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Il Natale dellAngelo dimenticato

di Giovanna S. da un Incipit di Francesca Gi

Giovanna S. 2013

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Dio ci ha donato la memoria, cos possiamo avere le rose anche a dicembre. James Matthew Barrie

1
Aprii gli occhi lentamente. Il fuoco crepitante nel caminetto danzava veloce emanando un piacevole calore. Tirai un respiro profondo e mi decisi a rimettermi in piedi. Raccolsi dal tavolino il libro e lo snifter che conteneva ancora parte del Cognac che mi ero regalata, in via del tutto eccezionale. Poi salii le scale per andare di sopra. Lilith, acciambellata sul pianerottolo, si riscosse per fissarmi con i suoi occhioni; si stiracchi e, mentre mi avvicinavo,

si mise in piedi srotolando la schiena, pronta a ricevere la carezza che le spettava. Fuori, le fioche luci della strada, erano le sole a illuminare quella notte scura come la pece, mentre la neve continuava a scendere, fitta e silenziosa, vestendo di bianco ogni centimetro della valle. Distante, un alone indistinto e lieve, delimitava i bordi della citt. Sulla destra, svettava tra le villette, la parte superiore del grande albero di Natale, addobbato per la festa, nella piazzetta davanti alla Chiesa. Staccando lo sguardo da quella specie di cartolina, ricordai che, tanto tempo prima, Dicembre era il mio mese preferito. A Dicembre si festeggiava il Natale ma pure il mio compleanno. Tutto questo voleva dire: regali, giocattoli e tanta attenzione per me che, allora, ero stata felice. Certo in maniera infantile, come capita sempre ai bambini. Col tempo Natale, come tutte le feste, aveva perso quel fascino; adesso amavo ancora le feste ma per motivi, essenzialmente pi opportunistici. Natale uguale qualche giorno di ferie, un po di pace, la fuga dal ritmo incalzante del mio lavoro, di grande soddisfazione ma anche assai impegnativo. Il momento buono per staccare la spina... via il cellulare e divano a volont: qualche buon libro che avevo comprato, e tenevo da parte da mesi, per gustarmelo in santa pace, relax e attenta selezione nei confronti di quelli che, per tutto lanno, fanno a gara per rompere le scatole . Ero ancora sulla porta della mia camera e persa nei pensieri quando fui riportata alla realt da un bussare sommesso; proveniva da basso. Forse solo il vento che sollecita le finestre di legno pensai. Dopo pochi istanti i colpi si fecero sentire di nuovo, per e lievemente pi decisi. Ero molto perplessa, non aspettavo nessuno e poi, la gente adopera il campanello, di solito. Chi diavolo va in giro la notte di Natale, bussando alle porte con le nocche delle dita? Qualche amico che aveva rinunciato al cenone, allallegria della famiglia, per venire a bussare alla mia porta? Decisamente improbabile. Mi decisi e, controvoglia, ridiscesi le scale con una certa circospezione.

2
Il bambino sembrava terrorizzato, intirizzito e tremava, fermo sulla soglia di casa. Mi guardava da gi, piccolo soldo di cacio, con gli occhioni che sembravano chiedere tutto mentre la sua bocca non diceva niente. Ero sorpresa, certo; per avrei potuto capire, essere pi pronta! Invece me ne restai immobile, impietrita, osservando lui e il suo vestito. Vestito? No che non lo era! Era talmente assurdo che non riuscivo ad accettare quell'inattesa presenza. Non era perch un bambino sconosciuto mi si presentava sulla porta a tarda sera; non era nemmeno perch quella era la sera di Natale e, infine, neppure perch pur non avendolo visto mai, lui avesse, negli occhioni scuri, un certo non so che di familiare: no, era per la busta! Il bambino era nudo, peggio, il bambino era malamente coperto da una busta di plastica bianca, come quelle della spesa, solo un poco pi spessa. La sua testolina, coi capelli color tabacco, bagnati dalla neve fresca, spuntava da uno strappo largo, insieme a una delle piccole spalle da angioletto. I piedini erano nudi e arrossati dal gelo e io, dopo il lungo smarrimento, cominciai a darmi dellidiota; testa vuota ! Mi ripresi dallo choc e, senza perdere nemmeno pi un secondo, incurante di qualsiasi possibile conseguenza, pronta ad affrontare qualunque tranello da zingari, lo afferrai per le braccia e lo tirai in casa: al caldo, alla vita! Corsi all'impazzata per le scale e recuperai un plaid scozzese di morbida lana, poi presi una tovaglia di spugna, dal bagno, e tornai da lui. Lo trovai dove lo avevo lasciato: seduto, sparuto, sperduto sulla grande poltrona. Sembrava un piccolo principe che ha appena perso il suo regno. Per prima cosa, strappai via quella busta orrenda: non la potevo vedere! Quella busta squallida, bagnata, mi feriva il cuore come un pugnale acuminato, senza alcuna piet. Dopo, lo strinsi teneramente nel plaid e cercai di asciugargli i capelli, ma niente... nonostante i miei sforzi, lui restava leggermente bagnato. Non ero mai stata veramente mamma. Certo avevo cambiato pannolini; avevo giocato col figlio dellamica, coi nipoti; occasionalmente avevo persino fatto da baby sitter, ma non avevo mai avuto, tutta su di me, la totale responsabilit di un bambino. Cosa fare? Continuava a bagnarsi! Avevo strappato la busta, lo avevo asciugato delicatamente, pi volte, ora lo tenevo riparato, sul divano.

La casa era calda e lui non tremava pi. Ero quasi certa che stesse bene ma proprio non riuscivo a togliermi di dosso la trepidazione, la preoccupazione di avere un bambino, anche se solo per una notte, tutto per me. Che sciocca! Ecco cosa ci voleva! Un bel bagno caldo. Come avevo fatto a non pensarci prima? Qualunque mamma avrebbe subito capito che il toccasana era un bagnetto, per il suo figliolo, che tornava a casa, imbrattato e sudato, dopo... Dopo cosa? Da dove veniva quel ragazzino silenzioso, con i suoi occhi dallespressione triste? Per nulla al mondo avrei voluto metterlo a disagio il mio angioletto, ma i suoi occhi erano strani; intendiamoci il bambino dopotutto sembrava sano e aveva una bella pelle rosea, adesso, tenera e lievitosa al tatto, ma guardandolo negli occhi, sembrava di guardare una persona adulta. Occhi profondi, cupi, pieni di saggezza. Bando alle ciance! Tutti in bagno strillai da sola nel grande soggiorno, in maniera inattesa e sorprendendo pure me stessa; aiutai il piccolo a mettersi in piedi sul divano. Con disinvoltura lo presi a cavalcioni sulle spalle e risalii le scale, al canto fanfaresco di Andiam, andiam, andiamo a far il bagno; ta t, ta t... Stava impazzendo? Decisamente, si. Macchissenefrega! pensai... nemmeno ricordavo pi lultima volta in cui ero stata veramente felice. Di una gioia giocosa, senza criticit, senza misura... cos, come una bambina gioca con una bambola, ritenendola la pi famosa tra le principesse del mondo. Era una certezza inoppugnabile! La gatta era di sopra, gelosa dellintruso rizz il pelo, ostile, e scapp via annaspando con le zampe sul parquet liscio, in quel modo divertente che solo una gatta un po obesa sa mimare. Il bagnetto ci fu e non fu tragico come immaginavo. Solo alla prima vasca, al ragazzino era scappata la pip, nellacqua trasparente. Colpa mia, avrei dovuto pensarci prima. Me lo godetti come fosse mio. Per fortuna non era una femminuccia, altrimenti le coccole e la toelettatura sarebbero durate il doppio, ma lui, Angelo (lo avevo ribattezzato cos in via provvisoria) era un vero maschione, con tanto di pisello prepotente e tutto il resto in regola. Comera dolce stringerlo al petto mentre lo asciugavo, usai il mio accappatoio pulito, fresco di bucato. Guardai lora, per abitudine Strano, pensai, ero sicura che fosse molto pi tardi.... Passai altro tempo cercando di capire se era muto o non voleva parlare; poi cercai di chiamare la polizia, il Telefono azzurro... ma, forse per la nevicata che proseguiva incessante, il telefono non funzionava e, misteri della tecnologia, neppure il cellulare.

Ci avrei pensato pi tardi. Adesso avevo tante cose da fare per il mio Angelo. Provai a farlo mangiare, niente, non apri bocca e nemmeno di bere se ne parlava: n il latte, e neppure lacqua. Allora, mi domandai da dove venisse fuori tutto quel suo strano sudare. Adesso era di meno, per la pelle di Angelo continuava, impercettibilmente, a inumidirsi. Il plaid non risolveva. Accesi la termocoperta. Il piccolo, docile e tranquillo, si lasciava coccolare e non si lamentava per le ristrutturazioni che tentavo sul suo giaciglio improvvisato. Tremando per lemozione e sentendomi del tutto inadeguata, quasi giudicata, misi in pratica un idea, che da pi di unora scacciavo dalla testa, come fosse inattuabile. Allora con metodo e senza pensarci pi, mi spogliai, meccanicamente e feci tutte le mie operazioni di donna; indossato un pigiama di cotone finissimo, nuovo e bianco, mi decisi e montai sullampio divano, sotto la coperta, abbracciandolo stretto. Lo sapevo, sicuramente chiss dove, Angelo, aveva una mamma, magari era anche in pena, ma per stanotte no. Per una incredibile serie di eventi il piccolo era mio e me lo sarei tenuto stretto come se fosse figlio a me. Il mio gesto sconsiderato ottenne i migliori risultati, come un cucciolo, Angelo si sciolse dal suo pacato immobilismo: tra le mie braccia, quel piccolo dallespressione saggia, si adagi e ridivenne bambino. Si stringeva a me, e spingeva, e voltandosi, e rivoltandosi, sgomitava. Avevo la netta sensazione, mai provata in vita mia, che volesse entrami dentro, pelle nella pelle, carne nella carne. Dopo pochi minuti chiuse gli occhioni dolcemente e, pacato, si addorment circondandomi col braccio. Appaciata e serena, finalmente, dopo qualche momento, anchio mi appisolai.

3
Ero io! La ragazzina nel bagno ero io, e avevo da poco compiuto sedici anni. Ero a casa di mio padre, i miei avevano divorziato da tempo. Avevo deciso di farlo l, il test, per la seconda volta, per essere certa della mia rovina. Allora vedevo la mia situazione come una disgrazia insormontabile: ero piccola e tremendamente spaventata. Mia mamma mi avrebbe letto tutto in faccia, ne ero certa. Gi da qualche giorno la vedevo pi apprensiva nei miei confronti. Mi avevano detto che gli uomini certe cose non le sanno vedere, speravo fosse cos, speravo che pap non si accorgesse di come stavo male. Ero incinta! E nella testa mi vorticavano mille pensieri. Giravano veloci e colorati come le ruote di una Slot Machine; per un secondo si fermavano, nelle combinazioni pi incredibili, scene del passato, del presente e dei possibili futuri. Si bloccavano davanti ai miei occhi, come certe istantanee dei cartoni animati. Non cera il tempo di capire uno scenario, per approfondirne le conseguenze, che le ruote ricominciavano a girare all impazzata, confondendo le immagini, i colori e il mio destino.

Gentile Lettore, per impegni editoriali non mi concesso, per il momento, di pubblicare il racconto completo ma posso inviarlo su richiesta, per uso personale e del tutto gratuitamente. Pertanto, se di suo interesse continuare la lettura, prego inviare una mail con scritto: CONTINUA RACCONTO a giessestory@gmail.com Una copia omaggio verr immediatamente messa a disposizione, con la speranza che lopera sia di suo gradimento. Cordialmente, Giovanna S.

Ogni riferimento a persone o cose realmente esistenti da ritenersi puramente casuale. Giovanna S. - 2014

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