore libert.
E questo, bisogna riconoscerlo, avvenuto. Non per nulla larticolo 1 della
Costituzione recita: LItalia una Repubblica democratica fondata sul lavoro, sul lavoro non sul privilegio, ma sul lavoro. Il compagno Sandro
ha fatto sognare un Paese come i ventidue calciatori che in Spagna arrivarono sconfitti e tornarono con la Coppa del Mondo tra le mani. Sullaereo
presidenziale, giocando a scopone, con Franco Causio che veniva continuamente investito dallira di Pertini perch sbagliava sistematicamente la carta
da deporre sul tavolino. Aveva interpretato la gioia del Paese, mentre intorno,
SANDRO PERTINI
SANDRO PERTINI
RICORDANDO BRUNO
Insieme, se non si vince si perde meno...
RICORDANDO BRUNO
Bruno Trentin era arrivato in porto, con qualche difficolt, seguendo una
rotta non sempre lineare, con un certo ritardo rispetto ai tempi previsti. Ma
quell'investitura, sostanzialmente all'unanimit, con quel voto di 185 compagni pronti a consegnargli una Confederazione bisognosa di ritrovare una
vecchia, gloriosa identit, non poteva essere in alcun modo considerata
come un accidente del destino. Era, al contrario, il completamento del suo
destino.
Aveva un grande fascino, Bruno Trentin. Il fascino di un uomo raffinato e colto, riservato, consapevole delle sue qualit ma allo stesso tempo
umile. In quella frase, pronunciata alla fine di un discorso non particolarmente lungo (lui che, invece, amava le costruzioni ampie, didattiche, da argomentatore come lui stesso si definiva), c'era tutta la sua storia. Il ricordo
di chi era stato e, allo stesso tempo, l'annuncio di ci che sarebbe stato. Passava, nella sua mente, quello slogan dell'Autunno Caldo: uniti si vince. Non
era sempre stato cos, nei diciannove anni successivi. Anche uniti non si
era sempre vinto, anzi a volte si era perso, clamorosamente. Ma senza alternative plausibili. Perch, come diceva, in quella sera che dolcemente declinava verso l'inverno, uniti si pu perdere meno, ma divisi si perde
sempre. E si perde tutto. Con grande onest intellettuale, quella sera Trentin
spieg gli errori, suoi e degli altri, senza rincorrere alibi, senza nascondersi.
La storia della scala mobile era ormai vecchia di quattro anni. Ma bruciava.
Soprattutto sulla sua pelle. Perch con una certa sofferenza personale aveva
sostenuto la linea della contrapposizione irriducibile, proprio lui che non
amava le battaglie disperate, che invitava a lasciare sempre una via di fuga
alla controparte, che diceva di essere un sindacalista e non un giocatore
d'azzardo, che non amava le azioni di lotta che mettevano in pericolo le
persone e gli impianti.
Quattro anni dopo disse, probabilmente, quello che avrebbe voluto
dire quattro anni prima e che la partita di una successione ancora tutta da
giocare gli aveva impedito di dire, obbligandolo a una fedelt acritica che
non era nel suo dna, nel dna non di un eretico, ma di un diverso. E la diversit, a livello di vertice, nella Cgil, non era un fatto insolito. Lui veniva dal
Partito d'Azione, da una storia, anche familiare, in qualche maniera lontana
da quella dell'ortodossia comunista. In fondo, non era di nascita comunista
nemmeno Di Vittorio; non lo era nemmeno Lama, forse per questo, quando
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RICORDANDO BRUNO
gli si chiedeva perch mai avesse deciso di iscriversi al Pci, un po' laconicamente rispondeva: Perch il partito dei lavoratori. Una risposta
troppo elementare per una intelligenza come la sua, naturalmente complessa. Quattro anni dopo, quella complessit anim un discorso che era figlio naturale della sua elaborazione intellettuale. Fatta anche di dubbi, quei
dubbi che a Pierre Carniti, ad esempio, non piacevano troppo, apparendogli
a volte tentennamenti.
Disse a quella platea che era la stessa di quattro anni prima: Come
non riconoscere che il nostro stato per molti, troppi anni, l'alternarsi di
un massimalismo difensivo e conservatore - la scala mobile non si tocca, la
demonizzazione della flessibilit del lavoro, la retorica dell'egualitarismo tutti gli slogan unitariamente gridati nelle piazze mentre tutto cambiava di
fronte alla nostra impotenza nei luoghi di lavoro e di un pragmatismo ormai
senza linee-guida, senza principi rivisitati e convalidati. Come negare che
abbiamo dato tante, troppe volte, lo spettacolo di un divorzio incomprensibile per i lavoratori tra una demagogia dei proclami e l'opportunismo spicciolo dell'azione di tutela e di contrapposizione.
Ritornava quella sera un ricordo di tanti anni prima. Un ricordo che
aveva gi sollecitato il pentimento di Giorgio Benvenuto, quando la questione non della scala mobile ma pi complessiva di un governo reale della
politica dei redditi era sfuggita di mano proprio a causa della demagogia
dei proclami e dell'opportunismo dell'azione di tutela. Diceva Trentin: Scusatemi questo ricordo che ancora mi scotta: l'assemblea unitaria di Montecatini rester nella storia minore del sindacalismo italiano come il
momento in cui si sprigion unitariamente un'orgia di massimalismo rivendicativo, fragoroso quanto impotente e come l'atto che precedette la ritirata scomposta del movimento sindacale verso le battaglie sulla scala
mobile. Lasciando cos sgombro per molti anni il fronte vero delle ristrutturazioni, delle riconversioni, del decentramento dei diritti e delle speranze
delle lavoratrici e dei lavoratori in carne e ossa. Perch il problema era
stato proprio quello: uno scontro titanico intorno a un totem, mentre tutto
cominciava a cambiare quasi senza che i sindacati ne avessero consapevolezza, distratti com'erano da un problema che era solo un piccolo pezzo dell'universo, non l'universo. Continuava Trentin: Emblematica stata senza
alcun dubbio ed ancora una ferita che ci portiamo dentro tutti - la vicenda
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RICORDANDO BRUNO
sette anni; non era presenzialista, non si concedeva troppo nelle interviste
finendo per avere un unico vero "confessore", Bruno Ugolini de l'Unit;
sicuramente un po' snob negli atteggiamenti e nelle passioni. Lama, al contrario, era un estroverso romagnolo, appassionato di calcio. Lui appariva,
ma in realt non era, un intellettuale chiuso e ombroso (certo permaloso),
il calcio, poi, lo detestava profondamente. Al ministero del lavoro, a via
Flavia, durante le lunghe trattative dell'Autunno Caldo, avevano organizzato uno stanzone con una televisione. E l si ritrovavano, sindacalisti e imprenditori, tutti appassionati di football. Le urla si alzavano possenti quando
c'erano le partite. In fondo alla sala, le spalle voltate alla televisione, Trentin
leggeva il giornale. Non era ostentazione (o forse in parte anche lo era) ma
proprio non riusciva a capire perch mai la gente si agitasse tanto per un
pallone preso a pedate. Nel '66, durante i Mondiali, pronostic, forse in
un'ottica al contrario scaramantica, la sconfitta dell'Italia contro la Corea
del Nord. A risultato consumato, gli chiesero come avesse fatto a prevedere
una cosa del genere, cos fuori da ogni plausibile previsione. Rispose: Perch i popoli vanno educati. Scherzava, ovviamente.
Perch poi gli era stata ritagliata questa immagine seriosa che non
corrispondeva completamente alla realt. Aveva un tratto ironico, anche
goliardico che veniva periodicamente a galla. All'ufficio studi aveva avuto
come un segretario confederale di riferimento un dirigente molto furbo ma
non particolarmente colto. Gli present una relazione con i fogli scompaginati: non aveva n capo n coda ma il segretario in questione la lesse sino
alla fine, senza battere ciglio. A Felice Mortillaro aveva attribuito un soprannome: Lotta Continua perch non si arrendeva mai (Ottaviano Del
Turco aveva, invece, puntato su una definizione radiofonico-calcistica:
Tutto il Medioevo minuto per minuto) ma in occasione di una trattativa (insieme ai suoi soliti "compagni di viaggio" della Flm, Benvenuto e Bentivogli) lo fece arrendere con uno stratagemma. Era il 1976 e si discuteva
faticosamente del rinnovo del contratto dei metalmeccanici. I sindacalisti
volevano chiudere entro il 1 maggio. Ma c'erano due ostacoli insormontabili: l'accordo del 1975 sul punto unico di contingenza e Felice Mortillaro.
L'accordo sul punto unico aveva come corollario un impegno: gli aumenti
salariali dovevano essere pagati come EDR, cio elemento distinto della
retribuzione, non dovevano avere ricadute sulle altre voci della busta-paga.
371
RICORDANDO BRUNO
Trentin cap e da quel momento anche lui smise di leggere mentre gli altri
parlavano.
Quella sua borsa dilatata come una fisarmonica si trasformata
quasi in un simbolo del sindacato. Leggeva molto, al contrario di Lama che
non si attardava troppo nell' analisi dei giornali. E quella consuetudine di
muoversi praticamente con un archivio la trasmise anche ad altri, ad
esempio, a Giorgio Benvenuto. I loro rapporti erano nati intorno al 1964,
nei metalmeccanici. Benvenuto aveva ventisette anni, era un giovanissimo
dirigente della Uil spedito nella categoria a farsi le ossa; Trentin ne aveva
trentotto. E in un ambiente in cui i vincoli di solidariet finivano per essere
molto forti, si era instaurato un rapporto quasi fraterno, tra fratello maggiore
e minore. In quegli anni il sindacato, che stava crescendo, ancora non era
fortissimo e spesso le assemblee non particolarmente affollate. Cera la
consuetudine che quanto uno dei tre segretari parlava, gli altri due si sistemavano fra il pubblico anche per far numero. Daltro canto, come ha raccontato Claudio Signorile, a volte, soprattutto al Sud, non cerano differenze
tra sedi sindacali e sedi politiche: le stesse stanze servivano per gli uni e
per gli altri. Una contiguit che a volte favoriva anche la contaminazione
delle idee. Poi i metalmeccanici divennero forti, le assemblee affollatissime
e lunit sempre pi solida. Quando decisero di dare una casa alla Flm,
si ritrovarono a dover scegliere tra due soluzioni a Roma: una allOstiense
e una a Corso Trieste. La prima era infinitamente meno costosa della seconda. Ma Trentin cap che qualcosa non andava e ne sconsigli lacquisto.
Fin con una indagine giudiziaria e con larresto di colui che aveva proposto
l'acquisto del palazzo. Quella sede in Corso Trieste scaten lira polemica
di Rinaldo Scheda che accus i colleghi metalmeccanici di aver buttato via
i quattrini invece di distribuirli agli operai. La risposta di Trentin fu altrettanto polemica e forte (negli anni del compromesso storico, d'altro canto,
Scheda che aveva svolto l'introduzione a un vertice unitario, si vide "respingere" da Carniti in maniera decisamente liquidatoria: "Abbiamo ascoltato la relazione. La rigettiamo"). Era il periodo in cui Benvenuto era finito
nel mirino della Confederazione a causa delle sue spinte unitarie e la Uilm
(che non a caso aveva predisposto il presidio delle sedi) rischiava il commissariamento. Ma quel palazzo andava diviso in quote fra le tre sigle.
Se ti commissariano, lo perdiamo, gli disse Trentin. Ci voleva una solu374
RICORDANDO BRUNO
infiniti e sfibranti sulle alleanze. E poi erano diversi i vincoli, era diverso
il tessuto relazionale. In quel sindacato, i rapporti andavano oltre la contiguit temporanea, si finiva per essere realmente amici, anche nella tempesta. Ci si scontrava ferocemente ma poi ci si prendeva in giro. Il linguaggio
era diverso, sebbene a volte il sindacalese apparisse una lingua proveniente da Marte. Con i suoi modi gentili, ovattati, Trentin era in grado di
convincere gli interlocutori e se Lama aveva con lavvocato Agnelli quasi
un rapporto di amichevole complicit, Trentin era capace con il suo garbo
e la sua raffinatezza intellettuale di circuirlo in qualche maniera per ottenere un successo sindacale. Bruno Visentini che era stato grande amico
del padre, lo trattava praticamente come un figlio. Al di l degli aspetti contingenti, anche questo tessuto di relazioni ha reso forte lunit della Flm.
La vicenda della scala mobile rappresent una frattura politica ma
non mise in discussione il tessuto umano che cera dietro quei rapporti di
solidariet, non scav baratri incolmabili. Nel sindacato i legami sono stati
sempre pi forti di quelli che si creano nel mondo della politica. Il 10 aprile
del 1965, Fernando Santi, ad esempio, cos rispondeva a un giovane dirigente sindacale della Uil, Giorgio Benvenuto, che gli aveva rivolto un commosso saluto nel momento in cui aveva lasciato la Cgil per dedicarsi
allattivit parlamentare: Sindacalista come sei, hai compreso quanto il
distacco dal sindacato abbia costituito per me un momento, come tu dici,
amaro e doloroso. La mia pena allietata dalla speranza che qualcosa lascio al movimento sindacale come esempio di disinteresse e di lealt nei
confronti della causa che ci comune. In questo solco di rapporti solidali
si inser anche il confronto sulla scala mobile che distribu, come spesso
capita nella vita, torti e ragioni; produsse momenti polemici; ma non intacc
le radici di relazioni individuali che il tempo, la frequentazione, le battaglie
avevano stratificato un po come ere geologiche. In tutti era forte la consapevolezza che i momenti di divisione sono temporanei ma alla fine ci che
unisce resiste nel tempo, va oltre le stesse vite. In quella relazione di Trentin
si intravedeva questa consapevolezza. E guardando dentro la sua Confederazione, diceva con forte spirito autocritico: La cosa pi grave nella Cgil
che non ci siamo divisi, allora, sulla riforma del salario e della scala mobile. N, successivamente, sui patetici tentativi - possiamo ormai chiamarli
cos - di recuperare a posteriori i punti tagliati, sottovalutando lenorme
376
RICORDANDO BRUNO
portata che ebbe invece la modifica del decreto sulla scala mobile che cancellava un sistema di contrattazione determinando un cambiamento epocale e una regressione forse irrimediabile del sistema delle relazioni
industriali. Ci siamo invece divisi, volenti o nolenti, su una logica di schieramento determinata dal rapporto con altre organizzazioni o sulle valutazioni rispetto alla politica del governo. Si avvia da l - e ne portiamo tutti
pesanti responsabilit - un processo che vede affermarsi sempre di pi,
anche al nostro interno, quella politica degli schieramenti che noi spesso
additiamo come il limite dei partiti italiani. Una politica degli schieramenti
che si sgancia dalla ricerca dei contenuti, dalla cultura sindacale, dalla
ricognizione delle trasformazioni e dei problemi inediti che esse pongono.
Si avvia da l un processo in cui le culture sindacali lasciano sempre di pi
il posto a ideologie di organizzazione o di gruppo, ideologie intese come
scatole vuote che si possono riempire con qualsiasi contenuto.
Spiegava i problemi della Cgil ma non solo della Cgil: Una crisi
come quella del sindacato prima di tutto crisi di contenuti e di cultura.
Sono il primato di organizzazione, il bisogno di autolegittimazione dei
gruppi dirigenti o del gruppo in genere che si ritrovano allinterno di una
grande organizzazione di massa a dettare le linee di condotta e non la ricerca in mare aperto, lassillo e la proposta capace di costruire consenso.
Io penso che proprio in questo contesto venuto maturando non soltanto
il vuoto di proposta ma un vero e proprio imbarbarimento culturale della
vita sindacale, un pressappochismo crescente che ha finito per indebolire
e mettere in questione le stesse capacit professionali del sindacato nellorganizzazione del nuovo. Si sentiva libero, Trentin, come ai tempi della
Flm quando poteva pensare con la sua testa senza sentirsi condizionato da
situazioni esterne. Il Pci berlingueriano lo obbligava a un atto di fede lontano dal suo modo di essere.
E poi quella competizione con Garavini, con quel concorrente alla
segreteria che come lui aveva alle spalle una storia tortuosa. Luscita tumultuosa nel 1948 dal Psi dopo un litigio furibondo con Sandro Pertini.
Quelle sue origini familiari (la ricchezza, il padre imprenditore) che in un
consiglio generale del 1975 con estrema crudezza aveva evocato Rinaldo
Scheda ricordandogli la sua origine sociale non propriamente operaia.
Un carattere spigoloso, che da grande amico e sostenitore di Luciano Lama
377
RICORDANDO BRUNO
stra capacit di guardarli in faccia senza infingimenti e senza ipocrite rimozioni. Ero e sono convinto di aver avuto delle buone ragioni per preferire
la firma di un brutto accordo a una crisi devastante del movimento sindacale che lo avrebbe trasformato nel capro espiatorio di una bancarotta politica e finanziaria che incombe tuttora sulle pubbliche istituzioni. Una
scelta ispirata da quella sensibilit unitaria (fortissima, forse anche pi forte
di quella che animava Lama) che non si era mai appannata, nemmeno otto
anni prima quando pure si era "dissociato". E ancora: Ho avvertito che la
Cgil poteva essere il comodo capro espiatorio di responsabilit altrui. Ho
pensato quindi che una crisi di questa natura in agosto, senza fra laltro
che i lavoratori potessero far sentire almeno le loro ragioni avrebbe avuto
conseguenze disastrose per il paese e per il sindacato.
Tornavano a galla i concetti e le problematiche che erano emerse
gi otto anni prima: il sindacato come soggetto politico, lautonomia, la capacit di incidere sulle scelte macroeconomiche. Affermava ancora Trentin:
Per un sindacato soggetto politico come vuole essere la Cgil dichiararsi
riformatore vuol dire scegliere di verificare fra la gente la propria utilit
come sindacato generale, attraverso la realizzazione di riforme molto concrete, nel lavoro, nelleconomia, nelle istituzioni... Allora la crisi economica
e finanziaria, per quanto originata da altri affare nostro, non affare
loro. Ed affare nostro perch dobbiamo dimostrare di fare la nostra parte
per scongiurarne laggravamento e per aggredire le cause che lhanno provocata. Le due cose sono inseparabili agli occhi della gente e in primo
luogo dei lavoratori. Si era ritrovato nella stessa situazione di Lama ma
con margini di manovra pi ampi. Spiegava: Ho chiaramente avvertito
nelle ore tormentate che precedettero lultimo incontro con il governo, il
31 luglio scorso, che una divisione dei sindacati sulla firma del protocollo
avrebbe determinato conseguenze catastrofiche e durevoli non solo per i
sindacati stessi ma per il potere contrattuale dei lavoratori e nei rapporti
tra lavoratori e sindacati. Ma la sua non era stata una scelta obbligata,
forzata: Non cera il pericolo di un accordo separato. Il governo non aveva
la forza di imporlo e gli altri sindacati dichiararono di escluderlo. Ma cera
il pericolo, questo s, di una manovra politica che, al di l delle intenzioni
di ognuno, portava allisolamento della Cgil, confondendo questo isolamento con le implicazioni economiche e politiche del mancato accordo.
379
Chiudeva con un riferimento a un tema classico del dibattito sindacale: La prova dellautonomia non mai vinta una volta per tutte. E ad
ogni fase di trasformazione e di mutamento della societ essa si ripropone
duramente, magari in termini pi avanzati, pi sofisticati ma sempre duri
e imperiosi. Gli anni nella politica non furono felici, la fusione fredda
che port al Pd non lo convinceva. Lo disse ma invano, in una intervista
che comparve su lUnit l8 giugno del 2006: Io, daltro canto, comprendo perfettamente la preoccupazione di De Mita di non finire almeno
per ora nellInternazionale Socialista. Sono, per, sicuro che De Mita comprender le intenzioni di persone come me di partecipare a questo processo
unitario e nello stesso tempo di morire socialista. Comprendo Chiamparino
quando si dichiara sindaco di tutti e quindi uomo di centro ma credo non
si debba dimenticare che stato eletto sulla base di un programma anche
nazionale che sa distinguere tra operai e banchieri, fra salario, profitto e
rendita. In quel suo desiderio di morire socialista in una societ che ha
abbattuto le ideologie per sostituirle tutte con un pensiero unico e indistinto,
che facilita la vita di chi ha di pi rendendo sempre pi difficile quella di
chi ha di meno, in fondo Trentin era molto meno isolato di quanto lui stesso
potesse immaginare.
380
IDEE A CONFRONTO
Nel cuore della crisi di identit
IDEE A CONFRONTO
Pi in generale si pu ipotizzare che la caduta della partecipazione nelle sue varie forme possibili non sia una tendenza lineare e
irreversibile: essa potr aversi (e potr persino essere favorita) fino a
quando i segni di uno scarso coinvolgimento attivo e di un interessamento eccessivamente limitato dei rappresentanti minacceranno la risorsa fondamentale su cui si fondano le organizzazioni sindacali, e cio
ladesione della base. A quel punto diventer conveniente ai dirigenti
sindacali lasciar nuovo spazio alle istanze decentrate o disperse, ai militanti di base, agli interessi di gruppi o strati occupazionali emergenti.
Oppure si creeranno le condizioni per la nascita di movimenti di protesta, ed eventualmente per lo sviluppo di altre organizzazioni sindacali.
Nelledizione del 2004, cos Ida Regalia, direttore del Dipartimento Studi
del Lavoro e del Welfare della facolt di Scienze Politiche della Statale
di Milano, concludeva la voce dedicata alle organizzazioni sindacali da
Il Dizionario di Politica curato da Norberto Bobbio, Nicola Matteucci
e Gianfranco Pasquino. la sintesi di una crisi di identit dalla quale il
sindacato non ancora uscito. Una crisi pi che cominciata, esplosa nel
1984, con la storia della scala mobile.
Ma se lincendio che divamp fu cos vasto (ben pi ampio della
reale incidenza della manovra sui salari realizzata con quel decreto che,
comunque, prevedeva anche misure di contenimento dei prezzi, delle tariffe e dei canoni di locazione), fu tanto violento da trasformare vecchi
compagni di lotta in nemici acerrimi, se in fabbrica, come accadeva alla
Lebole di Arezzo, i lavoratori aderenti a una sigla si rifiutavano di sedersi
a mensa allo stesso tavolo con i colleghi di unaltra sigla, evidente che
al di l dello scontro sindacale contingente (caricato dallesterno di motivazioni politiche), covavano sotterraneamente e da diverso tempo motivi molto pi seri e concreti di insofferenza. Era, insomma, in atto una
crisi di identit che non stata mai completamente risolta tanto vero
383
che periodicamente il rapporto tra le Confederazioni tornato ad assumere i caratteri di un dialogo tra sordi e solo recentemente le tre sigle
sono riuscite a trovare una intesa sulla rappresentanza, unintesa che probabilmente attenuer i problemi ma non li risolver perch la questione
pi ampia: riguarda il sindacato nella sua forma, nel suo modo di intervenire sui processi attraverso i quali si pu governare levoluzione di
una societ che se gi era multiforme e frammentata nella met degli
anni Ottanta, adesso, con la diffusione di figure come i precari, i lavoratori-poveri, gli esodati, i prepensionati figli di processi di ristrutturazioni
aziendali, settoriali e tecnologiche, la cancellazione di lavori che comportavano competenze medie con il conseguente scivolamento di quegli
occupati verso impieghi sempre meno qualificati e gratificanti, lo ancora di pi con tutto quel che ne consegue tanto dal punto di vista individuale (la tendenza allisolamento, alla ricerca del beneficio personale,
della furba contrattazione individuale anche semmai a discapito di chi ti
accanto) quanto dal punto di vista collettivo (allentamento dei vincoli
di solidariet, rifiuto della partecipazione, sostanziale indifferenza nei
confronti di tutto ci che si richiama al bene comune).
C un dato di quegli anni, di quello scontro che, comunque, lo
rende diverso e gli attribuisce, in qualche maniera, una valenza anche
positiva. Il tempo e la Seconda Repubblica ci hanno abituati a confronti
dialettici in cui linsulto annulla la ricerca di un concetto razionale; le
posizioni sclerotizzate obbligano a muovere, luno contro laltro, eserciti
compatti in cui non sono previste voci pi che dissonanti, pensanti. Pur
nel fuoco di uno scontro politico, sindacale e verbale estremamente acceso, fra i sindacalisti (e tra coloro che di lavoro, lavoratori e sindacati
si occupavano) la fiammella del contributo positivo, dellanalisi che andava oltre il muro della propaganda per provare a incontrare un qualche
barlume di verit, rimase comunque accesa. Pur in quel clima da guerra
dei mondi che mise in discussione antiche e radicate solidariet personali. Poteva capitare che Bruno Trentin in una intervista a lUnit del
15 febbraio dell84, dicesse, a proposito del negoziato e del confronto
tra le posizioni delle diverse sigle: Cera una concezione del sindacato
rigorosamente fondata su obiettivi rivendicativi, autonomamente definiti
e sulla massima democrazia interna. Unaltra privilegiava invece il pri384
IDEE A CONFRONTO
societ, ai nuovi lavori nati nel mondo dellinformatica. Bisogna abbattere molti tab e saper ascoltare la gente. Un sindacato pi indipendente
dai partiti.
Un attento studioso di fenomeni sociali come Paolo Sylos Labini
puntava il dito contro la sclerosi burocratica del sindacato in un dibattito pubblicato da LEspresso: Quando tutto si concentra al vertice, quando i rapporti con la base diventano frammentari e non
organici, si finisce per privilegiare la politica salariale. E poi, come
accaduto in questi giorni, si scopre malamente la democrazia: dopo anni
di verticismo, si cade nel suo esatto rovescio, con una demagogia condannabile. E Sylos Labini continuava sostenendo: Si pongono due
problemi: la riforma del sindacato e ladozione dei metodi adatti a rendere organici i rapporti tra base e vertice. Incalzava: Un quesito fulmineo: visto che si riconosciuto che c un problema di democrazia e
c un problema di applicazione degli articoli 39 e 40 della Costituzione
(il primo sulla registrazione legale dei sindacati, il secondo sulla regolamentazione del diritto di sciopero), siete pronti ad affrontare subito
insieme questo discorso? Di fronte alle perplessit dei sindacati, concludeva: Voi sbagliate ad opporvi al dettato costituzionale: si potrebbe
fare una riforma seria avvalendosi della latitudine di quella norme
anche per accrescere lautonomia del sindacato dai partiti.
Al di l del fatto che i numeri sulla disoccupazione (e peggio ancora quelli sui tassi di occupazione) ci dicono che per troppi italiani ancora oggi larticolo 1 (LItalia una Repubblica Democratica, fondata
sul lavoro) ha il valore di un progetto ideale pi che di un diritto realizzato, buona parte delle norme sul lavoro sono rimaste inattuate: larticolo 46 (ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in
armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il dirito dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi,
alla gestione delle aziende), larticolo 39, appunto, sulla rappresentanza
e lorganizzazione libera e autonoma dei sindacati (Ai sindacati non
pu essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso gli
uffici locali o centrali... I sindacati registrati hanno personalit giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro
iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria
386
IDEE A CONFRONTO
per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce), alla regolamentazione del diritto di sciopero, cio larticolo 40.
Oggi, come allora, il dibattito sulla manutenzione attuativa della Costituzione anche per la parte relativa al lavoro, resta attualissimo a conferma che molti dei temi emersi nel caos del confronto avevano una loro
ragion dessere.
Certo, cera Luciano Barca, responsabile economico del Pci, che
il 3 febbraio dell84, dalle colonne di Rinascita tuonava contro Craxi,
Cisl e Uil (Il sospetto... che il neocorporativismo di Carniti e Benvenuto sia in realt solo una facciata di cui il governo si serve. Sotto c,
una volta indebolito il sindacato, il neocorporativismo di sempre; il neocorporativismo dei mille spezzoni, dei mille intermediari collettivi - con
tangente e senza tangente - delle lottizzazioni, delle lobbies e delle cosche); che reclamava referendum aziendali per il quali non erano state
definite delle regole (Anche se vi sar un accordo siglato al vertice,
prima o dopo una nuova colazione di lavoro, esso non potr essere considerato effettivo, fino a che non sar sancito dalla consultazione effettiva e pi larga possibile dei lavoratori); che si affidava alla piazza per
cambiare il corso della storia (Ci che occorre invece dare a questo
malcontento uno sbocco positivo che non ... lalternativa di Berlinguer, ma un intervento di massa capace di spostare finalmente il terreno stesso della trattativa e del confronto, anche indipendentemente
dallintesa minima disperatamente inseguita in queste ore).
Ma poi, sempre su Rinascita, oltre un mese dopo (il 16 marzo),
interveniva Aris Accornero che in qualche maniera rimetteva a posto alcuni pezzi sulla scacchiera anche replicando a Bruno Trentin (che aveva
detto: Invece di un mutamento genetico della Cgil, di un sindacato cinghia di trasmissione, vi stato nelle vicende di questi mesi, innanzitutto
un tentativo del grande padronato di centralizzare la contrattazione, offrendo alle confederazioni sindacali di cogestire la restaurazione nei rapporti di lavoro esautorando le strutture di base). Il sociologo si poneva
e poneva a interlocutori anonimi una serie di domande altamente retoriche: Cosa fa da anni pi di altri il sindacato italiano, se non confrontarsi
col potere politico sui grandi temi, in qualche modo contrattando, patteggiando, scambiando risultati e conquiste socio-economiche con
387
qualche corrispettivo socio-politico? Oppure si vuol credere e far credere che nessuna ombra di legittimazione, nessun barlume di consenso,
nessuno spiraglio di tregua sono mai venuti ad alcun governo che abbia
discusso o accolto talune istanze del sindacato? ... Cosa si crede che
faccia un sindacato assurto per merito suo o dei lavoratori a soggetto
politico: o per soggetto politico si intende esclusivamente il sindacato
dei consigli, nel senso per che questo non tratta con i governi o che ha
la rara propriet di farlo senza contaminarsi mai e soprattutto senza
scambiare nulla?... Pare che il deterioramento nei rapporti fra sindacato
e lavoratori venga soprattutto dai processi di centralizzazione negoziale
imputabili in particolare allaccordo del 22 gennaio 1983 e al disaccordo del 14 febbraio del 1984: ma si pu onorevolmente sostenere che
la lunga bench informale prassi di incontri e di intese fra sindacato e
governo non abbia configurato gi in passato qualche elemento di centralizzazione? ... E non furono pure loro centralizzati e verticistici laccordo del 1975 sulla scala mobile e quello del 1977 sulle liquidazioni?
... Tutti ripetono con disdegno che il collasso dellunit sindacale non
dipende da pochi punti di scala mobile, cos come ripetono che non la
scala mobile a provocare linflazione. S, certo. Per la scala mobile
centra. Se ne discute da anni, perch cos com sottrae al sindacato
autonomia rivendicativa, autorit salariale, rappresentativit sociale;
e poi appiattisce le retribuzioni e amplifica linflazione, dividendo i lavoratori.
Poi cera la politica e Alfredo Reichlin (30 gennaio 1984) che comunicava: Non sul costo del lavoro o sulla politica economica che si
pu trovare un Pci conciliante o unopposizione morbida. Nellultimo
Comitato Centrale abbiamo definito una linea economica assolutamente
alternativa a quella del pentapartito, per battere le cause vere dellinflazione, tra cui non c il costo del lavoro. In quei giorni lo scambio
diplomatico era ancora fitto tanto vero che a casa di Ottaviano Del
Turco dodici giorni prima cera stata una cena a cui avevano partecipato
Lama, Reichlin, Napolitano, Chiaromonte e De Michelis: De Michelis
voleva informarci delle posizioni del governo: ho risposto che per noi
si tratta di uno scambio inuguale. Poi abbiamo parlato daltro.
Molti dei problemi di allora non hanno trovato risposta e hanno
388
IDEE A CONFRONTO
stabilit. La crisi aperta con il decreto di San Valentino provoc nel sindacato unonda lunga che port al ricambio dei gruppi dirigenti. Le personalit sono figlie delle fasi storiche e di determinate fasi storiche certe
personalit sono la diretta conseguenza. Luscita di scena prima di Carniti e poi di Lama non hanno ridotto le difficolt, le hanno accresciute.
Non si tratta di un giudizio sulle persone, ma di un giudizio sulle situazioni. Se quella vicenda avesse avuto una fase di decantazione pi lunga
con gli stessi protagonisti, forse il sindacato sarebbe riuscito a ricreare
condizioni pi solide per stare insieme. Il rischio generazionale, daltro
canto, in quei giorni era stato paventato da Gino Giugni in un intervento
su la Repubblica. Era il 14 marzo dell84, quando Giugni scriveva:
La constatazione del perdurare di una cultura unitaria non consolatoria; pu essere lultima zattera, ma forse, pi realisticamente una
complicazione: perch sta ad indicare che la base del sindacato (anzi:
dei sindacati) non preparata allesperienza pluralista; non ne conosce
le regole; non riuscir probabilmente a far proprie e ad interiorizzare
le distinzioni, come fattori che incidono sulla vita e sui rapporti di tutti
i giorni. Lunit che precedette la scissione del 48 era durata quattro
anni. La fase unitaria del nostro tempo, quasi una generazione. Ed il
gap culturale sarebbe presto colmato se, come allora, la rottura fosse
avvenuta sul piano dei grandi principi. Ma cos non ... Se la scintilla
stata la contingenza, e chi lha prodotta stata certamente lintransigenza del Pci, esistevano tutte le condizioni perch il fuoco divampasse.
Levento che si prodotto lesito di un processo di disfacimento culturale, che ha inaridito le capacit creative rivelate dal sindacato negli
anni di splendore e ne ha spaccato il tessuto umano in tre strati: un vertice recettivo ai temi delle compatibilit e disponibile alla politica dei
redditi e delle grandi intese, ma chiuso in se stesso; una rete immensa
di quadri intermedi, dai funzionari ai delegati, in prevalenza persuasi e
persuasori, del contrario, mai per oggetti, essi stessi, di unopera sistematica di persuasione; una base che, investita, nel bene e nel male,
delle grandi trasformazioni in atto avrebbe voluto ascoltare nuovi linguaggi; ma si accorgeva che i suoi rappresentanti parlavano lingue
morte.
Nonostante i toni accesi, cera il bisogno di capire. E ci prova390
IDEE A CONFRONTO
IDEE A CONFRONTO
di ridurre a unit questa complessit porta solo alla sconfitta. Se lobiettivo non pi quello dellannientamento del capitalismo (ma quello della
sua tosatura, come diceva Palme), allora bisogna percorrere strade nuove
come quella della compartecipazione. E bisogna tornare a contrattare,
riscoprendo i livelli decentrati perch Palazzo Chigi un luogo anche
architettonicamente affascinante, ma lItalia non si esaurisce dentro
quelle quattro mura, ancorch di gran pregio artistico.
394
Era accaduto, infatti, che Marco Pannella, allepoca massimo stratega referendario, con due grandi successi alle spalle (ma anche qualche
insuccesso), incontrando il premier, fosse riuscito a convincerlo che non vi
erano altre strade per evitare una sconfitta che a tutti appariva scritta nella
roccia con il bulino dellantipatia popolare contro un provvedimento che,
come si dice spesso oggi ma si diceva molto meno allora, metteva le mani
in tasca alla gente. In una lettera aperta del 10 aprile 1985 il leader radicale rendeva pubblica questa posizione invitando i partiti da un lato a non
sottovalutare il grave danno conseguente al tentativo di impedire la tenuta
dei referendum regolarmente richiesti e convalidati dalla Corte Costituzionale con espedienti legislativi, dallaltro a prendere atto che assolutamente impossibile non vincere la prova referendaria facendo ricorso
allipotesi - politica oltrech numerica prevista dallart. 75 della Costituzione - del rifiuto del voto di oltre il 50% degli aventi diritto, mentre sarebbe
pressoch impossibile vincerla percorrendo la strada del no. Infatti nel
primo caso si tratta di aggiungere al massimo un 25 % (ma in realt molto
meno) di astensioni dal voto spontaneo. Nellaltro si tratta di rinunciare a
fare pesare come disinteressate o ostili al referendum tutte le persone che
non si recheranno a votare, per andare a confrontarsi, invece con la totalit
di coloro che sono invece favorevoli.
Benvenuto (e anche Franco Marini), invece, la pensava diversamente e lo disse tanto a Craxi quanto a Carniti: La sconfitta quasi certa
ma non possiamo pensare di vincere con lastuzia. Non si trattava di un
ingenuo moto di fiducia nei confronti della maturit dellelettorato perch
in quel momento i segnali erano tutti contrari. Era una questione di chiarezza: era stato fatto un negoziato, era stato raggiunto un accordo, quellaccordo aveva trovato forma in un decreto che aveva evitato in qualche
maniera di dare un carattere ufficiale alla rottura sindacale (le firme su un
pezzo di carta), bisognava comportarsi di conseguenza di fronte agli italiani,
assumersi tutte le responsabilit che la vicenda imponeva.
Gli spazi erano pi che ridotti, erano inesistenti. Almeno tali apparivano. Anche allepoca i sondaggisti sbagliavano le previsioni un po come
i meteorologi. A pochi giorni dal voto, nelle segreterie circolavano numeri
che non lasciavano dubbi sullesito della consultazione, in alcuni casi si
parlava di un ottanta per cento a favore della cancellazione del decreto. Il
399
Carlo Tognoli, il sindaco di Milano, con prontezza di riflessi, evit che una
di queste biglie (avvolta in una palla di carta) colpisse Benvenuto. Molto
peggio and al segretario regionale della Uil, Loris Zaffra (un bullone in
testa) e al segretario provinciale della stessa confederazione, Amedeo Giuliani (un oggetto nellocchio sinistro). Deliranti le reazioni dei contestatori.
Dp scrisse in una nota: Di rilevante dimensione stata la contestazione
della piazza verso Giorgio Benvenuto, il cui ruolo nel famigerato accordo
del 14 febbraio non stato dimenticato da nessuno. I comunisti rivoluzionari, a loro volta, quasi riecheggiando certi volantini brigatisti, aggiunsero con orgoglio (anchesso, evidentemente, rivoluzionario):
Rivendichiamo la partecipazione, peraltro insieme alla maggioranza della
piazza, alla contestazione a Benvenuto. Tognoli parl senza mezzi ternmini di gruppi di provocatori bene e preventivamente organizzati.
Chiese le scuse ufficiali ai comunisti locali ma la richiesta cadde nel vuoto.
Il segretario della Uil, invece, in una conferenza stampa si limit a dire:
Quanto accaduto oggi non pu essere strumentalizzato dagli oppositori
del progetto Visentini, dai falchi della Confindustria e dalla Confcommercio... La contestazione era diretta contro laccordo del 14 febbraio sulla
scala mobile. Una intesa che sta dando i suoi frutti sul piano dellabbassamento dellinflazione e della ripresa delleconomia. Diverso, molto diverso rispetto a quello degli allievi di Mario Capanna, fu latteggiamento
di Luciano Lama: assolutamente deplorevole che in una giornata costata tanto lavoro e tanta fatica alle forze unitarie del sindacato, sia stato
impedito di parlare a un segretario nazionale... Chi si comporta cos lavora
per la causa opposta a quella per cui hanno manifestato oggi i lavoratori.
I risultati milanesi del referendum scardinarono probabilmente le
certezze di quella minoranza rumorosa e aggressiva, dotata di buona mira
ma di scarso intelletto: non erano i depositari di un sentire diffuso, avevano
semplicemente confuso lautoreferenzialit ottusa con la rappresentativit.
La migliore risposta a certi abbagli politici e storici forse nel pacato racconto di Lama: Il vertice del Pci era convinto di vincere il referendum
sulla scala mobile. E anche attraverso questa strada, pensava di riacquistare una forte influenza sulla politica nazionale. Se avessimo vinto il referendum, il Pci avrebbe potuto dire al governo Craxi, ai socialisti, alla
Dc: vedete, voi avete preso delle decisioni, ma il vostro decisionismo non
402
loro passi, capiranno che hanno preso una strada che le porta alla sconfitta.
Quello di piazza del Duomo, fu uno degli episodi che avvelen la
lunga marcia verso la catarsi del referendum. Non lunico, purtroppo nemmeno il pi tragico. Perch quelli erano ancora Anni di Piombo, anni in cui
fra sparutissime minoranze albergava lidea che si potesse mestare nel torbido delle problematiche sociali per realizzare un humus rivoluzionario.
Logiche fuori dalla ragione e dentro una idea di guerra di popolo senza,
per, il popolo, schierato, fortunatamente, da unaltra parte.
Ezio Tarantelli era un giovane e brillante economista, di idee e formazione culturale progressiste. Collaborava con Pierre Carniti, aveva ottimi
rapporti con Walter Galbusera e Giorgio Benvenuto, votava comunista pur
non condividendo tutte le posizioni di quel partito. Era perfettamente dentro
quella Cisl fatta, in buona parte, di cani sciolti alla Carniti, gente che immaginava che dal sociale potesse nascere una sinistra di governo, senza
compromessi, senza cedimenti ai poteri forti. Una sinistra che sapesse
parlare di compatibilit e di politica dei redditi, di equit ma anche di profitto, di tutele per i pi deboli ma anche di innovazione tecnologica, di orari
di lavoro inseriti in una riorganizzazione strutturale. Alla questione della
scala mobile aveva offerto una soluzione, quella poi adottata da Craxi (che
il giorno dellagguato mortale disse: Uno degli economisti pi aperti alla
sfera del possibile, tra i meno faziosi. Dobbiamo purtroppo constatare che
proprio questa sua scienza, questa sua intelligenza, questa sua generosit
ne hanno segnato la condanna a morte): la predeterminazione. E latteggiamento della Cgil lo aveva disorientato: Il punto che la Cgil ha difficolt ad accettare non la centralizzazione della contrattazione, che
dovrebbe essere normale per un sindacato marxista, ma la categoria dello
scambio politico, almeno fino a quando, purtroppo a mio avviso, il Pci
allopposizione. Ma questo un errore fatale che toglie alla sinistra qualsiasi possibilit di intervenire per la trasformazione sociale del paese.
Aveva messo la sua conoscenza al servizio della politica e del sindacato ma guardava alle cose con atteggiamento distaccato: Io vengo considerato il padre della proposta della predeterminazione ma ci tengo a dire
che non ho alcuna intenzione di essere considerato il padre del decreto.
Poi, per, aggiungeva: Io non avrei certo desiderato che la mia proposta
passasse per decreto. Ma in quale altro modo sarebbe potuta passare? Una
404
Un prevalere del s nel referendum, cio un eventuale esito abrogativo, determinerebbe ancor pi gravi conseguenze economiche, sociali e politiche,
quali loccasione data alla Confindustria per bloccare la contrattazione
collettiva e per disdire la scala mobile; linevitabile accentuazione delle
tensioni inflattive, che pregiudicherebbe il valore reale del risparmio delle
famiglie e la difesa del potere dacquisto, in particolare dei meno abbienti;
il conseguente indebolimento della nostra moneta sul piano internazionale,
con la prospettiva finora mai verificatasi di una caduta dei salari reali,
linevitabile pregiudizio di una pi efficace politica delloccupazione, che
il problema nazionale pi urgente, a partire dal Mezzogiorno. Quel documento venne sottoscritto da studiosi come Luciano Gallino, Carlo DellAringa, Valerio Castronovo, Massimo Severo Giannini, Andrea Manzella,
Federico Mancini, Luciano Cafagna, Francesco Alberoni.
SullAvanti! quattro giorni dopo lagguato, Giorgio Benvenuto
scrisse: La nostra societ non deve fermarsi, ma abbiamo il dovere morale
e politico, tutti, di attenuare i toni di scontro, di tornare a ragionare... Non
centra per nulla il ragionamento che mette in rapporto lotte sociali e
azioni terroristiche. Sono due termini che non confinano: assurdo pensare
che ci sia una contiguit. Se questo fuori discussione come ignorare per
che, in particolare da un anno, laria nelle fabbriche irrespirabile per
colpa di un settarismo che impedisce ogni discussione... Eppure c chi soffia continuamente sul fuoco, nella sinistra, nei luoghi di lavoro e aggiunge
danno a danno, contribuendo a incancrenire tensioni che finiscono con lo
svilire anche manifestazioni unitarie su temi di grande valore come successo a Milano e a Bari sul fisco... Perci il problema dei guasti che un
linguaggio settario e violento, una continua demonizzazione delle idee degli
avversari, una rancorosa intolleranza stanno creando nelle fabbriche, nel
sindacato, nel tessuto sociale del Paese va posto e subito. Pu essere vero
che il referendum sia solo un voto per il s o per il no, come stato
detto, ma occorre vedere su cosa poggia questa vicenda referendaria: se
essa si snodi lungo una tranquilla coscienza democratica o se, invece, essa
approfondisca le lacerazioni sociali e riduca lautonomia, la forza e la proposta del sindacato. Basta dunque con la storiella che col referendum possa
risorgere un sindacato pi forte e pi libero... In questi ultimi cinque anni
praticamente tutti i dirigenti sindacali sono stati fatti oggetto di atti di una
preconcetta contestazione che nulla ha a che vedere con lespressione di
un legittimo dissenso... C un clima terribile nel movimento operaio italiano ed umiliante osservare che quando Amendola lucidamente lo inchiod alle sue prime avvisaglie fu isolato nel suo stesso partito... La nostra
insistenza sul tema del linguaggio e dei comportamenti non va quindi travisata come un elemento di contrapposizione politica. Si compia una riflessione su questo fenomeno, per esempio interrogandosi su quanto tutto
407
questo abbia nuociuto allesperienza di un movimento operaio che gradatamente da forza di progresso generale della societ, ha perso vitalit ed
alleati importanti... intellettuali e forze vive del paese... Tarantelli rimasto,
lo abbiamo sostenuto in molti per dare un contributo di idee svincolato da
calcoli di parte. Ora non c pi, ma giusto dire che non solo la sua lezione pu continuare, ma che dobbiamo ridare alle parole il senso del rispetto reciproco.
Dir Pierre Carniti, venticinque anni dopo, il 26 marzo del 2010, in
occasione di un convegno internazionale su Ezio Tarantelli organizzato
dalla sua facolt di Economia e Commercio alla Sapienza: Purtroppo
un fatto, pi precisamente un misfatto separa come un macigno da venticinque anni le nostre parole ed il suo silenzio. Per la sua morte non ci sono
parole, tranne quelle che speravamo avrebbero pronunciato i giudici nei
confronti degli assassini. O meglio, accaduto tardivamente e solo parzialmente. Lasciando dolorosamente irrisolto il bisogno di verit e giustizia. Per quel che mi riguarda posso solo dire che ai sicari che hanno
compiuto quel crimine orrendo non si potr mai concedere la simulazione
di un significato politico. Non si potr mai stabilire una relazione - sia pure
antagonistica - tra Tarantelli e chi lo ha trucidato. Anche per questo penso
che la solitudine della sua morte vada tutelata. Perch sia ancora pi
chiaro che il pi alto onore della vittima quello di non poter venire mai
accostato, neanche indirettamente, ai suoi carnefici.
Quel referendum fu lungo, troppo lungo. Dur un anno. Un anno
di tensioni, in cui, come aveva scritto Tarantelli (con Giugni e Craveri) il
mondo si era fermato. A volte rumorosamente, in maniera assordante. Come
quando a Bari, Franco Marini sub la stessa sorte di Benvenuto a Milano:
costretto a interrompere il suo intervento a causa dei tumulti esplosi in
piazza in maniera certo non improvvisa n imprevedibile. Lo stesso giorno
in cui la Corte Costituzionale decise che il referendum andava fatto. Era il
7 febbraio. Anni dopo, Franco Marini, in tono un po' divertito (d'altro canto,
il tempo stempera le tensioni e addolcisce i ricordi) ha raccontato quel che
avvenne nel capoluogo pugliese. Ecco il suo ricordo: Mentre stavo parlando a un certo punto spuntarono due, trecento persone che cominciarono
a marciare verso il palco agitando la prima pagina di un giornale.
L'Unit, infatti, era uscita con un titolo a caratteri cubitali: Referen408
dum. Noi sindacalisti alle piazze un po' agitate siamo abituati e poi a Bari
la Cgil era forte ma lo era anche la Cisl. E cos mi interruppi e dissi: Se
volete parlare di referendum, parliamone. A quel punto la piazza cominci
a rumoreggiare. Io continuai a parlare con il commissario di Ps che doveva
gestire l'ordine pubblico che mi diceva di chiudere perch la situazione
stava diventando complicata. Continuai ma quando vidi volare gi dal
palco un dirigente sindacale, decisi che era il momento di smettere. Ricordando quella fase di grandi lacerazioni, l'ex segretario generale della
Cisl aggiunge: Si parlato di rottura eppure gi cinque, sei mesi dopo
San Valentino noi tornammo a fare accordi unitari. Nella Cisl, negli anni
Settanta, ero tra quelli che non ritenevano possibile, a causa dei condizionamenti internazionali e nazionali, l'unit organica. Forse sbagliavo, ma
la pensavo cos. Quei condizionamenti, per, non ci sono pi, la situazione
dei lavoratori diventata estremamente pi difficile e fare il sindacalista
adesso pi complicato, molto pi complicato di allora perch nelle
aziende ritrovi dipendenti con contratto a tempo indeterminato, a tempo
determinato, a partita Iva, ti muovi insomma in una vera e propria giungla
di tipologie contrattuali. Lo dico con grande sincerit: oggi l'unit io la
farei.
Il 12 dicembre, la Corte di Cassazione aveva gi detto che, dal suo
punto di vista non esistevano impedimenti alla chiamata a raccolta del popolo sovrano. Nei confronti del decreto erano state sollevate anche questioni di legittimit costituzionale dagli stessi promotori del referendum.
Se una di quelle eccezioni fosse stata accolta, ufficializzando la tesi che gli
effetti del provvedimento erano cessati il 31 luglio dell84, i punti sarebbero
stati immediatamente recuperati e il referendum sarebbe venuto meno.
In quella sentenza (la numero 35), adottata il 6 febbraio e pubblicata
il 7 (a firma del presidente, Leopoldo Elia e del futuro presidente, Livio
Paladin) si sosteneva che stando cos le cose non giova discutere se gli
effetti giuridici del taglio si siano esauriti allo scadere del semestre febbraio-luglio 1984, lasciando perdurare i soli effetti economici... o se, viceversa, la ridotta operativit del meccanismo della scala mobile continui a
ripresentarsi, in termini giuridicamente rilevanti sulle retribuzioni periodicamente dovute ai lavoratori subordinati. Qualunque sia la risposta,
infatti palese che non pu essere la Corte a fornirla.
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sione del meccanismo della scala mobile, constatando le distanze che esistono fra le ultime posizioni manifestate dalla Cgil e lipotesi da Lei formulata, la delegazione della Cgil chiede al Governo se in condizione di
presentare nuove proposte e di riprendere il confronto nelle prossime ore.
Furono settimane e mesi di contatti, di proposte, di ipotesi. Ad
esempio, quella di una legge concordata tra democristiani e comunisti che
Benvenuto bocci cos sullEspresso il 27 gennaio: Un simile accordo tra
i partiti comporterebbe lemarginazione del sindacato. E oltretutto non capisco latteggiamento schizofrenico della Dc che con Goria invoca il rigore
e con Scotti ipotizza modifiche sostanziali allaccordo anti-inflazione del
14 febbraio 1984. Contemporaneamente Felice Mortillaro, direttore generale della Federmeccanica (un falco, lo si definiva allepoca) faceva
sapere che gli industriali erano interessati solo a una soluzione che comportasse il sostanziale azzeramento della scala mobile: Penso semplicemente che gli industriali e leconomia italiana non possono permettersi
nessun aggravio del costo del lavoro. Una legge simile (quella ipotizzata
da Dc e Pci, n.d.a.) sarebbe inaccettabile. Tutti incontravano tutti. Natta,
segretario del Pci, incontrava Carniti il 18 febbraio, senza cavare un ragno
dal buco. Pensano a un negoziato che sconfessi sostanzialmente laccordo
del 14 febbraio e pensano, con accattivante candore, che questo negoziato
si possa fare con la Cisl, dicevano gli uomini di Pierre Carniti che nelle
riunioni sindacali ribadiva: Lunit sindacale funziona se scontenta tutti i
partiti. Qualche giorno prima, precisamente il 15 febbraio, sempre Natta
aveva visto Benvenuto che alla fine diceva: Natta mi sembrato attento
ai problemi che il referendum solleverebbe. Ha detto di apprezzare la posizione della Cgil e il tentativo della Uil di trovare una soluzione. Ha aggiunto che il Pci appogger un accordo sindacale. Poi aggiungeva:
Senza il Pci non si fa un governo di stampo socialdemocratico europeo.
Allora perch scavare un solco tra i due partiti della sinistra storica?.
Dallaltra parte, Lama vedeva Spadolini e illustrava a Ciriaco De Mita (il
6 febbraio) la proposta della Cgil per far ripartire il negoziato. Una proposta
la lanciava anche Claudio Martelli: una parte del salario totalmente protetta
dalla scala mobile, una seconda tutelata in misura decrescente con il crescere del reddito; restituzione dei quattro punti ma non in busta-paga bens
per finanziare un fondo per loccupazione alimentato per un terzo dallo
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Stato, per un terzo dai lavoratori e per un terzo dalle imprese (una ipotesi
che risentiva molto delle elaborazioni di Carniti). Anche i repubblicani cercavano una via duscita proponendo un salario con una fascia totalmente
protetta ma una scala mobile che sarebbe scattata solo una volta allanno.
Alla fine fu pi un esercizio di stile. Perch mancavano gli uomini giusti e
i tempi altrettanto giusti per evitare il referendum. Enrico Berlinguer, che
aveva lautorevolezza per prendere una decisione coraggiosa, non cera pi.
Nel frattempo, incombevano le elezioni amministrative che per Alessandro
Natta erano il primo banco di prova da segretario.
Alla fine tutti accettarono una sfida che, a parole, nessuno voleva.
Laccett Natta, che pure nutriva qualche perplessit, ma sentiva intorno a
s lottimismo dei militanti, lottimismo di un partito che confidava di bissare il successo dellanno prima allEuropee, sottovalutando leffetto emotivo della scomparsa di un leader molto amato da chi votava per il Pci e
molto stimato anche da chi non votava quel partito o, addirittura, lo avversava (diceva di lui Indro Montanelli, un giornalista che non ha mai coltivato
simpatie di sinistra: Uomo introverso e malinconico, di immacolata onest
e sempre con una coscienza esigente, solitario di abitudini spontanee, pi
turbato che allettato dalla prospettiva del potere, e in perfetta buona fede).
La sfida laccett anche chi sembrava destinato a perderla. Perch alla fine
Benvenuto vinse la sua battaglia convincendo i partiti favorevoli al no a
puntare sulla scommessa delle urne e non sulle scappatoie vacanziere. Il
27 maggio, infatti, in un vertice decisero di marciare a ranghi (quasi) compatti verso il referendum.
Con qualche tentennamento e qualche colpo basso. Biagio Agnes,
direttore generale della Rai, uomo di Ciriaco De Mita, ad esempio, imped
a Bettino Craxi di presentarsi alla tribuna elettorale che concludeva il ciclo
tele-referendario per lappello finale (consueto allepoca). Il Presidente del
Consiglio fece, per, una mossa a sorpresa che ebbe notevoli conseguenze
sul voto: annunci che si sarebbe dimesso se il decreto fosse stato cancellato, inducendo Alessandro Natta a escludere un simile automatismo. Doveva, insomma, restare al suo posto anche nel caso di sconfitta referendaria.
Dal canto suo, Luciano Lama lasci a una Cgil divisa, la libert di coscienza. Aveva firmato per il referendum e la cosa era stata presa molto
male dai suoi colleghi, Carniti e Benvenuto. Lui si poi difeso cos: Fir415
mando legittimavo sia i comunisti della Cgil per la firma, sia i socialisti
della Cgil per lostilit alla firma, e per la propaganda contro il referendum. Firmando aprivo la strada a Ottaviano Del Turco e agli altri compagni socialisti che volevano esprimersi pubblicamente in modo contrario al
mio. Se mi fossi astenuto dal firmare, loro sarebbero stati meno liberi di
muoversi di come si son mossi contro il referendum. Ma i socialisti della
Cgil avevano anche unaltra paura: cosa sarebbe accaduto allinterno della
Confederazione se la cancellazione del decreto fosse passata? Quali spazi
avrebbero avuto con un garante come Lama in uscita? Lama, per, si
comport da grande leader e apr gli spazi televisivi anche a chi allinterno
della Cgil dissentiva: La Rai-Tv aveva invitato i segretari delle confederazioni, uno alla volta, perch esprimessero la loro opinione sul referendum. Io dissi: ci vado, in tivv, soltanto se viene anche Del Turco.
I sondaggi, come abbiamo sottolineato inizialmente, non confortavano la speranza del partito del No. Quello di Panorama veniva commentato cos da Giorgio Benvenuto, sullo stesso settimanale: Il test
fotografa lo stato del dibattito. La verit che il Pci ha gi da tempo iniziato una martellante campagna elettorale per il S, mentre finora noi,
la Cisl e lo stesso governo siamo stati impegnati a evitare che il referendum
si facesse. In definitiva, la campagna elettorale per il No deve ancora
iniziare ed abbastanza logico che il sondaggio registri questo ritardo.
Il venerd 7 giugno il fronte del No riusc a organizzare una manifestazione in Piazza Navona: per dare un effetto di grande partecipazione venne
invasa dai taxi che con il loro colore giallo impastavano in un magma indistinto i monumenti barocchi e le persone. Lo stato danimo, per, rispetto
al sondaggio di marzo era un po diverso. Alla base di questo cambiamento
di umore, i risultati elettorali. I dati non sembravano confortare le scelte
del Pci che perdeva colpi sia alle comunali che alle regionali: il 33,3 delle
Europee si era trasformato (nei comuni con oltre cinquemila abitanti) in un
misero 28,5 e alle regionali (statuto ordinario) nel 30,2; risaliva leggermente
la Dc (dal 33 delle Europee al 34 delle comunali al 35 delle regionali); cresceva il Psi (dall11,2 dellanno prima, arrivava nelle comunali al 14,9 e
nelle regionali al 13,3); arretrava il Pri che continuava a beneficiare solo
parzialmente delleffetto-Spadolini (4 per cento alla regionali, 4,8 alle comunali).
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Per qualche decimale in pi
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Alle 14 del 10 giugno del 1985, mentre le porte dei seggi si chiudevano, allEur, in viale dellAstronomia, si spalancavano davanti ai giornalisti quelle al sesto piano della sede della Confindustria. Erano stati
convocati con una certa urgenza ma non inaspettatamente visto che tutti sapevano che, in un orario da straordinari mattinieri, soprattutto per una citt
come Roma abituata a carburare a ritmi pi lenti, l si sarebbero visti i pi
grandi esponenti di quella che era stata definita da Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani, la Razza Padrona. E una Giunta della Confindustria non la
si organizza alle 8,30 del mattino solo per prendere un caff o un cappuccino.
Luigi Lucchini apparve, davanti alluditorio, sorridente e rilassato. Dellesito
del referendum non si sapeva nulla visto che gli ultimi ritardatari stavano
provvedendo a vergare la croce sul s o sul no. Lumore generale, per,
non era particolarmente favorevole ai sostenitori della conferma del decreto
Craxi e nella folta schiera, in teoria, erano allineati anche loro, gli imprenditori che avevano affidato a Lucchini il messaggio che ora il presidente,
uomo forte del mondo confindustriale, dacciaio come il materiale che produceva nelle sue fabbriche, come il tondino (era considerato il re di questo
particolare manufatto) che forniva ai colleghi che tiravano su palazzi per irrobustire le fondamenta in cemento, si preparava a leggere, in maniera quasi
informale, senza la pompa che accompagna normalmente gli avvenimenti
che sono destinati a lasciare unimpronta nella storia.
Daltro canto, levento non si poteva considerare inatteso perch a
giorni alterni lo avevano annunciato. Con tonalit diverse e voci diverse:
un giorno Lucchini, un altro Mandelli, un altro ancora Paolo Annibaldi, un
altro ancora Carlo Patrucco. Insomma, non si erano fatti mancare nulla in
quelle settimane (e in quei mesi) che aveno preceduto il referendum. Ma
che una cosa del genere potesse avvenire contemporaneamente alla chiusura delle urne, con il risultato ancora sconosciuto, alcuni lo temevano ma
i pi lo escludevano. Anche perch si immaginava che la conferma del de421
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teva essere esercitata sin da giugno 1984. Insomma, normale amministrazione? Difficile pensare che tutto questo fosse frutto di normalit. La stessa
Giunta del luned era stata convocata in fretta e furia il venerd (pomeriggio)
precedente. Sembrava proprio che qualcosa (o qualcuno) avessero consigliato agli industriali una accelerazione improvvisa. Probabilmente erano
certi che il s avrebbe prevalso (e avevano sempre detto che in caso di
cancellazione del decreto avrebbero provveduto alla disdetta). Le conferme
non ci sono, ma tanto Carniti quanto Benvenuto sono sempre stati convinti
che un qualche via libera sia arrivato anche dalle Botteghe Oscure dove
tutti erano convinti di vincere la partita del referendum.
Lucchini si affannava a spiegare che non cerano disegni oscuri dietro
quella scelta, n secondi fini. Ma in realt, i tempi, la concatenazione degli
eventi erano tutti contro di lui e contro le sue giustificazioni che apparivano
velleitarie in rapporto allobiettivo che intendeva raggiungere, cio dare limpressione che tutto fosse frutto di una scelta di routine, senza particolari intenti n conseguenze politiche. Insomma, una normale fase di passaggio delle
relazioni industriali. Anzi, diceva che la scelta di annunciare la cosa a urne
referendarie ancora chiuse nasceva proprio dalla voglia di evitare ogni valutazione distorsiva legata al suo esito, dal non voler dare limpressione che
si trattasse di una vendetta (ma nel momento in cui si evocava la vendetta
evidentemente si riteneva che il risultato a favore del s fosse acquisito).
La scelta scatenava la reazione molto colorita di Mario Capanna:
Questa una mossa da sanguisuga. Ma di fronte a quella scelta, anche
gli altri politici replicavano risentiti. Diceva Flaminio Piccoli, presidente
della Dc: Un atto che assume un carattere di arroganza: la scelta del momento in cui dare la disdetta riflette il nessun interesse della Confindustria
per un esito o un altro del referendum. Clemente Mastella, allepoca portavoce di De Mita, aggiungeva: Atto precipitoso e irresponsabile che crea
inutili tensioni. Un altro dirigente democristiano autorevole, Paolo Cabras,
incalzava: una provocazione. Interveniva anche Vincenzo Scotti, suo
malgrado citato nella lettera di disdetta confindustriale: Un atto pericoloso
che contribuisce solo ad accrescere il clima di tensione di cui il paese non
ha alcun bisogno. Enrico Manca, socialista, era sintetico: Atto grave e
negativo. Decisamente pi ambiguo Spadolini: La coincidenza scelta accentua il carattere polemico della risoluzione confindustriale, che avrebbe
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potuto essere evitata solo da un accordo tra le parti sociali. In ogni caso
segna il tramonto della scala mobile. Al coro sdegnato si univa il comunista Alfredo Reichlin: Atto grave che rende chiarissimi i termini dello
scontro politico e sociale; uno scontro legato alla volont del padronato
e delle forze conservatrici di far pagare ai lavoratori e alla parte pi debole
del Paese il costo della ristrutturazione e della crisi. chiaro come il sole
che il grande numero di S servir a rendere pi forte non solo la Cgil e il
Pci ma tutti i sindacati e tutte le forze di progresso. Le polemiche passano,
ma lesigenza dellunit resta e diventa pi impellente.
La partita del referendum, nel momento in cui parlava Reichlin, si
era chiusa e lesito non era stato quello prefigurato a Botteghe Oscure. Altri
sarebbero stati, probabilmente, i toni e i contenuti se la vittoria avesse arriso
al fronte del S. Ma in quel momento, lanelito unitario ritornava a essere
quello prevalente e levocazione della riapertura del negoziato (che faticosamente avvenne nelle settimane successive) una sorta di coperta di Linus
dagli effetti quasi confortanti. Lucchini, per, quando le urne non avevano
ancora deciso, spiegava che il mandato a inviare quelle lettere era stato dato
da tempo e poi aggiungeva: La decisione lho presa io e vuol essere meno
politica possibile. Noi vogliamo restare fuori da questo bailamme che a me
personalmente d pure fastidio. La disdetta non ha nulla a che fare con il
referendum. E perch, allora, darla nel giorno del referendum? Poi, in tono
pi rassicurante, spiegava che cera tempo sino a febbraio per raggiungere
un accordo, quindi aggiungeva: La mia preferenza che le parti sociali
cerchino un accordo tra di loro senza bisogno di un terzo. Una posizione
che coincideva quasi perfettamente con quella del Pci: un accordo sindacale
e limitato, non unintesa politica pi ampia che prefigurasse anche una politica dei redditi. Infine: Una volta finita la passione mi auguro che si
tratti: questo un punto di partenza per cominciare. Certo sul tavolo della
trattativa ci sono anche i decimali. Spiegava infine che la disdetta un
invito: i sindacati devono tornare a fare il loro mestiere, a contrattare i salari. Se andiamo avanti con le indicizzazioni finisce che disimparano.
Lanno scorso, quando fui eletto, non feci nulla. Pareva un gesto poco educato. Pensavo ci fosse tempo invece abbiamo bruciato questi mesi con un
sindacato che parlava lingue diverse. Siamo a met giugno e dovendo dare
la disdetta entro il mese ho pensato che questo fosse il momento pi indi426
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sindacali... In questi anni lunit fra i sindacati era molto formale, le tre
confederazioni cercavano di stare unite, ma ciascuna aveva la sua posizione.
Non escluso, quindi, che la nuova situazione porti a una maggiore democrazia. Renato Buoncristiani, vice-presidente dellAnce (i costruttori edili)
non aveva nascosto i suoi timori: La rottura del sindacato comporta il venir
meno per gli imprenditori di un interlocutore diretto. un fatto che mi preoccupa anche perch non vedo le motivazioni sindacali, ma solo quelle politiche. Insomma, non tutti la pensavano come Alejandro De Tomaso che
allepoca era presidente del gruppo Innocenti: La rottura dellunit sindacale la prova, se mai ce ne fosse stato bisogno, che i sindacati obbediscono
ai partiti dimenticando gli interessi dei loro iscritti. Per le aziende, invece,
questa rottura non significa nulla; i sindacati italiani da un pezzo non sono
pi rappresentativi. Questo cocktail di certezze e durezze non lo agevol,
comunque, nella gestione di marchi come Innocenti, Maserati, Benelli e
Moto Guzzi che, nonostante generosi finanziamenti statali, non riusc a riportare al successo ma, in compenso, gli consentirono di conquistare il soprannome (glielo diedero i giornalisti) di Rischiatutto per la sua
disinvoltura a imbarcarsi in tutte le imprese, anche le pi temerarie.
La disdetta di Lucchini fu il momento finale di una lunga lotta
confindustriale, combattuta allinsegna del mancato pagamento dei decimali.
E i rapporti tra sindacati e associazione imprenditoriale erano diventati, mese
dopo mese, sempre pi tesi. Scriveva sullAvanti! il 10 marzo del 1985 Giorgio Benvenuto: La Confindustria ricorda quegli atleti di slalom sulle nevi
che per la furia di superare i paletti rischiano di andare fuori pista. Benvenuto dopo aver sottolineato che cera una sproporzione fra la questione
dei decimali che sono da novembre a oggi la miseria di 27.000 lire e i due
milioni e mezzo di discoccupati, spiegava come in quella pregiudiziale
(il non pagamento, n.d.a.) tanti errori si sommano da parte degli industriali
privati: il primo e fondamentale quello di considerare ogni trattativa in
questo momento una scelta in perdita visto che di fatto essi la loro riforma
della scala mobile lhanno ottenuta eliminando i decimali, la contrattazione
lhanno paralizzata, la strada per elargizioni unilaterali di salario finalizzato alla professionalit diventerebbe inevitabile in questa situazione. Un
paio di settimane dopo, Benvenuto ricancarava la dose sempre sullAvanti!:
Appaiono (gli industriali, n.d.a.) chiaramente come il vero partito del re429
ferendum che corredano, come ha fatto la Federmeccanica con un programma dai toni moderni ma dai principi vecchi ed inconciliabili con una
linea riformatrice: la ricetta fatta per umiliare il sindacato, le fasce deboli
sul piano sociale, un governo equilibrato delleconomia. Gli ingredienti non
a caso sono lespulsione di ogni criterio di solidariet, la reintroduzione
della discriminazione fra lavoratori, lannullamento del potere negoziale
del sindacato, che cosa ben diversa dal dire di voler eliminare, come necessario, le rigidit dal sistema economico.
La disdetta, daltro canto, era sempre stata sino a quella conferenzastampa di Lucchini, una sorta di chiodo fisso e di vorrei ma non posso.
La genesi della vicenda, da parte imprenditoriale, lha ricostruita anni pi
tardi Paolo Annibaldi: Durante un convegno organizzato dalla Confindustria insieme allIntersind ci si rese conto, dal numero elevato di partecipanti e dal livello altissimo di partecipazione del pubblico, quanto il tema
della scala mobile fosse sentito da parte delle imprese di tutte le dimensioni... In questo convegno ci si rese conto che il tema della scala mobile
era maturo e la Confindustria trov nellIntersind un alleato nel valutare
la possibilit di arrivare a una formale disdetta dellaccordo... Quando
per venne il momento di decidere e dar corso realmente alla disdetta della
scala mobile, la Confindustria si trov di fronte un governo (Spadolini,
n.d.a.) che interpret latto come una dichiarazione di guerra, come un
atto di ostilit. Merloni aveva un bel da fare a convincere il governo che
la disdetta aveva una valenza costruttiva perch serviva a costringere i sindacati a mettersi al tavolo per impostare un sistema diverso. Il presidente
Spadolini, invece, riteneva pi che sufficiente quanto conteneva il suo protocollo del 28 giugno scritto proprio quando fu nominato Presidente del
Consiglio... La dichiarazione congiunta che impegnava il governo a contenere la dinamica salariale, ivi compresa la scala mobile, era considerata
dal Presidente del Consiglio come il punto finale, la conclusione, la soluzione del problema, e non come lavvio di un negoziato che doveva portare
a una riduzione del costo del lavoro e alla revisione della scala mobile.
Laccordo Scotti venne valutato dalla Confindustria insufficiente nella
parte che riguardava la scala mobile. La stesura dellaccordo fece emergere alcune ambiguit. Fu certamente positivo il giudizio sulla regolamentazione introdotta dallaccordo Scotti sulle relazioni industriali, e in
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due scattati nel novembre 1984 e nel maggio 1985 non vengono pagati e
vanno determinando una non trascurabile accumulazione di arretrati; un
quarto... potrebbe maturare ad agosto. Qual il tema sollevato: la buona
fede in un rapporto negoziale. Insomma, quando ti siedi a un tavolo per
vendere o acquistare qualcosa, la legge dice che non devi cercare di approfittare della buona fede altrui, detto in termini pi selvaggi, non devi giocare
a fregare. Giugni dopo aver ricordato che alla questione molti giudici si
stavano interessando, sottolineava che uno in particolare, a Bologna, era
andato un po pi a fondo sentendo tutti quelli che avevano partecipato alla
trattativa, anche lui. Fin qui, nulla di nuovo. La novit veniva nel momento
in cui Giugni rivelava: Ho avuto in visione le deposizioni dei testi. Una
lettura alquanto sconsolante... I pi ricordano poco o nulla (ma perch i
personaggi pubblici non vengono obbligati a tenere un diario?). Qualcuno
ricorda e parla con tranquilla chiarezza ma dice cose gravi anche senza
averne laria. Il titolare di un importante ministero che prese parte alle
trattative per laccordo Scotti... racconta come la sera prima del fatidico
22 gennaio avesse avuto un lungo incontro ristretto con il vertice della
Confindustria . Nel corso di tale incontro, venne accertato che il nuovo
meccanismo di arrotondamento avrebbe dato luogo ad un taglio di circa il
30%. Era anche troppo, dice un altro Ministro, rispetto agli obiettivi del
governo. La soluzione, per, non poteva dispiacere alla Confindustria,
anche se il suo vice-presidente riferisce al giudice che avrebbe preferito
una soluzione meno equivoca. Tutti poi sanno, perch era stato confermato
poche ore prima in sede ristretta, che i sindacati non avrebbero potuto
accettare un taglio superiore al 18%. Ma a quanto riferisce il teste ricordato per primo, il sindacato ha sbagliato i suoi calcoli. E tanto basta. La
Confindustria se ne esce soddisfatta, e si prepara ad accettare un accordo,
ben sapendo che si basa su un equivoco. Chiosava lestensore dellarticolo: A nessuno viene in mente che, per i normali rapporti commerciali,
il codice civile impone lobbligo della buona fede nelle trattative, che comprende anche quello di informare la controparte intorno a possibili cause
di invalidit. Perch, a parere di Giugni, di questo si trattava: Lesito di
tale pasticcio pu essere persino paradossale e cio che venga dichiarato
carente il consenso contrattuale col ripristino... del punto antecedente il
taglio del 1983, oppure che la parte contraente la quale anche se con au435
torevoli avalli era consapevole dellerrore della controparte e ne aveva taciuto, venga chiamata a rispondere del proprio comportamento e vincolata
alla interpretazione della clausola che aveva lasciato credere come corretta
e corrispondente anche alla propria intenzione.
Quelli di Giugni erano ragionamenti paradossali, con fondamento
giuridico, ma paradossali, tanto vero che le conseguenze da lui paventate
non ci furono. Ci non toglie che colpirono nel segno e la Confindustria,
tramite Walter Olivieri, direttore per i rapporti sindacali, rispose in maniera
a dir poco irritata. Sin dallincipit dellintervento pubblicato da la Repubblica il 25 giugno del 1986: Gino Giugni, nella duplice veste di studioso
e di uomo politico, ci ha abituati ad analisi acute, scevre da pregiudizi e
non formalistiche dei fatti sindacali. Questa volta, nel suo intervento su
la Repubblica del 14 giugno a proposito della disdetta della scala mobile
e di decimali mi pare abbia formulato tesi giuridiche in funzione di un
giudizio di valore precostituito sulle decisioni della Confindustria. I passaggi pi irritanti per lorganizzazione imprenditoriale, erano quelli relativi
ai decimali e alla ricostruzione della trattativa e dei modi che avevano
favorito la sua conclusione. Scriveva Olivieri: Le parti, come i fidanzati
ottocenteschi, furono tenute rigorosamente isolate, e non ebbero mai occasione di confrontare direttamente le proprie posizioni di merito... altrettanto noto che il giorno prima della conclusione, fu prospettata agli
imprenditori, sia nella sede ministeriale ricordata da Giugni, sia ai tecnici
della delegazione, lipotesi della eliminazione definitiva delle frazioni di
punto accompagnata dal testo scritto della clausola relativa. Gli imprenditori fecero i loro conti, verificarono lineccepibilit della formula, constatarono che si sarebbe verificato un raffreddamento accettabile della
scala mobile, comunicarono al mediatore il loro assenso, il giorno dopo il
governo presentava una ipotesi precisa ed articolata di accordo globale.
Largomento di Giugni, e cio che la Confindustria doveva in qualche maniera avvertire i sindacati che avevano sbagliato i calcoli, potrebbe essere
rovesciato: come potevano immaginare i sindacati che la Confindustria,
che aveva dichiarato allinizio della vicenda (vedi gli atti del processo di
Bologna) la sua volont di dimezzare la scala mobile, accettasse una riduzione di solo il 15 per cento?.
Un argomento, quello sollevato dallallora direttore per i rapporti
436
MERLONI E LUCCHINI
438
LULTIMO ACCORDO
Orfani di passato e futuro
L U LT I M O A C C O R D O
nel gorgo di un attacco speculativo agli inizi dellestate e il Governo annunci il 5 luglio una manovra straordinaria da trentamila miliardi poi bissata da una finanziaria da quasi settantamila; la lira usc dal serpente
monetario e nella notte fra il 9 e il 10 luglio i depositi degli italiani vennero
alleggeriti con un prelievo del sei per mille. Ma nel decreto demergenza
cera un po di tutto, dalla minimum tax ai ticket sanitari. La scala mobile
era rimasta sullo sfondo di un dibattito che non riusciva ad approdare a
unintesa. De Michelis ci aveva provato dopo il referendum, ma alla fine
del 1985, precisamente il 17 dicembre, Sindacati e Confindustria giunsero
alla conclusione che non cerano spazi per un accordo. Due giorni dopo,
con dichiarazioni unilaterali Confindustria, Intersind e Asap aderirono al
nuovo meccanismo di contingenza previsto per i dipendenti pubblici. Poi,
nel febbraio dellanno successivo, il governo con decreto estese al settore
privato la riforma della scala mobile contrattata per gli statali. Insomma,
un lungo e continuo braccio di ferro che ebbe un nuovo momento di drammatizzazione quando a giugno del 1990 gli imprenditori disdettarono di
nuovo, unilateralmente il meccanismo di contingenza obbligando i sindacati
a proclamare uno sciopero generale e il governo presieduto da Andreotti a
prorogare il meccanismo di indicizzazione per tutto il 1991 attraverso una
leggina. Le parti si impegnarono ad avviare un negoziato per la ristrutturazione del salario e del sistema contrattuale a met del 1992.
E, effettivamente, il giorno della festa della Repubblica, il 2 giugno,
sindacati e organizzazioni degli imprenditori si accomodarono intorno a un
tavolo. Anche perch la situazione economica stava precipitando: il governo
aveva negato lo scatto di contingenza ai pubblici dipendenti venendo imitato dalla Confindustria. Il negoziato and avanti mentre la bufera finanziaria imperversava sul Paese. Il 29 luglio i sindacati si accordarono tra di
loro per laddio alla scala mobile. Il Lungo Addio. La sera la trattativa
giunse alla stretta finale. Il 30 luglio, alle 6 del mattino, Amato, insieme ai
cornetti caldi, serv a sindacati e imprenditori anche laccordo. Immodificabile. Aggiunse: Se lo respingete, mi dimetto. Il documento conteneva
passaggi veramente poco digeribili, soprattutto per Bruno Trentin che otto
anni prima per molto meno aveva detto: Quellaccordo non lo firmo nemmeno se composto di mele doro presentate su un vassoio dargento.
Amato, infatti, aveva concentrato la sua proposta in pochi punti, non pi di
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L U LT I M O A C C O R D O
sei: la scala mobile doveva essere abbandonata e rispolverata solo nei casi
in cui insorgessero difficolt nelle contrattazioni; pi livelli contrattuali ma
ben distinti; il sistema fiscale e contributivo sarebbe stato utilizzato come
grimaldello per correggere aumenti troppo vistosi; veniva varata una nuova
regolazione dei prezzi; nelle buste-paga i lavoratori avrebbero trovato un
Elemento Distinto della Retribuzione di ventimila lire che, per, non
avrebbe inciso su nessuna voce; la contrattazione articolata veniva bloccata
per tutto il 1992. Lultimo punto scaten una guerra intestina nella Cgil con
Fausto Bertinotti che faceva fuoco e fiamme.
Anche Trentin tentennava, avrebbe voluto rispondere negativamente ad Amato. Ma nella segreteria unitaria Cgil, Cisl e Uil si ripropose
Giuliano Amato (nella foto con Bettino Craxi) il filo rosso che lega
San Valentino con lultimo accordo sulla scala mobile, quello
firmato dai Segretari Generali di Cgil, Cisl e Uil, Bruno Trentin,
Sergio DAntoni e Pietro Larizza: nell84 era sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio, otto anni dopo chiuse lintesa
in qualit di capo del Governo
443
la divisione del 7 febbraio 1984: da una parte Cisl, Uil e socialisti della
Cgil, dallaltra i comunisti. Cambiava solo luomo nel mezzo: non pi
Lama ma Trentin che torn a Palazzo Chigi e disse ad Amato che accettava
tutto ma non quella moratoria sulla contrattazione aziendale. Il presidente
del Consiglio non cedette ma fece un piccolo passo in avanti, dando via libera alle contrattazioni aziendali a patto che non prevedessero aumenti salariali. Insomma roba di forma, non di sostanza. A quel punto, Trentin si
dichiar disponibile ad accettare ma prima di farlo convoc a Palazzo Chigi
la segreteria della sua Confederazione. Votarono a favore della firma in tre
(Ottaviano Del Turco, Sergio Cofferati e Francesca Santoro); ma anche in
tre votarono contro: Fausto Bertinotti, Alfiero Grandi e Paolo Lucchesi. La
scelta era nella mano di Trentin: la alz con i primi tre e poi and nellufficio di Amato per apporre la sua firma in calce allaccordo.
Prima di farlo, per, chiese e ottenne un colloquio a quattrocchi
con il presidente del Consiglio che era un suo vecchio amico essendo stato
il primo presidente dellIres Cgil, il centro studi della Confederazione.
Quando and via da Palazzo Chigi era cupo in volto, pensieroso. Evit persino di passare dalla sede della Cgil, in Corso dItalia. Fece capire, per, a
Ottaviano del Turco che era intenzionato presentare le dimissioni: sapeva
di avere contro il partito anche se Achille Occhetto, che non aveva gradito
la scelta, non era certo Enrico Berlinguer. Spar per alcuni giorni da Roma,
se ne and in Corsica e da l allUnit dichiar: La vecchia maggioranza
della Cgil non esiste pi, non so se ne esiste unaltra che non comprende
Essere Sindacato, cio la componente di Bertinotti. Trentin il 2 settembre
si present dimissionario al Direttivo di Ariccia. Con lui, in quelle settimane
complicate si era schierato un padre nobile come Vittorio Foa. Gli chiesero di restare; lui rispose che avrebbe ritirato le dimissioni solo se la richiesta fosse stata votata allunanimit. Ottenne lunanimit e rest al suo
posto.
Alla fine di questa lunga ricostruzione, vien quasi automatico porsi
una semplice domanda: chi ha vinto e chi ha perso? Le vicende umane sono
spesso troppo complicate per poter essere sintetizzate in una visione agonistica, per poter essere interpretate come una partita di basket o un incontro
di pugilato: non detto che ci sia un vincitore (o un solo vincitore), non
detto che vi sia uno sconfitto (o un solo sconfitto). Del decreto di San Va444
L U LT I M O A C C O R D O
che alla base di questo aumento c la vittoria della linea Andreatta che postulava la separazione della Banca dItalia dal Tesoro prima ancora che si
fosse messo ordine nei conti. evidente che i responsabili saranno sempre
dalla parte opposta alla nostra. Ma la questione unaltra: uno sforzo comune, concertato avrebbe potuto bloccare questa idrovora che ci succhia
risorse e ci impedisce di tornare a crescere?
In Italia stata realizzata una vagonata di liberalizzazioni che ha
prodotto nella stragrande maggioranza dei casi un solo effetto: laumento
delle tariffe. Le Autorit Garanti si sono moltiplicate come funghi, assicurando una buona soluzione dei problemi economici di chi viene chiamato
a farne parte ma finendo per essere indifferenti rispetto alle necessit del
Paese e dei suoi cittadini. Abbiamo lenergia elettrica pi cara della galassia
ma una autorit per lenergia che poi si abbandona al trionfalismo quando
si abbassa in misura infinitesimale il costo del gas. Eppure anche di tutto
questo parlava il decreto di San Valentino. Certo, ne parlava come se ne
poteva parlare allora quando cerano ancora prezzi e tariffe amministrati.
Ma utilizzando quel canovaccio per governare la modernit, precedendo i
cambiamenti e non seguendoli, forse avremmo potuto realizzare le liberalizzazioni in una maniera pi decente, per dare conforto alla gente e non
per precipitarla nello sconforto.
Ma si parlava anche di evasione fiscale in unItalia in cui vengono
sottratti al fisco ogni anno duecentosettanta miliardi di euro di imponibile,
in cui ci sono 452 miliardi da riscuotere bussando alla porta di appena
171.409 contribuenti infedeli (considerato il numero, una citt di dimensioni medio-piccole, non dovrebbe essere poi cos complicato).
Quel decreto richiamava inevitabilmente la riforma del welfare e
del mercato del lavoro. Ne avremmo avuto bisogno perch stiamo precipitando, come Stato, in una sorta di illegalit: si paga la gente per non farla
lavorare, tra cassintegrati in deroga, esodati, pre-pensionati che poi semmai
continuano a lavorare in nero, cio sottraendo imponibile al fisco. Sarebbe
molto meglio utilizzare quei quattrini, invece, per far lavorare gli italiani
visto che abbiamo tassi di occupazione decisamente bassi, ampiamente al
di sotto del sessanta per cento della popolazione attiva. Lo spirito di quel
decreto avrebbe potuto favorire la definizione di una riforma del mercato
del lavoro pi coerente, una riforma in cui la flessibilit fosse vista come
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L U LT I M O A C C O R D O
perate solo da chi non sia costretto a risolvere giorno per giorno, in condizioni di fatica bestiale, la questione del pane, trova giustamente di fronte
a s la diffidenza dei lavoratori i quali non sanno che farsene di una libert
che come fu detto per essi nientaltro che una libert a morire di fame.
Perch i lavoratori sentano la nobilt del sistema liberale e si adattino a
praticare lealmente questo sistema rinunciando ai propositi di dittatura di
classe, bisogna che essi abbiano la coscienza che questa libert non si risolve in un trucco ai loro danni, cio in unarma di progresso e di elevazione di cui essi in realt non possono servirsi per mancanza di quel
minimo di sicurezza economica senza la quale i diritti di libert sono una
parola senza contenuto. Tutto questo non vuol dire uguale benessere,
che sarebbe utopia contrastante collidea stessa di libert, che vuole che
anche il benessere sia frutto della conquista individuale, e quindi proporzionato alle iniziative ed ai meriti, ma vuol dire diritto a quel minimo di
benessere che condizione per lutile esercizio dei diritti di libert.
La questione che Calamandrei poneva in tempi tempestosi, quelli
della guerra, pu essere, in un momento come questo, in cui sempre pi
ampi strati di cittadini di questa Repubblica scivolano verso la soglia dellindigenza (il trenta per cento, secondo Eurostat, in questa classifica a livello di Unione Europea, ci supera solo la Grecia), riproposta e avrebbe lo
stesso valore, seppur calato in una diversa temperie morale. Oggi ci vorrebbe una San Valentino alla rovescia perch nel 1984 i lavoratori qualcosa
potevano dare, oggi, invece, possono solo chiedere. Lo squilibrio diventato talmente profondo, talmente insopportabile che la questione bisognerebbe porla in maniera completamente diversa. Di fronte a una situazione
contrattuale sostanzialmente bloccata, bisogna probabilmente cominciare
a ragionare su un cocktail di salario minimo e fiscalit agevolata. Le preoccupazioni che circondano la patrimoniale possono anche essere comprensibili ma, come diceva Calamandrei, per molti oggi la libert quella di
morir di fame ed naturale che chi ha si debba fare carico di chi non ha
anche perch le societ equilibrate crescono, quelle squilibrate muoiono e
una volta morti fa veramente poca differenza essere ospitati in un monumentale mausoleo o sotto la nuda terra. Sono problemi a cui soprattutto la
sinistra deve dare risposte. Non si tratta, come afferm un illustre attore, di
dire qualcosa di sinistra: quelle son battute buone per le eleganti terrazze
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L U LT I M O A C C O R D O
449
LE DATE
1975
Il punto diventa unico
23 gennaio Sciopero generale di ventiquattro ore a sostegna della richiesta di
unificazione del punto di contingenza.
25 gennaio Cgil, Cisl e Uil firmano con la Confindustria laccordo sul punto
unico di contingenza con scadenza 1 febbraio 1977.
27 febbraio Trentaduesimo congresso del Partito Repubblicano. Ugo La Malfa
diventa presidente, Oddo Biasini viene eletto segretario.
6 marzo Approvata la legge che abbassa a diciotto anni la maggiore et.
14 marzo Accordo governo-sindacati sullaggancio delle pensioni alla dinamica
salariale e sullaumento dei minimi.
18-23 marzo Quattordicesimo congresso del Pci. Enrico Berlinguer viene confermato segretario.
16-18 aprile Consigli generali Cgil-Cisl-Uil: viene confermato che il 1977 sar
lanno dellunit e i Consigli di Fabbrica saranno gli elementi portanti della struttura unitaria.
15-16 giugno Elezioni amministrative. Il Pci avanza e alle regionali ottiene il
33,5 per cento, la Dc arretra e conquista il 35,3. Il Psi si attesta al 12, il Psdi arriva
al 5,6 mentre il Pri ottiene il 3,2.
16-19 luglio Scongiurata la scissione nella Cisl. Un documento approvato allunanimit consente agli esponenti della minoranza di rientrare negli organismi
dirigenti. Vota a favore anche Vito Scalia, promotore delle manovre scissionistiche.
25 luglio Dopo la sconfitta alle elezioni, il Consiglio Nazionale della Dc elegge
alla segreteria Benigno Zaccagnini al posto di Amintore Fanfani che paga anche
la debacle referendaria dellanno prima sul divorzio.
18 agosto Paolo Baffi nuovo governatore della Banca dItalia.
31 dicembre Economia italiana in affanno: inflazione al 17 per cento, disoccupazione al 5,7, il Pil diminuisce del 3,6.
453
1976
Prove di compromesso storico
7 gennaio Si dimette il IV governo Moro.
21 gennaio La lira viene svalutata del 6,5 per cento.
6 febbraio Sciopero generale dei lavoratori dellindustria per loccupazione, gli
investimenti e i rinnovi contrattuali.
21 febbraio Nasce il V governo Moro.
3-7 marzo Quarantesimo congresso del Psi, Francesco De Martino viene confermato segretario.
11-15 marzo Diciassettesimo congresso del Psdi a Firenze. Mario Tanassi si dimette. Giuseppe Saragat diventa reggente e alla fine di settembre Pier Luigi Romita sar eletto segretario.
18-24 marzo Tredicesimo congresso Dc. Zaccagnini resta segretario.
30 aprile Il V governo Moro si dimette, le Camere sono sciolte e vengono indette
le elezioni che si svolgeranno il 20 giugno.
1 maggio Firmato il nuovo contratto dei metalmeccanici.
2 maggio Varata la legge 183 per i finanziamenti straordinari a favore del Mezzogiorno.
6 Maggio Alle 21 trema la terra in Friuli: 989 morti, centomila sfollati, diciottomila case distrutte. Danni per 4.500 miliardi di vecchie lire.
8 giugno A Genova le Br ammazzano il giudice Coco.
20 giugno Alle elezioni politiche il sorpasso non si realizza: la Dc tiene (38,7),
il Pci sale al 34,4; risultato deludente per il Psi (9,6); cala il Psdi (3,4), tiene il
Pri (3,1).
1 luglio Guido Carli sostituisce Gianni Agnelli alla Presidenza della Confindustria. Verr considerato, col tempo, il miglior leader dellorganizzazione imprenditoriale.
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LE DATE
1977
La stagione dei congressi sindacali
7-8 gennaio Assemblea unitaria dei quadri sindacali. Cgil-Cisl-Uil si dichiarano
disponibili a farsi carico di un programma di risanamento economico incentrato
su fiscalizzazione degli oneri sociali, eliminazione della contingenza dalle liquidazioni, abolizione delle scale mobili anomale, revisione delle festivit, mobilit
e straordinari.
12-14 gennaio Consiglio Generale della Cisl: Luigi Macario diventa segretario
generale in sostituzione di Bruno Storti.
24 gennaio Accordo Sindacati-Confindustria sul programma di risanamento
discusso nellassemblea dei quadri.
17 febbraio Gli Autonomi contestano violentemente il segretario generale della
Cgil, Luciano Lama, allUniversit di Roma.
18 marzo Sciopero generale sulla politica economica.
30 marzo Governo e Federazione unitaria raggiungono laccordo sul piano di
risanamento discusso dallassemblea dei quadri.
6 aprile Trecento Consigli di Fabbrica si riuniscono a Milano al Teatro Lirico
per contestare laccordo col Governo.
455
6-11 giugno Nono congresso della Cgil a Rimini: Luciano Lama confermato segretario; Agostino Marianetti il nuovo segretario generale aggiunto al posto
di Piero Boni.
14-18 giugno Ottavo congresso della Cisl: Luigi Macario confermato segretario
generale. Pierre Carniti diventa segretario generale aggiunto.
29 giugno-3 luglio Settimo congresso della Uil a Bologna: Giorgio Benvenuto
confermato segretario.
27 ottobre Lama annuncia che la Cgil uscir dalla Federazione sindacale mondiale (Fsm), organizzazione ormai a forte connotazione comunista nellorbita di
influenza dellUrss.
16 novembre A Torino viene ucciso Carlo Casalegno, vice-direttore de La
Stampa. la prima vittima delle Br fra i giornalisti.
2 dicembre Duecentomila metalmeccanici a Roma chiedono una diversa politica economica. La manifestazione determiner la crisi del governo della non
sfiducia e il successivo ingresso del Pci nellarea di governo.
31 dicembre Inflazione (17 per cento) e disoccupazione (6,9) restano i grandi
problemi dellItalia; delude anche la crescita (1,9).
1978
Il caso Moro sconvolge lItalia
16 gennaio Si dimette il monocolore Andreotti, il governo della non sfiducia.
24 gennaio Luciano Lama con una intervista a la Repubblica annuncia la
svolta dellEur.
13-14 febbraio Assemblea a Roma dei delegati e dei consigli generali. lufficializzazione della svolta preannunciata da Lama.
16 marzo Alle 9,02 agguato a via Fani a Roma: il presidente della Dc, Aldo
Moro viene rapito dalle Br, i cinque uomini della sua scorsa (Oreste Leonardi,
Domenico Ricci, Francesco Zizzi, Giulio Rivera e Raffaele Iozzino) vengono uccisi. Nello stesso giorno la Camera vota la fiducia al IV governo Andreotti (monocolore Dc).
456
LE DATE
457
28 ottobre Il comitato centrale del Psdi elegge Pietro Longo segretario al posto
di Pierluigi Romita.
23 dicembre Nasce il servizio sanitario nazionale.
31 dicembre Buone notizie dalleconomia: cresce il Pil (2,7), cala linflazione
(12,1) ma resta alta la disoccupazione (6,9).
1979
Alle politiche crolla il Pci
22 gennaio La segreteria unitaria esprime parere negativo sul piano triennale.
24 gennaio Le Br uccidono Guido Rossa a Genova: operaio comunista dellItalsider, membro del Consiglio di Fabbrica, iscritto alla Flm. Aveva denunciato lappartenenza alle Brigate Rosse delloperaio Francesco Berardi.
29 gennaio Le Br uccidono ancora. A Milano cade sotto il fuoco brigatista il
sostituto procuratore della Repubblica, Emilio Alessandrini.
31 gennaio Il quarto governo Andreotti si dimette. Finisce la solidariet nazionale.
22 febbraio Con un colpo a sorpresa, il Presidente della Repubblica, Sandro
Pertini, attribuisce al leader repubblicano Ugo La Malfa lincarico di formare il
nuovo governo. I partiti accoglieranno freddamente la novit, al contrario la
Uil sosterr il tentativo con convinzione. Ma lesito sar negativo e La Malfa getter la spugna.
14 marzo Andreotti forma un governo tricolore con Psdi e Pri ma non ottiene
la fiducia.
29 marzo Muore Ugo La Malfa. Era stato il primo laico, dalla caduta del governo Parri, a ricevere lincarico di formare un governo
30 marzo-3 aprile Al quindicesimo congresso del Pci, Enrico Berlinguer viene
confermato segretario.
2 aprile Il presidente Pertini scioglie le Camere. Si voter il 3 e 4 giugno.
2 maggio Pierre Carniti diventa segretario generale della Cisl in sostituzione
di Luigi Macario che si candida alle elezioni. Franco Marini diventa segretario
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LE DATE
generale aggiunto.
3-4 giugno Alle elezioni il Pci perde il 4 per cento e scende al 30,4; la Dc tiene
(38,3) al pari del Psi (9,8), del Psdi (3,8) e del Pri (3). Grande affermazione dei
radicali che ottengono il 3,4 per cento con un incremento del 2,4 sulle precedenti
politiche.
10 giugno Prime elezioni per il Parlamento europeo. La Dc cala al 36,4, il Pci al
29,6, salgono il Psi (11 per cento), il Psdi (4,3) mentre i repubblicani scivolano al 2,6.
16 luglio il mese dei rinnovi contrattuali. Firmano prima i metalmeccanici
poi, a seguire, chimici, tessili, edili, alimentaristi, cartai.
5 agosto Nasce il governo guidato da Francesco Cossiga, un tripartito composto
da Dc, Psdi e Pli con lappoggio esterno di socialisti e repubblicani. Siamo alle
prove di pentapartito. Il tentativo di Cossiga era stato preceduto da un incarico
a Filippo Maria Pandolfi.
2 settembre Prima Linea uccide a Torino il dirigente della Fiat responsabile
della pianificazione strategica, Carlo Ghiglieno.
23 settembre Giovanni Spadolini viene eletto segretario del Pri.
8 ottobre Carlo Azeglio Ciampi succede a Paolo Baffi come Governatore della
Banca dItalia.
9 ottobre La Fiat spedisce sessantuno lettere di licenziamento a operai di Mirafiori, Rivalta e della Lancia di Chivasso. Vengono accusati di aver volontariamente danneggiato materiale di propriet dellAzienda, avere inoltre
utilizzato materiale per fini impropri, allo scopo di minacciare e costringere capi
ed impiegati ad abbandonare il posto di lavoro, seguire cortei, assistere a manifestazioni. Il riferimento non diretto, ma vengono sostanzialmente accusati
di fiancheggiare organizzazioni violente o terroristiche.
31 dicembre Solo la crescita conforta leconomia italiana: pi 4,9 per cento.
Ma linflazione torna a galoppare (14,8) e la disoccupazione dilaga(7,7).
1980
Strage a Bologna, terremoto in Irpinia
1 gennaio Si spegne a ottantanove anni Pietro Nenni, storico leader socialista.
459
16-20 febbraio Al diciottesimo congresso del Psdi Pietro Longo viene confermato segretario.
16 febbraio Al quattordicesimo congresso la Dc archivia la solidariet nazionale. La maggioranza del partito vota un preambolo in cui viene esclusa
la possibilit di una collaborazione di governo con il Pci. Flaminio Piccoli, poi, il
5 marzo verr eletto segretario dal Consiglio Nazionale.
5 Marzo A Roma la Uil festeggia il suo trentesimo anniversario celebrando
Bruno Buozzi.
19 marzo Si dimette il primo governo Cossiga.
4 aprile Il Psi rientra al governo. Presidente del Consiglio Francesco Cossiga.
Vengono cos confermati i nuovi equilibri politici nati dalla vittoria del preambolo al congresso democristiano e dalla successiva decisione del comitato centrale socialista adottata a maggioranza di assumere la responsabilit diretta
allinterno dellesecutivo. Sotto il governo Cossiga, nel luglio del 1980, il parlamento approv anche la dislocazione a Comiso degli euromissili, una scelta che
contrappose in maniera estremamente dura lopposizione comunista al governo
e, in particolare, ai socialisti. Sulla base di quel voto parlamentare tocc poi al
governo Craxi provvedere concretamente alla dislocazione dei Pershing e dei
Cruise in Sicilia. I primi missili arrivarono in Italia nel 1984 ma non vennero
mai montati perch lanno dopo iniziarono i negoziati tra Reagan e Gorbaciov.
4 maggio Assemblea costituente del sindacato dei lavoratori della polizia
(Siulp). Partecipano Lama, Carniti e Benvenuto.
9 maggio Vittorio Merloni diventa presidente della Confindustria.
29 maggio A Milano alle 11 del mattino un commando terroristico uccide linviato del Corriere della Sera, Walter Tobagi. Il commando era composto da
Marco Barbone, Paolo Morandini, Mario Marano, Francesco Giordano, Daniele
Laus e Manfredi De Stefano, rampolli della buona borghesia milanese, alcuni
legati per vie familiari allambiente giornalistico.
8-9 giugno Alle elezioni regionali il Pci recupera rispetto alle politiche dellanno
prima ma perde rispetto alle analoghe consultazioni del 1975 ottenendo il 31,5
per cento; la Dc ottiene il 36,7 mentre i socialisti salgono (12,7). Cedono qualcosa
i socialdemocratici (5). Tengono i repubblicani (3).
24 giugno La Cisl festeggia il suo trentesimo anniversario.
460
LE DATE
461
14 ottobre Quarantamila quadri e capi guidati da Luigi Arisio sfilano per le vie di
Torino chiedendo la conclusione della vertenza che durava da trentacinque giorni.
18 ottobre Si chiude formalmente la vertenza Fiat con laccordo tra azienda e
sindacati.
23 novembre Alle 19,34 di domenica si scatena lapocalisse in Irpinia. Un terremoto del decimo grado della scala Mercalli con epicentro nei comuni di Teora,
Castelnuovo di Conza e Conza della Campania, provocher 2.914 vittime e costringer 280 mila persone ad abbandonare le proprie case. Nel sisma saranno
coinvolte tre regioni, Campania, Basilicata e Puglia. La ricostruzione si trasformer in un lungo scandalo, senza soluzione di continuit: attualizzando al 2010
il valore dei quattrini spesi dallo Stato per la ricostruzione si arriva a una cifra
di circa 66 miliardi di euro.
12 dicembre Viene rapito dalle Br a Roma il giudice Giovanni DUrso, direttore
dellUfficio generale degli Istituti di prevenzione e pena. Verr liberato dopo trentaquattro giorni di prigionia, il 15 gennaio 1981. Il rilascio sar accompagnato
da polemiche sullavvio di trattative durante la prigionia e sul ruolo svolto dalla
stampa.
31 dicembre Leconomia va male. Linflazione raggiunge un record storico che,
per fortuna, rester imbattuto: 21,2 per cento; il tasso di disoccupazione arriva
al 7,6. Il Pil, comunque, cresce del 3,9 per cento.
1981
Scatta in Polonia lo stato di assedio
12-13 gennaio Il direttivo unitario, viste le divisioni tra Cgil, Cisl e Uil, rinvia
la riunione dei delegati e dei consigli generali fissata per il 5-7 febbraio.
13 gennaio Il governo incontra i sindacati e decide la revisione delle aliquote
Irpef.
31 gennaio Governo e Banca dItalia adottano misure di restrizione del credito
che suscitano le proteste dei sindacati.
2 febbraio Il sindacato vara un codice di autoregolamentazione degli scioperi
nel settore dei trasporti pubblici.
462
LE DATE
4-6 marzo Si svolge a Montecatini lassemblea dei quadri e dei delegati della
Federazione Cgil-Cisl-Uil. Si conclude con una occasione perduta: la mozione
che prova ad aprire il discorso sulla riforma della scala mobile viene ritirata.
17 marzo I sostituti procuratori milanesi, Gherardo Colombo e Giuliano Turone,
che indagano sul bancarottiere Michele Sindona (quello che Andreotti aveva definito il salvatore della lira), ordinano una perquisizione degli uffici della Giole
di Licio Gelli, a Castiglion Fibocchi. La Guardia di Finanza trova gli elenchi degli
iscritti alla Loggia P2. Lo scandalo enorme, le ricadute sociali, politiche ed economiche anche perch in quegli elenchi ci sono 44 parlamentari, 2 ministri in
carica, un segretario di partito, 12 generali dei carabinieri, 5 generali della Guardia di Finanza, 22 generali dellEsercito, 4 dellaeronautica, 8 ammiragli, alcuni
grandi imprenditori, giornalisti, funzionari pubblici.
2 aprile I sindacati si dividono sul pacchetto di proposte anti-inflazione da presentare al governo.
22-26 aprile A Palermo Bettino Craxi viene confermato per la prima volta segretario del Psi direttamente dal congresso.
6 maggio Il governo Forlani, travolto dallo scandalo P2, si dimette.
11 maggio Il sindacato definisce una piattaforma anti-inflazione in dieci punti
da presentare al governo.
13 maggio Dalla pistola di un killer turco professionista, Al Agca partono in
Piazza San Pietro due colpi di pistola che feriscono il Papa, Giovanni Paolo II.
15 maggio Il governo propone al sindacato un patto anti-inflazione impostato
su tre temi: costo del lavoro, fisco e tariffe.
17 maggio Il fronte laico, dopo il referendum che aveva mantenuto in vigore la
legge sul divorzio, ottiene un altro successo. Il referendum abrogativo promosso
dal Movimento per la Vita, viene respinto: il 68 per cento degli italiani dice che
deve rimanere in vigore la legge che legalizza laborto, disciplinando i casi in cui
consentito.
20 maggio Riesplodono i contrasti nel sindacato sulla piattaforma anti-inflazione. Le diversit di posizione riguardavano il decimo punto, la scala mobile.
22-25 maggio Il congresso del Pri conferma segretario Giovanni Spadolini.
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10-14 giugno Allottavo congresso della Uil Giorgio Benvenuto viene confermato segretario generale. Il titolo del congresso segnala il mutamento della linea
di azione sindacale: Dallantagonismo al protagonismo.
28 giugno Giovanni Spadolini forma un governo pentapartito. il primo laico
che guida un esecutivo dalla caduta del Governo Parri (10 dicembre 1945). Lo
stesso giorno incontra i sindacati e la Confindustria rinuncia a disdettare la scala
mobile.
6 luglio Giuseppe Taliercio, direttore del Petrolchimico di Porto Marghera,
viene ucciso dalle Brigate Rosse.
27-29 luglio Comincia la trattativa tra Governo e Sindacati per definire i provvedimenti anti-inflazione.
10 settembre Il confronto sulla manovra anti-inflazione continua e Spadolini conferma che nel 1982 non bisogner superare il tetto programmato del 16 per cento.
7-12 ottobre Al nono congresso della Cisl Pierre Carniti viene confermato segretario generale sullo slogan: Capire il nuovo, guidare il cambiamento.
14 ottobre Le trattative tra sindacati e Confindustria e Intersind vengono interrotte. Le organizzazioni imprendoriali chiedono la scala mobile con scatto annuale o semestrale e il non pagamento dei primi tre giorni di malattia.
26 ottobre Nuovo round nel negoziato governo-sindacati. Spadolini annuncia
che non interverr con provvedimenti legislativi. Ma le divisioni tra i sindacati
restano.
16-21 novembre Decimo congresso della Cgil. Alla vigilia comunisti e socialisti
hanno raggiunto un accordo interno su scala mobile e costo del lavoro. Lama
confermato segretario generale, Marianetti resta segretario generale aggiunto.
13 dicembre Viene dichiarato lo stato dassedio in Polonia.
14 dicembre La segreteria della Federazione Cgil-Cisl-Uil vara una proposta
unitaria sul costo del lavoro.
31 dicembre Leconomia ristagna. Il Pil perde lo 0,2 cento, linflazione resta
elevata (17,8) la disoccupazione non conosce limiti: 8,4 per cento.
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LE DATE
1982
Scala mobile, la Confindustria disdetta
26 gennaio La Corte Costituzionale dichiara legittimo il referendum richiesto
da Democrazia proletaria sulla legge che blocca al 1 gennaio 1977 il calcolo della
contingenza sulle liquidazioni. La consultazione per non si terr in quanto Gino
Giugni, su mandato del Presidente del Consiglio in carica allepoca, Giovanni
Spadolini, metter a punto una riforma che far venir meno le motivazioni dei
proponenti.
4 febbraio Viene arrestato a Firenze al Palazzo dei Congressi mentre erano in
corso i Consigli Generali Unitari Cgil Cisl e Uil Luigi Scricciolo, responsabile del
Dipartimento Internazionale della Uil e componente del comitato centrale della
confederazione. Gli vengono contestate le accuse di terrorismo e spionaggio.
Erano totalmente infondate tanto vero che sar completamente prosciolto in
fase istruttoria dopo per essere stato sottoposto ingiustamente a due anni di
carcerazione preventiva.
24-28 marzo Al diciannovesimo congresso del Psdi, Pietro Longo viene confermato segretario.
2 aprile Il governo nomina Carlo Alberto Dalla Chiesa prefetto di Palermo.
30 aprile A Palermo la mafia uccide il segretario regionale del Pci, Pio La Torre,
e il suo collaboratore, Rosario Di Salvo.
2-5 maggio Cambio della guardia al vertice della Dc al termine del congresso:
Ciriaco De Mita viene eletto segretario in sostituzione di Flaminio Piccoli.
10-11 maggio Vittorio Merloni viene confermato dallassemblea annuale alla
guida della Confindustria.
29 maggio Viene varata definitivamente la legge (concordata da Spadolini con
le parti sociali) sulle liquidazioni che fa decadere il referendum.
1 giugno La Confindustria disdetta laccordo sul punto unico di contingenza.
Proteste e manifestazioni in tutta Italia.
8 giugno La Federazione unitaria proclama lo sciopero generale per il 25 giugno.
25 giugno Sciopero generale contro la disdetta dellaccordo sulla scala mobile:
a Roma cinquecentomila persone in piazza.
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LE DATE
1983
Il fallimento elettorale di Ciriaco De Mita
13 gennaio A Bologna il segretario generale aggiunto della Cgil, Marianetti,
viene pesantemente contestato. La vicenda scatena le polemiche: da un lato Cisl,
Uil e socialisti della Cgil, dallaltro i comunisti della Cgil.
18 gennaio Sciopero generale dellindustria a sostegno delle vertenze per i rinnovi contrattuali. Per evitare contestazioni, le manifestazioni non vengono concluse da comizi. Un fatto senza precedenti.
22-23 gennaio Le Confederazioni, il governo e gli imprenditori con la mediazione del ministro del lavoro, Vincenzo Scotti, firmano un accordo triangolare.
La scala mobile viene raffreddata del 15 per cento.
25 gennaio Scoppia la grana dei decimali che avvelener i rapporti tra sindacati e Confindustria per anni. La Federazione unitaria accusa gli imprenditori
di sabotare laccordo appena siglato. In sostanza la Confindustria riteneva che
i decimali di punto dovessero essere cancellati, mentre i sindacati (e lo stesso
Scotti) ritenevano che dovessero sommarsi e dovessero essere pagati nel momento in cui concorrevano alla formazione di un punto.
2-6 marzo Enrico Berlinguer viene confermato segretario a conclusione del sedicesimo congresso del Pci.
25 marzo Approvato alla Camera il decreto sul Costo del Lavoro.
29 aprile I socialisti ritirano il sostegno al Governo: Fanfani si dimette.
3 maggio Gino Giugni, esponente di spicco del Psi, giuslavorista, viene gambizzato dalla Brigate Rosse mentre si stava recando nel suo ufficio romano di
via Livenza.
4 maggio Le Camere vengono sciolte e le elezioni vengono indette per il 26 e 27
giugno.
12 maggio Vittorio Merloni viene confermato dallassemblea annuale alla presidenza della Confindustria.
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LE DATE
1984
La rottura di San Valentino
12 gennaio La segreteria della Federazione Unitaria dichiara la disponibilit
a trattare la manovra del governo contro linflazione purch accompagnata da
interventi su sviluppo e occupazione.
13 gennaio Il ministro del lavoro De Michelis consegna alle parti un documento
su prezzi, fisco, occupazione e costo del lavoro. la base per la trattativa finale.
23 gennaio Vertice governo-sindacati. Sempre pi evidenti i contrasti allinterno del sindacato.
7 febbraio Si riunisce, dopo oltre un anno, il direttivo Cgil-Cisl-Uil. Nei giorni
precedenti si sono moltiplicate le iniziative dei consigli di fabbrica autoconvocati dalle quali si sono dissociati Cisl, Uil e socialisti della Cgil. La Cgil si dice
disponibile a ridurre la scala mobile ma chiede il recupero nellanno successivo.
La riunione che si tiene allHotel Midas di Roma, presieduta nel pomeriggio da
Pierre Carniti. che alle 19 afferma: La segreteria Cgil-Cisl-Uil ritiene opportuno
chiudere il direttivo prendendo atto che sui criteri e sullentit della manovra salariale non c accordo tra di noi. la fine dellunit sindacale.
13 febbraio Il direttivo della Cgil si divide formalmente fra comunisti e socialisti
su due documenti, uno presentato da Bruno Trentin, laltro da Ottaviano del
Turco. Del Turco e i socialisti si dichiarano favorevoli allaccordo.
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LE DATE
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31 agosto Il Pci avvia la raccolta di firme per ottenere la convocazione del referendum abrogativo del decreto di San Valentino. Durante la festa dellUnit
a Roma, firma il segretario generale della Cgil, Luciano Lama.
18 settembre Muore Riccardo Lombardi, storico leader della sinistra socialista,
luomo che aveva lanciato la proposta dellalternativa socialista.
2 ottobre Viene chiusa la sede della Federazione Unitaria Cgil-Cisl-Uil in via
Gaeta.
23 ottobre Serrata dei commercianti contro le proposte di Visentini.
24 ottobre Alessandro Natta viene eletto segretario del Pci.. Dopo la serrata
dei commercianti, Lama, Carniti e Benvenuto chiedono un incontro al governo
sui temi fiscali.
13 novembre La Confindustria decide di non pagare il punto di contingenza
determinato dalla somma dei decimali. Confcommercio, Confedilizia, Coldiretti
e Asap, al contrario, scelgono di pagare.
21 novembre Sciopero generale Cgil-Cisl e Uil sul fisco e sul punto di contingenza non pagato. A Milano, Giorgio Benvenuto viene violentemente contestato,
il sindaco Carlo Tognoli evita che venga colpito da una biglia metallica nascosta
in un foglio di carta. Due dirigenti sindacali della Uil, invece, vengono colpiti.
26 novembre Serrata degli artigiani.
12 dicembre La Corte di Cassazione d il primo via libera al referendum
sulla scala mobile.
13 dicembre Nuova serrata dei lavoratori autonomi sul fisco.
18 dicembre Viene emanato il decreto contro levasione fiscale. Cgil-Cisl-Uil
firmano con lIri un protocollo sulle nuove relazioni industriali sulla base del modello tedesco. Le Confederazioni, inoltre, costituiscono un gruppo di lavoro per
elaborare proposte unitarie sulla riforma del salario.
23 dicembre Nella Grande Galleria dellAppennino, un attentato semina morte
sul Rapido 904 (Napoli-Milano) alle 19,06. Diciassette le vittime, 267 i feriti. Per
questo attentato la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli nel 2011 ha emesso
una ordinanza cautelare nei confronti del boss Tot Riina, accusato di essere
stato il mandante di quella strage.
472
LE DATE
1985
Il referendum conferma il decreto
10 gennaio La Confindustria conferma di non avere intenzione di pagare i
punti di scala mobile prodotti dalla somma dei decimali. disponibile, per, ad
avviare una trattativa sulla riforma del salario.
7 febbraio La Corte Costituzionale dichiara legittimo il referendum sul decreto
di San Valentino. Il Governo fisser successivamente la data: 9-10 giugno. Il
giorno seguente, a Bari, in occasione di una manifestazione unitaria il segretario
generale aggiunto della Cisl, Franco Marini, sar contestato da un gruppo di
militanti comunisti e costretto a interrompere il suo intervento.
11 febbraio La Cgil annuncia che in caso di referendum lascer ai propri iscritti
libert di voto. La Uil, invece, nello stesso giorno si schiera a favore del no.
11 marzo Alcuni Consigli di Fabbrica annunciano la costituzione di comitati
per il s.
15 marzo Il Governo lancia un chiaro messaggio alla Confindustria: i decimali
vanno pagati.
19 marzo La Uil organizza un convegno-denuncia sul tema: La sanit malata. Sotto accusa le Usl. Divampa la polemica sulla riforma sanitaria.
25 marzo A Firenze convegno della Federmeccanica. Viene chiesta la deregulation del mercato del lavoro e viene confermata lindisponibilit al pagamento
dei decimali. Stessa indicazione arriver la settimana successiva dal convegno
sulla piccola e media impresa che si svolger a Venezia.
27 marzo Un commando composto da due persone uccide alluscita dallUniversit leconomista Ezio Tarantelli. Era stato lautore della proposta sulla predeterminazione degli scatti e aveva elaborato con Gino Giugni e Piero Craveri il
documento no al referendum no nel referendum a sostegno del mantenimento
del decreto sulla scala mobile.
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3 aprile Il consiglio dei ministri stabilisce la data per lo svolgimento del referendum. Nello stesso giorno il ministro del lavoro, Gianni De Michelis, incontra
Lama, Del Turco, Carniti, Marini, Benvenuto, Veronese e Liverani. I vertici di
Cgil-Cisl-Uil si dicono disposti a mettere sul tavolo la proposta di semestralizzazione della scala mobile a patto che gli industriali paghino i decimali e il governo
dia maggiori garanzie su fisco e occupazione. Viene lanciato il documento messo
a punto da Tarantelli, Giugni e Craveri: No al referendum, no nel referendum.
1 maggio La festa del lavoro viene celebrata ancora una volta separatamente.
La Uil organizza la celebrazione del 1 maggio a san Patrignano, nella comunit
di recupero di Vincenzo Muccioli.
4 maggio Manifestazione nazionale per il no al referendum a Roma. Vi partecipano Marini, Del Turco, Benvenuto, i vicesegretari della Dc, Enzo Scotti, e
del Psi, Claudio Martelli. Fra le forze favorevoli alla conferma del provvedimento, ferve il dibattito sulla strategia da adottare. Bettino Craxi e Pierre Carniti
sembrano orientati ad accettare la proposta di Marco Pannella: linvito agli elettori a non andare a votare in maniera tale da non raggiungere il quorum. Benvenuto, Del Turco, democristiani e repubblicani sono invece favorevoli a una
indicazione chiara di voto e, quindi, alla partecipazione.
12-13 maggio Si svolgono le elezioni amministrative. Alle regionali calano Dc
(35) e Pci (30,2); salgono i socialisti (13,3) e i repubblicani (4); cedono i socialdemocratici (3,6).
20 maggio Al seminario del pubblico impiego, la Cgil rilancia la propria piattaforma sulla scala mobile definendola trattabile. Comincia lultimo tentativo
per evitare la celebrazione del referendum.
22-25 maggio Frenetico intreccio di incontri e alla fine il ministro del lavoro,
Gianni De Michelis, presenta una proposta di mediazione che viene immediatamente bocciata dalla Confindustria.
27 maggio In un vertice dei partiti di maggioranza, lidea di Pannella viene lasciata cadere: il fronte del no chieder agli elettori di confermare con un voto
nellurna il provvedimento di San Valentino.
9-10 giugno I no vincono nel referendum. A favore della conferma del decreto
si pronuncia il 53,3 per cento degli italiani. Ma in concomitamza con la chiusura
delle urne alle ore 14, la Confindustria, presieduta da Luigi Lucchini, annuncia
la disdetta dellaccordo Lama-Agnelli del 1975. Comincia unaltra storia.
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BREVI BIOGRAFIE
Personaggi e interpreti
BREVI BIOGRAFIE
I POLITICI
Giuliano Amato
Del governo Craxi che mise a punto il decreto di San Valentino era il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, cio uno dei principali collaboratori del premier. Ministro del tesoro (con Goria e De Mita) e dell'Interno (con Prodi) stato
due volte presidente del Consiglio e sotto la sua prima esperienza (che si concluse
il 22 aprile del 1993) venne chiuso l'accordo che port alla scomparsa della scala
mobile.
Gennaro Acquaviva
Tra i pi stretti collaboratori di Bettino Craxi. Cattolico, si forma nelle Acli di
Livio Labor per poi approdare al Psi dopo aver fondato un partito, l'Mpl. Quando
arriv al vertice, Craxi lo scelse come capo della segreteria; segu il leader socialista anche nell'esperienza di governo in qualit di consigliere politico.
Giorgio Amendola
Il capofila dei miglioristi, in sostanza prov a inserire elementi della cultura
liberale nell'ideologia comunista, pur tenendo, nelle analisi relative ai rapporti
con l'esterno (e l'estero), comportamenti decisamente ortodossi. Fu lui con un
articolo su Rinascita a segnalare i rischi di una deriva violenta in fabbrica. Si
spento il 5 giugno 1980, cio pochi mesi dopo quell'intervento.
Giulio Andreotti
Uomo di grande ironia, apprezzato soprattutto per le sue battute e noto per la
teoria politica dei due forni. Guid i governi monocolore che in qualche misura
attuarono tra il '76 e il '79 il compromesso storico (non sfiducia e solidariet
nazionale) dopo aver costituito nel '72, a conclusione del centro-sinistra, un governo di centrodestra e fu, infine, il presidente del Consiglio degli esecutivi
espressione del Caf cio dell'asse tra lui, Craxi e Forlani. Ha calcato le scene della
politica per mezzo secolo. Si spento a Roma il 6 maggio del 2013.
Luciano Barca
Scomparso il 7 novembre del 2012, stato uno degli esponenti pi autorevoli del
Pci negli anni Settanta e Ottanta e uno dei consiglieri pi ascoltati di Enrico Berlinguer. Direttore de l'Unit e di Rinascita, stato lungamente il responsabile
economico del partito.
Enzo Bartocci
Attualmente il presidente onorario della Fondazione Giacomo Brodolini. Dello
storico ministro del Lavoro, lui fu, nella seconda met degli anni Sessanta, uno
dei giovani e brillanti collaboratori, insieme a Gino Giugni e a Francesco Forte.
Delle vicende politico-sindacali che hanno caratterizzato il ventennio che va dai
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BREVI BIOGRAFIE
grande avvocato), stato uno straordinario studioso di Diritto Romano. Accademico dei Lincei, deputato per otto legislature, senatore (eletto) per due, il 1
giugno 1991 il Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, lo nomin senatore a vita. Eletto Segretario del Psi nel 1972 (sostitu Giacomo Mancini), dopo il
risultato deludente delle elezioni politiche del 1976, gli subentr Bettino Craxi (la
cosiddetta svolta del Midas). E' scomparso nel 2002.
Gianni De Michelis
Nel governo che approv il decreto di San Valentino, ricopriva il ruolo di ministro del lavoro. E fu lui a condurre le trattative, lunghe e complesse, ma che terminarono con la rottura sindacale. Continu a mediare anche dopo la
trasformazione in legge del provvedimento varato dall'esecutivo ma non riusc
a evitare il referendum e l'ultima sua proposta venne respinta tanto dalla Confindustria quanto dalla Cgil.
Ciriaco De Mita
La Dc decise di affidarsi a lui per provare a contrastare il dinamismo craxiano.
Suo malgrado si trasform nel pi potente alleato di Craxi: il crollo della Dc da
lui guidata alle Politiche dell'83 crearono le condizioni che indussero Pertini ad
assegnare l'incarico di presidente del Consiglio al leader socialista. Ha guidato
poi il governo dal 13 aprile 1988 al 22 luglio dellanno successivo cumulando le
cariche di premier e di segretario della Dc.
Amintore Fanfani
stato uno dei protagonisti della vita politica italiana per oltre un trentennio
anche se il suo nome rimasto indissolubilmente legato al referendum sul divorzio: la sconfitta della posizione abrogazionista, lo indebol tanto al governo
quanto nel partito. Presiedeva l'esecutivo che favor il primo accordo sulla scala
mobile, il Protocollo Scotti. Grande appassionato di pittura, scomparso il 20
novembre 1999.
Piero Fassino
Nel decennio che questo libro prende in esame, stato consigliere comunale del
Pci a Torino e uno dei pi importanti dirigenti locali. Sindaco del capoluogo piemontese, stato ministro della Giustizia e d